Il Giro d’Italia. Strade storie oggetti di un mito [LE SFIDE]

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di Gino Cervi e Paolo Facchinetti Il Giro d’Italia è un'istituzione, una parte essenziale della storia e dell'identità italiana come pochi altri eventi collettivi nazionali. Questo libro è l’appassionante racconto per immagini dei cento anni del Giro. Storie di campioni e di grandi imprese; le strade e i paesaggi del Bel Paese; la gente intorno alla corsa; gli oggetti che la caratterizzano (biciclette, maglie, réclames e affiches pubblicitarie…); le parole che l’hanno vissuta e raccontata sulle pagine dei giornali, alla radio e alla televisione.

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Lo si aspettava all’ultimo chilometro:«se vedremo spuntarelaggiù una certa maglia…» e qualcosa l’annuncia,un movimento di gente giù alla curva,uno stormire di voci che si approssimaun clamore un boato, è incredibile è luiè solo s’è rialzato ha staccato le manice l’ha fatta…

Vittorio Sereni da La poesia è una passione? (Gli strumenti umani, 1965)

LE SFIDE“

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Ganna contro Galetti; Girardengo

contro Binda, e poi Binda contro Guerra;

Bartali contro Coppi, con Magni terzo

incomodo; e ancora Gimondi contro

Merckx, Moser contro Saronni, Bugno

contro Chiappucci, Pantani contro tutti e

contro se stesso… Il ciclismo, e quindi il

Giro, non può fare a meno delle sfide, e in

particolar modo nella forma della contesa

testa a testa, del duello. È probabilmente la

sua natura epica a richiederlo. Nonostante

tutti i possibili e necessari giochi di squadra,

il campione in bicicletta al momento

cruciale della corsa rimane da solo a lottare

contro l’avversario che scatta, la strada che

sale, il tempo che scorre, le forze che

vengono meno. Il corridore ciclista fin dalle

origini di questa disciplina sportiva è

chiamato alla sfida: contro gli avversari,

contro la natura ostile – le montagne, il

maltempo… –, contro se stesso. È il

retaggio di una certa cultura positivistica

che, se come modello filosofico-

interpretativo può dirsi ormai in crisi a

inizio ’900, continua ancora ad alimentare i

valori della cultura popolare, come quello

dell’attività sportiva: l’impresa individuale, il

grande gesto atletico corrispondono,

nell’immaginario collettivo, alla convinzione

nelle infinite e progressive capacità

dell’uomo, in grado di affrontare,

conquistare e piegare al suo volere la realtà

che lo circonda. A questa mentalità di

fondo si uniscono però, come capita spesso

nelle ibridazioni dal basso della cultura,

istanze filosoficamente di segno contrario:

l’irrazionalismo volontaristico, il

superomismo, lo slancio vitale che celebra il

mito misticheggiante dell’eroe.

I pionieri del ciclismo, i primi avventurosi

corridori del Giro d’Italia, incarnano queste

figure e raccolgono, appunto, la sfida:

Scritte sui muri del dopoguerra: il duello Coppi-Bartali si impara fin da piccoli. A p. 42, Marco Pantani all’attacco sulla salita delle cascate del Torce,nella 19a tappa dell’edizione 2003: il gruppo lo riprenderà poco dopo. È l’ultimo scatto del Pirata al Giro.

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Vincitori più giovaniFausto Coppi 1940, 20 anni e 8 mesiLuigi Marchisio 1930, 21 anni e 1 meseGiuseppe Saronni 1979, 21 anni e 8 mesiGino Bartali 1936, 21 anni e 10 mesiFranco Balmamion 1962, 22 anni e 4 mesi

Vincitori più anzianiFiorenzo Magni 1955, 34 anni e 5 mesiTony Rominger 1995, 34 anni e 2 mesiFrancesco Moser 1984, 33 anni e 11 mesiFelice Gimondi 1976, 33 anni e 8 mesiFausto Coppi 1953, 33 anni e 8 mesi

pedalano per più di dieci ore a tappa lungo

strade che sembrano percorsi di guerra;

sono costretti a ripararsi da soli la bicicletta

in caso d’incidente meccanico; ad

alimentarsi in corsa tra mille difficoltà; a

districarsi tra segnaletiche ancora incerte e

lo stupore, quando non l’ostilità della gente

che, magari per la prima volta, vede un

uomo, anzi un manipolo di uomini in

bicicletta. Con l’affermarsi delle prime

spiccate individualità le sfide si trasformano

in duelli. Il primo grande dualismo è quello

tra Costante Girardengo e Alfredo Binda: i

due hanno nove anni di differenza e il loro

è quindi anche uno scontro generazionale.

