IL GRANDE PATRIMONIO DELLE PICCOLE ISOLE - Italia Nostra · I l patrimonio insulare italiano conta...

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492 ottobre | novembre dicembre 2016 Associazione Nazionale per la tutela del Patrimonio Storico, Artistico e Naturale della Nazione IL GRANDE PATRIMONIO DELLE PICCOLE ISOLE

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492ottobre | novembredicembre 2016

Associazione Nazionale per la tutela del Patrimonio Storico, Artistico e Naturale della Nazione

IL GRANDE PATRIMONIODELLE PICCOLE ISOLE

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Finito di stampare: dicembre 2016

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PRESIDENTE Marco Parini

VICE PRESIDENTI Luigi Colombo – Maria Rosaria Iacono Pietro Petraroia

CONSIGLIO DIRETTIVO Ilaria Agostini – Federico AnghelèSonia Barison – Edoardo Bartolotta – Luca Carra – Luigi ColomboEdoardo Croci – Cesare Crova – Antonio Dalle Mura Luigi De Falco – Raffaella Di Leo – Giacinto Giglio Ercole Guerra – Maria Rosaria Iacono – Alberto Loche Giovanni Losavio – Maria Paola Morittu – Marco Parini Pietro Petraroia – Evaristo Petrocchi – Maria Teresa Roli Oreste Rutigliano – Elvezio Serena – Maria Gioia Sforza

GIUNTA Luigi Colombo – Edoardo Croci – Cesare CrovaAntonio Dalle Mura – Maria Rosaria Iacono – Marco Parini Pietro Petraroia – Evaristo Petrocchi – Maria Gioia Sforza

COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTI Aldo d’OrmeaFilomena Rizzaro – Giovanni Zenucchini

COLLEGIO DEI PROBIVIRI Pier Fausto Bagatti Valsecchi Teresa Liguori – Giancarlo Pelagatti

AMMINISTRAZIONE E RESPONSABILE UFFICIMauro Di Bartolomeo

SOCI E ABBONATI Emanuela Breggia

SEGRETERIA DI PRESIDENZA Andrea De AngelisRoberta Giannini

SEGRETERIA GENERALE Luciano Marco Blasi – Dafne ColaJessica Continenza

RESPONSABILE UFFICIO SVILUPPO Daniela Fassina

UFFICIO PROGETTI Irene Ortis

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IN COPERTINA: Isola d’Elba dall’alto, Fabio Mirulla, 2014, foto realizzata da aquilone.

Stampato su carta ecologica senza uso di sbiancanti chimici

ISBN 978-88-492-3348-3

EDITORIALE3 La Terra trema! MARCO PARINI

OPINIONE4 Isole minori: sì a tutela e valorizzazione, contro ogni sfruttamento

MARIA GRAZIA VERNUCCIO

5 Contributo di Italia Nostra per “casa Italia” PIETRO PETRAROIA

8 Il sisma, dall’emergenza alla prevenzione

PARLIAMO DI...9 La tutela del patrimonio culturale fra rischio di indebolimento

ed esigenze di efficienza PIETRO PETRAROIA

13 Beni culturali in pericolo nella nuova “Lista Rossa”

13 Il Patrimonio Culturale conta per l’Europa ROSSANA BETTINELLI

14 L’archeologia in città “monumento da salvare” MARIA TERESA ROLI

DOSSIER15 Italia Nostra e la Fondazione Villa Romana delle Grotte CECILIA PACINI

17 Il Parco Nazionale venti anni dopoBEPPE TONELLI

18 Il Volterraio e la sua fortezzaANTONELLO MARCHESE

LA STORIA19 L’Appia di Antonio Cederna tra passato e futuro ANNALISA CIPRIANI

20 Cederna urbanista. La “Legge per Roma Capitale” ORESTE RUTIGLIANO

IL CASO23 Il nuovo stadio a Tor di Valle: via libera alla grande deroga urbanistica

ORESTE RUTIGLIANO

L’INTERVISTA25 Renato Padoan: una vita per Venezia CRISTINA ROMIERI E AMALIA DONATELLA BASSO

SEGNALAZIONI29 Premio Nazionale Giorgio Bassani

30 No al super gasdotto nelle aree devastate dal terremotoITALIA NOSTRA MARCHE

30 “Occhi aperti sulla città”. Al via il concorso fotografico 2017

s omma r i o2

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AI LETTORI

| 3e d i t o r i a l e

Da mesi ormai la terra trema nel Lazio, in Um-bria, nelle Marche. La solidarietà è presente,soprattutto, ed è giusto e comprensibile per

la prima necessità della gente, la sicurezza e le ca-se. Purtroppo lo sciame sismico non si placa e lescosse, anche forti, si susseguono mantenendo vivae attuale la prima emergenza. Nel contempo gli edi-fici già provati da mesi si sbriciolano e la popolazio-ne è sempre più in difficoltà. Un pacchetto antisismicoda 6 miliardi, nei provvedimenti per l’emergenza enella manovra per la prevenzione, mette insieme ri-sorse pubbliche e incentivi fiscali per investimenti diprivati. L’Europa ha proposto di collocare a bilancio600 milioni per la ricostruzione, mentre l’Italia pro-pone a Bruxelles di svincolare da Patto e deficit strut-turale la somma di 3.4 miliardi. Pare condivisibile l’op-porre al rigore teutonico l’emergenza sismica chenon si arresta.L’emergenza andrà però affrontata con metodo e l’as-sistenza dovrà continuare nel tempo. Troppe volte ab-biamo assistito al rallentamento degli aiuti quando ifari dei media si spengono lasciando spazio al rigo-re, spesso becero, della burocrazia e al mancato fi-nanziamento dei capitoli di spesa. Quante domandeper il recupero delle case all’Aquila giacciono anco-ra inevase? Non basterà però pensare alla ricostruzione, indi-spensabile s’intende. Bisognerà salvare l’identità deiluoghi, la storia e la cultura della popolazione. La con-servazione del patrimonio storico-artistico del territo-rio è condizione imprescindibile per la popolazione chein tutto ciò si riconosce e che andrà aiutata in ogni mo-do per un ritorno nel loro territorio diversamente a ri-schio di spopolamento e abbandono. Non saranno tem-pi brevi, si renderà necessario ricostruire con rigorosicriteri antisismici, si dovrà metter mano al riassetto ter-ritoriale pesantemente dissestato, ma la speranza diun ritorno deve sussistere forte e concreta.Perché ciò possa accadere sarà essenziale tutelarele attività produttive del territorio, dall’artigianato al-l’agricoltura, dal commercio alla piccola e media im-

presa. Assistiamo a un commovente attaccamento al-la propria attività da parte degli addetti all’agricoltu-ra che vivono in condizioni precarie per non abban-donare gli animali o il quotidiano viaggiare per cen-tinaia di chilometri dei lavoratori trasferiti negli al-berghi sulla costa.

La salvaguardia del territorio, come detto, necessitadi un approccio complesso, ma non potrà risultareefficace se non si salveranno le sue radici fatte di te-stimonianze storiche, di tradizioni, di attività artigia-nali e produttive che ne connotano spesso secolaritradizioni. L’anima dei luoghi è tutto ciò.Italia Nostra, attraverso la sua organizzazione, ha of-ferto il proprio contributo allo studio di tali strategie.Nel concreto avvieremo una raccolta fondi per il re-stauro di alcune opere d’arte, segnalate dal Ministe-ro dei Beni Culturali e ricoverate provvisoriamente insiti d’emergenza.Procederemo però anche su un’altra strada. Dare-mo un contributo alla salvaguardia del lavoro, allaconservazione delle attività produttive identitarie delterritorio e con esse alle maestranze impiegate.Si tratta di tutelare un tessuto produttivo senza il qua-le la gente abbandonerà i luoghi della propria me-moria, località paesaggisticamente bellissime che van-no salvate con l’impegno di tutti.Conservare il territorio, preservare i centri storici,significa tutelare gli edifici, i monumenti le anticheabitazioni, magari povere con i muri a secco, ma si-gnifica proteggere anche la tradizione artigianale,la popolazione del luogo, la memoria storica che loha formato e lo identifica. L’aiuto alla terra che tre-ma è anche questo, operare in coerenza con que-sto pensiero. ❑

La Terra trema! MARCO PARINI

Amatrice 24 agosto2016In basso, Amatrice, ivigili del fuoco spostanole macerie delterremoto prima dellaloro rimozione. Fonte: Presidenza delConsiglio dei Ministri -Dipartimento dellaProtezione Civile

Il patrimonio insulare italiano conta oltre 800 iso-le, di cui solo 80 abitate. Di queste, 2 grandi iso-le, Sicilia e Sardegna, e poi un elenco tanto lun-

go quanto unico sotto il profilo delle caratteristicheproprie di ciascuna: Isola D’Elba, Sant’Antioco,Ischia, Pantelleria, Lampedusa, Linosa, Lipari, Ali-cudi, Filicudi, Stromboli, Vulcano, Panarea, Salina,Ustica, Favignana, Marettimo, La Maddalena, LeTremiti, le Isole Pontine, chiamate, impropriamente,“isole minori”. Autentici paradisi, una diversa dal-l’altra, che custodiscono patrimoni naturalistici e cul-turali unici al mondo, ma spesso dimenticati che dasempre presentano grandi problemi di fragilità e dimarginalità.

A partire da questo Bollettino abbiamo deciso di oc-cuparci di alcune di queste isole, per conoscere e sco-prire il valore in termini di ricchezze culturali e am-bientali: parchi e aree protette, beni archeologici, bio-diversità, flora e fauna nonché documentare la vitapresente sulle isole, la promozione in esse di un tu-rismo sostenibile, la loro economia, la vita sociale, lapreservazione di prodotti enogastronomici unici. Questo numero, dunque, inaugura un reportages sul-le “Isole minori”, tema a cui è dedicata la copertina conuna foto della prima isola presentata: l’Isola D’Elba. L’ar-gomento proseguirà nei prossimi numeri del Bollettinoe occuperà le pagine centrali per costituire, alla fine,una raccolta preziosa e documentata, con autorevolitestimonianze e approfondimenti di esperti e studiosi. Su questi paradisi, però incombe una grande mi-naccia: un disegno di legge potrebbe consegnare lenostre isole minori alla speculazione edilizia permet-tendo il cambio di destinazione d’uso in deroga al prgper qualsiasi manufatto realizzato sulle loro coste. Unvecchio capanno, delle cabine balneari, un edificioindustriale, un magazzino, un bungalow, se questodisegno di legge venisse approvato, potranno esse-re trasformati in alberghi o appartamenti in totale de-roga ai piani regolatori dei comuni isolani.Questo è il contenuto dell’articolo 6-bis del DDL 117e abbinati in materia di sviluppo delle isole minori,che la maggioranza (Relatore sen. Bruno Mancuso –AP (NCD UCD) – emendamento 6.0.100) propone di ap-provare in Commissione Ambiente in Senato.Italia Nostra dichiara la sua assoluta contrarietà aquesto tentativo di consegnare le nostre splendideisole minori all’ennesima speculazione edilizia. Ma in questo numero non potevamo non occuparcianche del terremoto che ha provocato ancora altreperdite umane e cancellato interi centri storici, im-portanti testimonianze monumentali e artistiche. Lanecessità di una sempre maggiore tutela, di strumentilegislativi e interventi per la conservazione del nostropatrimonio, rendono necessario un bilancio rispettoa norme che provocano un allentamento della tutelacon provvedimenti pericolosi per il nostro patrimoniocome l’introduzione del silenzio-assenso nel rilasciodelle autorizzazioni paesaggistiche, l’estensione de-gli esoneri dall’obbligo di autorizzazione paesaggisti-ca, la depenalizzazione dei reati contro il paesaggio,la necessità dei Piani Paesaggistici. ❑

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Isole minori: sì a tutela e valorizzazione, contro ognisfruttamento

MARIA GRAZIA VERNUCCIO

Scorcio della spiaggiadell’isola di Vulcano

In basso, i caratteristiciterrazzamenti dell’isoladi Ponza. Foto archivio

Italia Nostra

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Prendiamo atto positivamente che il nostro ap-pello contro le new town nell’area terremota-ta, lanciato il giorno stesso del primo sisma, il

24 agosto 2016, e ribadito il giorno dopo, sia stato co-sì ampiamente condiviso.D’altra parte, dopo anni di dissipazione di risorseformalmente destinate alla mitigazione degli effettidei sismi nella spesso martoriata area centro-ap-penninica, non crediamo ci si possa lavare la co-scienza con slogan ideologici e semplicistici come ilsempre ripetuto “Ricostruiremo tutto”: un’espressio-ne che vuole certo rassicurare in momenti terribilidi panico, disastro economico, smarrimento esi-stenziale, ma che in realtà non significa nulla, nelmetodo come nel merito. Le astratte quanto generiche (e dunque ideologiche)pretese di ricostruire tutto “com’era dov’era” sono pa-radossalmente coerenti con le più pericolose ipotesidi demolizione generalizzata dei manufatti edilizi diinteresse storico e ambientale (che continuano an-che dopo il sisma del 26 ottobre scorso, speriamo conadeguate motivazioni), siano essi direttamente vin-colati, ovvero protetti nel contesto paesaggistico, ocon evidenza d’interesse ambientale e storico-antro-pologico, benché finora privi di tutela formalizzata.Non si tratta dunque di schierarsi in uno scontro frachi vuole radere tutto al suolo e chi vuole rifare tutto,fra il “com’era dov’era” e il “tutto nuovo”. Va conside-rata la condizione specifica di ciascun edificio, con lasua storia testimoniata dalla struttura superstite e daimateriali costruttivi, ove riconoscibili o almeno docu-mentati; riteniamo che, evitando la meccanica reitera-zione di un unico approccio, che ridurrebbe l’azione

progettuale di restauro alla mera applicazione di so-luzioni manualistiche preconfezionate, si debbano in-dividuare con responsabilità critica soluzioni opportu-ne in ciascun caso, sulla base di linee di indirizzo ade-guate ad un grado di distruzione così diffusamentegrave come oggi occorre constatare, ma non semprecosì uniformemente e ovunque grave, nella consape-volezza che la restituzione di spazi costruiti conformiagli originali – pur giustamente desiderata – potrebbeprodurre la perdita di ogni traccia di autenticità.Infatti, senza opportune opere di documentazione eindagine storica e tecnica, senza un approccio allamessa in sicurezza post-sismica che non pregiudichiopere degne qui in Italia del nome di restauro, il “co-m’era dov’era” aprioristico è comunque impossibile.Sarebbe operazione di mera facciata e scenografica,disattenta alle esigenze di salvaguardia di quanto diautenticamente antico si può e si deve salvare, finoall’ultima pietra, dunque persino compatibile con laprevia demolizione: del resto, rifare – si dice – costacomunque meno che restaurare. Ben venga dunque il provvedimento del MiBACT aprotezione delle macerie, che evita di trattarle da su-bito come rifiuti da discarica; ma si faccia ora la mas-sima attenzione ad alcune questioni.La conoscenza va acquisita, conservata e resa di-sponibile in modo strutturato e continuativo, non ca-suale. La conoscenza deve passare perciò attraver-so l’ordinata documentazione dei precedenti inter-venti di restauro e delle attività di manutenzione, chepossa essere integrata, dove possibile, con quella de-rivante dagli studi condotti nei diversi corsi universi-tari, in restauro o rilievo, che con rigore filologico han-

PIETRO PETRAROIAVice Presidente Italia Nostra

Terremoto in Centro ItaliaContributo di Italia Nostra per “casa Italia”

Castelluccio di Norcia31 ottobre 2016.Fonte: Presidenza delConsiglio dei Ministri -Dipartimento dellaProtezione Civile

