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Il giornalismo del futuroIl centro della riflessione in merito all’informazione su internet, soprattut-to dopo i recenti gravissimi fatti relativi al suicidio di Tiziana Cantone,dovrebbe esser quella di una drastica riconsiderazione del linguaggio for-mativo e della comunicazione di massa. Tramite la rivoluzione tecnologicain atto, infatti, si potrebbe tentare un superamento della dimensione,alquanto arretrata, del nostro modo di controllare quel che viene reso pub-blico, ‘scorporando’ ciò che possiede una funzione meramente quantitativa,ovvero basata sull’audience o sul numero di ‘click’ che possono derivare daisocial network, al fine di abbandonare il monopolio della comunicazionepropagandista o di consumo. I socialnetwork permettono a chi comunica diproiettare categorizzazioni culturaliche non coincidono con il tempo ‘storico’propriamente detto, il ‘kronos’ degliantichi greci, bensì entrano in contattocon l’aiòn: il tempo l’immediato, l’atti-mo degli stoici. In ciò, la barriera trapubblico e privato tende a ‘saltare’: ilfatto diventa primario, anche quando èfalso o artefatto. E la pubblicazione diuna notizia si concretizza nel ‘baratro’di una società ‘mordi e fuggi’.L’immediato – o meglio il ‘consumoimmediato’ – del linguaggio e persinodelle persone è avvertibile da chi leggeod osserva un video anche durante unevento sportivo come una partita di cal-cio: gli ‘assist’ di Francesco Totti o le invenzioni di Cristiano Ronaldoavvengono nell’aiòn. Sono momenti d’intuito ‘artistico’, di non consapevo-lezza, estraniati da se stessi. Ma in quest’epoca di azioni ‘sublimate’, il mes-saggio diviene avulso dalla personalità di chi lo esprime, in quanto pura‘macchina estetica’ tendente a dettare giudizi senza alcuna possibilità diappello. Per tutti questi motivi, un più moderno progetto di ‘formazioneall’informazione’, deontologicamente più controllata e corretta, è quantomai necessario, al fine di evitare abusi, prevaricazioni, impossibilità didifesa dal discredito in base semplicemente alla diffusione ‘quantitativa’ diun atto o di una notizia, che diviene verità assoluta. In tal senso, è indub-biamente necessaria una riforma dell’Ordine professionale dei giornalistie di chi fa comunicazione. Ma ritengo totalmente irresponsabile e demago-gica l’idea di una sua abolizione, che delegherebbe ogni controllo a diretto-ri di testata o a multinazionali che non hanno alcun particolare interessea verificare quel che viene diffuso sulla rete internet. Insomma, l’esigenzache sta sorgendo è quella di riuscire ad adeguare e a modernizzare compi-ti e ruoli di chi si occupa di comunicazione, non certo di andare a chiuderedelle ‘stalle’ da cui i ‘buoi’ sono, ormai, fuggiti da tempo.

VITTORIO LUSSANA

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editoriale [email protected]>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Caduti nella retePer 2,8 miliardi di persone, ovvero il 39% della popolazione mondiale,è ormai impossibile immaginare di vivere scollegati dal web. Appena15 anni fa ci sembrava di ‘volare’ con le prime connessioni telefoniche:muniti di modem e tanta (ma proprio tanta) pazienza attendevamo lacomposizione dei numeri e poi il suono della connessione. Una rivolu-zione che ha modificato il nostro modo di lavorare e, di anno in anno,in un’escalation inarrestabile ha ampliato le possibilità ‘del fare’, dallavoro al tempo libero. A quei tempi, avere un cellulare (per dimensio-ne una sorta di citofono portatile) era un lusso. Oggi, siamo abituati adaverne almeno due. Dispositivi sempre più piccoli e maneggevoli, finoall’arrivo delle app, della connessione alla rete sempre e ovunque.Allora è iniziata la fase di ‘allargamento’ degli schermi, per vederevideo, programmi on demande, scrivere e-mail. Sui mezzi pubblici, perla strada, in auto, mentre camminiamo; il cellulare è sempre con noi.Parliamo, messaggiamo, postiamo, condividiamo. Attraverso quei ‘minimondi’ (facebook, pinterest, twitter, instagram) interagire con il mondoè diventato normale. La ricerca in rete è diventata possibile anchequando si è in fila in posta. Per alcuni, la rete ha rappresentato anchenuove opportunità di lavoro. Con l’IoT, l’internet delle cose di cui par-liamo in questo numero, è chiaro che siamo già entrati nel futuro. Mala rivoluzione più grande, personalmente, credo che riguardi principal-mente la gestione del tempo. Il mio cellulare è più fornito di una vali-gia 24h: ebook, musica, abbonamento a Netflix (web series, film e docu-mentari). Non devo neanche andare in giro con molti soldi: tanto conl’app della banca, ricaricare la mia carta è un attimo. Insomma: è dif-ficile pensare di tornare indietro. Certe volte mi preoccupo all’idea diun enorme blackout che possa scollegarci tutti all’improvviso. Ma poimi dico che, certe cose, succedono solo nei film. O no?

FRANCESCA BUFFO

storiadicopertina Siamo tutti iperconnessi>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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36 Star Trekl’avventura continuaI viaggi dell'astronave Enterprise festeggiano 50 anni. Le missioni verso nuovi mondi, alla ricerca di nuove forme di vita e di civiltà, hanno conquistato il pubblico, generando un franchise miliardario

40 Outdoor FestivalÈ uno degli eventi più attesi nel panorama culturale romano. Non solo arte urbana, ma anche talk e concerti per tutto il mese di ottobre

46 MusicaNewsGuida all’ascolto

48 Nèra, rock alternativoNuova formazione e nuovo sound per questi cinque musicisti, che con il loro nuovo Ep propongono un groove d’impatto

51 Roma Fringe Festival 2016Sogno di una notte di fine estate

Annoverato tra i 25 migliori urban artistal mondo il trentenne cagliaritano FabioSchirru (in arte Tellas) presenta per laprima volta nella capitale, nell’ambitodella mostra Outdoor festival 2016,un’innovativa site specific

Fabio a.k.a. Tellas“Oltrepassiamo i confini

con nuovi punti di vista”

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Anno 5 - n. 21 - Settembre-Ottobre 2016

Direttore responsabile: Vittorio LussanaVicedirettore: Francesca Buffo

In redazione: Gaetano Massimo Macrì, Carla De Leo, Giuseppe Lorin, Michela Zanarella, Dario Cecconi,Annalisa Civitelli, Serena Di Giovanni, Ilaria Cordì ,Silvia Mattina, Giorgio Morino, Michele Di Muro, Clelia Moscariello, Andrea Termini

REDAZIONE CENTRALE: Via A. Pertile, 5 - 00168 Roma - Tel.06.92592703Progetto grafico: Komunicare.org - Roma

Editore Compact edizioni divisione di Phoenix associa-zione culturale - Periodico italiano magazine è unatestata giornalistica registrata presso il RegistroStampa del Tribunale di Milano, n. 345, il 9.06.2010

PROMOZIONE E SVILUPPO

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Due ragazzi ‘problematici’ aspi-rano alla normalità di una vitanel ventre di una provincia chefagocita pregiudizi e speranze

sommario Anno 5 I numero 21 I Settembre-Ottobre 2016

3 Editoriale

5 Storia di copertina

8 IoT, l’internetdelle cosePossono fornire un prezioso supporto alla salvaguardia del pianeta e sono in grado di migliorare la nostra vita, al prezzo però di una progressiva perdita della privacy

16 Word wide web:la tela 3.0Qual è il rapporto tra internet e le arti visive, in relazione all’imperversante iperconnettività che ci caratterizza?

