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Un gozzo di modeste proporzioni è evidente in questo parti- bens e oggi al Prado di Madrid. Nel tardo Rinascimento un colare del ritratto di Maria de' Medici, dipinto nel 1625 da Ru- gozzo moderato era considerato un particolare pregio estetico. I l « collo rotondo e regolare », che Rubens attribuí a Maria de' Me- dici (Si veda l'illustrazione nella pagina a fronte) non è altro che un gozzo (o strurna), ipertrofia di compen- sazione della tiroide. La tiroide è un roseo cuscinetto di tessuto avvolto in parte attorno alla trachea e all'esofago; è una ghiandola priva di dotto escreto- re (endocrina), presente nei vertebrati, che versa direttamente nel sangue gli ormoni intesi a regolare il tasso di svi- luppo dell'individuo e il metabolismo. Il gozzo è quindi la manifestazione in- solitamente evidente di un disordine endocrino, che fin dai primissimi tempi della storia umana, proprio a causa della sua evidenza, suscita di volta in volta stupefazione e timore. Il gozzo ha cause varie e diverse: una malattia, certi difetti di sviluppo, le condizioni ambientali. Il gozzo en- demico, cosí definito in quanto colpi- sce in misura rilevante una data po- polazione, è quasi sempre conseguenza di una deficienza dietetica di iodio, substrato indispensabile alla sintesi de- gli ormoni tiroidei tiroxina e triodoti- ronina. Oggi il gozzo dovuto a caren- za di iodio si può agevolmente preve- nire o curare con l'assunzione di dosi minime di questo elemento, ma per secoli è stato uno dei morbi più per- sistenti e diffusi che abbiano mai afflit- to l'umanità: ancora nel 1960 ne sof- frivano non meno di duecento milioni di persone. La secrezione degli ormoni tiroidei è il passaggio obbligato di uno dei si- stemi di retroazione piú delicatamen- te equilibrati che regolino l'ambiente interno dei vertebrati. Gli impulsi pro- venienti dal sistema nervoso inducono l'ipotalamo, situato alla base del cer- vello, a liberare una neurosecrezione, il fattore tirotropo (TRF, thyrotropin-re- leasing factor), che si versa nei vasi portali direttamente adducenti all'ipofi- si, quella ghiandola maestra grossa co- me un pisello che regola l'attività del- la tiroide e di altre ghiandole endocri- ne. Sotto lo stimolo del fattore tirotro- po, la pituitaria (o ipofisi) versa nel san- gue la tirotropina, o ormone tireotro- po (TSH, thyroid-stimulating hortrione), che a sua volta costringe la tiroide a sintetizzare e a secernere i propri or- moni. Si tratta di un sistema ad auto- regolazione: l'eventuale eccesso di or- moni tiroidei nel sangue blocca l'atti- vità dell'ipotalamo e dell'ipofisi, ridu- cendo la secrezione dell'ormone tireo- tropo; quando invece la concentrazio- ne di ormoni tiroidei è carente, l'ipo- fisi reagisce, secernendo una maggior quantità di ormone tireotropo e rista- bilendo cosí il normale quantitativo di ormoni tiroidei (si veda l'illustrazione pag. 64). Se la tiroide è sana e se nel sangue vi sono ioduri (iodio ionico) a suffi- cienza, l'ormone tireotropo stimola la cattura dello iodio da parte della ti- roide, favorendo inoltre la sintesi del- la tiroxina e della triodotironina nel- l'ambito dei follicoli tiroidei (si veda l'illustrazione a pag. 66). In assenza di una quantità sufficiente di ioduri si blocca la sintesi della tiroxina: accade cosí che l'afflusso dell'ormone tireotro- po, una volta venuta a mancare la ne- cessaria ritenzione, provoca l'aumento quantitativo e la modifica morfologica delle cellule costituenti i follicoli tiroi- dei i quali, a tempo debito, si disten- dono. Questa proliferazione cellulare compensatoria e la conseguente disten- sione dei follicoli, che costituiscono ap- punto il gozzo, possono riportare a un livello utile alla vita normale la pro- duzione degli ormoni tiroidei. I' primo riferimento storico al gozzo che si conosca è un documento ci- nese risalente all'incirca al 3000 a.C. É interessante notare come lo scritto non descriva soltanto i sintomi del ma- le, ma raccomandi addirittura una cu- ra efficace: l'ingestione di alghe marine e di spugna arrostita, materiali che contengono infatti un buon quantitativo di iodio. I papiri egizi di Ebers, risalenti al 1500 a.C. circa, descrivono due possi- bili terapie per il gozzo: l'asportazione chirurgica della ghiandola (che, se mai venne applicata, dovette essere un pro- cedimento rischiosissimo) e l'ingestione di sale (presumibilmente contenente iodio) di una data zona del basso Egitto. Ippocrate attribuiva il gozzo all'ac- qua potabile di certi luoghi. Giovenale, Vitruvio e Giulio Cesare restarono im- pressionati dalle insolite proporzioni del collo degli abitanti di certe regioni alpine. Cesare era anzi convinto che il collo grosso fosse caratteristica nazio- nale dei celti. La parola « gozzo », tra l'altro, deriva dal latino guttur, gola. I medici dell'antica Roma notarono che persino nell'individuo normale la dimensione della tiroide può variare in periodi di sollecitazione fisiologica par- ticolare, come durante la pubertà e in occasione delle mestruazioni o della gravidanza nelle donne. In particolare rilevarono che le circostanze emotive e fisiche attinenti all'attività sessuale ini- ziale delle giovani spose potevano pro- vocare appunto l'ingrossamento della ghiandola. Da qui ebbe origine il rito antico di misurare il collo della sposa prima e dopo la prima settimana di matrimonio con un nastro cerimoniale: se la circonferenza risultava aumenta- ta, le nozze si dovevano considerare consumate. Il gozzo di proporzioni modeste, es- sendo perfettamente compatibile con la vita normale, in quanto non provoca né dolori né compromissioni particolari, non era necessariamente riguardato co- me un fatto morboso, tanto che pres- so talune culture veniva accolto quale segno del favore divino e, presso altre, quale distintivo di beltà. In Europa fu spesso attribuito a certe gravi trasgres- sioni del codice sociale o religioso, per Il gozzo endemico La malattia, conosciuta fin dalle prime epoche storiche è attualmente un'afflizione caratteristica della povera gente. Spesso infatti una dieta non equilibrata non compensa la deficienza iodica di parecchi terreni di R. Bruce Gillie 58 59