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no fotografato negli ultimi decenni molti dei centri sto-rici oggi colpiti dagli eventi naturali, così come quelliche rientrano nelle zone a elevato rischio sismico, eche sono una fonte preziosa per la fase della rico-struzione e della prevenzione. Questa preziosa documentazione va aggiunta a quel-la elaborata dal Sistema Informativo Geografico della“Carta del Rischio del Patrimonio Culturale”, nato nel1992 a seguito di importanti precedenti studi tra cui siannoverano i Memorabilia e la mostra documentaria“Al tempo de’ tremuoti” organizzata da Giovanni Ur-bani quale direttore del ICR nel 1982. Tramite questoSistema sono stati studiati e sperimentati importantimezzi di documentazione e di analisi, che partendo daldettato documentario dell’Istituto Centrale per il Cata-logo e la Documentazione (ICCD), hanno integrato ladocumentazione di 1° e 2° livello per la dettagliata co-noscenza degli elementi costruttivi dei monumenti.L’esperienza maturata durante il sisma del settembre1997 Umbria-Marche ha portato ad integrare la ana-lisi di vulnerabilità ambientale-aria, quella antropica equella statico-strutturale con l’analisi sismica in colla-borazione con gli studi realizzati dal Gruppo Naziona-le Difesa Terremoti (GNDT), uno dei Gruppi Nazionali diricerca scientifica di cui si è avvalso il Servizio Nazio-

nale della Protezione Civile (Legge 24 febbraio 1992, n.225, art. 17) costituito presso il Consiglio Nazionale del-le Ricerche per mezzo di Decreti Interministeriali(10/02/93 e del 16/01/95). Il GNDT ha messo a punto una serie di normative rea-lizzate a seguito dell’esperienza di tutti i terremoti fi-no a quello citato del 1997. Oltre a un’ottima schedadi analisi della struttura di un monumento, classifi-cato secondo le tipologie esistenti in Italia, sono sta-te emanate anche norme di pronto intervento e con-solidamento di monumenti redatte sulle specificheesperienze maturate dall’unione del gruppo di rile-vamento incaricato dall’Istituto Centrale di Restauro(Direttore tecnico ing. Renzo Carlucci) e dal GNDT (adopera del prof. Sergio Lagomarsino).Le risultanze di tale lavoro fornirono tutti gli strumentiper poter far interagire l’analisi di vulnerabilità si-smica con l’analisi di pericolosità territoriale di tipoidrogeologico nella quale ultimamente, all’interno delsistema Carta del Rischio del Patrimonio Culturale, sistanno inserendo le risultanze dei satelliti SAR (qua-li Cosmo SkyMed e Copernicus Sentinel) che sono ingrado di monitorare movimenti di terreno e strutturecon l’approssimazione del centimetro.Chiediamo che questo patrimonio di esperienza e didati sia implementato e valorizzato.È pertanto evidente che non si può prescindere – tan-to nella fase pre-sismica, come in quella post sismi-ca con interventi di messa in sicurezza dell’ediliziastorica – da un’azione diffusa di monitoraggio nellezone più a rischio, applicando a tale fine le linee gui-da che lo Stato ha ufficializzato fra 2008 e 2011, do-po decenni di studi multidisciplinari, facendo seguireopere e connessi incentivi a tale sistematica rileva-zione. Si rinvia per maggiori dettagli al numero spe-ciale di “Economia della Cultura” (ed. Il Mulino), oveappare, fra gli altri, il contributo specificamente de-

dicato alla Carta del Rischio.Ai fini della mitigazione del rischio sismico, non si puòignorare che le attuali competenze in materia di scien-ze delle costruzioni permettono, in Italia, di realizzareedifici antisismici del tutto funzionali anche per le civi-li abitazioni, con tempi e costi anche inferiori a pari cu-bature di edifici tradizionali, peraltro utilizzando quan-tità ben minori di cemento; al punto che ormai c’è dachiedersi esplicitamente se non sia proprio questo ilproblema. Per quanto invece attiene alle fabbriche edi-

Senza opportune opere di documentazione eindagine storica e tecnica, senza un approccioalla messa in sicurezza post-sismica che nonpregiudichi opere degne, qui in Italia, nelnome del restauro, il “com’era dov’era”aprioristico è comunque impossibile

Mappa dellapericolosità sismica

del territorio nazionale

| 7o p i n i o n eficate con tecniche antiche o tradizionali, sono dispo-nibili e sperimentate metodiche di analisi storico-tec-nica e di modellizzazione che ci consentono (e dun-que, almeno per gli edifici comunque vincolati, ci im-pongono) di intervenire con procedure di “migliora-mento antisismico” in quanto più efficienti rispetto allepiù invasive opere di “adeguamento”, i cui presuppo-sti di metodo e di calcolo, così come gli esiti conse-guenti, sono peraltro generalmente inadeguati o dan-nosi sotto ogni profilo per il patrimonio edilizio di valo-re storico-culturale. Al riguardo, Italia Nostra condivi-de il documento della società scientifica dei Docenti direstauro delle Università italiane (SIRA).La prevenzione dal rischio sismico non può essereefficacemente perseguita fuori da un sistematico ap-proccio alla mitigazione dei rischi ambientali (nel sen-so più ampio possibile), che è a sua volta possibilesolo grazie all’attivazione collaborativa sia dei diver-si livelli di governo sia della popolazione, secondo lo-giche di sussidiarietà verticale e orizzontale: è diffici-le perseguire l’interesse di cittadini disinteressati enon attivi, soprattutto quando si tratta di modificareestensivamente abitudini, prassi, procedure, convin-zioni superficiali ma popolari. In questa prospettivala diffusione informativa, educativa, perseguita conogni mezzo e l’incentivazione fiscale (oltre all’imposi-zione nei regolamenti edilizi) di fondamentali principie comportamenti di conservazione preventiva e pro-grammata, appare assolutamente prioritaria in Ita-lia, particolarmente nelle zone più esposte alla com-binazione dell’elevata pericolosità sismica con altrifattori di pericolosità (idrogeologica, da inquinamen-to o per fattori antropici, come lo spopolamento o pras-si edilizie imprudenti).Occorre, dunque, subito un’azione strategica pubbli-ca, che sia evidente nelle leggi finanziarie attraversoincentivi attentamente mirati, ma anche in ambiti dif-ferenziati delle politiche pubbliche e della comunica-zione istituzionale, con l’obiettivo di coinvolgere, perquanto possibile, le popolazioni colpite nella messa apunto e nella condivisione dei criteri di intervento. I dati dimostrano che laddove fondi o agevolazioni fi-scali per il miglioramento sismico siano stati gestitinelle comunità locali in modo che i lavori realizzatiabbiano raggiunto un risultato adeguato, i danni agliedifici colpiti da agosto in poi sono stati contenuti, al-meno fino a quando nuovi e più violenti episodi si-smici in rapida successione abbiano reso comunqueinevitabili crolli anche totali di alcuni di essi, conse-guendo la tutela delle vite umane.E, peraltro, non è solo questione di finanziare le ope-re di messa in sicurezza del territorio rispetto al rischiosismico e idrogeologico, ma è anche fondamentale pen-sare al sistema dei controlli oggi del tutto inadeguato edifferenziato da regione a regione. Così, a parità di ri-schio sismico elevato e molto elevato, vi sono regioniche controllano il 5% dei progetti edilizi (a sorteggio) ealtre che invece li controllano tutti, dando vita a una

inaccettabile disparità di trattamento fra cittadini, in-nanzi al medesimo rischio sismico. È pertanto neces-sario che a livello nazionale siano introdotti livelli mini-mi inderogabili e omogenei di controllo dei progetti edi-lizi, anche in corso d’opera. Deve inoltre essere estesaal settore dei Beni culturali un’adeguata preparazionealla gestione delle emergenze, attraverso una preven-tiva definizione dei ruoli e l’individuazione degli stru-menti normativi, peraltro già esistenti, che consenti-rebbero una più efficiente risposta alle emergenze.Italia Nostra è pronta a cooperare se il Governo im-posterà un grande progetto di messa in sicurezza delterritorio nazionale e del patrimonio storico e artisti-co della Nazione, rispettoso della storia e non solo diuna vaga estetica ambientale; chiede dunque nuo-

vamente alle Autorità di evitare dichiarazioni generi-che e massimaliste e di avviare subito la condivisio-ne delle competenze e delle risorse necessarie per ilrecupero del territorio nella sua storicità, salvandotutto quanto va salvato secondo le competenze chel’Italia possiede, come purtroppo non è avvenuto inprecedenti tragiche situazioni, come quella aquilana.Soltanto così potremo dare un futuro alla storia del-le comunità e dei luoghi colpiti dal sisma ancora incorso, restituendo a vita nuova – nella misura delpossibile e nel rispetto dell’autenticità dei manufatti(come il Codice dei Beni culturali indica) – testimo-nianze insostituibili delle storie personali e comuni-tarie: monumenti, chiese, il paesaggio urbano ama-to con le sue antiche case. Per tutta l’edilizia storica, soprattutto se tutelata, vaprevisto che i fondi pubblici e privati comunque con-vergano fin da ora verso un piano di conservazionepreventiva e programmata: i nostri territori, soprat-tutto appenninici, resteranno sempre sismici, lo sap-piamo. Ma va anche prevista un’educazione diffusaalla comprensione del funzionamento delle antichestrutture, il cui recupero, anche antisismico, è in mol-tissimi casi possibile con rigoroso rispetto e recupe-ro di materiali e strutture autentici. ❑

Messa in sicurezza delcampanile della Chiesadi Santa Maria Assuntaa Castelluccio di Norcia(PG).Fonte: Presidenzadel Consiglio deiMinistri - Dipartimentodella Protezione Civile

8 o p i n i o n e

Il Consiglio regionale Marche di Italia Nostra, il 17novembre scorso, ha organizzato il convegno “Ilsisma, dall’emergenza alla prevenzione”, un’occa-

sione importante per approfondire la difficile situa-zione in cui si trova il nostro Paese, flagellato dagliultimi terribili terremoti. Al convegno, coordinato daMaurizio Sebastiani, Presidente Italia Nostra OnlusMarche, hanno partecipato autorevoli relatori chehanno affrontato alcuni temi chiave. Dal convegno èscaturito un decalogo sul tema dell’emergenza e del-la prevenzione.Il decalogoGli interventi degli esperti che hanno partecipato alconvegno di Italia Nostra Marche sul tema “IL SISMA,DALLA EMERGENZA ALLA PREVENZIONE”, permetto-no di effettuare alcune considerazioni che nasconodalla diretta esperienza: 1. è importante la conoscenza come primo passo ver-

so la consapevolezza e la prevenzione per la ri-duzione del rischio;

2. è necessario che squadre di tecnici verificatori, qua-lificati, in un Paese come l’Italia dove le scosse si-smiche sono quotidiane, vengano rese stabili ed au-mentate di numero, eventualmente logisticamenteconnesse ai musei locali e ai poli museali, con il sup-porto formativo degli ordini professionali e delle uni-versità; esse devono assumere un ruolo specificonelle attività di sensibilizzazione delle popolazioni,nel supporto a enti locali, professionisti e imprese,scuole e associazioni locali, tenendosi sempre, a di-sposizione dei soggetti di Governo e della Protezio-ne civile nazionale per il pronto intervento;

3.l’intervento immediato per la messa in sicurezza af-fidata ai sindaci anche riguardo ai beni culturali,ripreso dall’ultimo decreto del Governo del 10.11.2016(art.6), era già contenuto nel Codice dei Beni Cul-turali e del Paesaggio del 2004 e quindi è stato fat-to molto rumore per nulla, sotto l’aspetto giuridico;ma ciò dimostra che va molto migliorata l’informa-zione continuativa ai sindaci;

4. è possibile costruire in sicurezza edifici che non col-lassino di fronte anche a grandi scosse sismiche, per-mettendo così alle persone, in caso di terremoto, difuggire ed avere salva la vita. È invece illusione pen-sare che le tecnologie antisismiche garantiscano as-senza di lesioni agli edifici in caso di terremoti di ele-vata intensità”;

5. è necessario che le buone tecniche di progettazionee di esecuzione, siano assicurate con adeguati si-

stemi di autorizzazione e monitoraggio; come è ob-bligatoria una valutazione della qualità energeticadegli edifici, così dovrebbe ottenersi l’obbligo di cer-tificazione statico-strutturale in caso di affitto o ven-dita di immobili;

6. riguardo alla tutela dei beni culturali molto è statofatto sotto il profilo metodologico negli ultimi anni conl’emanazione di linee guida, ma i finanziamenti peril restauro/miglioramento dei beni culturali, pubblicie di proprietà religiosa e privata, si sono ridotti al-l’osso, soprattutto quelli per la prevenzione. È benechiarire che per i beni culturali possono essere ese-guiti solo interventi di miglioramento sismico e non diadeguamento, che vorrebbe dire rifare tutta la strut-tura, di fatto distruggendo il manufatto per i suoi va-lori storici;

7. sorge la richiesta degli abitanti di non vedere al-lontanare dai centri colpiti dal sisma le opere d’ar-te che rappresentano il profilo identitario, lo “spiri-to dei luoghi” come afferma l’Unesco. Per quantolo rendano possibile le esigenze della sicurezza,bisogna evitare tale “deportazione” dei beni artisti-ci e permettere invece il restauro in loco o in pros-simità, rendendo le comunità locali compartecipi ditali interventi fino alla loro restituzione, eventual-mente anche con visite ai laboratori di restauro;

8. è necessario in ogni caso sostenere l’economia lo-cale ed effettuare interventi per ricostruire il tes-suto sociale e quindi le strutture necessarie. Il ri-costruire “dove e com’era” è un modo di dire chenon deve essere banalizzato per diventare, ovepossibile, un obiettivo condiviso: ogni intervento de-ve reggersi su analisi precise e valutazioni atten-te, con il livello di approfondimento e gli obiettiviche sono propri del restauro e non del rifacimentoin stile;

9. il convegno ha confermato la necessità di un pia-no preventivo di lungo periodo, adeguatamente fi-nanziato, per mettere in sicurezza il territorio na-zionale, con particolare riferimento ai beni cultu-rali tutelati dall’art. 9 della Costituzione Italiana edai Centri Storici;

10. il piano deve riguardare la prevenzione sia dal ri-schio sismico che da altri fattori di pericolosità, in par-ticolare quello idrogeologico avendo presente cheprevenire significa risparmiare vite umane e danniimmensi al patrimonio abitativo e culturale, nonchérimettere in moto l’economia del Paese perseguen-do l’interesse pubblico. ❑

Il sisma, dall’emergenza alla prevenzione

Non c’è dubbio che gli interventi del Governo na-zionale negli ultimi anni nell’ambito delle politi-che per la tutela e la valorizzazione dei beni cul-

turali e del paesaggio siano stati numerosi ed incisivi,dopo anni di stagnazione e almeno apparente disinte-resse, che hanno portato il Ministero, ora denominato“dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo”, alla si-tuazione di gravissima difficoltà, di cui ho già scritto suquesto periodico1. Resta peraltro da vedere quanto glieffetti di tale nuovo dinamismo siano positivi o negati-vi: la visibilità sulla stampa sembra cresciuta, ma il di-battito di merito appare incomprensibilmente assopito,soprattutto fra gli addetti ai lavori, o almeno disgrega-to rispetto alla portata delle innovazioni.Fra gli interventi sicuramente positivi va annoverata l’in-versione di tendenza nella dotazione di risorse finanzia-rie, sebbene ancora pesantemente insufficienti e ora tra-gicamente inadeguate a causa della serie di sismi cheda agosto 2016 flagellano l’Italia centrale, con costi, so-lo per i restauri, previsti a spanne nell’ordine di 5 / 7 mi-liardi di euro. Le maggiori risorse, per la parte in investi-mento già previste ma precedentemente non attivate,hanno riguardato finalmente anche le spese di parte cor-rente. È solo un segnale, ma importante, perché la spe-sa per il funzionamento degli istituti centrali e periferici èun prerequisito per la sostenibilità della tutela e non sol-tanto della valorizzazione. Ma un groviglio di norme e de-ficit di risorse assolutamente incomprensibili ostacola an-cora, e da anni, funzioni essenziali come, ad esempio, isopralluoghi ispettivi nel territorio, necessari sia per lasorveglianza sia per la direzione di lavori, indebolendoalla radice la tutela. Così come continua a restare igno-rata l’esigenza di rafforzare tutti gli strumenti tecnici diprevenzione (dai sistemi di supporto alle decisioni, comela Carta del Rischio del Patrimonio culturale, alla praticamanutentiva e di conservazione programmata) che, conle competenze qualificatissime ora presenti in Italia, do-vrebbero mitigare il deterioramento generalizzato del pa-trimonio culturale esposto ai rischi territoriali (antropici,da inquinamento, da dissesti idrogeologici, da terremo-ti,...) “cambiando verso” alla solita pratica della rincorsadelle emergenze e dell’intervento a danni avvenuti.Altro segno positivo è l’inversione di tendenza anchenelle politiche per il personale, sebbene il cosiddetto

“concorsone” per l’assunzione di 500 tecnici non risol-va le carenze negli organici (come previsti dal decretoministeriale del 14 settembre 2016) e le gravi, ormai sto-

riche, disomogeneità nella distribuzione territoriale de-gli addetti (le cui competenze e mansioni effettive, oltretutto, in centinaia di casi sembrano non corrispondereagli inquadramenti formali, di livello inferiore). Peccatoche le prove selettive preliminari siano state formulatein modi spesso davvero bizzarri rispetto all’obiettivo diselezionare competenze effettivamente pertinenti ai pro-fili di competenza ritenuti necessari. Si può sperare me-glio per il futuro? Del resto, senza un graduale avvi-cendamento generazionale (praticamente impedito daoltre un tentennio), non si può immaginare che i neo-assunti in compiti di tutela, delicati e complessi come ilnostro patrimonio identitario e culturale esige, possanoesprimere sùbito quella forza e competenza di giudizioche sono necessari, tanto più che il nostro ordinamen-to abbonda di vincoli giuridico-amministrativi, ma è ca-rente nella normativa tecnica che dovrebbe rendere piùefficiente la gestione delle complessità della tutela.

