Il giornalista entra nella Pa Esonerati Regioni ed Esteri · stampa, anche il portavoce che, per la...

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1 ORDINE 8 2001 Il giornalista entra nella Pa Esonerati Regioni ed Esteri Il regolamento relativo alla legge 150/2000 sulla comunicazione pubblica (dopo il sì del Consiglio di Stato) approvato dal Consiglio dei ministri Alla selezione per il XIII biennio dell’Ifg hanno partecipato 227 neolaureati Ordine dei Giornalisti della Lombardia Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo Istituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo Anno XXXII n. 8, settembre-ottobre 2001 Direzione e redazione Via Appiani, 2 - 20121 Milano Telefono: 02 63 61 171 Telefax: 02 65 54 307 http://www.odg.mi.it e-mail:[email protected] Spedizione in a.p. (45%) Comma 20 (lettera b) dell’art. 2 della legge n. 662/96 Filiale di Milano Bruno Ambrosi confermato presidente della Scuola di Giornalismo di Milano Milano, 18 luglio 2001. I quadri dirigenti dell’Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo, che gesti- sce l’Istituto “Carlo De Martino” (la prima scuola di giornali- smo voluta dall’Ordine professionale e dalla Regione Lombardia), sono stati confermati all’unanimità per il triennio 2001-2004: alla presidenza Bruno Ambrosi; vicepresidenti Emilio Pozzi (vicario) e Gianluigi Falabrino; consigliere segre- tario Guido Re e tesoriere-economo Angelo Morandi. Guido Re sostituisce Marco Barbieri (oggi direttore del quotidiano .com). La riunione del Consiglio d’amministrazione dell’Afg si è svolto l’altra sera presieduta dal presidente dell’Ordine della Lombardia, Franco Abruzzo, che ha proposto la ricon- ferma del gruppo dirigente. Il Comitato ristretto dell’Afg sarà composto da Ambrosi, Pozzi, Falabrino, Re, Morandi, Maurizio Vitali e Luca Del Gobbo (rappresentanti nel Consiglio della Regione Lombar- dia); Gigi Speroni (direttore dell’Ifg). La Scuola di giornalismo affronta ora il XIII biennio (2001- 2003). Alla selezione, attualmente in corso (l’8 settembre si sono svolte le prove scritte, nella foto, presso il Politecnico di Milano) partecipano 227 neolaureati su 302 candidati ammessi. Al termine della selezione, solo 40 frequenteranno il corso, che, dopo due anni, si concluderà con l’esame di Stato per acquisire il titolo di giornalista professionista. Presi- dente della Commissione è Piero Ostellino; vicepresidente vicario Emilio Pozzi (Il servizio alle pagine 22-23). La Scuola di giornalismo dell’Ordine di Milano e della Regione Lombardia nei 24 anni di vita ha creato 474 gior- nalisti: di questi, 24 sono direttori responsabili; 112 sono vicedirettori o capiredattori; 286 sono redattori ordinari e 9 sono responsabili di uffici stampa, mentre 43 svolgono la libera professione. Questi numeri dicono che le scelte fatte nel 1974/1977 dalla Regione Lombardia e dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia sono state accompagnate da un successo senza eguali e che le finalità (dare occupazio- ne) della legge regionale 95/1980 sulla formazione sono state raggiunte. Si precisa che 21 (12 a tempo indetermi- nato e 9 a tempo determinato) dei 40 allievi del XII biennio sono stati già assunti prima che il corso si concluda nell’ot- tobre prossimo. SOMMARIO Cronaca e Giustizia Usa: manette sulla stampa (il caso Leggett) Giurisprudenza La pubblicità ingannevole è slealtà del giornalista Diritto d’autore Diritto d’autore e servizi di fotocopiatura Privacy Dati personali e globalizzazione: la relazione del Garante Riflessioni Fenomenologia del G8 a Genova Deontologia Il giornalista che pubblica il nome del minore ferisce la dignità della professione I nostri lutti Addio Montanelli, addio Carlo Bo Cultura La libreria di Tabloid Professione Laurea in giornalismo ed esame di giornalista: decisivo il sì di Castelli La legge 150/2000, che disciplina le attività di informazione (con gli uffici stampa) e di comunicazione (con gli Urp) delle pubbliche amministrazioni, diventerà operativa appena il suo regolamento (approvato dal Consiglio dei ministri il 2 agosto) sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Il regolamento, escludendo le Regioni, restringe l’area delle pubbliche amministra- zioni alle quali si applica la legge 150: l’esclu- sione è un “omaggio” al principio dell’auto- governo derivante dalla potestà legislativa. L’articolo 3 del regolamento toglie dalla portata della legge 150 anche il ministero degli Esteri, che colloca nel suo ufficio stam- pa solo diplomatici di carriera. Al rapporto tra amministrazione e organi di informazione sarà incaricato, oltre all’ufficio stampa, anche il portavoce che, per la dura- ta del suo incarico, non potrà esercitare atti- vità professionale nei media. La stessa incompatibilità varrà per il personale degli uffici stampa, che dovrà essere iscritto nell’Albo dei giornalisti (professionisti e pubblicisti), il cui profilo professionale sarà definito attraverso una «speciale area di contrattazione». I giornalisti conseguono dunque il diritto di cittadinanza, in maniera ufficiale, negli uffici stampa della “Pa”. Si avanzano ipotesi mini- mali di 2.500-3mila nuovi posti di lavoro (200 solo in Sicilia). Il dipartimento della Funzione pubblica, invece, ha calcolato in circa 40mila i posti da coprire in tutta Italia tra uffici stam- pa e Urp. Si presenta, però, problematica l’applicazio- ne dell’articolo 9 della legge 150/2000. La legge 150 non parla di concorsi - via costitu- zionalmente obbligatoria per l’accesso nell’apparato statale - per l’assegnazione dei posti eventualmente disponibili, ma specifica che «negli uffici stampa l’individuazione e la regolamentazione dei profili professionali sono affidate alla contrattazione collettiva nell’ambito di una speciale area di contratta- zione, con l’intervento delle organizzazioni rappresentative della categoria dei giornali- sti». Il comma 5, infine, aggiunge che dall’at- tuazione della legge «non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica». L’istituzione degli uffici stampa diventa così una scelta discrezionale. Il regolamento ha chiarito: 1 che degli uffici stampa potranno far parte soltanto giornalisti professionisti e pubblicisti; 2 che i giornalisti responsabili degli uffici stampa dovranno possedere un diploma di laurea, mentre i redattori dovranno possede- re soltanto il requisito minimo dell’iscrizione nell’Albo dei giornalisti; 3 che il reclutamento dei giornalisti avverrà secondo l’articolo 7, comma 6 del decreto legislativo 29/93 (in sintesi, con contratti di collaborazione coordinata e continuativa); 4 che il conferimento dell’incarico di respon- sabile dell’Urp e di capo ufficio stampa a soggetti estranei alla pubblica amministrazio- ne è subordinato al possesso dei requisiti della laurea e dell’iscrizione nell’Albo dei giornalisti (per il capo dell’ufficio stampa); 5 che «le amministrazioni possono confer- mare l’attribuzione delle funzioni di comuni- cazione e di informazione al personale dei ruoli organici che già svolgono tali funzioni» anche se il personale è sfornito dei titoli specifici e del requisito professionale; 6 che le lauree previste sono quelle in Scien- ze della comunicazione, in Relazioni pubbli- che e in materie assimilate, mentre i laureati in discipline diverse dovranno aver consegui- to il titolo di specializzazione o di perfeziona- mento post laurea o altri titoli post universita- ri rilasciati in Scienze della comunicazione o in Relazioni pubbliche e in materie assimila- te da istituti universitari pubblici e privati, ovvero dovranno aver conseguito master in Comunicazione presso la Scuola superiore della pubblica amministrazione se di durata meno equivalente, presso il Formez, la Scuola superiore della pubblica amministra- zione locale e altre scuole pubbliche nonché presso strutture private connotate da specifi- ca esperienza e specializzazione nel setto- re; 7 che le attività formative del personale in servizio (negli Urp e negli uffici stampa) dovranno essere portate a compimento dalle amministrazioni entro 24 mesi dall’entrata in vigore del regolamento. Sulle mansioni che negli uffici stampa saran- no assegnate al personale iscritto all’Albo nazionale dei giornalisti si svolgerà la contrattazione in sede Aran. La contrattazio- ne collettiva punta alla «individuazione e alla regolamentazione dei profili professionali». Va detto che, comunque, del Cnlg 2001- 2005 fa parte la figura del collaboratore coor- dinato e continuativo. Questa novità fa da interfaccia all’articolo 7 (comma 6) del decre- to 29/93, che prevede incarichi individuali a «esperti di provata competenza» (con contratto coordinato e continuativo). L’ordina- mento giuridico offre, in alternativa, la possi- bilità di inquadrare i giornalisti con contratti a tempo indeterminato o determinato (i sindaci e i presidenti delle Province possono assu- mere i giornalisti, destinati agli uffici stampa, per la durata del loro mandato, in base all’ar- ticolo 51, comma 5, della legge 142/1990 sugli enti locali). Le amministrazioni pubbli- che potrebbero peraltro assumere a tempo determinato (per un periodo da 2 a 7 anni rinnovabile) il portavoce e i coordinatori degli uffici stampa, avvalendosi dell’articolo 19, comma 2 del decreto 29/93. (da Il Sole 24 Ore dell’11 agosto 2001) di Franco Abruzzo DOSSIER DI OTTO PAGINE AL CENTRO DEL GIORNALE pag. 2 pag. 3 pag. 3 pagg. 4-8 pagg. 10-13 pag. 14 pagg. 15- 21 pag. 24, 25 e 27 in ultima

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1ORDINE 8 2001

Il giornalista entra nella PaEsonerati Regioni ed Esteri

Il regolamento relativo alla legge 150/2000 sulla comunicazione pubblica (dopo il sì del Consiglio di Stato) approvato dal Consiglio dei ministri

Alla selezione per il XIII biennio dell’Ifg hanno partecipato 227 neolaureati

OrdinedeiGiornalistidella Lombardia

Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al GiornalismoIstituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo

Anno XXXIIn. 8, settembre-ottobre 2001

Direzione e redazioneVia Appiani, 2 - 20121 MilanoTelefono: 02 63 61 171Telefax: 02 65 54 307

http://www.odg.mi.ite-mail:[email protected]

Spedizione in a.p. (45%)Comma 20 (lettera b)dell’art. 2 della legge n. 662/96Filiale di Milano

Bruno Ambrosiconfermatopresidentedella Scuola di Giornalismodi MilanoMilano, 18 luglio 2001. I quadri dirigenti dell’Associazione“Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo, che gesti-sce l’Istituto “Carlo De Martino” (la prima scuola di giornali-smo voluta dall’Ordine professionale e dalla RegioneLombardia), sono stati confermati all’unanimità per il triennio2001-2004: alla presidenza Bruno Ambrosi; vicepresidentiEmilio Pozzi (vicario) e Gianluigi Falabrino; consigliere segre-tario Guido Re e tesoriere-economo Angelo Morandi. GuidoRe sostituisce Marco Barbieri (oggi direttore del quotidiano.com). La riunione del Consiglio d’amministrazione dell’Afgsi è svolto l’altra sera presieduta dal presidente dell’Ordinedella Lombardia, Franco Abruzzo, che ha proposto la ricon-ferma del gruppo dirigente.Il Comitato ristretto dell’Afg sarà composto da Ambrosi,Pozzi, Falabrino, Re, Morandi, Maurizio Vitali e Luca DelGobbo (rappresentanti nel Consiglio della Regione Lombar-dia); Gigi Speroni (direttore dell’Ifg).La Scuola di giornalismo affronta ora il XIII biennio (2001-2003). Alla selezione, attualmente in corso (l’8 settembre sisono svolte le prove scritte, nella foto, presso il Politecnico

di Milano) partecipano 227 neolaureati su 302 candidatiammessi. Al termine della selezione, solo 40 frequenterannoil corso, che, dopo due anni, si concluderà con l’esame diStato per acquisire il titolo di giornalista professionista. Presi-dente della Commissione è Piero Ostellino; vicepresidentevicario Emilio Pozzi (Il servizio alle pagine 22-23).La Scuola di giornalismo dell’Ordine di Milano e dellaRegione Lombardia nei 24 anni di vita ha creato 474 gior-nalisti: di questi, 24 sono direttori responsabili; 112 sonovicedirettori o capiredattori; 286 sono redattori ordinari e 9sono responsabili di uffici stampa, mentre 43 svolgono lalibera professione. Questi numeri dicono che le scelte fattenel 1974/1977 dalla Regione Lombardia e dall’Ordine deigiornalisti della Lombardia sono state accompagnate da unsuccesso senza eguali e che le finalità (dare occupazio-ne) della legge regionale 95/1980 sulla formazione sonostate raggiunte. Si precisa che 21 (12 a tempo indetermi-nato e 9 a tempo determinato) dei 40 allievi del XII bienniosono stati già assunti prima che il corso si concluda nell’ot-tobre prossimo.

SOMMARIO

Cronaca e Giustizia Usa: manette sulla stampa (il caso Leggett)

Giurisprudenza La pubblicitàingannevole è slealtàdel giornalista

Diritto d’autore Diritto d’autore e servizi di fotocopiatura

Privacy Dati personali e globalizzazione:la relazione del Garante

Riflessioni Fenomenologia del G8 a Genova

Deontologia Il giornalista chepubblica il nome delminore ferisce la dignitàdella professione

I nostri lutti Addio Montanelli,addio Carlo Bo

Cultura La libreria di Tabloid

Professione Laurea in giornalismoed esame di giornalista:decisivo il sì di Castelli

La legge 150/2000, che disciplina le attivitàdi informazione (con gli uffici stampa) e dicomunicazione (con gli Urp) delle pubblicheamministrazioni, diventerà operativa appenail suo regolamento (approvato dal Consigliodei ministri il 2 agosto) sarà pubblicato sullaGazzetta Ufficiale.Il regolamento, escludendo le Regioni,restringe l’area delle pubbliche amministra-zioni alle quali si applica la legge 150: l’esclu-sione è un “omaggio” al principio dell’auto-governo derivante dalla potestà legislativa.L’articolo 3 del regolamento toglie dallaportata della legge 150 anche il ministerodegli Esteri, che colloca nel suo ufficio stam-pa solo diplomatici di carriera.Al rapporto tra amministrazione e organi diinformazione sarà incaricato, oltre all’ufficiostampa, anche il portavoce che, per la dura-ta del suo incarico, non potrà esercitare atti-vità professionale nei media. La stessaincompatibilità varrà per il personale degliuffici stampa, che dovrà essere iscrittonell’Albo dei giornalisti (professionisti epubblicisti), il cui profilo professionale saràdefinito attraverso una «speciale area dicontrattazione».I giornalisti conseguono dunque il diritto dicittadinanza, in maniera ufficiale, negli ufficistampa della “Pa”. Si avanzano ipotesi mini-

mali di 2.500-3mila nuovi posti di lavoro (200solo in Sicilia). Il dipartimento della Funzionepubblica, invece, ha calcolato in circa 40milai posti da coprire in tutta Italia tra uffici stam-pa e Urp.Si presenta, però, problematica l’applicazio-ne dell’articolo 9 della legge 150/2000. Lalegge 150 non parla di concorsi - via costitu-zionalmente obbligatoria per l’accessonell’apparato statale - per l’assegnazione deiposti eventualmente disponibili, ma specificache «negli uffici stampa l’individuazione e laregolamentazione dei profili professionalisono affidate alla contrattazione collettivanell’ambito di una speciale area di contratta-zione, con l’intervento delle organizzazionirappresentative della categoria dei giornali-sti». Il comma 5, infine, aggiunge che dall’at-tuazione della legge «non devono derivarenuovi o maggiori oneri a carico della finanzapubblica». L’istituzione degli uffici stampadiventa così una scelta discrezionale.Il regolamento ha chiarito:1 che degli uffici stampa potranno far partesoltanto giornalisti professionisti e pubblicisti;2 che i giornalisti responsabili degli ufficistampa dovranno possedere un diploma dilaurea, mentre i redattori dovranno possede-re soltanto il requisito minimo dell’iscrizionenell’Albo dei giornalisti;3 che il reclutamento dei giornalisti avverràsecondo l’articolo 7, comma 6 del decreto

legislativo 29/93 (in sintesi, con contratti dicollaborazione coordinata e continuativa);4 che il conferimento dell’incarico di respon-sabile dell’Urp e di capo ufficio stampa asoggetti estranei alla pubblica amministrazio-ne è subordinato al possesso dei requisitidella laurea e dell’iscrizione nell’Albo deigiornalisti (per il capo dell’ufficio stampa);5 che «le amministrazioni possono confer-mare l’attribuzione delle funzioni di comuni-cazione e di informazione al personale deiruoli organici che già svolgono tali funzioni»anche se il personale è sfornito dei titolispecifici e del requisito professionale;6 che le lauree previste sono quelle in Scien-ze della comunicazione, in Relazioni pubbli-che e in materie assimilate, mentre i laureatiin discipline diverse dovranno aver consegui-to il titolo di specializzazione o di perfeziona-mento post laurea o altri titoli post universita-ri rilasciati in Scienze della comunicazione oin Relazioni pubbliche e in materie assimila-te da istituti universitari pubblici e privati,ovvero dovranno aver conseguito master inComunicazione presso la Scuola superioredella pubblica amministrazione se di duratameno equivalente, presso il Formez, laScuola superiore della pubblica amministra-zione locale e altre scuole pubbliche nonchépresso strutture private connotate da specifi-ca esperienza e specializzazione nel setto-re;

7 che le attività formative del personale inservizio (negli Urp e negli uffici stampa)dovranno essere portate a compimento dalleamministrazioni entro 24 mesi dall’entrata invigore del regolamento.Sulle mansioni che negli uffici stampa saran-no assegnate al personale iscritto all’Albonazionale dei giornalisti si svolgerà lacontrattazione in sede Aran. La contrattazio-ne collettiva punta alla «individuazione e allaregolamentazione dei profili professionali».Va detto che, comunque, del Cnlg 2001-2005 fa parte la figura del collaboratore coor-dinato e continuativo. Questa novità fa dainterfaccia all’articolo 7 (comma 6) del decre-to 29/93, che prevede incarichi individuali a«esperti di provata competenza» (concontratto coordinato e continuativo). L’ordina-mento giuridico offre, in alternativa, la possi-bilità di inquadrare i giornalisti con contratti atempo indeterminato o determinato (i sindacie i presidenti delle Province possono assu-mere i giornalisti, destinati agli uffici stampa,per la durata del loro mandato, in base all’ar-ticolo 51, comma 5, della legge 142/1990sugli enti locali). Le amministrazioni pubbli-che potrebbero peraltro assumere a tempodeterminato (per un periodo da 2 a 7 annirinnovabile) il portavoce e i coordinatori degliuffici stampa, avvalendosi dell’articolo 19,comma 2 del decreto 29/93.

(da Il Sole 24 Ore dell’11 agosto 2001)

di Franco Abruzzo

DOSSIER DI OTTOPAGINE AL CENTRODELGIORNALE

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pagg. 4-8

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pagg. 15- 21

pag. 24, 25 e 27

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2 ORDINE 8 2001

G I U R I S P R U D E N Z A

Usa/Manette sulla stampa(il caso Vanessa Leggett)

Vanessa Leggett. È il nome della giornalistafree lance americana, che sta scontando 18mesi di carcere per essersi rifiutata di conse-gnare i suoi taccuini a un giudice di Houstonche indaga su un delitto avvenuto nel mondovip del Texas.Vanessa Leggett ha intervistato un testimo-ne eccellente del delitto prima che lo stessoponesse fine alla sua vita ed ha poi decisodi scrivere un libro sull’assassinio di unasignora, vittima probabilmente di un“complotto di famiglia”.Il supertestimone suicida, Roger Angleton, èil fratello di Robert Angleton, marito delladonna. Un giudice ha ordinato a VanessaLeggett di consegnare i suoi taccuini, perchéritiene che in quei taccuini ci sia la “verità sulcrimine”.La giornalista free lance ha opposto un nettorifiuto all’ordine, invocando il primo emenda-mento alla Costituzione federale. Il giudiceha respinto il riferimento al primo emenda-mento, sostenendo per di più che il freelance “non è un giornalista”.

La vicenda di Vanessa Leggett è diventatoun caso nazionale dopo il commento delNew York Times in cui si sostiene che“difendere i taccuini di Vanessa significatutelare la libertà di stampa” ed anche ilprincipio che “non può essere un giudice astabilire che sia giornalista e chi no”. Il NYTteme che, dopo i free lance, la stessa sortepossa toccare ai giornalisti delle testateminori e poi “agli altri”. “Non contrastarequesta impostazione significa accettarel’inizio della fine dell’autonomia dei giorna-listi”.È certamente vero che il caso di VanessaLaggett pone almeno tre problemi di naturapolitico-giuridica: il valore della libertà distampa in un Paese - gli Usa - ritenutobaluardo di quel principio (non a caso ilprimo emendamento alla Costituzione affer-ma che “il Congresso non potrà fare alcunalegge per limitare la libertà di parola o distampa”); il ruolo del giornalista (free lance odipendente non importa) di cane da guardiadella democrazia; il segreto professionale delgiornalista negli Usa, in Europa e in Italia allaluce anche delle convenzioni internazionalifirmate dagli Usa e dai Paesi del VecchioContinente.Il quarto problema riguarda il potere delgiudice di ordinare a un giornalista di tenereun certo comportamento.

Il Patto internazionale di New York sui diritticivili e politici (firmato il 19 dicembre 1966 eratificato negli Usa e nei Paesi della Ue)all’articolo 19 afferma che “ogni individuo hail diritto alla libertà di espressione; tale dirittocomprende la libertà di cercare, ricevere ediffondere informazioni e idee di ogni gene-re, senza riguardo e frontiere, oralmente, periscritto, attraverso la stampa, in forma artisti-ca o attraverso qualsiasi altro mezzo di suascelta”. L’esercizio di queste libertà puòessere sottoposto a talune restrizioni che,però, devono essere espressamente stabili-te dalla legge ed essere necessarie: a) alrispetto dei diritti o della reputazione altrui;b) alla salvaguardia della sicurezza naziona-le, dell’ordine pubblico, della sanità o dellamorale pubblica”.Negli Usa non c’è alcuna legge sulla profes-sione giornalistica e sul segreto professiona-le dei giornalisti. Le decisioni del giudice delTexas sul caso Leggett sono, quindi, incontrasto con il Patto di New York, che obbli-ga gli Stati Uniti e che riconosce il diritto diVanessa Leggett a “cercare, ricevere ediffondere informazioni di ogni genere...attraverso la stampa o attraverso qualsiasialtro mezzo di sua scelta” (anche un libro).

Il Patto di New York vincola anche i Paesidella Ue. I Paesi della Ue, però, sono tenutiad applicare anche la Convenzione europeadei diritti dell’uomo, che ha un articolo 10simile all’articolo 19 del Patto di New York.L’articolo 10 della Convenzione tutelaespressamente le fonti dei giornalisti. Lo hastabilito la Corte dei diritti dell’uomo di Stra-sburgo con il caso del giornalista ingleseWilliam Goodwin. Il Consiglio d’Europa haemanato la raccomandazione n° R (2000) 7,adottata l’8 marzo 2000, sulla tutela dellefonti dei giornalisti (che in Italia sono garanti-ti dall’articolo 2 della legge n. 69/1963 sullaprofessione giornalistica; dall’articolo 13della legge n. 675/1996 sulla privacy edall’articolo 200 del Cpp). Diversi punti dellaraccomandazione hanno come retroterral’articolo 10 della Convenzione e specifichesentenze della Corte europea dei dirittidell’uomo. Il Parlamento europeo, – in unarisoluzione del 18 gennaio 1994 sulla segre-tezza delle fonti d’informazione dei giornalisti- ha dichiarato che “il diritto alla segretezzadelle fonti di informazioni dei giornalisticontribuisce in modo significativo a unamigliore e più completa informazione dei

cittadini e che tale diritto influisce di fattoanche sulla trasparenza del processo deci-sionale”.

Per quanto riguarda l’Italia, un giudice (maiun Pm) può ordinare a un giornalista profes-sionista, in base all’articolo 200 del Cpp, di“indicare la fonte delle sue informazioni se lenotizie sono indispensabili ai fini della provadel reato e la loro veridicità può essereaccertata solo attraverso l’identificazionedella fonte della notizia”. I giornalisti sonosoliti opporre il segreto professionale, quan-do i giudici decidono di avvalersi dell’articolo200. Negli ultimi tempi è prevalso l’orienta-mento secondo il quale il giudice “potrebbeordinare al giornalista di indicare la suafonte, purché sia l’unico strumento investiga-tivo a disposizione”. I giudici appaiono restiia uniformarsi alle sentenze di Strasburgo,che pur sono vincolanti per le autorità italia-ne (tribunali compresi). Va detto anche chegli articoli della Convenzione operano e inci-dono unitamente alle interpretazioni che laCorte di Strasburgo ne dà attraverso lesentenze. Le sentenze formano quel dirittovivente al quale i giudici dei vari Staticontraenti sono chiamati ad adeguarsi sulmodello della giustizia inglese. Non a caso ilConsiglio d’Europa, nella raccomandazioneR(2000)7 sulla tutela delle fonti dei giornali-sti, ha scritto testualmente: “L’articolo 10della Convenzione, così come interpretatodalla Corte europea dei Diritti dell’Uomo,s’impone a tutti gli Stati contraenti”.

Particolarmente interessante è, come riferi-to, la sentenza nota come il caso “Goodwin”.William Goodwin, giornalista inglese, ricevet-te da una fonte fidata ed attendibile, alcuneinformazioni su una società di programmielettronici (la Tetra Ltd). In particolare il gior-nalista rivelò che tale società aveva contrattonumerosi debiti e vertiginose perdite. Lasocietà Tetra per evitare i danni che sareb-bero potuti derivarle dalla divulgazione di talinotizie presentò all’alta Corte di Giustiziainglese un ricorso con il quale non solo chie-deva che fosse vietata la pubblicazionedell’articolo in questione, ma chiedeva altre-sì che il giornalista fosse condannato a rive-lare la fonte delle informazioni ricevute al finedi evitare nuove “fughe di notizie”. Le richie-sta della Tetra furono accolte sia dall’altaCorte che dalla corte d’Appello, secondo lequali il diritto alla protezione delle fonti gior-

La subordinazione compatibilecon altra attività lavorativa (e con gli impegni di studio)

La presenza dei caratteri della subordinazio-ne nel rapporto di lavoro giornalistico, qualila predeterminazione del contenuto delleprestazioni da parte del datore di lavoro, l’or-ganizzazione da parte sua degli strumentiproduttivi, il lavoro reso nei suoi locali e l’as-senza di rischio economico del lavoratore,non perde il suo valore indicativo per il solofatto che il lavoro venga reso soltanto perpoche ore durante la giornata. Il rapporto dilavoro subordinato (anche giornalistico) puòcoesistere con altre attività di lavoro o distudio. Questo è in sintesi il contenuto dellasentenza n. 9512/2001 della sezione lavorodella Corte di Cassazione.Con ricorso al Pretore di Treviso (27 luglio1992), una dipendente di un’emittente radio-televisiva, lamentava di aver lavorato conmansioni di giornalista dal 1984 al 1989 (atempo parziale) e dal 1989 al 1990 (a tempopieno). Il rapporto di lavoro era stato illegitti-mamente qualificato come lavoro autonomo.La ricorrente chiedeva, quindi, che l’emitten-

te radiotelevisiva fosse condannata a pagarele differenze retributive. La vicenda , dopo idue rituali gradi di giudizio, “approda” avantila Corte di Cassazione .Secondo la giurisprudenza costante dellaCorte, il lavoro subordinato alle dipendenzedi un’impresa si concretizza anzitutto per l’in-serimento del lavoratore nell’organizzazioneproduttiva e per il conseguente assoggetta-mento al potere gerarchico dell’imprenditoreche assume il rischio economico della

gestione ed organizza il lavoro altrui, tra l’al-tro attraverso la fissazione di un orario dilavoro.Al potere gerarchico è strettamente collega-to quello disciplinare. In particolare, il poteredi organizzare l’azienda si esplica attraversola fissazione del contenuto e delle modalitàdelle prestazioni rese dai lavoratori e nelcontrollo continuo sulla loro esecuzione. Pertali motivi il rapporto di lavoro subordinatoviene di regola eseguito nei locali del datore

di lavoro e non comporta alcun rischioeconomico per il lavoratore .Quando i sopra indicati elementi distintivisono presenti non importa che l’orario dilavoro reso durante la giornata sia molto limi-tato, ben potendo il rapporto alle dipendenzedi un datore di lavoro coesistere con altrorapporto intercorrente con altra persona.Insomma, la disponibilità del giornalistasubordinato non implica necessariamentel’esclusività del vincolo, posto che nessunprincipio normativo osta alla conduzionesimultanea di più rapporti di lavoro, siasubordinato, sia autonomo.Anche nel lavoro giornalistico è configurabileun rapporto di lavoro subordinato che nonrichieda un impiego totale delle energie edelle capacità lavorative, ma viceversa siacircoscritto a segmenti temporali limitati ecompatibili con lo svolgimento di altre attività(studio, altro rapporto di lavoro subordinato).“I caratteri della subordinazione valgonoanche se l’attività viene resa per poche ore”.

di Franco Abruzzo

di Umberto Accomanno

nalistiche ben può essere limitato “nell’inte-resse della giustizia, della sicurezza nazio-nale nonché a fini di prevenzione di disordinio di delitti”. Il giornalista, tuttavia, non eseguìl’ordine di divulgazione della fonte – postoche in tale modo la stessa si sarebbe“bruciata” – e presentò ricorso alla Commis-sione Europea dei Diritti dell’Uomo, denun-ciando la violazione dell’articolo 10 dellaConvenzione.

La Corte di Strasburgo, con sentenza in data27 marzo 1996, muovendo dal principio chead ogni giornalista deve essere riconosciutoil diritto di ricercare le notizie, ha ritenuto chedi tale diritto fosse logico e conseguentecorollario anche il diritto alla protezione dellefonti giornalistiche, fondando tale assunto sulpresupposto che l’assenza di tale protezionepotrebbe dissuadere le fonti non ufficiali dalfornire notizie importanti al giornalista, con laconseguenza che questi correrebbe il rischiodi rimanere del tutto ignaro di informazioniche potrebbero rivestire un interesse gene-rale per la collettività.

Concludendo, la vicenda Leggett pone aconfronto anche i sistemi giuridici dei Paesianglosassoni e dei Paesi romanistici. I primifondano le loro decisioni sui precedenti giuri-sprudenziali, mentre i secondi affidano aigiudici il compito di prendere decisioni sullabase di Codici e di norme scritte. In Italia soloi Consigli dell’Ordine possono dire chi è gior-nalista e chi no sulla base dell’iscrizionenell’Albo. Il segreto professionale apparemeglio tutelato in Italia rispetto agli Usaanche attraverso le sentenze della Corte diStrasburgo, che può correggere eventualistorture nazionali. William Goodwin ha otte-nuto dalla Corte di Strasburgo un risarcimen-to di 128 milioni di lire, che il Governo di SuaMaestà ha dovuto sborsare. In Italia sareb-bero stati chiamati i giudici, autori dellasentenza, a risarcire lo Stato.L’affermazione che “il Congresso non potràfare alcuna legge per limitare la libertà diparola o di stampa” è solenne ed austera,ma è anche rischiosa se poi un giudice, inassenza di norme specifiche scritte, è liberodi affermare ciò che vuole e di sbattere unapersona, che non si “adegua”, per 18 mesi ingalera. Il caso Leggett deve far riflettereanche in casa nostra.

*(.com del 22 agosto 2001)

Una giornalista free-lance di Houston intervista

un testimone eccellente di un delitto avvenuto

nel mondo Vip del Texas.Il testimone poco dopo si suicida.

Un giudice ordina a VanessaLeggett di consegnare

i suoi taccuini. La giornalistainvoca il primo emendamento

della Costituzione federale

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3ORDINE 8 2001

Tribunale di Milano: la pubblicitàingannevole è slealtà del giornalista

Milano, 17 settembre. Chi pubblica articoli,che nella sostanza sono pubblicità inganne-vole, tiene un comportamento che “violaquel principio di lealtà nell’informazione cui(ex artt. 2 e 48 della legge professionale n.69/1963) devono essere improntati icomportamenti del giornalista”. Con questasecca motivazione la quinta sezione delTribunale civile di Milano ha confermato ladecisione del Consiglio nazionale che hainflitto la sanzione disciplinare dell’avverti-mento scritto alla giornalista professionistaCaterina Vezzani, collaboratrice di Oggi.La stessa ha pubblicato sul numero dell’11ottobre 1995 di Oggi l’articolo “E lavarsi identi è un gioco” nel quale la giornalista “nonsi limita a dare consigli per una più correttaigiene orale dei bambini, eventualmentesegnalando ai lettori le novità presenti sulmercato dando così un corretto caratteredivulgativo all’articolo, ma reclamizza inmodo indiretto i prodotti della linea Menta-dent. L’articolo è stato corredato da una fotoche mette in evidenza in primo piano il denti-fricio Mentadent e sullo sfondo tre spazzolinida denti a forma di ometti che stanno in piedied un ulteriore tubo di dentifricio, il tuttosempre della Mentadent, pure in posizioneverticale”.La decisione del Consiglio nazionale a suavolta aveva confermato quella del Consigliodell’Ordine della Lombardia. La sentenza (n.8010/2001) è stata adottata dal tribunaleintegrato da due giornalisti come giudici

aggregati (Giulio Bianchi presidente; Rober-to Portile e Maria Teresa Brena, giudici;Renzo Magosso e Stefano Donarini, giorna-listi giudici aggregati). Il Pm, Ada Rizzi, hachiesto la conferma della sanzione. Il Consi-glio della Lombardia è stato difeso dall’avvo-cato Remo Danovi; il Consiglio nazionaledagli avvocati Antonio Pandiscia e CesareLombrassa. Questi i passaggi centrali dellasentenza:

MOTIVI DELLA DECISIONEA seguito della sentenza della Corte d’Ap-pello di Milano pronunciata in data 20.10.’00con la quale veniva dichiarata la nullità dellasentenza. n. 4031 resa dal Tribunale di Mila-no in data 23.3.00 per carenza del contrad-ditorio, in quanto nel giudizio di primo gradonon avevano partecipato pur essendo liti-sconsorti necessari il Consiglio Nazionaledell’Ordine dei giornalisti che ha adottato ladecisione che qui si impugna ed il ConsiglioRegionale per la Lombardia, e veniva conte-stualmente disposta la rimessione dellacausa al giudice di primo grado, le partihanno proceduto alla riassunzione nei termi-ni di cui agli artt. 353 e 354 Cpc e si sonoreciprocamente costituite nei due giudiziriassunti e poi riuniti, pertanto di nessunpregio sono le osservazioni proposte dalladifesa della Vezzani in ordine alla carenza dilegittimazione del Consiglio Regionaledell’Ordine poiché ex art. 156 Cpc terzocomma non può essere mai pronunciata la

nullità se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui èdestinato.Venendo ora nel merito della decisione ecioè se debba o meno essere confermata ladelibera del Consiglio nazionale dell’Ordineche respingendo il ricorso proposto dallagiornalista Caterina Vezzani ha confermato ilprovvedimento disciplinare dell’avvertimentoscritto inflittole dal Consiglio Regionale,questo Collegio ritiene di dover ribadire ladecisione già presa in primo grado e annul-lata per motivi meramente processuali,peraltro confermata invece nei confronti deldirettore del giornale Paolo Occhipinti dallasentenza della Corte d’Appello di Milanoemessa in data 20.09.00 n. 24737/00.Infatti non vi è dubbio che l’articolo redattodalla Vezzani “E lavarsi i denti è un gioco”integri gli estremi della cosiddetta pubblicitàingannevole ai sensi degli arti. 1, comma 2.2,lettera b), ed in violazione dell’art. 4 comma1 del Decreto Legislativo 25 gennaio 1992 n.74 poiché in detto articolo la giornalista nonsi limita a dare consigli per una più correttaigiene orale dei bambini, eventualmentesegnalando ai lettori le novità presenti sulmercato dando così un corretto caratteredivulgativo all’articolo, ma reclamizza inmodo indiretto i prodotti della linea Menta-dent laddove scrive: .. “poi un bel giorno,regalategli il SUO spazzolino, e il SUO denti-fricio per esempio della linea Mentadentdenti in Crescita studiata per i più piccoli..”.Detto articolo è stato altresì corredato da un

Confermata la sanzionedisciplinare inflitta dall’Ordine

della Lombardia a unacollaboratrice di “Oggi”

foto che mette in evidenza in primo piano ildentifricio Mentadent e sullo sfondo tre spaz-zolini da denti a forma di ometti che stannoin piedi ed un ulteriore tubo di dentifricio - iltutto sempre della Mentadent-pure in posi-zione verticale.Con l’articolo in questione dunque si recla-mizzano i prodotti della linea Mentadent perbambini, con un aspetto informativo, ingan-nando il lettore sulla reale portata promozio-nale del testo che è inserito nell’ambito diuna pagina dedicata alla “bellezza”, e grafi-camente circoscritto da un bordo a palliniche non può essere considerato idoneo adattribuire natura pubblicitaria a detto inserto,poiché la suddetta connotazione graficaviene utilizzata nella stessa pagina ancheper un altro articolo “C’è anche il dentifricioalla propoli”.Tale comportamento viola quel principio dilealtà nell’informazione cui ex artt. 2 e 48legge n. 69/1963 devono essere improntati icomportamenti del giornalista, va quindiconfermata la decisione del Consiglio Nazio-nale che inflitto la sanzione disciplinaredell’avvertimento scritto.P. Q.M. il Tribunale definitivamente pronun-ciando rigetta il ricorso proposto dalla gior-nalista Caterina Vezzani, accoglie viceversail ricorso proposto dal Consiglio rgionale deigiornalisti della Lombardia e per l’effettoconferma la decisione del Consiglio naziona-le dell’Ordine dei giornalisti emessa in data3.11.99.

Accordo sul diritto d’autoreper i servizi di fotocopiatura

ROMA, 23 aprile 2001. La Siae e l’Aie(Associazione italiana editori) hanno firmatocon Confcommercio l’accordo che estendeagli esercizi commerciali - anche a quelli nonspecializzati nella realizzazione di fotocopie -la possibilità di effettuare il servizio di fotoco-piatura dei testi nel pieno rispetto del dirittod’autore.L’accordo, che segue quello raggiunto recen-temente tra Siae e Aie da un lato e le asso-ciazioni dei centri di fotocopiatura (Confarti-gianato e Cna) dall’altro, rientra nella sfera diapplicazione della legge 248/2000, che ha

Nel mirino le rassegne stampa

introdotto un compenso per autori ed editoridelle opere a stampa fotocopiate, e si pone inlinea con quanto già avviene da tempo neglialtri Paesi europei. «Il fenomeno delle fotoco-pie selvagge - si legge in un comunicato - haprodotto nel nostro Paese effetti negativi perl’intera filiera editoriale».Secondo l’Associazione italiana editori, solonell’anno scorso gli editori hanno subito danniper oltre 570 miliardi, gli autori per 30, le libre-rie per 190 e i distributori per 100 miliardi dilire.Intanto, il 19 aprile scorso, Siae, Fieg e Fnsi

hanno avviato un confronto sul nodo dellerassegne stampa.La Siae, la Federazione nazionale dellastampa italiana e la Federazione italianadegli editori di giornali (rappresentaterispettivamente dal commissario straordina-rio della Siae, Mauro Masi, dal segretariodella Fnsi, Paolo Serventi Longhi, e daldirettore generale della Fieg, SebastianoSortino) si sono incontrate allo scopo didefinire un accordo che dia mandato allaSiae di tutelare il diritto d’autore per la ripro-duzione degli articoli nelle rassegne stam-

pa giornalistiche. Tutto ciò trova fondamen-to nella normativa vigente, in particolarenella legge sul diritto d’autore del 1941 esuccessive modificazioni.L’incontro si è concluso dando mandatoalla Siae di presentare una bozza diconvenzione, che dovrà essere esaminatadalle parti. Sarà, dunque, la Siae a elabo-rare questo progetto, tenendo conto diquanto già avviene nella maggior parte deiPaesi europei, dove la tutela degli artico-li riprodotti nelle rassegne stampa è giàattuata da tempo.