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Un gozzo di modeste proporzioni è evidente in questo parti- bens e oggi al Prado di Madrid. Nel tardo Rinascimento uncolare del ritratto di Maria de' Medici, dipinto nel 1625 da Ru- gozzo moderato era considerato un particolare pregio estetico.

I

l « collo rotondo e regolare », cheRubens attribuí a Maria de' Me-dici (Si veda l'illustrazione nella

pagina a fronte) non è altro che ungozzo (o strurna), ipertrofia di compen-sazione della tiroide. La tiroide è unroseo cuscinetto di tessuto avvolto inparte attorno alla trachea e all'esofago;è una ghiandola priva di dotto escreto-re (endocrina), presente nei vertebrati,che versa direttamente nel sangue gliormoni intesi a regolare il tasso di svi-luppo dell'individuo e il metabolismo.Il gozzo è quindi la manifestazione in-solitamente evidente di un disordineendocrino, che fin dai primissimi tempidella storia umana, proprio a causadella sua evidenza, suscita di volta involta stupefazione e timore.

Il gozzo ha cause varie e diverse:una malattia, certi difetti di sviluppo,le condizioni ambientali. Il gozzo en-demico, cosí definito in quanto colpi-sce in misura rilevante una data po-polazione, è quasi sempre conseguenzadi una deficienza dietetica di iodio,substrato indispensabile alla sintesi de-gli ormoni tiroidei tiroxina e triodoti-ronina. Oggi il gozzo dovuto a caren-za di iodio si può agevolmente preve-nire o curare con l'assunzione di dosiminime di questo elemento, ma persecoli è stato uno dei morbi più per-sistenti e diffusi che abbiano mai afflit-to l'umanità: ancora nel 1960 ne sof-frivano non meno di duecento milionidi persone.

La secrezione degli ormoni tiroideiè il passaggio obbligato di uno dei si-stemi di retroazione piú delicatamen-te equilibrati che regolino l'ambienteinterno dei vertebrati. Gli impulsi pro-venienti dal sistema nervoso induconol'ipotalamo, situato alla base del cer-vello, a liberare una neurosecrezione, ilfattore tirotropo (TRF, thyrotropin-re-leasing factor), che si versa nei vasiportali direttamente adducenti all'ipofi-si, quella ghiandola maestra grossa co-me un pisello che regola l'attività del-

la tiroide e di altre ghiandole endocri-ne. Sotto lo stimolo del fattore tirotro-po, la pituitaria (o ipofisi) versa nel san-gue la tirotropina, o ormone tireotro-po (TSH, thyroid-stimulating hortrione),che a sua volta costringe la tiroide asintetizzare e a secernere i propri or-moni. Si tratta di un sistema ad auto-regolazione: l'eventuale eccesso di or-moni tiroidei nel sangue blocca l'atti-vità dell'ipotalamo e dell'ipofisi, ridu-cendo la secrezione dell'ormone tireo-tropo; quando invece la concentrazio-ne di ormoni tiroidei è carente, l'ipo-fisi reagisce, secernendo una maggiorquantità di ormone tireotropo e rista-bilendo cosí il normale quantitativo diormoni tiroidei (si veda l'illustrazione

pag. 64).Se la tiroide è sana e se nel sangue

vi sono ioduri (iodio ionico) a suffi-cienza, l'ormone tireotropo stimola lacattura dello iodio da parte della ti-roide, favorendo inoltre la sintesi del-la tiroxina e della triodotironina nel-l'ambito dei follicoli tiroidei (si vedal'illustrazione a pag. 66). In assenzadi una quantità sufficiente di ioduri siblocca la sintesi della tiroxina: accadecosí che l'afflusso dell'ormone tireotro-po, una volta venuta a mancare la ne-cessaria ritenzione, provoca l'aumentoquantitativo e la modifica morfologicadelle cellule costituenti i follicoli tiroi-dei i quali, a tempo debito, si disten-dono. Questa proliferazione cellularecompensatoria e la conseguente disten-sione dei follicoli, che costituiscono ap-punto il gozzo, possono riportare a unlivello utile alla vita normale la pro-duzione degli ormoni tiroidei.

I' primo riferimento storico al gozzoche si conosca è un documento ci-

nese risalente all'incirca al 3000 a.C.É interessante notare come lo scrittonon descriva soltanto i sintomi del ma-le, ma raccomandi addirittura una cu-ra efficace: l'ingestione di alghe marinee di spugna arrostita, materiali che

contengono infatti un buon quantitativodi iodio.

I papiri egizi di Ebers, risalenti al1500 a.C. circa, descrivono due possi-bili terapie per il gozzo: l'asportazionechirurgica della ghiandola (che, se maivenne applicata, dovette essere un pro-cedimento rischiosissimo) e l'ingestionedi sale (presumibilmente contenenteiodio) di una data zona del bassoEgitto.

Ippocrate attribuiva il gozzo all'ac-qua potabile di certi luoghi. Giovenale,Vitruvio e Giulio Cesare restarono im-pressionati dalle insolite proporzionidel collo degli abitanti di certe regionialpine. Cesare era anzi convinto che ilcollo grosso fosse caratteristica nazio-nale dei celti. La parola « gozzo »,tra l'altro, deriva dal latino guttur,gola.