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1 Cfr.: P. Petraroia, Tutelaincompiuta, in: “ItaliaNostra”, Bollettino, n. 489(gennaio-marzo 2016), pp.14-15.

La tutela del patrimonio culturalefra rischio di indebolimento ed esigenze di efficienzaAnalisi della recente riforma del MiBACT

Foto Paolo Biondi (ItaliaNostra ringrazia per lagentile concessione)

PIETRO PETRAROIAVice Presidente Italia Nostra

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Rilevante è anche la decisione di formulare un Pianostrategico per il Turismo; nei suoi concreti sviluppi an-drebbe costantemente monitorata e rafforzata la coe-renza di esso con strategie di tutela e valorizzazioneadeguate alla densa trama di stratificazioni storiche cheinnervano paesaggi sensibili e centri storici del nostroPaese, ricorrendo ad azioni interministeriali: ad esem-pio non basta dichiarare la priorità della tutela nelle po-litiche per il turismo se poi non si danno alternative apolitiche energetiche come quelle dei parchi eolici suicrinali appenninici e nel “mare nostrum”; o come quel-le delle trivellazioni petrolifere che fanno scempio delpaesaggio e mettono in pericolo l’assetto geologico diun territorio oltre tutto ampiamente sismico. Nel frat-tempo, si perdono tutte le occasioni per accedere ai fon-

di europei sulle smart grid e, in generale, sulla ottimiz-zazione dei consumi energetici, ad esempio nel conte-sto delle politiche sulle “smart cities”. Sarebbe poi ne-cessario che chi ci governa a livello nazionale e regio-nale impari a misurare davvero l’indotto turistico, neisuoi effetti positivi così come nei suoi costi di varia na-tura: non risulta, ad esempio, che la Banca d’Italia con-sideri il turismo per null’altro che non il suo effetto sul-la bilancia dei pagamenti, come se la gestione del cre-dito in capo alle banche nulla avesse a che fare con leattività economiche e culturali dei territori di pregio na-turalistico, paesaggistico, artistico e storico, oltre che perproduzioni agro-alimentari di qualità.Un ulteriore positivo intervento normativo degli ultimianni è certamente il rilancio dei bonus fiscali previstodalla legge 106/ 2014 (http: //artbonus.gov.it/). Occorreperò incalzare i responsabili delle politiche economi-che affinché i benefici fiscali siano estesi alla genera-lità dei beni culturali sottoposti a tutela indipendente-mente dalla proprietà pubblica o privata: la Costitu-zione e il Codice dei Beni culturali e del Paesaggio nonprevedono infatti (come è giusto e ovvio) differenze d’in-teresse per i beni tutelati in dipendenza del regime diappartenenza giuridica di essi; del resto, il limite del-

la proprietà pubblica è stato inevitabile superarlo peri beni colpiti dal terremoto, secondo un approccio cheio stesso avevo indicato nel 20142.Spiragli positivi per l’incoraggiamento delle sponsoriz-zazioni (ma anche per la salvaguardia della cosiddetta“archeologia preventiva”) appaiono inoltre nella nuovanormativa sui contratti pubblici (legge 50/2016) rispettoal previgente Codice degli Appalti e questo dovrebbe in-coraggiare un più funzionale raccordo con l’art. 120 delCodice dei Beni culturali e del Paesaggio, ma anche, piùin generale, con le iniziative private per la valorizzazio-ne di beni culturali pubblici di cui tratta il precedente art.111. Non si intravede però ancora un quadro d’insieme:l’intervento dei soggetti privati viene invocato semplice-mente come stampella alla gracilità dell’investimentopubblico (in termini finanziari, organizzativi e talvolta diprofessionalità manageriale) e non come naturale e re-sponsabile cooperazione ispirata ai principi di sussidia-rietà, partecipazione, inclusione sociale.Constatati, fra luci e ombre, questi positivi interventi,non si può ignorare lo stato di enorme debolezza in cuile politiche per il patrimonio culturale da tempo sog-giacciono rispetto ad altre istanze – non sempre op-portune né legittime – nelle politiche pubbliche. Bastipensare alla morsa che ha stretto sempre più la nor-mativa e la prassi della tutela con omissioni ovvero coninterventi normativi di fatto esterni alle competenze delMinistero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo. Mi riferisco, in fatto di omissione, a situazioni davve-ro diversificate, ma tutte gravi. Si va, ad esempio, daimancati provvedimenti contro le grandi navi nel ca-nale della Giudecca a Venezia, alla mancata emana-zione di chiare norme tecniche di indirizzo per gli in-terventi sia di conservazione sia di valorizzazione (art.29, comma 5; art. 114 del Codice BCP; piani paesag-gistici…), che, lasciando le scelte in ordine alla tutelanella più ampia discrezionalità dei singoli responsa-bili, li indeboliscono gravemente, di fatto, al cospettodi forze e interessi ben più potenti, organizzati e pre-varicanti. Si badi bene: si tratterebbe di misure sen-za costo per la finanza pubblica, ma di grande im-patto per la qualificazione e l’efficienza della tutela,non meno che per garantire l’eguaglianza dei citta-dini davanti alla legge e un chiaro indirizzo tanto perla formazione specialistica dei professionisti del set-tore, quanto per una trasparente relazione fra entipubblici e imprese del settore dei servizi culturali.Anche riguardo alle misure “attive” gli esempi sono i piùvariegati e spesso con effetti devastanti. Si può infatti or-mai comporre un florilegio di norme che, nel nome del-la semplificazione e dello “sblocco” dell’Italia, lasciano pursempre attivi una serie di lacciuoli burocratici nella vitaquotidiana dei cittadini, ma in “compenso” depotenzia-no, con una pluralità di “ritocchi” normativi, proprio la tu-tela del patrimonio culturale e anzitutto del paesaggio,già indebolita da decenni sul piano organizzativo per ca-renza di organici – in particolare per il mancato turn overdel personale tecnico – e per mancanza di mezzi (molti

2 Cfr: P. Petraroia, Cartadel rischio: linee guida enormativa recente. Unalettura critica, “ECONOMIADELLA CULTURA”, XXIV,2014, n. 3-4 (numeromonografico dedicato apatrimonio culturale edeventi sismici), pp. 303-320; cfr. in particolare sulpunto le pp. 315-317;scaricabile al link: https://www.academia.edu/29836516/Carta_del_rischio_linee_guida_e_normativa_recente._Una_lettura_critica_ECONOMIA_DELLA_CULTURA_XXIV_2014_n._3-4_pp._303-320

| 1 1p a r l i am o d i . . .istituti, a partire dagli Archivi di Stato, sono stati lasciatiper lunghi anni senza risorse per le bollette o addirittu-ra senza sedi in sicurezza): sicché le determinazioni au-torizzative, che i cittadini attendono giustamente dalleSoprintendenze in tempi ragionevoli, arrivano talvoltacon esasperante lentezza e inducono, stoltamente, aplaudire a quei provvedimenti di legge che vanno versola depenalizzazione delle azioni contro il patrimonio cul-turale; oppure che annichiliscono il ruolo della tutela nel-le conferenze di servizi, ove, fatalmente, l’interesse allasalvaguardia del patrimonio culturale vale un solo votopotenzialmente contro tutti gli altri: sicché gli interessi piùpotenti prevalgono a mani basse su quelli della tutela,ormai isolati quand’anche non irrisi, con il risultato di po-ter aggirare legalmente le finalità del Codice BCP per leattuali e per le future generazioni. In questa stessa logica perversa si iscrivono, ad esem-pio, altri interventi “attivi”, come la prosecuzione perle spese di progetto e realizzazione del ponte sullostretto di Messina, che collega zone fra le più sismi-che del Mediterraneo, mentre proprio in Calabria nep-pure si comincia ancora a parlare di interventi di mi-glioramento sismico per l’edilizia storica e i siti ar-cheologici: apparentemente il ponte non riguarda ilpatrimonio culturale, ma ciò solo a uno sguardo in-capace di considerare l’interazione fra dinamiche geo-sismiche e priorità della sicurezza e della tutela pae-saggistica, con i relativi costi.Quanto poi alla tutela paesaggistica, colpisce che pro-prio il Ministero che interpreta le competenze delloStato in materia, interpreti gli obblighi di semplifica-zione come annullamento della tutela invece che co-me efficientamento di essa. Mi riferisco allo schemadi regolamento relativo all’individuazione degli inter-venti esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sot-toposti a procedura autorizzatoria semplificata, or-mai in attesa di essere pubblicato sulla Gazzetta uf-ficiale. Come Italia Nostra ha segnalato al Ministero il5 agosto scorso, “lo schema di DPR – contraddicen-do la ratio del Codice dei Beni culturali e del Pae-saggio – liberalizza una serie di opere erroneamen-te ritenute tali da non arrecare, neanche in astratto,pregiudizio ai beni protetti, laddove dovrebbe essereacquisito che la qualità del pae-saggio è spesso com-promessa proprio dalla realizzazione diffusa di in-terventi di modesta entità e, ciò nondimeno, incon-grui con il contesto che si dovrebbe tutelare”. Si intuisce, da molti elementi di contesto, che il Ministe-ro è costretto ad agire in tal modo da pressioni incon-tenibili. Pressioni affini a quelle che, in una sede del tut-to impropria, hanno portato il Ministero a consentireche il Parlamento approvasse una norma che permet-te l’esportazione libera dei beni culturali non vincolati,purché dichiarati dal proprietario di valore economicoinferiore a 13.500 euro! La giustificazione di una taleaberrante misura, che nega il concetto stesso di valu-tazione culturale come base per la protezione dal-l’esportazione, è la solita: che cioè gli uffici deputati a

valutare e a rilasciare le licenze di libera circolazionesono troppo lenti e che i mercanti d’arte sono esaspe-rati. Nessuna analisi, però, le forze politiche favorevo-li al provvedimento hanno effettuato riguardo alle con-dizioni operative degli Uffici di esportazione degli og-getti di antichità e d’arte, la cui funzione ed efficaciaevidentemente non interessa.

Un analogo clima di pressione si avverte poi semprepiù nel lavoro di alcuni dei venti direttori di musei sta-tali dotati di speciale autonomia: un’ansia di velocecambiamento, probabilmente dettata da un incarico ascadenza, spinge talvolta a prospettare o a realizza-re tout-court innovazioni decise negli allestimenti che,per attirare nuovo pubblico, sembrano dover rinun-ciare proprio alla narrazione storica, alla proposta discoprire i contesti culturali nei quali capolavori e arti-sti geniali sono emersi. Penso sinceramente che diri-gere un museo italiano imponga di essere diversa-mente innovativi: i nostri musei sono spesso narrazio-ni storiche e territoriali attraverso l’incontro con opereoriginali, che sono testi di cultura e non pretesti per in-stallazioni più o meno originali e improbabili. Credo chela missione di noi italiani (in questo, ormai, assolutaminoranza nel mondo) sia quella di differenziarci conintelligenza dall’omologazione globale, generando sem-mai un dialogo critico fra le tante culture del mondo ela specificità della nostra cultura, la quale, proprio peressere costantemente innovatrice nei secoli, sa farsistoria di storie, raccordando sempre passato e futuro,senza fermarsi alla superficialità della contemplazio-ne degli idoli dell’arte fuori contesto.

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L’accantonamento dell’approccio storico antropologiconell’allestimento dei musei non corrode semplicemen-te la storia dell’arte; se così fosse, potrebbe, a certecondizioni, essere persino un bene. In realtà questosviamento interrompe quel rapporto fra musei e terri-torio che aiuta a comprendere l’identità comunitaria inprospettiva storico-critica e separa artificiosamente (perquanto riguarda l’Italia; altrove è diverso) ciò che è nelmuseo da ciò che ne è fuori.Questa tendenza antistoricista che sta affiorando pro-gressivamente nei musei, specialmente in quelli dotatidi “speciale autonomia”, appare peraltro del tutto con-traria a quell’approccio olistico, che, almeno un aspet-to della recente riforma delle Soprintendenze, vuole in-vece affermare, allorché, non senza fatica, anche lecompetenze di tutela archeologica si sono volute inte-grare alle altre: operazione – a mio personale modo divedere – del tutto condivisibile sulla carta, giacché nelnostro Paese gli intrecci fisici e simbolici fra manufatti diepoca diversa, le stratificazioni di opere nei secoli, lesuccessive reinterpretazioni dell’«antico» costituiscono unodei più caratteristici aspetti dell’identità culturale, alme-no fino all’età romantica e alla piena affermazione del-la moderna cultura storica. In molte aree e culture delmondo un approccio museologico non storicista potrebbeessere anche ampiamente motivato; nel nostro Paese,invece, esso cozza con la responsabilità di rendere espli-cito un tratto della cultura europea e italiana in specie– di antica matrice soprattutto ebraico-cristiana e gre-co-latina, ma non per questo cultuale – che è nostro do-vere continuare a conservare per il mondo intero in tut-ta la sua capacità di meravigliare e spiegare. Un taleapproccio museologico è maturato, soprattutto fra Ri-nascimento e Neoclassicismo, nel settore detto da se-coli delle “belle arti” ma si è fortemente articolato, comeè ben noto, nel corso Novecento fino agli anni a noi piùvicini: musei come gli Uffizi, con la loro stessa storia plu-risecolare, testimoniano ed esibiscono fisicamente l’evo-luzione di questo approccio, che consente di appren-dere come orientarsi nella comprensione della civiltà ita-liana, così ricca di evoluzioni e trasformazioni continue.

Sarebbe bizzaro e soprattutto colpevole cancellarlo, pa-radossalmente, proprio nel nome dell’innovazione.Il tema è di enorme portata anche perché l’approcciostoricista – come qui per brevità chiamo la lettura an-tropologica (formale e di significato) in prospettiva dia-cronica della nostra produzione culturale plurimille-naria – è di fatto la chiave ermeneutica fondamentaleper la lettura del nostro territorio come testimonianzaavente valore di civiltà. È per questo che il metodo stra-tigrafico, da così lungo tempo affermatosi in archeolo-gia e geologia, ha assunto un valore emblematico epersino extradisciplinare per la lettura del complessorapporto, nel susseguirsi di epoche, fra oggetti e con-testi di interesse naturalistico e culturale. Per i Poli museali, previsti tutt’ora dall’organizzazioneministeriale, occorre dunque pensare soluzioni e rac-cordi con la gestione dei beni e dei servizi culturali (pub-blici e privati) nel territorio, che da tale approccio stori-cista siano ispirate. In realtà la disuniformità delle do-tazioni di personale in rapporto all’estensione territo-riale di riferimento e gli accorpamenti di funzioni di va-lorizzazione, scisse però dalla tutela, compongono og-gi un insieme piuttosto sconvolto e di ben dubbia effi-cienza, soprattutto se si avesse l’ambizione – per altriversi da considerarsi un obbligo – di raccordare museistatali con altri musi pubblici e privati in sistemi orga-nici, funzionali alla comprensione dei valori del capita-le territoriale da parte delle popolazioni direttamenteinteressate così come di visitatori esterni e turisti.Per questo l’impegno di Italia Nostra nell’educazionealla lettura critica dell’ambiente – nelle sue diverse ma-nifestazione e con letture sincroniche e diacroniche cheincludono, senza assolutizzarli, i fenomeni artistici – as-sume oggi un carattere prioritario e strategico, del re-sto da sempre avvertito nell’associazione e ben espres-so soprattutto da Giorgio Bassani in un suo ben notodiscorso agli insegnanti. È forse proprio in questo im-pegno particolare che il lavoro di Italia Nostra si distin-gue da altre associazioni alle quali forse più propria-mente si addice l’aggettivazione di “ambientalista”: laproposta educativa che proponiamo a studenti e adadulti va infatti nel senso di cogliere tutta la multiformericchezza delle relazioni fra componenti naturali e cul-turali dei nostri paesaggi, urbani o rurali, montani o co-stieri che siano. Solo da un diffuso riconoscimento divalore della nostra eredità culturale procede la tutelae l’efficacia nel tempo di chi ne gestisce gli interventi.Proprio per questo, ogni verticismo nella definizione diprogetti di valorizzazione, che le riforme in corso ten-dono a staccare dalle competenze delle Regioni e deisistemi locali, riassorbendone la normazione nelleesclusive competenze dello Stato centrale, andrebbeassolutamente evitato; contro le popolazioni e la lorocomprensione del proprio habitat di residenza (per rias-sumere a parole mie il pensiero di Hugues de Varine)non c’è tutela che regga. La politica lo sa bene... ❑

Dedicato alla memoria di Sergio Cordibella

Foto Paolo Biondi (ItaliaNostra ringrazia per lagentile concessione)