22 La Costituzioneche cambiaCosa prevede il quesito referendario che sarà sottoposto al corpo elettorale

32 Vivere con JimmyCi sono tanti modi per superare un divorzio: un giovane visual artist brasiliano ha scelto la via della creativitàrealizzando una serie di divertenti immagini che hanno per protagonista il suo bull terrier

34 L’uomo e lo spazio:colonizzare MarteIl patron di SpaceX ha dato l'annuncio al 'Convegno astronautico internazionale',spiegando che intende costruire mezzi spaziali in grado di portare sul pianeta almeno 1 milione di persone

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Tiziano AngriL’unica Voce

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Molto simile è il l’idea sviluppata per l’italiana Filo i cui artefici(insieme agli autori di Alfred che opera nel campo della domotica)sono stati inseriti nella lista stilata da EU startups contenente le50 migliori aziende attive nel settore.Riguardo il contesto italiano l’Osservatorio Internet of Thingsdella School of Management del Politecnico di Milano ha infatticonstatato a fine 2015 un incremento del settore del 30% rispettoall’anno precedente, con ricavi pari a due miliardi di euro.Pertanto come è comprensibile, gli ambiti interessati sono molte-plici e le possibilità infinite. Sarà per questo opportuno suddivi-derle in categorie, spesso interconnesse tra loroLa Wearable Technology inquadra una lunga serie di dispositiviche possono essere indossati: orologi, bracciali, anelli e occhiali evia discorrendo. Gli sforzi maggiori sono stati profusi nel campodel fitness. È probabilmente il settore più florido i cui prodotti,tantissimi, sono già di largo utilizzo e per il quale l’agenziaJuniper Research prevede una crescita esponenziale che dovrebbeportare entro il 2019 a un giro di affari pari a 53 miliardi di dol-lari. Alla creazione di tali gadget tecnologici concorrono grandimultinazionali e piccole start up.Tra i più celebri troviamo Apple Watch un orologio che , oltre afornire l’ora esatta, consente di poter effettuare pagamenti, rice-

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porto all’abbattimento dei consumi energetici

Apple Watch

Il neologismo è stata coniato nel 1999 dall’ attuale ricercatoredel MIT Kevin Ashton durante una presentazione presso

l’azienda Pocter & Gamble, dove all’epoca era impiegato.Di cosa stiamo parlando? Elettrodomestici, mezzi di trasporto,indumenti, accessori per lo sport, case, accessori pre-maman,ambiente, e sì finanche il cane o la nonna.Potenzialmente qualsiasi oggetto o contesto del vissuto quotidia-no può essere dotato di un dispositivo fornito di software, indiriz-zo IP e connesso alla rete in grado di inviare dati su di sé e sul-l’ambiente circostante e al tempo stesso capace di accedere ai datiaggregati da altri.Ogni device ‘parla’ con la specifica applicazione attraverso laquale è possibile quindi creare profili di automazione delle cose.Sono oggetti ‘intelligenti’ che possono ‘imparare’ e, una volta pro-grammati, non necessitano più dell’intervento dell’uomo. La retedi dati è quindi creata dagli stessi dispositivi.I principali obbiettivi sono il monitoraggio e controllo, ma anchel’acquisizione di dati per lo sviluppo di realtà urbane, abitative,industriali e ambientali ‘intelligenti’; informazioni necessarie perla messa a punto di strategie che favoriscono l’ ottimizzazione dellosfruttamento delle risorse energetiche.La sperimentazione nel campo dell’Internet degli oggetti ha potenzia-lità enormi e ha quindi attirato ingenti investimenti. Solamente per il2015 si è parlato di un giro d’affari pari a 157 miliardi di dollari, conl’America in prima linea attraverso la ricerca portata avanti dalleaziende leader del settore quali Google, Microsoft, Apple, Facebook eAmazon, nonché da tutta una costellazione di start-up indipendenti.L’Europa cerca di tenere il passo con investimenti pari a 50 miliardidi Euro finalizzati all’incremento dei processi di digitalizzazione del-l’industria e che includono appunto misure, presentate inCommissione lo scorso aprile, per lo sviluppo dell’IoT.Secondo diverse agenzie di monitoraggio nel 2020 circoleranno circa25 miliardi di apparati sviluppati secondo questa approccio tecnologi-co.Ma come funzionano nella pratica? A titolo esemplificativo possiamocitare TrackR Bravo un piccolo dispositivo di localizzazione grandequanto una moneta, realizzato tramite una fortunata campagna dicrowdunding su indiegogo.com. Connesso con il telefono in bluetooth esfruttando il segnale Gps, è in grado di rintracciare qualsiasi oggettopreventivamente inserito nell’apposita app (ad esempio, se aggancia-to alle chiavi possiamo agilmente scoprire il punto esatto in cui trova-no).

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IoT, l’internetdelle cose

L’acronimo racchiude miliar-di di oggetti di uso quotidia-no di ultima generazione,programmati dall’uomo, chesono connessi in rete e comu-nicano tra loro in manieraindipendente: possono forni-re un prezioso supporto allasalvaguardia del pianeta esono in grado di migliorarela nostra vita, al prezzo peròdi una progressiva perditadella privacy

primopiano Un settore in forte espansione, la cui tecnologia è di supprimopiano

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Sony, mentre specifici del settore fitness sono i bracciali/ personaltrainer Up realizzati da Jawbone e Fuelband, prodotti dalla Nike,in grado di monitorare l’attività giornaliera e quindi stabilireobiettivi da raggiungere per tenersi in forma.Diverso il discorso riguardante l’avveniristico Cicret Braceletche sfruttando la tecnologia del mirroring dovrebbe consentire (ilprodotto è ancora in fase di sviluppo) di proiettare sul braccio loschermo dello smartphone.Passando all’abbigliamento vero è proprio OM Signal ha messo apunto la maglietta e il reggiseno intelligenti. Sono dotati di un boxche trasmette tutti i dati specifici, inclusi i livelli di stress fisico,relativi all’attività che si sta compiendo.Pensato invece per il settore medico, la società MC10 ha lanciatoquest’anno il suo nuovo BioStamp Research connect un cerot-to costituito da un sensore in grado di rilevare lo stato di salute dichi lo indossa. Dotato di un accelerometro e di un giroscopio effet-tua l’elettrocardiogramma tramite gli elettrodi posti al suo inter-no. I dati ricavati vengono inviati al sito della società e possonoessere condivisi su diversi siti di ricerca.La stessa azienda, in collaborazione con l’Oreal, ha annunciatoMyUV Patch un cerotto contenente coloranti fotosensibili checambiando di colore indicano i livelli di esposizione ai raggi UV.L’azienda 9 Solutions ha sviluppato negli anni una serie di prodot-ti (l’ultimo Tags, ancora in fase di sviluppo) che connessi in blue-tooth sono in grado di localizzare con esattezza il paziente, il qualea sua volta può segnalare emergenze e far partire chiamate pre-mendo il pulsante presente sul device.A garantire la sicurezza del bambino ci pensa invece Sproutling,recentemente acquistato dal colosso Mattel, una cavigliera wirelessconnessa allo smartphone. È l’ultima frontiera dei monitor per neo-nati. Una serie di sensori posti al suo interno rivelano la frequenzacardiaca, la temperatura cutanea, il movimento dell’infante e irumori che produce. L’applicazione relativa avvisa i genitori quandoil bambino si sveglia o ha la febbre. Tragli accessori pre-maman possiamoannoverare Ritmo, una fascia cheavvolge il pancione e presenta un avan-zato sistema di diffusione di tracceaudio. Incluso nel prezzo un controlleraudio con il quale trasmettere al nasci-turo la propria musica preferita in tota-le sicurezza.Riservato agli adulti, invece, Muse

one delle abitazioni fino alla creazione di città intelligenti>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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SmartBand Om Signal MyUv Patch

Cicret Bracelet Bio Stamp Research Connect

Sproutling

vere telefonate, sms e iMessage e controllare laApple TV. È utile anche nel fitness attraverso ilmonitoraggio di ogni attività sportiva e relativaefficacia. Può infine funzionare da walkie-talkie emirino per la fotografica dell’iPhone.Google ha invece sviluppato negli ultimi anni i suoiocchiali a realtà aumentata con i quali, senza coin-volgere altri sensi se non la vista, si possono con-sultare siti web e pagine social, utilizzare Maps perconoscere le indicazioni stradali e stato del traffico.Questi futuristici accessori sono inoltre in grado discattare foto e video e dar via a una videochiama-ta. Un costo elevato, problemi di bug e una serrataconcorrenza, anche italiana (si vedano i modenesiGlassUp) sono la causa dell’insuccesso per quelloche era stato annunciato come un gadget rivoluzio-nario.Recentemente la compagnia aerea easyJet ha

messo a punto le Sneakairs un prototipo di scarpe 'intelligenti'che, una volta collegate allo smartphone, sono in grado di indica-re , sfruttando il segnale Gps, il giusto percorso da seguire trami-te un sistema di vibrazioni indotte da un clone di Arduino.Utili quando si viaggia possono essere i numerosi traduttorisimultanei, operanti anche senza connessione internet, comeSigmo un piccolo dispositivo che può essere agganciato agli indu-menti e traduce il parlato in 25 lingue diverse.Sul mercato sono disponibili una serie di modelli di smart ringche hanno il vantaggio di essere più discreti dei sopracitati pro-dotti. Disponibili in un ampio range di fasce di prezzo, se connes-si allo smartphone consentono di bypassare alcune sue propriefunzioni e così, a seconda del modello, effettuare diverse operazio-ni: monitorare le notifiche dai social, fare partire una chiamata,aprire la porta di casa, effettuare pagamenti, controllare il livellodi attività fisica, registrare tracce audio e altro ancora.