Fotocopie (art. 68 legge 833/1941)

I diritti d’autore dovranno essere pagati anche perle fotocopie. E non si potranno più riprodurre inte-ri volumi o fascicoli di periodici, ma solo parti: finoal 15 per cento, esclusa la pubblicità. Le bibliote-che pubbliche pagheranno i diritti d’autore inmodo forfettario. Invece i “copy center”, anchequelli che mettono a disposizione gratuitamentele fotocopiatrici all’interno di librerie, biblioteche,centri studi o altro, dovranno pagare i diritti conun esborso che non può essere inferiore perciascuna pagina copiata al prezzo medio perpagina, salvo accordi diversi con la stessa Siae.Niente royalties invece per le rassegne stampa(definite un “prodotto effimero”).L’articolo 68 della legge 633/1941 stabilisce:È libera la riproduzione di singole opere o branidi opere per uso personale dei lettori, fatta amano con mezzi di riproduzione non idonei aspaccio o diffusione dell’opera nel pubblico.È libera la fotocopia da opere esistenti nellebiblioteche, fatta per i servizi della biblioteca o,nei limiti e con le modalità di cui ai commi quartoe quinto, per uso personale (13/e).È vietato lo spaccio di dette copie nel pubblico e,in genere ogni utilizzazione di concorrenza con idiritti di utilizzazione economica spettanti all’auto-re (3/cost).È consentita, conformemente alla convenzionedi Berna per la protezione delle opere letterarie eartistiche, ratificata e resa esecutiva ai sensi dellalegge 20 giugno 1978, n. 399, nei limiti del quin-dici per cento di ciascun volume o fascicolo diperiodico, escluse le pagine di pubblicità, la ripro-duzione per uso personale di opere dell’ingegnoeffettuata mediante fotocopia, xerocopia o siste-ma analogo. I responsabili dei punti o centri diriproduzione, i quali utilizzino nel proprio ambito omettano a disposizione di terzi, anche gratuita-mente, apparecchi per fotocopia, xerocopia oanalogo sistema di riproduzione, devono corri-

spondere un compenso agli autori ed agli editoridelle opere dell’ingegno pubblicate per le stampeche mediante tali apparecchi vengono riprodotteper gli usi previsti nel primo periodo del presentecomma. La misura di detto compenso e le moda-lità per la riscossione e la ripartizione sono deter-minate secondo i criteri posti all’articolo 181-terdella presente legge. Salvo diverso accordo tra laSiae e le associazioni delle categorie interessate,tale compenso non può essere inferiore perciascuna pagina riprodotta al prezzo medio apagina rilevato annualmente dall’Istat per i libri.Gli articoli 1 e 2 della legge 22 maggio 1993, n.159, sono abrogati (13/f).Le riproduzioni delle opere esistenti nelle bibliote-che pubbliche, fatte all’interno delle stesse con imezzi di cui al quarto comma, possono essereeffettuate liberamente, nei limiti stabiliti dal mede-simo comma, salvo che si tratti di opera rara fuoridai cataloghi editoriali, con corresponsione di uncompenso in forma forfettaria a favore degli aven-ti diritto, di cui al comma 2 dell’articolo 181-ter,determinato ai sensi del secondo periodo delcomma 1 del medesimo articolo 181-ter. Talecompenso è versato direttamente ogni anno dallebiblioteche, nei limiti degli introiti riscossi per ilservizio, senza oneri aggiuntivi a carico del bilan-cio dello Stato o degli enti dai quali le bibliotechedipendono (13/g).(13/e) Comma così sostituito dall’art. 2, L. 18

agosto 2000, n. 248.(3/cost) La Corte costituzionale, con sentenza 23marzo-6 aprile 1994, n. 108 (Gazz. Uff. 12 aprile 1995, n. 15, serie speciale), ha dichiarato nonfondata la questione di legittimità costituzionaledegli artt. 19, 61, 68 e 109, sollevata in riferimen-to agli artt. 3, 9, 41 e 42 della Costituzione.(13/f) Comma aggiunto dall’art. 2, L. 18 agosto

2000, n. 248.(13/g) Comma aggiunto dall’art. 2, L. 18 agosto

2000, n. 248.(14/a) Comma aggiunto dall’art. 3, L. 18 agosto

2000, n. 248.

La legge sul diritto d’autore,giornali e giornalisti

L’art. 38 della legge 633/1941 inquadral’utilizzazione economica delle operecollettive (giornali e riviste): “Nell’operacollettiva, salvo patto in contrario, il dirittodi utilizzazione economica spetta all’edito-re dell’opera stessa, senza pregiudizio deldiritto derivante dall’applicazione dell’art.7 (“È considerato autore dell’opera collet-tiva chi organizza e dirige la creazionedell’opera stessa”). Ai singoli collaboratoridell’opera collettiva è riservato il diritto diutilizzare la propria opera separatamente,con l’osservanza dei patti convenuti, e indifetto, delle norme seguenti”.

Il riassunto, la citazione o la ripro-duzione di brani o di parti di opera,per scopi di critica, di discussioneed anche di insegnamento, sonoliberi nei limiti giustificati da talifinalità e purché non costituiscanoconcorrenza (articolo 70 dellalegge 633/1941)

Dice l’articolo 70 della legge 633/1941: “Ilriassunto, la citazione o la riproduzione dibrani o di parti di opera, per scopi di critica,di discussione ed anche di insegnamento,sono liberi nei limiti giustificati da tali finalitàe purché non costituiscano concorrenza allautilizzazione economica dell’opera. Nelleantologie ad uso scolastico la riproduzionenon può superare la misura determinata dalregolamento il quale fisserà la modalità perla determinazione dell’equo compenso. Ilriassunto, la citazione o la riproduzionedebbono essere sempre accompagnatidalla menzione del titolo dell’opera, dei nomidell’autore, dell’editore e, se si tratti di tradu-zione, del traduttore, qualora tali indicazionifigurino sull’opera riprodotta”.Vietato agire senza consenso quandol’utilizzazione dell’opera non è a scopodi critica, discussione o insegnamento.“L’utilizzazione di parti o brani di opera altruiin un libro che si autodefinisce dedicato adun artista scomparso è illecita e costituisceviolazione del diritto di autore se manca ilconsenso del titolare del diritto e se la fina-lità dell’utilizzazione non rientra tra le ipotesidi cui all’art. 70 della legge sul diritto di auto-re (e, cioè, utilizzazione a scopo di critica,discussione o insegnamento). L’erededell’autore può agire a difesa dei diritti patri-moniali d’autore e di quelli relativi allo sfrut-tamento economico dell’immagine” (Trib.Napoli, 18 aprile 1997; Parti in causa Troisic. Soc. Emme Grafica ind. ed.).

L’utilizzazione libera degli articoli e dei discorsi

L’art. 65 della legge n. 633/1941 dice: “Gliarticoli di attualità, di carattere economico,politico, religioso, pubblicati nelle riviste ogiornali, possono essere liberamenteriprodotti in altre riviste o giornali ancheradiofonici, se la riproduzione non è stataespressamente riservata, purché si indi-chino la rivista o il giornale da cui sonotratti, la data e il numero di detta rivista ogiornale e il nome dell’autore, se l’articoloè firmato”.L’art. 66 afferma: “I discorsi sopra argo-menti di interesse politico od amministrati-vo, tenuti in pubbliche assemblee ocomunque in pubblico, possono essereliberamente riprodotti nelle riviste o gior-nali anche radiofonici, purché si indichinola fonte, il nome dell’autore e la data e illuogo in cui il discorso fu tenuto”.

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4 ORDINE 8 2001

Pubblichiamo il discorso di presentazione della relazione 2000pronunciato a Roma il 17 luglio scorso dal Garante Stefano Rodotà

P R I V A C Y

Intanto, però, il quadro dei principi di riferi-mento si è rafforzato e consolidato. Questo èavvenuto alla fine dell’anno scorso, quandoa Nizza è stata proclamata la Carta dei dirittifondamentali dell’Unione europea, che rico-nosce la tutela dei dati personali come undiritto fondamentale della persona, con unasua specificità ed autonomia, e non soltantocome un aspetto, magari implicito, di una piùgenerale tutela della vita privata. Ai datipersonali, infatti, la Carta dedica l’intero arti-colo 8, anche con un esplicito riferimento allanecessità di una autorità indipendente dicontrollo, che così si configura come un ineli-minabile diritto del cittadino, come unelemento costitutivo del sistema delle garan-zie.Giunge così a compimento un modello euro-peo che - attraverso convenzioni, direttive,legislazioni nazionali - è progressivamenteandato oltre un’idea di privacy come puroscudo protettivo contro invasioni esterne.Parliamo ormai di un diritto all’autodetermi-nazione informativa, del potere di governareil flusso delle proprie informazioni come parteintegrante di quella “costituzionalizzazione”della persona che rappresenta uno degliaspetti più significativi delle attuali dinamicheistituzionali. Non intendo qui discutere laportata della Carta dei diritti fondamentali,alla quale non è stato ancora attribuito formal-

Proprio l’analisi delle dinamiche reali ci impo-ne di non cedere alle semplificazioni. Esami-nerò più avanti gli atteggiamenti che emer-gono tra le imprese. Intanto, però, è neces-saria un’attenzione attiva per quel che staaccadendo negli Stati Uniti. Probabilmente èeccessivo l’ottimismo di chi parla della legi-slatura appena cominciata come di un“privacy Congress”. È certo, tuttavia, checresce la pressione per una tutela dellaprivacy non affidata soltanto all’autoregola-mentazione ed alle logiche del mercato.Trenta proposte di legge sono già statepresentate al Congresso e, tra queste, alcu-ne prevedono l’istituzione di una autorità sulmodello europeo; negli stati, il numero delleproposte, nel 2001, è arrivato addirittura a6918. Lo stesso Presidente Bush ha chiestouna normativa che impedisca l’uso dei datigenetici a fini discriminatori, in particolare adopera di datori di lavoro e assicuratori,secondo una linea già adottata da un decre-

to di Clinton del febbraio dell’anno scorso,che vietava appunto il ricorso ai dati geneticiper la valutazione dei dipendenti federali.A queste dinamiche non è estranea l’influen-za del modello europeo che, subordinando iltrasferimento dei dati personali fuori dall’U-nione europea all’esistenza di una protezio-ne adeguata nei paesi di destinazione,comincia ad obbligare le imprese americanea rispettare regole più severe di quelle inter-ne ed offre un punto di riferimento a quanti,negli Stati Uniti, chiedono appunto livelli piùelevati di protezione. Tutto questo non avvie-ne senza contrasti e resistenze. L’accusa diviolare la sovranità degli Stati Uniti con lapretesa di imporre regole europee, propostain modo particolarmente tagliente in occa-sione di un recentissimo intervento dellaCommissione in tema di concentrazioni, eragià stata ripetutamente formulata proprio inrelazione alle norme sulla circolazione tran-snazionale delle informazioni personali.

mente un valore giuridico vincolante, ma chetuttavia già costituisce punto di riferimentoper l’azione di corpi politici e amministrativi,di giudici nazionali e sovranazionali. È certo,comunque, che quella Carta ha rinnovato ilsistema dei valori fondativi dell’Europa, e chein questo sistema la protezione dei dati occu-pa ormai una posizione di rilievo.Viene così riaffermata e dilatata la legittima-zione delle autorità nazionali di garanzia, sifa più stringente il loro dovere di assicurareuna tutela rigorosa ai diritti dei cittadini. Igoverni e i parlamenti, che a quella Cartahanno dato il loro consenso, devono coeren-temente rispettarne i principi e operare bilan-ciamenti tra gli interessi che non sacrifichinole garanzie della sfera privata.

Così facendo l’Europa è forse prigioniera diuna illusione? La considerazione della prote-zione dei dati personali come un dirittofondamentale può sembrare lontanissima dauna realtà che il presidente di una grandesocietà americana così brutalmente descri-ve: “La vostra privacy è zero. Rassegnatevi”.È davvero questo il destino che ci riserva l’in-cessante innovazione tecnologica, o in affer-mazioni come questa si riflettono piuttosto lepretese di alcuni settori del mondo imprendi-toriale, e i caratteri che differenziano ilmodello europeo da quello degli Stati Uniti?

La protezione dei dati personali nell’era della globalizzazione

La relazione di quest’anno coglie il Garante per la protezione dei datipersonali in un momento singolare e stimolante, sia per quanto riguardala sua vita interna, sia per quel che si riferisce al complessivo contestoculturale e istituzionale in cui dobbiamo muoverci. Si è concluso, infatti,il primo quadrienno della nostra attività, e questa scadenza istituzionaleè stata accompagnata da un parziale rinnovamento del collegio. I compo-nenti del passato Collegio, Giuseppe Santaniello ed io stesso, sono oggiaffiancati da Mauro Paissan e Gaetano Rasi, con i quali l’intesa è stataimmediata ed il cui contributo già incide su materie di particolare rilevan-za, come il commercio elettronico e il sistema dei media. Hanno lasciatoil Collegio Ugo De Siervo e Claudio Manganelli, con i quali abbiamocondiviso la fase difficile della costruzione di questa nuova istituzione,ed ai quali va un particolarissimo ed affettuoso ringraziamento.Collocati sul crinale tra passato e futuro, dobbiamo qui proporre elemen-ti di bilancio e cimentarci con ipotesi di programmi a più lunga scadenza.Riferiamo sul già fatto, e spingiamo lo sguardo verso il molto che dovre-mo fare.In tempi di globalizzazione, proprio la questione dei dati personali è statatra le primissime a scavalcare ogni frontiera, a liberarsi dalle costrizionidel tempo e del luogo attraverso le molteplici opportunità offerte da Inter-net. Parlando oggi di privacy, frequentiamo una dimensione dove s’in-trecciano valori fondativi della persona, precondizioni della democrazia,modalità diverse dell’azione economica.

L’Europa e i diritti dei cittadini

Un confronto con gli Stati Uniti

La Dichiarazione di Venezia e l’iniziativa italiana

Le informazioni fuori dall’Unioneeuropea: no ai paradisi dei dati

Un’opportunità,un valore aggiunto

Ho insistito sulle questioni internazionali peruna ragione generale e per segnalare subitoun problema concreto, che impegnerà dall’i-nizio dell’autunno tutta quella parte del siste-ma imprenditoriale che trasferisce datipersonali fuori dell’Unione europea. Il Garan-te italiano è certamente quello che, in Euro-pa, ha maggior consapevolezza della dimen-sione davvero globale della circolazionedelle informazioni, e di ciò abbiamo avuto unpalese riconoscimento con la mia elezionequale presidente del Gruppo dei Garantieuropei. Organizzando l’anno scorso a Vene-zia la ventiduesima Conferenza mondialesulla protezione dei dati personali, avevamoscelto come tema “Un mondo, una privacy”ed avevamo risolutamente operato perché laconferenza si concludesse con una dichiara-zione volta ad indicare una via verso regolecondivise.

La Dichiarazione di Venezia, sottoscritta dairappresentanti delle autorità di tutto il mondo,ribadisce che la privacy è “un diritto fonda-mentale della persona” e “un elementoessenziale della libertà dei cittadini”; indica i

principi comuni ai quali già ci si ispira nei piùdiversi paesi; impegna ad operare per garan-tire a tutti elevati e analoghi livelli di protezio-ne. Segnaliamo questa esperienza a Gover-no e Parlamento perché, se lo riterrannoopportuno, mantengano viva l’iniziativa italia-na e si facciano promotori di azioni interna-zionali che con strumenti diversi e coordinatitra loro - convenzioni, codici di condotta,standard tecnici - costruiscano una retesempre più larga di riferimenti comuni.

Non sarebbe una iniziativa eccessivamenteambiziosa, coglierebbe lo spirito del tempo,sarebbe un buon esempio di quella che hochiamato “attenzione attiva” per i nuoviproblemi e le nuove prospettive di tutela. Ilmodello europeo di protezione dei datipersonali, infatti, ha ormai superato i confinidell’Unione e ispira la legislazione dei paesipiù diversi (dal sistema di Hong Kong alleleggi dei paesi dell’Europa centrale e orien-tale, a quelle recentissime di Cile e Argenti-na). Una iniziativa italiana rafforzerebbequesta tendenza e favorirebbe cosi la diffu-sione di principi comuni.

Proprio la crescente legittimazione interna-zionale di questo modello conferma lagiustezza della scelta del legislatore europeoe di quello italiano di consentire il trasferi-mento dei dati personali solo in paesi cheoffrano una protezione adeguata, cosìevitando la pericolosa nascita di “paradisi deidati”, assai più agevoli da costruire deglistessi paradisi fiscali. Finora la circolazioneinternazionale dei dati non è stata sostan-zialmente intralciata, per consentire alleimprese di adeguare le prassi alle nuoveregole; per cominciare ad identificare i paesiche, fuori dell’Unione europea, già offronolivelli adeguati di protezione; e, soprattutto,per risolvere i difficili problemi dei trasferi-menti verso il più grande “mercato” delleinformazioni, gli Stati Uniti.

Disponiamo ora degli strumenti necessari, eil periodo di “grazia” è terminato, ovunque inEuropa. Il Garante indicherà al più tardi a

settembre i criteri che dovranno essereseguiti da tutti i soggetti che, localizzati inItalia, trasferiscono o intendono trasferire datipersonali fuori dell’Unione europea. Ma èopportuno che fin d’ora tutti prendano buonanota di questa scadenza e facciano le loroscelte: assai semplici se il trasferimentoriguarda paesi la cui legislazione va consi-derata adeguata dall’Unione europea (Cana-da, Svizzera, Ungheria, Slovenia, HongKong) o se si tratta di imprese statunitensiche hanno aderito all’accordo chiamato“Safe Harbor”, “Porto sicuro”; scelte chesaranno appena più complesse, se si ricor-rerà alle clausole contrattuali uniformi giàapprovate dalla Commissione europea sullabase del lavoro dei garanti europei; e chediverranno più impegnative se si deciderà diricorrere per casi speciali alla proceduraprevista dall’art. 28 della legge 675, dalmomento che si dovrà chiedere per questiuna specifica autorizzazione del Garante.

Non vorrei che, a questo punto, venisseriproposto lo schema ingannevole checontrappone alla fluidità dei commerci la rigi-dità della disciplina dei dati personali. Questaè una tesi insostenibile in via di principioperché, con uno scatto d’insofferenza, nonsi può semplicisticamente considerare comeun intralcio alla competitività quello che, inve-ce, è un ineludibile diritto fondamentale. Ma,soprattutto, insistere su quella contrapposi-zione rivela arretratezza, incapacità di guar-dare alle dinamiche più avanzate dello stes-so mondo imprenditoriale.

Nella Relazione dello scorso anno metteva-mo in luce la dipendenza dello sviluppo delcommercio elettronico da politiche imprendi-toriali capaci di rispondere alle preoccupa-zioni della quasi totalità dei consumatori,poco propensi ad entrare nel mercato elet-tronico senza adeguate garanzie per la riser-vatezza e la sicurezza dei loro dati. Avevamovisto giusto. Nel corso del 2000 il commercio

elettronico ha perduto negli Stati Uniti dodicimilioni di clienti; pochi giorni fa una inchiestaGallup ha confermato le preoccupazioni deiconsumatori; e già si manifestano o siannunciano politiche imprenditoriali chesegnano una radicale modifica degli atteg-giamenti verso la protezione dei dati perso-nali.

Grandi imprese, in Europa e in America,dichiarano la loro volontà di abbandonare lepratiche di spamming (invio indiscriminato dimessaggi pubblicitari), di preferire l’opt in(consenso preventivo) all’opt out (richiesta dicancellazione dalle liste). Fuori dai gerghi,questo vuol dire che tali imprese adottano inpieno la logica (già norma in Italia e altrove)del preventivo consenso dell’interessato altrattamento dei suoi dati personali. La ragio-ne è squisitamente economica: l’invio dimessaggi indesiderati può provocare reazio-ni di rigetto nei confronti del mittente mole-sto, l’insicurezza sulle modalità di raccolta e

di StefanoRodotà

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5ORDINE 8 2001

di utilizzazione dei dati su Internet allontanadai siti sospetti. Tutto questo contrasta constrategie volte a conquistare la fiducia deiconsumatori. In questa prospettiva, laprivacy si presenta come un valore aggiunto,addirittura come un efficace strumento diconcorrenza tra imprese. I prepotenti della“Zero privacy” cominciano ad essere abban-donati all’interno del loro stesso mondo.

Si profila così la possibilità di un’alleanza“virtuosa” tra difensori della privacy e settoriavanzati del mondo imprenditoriale, conopportunità crescenti anche per i gruppi cheoperano nell’interesse dei consumatori.Anche in Italia, infatti, cominciano a svilup-parsi iniziative tendenti ad offrire alle impre-se una “certificazione di qualità” delle loropolitiche di privacy, ad offrire ai cittadini lapossibilità di essere inseriti in “liste Robin-son”, costituite dai nomi delle persone chedichiarano preventivamente di non voler rice-vere comunicazioni pubblicitarie.

Seguiamo con attenzione queste iniziative,consapevoli anche dei problemi che possonoporre. Di nuovo può soccorrerci l’esperienzadegli Stati Uniti, dove grandi “certificatori”sono incappati in gravi infortuni, avendo offer-

to la loro copertura a soggetti poi rivelatisi adir poco disinvolti nel trattare dati personali.Si pone così il problema dell’affidabilità deicertificatori, delle loro responsabilità, anchepatrimoniali, nei confronti del pubblico. Allostesso modo, la mancata richiesta d’essereinseriti in una “lista Robinson” non può maiessere considerata come un consenso indi-retto o presunto a ricevere pubblicità.

Da parte nostra stiamo completando l’analisidelle politiche dei siti italiani, non fermandocialla superficie, che può rivelarsi ingannevole,delle modalità di raccolta dei consensi. Sifanno sempre più sottili e sofisticate le formedi trattamento “invisibile” delle informazioni,che sono comunque illegali, come ha ribadi-to in una sua Raccomandazione il Gruppodei Garanti europei. Su questo interverremocon modalità concordate con le autorità deglialtri paesi, sollecitando anche l’adozione dipiù puntuali regole deontologiche, sostenen-do l’azione di quanti insistono per l’introdu-zione di più adeguati standard tecnici (l’indu-stria del sofware ha mostrato attenzione peralcuni suggerimenti avanzati dalla comunitàdi Internet), mettendo in evidenza le relazio-ni di fiducia indispensabili per attribuire credi-bilità alle attività di certificazione.

all’impetuoso sviluppo della ricerca genetica,che tocca nel profondo l’identità stessa dellepersone. Le informazioni genetiche sipresentano ormai come i più sensibili tra idati sensibili, per il loro carattere strutturale,per le loro attitudini predittive, per la loro rife-ribilità a tutti i componenti di un gruppo biolo-gico. Fin dall’inizio della sua attività il Garan-te ha colto questa novità, adottando regoleparticolarmente severe per evitare in parti-colare utilizzazioni discriminatorie dei datigenetici. La recente ratifica, con la legge n.145 del 2001, della Convenzione europea

sulla biomedicina rafforza in maniera decisi-va il divieto di utilizzare i dati genetici perfinalità diverse da quelle di tutela della salutedell’interessato e di ricerca scientifica,dunque escludendo la possibilità di ricorreread essi in relazione ad atti a contenutoeconomico, come i contratti di lavoro e diassicurazione. Opereremo per il rafforza-mento di queste garanzie, vegliando anchesulle modalità delle ricerche svolte sul patri-monio genetico di piccole comunità, perevitarne utilizzazioni lesive della sfera privatadei soggetti ai quali si riferiscono.

Garante della privacy:pubblici i nomidegli iscritti negli Albi,ma spetta agli Ordinistabilire le modalità di comunicazione

Sono pubblici i nomi dei medici chirurghi iscritti negli Albi, maspetta a ciascun Ordine provinciale stabilire le modalità dicomunicazione a chi ne fa richiesta. È quanto ha ribadito ilGarante nella risposta ad un quesito rivolto da un cittadino.Sulla questione l’Autorità era già intervenuta chiarendo chela legge sulla privacy non ha modificato la disciplina legislati-va relativa al regime di pubblicità degli Albi e non pone,dunque, alcun ostacolo alla diffusione dei dati personalicontenuti negli Albi, purché limitata alle informazioni chedevono esservi inserite per legge.L’Autorità ha ricordato che le norme vigenti prevedono chel’Albo di ciascun Ordine dei medici chirurghi sia stampato epubblicato entro il mese di febbraio di ogni anno, con conte-stuale trasmissione di una copia ad alcune amministrazionipubbliche anche allo scopo di una sua affissione nelle prefet-ture. Tali norme collocano questi Albi tra i documenti pubbliciconoscibili da chiunque, consentendo agli Ordini di comuni-care e diffondere a privati ed enti pubblici economici i datipersonali contenuti negli Albi.

Tali disposizioni, tuttavia, non disciplinano né le forme diconsultazione dell’Albo né l’invio di copia ad altri soggettipubblici o privati. Spetta a ciascun Ordine valutare l’eventua-le praticabilità di alcune specifiche modalità di comunicazio-ne dei dati, diverse dalla messa a disposizione dell’Albo perla sua consultazione, che sempre più vengono sollecitatenella prassi quotidiana. In alcuni casi viene, ad esempio,richiesta la trasposizione su supporto informatico, oppure laselezione di taluni professionisti in base alla specializzazioneriportata nell’Albo ecc.. Si tratta di situazioni che, anche suiniziativa degli Ordini interessati, potrebbero essere oggettodi un opportuno aggiornamento normativo che dovrebbe,peraltro, operare una eventuale distinzione tra i casi in cuiviene richiesto all’Ordine di un fornire un ausilio per la ricer-ca dei nominativi (ad esempio, soggetti specializzati in undeterminata disciplina) da quelli per i quali si chiede una piùarticolata attività di suddivisione e classificazione di catego-rie di specialisti, che comporta un “facere” attualmente nonprevisto dalla normativa (Newsletter, 23-29 luglio 2001).

I nuovi codici deontologici

La delega al Governo

L’ufficio del Garante:attività e struttura

I “decaloghi” sulla propagandaelettorale e la videosorveglianza,l’attenzione per gli interessi del cittadino “comune”

Nell’ultimo anno le modalità di intervento delGarante si sono articolate, cogliendo leesigenze di una realtà che chiede ancheinterventi generali e preventivi. Richiamo inparticolare l’attenzione sui provvedimenti inmateria elettorale e di videosorveglianza,strutturati in modo da offrire a tutti gli interes-sati prescrizioni chiare, per punti, agevol-mente comprensibili ed applicabili.

Si tratta di provvedimenti che, da una parte,sintetizzano decisioni già assunte dal Garan-te e, dall’altra, colgono esigenze variamentemanifestate. Così, il “decalogo” elettorale haconsentito di risolvere centinaia di questionicon un semplice rinvio al suo testo, disponi-bile sul nostro sito web, dove erano e sonoanche presenti sintetici schemi per richiede-re notizie sulla fonte dei dati utilizzati per l’in-vio di messaggi elettorali, e per ottenere lacancellazione dagli elenchi predisposti. Si èmanifestata, infatti, una vivissima sensibilitàdei cittadini, che tendono a rifiutare la propa-ganda elettorale non gradita. E il “decalogo”sarà presto aggiornato proprio per tenerconto di queste preoccupazioni, e per chiari-re le modalità di trattamento dei dati raccoltida partiti e singoli politici.

Più difficile e controversa si presenta l’appli-cazione delle indicazioni sulla videosorve-glianza, spesso eluse e per le quali è giàstato avviato un programma di ispezioni, chein alcuni casi, come per le web camera sullespiagge, hanno consentito di risolvere imme-diatamente i problemi. A proposito di video-sorveglianza, tuttavia, è bene dire alcuneparole chiare, per evitare il perpetuarsi diequivoci interessati o determinati da scarsaconoscenza dei dati reali.

Anche qui si tende spesso a prospettare unconflitto, questa volta tra esigenze di sicurez-za e tutela della sfera privata. E anchequesta volta bisogna ribadire che è inaccet-tabile la pretesa di sacrificare la tutela deidati, diritto fondamentale della persona.

È possibile, anzitutto, trovare punti di equili-brio tra i diversi interessi in gioco, comedimostra, ad esempio, la collaborazione tra

ministero dell’Interno e Garante per ilprogramma di videosorveglianza sull’auto-strada Salerno-Reggio Calabria. Qui il tratta-mento delle informazioni rispetta i principi difinalità, pertinenza, proporzionalità, in parti-colare per quanto riguarda il tempo diconservazione dei dati raccolti: questo rispet-to dei diritti dei cittadini non ha limitato l’effi-cacia delle misure di sicurezza: le rapinesono diminuite del 40%. E lo stesso si puòdire per i sistemi di videosorveglianza sumezzi pubblici, sui varchi d’accesso ai centristorici, su aree particolarmente a rischio.

Ma si racconta spesso che, posti di fronteall’alternativa tra sicurezza e riservatezza, icittadini scelgono sempre la prima. La nostraesperienza ci dice che non è così. Il bisognodi intimità, ad esempio sulle spiagge, porta arifiutare ogni occhio indiscreto. L’identificazio-ne, sia pure casuale, dei pazienti che entra-no in uno studio medico, in una strada video-sorvegliata, provoca forti e giustificatereazioni di rigetto. Potrei proseguire in questacasistica che, comunque, dovrebbe metterein guardia contro le semplificazioni. Sedavvero si vogliono conoscere le opinioni deicittadini in una materia tanto delicata, biso-gna articolare le domande, identificando ireali interessi implicati in situazioni che sipresentano assai diverse l’una dall’altra.

Proprio questa ricchezza di interessi si riflet-te nella gran massa dell’attività del Garante,che incontra i bisogni minuti, quotidiani dellepersone. I diritti sul luogo di lavoro, nellascuola, nel comune; le questioni della salute;le relazioni con istituti bancari ed assicurati-vi, con centrali rischi private, con gestori deiservizi telefonici; la qualità dell’informazionecommerciale; i rapporti condominiali: qui, ein altre materie, gli interventi del Garantesono intensissimi e confermano la sua collo-cazione dalla parte dei cittadini. Una linea,questa, lungo la quale si svilupperanno, tragli altri, gli interventi imminenti sull’uso dellee-mail e di Internet nei luoghi di lavoro,questione sulla quale si pronuncerà all’iniziodi settembre il Gruppo dei Garanti europei.

Ma una nuova questione si è aperta, legata

L’articolazione degli strumenti regolativiconosce anche altri modelli. La nostra espe-rienza ci porta a sottolineare l’importanza deicodici deontologici che possiamo definire “dinuova generazione”, perché non sono il frut-to della sola iniziativa dei settori interessati,ma della collaborazione tra questi e l’autoritàgarante, a livello nazionale ed europeo. InItalia sono già vigenti il codice per l’attivitàgiornalistica e per la ricerca storica; sta peressere pubblicato quello sulla ricerca statisti-ca pubblica, al quale seguiranno quelli sullastatistica e la ricerca scientifica privata, sulleinvestigazioni private e l’attività forense(particolarmente importante anche per leindagini difensive nel quadro del nuovoprocesso penale), mentre si lavora al codicedell’attività bancaria.

Non neghiamo che ciò ponga problema deli-cati sul terreno delle fonti del diritto. I codicidi comportamento, tuttavia, si stanno diffon-dendo dappertutto nel mondo e nelle mate-rie più diverse, grazie alla loro flessibilità eadattabilità, che ne fanno strumenti capaci diseguire una realtà in continuo e spessotumultuoso mutamento, dove le tradizionaliforme di disciplina legislativa possono rive-larsi inadeguate.Ed essi costituiscono anche un terreno speri-mentale, per saggiare la validità di soluzioninuove, da trasferire poi eventualmente sulterreno legislativo. Naturalmente, condizioneperché questi codici possano avere pienalegittimazione è l’esistenza di un chiaroquadro di principi di riferimento, fissato dallalegislazione.

Proprio il chiarimento e il completamento delquadro legislativo è il compito affidato oggi aGoverno e Parlamento da una delega cheprevede l’emanazione, entro l’anno, di nuovidecreti delegati e, entro il 2001, di un testounico che riordini complessivamente l’interosettore. Per i tempi, e per l’ampiezza dellematerie da trattare, si tratta di un compitoassai impegnativo, al quale il Garante è pron-to a dare la massima sua collaborazione,anche oltre il compito istituzionale di espri-mere specifici pareri.

Bisognerà affrontare, infatti, questionicomplesse come quelle relative ai dati perfinalità di giustizia e di polizia, ad Internet,alle diverse forme di sorveglianza, al directmarketing.Bisognerà risolvere questioni lasciate aperteda inadeguatezze dell’attuale legge, adesempio nel settore bancario. Bisogneràpuntare a garanzie sostanziali, semplifican-

do ulteriormente là dove gli adempimentiburocratici non rispondano a nessuna realefunzione di garanzia (come nella materiadelle notificazioni).

Suggeriamo fin d’ora a Governo e Parlamen-to di affrontare due questioni. È opportunorivedere il sistema delle sanzioni penaliprevisto dalla legge n. 675, per chiariremeglio alcune fattispecie e per sostituire lasanzione penale con una amministrativa ointerdittiva, là dove queste ultime si rivelanopiù adeguate ed efficienti, anche per la loropiù rapida applicazione (ad esempio, in rela-zione alle omesse notificazioni). Inoltre, dopola conclusione dei lavori della Commissionedel Parlamento europeo sul caso Echelon,sono necessarie iniziative concrete pergarantire cittadini e imprese italiane controforme di raccolta delle informazioni che viola-no tutte le regole dell’Unione europea inmateria di dati personali.

Il Garante sta adeguando la sua struttura allacomplessa realtà nella quale lavora. Soloall’inizio di quest’anno è stata possibile lasistemazione in ruolo del personale e lanomina dei dirigenti. Selezioni e concorsipubblici sono stati avviati per un nuovo reclu-tamento, indispensabile per assicurare lafunzionalità dell’ufficio: l’imponente lavoro diquesti anni è stato svolto da un organicoristrettissimo, che oggi comprende solo 51persone. Una nuova figura organizzativasarà introdotta per migliorare la gestione eadeguarla alle complesse esigenze dellanuova organizzazione dell’ufficio.

Valutando il flusso delle richieste rivolte alGarante nel 2000, queste sono state 19.571,confermando la tendenza del periodo prece-dente e portando il loro numero complessivonel quadriennio a circa 120.000.

Si è confermata anche l’efficienza nella trat-tazione dei ricorsi, tutti risolti (e sonocomplessivamente 354) nel brevissimotermine prima di venti e ora di trenta giorni,con un buon esempio di giustizia rapida equasi per nulla costosa. Le risposte a segna-lazioni e reclami sono passate, tra il 1999 e il2000, da 130 a 687.

La qualità di questo lavoro è testimoniata dalbassissimo numero di impugnazioni deinostri provvedimenti, soltanto otto (2.2% sultotale dei ricorsi decisi), accolte dai giudiciordinari in tre casi soltanto. Merita, invece,d’essere particolarmente sottolineata laprima e recentissima sentenza della Corte diCassazione (n° 2783 del 30 giugno 2001della Prima sezione civile) con la quale,respingendo pericolose interpretazioni

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restrittive, è stata accolta l’impostazione delGarante per quanto riguarda l’identificazionedei dati personali e la nozione di banca dati.Permane un arretrato, già segnalato lo scor-so anno: non è stata ancora data specificarisposta a 3454 tra segnalazioni e richieste.Questo problema può essere ora affrontatoin modo più adeguato grazie alla costituzio-ne di un apposito ufficio, al quale verrà desti-nata gran parte del nuovo personale, perrendere possibile l’eliminazione di questoarretrato in tempi brevi. È bene tener presen-te, ad ogni modo, che si tratta di un arretratoche riguarda l’intero quadriennio passato, sìche la sua incidenza sul numero complessi-vo di ricorsi, segnalazioni, reclami e richiesteammonta al 2.8%.

Un ritardo si è manifestato anche nell’inseri-mento delle notificazioni nel Registro gene-rale dei trattamenti. Delle 297.500 notifica-zioni ricevute, 270.000 sono state già inseri-te nel Registro e sono consultabili. Per quan-to riguarda le altre, è stato stipulato uncontratto che consentirà di eliminare l’arre-trato entro settanta giorni e, quindi, di inseri-re le nuove notificazioni nel registro dei trat-tamenti lo stesso giorno in cui verranno rice-vute.Dal prossimo autunno cominceranno afunzionare la biblioteca ed il centro di docu-mentazione. Queste strutture, che raccoglie-ranno il più ricco materiale esistente in Italiaper lo studio dei rapporti tra tecnologie e dirit-ti, saranno aperte al pubblico.

Il lavoro complessivamente svolto dal Garan-te suggerisce anche una serie di valutazioniqualitative, dalle quali trarre indicazioni perl’attività futura, per offrire al Parlamentoelementi di valutazione e per segnalare alGoverno “l’opportunità di provvedimentinormativi richiesti dall’evoluzione del setto-re”, come prevede l’art. 31 della legge.

Abbiamo in più occasioni segnalato l’omes-sa consultazione del Garante in casi esplici-tamente previsti dalla legge, e lo abbiamoripetutamente fatto presente alla Presidenzadel Consiglio. Ci auguriamo che la Presiden-za voglia richiamare i ministeri al rispetto ditale norma, anche per evitare l’invalidità degliatti emanati.

Non sottolineiamo questo fatto lamentando laviolazione del prestigio del Garante. La nostraconsultazione serve ad assicurare che inprocedimenti che incidono - lo ripeto - su undiritto fondamentale del cittadino possa trova-re espressione il punto di vista dell’organo al

quale è istituzionalmente affidata la cura ditale interesse. Peraltro, nella grandissimamaggioranza dei casi in cui è stata richiesta,anche informalmente, la collaborazione delGarante, questa si è svolta in un clima cheha consentito un miglioramento, talvolta deci-sivo, dei provvedimenti in questione.Mi limito a ricordare i casi del “registro nazio-nale” dello stato civile e della proposta dicostituzione di un’anagrafe unica degli italia-ni, del processo civile telematico, dellacentrale rischi della Banca d’Italia. In altricasi, l’aver trascurato i suggerimenti delGarante ha provocato conseguenze negati-ve, com’è avvenuto per la tessera elettorale.