I medici dell'antica Roma notaronoche persino nell'individuo normale ladimensione della tiroide può variare inperiodi di sollecitazione fisiologica par-ticolare, come durante la pubertà e inoccasione delle mestruazioni o dellagravidanza nelle donne. In particolarerilevarono che le circostanze emotivee fisiche attinenti all'attività sessuale ini-ziale delle giovani spose potevano pro-vocare appunto l'ingrossamento dellaghiandola. Da qui ebbe origine il ritoantico di misurare il collo della sposaprima e dopo la prima settimana dimatrimonio con un nastro cerimoniale:se la circonferenza risultava aumenta-ta, le nozze si dovevano considerareconsumate.

Il gozzo di proporzioni modeste, es-sendo perfettamente compatibile con lavita normale, in quanto non provoca nédolori né compromissioni particolari,non era necessariamente riguardato co-me un fatto morboso, tanto che pres-so talune culture veniva accolto qualesegno del favore divino e, presso altre,quale distintivo di beltà. In Europa fuspesso attribuito a certe gravi trasgres-sioni del codice sociale o religioso, per

Il gozzo endemicoLa malattia, conosciuta fin dalle prime epoche storiche è attualmenteun'afflizione caratteristica della povera gente. Spesso infatti una dietanon equilibrata non compensa la deficienza iodica di parecchi terreni

di R. Bruce Gillie

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Nel nostro paese il gozzo endemico è presente con una diffusione che tocca pra-ticamente tutte le regioni. Stime non recentissime, ma tuttora utilizzabili comeelementi orientativi, indicano che il 5-10 % della popolazione italiana (cioè unnumero di persone intorno ai 2,2-5 milioni) è affetta da questa condizione mor-bosa. Per una parte dei casi si tratta di un fenomeno transitorio, essendo notoche la frequenza del gozzo varia in funzione dell'età e del sesso, per cui si os-serva talora nel maschio adolescente o adulto la scomparsa del gozzo insorto inperiodo puberale. La geografia del gozzo copre, con frequenza variabile dellacondizione morbosa, tutto l'arco alpino dalla Liguria alla Venezia Giulia.In questo settore possono ricordarsi alcuni tra i focolai più conosciuti e megliodescritti: Cuneo, Saluzzo (città in cui si verificò, come del resto in altre zone delPiemonte, una recrudescenza di forme acute di gozzo durante la seconda guerramondiale); val d'Aosta, Sondrio e la Valtellina, le vallate bergamasche e bre-sciane; alcune zone del Trentino-Alto Adige, la Valsugana, i dintorni di Bellunoe Udine. Nei focolai delle zone prealpine ne risultano comunemente affetti il20-30 % dei ragazzi in età scolare, mentre nelle zone di montagna la frequenzaè sovente superiore, raggiungendo il 50-60 % e, in alcuni casi, anche valori piùelevati. Assai meno frequente, anche se non assente, è il gozzo nella pianurapadana, mentre esso è nuovamente rappresentato, con frequenze non dissimilida quelle citate per le zone prealpine e alpine, nell'Appennino modenese, tosca-no, marchigiano, umbro, nell'ascolano e nel viterbese. Altre aree di endemiasono state segnalate anche più a sud, nella provincia di Potenza, nella penisolasorrentina, nel Gargano e in provincia di Catanzaro. In Sicilia sono stati descrittifocolai a Nicosia (Enna) e in provincia di Messina e in Sardegna in provincia diCagliari e nella parte centro-occidentale dell'isola (Santulussurgiu).Non sempre si è potuta rilevare, negli studi condotti nelle regioni italiane, unarelazione tra deficit iodico alimentare e frequenza di gozzo e sono stati di voltain volta invocati altri fattori causali (le sostanze gozzigene menzionate da BruceGillie, l'elevato contenuto calcareo o siliceo delle acque alimentari) o puramenteipotetici. Indipendentemente dalle cause, la presenza del gozzo è sempre l'indicevisibile di uno squilibrio patologico della ghiandola tiroidea che può evolvere inmodi diversi: a) regredendo verso la normalità con scomparsa del gozzo; b) (eve-nienza più frequente) mantenendosi funzionalmente compensato con permanen-za del gozzo, in forma diffusa o nodulare, con la possibilità, oltre all'inevitabiledanno estetico e psicologico, di disturbi meccanici da compressione che rendononecessaria la rimozione chirurgica; c) dando luogo a se q uele quali l'ipotiroidismo,di solito lieve, o l'ipertiroidismo; d) creando inoltre alcune delle premesse chefavoriscono l'insorgere del cretinismo nei discendenti degli affetti di gozzo. Lasomministrazione sistematica di iodio, nella misura di 100-200 microgrammi(milionesimi di grammo) al giorno, è in grado di ovviare quasi completamente aquesti inconvenienti in quanto riduce drasticamente, fino a valori prossimi a zero,la frequenza di comparsa del gozzo. L'utilità pratica di questa constatazione nonè minimamente sminuita dal fatto che non è ancora del tutto chiaro perchè Ioiodio riesca a svolgere questa netta azione preventiva: se agendo come puro so-stitutivo, là dove esista un deficit iodico alimentare o, in altri casi, intervenendoin modo più complesso nella catena di reazioni fisiologiche che si traduconoalla fine nella comparsa del gozzo. L'es perienza pluriennale di un paese come laSvizzera, in cui la profilassi iodica è stata realizzata semplicemente obbligandola vendita di sale da cucina iodato in misura di 5 o 10 mg di iodio per kg, hadefinito chiaramente l'efficacia e la parallela innocuità di questo tipo di profilassi.Nel nostro paese la situazione, in questo settore della salute pubblica apparealquanto sconfortante: scriveva qualche anno fà un autorevole studioso italianodel gozzismo (Costa e coll., 1966) « ...nella maggior parte delle località di en-demia del nostro paese la profilassi iodica o non ha potuto iniziare o, una vol-ta iniziata, è miseramente fallita ». Le ragioni di questo fallimento sono di varianatura, sia tecniche che amministrative. Ma, fondamentalmente, si possono ri-condurre alla mancata adozione di provvedimenti che rendano obbligatorio ilconsumo di sale iodato. In sede di Organizzazione Mondiale della Sanità è statofatto notare che il solo provvedimento capace di promuovere un adeguato consu-mo di sale iodato è l'introduzione della profilassi iodica obbligatoria. Malgradoquesto ancora oggi molti paesi, tra cui l'Italia, persistono a non percorrere la viadella prevenzione obbligatoria. Di recente una commissione di lavoro costituitapresso il Ministero della Sanità ha disposto di rilanciare la propaganda della profi-lassi iodica e di facilitare la distribuzione del sale iodato. Ma è dubbio che questalodevole iniziativa basti da sola per attaccare alla base il problema, rilevante nelnostro paese, del gozzismo endemico. R.S.