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Con la nuova edizione della Lista Rossa Italia No-stra lancia l’App “Lista Rossa”, un mezzo affin-ché, insieme a tutte le sezioni dell’Associazio-

ne, anche tutti i cittadini possano segnalare il patri-monio culturale da salvare. Italia Nostra ha dunqueavviato un’ulteriore mappatura, per monitorare lo sta-to in cui versano beni artistici e architettonici, pae-saggi in abbandono o bisognosi di tutela, siti archeo-logici meno conosciuti, centri storici, borghi, castelli,palazzi, chiese. La nuova lista (che si aggiunge allaprima del 2011 / 2012) e che sarà costantemente ag-giornata, parte con oltre 40 siti “in pericolo”. L’impegno di Italia Nostra nel proseguire con la ListaRossa è l’impegno di coloro che non vogliono che tan-ti monumenti, per nulla minori, identitari della nostracultura, cadano nell’oblio. L’APP Lista Rossa è statarealizzata da Italia Nostra grazie alla collaborazionedegli esperti di mediaGEO, editore della rivista Archeo-matica, partner per l’aspetto tecnologico ed è per oradisponibile su Android e tra poco anche su IOS. Un mo-do semplice e innovativo per favorire il coinvolgimento

della cittadinanza nella tutela del patrimonio culturaleitaliano. L’impegno conseguente di Italia Nostra saràl’individuazione dei beni maggiormente a rischio e il re-perimento dei fondi necessari per salvarli, in collabo-razione con le istituzioni competenti. ❑

Scopri i beni in pericolo e fai la tua segnalazione suwww.italianostra.org o scarica l’App su Google Play

Beni culturali in pericolo nella nuova “Lista Rossa”

Il Patrimonio Culturale conta per l’Europa”– CHCfE(Cultural Heritage count for Europe) è il titolo delREPORT, redatto fra il 2013 e il 2015, dal Consor-

zio di sei organizzazioni europee coordinato da Eu-ropa Nostra composto da: ENCATC (European Net-work on Cultural Management and Cultural PolicyEducation), Europa Nostra, Heritage Europe (Asso-ciazione Europea delle Città e Regioni Storiche), TheHeritage Alliance (UK), e The International CulturalCentre, Krakow (Polonia) e The Raymond LemaireInternational Centre for Conservation dell’Universi-tà di Leuven (Belgio). Il progetto di cooperazione eu-ropea è stato finanziato dal Programma Cultura del-l’Unione europea. Obiettivo del progetto, è stato promuovere una mag-giore consapevolezza dei molteplici benefici che il Pa-trimonio culturale europeo porta all’economia, allasocietà, alla cultura e all’ambiente, fornendo provequantitative e qualitative dei benefici, con rilevazioniin luoghi rigenerati o restaurati in tutta Europa: crea-

zione di posti di lavoro, incoraggiamento degli inve-stimenti e miglioramento della coesione sociale. Si sti-ma che circa 300mila persone lavorano direttamen-te nel settore dei beni culturali in Europa e fino a 7,8milioni di posti di lavoro sono creati indirettamente. La pubblicazione è stata riconosciuta come uno stu-dio chiave che ha stimolato la proposta della Commis-sione Europea di organizzare nel 2018 l’Anno Euro-peo del Patrimonio Culturale. Europa Nostra si è im-pegnata nella diffusione del Report (scaricabile da http://blogs.encatc.org/culturalheritagecountsforeurope) eha promosso la traduzione del volume di 40 paginecontenente la “Sintesi Esecutiva e RaccomandazioniStrategiche” del Report, finora in sei lingue (olandese,tedesco, norvegese, polacco, spagnolo e italiano).L’edizione italiana*, realizzata con il contributo delMiBACT, è stata presentata dalla sottoscritta, all’Eventoorganizzato da Europa Nostra a Roma alle Terme diDiocleziano il 14 Novembre scorso per la presenta-zione dei Dieci Risultati Chiave e delle Cinque Racco-

Il Patrimonio Culturale contaper l’Europa

ROSSANA BETTINELLIMembro della Giunta Europa Nostra

*Adattamento esupervisione di RossanaBettinelli –Traduzioneitaliana di ManuelaMoreira.

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mandazioni Strategiche del Report,occasione per svi-luppare il dibattito “Il patrimonio culturale conta perl’Europa”.Il Ministro per i Beni culturali Dario Franceschini haconferito i Premi italiani 2016 per il Patrimonio Cultu-rale dell’Unione Europea/ Europa Nostra Awards (sup-portati dal programma “Europa creativa” della UE).I 4 vincitori italiani, per Categoria, sono: 1 Conservazione: restauro delle Terme di Dioclezia-

no, il chiostro e la piscina scoperta, presentati daRosanna Friggeri, Direttore del Museo NazionaleRomano, e da Marina Magnani Cianetti, responsa-bile del progetto di restauro.

2 Ricerca: il progetto di ricerca ‘Granai della Memoria’,

presentato da Piercarlo Grimaldi, Rettore dell’Uni-versità di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (CN).

3 Contributi Esemplari: la fondatrice del FAI, GiuliaMaria Crespi – GRAND PRIX – presentata dal vicePresidente del FAI Marco Magnifico.

4 Educazione, Formazione: il programma di educa-zione ‘Apprendisti Ciceroni’ ideato dal FAI – pre-sentato da Annamaria Ansaloni, Responsabile Scuo-la della Delegazione FAI di Roma.

Il 25 marzo 2017 si celebrerà in Italia il Trattato di Ro-ma che ha dato il via alla costruzione dell’Europa:Europa Nostra confida che, dopo 60 anni, venga ri-conosciuto che il Progetto europeo é fondato sul nos-tro Patrimonio Culturale comune. ❑

Organizzato dal Consiglio Regionale del Piemontecon la collaborazione delle Sezioni di Alba, Bra,Novara, Torino, Vercelli, il 28 ottobre all’Archi-

vio di Stato di Torino si è svolto “L’archeologia in cit-tà, monumento da salvare”, un incontro nato dallanecessità di confrontare le esperienze sul campo e,attraverso i contributi degli enti preposti alla tutela ealla gestione del territorio, in un rapporto collabora-tivo, essere di supporto alle iniziative locali di atten-zione agli aspetti di tutela dei siti archeologici e del-le preesistenze, e di sostegno agli interventi di tute-la e valorizzazione.

La tutela e la conservazione dei beni identitari dellanostra storia passano attraverso la conoscenza. Ilproblema della tutela archeologica riguarda soprat-tutto “beni non apparenti”, non immediatamente ap-prezzabili e valutabili. Ma qualsiasi componenteinsediativa antica comporta attenzione e prudenzanegli interventi interferenti, e non solo nelle grandiopere, ma anche nelle realizzazioni edilizie minori:tardivo e difficile è il blocco dei lavori a cantiereaperto, imprescindibile quando il reperto si rivela.Fondamentale quindi l’archeologia preventiva, atti-vità di tutela archeologica specificamente connessaai grandi lavori pubblici, con sondaggi di campiona-mento, guidata e supportata dalle conoscenze di cui

gli archivi delle soprintendenze dovrebbero avere glielementi fondanti. La “convivenza” tra il nuovo che avanza per “pub-blica utilità” (o interesse privato) e la conservazionee valorizzazione delle strutture antiche non dovrebbemai portare al sacrificio o all’avvilimento del valorestorico documentario del bene archeologico e alle po-tenzialità di fruizione culturale. Attenti a non distrug-gere! E meglio sarebbe custodire l’integrità deireperti sottoterra piuttosto che, per un improvvidocantiere, portarli alla luce compromessi e scarsa-mente fruibili. Al centro del dibattito, anche, previsioni e ricadutedel nuovo Codice degli Appalti (art. 25 d. lgs 50/2016)che sembra salvare l’archeologia preventiva, ma conun preoccupante taglio dei tempi ed enunciando pre-scrizioni differenziate nel merito della tutela in baseall’esito della compiuta verifica. La soprintendenza unica prevista dalla recente ri-forma del MiBACT varrà ad armonizzare la tutela ar-cheologica con il governo del territorio, nel rispettodei consolidati assetti della città storica? Conosciamole sempre maggiori difficoltà nell’esercizio della tu-tela, a fronte di carenze strutturali e di esigenze con-siderate prevalenti. L’identificazione dei bisogni èdeterminata dalla sempre crescente presenza nellecittà di situazioni di conflitto tra opere definite di pub-blica utilità (parcheggi in interrato, strutture per ser-vizi ecc.) e siti archeologici (conosciuti, o prevedibili,o di nuova scoperta). Alcuni casi esemplari di Torino,Vercelli, Novara, Bra, Alba, illustrati da esperti indi-viduati dalle relative Sezioni. ❑

MARIA TERESA ROLIConsigliere nazionale

Italia Nostra

L’archeologia in città“monumento da salvare”Problematiche ed esperienze sul campo in Piemonte

La soprintendenza unica prevista dalla recente riforma del MiBACTvarrà ad armonizzare la tutela archeologica con il governo delterritorio, nel rispetto dei consolidati assetti della città storica?

1 Sonia Casaburo, “ElbaRomana, la Villa delleGrotte”, Edizioni dellaFondazione GiovanniAgnelli, Torino, 1 gennaio1997 – Introduzione diOrlanda Pancrazi2 Proprio alla Villa romanadelle Grotte la SezioneItalia Nostra Elba-Giglio il 5agosto 2014 è diventataSezione ArcipelagoToscano, durante lariunione per il rinnovodelle cariche sociali.Leonardo Preziosi, ilpresidente “ neo-storico”ha passato l’incarico aCecilia Pacini, nel comunericordo della strada a suotempo tracciatadall’indimenticabileAlfonso, in difesa delpatrimonio naturale estorico dell’arcipelago. 3 Rivista Milliarium, numero11 – 2014, numerospeciale dedicato all’Isolad’Elba dell’AssociazioneArcheologica VolontariatoMedio Valdarno. Con “LaVilla romana delle Grotte aPortoferraio”, LorellaAlderighi, SoprintendenzaArcheologia Belle Arti ePaesaggio per le provincedi Pisa e Livornoresponsabile per l’Elba.

CECILIA PACINI Presidente Italia NostraArcipelago Toscano

Isola d'Elba, visitaguidata presso la VillaRomana delle Grotte.Foto Italia NostraArcipelago Toscano

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Isola d’Elba: tutela e partecipazioneItalia Nostra e la FondazioneVilla Romana delle GrotteLa Villa Romana delle Grotte, sito archeologico di

pregio nell’Arcipelago Toscano, una delle tre vil-le marittime presenti all’isola d’Elba, non è un

luogo per soli addetti ai lavori. Colpisce la sensibilitàdi chi la visita e la frequenta. Proprietà di una fon-dazione privata1, aveva negli ultimi anni subito pe-nalizzanti chiusure. L’ingresso del Comune di Porto-ferraio tra i soci fondatori, insieme alla sua parteci-pata Cosimo de’ Medici Srl, ne ha permesso la ria-pertura e l’inaugurazione di una nuova gestione, al-la presidenza della quale è stata chiamata la rap-presentante di “Italia Nostra Arcipelago Toscano”.

La nostra partecipazione, scontratasi inizialmente conproblemi pratici quali un cancello da aprire, l’erba datagliare e la messa in sicurezza dei resti e dei visita-tori, ha privilegiato la scelta di competenze scientifi-che e professionalità moderne, grazie alla nomina diun direttore scientifico con specifica preparazione del-l’archeologia dell’isola d’Elba, e grazie alla sinergiacon la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Pae-saggio per le province di Pisa e Livorno. Una prece-dente esperienza della nostra Sezione nel 20142 conl’appassionata gestione della Aps Archeo Color ave-va mostrato come siano valide proposte innovative digiovani professionisti, qualificati e motivati, capaci diintessere un dialogo continuo con altri mondi, appa-

rentemente lontani: la scuola, il mondo delle impre-se, delle associazioni impegnate nei settori della cul-tura3 e dell’ambiente, il governo del turismo.

Questo incarico, nell’anno in cui la nostra Sezione ce-lebra il cinquantenario della sua nascita, dà un nuo-vo significato alle battaglie pacifiche condotte nel cor-so degli anni per la valorizzazione e tutela dei beni.L’esperienza racconta il non facile ruolo di Italia No-stra come promotore di sviluppo territoriale tramite ilpatrimonio culturale, inteso nel senso non solo dellanormativa costituzionale e legislativa italiana, ma an-

che in coerenza con la Convenzione Europea del Pae-saggio e, soprattutto, con la Convenzione di Faro. Unlavoro poco visibile, ma prezioso perché capace di pro-durre sviluppo culturale, sociale ed economico, ga-rantendo, con la collaborazione di istituzioni locali pub-bliche e private, un futuro al nostro passato e a quan-to noi stessi vogliamo oggi godere. La nostra azionedimostra che il volontariato può produrre lavoro sta-bile e qualificato e un formidabile indotto economicoed esperienziale. La villa è una delle icone della no-stra storia, intesa nella piena accezione della Con-venzione di Faro, che estende il concetto di patrimo-nio culturale anche a “tutti gli aspetti dell’ambiente chesono il risultato dell’interazione nel corso del tempo tra

le popolazioni e i luoghi”. La sua collina, dominante laspettacolare rada di Portoferraio, è il punto centrale diun nostro progetto più vasto denominato “Il Camminodella Rada”, che proponiamo per offrire una nuovachiave di lettura dello sviluppo, volta al miglioramentodella qualità della vita degli ospiti (residenti e di pas-saggio) e sostenimento di un sistema economico e diservizi basati sulla cura, conoscenza e protezione delpatrimonio naturale e culturale. La ricerca, il ripristinoe la valorizzazione degli antichi percorsi elbani è in re-altà un progetto ambizioso4 che vede riunite quattroassociazioni. Italia Nostra, Elba2020Team, Legambientee Gruppo Aithale (tra cui Università di Siena, di Firen-ze e la Scuola Normale Superiore di Pisa), al sostegnodel Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, che lo hainserito nelle buone pratiche di sostenibilità della “Car-ta Europea del Turismo Sostenibile” CETS, la collabo-razione del Comune di Portoferraio e del mondo turi-stico-imprenditoriale5.

Ci stiamo impegnando, tutelati da una competente di-rezione scientifica e dalla supervisione e collaborazio-ne con la Soprintendenza, nel dialogo con il sistemamuseale, penalizzato all’Elba dalla difficoltà di crearereti, requisito spesso indispensabile per l’accesso a fi-nanziamenti pubblici e privati. Abbiamo condiviso lalettera aperta inviata al Ministero dei Beni Culturali dalvicesindaco di Portoferraio e assessore alla Cultura Ro-berto Marini per creare una biglietteria unica di un si-stema integrato dei musei statali (Residenze Napoleo-niche) e civici (Musei Archeologici di Portoferraio, Mar-ciana e Rio). “Un modo di lavorare” – commenta il prof.Giuseppe Tanelli, geologo dell’Università di Firenze,primo presidente del Parco Nazionale dell’ArcipelagoToscano (e nostro socio storico) – “credo fermamenteimposto dai fatti: lavorare per un sistema museale dif-fuso dell’Isola d’Elba, in grado di promuovere sia gliaspetti storico-archeologici del territorio sia quelli na-turalistici, molto spesso intrecciati in un inscindibile uni-cum culturale, materiale e immateriale”. Il contesto paesaggistico di alto pregio in cui si trova laVilla è ricco di straordinarie emergenze ambientali (le

zone umide e antiche saline), urbanistiche (Cosmopo-li), geologiche (la collina del Lazzeretto), archeologiche(l’ultimo edificio superstite degli Altiforni, San Giovanni,Le Grotte, il culto di Ercole e il mito degli Argonauti…).Se è vero che ciascuna di queste emergenze fa storiaa sé, raccontando una sua propria storia, è altrettan-to vero che i diversi racconti, ricomposti in un più am-pio, coerente e affascinante romanzo, vanno a costi-tuire un valore aggiunto. Il concetto dal quale partire,dunque, è quello di un parco della rada di Portoferra-io, estensibile prima all’isola d’Elba e poi all’Arcipela-go nel suo insieme. Riprendendo le parole del prof.Franco Cambi, docente di Archeologia dei Paesaggi al-l’Università di Siena con cui collaboriamo da cinque an-ni, dobbiamo consolidare, accanto alla cultura del-l’evento, con la sua fisionomia, i suoi caratteri, le sueproblematiche, anche una cultura dei paesaggi, deiluoghi e dei contesti che funzionano per sempre. Sonoquesti che costituiscono l’ossatura delle rispettive iden-tità culturali e che rappresentano i punti solidi ai qua-li ancorare immagini positive dei luoghi in cui una co-munità vive, nei quali essa si riconosce, nei quali iden-tifica il nesso fra i molti passati e il presente, nei qualiimposta la costruzione di un futuro possibile. Sono que-sti che finiscono con l’essere i tramiti attraverso i qua-li fidelizzare i turisti, luoghi belli ma anche ben tenuti,attraenti e narrativi, dei quali si parla una volta torna-ti a casa, dei quali si diffonde la conoscenza6.Tutela e valorizzazione passano attraverso la parteci-pazione, percezione e immedesimazione di ognuno dinoi con i beni che conosciamo meglio, e che quindiamiamo di più. Per questo abbiamo proposto che re-sidenti e studenti siano gli interlocutori privilegiati dacui ripartire. L’introduzione della gratuità del bigliettoper i residenti dell’Arcipelago Toscano, se ci penaliz-za per gli alti costi della gestione, tiene in considera-zione l’elemento distintivo tra i visitatori occasionali,principalmente turisti, e la popolazione locale. Abbia-mo creato una fidelizzazione di visitatori, i quali sonoanche i più generosi, animati dalla voglia di parteci-pare, “di non essere più spettatori”, come ha notato ilprof. Giuliano Volpe7, che ha citato la nostra esperien-za nel suo “giro d’Italia alla scoperta delle mille possi-bilità di gestione del patrimonio culturale”. Tra le do-nazioni di questo primo anno ci piace citare una no-stra iniziativa, battezzata con una vibrante presenta-zione dall’architetto paesaggista Paolo Pejrone, di an-tiche consuetudini elbane, che ha dato vita a “Le pan-chine di Italia Nostra nel ricordo di Tamara. La nostrarada, tra meraviglia, amore e tutela”: un parco nel par-co, al quale hanno partecipato Italia Nostra Toscanae altre sezioni toscane, e il cui sponsor principale èstata la famiglia Guido, Giorgio e Malvina Frilli con lasocietà “Recuperando S.r.l.”. Straordinariamente continuano ad arrivare donazio-ni, per trasformare in un parco ideale altri luoghi ama-ti nel Cammino della Rada. Con la collaborazione traassociazioni, il Comune di Portoferraio, e la sinergia

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4 www.camminodellarada.it5 http://www.islepark.it/images/piano_di_azione.pdf 6 Forma Urbis, ispirato altema delle GEP – GiornateEuropee del Patrimonio(24/25 settembre 2016)Franco Cambi, “La rada diPortoferraio. Miti, storie earcheologia partecipata”7 Giuliano Volpe,Presidente del ConsiglioSuperiore per i BeniCulturali e PaesaggisticiMinistero dei Beni e delleAttività Culturali e delTurismoUn patrimonio italiano –Beni culturali, paesaggi ecittadini, UTET, ottobre2016.