Segnaliamo al Governo alcune questioniaperte, mantenendo piena, come in passa-to, la nostra offerta di collaborazione:

rimane negativo il quadro delle garanzie peralcune banche dati riguardanti il Welfare, inparticolare per quanto riguarda il riccometro,il sanitometro, il Sistema Informativo Lavoro;

Alcune questioni aperte

P R I V A C Y

Diritto di cronaca e diritto alla privacy:gli interventi del Garante nel 2000

In diverse circostanze, il Garante ha dovuto ribadire la neces-sità di applicare la normativa – in ampia parte di caratterespeciale – dettata con riguardo ai trattamenti di dati persona-li svolti nell’ambito dell’attività giornalistica. Così, ad esem-pio, nel dichiarare infondato un ricorso presentato controalcune importanti testate nazionali da parte di una testimoneall’interno di un procedimento penale per gravi reati(Provv.del 3 luglio 2000), l’Autorità ha chiarito che il tratta-mento doveva essere valutato alla luce di quanto dispostodall’art. 25 della legge n. 675/1996 e dal codice di deontolo-gia relativo al trattamento dei dati personali nell’eserciziodell’attività giornalistica (Provv. del 29 luglio 1998, in G.U. del3 agosto 1998).Pertanto, quando gli articoli o i servizi pubblicati costituisco-

no una legittima espressione del diritto di cronaca, magariin relazione – come nel caso di specie – a delicate indaginivolte ad appurare l’attendibilità di una testimone (l’interessa-ta) e di sue rilevanti dichiarazioni ai fini processuali, e il trat-tamento è finalizzato ad informare l’opinione pubblica suglisviluppi di una vicenda che ha richiamato l’attenzione a livel-lo nazionale, nel rispetto dell’essenzialità dell’informazionee della pertinenza dei dati riferiti, lo stesso trattamento deveconsiderarsi legittimo.In tal caso, quindi, non può invocarsi il mancato conferimen-to, da parte dell’interessata, del preventivo consenso al trat-tamento dei dati, essendo questo esplicitamente esclusodalle disposizioni appena richiamate. Ciò, anche quandoattraverso gli articoli e le trasmissioni vengano diffusi dati di

carattere sensibile, essendo anche in questa ipotesi consen-tito prescindere dal consenso, naturalmente ove sia rispet-tato il limite posto al diritto di cronaca dall’essenzialitàdell’informazione e si evitino riferimenti a congiunti o ad altrisoggetti non interessati ai fatti (art. 5 del citato codice deon-tologico).Argomentazioni analoghe hanno fondato la decisione origi-nata da un ricorso – poi dichiarato infondato – presentato daalcuni consiglieri di amministrazione, dirigenti e giornalisti diuna delle principali aziende radiotelevisive nazionali chelamentavano l’avvenuta pubblicazione su un quotidiano diuna serie di articoli in cui venivano evidenziate asseriteappartenenze politiche degli stessi, nonché rapporti e rela-zioni personali (amichevoli od ostili) esistenti all’interno dell’a-

La legge sulla tutela dei datipersonali non si applica soloagli archivi elettronici, maanche all’informazione gior-nalistica, E, pertanto, ilGarante per la protezionedei dati personali può ordi-nare al direttore di un gior-nale la rettifica di informazio-ni lesive dell’identità di unapersona. È questo il filo con-duttore della sentenza8889/2001 con la quale laprima sezione civile dellaCassazione (presidenteCarnevale) ha annullata unasentenza del tribunale diMilano.L’intervento del Garante, av-venuto nell’aprile ‘99, erastato provocato dal ricorsodella signora Maria TeresaValoti, vedova Olcese, laquale aveva chiesto che ne-gli articoli di cronaca pubbli-cati sul Corriere della Serala definizione di “signora

Olcese” venisse attribuita alei e non anche alla primamoglie di Vittorio Olcese,Giuliana De Cesare.Il Garante aveva, successi-vamente, imposto all’editoree al direttore del Corrieredella Sera di cessare il“comportamento illegittimo”rettificando la registrazioneo, comunque, la trattazionedei dati personali della ricor-rente in modo tale da “indivi-duare correttamente con l’e-spressione signora Olcesesoltanto la ricorrente MariaTeresa Valoti anziché la si-gnora Giuliana De Cesare”,nonché di divulgare la rettifi-ca con la pubblicazione diun comunicato sul quotidia-no.Il Tribunale di Milano, condecisione del 14 ottobre1999, ha accolto l’opposi-zione, annullando il provve-dimento emesso dal

Garante. Nella motivazionedella decisione il Tribunale,ha osservato, tra l’altro, chela direttiva della Commis-sione Europea 95/46/CE, inbase alla quale è stata ap-provata dal nostro Parla-mento la legge 675/96, cir-coscrive in modo inequivo-cabile il proprio ambito diapplicazione al trattamentodei dati personali comunquedestinati all’archiviazione epertanto non concerne leinformazioni diffuse dai gior-nali: ciò deve indurre, secon-do il Tribunale ad interpreta-re in senso restrittivo la por-tata della legge n. 675/96,anche per evitare che la suaapplicazione si ponga incontrasto con l’articolo 21della Costituzione, che tute-la la libertà di informazione.Il Tribunale, inoltre, ha rite-nuto che la diffusione di talinotizie rientri nell’esercizio

del diritto di cronaca e che ilprovvedimento del Garantesi sia posto in contrasto conl’articolo 21 dellaCostituzione, che “pone al-la pubblica autorità il divietoassoluto di adottare provve-dimenti diretti ad esercitarecontrolli o assensi preventivisul contenuto delle pubbli-cazioni”.La portata della legge n.675/1996 – ha affermato laCorte di Cassazione – nonè limitata all’archiviazionedelle informazioni nelle ban-che dati; l’attenzione che lalegge dedica a tali banche,e dunque a quel particolaretrattamento che consistenella elaborazione ai fini diarchiviazione per un suc-cessivo uso, si giustifica conla considerazione di comu-ne esperienza della rapiditàdi tale uso da parte di chiaccede all’archivio. “Il van-

taggio dell’archiviazione –ha osservato la Corte – èper l’appunto di consentirela disponibilità immediata,all’occorrenza, di un datoda adoperare ai più svariatifini; pertanto l’attenzionedella legge all’archiviazionenon può essere consideratafine a se stessa, bensì adimpedire la diffusione delleinformazioni scorrette. Diconseguenza – ha afferma-to la Corte – qualunque trat-tamento, anche quello gior-nalistico, dell’informazione,e non soltanto quello direttoalla conservazione in archi-vio, deve avvenire nel ri-spetto dei principi stabilitidall’articolo 1 della legge n.675 del 1996, che tutela i di-ritti fondamentali e la dignitàdelle persone, con partico-lare riferimento alla riserva-tezza ed all’identità perso-nale”.

Il potere, attribuito dalla leg-ge al Garante, di disporre larettifica di informazioni gior-nalistiche – ha affermato laCorte – non si pone in con-trasto con l’articolo 21 dellaCostituzione, “che vieta ogniintervento censorio”: altro è,infatti, un ordine o un poteredi inibitoria alla pubblicazio-ne, da ritenersi contrario allaCostituzione, altro è un ordi-ne di rettifica. “L’attività gior-nalistica – ha osservato laCorte – legittima di per sé altrattamento dei dati, anchepersonali, ma ciò deve avve-nire nei limiti di cui all’artico-lo 1 della legge: pertantoneppure l’essenziale eserci-zio dell’informazione puòsovrapporre al dato esclusi-vo di una persona fisica(quale il nome) l’eventualeuso di tale dato da parte diterzi”.

(Fr. Ab.)

Rodotà può ordinare a de Bortoli:“Correggi quella notizia sbagliata”

SentenzadellaCassazione

Attività giornalistica e risp

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permangono ritardi gravi nei decreti attuativiriguardanti la materia delicatissima del trat-tamento dei dati sensibili, sì che risultano ille-citi i comportamenti di numerose amministra-zioni pubbliche;

le moltissime lamentele dei cittadini solleci-tano l’intervento del ministro della Sanità inmateria di ricette mediche;

ai ministri dell’Interno e della Sanità chiedia-mo interventi per uniformare le diverse pras-si presso comuni ed aziende sanitarie locali,spesso inutilmente burocratiche e che nontutelano, invece, la privacy dei pazienti;

chiediamo al ministro dell’Interno di coinvolgere ilGarante nelle sperimentazioni della carta d’iden-tità elettronica e dei servizi ai cittadini attraversole reti civiche, come già era stato assicurato;

segnaliamo alla Presidenza del Consiglio lanecessità di dare risposte alle nostre segna-lazioni riguardanti i servizi di sicurezza e dipolizia;

al ministro della Giustizia segnaliamo lequestioni, da noi ripetutamente sollevate,delle diverse garanzie di riservatezza neigiudizi civili e penali, nonchè delle moda-lità delle notificazioni degli atti giudiziari,spesso effettuate in forme che ledono,prima ancora che la riservatezza, ladignità stessa delle persone alle qualisono indirizzate.

al ministro per l’Innovazione e le Tecnologiechiediamo di considerare con particolareattenzione i problemi derivanti dall’intercon-nessione tra le diverse banche dati pubbli-che.

nali, sociali, economiche di ciascuno di noinei passati cinque anni. Si stanno sperimen-tando software che consentiranno entrobreve tempo di inviare cento milioni di e-mailal giorno, con il rischio che ciascuno di noi nericeva da trenta a cinquanta in una giornata,con conseguenti costi in termini di tempo e diconnessione alla rete. Centinaia di migliaia disistemi di controllo a distanza sono giàoperanti. Cresce in maniera esponenziale ilricorso ai test genetici, e crescono le pretesedi assicuratori e datori di lavoro per utilizzarlinel valutare chi chiede un’assicurazione oun’assunzione: negli Stati Uniti sono già staticensiti centinaia di casi di discriminazione suquesta base, e questa è la ragione dell’inter-vento di Bush ricordato all’inizio.

Questo non è allarmismo, è realismo. Se nonsi prenderà coscienza del significatocomplessivo di questo fenomeno, e si sacrifi-cherà tutto sull’altare di una efficienza tutta

delegata alla tecnologia, non si produrràsoltanto uno scarto tra proclamazione deldiritto fondamentale alla protezione dei datie realtà delle sue quotidiane violazioni. Sirestringeranno gli spazi vitali delle persone,continuamente esposte a sguardi e messag-gi indesiderati, ormai incapaci di godere diintimità, obbligate a modellare la loro stessapersonalità da questo obbligo di vivere conti-nuamente “in pubblico”, sottoposti ad unaimplacabile registrazione d’ogni atto anchequando si fa una passeggiata o si fa unacquisto in un supermercato.

Si dice che questa non è più soltanto unacondizione tecnologicamente determinata,ma socialmente gradita. Si invoca l’autoritàdelle mille trasmissioni televisive dove volon-tariamente si espone la propria intimità all’oc-chio di milioni di spettatori. Si ridefisce lo stes-so concetto di base della nostra materia ricor-rendo ad un ossimoro: la privacy “condivisa”.

Ma la crescente disponibiltà di una gammasempre più estesa di tecnologie determinaproblemi qualitativi sui quali, in conclusione,vogliamo richiamare l’attenzione, perchésiamo di fronte a possibili, radicali mutamen-ti delle nostre organizzazioni sociali.

In uno dei primi provvedimenti del Governo,ad esempio, si è opportunamente stabilitoche il regime di conoscibilità delle aliquotedell’addizionale Irpef non sia più affidato allapubblicazione nell’albo pretorio, ma sul web.Ma non in tutti i casi il passaggio dai tradizio-nali regimi di pubblicità a quelli elettroniciappare accettabile. Il Garante ha dovutoaffrontare un caso in cui un ufficio giudizia-rio, dovendo effettuare le notificazioni allemolte parti di un processo, aveva appuntodeciso di farlo attraverso un sito web. Maquesto ha comportato la conoscibilità daparte di una platea indeterminata di soggetti

del fatto che le parti lese, indicate con tuttele generalità, erano state contagiate ederano ammalate di epatire virale o di Aids,violando la dignità di queste persone. Abbia-mo ritenuto questo “slittamento” dallevecchie alle nuove forme di notificazione unaviolazione delle norme sul trattamento deidati, scorgendo in ciò anche una violazionedel diritto costituzionale a far valere in giudi-zio i propri diritti. Chi, infatti, ricorrerà al giudi-ce se questo avrà come contropartita uninammissibile obbligo di denudarsi davantiall’intera collettività?

Il rischio di derive tecnologiche è nelle cose,e nelle cifre che rappresentano la realtà inturbinoso cambiamento. In Italia si inviano 30milioni di messaggi Sms al giorno. I dati ditraffico conservati dalle società telefonichesono ben oltre i cento miliardi, e consentonodi ricostruire l’intera rete delle relazioni perso-

Ma noi dobbiamo qui ripetere la testimonian-za già proposta negli anni passati, fondata suuna esperienza che fa riferimento ad unasterminata serie di casi in cui la richiesta diuna forte tutela della sfera privata esprime,insieme, un bisogno di intimità, il rifiuto d’ognipossibile discriminazione, l’esigenza dicompiere le proprie scelte personali, sociali,politiche fuori d’ogni rischio di stigmatizzazio-ne sociale. La privacy rompe gli angusti stec-cati nei quali ancora vorrebbe chiuderla unasua arcaica lettura. La protezione dei datipersonali è ormai componente essenzialedella cittadinanza democratica nella societàdell’informazione. E pure del diritto di ciascu-no di costruire liberamente la propria perso-nalità, anche manifestando un io diviso in cuiconvivono esibizionismo e riservatezza.

Su questo sfondo si muove l’azione delGarante, che ha come bussola quel riferimen-to alla dignità della persona che oggi apre laCarta dei diritti fondamentali dell’Unione euro-pea, ma che, con significativa anticipazione,compare nell’art. 1 della nostra legge.Ma, proprio perché siamo di fronte a muta-menti della società che coinvolgono il desti-no medesimo delle persone e della demo-crazia, ripetiamo qui che non può bastarel’impegno volonteroso di un’autorità. Spettaal Parlamento, luogo massimo della rappre-sentanza, discutere e decidere del ruolodelle tecnologie nelle nostre società. Lodiciamo non per omaggio al luogo che ciospita, ma per comune e convinta convinzio-ne democratica.

Stefano Rodotà

Diritti e nuove tecnologieUn aspetto della cittadinanza democratica

zienda televisiva medesima (Provv. del 31 maggio 2000).Anche in tal caso l’Autorità, applicando la disciplina soprarichiamata, ha ritenuto che gli articoli fossero espressione diuna legittima modalità di esercizio del diritto di cronaca – perquanto opinabili potessero essere i toni utilizzati – con riferi-mento alla personalità, alle esperienze professionali ed agliincarichi ricoperti dalle persone su indicate, le quali occupa-vano appunto posti di rilievo in un’azienda di primaria rile-vanza sociale.Nel caso di specie, non sussistevano gli estremi per censu-rare il diritto dei mezzi di informazione di esprimere valuta-zioni, anche critiche, riferite alle singole persone, atteso che,peraltro, le notizie riportate potevano essere acquisite corret-tamente dai giornalisti attraverso la consultazione di giornali,interviste, colloqui, dichiarazioni o attingendo alle consuetefonti lecitamente utilizzate nella cronaca giornalistica.Tale pronuncia del Garante, come altre analoghe, non eraovviamente preclusiva per gli interessati della possibilità diadire il giudice ordinario per rivolgere eventuali diverse istan-ze in sede civile o penale che esulano dall’ambito di compe-tenza del Garante.In questo contesto, merita infine di essere ricordata la deci-sione con la quale l’Autorità ha dichiarato non fondato unricorso presentato dal titolare di una ditta artigiana. Questiaveva infatti lamentato l’avvenuta pubblicazione su un quoti-diano locale della notizia secondo la quale alcuni consigliericomunali avevano segnalato alla Corte dei conti il comporta-mento di un comune concernente una transazione con il ricor-rente, relativamente al versamento di una penale contrattualelegata a “gravi motivi di salute” del ricorrente medesimo(Provv. del 22 gennaio 2001, in Bollettino n. 16, p. 8).In tale circostanza il Garante ha constatato che l’articoloriguardava una contestata vicenda amministrativo-erarialeche traeva spunto da atti e documenti accessibili al pubblico.La vicenda era quindi riferita ad un fatto di interesse genera-le relativo al corretto svolgimento dell’attività amministrativacomunale e, nel caso di specie, non era stata descritta ricor-rendo a particolari o dettagli non pertinenti; il generico riferi-mento ai “motivi di salute” del ricorrente (origine della contro-versa riduzione della penale, contestata dai consiglieri comu-nali) non è stato reputato, proprio in ragione della sua gene-ricità, tale da recare lesione alla dignità dell’interessato: invirtù di ciò l’Autorità ha considerato lecita la pubblicazionedell’articolo, dichiarando pertanto infondato il ricorso. L’appli-cazione della normativa ai trattamenti svolti in ambito giorna-listico, alle fotografie pubblicate dai giornali ed alle ripresetelevisive.In altre circostanze l’Autorità ha applicato la normativa a trat-tamenti di dati personali, realizzati nell’ambito della profes-sione giornalistica, sotto forma di fotografie o di immaginidiffuse attraverso i mezzi di informazione.Anche in tali eventualità all’autore delle fotografie (o delleriprese) si applica la previsione dell’art. 25, comma 4, dellalegge n. 675/1996; quest’ultima disposizione, infatti, estendele norme relative all’esercizio della professione di giornalistaai “trattamenti temporanei finalizzati esclusivamente alla

pubblicazione di articoli, saggi o altre manifestazioni delpensiero” e fra queste, possono essere appunto inseriteanche le attività dirette a realizzare un servizio fotografico,atteso che anche le fotografie che ritraggono persone sonotrattate dalla legge alla stregua di documenti contenenti datipersonali (art. 1, comma 2, lett. c), l. n. 675/1996).Per tale ragione, colui che scatta fotografie, al pari di chiraccoglie notizie, è tenuto a rendere note la propria identità,la propria professione e le finalità della raccolta, senza ricor-rere ad “artifici o pressioni indebite” (art. 2 del codice deonto-logico dei giornalisti).Al riguardo, con particolare riferimento all’informativa sempli-ficata prevista per i trattamenti svolti nell’ambito dell’attivitàgiornalistica, il Garante ha chiarito che questa trova applica-zione anche nelle ipotesi in cui i dati sono raccolti presso unsoggetto diverso dall’interessato (Provv. del 21 febbraio2000).Nel caso di specie, il Garante era stato investito dell’esamedi una vicenda che aveva visto la pubblicazione, da parte diun organo di stampa, delle copie di alcune fotografie relativead un noto personaggio dello spettacolo conservate pressol’abitazione dei genitori di questo. Poiché, dunque, le fotogra-fie ritraevano una persona diversa rispetto a coloro che vive-vano nella casa in cui erano conservate, esse non potevanoconsiderarsi raccolte presso l’interessato, con conseguenteinoperatività dell’obbligo di informativa ai sensi dell’art. 10,comma 1, della legge n. 675/1996.

La disciplina sulla riservatezzaper i personaggi pubblici e le persone note

Analogamente a quanto accade in altri ordinamenti, anchenel nostro la sfera privata delle persone che ricoprono deter-minate cariche pubbliche o che hanno acquisito una partico-lare notorietà risulta essere per certi aspetti più ridotta rispet-to a quella delle persone la cui vita privata è protettamaggiormente.Tenendo conto di tale principio, il codice deontologico deigiornalisti ha però previsto che la sfera privata delle personenote o che esercitano funzioni pubbliche deve essere rispet-tata se la notizia o di dati non hanno alcun rilievo sul ruolo osulla loro vita pubblica (art. 6).Nel corso del 2000 il Garante si è trovato più volte ad appli-care tale disposizione, a fronte di reclami presentati da alcu-ni personaggi pubblici che denunciavano una lesione dellapropria vita privata. È questo, ad esempio, il caso di un quesi-to sottoposto all’Autorità da un noto parlamentare che avevapreso parte ad una cerimonia in cui erano presenti altripersonaggi pubblici, e che aveva visto il suo nome riprodotto,insieme a quello di altri, in un articolo di giornale che riferivadella cerimonia medesima.In tale occasione, il Garante ha constatato che non vi erastata alcuna violazione delle disposizioni del codice deonto-logico appena richiamate e che una parte dell’articolosembrava anzi scaturire da una precisazione fornita diretta-mente dall’interessato. Più in generale, l’Autorità ha ricordato

che, con riguardo al principio dell’essenzialità dell’informa-zione, può considerarsi lecita anche un’informazione moltodettagliata, qualora ricorrano determinati presupposti, tra iquali rileva la qualificazione dei protagonisti come personag-gi pubblici (Provv. del 21 febbraio 2000 e, per un caso analo-go, Provv. del 20 ottobre 2000).

Fatti resi noti direttamente dagli interessati o attraverso i loro comportamenti in pubblico

Con riguardo alla diffusione operata dai mezzi di informazio-ne, nell’ipotesi in cui gli stessi interessati abbiano in qualchemodo reso pubbliche le notizie che li riguardano, vieneprecluso in alcuni casi un intervento dell’Autorità diretto aridurre la diffusione delle informazioni medesime (v., inproposito, il comunicato n. 5 del 17 gennaio 2000, in Bolletti-no n. 11-12, p. 83).La legge n. 675/1996, mentre ha previsto in generale che igiornalisti devono rispettare i limiti del diritto di cronaca, conparticolare riferimento a quello dell’essenzialità dell’informa-zione riguardo a fatti di interesse generale, ha lasciato fermala possibilità di trattare i dati relativi a circostanze e fatti resinoti direttamente dall’interessato o attraverso i suoi compor-tamenti in pubblico (art. 25, comma 1). Tale ipotesi ha trovatoanche riscontro nel codice di deontologia dei giornalisti cheha fatto salvo il diritto di addurre successivamente motivilegittimi di tutela, ma non ha ribadito il limite dell’essenzialitàdell’informazione, richiamato invece con particolare pregnan-za per quanto attiene ai dati sensibili (art. 5 del codice dideontologia).A questo riguardo, si può ricordare un ricorso riguardante ledichiarazioni fatte dal padre naturale di un minore durantealcuni programmi televisivi. Chiarito che in tale ipotesi nonsarebbe stato in ogni caso applicabile l’art. 3 della legge n.675/1996 (in tema di trattamento di dati per fini esclusiva-mente personali), l’Autorità ha constatato che la vicenda allaquale era stata fatta menzione durante la trasmissione eranotoria, in quanto già oggetto di cronaca giornalistica, anchea seguito di dichiarazioni dei relativi protagonisti (v. Provv. del28 febbraio 2000). Di qui l’impossibilità di accogliere la richie-sta di opposizione al trattamento formulata dalla ricorrente(in quanto trovava applicazione il già citato art. 5, comma 2,del codice deontologico), che lascia però impregiudicatal’esigenza che giornalisti e conduttori delle trasmissioni tele-visive operino in modo da evitare o ridurre il rischio di tratta-re i dati riferiti ai minori in modo da non incidere sul correttosviluppo della personalità degli stessi (ciò, in particolare, conriferimento all’art. 7 del codice dei giornalisti, sul quale sitornerà fra breve).Un altro caso che merita di essere menzionato è quello incui il Garante è stato chiamato a decidere sul ricorso presen-tato da una madre nei confronti di una televisione a diffusio-ne nazionale, in relazione ad un servizio relativo al rimpatrioin Italia della propria figlia minore a seguito della decisione diuna Corte distrettuale statunitense. Anche in tale frangentel’Autorità ha dichiarato infondato il ricorso in quanto, sebbene

etto dei principi della legge n. 675/1996

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8 ORDINE 8 2001

le fotografie riprodotte nel filmato trasmesso riguardasseroun minore, erano state mostrate da uno dei genitori, per dipiù in un contesto di sentita prospettazione di una comples-sa vicenda familiare che aveva destato in più occasioni ilpubblico interesse (Provv. del 23 novembre 2000).

Pubblicazione a mezzo stampa dei provvedimentidisciplinari assunti dagli Ordini professionali

Come il Garante ha avuto modo di chiarire altre volte, nonsempre l’applicazione della normativa sulla tutela dei datipersonali porta ad una minore conoscibilità delle informazio-ni. In alcune circostanze, infatti, quando devono essere tute-lati altri diritti e valori, la disciplina sulla riservatezza può farsiveicolo di una maggiore trasparenza. E ciò può riguardare

L’esistenza di siffatte disposizioni – espressione di una sceltanormativa volta ad un’ampia conoscibilità di determinati dati-integra gli estremi richiesti dall’art. 27, comma 3, della leggen. 675/1996 e rende quindi allo stato lecita, salve eventualimodifiche normative, la comunicazione degli elenchi da partedell’amministrazione finanziaria, anche dal punto di vistadella normativa in materia di riservatezza (v. lettera del 13ottobre 2000, in Bollettino, n. 14-15, p. 9).Sulla base di tali presupposti, l’Autorità ha pertanto dichiara-to infondato un ricorso presentato da un imprenditore cheaveva chiesto il blocco dei dati relativi al proprio reddito diffu-si da un quotidiano locale sulla base di quanto pubblicatodall’amministrazione finanziaria (Provv. 17 gennaio 2001, inBollettino n. 16, p. 5).Il Garante ha infatti affermato che, essendo le informazionirese accessibili dall’amministrazione finanziaria destinate adun’ampia pubblicità, la successiva pubblicazione di datiestratti lecitamente da elenchi accessibili a chiunque è daritenersi lecita anche senza il consenso degli interessati esenza che sia necessario per la testata che li riproduce dimo-strare la sussistenza del requisito dell’essenzialità dell’infor-mazione rispetto a fatti di interesse pubblico (art. 20, comma1, lett. d), l. n. 675/1996).

Decisioni di carattere procedurale e limiti alle competenze del Garante

Non di rado il Garante è stato investito di istanze di tutelache eccedevano le proprie specifiche competenze: si pensialle ipotesi in cui il suo intervento è stato invocato in relazio-ne alla diffusione di informazioni denigratorie o diffamatorie,oppure al fine di ottenere dall’Autorità il risarcimento di undanno subito in ragione della diffusione di dati personali attra-verso i mezzi di informazione (si veda, per tutti, il Provv. del20 ottobre 2000).In questi casi l’Autorità ha chiarito ancora una volta l’ambitodelle proprie competenze e della tutela amministrativa accor-data in relazione al trattamento dei dati personali, ricordandocomunque la possibilità di far valere i propri diritti di fronte adaltre autorità (nella specie il giudice ordinario).

In altre circostanze, sono giunte all’Autorità richieste di prov-vedimenti (ad esempio di blocco della diffusione di taluneinformazioni) che non potevano essere emanati a causadella mancanza di presupposti procedurali a tal fine neces-sari (si possono vedere, per tutti, i Provv. adottati il 5, il 22aprile e il 21 settembre 2000; nel terzo di questi casi, l’inte-ressato lamentava di essere stato ripreso durante unatrasmissione televisiva a sua insaputa; un altro ricorso è statodichiarato inammissibile il 30 ottobre 2000, relativamente adun’intervista dell’ex moglie del ricorrente, mandata in ondadurante una nota trasmissione televisiva, nella quale l’intervi-stata faceva menzione di fatti e circostanze tali da permette-re l’identificazione del ricorrente stesso e di suo figlio). Altrevolte, invece, sono risultati insufficienti gli elementi di valuta-zione forniti (Provv. 21 febbraio 2000).In molte di tali ipotesi il Garante, oltre ad indicare le procedu-re di volta in volta necessarie per ottenere il provvedimentorichiesto, ha cercato, ove le circostanze lo consentivano e laquestione sottoposta lo richiedeva, di offrire comunque unatutela agli interessati, ad esempio considerando anche allastregua di segnalazioni i ricorsi proposti in maniera nonconforme all’art. 29 della legge e al d.P.R. n. 501/1998. Inogni caso, quando ciò era possibile, il Garante ha sempretenuto a chiarire che il pronunciamento dell’Autorità, magaririferito ad un particolare aspetto della vicenda, non preclude-va a coloro che avessero avuto interesse di instaurare, anchedinanzi alla competente autorità giudiziaria, specifichecontroversie dirette ad ottenere giudizi di cui il Garante nonpoteva farsi carico anche a causa dell’insufficienza deglielementi di valutazione sottoposti al suo vaglio (si veda, pertutti, il Provv. del 21 febbraio 2000).In alcuni casi, infine, l’Autorità ha avviato autonomamenteprocedimenti distinti da quello aperto su istanza degli inte-ressati, al fine di accertare il rispetto della normativa sullariservatezza con riguardo a profili in parte diversi da quellisegnalati o che comunque richiedevano di essere autono-mamente valutati (si veda, per tutti, la decisione adottata il27 agosto 2000 su un ricorso presentato dai genitori di unaminore, in relazione ad alcuni articoli dedicati ad un procedi-mento giudiziario, pubblicati da un quotidiano locale).

P R I V A C Y

Indebite ingerenze nellavita privata dei minoripossono comportare danniirreparabili nella relativa vitadi relazione e nello sviluppodella personalità, derivantia volte dalla tendenza aspettacolarizzare vicendeche meriterebbero invecemaggiori cautele da partedei media. Per tale ragione,anche nel corso del 2000 ilGarante si è visto più volteobbligato a richiamare alrispetto dei precisi limiti alla

diffusione dei dati personalisui minori (si veda, in parti-colare, il Provv. del 22 apri-le 2000). Come è noto,infatti, al fine di tutelarne lapersonalità, i giornalisti nondevono pubblicare i nomidei minori coinvolti in fatti dicronaca, né fornire partico-lari in grado di condurre allaloro identificazione.Questo, nella consapevo-lezza che la tutela dellapersonalità del minore siestende anche ai fatti che

non sono specificamentereati, tenuto conto dellaqualità della notizia e dellesue componenti. Inoltre, perespressa previsione norma-tiva, il diritto del minore allariservatezza deve esseresempre considerato comeprimario rispetto al diritto dicritica e di cronaca. Quan-do, tuttavia, per motivi dirilevante interesse pubblicoe fermi restando i limiti dilegge, il giornalista decidedi diffondere notizie oimmagini riguardanti minori,deve farsi carico dellaresponsabilità di valutare sela pubblicazione sia davve-ro nell’interesse oggettivodel minore, secondo i prin-cipi ed i limiti stabiliti anchedalla cosiddetta “Carta diTreviso” (art. 7 del codice dideontologia sul trattamentodei dati personali nell’eser-cizio dell’attività giornalisti-ca).In applicazione di questiprincipi, l’Autorità ha dispo-sto il blocco dei dati relativialle molestie subite da unaminore ad opera dei suoirapitori nei confronti di unaserie di testate giornalisti-che (Provv. 20 giugno2000). Alcuni organi distampa a diffusione nazio-nale avevano reso note, neititoli e nel corpo degli arti-coli, talune circostanze rela-tive alle molestie sessualiche apparivano perpetratedai rapitori di una minore. IlGarante ha disposto il bloc-co muovendo dalla consi-derazione che la possibileed ulteriore divulgazionedei dati relativi alle molestie,a prescindere dalla loroeventuale rilevanza sotto ilprofilo penale (profilo per ilquale è stata investita lacompetente autorità giudi-ziaria in relazione all’art.734-bis c.p.),avrebbe com-portato il concreto rischio diun pregiudizio rilevante perl’interessata.Un provvedimento, dunque,

da cui derivava per gli edito-ri titolari del trattamento eper i responsabili del mede-simo, un preciso obbligo disospendere ogni ulterioreoperazione di trattamentodiversa dalla mera conser-vazione delle informazionigià raccolte e, in particola-re, di astenersi dal diffonde-re ulteriormente i medesimidati anche in modo indiret-to, attraverso la pubblicazio-ne delle corrispondenti partidello stesso provvedimentodel Garante.In questo contesto meritadi essere infine ricordataan-che una decisioneassunta dall’Autorità nell’a-gosto 2000, con riguardoall’av-venuta pubblicazionesu taluni organi di informa-zione di liste di soggettiresponsabili di gravi atti diviolenza a danno di minori.In merito a tali vicende, ilGarante era intervenutocon un comunicato stampaper ricordare che la diffu-sione indiscriminata diinformazioni non trovafondamento nel nostroordinamento.Tali notizie, infatti, aprescindere dalla loro realeefficacia sul piano dellaprevenzione e dalla circo-stanza che i dati possanoessere desunti anche dafonti accessibili (quali, ades. pronunce giudiziarie),sono suscettibili di valuta-zione critica e fonte dicontenzioso potendo an-che, a seconda dei casi,oltre che determinaredanni agli stessi minoriindirettamente identificabi-li, com-portare responsabi-lità per eventuali inesattez-ze dei dati, oppure pergiudizi indifferenziati susituazioni in realtà difformio per la lesione del dirittoall’oblio di persone interes-sate rispetto a fatti talvoltaassai risalenti nel tempo(comunicato stampa del 23agosto 2000).

Attività giornalistica e rispetto dei principi della legge n. 675/1996

anche trattamenti particolarmente delicati per la protezionedei dati, quali la diffusione attraverso i mezzi di informazione.Al riguardo, si può ricordare il caso in cui l’Autorità è statachiamata a decidere sul ricorso presentato da un avvocatoper lamentare l’avvenuta pubblicazione – su una rivistadell’ordine di appartenenza – del provvedimento di sospen-sione dalla professione adottato nei suoi confronti. In taleoccasione, il Garante ha avuto modo di ribadire che la leggen. 675/1996 non ha modificato la disciplina legislativa relativaal regime di pubblicità degli albi professionali ed alla conosci-bilità degli atti connessi. Per tale ragione, deve ancora rite-nersi che tali Albi siano destinati per loro natura e funzionead un regime di piena pubblicità, anche della tutela dei dirittidi coloro che a vario titolo hanno rapporti con gli iscritti aglialbi (Provv. del 29 marzo 2001).Molte delle disposizioni che regolano tale forma di pubblicitàsono spesso risalenti nel tempo e necessitano pertanto diessere aggiornate anche al fine di individuare in modo piùpreciso le diverse forme di diffusione consentite, secondo lalogica sottesa alla legislazione in materia di riservatezza (art.27, comma 3, l. n. 675/1996). Ciò, tuttavia, non fa venir menola qualificazione degli Albi professionali come atti pubblici nonsolamente conoscibili da chiunque, ma anche oggetto didoverosa pubblicità. Più specificamente, il Garante ha chiaritoche la ratio sottesa alla pubblicità degli Albi e dei periodiciaggiornamenti relativi a nuove iscrizioni e cancellazioni ricor-re anche per i provvedimenti che comportano la sospensioneo l’interruzione dell’esercizio della professione. Sebbene l’or-dinamento preveda al riguardo specifiche forme di pubblicità(es. comunicazione a tutti i consigli dell’Ordine degli avvocatied alle autorità giudiziarie del distretto al quale il professioni-sta appartiene: art. 46, commi 1 e 3, r.d.l. n. 1578/1933), èchiaro che le stesse consentono a chiunque di venire lecita-mente a conoscenza di determinati provvedimenti e di darnelegittimamente ulteriore notizia. Il Garante ha potuto così affer-mare che i provvedimenti disciplinari dei consigli dell’Ordine edel Consiglio nazionale forense devono essere consideratiquali atti pubblici soggetti ad un regime di conoscibilità. Ciò,pur in assenza di disposizioni più analitiche di legge o di rego-lamento in cui siano previste particolari modalità di diffusionea favore di determinati soggetti, ulteriori rispetto a quelli speci-ficamente indicati come destinatari dalle norme vigenti.L’interesse alla riservatezza del professionista destinatario diuna misura disciplinare non può ritenersi quindi prevalenterispetto all’interesse generale alla conoscenza del provvedi-mento medesimo ed è pertanto lecita la divulgazione dellanotizia del provvedimento stesso attraverso riviste, notiziarioaltre pubblicazioni curate anche dagli ordini interessati. Ciò,ovviamente, nel presupposto che la diffusione del provvedi-mento avvenga in modo corretto ed in termini esatti ecompleti, secondo quanto disposto dall’art. 9 della legge n.675/1996.

Pubblicazione a mezzo stampa dei dati relativi ai redditi dichiarati

Nel corso del 2000 (nonché nei primi mesi del 2001), ilGarante è stato chiamato ad occuparsi della diffusione, adopera dell’Amministrazione finanziaria, dei dati relativi alreddito delle persone fisiche anche con riguardo alla loropubblicazione da parte degli organi di informazione. Taletema è stato già affrontato dall’Autorità in diverse occasioni,chiarendo che la disciplina vigente prevede espressamentela pubblicazione di determinati elenchi di taluni contribuenti edel relativo reddito. La stessa normativa dispone inoltre laformazione, da parte di ciascun comune, degli elenchi nomi-nativi di tutti i contribuenti che hanno presentato la dichiara-zione dei redditi o che esercitano imprese commerciali, arti eprofessioni (v. par. 13 della presente Relazione), elenchi,questi, che devono essere depositati per un anno presso gliuffici delle imposte e i comuni interessati ai fini della consul-tazione da parte di chiunque (art. 69 d.P.R. n. 600/1973 comesuccessivamente modificato in particolare dall’art. 19 l. n.413/1991).

LA TUTELA DEI MINORI

I minori restano tra i soggetti più esposti e indifesi rispetto al rischio di lesione dei propri diritti fondamentali(ed in particolare del diritto alla riservatezza) da parte dei mezzi di informazione

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9ORDINE 8 2001

DOPO L’INCARICO DI CURARE LA RUBRICA DELLE LETTERE DEL “CORRIERE DELLA SERA”

ABRUZZO: “GIUDICE SULLE INCOMPATIBILITÀ È SOLTANTO IL CONSIGLIO DELL’ORDINE”

Mieli successore di Indro Montanelli si autosospende da direttore editoriale

Il direttore del giornale. L’articolo 3 dellalegge 633/1941 sul diritto d’autore enumeratra le opere collettive dell’ingegno anche leriviste e i giornali (e alle riviste e ai giornali èpoi dedicato la sezione II del Capo IV dellalegge). Il successivo articolo 7 afferma che“è considerato autore dell’opera collettiva chiorganizza e dirige la creazione dell’operastessa”. Il direttore responsabile - alla luceanche dell’articolo 6 del Cnlg e dell’articolo57 del Cp - è pertanto l’autore dell’operacollettiva dell’ingegno denominata “giornale”o “rivista”.I poteri del direttore fissati dal contratto.Dice l’articolo 6 del Contratto: “La nominadel direttore di un quotidiano, periodico oagenzia di informazioni per la stampa ècomunicata dall’editore al comitato o fiducia-rio di redazione con priorità rispetto aqualunque comunicazione a terzi, almeno48 ore prima che il nuovo direttore assumala carica.Le facoltà del direttore sono determinate daaccordi da stipularsi tra editore e direttore,tali, in ogni caso, da non risultare in contra-sto con le norme sull’ordinamento dellaprofessione giornalistica e con quanto stabi-lito dal presente contratto. Questi accordi,con particolare riguardo alla linea politica,

all’organizzazione e allo sviluppo del giorna-le, del periodico o dell’agenzia di informazio-ni per la stampa sono integralmente comu-nicati dall’editore al corpo redazionale trami-te il comitato o fiduciario di redazione,contemporaneamente alla comunicazionedella nomina del direttore.Quale primo atto del suo insediamento ildirettore illustra all’assemblea dei redattorigli accordi di cui al comma precedente e ilprogramma politico-editoriale concordatocon l’editore.È il direttore che propone le assunzioni e,per motivi tecnico-professionali i licenzia-menti dei giornalisti.Tenute presenti le norme dell’art. 34, ècompetenza specifica ed esclusiva del diret-tore fissare ed impartire le direttive politichee tecnico-professionali del lavoro redaziona-le, stabilire le mansioni di ogni giornalista,adottare le decisioni necessarie per garanti-re l’autonomia della testata, nei contenuti delgiornale e di quanto può essere diffuso conil medesimo, dare le disposizioni necessarieal regolare andamento del servizio e stabili-re gli orari secondo quanto disposto dalsuccessivo articolo 7.