Appartenente alla categoria gioielli possiamoannoverare Plumora un bracciale intelligente che,se connesso allo smartphone, segnala illuminando-si e vibrando i promemoria in scadenza e l’arrivo dichiamate e sms.Dal design più sportivo ma con stesse funzioni, pos-siamo citare i bracciali Vivosmart di Garmin o lo

SmartBand prodotto da

primopiano Le applicazioni sono pressoché infinite: dall’automazioprimopiano>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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GlassUp

Sneakairs

Sigmo

Plumora Smart ring

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za, nel monitoraggio ambientale e del territorio e infine nei servi-zi turistici.Tecnologie già utilizzate in Svizzera dove sono stati installatisemafori intelligenti capaci di ‘reagire’ allo stato del traffico. Nelmomento in cui una macchina sta sopraggiungendo, virano sulverde se dall’altro lato non sta arrivando nessuno.Il sistema si avvale del sistema di geolocalizzazione dei cellularigrazie al quale ormai tutti sono connessi alla rete. Una ‘rete’ chele varie amministrazioni locali possono sfruttare a vantaggio del-l’intera comunità. È quello che sta accadendo a Helsinki dove èstata creata una piattaforma comune dove gli abitanti possonosegnalare guasti e malfunzionamenti del sistema stradale invian-do una foto. Ma la vera novità è che l’iperconnessione collettivanon è più pensata come punto di arrivo bensì come step di parten-za per una nuova idea di società tecnologicamente avanzata. Ne èun esempio la città sudcoreana di Songdo, attualemt in costruzio-ne: il primo esperimento urbano di città connessa al 100%. Oppurela città di Santander, in Spagna, dov è stata creata una rete didodici mila oggetti che monitorano il meteo, i livelli di inquina-mento acustico e atmosferico, il traffico e le aree verdi.Incrociando i dati si hanno maggiori possibilità di evitare sprechi.

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La tecnologia avanza e aumentano i nuovi analfabeti funzionali3 italiani su 10 non sono in grado di leggere e comprendere la società in cui vivono: usano i social, ma interpretano ilmondo in base alle proprie esperienze In passato venivano identificati come coloro che al posto del nome e cognome firmavano con una X. Ora, secondo un’indagine dell’Ocse non è proprio così. Oggi chinon ha conoscenze o le ha in parte, sa apporre la propria firma, si collega regolarmente ad internet, e accede ai social aggiornando lo status di Facebook, solo che nonè capace di capire frasi e concetti e non riesce ad intervenire attivamente in un confronto con la società. Si tratta di analfabetismo funzionale, ovvero l’incapacità di unindividuo di usare in modo efficace le abilità di lettura, scrittura e calcolo nella vita di tutti i giorni. Questa situazione appartiene a 3 italiani su 10, il dato più alto inEuropa, con un desolante primato. Anche se questa tipologia di persone non deve chiedere aiuto a nessuno, purtroppo non è in grado di interpretare grafici, tabelle,statistiche o cogliere il senso di un articolo di giornale. Esiste anche la categoria degli analfabeti ‘di ritorno’, cioè quelli che terminati gli studi dimenticano la sintassi,le regole grammaticali, e la capacità di leggere in scioltezza un testo, poi ci sono gli analfabeti digitali, coloro che non sono in grado di utilizzare un computer, inviareuna mail e navigare in rete. Molti italiani seguono allora una idoneità di analisi elementare, traducono ciò che avviene nel mondo secondo le proprie esperienze per-sonali. Tutto questo ha un peso enorme sia sulle vicende linguistiche che sociali del nostro paese. Il fenomeno comunque non è solo italiano, anche la Spagna si avvi-cina ai dati del nostro territorio, seguono Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Germania. Anche i paesi ‘virtuosi’come Giappone, Paesi Bassi e Finlandia, si trovano conuna percentuale di analfabeti che raggiunge il 40 %. Accade che chi arriva in età scolastica con una buona preparazione, con l’età adulta è esposto ad una regressio-ne a causa dello stile di vita che modifica e allontana dall’interesse per la lettura o dall’analisi di cifre, tabelle e grafici. Si arriva così ad una sorta di chiusura che atro-fizza le conoscenze giovanili, riducendo notevolmente la partecipazione alle idee e ai sentimenti della collettività. Le persone meglio alfabetizzate corrispondono adun 30 %, ma sono in pochi ad avere una buona conoscenza delle lingue straniere e dei linguaggi tecnico-scientifici, solo il 10 % della popolazione in età di lavoro com-prende bene i forestierismi. Questi elementi sono raccolti nel libro edito da Laterza ‘Storia linguistica dell’Italia repubblicana’ di Tullio De Mauro, autorevole linguista,che riporta dati analitici sul nostro e altri paesi, con una ricostruzione precisa dei contesti demografici e sociali e una riflessione sulle politiche e pratiche linguistiche.Il governo italiano, nonostante le buone intenzioni per il mantenimento e l’insegnamento della lingua italiana, fa fatica a promuovere iniziative di sostegno, in parti-colar modo all’estero, gli stessi istituti di cultura sono pochi e non riescono a sopperire ai compiti di diffusione della lingua e cultura. I nuovi analfabeti industrializza-ti, quindi, sono una categoria in crescita che desta preoccupazione, e rappresentano una sfida per il futuro del paese. Come combattere l’emergenza? I corsi di forma-zione sporadici e temporanei per l’alfabetizzazione digitale hanno portato a risultati deludenti, con sprechi di denaro pubblico, bisognerebbe quindi puntare sulla con-tinuità fino ad accompagnare gli adulti ad un percorso costante e costruttivo. E per l’analfabetismo funzionale? Attenzione, non è una questione che riguarda solo gliadulti, alla categoria appartengono purtroppo anche molti giovani che non studiano, non si informano e non lavorano, sanno usare internet, ma sono completamen-te fuori dalla comprensione della realtà. Anche chi ha proseguito gli studi fino all’università, non può considerarsi immune dal pericolo, se si regredisce e non si pro-segue nell’interesse alla lettura. Le cifre dei lettori forti in Italia parlano chiaro, sono solo un 6,3 %, contro un 58, 6 % di dichiarati non lettori. Sono necessari input for-mativi, una riqualificazione delle strutture e una strategia di riduzione della complessità globale della società. L’Italia per ora resta la nazione più ‘somara’, con un dannonon indifferente sotto il profilo culturale ed economico. Per reagire bisogna puntare ad un’educazione piuttosto mirata e veloce verso i valori della cultura e del lin-guaggio, con la ripresa dell’importanza e del significato delle singole parole. M. Z.

