Il Gran Teatro dell’Architettura -...

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Il Gran Teatro dell’Architettura a cura di Marco Biraghi e Gianni Braghieri

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a cura diMarco Biraghi e Gianni Braghieri

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A vent’anni dalla sua scomparsa, Aldo Rossi fa ritorno al Politecnico di Milano, nella cui Facoltà di Architettura si era formato come studente nel corso degli anni Cinquanta.

Se gli anni universitari non avevano segnato tuttavia per il giovane Rossi una fase particolarmente brillante e memorabile, quelli successivi, a partire dal 1965, vissuti questa volta in veste di docente e legati alla sperimentazione didattica, con la formazione dei “gruppi di ricerca”, di uno dei quali assumerà la direzione, costituiscono invece un momento fondamentale, non soltanto per lui ma anche per una parte consistente della cultura architettonica italiana.

Saranno proprio i frutti di quella stagione fondativa – durante la quale egli studia le relazioni tra la morfologia urbana e la tipologia edilizia, e quelle tra analisi urbana e progettazione architettonica,e scrive L’architettura della città – a portare il pensiero e le opere di Rossi al di fuori di Milano e dell’Italia, dapprima ponendoli a contatto con paesi geograficamente e culturalmente prossimi come la Svizzera, la Spagna e il Portogallo, e in seguito proiettandoli in una dimensione planetaria, dall’America al Giappone. È in particolar modo negli Stati Uniti, nell’Institute for Architecture and Urban Studies di Peter Eisenman e nella rivista «Oppositions», che Rossi trova una fertile sponda, dalla seconda metà degli anni Settanta in avanti. È qui che nel 1981 pubblica A Scientific Autobiography, dieci anni in anticipo rispetto all’edizione italiana, e qui i suoi disegni acquisiscono il pieno riconosci-mento internazionale.

Ed è proprio questo allargamento dei confini che darà alla sua teoria e ai suoi progetti una dimensione sempre più planetaria, culminata nel 1990 con l’assegnazione del Pritzker Prize.

La mostra ruota intorno al doppio registro di Milano e del mondo, ovveroi due poli tra i quali il lavoro di Rossi rimane perennemente teso: tra i primi progetti scolastici eseguiti nelle aule del Politecnico e la geografia delle sue opere sparse nei diversi continenti; tra l’Unità abitativa al Quartiere Gallaratese 2a Milano e la Scuola elementaredi Fagnano Olona e alcuni dei suoi lavori berlinesi, francesi, giapponesi, americani; tra i volumi presenti nel suo studio in via Maddalena e gli innumerevoli librie riviste che lo riguardano, pubblicati un po’ ovunque e in tutte le lingue. Si tratta di due polarità distanti e consistentemen-te differenti, ma ciò nondimeno in continuo e sotterraneo contatto tra loro; due polarità entrambe essenziali per definire quel “gran teatro” a cui per Rossi sempre si riconduce l’architettura.

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A vent’anni dalla sua scomparsa, Aldo Rossi fa ritorno al Politecnico di Milano, nella cui Facoltà di Architettura si era formato come studente nel corso degli anni Cinquanta.

Se gli anni universitari non avevano segnato tuttavia per il giovane Rossi una fase particolarmente brillante e memorabile, quelli successivi, a partire dal 1965, vissuti questa volta in veste di docente e legati alla sperimentazione didattica, con la formazione dei “gruppi di ricerca”, di uno dei quali assumerà la direzione, costituiscono invece un momento fondamentale, non soltanto per lui ma anche per una parte consistente della cultura architettonica italiana.

Saranno proprio i frutti di quella stagione fondativa – durante la quale egli studia le relazioni tra la morfologia urbana e la tipologia edilizia, e quelle tra analisi urbana e progettazione architettonica,e scrive L’architettura della città – a portare il pensiero e le opere di Rossi al di fuori di Milano e dell’Italia, dapprima ponendoli a contatto con paesi geograficamente e culturalmente prossimi come la Svizzera, la Spagna e il Portogallo, e in seguito proiettandoli in una dimensione planetaria, dall’America al Giappone. È in particolar modo negli Stati Uniti, nell’Institute for Architecture and Urban Studies di Peter Eisenman e nella rivista «Oppositions», che Rossi trova una fertile sponda, dalla seconda metà degli anni Settanta in avanti. È qui che nel 1981 pubblica A Scientific Autobiography, dieci anni in anticipo rispetto all’edizione italiana, e qui i suoi disegni acquisiscono il pieno riconosci-mento internazionale.