Osservazioni Dall’insieme delle normecitate e alla lettura dell’articolo 6 del Contrat-to emerge l’anomalia italiana per quantoriguarda il ruolo del direttore: gli organi socie-tari non possono mettere il dito nella struttu-ra della redazione e nella fattura del giornaleuna volta concordati con il direttore linea poli-tica, organizzazione e sviluppo del quotidia-no. Gli accordi editore-direttore devono esse-re “tali, in ogni caso, da non risultare incontrasto con le norme dell’ordinamentodella professione giornalistica e con quantostabilito dal Contratto”. Negli accordi editore-direttore evidentemente non possono esserecontenute clausole in contrasto con taliprincìpi. Il direttore in conclusione attua lalinea politica concordata con l’editore, garan-tisce l’autonomia della testata (e dei redatto-ri) e anche la qualità dell’informazione (arti-colo 44 del Cnlg). Una volta che l’editore haprovveduto a nominare il direttore gli rimanein tasca soltanto la lettera di licenziamento.IIl direttore editoriale. È una figura nondisciplinata dalla legge o dal Contratto. Sipuò dire che esercita i poteri dell’imprendito-re, che ne è lo stratega e che ne controlla i“prodotti”, suggerisce le decisioni sia perquanto riguarda gli uomini-guida delle testa-te e sia i programmi operativi.

Conclusioni Direttore responsabile edirettore editoriale sono figure antitetiche nelcorpo dell’impresa. L’uno, il direttore, è comegli ammiragli in mare (hanno solo Dio sopradi loro); l’altro, il direttore editoriale, è l’azien-da editrice del “prodotto” pensato e realizza-to dal direttore responsabile. Non ci puòessere subordinazione dell’uno all’altro oviceversa. Il direttore responsabile, alla lucedell’articolo 57 del Cp, risponde penalmentedi tutto quello che viene pubblicato sul gior-nale, quindi non solo gli articoli, ma anche larubrica delle lettere, le inserzioni e i testipubblicitari.L’articolo 57 (letto in maniera coordinata conl’articolo 7 della legge 633/1941 e con l’arti-colo 6 del Cnlg), quindi, dà al direttore il pote-re di controllare articoli, rubrica delle lettere,inserzioni e testi pubblicitari e dall’altro latoobbliga gli articolisti, i curatori delle lettere,delle inserzioni e dei testi pubblicitari a ubbi-dire. L’ultima parola spetta sempre al diretto-re responsabile (anche nei riguardi delrappresentante dell’editore). È indubbio chela presenza dell’uomo dell’editore in redazio-ne crea squilibri e potenziali “diarchie”, chenon giovano alla serenità della vita redazio-nale e al rispetto del ruolo del direttore”.Franco Abruzzo, presidente OgL

Milano, 11 settembre.Il presidentedell’Ordine dei giornalisti della Lombardia ha ricevuto il comunicato che il Cdr del“Corriere della Sera”ha diffuso ieri seraalle 20.15 all’internodella redazione.Questo il testo:

Oggetto: MIELI SI AUTOSOSPENDE.Paolo Mieli si è autosospeso da direttoreeditoriale del Corriere della Sera a far datada oggi. Questa decisione è stata presa inrelazione all’incarico ricevuto da Mieli dirispondere ogni giorno a una lettera deilettori. La notizia dell’autosospensione èstata comunicata al Cdr dal direttoreFerruccio de Bortoli nel corso di un incon-tro avvenuto oggi alle 17. Nei giorni scorsigli Ordini dei giornalisti di Milano e Roma ela Fnsi, sollecitati dal Cdr, avevano espres-so un giudizio di non compatibilità tra l’in-carico affidato a Paolo Mieli come succes-sore di Indro Montanelli nel rispondere ailettori e la sua carica di manager (comedirettore editoriale risponde all’editoreRcs).

Ecco il testo completo della comunicazionedel direttore: «Fatte salve tutte le prerogati-ve della redazione, Paolo Mieli risponde daoggi ogni giorno a una lettera. Mieli si èautosospeso da direttore editoriale delCorriere da far data da oggi. L’editore si èriservato di accettare la decisione di Mieliinvestendo la Fieg del quesito se esista ono incompatibilità tra la carica di direttoreeditoriale e l’incarico giornalistico che gli èstato affidato». È un primo, parziale risultatodell’azione voluta dal Cdr fin dall’inizio dellavicenda. Tuttavia Mieli mantiene l’incarico didirettore editoriale della Rcs (Corriere dellaSera escluso) e quindi l’autosospensionelascia irrisolta la sostanza del problema: unmanager aziendale risponderà ai lettori delCorriere della Sera.

Tengo a sottolineare che il giudice esclu-sivo delle compatibilità professionali èsoltanto il Consiglio dell’Ordine. Noncertamente la Fieg o la Fnsi. Il Cdr all’in-terno delle aziende deva far rispettareanche la legge n. 69/1963 sull’ordinamen-to della professione giornalista. È uncompito fissato nell’articolo 34 del Cnlg.Non spetta, credo, ai direttori responsabiliaccettare o meno le dimissioni di chic-chessia da incarichi manageriali. Sullavicenda ho espresso, su richiesta del Cdrdel Corriere della Sera, un parere nonvincolante.

Commento di Franco Abruzzo

Il testo del parere

Accordo con il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia

Paolo Panerai ha rinunciato alle cariche di amministratore delle società del Gruppo Class

Presidenti degli Ordini regionali dei giornalisti riuniti nella Consulta

“Irritualela richiestadi danni tra colleghi”

Milano, 10 settembre. Su richiesta del Consigliodell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, istituzional-mente impegnato nella tutela dell’integrità e delladignità della professione, il giornalista professionistadott. Paolo Panerai ha concordato con lo stesso Consi-glio sul dovere che i giornalisti, in base alla leggeprofessionale e a tutte le regolamentazioni volontarieassunte, non abbiano a essere o ad apparire mai inposizione tale che l’esclusività dell’attività giornalisticapossa essere confusa con altre attività, inclusa quelladella responsabilità gestionale societaria, se non per leattività editoriali.Per questo Panerai ha volontariamente rinunciato atutte le cariche di Amministratore unico che ricoprivanelle varie società del gruppo Class Editori, passandoad altri l’incarico e assumendo la presidenza delle stes-se. Ha ribadito in tal modo il primato dell’attività giorna-listica come garanzia dell’autonomia e della trasparen-za dell’informazione.-------Conseguentemente Paolo Panerai rimane iscritto nell’e-lenco professionisti dell’Albo di Milano e mantiene ladirezione responsabile dei quotidiani e dei settimanalidel Gruppo Class.

Prevale il principiodell’esclusiva

professionale fissatodalla legge 69/1963

Roma, 14 settembre. È irri-tuale che un giornalista chie-da un risarcimento danni adun altro giornalista “con glistessi sistemi che si conte-stano a livello di categoria’’.Così la Consulta deiPresidenti e Vice Presidentidell’Ordini dei giornalisti si èespressa in relazione alla ci-tazione in giudizio civile conla richiesta di un miliardoavanzata da un collega diRepubblica ai danni delPresidente dell’Ordine deigiornalisti della Sicilia.“La Consulta dei Presidentie dei Vice Presidenti riunitaa Roma il 13 settembre2001 - spiega una notadell’Ordine - sottolinea che,nel momento in cui gli orga-nismi rappresentativi dellacategoria, Ordini in prima li-

nea, sono impegnati nel tentativo di porre un arginealle innumerevoli richieste di risarcimento danni nei con-fronti di colleghi colpiti nell’e-sercizio della loro attivitàprofessionale, appare irri-tuale che un giornalista col-pisca un altro giornalista congli stessi sistemi che si con-testano a livello di categoria.La Consulta ritiene che altrepossano essere le procedu-re per far valere le proprieragioni, al di là del merito delgiudizio’’.La pronuncia della consultadegli Ordini è stata adottatain relazione alla richiesta diun miliardo di lire avanzatadall’inviato di Repubblica,Attilio Bolzoni, nei confrontidel presidente dell’ Ordinedei giornalisti di Sicilia Bent

Parodi. La prima udienza èstata fissata davanti alTribunale Civile di Agrigentoper il prossimo 26 novem-bre.Ad un convegno sull’ abusi-vismo nella Valle dei Templi,Parodi aveva definito Bolzonied altri due colleghi, uno del-la Rai, l’ altro dell’Espresso“colleghi che dimenticano lasacralità della professione eaccettano il ruolo di killer sucommissione’’.Successivamente aveva ag-giunto: “Sono sempre i solitinoti, che fanno informazionepilotata e spregiudicante,sono urtanti, antipatici, pre-varicatori e camorristi’’.Secondo l’atto di citazione leparole di Parodi, oltre a lede-re l’onorabilità di Bolzoni,che lavorava ad Agrigentosotto scorta della Digos, lohanno ulteriormente espo-sto alla rappresaglia degliabusivi che lo individuarono“come uno degli avversarida combattere con ognimezzo, soltanto per essersi schierato in difesa della le-galità, mettendone a rischiol’incolumità personale’’.

(ANSA)

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Questo intervento è stato letto il 13luglio a Genova,

alla Berc, Biennale

delle rivisteeuropee,all’interno

della giornata

“Sistemiinformativi

e comunicazioni di massa”

e poi aggiornato con i drammatici

avvenimentidelle settimane

successive sino alla morte

di Carlo Giuliani.

Non comprendedunque

le inchiestesuccessive,

e in particolare quella sui

media, dellapolizia

Fenomenologia del G8 a Genova

I media sono la globalità. La globalizzazionesenza i media non sarebbe esistita o sareb-be stata tutt’altra cosa. È la parola stessa,diffusa in chiave globale, che rende globalioggetti, atti e pensieri.E non è un concetto tautologico. Il meccani-smo mediatico è una sorta di arcana creatri-ce e insieme di icona della globalizzazione.Assistiamo stupefatti al suo affermarsi.Cercando di non diventare vittime delle sueillusioni. Nell’offrire il tema della riflessionesu media e globalizzazione, desideravomettere in luce le modalità con cui è statopresentato il G8 al cittadino comune, a coluiche per informarsi legge i giornali.

Cosa raccontano i giornali?I media sono idealmente la struttura nervosadi una società, anzi il suo riflettere civile.Dunque al di là delle posizioni dei partiti,delle correnti di pensiero, delle sue frangeestreme, pacifiste e non, cattoliche e laiche,analizzare i media, la carta stampa a cui èaffidato il compito di informare, significaandare a vedere quale “realtà G8” i mediahanno creato per i cittadini, per la societàcivile.

Spettacolarizzare ad ogni costoIl tragico gioco della spettacolarizzazioneche affligge l’informazione da quando la tvha raggiunto l’età adulta ha inghiottito anchela questione G8. La massa di articoli, che hariempito i giornali, si è trasformata sin daiprimi giorni in una guerriglia in modo lento e

di Paola Pastacaldiconsigliere dell’Ordine dei giornalisti

della Lombardia

inesorabile. La guerriglia informativa è stataintrapresa dal potere globale dei media, datempo disinteressati a raccogliere e atrasmettere il sapere nella sua interezza,dunque nella sua positiva globalità.Disinteressato a indagare e a farsi testimonedi ciò che accade.È per questo che non c’è vera libertà di stam-pa senza che vi sia una sapiente lettura. Èimportante, cioè, che chi legge capisca, rico-nosca i moralismi, le spaccature, le adulazio-ni interessate. Le bugie, i giochi. Ma apriamoi giornali. E leggiamo alcuni titoli. “G8 a difesadell’aeroporto, batterie terra aria contro even-tuali attentati a Genova. Allarme irriducibili,pronti a tutto, l’ultimo rapporto del Viminale.L’ira delle tute bianche: il governo ci provoca.I boicottatori made in Italy. Da un podere inToscana la sfida alle multinazionali”. I titoliche dovrebbero fare da battistrada ai conte-nuti sono essi stessi il contenuto: contengo-no l’allarme, la paura, l’insicurezza. Sin dall’i-nizio il messaggio è: andare a Genova èpericoloso. Oppure, aggiungiamo noi aposteriori, andare a Genova è diventatol’eterno gioco delle parti.

“L’armata dei sognatori e le ragioni dei Gran-di”. Raramente siamo in presenza di titoli noninneggianti al conflitto. Ma quando ci sono,introducono ad una visione fortemente mora-listica e pietistica del mondo.Eccone alcuni. “La miseria, l’esercito deipoveri, i paesi dell’abbondanza. Il grido di chisoffre, arriverà ai potenti? Ascoltate il gridodei più deboli”. Sino al lacrimoso appello “Iosuora durante il vertice marcerò e digiuneròper i poveri”.Anche i titoli che hanno come pretesto gliinterventi di Ciampi rimangono prigionieri diuna visione basata sul pietismo emotivo:“Iniziativa per i paesi in via di sviluppo. Ilnostro impegno per i poveri.” E l’occhielloinvolontariamente cade in un paradosso: “Adifesa dei Grandi 2700 soldati”.

La foto è la notizia Decine di foto di poliziotti schierati e armatidi scudi ed elmetti accompagnano gli articolicome fossero il logo dell’informazione stes-sa. La spettacolarizzazione dell’antiglobale

Giornalisti a confronto prima del vertice di Genova

La globalizzazionee le contraddizionidell’informazioneUn esame di coscienza sulla comunicazionein relazione al G8 prima ancora che il summitsi tenesse. È stato anche questo il sensodell’incontro che ha riunito studiosi dellacomunicazione e giornalisti, a Genova, lasettimana prima del fatidico vertice. L’incontrosi inseriva nel ciclo di conferenze, dedicate aivari aspetti della globalizzazione, promossenell’ambito della Biennale Europea delle Rivi-ste Culturali, che dal ‘99 offre l’occasione diun confronto sulle diverse proposte culturali,perché l’Europa unita non sia solo economi-ca. Nelle varie giornate si è parlato di globa-lizzazione e cooperazione con i paesi poveridel mondo, di frontiere nazionali e conflitti, didiritti alla cultura e modelli di sviluppo. Un’in-tera giornata, poi, è stata dedicata ai sistemiinformativi e di comunicazione di massa.L’esame di coscienza ha riguardato il clima di

di Fausta Speranzaalta tensione che si era creato alla vigiliadell’appuntamento, prima ancora dell’iniziodelle manifestazioni e del triste epilogo dellaprima giornata, chiusasi con la morte delgiovane Carlo Giuliani. Diversi i contributi allariflessione. Il professor Anthony Delano, cheè stato inviato di importanti quotidiani anglo-sassoni e che ora è ricercatore e insegnantedella School of Media di Londra, ha parlato diun’esasperazione dei toni che tradisce i prin-cipi di oggettività e professionalità del buongiornalismo, mentre giornalisti sul campocome Paola Pastacaldi, Gianni Minà e chiscrive hanno denunciato soprattutto il rischioche si perdessero di vista i contenuti.Allargando lo sguardo oltre l’evento, Delanoha messo in luce alcuni rischi dell’informazio-ne globalizzata, che fa rima con digitalizzata.È innegabile che la tecnologia abbia rivolu-zionato il modo di fare giornalismo, bastapensare alla quantità di siti web a disposizio-ne che fa impallidire la rosa dei quotidiani

esistenti al mondo. Fin qui pochi rischi. Ilpunto – ha spiegato Delano – è che la globa-lizzazione delle agenzie di informazione fa sìche sempre meno giornalisti “producano” lanotizia e sempre di più la “lavorino” semplice-mente. Da autorevole veterano, Delanoavverte la necessità di raccomandare aigiovani di conservare la curiosità e la grintaper andare a caccia di notizie, ma si rendeanche ben conto che la necessità di cercareun lavoro, in un campo che non offre nean-che in Gran Bretagna larghi spazi, catalizzale energie dei novelli giornalisti. L’obiettivodiventa un posto al desk che faccia guada-gnare qualche cosa e che inserisca in unastruttura. Con buona pace delle notizie daandare a scovare, ci si dedica a quelle già adisposizione sullo schermo, ricco di lanci diagenzie e di tutto il ben di Dio offerto da Inter-net. Ma – sottolinea provocatoriamente Dela-no – si trova non ciò che si cerca ma quelloche c’è. Su questo ha voluto esprimere il suopunto di vista Michele Mezza, giornalista Raiche ha curato l’avvio di Rainews24, esperi-mento pilota della Rai in tema di nuovi media.“Non era sempre verde la mia valle” ha tenu-to a ribadire, perché “la concentrazione nellaproduzione di notizie non è cosa di oggi”.Secondo Mezza non si ricorda abbastanzache trent’anni fa il 93 per cento delle newspassava attraverso la caporedazione dellaReuters, autorevole e più antica agenzia distampa. Mezza ha poi contribuito alla rifles-sione, e direi anche ai momenti più accesi didibattito, rispondendo idealmente ad alcuneaffermazioni attribuite al cosiddetto popolo diSeattle. Naturalmente, anche di loro si èparlato o meglio di quello che avevano comu-

nicato fino alla vigilia del vertice: molta confu-sione e inesattezze ma sicuramente la vogliadi “disturbare” il lavoro dei compunti rappre-sentanti delle potenze più industrializzate. IlG8 – ha spiegato Mezza – non è la celebra-zione del potere assoluto dell’economia, chesicuramente produce anche situazioni piùche discutibili nel mondo, ma al contrario èuna sorta di democratica pubblicizzazione diquanto avviene nelle stanze dei bottoni. L’ipo-tesi alternativa – fa presente Mezza - è chele decisioni vengano prese “al 124esimopiano di un grattacielo finanziario”. Sicura-mente senza foto di gruppo. È chiaro ilmessaggio: il potere della finanza e dell’eco-nomia non si può demolire impedendo unvertice, che nel regno delle decisioni resta ilmomento forse più democratico di “parteci-pazione” ai popoli. Sono le decisioni cui non“assistiamo”, di cui l’informazione non rendeconto, come per gli appuntamenti ufficiali,quelle che dovrebbero inquietarci e, semmai,far scendere in piazza. Mantenendo forte ilsenso dell’autocritica, si dovrebbe dire, però,che si avverte quantomeno il rischio chequesta democratica pubblicizzazione deicontenuti diventi il resoconto del menu, dellearee shopping frequentate più o meno dallevarie lady, quando non si debba discuteresull’eventuale assenza della consorte propriodel primo ministro del paese ospitante.D’altra parte, non si sta parlando di globaliz-zazione? E allora il discorso non può cheessere sempre allargato a trecentosessantagradi sui vari livelli della società e spalmato alivello mondiale. È l’ottica che, seriamente, haispirato la relazione del professor Jo Groebel,direttore dell’European Institute for the Media,

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richiede un sofisticato restyling dell’ideastessa.L’antiglobalizzazione ha un guardaroba chemerita anche tre quattro colonne e che vadai guanti al casco, al giubbotto sino almodaiolissimo kit del manifestante. La guer-riglia è un gioco. Le richieste di Berlusconiper il summit occupano quasi una pagina esi riassumono in un favoloso riquadro illu-strato su addobbi verdi degli spazi dedicatiai potenti del G8, sull’illuminazione, sul deco-ro più frivolo. Di questa fatua descrizione delcontesto (estetico ambientale) è arduoimmaginare l’interesse, l’utilità. Se non quel-la di fare bella figura, rappezzare le maga-gne un po’ come si faceva in Africa, quandoin occasione delle visite di personalità inter-nazionali ad Addis Abeba Menelik facevatirare su strade e palazzi nel giro di pochigiorni, ordinando ai miserabili della città dinon farsi vedere durante le parate. A Geno-va i palazzi e la piazza del G8 erano lustrati,sapevano di pittura fresca, mentre nei budel-li a pochi metri correvano i topi e i rifiuti siaccumulavano malsani.I media hanno perduto anche un’altra gran-de occasione per fare divulgazione scientifi-ca. I lettori che non hanno voluto rinunciarea “saperne di più” sono stati costretti a fareun generoso affondo nelle librerie o nellebiblioteche . I più tecnologici hanno navigatoin Internet dove c’era tutto e di tutto. Vero ofalso che fosse, certo molto di più che sullacarta stampata. L’informazione ha girato allalarga dai giornali già dalle prime battute delfamigerato incontro.

I personaggi tollerati:Manu Chao Nella miriade di copertine che ci sbattono infaccia le figlie di Chaplin, le Ferilli urlanti perla vittoria della Roma, i servizi “veri” sul G8erano quasi inesistenti e quando c’eranoavevano un taglio da avanspettacolo, dove iprotagonisti diventano soubrette. Vista latendenza maniacale della stampa di perso-

nalizzare qualsiasi fenomeno anche i piùatroci. Ricordo che durante la guerra inBosnia persino la notizia dei primi stupriaveva trovato spazio in prima pagina graziead un fondo che raccontava la storia di unasingola stuprata, aprendo la porta a tutte lealtre migliaia di donne violate.Come ben sanno i giornalisti i media sannooperare il miracolo: anche il singolo scono-sciuto può essere trasformato in personag-gio. Manu Chao era in un certo senso l’unicovero personaggio giudicato dai mediaraccontabile nel contesto mediatico del G8.Con folclore e consueta bonomia. Eccolocomparire come un guru. Uno dei maggiorimagazine italiani lo proponeva in copertina(“Il ritorno del clandestino”). Ma con qualicontenuti, quale storia? Il linguaggio e lemodalità di esposizione, le foto stesse lascia-vano intravedere un personaggio che appar-tiene al fenomeno labile delle mode. Chiamava Manu Chao era meglio si comperas-se un disco e stesse a casa.Questa società della comunicazione ama labanalità (cito il sociologo Jean Baudrillard).La comunicazione è la più grande supersti-zione della nostra era (cito Ignatio Ramonet,direttore di Le Monde Diplomatique). E ilgiornalismo si fa ambiguo. Gioca su più piani.Manu Chao è una bandiera. Ma che bandie-ra? La bandiera del so già tutto, la bandieradella banalità, la bandiera del circolo viziosodel ripetere sempre gli stessi concetti, cosìManu Chao diventa ciò che la stampa deci-de che lui sia. Il suo nome viaggia a fiancodella parola droga, Seattle, Marcos e G8, untrionfo di Logo.Un altro settimanale si prende la briga didescrivere “quelli del G8” come una nuovarazza. I ragazzi del no-global sarebbero quel-li con le Nike, contro i Mc Donald’s, con ilpreservativo in tasca e il matrimonio in chie-sa (ma è così strano avere una fede?) e chesognano figli (il numero di figli è ritornato adessere patrimonio dei partiti e degli opinioni-sti?). Erba, birra e Internet, idee e look di unagenerazione. Pensare che tutti fossero cosìera un tentativo evidente di manipolazionemass mediatica.

istituto di ricerca no profit fondato dall’ex diret-tore del Corriere della Sera, Alberto Cavalla-ri. Jo Groebel ha voluto mettere in luce impor-tanti potenzialità dell’informazione nel villag-gio globale e digitale in relazione al singolocittadino. La prospettiva più significativa saràquella di personalizzare sempre di più il suosempre più attivo rapporto con tutti i mezzi dicomunicazione, che, peraltro, vanno verso laconvergenza in un unico medium, annuncia-ta da tempo da Negroponte. Significa, adesempio, che con la televisione on thedemand potrà scegliere programma e orario,con il proprio telefonino potrà navigare in retee seguire la Borsa. Inoltre, la realtà del singo-lo utente si fa metafora di una condizionesoggettiva da salvaguardare in uno scenariosempre più virtuale. La scommessa – affer-ma Groebel – resta quella, se vogliamo anti-ca, di rispettare l’umanesimo e la cultura. Unascommessa che in particolare deve viverel’Europa Unita. Altrimenti la logica del profitto,che regna nel mondo dell’economia, avràcampo di azione in qualunque ambito delvillaggio della comunicazione globale intempo reale. Più umanesimo – pensiamo -significa allora, senza tante implicazioni filo-sofiche, vita reale dei popoli: affetti e senti-menti, dignità e lavoro. Certamente qualcunoall’interno del popolo di Seattle approverebbema non è detto che ci si metta d’accordo sulcome mettere in pratica tutto questo. Ancheal convegno l’atmosfera si è scaldata quandoGianni Minà, giornalista ben noto che haassunto recentemente la direzione di una rivi-sta che si chiama Latinoamerica, ha parlatodi “lobby economiche”, “poteri più o menoocculti”, “dittature moderne” che affamano

del fatto che non c’è energia elettrica. Ma èsbagliato pensare che resti l’Africa il fanalinodi coda perché situazioni altrettanto difficili sitrovano nelle regioni più povere d’Europa,della Russia, delle zone dell’ex Unione sovie-tica. Per non parlare, poi degli squilibri di casanostra: in Italia Internet ha raddoppiato negliultimi due anni il numero di utenti, ha conqui-stato un italiano su quattro raggiungendoquasi i progrediti livelli della Francia, ma se siindividua l’identikit del 95% degli internauti siscopre che ha meno di quarantaquattro anni,è giovane, maschio e del nord. A uno sguar-do globale, inoltre, non sfugge che l’88%degli utenti Internet vive nei paesi industrializ-zati che rappresentano, però, solo il 17%della popolazione mondiale. Non si tratta dimettere in dubbio la positività di Internet, cherappresenta la chiave di accesso al terzomillennio. Resta da chiarire, però, che lamagia attraverso la quale lo spazio si restrin-ge, il tempo si contrae, le frontiere scompaio-no è affidata a una rete che connette sempredi più chi è connesso ma rischia di escluderesempre di più chi è escluso. Rischia di diven-tare una conversazione dai toni alti che tacitachi ha poca voce, un discorso compattato chefa a meno di tutti gli spazi per inserirsi, propriocome il sistema digitale che compatta i dati.Tutto ciò va tenuto presente insieme con laconsapevolezza che le forze del mercato dasole non correggeranno squilibri e disugua-glianze. L’illusione che il processo di globaliz-zazione potesse funzionare secondo il princi-pio dei vasi comunicanti, livellando miracolo-samente le differenze nella qualità di vita deipopoli, è ormai superata. All’inizio del secoloscorso la proporzione della ricchezza tra

Nord e Sud del mondo era in rapporto di 8 :1,oggi è di 70-80 : 1.D’altra parte, è ormai un concetto acquisitoquello per cui si deve seguire e gestire laglobalizzazione e non lasciarla a se stessa.Proprio in occasione del G8 questo è statoribadito da autorevoli pulpiti. Resta un esamedi coscienza sempre valido: l’informazione dàconto abbastanza di questi dati e soprattuttodelle possibili vie di fuga da un mondosempre più sbilanciato tra chi ha il problemadi come mantenere la linea, dosando odissolvendo calorie, e chi ha ancora l’incubodi come riempire la pancia? È sempre diffici-le raccontarli nelle stesse pagine.Infine, visto che ci permettiamo un esame dicoscienza, ci concediamo anche una racco-mandazione: lasciamo aperta la comunica-zione e vigile l’informazione sulle ragioni,anche confuse o mescolate, del cosiddettopopolo di Seattle, nonchè popolo di Genova.E questo sia che i vertici si tengano in Italiasia che siano ospitati in altri paesi con spazipiù o meno aperti. Ci dovremmo chiederecosa avrebbe fatto Carlo Giuliani, nel dopoGenova, se la scena dell’estintore non fossestata girata, cosa fanno o non fanno tanti suoicompagni di piazza all’interno o ai marginidella società civile.E c’è ancora da domandarsi chi organizza invista degli eventi i black block, o da indagarele ragioni dei missionari che, come suorPatrizia Pasini o Frei Betto, non hanno esita-to ad esserci a Genova, nonostante il tamtam informativo sui rischi del vertice, sulrischio annunciato che tutto venisse comuni-cato in secondo piano rispetto alla voce dellaviolenza.

interi popoli “con l’autorizzazione della comu-nità internazionale e di un’informazione acaccia di tette famose”. È tornato il problemaspettacolarizzazione, davanti al quale non citiriamo mai indietro se l’ambito di discussionegira intorno ai sistemi informativi perché, altri-menti, certi temi invocano analisi geopoliticheben più complesse. Resta il fatto che di infor-mazione si è parlato non solo come comuni-cazione di notizie ma anche come trasmis-sione di dati, in relazione all’informatica chenon a caso condivide la stessa radice lingui-stica. Internet, dunque, può essere conside-rata non solo come uno dei media ma anchecome metafora della comunicazione di oggi:globale e in tempo reale. La globalizzazioneè anche copertura globale dell’informazione.E qui, conservando la lezione sui rischi di uneccesso di tecnologia ma anche sulle poten-zialità nuove, vale la pena di chiedersi qualesia la reale diffusione della World Wide Webnel mondo. Va detto che rappresenta lo stru-mento di comunicazione a crescita più rapidadella storia: il telefono per raggiungere il 30%della popolazione ha impiegato trentotto annie la televisione diciassette, mentre internet loha fatto in soli sette anni. Si può trionfalmenteaffermare che ha cambiato il concetto dispazio e di tempo ma non si può dimenticareche il mondo resta diviso tra ricchi e poveri,tra istruiti e analfabeti, tra informatizzati e non.Nel concreto, un computer costa all’abitantemedio del Bangladesh una cifra pari a ottoanni del suo reddito, mentre l’americanomedio lo acquista con lo stipendio di unmese. In Kenya occorrerebbero dodici anni ein Sud Sudan non si riesce a calcolareperché c’è ancora il baratto, per non parlare

Tutte le foto di questoserviziosonodell’agenziaOlympia.

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Sfogliamo ancora i giornali. “Una voltac’erano le vacanze intelligenti, oggi c’è ilG8. Turismo militante, i pellegrini della poli-tica. La sera andavamo alla Sorbona.Rassegna su chi andava da turista nellaParigi del ‘68. Il porto delle spie, chi offresoldi per avere i nomi dei contestatori”.Dentro la poltiglia mediatica che sono statigli articoli sul G8 è finito triturato per l’enne-sima volta anche il rivoluzionario CheGuevara. Negli ultimi anni il Che è statovampirizzato dai più svariati fenomeninazional popolari. Nelle foto delle perquisi-zioni di Matteo Jade, leader genovese delpopolo di Seattle, salta fuori anche un mani-festo del Che. Il rivoluzionario cubano èstato ucciso da tempo dai media e non daquelli sul G8 dalle vacanze a Cuba e dallemagliette sulla rivoluzione. Un delittoannunciato da Andy Wharol che ne ripro-dusse il volto come fosse una lattina diCoca Cola.E la divulgazione che fine ha fatto? Il titolo “Illibro nero dell’ambiente” che compare in unodei maggiori magazine apre qualche speran-za. Ma sono solo illusioni. Il libro nero abbrac-cia tristemente la via dell’allarmismo, fratellodi primo letto della spettacolarizzazione.Cosa c’è di meglio per allontanare i lettoridall’argomento che dirgli che sarannosommersi dalle inondazioni e dai maremoti.Che Venezia non ci sarà più. Che le steppe sidivorerranno tutto. Che uragani e tifoni, inqui-namento atmosferico, temeprature record,malaria e malattie tropicali ci distruggeranno.È vero che sono gli stessi rapporti mondialisull’ambiente a denunciare una realtà asso-

lutamente estrema e drammatica.Ma noi aggiungiamo che l’impatto di questenotizie, come di ogni altra notizia, può esse-re alzato o abbassato anche solo con dimi-nuendo o aumentando i centimetri di unafoto. Anche solo estrapolando concetti limitie facendone dei titoli come se rappresen-tassero tutto il contenuto dell’articolo.Anche usando foto di vecchi avvenimentiper rappresentare una realtà che non èancora accaduta, ma che i media suggeri-scono a chi legge, sinuando la paura chepotrebbe accadere.

La comunicazione è la nuova superstizioneCome dice Ignatio Ramonet la comunicazio-ne è la principale superstizione di questaera. Si offre come ultima panacea per risol-vere i conflitti dentro la famiglia, la scuola, lostato, l’ambiente. Ma c’è il sospetto chequesta stragrande e variegata abbondanzastia portando nuove forme di alienazione.Anziché liberare gli spiriti i suoi eccessi liimprigionino.Credo che i lettori che possiamo definiresapienti si sentano globalmente rassegnati.Tutto quello che è accaduto nel mondo èstato documentato. Forse non tutto, tutto. Maquello che conta e che più penalizza i lettoriè che questo tutto non viene più contestua-

Fenomenologia del G8 a Genova

Indagare per informare

All’improvviso, Genova. E l’imporsi dei fatti edel dovere d’informare spazza via le beghedi categoria o almeno ne dimostra tutta lastrumentalità, facendo vedere, anche a chise l’era scordato, il senso vero di questonostro mestiere. Come un richiamo dellaforesta per ogni giornalista. Chi ha fattocronaca, chi ha raccolto testimonianze, chiha investigato, chi ha selezionato fra l’enor-me messe di materiale rovesciata in rete enelle redazioni dalle telecamerine amatoriali,chi infine senza lavorarci direttamente haperò condiviso il principio deontologico dicercare la verità dei fatti senza pregiudizi esenza timori. Praticamente tutti i professioni-sti dell’informazione si sono riconosciutinell’anonimo collega che alla conferenzastampa di domenica mattina, 22 luglio, inquestura, urlava: “Siamo al di là delle parti,noi, e abbiamo il diritto, il di-rit-to!, di otteneredelle risposte”.

Anche per chi, giornalista, ha la delega protempore di rappresentare i diritti del lavorodei colleghi, il senso del proprio impegnosindacale è apparso immediatamente chia-ro. Tutelare l’agibilità e l’incolumità dei colle-ghi al lavoro in piazza, per cominciare (difronte ai dinieghi degli accrediti, ai discriminiverso le testate e al sospetto verso i freelan-ce), quindi intervenire per ottenerne scarce-razione e referti medici, infine raccoglieretutta la documentazione sulle violazioni allalibertà di stampa e organizzare la denuncia.Il sindacato territoriale e quello nazionale(l’Associazione stampa ligure, assiemeall’Ordine ligure, e la Fnsi) si sono mobilitati,ma ancora prima che partisse l’appello aicolleghi a fornire indicazioni, una gran moledi documentazioni scritte e per immagini ècominciata ad arrivare (www.fnsi.it).

Due cose però sono apparse subito chiaris-sime, due cose con cui bisognerà fare i contise si è seri.

Una, il determinante e coraggioso contributodi cronaca fornito dai freelance e dalla molti-tudine di giovani colleghi (in maggioranza

precari) di radio, televisioni minori, testateweb, pubblicazioni del volontariato sociale.Loro sono la prova provata di come il mestie-re sia vivo pur nel ricambio generazionale ele sue regole deontologiche fortementecondivise e di come, quindi, a noi sindacatotocchi solo di portare a tutti i costi, sotto iltetto del riconoscimento ordinistico e contrat-tuale, queste migliaia di giornalisti di fatto.(Parentesi: ciò, nel sindacato, alla maggio-ranza di noi era già chiaro, sin dalle prioritànella strategia contrattuale: non lo è stato nèsembra ancora esserlo per chi più o menostrumentalmente ha preferito inseguirevecchi tromboni o nuovi equilibristi trasver-sali in nome di polemicuzze precongressua-li. Chiusa parentesi).

La seconda cosa è il recuperato rapportocon la società. L’orgoglio di mestiere che hacondotto istintivamente i giornalisti a “fare lacosa giusta” - a cercare, rischiare, indagareper informare - è stata un’iniezione di fiduciaed autorevolezza, non intaccata nellasostanza dalle fisiologiche polemiche e criti-che sia interne sia dei lettori/utenti. Eppoi perla prima volta in maniera massiccia è statasperimentata, per lo meno in Italia, la capien-za, la tempestività e la capillarità delle Reti.Con la dimostrazione che le opportunità e lequantità di materiali prodotti dalla diffusionetecnologica di massa (telefoni e computerportatili, apparecchi digitali tele-fotografici,internet, il tutto usato da cittadini e associa-zioni durante e dopo Genova) non si sostitui-scono all’informazione fornita dagli operatoriprofessionisti, ossia da noi, come certunisostengono, ma le si aggiungono, fungendoda enorme archivio della memoria e datessuto comunicativo, insomma da super-ipertesto d’un lavoro giornalistico compiutonel rispetto delle regole qualitative e deonto-logiche.