NEXTEFFETTI COLLATERALI

Interaxon una fascia che posta sul capo analizza l’attività celebra-le e trasmette allo smartphone i dati circa il livello di stress raggiun-to. L’utente saprà in questo modo qual è il momento giusto per fareuna pausa dal lavoro.L’IoT ha inoltre inaugurato la nuova frontiera della demotica eprevede tre requisiti fondamentali: comfort, sicurezza e risparmioenergetico. Vi sono aziende che promettono di rendere le abitazio-ni totalmente automatizzate. Sistemi di riscaldamento, sicurezza,irrigazione, illuminazione ed elettrodomestici possono così esseregestiti comodamente mediante uno smartphone o tablet.Un set completo di dispositivi funzionali a tale uso è prodotto, adesempio dalla francese Somfy. L’azienda ha sviluppato il boxTaHoma che consente di raggruppare in un’unica consolle le fun-zioni di tutti i device presenti in casa. Le applicazioni specifiche indotazione servono quindi per impostare il funzionamento dellacasa. Ogni elemento viene così programmato in base alle specifi-che necessità così da favorire il risparmio energetico. È possibileinfatti stabilire diversi profili di giornate tipo distinguendo così igiorni lavorativi dai festivi.Con la stessa filosofia il colosso Samsung propone un’idea dismart home che include, ovviamente, gli elettrodomestici prodot-ti internamente all’azienda. Sarà sufficiente un click sullo smar-tphone per azionare la lavatrice o l’aspirapolvere. Il telefono puòaltresì essere utilizzato per la gestione del televisore tramitecomandi vocali.Da questo giro di affari non poteva certo restare fuori la Apple.Già nel 2015 l’azienda di Cupertino ha lanciato HomeKit, l’appli-cazione con la quale collegare tutti gli apparecchi di casa, compa-tibili s’intende, utilizzabili tramite iPhone o iPad.Anche in questo caso è possibile creare scenari in base alle relati-ve esigenze abitative (un esempio pratico: tornando a casa è pos-sibile chiedere al dispositivo di accendere il bollitore).Programmare con precisione gli elettrodomestici certo aiuta, maperché il risparmio energetico sia totale è necessario modificare leabitudini. L’IoT è intervenuto anche su questo aspetto.L’italianissima Acotel ha messo a punto, in collaborazione co Eni,il dispositivo Mem che, posto sul contatore, rivela i consumi intempo reale. Consultando l’apposita app My Energy l’utente puòmonitorare giornalmente i propri consumi. Possiede così maggio-ri parametri per attuare comportamenti più virtuosi che allegge-riranno la bolletta.Grandi innovazioni sono già in atto anche nel campo automobili-stico. Sono più di cinque milioni le autovetture smart in Italia con-nesse alla rete tramite box Gps/Gprs che rivelano dati circa lalocalizzazione e i parametri di guida con finalità assicurative.Ma anche le città possono avvantaggiarsi dalle ricerche condottesull’Internet delle cose. Quella della progettazione urbanisticasembra essere il settore in cui le nuove tecnologie si dimostranorealmente utili per l’intera collettività.Secondo il sito internet4things.it la ricerca potrebbe portare amigliorare sensibilmente l’efficenza nella gestione del traffico, neltrasporto pubblico, nella raccolta rifiuti (identificazione dei casso-netti e monitoraggio del loro grado di riempimento), nella sicurez-

primopiano L’IoT ha inoltre inaugurato la nuova frontiera della demprimopiano>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Home Kit

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Se ad esempio è prevista pioggia, gli irrigatori automaticamentenon si attiveranno.Tanti nel medio e lungo termine saranno quindi i benefici derivan-ti dall’applicazione dell’IoT, dalla riduzione del traffico cittadino el’abbattimento dei consumi domestici e aziendali.Vi sono però aspetti negativi da considerare. Permangono infattiperplessità circa la limitazione della privacy e la durabilità deidispositivi venduti; a questi fattori si aggiunga poi il pericolo dihackeraggio. Essere sempre connessi significa di fatto rinunciarealla propria intimità, si pensi ad esempio ai social ove qualsiasiaspetto della propria vita viene volutamente reso pubblico. Si èsempre tracciabili in ogni parte del globo, anche attraverso l’uti-lizzo di dispositivi IoT. La differenza sostanziale è che nel caso deisocial la condivisione avviene con maggiore coscienza e consapevo-lezza. Le aziende in ogni caso sono già corse ai ripari riportandosui propri siti i termini che regolano la politica sulla privacy.La Apple, ad esempio, assicura che i dati di utilizzo del suo HomeKit sono criptati.Il problema di ordine etico e antropologico riguarda poi l’autono-mia del consumatore. Diversi studiosi, tra i quali il sociologoDerrick De Kerckhove, hanno evidenziato che la dipendenze damacchine che provvedono e pensano a tutto possano indurre unariduzione dell’ indipendenza critica. Si corre il rischio che in futu-ro le nostre vite siano scandite, non già dalle nostre scelte, madalle attività suggerite dai dispositivi.Un altro problema è quello della sicurezza. Ogni dispositivo, dalmomento che è collegato in rete, se non dotato di adeguata prote-zione è soggetto ad attacco informatico che potrebbe portare a unfurto dei dati personali (si pensi ad esempio a cosa potrebbe suc-cederebbe con le macchine smart).In ultima analisi vi è poi il problema sulla longevità dei prodottidal momento che questi sono in grado di lavorare fino a quando laconnessione con l’azienda produttrice è attiva.

Un esempio è quanto avvenutocon Revolv. L’ azienda ha pro-dotto un hub di controllo deidevice domestici. Dopo esserestata acquistata da Nest nel2014, divenuta a sua volta pro-prietà di Google, ha dovutointerrompere la sua produzione.Dal 15 maggio il servizio è statodefinitivamente interrotto e idispositivi Revolv vendutihanno smesso di funzionare.Questo ci fa capire che se da unaparte il futuro della tecnologia ègià onnipresente nel nostro quo-tidiano, non altrettanto si puòdire sulla consapevolezza degli‘effetti collaterali di lungo perio-do’ che tutto ciò comporta.

MICHELE DI MURO

primopiano La tecnologia rischia di limitare le nostre scelteprimopiano>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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nelle enormi possibilità comunicative dei socialmedia, avrebbero riscontrato una tangibile difficol-tà nel ‘rendersi visibili’ e ‘riconoscibili’ agli occhidegli utenti, anche considerata l’enorme inflazionedi immagini che circolano nel web. Essi, inoltre,farebbero fatica a definire un codice semanticoadatto alla rete, di cui, paradossalmente, non sonoin grado di fare a meno, per il forte impatto che ilWorld Wilde Web ha avuto e continuerà ad averesulla società contemporanea. Già a partire daglianni Ottanta-Novanta del Novecento, in effetti, ladiffusione dell’elettronica di consumo e la rivoluzio-ne informatica hanno iniziato a modificare le abitu-dini e i comportamenti delle persone. Con una sem-pre maggiore preponderanza dell’immagine sulcontenuto, andata di pari passo con la tendenzaverso un’estetica dell’oggetto piatto, inconsistente,se non ‘virtuale’ e di dimensioni sempre più ridotte.Un fenomeno che non interessa solo l’arte in sé maanche il design, dove la componente creativa appor-tata a un determinato prodotto risponde, ovviamen-te, a specifiche strategie di marketing. Del resto,non sorprende che la diffusione di Internet abbiainfluenzato l’arte contemporanea: gli artisti di tuttii tempi hanno sempre accolto a modo proprio espesso con entusiasmo ogni innovazione tecnologi-ca volta ad ampliare le loro possibilità espressive:pensiamo, ad esempio, alla fotografia, introdottanella prima metà dell’Ottocento, e al ruolo che essaha avuto sugli impressionisti francesi e, più ingenerale, su tutte le Avanguardie storiche delNovecento. Eppure, ciò che contraddistinguel’odierna società da quella immediatamente passa-ta è la ‘velocità’ e la ‘pervasività’ degli strumentitecnici e informatici, ad impedire una sedimenta-zione non solo di linguaggi articolati, ma anche disignificati talvolta complessi, come quelli che spes-so vengono utilizzati nel mondo dell’arte.

Il video: la nuova tela del pittore contemporaneoSiamo negli anni Settanta del XX secolo quandocomincia a diffondersi il video, un mezzo fortemen-te versatile e in profonda sintonia con le forme dicomunicazione contemporanee. Da lì, il passo versol’innovativo linguaggio della videoarte è stato vera-mente breve: dalla videoregistrazione alla video-scultura fino alla videoinstallazione e alla videoper-formance, questo potente mezzo espressivo, ancoraoggi fortemente utilizzato (pensiamo alle più recen-ti ‘dirette facebook’ o al fenomeno del ‘video sha-ring’), ha dato la possibilità all’artista di sperimen-tare una spazialità senza confini, estensioni, pro-

fondità. Se lo schermo video è divenuto, col tempo,la ‘nuova tela del pittore contemporaneo’ (per cita-re una celebre espressione dell’artista coreano NamJune Paik del 1932), molti creativi hanno profetica-mente e sin da subito rintracciato i pericoli del-l’ipertecnologizzazione della nostra società, che pre-sto avrebbe dato a tutti la possibilità di essere con-nessi in modo continuo su una piattaforma univer-sale e facilmente accessibile, come quella dei socialnetwork. A questo proposito, per evidenziare taleminaccia, sempre Paik nel 1993 allestiva la videoin-stallazione ‘Cappella Sistina’, circa 100 monitor evideoproiettori regolati da computer, a realizzareuna galleria delle immagini ‘effimere’ ed ‘inutili’: iltrionfo dell’ iper-rappresentazione, tipica dellasocietà moderna.

