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Il jazz

Il jazz: origine e evoluzione

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Libro di testoLa voce dei suoni

A. Pistone – E. De DonnoEDIZIONI IL CAPITELLO

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Il jazz, che è nato nelle regioni

meridionali degli USA e si è diffuso

rapidamente in tutto il mondo, esprime in modo nuovo tutte le tensioni e i problemi

che angosciano l’uomo moderno.

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Derivato dai canti creati nell’Ottocento dai neri d’America, è caratterizzato da:

- una grande carica ritmica- improvvisazione

- un timbro vocale e strumentale che si collega appunto a quello dei canti

afro-americani

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Le origini del jazz sono però ben più antiche in quanto il suo ritmo deriva da quelli praticati nelle

tribù africane che, nelle foreste equatoriali, si riunivano attorno ad un fuoco dopo una battaglia, una battuta di caccia, o per particolari cerimonie,

per dar vita a danze frenetiche scandite dai tamburi.

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I neri, sopravvissuti ai tragici e disumani viaggi che li conducevano dalla loro terra natale nelle

piantagioni di cotone degli stati meridionali del Nord America, si trovavano in un ambiente a loro estraneo, in condizioni di schiavitù, privi di ogni

diritto.

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Da questa situazione nasce in loro l’esigenza di riunirsi alla ricerca di un’origine comune,

ed è attraverso la musica che ritrovano le proprie radici e riescono a riallacciarsi con

esse.

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Nascono i work song (“canti di lavoro”, che quando accompagnano il lavoro nei campi di cotone sono detti

plantation songs) e, in ambito religioso, gli spirituals e i gospel.

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Ascolto“Ballata” di J. Henry

Si tratta di un brano jazz in versione vocale e strumentale. E’ un canto di lavoro che gli schiavi neri intonavano durante la

costruzione di strade e ferrovie. Ricorrendo al ritmo del canto essi riuscivano a coordinare i movimenti richiesti dal lavoro.

Questo canto racconta la storia di un operaio nero che doveva percuotere con una mazza un cuneo d’acciaio per frantumare la

roccia delle montagne. Egli morì sepolto da una frana e, narra la leggenda, dopo la sua morte, per lungo tempo, riapparve

accompagnato da uno strano suono di campane. Ascoltando il brano, potrete notare che la linea melodica iniziale è caratterizzata da molte sincopi e nelle riprese vocali e

strumentali è sempre variata da improvvisazioni. Il cantante, inotre, ci presenta questa ballata usando suoni vocali e suoni

gutturali.

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Oh happy daysgospel

E’ uno dei più famosi gospel (quasi sempre ispirati a episodi tratti dalla bibbia) con i quali le popolazioni nere del Nord

America esprimevano la loro speranza di libertà e individuavano in Dio il termine delle loro sofferenze e il premio delle stesse. La

tensione e motiva e spirituale che caratterizza questi canti coinvolge e tocca facilmente la sensibilità di chi ascolta. In

questo brano la voce di un cantante si unisce al coro. Il canto è coinvolgente e il clima è festoso, largo spazio trova la

“ripetizione”, in cui le voci riescono a sfogare la loro vitalità.

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1Che giorno felice (che giorno felice)Che giorno felice (che giorno felice)Quando Gesù lavò (quando Gesù lavò)Quando Gesù lavò (quando Gesù lavò)Gesù lavò (quando Gesù lavò)Lavo via i miei peccati (che giorno felice)Che giorno felice (che giorno felice)

3Lui mi insegnò come (oh, Lui mi insegnò come)Purificarmi (purificarmi, purificami)Lottare e pregare (lottare e pregare)Lottare e pregareE mi insegnò come vivere festeggiando si, lo fece (e vivere festeggiando)Oh si, tutti, tutti i giorni (tutti, tutti i giorni)Tutti i giorni!