Regole che alla fin fine hanno presiedutoanche alla stesura del pezzo che stateleggendo, se avete la compiacenza di

leggermi, del che vi ringrazio. Nel senso cheintendevo raccontare alcuni risultati sindaca-li, in questo articolo, ma la gerarchia deglieventi, com’è giusto, è stata decisa dallacronaca e Genova è balzata in apertura.Connessa con un altro evento, la morte diIndro Montanelli, il Grande Cronista, chemolti di noi hanno sentito, oltre che come unlutto doloroso, anche come una simbolicaconcomitanza. È significativo che tutto si siatenuto anche sul piano degli eventi. Mi spie-go (e così intanto rendo conto di che usofaccio del mandato che mi avete conferitodelegandomi alla vicesegreteria federale):dopo un paio di settimane di vertenze, peral-tro fortunatamente riuscite - come la conclu-sione del piano tecnologico in Rcs e lecorrette reimpostazioni dei piani di FamigliaCristiana e di Quadratum, l’accordo col liqui-datore del quotidiano on line E-Day, la ratifi-cazione dei contratti trasformati in Mediasetda tempo determinato a tempo indetermina-to -, nonché dopo un certo numero di riunio-ni, direttivi e giunte, più lo sbroglio-matasse(definizione casalinga in cui metto sia lagestione tecnica dei problemi diciamo nazio-nali, dal diritto d’autore agli uffici stampa, siala consulenza operativa su questioni statuta-rie, contrattuali o d’accordi a cdr e singolicolleghi), insomma dopo di ciò, era inprogramma una settimana di fine luglioimperniata su tre eventi.Prima la consegna del Libro bianco sul lavo-ro nero, messo assieme dalla Fnsi, alla cate-goria e alle presidenze di Camera e Senato,poi la presentazione del libro di OrlandoFucilate Montanelli!, infine l’incontro colnuovo presidente Fieg. L’avvicinarsi del G-8ci aveva già dato del filo da torcere, per ilrifiuto di alcuni pass e la vicenda delle petto-rine Fnsi clonate, ma una serie di iniziative edi dichiarazioni del segretario nazionale,Paolo Serventi Longhi, e del presidente dellaLigure, Marcello Zinola, nonché della magi-stratura genovese (che ha dato d’autorità aun collega il pass negato) facevano ritenerela situazione sotto controllo.

di Marina Cosivicesegretario nazionale Fnsi

Il ritrovato orgoglio dei giornalisti durante i tragici fatti di Genova

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lizzato. Il contesto della questione globaliz-zazione non può essere quello rappresenta-to dai quotidiani nazionali: la megafoto a duecolonne e mezza pagina del militare delbattaglione San Marco, armato sino ai denticompreso il cellulare e gli occhiali scuriapparso su un quotidiano. Né il volto che spiadal buco di uno dei blocchi di ferro della zonarossa. Né il passamontagna nero del blocconero trionfante sull’auto incenerita. Né l’artifi-ciere che smonta la bici dinamitarda. Né lazona rossa zeppa di divise che pare la citta-della del milite.Perché il contesto è divenuto la metafora diuna desertificazione ideologica e morale, incui la verità di una rivoluzione si avvia alladefinitiva sconfitta a vantaggio di un poteremostruoso che mette tutto e tutti insieme.Intesse tutto. Assimila tutto. Anche l’opposi-zione, anche la contestazione.Dapprima la città blindata ha prodotto unterrore virtuale. Poi il terrore virtuale si è mate-rializzato con pacchi bomba. E poi anche unmorto, ripreso e visto dalle tv e dalle migliaiadi foto.Un morto - e questo è un segno media-tico agghiacciante - quasi in diretta.Un trionfo dei media, una sconfitta per tutti.Quel corpo adagiato a terra nel sangue einquadrato da un operatore ha incendiatodefinitivamente la guerra delle parti. Comeha visto Le Monde in una magistrale vignet-ta - il quotidiano francese che ha scelto dinon usare le foto è stato alla fine il più chiaro- faceva vedere come su di lui fioccasserodecine di flash per le prime pagine. Dietro unmuro i potenti banchettavano avidi e gli ossidel loro pasto volavano alti sino a raggiunge-

re i poveri, assiepati dietro il filo spinato. E icontenuti del G8, gli argomenti dell’incontrofinivano in coda ai servizi.C’è un modo di dire popolare che Sofri haricordato in una delle sue opinioni da primapagina, prima che il fatto accadesse, “sirespira la paura che ci scappi il morto aGenova”, aggiungiamo noi nella città “metic-ciata dalla globalizzazione antiglobale” e daun’operazione di ordine pubblico tra le piùgrandi del secolo.Percorrendo, ora che il G8 è concluso, uncammino a ritroso dentro la stampa, dentrole prime pagine, i titoli, le foto, le immagini, ipassamontagna, i volti, i militari, le paroleutilizzate, le didascalie, appare come in unracconto già scritta la tragica conclusione, ilsangue, le botte senza motivo, le aggressio-ni, la violenza dei pestaggi, anche il morto.La stampa ha raccontato consapevole omeno una trama già scritta. Bisogna saperleggere i giornali, cambiare la nostra relazio-ne con l’informazione. Capire che questo è ilpotere della mediatizzazione.Questa è la nuova realtà della globalizzazio-ne che nasce dai media.Chiudo dicendo che è necessario averesempre presente un fatto positivo: un giorna-le è un’astrazione. Ci sono diversi giornali eogni giornale è fatto da mille firme, mille testeche cambiano ogni giorno. Un giornale è unsondaggio al giorno, un tentativo al giorno,un ballon d’essai al giorno e una scommes-sa. Perché la stampa non sia cialtrona e nongeneri mostri reali o virtuali è necessarioimparare e insegnare ai giovani la sapienzadella lettura. Paola Pastacaldi

Poi è successo quel che è successo e l’ordi-nata processione degli eventi previsti è salta-ta. Venerdì son cominciate a piovere telefo-nate di denuncia dai colleghi impegnati aseguire le manifestazioni, in un crescendoaffannoso sabato e poi domenica, per cerca-re i giornalisti non solo italiani feriti, arrestati,“scomparsi”. L’alba della nuova settimana,che sarebbe dovuta essere l’ultima primadella breve interruzione festiva federale, s’èaperta con le polemiche internazionali sulcrescendo di violenze a Genova, con lacamera ardente di Montanelli a Milano, conl’esigenza di allestire con basi a Roma (Fnsi)e Bruxelles (Ifj) una raccolta di testimonian-ze e documenti visivi sulle lesioni alla libertàdi stampa. È il bello della diretta, anche nellavoro sindacale.

Mentre una delegazione di Giunta Fnsirendeva omaggio alla salma di Indro, comesegreteria federale lunedì siamo andati dalpresidente della Camera per denunciare illavoro nero nel giornalismo e consegnare ladocumentazione raccolta nel “libro bianco”,com’era preordinato, ma ovviamente siamointervenuti con Pierferdinando Casini anchesui fatti di Genova. L’indomani si sono tenutenelle città dimostrazioni pacifiche contro leviolenze, ed il segretario ed io abbiamopartecipato al corteo di Roma, peraltroassieme a molti colleghi italiani e stranieriche erano lì sia per lavoro sia per testimo-niare l’intangibilità del diritto costituzionale

ad esprimere anche collettivamente leproprie opinioni.A qualcuno la nostra iniziativa non è piaciu-ta, ma anche questo è un diritto rispettabile.Arriviamo così a mercoledì 25 luglio, giorna-ta densissima perché prima della presenta-zione del libro bianco ed in qualche modointrecciando gli argomenti, si trasforma volu-tamente l’affollatissima assemblea in undibattito su Genova e i diritti dell’informazio-ne. Parlano i colleghi che per tre giorni e pertre notti hanno seguito gli eventi, che hannofilmato chilometri di pellicola, scritto decinedi pezzi, ma anche preso manganellate, chehanno avuto le macchine rotte ed i rullinisequestrati, che molto spesso si sono posticoraggiosamente come “forze d’interposizio-ne” fra manifestanti e polizia e fra manife-stanti pacifici e frange violente, che hannocollaborato con la magistratura, che voglionoche la verità o almeno quanta più veritàpossibile sia ristabilita. In aula ci sono anchediversi parlamentari e lo stesso ministro dellacomunicazione Gasparri, intervenuto perdiscutere di precariato, ma che non si sottraealla discussione su Genova. Nel pomeriggiola presentazione del libro su Montanelli èun’importante occasione per riflettere, anchequesta volta a sala piena, sia pure d’unpubblico differente, sul senso della nostraprofessione, sul dovere di essere prima ditutto e in maniera prevalente cronisti. Geno-va entra di prepotenza anche in questadiscussione, soprattutto per ricordare che igiudizi, scrivendo, lo diceva Indro, debbonovenire dopo che sulla carta sono stati scrittifatti e poi fatti e poi ancora fatti. L’indomani,venerdì, la settimana si chiude con l’incontrofra la segreteria Fnsi ed il vertice Fieg guida-to da Luca Cordero di Montezemolo: si sten-de un elenco di argomenti da trattare e se nediscute subito uno, la normativa sulla diffa-mazione, cercando e trovando una lineacomune. Linea che un’ora dopo il presidenteFieg avanzerà nell’incontro, anch’esso giàprevisto da tempo, al ministero. Il lavorosindacale continua.

Invito i colleghi ad inviaremateriale su “libertà di stampa e Genova”al sito federale già citato(www.fnsi.it), come purealla Federazioneinternazionale (www.ifj.org)e all’Associazione liguredei giornalisti (via Fieschi3/26 -16121 Genova).

Le imprese, ormai da tempo, hanno presocoscienza di quanto Internet sia un potentemezzo di comunicazione sul quale possonosvilupparsi importanti relazioni commercialiinternazionali e che consente, a chi fornisceprodotti o servizi, di disporre di un mercatosconfinato e in continua e rapida espansio-ne. Questo aspetto, di indiscusso interesseeconomico, ha determinato l’insorgere nonsolo di liti per l’acquisto di importanti spazi divisibilità in Rete, legate principalmente all’u-tilizzo di nomi a dominio significativi, maanche l’acuirsi di rivalse legali per impedirea terzi di utilizzare tecniche e contenuti finoa oggi monopolio di pochi. Una tale prospet-tiva è particolarmente preoccupante in unasocietà come la nostra, in cui si tende alla“standardizzazione” dei prodotti, che se daun lato consente una maggiore interazionetra culture di tutto il mondo, dall’altro conferi-sce a chi produce gli standard un potereeccessivo e ingiustificato.Se chi possiede materialmente i cavi telefo-nici potesse decidere anche cosa possonodirsi le persone che li utilizzano, sarebbedavvero drammatico, così come c’è daaugurarsi che non si avveri la previsione diLawrence Lessig che vede nell’introduzionedelle trasmissioni su banda larga un pericoloconcreto per la libertà di parola. In questaimportante fase della storia dell’umanità ilgiurista è chiamato a conoscere la tecnicaper comprenderne le conseguenze nonevidenti, ma al tempo stesso è chiamato aponderare le proprie decisioni, con lo sguar-do diretto al futuro. Valori fondamentali qualila libertà di parola, la libertà di impresa e laconcorrenza paritaria tra le imprese nonpossono venire meno, neanche online.Questo è quanto è emerso anche recente-mente al convegno tenutosi a Stresa il 4 e 5maggio, organizzato dal Centro nazionale diPrevenzione e difesa sociale, nel corso delquale si è discusso del rapporto tra diritto edeconomia, evidenziando come spesso l’uti-lizzo di certi strumenti giuridici giuochi unruolo fondamentale nell’evoluzione della vitasociale.

Diritto d’autoreIl caso Napster ne è un esempio. La leggesul copyright, varata per ricompensare gliartisti dello sforzo creativo, consente aiproduttori di guadagnare rilevanti somme dalpagamento dei diritti da parte dei consuma-tori, dei quali solo una minima parte va poimaterialmente a finire nelle tasche degliautori. Napster, al di là della violazione omeno del diritto di copyright, ha dimostratocome sia possibile diffondere, e anchevendere, musica in un modo nuovo, even-tualmente anche facendo a meno deiproduttori e dei distributori tradizionali,consentendo agli autori di guadagnare di piùe ai consumatori di ottenere lo stessoprodotto a un prezzo più basso. Una talepossibilità non può non fare paura e perquesto le major, che attualmente detengonol’80% del mercato, sono intenzionate più afare chiudere i siti scambia-files che a crear-ne di propri e concorrenziali, proprio per

di Laura Turini

Dal convegno di Stresa è emersa l’urgenza di adeguare il diritto all’economia digitale

Una battaglia a colpi di copyright

A N A L I S I

I gruppi Usa temono Internet

Fra le aziende multimediali americane è ormai allarme per ildiffondersi dei sistemi peer to peer, che permettono lo scam-bio di dati tra computer via Internet. A descrivere i timoridell’industria Usa è stato ieri l’economista del Mit, LesterThurow. Il fenomeno è iniziato con Napster, il sito utilizzatofino a poco fa da milioni di appassionati per scambiarsi i branimusicali gratuitamente. E con la “banda larga”, entro breve,potranno essere scambiati anche i film. In violazione delcopyright. Senza che le imprese abbiano trovato una solu-zione. dal Corriere della Sera dell’8 settembre 2001

“Il dirittod’autorescomparirà”

evitare che si diffonda la consapevolezza diun mercato che potrebbe gravementenuocere i propri interessi. “Cosa impossibile- ha ribadito David Boies, avvocato delgoverno degli Stati Uniti nel caso Microsoft edifensore di Napster e di altre società delsettore della musica online - per quanto sitenti di fermare sistemi come Napster, ormaisi tratta di un processo irreversibile con ilquale le società della old economy devonoinevitabilmente fare i conti”. A conferma diquesta affermazione basti pensare che inquesti giorni MP3.com ha iniziato a vendereCd “compressi”, che gli utenti possono scari-care direttamente tramite Internet sul propriocomputer.

Vecchio contro nuovo Utilizzare gli strumenti tradizionali, quali lalegge sul copyright, per impedire il diffonder-si di nuove forme di comunicazione e dimercato è indubbiamente un errore. Ciò nonsignifica, e ormai è indiscutibile, che su Inter-net tutto sia permesso, ma solo che occorreridimensionare certe posizioni estremistiche.La proprietà intellettuale è destinata a gioca-re un ruolo fondamentale, ma deve esserereinterpretata. Non a caso a Stresa si èparlato della teoria degli “Essential Facilities”,presentata da Gustavo Ghidini, professoredi diritto industriale alla Luiss di Roma, inbase alla quale è importante che i mezziessenziali per fornire beni o servizi siano adisposizione di tutti, mentre non è ragione-vole che, attraverso il copyright o altri dirittidi proprietà intellettuale, si possa impedire aqualcuno, ingiustificatamente, di utilizzarequalcosa che non potrebbe procurarsi altri-menti. Se così fosse si determinerebberoposizioni di monopolio gravi e insostenibili.La proprietà intellettuale deve essere salva-guardata e remunerata, ma non può essereuno strumento per tagliare la strada alprogresso. È un sentimento collettivo, che siavverte sia tra i consumatori sia tra i giuristi,che non si possa continuare solo a reprime-re e che in certi casi lo si stia facendo inmodo eccessivo. La tecnologia consente diostacolare il diffondersi dei dati ben oltrequanto sia concesso. Basti solo considerareche i filtri o i meccanismi che impediscono ildownloading di certi file, crea un monopoliodi fatto, indipendentemente dal fatto che queicontenuti siano coperti o meno da dirittod’autore.

Ripensare il copyright In questo clima di ripensamento della leggesul diritto d’autore è intervenuta la Danimar-ca nella persona del ministro della CulturaElsebeth Nielsen, che ha varato una propo-sta di legge in base alla quale sarà consen-tito non solo duplicare i cd, ma anche scari-care musica e copiarla sul proprio computerper uso personale. Si tratta di una presa diposizione che ha suscitato le ire delle societàmusicali e della quale è difficile prevedere glisviluppi ma che dimostra ancora una volta,se ce ne fosse bisogno, che la società recla-ma una svolta che il diritto, e chi lo applica,non può evitare che avvenga.

da Il Sole 24 Ore del 18 maggio 2001

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14 ORDINE 8 2001

Il Tribunale civile di Milano

conferma lasanzione inflitta dal Consiglio

della Lombardia al direttore

e a un inviato di “Oggi”

Il giornalista che pubblicail nome del minore feriscela dignità della professione

Milano, 18 settembre. “Con la pubblicazione delle generalità e dell’immagi-ne di un minore, il comportamento in concreto tenuto dal giornalista estenso-re dell’articolo e dal giornalista direttore della testata è idoneo a violare lenorme di legge dettate a tutela della personalità altrui (sub specie di lesionedella normativa a tutela dei minori, come approvata dalla Convenzione diNew York e recepita nel nostro ordinamento con legge 176/1991) nonché adessere valutato come non conforme al decoro ed alla dignità professionalicosì da compromettere anche la dignità dell’Ordine (sub specie di violazionedi precisi intendimenti fatti propri dalla categoria con la sottoscrizione delleCarte di Treviso e dei doveri)”.È questo il filo conduttore della sentenza n. 8009/2001 con la quale la quintasezione civile del Tribunale di Milano (Francesco Malaspina, presidente;Maria Iole Fontanella e Caterina Apostolati, giudici; Renzo Magosso e MariaGrazia Marzatico, giornalisti giudici aggregati) ha ritenuto “meritevole diconferma il provvedimento del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti

e ciò anche in relazione alla diversità di sanzioni inflitte ai ricorrenti medesimi(censura al direttore della testata e avvertimento all’estensore dell’articolo)stante la diversità di ruolo degli stessi, adeguatamente valorizzata nel citatoprovvedimento”.I ricorrenti sono Paolo Occhipinti e Massimo Laganà (nelle rispettive qualitàdi direttore del settimanale Oggi e di autore dell’articolo).Il Consiglio nazionale aveva confermato la decisione del Consiglio dell’Ordi-ne dei giornalisti della Lombardia.Il Pm ha chiesto la conferma delle delibere sanzionatorie del Consiglio nazio-nale e del Consiglio dell’Ordine di Milano.Il procedimento riguarda la pubblicazione di un articolo relativo alla vicendadella minore Serena Cruz, della quale veniva pubblicato su Oggi del 14giugno 1995 il nuovo nome e cognome nonché il luogo di abitazione dellafamiglia adottiva unitamente ad immagini fotografiche riproducenti la minorestessa.

MOTIVI DELLA DECISIONE. Deve, preliminarmente, osser-varsi come il dott. Occhipinti ed il dott. Laganà non contesti-no le circostanze di fatto poste alla base dell’irrogazione dellerispettive sanzioni disciplinari (quanto all’avvenuta pubblica-zione dei dati anagrafici della minore nonché delle riprodu-zioni fotografiche della stessa) bensì la qualificazione e l’inci-denza dal punto di vista deontologico dei fatti stessi, cosìcome riportati dai Consigli regionale e nazionale nei rispettiviprovvedimenti.In particolare, i ricorrenti sottolineano come l’articolo avesselo scopo di rendere edotta l’opinione pubblica dell’esito diuna vicenda che alcuni anni prima aveva formato oggetto diampio dibattito anche giornalistico, come la stesura dell’arti-colo non avesse in concreto comportato alcun effetto pregiu-dizievole per la minore stessa, come la pubblicazione fosseavvenuta con il consenso dei genitori e come, infine, la reda-zione dell’articolo dovesse essere ritenuta quale legittimaestrinsecazione del diritto di cronaca.Detti rilievi, peraltro, non appaiono - a parere del Collegio -meritevoli di positiva considerazione, onde deve farsi luogoalla conferma della impugnata decisione, siccome esente dacensure e congruamente motivata.Ed infatti, l’articolo oggetto di contestazione si incentra sulledichiarazioni rese nel corso di un’intervista dai genitori adot-tivi di una bambina che - conosciuta con il nome di fantasiadi Serena Cruz - era diventata protagonista di un fatto dicronaca circa cinque anni prima della pubblicazione dell’arti-colo per cui è causa, per essere stata allontanata - con prov-vedimento del Tribunale per i minorenni di Torino - dallapropria famiglia adottiva e per essere stata affidata ad unadiversa famiglia (che è quella con la quale tuttora vive ed infavore della quale si è perfezionato il procedimento di adozio-ne definitiva).Su questa vicenda, quindi, si era aperto agli inizi degli anni‘90 un acceso dibattito che aveva coinvolto tutta l’opinionepubblica, anche in relazione alle scelte effettuate dal legisla-tore nella regolamentazione delle adozioni nazionali ed inter-nazionali.Proprio in connessione con questa ed altre vicende che nelmedesimo periodo avevano avuto come protagonisti deiminori, l’Ordine dei giornalisti aveva avvertito la necessità diregolamentare in modo più puntuale i limiti e le modalità diintervento dei propri iscritti nella presentazione al pubblico ditali casi, onde erano state assunte delle precise indicazioniin materia sia nell’ambito della cosiddetta Carta di Treviso sianella Carta dei Doveri del Giornalista.In particolare, la carta di Treviso - sin dalla sua prima formu-lazione del 5.10.90 ed in modo ancora più evidente nella suanuova formulazione del novembre 1995 - prevede espressa-mente “il rispetto per la persona del minore, sia comesoggetto agente, sia come vittima di un reato, richiede ilmantenimento dell’anonimato nei suoi confronti, il che impli-ca la rinuncia a pubblicare elementi che anche indirettamen-te possano comunque portare alla sua identificazione; latutela della personalità del minore si estende a fatti che nonsiano specificamente reati”.

Ed ancora, la Carta dei Doveri del Giornalista prevede che ilgiornalista: “non pubblica il nome o qualsiasi elemento chepossa condurre all’identificazione dei minori coinvolti in casidi cronaca; evita possibili strumentalizzazioni da parte degliadulti portati a rappresentare e a far prevalere esclusivamen-te il proprio interesse; valuta, comunque, se la diffusionedella notizia relativa al minore giovi effettivamente all’interes-se del minore stesso”.La richiamata Carta dei Doveri, poi, prevede espressamenteche la violazione delle summenzionate disposizioni costitui-sce violazione dell’art. 2 L. 69/63 e comporta l’applicazionedelle conseguenti sanzioni disciplinari.Tutte le prescrizioni sopra richiamate, quindi, devono essereritenute idonee a costituire una esemplificazione del conte-nuto “in bianco” delle norme regolamentari di cui al citato art.2 nonché all’art. 48 della legge 69/1963.Ed infatti, recita l’art. 2 della legge 69/1963: “È diritto insop-primibile dei giornalisti la libertà di informazione e di critica,limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tuteladella personalità altrui”; ed ancora recita l’art. 48 della leggecitata: “Gli iscritti nell’albo, negli elenchi o nel registro, che sirendano colpevoli di fatti non conformi al decoro e alla dignitàprofessionali, o di fatti che compromettano la propria reputa-zione o la dignità dell’ordine, sono sottoposti a procedimentodisciplinare”.Orbene, letto l’articolo per cui è contestazione, non può nonritenersi - conformemente a quanto sul punto assunto daiConsigli regionale e nazionale - che il comportamento inconcreto tenuto dal giornalista estensore dell’articolo e dalgiornalista direttore della testata sia idoneo a violare lenorme di legge dettate a tutela della personalità altrui (subspecie di lesione della normativa a tutela dei minori, comeapprovata dalla Convenzione di New York e recepita nelnostro ordinamento con L. 176/91) nonché ad essere valuta-to come non conforme al decoro ed alla dignità professionalicosì da compromettere anche la dignità dell’Ordine (subspecie di violazione di precisi intendimenti fatti propri dallacategoria con la sottoscrizione delle richiamate Carte di auto-regolamentazione).Ciò in quanto l’articolo in esame si apre con il titolo principa-le del seguente testuale tenore: “Ora Serena si chiamaCamilla Nigro ed è felice”, prosegue con l’espressa enuncia-zione dei dati anagrafici completi dei genitori e delle sorelledella minore (precedentemente nota al pubblico solo con unnome di fantasia), indica il luogo di residenza e si correda difotografie della minore da sola ed unitamente al proprionucleo familiare.Non può, dunque, esservi dubbio sul fatto che il citato artico-lo sia idoneo ad integrare tutti gli estremi oggettivi dellacontestazione effettuata mentre la gravità di tale comporta-mento, contrario ai dettami deontologici, non risulta neppure,attenuata da una concreta esigenza connessa al diritto dicronaca, posto che - al momento in cui l’articolo è apparso -la vicenda non costituiva più oggetto di interesse attuale econcreto (risalendo le vicende dei provvedimenti giudiziari dimodifica dell’affidamento a ben cinque anni prima e nonessendo intervenuto, nelle more, alcun avvenimento concre-to, ulteriore e nuovo, nella vicenda medesima).A maggior gravità dell’addebito contestato, poi, deve ulterior-mente rilevarsi come la pubblicazione dell’articolo - anche di

analogo tenore - ben avrebbe potuto avere luogo omettendola pubblicazione delle fotografie e dei dati anagrafici dellaminore, che poteva agevolmente essere individuata con ilnome di fantasia di “Serena Cruz” (nome con cui, tra l’altro,era nota al pubblico).Né, infine, tali oggettive considerazioni possono esserecontraddette dal tenore delle difese di parte ricorrente (inbase alle quali la pubblicazione dell’articolo sarebbe avvenu-to con il consenso dei genitori e senza che la minore nesubisse alcun pregiudizio psicologico).Ed infatti, l’allegata circostanza della mancanza di conse-guenze pregiudizievoli per la minore all’esito della pubblica-zione (su cui i ricorrenti hanno chiesto darsi ingresso a provatestimoniale) appare del tutto ultronea, posto che l’evitare ilpericolo di tali danni psichici per i minori costituiva la ratiodell’adozione della norma comportamentale cui hanno aderi-to i giornalisti, ma non costituisce certo elemento costitutivodell’illecito contestato.Parimenti risulta irrilevante l’assenso espresso dai genitorialla pubblicazione, posto che tutte le norme come soprariportate vengono dettate nell’esclusivo interesse del minorestesso e ciò anche contro possibili strumentalizzazioni daparte degli adulti (conf. Carta di Treviso sopra citata)E che nella fattispecie i genitori della minore, nel consentiree rilasciare l’intervista, avessero avuto di mira più il loro inte-resse personale che quello della minore si ricava proprio daltenore delle dichiarazioni riportate nell’articolo in oggettoladdove gli stessi testualmente dichiarano: “Abbiamo ascol-tato in silenzio ogni genere di sciocchezze, senza mai reagi-re, perché nostro dovere primario era quello di proteggere laprivacy della bambina e, dunque, non volevamo alimentareulteriori polemiche. Adesso, pero, è giunta l’ora di liberare inostri sentimenti”.Orbene, proprio dal tenore di tali dichiarazioni si evince comele motivazioni che hanno indotto i genitori della minore a rila-sciare l’intervista fossero state esclusivamente di caratterepersonale e non certo finalizzate alla realizzazione unospecifico interesse della minore, né i ricorrenti hanno spintole proprie difese fino ad allegare che la pubblicazione dell’ar-ticolo in questione fosse stata realizzata, appunto, nell’inte-resse della minore stessa (conf. Carta dei Doveri sopra cita-ta).Da tutto quanto sopra consegue, quindi, la valutazione difondatezza dell’addebito disciplinare contestato agli odierniricorrenti, ritenendosi, pertanto, meritevole di conferma ilcensurato provvedimento del Consiglio Nazionale dell’Ordi-ne dei giornalisti e ciò anche in relazione alla diversità disanzioni inflitte ai ricorrenti medesimi (censura al direttoredella testata e avvertimento all’estensore dell’articolo) stantela diversità di ruolo degli stessi, adeguatamente valorizzatanel citato provvedimento.

P.Q.M.Il Tribunale, pronunciando in camera di consiglio, cosìprovvede:rigetta il ricorso ex art. 63 L. 69/63 proposto dai ricorrentiavverso il provvedimento assunto dal Consiglio Nazionaledell’Ordine dei giornalisti in data 12.12.2000.

D E O N T O L O G I A

Roma, 21 luglio 2001. La Rai dovrà reinte-grare nel suo posto di lavoro il giornalistaFurio Focolari, licenziato nell’ottobre del ‘96con l’accusa di aver commesso irregolaritàrelative alla fornitura di capi di abbigliamentoai giornalisti dell’ azienda per le Olimpiadi diAtlanta.Lo ha reso noto l’avvocato del giornalistaDomenico D’Amati secondo il quale la sezio-ne lavoro e previdenza della Corte d’Appellodi Roma ha anche condannato l’azienda di

viale Mazzini a versare a Focolari gli stipendiarretrati. I giudici di primo grado avevanodichiarato illegittimo il licenziamento, ma nonavevano accolto la richiesta di reintegro nelposto di lavoro.La Corte, presieduta da Silvio Sorace, hainfine disposto che la causa prosegua perl’esame della domanda di risarcimentodanni, alla salute e all’immagine avanzatanei confronti della Rai.Nel ‘96 Focolari fu incaricato dall’azienda di

trattare con una società di abbigliamentol’acquisto delle divise Rai per le Olimpiadi. Ilgiornalista fu accusato di aver consentito alladitta di apporre sulla divisa anche il propriomarchio in modo che fosse ripreso dalle tele-camere durante le Olimpiadi. ‘’I giudici - hadetto l’avvocato D’Amati - hanno visionatoore di filmati televisivi e non hanno mai vistoquel marchio constatando che si è trattato diuna montatura indegna e indecorosa neisuoi confronti’’. (ANSA)

La Rai dovràreintegrare Furio Focolari

Corte d’Appello

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I N O S T R I L U T T I

di Sandro Rizzi

Con Antonio Terzi finisce il grande artigianato del giornalismo colto

Alla fine del 1993, prima di andare aCremona per fare nascere un nuovo quoti-diano, Pier Augusto Macchi mi lasciò un fo-glietto con una ventina di righe: “Così - ag-giunse sorridendo - non dovrai fare fatica inarchivio se un giorno dovrai ricordarti delPam...”. Lo presi in giro per l’auto-coccodrillo.C’era tutto “il Pam” (la sua sigla era divenutail suo soprannome) in quel gesto da giornali-sta previdente: l’ironia anche su se stesso, ilgusto per la battuta e il paradosso, la capa-cità di sdrammatizzare, di sciogliere le ten-sioni, di lavorare con rigore ma senza ansia.Ho ritrovato quella biografia domenica 2 set-tembre, quando la figlia Adriana chiamò dal-l’ospedale di Belluno per dirmi che papà eramorto. A 73 anni (e ha voluto rimanere tra lemontagne, nel piccolo cimitero di Vinigo diCadore, poco distante da Cortina, dove s’erainnamorato d’una vecchia osteria dell’800 el’aveva trasformata facendone la sua casadelle vacanze).Scriveva il Pam: “Quarant’anni nei giornali,quasi tutti nei quotidiani, quasi sempre in “cu-cina”, in quasi tutti i ruoli. Comincia nel 1950a Torino, alla Gazzetta del Popolo. Poi al

Corriere della Sera, dieci anni di cui gli ultimicome segretario di redazione: direttoriMissiroli, Russo, Spadolini. Due anni aGenova, redattore capo, per rivoluzionarecon Piero Ottone il vecchio Secolo XIX. Da lìa Roma, redattore capo “in prima” alMessaggero di Sandro Perrone. Una paren-tesi di 2 anni, sempre a Roma, come diretto-re dell’Aga, agenzia di servizi per i quotidianilocali. Nel ‘77 Caracciolo lo incarica di far rivi-vere Il Tirreno di Livorno, innovativo “tabloid”di provincia che diventerà capofila di una soli-da catena. Nel ‘78 torna a Milano, responsa-bile del progetto quotidiani locali del gruppoRizzoli. Dirige il Corriere d’Informazione pun-tando sul “giornale di servizio”. Dirige ancheL’Occhio, con un disperato ma vano tentativodi salvare il primo popolare italiano dagli erro-ri di origine. Poi due anni alla Mondadori, co-me redattore capo centrale di Panorama.Infine ancora al Corriere per occuparsi del-l’introduzione delle nuove tecnologie. Nel1993 gli è affidata la direzione del nuovo quo-tidiano di Cremona Cronaca Padana cheesce il...”. Si chiudono con i puntini gli appuntidi Macchi. Posso andare avanti io, un po’ col-pevole di averlo indotto a tuffarsi in quella chedoveva essere la sua ultima avventura al ti-mone d’un nuovo giornale di provincia, in con-

correnza con lo storico quotidiano cittadino:una sfida che gli era congeniale.Se fossi stato preveggente avrei dovuto sug-gerirgli di godersi la pensione tra le montagneche amava. Lui aveva accettato con il solitoentusiasmo. S’era messo a disegnare me-nabò, a studiare la foliazione e la diffusione,aveva scelto una buona squadra, puntandoanche su una pattuglia di ragazzi della Scuoladi giornalismo della Rizzoli, di cui era stato in-segnante severo e nel contempo paterno. Macon un gruppo editoriale improvvisato e rac-cogliticcio, in un ambiente dai complessi equi-libri di potere, la navigazione fu subito tempe-stosa per un direttore abituato a dare semprele notizie chiunque ne fosse il protagonista.Dopo pochi mesi Macchi si rifiutò di decimarela redazione e fu estromesso senza tanticomplimenti.Presto seguì il fallimento e un gruppetto digiornalisti superstiti riuscì ad ottenere la testa-ta per dare vita a un bisettimanale che, dallafine del 2000, è ridiventato quotidiano.Nonostante una sentenza favorevole, Pamnon ebbe una lira e Cremona per lui rimasesoltanto un cattivo ricordo, reso ancor piùamaro dai suoi malanni che si acuirono.Al di là dell’epilogo, Cronaca Padana fu unesempio di giornale locale vivace e battaglie-

ro. Macchi vi trasfuse le esperienze diLivorno, dove aveva introdotto la fotocompo-sizione, e di Padova (L’Eco di Padova): qual-che redattore gli sarà certo ancora grato pergli insegnamenti. Al Corriere i più vecchi lo ri-cordano come l’esempio di segretario di re-dazione, regista attento e sicuro della mac-china logistica: dai corrispondenti all’archivioai fotografi agli stenografi agli autisti. AlbertoCavallari ne magnificava le capacità organiz-zative, i tabelloni con le “posizioni” degli invia-ti (ora quel ruolo ha subìto una profonda evo-luzione). Era sempre pronto a sperimentarele novità tecnologiche, intuendo che avreb-bero facilitato molti compiti della redazione.Incapace di staccare, alla fine degli anni ‘80quando arrivarono i primi videoterminali delsistema Atex, lui tornò come consulente e ciaiutò a dimenticare la macchina per scrivere“meccanica”, insegnandoci a ripetere sul vi-deo le manovre che eravamo abituati a faresulla carta. Bell’uomo, tre figli da due mogli,un po’ bohémien, come sapevano esserloquelli della sua generazione, ma sempre in“stile Corriere”, pensò soprattutto al lavoro, lavera grande passione, più che al resto. Nonmeritava le ultime amarezze, perché ha sem-pre creduto nei giornali che ha fatto. Forsepiù di certi editori.

di Luciano Garibaldi

Chi ha avuto la fortuna e il privilegio di lavo-rare con lui, di averlo come direttore (di ABC,di Gente, della Domenica del Corriere, diClub 3) o come vicedirettore (del Corrieredella Sera), ha potuto concepire il giornali-smo - quantomeno negli anni trascorsiaccanto a lui - come una delle professioni piùbelle, più gratificanti, più nobili del mondo.Poi le cose passano. Si smette di sognare.Si torna con i piedi per terra. Si torna a capi-re che il giornalismo è una professione. Ebasta. Non ci si illude più. Il tempo dellecrociate è finito.Forse è finito con lui, con Antonio Terzi, gior-nalista, nato a Bergamo, vissuto e morto aMilano l’8 settembre 2001. Otto settembre:

data della morte di qualcosa. Antonio Terziaveva 76 anni, una moglie, due figli, un nipo-tino, un grande amore: la penna. Intendo lapenna stilografica, ma anche quella con ilpennino che s’intinge nell'inchiostro. Conquel tipo di strumento scrisse cinque roman-zi che chi li ha letti non riuscirà a dimenticaremai. Ricordiamoli: La sedia scomoda, Mortedi un cattolico, La fuga delle api, L’assolutosentimentale, La moglie estatica. Hannovinto premi importanti, uno è arrivato in fina-le al Campiello. Sono romanzi, ma anchecronache. Terzi lavorava sulle storie, sullepersone, sulla loro psicologia, gli venivabene studiare l’uomo e i suoi sentimenti, lesue stranezze e i suoi moventi, e poi descri-verli con quella stupefacente semplicità cheè dei grandi scrittori.Marisa Fumagalli ha scritto un bellissimo

ricordo di lui sul Corriere della Sera. «Il diret-tore Terzi», ha scritto, «con una punta di cini-smo e di vanto, diceva: “Solo i giornalisti coltisono in grado di confezionare un buon popo-lare”.Detestava i gadget, convinto che i lettori siconquistassero con le copertine azzeccate ei buoni articoli.Terzi era un autentico maestrodi giornalismo, aveva un gusto tutto artigia-nale del mestiere». Difficile, impossibile diremeglio. Dobbiamo tutti ringraziare MarisaFumagalli.Terzi, negli anni Settanta, seppe trasformareun settimanale popolare in uno dei settima-nali più incisivi e autorevoli anche dal puntodi vista politico, pur non perdendo un sololettore tradizionale, anzi acquisendone dicontinuo, fino a superare il mezzo milione dicopie vendute. I terroristi se ne accorsero.

Un giorno il generale Dalla Chiesa lo mandòa chiamare. «Vuole la scorta?». «Non cipenso nemmeno».Come vicedirettore aveva voluto GilbertoForti, un altro cervello prestato al giornali-smo: parlava sette lingue; aveva tradotto initaliano i romanzi di Karen Blixen; aveva scrit-to, in endecasillabi rimati, Il piccolo almanac-co di Radetzky.Che coppia! Che giornalismo! Chi ha avuto ilprivilegio di lavorare con quei due ha cono-sciuto qualcosa che non si può descrivere:la felicità della professione.Chiusa la Domenica del Corriere, PieroOstellino chiamò Antonio Terzi al Corrierecome suo vice. I «vecchi», e anche quelli cheallora erano ragazzini e adesso sono dimezza età, lo amano ancora. Non ha lascia-to nemici. Solo rimpianto.

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Pam, un “cuciniere” di talento chelavorava con rigore (ma senza ansia) Pier Augusto Macchi in una foto

conservata nell’archivio dell’Ordine.

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Dal nostro “È un incontro con me stesso. Mi immaginoin viaggio verso la mia casa in Toscana, lìdove c’è il mio passato, quel mondo chesento di avere in qualche modo tradito. Nonè cambiato nulla. Suono, grido il mio nome,ma nessuno mi apre. Dietro il cancello chiu-so c’è l’altro me stesso, quello fedele a unmondo lontano: non mi lascia entrare. Nonho mai trovato il coraggio di farla fino in fondoquesta confessione. Non ho mai trovato iltempo di scriverlo questo racconto. Chemuoia con me”. Ora Indro è tornato a casa,e i due Montanelli rivelati tanti anni fa aBruno Manfellotto, riappacificati, riposanoinsieme.La storia di Montanelli, - “un carattere felice-mente insopportabile”, chioserà qualcuno -,è un libro già scritto, riversato in cento titoli ein migliaia di articoli, frutto dell’attaccamentoal lettore, sentimento prioritario a ogni ambi-zione, e della conseguente curiosità di chi, digenerazione in generazione, con pari senti-mento l’ha ripagato, pretendendo esclusivaattenzione dal proprio campione. La perfettasimbiosi è consacrata dal suo ultimo attopubblico, il necrologio che comparirà sulCorriere del 23 luglio (scompare, Indro,mentre viene celebrata una messa insuffraggio di sua madre), dettato alla nipoteLetizia Moizzi all’1.40 del mattino del 18luglio, presenti la compagna Marisa Rivoltae il factotum Enzo Maimone, qualche oraprima di entrare in camera operatoria: “Giun-to al termine della sua lunga e tormentataesistenza Indro Montanelli - giornalista,Fucecchio 1909, Milano 2001 - prendecongedo dai suoi lettori ringraziandoli dell’af-fetto e della fedeltà con cui lo hanno segui-to...”.“Sono nato nel 1909, il 22 aprile, a Fucec-chio, 20mila abitanti tra Firenze e Pisa -aveva scritto -. La mia prima avvertenza èstata scegliermi bene i genitori. Tutti e duehanno superato i novant’anni in buonissimostato, lucidissimi fino in fondo. La cosa bellaè che non sono mai morti: si sono estinti”.Famiglia fucecchiese del 1200, un bisnonnoche costruiva navicelle per i renaioli, unnonno, Emilio, vecchio liberale e massone adominare il nucleo familiare; un padre, inter-ventista alla stregua dei fratelli, babbo Sesti-lio, ateo come Indro e preside di liceo che lorimandava a ottobre, ufficialmente per lacondotta ma sotto sotto per ragioni di princi-pio; e una madre, Maddalena, buona e piache, al momento giusto, avrebbe dimostratola veridicità del vecchio detto sull’unicità delgenere.I tempi erano i tempi, e in contemporanea

con quella di Roma, il tredicenneIndro Montanelli escogitò, insie-me a un amico, una personalis-sima marcia mignon, la marciasu Rieti, dove il padre al tempoera stato trasferito. Se l’obiettivoera la cattura dei genitori, narranole cronache familiari, l’esito non fuparticolarmente brillante. I tempivolevano dire anche divisa da balilla,tamburo e fucilino, tendopoli al mare ein montagna, e una overdose di patriotti-smo, patriottismo che lo avrebbe portatoal cospetto del duce (d maiuscola allorastrettamente di rigore) quale baby-redatto-re o giù di lì dell’ Universale, un giornalettofascista che al fascismo si prendeva talvoltail lusso di fare la fronda. E il Mussolini sedut-tore di consensi venne catalogato con unaparola, datata, che dice tutto, “affascinante”,mai rinnegata.Della laurea in Legge e Scienze socialiMontanelli si ricorda solo per ribadire il suounico interesse verso la Storia, e questavolta la maiuscola non è sprecata (al suo atti-vo, con diversi partner, da Gervaso a Cervi,sarebbero state catalogate una quarantina diopere, regolarmente in classifica). Inizia lasua avventura di curioso giramondo, i corsidi Grenoble e Parigi, il viaggio in Canada,amministratore di una fattoria, non essendosufficienti i magri proventi di Paris Soir, laprima testata, per soddisfare le quotidianenecessità. E poi l’Abissinia, 1935, volontarioprima che giornalista, con la vicenda dellaquasi-moglie, una ragazza di nome Destàche gli costò decenni dopo una denuncia perpedofilia e stupro (“da parte di un imbecille,laggiù, a 14 anni, una donna non sposata èuna zitella).Quel che seguì, il trovarsi là dove puntual-mente accadeva qualcosa di molto, moltocaldo, Montanelli lo ascrive pudicamente alcaso. Come nell’amatissima Spagna per ilMessaggero, dov’era scoppiata la guerracivile, una serie di corrispondenze controcor-rente che gli costarono la sospensionedall’Albo e dal partito, quest’ultimo congedoper lui definitivo e al tempo stesso liberato-rio. O in Germania, da collaboratore per ilCorriere diretto da Aldo Borelli, con il divie-to di trattare argomenti politici. Il suo gran-de sponsor Ugo Ojetti, che aveva apprez-zato Ventesimo battaglione eritreo, unlibretto sull’esperienza abissina, gli avreb-be proposto di stendere a quattro mani unatraduzione riveduta dei nostri Codici. Già,ma quel giorno d’agosto a Berlino vennefirmato il patto Ribbentrop-Molotov,nessuno ne sapeva nulla e i corrispon-denti stranieri latitavano per ferie. I servi-zi sull’invasione della Polonia non entu-

di Pilade del Buono

Le avventure, i reportages, i commenti, i libri:la lunga “cavalcata del secolo”di un maestro del giornalismo internazionale

I N O S T R I L U T T I

Indro Montanelli in una delle ultime fotografie(foto Olympia).La foto piccola in alto è quellache Montanelli consegnò al momento dell’iscrizionenell’Albo.