Girardengo, piccolo, agile e dallo scatto

bruciante, è nato a Novi Ligure nel 1893 e,

giovanissimo, ha già vinto molto prima che

la Grande Guerra arresti ogni attività

sportiva: si consacra vincendo il Giro del

1919, successo che gli varrà il cambio di

soprannome: da “Omino di Novi” a

“Campionissimo”. Tornerà a conquistare

un’altra volta il Giro nel 1923, anche se la

sua corsa per eccellenza è stata la Milano-

Sanremo, che lo vide trionfare per sei volte.

Le strade di Girardengo e Binda

s’incrociano per la prima volta in Francia,

nel 1923, in una corsa in salita: Binda, che

fino a poco tempo prima faceva lo

stuccatore a Nizza, dove era emigrato

qualche anno prima dal paese natale di

Cittiglio, in provincia di Varese, è al primo

anno da professionista ma straccia tutti,

compreso il “Campionissimo”. Due anni

dopo, nel 1925, Binda è scritturato per la

Legnano e si presenta al via al Giro d’Italia:

lo vince con quasi 5’ di vantaggio su

Girardengo, che continua però a riscuotere

un grande seguito di tifosi. Negli anni a

seguire è sfida aperta, con Binda che si

aggiudica ancora il Giro per tre anni

consecutivi, dal 1927 al 1929, e poi ancora

nel 1933, quando l’anziano rivale si è ormai

ritirato dalle competizioni su strada, per

dedicarsi esclusivamente alle kermesse su

pista. A Girardengo succederà in parte

nell’antagonismo con Binda il mantovano

Learco Guerra, soprannominato la

“Locomotiva umana”. Tanto Binda è

composto nello stile e freddo calcolatore

nelle strategie di corsa, quanto Guerra è

impulsivo e generoso, capace di grandi

imprese e di terribili débacles, discontinuità

che gli impedisce di raccogliere i successi

che avrebbe meritato, ma che tuttavia gli

vale il caloroso affetto dei tifosi di tutta

Italia. Al Giro del 1940 ecco riproporsi il

dualismo tra il vecchio e il giovane. Il

“vecchio” è il ventiseienne toscano Gino

Bartali, capitano della Legnano, già

vincitore di due Giri (1936 e 1937) e

soprattutto del Tour del 1938; il “giovane”

è un suo gregario esordiente, il ventenne

piemontese Fausto Coppi, da Castellania,

piccolo villaggio sui colli tortonesi. È il

primo atto di una rivalità storica che divide

l’Italia in due schieramenti contrapposti e

che si colora di significati che vanno molto

al di là della passione sportiva. Quell’anno il

gregario batte a sorpresa il capitano, ma dal

1941 ancora una volta la guerra apre una

forzosa parentesi. Il duello riprende col

Giro del 1946, con la rivincita di Bartali su

Coppi, passato nel frattempo a guidare la

squadra avversaria della Bianchi.

Nessun altro dualismo negli anni a seguire

avrebbe potuto avvicinare il senso assoluto

della sfida tra Coppi e Bartali, e tra coppiani e

bartaliani. Soltanto verso la fine degli anni ’60

una contesa assunse i colori del patriottismo

quando vide contrapposto l’italiano Felice

Gimondi al belga Eddy Merckx, forse il più

forte ciclista di tutti i tempi, capace di

aggiudicarsi cinque Giri in sette anni (dal

1968 al 1974). Gimondi di vittorie ne ottenne

tre (1967, 1969 e 1976), ma salì sul podio per

altre sei volte, due delle quali proprio alle

spalle del “Cannibale”.

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Le 100 tappe di Girardengo, Binda e GuerraDalla fine della Prima guerra mondiale fino alla metà degli anni ’30 tre corridori dominarono la scena con lo stesso

piglio dittatoriale che caratterizzava in quegli anni il regime fascista. Costante Girardengo, Alfredo Binda e Learco

Guerra, dal 1919 al 1937, anno dell’ultima partecipazione di Guerra al Giro, vinsero 8 delle 19 edizioni disputate:

cinque Binda, due Girardengo e una Guerra. Ma il dato statisticamente sorprendente è che la somma delle loro

vittorie di tappa arriva alla cifra tonda di 100 successi (102 se si contano le vittorie di Girardengo nel 1913 e nel 1914)

su un totale di 263 tappe: il 38%. Ancora oggi i tre campioni sono secondi solo a Mario Cipollini (42) nella classifica

dei vincitori di tappe al Giro: Binda 41, Guerra, 31, Girardengo 30.