4Lui mi insegnò come (oh si, come)Purificarmi (purificarmi)Lottare e pregare (canta, canta, avanti canta)Lottare e pregareE vivere, si, si tutti (e vivere festeggiando tutti, tutti i giorni)Che giorno felice (che giorno felice)

2Che giorno felice (che giorno felice)Che giorno felice (che giorno felice)Quando Gesù lavò (quando Gesù lavò)Quando Gesù lavò (quando Gesù lavò)Quando il mio Gesù lavò (quando Gesù lavò)Lavò via i miei peccati

4Che giorno felice (che giorno felice)Che giorno felice, si (che giorno felice)Quando Gesù lavò (quando Gesù lavò)Quando il mio Gesù lavò (quando Gesù lavò)Quando Gesù lavò (quando Gesù lavò)Lavò via i miei peccati (che giorno felice)Sto parlando di quel giorno felice (che giorno felice)

5Sto parlando di giorni felici (che giorno felice)Parliamo dei giorni felici (che giorno felice)Oh, oh, oh, giorni felici (che giorno felice)Parliamo di un giorno felice (che giorno felice)Si, lo so sto parlando di giorni felici (che giorno felice)Oh si, canta, canta, si, si (che giorno felice)Oh, oh, ohChe giorno felice

Traduzione Testo “Oh Happy Day” - Giorno Felice

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Da questi canti nasce il blues; un nuovo ritmo attraverso il quale vengono espresse le inquietudini

della società di quel tempo, utilizzando note che esprimono

tristezza ; il termine “blues” deriva dal colore blu, che è considerato

simbolo del dolore.

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I canti si basavano sulla scala maggiore dei bianchi in cui si trovavano però due

note alterate: la terza e la settima. Queste

alterazioni conferiscono ai canti un’incertezza tonale

che rende il loro carattere più triste.

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Il blues e il ragtime (una musica sincopata generalmente per pianoforte) sono le prime espressioni strumentali del popolo nero sulle quali attecchisce

il jazz di New Orleans.

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MAPLE LEAF RAG di S. Joplin

Come sapete, il “rag” è il genere “gioioso” del jazz; con il termine “ragtime” si indicava un tempo con un ritmo spezzato e non

regolare, abitualmente eseguito al pianoforte. In questo brano il

pianoforte propone un ritmo costante , “martellato” (eseguito

dalla mano sinistra), che accompagna motivi basati su un continuo spostamento di accenti, realizzati dalla mano destra per

creare un ritmo sincopato. Il pianista e compositore Scott

Joplin (1868-1917) ha composto questo brano nel 1899.

MAPLE LEAF RAG di S. Joplin

Come sapete, il “rag” è il genere “gioioso” del jazz; con il termine “ragtime” si indicava un tempo con un ritmo spezzato e non

regolare, abitualmente eseguito al pianoforte. In questo brano il

pianoforte propone un ritmo costante , “martellato” (eseguito

dalla mano sinistra), che accompagna motivi basati su un continuo spostamento di accenti, realizzati dalla mano destra per

creare un ritmo sincopato. Il pianista e compositore Scott

Joplin (1868-1917) ha composto questo brano nel 1899.

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A New Orleans, che è la culla del jazz, “piccole band” formate da cornetta, clarinetto e trombone, si esibivano per strada. Molti strumentisti non

conoscevano la musica, ma suonavano d’istinto, in piena libertà, senza

seguire uno spartito che peraltro non avrebbero saputo leggere.

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Successivamente il musicista jazz è interprete e compositore ; egli

compone e realizza i giri armonici (accordi che accompagnano la

melodia) e i temi melodici.

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Durante il concerto si ricorre poi all’improvvisazione, che permette

all’esecutore di creare all’interno di un brano qualcosa di suo, che rispecchia la sua sensibilità e che diventa una delle principali caratteristiche della musica

jazz.

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Nel jazz, inoltre, si può individuare un’altra

caratteristica: l’uso di una ritmica sincopata e ondeggiante

(il cosiddetto swing).

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In questo genere di musiche il ritmo è quindi molto importante e spesso il nome di uno stile può riferirsi ad una particolarità ritmica che

lo caratterizza, come abbiamo visto nel ragtime e nello swing.

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Un altro elemento fondamentale del jazz è, come abbiamo detto, la

nostalgia, che evidenzia come il nero continui a pensare alla sua terra

d’origine, alla libertà e a un mondo che non gli appartiene più.

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Egli esprime questa disperazione attraverso la musica che si presenta quindi

malinconica e colma di tristezza. I canti si ispirano alla vita quotidiana o raccontano

episodi e vicende vissute dai neri.

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All’inizio il blues era solo vocale e veniva

realizzato con un sostegno ritmico

realizzato con il battito delle mani e dei piedi.