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siasmarono i tedeschi e il fucecchiese invita-to a trovarsi sedi di corrispondenza piùpaciose. Tappa successiva la Lituania, appe-na in tempo per riferire l’annessione allaRussia delle tre repubbliche baltiche, con larituale coda personale: il non gradimento deipadroni. E sempre il caso, c’è da giurarlo, loindirizzò in Finlandia, per godersi la guerracon la Russia, e a Oslo, meta delle truppeaviotrasportate d’occupazione tedesche,trasferta scandita dalla classica espulsionefinale. Morale: “In dieci mesi di ‘ferie’ avevoassistito in presa diretta al crollo dellavecchia Europa”. Mentre Mussolini, dallostorico balcone, si apprestava ad annunziarel’intervento.L’8 settembre del ‘43, espulso dal partito eradiato dall’Albo, se pure formalmente uffi-ciale in servizio di inviato di guerra per ilCorriere della Sera, Montanelli era ricercatodai fascisti, incavolatissimi per un articolo

non firmato sugli amori extra-coniugali diMussolini, scritto da altri e a lui attribuito, equasi non bastasse, dai tedeschi, non menopericolosi. Aveva simpatizzato per il partitod’Azione di La Malfa, Parri e Valiani, e si erafatto crescere la barba. Inutilmente. I tede-schi lo catturarono in Val d’Ossola e il tribu-nale di guerra, riunito a Gallarate, locondannò a morte. Accusa principale: avercriticato il fascismo, a Milano, negli incontricon la principessa Maria Josè di Savoia,secondo i rapporti di zelanti camerieri-spia.Con lui era stata arrestata la prima moglieMaggie de Colins de Tarsienne, sposata unanno prima, celebrante l’arcivescovo di Mila-no. Apparteneva a un’antica casata asburgi-ca. Non ebbe tentennamenti, dalla suabocca non uscì l’abiura. Trasferito a SanVittore, apprezzò i comportamenti di ungiovane scopino, figlio di un’americana, chefaceva di tutto per essere d’aiuto: Michael

Nicolas Bongiorno, l’invitto Mike. Se lacondanna fu, prima rinviata, e poi noneseguita per la materiale irreperibilità delmaggiore protagonista, lo si deve all’inter-vento di diverse persone: il cardinale Schu-ster, al quale era riuscito a far pervenire unSos, il maresciallo Mannerheim eroe dellaguerra finlandese, la madre, l’ingegnerGreco Naccarato; e di un personaggio miste-rioso, Luca Osteria, agente del servizio infor-mazioni militari che lo fece evadere sfruttan-do un falso ordine di trasferimento.Rientrato dalla Svizzera dove s’era rifugiatoalla fine dell’estate ‘44, si trovava in piazzaSan Babila, a Milano, quando venne travolto“da uno sciame di persone in bicicletta che,agitando la bandiera rossa, gridavano: ‘L’han-no preso! È a piazza Loreto!’. Lo scempio diquei corpi, e fra quelli di un compagno d’ar-mi in Abissinia fedele a Mussolini sino altragico epilogo, lo avrebbe indotto a sottoli-neare: “Quello spettacolo, che mi ha lasciatoaddosso un vago senso di vergogna, m’inse-gnò cos’è la piazza, quando si ubriaca diqualche passione, e mi ispirò un odio profon-do verso tutti coloro che cercano di ubriacar-la”. E ancora: “La Resistenza, fenomeno chediventò ‘di massa’ soltanto gli ultimi giorni,quando i tedeschi se n’erano andati o se nestavano andando dall’Italia, ha avuto degliepisodi luminosi che avrebbero potuto diven-tare materia di una saga popolare se i suoiesaltatori non avessero posto il veto aqualunque ricostruzione veramente storica”.Vita di tutti i giorni che riprese, mentre le rota-tive del Corriere, in quei primi mesi del ‘45,restavano silenziose. Angelo Rizzoli senior,piazza Carlo Erba, gli prestò 100mila liresulla parola, cercando di coinvolgerlo in ungrande progetto che si sarebbe chiamatoOggi. Ma al richiamo del Corriere, direzioneEmanuel, come il cummenda ben immagina-va, Indro non poteva resistere. Accreditato,fra i pochissimi giornalisti italiani, al Tribunaledi Norimberga, avrebbe sottolineato che “seNorimberga non raggiunse l’effetto che siproponeva - quello di suscitare una esecra-zione adeguata agli orrori che rivelava - fuperché venne recepita non come Giustiziama come castigo del vincitore sul vinto”. Nel‘46 voterà monarchia e due anni dopo per ilpartito di De Gasperi. “Guardavo il nasceredella repubblica antifascista con scetticismo”.Sempre e solo nel lavoro, che era genuinapassione e hobby insieme (“non capiscoperché mai mi pagano...”), si sarebbe sentitorealizzato.Il 23 ottobre del ‘56, sull’avvisaglia dei primidisordini, eccolo in viaggio (senza visto) daVienna a Budapest “per assistere a una rivol-ta comunista, contro il comunismo reale”,interpretazione della verità disattesa dai

inviato nel Novecento

IndroMontanelli1909 - 2001

La prima pagina del Corriere della Sera del 23 luglio 2001 con il necrologio dettatodallo stesso Montanelli poche oreprima della morte.

Montanelliconl’inseparabi-le Lettera 22.La foto è di RobySchirer (dal Corrieredella Seradel 23 luglio).

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“borghesi benpensanti”: “Questa è la storiadella battaglia di Budapest e il lettore ciperdoni se la riferiamo con tanto ritardo...”.Legge Merlin del ‘58, chiudevano le “case”“delle quali ho un ottimo ricordo”, “atmosferedi volti, di arredamenti, di discorsi e sensa-zioni”, e incombeva il Sessantotto, “con unaborghesia radical-chic che, comodamenteadagiata su eleganti divani, vezzeggiaval’eversione”. Lo stesso Corriere avrebberespirato quell’atmosfera, irrimediabilmentetramontati i tempi di Aldo Borelli che, primadi ogni decisione importante, soleva consul-tare il suo king maker o direttore-ombra chedir si voglia. Gli interventi da padrona diGiulia Maria Crespi, il licenziamento diSpadolini preannunciato alla redazione e ilsentirsi isolato con altri colleghi, lo indusseroal doloroso distacco. Le interviste al Mondoe a Panorama fornirono il pretesto al licen-ziamento. Non era più il suo Corriere, ilCorriere fondato da Eugenio Torelli-Viollierdivenuto carismatico con Luigi Albertini,direttore e comproprietario disarcionato perl’essersi pronunciato contro il regime dopo ildelitto Matteotti.La nascita del Giornale, giugno ‘74, con “l’ar-genteria del Corriere, come avrebbe felice-mente tratteggiato più tardi un eccellentedirettore di via Solferino, Franco Di Bella,fece clamore e non solo clamore. Il soloacquistare all’edicola la nuova testatarappresentava un atto di coraggio e unrischio, perché chi vi lavorava era da tanticonsiderato un pericoloso reazionario (il solosfogliare la raccolta dei giornali, di numerosigiornali almeno, è sufficiente per fissare ilclima che si respirava). Poco o nulla contavail fatto che Montanelli, Bettiza e Piovene,nella sua facoltà di presidente della societàdei redattori, fossero andati a pescare (fra lealtre) intelligenze purissime calibro Aron,Fejto, Furet, Ionesco, Revel, e, a casa nostra,Matteucci, Renato Mieli, De Felice, Romeo eSettembrini.Montanelli rammenterà il silenzio e il gelo dicerti incontri, colleghi che al suo passare sivoltavano, amicizie rinnegate, sino alla“gambizzazione” del 1977, ai giardini meta diquotidiane, ben note passeggiate. “Bisognache resti in piedi, che non gli dia la soddisfa-zione di morire per terra”, e in quel suoaggrapparsi alla cancellata c’è la salvezza“perché l’ultimo colpo, mentre mi giravo estavo per cadere, mi è arrivato proprio all’al-tezza dell’inguine”. Nei titoli della Stampa edel Corriere diretto da Piero Ottone, il nomedi Montanelli non compare. Compare invece,nel registro delle firme in suo ricordo, il nomedi Franco Bonisoli: “Grazie Indro, Grazie dicuore, di tutto. Con affetto”. Bonisoli è il brche lo gambizzò e che nell’87 Montanelliaveva perdonato: “Il mio conto con loro èchiuso. Li rispetto perché oggi rifiutano il loropassato».Il ‘74 è un anno importante: a Cortina sposain seconde nozze la giornalista ColetteRosselli, la deliziosa Donna Letizia chescomparirà nel ‘96. La sua battaglia è ormaivinta, il Controcorrente (di poche righe etalvolta di poche parole) suggeritogli da Betti-za è la rubrica-cult più gettonata d’Italia,come lo era stata sull’ Unità quella di Forte-braccio-Melloni ex Popolo, lo slogan “votareDc turandosi il naso” passerà ai posteri:buona parte dei media concordano ormaicon le tesi montanelliane e forse per questole tirature del Giornale in un qualche modone risentiranno.Il Giornale è ufficialmente dei giornalisti, ma igiornalisti, si sa, non navigano nell’oro, conle debite, rarissime eccezioni del caso: bene-detto dunque Silvio Berlusconi che rilanciala nave corsara garantendo la tranquillitàeconomica e scucendo preziosi milioncinialla redazione, assai più ai fondatori. “Nonposso dimenticare - si può leggere in unaintervista - che fu lui a salvare me e il Gior-nale. Due anni dopo l’inizio della mia avven-

tura non sapevo nemmeno come pagare glistipendi, avevo bisogno di soldi. Milano miaveva chiuso tutte le porte in faccia”. Nel1991 prendono consistenza le voci di unMontanelli senatore a vita ma Indro una voltadi più gioca d’anticipo, ringrazia il presidentedella Repubblica Cossiga e rinuncia, “perchéallergico alla politica, e non per fare lamammoletta”. Nessuno, nemmeno gli avver-sari più ostinati, oseranno malignarci sopra(ma ne aveva ancora?).Detestava feste e celebrazioni, medaglie eonori, ed era allergico, per la verità, anche aipremi, pur collezionandone un’infinità: nericorderà con piacere soprattutto due, quellodi “Eroe della Libertà di Stampa” conferitogliprima da World Press e poi da Press Inter-national, e quello delle “Asturie” che, per laprima volta, veniva assegnato a uno scrittorenon di estrazione e lingua ispanica. Un terzo,gradito, sarà consegnato in Spagna in suavece al giovane direttore del Corriere Ferruc-cio de Bortoli quando ormai il declino fisicolo obbligava a risparmiare quel poco di ener-gia che ancora gli restava.Cronaca e politica si aggiornano. L’entrata diBerlusconi, “perché da quando è scomparsoCraxi - parole a lui rivolte dall’imprenditore diSegrate - io non ho più nessuno che midifenda”, lo porrà in rotta di collisione conl’editore sino all’inevitabile divorzio, dopo l’in-felice tentativo di catturare la simpatia deigiornalisti senza l’avallo del direttore: uncontrasto sempre più acuto, dalle inizialiintenzioni di riserbo, in vista delle elezionidegli anni ‘90 e del 2001, che lo spingerà avotare centrosinistra, indurrà Scalfari acercare di traghettarlo a Repubblica e lorenderà oggetto di convinti applausi alla festadell’ Unità. L’ultimo capoverso di un fondopubblicato dal Corriere il 15 febbraio diquest’anno, è a dir poco al vetriolo: “Eppoiperché dobbiamo avere la modestia di rico-

noscere che noi, come venditori, non leghia-mo nemmeno le scarpe a un piazzista chese un giorno si mettesse a produrre vasi danotte, farebbe scappare la voglia di urinare atutta l’Italia..”. Un contrasto neppure mitigatodal fatto che direttore del Giornale, e dunquesull’altra sponda, sia proprio quel MarioCervi suo fedelissimo partner nella costru-zione di tanti libri capaci di raccontare lastoria con parole comprensibili, “e non comefanno troppi storici”. L’ultimo giorno dimaggio, a larga vittoria elettorale del centro-destra consumata, comunque noterà: “Miaspettavo una esplosione di trionfalismo, conannessi e connessi annunci di “immancabilidestini”. E invece ci sono stati, sì, dei compia-cimenti d’altronde legittimi perché la vittoria,piaccia o non piaccia, c’è stata, ma espressicon una sobrietà di linguaggio che, dato iltipo e il suo abituale stile, mi ha gradevol-mente sorpreso...”. Da Berlusconi, mai,nessuna parola vagamente ostile e ilrimpianto per l’amico di un tempo.La nascita della Voce - omaggio a Prezzoli-ni, costante punto di riferimento - creeràsperanze, ma sarà una voce fievole, dopol’iniziale fiammata e la ristampa del primonumero, e priva di mezzi, che si spengeràdopo una breve stagione lasciando in diffi-coltà più di un collega al suo seguito. “Il miodisinganno? Quando fondai La Voce eroconvinto di portarmi dietro i tre quarti dei mieilettori. Invece mi seguì un terzo di loro. Di150mila che erano i veri acquirenti del Gior-nale me ne tirai 50mila. Allora capii che ladestra italiana è fatta di una piccola frangiadi liberali veri che vanno da Giolitti a Gobetti.Il grosso è fondato dai Salandra e dai Sonni-no che non sono liberali ma forcaioli. Non perniente furono accanto a Mussolini”.Non è stagione di illusioni: “Il muro di Berlinonon è stato una tragedia soltanto per i comu-nisti ma anche per noi. Prima avevamo unnemico. Sapevamo chi era. Ora chi è il nostroavversario? Non conoscendolo non riuscia-mo a identificare neanche l’amico”. E anco-ra, ribattendo sul tasto oggetto di tante rifles-sioni: “L’italiano è un animale flessibile.S’adatta a tutto. Diciamolo fra noi. Qual è laspinta freudiana (non confessata) che spin-ge a tutti i costi a volere entrare in Europa?È la speranza che l’Europa venga a gover-narci. Che avremo dei vigili urbani tedeschi iquali, a calci in culo, ci facciano fare quelloche da soli non sappiamo eseguire. Chel’Europa ci affranchi dal retaggio di secoli diservitù». Italiani ieri e oggi nel suo mirino:“Ma tutti ci dimentichiamo che i buffoni, inquesto Paese, sono una larga maggioranza”.E chissà se, in cuor suo, sotto sotto, Indrocondivideva al centouno per cento similecatastrofico, più che pessimistico identikit.Inevitabile il “ritorno a casa” in via Solferinodopo che Paolo Mieli gli aveva generosa-mente offerto (e non già di facciata) lo scran-no direttoriale, e la ripresa del dialogo con lasua gente e con chi, pur avversandolo, avolte fieramente, non può fare a meno dileggere quelle righe, nel privatissimo spaziode La Stanza, già suo feudo per anni e anninell’amata Domenica del Corriere, assistitoda Iside Frigerio che l’ha seguito dal Giorna-le, e dalla sua mai in disuso Lettera 22, aller-gici tutti e due alle lusinghe di pc, Internet ediavolerie del genere. Per il Corriere il rientrodella sua più illustre firma rappresenta il fioreall’occhiello.C’è il Montanelli privato e il Montanelli, che,pur aborrendo la politica, è perentoriamenteinvitato a dire la sua sui maggiori temi d’at-tualità e sui grandi personaggi. Se il dialogocon il lettore, nel Giornale talvolta assumevai connotati di un “mattinale”, cose di bottegache dovevano essere recepite all’esterno, enon infrequentemente dallo stesso redattore(esempio tipico: le ragioni per cui un giornali-sta famoso come Enzo Bettiza, suo secondodi bordo, se ne era polemicamente andatoda via Negri - un gelo che sbollirà fatalmente

“L’intervista filmata”Presentazione a Roma“Un ricordo di Indro Montanelli” è il titolodella serata organizzata a Roma dal mini-stero per i Beni e le Attività culturali epresieduta dal ministro Giuliano Urbani,alla presenza del Presidente della Repub-blica, per rendere omaggio al grandegiornalista (Biblioteca Nazionale Centra-le, via Castro Pretorio 105, mercoledì 3ottobre, ore 18,30).In programma la presentazione di Ferruc-cio de Bortoli del video “L’intervista filma-ta” e l’intervento di Arrigo Levi “Ritrattodi Montanelli”. “L’Intervista filmata” è unaproduzione Rai Sat in collaborazione conil Comune di Milano.

Indro Montanellifotografato nel 1999con un gruppo digiornalisti dellaredazione delCorriere della Seraall’interno della SalaAlbertini.La foto è statascattata in occasionedei festeggiamentiper i novant’anni del giornalista.Indro Montanelli era tornato in viaSolferino nel 1995,un ritornofortemente voluto e ottenuto dall’alloradirettore delCorriere, Paolo Mieli

Sempre con la mitica Olivetti Lettera 22 (foto Olympia).

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dopo due lustri ricomponendo una fraternaamicizia -, o perché era stata assunta unacerta posizione a prima vista contraddittoria),sul Corriere - trecento lettere al giorno - lievi-ta a navigazione a mare aperto. “Dal nostroinviato speciale nel Novecento”, titola felice-mente la Stampa: Indro è davvero l’autenticotestimone del secolo che viene sollecitato adesprimersi sui temi epocali, e dovrà per forzadi cose violentare la sfera personale di riser-bo per concedersi a chi lo ha adottato.La fede: “Io non ce l’ho. Riconosco che lo stoi-cismo è il rifugio dei disperati, ma nonammetto interferenze di estranei, anche imeglio intenzionati, in questa mia disperazio-ne”. La famiglia: “La mia fortuna è di nonavere figli, sono convinto che non sarei statoun buon padre, anzitutto a causa del miomestiere”.Le vicende sentimentali: “Non me ne sonomancate ma sono sempre state condizionateda questa mia vocazione alla vita randagia”,oppure: “Rimpiango l’interesse che portavoverso l’altro sesso. Lo guardo con compiaci-mento ma non mi sento felice di dovervirinunciare...”). Il diritto, in casi precisi e delimi-tati - accettando il contraddittorio della Chie-sa ma rifiutando ogni compromesso - all’eu-tanasia (“ciò che non feci con Donna Letizia”),che non è la paura della morte ma di un certomodo di morire (“È possibile che a un certomomento ti debbano accompagnare alcesso?”). Il poter cambiare opinione a ragionveduta, e la depressione, un nemico subdolosempre in agguato.Ogni giorno uno spunto: l’epitaffio del “mioamico Fortebraccio”, Curzio Malaparte insof-ferente di non potergli sopravvivere, l’ostina-ta difesa della memoria di Ignazio Silonechecché dibattano gli storici, le esperienzecinematografiche, I sogni muoiono all’alba ela vera storia del generale Della Rovere aliasGiovanni Bertone, traditore ed eroe (pater-nità del film amaramente disconosciuta per

talune omissioni), o le ragioni per cui, neiprimi 37 anni di Corriere, non firmò un fondoche fosse uno.Alla curiosità pubblica deve persino aprire ilportafoglio d’antan firmato Cartier, Paris.Contenuto: la tessera dell’Ordine regionaledei giornalisti datata 1 giugno ‘41, un bigliet-to da visita di Henry Kamm del New YokTimes, un biglietto scritto in ideogrammi cine-si, un biglietto da visita del Giornale, tessereAlitalia e Ferrovie dello Stato.Il suo lettore, che nessuno si meraviglierà diveder assurgere a ruolo di protagonista sulsettimanale allegato ogni giovedì, Sette,costantemente lo incalza: c’è il fan incavola-tissimo, che ha fatto l’esperimento, inviando-gli inutilmente sette lettere in un sol giorno,nessuna delle quali onorata dalla pubblica-zione, c’è chi lo consiglia a strutturare altri-menti La Stanza (“Grazie, ma continuocosì”), e c’è chi lo contesta (risposta cordialenella prima parte, postilla fulminante: “Leisarà anche un bravissimo ingegnere.Come interlocutore è solo un gran villano”),o, in alternativa, “che tristezza scrivere perlettori come lei”; e c’è chi cerca una parolaconsolatoria di fronte ai classici vizi italici,automobilisti incivili, treni anticipo del Purga-torio, burocrazia nefasta, ecc. ecc.Affiora, non poteva essere altrimenti, lapresenza del misterioso “arredatore” dellaStanza, il collega che, quotidianamente,legge in anteprima la risposta premiata e lastilizza con arguzia, in un piccolissimo, garba-to quadrato di spazio. Chi è mai?, “...ma dopodue anni che lavoriamo insieme - darà contonel ‘97 al curioso di turno - non solo nellostesso giornale ma nella stessa pagina, e luicome illustratore di ciò che io scrivo ancoranon so, e ormai dispero di saperlo un giorno,com’è fatto fisicamente, Guarino: se è alto obasso, se è bruno o biondo, se è giovane ovecchio. Sono due anni che gli mando, perinterposta persona, dei messaggi d’invito

almeno a mostrarsi e darmi così il destro diringraziarlo per la preziosa collaborazioneche mi fornisce. Nulla...”.Non mancano le civetterie delle “doveroserettifiche”, l’ammissione di “una scena di gelo-sia” nei confronti di Anthony Burgess che siera allontanato dal Giornale per vil danarodopo avergli giurato eterna fedeltà, e la cate-gorica, ammiccante precisazione: “No, caroamico, proprio no. Lei può dubitare di mecome giornalista, come storico, come scritto-re, come contribuente. Ma come balbuzientesono genuino, a 18 carati, anche se di carat-tere intermittente”. Non renderà mai pubblicala piccola vicenda di quel giovane giornalistadel Giornale che, avendo imprudentementeprestato una bella sommetta a un anzianocollega, non vedendosela restituire cominciòa blaterare nei corridoi. “Quanto recrimini? -gli intimò nel suo ufficio il burbero Indro stac-cando un assegno di un paio di milioni -, vuoldire che mi farai lo sconto almeno dellemigliaia di lire eccedenti.E adesso fuori di qui e non provarti a fareancora casino...”. La galleria dei personaggi,in parte retaggio dei celebri Incontri sollecitatidecenni prima da Gaetanino Afeltra, è impo-nente: all’appello mancheranno in definitivasolo Stalin e Mao, e se talvolta è costretto aprecisare che non può soddisfare la curiositàperché quello statista, quel politicante, quelgrand’uomo o quella larva di individuo non hafatto in tempo a conoscerlo o è defunto anzi-tempo, però, però è pur in grado di riferireche...Qualche lettore di primissima fascia restaperplesso, se non allarmato, dalla lunghezzadelle ferie estive 2001 che Montanelli ha l’ar-bitrio di prendersi, così privando il popolodegli Indro-dipendenti della lettura preferita,quella destinata a sovvertire l’ordine cronolo-gico delle pagine: “Arrivederci al primosettembre, cari lettori...”. È il 4 luglio, per l’ul-tima volta in calce a un pezzo d’attualitàcompare la sua firma sul Corrierone, anchese, nella rubrica delle lettere al giornale, deBortoli continuerà ad alimentare - non cisovvengono precedenti - la staffetta dellasolidarietà di chi desidera testimoniargli affet-to.Nel Corriere del 23 luglio compare il riqua-dro, bianco, della Stanza.L’omaggio della grande stampa internaziona-le è unanime: “La sua penna fieramente indi-pendente era coraggiosa e diretta”, FinancialTimes; “Caparbiamente indipendente, pole-mico, intrepido e incorruttibile”, The Indipen-dent; “Scagliava le sue frecce ironiche contromolte icone del presente e del passato”, TheGuardian; “Estate horribilis. Era membro diquella ridotte stirpe di giganti ormai estinta”,El Mundo. Sul Corriere undici colonne dipartecipazioni solo il primo giorno, in appenatre giorni approdano sul sito di via Solferino11mila e-mail.“Ho avuto per anni Indro davanti ai miei occhi.Osservandolo mi accorgevo che scrivere, perlui, equivaleva a una funzione terapeutica.Scrivere significa esistere, fuggire le angosceche lo incalzavano, ritrovare nella vegliaoperosa la vitalità e la salute che l’inerteinsonnia notturna gli sottraeva.Il successo, il plauso non lo interessavano inquanto tali: erano, più che altro, terapie di vita,di radicamento nella realtà, da cui i mostriatoni e melanconici della ciclotimia minaccia-vano continuamente di estraniarlo...”. Rispon-dendo a un lettore della sua rubrica, Monta-nelli annoterà: “Non immaginavo che, sedutoall’altro capo della stanza direttoriale del Gior-nale, Bettiza [il brano riportato è tratto da Lacavalcata del secolo, Mondadori] mi tenessesotto un controllo così assiduo e spietato...Come abbia fatto lui a scoprire che la miaansia di lavoro e il furioso impegno che cimettevo erano soltanto una fuga dalle mienotti insonni e dai fantasmi che le turbavano(e le turbano), non lo so. Ma fatto sta che allasua diagnosi non ho nulla da eccepire”.

2 luglio 2001, l’ultima “Stanza”

Sopra,Montanellimentrelascia la sede delCorriere.(dal Corrieredella Seradel 23luglio).

A fianco,l’ultima“stanza” sulgiornalismo,2 luglio2001.

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Carlo Bo giornalista: ecco un aspetto margi-nale ma non minore della sua personalità. Èin questo contesto che lo voglio ricordare, sulfilo della memoria mia e di quella di EnricoMascilli Migliorini, che ha vissuto, accanto alDuca di Montefeltro, un bel gruzzolo di anni.Su questo tema, accantonando quelli speci-ficamente legati alla letteratura e all’Univer-sità, i nostri ricordi si sono incrociati, sovrap-posti, completati, in una lunga conversazio-ne telefonica fra Milano e Napoli, costruen-do, tra fatti, impressioni, battute, sensazioni,un ritratto, in dimensione giornalistica, di unotra i più significativi personaggi della societàitaliana degli ultimi sessant’anni. Carlo Boera iscritto all’Albo professionale, comepubblicista dal 1° ottobre 1946.Con Mascilli ci siamo trovati d’accordo subi-to su una premessa deontologica: la tolleran-za.Concettualmente era un cattolico liberale,diceva di sé “sono un aspirante cristiano”. Esubito dopo la tolleranza, l’umiltà, per quantoriguardava gli articoli per i giornali. Peculia-rità che consideriamo sempre, oltre la curio-sità, il senso dell’attualità e l’attenzione perl’individuo, tra le doti principali di un buongiornalista. Era anche un divoratore di gior-nali. La mattina per Bo, a Urbino, cominciavacon il barbiere e la mazzetta dei giornali cheil buon Paolo Bigonzi, per anni, non gli hamai fatto mancare.Ovviamente al giornalismo, come professio-ne, preferiva l’Università.Ricorda Mascilli: “Quando dalla direzionedella Sede Rai di Ancona fui trasferito a quel-la di Firenze, andai a trovarlo per comunicar-gli che ritenevo di dover lasciare l’incaricouniversitario al quale ero stato chiamato treanni prima. Mi guardò con severità e,puntandomi minacciosamente il sigaro dirittoaddosso, sentenziò: ‘Un incarico universita-rio non si lascia mai’. E così fu che, qualcheanno dopo lasciai la Rai e misi solide radicia Urbino”. E a tal proposito Mascilli Migliorinitiene a sottolineare come nei lunghi annidurante i quali ebbe la ventura di collaborarecon Carlo Bo, anche nelle specifiche funzio-ni di preside della facoltà di Sociologia e didirettore delle Scuole di giornalismo ‘nonebbi mai da lui un minimo accenno di richie-sta volto a conoscere quale fosse l’orienta-mento politico di un qualsiasi candidato perl’insegnamento a Urbino bensì soltantodomande precise e rigorose che esigevanoaltrettanto precise, rigorose e documentaterisposte sulle effettive capacità culturali,professionali e didattiche. Per me che prove-nivo dalla Rai, fu come vivere un’esperienzaviva e vitale che si configurò tra i motivi chemi legarono, per oltre trent’anni all’Uomo,alla sua eccezionale personalità e di conse-guenza alla istituzione universitaria urbinate.Bo non aveva però una visione corporativadel mondo universitario. Chi volesse ripercor-rere in modo analitico la storia del giornali-smo italiano in due iniziative significative lotroverà protagonista.La prima: la nascita del primo Istituto supe-riore di studi giornalistici, nell’ambito degliindirizzi professionali attivati nella sedeuniversitaria.Dell’idea erano appassionati promotori ilprofessor Aldo Testa, autorevole docente aUrbino, il segretario del sindacato giornalistiinterregionale Emilia-Romagna MarcheAngiolo Berti, il generosissimo collegaGiuseppe Zeccaroni e l’allora presidentedella Federazione della Stampa LeonardoAzzarita.Il progetto era ambizioso: creare un corsoregolare di studi superiori rivolto a chi voles-se intraprendere la professione giornalistica.Sulla formazione culturale e professionaledei giornalisti si era discusso animatamenteanche in sede di Commissione per la stesu-ra della nuova legge sulla stampa, il dibattitoera rimbalzato nell’aula di Montecitorio, insede di Costituente, quando si era affrontato

l’articolo 21 della Costituzione, entrata invigore il 1 gennaio 1948. Il dibattito era poiproseguito, anche in campo sindacale o sullepagine dei giornali, nel confronto degliopinionisti. C’era chi era contrario alle scuo-le, perché sosteneva l’idea che giornalisti sidiventa sul campo, con la pratica, allevati neigiornali dai colleghi più anziani, altri temeva-no il ripetersi dell’infelice esperimento dellascuola di Giornalismo, realizzata a Perugia,per breve tempo attorno agli anni Trenta, inpieno fascismo da Ermanno Amicucci (e cheebbe come motore un eccellente professio-nista come Carlo Barbieri), con la nascita di‘fabbriche’ di giornalisti indottrinati, tuttateoria e niente pratica; altri ancora riteneva-no che avrebbero messo in pericolo un libe-ro mercato. Erano momenti difficili per laprofessione. Soffiavano venti da ogni puntocardinale.Quella scuola con percorso parauniversitarioperò si fece, la Convenzione fra Università e

Federazione della stampa fu firmata nel1949, e rimase in piedi (e lo è tuttora,frequentata, in particolare da studenti greci)ma senza sbocchi ufficiali. Con la nascitadell’Ordine dei giornalisti nel 1963 e con lacreazione delle Scuole biennali, a numerochiuso, riconosciute dall’Ordine, ed una èproprio a Urbino - e anche in questo casoanticipando i tempi della attuale riforma,l’università fu tra gli enti promotori, con lapossibilità dell’accesso dopo il praticantatoall’esame di Stato, quell’Istituto rimane comeun fiore all’occhiello, testimonianza di unafelice intuizione.La seconda. Sul piano delle iniziative giorna-listiche, tuttavia, Carlo Bo, diede ancora unavolta il segno di intelligente conoscenza deiproblemi professionali, allorché alla fine deglianni Settanta, accolse di buon grado lapromozione di stages, brevi ma intensi, per igiovani colleghi che stavano per affrontarel’esame a Roma. Avevano sì completato

Carlo Bo giornalista,

I N O S T R I L U T T ICarlo Bo1911 - 2001

di Emilio Pozzi

Carlo Bo è morto in unaclinica di Genova il21 luglioscorso.Era nato a SestriLevante il 2 gennaio1911.

(FotoOlympiadi GiovanniGiovannetti)

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formalmente i rituali diciotto mesi di praticanei giornali, ma, quasi sempre, senza la rota-zione nei previsti tre settori di lavoro e senzaun minimo di preparazione in alcune materiepreviste dall’esame.All’idea lavorammo sul piano progettuale eorganizzativo, il Presidente dell’OrdineBarbati e il direttore Viali, il professor MascilliMigliorini e il direttore amministrativo dell’U-niversità Rossi e io. Al primo stage, svoltosinelle aule universitarie per una settimana,con prova finale simulata, parteciparonoaspiranti professionisti in parecchie centi-naia: erano ospiti nei collegi universitari, inperiodi meno occupati dagli studenti, in unacornice ambientale e paesaggistica, almenoserena. L’esperienza fu altamente positiva eservì da esempio per iniziative simili, oggi, avent’anni, entrate nella routine e gestite siadirettamente dall’Ordine nazionale che dataluni Ordini interregionali e regionali.Come collaboratore di quotidiani (La Stampaprima e il Corriere della Sera poi) i suoi arti-coli sia quelli destinati alle pagine letterarie(ah, la nostalgia per gli elzeviri della terzapagina) sia quelli a commento di fatti dibruciante attualità, di solito in corsivo, inprima pagina, erano esemplari. Nell’umiltàartigianale. Lo posso testimoniare in primapersona. Un grande avvenimento, tra i piùpalpitanti della società, suggerisce alla dire-zione del Corriere di chiedergli un commen-to. Bo accetta. Deposta la cornetta del telefo-no, tira qualche boccata di sigaro e si mette ascrivere. A mano, su quei blocchi che unavolta venivano usati dagli stenografi. Unagrafia minuscola, ma chiara. Poche le cancel-lature, pochissime le correzioni. Riecco iltelefono. Dall’altra parte c’è il dimafonista.Carlo Bo detta personalmente, la voce èmeno esile del solito, rigoroso nella punteg-giatura, improvvisando, del caso, qualchepiccola correzione al manoscritto, una paro-la, un aggettivo. Il testo è appoggiato sulleginocchia perché in una mano c’è la cornet-ta, nell’altra l’inseparabile sigaro. Mormoraun saluto, impercettibile, alla fine. E riprendela conversazione con l’interlocutore che hadi fronte, scusandosi per l’interruzione.La parentesi giornalistica è chiusa. L’indoma-ni le sue riflessioni, sempre limpide, illumi-nanti e coraggiose, faranno discutere. Glialtri. Così come negli anni furono gli scritticorsari di Pierpaolo Pasolini, di GiovanniTestori.Fino a poche ore prima della morte Bo haseguito, guardando la tv, nella stanza dellaclinica genovese, quello che stava succe-dendo, a pochi passi da lui. Il suo commentosu Genova non ci sarà nel volume che racco-glierà i suoi articoli di prima pagina.Ecco, quasi un’idea, per ricordarlo comegiornalista, al di là di tutte le iniziative chesaranno prese per onorarlo a Urbino, a Mila-no, a Sestri Levante, a Genova, a Roma, edei volumi, già pubblicati (Sergio Pautasso èstato il curatore di una Antologia criticapreziosa) o in progetto.Una volta, mentre lo intervistavo nel decimoanniversario della morte di un caro amico,suo e mio, Diego Fabbri, per una pubblica-zione che si stava preparando per l’occasio-ne, mi disse: “Solo se di una persona, scrit-tore o no, ci si ricorda dieci anni dopo lamorte, vuol dire che ha contato qualcosa”.Sono convinto che, nel 2011, Carlo Bo saràricordato per almeno uno dei suoi meriti. Adesempio essere stato, in pieno fascismo, ilprimo traduttore in italiano di Federico GarciaLorca, “voce eterna che si spegne al di là deinostri confini”.

P.S. - Ogni volta che ripenso a Bo non riescoad immaginarlo senza il suo sigaro. Nonsembri irriverente questo piccolo, affettuosopensiero: prima di entrare in Paradiso si saràgarantito che l’avrebbero lasciato fumare,per ricompensarlo di tutte le volte che, incerte circostanze umane, era stato costrettoa spegnerlo?

anche

A 40 giorni dalla morte, giovedì 30 agosto, allafacoltà di Sociologia di Urbino, durante il corsoestivo tenuto dal professor Vittorio Paolucci(docente di storia del giornalismo) si è tenuto unaffollatissimo seminario durante il quale è statapassata in rassegna la stampa italiana dei giorniimmediatamente successivi alla scomparsa diCarlo Bo per esaminare che cosa, quanto ecome era stato scritto su di lui. Il seminario èdiventato così una utile esercitazione didattica.