Isola d'Elba, la VillaRomana. Foto ItaliaNostra Arcipelago

Toscano

con la Soprintendenza, promuoviamo l’ampliamentodel parco archeologico grazie alla bonifica e il re-stauro della zona sottostante la Villa romana, riccadi reperti romani e bellici. Possiamo sperare che tut-ta la collina, con i limitrofi scavi archeologici di SanGiovanni, sarà tutelata, rianimata, riscoperta e valo-rizzata, dopo anni di abbandono.Per concludere il giro della nostra rada e del nostro“Cammino”, non possiamo non citare il restauro di unulteriore luogo di grande fascino, quale la fortezza delVolterraio, grazie all’Ente Parco. Sintesi del nostro im-pegno, che ha scandito il cinquantesimo anniversariodella nostra Sezione, con la nostra collaborazione adue convegni dell’Ente Parco in occasione del suo ven-tennale, e durante le Giornate Europee del Patrimonio,speriamo di aver offerto un contributo per la percezio-ne del paesaggio e della cultura di questa vasta zona

sottolineando il ruolo propositivo e crescente del ParcoNazionale dell’Arcipelago Toscano nello sviluppo nonsolo naturalistico, ma anche culturale, economico e tu-ristico dell’intero Arcipelago Toscano. ❑

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Il 24 maggio del 1996, a San Rossore, in occasionedella “Giornata dei Parchi Europei”, Edo Ronchi,neo Ministro dell’Ambiente del Governo di Romano

Prodi, dichiarava che in breve avrebbe portato in Con-siglio dei Ministri il decreto istitutivo dell’Ente ParcoNazionale Arcipelago Toscano, con l’estensione del-l’area protetta all’Elba, al Giglio e a Pianosa.Da subito si rinfocolò la “dialettica” fra favorevoli e con-trari al Parco. Non mancarono le contestazioni che dasette anni – all’indomani del decreto del 21 luglio del1989 che aveva istituito il Parco Nazionale nelle Isole mi-nori dell’Arcipelago (a parte Pianosa) – “vivacizzavano”lo scorrere dei giorni nell’Arcipelago, con ampio eco neimedia nazionali e internazionali. Il 5 luglio il decreto eraapprovato dal Governo e il 22 luglio il Presidente dellaRepubblica, Oscar Luigi Scalfaro, decretava l’istituzionedell’Ente Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.Poco più di un mese dopo iniziarono le riprese dellafiction di Rai 2 con Tullio Solenghi, dal titolo: “Il primocittadino”. L’ambiente è l’Elba, amministrata da un uni-co comune. Le riprese durano quattro mesi. Largo spa-zio venne dato alle vicende del PNAT. Erano ancorafreschi di colla i manifesti contro il Parco che avevanotappezzato l’Elba, il Giglio e Capraia, ed erano arriva-ti a Livorno, a Firenze, a Roma, al seguito di centina-ia di manifestanti. Fresche di vernice le scritte sui mu-ri, più o meno minacciose, tipo: “Faremo l’Elba nera!”,seguite da più ragionevoli (sic): “Non bruciate l’Elba,ma le merde!”. Giravano ancora le leggende metropo-litane sugli ambientalisti che lanciavano dagli elicotte-ri vipere sul Capanne; sugli assurdi divieti nella rac-colta di fiori, castagne, funghi, lumache...; sul pascolovietato; sugli espropri dei terreni; sull’inevitabile desti-no di avere, o un “Parco di carta”, o un “Parco presi-diato dai paracadutisti”; sugli apocalittici crolli del tu-

rismo. Questo fino all’ultima puntata della fiction, ...quando si vede la squadra di calcio elbana scenderein campo con ben evidente il nome del suo sponsor:“Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano”. Correvano quei tempi, quando il Corriere Elbano del30 novembre 1996 riportava in prima pagina un ar-ticolo di Alfonso Preziosi – Presidente di Italia NostraElba – dal titolo: “Per il restauro del Castello del Vol-terraio”. A fianco la notizia della mia designazione al-la presidenza del Parco Nazionale. Lo stesso giornoall’Auditorium De Laugier si tenne la “Giornata dellaScuola”, alla quale partecipai, come programmato datempo, per commentare “L’Isola del Ferro”, un rarofilmato girato nel 1926 sulle miniere elbane, appenarestaurato a cura del periodico Lisola. Quando Stefano Bramanti, organizzatore e condutto-re, annunciò il mio intervento – citando il Parco Na-zionale – dalle ultime file si elevò un brusio. Crebbe,nell’imbarazzo degli insegnanti, e sfociò in una rumo-rosa contestazione. Ricordo ancora le scuse di Gian-carlo Castelvecchi, il quale si dimenticava, come gli dis-si per tranquillizzarlo, che «anche io ero un inse-gnante». Tornata la calma, giungemmo a parlare delParco Nazionale. Accennai a Montecristo, il primo tas-sello delle aree protette dell’Arcipelago, che le Univer-sità toscane, il CNR, le Aziende Forestali dello Stato eil Comune di Portoferraio, nel 1971, avevano “strappa-to alla speculazione e alla cementificazione”; a Capraia,dove negli anni ‘80, nel consenso generale, era natal’idea del Parco e dove, all’indomani del “frettoloso” de-creto del 1989, erano esplose le contestazioni degli iso-lani e le critiche di alcune associazioni ambientaliste;a Pianosa, che nel vissuto di quei giovani studenti erasempre stata soltanto un’isola blindata per terroristi emafiosi; al grande e fragile patrimonio di natura, sto-

Il Parco Nazionale venti anni dopoBEPPE TONELLIUniversità di Firenze,Scienze della terra e Primo Presidente del Parco;Socio Italia Nostra Arcipelago Toscano

Isola d'Elba, la VillaRomana particolare.Foto Italia NostraArcipelago Toscano

Uno dei simboli dell’Isola d’Elba è il castello del Vol-terraio, recentemente restaurato dal Parco Naziona-le dell’Arcipelago Toscano.Il luogo è caro agli isolani, per i quali il castello, sul-la straordinaria torre di roccia quasi a strapiombo sulgolfo di Portoferraio, ha un significato affettivo che vaben oltre il grande valore storico, architettonico e pae-saggistico che l’antica fortificazione rappresenta. Colpiscono il rilievo e la fortezza, dove gli elementinaturali si uniscono alla struttura difensiva creatadall’uomo dando luogo a un’aspra armonia ben no-ta agli Elbani e ai visitatori. Il monte Volterraio rappresenta un’importante oasi,da conoscere e difendere, per i suoi elementi di geo-logia e di storia naturale, come piccolo richiamo allabiodiversità. Una recente mostra ha anche documentato le fasidel restauro: gli scatti sono stati realizzati prima, du-rante e dopo. Concludo questa breve presentazionecon la descrizione del Volterraio di Gin Racheli (da“LeIsole del Ferro” di Gin Racheli, Mursia Editore, Mila-no, 1987), un omaggio alla studiosa e ambientalista,

dirigente dell’Associazione Italia Nostra, ricercatriceappassionata di mare, delle popolazioni marinare,delle isole minori, della loro cultura, storia e natura: «Non è soltanto bello il Volterraio: è fascinoso, arcano,potente; vive in un suo segreto profondo, al di sopradelle sventure umane e degli stessi eventi di cui è sta-to protagonista…comunque arriviate alla base del ba-stione, vi attende ancora una dura salita a piedi, sul-le rocce fra cui con incerti sentieri uomini in armehanno ripetutamente tentato prima di voi di salire. Evi chiederete, ansimando sotto il sole quali ferree vo-lontà e quali disperazioni abbiano aiutato i costrut-tori e i difensori a compiere opera così grandiosa. IlVolterraio sorge – fatto della stessa roccia della mon-tagna su cui è radicato – coperto dagli stessi licheniferruginei, recante le tracce di cento ferite…Eppurenulla della sua nobiltà si è perduto; costruito da uo-mini veri sopra i segni leggendari di altre difese…inesso si rinserrarono più e più volte le popolazioni ter-rorizzate di Rio…Il castello del Volterraio non si arre-se mai; nella sua storia non fu mai piegato: è lui il ve-ro simbolo dell’Elba! » ❑

ria e tradizioni contenuto nelle terre e nel mare del-l’Arcipelago. Più o meno con queste parole conclusi ilmio intervento: «Il Parco è stato ed è, un incubo permolti, un sogno per altri. Di fatto una sfida culturale.Una sfida che potrà essere vinta solo se il Parco sa-prà trasformare l’incubo in sogno, e il sogno in unarealtà condivisa. Una realtà della quale voi dovrete es-sere custodi e guide». Undici giorni dopo, l’11 dicem-bre 1996, mentre si stavano girando le ultime scenedella fiction “Il primo cittadino”, il decreto sul Parco ve-niva pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. L’Ente Parcoiniziava il suo cammino. Altri tempi. Tempi in cui i con-cetti sullo sviluppo sostenibile e gli effetti del riscalda-mento globale avevano ancora una posizione di nic-chia, nei media e nella pubblica opinione.E ora, rimaniamo sempre all’Auditorium De Laugier,ma facciamo un salto nel tempo e arriviamo al 19 apri-le 2002, quando nella Sala Grande del vecchio Con-vento Francescano si tenne un convegno e un bilan-cio sugli incendi nell’Arcipelago. Era il mio ultimo gior-no di presidenza. Un paio di settimane prima, saldatal’ultima rata, il Volterraio e il “dirupo sasso” su cui erastato edificato erano entrati a pieno titolo nelle dispo-nibilità del Parco. La sala della De Laugier era gremi-ta dai protagonisti dell’antincendio: i Forestali, i Vigilidel Fuoco, gli operai della Comunità Montana, i tanti“ragazzi e ragazze” delle Associazione di volontariatoelbane, le Forze dell’Ordine. Coloro che, con il duro la-voro e l’abnegazione, combattevano i roghi, difenden-do il territorio e riscattando la dignità e la cultura del-

l’Elba dai pochi barbari che tentavano di infangarla.Quando il relatore ricordò il ruolo avuto dal Parco nelcontrasto al fuoco, i protagonisti dell’antincendio si al-zarono in un lungo applauso......Al Volterraio, “gallo-ottomani” (come dice il Ninci),incendiari e cumuli di sassi sono il passato. Dai suoispalti, che dominano la Rada di Portoferraio, final-mente restaurati e percorribili, si apre un paesaggiomagico di natura e di storia. Il cammino del Parco Na-zionale – fra qualche passo indietro e qualche pas-so di lato – si è fatto più sicuro, accompagnato dallacrescente consapevolezza istituzionale e sociale diquale prezioso valore aggiunto esso sia, per l’ecolo-gia e l’economia turistica ell’Arcipelago, e per pro-muovere i valori universali, del rispetto verso la ma-dre Terra e della solidarietà fra i suoi figli.Sappiamo bene che niente deve essere dato per con-solidato. L’Arcipelago è ancora sede di una grande sfi-da culturale e materiale. Una sfida che si sublima in untema di vitale e globale importanza per noi e per le fu-ture generazioni: il Mare. Dobbiamo in tempi brevi usci-re da quel “limbo normativo” in cui la politica e la buro-crazia tengono da quasi mezzo secolo le aree marineprotette dal Parco Nazionale, rivedendo “intelligente-mente” la perimetrazione e le norme di tutela, e maga-ri estendendole al mare dell’Elba e del Giglio. ❑

Questo scritto è dedicato a Giuseppe Antoci, al Parco dei Nebrodi e alla “gente perbene”

che lotta contro le mafie

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Il Volterraio e la sua fortezzaANTONELLO MARCHESE

Socio Italia Nostra Arcipelago Toscano

Il Volterraio. Foto ItaliaNostra Arcipelago

Toscano

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Si chiude questo ventennio segnato dall’assenzadi Antonio Cederna nella consapevolezza del-l’insostituibile forza propulsiva di cui ci sarebbe

ancora tanto bisogno che ha saputo dare alle mille bat-taglie intraprese da Italia Nostra dalla sua istituzione.A maggior ragione vorremmo averlo accanto oggi, al-la vigilia finalmente di una giurisdizione nazionale euna tutela sovranazionale della via Appia da Roma aBrindisi, come chiesto da lui più volte, in contesti inter-nazionali insieme all’Unesco e all’Unione degli Istitutistranieri, e vale la pena quindi di tracciare una linea didemarcazione tra un passato incerto e un futuro da co-struire in suo nome, per quello che è stato “Il Sogno diuna vita”* (bollettino IN n.471/2012).Sarebbe stato contento. infatti, di vedere oggi ItaliaNostra, grazie al patrimonio pluridecennale di azioni,studi conoscenze ed esperienze accumulate, chiamataa dare il suo contributo per una salvaguardia attivadella Regina viarum, al Tavolo tecnico voluto dalMinistro per i Beni, le attività culturali e il turismo conun accordo interregionale tra Lazio. Campania,Basilicata e Puglia. Sembra saldarsi così un cerchio positivamente e,voglio ricordare non a caso, che due mesi prima dellasua scomparsa, nel giugno del 1996, immobilizzato aletto per una caduta in casa, Antonio mi spronò aorganizzare l’ennesima conferenza stampa voluta dalui come Presidente del parco regionale dell’Appiaantica, condivisa da me come responsabile del ComitatoTecnico Scientifico dello stesso Ente, per rilanciareinsieme ad Adriano Regina, Eugenio La Rocca e VittoriaCalzolari, una responsabilità dello Stato di fronte allemancate risposte della Regione Lazio, che continuava anegare risorse e strumenti concreti per l’amministrazionedi un’area cosi complessa e unica al mondo.