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tal motivo è stata assegnata una ghian-dola più grande »), ma proponeva chepotesse servire anche a tener calda lacartilagine tracheale, « di natura piutto-sto fredda », e a lubrificare la laringe,rendendo più melodiosa la voce. Altristudiosi ritenevano che la tiroide avessela funzione di allontanare il sangue dalcervello, in modo da tutelare questo im-portante organo da improvvise variazio-ni di pressione sanguigna, oppure che sitrattasse di un cuscinetto destinato asupportare e a proteggere le strutturedella laringe.

Fu solo nel 1895, dopo che i chirur-ghi ebbero constatato gli effetti del-l'asportazione della tiroide e dopo ilprimo tentativo di terapia con estrattotiroideo, che il medico tedesco AdolfMagnus-Levy dimostrò come la tiroi-de regolava il tasso del metabolismobasale, ossia la velocità alla quale lecellule dell'organismo consumano ossi-geno, cioè la velocità alla quale trasfor-mano in energia vitale le sostanze nu-tritive. In quello stesso anno il biochi-mico tedesco Eugen Baumann scopriper puro caso che la tiroide è partico-larmente ricca di iodio. Baumann stavatentando di analizzare il contenuto pro-teico del tessuto tiroideo, e il suo pro-cedimento abituale consisteva nel farprecipitare le proteine da un estratto amezzo di acido solforico. Un giorno,allungando la mano per prendere il fla-cone dell'acido solforico che si trova-va su di uno scaffale accanto al ban-co d'analisi, prese per errore un flaco-ne diverso e, prima di rendersi contodello sbaglio, aveva già aggiunto al-l'estratto un po' di acido nitrico. Qualenon fu la sua meraviglia nel constatareche dal preparato cominciavano a svi-lupparsi i caratteristici fumi bruno-ros-sastri del gas iodio. Fu cosí che Bau-mann si impegnò nello studio e nelladescrizione del ruolo dello iodio nellafisiologia della tiroide. Nel 1914, per laprima volta, Edward C. Kendall dellaMayo Foundation riuscí a cristallizzareun po' di ormone tiroideo, impresaquanto mai ardua: i trentasette grammidi ormone cristallizzato ottenuti final-mente dallo sperimentatore derivavanoda ben tre tonnellate e un quarto di ti-roide suina! Nel 1927 Charles RobertHarington della Facoltà di clinica medi-ca del londinese University College eGeorge Barger dell'Università di Edin-burgo fissarono una volta per semprela struttura della tiroxina, confermandocosí le osservazioni di Baumann. Nelfrattempo l'opera del chimico tedescoaveva condotto, da un lato, all'inter-pretazione del gozzo endemico comeconseguenza della carenza ambientaledi iodio, dall'altro alla semplice ed effi-cace iodoterapia.

esempio ai trafugamenti di oggetti pre-ziosi dalle tombe dei santi. Nella Ger-mania medievale si pensava che la con-dizione patologica derivasse da faticheestenuanti, comprese quelle relative alparto. E questa è appunto la spiegazio-ne razionale della costumanza, oggi di-menticata, di legare un cordoncino at-torno al collo delle partorienti.

Quanto alle cure, non era tanto fa-cile trovarne. Il procedimento rimastoin auge per secoli consisteva nel per-forare la tiroide con un ago dalla pun-ta arroventata. É da presumere che l'in-tervento provocasse un'infiammazione eche la conseguente fibrosi contribuissea far scemare la grossezza della ghian-dola. É impossibile comunque che pri-ma della fine del secolo scorso la chi-rurgia vera e propria conducesse a ri-sultati efficaci, se non altro perché unaeventuale incisione della tiroide, cosíriccamente alimentata dai vasi sangui-gni, avrebbe causato, in quei tempi dichirurgia primitiva, un'emorragia ab-bondante e inarrestabile. Persino dopol'avvento delle tecniche d'intervento piùidonee, almeno prima della scopertadelle ghiandole paratiroidi, l'asportazio-ne chirurgica doveva essere pericolosis-sima: le paratiroidi, ghiandole di pic-colissime dimensioni, situate sulla fac-cia dei lobi laterali della tiroide, re-golano la percentuale di calcio nel san-gue, per cui la loro rimozione acci-dentale insieme con la tiroide gozzutacostituisce una minaccia immediata allavita del paziente.

Va da sé che il vero mistero che cir-condava il fenomeno del gozzo ri-

siedeva nella funzione della tiroide ne-gli individui sani. Gli antichi anatomi-sti, impressionati dal grande afflusso disangue alla ghiandola e incapaci di spie-gare secondo i loro criteri la mancan-za di un dotto escretore (come è il ca-so di tutte le ghiandole endocrine), ri-tenevano che la tiroide non potesse ave-re alcuna funzione escretiva. Nel me-dioevo non mancarono gli studiosi dianatomia convinti che questa fosse lasede dell'anima. Altri rivelarono unmaggior senso pratico. Nel 1600 l'ana-tomista italiano Giulio Casserio anno-tava come la natura gentile avesse spe-cialmente abbellito il sesso femminilecon ogni sorta di ornamenti, tra i qua-li soprattutto il collo regolare e tornito.