Ed è proprio questo allargamento dei confini che darà alla sua teoria e ai suoi progetti una dimensione sempre più planetaria, culminata nel 1990 con l’assegnazione del Pritzker Prize.

La mostra ruota intorno al doppio registro di Milano e del mondo, ovveroi due poli tra i quali il lavoro di Rossi rimane perennemente teso: tra i primi progetti scolastici eseguiti nelle aule del Politecnico e la geografia delle sue opere sparse nei diversi continenti; tra l’Unità abitativa al Quartiere Gallaratese 2a Milano e la Scuola elementaredi Fagnano Olona e alcuni dei suoi lavori berlinesi, francesi, giapponesi, americani; tra i volumi presenti nel suo studio in via Maddalena e gli innumerevoli librie riviste che lo riguardano, pubblicati un po’ ovunque e in tutte le lingue. Si tratta di due polarità distanti e consistentemen-te differenti, ma ciò nondimeno in continuo e sotterraneo contatto tra loro; due polarità entrambe essenziali per definire quel “gran teatro” a cui per Rossi sempre si riconduce l’architettura.

ALDO ROSSI Il Gran Teatro dell’Architettura

19 ottobre — 17 novembre 2017 galleria del progettoScuola di Architettura Urbanistica Ingegneriadelle Costruzioni

Politecnico di Milano, via Ampère 2

mostra a cura diMarco Biraghi e Gianni Braghieri le sezioni dei progetti sono state curate daAngelo Lorenzi — Aldo Rossi al Politecnico

Massimo Fortis — Unità residenziale, Quartiere Gallaratese 2, Milano

Rosaldo Bonicalzi e Francesca Belloni — Scuola elementare, Fagnano Olona

Francesco Saverio Fera— Progetto di concorso per il Deutsches Historisches Museum, Berlino

Marco Biraghi— Complesso alberghiero e ristorante “Il Palazzo”, Fukuoka

Gianni Braghieri— Centro internazionale d’arte e del paesaggio, Vassivière

Michele Caja— Edificio residenziale e per uffici in Schützenstrasse,Berlino

Martina Landsberger — Aldo Rossi negli Stati Uniti d'America

Marco Bovati e Martina Landsberger— Pianeta Rossi

comitato d’onoreGiuseppe Sala Sindaco del Comune di Milano

Filippo Del Corno Assessore alla cultura del Comune di Milano

Ferruccio Resta Rettore del Politecnico di Milano

Federico Bucci Prorettore alle politiche culturali del Politecnico di Milano

Ilaria Valente Preside Scuola AUIC del Politecnico di Milano

Stefano Della Torre Direttore Dipartimento ABC

Gabriele Pasqui Direttore Dipartimento DAStU

Karl Otto Ellefsen Presidente EAAE

Francisco J. Rodriguez-Suarez Presidente ACSA

patrocinioComune di MilanoOrdine degli Architetti Pianificatori Paesaggistie Conservatori della Provincia di MilanoDipartimento di Architettura dell’Università di BolognaEuropean Association for Architectural EducationAssociation of Collegiate Schools of Architecture

sponsorEpson ItaliaMolteni Museum

prestatoriArchivi storici del Politecnico di MilanoCanadian Centre for Architecture, Montreal

Comune di Fagnano OlonaDipartimento di Architettura dell’Università di BolognaFondazione Aldo Rossi, Milano

Fondazione MAXXI, Roma

Fototeca della Biblioteca Panizzi, Reggio Emilia

ringraziamentiFausto Rossi, Vera Rossi e Chiara Spangaro comitato scientificoAdalberto Del Bo Preside Vicario Scuola AUIC del Politecnico di Milano

Marco Biraghi Vicepreside Scuola AUIC del Politecnico di Milano

Antonio Monestiroli Professore emerito

Rosaldo Bonicalzi Professore ordinario

Massimo Fortis Professore ordinario

Daniele Vitale Professore ordinario

Coordinamento della ricerca Martina Landsberger ricercheMarco BovatiMichele CajaAngelo Lorenzi segreteria organizzativaMaria Vittoria Cardinale progetto dell’allestimentoGianni Braghieri coordinamento dell’allestimentoFilippo Orsini progetto graficoStefano Mandato con Michela Rossi

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