Una scelta politica che lo addolorò e si tradusse inquello stesso anno, nella decisione di inserire ilcomprensorio dell’Appia nell’elenco delle Areeprotette naturali, cancellando la legge istitutiva delparco n.66/88, che aveva garantito, fino ad allora,, lapresenza indispensabile degli organi di tutelaarcheologica statale e comunale, nella gestionearmonica e integrata del suo esteso patrimoniostorico-ambientale. Una decisione scellerata che ha portato, dopovent’anni, a una sostanziale impotenza a combattereefficacemente ogni abuso, a non avere un piano diassetto, a una successione di commissari impossibilitatia risolvere competizioni improprie tra l’Ente Parco e la

Soprintendenza archeologica, in un’area di quasi 4000ettari, per due terzi composta da storiche tenuteagricole, ville private a spazi verdi di pubblica fruizioneamministrate dall’Ente Parco e un terzo di gestionediretta per i Beni e Siti monumentali a carico dellaSoprintendenza archeologica di Roma.Senza peccare di facile ottimismo, la chiarezza delDecreto ministeriale che individua e circoscrive icompiti di servizio dell’Ente Parco nell’area romanae assegna, invece, tutela e gestione a un Direttorenazionale che promuoverà e coordinerà ogni attivitàdi concerto con gli organi periferici del MiBACT,prende spunto esattamente con un nostro contributo

dal testo del Disegno di legge illustrato dall’On. WillerBordon al Convegno internazionale promosso daItalia Nostra nel 2005. Si presenta così una nuova opportunità per la nostraAssociazione, con un ruolo propositivo da svolgerenella costruzione di un futuro di corretta conservazionedell’Appia, cosi come voluta da Cederna e ZanottiBianco, con un impegno centrale della sezione di Romache ha nella sua tutela il DNA fondativo, e un progettodi lavoro a cui tutte le sezioni e i consigli regionali cheinsistono nel territorio attraversato dalla più celebredelle vie storiche europee, possono e devonoconcorrere per questa sfida che si apre a Italia Nostranei prossimi anni. ❑

L’Appia di Antonio Cederna tra passato e futuro

ANNALISA CIPRIANIConsigliere Sezione di Romadi Italia Nostra

Roma, Parco dell’AppiaAntica. Una visionedella piccola porzioneaperta e contornata daverde. Foto OresteRutigliano

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Antonio Cederna denunciava, difendeva, tute-lava, ma al contempo sognava. C’era in lui ilsenso di una grandeur culturale di Roma, da

estendere chiaramente al resto d’Italia. Come spie-gare altrimenti il suo amore per Parigi e per le gran-di opere culturali lì effettivamente realizzate. Quantevolte lo sentii raccontare dello Chirac Sindaco di Pa-rigi (dal 1977 al 1995) che amava farsi presentare iprogetti per la città in una apposita sala, ove grandicartografie venivano srotolate sul pavimento per es-sere illustrate. E ripeteva: “diecimila miliardi di lire (oggi certo più di5 miliardi di euro) spesi a Parigi per sole opere di ca-rattere culturale, mentre a Roma si procede col con-tagocce”. Questa ammirazione gli fece amare perfino la pira-mide del Louvre contro i suoi stessi principi. E ridac-chiava di Cesare De Seta che glielo rimproverava.

La legge per Roma CapitaleAvrebbe voluto che altrettanto per Roma e non a ca-so in Parlamento (fu deputato dal 1987 al 1992) si fe-ce promotore della legge 396 del 1990, che va sottoil nome di Legge per Roma capitale.Nel leggere le linee fondamentali di intervento dellalegge, contenute nel primo articolo della legge 396,sembra di sentirlo parlare, di rileggere il contenutodi tanti suoi articoli, di vedere finalmente condiviso ilsuo pensiero.

a) realizzare il sistema direzionale orientale e le con-nesse infrastrutture, anche attraverso una riqua-lificazione del tessuto urbano e sociale del qua-drante Est della città.Rilocalizzare le sedi del Parlamento, del Governo,delle Amministrazioni e degli Uffici pubblici ancheattraverso il conseguente programma di riutilizza-zione dei beni pubblici;

b) conservare e valorizzare il patrimonio monu-mentale, archeologico e artistico, creare parchiarcheologici ed in particolare quello dell’Areacentrale, dei Fori e dell’Appia Antica, incremen-tare e valorizzare il sistema di parchi urbani esuburbani, nonché acquisire le aree necessariee quelle ancora private del comprensorio di Vil-la Ada;

c) assicurare la più’ efficace tutela dell’ambiente e delterritorio, anche attraverso il risanamento dei fiu-mi Aniene e Tevere e del litorale, realizzare parchinaturali, sportivi e per il tempo libero nonché in-terventi di recupero edilizio, di rinnovo urbano e diriqualificazione delle periferie, ivi comprese le ope-re di carattere igienico-sanitario; ...ecc

Le sue e le nostre passioni erano diventate legge del-lo Stato. E con il sostegno di tutte le forze politiche.Oggi sembra incredibile, ma intorno al suo nome siera coagulato un quasi unanime consenso.L’esproprio di Villa Ada fu finanziato direttamente dal-

ORESTE RUTIGLIANO Consigliere Nazionale

Italia Nostra

Cederna urbanista. La “Legge per Roma Capitale”

Un incrocio ed unasovrapposizione traMura ed Acquedotti

che fa del luogo un complessomonumentale

mai valorizzato.Foto Oreste Rutigliano

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la legge a coronamento di una battaglia cittadina gui-data dalla Sezione romana.E poi il nuovo assetto dei Fori, l’Appia, i parchi naturalied i parchi fluviali, lo SDO quale sua speranza di risa-namento delle periferie densamente abitate che avevaraccontato e fotografato per anni. Palazzoni assiepatie senza luce, dalle densità abnormi: fino a 600 abitan-ti ettaro (Tuscolano, Appio, Tiburtino, Prenestino, etc),quartieri senza verde, ragazzi con giovinezze ristrettenel cemento, senza sfoghi e senza campi sportivi.Il resto si realizzava attraverso un vasto Programmadi singoli interventi. Non casuali, ma frutto di un pia-no urbanistico e culturale, e prima ancora di princi-pi ispirati al pubblico interesse.Impostazione della legge, temi di discussione politica,avvenimenti sembravano ora una agenda dettata dal-lo stesso Cederna e con lui anche da Italia Nostra. Nona caso è proprio in questo frangente che gli viene of-ferta la poltrona di Sindaco. Da valutare non tanto perla credibilità dell’offerta, quanto per il fatto che indi-carla rendeva popolarità al proponente. Ci si domanderà se quella legge abbia avuto suc-cesso.Per un 50% si, direi ad occhio. A parte Villa Ada, partìcon Roma Capitale anche il sospirato Auditorium, chesi avviò solo perchè finanziato per l’intero ammontaredella spesa per volontà dell’Ufficio del Programma pres-so la Presidenza del Consiglio. Andarono a buon fineuna serie interminabile di interventi della Soprinten-denza Archeologica, capaci di indurre un vero balzoin avanti nella conservazione e nella offerta culturale,anche riavviando molte opere bloccate (Museo nazio-nale Romano con Palazzo Massimo e con Palazzo Al-temps, la Crypta Balbi). Mentre la Galleria Borgheseche era chiusa da lustri, venne in breve conclusa eriaperta. Mentre procedevano speditamente infiniti re-stauri per chiese e monumenti ecclesiastici.E ancora come dimenticare l’esproprio dei 150 etta-ri della Caffarella, e la cura di tanti altri monumentidella Via Appia, tra cui la Villa dei Quintili.Nel Parco fu previsto e realizzato un tunnel del GRAa sei corsie sotto la antica Appia. Furono spesi quin-di trecento milioni di euro per ripristinare la continui-tà lineare e paesaggistica della Regina Viarum, pri-ma tranciata di netto dal passaggio della grande au-tostrada urbana. Venne sospesa ogni nuova allocazione di uffici in cen-tro storico. Memorabile il ritorno dell’Hotel de Russie,a via del Babuino, dove intendevano invece approda-re gli uffici dell’ANIA, il sindacato delle Assicurazioni. Ma nulla potè la legge per allontanare dal centro gliuffici Ministeriali. E tantomeno si avviò la liberazionedai ministeri di via XX settembre. Cederna detestavaa ragione il grigio palazzone del Ministero della Dife-sa che avrebbe voluto raso al suolo e insieme a quel-lo delle Finanze. Salvo successivamente adattarsi al-l’idea di farne un grande polo espositivo e culturale,di cui tuttora si sente la mancanza.

Sopralluoghi numeri e dati a servizio di un pensieropragmaticoPer lui scrivere non era diviso dall’agire; per lui nonera concepibile predicare, se a questo non seguival’impegno concreto sui luoghi e tra la gente. Per an-tica abitudine nata con le sue prime azioni di con-trasto alla distruzione del patrimonio: il progettatosventramento di Via Vittoria (1950) in pieno centro ba-rocco e la lottizzazione dell’Appia (1953). Ad una no-stra richiesta di intervento seguiva la sua richiesta diessere accompagnato a fare un sopralluogo. Primadi una sua campagna di stampa aveva di sicuro fat-to una accurata visita ai luoghi, parlando con chiun-que lo potesse informare, raccogliendo dati numeri-ci per farsi capire dai lettori.Ecco perché giunto in Parlamento aveva trasforma-to la sua concretezza in una legge fatta di oggetti pre-cisi, di progetti e di opere, inserite nella complessitàdi una visione urbanistica.

I Porti di Claudio e TraianoLa stessa concretezza la ravvisai nel lungo impegnoper i porti di Claudio e Traiano. Quanti articoli per l’esproprio del Porto di Traiano permetà in mani private e sfregiato dallo Zoosafari! Quan-ti articoli e quanto impegno e sopralluoghi e ascoltiper il Porto di Claudio! Si convinse che il Porto di Claudio dovesse essere sca-vato e riallagato per essere infine riunito attraversole storiche banchine della città di Porto a quello diTraiano offrendo di nuovo al mondo la vista dei Por-ti Imperiali, riunificati, redenti dall’abbandono e mo-strati al mondo nella loro grandiosità. (la più grandeopera ingenieristica della antichità).Quando ho raccontato pochi mesi orsono in un co-vegno alla presenza degli Amministratori di Fiumici-no c’è stato grande imbarazzo ed incredulità. Le Am-ministrazioni attuali non vogliono essere disturbateda impegni troppo grandi. Fuggono intimidite, ap-

Un esempio deiquartieri soffocantidella zona est di Romadi cui Cedernadenunciava l’invivibilità.Foto Oreste Rutigliano.In basso, particolare diRoma alle soglie deglianni ’80, tratta dal libro“Brandelli d’Italia” diAntonio Cederna. Foto Maria GraziaMarchegiano Cederna

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passionate solo ai piccoli interessi. Incapaci di con-cepire opere culturali di tale grandezza.

Mura Aureliane, Acquedotti e ConsolariSogno’ la riscoperta dei monumenti lineari: le vie Con-solari, gli Acquedotti, le Mura Aureliane onde consenti-re la creazione di altrettanti itinerari turistico culturali. A nord di Roma scoprì la Flaminia Antica, che par-tendo da Ponte Milvio, approdava all’Arco di non ve-deva meno importante dell’Appia. Quanto avrebbe desiderato veder srotolare sotto i pro-pri occhi le carte di tutti i restauri e delle opere di con-testo urbanistico atte a rimettere al centro di ampispazi di rispetto quelle Mura e quegli Acquedotti.

I Fori Sui Fori Imperiali la sua fu visione uguale e contra-ria a quella del regime che li aveva ridotti a quintedei fasti di una romanità fasulla, reinventata per mo-tivi di propaganda. “Demolire le stradone fascista per riportare a veragloria la ricongiunzione di tutti i fori“. C’era in questa visione una grandezza che piega asé ogni altra esigenza. E la perseguì fino agli ultimigiorni. Senza mai arrendersi a coloro che lo voleva-no dissauadere con argomenti di rassegnato buon-senso.Nella sua mente turbinavano tante idee e progetti conil desiderio di condividere con tutti i cittadini la bel-lezza che veniva a scoprire.E pur colto, e pur capace di immaginare per suo con-to, a differenza di Amministratori e politici, sapeva evoleva ascoltare. E ci teneva a render merito di cer-te idee a chi gliele aveva proposte.Gli piacque molto l’idea del collegamento diretto traPiazza del Campidoglio, l’Aracoeli e le balconate delVittoriano. Ricordava come il suggerimento gli venis-se dal Prof. Vincenzo Di Gioia, lo stesso che lo chia-

mò a visitare lo stato miserevole della Via Appia nel-l’agosto del 1953.Avuto il privilegio di osservare le vestigia dell’orolo-gio di Augusto sotto un velo di acqua purissima nelsottosuolo di S. Lorenzo in Lucina, suo primo pen-siero fu come poterlo offrire in godimento a tutti.

Porta Maggiore Vorrei concludere con una vicenda inedita, che rima-se tra noi, inesplorata. Si prospettò nel 1992 un pro-getto di recupero o di demolizione della Pantanella,una grande fabbrica, tra Casilina e Prenestina, subi-to fuori Porta Maggiore. Uno dei primi grandi interventidei privati che al solito nulla lasciano alla città. Ci chiedemmo in occasione di quei grandi lavori se nonsi potesse ottenere lo scavo sotto la Pantanella di untunnel dove riversare il fiume di auto che ammorba lostrepitoso monumento di Porta Maggiore. Senza nem-meno consultare i nostri amici tecnici ed archeologi, an-dammo a misurare a passi la realizzabilita’ dell’idea, in-genuamente conquistati dalla possibilità di por fine aquella miserabile rotatoria di auto intorno a Mura ed Ac-quedotti. Di nuovo, dopo l’Appia sottopassata dal GRA,un tunnel per restituire al suo decoro una magnificapiazza nata intorno alla Porta ed alle Mura ed agli Ac-quedotti. Credo un episodio assai significativo per un in-tellettuale che non aveva il timore di misurarsi con scel-te difficili, senza temere attacchi e critiche.Come fu per la scelta del sito dove edificare l’Audito-rium. Da lui suggerito alle falde villa Glori e da tuttiaccolto.La legge per Roma Capitale è figlia di queste sue aspi-razioni a tutelare e rendere visibili, accessibili e pro-tagonisti della vita urbana i suoi amati monumenti.Ancora alla vigilia del Giubileo del 2000 auspicavache il 50 per cento dei fondi speciali fossero dedicatialla salvezza dei Beni Culturali, da salvaguardare eproporre al ” al godimento dei cittadini”. ❑

Roma, Porta Maggiorevista dall’interno città.Foto Oreste Rutigliano

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Il nuovo stadio a Tor di Valle: via libera alla più gran-de deroga urbanistica di tutti i tempi? Abbiamo pro-vato a immaginare cosa avrebbe detto Antonio Ce-

derna, scomparso esattamente 20 anni fa, davanti alprogetto dello Stadio della Roma a Tor di Valle. Un mi-lione di metri cubi con tre grattacieli da 220 metri, ve-ro nuovo centro direzionale e commerciale concepitodal Presidente della Roma, l’americano James Pallottae dalla Euronova del costruttore romano Parnasi.Avrebbe di certo fatto un parallelo tra il “BusinessPark Stadio del calcio” e la vicenda dell’Albergo Hil-ton, che segnò il punto più miserabile della storia ur-banistica di Roma.Egli visse allora con sconcerto l’enorme scandalo chevide l’eliminazione sul culmine di Monte Mario di unpubblico belvedere, con annesso parco, a ispirazionee somiglianza del Gianicolo, espressamente previstodal piano regolatore. Gli “Americani” intendevano edi-ficare il loro Hotel e trovarono naturale scegliere, perrealizzare al meglio i propri interessi, quel sito, il piùpanoramico e prestigioso di Roma. Lo imposero tramitela potente Società Generale Immobiliare alla faccia dellagrande bellezza (l’Hilton, mediocre espressione del

gusto anni ‘60, si impone, tra l’altro, come sgradevolefondale della rettilinea via Giulia).Accade oggi, che vi sia a Sud del Centro Storicoun’ansa del Tevere che racchiude una piana allu-vionale di oltre 100 ettari. È l’ansa di Tor di Valle, oveun tempo si andava all’Ippodromo del trotto. Nel re-cente PRG, varato nel 2008 sotto l’AmministrazioneVeltroni, questi 100 ettari sono stati destinati a verdesportivo attrezzato (una destinazione che include insé notevoli cubature, ma migliorabile poiché va nelladirezione giusta; quella di una grande area sportivaal servizio della città e in un luogo appropriato lungoil corso del Tevere).Area preziosa alla luce del generale interesse amantenere libere dal cemento e non impermeabiliz-zate le sponde e con esse le piane alluvionali com-prese entro le anse del Fiume. Poiché il Fiume è lapiù importante infrastruttura ambientale e paesisticadi ogni moderna metropoli.E invece, Egli, Cederna, dovrebbe constatare che dinuovo arrivano altri “Americani”, che si scelgono pro-prio quella ansa di Tor di Valle per il loro quanto maiesplicito progetto di “Businnes park Stadio della Roma”.

Il nuovo stadio a Tor di Valle: via libera alla grande derogaurbanistica

ORESTE RUTIGLIANO Consigliere Nazionale Italia Nostra

Sulla destra collinaledell’ansa di Tor di Valle,sulla sinistral’autostrada Roma-Fiumicino e sullosfondo il quartiere EUR.Foto Oreste Rutigliano

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Si osservi la foto satellitare: ci sono dentro l’anellodel GRA solo brandelli di sponde del Tevere non con-sumate da banali capannoni e altre bestialità, come

l’intensivo quartiere della Magliana. Fanno eccezionetre grandi anse del fiume che racchiudono piane al-luvionali libere e consistenti tutte e tre intorno ai 100ettari di estensione. Quella dell’aeroporto dell’Urbe e quella dell’Ippo-dromo di Tor di Quinto a Nord del Centro Storico equella di Tor di Valle a Sud.