Nel 1656 l'anatomista inglese Tho-mas Wharton dette una descrizionecompleta della tiroide, dandole per laprima volta il nome ancor oggi usato,dal termine greco che indicava un gran-de scudo oblungo, il thyreos. Wharton,d'accordo con Casserio, asseriva che laghiandola servisse ad abbellire il collo(« soprattutto nelle donne, alle quali per

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Le regioni di distribuzione del gozzo endemico e i terreni aiquali il fenomeno si trova spesso associato sono stati cartogra-fati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Nelle mappe pre.

sentate in queste due pagine, le zone in cui il gozzo da ca-renza di iodio è endemico sono indicate dal tratteggio nero.È evidente come risultino poco colpite le popolazioni del lito-

rale marino, grazie al tenore di iodio di cui sono ricchi gli alimenti del mare. Le zoned'entroterra sono interessate variamente, ma le più vulnerabili sono quelle caratterizzatedalla particolare costituzione geologica e dall'isolamento dei terreni montagnosi (in colore).

ler^

Non appena i ricercatori ebbero co-minciato a esplorare l'ecologia dellepopolazioni gozzute, accertarono unastretta correlazione tra il gozzo e lapossibilità di accesso al mare e, quindi,a una dieta alimentare ricca di iodio.Una cartina appositamente approntatadall'Organizzazione Mondiale della Sa-nità mostra chiaramente come la for-ma endemica del gozzo si sviluppi tipi-camente nelle zone d'entroterra, soprat-tutto montagnose (si veda l'illustrazio-ne in queste due pagine). Regioni diparticolare diffusione del gozzo sono leAlpi, i Pirenei, l'Himalaya e le Ande,ma un'incidenza piuttosto elevata si ri-scontra altresí nelle pianure interne del-l'Italia, del Congo e del bacino nord-

americano dei Grandi Laghi.Tuttavia la geografia del gozzo non è

affatto semplice: mentre diverse regio-ni montagnose e d'entroterra non sonoabitate da popolazioni gozzute, ci sonoaree costiere che imprevedibilmente de-nunciano una forte presenza di gozzi.Si giunge cosí alla conclusione che ele-mento ben più strettamente correlatocon l'incidenza del gozzo endemico, ri-spetto alla pura e semplice distanza dalmare, è il tenore di iodio del suolo fer-tile. Finché il contenuto di iodio nel-lo strato superficiale del terreno è ade-guato, lo iodio consumato nei prodottiagricoli locali è sufficiente a prevenirel'insorgere dell'affezione (bastano 100--200 microgrammi giornalieri a perso-

na). Ebbene, per quanto il tenore diiodio nel suolo fertile sia generalmentepiù elevato nelle regioni costiere chenon in quelle dell'entroterra, la presen-za del prezioso elemento nel suolo èdeterminata da fattori che poco hannoa che fare con la distanza dal mare. Iterreni più seriamente carenti di iodiosono quelli che hanno subito le glacia-zioni più intense. Il fenomeno della gla-ciazione è intervenuto in due modi:fratturando rocce ignee vergini, maiprima esposte allo iodio atmosferico, siè lasciato alle spalle immense quantitàdi nuovo terreno superficiale povero diiodio; lisciviando il suolo originario, loha privato dei sali di iodio solubili.

La lisciviazione può anche determi-

nare l'impoverimento di iodio nei ter-reni agricoli costeggianti i fiumi sogget-ti a straripamento periodico. Un inte-ressante esempio di questo fenomenosi è osservato nel corso di uno studiocondotto in due villaggi situati sulleopposte sponde del fiume Congo, inuna zona in cui le intense precipitazio-ni e le inondazioni periodiche avevanocomportato la diminuzione del tenoredi iodio nel suolo. La popolazione delvillaggio situato sulla riva destra pre-sentava 1'80 % di gozzuti, mentre sulterreno alluvionale della riva opposta ilgozzo era quasi completamente scono-sciuto. Accadeva infatti che lo iodio li-sciviato dalle forti piogge nei terrenia monte, veniva trascinato più a valle,

andandosi a depositare sul suolo allu-vionale attorno al secondo villaggio, do-ve si costituiva in concentrazione suffi-ciente a prevenire l'affezione endemica.

La costante reintegrazione di iodioatmosferico negli strati superficiali delsuolo agisce, col tempo, nel senso diun'inversione degli effetti della glacia-zione. L'entità della reintegrazione ri-sente in modo vario e complesso delladistanza dal mare, delle condizioni divento prevalenti nella zona e del teno-re di iodio caratteristico delle precipi-tazioni locali. Alla determinazione delcontenuto in iodio presente nel suoloconcorre anche, in determinati casi,l'accumulo in certe regioni di iodio ter-restre naturale. In altre parole anche

l'ecologia locale, oltre alla dieta alimen-tare di base, costituisce elemento rile-vante dell'etiologia del gozzo endemico.

La prima testimonianza diretta dellacarenza di iodio quale causa determi-nante dell'ipertrofia tiroidea endemicasi ebbe a conclusione dell'ampia speri-mentazione condotta su cavie di labo-ratorio, a partire dal 1907, da DavidMarine e da O. P. Kimball della Fa-coltà di medicina della Western Reser-ve University. In seguito questi stessiricercatori attuarono ad Akron, nel-l'Ohio, il primo programma su vastascala di profilassi del gozzo. L'interaoperazione, conclusasi nel 1920, inte-ressò 4500 studentesse in età scolarecompresa tra l'ultima classe delle ele-mentari e l'ultima delle medie supe-riori. Mentre una metà delle ragazzeserviva da gruppo di controllo, all'altrametà vennero somministrati due gram-mi di sale iodurato due volte l'anno: altermine di un periodo di due anni emezzo il 65,4 % del gruppo di tratta-mento rivelò la regressione del gozzo,mentre furono soltanto cinque le ra-gazze di questo gruppo nelle quali sipoté riscontrare l'ingrossamento dellatiroide. Per contro solo il 13,8 % del-le studentesse appartenenti al gruppo dicontrollo rivelarono il regresso delladisfunzione, mentre in ben 495 ragazzenon trattate si era verificata l'ipertro-fia tiroidea.