Un ricordo nel segnodella didattica

“Letteratura come vita”: così Carlo Bo, allo-ra ventisettenne, nel 1938 definì la sua ideadi letteratura; un’idea alla quale sarebberimasto sempre fedele. E dunque: non unasorta di slogan per lanciare, allora, la nuovapoetica dell’ermetismo, ma l’affermazionedi una condizione, di un modo di esserescrittore nella società. Non è soltanto unaquestione di etica, che in uno studioso dallareligiosità dichiarata e conclamata come Bo

è persino ovvia; è un modo di intendere la scrittura, l’attostesso dello scrivere, come atto morale.Per questo, all’indomani della sua morte, Carlo Bo puòapparire un reperto, ancorché illustre e autorevole, di un’e-poca lontanissima e alle nuove generazioni assolutamenteestraneo. Del resto, lui ne aveva piena consapevolezza. “Laletteratura è diventata una sorta di spettacolo, come la poli-tica”, aveva detto in una delle sue ultime confessioni inpubblico. E non aveva perso l’occasione per criticare ancorauna volta la superficialità del dibattito culturale cui gli eradato assistere nella fase conclusiva della sua vita; un dibat-tito in cui le idee – l’espressione non è sua, ma credo eglil’avrebbe condivisa – vengono usate come si fa per i trasfe-ribili o nella compilazione degli slogan. “Siamo ormai abitua-ti a dire tutto subito. Il diario potrebbe essere un rifugio, undeposito per lo scrittore. È un’ipotesi, una speranza”, avevaaggiunto, per poi spiegare: “Il diario come antidoto alla dissi-pazione, per dare un maggior risalto di verità a ciò che unoè e pensa, per opporsi a questo andazzo di pubblicizzaretutto e immediatamente e alla fine insensatamente, perchénon resta nulla”.Proprio per questo, per combattere contro la superficialitàdel pensiero e contro la dissipazione delle intelligenze, CarloBo, da giovane, tenne un diario che pubblicò nel 1945.Diario aperto e chiuso, s’intitola ed è lì a testimoniare della“dissipazione” cui neanche lui umanamente seppe sottrarsi;è lì, a dare conto del suo contraddittorio (essendo egli unintellettuale cattolico) scetticismo, del suo credere sempremeno nella “religione delle lettere” e tuttavia restarne legatocome all’unico nutrimento possibile.Umano, troppo umano, verrebbe da dire, ripercorrendo lasua straordinaria opera di critico letterario, la quale, nellasua interezza, si può considerare un’opera letteraria di persé, autonoma e sotto l’aspetto creativo, originale, rappre-sentativa di un’epoca, chiarificatrice dal punto di vista cultu-rale e anche politico (per il ruolo che, nella società, gli intel-lettuali hanno avuto nell’arco di tempo compreso tra gli anniTrenta del secolo scorso e quelli immediatamente successi-vi alla fine della seconda guerra mondiale).Tanta attenzione per l’uomo, inteso nella sua spiritualità,colto nella sua panica ricerca di un segno divino (da qui lasua ammirata adesione al pensiero di Blaise Pascal, consi-derato il suo maestro assieme a Sainte-Beuve), in pienoNovecento ne aveva fatto un pensatore già superato,“vecchio”, anche se monumentalizzato mentre era ancorain vita. E se ne può approfittare per dire che questo costrui-re monumenti anzitempo è pratica diffusa nel mondo dellelettere per tenere a distanza coloro i quali con le loro opere,la loro presenza, il loro esempio rappresentano un modellodifficilmente raggiungibile, ma con il quale inevitabilmenteconfrontarsi. (Per la verità, con Bo la monumentalizzazionein vita riuscì a metà, e per il semplice fatto che l’uomo, intel-ligente come pochi altri in una terra di furbi tutto sommatosprovveduti, palesemente servendosi del monumento, tolsead esso gran parte della sacralità, sottraendosi alla mummi-ficazione).Circondato da uno spesso alone di “ufficialità” tanto daapparire una sorta di istituzione nazionale (Magnifico Retto-re dell’Università di Urbino, senatore a vita per i suoi altimeriti culturali, presidente onorario, o a tutti gli effetti, di unaserie di fondazioni e premi…), egli tuttavia se ne stavaappartato, centellinando i suoi interventispontanei miranti a illuminare i punti oscuridel vivere civile, ad orientare il pensiero dicoloro i quali riteneva non avessero del tuttosmarrito la capacità di agire da creatureumane.Tutto questo è testimoniato dalla sua vastaproduzione giornalistica che GiovanniRaboni sul Corriere della Sera, ha definitodi “un’agilità espressiva prodigiosa, capacedi ospitare abissi di allusività e suggestionedentro formulari ritmico-lessicali di quasi provocatorianonchalance”. E a questo va aggiunto tutto quello che CarloBo ha, di fatto, suggerito ai giornalisti nelle innumerevoliinterviste. Burbero, austero, di poche parole, tuttavia eglinon ha mai negato di “partecipare” al lavoro del più giovanedei cronisti culturali.Avendo avuto l’opportunità di intervistarlo più volte, possoqui dire che Bo era uno di quegli interlocutori che ai giorna-listi fanno fare buona figura. Interrogato su un determinato

aspetto della letteratura italiana contemporanea o delpassato, o di quella francese o spagnola o di qualsivogliaaltra area geografico-culturale, dettava (letteralmente detta-va) le risposte, complete della punteggiatura. E mai checonsultasse un libro, un appunto. Del resto, chi lo ha cono-sciuto, chi ha avuto modo di ascoltarlo in alcune delle suetante apparizioni in pubblico, sa bene che Bo era capace ditenere una conferenza – gli occhi bassi, il mozzicone disigaro spento in un angolo della bocca – senza mai servirsidi una scaletta, di una qualsiasi annotazione.Questa dimestichezza con i temi della cultura e della lette-ratura in particolare, gli veniva da un apprendistato chepossiamo definire straordinario. Uno “scrutatore di libri”, Bo,un metodico e affamato frequentatore di biblioteche (anchese spesso e soprattutto nell’ultima fase della sua vita, tuttoquanto delle biblioteche poteva servirgli gli giungeva incasa).“L’ultimo testimone della letteratura” è stato definito dopo lasua morte. E sono stati in tanti, disorientati dalla sua scom-parsa, a domandarsi cosa rimane, cosa rimarrà del criticoletterario, cattolico liberale, Carlo Bo. Per scrivere questanota ho radunato alcuni suoi scritti da – andando a ritroso –Solitudine e carità del 1985 allo Scandalo della speranzadel 1957; da Letteratura come vita del 1938 (con questo tito-lo, nel 1994, la Rizzoli ha pubblicato un’antologia criticadell’opera di Carlo Bo, a cura di Sergio Pautasso e con testidi Jean Starobinski e Giancarlo Vigorelli) al saggio d’esor-dio su Jacques Rivière.E già da questi titoli si può comprendere quali siano stati itemi e le emozioni umane e intellettuali alla base del suovasto lavoro critico. In tutta la sua vita, Bo sviluppò un inces-

sante esercizio di lettura e di rilettura suitesti classici e moderni di autori italiani,francesi, spagnoli, rintracciandone ed esal-tandone le diverse radici e ragioni, maanche le loro comuni aspirazioni ed ispira-zioni europee.Da questo lavoro nacque la sua importanteriflessione critica e spirituale, condotta conarte di scrittore, sotto forma di saggi diampio respiro, recensioni e interventi occa-sionali, note diaristiche, scritti, questi ultimi,che testimoniano la sua affinità con la lette-

ratura francese di cui fu uno dei massimi conoscitori.Alludendo alla sterminata produzione critica di Bo, Giancar-lo Vigorelli, uno dei suoi più convinti sostenitori (e quiaggiungiamo dei suoi amici più cari) ha scritto (e ci sembrasia questo un modo degno per ricordarlo): “…Non è ad ognimodo la quantità, ma è la totalità dei libri letti a fare di Bo,direbbe oggi un cronista letterario da rotocalco, il ‘fenomenoBo’. È la qualità delle sue letture, ed è più ancora quel suoincessante invito alla lettura di libri di qualità che fa di lui,direttamente o indirettamente, l’anticipatore e il promotoredella ‘nuova critica’ italiana.Non per assegnare titoli, primati e primogeniture, ma conquella sua idea elitaria di lettura e il suo esempio, è inconte-stabile che Bo abbia determinato un sommovimento di terree di cieli nell’orbita obbligata della critica. No, non ha datovita ad un metodo, ad un sistema di critica; al contrario haviolato parecchie metodologie correnti, dimostrando al vivoche non esistono tecniche prefabbricate di indagine e,peggio, di giudizio. La critica non è che un atto di conoscen-za, di doppia conoscenza disvelata tra chi ha scritto il libro echi leggendolo ne individua e condivide le verità, l’assolutaverità…”.La verità della letteratura, quella che illumina le opere diManzoni, di Borges, di Sciascia. E di Bo. E voglio ricordarloin quella fredda giornata di gennaio in cui andai a trovarlonella sua casa di Urbino, in occasione del suo novantesimocompleanno. “Non è un merito arrivare a questa età”, midisse. E indicandomi una ordinata pila di scatole di sigari,aggiunse: “Quelle sono le uniche cose che restano della miavita. Tutto quello che avevo da dire l’ho detto in un arco ditempo che arriva al 1945. Quel che è venuto dopo è stan-chezza, delusione, erosione della fede nella letteratura”.Feci il calcolo.Nel 1945, Bo aveva trentaquattro anni, e dato che per suastessa ammissione il periodo più fertile e più bello della suavita era stato quello tra il 1934 e il 1938, ne ricavai che lagran parte di coloro che avrebbero letto il mio articolo suinovant’anni di Carlo Bo, quando egli viveva i suoi anni piùintensi, non erano ancora venuti al mondo. E allora, mi sonodetto, se si riflette su questo dato, tutto apparirà più natura-le e lo scetticismo di Bo si scioglierà in buon senso, e sicomprenderà appieno l’umiltà del suo rammarico estremo:“Non ho studiato abbastanza”. In quelle ore che per lui dove-vano essere di festa, mentre a Urbino, a Roma, a Milano,nella sua Sestri Levante, gli amici e le autorità si preparava-no a rendergli omaggio, lui aveva trovato per sé questaformula, sconcertante e per certi versi inquietante: “Sono unaspirante cattolico”.

La verità della letteraturadi Matteo Collura

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Si sono svolte l’8 settembre

le prove scritte di selezione

per l’ammissione

Sabato 8 settembre, presso la sede del Poli-tecnico si sono tenute le prove scritte di sele-zione per l’ammissione al XIII biennio dell’Ifg.Dei 302 candidati ammessi – per questatornata uno dei requisiti era la laurea - se nesono presentati 227, 130 femmine e 97maschi. Rappresentano tutte le Regioni,eccetto Valle d’Aosta, Molise e Basilicata. Icandidati più numerosi provengono dallefacoltà di Lettere, Scienze politiche e Giuri-sprudenza, ma non mancano i laureti inmedicina, ingegneria, chimica e biotecnolo-gie.Le operazioni di registrazione sono iniziatealle 9 e si sono concluse attorno alle 10. Unbreve intervento del presidente dell’Ordinedella Lombardia, Franco Abruzzo (“daquesta selezione devono uscire 40 numeriuno”) e subito dopo il vicepresidente vicariodella Commissione, Emilio Pozzi (il presiden-te è Piero Ostellino) ha fatto scegliere ad una

candidata una delle tre buste contenenti letracce degli elaborati, la fotocopia degli arti-coli pubblicati su giornali dell’8 settembre, daiquali ricavare un riassunto di 20 righe e unquestionario con 20 quiz su argomenti diattualità e cultura - che pubblichiamo quiaccanto. Il “via” è stato dato alle 11,10, tempomassimo per la consegna, sei ore.La correzione degli elaborati, tutti rigorosa-mente anonimi, è cominciata l’11 settembree si protrarrà fino al 19. Vengono selezionati90 candidati che dall’11 al 22 ottobre soster-ranno la prova orale. La proclamazione deivincitori avverrà il 23 ottobre. I punteggimassimi per le prove sono espressi insessantesimi (il tema) e in ventesimi (sintesie quiz). I primi 40 classificati vengonoammessi all’Ifg, dove svolgeranno il pratican-tato. L’inizio delle lezioni è previsto per il 5novembre. La frequenza è obbligatoria e atempo pieno.

TEMI SORTEGGIATI (busta C)

POLITICA INTERNAZIONALE Israele-Palestina: perché il conflitto dura ancora oggi?

POLITICA INTERNA Come i media hanno raccontato i fatti di Genova

CRONACA Novità in farmacia: i farmaci generici

ECONOMIA Borsa: ascesa e crollo dei mercati negli anni della neweconomy

CULTURA A Mantova per la cultura si fa la coda e si paga per parte-cipare agli incontri con gli scrittori. Le sorprese del Festi-valetteratura

COSTUME Miss Italia: un sogno che non tramonta

SPETTACOLI Bilancio dell’anno verdiano per il centenario: in Italia enel mondo

SPORT Di fronte al calcio miliardario in Italia si prospettano nuoviscenari: il miracolo Chievo, la decadenza delle squadremeridionali, la preponderanza di calciatori stranieri

QUESTIONARIO SORTEGGIATO (busta C)

1) Chi presiede il Consiglio Superiore a) il Presidente della Repubblicadella Magistratura (CSM)? b) Il Presidente del Consiglio

c) Il ministro di Grazia e Giustizia

2) Le cronache riparlano di Pacciani, dei compagni di a) 1968merenda e degli omicidi avvenuti nella zona di Firenze. b) 1975In che anno il primo dei 17 omicidi? c) 1980

3) Il Governo Berlusconi ha istituito la carica a) 4di vice-ministro. Quanti sono? b) 6

c) 8

4) In quale città italiana è stato denunciato il primo caso a) Napolidi morte causata dalla medicina anticolesterolo b) Firenzeprodotta dalla Bayer? c) Bologna

5) Come si chiama il cardinale presidente della CEI? a) Camillo Ruinib) Angelo Sodanoc) Joseph Ratzinger

6) Quale tipo di arma è stata messa al bando a) mine antiuomodopo il trattato di Ottawa del 1° marzo 1999? b) euromissili

c) armi strategiche

7) Quando è entrata in vigore la Costituzione italiana? a) 2 giugno 1946b) 22 dicembre 1947c) 1° gennaio 1948

8) Quale organo è competente a giudicare il Presidente a) Corte Costituzionaledella Repubblica per i reati di alto tradimento? b) Corte d’Assiste d’Appello

c) Tribunale speciale

9) Quale uomo politico pronunciò il discorso di Fulton a) Edennel 1946 usando per la prima volta l’espressione b) De Gaulle“cortina di ferro”? c) Churchill

10) Da chi è stata fondata la CNN, c) Churchillrete televisiva che trasmette 24 ore su 24? b) Bill Gates

c) Steve Case

11) Un grande giornalista polacco, Ryszard Kapuscinski a) Oro neroha scritto uno dei più acuti libri sull’Africa. b) EbanoQual è il titolo? c) Equatore

12) Chi è l’autore della beat generation a) Allan Ginsbergdivenuto famoso nel 1957 con il libro On the road? b) Jack Keruac

c) William Burroughs

13) Il Vernacolo è: a) arredo sacrob) dialettoc) animale

14) Il famoso quadro “Olympia” a) Goyache ritrae una donna nuda sdraiata è di: b) Manet

c) Modigliani

15) Teo Teocoli ha abbandonato all’improvviso a) “torno alla Rai”il programma di Canale 5 “Italiani” condotto b) “mi pagano troppo poco”da Paolo Bonolis. Motivazione? c) “non sono ancora pronto”

16) Nel film Eden dell’israeliano Gitai recita a) John Le Carrèlo scrittore autore della storia. Chi è? b) Ismail Kadarè

c) Arthur Miller

17) Qual è il fiume italiano più lungo dopo il Po? a) Tevereb) Arnoc) Adige

18) Con quale parola inglese fu definita la politica a) devolutioneconomica neoliberista applicata negli anni Ottanta b) deregulationda Reagan e dalla Thatcher? c) dumping

19) In quale specialità Fiona May ha vinto la medaglia a) salto in altod’oro agli ultimi campionati del mondo? b) salto in lungo

c) salto triplo

20) Dove si svolgeranno le Olimpiadi invernali del 2002? a) Italia (Piemonte)b) Stati Uniti (Salt Lake)c) Svizzera (Vallese)

XIII bienniodell’Ifg

Un momento della prova scritta di selezione per l’ammissione al XIII biennio dell’Ifg,svoltasi l’8 settembre al Politecnico di Milano.

La carica dei 227

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23 (31)ORDINE 8 2001

TEMI NON SORTEGGIATI (busta A)

POLITICA INTERNAZIONALE Tutti dicono di essere contro il razzismo: allora, perché aDurban il mondo si è diviso?

POLITICA INTERNA Il federalismo nelle diverse anime del Governo

ECONOMIA Si prospetta un autunno molto caldo. Il candidato illustri ipunti di contrasto tra le parti sociali

CRONACA Cenerentola con bambino a Palazzo reale. Le nozze frail principe di Norvegia Haakon e la signorina Mette-Marit

CULTURA No logo di Naomi Klein: il libro cult degli anti global

COSTUME Miss Italia: un sogno che non tramonta

SPETTACOLI Manu Chao: mito vero o falso?

SPORT Il doping è ormai un fenomeno trasversale a tutti gli sport.Che cosa si è fatto e che cosa si può fare per contrastarlo

QUESTIONARIO NON SORTEGGIATO (busta A)

1) In quale palazzo romano a) Farnesinaha sede il ministero degli Interni? b) Viminale

c) Palazzo Chigi

2) Christian Barnard, padre dei trapianti a) Leucemiadi cuore è morto a Cipro. Quale la causa? b) Incidente d’auto

c) Infarto

3) Quanti milioni sono gli infetti da Hiv nel mondo? a) fra i 30 e i 40 milionib) fra i 40 e i 50 milionic) fra i 50 e i 60 milioni

4) In quale anno sono cominciate le trasmissioni a) 1952regolari della Tv in Italia? b) 1954

c) 1957

5) Quale di questi Paesi non fa parte dell’Unione Europea? a) Portogallob) Irlandac) Svizzera

6) Cosa significa letteralmente la parola “intifada”? a) lancio di sassib) assaltoc) funerale

7) In quale città ha sede a) Strasburgola Corte Internazionale di Giustizia? b) L’Aja

c) Bruxelles

8) Quante sono in Italia le regioni a statuto ordinario? a) 12b) 15c) 18

9) Quale di questi tre personaggi succedette a) Pietro Badoglioa Mussolini nel luglio 1943 alla guida del Governo? b) Ivanoe Bonomi

c) Ferruccio Parri

10) Chi, fra questi giornalisti non è stato direttore a) Indro Montanellidel Corriere della Sera b) Giovanni Spadolini

c) Mario Missiroli

11) Chi è il reponsabile dei servizi giornalistici di La7? a) Sandro Curzib) Giuliano Ferrarac) Gad Lerner

12) Di che nazionalità è il premio Nobel a) giapponeseper la letteratura (anno 2000) Gao Xinjian? b) coreana

c) cinese

13) Quale termine indica l’accostamento nella medesima a) Ossimorolocuzione di parole che esprimono concetti contrari? b) Sineddoche

c) Metafora

14) Quale di questi attori americani non è stato a) Al Pacinodoppiato da Ferruccio Amendola? b) Robert De Niro

c) Robert Redford

15) Il Divisionismo è a) Una ideologia politicab) Un comportamento delle cellulec) Un movimento artistico

16) Quanti sono i registi che si sono impegnati a) 11a Genova a filmare le giornate del G8? b) 18

c) 33

17) Come si chiama oggi lo stato africano a) Dahomeyche fino al 1960 si chiamava Alto Volta? b) Burkina Faso

c) Burundi

18) Che cosa è il Pil? a) Partita iva localeb) Prodotto interno lordoc) Partito italiano liberale

19) In quale città si svolgeranno le Olimpiadi del 2008? a) Tokyob) Pechinoc) Oslo

20) Quale di queste tre squadre di calcio a) Olandanon si è qualificata per i mondiali del 2002? b) Spagna

c) Argentina

QUESTIONARIO NON SORTEGGIATO (busta B)

1) In una sola regione italiana a) Marchec’è una minoranza linguistica croata. Quale? b) Molise

c) Puglia

2) Vent’anni fa a New York, il 12 agosto 1981 a) 420veniva presentato il primo personal computer. b) 5150Fu chiamato con un numero. Quale? c) 9001

3) Chi presiede la giuria di Miss Italia 2001? a) Gina Lollobrigidab) Ornella Mutic) Sofia Loren

4) Marshall McLuhan divideva i media in caldi e freddi. b) RadioUno solo di questi è freddo. Quale? c) Tv

d) Cinema

5) In quale anno è stata fondata la Fao a) 1945(organizzazione dell’Onu b) 1950per l’alimentazione e l’agricoltura)? c) 1955

6) Nel 1972 un commando palestinese compì a) a Barcellonaun sanguinoso raid in un villaggio olimpico. Dove? b) a Città del Messico

c) a Monaco di Baviera

7) Quale organo decide in primo grado sulle controversie a) Tartra cittadini e pubblica amministrazione? b) Consiglio di Stato

c) Corte dei Conti

8) Con quale provvedimento del Presidente a) amnistiadella Repubblica su delega delle due Camere, b) condonolo Stato rinuncia a punire determinati reati? c) indulto

9) Chi fu nel 1988 la prima donna diventata a) Benazir Bhuttoprimo ministro in un Paese islamico? b) Indira Gandhi

c) Golda Meir

10) In media quanti quotidiani sono venduti a) fra 4 e 5 milioniogni giorno in Italia? b) fra 5 e 6 milioni

c) fra 6 e 7 milioni

11) Nel gennaio 2002 ricorre il 30° anniversario della morte di a) EuropeoDino Buzzati. Il grande scrittore ha avuto un ruolo fondamentale b) Epocaper molti anni in un settimanale di Milano. Quale? c) Domenica del Corriere

12) Di che nazionalità era il famoso scrittore Jorge Amado? a) Argentinab) Colombianac) Brasiliana

13) Qual è la parola corretta? a) Metereologicob) Meterologicoc) Meteorologico

14) Uno dei più importanti restauri degli ultimi anni ha a) Firenzeriguardato La leggenda della vera Croce di Piero della b) Siena Francesca. In quale città si trova l’importante dipinto? c) Arezzo

15) Di che nazionalità è il cantautore Manu Chao? a) Ecuadoregnab) Spagnolac) Francese

16) Al Festival di Locarno il Pardo d’oro è stato vinto dal film italiano Alla a) Stefania Sandrellirivoluzione su due cavalli regista Maurizio Sciarra.Un’attrice italiana b) Laura Moranteche faceva parte della giuria ha contestato in pubblico la scelta. Chi? c) Laura Betti

17) In quale sezione delle Alpi si trova il Monte Bianco? a) Graieb) Penninec) Retiche

18) Come viene chiamato l’indice a) Nasdaqdei titoli azionari tecnologici? b) Napster

c) Seat

19) Quante volte l’Italia ha vinto i mondiali di calcio? a) dueb) trec) cinque

20) Quale squadra ha eliminato a) Russial’Italia dai campionati europei di basket? b) Croazia

c) Grecia

TEMI NON SORTEGGIATI (busta B)

POLITICA INTERNAZIONALE Luci e ombre della politica estera di Bush

POLITICA INTERNA Polemiche e commenti sulle diverse candidature allasegreteria dei Democratici di sinistra

CRONACA Mostro di Firenze: perché Pacciani è di nuovo in prima pagina

ECONOMIA Arriva l’Euro: opportunità, timori, rischi, problemi pratici

CULTURA Paolo Coelho e Carlos Castaneda due scrittori chehanno venduto milioni di copie. Che cosa li accomuna?

COSTUME Gli abiti sottoveste, di chiffon, trasparenti, vengono propostiper 365 giorni all’anno. Per assecondare nuove voglie diseduzione o per semplificare i costi e aumentare i profitti?

SPETTACOLI Si parla tanto del giovane cinema italiano. Tendenze, tito-li, autori, interpreti

SPORT Calcio: cosa manca alla Nazionale di Trapattoni per arri-vare competitiva ai mondiali del 2002?

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24 (32) ORDINE 8 2001

di Massimo Cobelli

Mario Arduino, classe 1939,sindaco di Sirmione delGarda per una decina d’an-ni, dal 1990, e autore di libridi poesia e di saggi sul suoillustre concittadino di due-mila anni fa, Catullo; OscarDi Prata, nato a Brescia nel1910, pittore, critico e do-cente, per molti anni collabo-

L I B R E R I A

Mario Costa CardolUltimo zar – primo olocausto

Mario Arduino e Oscar Di PrataFu breve la giornata

di Gigi Speroni

La prima guerra mondiale ciha lasciato saggi, ricordi,memoriali di generali (ognu-no a difendere la propria ve-rità) testimonianze di scritto-ri, come Lussu, Hemingway,Remarque. A questa pubbli-cistica enorme che raccontae analizza l’insensato sacrifi-cio di una intera generazio-ne sui vari fronti di battaglias’aggiunge, ora, questo librodi Mario Costa Cardol dedi-cato a uno sterminio avve-nuto nelle retrovie, e dimen-ticato: tra il 1914 e il 1916 cir-ca due milioni di ebrei trova-rono la morte durante le de-portazioni volute dallo statomaggiore russo col pretestoche i villaggi giudei eranocentrali spionistiche a favoredel nemico tedesco. Due mi-lioni! E i più deboli: donne,vecchi, bambini, perché gliuomini validi erano al fronteo disertori.Il titolo del libro, Ultimo zar –primo olocausto, ne sintetiz-za il contenuto.L’ultimo zar era Nicola II, cheil 17 luglio 1918 verrà ucciso,con tutta la famiglia, dai bol-scevichi, per ordine delSoviet degli Urali, a Eka-terin-burg, in Siberia, e latragedia del popolo della dia-spora può essere ben defini-ta come il “primo olocausto”.Oltretutto a opera di unaRussia che accusava le vitti-me di essere al servizio pro-prio dei futuri nazisti che, inmodo più scientifico, pro-grammeranno la soluzionefinale del popolo d’Israele.Nel 1916, mentre i soldatidello zar perseguitavano gliebrei, un giovanotto di 27anni, Adolf Hitler, in un ospe-dale da campo tedesco, pervia degli occhi ustionati dal-l’iprite. maturava i suoi follipropositi di distruzione.E Mario Costa Cardol citacome “prezioso e importan-tissimo punto di riferimento”,Jacob L. Talmon, professoredi storia moderna allaUniversità di Gerusalemme,che, di fronte alla strage rus-sa, si era accorto “con sgo-mento di trovarsi di fronte auna sorta di prefigurazionedell’ecatombe attuata dainazisti”.

L’autore cerca di inquadrarela tragedia in campo largo,ovvero in un ampio scenariogeopolitico, con veloci pen-nellate sui protagonisti del-l’epoca, nell’intento di com-porre un quadro d’insieme.Compito non facile.Il suo vero merito rimanequello di aver riportato allaluce un dramma, e chedramma, rimosso dalla me-moria e dalla coscienza de-gli uomini. E rivissuto conuna partecipazione perso-nale: “Grazie all’intelligenzae alla sensibilità di mia mo-glie Doris Sarina, ho avutodell’animo e del mondoebraici la comprensione ne-cessaria per scrivere questolibro, che dedico alla memo-ria di Lei e alla vita di nostronipote Carlo Yehuda”.

Mario Costa Cardol,Ultimo zar –

primo olocausto,Lulav editrice,

Milano 2001,pagine 269, lire 29.800

(euro 15,39)

ratore di giornali e riviste:due esperienze diverse, duediverse generazioni, ma ununico modo di “sentire” l’av-ventura umana, con le suegioie e i suoi dolori, con il far-dello del passato e con lesperanze del futuro.La giornata è appena comin-ciata e già volge al tramonto,ma nonostante la “stagione”sia perduta per sempre ri-

mane la gioia di aver vissutoe di vivere alla ricerca di unalibertà interiore che è poi ilsegreto della vita. È la gioiadei semplici, dei puri di cuo-re, che non si lasciano maiabbattere dalla disperazio-ne.Dal sodalizio tra il poeta e ilpittore è nato il volume Fubreve la giornata, parole edimmagini sulla stagione per-

duta, raccolta di poesie diArduino e di disegni di DiPrata, dalla quale affiora unduplice e personalissimopercorso umano e spirituale,intrapreso alla ricerca di unrigore morale che non hanulla a che fare con il circodelle vanità impostoci dauna società alla deriva.Arduino e Di Prata, poeti distrada innamorati della vita,

intercalano disegni e poesiecome in un libro di filastroc-che per bambini, confonden-do le une con gli altri.“Entrambi ‘giocano’ con sestessi e con il mondo, ebbridi gioia orgogliosa e con-scia”, osserva nella presen-tazione del volume AmanzioPossenti: “ambedue raccon-tano che la vita è un donosenza pari, anche se fu bre-ve la giornata. Tra parole eimmagini, là avanti si profilaun guado da superare, perloro, per tutti: è dolce che aldi là attenda un Dio pieno dimisericordia, che abbracciail Poeta, si emoziona ai colo-ri del Pittore e avvolge tuttinel segreto dell’eternità”.E quando sarà il momento,

dice Arduino, “concedimi lamorte improvvisa, Signore. /Abbattimi come una querciamontana / colpita dalla folgo-re celeste. / Evitami la degra-dante agonia / dell’erba sot-to la ferza estiva. / Conser-vami dignità umana / fino al-l’ultimo istante. / Ed accogli-mi quindi / nelle tue bracciaamiche”.

Mario Arduino e Oscar Di Prata,

Fu breve la giornata.Parole ed immagini

sulla stagione perduta,con prefazione

di Amanzio Possenti,Tipolitografia Editrice

Angelo Lumini,Travagliato(Bs), pagine 140, s.i.p.

di Corrado Stajano

Deve aver forzato la proprianatura riservata, PaoloMurialdi, per scrivere, più di50 anni dopo, una cronacadella sua guerra partigianain una brigata garibaldinadell’Oltrepò pavese. Il libret-to, pubblicato da Il Mulino, siintitola La traversata. Set-tembre 1943-dicembre1945. È una memoria secca,priva di retorica e di compia-cimenti, dove l’emozione hapoco spazio. Si svela soltan-to, ma con misura, nella pa-gina dove Murialdi raccontal’arrivo a Milano, il 27 aprile‘45, dei partigiani dell’Ol-trepò, i primi che giunsero incittà: “Le vie dell’ingresso so-no quelle abituali di quandonon c’era l’autostrada: Con-chetta, san Gottardo. Tra lecase incontriamo il tripudio.Dai marciapiedi e dalle ma-cerie uomini e donne ap-plaudono e urlano evviva.Qualcuno grida welcome,welcome e noi rispondiamoche siamo italiani, non ame-ricani o inglesi. Ricordo unadonna che si sbracciava tan-to che un seno le uscì dalloscollo del vestito”. (Una bellasoddisfazione, indimentica-bile, per un giovane di 25 an-ni, liberare Milano dal nazifa-scismo. Capace di ripagaredi tante fatiche, ansie, dolori,ricordi di morte). In cima alsuo libro, Murialdi ha postodue citazioni, la prima diJosif Brodskij, “L’animo pre-cede la penna e non permet-te alla penna di tradirlo”. Laseconda di Italo Calvino:“Siamo tutti uguali davantialla morte, non davanti allastoria”. Questa di Murialdi,storico del giornalismo, gior-nalista per tanti anni, è unamemoria nel segno indicatoda Claudio Pavone, l’autoredi Una guerra civile, fonda-mentale saggio storico sullamoralità della Resistenza.Murialdi è ritornato nei postidella sua giovinezza parti-giana, ha rivisto i paesi dipianura, i villaggi di collina aridosso della via Emilia,Voghera, Stradella, la terralombarda sotto il Po, i prati ei boschi dei rastrellamenti, lestrade degli agguati, i luoghidella guerriglia, le cascine

dell’ospitalità contadina. Èandato, inutilmente, alla ri-cerca della buca lunga unpo’ più di tre metri, largaquasi due, di terra e di tavoledi legno, dove con tre com-pagni visse per 35 giorni do-po il feroce rastrellamentodei mongoli del novembre‘44.Murialdi non ha reticenze,racconta tutto quel che ricor-da, è salito in montagna conun impermeabile stinto, i cal-zoni alla zuava, un sacco inspalla.La Resistenza, allora e oggi,è per lui portatrice di libertà.È un duro tirocinio, il suo, im-para la politica, impara a co-noscere gli uomini. Spessonon sono facili i rapporti tra ipartigiani delle diverse for-mazioni, i comunisti, i socia-listi, gli autonomi, iGaribaldini, i Matteottini,quelli di Giustizia e libertà,

allora tenuti in sospetto daicomunisti, adesso da chi ve-de i comunisti in ogni canto-ne.Il libro di Murialdi, garibaldi-no non comunista, cometanti altri, è familiare, spiegacon naturalezza, fuori delmito, la quotidianità della vitapartigiana. Spiega anche gliorrori e la pietà. Non tace leatrocità della guerra civile,non nasconde la violenzapartigiana. Ma il seme dellavendetta, commenta, l’ave-vano seminato i neri. Nell’ul-timo periodo del fascismopoi, quello di Salò, poi nor-mali persone di fede fascistasi trasformarono in efferatitorturatori, come gli uominiche operarono nell’Oltrepò,italiani feroci di una forma-zione che si chiamava“Sicherheits Abteilung”.I compagni del partigianoPaolo sono l’Americano,

Piero, Toni, Ciro, PrimulaRossa. Ma anche Nerone,Sceriffo, Caino, Usignolo,Togliatti, Badoglio, Audace,Indietro, Portos, Tigre, Stalin,Macario. Nomi fantasiosi, pit-toreschi, ironici. Ma sonodue i protagonisti della cro-naca di Murialdi: Edoardo eMaino. Edoardo è ItaloPietra. È lui - il futuro diretto-re del Giorno - il comandan-te che l’aveva arruolato in uncampo di meliga: “Indossaun insieme che ricorda unpo’ gli alpini e un po’ i campidi sci: giacca a vento lunga egialla, fuori ordinanza, calzo-ni grigioverdi da ufficiale, cal-zettoni bianchi, scarpe Vi-bram. Non porta armi”.Maino è Luchino dal Vermeche i partigiani-contadinichiamavano al cònt, il conte.Ufficiale delle batterie a ca-vallo in Russia, nel partigia-nato è stato uguale tra gliuguali, ossessivo bersagliodei nazifascisti. Pietra hascritto di lui bellissime pagi-ne nel suo libro I grandi e igrossi (Mondadori, 1973).C’è, nella cronaca diMurialdi, un episodio che ri-vela l’intelligenza politica, lostile e il nero umore burlescodi Pietra.Il 29 aprile 1945, il crudelecapo della Sicherheits,Felice Fiorentini, viene cat-turato e portato nelle scuoledi viale Romagna, casermapartigiana di Milano: “Alto,magro, pallido, disfatto.Edoardo ed io temiamo il lin-ciaggio o una raffica di mitra.Edoardo, allora, pensa dimostrarlo ai partigiani am-massati nell’atrio e urlanti,con noi due ai suoi fianchi,quasi a contatto di gomito.Ottenuto il silenzio Edoardodice che bisogna dargli unalezione: farlo giudicare da untribunale straordinario aVoghera ma, intanto, cantar-gli una canzone partigiana.Così accade. Una scenaemozionante e anche teatra-le; ma i partigiani cantano enon sparano”.

Paolo Murialdi,La traversata. Settembre

1943-dicembre 1945,Il Mulino 2001, pagine 137,

lire 18.000 (euro 9,26)

Quando vestivamoalla garibaldina

“Corriere della Sera” dell’8 settembre 2001

La Resistenza di Murialdi

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25 (33)ORDINE 8 2001

di Gigi Speroni

Luigi Gestra e Lucia Purisiol Una voce mi chiamò:Primo!

Romano BracaliniL’Italia prima dell’Unità (1815-1860)

Spiega Lucia Purisiol: “Miconvinse a scrivere questatestimonianza del suo cam-mino di conversione, chie-dendomi: «Perché credi cheil Signore ci abbia fatto in-contrare?». Non ebbi dubbinel rispondere: «Per scrivereun libro».Ed eccolo, dunque, il libro,nato dall’incontro di una cro-nista d’esperienza con LuigiGestra, che, a quarant’anni,si è lasciato alle spalle unavita brillante e mondana, co-me titolare di un negozio diabbigliamento nel centro diMilano, per diventare terzia-rio francescano.Non per un’improvvisa folgo-razione, ma dopo un cammi-no dai sofferti interrogativimentre veniva fornito di dotiparanormali da una presen-za invisibile che lo “sollecita-va a fare”. A esercitare feno-meni razionalmente inspie-gabili che lo dilaniavano nelcercare di comprendere checosa gli stava succedendo,chi lo andava trasformandoin sensitivo, a volte, addirittu-ra, in una specie di guru.Lo aiuterà in questa ricercainteriore un sacerdote, defi-nito “Padre Illuminato”, che,passo passo, lo avvierà ver-so la vocazione. Sin quando“all’improvviso una voce in-teriore mi disse: «… tu seivenuto al mondo per conver-tire le anime».E in quell’istante ebbi questavisione: il mio feto (compresisubito che ero io) e l’animache entrava in esso nella for-ma di una particola bordatad’oro”.Prima di questa rivelazione(siamo ormai verso le ultimepagine del racconto),

Gestra, verrà indotto dallasua “voce guida” a compiereuna serie di stupefacenti attiper la meraviglia di amici econoscenti: grandi e piccolebuone azioni: dall’avverti-mento di non affidarsi più aun commercialista disone-sto, alla diagnosi per faruscire un padre di famigliadal coma; dai consigli all’a-mico musulmano su quandogiocare una schedina vin-cente, al lungo, commosso,colloquio con un’amica nel-l’aldilà… e via così.Episodi raccolti dalla Purisiolcon diligenza partecipantevisto che anche lei è statacoinvolta dalla personalitàdel Gestra: “Quando ho co-minciato a frequentare Luigi,gli amici si sono accorti subi-to che c’era qualcosa di nuo-vo in me, in genere chiusa,diffidente, pessimista.Naturalmente mi hannochiesto come andava l’amo-re e se avevo un nuovo fi-danzato. Io rispondevo cheavevo conosciuto una perso-na che mi faceva pregare.Conoscendo i miei trascorsi,allarmati, insistevano nel sa-perne di più e io rispondevoregolarmente che quandoandavo da lui mi sentivotranquilla, serena, e che«pregare non fa male».”Il libro è di buona scrittura, equi mi fermo. Perché il conte-nuto va preso per quello chevuole essere: una testimo-nianza di Fede. Che doneràulteriori certezze a chi credee potrà offrire spunti di rifles-sione a chi dubita. Comesempre, d’altronde, quandosi entra nel mistero del tra-scendente.Così, più che addentrarmi inun’analisi critica, penso chesia più interessante proporre

al lettore due profezie diLuigi Gestra. Sta parlando,nei boschi della Verna, “dellagrandezza di San Fran-cesco” con alcuni amici,quando li zittisce «perché mistanno comunicando unmessaggio»”.“Sentii questa voce delSignore che mi diceva:«Iltempo che verrà è molto du-ro. Dal 2001 al 2003 man-cherà il pane, ma chi è vicinoa me non deve temere per-ché non gli mancherà.Chi invece sarà lontano dame cadrà nelle tenebre.Vedrai ci saranno molti suici-di perché non credono in mee nella mia salvezza».Poi mi disse per la Chiesa:«Il vostro Papa è un grandePapa… Parlerà alle potenzema non lo crederanno. Lasua grande missione è quel-la di spianare la strada alprossimo Papa che verrà eavrà un carattere molto duro.Dirà basta a tutte le filosofie.La verità è il Vangelo.Molti sacerdoti verrannospretati perché usano filoso-fie non coerenti con ilVangelo. E ci vorranno cin-quant’anni per ricostruire laChiesa».I riscontri a un futuro. E nep-pure molto lontano.

Luigi Gestra,Lucia Purisiol,

Una voce mi chiamò:Primo!,

una vita,una speranza,

una conversione,Piemme, Religione,

pagine 208,lire 24.000 (euro12,39)

di Gian Luigi Falabrino

L. Benedini e C.MartignoniMarino Moretti a GiuseppeRavegnani. Lettere

Se si mette a confronto unpoeta e narratore con un criti-co di giornali e direttore dicollana, un operatore cultura-le come si diceva anni fa,scatta facilmente nel lettore,soprattutto se letterato an-ch’egli, un pregiudizio: il pre-giudizio romantico del poetabaciato dall’ispirazione e dal-la gloria, di fronte al quale l’o-peratore culturale sembramolto meno importante.