Aree in grado di dare consistenza a un Parco Flu-viale. Scorte di natura, di paesaggio: pezzi unici ina-lienabili. Per Tor di Valle si prepara, dunque, un furto evidentee disastroso. Come lo fu per quel belvedere in cimaa Monte Mario.Anzi una rapina con l’arma impropria del ricattooccupazionale. Che come nei tempi più bui, findagli anni ’50, viene brandita con questi toni: “o làdove vogliamo noi o nulla e nessun posto di lavoro”.Non solo questo: l’americano, Mister Pallotta, ha giàdeciso per tutti noi anche sui Grattacieli a Roma.Intende imporci non uno, ma tre grattacieli, su pro-getto Libeskind, in spregio alla nostra preziosaidentità di città orizzontale, salvaguardata per oltre50 anni da un patto politico-culturale del tutto tra-sversale, che ha inteso per mezzo secolo esaltarel’emergere in una città orizzontale di cupole, torrie campanili, di un immenso Centro storico Patri-monio dell’Umanità (e fuori dalle Mura tale è anchela Basilica di S.Paolo che è a soli 2 chilometri daTor di Valle).Siamo di fronte a impensabili forzature logiche per lequali lo Stadio diventa un pretesto per scardinare unPRG, varato solo otto anni fa. Laddove solo il14% dellecubature sarebbero per lo Stadio e tutto il resto perfornirsi una compensazione alle opere di infrastrut-turazione urbana (ponti, strade e dannoso sfiocca-mento della metro B) che serviranno solo al loroBusinnes Park.Insomma per Cederna, che aveva adottato i 100milametri cubi dell’Hilton come unità di misura per ogninuova speculazione, questa sarebbe stata una vio-lenza dieci volte più grande di quella vissuta ai tempidel pessimo Albergone.Avrebbe ricordato come dietro alle archistar ci sonoi vecchi trucchi dei palazzinari romani, che mentreincassano con il PRG le rendite di venti centralità, sicomprano altre aree fuori Piano a pochi soldi perlucrare nuove inaspettate rendite. Questo “nuovoStadio” è il frutto marcio della pianificazione traditae delle deroghe, tanto più clamorose quanto più po-tente e suadente il privato che le proponga.Con venti centralità contenute nel PRG e con bencinque proposte di siti alternativi prodotte dagli uf-fici, un intero consiglio comunale ha votato ai tempidel Sindaco Marino la pubblica utilità per questoStadio, intorno al quale si sono coagulati vasti inte-ressi politici ed economici.La Giunta Raggi espressa dal Movimento 5 stelle,dopo il “no alle Olimpiadi “, è ora intimorita dalla forzadegli interessi qui coagulati, che si avvalgono delmantello protettivo del “tifo romanista”.Finirà con il paradosso della bocciatura di una can-didatura Olimpica, che il tavolo delle Associazioniavrebbe ottenuto in totale coerenza con il PRG e il vialibera alla più grande deroga urbanistica di tutti itempi? ❑

Per Cederna, che aveva adottato i 100mila metri cubi dell’Hilton come unità di misura per ogni nuova speculazione,a Roma il nuovo stadio sarebbe stato una violenza dieci volte più grande di quellavissuta ai tempi dell’Albergone

L’ansa di Tor di Vallevista dall’altura

della sponda oppostadel Tevere.

Foto Oreste Rutigliano.In basso, uno dei tantirendering del progetto“Business Park”, stadiodella Roma. 1 milione

di m3 con tre grattacielidi 220 metri di altezza,

progettati dall’architettoLibeskind

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L’architetto Renato Padoan, già Soprintendenteai Monumenti di Venezia e Laguna, ha operatoper molti anni con profonda conoscenza e gran-

de impegno e dedizione. Uomo di rara sensibilità ecultura, ha generosamente donato a Italia Nostra lanuda proprietà dell’appartamento di sua proprietà aPalazzo Bolani sul Canal Grande, affinché venga de-stinato a sede della Sezione di Venezia e a “Centro distudio e di attività volto principalmente alla difesa, al-la conservazione e alla valorizzazione di Venezia edella sua Laguna”.Il Presidente Marco Parini si è recato personalmentea Venezia per ringraziare vivamente a nome dell’As-sociazione l’architetto Padoan con il quale si è in-trattenuto a parlare dei problemi della città e dellaLaguna.

Architetto Padoan, quando è iniziata la sua carrieranella Soprintendenza di Venezia? Mi sono laureato nel 1951 allo IUAV con una tesi sul-la chiesa veneziana di Santa Maria della Salute delLonghena1. Nell’ottobre dello stesso anno sono en-

trato a far parte dell’organico della Soprintendenzaai Monumenti di Venezia, con sede in Palazzo Duca-le. Soprintendente era allora l’ingegner FerdinandoForlati. Il territorio di competenza era molto vasto,estendendosi a tutto il Veneto.

In quegli anni il patrimonio monumentale di Veneziarisentiva delle conseguenze della guerra. Bisognava soprattutto contrastare demolizioni non in-dispensabili e seguire con attenzione i vari interven-ti, stante la frettolosità di eseguirli. Ma anche ferma-re un’incombente edificazione abusiva, con tentatividi sopraelevazioni e consumo di spazi verdi. Non sem-pre purtroppo ci si riusciva. Da qui anche l’urgenzadi apporre vincoli, attività da me seguita in partico-lare sui palazzi sul Canal Grande.Uno dei miei primi incarichi fu quello di allestire la Mo-stra sulla ricostruzione di Treviso, a seguito dei gra-vi danni subiti durante la guerra2. E progettare nel1952 – fotografando tutte le vecchie frazioni – il Pia-no territoriale paesaggistico di Cortina d’Ampezzo nelmomento delicato della sua espansione, che ovvia-mente andava controllata e guidata.

CRISTINA ROMIERI

AMALIA DONATELLA BASSO

1 Giulio Lorenzetti, ilgrande storico d’arteveneziano, appose di suopugno un giudiziolusinghiero sullo studiointroduttivo all’argomento.Presso la Facoltà diArchitettura di Venezia,dal 1963 al 1967, saràassistente alla cattedra diCaratteri Stilistici eCostruttivi dei Monumenti.2 La chiesa di Santa MariaMaggiore, a Treviso, vennepesantementedanneggiata: la navatacentrale sventrata e lafacciata principale inbuona parte distrutta.

Renato Padoan con laprincipessa Margaret al cantiere della Portadella Carta di PalazzoDucale, restauro (1976-79) finanziato dalComitato inglese Venicein per il fund

Renato Padoan: una vita per Venezia

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Nel 1953, durante un sopralluogo nella chiesa deiCarmini a Venezia, ebbe un grave incidente.Purtroppo, a causa del mancato controllo dell’impre-sa sulla sicurezza dell’impalcatura, caddi da un altoponteggio finendo sopra un altare e riportai diversefratture e danni anche permanenti.

Successivamente assunse, sempre nella stessa So-printendenza, il ruolo di architetto e poi di Soprin-tendente.Il ruolo di architetto nel 1955, dopo aver partecipatoal concorso ministeriale. Nel 1960 mi venne data lareggenza della Soprintendenza per l’assenza dal ser-vizio del Soprintendente Antonio Rusconi. Nel 1961 fuipromosso direttore, con incarichi ministeriali ancheal di fuori del territorio di competenza3. Dopo il con-corso per soprintendente, nel 1968 assunsi la titola-rità della Soprintendenza ai Monumenti di Venezia4.

Nel corso della sua carriera progettò e diresse il re-stauro di numerosi monumenti non solo veneziani maanche di altri centri del Veneto e della vicina Istria.Ne ricorda qualcuno in particolare? Diressi i lavori in molte chiese veneziane e in diversialtri pregevoli edifici monumentali della città: sinago-ghe, scuole5, campanili, palazzi, chiostri…Per citarnesolo alcuni: il restauro delle cupole della chiesa diSan Geremia e di Santa Maria dei Miracoli; il restau-ro generale della chiesa di Santa Maria della Salute– su cui feci la mia tesi di laurea – reso quanto maiurgente a causa delle condizioni generali di degra-do e di stabilità delle sculture esterne con il crollo del-

la statua di Eva. Ricordo poi l’intervento – strutturee decorazioni – nella chiesa della Madonna dell’Or-to: per la prima volta fu affrontato, in modo comples-sivo, il problema dell’umidità di risalita lungo le mu-rature, presente negli edifici veneziani. Altro notevo-le intervento fu quello riguardante la basilica di San-ta Maria e Donato di Murano: frequenti permeazionid’acqua alta ne danneggiavano pesantemente il pre-zioso pavimento musivo in tessere lapidee. Da ultimo,vista l’attualità6, il restauro statico del Forte di San-t’Andrea del Sammicheli. Nel 1964 partecipai alla realizzazione della secondaMostra internazionale del restauro monumentale, chesi tenne, assieme al congresso, qui a Venezia.

Per lei è sempre stato molto importante seguire l’at-tività di cantiere, a fianco delle maestranze e a con-tatto con i materiali e le tecniche tradizionali.Vero. La soddisfazione più grande per me era vede-re concluso nel miglior modo possibile un interventoseguito passo a passo, per quanto possibile. Ho ineffetti dato la precedenza a questo fondamentaleaspetto del restauro che alla divulgazione scritta. Nel corso degli anni ho cercato di contrastare il gra-ve problema costituito dai nuovi intonaci non tradi-zionali, soprattutto quelli addizionati con materiali “ag-grappanti” e sostenere l’esecuzione a regola d’artedel marmorino in grassello di calce.Dal 1956 al 1961 ho diretto e insegnato al Centro perla formazione delle maestranze edili di Venezia, cre-dendo molto in questa necessità, al fine di interveni-re con competenza sul patrimonio artistico della cit-tà, delicato e unico per le sue caratteristiche costrut-tive e ambientali. Ho sempre auspicato la creazionedi scuole di mestieri che preparassero alle attività ar-tigianali tradizionali, in procinto di scomparire: ter-razzieri, laccatori, indoradori, stuccatori, operatori nelcampo del ferro battuto e di lastre piombo con cui iveneziani coprivano cupole e tetti…Già alla fine degli anni ‘70 si avvertiva il problemadel lieve e/o della sostituzione dei masegni di tra-chite, costituenti la pavimentazione veneziana. In-tervistai allora l’ultimo, ormai anziano, dei vecchioperai che avevano condotto correttamente tale de-licato intervento7.

Nel contempo trovava però indispensabile operareper una nuova cultura del restauro e della conser-vazione, aperta alla sperimentazione derivata dallaricerca scientifica.Soprattutto in un contesto ambientale difficile comequello veneziano era necessario studiare soluzioniper la conservazione della pietra e dei marmi postiall’aperto. In quegli anni ci si iniziava peraltro a ren-der conto della gravità dell’inquinamento atmosferi-co (vedi soprattutto le emissioni delle fabbriche dellavicina Porto Marghera), con danni gravissimi, ancheirreparabili.

3 Nel 1963 il Ministero loincaricò di realizzare unprogramma di restaurodella cupola del tempio diSanta Maria dellaConsolazione a Todi.4 Nel novembre 1969vinse il concorso indettodal Comune di Veneziaper il ruolo di CapoDivisione Tecnico Artisticae Direttore del PalazzoDucale. Tuttavia, poichél’incarico risultavaincompatibile con quellogià ricoperto, preferìrinunciarvi.5 A Venezia per Scuola siintende anche l’anticaistituzione di carattereassociativo-corporativo el’edificio che necostituisce la sede.6 Il Forte, lo scorso anno,fu oggetto di un tentativo,da partedell’Amministrazionecomunale, di“valorizzazione” moltoimpattante. Italia Nostraimpugnò la relativadelibera, che fu annullatadal TAR.7 Il testo trascrittodell’intervista è statosuccessivamente ripreso,a fine anno ‘90, dalSoprintendente RobertoCecchi e pubblicato negliatti di un convegno.

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Indicativo è stato il restauro, negli anni 1976-79, del-la Porta della Carta di Palazzo Ducale le cui scultu-re erano molto degradate, eseguito con la collabo-razione tra la Soprintendenza, che diresse l’inter-vento, il Victoria and Albert Museum di Londra, il La-boratorio di restauro della Soprintendenza per i Be-ni Artistici e Storici di Venezia, l’ICR e il CNR di Ro-ma. Analoga cosa, negli stessi anni, per il restauro– che vide riunite diverse professionalità – della lu-netta ad altorilievo sopra il portale della Scuola Gran-de di San Marco.Sempre con il prof. Kenneth Hempel del Victoria Mu-seum si restaurò una statua della chiesa della Ma-donna dell’Orto attraverso un apparecchio elettricocapace di staccare il deposito atmosferico dalla su-perficie.

Venezia, come noto, è città particolare per il suo tes-suto urbano e anche sociale. C’è stato da parte suaun grande impegno in questa direzione. Lei scrisse,ormai più di quarant’anni fa, di “restauro integra-le/globale della città” e degli abitanti quali indispen-sabili “veri fruitori” della città8.Già a fine anni ‘60 iniziava il drammatico esodo dal-la città storica e dalle isole degli abitanti meno ab-bienti; numerose case erano fatiscenti. Realizzai quin-di un programma pilota volto allo studio della meto-dologia di rivitalizzazione dell’edilizia minore. E, nel1971, in collaborazione con l’UNESCO, ho proposto unintervento rappresentativo sul tessuto urbano del-l’insula di San Pasquale a Castello.Per contrastare l’abbandono dei veneziani dalle lo-ro case, proposi che il Governo sostenesse, anchein parte, i costi necessari al restauro degli edifici mi-nori. Cosa che sostanzialmente avvenne con la pro-mulgazione nel 1973 della Legge Speciale per Ve-nezia.

Altro problema, purtroppo ancora attuale, ma da leidenunciato ancora in quegli anni, è il moto ondoso ele sue conseguenze su rive e fondamenta.Lo spiegai anche in quell’importante documentariosu Venezia di Indro Montanelli9. A causa del transitosempre più frequente di imbarcazioni a motore la mu-ratura si sconnette, i mattoni cadono nell’acqua, cre-ando pericolose voragini e lesioni. Denunciai nel con-tempo le metodologie improprie utilizzate per il risa-namento.

Il suo servizio presso la Soprintendenza venezianaterminò precocemente nel 1980, per le sue dimissio-ni. Quale il motivo? Nella Legge Speciale per Venezia del 1973 – alla cuistesura collaborai – vi era un grave conflitto relativoalle competenze sul restauro del patrimonio monu-mentale pubblico tra Soprintendenza, Comune, Ge-nio Civile e Magistrato alle Acque. Sostanzialmentequesti Enti intendevano progettare e dirigere diret-

tamente i lavori di restauro senza averne le specifi-che conoscenze, avvalendosi, perciò, anche di liberiprofessionisti. Ho tentato a lungo con impegno di tro-vare una soluzione a questa complessa e delicataquestione. Nell’ottobre del 1980 scrissi al Ministero ri-badendo la mia preoccupazione, preannunciando lemie dimissioni, che poi presentai il 3 dicembre10. Conprofondo dispiacere, dopo quasi trent’anni di servi-zio, ma costretto.

Furono accettate.Si’ con un inconsueto iter procedurale. Sia il Mini-stro Biasini che il direttore generale non ne eranostati messi a conoscenza. Sono state immediata-mente e formalmente accettate dal direttore dellaDivisione del personale direttivo. Il sostegno del Mi-nistro, che mi invitava a desistere dal proposito, ar-rivò troppo tardi.

Sappiamo che le giunsero tante attestazioni di soli-darietà; fu presentata anche un’interrogazione par-lamentare.Ci furono appelli di numerose persone, a sostegnodel mio reintegro nella carica. Anche un’interroga-zione parlamentare da parte di deputati del PartitoRadicale. Il personale della Soprintendenza era sensibilmenteaumentato, a seguito dei concorsi conseguenti allaLegge speciale. Avrei potuto finalmente contare sul-la collaborazione di architetti, storici dell’arte, ar-cheologi, restauratori, amministrativi…Il personale pri-ma era ridotto a pochissime unità: cinque persone,Soprintendente compreso, che dovevano occuparsi

8 R. Padoan, “Appunti sulrestauro e la protezionedei monumenti aVenezia”, in Difesa diVenezia, Venezia 1970, p.18. E ancora in alcuniscritti privati dell’ottobre1970 intitolati “Appunti–Considerazioni”, poiripresi nel corso diconferenze tenute invarie città italiane eeuropee.9 R. Padoan, testodell’intervista rilasciataper “Montanelli VeneziaTV”, in Appunti delServizio Stampa 26, R.A.I.,Roma Novembre 1969). 10 Motivò le dimissioni conl’“accertata impossibilitàdi sostenere alcuneresponsabilità affidate alsoprintendente”.