I risultati della ricerca erano statiappena pubblicati, che già molti privatie molti gruppi di igienisti avevano ini-ziato il consumo di iodio a dosi mas-sicce, sfiorando in molti casi la sogliadel feticismo. Alcuni giunsero al pun-to di portarsi appresso, appeso al col-lo, un flaconcino di iodio al quale at-tingevano un sorso ogni tanto. Lo io-dio divenne l'ingrediente magico dellepanacee di molti ciarlatani. Ma eccoche, tra lo stupore generale, ci si ac-corse che molto spesso lo iodio, lungidal prevenire il gozzo, sembrava quasistimolarlo. In seguito questo effetto ap-parentemente paradossale dell'elementosull'etiologia del gozzo venne spiegatorazionalmente da Jan Wolff e da IsraelL. Chaikoff della Facoltà di medicinadella Università di California a Ber-keley, i quali accertarono che propriol'elevata concentrazione iodica nel pla-sma sanguigno inibisce la biosintesi ela secrezione dell'ormone tiroideo.

L'idea che a monte delle manifestazio-ni del gozzo dovesse ricercarsi la re-

sponsabilità di qualche agente elemen-tare presente nei cibi o nelle bevandeaveva preceduto nel tempo persino lascoperta, quale causa determinante, del-la carenza di iodio, ma soltanto nel

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• IODIO

• CARBONIO

IDROGENO

O OSSIGENO

• AZOTO

IPOFISIANTERIOR E

IPOTALAMO

TIROIDE

Il sistema di retroazione negativa che controlla la produzionedegli ormoni tiroidei inizia con la neurosecrezione da partedell'ipotalamo (1) del fattore tirotropinogeno (TRE) che, pas-sando direttamente nella pituitaria (2), provoca l'immissione ditirotropina, o ormone tireotropo (TSH), nel circolo sanguigno(3). Nella ghiandola tiroidea il TSH opera la sintesi e la im-missione in circolo degli ormoni tiroidei tiroxina e triiodotiro-nina (4); la quantità di ormoni tiroidei che raggiunge l'ipota-lamo regola a sua volta la secrezione di TSH, completando cosiil circuito di retroazione negativa. In assenza di iodio, substra.

to essenziale degli ormoni tiroidei, la produzione ormonica èinsufficiente (5) a bloccare in tempo il sistema: il conseguenteeccesso escretivo di TRE (6) e di TSH (7) stimola la crescitadel tessuto tiroideo povero di iodio (8). Un normale follicolotiroideo, in cui avvengono la sintesi e l'immagazzinamento degliormoni, si compone di un inviluppo di cellule contenente uncolloide, la tiroglobulina (a). In assenza di iodio il TSH fa siche le cellule proliferino e divengano più colonnari (b), e quin-di producano altro colloide, finché i follicoli si distendono(e) a formare il gozzo cosi come tipicamente si manifesta.

MONOIODOTIROSINA

TRIIODOTIRONINA

e

TIROXINA

DIIODOTIROSINA

DIIODOTIROSINA

La biosintesi degli ormoni tiroidei dipende dalla presenza di iodio ionico, soprattuttocome ioduro di sodio. Lo ioduro si ossida a iodio elemento e si combina con l'ammino-acido tirosina per formare monoiodotirosina e diiodotirosina. Due molecole di diiodo-tirosina si possono combinare, formando tiroxina; oppure si possono combinare tra loromolecole di mono e diiodotirosina per formare triidotironina. (In figura si vedono soloi prodotti ormonali, non sono invece indicati, per semplificare lo schema, i sottoprodottil.

1941 si giunse alla scoperta di una so-stanza gozzigena. Curt P. Richter eKathryn H. Clisby dell'Istituto di me-dicina della Johns Hopkins University,i quali studiavano gli effetti di certi ve-leni per i topi, si accorsero con vivameraviglia che nei ratti di laboratoriotrattati con il preparato tiourea, non so-pravveniva la morte, ma la tiroide siingrossava gradatamente fino a svilup-parsi in gozzo. All'incirca nella stessaepoca, in un altro laboratorio della me-desima università, Julia B. e Cosmo G.MacKenzie stavano effettuando le lororicerche sull'incidenza di un nuovo me-dicamento sulfamidico sulla flora bat-

terica dell'intestino del ratto. Ebbene,anche i MacKenzie osservarono il fe-nomeno già osservato dai colleghi: latiroide dei ratti da essi trattati comin-ciò a manifestare i segni dell'ipertrofia,come se i piccoli animali fossero statitenuti per settimane e settimane a unadieta iodocarenziale. Evidentemente tan-to l'uno quanto l'altro medicamento im-pedivano all'organismo di utilizzareconvenientemente lo iodio che pure sitrovava in concentrazioni normali nelladieta alimentare somministrata alle ca-vie. E da allora in poi sono stati sco-perti molti altri composti antitiroidei.