Internet e il sistema dell’arteLa domanda che si impone, a questo punto, è laseguente: quanto e come la rete ha modificato – se

Oggi, la rapidità e i modi con i quali immagini einformazioni vengono veicolati tramite il Web

hanno posto al mondo dell’arte più di una riflessio-ne. In particolare, ci si è chiesti come fosse possibi-le sfruttare in maniera creativa l’ipotetica libertà dicomunicazione planetaria offerta dalla rete.

Attraverso Internet si sono, infatti, moltiplicate adismisura le informazioni ottenibili in questo setto-re, e proprio attraverso le piattaforme online si stasviluppando una sorta di ‘commercio dell’arte attra-verso il web’. Malgrado ciò, secondo alcuni studisull’argomento gli artisti, dopo un’iniziale fiducia

arte Quanto e come la rete ha modificato il tradizionale sistema dell’arte?>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Word wide web:la tela 3.0

Qual è il rapporto tra internet e le arti visive, in relazione all’imper-versante iperconnettività che ci caratterizza? Analizziamo insieme glieffetti dell’informatica sulle pratiche artistiche del nostro secolo

Qui e nella pagina accanto:Artie Vierkant, Image Objects, 2011

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re”, quindi, che ben si prestava a circoscrivereun’arte ‘processuale’ ed effimera, destinata alladeperibilità.

Ascii artUna particolare ‘branca’ della Net.art è l’Ascii art.Acronimo di ‘American Standard Code forInformation Interchange’, il termine ‘Ascii’ fu defi-nito nel 1968 dall’American National StandardsInstitute (ANSI) ed è uno standard che associa unatavola numerica con una serie corrispondente disimboli. Utilizzato dagli informatici anche per crea-re immagini, come le emoticon, ovvero le faccine cheesprimono i sentimenti di un persona che conversain una chat, ne ha fatto uso, tra gli altri, l’artistaVuk Cosic. il quale, spesso, ha scelto di adottare tec-nologie a basso costo, marginalizzate o dimenticate

per dimostrare che la creatività non risiede tantonella potenza dell’hardware o del software, ma neldialogo stabilito tra l’evoluzione della tecnica el’opera d’arte; in quest’ottica è possibile rielaborarele immagini del passato con nuovi codici semanticicome, appunto, l’Ascii. Applicando tale standard all’architettura è stato possibile organizzare eventifortemente interattivi, che hanno previsto anche ilcoinvolgimento del pubblico. Nel 2001 il ChaosComputer Club di Berlino (il più noto gruppo hac-ker europeo) ha creato, ad esempio, un’istallazionechiamata Blinkenlights 12, dove la parte superioredella Casa degli insegnanti di Alexanderplatz èstata trasformata in un enorme schermo in cuicreare animazioni inviando sms tramite un telefo-no cellulare. Dietro ogni finestra degli otto pianisuperiori dell’edificio era stata posta una lampadacollegata ad un relé che veniva attivato da un com-puter centrale in grado di comandare l’accensione olo spegnimento degli interruttori. I passanti pote-vano mandare un messaggio che veniva trasforma-to in immagine attraverso un apposito programma,che a sua volta faceva in modo di accendere le varielampade corrispondenti. Il progetto è ancora visibi-le sul sito www.blinkenlights.net, dove compaionoanche altri lavori più recenti, come ‘Stereoscope’,presentato in occasione della notte bianca diToronto (2008), e altro interessante esempio diarchitettura urbana trasformata in una interfacciadigitale.

L’era del ‘Post-Internet’Recenti studi hanno poi dimostrato come l’idea diuna rete informatica in grado di modificare le rego-le dell’arte, o in qualche modo scardinarle, siaormai superata, proprio per il carattere ‘transitorio’dei vari social e delle diverse piattaforme on-line,tra cui Facebook, YouTube e Tumblr. L’argomento èstato ancora poco affrontato dalla letteratura arti-stica, ma un buon punto di partenza (e di riflessio-ne) è sicuramente il volume ‘You are Here: Art Afterthe Internet’, a cura di Omar Kholeif e pubblicatoda Cornerhouse e SPACE: un’antologia di testiscritti da ventidue artisti che hanno intrapreso unprogramma di residenza di un anno presso ‘TheWhite Building’, un importante centro di arte e tec-nologia situato a Londra. Diviso in tre sezioni(Saggi, Provocazioni e Progetti), il volume non pro-pone una visione univoca del fenomeno, ma costi-tuisce una buona antologia di prospettive in uncampo ancora poco esplorato. I vari contributi met-tono in evidenza il carattere ‘digitalizzato’ dellanostra società, endemicamente intrisa di una ‘cul-

Qui sotto: Artie Vierkant, Image Objects, 2011. In basso:Lizzie Fitch, Ryan Trecartin, Center Jenny, 2013

lo ha fatto – il tradizionale sistema dell’arte? Unquesito dalla non facile soluzione, ma al quale pro-veremo a rispondere partendo dalla stessa defini-zione di ‘sistema dell’arte’ e la sua evoluzione neltempo: l’ambiente sociale, economico e intellettualeche gravita attorno alla creazione artistica. In pas-sato, tale sistema era davvero molto semplice: esi-steva un committente ‘x’ che ordinava a un artista‘y’ una o più opere; poi, dopo le varie rivoluzioni(francese, industriale ecc.), e con l’ ‘era borghese’,esso è cambiato: l’arte è diventata appannaggio diun circolo più ristretto di intellettuali, creandoun’èlite di intenditori, di appassionati e collezioni-sti. In altre parole, si è venuto a definire un piccolo‘sistema di produzione’ e consumo dell’arte, compo-sto di sei figure fondamentali (l’artista, ilcritico/curatore, il collezionista, il pubblico, il galle-rista e il museo) e alcuni attori ‘collaterali’ come leriviste d’arte, le pagine culturali e i mass media. Ilsistema è quindi variato al variare della società;eppure, il fine ultimo dell’artista è sempre rimastocostante: parliamo, ovviamente, della ricerca di un‘riconoscimento’ professionale ed economico.Riconoscimento che, nell’era digitale in cui ci tro-viamo, è reso possibile anche grazie ad Internet, ilquale svolge un ruolo molto importante per lacomunicazione artistica.

Net.art e dintorniTutt’altro discorso deve essere fatto, invece, per laproduzione delle opere con, per e nella reteInternet, che ha aggirato il tradizionale circuito deiluoghi preposti alla conservazione e valorizzazionedelle opere d’arte (come musei e gallerie), riservan-do la fruizione delle stesse allo spazio virtuale delle

reti telematiche. Innanzitutto, va chiarito che è dif-ficile fornire una definizione univoca del fenomeno:spesso si parla di Net.art, arte virtuale, arte multi-mediale, new media art, digital art, computer art,realtà virtuale, museo virtuale, network museumin maniera inappropriata e confusa. In effetti, sitratta di eventi talmente contemporanei e in conti-nua evoluzione, da rifiutare delle definizioni rigide.Alcuni studi di settore hanno evidenziato però duemacrodivisioni nelle quali, per comodità, possiamodividere questo tipo di produzione. Una è l’ ‘Art onthe net’, che presuppone l’utilizzo della rete comemezzo, come ‘vetrina’, per diffondere la conoscenzao la vendita di opere d’arte realmente esistenti, perl’esposizione/vendita di alcune tipologie di operedigitali, e come mezzo di illustrazione e distribuzio-ne di opere preesistenti e prodotte altrove. L’altra,invece, è la ‘Net.art’, letteralmente ‘arte di fare net-work’ e, quindi, non solo veicolata dal network manata e diffusa esclusivamente sulla Rete. Una tipo-logia di arte non oggettuale ma basata sul processoartistico, collegata a un’estetica della comunicazio-ne che sostituisce le ‘operazioni’ alle opere, a voltedalla valenza politica, quindi estremamente 'atti-va'. Il termine che la identifica ha una genesi leg-gendaria, legata ad un evento accaduto ad uno deisuoi ‘padri fondatori’, Vuk Cosic. Quest’ultimo haraccontato come, nel dicembre del 1995, gli sia arri-vata una e-mail da parte di un anonimo contenen-te un messaggio, scritto probabilmente con un soft-ware incompatibile al suo, che gli appariva comeuna serie incomprensibile di caratteri Ascii. L’unicoframmento con minimo di senso riportava la dicitu-ra: [...] J8~g#|\;Net. Art{-^s1 [...]. Un“self-definingterm created by a malfunctioning piece of softwa-

arte Internet svolge un ruolo molto importante per la comunicazione artistica >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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A sinistra: Artie Vierkant, Image Objects, 2011. A destra: Ryan Trecartin, Hammer Projects, 2008