Padoan al seminario sulrestauro della Basilica diSanta Maria della Salute,con l’Ambasciatorefrancese GastonPalewski e il Cardinale diVenezia Albino Luciani -anni ’70.Nella pagina precedente,Padoan con IndroMontanelli il 27 febbraio1970 durante un dibattitosu Venezia all’auditoriumPirelli di Milano

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non soltanto di Venezia e della sua Laguna, ma an-che del territorio relativo a 540 comuni del Veneto!Grave problema, assieme a quello degli scarsi finan-ziamenti, che ho manifestato più volte in varie occa-sioni, in particolare nel 1969 nella seduta del Comi-tato consultivo dell’UNESCO.

Quest’anno ricorre il cinquantesimo dell’alluvione del4 novembre, che colpi drammaticamente anche Ve-nezia. Ne seguì la nascita e l’attività di comitati pri-vati stranieri. I danni inferti alla città furono enormi e le conseguenzeper il patrimonio storico artistico gravissime. Uno deiproblemi fu il gasolio fuoriuscito dalle cisterne, che simescolò all’acqua alta, penetrando nella muratura.L’acqua alta poi velicolava la salinità nelle muraturefino a livelli considerevoli.In più parti dell’Europa e del mondo si avviarono –come per Firenze – iniziative per finanziare urgentiinterventi di catalogazione, manutenzione e restau-ro. Nell’ambito dell’UNESCO, con il coordinamento diMaria Teresa Rubin de Cervin, si costituirono Comi-tati di privati cittadini di varie nazioni. Uno dei primie più attivi fu quello inglese, il Venice in per il fund,di sir Ashley Clarke, che tuttora, grazie anche all’in-stancabile attività della moglie lady Francis, è impe-gnato in progetti di conservazione.

L’UNESCO promosse anche un’”Inchiesta sui monu-menti e gli edifici sacri di Venezia”, di cui ne fui il re-sponsabile, quale primo strumento d’approccio al ric-chissimo patrimonio monumentale della città, oltrecentoventi edifici sacri e quattrocento palazzi.

Venezia è anche la sua Laguna, la più estesa zonaumida d’Italia, straordinario ambiente fragile e deli-cato.Gli anni ‘70 videro ferventi battaglie ambientaliste, inparticolare di Italia Nostra, in difesa della Laguna,contro lo scavo del Canale dei Petroli, la via acqueache consente il transito delle petroliere in Laguna si-no alle raffinerie di Marghera. Battaglie che natural-mente sostenni. Ricordo bene gli esponenti di alloradella sezione veneziana; con l’architetto Pino RosaSalva ebbi una profonda amicizia.

La città si dotò nel 1974 di un Piano particolareggia-to. La Soprintendenza dovette presentare le osser-vazioni. Un lavoro alquanto impegnativo stante la gra-ve mancanza di personale, alleggerito forse dalla suagrande conoscenza della città.Un lavoro davvero grande, dovendo esaminare dasolo le diverse “categorie d’intervento”: verde pubbli-co, edifici monumentali, alloggi sostitutivi, zone di ri-strutturazione, viabilità pedonale…Molte sono state le osservazioni che ho presentatosfavorevoli a quanto proposto dal Piano, che preve-deva anche diverse demolizioni, privo di un’accura-ta e attenta lettura del tessuto urbano.Era importante salvaguardare o perlomeno docu-mentare anche importanti attività storiche – ormai pur-troppo quasi del tutto scomparse – quali ad esempiol’ultima industria artigiana per la fabbricazione dellecorde con sistemi tradizionali, alla Giudecca, svolta inprossimità proprio di una corte detta “dei Cordami”.

In città è’ ancora vivo il ricordo del negozio di anti-quariato “Giuseppe Dominici”, nei pressi di Piazza SanMarco, di proprietà di suo padre Romano e di suo zio.Quell’ambiente particolare, in cui si respirava storiae cultura, con una clientela illustre e raffinata, puòaver rafforzato in lei l’attenzione e l’interesse verso ibeni culturali? Sicuramente11.

Anche la casa dove ha vissuto per tanti anni, Palaz-zo Bolani a Cannaregio con una magnifica vista sulPonte di Rialto e sul Canal Grande, è un particolareluogo di storia.Vi abito’ Pietro Aretino intorno al 1551. Commentò co-sì, in una lettera inviata a Messer Bolani che lo ave-va ospitato, la vista che si gode dal salone: “[...] pos-so dir con verità ch’io godo de la più bella strada ede la più gioconda veduta del mondo [...]”. ❑

Novembre 2016

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11 Vedi Quella bottegasimbolo, DelfoUtimpergher intervistaGianni Berengo Gardin,in La preziosa donazionedi un antiquariogalantuomo, Udine 2009,p. 19. Renato Padoan harecentemente donatoalla Fondazione QueriniStampalia di Venezia lapreziosa raccolta dioggetti d’arte decorativa,costituita in prevalenzada porcellane, che erastata dei suoi genitori.

Renato Padoan conl'Ambasciatore franceseGaston Palewski nellasede del Comune diVenezia - anni ’70

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Aconclusione delle celebrazioni dedicate algrande studioso nel centenario della nascitaItalia Nostra ha conferito il 4° Premio Nazio-

nale Giorgio Bassani a Paolo Conti, giornalista delCorriere della Sera. Menzione Speciale al program-ma “Fatto in Italia”, di Radio Radicale, condotto daNicolas Ballario e Oliviero Toscani. Premio della Giu-ria a Roberto Saviano. Il prestigioso riconoscimentogiornalistico è stato consegnato sabato 19 novem-bre a Ferrara, non solo città natale di Giorgio Bas-sani, ma luogo della sua ispirazione di scrittore edel suo impegno civile.

La Giuria, composta da figure di spicco dell’Associa-zione, da studiosi dell’opera e cultori del pensiero diBassani, prof. Anna Dolfi, dott. Carl Wilhelm Macke,dott.ssa Alessandra  Mottola  Molfino, prof. GherardoOrtalli, prof. Salvatore Settis, prof. Gianni Venturi,dott.ssa Maria Rosaria Iacono, ha decretato i vincito-ri con le seguenti motivazioni:

Premio Nazionale Giorgio Bassani Italia Nostra aPaolo ContiLa Giuria riconosce all’unanimità all’editorialista del“Corriere della Sera” Paolo Conti una attenzione co-stante e puntuale alle battaglie di Italia Nostra.   Se-guendo l’insegnamento di Cederna, Paolo Conti è di-ventato nei decenni un cronista attento, “un inviatospeciale nei Beni Culturali”, e un acuto commentato-re militante dell’impegno mai troppo perseguito delsalvataggio del nostro patrimonio culturale e pae-saggistico.

Menzione Speciale alla trasmissione “Fatto in Italia”,di Radio RadicaleLa Giuria intende all’unanimità sottolineare la costantepresenza e attività di Radio Radicale a sostegno del-le battaglie di Italia Nostra per la difesa del patrimo-nio culturale e del paesaggio, in particolare l’azioneincisiva di divulgazione del programma radiofonico“Fatto in Italia”.

Premio della Giuria a Roberto SavianoNell’anno in cui si celebra il centenario della nascitadi Giorgio Bassani, che tra i primi, come fondatore epresidente di Italia Nostra, ha posto come scopo es-senziale dell’Associazione quello di difendere il valo-re culturale e etico del paesaggio, la Giuria  ricono-sce all’unanimità una analoga finalità di intenti a Ro-berto Saviano, eroe moderno capace di battersi, inuna situazione difficilissima, per i valori e i diritti del-la legalità, a cui è  indissolubilmente connessa la pro-tezione dell’ambiente e del paesaggio.

Alessandra Mottola Molfino, presidente della giuriae Marco Parini, presidente nazionale di Italia Nostra,hanno consegnato i premio a Paolo Conti e NicolasBallario, intervenuti alla cerimonia di Ferrara al ter-mine del convegno “Bassani e l’impegno civile”, acura della Sezione ferrarese di Italia Nostra, occa-sione per una riflessione sullo stato e le prospettivedegli organismi periferici della tutela. L’incontro e lapremiazione hanno chiuso ufficialmente, in modo si-gnificativo, il grande convegno organizzato dal Co-mitato nazionale per le celebrazioni del centenariodella nascita di Giorgio Bassani sui molteplici aspet-ti che hanno caratterizzato l’attività e la vita delloscrittore. ❑

Premio Nazionale Giorgio Bassani,prestigioso riconoscimento a Paolo Conti,

giornalista del Corriere della Sera. Menzione Speciale al programma di Radio Radicale “Fatto in Italia”,

condotto da Nicolas Ballario e Oliviero Toscani. Premio della Giuria a Roberto Saviano

Premio Nazionale Giorgio Bassani

Da sinistra AlessandraMottola Molfino, Paolo Conti, Andrea Malacarne e Marco PariniIn basso, da sinistraAlessandra MottolaMolfino, NicolasBallario, AndreaMalacarne e MarcoParini. Foto Italia Nostra -Sezione di Ferrara

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Italia Nostra promuove anche per il 2017 il con-corso fotografico individuale “OCCHI APERTI SULLACITTÀ”, rivolto agli studenti delle scuole secondariedi primo e secondo grado e studenti universitari.Oltre a voler favorire l’avvicinamento dei giovaniall’Associazione che da 60 anni si occupa di tuteladi beni culturali, paesaggio e ambiente, obiettivodel contest è sensibilizzare alla cultura della tu-tela e della valorizzazione del patrimonio storico,artistico e naturale i giovani partecipanti al con-corso.Gli istituti e i singoli studenti, dopo aver preso vi-sione del bando, possono rivolgersi alla Sezione diItalia Nostra di riferimento territoriale. Sarà la stessaSezione che valuterà, in prima istanza, gli scattipervenuti.Gli elaborati dovranno pervenire alle Sezioni locali diItalia Nostra  entro e non oltre Venerdì 5 maggio2017 a mezzo raccomandata (fa fede il timbro postaledi spedizione) o consegnati a mano presso la Sezioneentro la stessa data.Info e dettagli: www.italianostra.org

ITALIA NOSTRA MARCHE Italia Nostra Marche ha dichiarato la propria con-trarietà al super gasdotto appenninico che Gover-

no e Regione intendono realizzare nelle aree devas-tate dal terremoto. Un enorme tubo, lungo 700 km, con uno sterro largo40 metri, un numero incalcolabile di piste accessorie(da realizzarsi in luoghi spesso incontaminati, in mez-zo ai boschi, ecc.).Un tubo che dovrebbe passare accanto all’abitato deL’Aquila, per poi passare davanti alle porte di Nor-cia, a Visso, Sellano, Preci, Cascia, Gubbio, quindi aPietralunga, Apecchio, Mercatello, Borgo Pace e Ses-tino, per passare a Pennabilli e da lì a Cesena, poisu, in Emilia. Non può sfuggire che l’elenco dei nomidei luoghi e delle aree coincide in modo preciso conun numero altrettanto preciso di epicentri di terre-moti, più o meno violenti, tutti recentissimi.E in questi giorni si vedono ovunque fagliature a vista,

con apertura del terreno in superficie, anche in cam-pagna, dove una strada può venirsi a trovare divisain due, con una parte a decine di centimetri più in al-to o più in basso dell’altra. Nessuna opera costruitadall’uomo, di nessun genere, può resistere a talifenomeni. Italia Nostra Marche chiede ai governatori di Marche,Umbria, Abruzzo e Lazio, e al Presidente del ConsiglioRenzi di fermare ogni procedura autorizzativa rispet-to al gasdotto e alla centrale e di dare attuazione al-la decisione, finora disattesa, del Parlamento italianoattraverso la risoluzione dell’ottobre 2011, ribadita neldicembre dello scorso anno: l’attivazione di un tavo-lo tecnico-istituzionale al fine di individuare unasoluzione alternativa, al di fuori della dorsale ap-penninica, la cui elevata sismicità – sottolineavano iparlamentari cinque anni fa, mette a rischio la tenu-ta del metanodotto e l’incolumità delle persone”. ❑

No al super gasdotto nelle areedevastate dal terremoto

“Occhi aperti sulla città”. Al via il concorso fotografico 2017

| 31b a ch e c aLe pietre e i cittadini: conoscere per riconoscersiPrende il via il Corso nazionale di formazione 2016-2017. Anche per l’anno scolastico 2016 / 17 Italia Nostra pre-senta il corso di formazione “Le pietre e i cittadini”, parte del progetto “Scuola, Cittadinanza, Sostenibilità”, pro-posto dal Settore Nazionale Educazione al Patrimonio Culturale di Italia Nostra (Settore EDU) per sollecitare i do-centi e le scuole, e quindi i ragazzi, a interessarsi dei problemi dei Beni Culturali e del Paesaggio, a entrare incontatto con esperti (storici, architetti, urbanisti), a essere parte attiva nella conservazione della memoria e del-la rivitalizzazione del tessuto sociale e urbano e diventare protagonisti della tutela e della valorizzazione.Il Corso per il 2016 / 17 è dedicato all’identità del cittadino e della comunità: i beni culturali materiali e im-materiali costituiscono il segno dell’identità e concorrono alla formazione del senso di appartenenza al ter-ritorio e all’assuzione di responsabilità per la sua cura e il progresso.I focus individuati per il prossimo triennio sono: • il paesaggio (ambiente, sostenibilità, qualità, biodiversità),• i beni culturali (tutela, accessibilità, responsabilità, multiculturalità),• la cittadinanza (identità, partecipazione, sussidiarietà, associazionismo),• le nuove tecnologie (comunicazione, disseminazione, interdisciplinarietà, emozione).Il corso è organizzato in più sedi decentrate per facilitare la partecipazione dei docenti, insieme all’Ufficio na-zionale, le Sezioni localizzate nelle sedi seminariali, i referenti “Educazione” delle sezioni e quelli regionali.I programmi saranno pubblicati sul sito www.italianostraedu.org. Una parte del Corso sarà in presenza, (minino24 ore), l’altra parte, (massimo 16 ore), sarà realizzata a distanza, attraverso il sito www.italianostraedu.org. Lapartecipazione è allargata anche agli studenti delle ultime classi degli Istituti di Istruzione Superiore.Italia Nostra è Ente accreditato presso il MIUR per la formazione dei docenti ai sensi della Direttiva Ministe-riale n. 90/2003. In tal senso, per la partecipazione al Corso i docenti possono usufruire delle disposizioni re-lative all’esonero dal servizio secondo le modalità previste.Per informazioni: Settore Educazione al Patrimonio Culturale dell’Associazione [email protected], tel: 06.8537271 – fax: 06.85350696.

Maria Rosaria Iacono Consigliere nazionale responsabile del settore EDUAldo Riggio coordinatore nazionale del settore EDU

In ricordo di Franca GuelfiIl 30 agosto, il giorno dopo la sua morte, usciva sul Secolo XIX, un articolo con titolo su sei colonne“Addio a Franca Guelfi, storica Presidente di Italia Nostra”, che dimostra come Franca fosse cono-sciuta in città. Il giornalista, V. de Benedictis, sintetizza così: “Italia Nostra era un po’ figlia sua. Ladifesa della bellezza, dei beni culturali, dell’ambiente: la sua missione. Ecco perché Genova perdeuna delle sue anime intellettuali, un punto di riferimento rigoroso e riconoscibile”.Nata a Genova nel 1933, della sua città Franca conosceva la storia, la cultura, la lingua. In casaparlano genovese, come si usava in tante famiglie fino al Novecento, segno di importanti radici cul-turali, non di provincialismo. Laureata in lettere all’Università di Genova, ha per decenni insegnatoitaliano e latino al Liceo Cassini formando generazioni di studenti. Era un’intellettuale dalla culturaampia e profonda che, dalle materie di sua competenza sconfinava nell’arte e nella storia. L’adesione a Italia Nostra portò Franca a confrontarsi con nuovi temi, primo tra tutti la salva-guardia e la corretta fruizione del patrimonio storico, artistico e naturale che ci è stato tramandato, ma anche,di conseguenza ad affrontare nuovi problemi, come la conservazione dei Centri Storici (e quello genovese pre-senta particolari difficoltà data la sua estensione e la stratificazione nel tempo dei suoi edifici) e il rispetto del-l’ambiente (cosa vuol dire un paesaggio da salvare?).Quando, nel novembre del 1980, divenne presidente della Sezione genovese, dopo l’architetto Cesare Fera,dichiarò subito di volerne continuare “la linea di proposta, di stimolo culturale” nella vita della città. Franca è stata presente, e partecipe di tutte le iniziative di Italia Nostra fino all’estate del 2014. Ancora nel-l’ultimo anno seguiva i nostri programmi, conosceva tutto quello che avveniva attraverso le mail che i con-siglieri si scambiavano, desiderosa che qualcuno le riferisse il perché di cose fatte o non fatte, o le chiedesseconsiglio su iniziative da prendere. E questo avveniva sempre, perché Lei in Italia Nostra sapeva sempre piùcose e conosceva più persone di noi. Così La ricordiamo

Consiglio Direttivo Sezione di Genova di Italia Nostra

Poste Italiane S.p.A. –Spedizione in Abbonamento Postale –D.L. 353/2003 (conv.in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comm

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