C’è del vero, naturalmente, inquesta specie di classifica,perché la creatività artistica èciò che conta, e ciò che si giu-dica è l’opera. Ma sul pianodelle personalità, della cultu-ra, della stessa autorità che sipuò esercitare nei giornali enelle case editrici, il confrontonon va sempre a favore deipoeti e dei narratori. In parte,è anche il caso del confrontofra Marino Moretti e GiuseppeRavegnani, che emerge dallelettere che il primo ha indiriz-zato al secondo, in due perio-di, 1914-1921 e 1952-1964,pubblicate dalla BibliotecaCivica di Pavia, col titoloMarino Moretti a GiuseppeRavegnani.Lettere.

Questo volume è lo sviluppodi una tesi di laurea di LuciaBenedini, arricchita di note edi una biografia di Ra-vegnani, in collaborazionecon la professoressa CleliaMartignoni, che ha anchescritto l’introduzione. Ci sonosoltanto le lettere di Moretti aRavegnani, ma da ciò chescrive il poeta e dai chiari-menti delle note, molto preci-se, si intuiscono gli argomentie il tono del critico.Quando i due letterati comin-

ciarono a scriversi, Morettisfiorava i trent’anni ma eragià celebre, Ravegnani avevadieci anni di meno e stava fa-cendo le prime prove conqualche libretto di versi, conuna rivistina letteraria fattacon Italo Balbo (allora repub-blicano poi fascistissimo) chenon passò i due numeri, e poicon un’altra rivista durata dueanni, fino al 1915. Come dicela Martignoni nell’introduzio-ne, la conoscenza fra i due èsuperficiale: Moretti è affer-mato e già esperto, Ra-vegnani impacciato e subor-dinato. Le lettere del periodo1914-1921 rivelano un tipo dirapporto molto frequente fra iletterati: l’esordiente mandapoesie per la pubblicazione,e l’affermato risponde “lei puòfare di meglio”; oppure l’esor-diente scrive soffietti benevoliper l’arrivato, e questi si de-gna di rispondere con brevicartoline, dal tono molto for-male, che si fanno più lunghee cordiali soltanto dal 1921.

Poi ci sono trent’anni di silen-zio: nel 1952 i due letteratis’incontrano nella giuria delpremio “Grazia Deledda”, di-ventano amici e la corrispon-denza riprende da quell’annoal ‘64: sono ambedue roma-gnoli, lavorano in modo diver-so per la Mondadori, eRavegnani ha mantenutoun’attenzione critica verso leopere di Moretti. A propositodi Mondadori: Moretti era di-venuto un autore della casa,e Ravegnani, come scriveLucia Benedini nella schedabiografica, dopo i trascorsi fa-scisti (fra l’altro, nel ‘43 fu an-che direttore per pochi mesidel Gazzettino e dellaGazzetta di Venezia) e dopola direzione della Biblioteca

Ariostea di Ferrara, nel ‘44 ri-parò a Milano. Qui dal 1950al ‘59 fu redattore capo e criti-co letterario di Epoca e diret-tore della celebre collana dipoesia Lo Specchio. Questiincarichi, uniti alla capacitàcritica, gli diedero una posi-zione di “potere” fra gli autori,che non scomparve del tuttoneppure dopo la rottura con iMondadori e il passaggio alGiornale d’Italia.

Le molte lettere del secondoperiodo sono rivelazioni econferme di beghe editoriali,ambizioni di autori, delusionie persino pettegolezzi. Nelraccoglierle in questo pro-mettente lavoro, LuciaBenedini ha sostenuto le let-tere e i loro contenuti con no-te numerose e approfondite,che costituiscono il meritomaggiore di questa giovanestudiosa.Si tratta di vere biografie, pre-cise e dettagliate, di tanti au-tori del Novecento. Se si met-tessero insieme le brevi, maricche biografie di Panzini,Rea, Govoni, Cecchi,Giuseppe A. Borgese e tan-tissimi altri (e anche molti “mi-nori”:Guido Lopez, Mas-simoGrillandi, Cesare Bran-duani,per esempio), si otterrebbenon soltanto una descrizionedell’ambiente letterario delsecolo, ma anche un com-pendio di storia della lettera-tura che, in certe parti, è sto-ria dell’editoria e del giornali-smo.

Lucia Benedini e Clelia Martignoni,

Marino Moretti a GiuseppeRavegnani. Lettere,

Biblioteca Civica di Pavia,Edizioni N.T.P. 2000

L I B R E R I A D I T A B L O I D

di Gigi Speroni

Per chi ama la storia,Romano Bracalini è un auto-re DOC, garanzia di docu-mentazioni d’origine control-lata. Come nella sua ultimafatica dedicata all’Italia pri-ma dell’Unità, agli anni chevanno dal 1815 al 1860: dal-la caduta definitiva diNapoleone, sconfitto aWaterloo, alla vigilia dellaproclamazione del regnod’Italia. Con i popoli “spartiti”dal Congresso di Vienna“come greggi, comprati evenduti come al mercato” el’Italia “divisa in cinque gran-di Stati (Piemonte, Lomba-rdo-Veneto, Toscana, Roma,Napoli), più due piccoli(Parma e Modena) che ag-gregano, rispettivamenteLucca e Massa-Carrara)”.Ognuno con usi ed econo-

mie diverse, le proprie leggi,la sua moneta.Ho usato il termine “fatica”nel senso che questo libro è,chiaramente, il risultato di unaccurato, paziente, lavoro diricarca; tradotto in un testoaccattivante, diviso in treparti per raccontare la vitapubblica, privata, sociale de-gli italiani quando erano unitiunicamente dalla lingua, pe-raltro parlata soltanto daun’élite di intellettuali.In trecento pagine ricche didati, fatti, aneddoti, l’autoremette a confronto le menta-lità, i personaggi, le consue-tudini in una penisola dove...“anche le abitudini quoti-diane non potevano esserepiù diverse a seconda del ri-gore o della mitezza del cli-ma, della qualità dei governi,della floridezza dell’econo-mia o della povertà delle ter-re: ed era naturale che ciò

influisse sul temperamento,sull’umore e sulle disposizio-ni dell’uomo”.È “L’Italia prima dell’Unità”:un mondo misconosciuto, unvuoto che Bracalini ha riem-pito in un Paese che già po-co ricorda del suo passato diNazione, figurarsi dei 45 an-ni che precedettero il Risor-gimento! E l’ha riempito a mo’ di rac-conto: godibilissimo, spessoarguto.

“A Venezia il turismo avevasalvato la città dalla comple-ta rovina, dopo la crisi eco-nomica degli anni ‘20. Solonel 1843 erano arrivati112.644 forestieri, più deglistessi abitanti, e la città eradiventata una grande locan-da, l’Austria aveva favoritoquesta nuova «industria delforestiero».”… “Certe locan-de erano prive di servizi igie-

nici. In una Heine avevachiesto dove fosse la toilette.«Là fuori» rispose il locan-diere indicandogli l’apertacampagna.Le strade erano piene di la-dri; e non era piacevole do-ver dividere per parecchigiorni la medesima stanzapriva di ogni comodo conpersone sospette e scono-sciute”…

“Per recarsi da Milano aRecanati, Giacomo Leopardidovette procurarsi il passa-porto necessario all’amba-sciata austriaca «per anda-re, stare, tornare», come di-ceva la formula d’uso.Impiegò tre giorni per anda-re da Bologna a Milano… Lungo i 60 chilometri circache dividevano Mantova daParma c’erano sette barrieredoganali; e lungo il Po, mal-grado la libera circolazione

prevista dal trattato del1815, cinque; e più di ottantaerano i posti di blocco in cuile barche potevano essereispezionate. Tra Milano eBologna c’erano sei frontieredoganali, ognuna delle qualiimponeva al traffico due oredi sosta”…

“Nel Regno di Napoli su1848 comuni ben 1621 man-cavano totalmente di stra-de”… “Non solo non se necostruivano di nuove, manessuno riparava quelle vec-chie. I briganti erano talvoltameno pericolosi dei gendar-mi che taglieggiavano i viag-giatori col pretesto di averviolato i regolamenti. Qualiregolamenti, se non ne esi-stevano?”

“A proposito dell’indolenzadegli impiegati pontifici,Giuseppe Verdi raccontava

un divertente episodio.Venuto a Roma nel 1853 perassistere alla prima delTrovatore si recava ogni mat-tina alla posta, che aveva se-de nel palazzo Madama, at-tuale sede del Senato.Vi arrivava puntualmente al-le nove, orario di apertura,ma lo sportello era chiuso; ilmaestro sbuffa per il ritardo.Alle nove e mezzo un impie-gato sonnolento apre losportello.Verdi s’avvicina, di-ce il suo nome, e cacciando-gli l’orologio sotto il naso, gliringhia: «Ma non vedete chesono le nove e mezzo?». Equello, con flemma romana:«E nun ringrazia il cielo chece semo arivati?»

Romano Bracalini,L’Italia prima dell’Unità

(1815 – 1860),RCS Libri, Milano, 2001,

pagine 318,lire 16.900 (euro 8,73)

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26 (34) ORDINE 8 2001

Intervista a Lucia Mari, quarant’anni di esperienza professionale nel settore

La Divina ModaMandare gli stilisti all’inferno? Perché no! Anche se è soltanto l’infernodell’ironia. Perché la moda, dopo averconquistato il mondo sull’onda di un made inItaly straordinario, sta spopolando il cuoredelle città, assediandole di boutique e showroom, perché infine e non ultimo il mondo delgiornalismo di moda ha riempito le paginedei settimanali e i muri delle città di unapubblicità invasiva e qualche volta anche didubbio gusto. L’idea diremmo “dantesca” è diLucia Mari, da quarant’anni impegnata inquesto segmento del giornalismo, che staraccogliendo le sue memorie su passato epresente della moda per farne un libro.“Ripenso alle mie esperienze con ironia, orame lo posso permettere, dopo una vitatrascorsa dietro le quinte delle passerelle -allora non li chiamavamo back stage -. Hoimmaginato di raccontare la storia dellamoda come se fosse una Divina Commedia,da cui un titolo probabile La Divina Moda,con i protagonisti trattati alla maniera diDante. C’è chi finisce nei gironi dell’inferno echi in quelli del purgatorio”.E il paradiso? “Quello, parafrasando un film storico, puòattendere.

Cercherò di svelare il vero volto degli stilisti,le loro debolezze e le vanità, i loro peccati”.Con nomi e cognomi? La risposta di Lucia Mari è puntuale anchese breve.“Sì, con nome e cognome. Valentino andràall’inferno, Armani in Purgatorio e gli altrivedremo!”.Lucia Mari è stata inviato per la moda diStasera e di Paese Sera dal 1961 al 1987,è poi passata al Giorno, dove come collabo-ratrice fissa seguiva le sfilate e teneva larubrica “Agenda Donna” sino al ‘97. Hacollaborato anche a Gente. E nel ‘69 haavuto l’idea di vestire i cantanti del “Festival-bar”, proponendo tra gli altri grandi nomicome quelli di Litrico e di Biki, che riscosseun enorme successo in abbinata con unacelebre canzone Acqua azzurra, acquachiara di Lucio Battisti. Nell’81 prese ilpremio della Camera Nazionale dell’AltaModa Italiana per gli articoli su Paese Sera.È sua la voce sulla moda italiana e francesedal 1900 al 1960 per il Dizionario Enciclo-pedico Moderno, edito da Labor, e ha colla-borato al Dizionario della moda curato daGuido Vergani, edito da Baldini e Castoldi.E, dopo una vita dedicata alla carta, si è rici-clata con entusiasmo - come dice lei - comeresponsabile della moda per il canale tvsatellitare “Leonardo” e, in più, sta lavoran-

do alacremente a due romanzi. Continuaanche a portare avanti la sua attività socialea favore dei bambini, per la quale ha avutoriconoscimenti sia dall’Onu nel ‘95 sia dalComune di Milano, nell’ambito dell’Ambrogi-no d’oro.“Quando sono entrata nel giornalismo, lesfilate si facevano a porte chiuse e solo perle clienti, non c’erano uffici stampa, ma lesarte che dirigevano gli atelier ad organizza-re tutto. Erano invitate quasi solo le colleghedei settimanali.Noi dei quotidiani potevamo vedere le toilet-tes solo nei foyer del Teatro della Scala indefilet a porte chiuse. La moda si è afferma-ta a Firenze, che era la città delle passerellee di Palazzo Pitti: eravamo negli AnniCinquanta. Solo dopo, negli anni Settanta,quando è arrivata nella città degli affari, si ètrasformata in un business, promuovendoMilano a capitale della moda. Ma prima diallora era tutto diverso. Non molti sanno cheDino Buzzati era un appassionato e talvoltascrivesse di abiti e modelle. Ero con lui aParigi al debutto di Yves Saint Laurent, cheaveva appena lasciato il grande Dior. CocoChanel, prima di ogni sfilata, allineava leindossatrici e diceva loro: ‘Ora si comincia.Ma non scordate che protagonisti sarannosolo e sempre gli abiti, se per caso ve nescorderete sarete licenziate’.

Oggi è esattamente il contrario. Con l’ar-rivo delle firme, tutto si è modificato.“C’è spesso il dominio della pubblicità cheimpedisce di parlare liberamente di questomondo e se lo si fa, se ne subiscono leconseguenze. Le grandi aziende possonoarrivare a ritirare la pubblicità dai giornali. Lamoda è governata dall’arroganza”.La moda, aggiungiamo, è diventata spetta-colo, come del resto anche altri settori. E lemodelle vivono la tragica era della magrezzaanoressica. Una sorta di modello, di idealesociale che viene proposto ai giovani. Maessere magri è diventato troppo bello. Dianoressia molti giovani muoiono. Il vestireper i giovani rappresenta un modo di essere,è per alcune età l’appartenenza alla tribù.Quindi le pagine dei giornali, le pubblicitàinfluenzano la formazione delle giovanigenerazioni.Che ne pensa delle modelle di oggi? “La moda è certamente bella, ma è diventa-ta anche crudele. Molto spesso sono ledonne a identificarsi nelle modelle in modopassivo o eccessivo. Per non parlare dellemodelle adolescenti. Dico una sola parola.Non va fatto. Non si devono proporre model-le giovani, magrissime. Non si devonoproporre modelli volgari. Non si può presen-tare la donna come se il suo corpo fosse unacredenziale pronta per l’uso”.

di Paola Pastacaldi

Lucia Mari

Pubblichiamo il comunicato della Ferpi(Federazione italiana relazioni pubbliche):“Giovedì 2 agosto, in tarda serata, il Consi-glio dei ministri ha approvato in via definitivail regolamento di attuazione della 150. Aquindici mesi dalla sua approvazione parla-mentare, dopo prese di posizione e asprepolemiche pubbliche e private, la decisionedelle Regioni di chiamarsi fuori e la dura criti-ca espressa dall’Autorità Antitrust, la 150 è,a tutti gli effetti, legge dello Stato.La Ferpi, dopo avere attivamente contribuitoal regolamento di attuazione elaborato dalDipartimento della Funzione Pubblica, hadeciso di creare, tramite Ferpi Servizi srl,una associazione di impresa con MaggioliEditore per sviluppare una offerta formativarivolta ai colleghi degli uffici stampa e degliurp del settore pubblico.Questo, al fine di contribuire a trasferirenell’amministrazione pubblica una culturainnovativa delle relazioni pubbliche.In questa direzione, la Ferpi ha inviato a tuttii suoi soci una lettera per informarli delprogetto offrendo loro, in presenza dei requi-siti previsti dalla legge, la possibilità di avan-zare candidature per svolgere un ruolo didocenza nei corsi Ferpi-Maggioli.Il progetto è ora operativo.Nel frattempo, l’associazione Comunicazio-ne Pubblica - nata nel 1990 in accordo conla Ferpi…come opportunamente sottolineaAttilio Consonni correggendo un errore nellarelazione di Bologna del Presidente - haelaborato una nuova “linea politica”, assaiapprezzabile nei contenuti e nelle intenzioni.Il prossimo 20 settembre al Compa, le dueassociazioni realizzano un convegno comu-ne e potrebbe essere un utile appuntamentodi confronto, un appuntamento al quale laFerpi si presenta con le migliori intenzioni,proprio come, in assoluta buona fede, avevafatto l’anno scorso. L’augurio è che questavolta l’esito sia positivo”. (da www.ferpi.it)

“Nuovastagione per le rp in Italia”

Ferpi raccoglie la sfida culturale e formativa in alleanza con Maggioli Editore

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di Gianni de Felice

Josef K. Byte,Nello CozzolinoPapere e papaveri

Sembra giusto che diPapere e papaveri, gustosae abbastanza imparzialeraccolta di infortuni, scivolo-ni, distrazioni, incertezze epresunzioni di Tv, giornali egiornalisti a Napoli nel 2000,tratta dal settimanale on lineIustitia, debba occuparmi ioche – sebbene mascheratodal greve accento lombardopreso in quarantadue anni divita milanese – sono nato,come tardivamente confes-so ad amici, colleghi e lettoriche non l’avessero ancoracapito, nel pieno centro diNapoli.

Sembra logico che di questodivertente florilegio dell’infor-mazione partenopea si parlisul mensile dei giornalistilombardi. Non soltanto per-ché la Lombardia è, comesapete, la più settentrionaledelle regioni meridionali, maanche e soprattutto perchéle insidie – chiamiamole così– del nostro mestiere nonhanno patria. A qualsiasi lati-tudine sono in agguato, sottola scrivania o nella tastieradel computer, la gaffe e l’a-nacoluto, la ridondanza emagari l’invidia. Scagli la pri-ma penna chi, avendo buca-to una notizia, non ha tenta-to all’indomani di sostenere

che i concorrenti, esageran-do, avevano fatto di unasciocchezza uno scoop.I colleghi Byte e Cozzolinocredono di allibirci con la ci-tazione di questo bizzarro in-cipit, pubblicato da una glo-riosa testata napoletana il 6maggio 2000: “Sarà pure ve-ro che l’asino non troppo sirivela soggetto docile quan-do s’innervosisce”. Illusi. DaMilano rispondo citando l’in-cipit del primo fondo dellaneonata pagina dell’agricol-tura del Corriere della Sera,stampata nell’autunno del1962: “Il malcontento ser-peggia viscido nel mondodel pomodoro”. E siamo 1-1.Fanno gli spiritosi, i duemaestrini dalla penna gros-sa (o dal randello sottile, chefa lo stesso), perché in untiggì regionale si ascolta lanotizia di “Napoli soà, unamostra per non dimentica-re”. E immaginano di avereinvitato il collega a vedere unmemorabile film di StevenSpielberg sul doloroso argo-

mento: “Ma ci ha rispostoche Sindler’s List lo avevagià visto, e ne approfittavaper andare a fare un po’ disopping”.Chiaro che l’emittente nonera la BBC. Ma come faccioa non reagire, ricordando iltiggì nazionale in cui vennedata la notizia – da microfoninon napoletani – che “il sàm-mit di Belfast è stato rinviatosàin dài”: cioè, “sine die”?L’inglese, ragazzi, è così: o timanca o ti cresce. E siamo2-2.Il genere DDT, cioè fare lepulci ai colleghi, sta pren-dendo piede. In varie forme.Quella condita con lazzi ecachinni di Striscia la notizia,che insieme con le Jene pra-tica il vero giornalismo di ri-cerca, inchiesta e denuncia:perciò, quando capita, man-da anche giornali e telegior-nali dietro la lavagna.Oppure la forma minuetto,stile rondò veronese, flauta-ta da Giulio Nascimbeni conun occhio rivolto alla tutela

della grammatica e un altroalla custodia delle date stori-che e dei film d’epoca.Oppure quella tutta frizzi,trombette e clacson dellaGialappa’s, che per la veritàscortica viva più la sintassidegli allenatori che quelladei giornalisti: forse perchéuno dei tre ex-ragazzacci(ormai son padri di famiglia)è figlio di un grande giornali-sta sportivo e, come si sa,l’arte di tata va rispettata.Quindi questo Papere ePapaveri – che, confesso,più d’una risata me l’hastrappata – si aggiunge all’o-pera di altri maestri e mae-stroni per suggerire a tuttinoi giornalisti umiltà, atten-zione, un pensierino allaconsecutio temporum, unsospiro alla grammatica, uncollirio contro la “congiuntivi-te”, una sciacquata di panninel Tamigi e, perché no?, an-che nel Reno e nella Senna.A tutti: senza distinzione dietà, sesso, latitudini, longitu-dini, regioni e media.

Dunque, anche a NelloCozzolino e Josef K. Byte(ma come si fa a chiamarePeppeniéllo uno che ci haquesti prenome, nome e co-gnome?). Ai quali paterna-mente, o ziescamente, sug-gerisco di non cominciaremai più un libro sulle gaffesdei colleghi infilandone unanella nota di prefazione.“La palla entrò in porta comeun carro armato a vele spie-gate” – frase che non ha maiscalfito la tradizione di cultu-ra e prestigio del giornalismosportivo napoletano – non fuscritta negli anni Ottanta co-me allegramente si fantasti-ca, ma apparve in un reso-conto del 1959. Ho l’età peraverla letta e orripilato, comedire?, dal vivo.

Josef K. Byte,Papere e papaveri

(Tv, giornali e giornalisti a Napoli

nel 2000),a cura di Nello Cozzolino,

Edizioni Magmata,pagine 196, lire 20.000

di Ettore Colombo

Antonio FranchiniL’abusivo

Antonio Franchini fa lo scrit-tore, Giancarlo Siani facevail giornalista, o meglio “l’abu-sivo”, al Mattino di Napoli.Antonio e Giancarlo eranoamici: avevano iniziato insie-me. Poi Franchini se n’è an-dato ed è andato a vivere aMilano. Siani a Napoli è ri-masto, ma presto è anchemorto. E già, perché questoè il punto: Franchini è vivo eoggi ha quarant’anni. Sianiinvece è morto, ucciso dallacamorra il 23 settembre1985 quando di anni ne ave-va 26. Franchini ha scritto unlibro bellissimo, L’abusivo,che – si direbbe – parla del“caso Siani”. Di come è statoammazzato, di chi l’ha ucci-so, delle indagini mille volteiniziate e mille volte interrot-te, dell’ambiente del Mattinoe, più in generale del giorna-lismo “alla napoletana” (unasottospecie tutta particolaredi una professione già squin-ternata, quella del giornali-smo “all’italiana”) fatto diabusivi (e di abusi, dei diret-tori come dei caposervizi,dei colleghi come della con-correnza), di raccomanda-zioni (dei politici, natural-mente, ma a volte anchedello zio prete e simili) e d’i-gnavia, certo, nei confrontidel potere vero che spadro-neggia, nel regno di Napoli,quello della criminalità. Mafatto anche di tanti giornalistisconosciuti e coraggiosi,che indagano e stanno allecostole dei corrotti come deipiccoli e grandi boss locali,di amicizie e solidarietà an-che tra chi era già praticanteo professionista (e quindi po-teva esibire il famoso “tesse-rino”) e chi invece non lo erae faceva, appunto, uno

pseudo mestiere, “l’abusivo”,termine che – scriveFranchini – a Napoli acqui-sta tutto un altro suono.Eppure, questo libro nonparla – o meglio, non parla“solo” – del caso Siani e dicome è potuto maturare “ilcontesto” che ha portato allasua morte: le inchieste diSiani a Castellammare diStabia e il fastidio che davaal clan Gionta, le indaginiche stentano, il Mattino chesi vergogna, almeno all’ini-zio, di difendere la memoriadel suo cronista (in quanto,appunto, “abusivo”...), e poila santificazione e i premidati in suo nome, che passada quello di un giovane ebrillante cronista di provinciaa quello di simbolo. No, il li-bro di Franchini parla, perfortuna dei suoi lettori e dichi voglia capire tante cose,della città di Napoli, con tuttoil contorno vociante e impro-babile di personaggi e cultu-re, alle follie sociali e mentalidi cui può rendersi protago-nista solo quella piccola bor-ghesia meridionale dallaquale lo stesso autore pro-viene, fino alla generazionedi quei trenta/quarantenniche hanno fatto in tempo avivere gli scampoli degli anniSettanta (sì, persino aNapoli) ma che sono statitroppo presto sommersi daldisincanto e dalla cupidigiadegli anni Ottanta e oggi, af-fermati socialmente o menoche siano, si sentono doloro-samente in debito con laStoria prima ancora che conle loro stesse vite. Infine,Franchini opera – all’internodel testo, tutto costruito sulunghe e fedelissime sbobi-nature dei colloqui che haavuto nel corso degli anni,mentre accatastava i mate-riali e svolgeva le ricerche

suo attentatore e gli evitò lacondanna a morte. Franchinisi può permettere di tratteg-giare un ritratto vero e impie-toso, ai limiti della cattiveria,del suo più ristretto clan fa-miliare solo perché si mettein gioco in prima persona econsente a chi lo legge di ri-flettere su concetti dolorosi einsieme cruciali. Innanzitutto,che – come gli disse un tristeWalter Chiari in una dellesue prime prove da giornali-sta – “ad un certo punto del-la vita ci si abitua a tutto. Aperdere gli amici, agli addiidelle donne...”. Ecco perchésolo ora Franchini ha potutoscrivere di Siani. Poi che “an-darsene congela gli affetti eforse li preserva”, comeFranchini ha fatto con questastoria, seguita e insiememessa da parte per tanti an-ni, ma anche con Napoli eprobabilmente anche con lasua famiglia. Infine, che “ca-talogare - posti, esperienze,amori, è già un gesto che

dovrebbe togliere il diritto divivere”. Perché, sostiene, sesiamo saturi, anche solo diandare ogni giorno al marenella stessa bellissimaspiaggia, dovremmo pensa-re ai nostri coetanei morti, achi questa possibilità nonviene più data. E, dunque,conclude Franchini, per chi,come Siani e altri della suagenerazione, ha lottato tantoper diventare giornalista, perraccontare quello che vede-va, per conquistare una di-gnità (professionale, sociale,umana) è un insulto vedereo pensare a chi snobba consufficienza conquiste e re-sponsabilità che, ad altri, inposti più crudeli, sono costa-ti la gioia e la vita. Come aSiani. O la fuga e il dolore.Come a Franchini.

Antonio Franchini,L’abusivo,

Edizioni Marsilio 2001,pagine 249, lire 28.000

per il libro, con i vari amici,colleghi e protagonisti dellavicenda Siani – delle inter-polazioni narrative dall’esitofelice e imprevedibile. Perpagine e pagine, infatti, lastoria di Giancarlo e dellasua morte viene intervallatada quella della famiglia diFranchini e in particolare datre figure, due femminili euna maschile: la nonna, so-prannominata “Il Locusto”,vecchissima eppure loquace

e perfidamente saggia, lamadre dell’autore, esaspera-ta e invelenita dalla presen-za di sua madre e dall’as-senza del marito, che siesprime con una volgaritàferoce e cinica, ma contem-poraneamente in un dialettoe con ragionamenti di un’ila-rità contagiosa, e infine lozio Rino, ex (forse) generaledei Carabinieri, silenzioso emagrissimo, che in tempo diguerra dovette giudicare un

L I B R E R I A D I T A B L O I D

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Così è stato ritrovato ilcadavere di GiancarloSiani il 23 settembre 1985.

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28 (36) ORDINE 8 2001

ORDINE - TABLOIDperiodico ufficiale del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia

Mensile / Spedizione in a. p. (45%)Comma 20 (lettera B) art. 2 legge n. 662/96 - Filiale di Milano - Anno XXXII - Numero 8, settembre-ottobre 2001

Direttore responsabile FRANCO ABRUZZOCondirettore BRUNO AMBROSI

Direzione, redazione, amministrazioneVia Appiani, 2 - 20121 MilanoTel. 02/ 63.61.171 - Telefax 02/ 65.54.307Direttore dell’OgL Elisabetta GrazianiSegretaria di redazione Teresa Risé

Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della LombardiaFranco Abruzzo presidente;Brunello Tanzi vicepresidente;Letizia Gonzales consigliere segretario;Davide Colombo consigliere tesoriere.

Consiglieri: Bruno Ambrosi,Sergio D’Asnasch,Liviana Nemes Fezzi,Cosma Damiano Nigro,Paola Pastacaldi.

Collegio dei revisori dei contiAlberto Comuzzi,Maurizio Michelini e Giacinto Sarubbi

Coordinamento grafico di Ordine - Tabloid Franco MalagutiMarco Micci

Disegni Valeria Mutschlechner

Stampa Stem Editoriale S.p.A. Via Brescia, 2220063 Cernusco sul Naviglio (Mi)Registrazione n. 213 del 26 maggio 1970 presso il Tribunale di Milano.Iscritto al n. 983/ 1983 del Registro nazionale della StampaComunicazione e PubblicitàComunicazioni giornalistiche AdvercoopVia G.C.Venini, 46 - 20127 MilanoTel. 02/ 261.49.005 - Fax 02/ 289.34.08

La tiratura di questo numero è stata di 21.500 copieChiuso in redazione il 16 settembre 2001

Ordine/Tabloid

Decisione interlocutoria della seconda sezione consultiva del Consiglio di Stato

Laurea in giornalismo ed esame di giornalista:decisivo il sì di Castelli

Appello anche al ministro

dell’Istruzione e dell’Università,Letizia Moratti:

“La laurea in giornalismo

ha senso se divental’unica via di accesso

alla professione

Non chiediamosconti:

vogliamo accedere

alla professioneper via universitaria

esattamente come

gli altri professionistiitaliani”

Milano, 30 luglio 2001. La II sezione consul-tiva del Consiglio di Stato, chiamata ad espri-mersi con un parere sul raccordo tra la laureaspecialistica in giornalismo e l’esame di gior-nalista, ha sospeso il giudizio, ritenendo prio-ritario acquisire il punto di vista del ministrodella Giustizia, Roberto Castelli, competentein materia di Ordini professionali., e i verbalidella “Commissione Rossi”, “limitatamentealle riunioni in cui si è dibattuto il problemadella (non) riforma dell’Ordine dei giornalisti”.Al Consiglio di Stato è apparso “congruoassegnare all’ amministrazione il termine diquaranta giorni decorso inutilmente il quale siprovvederà a rendere comunque il richiestoparere”.In sostanza sarà il Consiglio di Stato, in sedeconsultiva, a dirimere il contrasto tra l’Ordinedei giornalisti e il ministero dell’Università sulraccordo tra la laurea specialistica in giornali-smo con l’ordinamento professionale. LaCommissione Rossi non ha provveduto ascrivere il decreto sul nuovo esame di Statodei giornalisti, sostenendo che l’attuale “prova

di idoneità», che i praticanti giornalisti sosten-gono per diventare professionisti, «nonpresenta i caratteri dell’esame di Stato”.Secondo i giornalisti, l’articolo 1 (comma 18)della legge 4/99 obbliga il ministero dell’Uni-versità (Murst, oggi Miur) a «integrare e modi-ficare» gli ordinamenti vigenti della professio-ne giornalistica, stabilendo che quella univer-sitaria sia l’unica via di accesso alla profes-sione e che questa via richieda un esame diStato rinnovato, il quale tenga conto dellalaurea specialistica (pubblicata nella Gazzet-ta Ufficiale del 23 gennaio 2001).I giornalisti hanno rimproverato alla Commis-sione Rossi di non aver considerato gli attiparlamentari relativi alla legge 69/1963, cheha istituito l’Ordine dei giornalisti, e alla legge4/1999, che dà al Murst (oggi Miur), diconcerto con la Giustizia, il potere di cambia-re gli accessi alle professioni regolamentate.La posizione di Rossi nasconderebbe cosìuna banale questione nominalistica, benpotendo il Parlamento denominare, comecrede, un esame di Stato.

Nel caso dei giornalisti, il legislatore, a salva-guardia dell’autonomia della professione, hadeciso di affidare l’organizzazione degliesami all’Ordine nazionale “in cooperazione”con la Corte d’Appello di Roma, che designadue magistrati di cui uno assume la presiden-za della commissione esaminatrice, comegaranzia di imparzialità e uguaglianza di trat-tamento.Nella memoria scritta da Franco Abruzzo eora all’esame del Consiglio di Stato, si sostie-ne che la prova di idoneità professionale deipraticanti giornalisti è del tutto assimilabile alleprove attitudinali prescritte dal Decreto legi-slativo 27 gennaio 1992 n 115, con il quale, inattuazione della direttiva n. 89/48 CEE, sonostate disposte norme per il riconoscimento deititoli accademico-professionali conseguiti inambito europeo ai fini dell’esercizio in Italiadelle corrispondenti professioni.Il 23 luglio precedente Franco Abruzzo harivolto un appello ai ministri dell’Istruzione-Università-Ricerca (Miur) e della Giustizia,Letizia Moratti e Roberti Castelli sul tema

dell’accesso alla professione giornalistica:“Cari Ministri, la laurea in giornalismo hasenso se diventa l’unica via di accesso allaprofessione. Vi chiedo di essere severi connoi e di scrivere in fretta il decreto del nuovoesame di Stato. Non chiediamo sconti: voglia-mo accedere alla professione per via univer-sitaria esattamente come gli altri professioni-sti italiani”. Franco Abruzzo si è rivolto ancheal neopresidente del Consiglio di Stato, Alber-to de Roberto: “I giornalisti – ha scritto Abruz-zo – vogliono legare il loro futuro all’Univer-sità e attendono con ansia un parere, chefaccia fare un salto di qualità alla categoria eall’informazione italiana sul piano della prepa-razione e della responsabilità”.Nel frattempo il presidente del Cup (Comitatounitario delle professioni), avv. Nicola Bucci-co, ha deciso di iscrivere il problema all’odgdella prossima seduta del Comitato (cherappresenta tutte le professioni intellettuali) edi sostenere le ragioni dei giornalisti. Buccicoè anche presidente del Cnf (Consiglio nazio-nale forense).

Giornalisti,la pauradei new media

Roma, 13 luglio. I segnali di crisi ci sono, ineludibili, a comin-ciare dalla sensazione diffusa che per i giovani ci siano benpoche prospettive, fino alla convinzione, piuttosto sentita, chele aziende editoriali abbiano investito e stiano investendopoco o secondo strategie poco riconoscibili.Ma quella del giornalista, rileva un’indagine del Censis, èancora “una professione, solida, forte, autocentrata e auto-consistente’’. Lo dimostra il fatto che ben il 68,1% dei giorna-listi consultati è convinto di svolgere “una professione impor-tante per la società’’. E che per il 50,4% del campione, gior-nalisti si diventa “per vocazione’’.Non solo, visto che per il 42,8% la testata per la quale lavoraè apprezzata in primo luogo per la correttezza delle informa-zioni e che per moltissimi (57%) l’obiettività non è affattoun’utopia, bensì “uno scopo da raggiungere’’.Giornalisti fieri del proprio ruolo, dunque, e ancora gratificatida una professione sentita come nevralgica nella società.Non immuni però, rilevano i ricercatori, da un’ansia piuttostodiffusa del futuro e dalla paura indotta dai cambiamenti. Anzi,dalla profonda e articolata trasformazione ed evoluzione allaquale il mestiere di giornalista sta andando incontro in questianni.In molti ad esempio, si dicono sicuri che nelle aziende edito-riali crescerà in futuro il ricorso ai service esterni (64,8%) eai liberi professionisti (51,6%) e che una ‘’figura più ampia dicomunicatore’’ prenderà il posto del giornalista.

Tanti (34,7%) denunciano un lavoro ormai “fatto di troppascrivania’’ e di troppa routine (33,9%) e persino “con troppaattenzione a ciò che accade dentro la televisione (23,7%)piuttosto che a ciò che accade fuori di essa’’.In agguato, secondo il 43,9%, c’è anche ‘’la minaccia dei newmedia alla propria professionalità. Anche perché, sottolinea-no i ricercatori, qualche problema emerge nel campo dellaformazione, con una denuncia massiccia (71,8%) di carenzenella conoscenza delle lingue, accompagnata da un’incer-tezza generalizzata verso le nuove tecnologie.Quella che invece è certa per tutti, è l’importanza dei fattorieconomici.Il potere economico, riconosce il 73,2% dei giornalisti, limitain parte l’autonomia della professione, e più del potere politi-co (57,7%). Ma anche la pubblicità, ritenuta “fonte insostitui-bile di finanziamento’’ dal 67,8% degli intervistati, è sentitadall’ 89,3% del campione come un potere fortemente condi-zionante, perché diminuisce l’autonomia del giornalista(67%) o addirittura “gli impedisce di essere obiettivo (22,3%).Quanto alle doti del buon giornalista, in testa rimane la curio-sità (53,9%), seguita a buona distanza dall’equilibrio (28,6%) edalla passione (16,8%). Mentre per essere veramente bravi,l’attributo piu’ importante risulta essere il fiuto (39,5%), seguitoda “un maestro che insegni il mestiere’’ (29,9%). Già, perché inbarba alla diffusione delle scuole, il 75,3% degli intervistati,per diventare giornalista, ha fatto la gavetta. (ANSA)

Promosso e organizzato dal Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia

A ogni vincitore 5 milioni. I candidati dovranno consegnare le tesi entro dicembre

Via al 4° Concorso tesi di laurea sul giornalismoMilano, 5 luglio 2001. Promosso dal Consiglio dell’Ordinedei giornalisti della Lombardia, prende il via la quartaedizione del Concorso destinato a valorizzare le tesi dilaurea dedicate al giornalismo e alle istituzioni della profes-sione. Giudice insindacabile del premio è lo stesso Consi-glio dell’Ordine. Le tesi (in duplice copia e anche su dischet-to in programma word oppure rtf) dovranno pervenire allasegreteria dell’Ordine (via Appiani 2 - 20121 Milano) entroil 31 dicembre 2001.Potranno concorrere le tesi discusse nelle Università italiane(pubbliche e private) nel periodo gennaio-dicembre 2001. Le

sezioni del premio sono sei e ogni vincitore di sezione rice-verà 5 milioni di lire. L’impegno finanziario dell’Ordine è,pertanto, di 30 milioni complessivi. La cerimonia della conse-gna avverrà in occasione dell’assemblea degli iscritti all’Albodell’Ordine della Lombardia.La cerimonia, quindi, è prevista per il marzo 2002 al Circolodella Stampa. Estratti (di 400 righe) delle tesi premiate (esegnalate) verranno pubblicati su Tabloid, organo mensiledell’Ordine dei giornalisti della Lombardia. Per la valutazionedelle tesi il Consiglio si avvarrà, come lo scorso anno, dell’o-pera di consulenti (giornalisti e professori universitari).

Queste le sezioni:1) Storia del giornalismo italiano (testate e personaggi).2) Storia del giornalismo europeo e nordamericano

(testate, deontologia e personaggi).3) Istituzioni della professione giornalistica. La deonto-

logia e l’inquadramento contrattuale dei giornalisti inItalia, Europa e Nord America.

4) Professione giornalistica e sue specializzazioni anchetelematiche e radiotelevisive.

5) Giornalismo economico e finanziario.6) Giornalismo culturale, sociale, scientifico.

Un’indaginedel Censis

Segnali di crisi per una professione “forte”