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tura internet’ che condiziona le nostre giornate,influenzando il modo di vivere delle persone, quin-di anche la loro creatività. Vi viene inoltre introdot-ta una nuova corrente estetica, denominata ‘Post-Internet’, incentrata sullo studio critico dell’intera-zione tra il mondo artistico e il web. Il terminesarebbe emerso di recente, negli anni 2007 e 2009,in occasione di alcuni dibattiti sull’argomentomediati dal alcuni artisti e critici contemporanei, inparticolare Marisa Olson (new media artist, criticoe curatore), Gene McHugh (critico d’arte) e ArtieVierkant (artista). Non stiamo parlando di unmovimento definito, piuttosto di un’estetica che haradici in altre correnti, come il movimento Dada eFluxus. Secondo i ‘post-internettiani’, proprio ilmondo telematico avrebbe insegnato agli artisti adeffettuare dei collage mentali a partire da una com-pilazione di dati e input frammentari provenientidalla cultura informatica e digitale. Il grande con-tributo della rete alla modificazione del sistemaartistico starebbe proprio qui, nel modo in cui essaha mutato il nostro modo di interagire con noi stes-si e con il mondo. Un esempio recente è costituitodall’artista Ryan Trecartin, che con la sua esteticasplatter (quella, appunto, dei ragazzacci che posta-

no le loro serate esibizioniste) ha visualizzato perimmagini il risultato (negativo) della ‘iper-connes-sione’. L’estetica del ‘Post-Internet’ viene contrappo-sta, in qualche modo, a quella della Net.art, nonaccolta facilmente dal sistema dell’arte per via dialcuni specifici elementi, come la mancanza dellariconoscibilità del singolo autore. Il lavoro on-line,infatti, nasce spesso da un’equipe, contravvenendoalla dura legge del mercato secondo cui un’operad’arte si identifica più facilmente con una personafisica, e possibilmente anche con la ‘leggenda’ cheessa incarna, il ‘personaggio-artista’ che rappresen-ta. Il secondo ‘gap’ è costituito dalla totale smateria-lizzazione dell’oggetto presente nella Net.art: alcontrario, le opere che aderiscono al ‘Post-Internet’hanno spesso una connotazione fisica e materiale,e, non identificandosi necessariamente con percorsidigitali, recuperano la funzione di ‘totem’ dell’operad’arte, prestandosi meglio alle logiche della venditae del mercato. Il dibattito sull’argomento rimaneaperto e lo sarà ancora per diverso tempo. È chiaro,infatti, che si dovrà attendere qualche decennioprima di poter esprimere un parere lucido e globa-le sulla reale artisticità di progetti realizzati con inew media.

SERENA DI GIOVANNI

arte La rete ha mutato il nostro modo di interagire con il mondo>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Artie Vierkant, Antoine Office, Antoine Casual atCarl Kostyal, London – 11 December 2014 - 4January 2015

Qui sopra: Project Blinkenlights, Blinkenlights 12,Berlino 2001. Sotto: Project Blinkenlights, Stereoscope,Toronto 2008

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maggioranza inferiore ai 2/3dei componenti delle dueCamere. E, per tale motivo, ilprovvedimento, come previstodall’articolo 138 dellaCostituzione stessa, non è statodirettamente promulgato, alfine di dare la possibilità dirichiedere un referendum con-fermativo entro i successivi tremesi. Non essendo previsto unquorum, la riforma entrerà invigore se il numero di ‘Si’ saràsuperiore ai suffragi contrari, aprescindere dalla partecipazio-ne del corpo elettorale al voto.Facciamo ora un passo indie-tro e consideriamo, punto perpunto, alcuni ‘step’ legislatividi partenza e il successivo tra-guardo che si intenderebberaggiungere. Secondo l’art. 55della Costituzione italiana “ilParlamento si compone dellaCamera dei deputati e delSenato della Repubblica. IlParlamento si riunisce inseduta comune dei membridelle due Camere nei soli casistabiliti dalla Costituzione”.Allo stato dei fatti, il parla-mento italiano è strutturatocome un sistema di ‘bicamera-lismo perfetto’, cioè compostoda Camera e Senato: insostanza, i due rami del parla-mento fanno esattamente lestesse identiche cose. Laprima legifera in base all’art.56 della Costituzione, mentrela seconda in base all’art. 57C. Ciò obbliga, anche nei casidi formazione delle normecosiddette ‘ordinarie’, all’ap-provazione di un testo identicosin nelle virgole da parte diambedue le Camere, attraver-so il sistema della ‘navetta’.Ogni modifica apportata dauna delle due Camere, seppurpiccola o infinitesimale,

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Articolo 138 C. “Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costitu-zionali sono adottate da ciascuna Camera con due successivedeliberazioni a intervallo non minore di tre mesi e sono appro-vate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascunaCamera nella seconda votazione. Le leggi stesse sono sottopo-ste a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loropubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri diuna Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigliregionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgatase non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Non si faluogo a referendum se la legge è stata approvata, nella secon-da votazione, da ciascuna delle due Camere a maggioranza didue terzi dei suoi componenti”.

dev’essere approvata anchedall’altra. Ciò comporta, nellamaggior parte dei casi, a tem-pistiche legislative che si tra-scinano per mesi, alcune voltepersino per anni, mentre lasocietà necessiterebbe di effet-ti giuridici immediati in moltisettori della propria vita quo-tidiana. C’è chi dice che, quan-do la classe politica vuole, tali‘tempistiche’ vengono accele-rate. E’ vero: in molti casi ciò èaccaduto. Ma ciò è dipeso dairegolamenti parlamentari edalle procedure di ‘calendariz-zazione’ dei progetti di legge,

che consentono, per motivi dipriorità programmatica o diurgenza concreta, una serie diiter ‘velocizzati’. Anche lediverse commissioni parla-mentari, allorquando si pre-sentano determinate pre-con-dizioni, può velocizzare lariflessione e la discussione diun ddl, al fine di mandarlo inaula più rapidamente. Ma ciòaccade solo se si verificanouna serie di presupposti politi-ci precisi, determinati dalmeccanismo proporzionale dicomposizione delle commissio-ni medesime.

“Si, no, si, no”: sono que-sti i monosillabi più

pronunciati dalla nostra clas-se politica italiana in questiultimi tempi. Il perché ormailo conosciamo, dato che granparte dei cittadini non ha

ancora un’idea su dove posi-zionare la propria ‘X’ il giornodel referendum. Il popolo ita-liano è infatti chiamato allaurne, il prossimo 4 dicembre,per votare l’approvazionedella riforma costituzionale

‘Renzi-Boschi’, contenutanella legge costituzionaleapprovata in parlamento loscorso 12 aprile. La propostadi riforma della Costi-tuzionale risulta suffragatadal voto favorevole di una

referendum Diremo addio al bicameralismo (im)perfetto?>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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La Costituzioneche cambia

Il prossimo 4 dicembre si andrà a votare per il referendumcostituzionale indetto dopo l’approvazione parlamentare dellariforma ‘Renzi-Boschi’: vediamo, dunque, cosa prevede il que-sito referendario che sarà sottoposto al corpo elettorale

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• ripartiti tra le regioni in baseal peso demografico;

• i consigli regionali usufrui-ranno del metodo proporzio-nale per eleggere;

• un senatore per regionedovrà essere un sindaco;

• saranno gli stessi cittadini adecidere quali consiglierisaranno senatori, al momen-to di eleggere i consigli regio-nali;

• i membri del nuovo Senatorimangono in carica per ladurata del mandato territo-riale, provocando la mutevo-lezza della maggioranza nelcorso di una stessa legislatu-ra.