Sul piano teorico questi preparati

•possono intervenire secondo tre diversimeccanismi d'azione. In primo luogopotrebbero agire a livello intestinale, nelsenso di una chelazione (o sequestro)dello iodio, impedendone cosí il norma-le assorbimento nel circolo sanguigno.In secondo luogo potrebbero agire allasuperficie della cellula epiteliale tiroi-dea, inibendo l'assorbimento selettivodello iodio contenuto nel sangue che at-traversa la ghiandola. (Questa catturadegli ioni di iodio è un processo stra-ordinariamente efficiente: la tiroide rie-sce a concentrare gli ioni a un livellocentinaia di volte superiore a quello del-la concentrazione ionica nel sangue). In

terzo luogo i composti strumogeni po-trebbero conquistarsi l'accesso alle cel-lule tiroidee, sbarrando in una fasecruciale il cammino della biosintesi op-pure impedendo la liberazione della ti-roxina dalla forma di deposito e attesain cui si trova nei follicoli tiroidei.Tutto lascia pensare che i meccanismidecisivi siano gli ultimi due: i tiocianatie i perclorati inibiscono i processi ditrasporto attivo degli ioduri catturati, iltiouracile blocca la trasformazione de-gli ioduri in iodio per ossidazione daparte di certi enzimi perossidasici, men-tre le solfammidi interferiscono conl'incorporazione della tirosina (si vedal'illustrazione a pagina 66).

Subito dopo la scoperta di questicomposti gozzigeni ci si accorse che ilgozzo endemico in certe zone era laconseguenza di analoghi composti che sitrovavano in natura nell'alimentazionelocale. Tra i generi alimentari conte-nenti quantità rilevanti di composti stru-mogeni naturali sono da ricordare lasoia e gli appartenenti al genere Bras-sica, comprendente i tavolini di Bru-xelles, i cavoli, le rape e altri vegetalicommestibili che, assolutamente innocuiin una dieta variata, costituiscono unpericolo serio presso quelle comunitàche se ne nutrono in modo uniforme.

L'effetto strumogeno della Brassicavenne dimostrato non molto tempo fain Tasmania, al largo della costa me-ridionale australiana. Constatato chel'isola era una zona di gozzo endemi-co, venne istituito nel 1949 un pro-gramma di somministrazione di com-presse iodurate agli scolari di età in-feriore ai sedici anni. Cinque anni do-po, però, un'indagine di controllo rive-lò che l'incidenza del gozzo era aumen-tata, invece di diminuire. I ricercatoricontrollarono i dati disponibili, sotto-posero a ulteriore verifica la metodolo-gia adottata, ma il risultato si dimostròesatto. A questo punto F.W.A. Cle-ments e J.W. Wishart, iniziatori del pro-gramma, avanzarono l'ipotesi che al-l'origine del fenomeno dovesse ricercar-si qualcosa di diverso che non la ca-renza di iodio. Era capitato che nel1950 il governo australiano avesse ini-ziato una campagna per la distribuzio-ne gratuita del latte nelle scuole e chel'accresciuta domanda di latte avessecostretto gli allevatori locali a tenere levacche al pascolo anche in periodi discarsità stagionale di erba: di conse-guenza gli animali si nutrivano di cavo-lorapa, vegetale ben più resistente del-l'erba al gelo e rigoglioso per tutto l'an-no. Il fatto è che il cavolorapa, appar-tenente al genere Brassica, contiene unaquantità rilevante di composti strumo-geni. Un opportuno supplemento d'in-

•- IODURO

• IODIO

TIROSINA

dagine rivelò che questi composti, tra-smettendosi inalterati al latte vaccino,bloccavano nei consumatori di lattel'utilizzazione dello iodio somministrato.

Evidentemente esistono dei pericoliintrinseci alla somministrazione di pre-parati farmaceutici contenenti notevoliquantità di composti potenzialmentestrumogeni o di iodio elemento. Anchenegli Stati Uniti, che pure non cono-scono la diffusione del gozzo tiroideonella misura che si riscontra in altri

paesi, si verificano casi sempre più fre-quenti di gozzo iatrogeno, cioè provoca-to da trattamento medico. Potenzialmen-te strumogeni sono infatti certi compo-sti quali le solfonammidi prescritte perle infezioni al condotto urinario, i medi-camenti a base di tiouracile normal-mente somministrati per la cura del-l'ipertiroidismo e diverse sostanze iodu-rate che vengono usate quali espetto-ranti nella terapia asmatica. Si sonoavuti casi di morte prenatale di bambini

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Il gozzo di grandi proporzioni si osserva spesso nelle regioni in cui il gozzo iodoca-renziale è endemico. Si è avuta notizia di gozzi dal peso di un chilo e mezzo o duechili, talvolta penzolanti sul petto. L'illustrazione mostra un tipico burattino bergama-sco, della metà del secolo scorso, « Giopin », e dimostra la diffusione del gozzo, in al-cune regioni alpine, fino a risultare elemento di tipizzazione nella cultura popolare.

CELLULE TIROIDEE

COLLOIDE FOLLICOLARE

1

TIROGLOBULINA

-1 > IODURI

2

ENZIMIOSSIDANTI

IODIO

+

TIROSINA RI MONOIODOTIROSINA>

\l/DIIODOTIROSINA

> CaÌjUViiki tIVTI

,>

>

PROTEOLITICI>

TRIIODOTIROSINA <

TIROXINA

le cui madri avevano preso specialità diquesto tipo: il preparato si diffonde nel-la placenta ed entra nel circolo fetale,provocando la morte in utero a causadell'insorgere del gozzo nel feto ormaiperfetto. Questi stessi medicamenti, con-centrandosi nelle ghiandole mammarie,possono anche indurre il gozzo nei lat-tanti. Ma la conseguenza più grave dicerte terapie nella gravidanza è che lesostanze predette inibiscono il trasferi-mento della tiroxina materna al feto in

SANGUE

formazione, mentre la tiroxina è assolu-tamente indispensabile allo sviluppo fi-sico e mentale dell'infante.

Diverse indagini epidemiologiche han-no consentito di accertare che in unadata comunità il gozzo può insor-gere spontaneamente, persistere perqualche tempo e quindi regredire, sen-za che sia intervenuta alcuna modifi-cazione apparente nelle abitudini ali-mentari e di vita della popolazione.Per spiegare tali fenomeni epidemici è

stata proposta l'eventualità di un'origi-ne infettiva della disfunzione, ma la cir-costanza non è stata mai comprovata.Potrebbe darsi comunque che nella nor-male flora intestinale si manifesti unacolonia di batteri iodochelanti, con con-seguente impoverimento dello iodio ali-mentare a disposizione dell'organismo.