Passerella finale del Giro del 1933 sulla pista dell’Arena di Milano: il vincitore, Binda, è sulla destra, mentre al centro, col mazzo di fiori è il belgaJef Demuysère, arrivato secondo.

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Costante Girardengo con la maglia tricolore dicampione italiano, titolo di cui vanta il recordcon nove vittorie, dal 1913 al 1925, di fattoconsecutive, tenendo conto dell’interruzionedelle gare dal 1915 al 1918.

Vincitori con più tappe vinte12 Alfredo Binda 192710 Learco Guerra 1934 8 Costante Girardengo 1923 8 Alfredo Binda 1929 7 Costante Girardengo 1919

A destra, una caricatura di Learco Guerra,detto la “Locomotiva umana”, disegnata dalgiornalista Carlin Bergoglio.

Sotto, Guerra e Binda in posa su un’auto delseguito al Giro del 1929.

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Gino e Fausto:il duelloA mezzo secolo di distanza dalla sua

messinscena, quello tra Gino Bartali

e Fausto Coppi rimane il duello per

eccellenza, il luogo comune cui si

ricorre ancora oggi per evocare una

fiera rivalità che, anche al di fuori del

contesto sportivo, divide in due

mondi contrapposti i rispettivi

sostenitori. Si fronteggiarono in dieci

edizioni del Giro: dalla prima, quella

del 1940, quando Coppi, esordiente

gregario di Bartali alla Legnano, battè

a sorpresa il proprio capitano; fino al

1954, anno del ritiro di Gino. Bartali,

che aveva già vinto due Giri (1936 e

1937) e 12 tappe prima della guerra,

durante il “duello” con Coppi vinse

ancora la classifica generale nel 1946

e conquistò altri 5 successi di

giornata. L’ultimo fu il tappone

dolomitico della Vicenza-Bolzano nel

1950, proprio nel giorno della

rovinosa caduta di Coppi alle Scale di

Primolano. Coppi, oltre ai 5 Giri

(1940, 1947, 1949, 1952 e 1953),

vinse 22 tappe, ma una soltanto

dopo il ritiro di Bartali: la Trento-San

Pellegrino Terme del 1955, suo

“canto del cigno” al Giro.

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Nella pagina precedente, un passaggio diGino Bartali sul Ghisallo, all’ombra delsantuario della Madonna patrona dei ciclistiitaliani.

Qui a fianco, Coppi in maglia rosa sul passodel Pordoi: è la Venezia-Bolzano del Girodel 1952.

La rivista “Pirelli” dedica la copertina delmaggio 1949 ai campioni, fotografati daFederico Patellani.

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IL GIRO D’ITALIA

Carlin Bergoglio immagina così la contesa traCoppi e Bartali alla vigilia del Giro del 1948.Accadde però che tra i due litiganti, godette ilterzo: Fiorenzo Magni.

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Le maglie storiche dei due rivali. Bartali corsecon la maglia verde-rossa della Legnano dal1936 al 1948; l’anno seguente e fino al suoritiro dalle corse, vestì la maglia giallo-bludella squadra che portava il suo nome, laBartali. Coppi, dopo l’esordio nel 1940 con laLegnano, restò legato alla Bianchi dal 1945fino al 1955, cui ritornò nel 1958 dopo laparentesi alla Carpano. L’abbinamento con laUrsus figurava sulle maglie delle stagioni1949 e 1950.

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La maglia rosa indossata da Magni durante ilGiro vinto nel 1951. A destra in alto, unapubblicità della “Gazzetta” in cui Luigi Ganna,titolare dell’industria ciclistica che dà il nomealla squadra, nonché primo vincitore del Gironel 1909, ringrazia Fiorenzo Magni per ilsuccesso ottenuto.

A destra in basso, un paio di scarpette usatedal campione toscano.

Magni, il terzo uomoNel 1949 era uscito nelle sale cinematografiche un film noir inglese, Il terzo uomo, con Joseph Cotten, Alida Valli e

Orson Welles. Nell’infinito duello tra Bartali e Coppi, Fiorenzo Magni fu appunto il “terzo uomo”. Vinse tre Giri

d’Italia, l’ultimo nel 1955, a quasi 34 anni e mezzo, record imbattuto di longevità in rosa. Costruì i suoi successi sulla

grande forza e resistenza fisica e sul coraggio con cui si sapeva gettare nelle discese.

Una cartolina autografata ritrae Magni al Girodel 1956, l’ultimo da lui disputato. Corse oltremetà gara con una clavicola fratturata,conseguenza di una caduta. Nellacronoscalata del Santuario di San Luca, aBologna, per aiutarsi nel movimento ditrazione e di spinta in salita, legò al manubrioun tubolare tenendone l’altra estremità fra identi.

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