5. Immunità. I nuovi senatorigodranno della tutela deideputati. Essi non potrannoessere intercettati e/o arresta-ti senza l’autorizzazione delSenato. Le leggi sull’immunitàparlamentari fanno capoall’art. 68 della Costituzionesecondo il quale «[…]Senzaautorizzazione della Cameraalla quale appartiene, nessunmembro del Parlamento puòessere sottoposto a perquisi-zione personale o domiciliare,né può essere arrestato o altri-menti privato della libertàpersonale, o mantenuto indetenzione, salvo che in esecu-zione di una sentenza irrevo-cabile di condanna, ovvero sesia colto nell'atto di commette-re un delitto per il quale è pre-visto l'arresto obbligatorio inflagranza»;

6. Presidente della Repub-blica. Non vi saranno più icosiddetti ‘grandi elettori’.Ognuno verrà eletto dalParlamento in seduta comunepiù 58 rappresentanti regio-nali. Per i primi tre scrutini ènecessaria la maggioranza dei

2/3, per il quarto scrutinio ènecessaria la maggioranzaassoluta. Si modifica la plateaper il quorum. L’elezione delPresidente della Repubblica èa norma dell’art. 83.

Il sistema bicameraleÈ una pratica della rappresen-tanza parlamentare che consi-ste nella suddivisione dell’or-gano legislativo in dueCamere. Nell’ambito dellescienze politiche molto si èdibattuto sull’uso di questosistema, sebbene sia quellopiù diffuso nei Paesi cherispondono a una democraziaparlamentare ‘classica’. Lasua funzione principale èquella di garantire e assicura-re un pluralismo e un equili-brio stabile fra i vari poteri. E’ancora aperto, in sede dottri-naria, il lungo e storico dibat-tito fra monocameralismo ebicameralismo: alcuni studiosisostengono che quest’ultimorenda più complicata l’attua-zione delle più importantiriforme, dando vita a unaserie di ‘paralisi’ politiche;altri, invece, lo vedono comel’unica soluzione per evitareapprovazioni frettolose e scon-siderate.

7. Non vi saranno più i sena-tori a vita;

8. Presidente ‘supplente’. Conla riduzione dei poteri delSenato, con l’approvazionedella riforma la seconda caricapiù alta dello Stato diverrebbeil presidente della Camera.Compito del presidente delSenato rimane quello di con-vocare il Parlamento in sedutacomune (entro 15 giorni) nelcaso in cui il presidente dellaCamera eserciti funzioni delpresidente della Repubblica;

9. Limiti ai decreti legge. Iregolamenti parlamentaridovranno stabilire un tempoesatto per il voto di un qual-siasi ddl; al governo vengonointrodotti limiti ai contenutidei decreti;

10. Ricorso preventivo sullalegge elettorale. Su richiestadi un quarto dei componentidella Camera si potranno pre-sentare ricorsi motivati entro10 giorni dall’entrata in vigoredi una legge. Sulla base diquesto punto, già in questalegislatura vi è un ricorso pre-ventivo per l’Italicum.

11. Titolo V. Sono riportate incarico allo Stato alcune com-petenze come energia, infra-strutture strategiche, sistemanazionale, protezione civile.La Camera potrà approvareleggi anche nei campi di com-petenza delle regioni, quandolo richiede l’unità giuridica oeconomica. Il titolo V è laparte di Costituzione che sioccupa di gestire le autonomielocali, ma nel corso degli annie con la riforma del 2001 hasempre avuto più poteri fino

Articolo 56 C. “La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale diretto.Il numero dei deputati è di 630, dodici dei quali eletti nella cir-coscrizione Estero. Sono eleggibili a deputati tutti gli elettoriche, nel giorno delle elezioni, abbiano compiuto 25 anni dietà”. […]

Articolo 57 C. “Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, fatti salvii seggi assegnati dalla circoscrizione Estero. Il numero deisenatori elettivi è di 315, sei dei quali eletti nella circoscrizioneEstero. Nessuna Regione può avere un numero di senatori infe-riore a sette; il Molise ne ha due, la Valle d’Aosta uno”. […]

referendum 70 anni di approvazioni parlamentari ‘speculari’>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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LA RIFORMA RENZI-BOSCHI

Vediamo ora che cosa prevedela riforma costituzionale inquestione - in corsivo - e cosafondamentalmente cambie-rebbe nella nostraCostituzione:

1. La Camera sarà l’unica avotare la fiducia. I deputatirestano 630 e verranno eletti asuffragio universale. A primavista in questo primo ‘comma’non si cambia molto tranneper il fatto che attualmente ideputati sono 841 e quindi nel

Parlamento monocamerale diRenzi ce ne sarebbero 211 inmeno. Un buon inizio con lariduzione delle poltrone;

2. Il senato continuerà a chia-marsi “Senato dellaRepubblica” ma sarà compostoda 95 membri eletti da consi-gli regionali (21 sindaci e 74consiglieri-senatori) e 5 diquest’ultimi nominati dal capodello Stato. Rimane in caricaper 7 anni e avrà piena compe-tenza solo su riforme e leggi

costituzionali. Per le leggiordinarie, potrà chiedere allaCamera di modificarle, maMontecitorio non è tenuta aprendere la richiesta in consi-derazione. In base a questosecondo punto, verrà abolitaquella che attualmente si defi-nisce “navetta parlamentare”,ovvero in passaggio di un pro-getto di legge reiterato da unaCamera all’altra, il che mettein luce già una piccola ‘falla’;

3. La Corte Costituzionalesarà composta da 15 giudici,tre eletti dalla camera, duedal Senato. Se si prende qual-siasi libro di diritto costituzio-nale, si può notare che laCorte attualmente è compostasempre da 15 giudici ma 1/3sono nominati dal presidentedella Repubblica, 1/3 dalParlamento in seduta comune,1/3 dalle Supreme Magi-strature, secondo quanto sta-bilito dall’art. 135;

4. le modalità di scelta deisenatori:

A oggi, pertanto, l’Italia vienelegislativamente regolata dalprincipio di ‘perfezione’ datodalla presenza di un tipo dibicameralismo, nel qualeCamera e Senato, interagendotra loro, gestiscono le propostedi legge e tutte decisioni politi-che urgenti che vengono presedai Gruppi parlamentari, rap-presentanti dei vari Partiti.Con la riforma che andremo a‘vagliare’, le funzioni legislativedelle due Camere, dopo quasi70 anni di approvazioni ‘specu-lari’, potrebbero essere diversi-ficate. In meglio o in peggio?Ciò starà a noi valutarlo, nelmomento in cui ci ritroveremonella cabina elettorale.

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Cnel, obiettivi ottenibilianche in altre forme e secon-do altri metodi maggiormen-te rispettosi del principio dipluralismo e di ampia rap-presentanza politica stabilitain Costituzione.Da tale ‘groviglio’ di questionine discende che gli italianiancora non hanno le idee benchiare su cosa fare. Anche per-ché, l’esecutivo, a cominciaredal premier, Matteo Renzi, inun primo tempo aveva decisodi ritirarsi nel caso in cui il‘No’ alla sua riforma dilagassenei seggi. Comunque sia, alcu-ne ‘alleanze’ americane sonoriuscite a risollevare il moraledel premier. La nota agenziadi rating ‘Fitch’ ha posto inevidenza, nel giungo scorso,come le riforme approvate dalGoverno sarebbero tutte posi-tive: da quella del mercato dellavoro, passando per l’istruzio-ne, fino alla legge elettorale.Conferma il tutto la testata‘Wall Street Italia’, secondo laquale, se venisse ‘bocciata’ lamodifica costituzionale propo-sta, ciò provocherebbe unabattuta d’arresto di tutti queiprocessi messi in atto da que-sto Governo, causando unadiminuzione della produttivi-tà e un rallentamento dellacrescita economica.Ricordiamo, inoltre, il recenteparere ‘non richiesto’ dell’am-basciatore Usa in Italia, JohnPhillips, che ha definitiva-mente schierato il nostro prin-cipale alleato nord-americano,gli Stati Uniti d’America, afavore della riforma costitu-zionale. Controcorrente, inve-ce, il parere dell’editorialistabritannico del ‘FinancialTimes’, Tony Barber, general-mente bene informato sullenostro ‘questioni interne’.