A proposito dell'intervento batterico,sia pure in modo sostanzialmente diver-so, è stato possibile documentare alme-no un caso di gozzo dovuto a micror-

ganismi. Robert McCarrison, mentrestudiava nel 1906 le popolazioni gozzu-te dell'Himalaya, nel corso delle fre-quenti visite a diversi villaggi della val-le del fiume Gilgit, restò subito impres-sionato dal fatto che, mentre il paesinopiù a monte denunciava un'incidenzaminima di gozzi (12 %), la frequenzaaumentava mano a mano che si scen-deva a valle di villaggio in villaggio,finché nell'ultimo si riscontrava un'inci-denza del 45 %. C'era poi un villaggioisolato i cui abitanti, pur vivendo comegli altri sulle rive del fiume, non beve-vano acque fluviali: in questo villaggioil gozzo era sconosciuto. Allora McCar-rison intraprese una sperimentazionecontrollata su trenta volontari suddivi-si in due gruppi: il primo gruppo beve-va l'acqua fangosa del fiume previabollitura, mentre il secondo gruppo(comprendente lo stesso McCarrison)beveva la stessa acqua non bollita. Nel-lo spazio di un mese quasi tutti i com-ponenti del gruppo di McCarrison, alcontrario di quelli dell'altro gruppo, co-minciarono a manifestare l'insorgeredel gozzo. Lo studioso ne concluse chela responsabilità dell'affezione dovevaattribuirsi ai batteri. Le pessime condi-zioni igieniche della zona facevano siche nel fiume andassero a finire tuttii rifiuti dei vari villaggi; la contamina-zione delle acque aumentava quindi inrelazione alla distanza dal villaggio piùa monte, con conseguente aumento del-la percentuale batterica nell'acqua con-sumata più a valle. In seguito è statodimostrato che certe colonie di Esche-richia coli, batterio normalmente pre-sente nel materiale fecale, sono in gra-do di produrre tiouracile.

Nel caso del gozzo endemico si puòparlare di un circolo vizioso. Le

collettività povere a dieta alimentareinvariata sono le più esposte alla di-sfunzione e le più vulnerabili alle sueconseguenze biologiche, sociali ed eco-nomiche. Laddove il gozzo da carenzadi iodio sia endemico a una data co-munità umana, è molto probabile cheanche gli animali domestici siano affet-ti da ipotiroidismo. Gli ovini gozzutispesso sono poveri di lana; nei boviniil gozzo provoca la sterilità, una scarsaproduzione di latte, vitelli scarni e sten-ti; i cavalli gozzuti sono più deboli; legalline sofferenti di scarsa attività tiroi-dea danno uova con il guscio poverodi calcio, con conseguente rottura del-le uova stesse e accresciuta mortalitàdel pollame. Le conseguenze dei maliche colpiscono il bestiame sono disa-strose per la comunità povera la cuisopravvivenza dipenda quasi interamen-te dagli animali domestici.

L'effetto della topografia montagno-

sa e dell'isolamento sul cretinismo èevidentissimo. Ci sono infatti delle re-gioni in cui, pur essendo diffuso ilgozzo, il cretinismo è quasi del tuttosconosciuto. t il caso, per esempio,della cosiddetta «fascia del gozzo» nel-la regione dei Grandi Laghi: è probabi-le che l'elevata mobilità demograficalungo questo tipico canale di migrazio-ne verso ovest sia bastata a garantirequella varietà biologica e sociale cheha impedito al cretinismo di prenderepiede.

Il cretinismo non è che l'esempio e-stremo delle conseguenze di una insuf-ficiente disponibilità di tiroxina nei pri-mi stadi dello sviluppo vitale. E poichétutti i residenti di una data zona colpi-ta da gozzo endemico sono potenzial-mente esposti nella fase di sviluppo aun'erogazione subottimale dell'ormone,l'intera comunità può soffrire di effettisocialmente negativi e dannosi, essendo

in gioco la motivazione psicologica, laspontaneità, la creatività, l'intelligenzadegli individui, con conseguente rista-gno sociale e ulteriore tendenza all'en-dogamia.

Prima o poi la scienza medica e lemisure di sanità pubblica giungerannoa eliminare l'aspetto endemico del goz-zo dovuto a carenza di iodio; c'è soloda sperare che quest'antichissima affe-zione benigna non venga soppiantata dauna diversa disfunzione tiroidea, unadisfunzione da era atomica, derivantedall'ingestione di rilevanti quantità diisotopi di iodio radioattivo dovuti alfall-out nucleare. Lo iodio si concentranella tiroide, e qui la radioattività puòdanneggiare irreparabilmente le cellu-le interessate. Lo studio sul gozzo en-demico dimostra la gravità di questopericolo potenziale e gli effetti che nepotrebbero scaturire a danno dell'evo-luzione dell'intera umanità.

Schema grafico dell'attività tiroidea. Lo ioduro catturato dallecellule dei follicoli tiroidei viene trasformato in iodio daglienzimi ossidanti delle cellule stesse. Lo iodio, combinandosicon la tirosina, forma gli ormoni tiroidei. Gli ormoni vengonoimmagazzinati in associazione con la tiroglobulina e, quandovengano richiesti, sono liberati dagli enzimi proteolitici e ver•

sati nel sangue. Il TSH stimola la produzione ormonica, favo-rendo con la sua azione la cattura dello ioduro e l'attività ditre serie di enzimi. Le sostanze strumogene interferiscono conla produzione ormonica. I tiocianati e i perclorati arrestanola cattura di ioduro (1), il tiouracile ostacola gli enzimi (2),le solfonammidi arrestano la combinazione con tirosina (3).

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