Successivamente furono introdotti anche veri strumenti, tra cui la chitarra e il banjo.

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Dopo la Prima Guerra Mondiale le band si arricchirono di

strumenti a fiato, di batteria, contrabbasso e pianoforte. Nel

corso della Seconda Guerra Mondiale nacquero nuovi stili che fecero sentire ovunque la

voce dei neri. Si creò, ad opera di Charlie Parker e di Dizzy

Gillespie, un jazz molto difficile, raffinato, che fu definito bebop e che è caratterizzato da un tempo

veloce e spezzato.

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Un altro stile detto “jazz freddo” (“cool jazz”) si affacciò in contrapposizione al jazz delle origini (“jazz caldo” = “hot jazz”); gli esecutori di questo nuovo stile apparivano in pubblico con la barba, vestiti con abiti da cerimonia, con grossi occhiali neri e suonavano con le spalle rivolte al pubblico. Seguirono poi altri stili, tra cui il “jazz libero” (“free jazz”) nel quale l’esecutore si esprime senza seguire schemi armonici e ritmi prestabiliti.

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ASCOLTOBOLIVIA (1991) di Freddie Hubbard

(1938 – 2008)Hubbard, che ha iniziato da bambino a suonare la tromba, lavora poi

con il chitarrista Wes Montgomery (1923 – 1968) e con il pianista Thelonious Monk (1917 – 1982). A 20 anni si trasferisce a New York

dove inizia la sua carriera suonando spesso con valenti musicisti, diventando in breve tempo un apprezzato autore ed esecutore di

musica jazz. E’ considerato uno dei più grandi trombettisti jazz di tutti i tempi grazie allo stile limpido e fluido delle sue esecuzioni.

Nel brano “Bolivia” la batteria innesca una specie di lotta musicale con gli altri strumenti. Hubbard suona la tromba in maniera espressiva e

incalzante, emettendo suoni simili a grida.

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Il jazz sinfonicoMolti musicisti hanno attinto al patrimonio della musica jazz. Un musicista americano dei primi del Novecento, George Gershwin (1898-1937), valorizzò gli elementi

popolari confluiti nel jazz: il ragtime, il blues e gli spirituals. Egli introdusse nei suoi lavori, con intenti

nostalgici, molti temi conduttori tratti dal blues.

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In “Un americano a Parigi” , il blues suggerisce la nostalgia del viaggiatore americano per la sua terra lontana. In seguito

al suo incontro con un famoso direttore d’orchestra, Paul Whiteman, pensò di dedicarsi ad un genere più impegnativo:

il jazz sinfonico e compose , nel 1924, la “Rapsodia in blu” che è un’opera descrittiva ed evocativa nella quale l’autore

vuole esprimere la vita intensa e nervosa delle grandi città, la folla dei grandi centri metropolitani e la solitudine dell’uomo

moderno.

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George GershwinCompositore statunitense di origini russe, trascorre l’infanzia nei quartieri poveri di New York e conosce così la musica popolare

americana: il blues e il ragtime. Inizia gli studi musicali dedicandosi alla musica leggera e presto comincia a comporre canzoni. Pur continuando a scrivere canzoni, compone numerosi musical di

successo e si avvicina anche alla musica classica, fondendo nei suoi lavori elementi della musica colta europea con elementi della musica

jazz. Quando un direttore d’orchestra, Paul Whiteman, lo invita a creare un brano classico secondo il nuovo stile americano, egli

compone la Rapsodia in blu e ottiene un grande successo.

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Rapsodia in bluGeorge Gershwin ci descrive con queste parole cosa ha ispirato la “Rapsodia

in blu”, la composizione più popolare di tutta la sua produzione:“Ero in treno, cullato dal pulsare delle ruote sulle rotaie, dal quel caratteristico rumore ritmato che spesso stimola fantasia dei compositori (molte volte infatti

io sento la musica nel cuore stesso del rumore), quando ad un tratto sentii, anzi vidi apparirmi già sulla carta lo schema completo della “Rapsodia in blue”,

dall’inizio alla fine”

In questo brano, cinque temi musicali si susseguono rapidamente e il primo di essi inizia con il glissato del clarinetto (un “glissato” è un effetto, molto usato

nella musica jazz, che si ottiene con il passaggio da una nota all’altra trascinando il suono: le note, infatti, non vengono eseguite separatamente).