ILARIA CORDÌ

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lla politica, che appare assai ‘blanda’>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Le nostre indicazioniChi dice che le priorità del Paese sarebbero ben altre rispetto a unammodernamento della nostra Costituzione, afferma una cosa giustaall'interno di un contesto sbagliato: anche l'ordinamento giuridico, ilquale ha effetti diretti sulla vita di una comunità qualsiasi, ogni tantodev'essere aggiornato. Tuttavia, il vero problema rimane il modo in cuila riforma ‘Renzi-Boschi’ interviene sulla nostra ‘Camera alta’, il Senatodella Repubblica, che proprio perché trasformato in ‘Senato delle auto-nomie’ rischia di generare un vero e proprio 'intasamento' dei rilievi edei ricorsi potenzialmente sollevabili innanzi alla Corte costituzionale.Ciò a causa delle varie competenze che entreranno in conflitto tra levarie istituzioni nazionali e locali, all'interno di una quadro normativoche prevedeva, al contrario, un ampliamento dei poteri territoriali eperiferici. La riforma ‘Renzi-Boschi’ entra sostanzialmente in contraddi-zione con la Carta costituzionale e con le interpretazioni precedentidella stessa Corte costituzionale, costringendo quest’ultima a ‘tornareindietro’ su molte sentenze, poiché la volontà originaria del ‘Legislato-re’, con la vittoria del ‘Sì’, non sarà più in grado di far comprendere cosavuole realmente: lo Stato centralista, oppure la ‘deregulation’ territoria-le? Se lo si chiama ‘Senato delle autonomie’, perché si è andati a raffor-zare i poteri centrali dello Stato, attraverso le nuove funzioni attribuiteal Senato? Questo è un ‘punto’ che non si comprende. I conflitti cheandranno a ingenerarsi su moltissime questioni pratiche saranno,soprattutto, di attribuzione. Dunque, non serviranno affatto a risolverei problemi concreti veri e propri, bensì costringerà tutti ad attendereuna sentenza per capire chi è competente ad affrontarli, in quale casoe in che modo, rallentando, se non addirittura paralizzando, un sistemadecisionale già di per sé lentissimo. Questa è l'obiezione più fondataalla riforma costituzionale ‘Renzi-Boschi’, insieme a quella di quei sinda-ci e consiglieri regionali i quali, dovendo svolgere anche il ruolo disenatori, dovranno venire a Roma di continuo per risolvere, in tempistrettissimi e tutti insieme, numerosi problemi. Queste, secondo noi,sono le indicazioni decisive, che riteniamo fondamentali nel cercare diorientare l’opinione pubblica verso la più saggia delle decisioni possi-bili al prossimo referendum del 4 dicembre 2016.

ad avere in gestione le piùimportanti competenze esclu-sive dello Stato;

12. Abolizione delle provin-cie. Le attuali 110 provinciedotate di consiglio provincialee giunta relativa, diverrannoEnti di secondo livello;

13. Abolizione del CNEL. IlConsiglio Nazionale dell’Eco-nomia e del Lavoro rispondeall’art. 99 e venne istituito il 5gennaio 1957 con la leggen°33. Ad oggi ha però persogran parte delle sue funzioni -unicamente in ambito econo-mico e sociale- e non incontraalcuna limitazione, dopo lariforma dell’organo avvenutail 30 dicembre 1986;

14. Modifica dei referendum.Rimane la soglia delle 500mila firme. Se i promotori,però, raggiungono le 800milasottoscrizioni si abbassa ilquorum, il quale viene calcola-to sul numero dei votanti del-l’ultima tornata elettorale;

15. Referendum propositivi.È una delle grandi novitàdella riforma Renzi-Boschi:con i referendum propositivi sipuò interrogare direttamentela popolazione su temi diattualità. È una forma di par-tecipazione diretta del popoloal processo legislativo;

16. Leggi di iniziativa popo-lare. Con la riforma diventano150mila (ora sono 50mila) lefirme necessarie per presenta-re un ddl popolare.

Questi sono, in conclusione, i16 ‘punti-cardine’ che struttu-rano una delle riforme piùincisive del Governo Renzi.Ma non tutti i membri del par-

lamento – e persino alcuniesponenti dello suo stessoPartito - sono ‘euforici’ come ilnostro presidente delConsiglio e il suo ‘team’, iquali si dicono convinti che lariforma costituzionale rappre-senti il vero ‘punto di svolta’del Paese - la #voltabuona?-.Coloro che si oppongono al‘grande cambiamento’ sonoForza Italia, - che, ricordiamo,all’inizio votò a favore di molteparti del disegno di modificacostituzionale in questione -Fratelli d’Italia, il Movimento5 stelle, Sinistra Ecologia e

Libertà, Sinistra italiana euna frazione del Psi che facapo all’ex sottosegretario agliAffari Esteri, Vittorio Craxi. Imotivi del ‘No’ alla riforma daparte di queste forze sono mol-teplici: a) numerose sono lecritiche al metodo e all’appro-vazione in primis del testocostituzionale, mettendo inluce quanto il Senato siadestinato a trasformarsi in unorgano fondamentalmenteinutile, se non dannoso; b) vi època chiarezza relativa all’ele-zione degli stessi senatori; c)si ‘riaccentra’, invece di decen-trarla, la risoluzione dei com-piti attribuiti dal principio di‘sussidiarietà’ tra Stato eRegioni; d) il rischio, chiara-mente ben visibile, di unafutura posizione autoritaria e

un eccessivo rafforzamentodei poteri di iniziativa del pre-mier, a discapito della ‘centra-lità’ parlamentare, che rende-rebbe ‘univoche’ le proposte ele successive approvazionidelle leggi; e) una maggioran-za parlamentare formata conun ‘premio’ che ‘scatta’ anchedi fronte a risultati notevol-mente ‘parcellizzati’, in gradocioè di stabilizzare per l’inte-ra legislatura il potere dimaggioranze particolarmente‘relative’ o, addirittura, diminoranze.I Gruppi parlamentari favore-

voli alla riforma sono, invece, iseguenti: Area popolare: Ncd;Ucd; gli ex iscritti a ForzaItalia guidati da DenisVerdini; l’atro ‘pezzo’ di Psifacente capo all’attuale vice-ministro alle Infrastrutture eTrasporti, Riccardo Nencini;Scelta Civica e Centro demo-cratico. Queste forze parla-mentari sono favorevoli allafine del bicameralismo perfet-to, abolendo gran parte deipoteri legislativi del Senatodella Repubblica, ma compli-cando di molto le sue procedu-re e funzioni. Si dibatte anchesulla assai ‘blanda’ riduzionedei costi che deriverebberodall’eliminazione dello stipen-dio di più di 200 senatori edall’abolizione di un interoorgano interministeriale, il

referendum Si dibatte molto anche sulla riduzione dei costi de>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

26 > > > > > > > > > > > > > > > > > > > Periodico italiano MAGAZINE

Referendum costituzionali La prossima consultazionepopolare sarà la terza chiamata alle urne per modificare laCostituzione nella Storia della nostra Repubblica. La prima voltaavvenne nel 2001 e vinse il ‘Si’, con un’affluenza pari al 34%; laseconda si tenne nel 2006 e il ‘No’ prevalse con un’affluenza com-plessiva pari al 52,5%

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afferma Angri, è nata già nel 2008-09 con unsolo personaggio vestito alla moda della realtàlivornese, con occhiali dalla montatura spessa ele All stars ai piedi'.Dopo questa prima fase, il racconto si concludein quasi due anni e traccia la consonanza siafisica, i due indossano spessi occhiali, che di inti-ma sofferenza nella loro condizione di fragilità:Yuri è insofferente alla voce umana per un trau-ma infantile, mentre Irene è un ragazzo chevende il proprio corpo a vecchi bavosi per pagar-si un'operazione, grazie alla quale sarà chiaro atutti la sua anima femminile.Il legame misterioso tra tali figure tormentate sipuò individuare nel rito, attraverso il quale Yurie Irene cercano di sublimare il proprio dolore edi travalicare il confine con la realtà, tra grotte-schi riti sciamanici con carcassi di animali ecarica sessuale per il raggiugimento di un'iden-tità multi-dimensionale, il loro vero sé.

Tiziano Angri, quando è avvenuto il tuoprimo interessamento al mondo dei fumetti?"Con Corto Maltese di Hugo Pratt, un'avventu-ra stupenda che già all'età di 12 anni mi dava lapossibilità di apprezzare dei personaggi cosìdiversi tra loro: l'aviatore americano, o la princi-pessa siberiana. In questa storia ci sono trame esottotrame e tutto si coglie in un momento epiconell'immagine dei campi di farfalle e nel dialogotra il personaggio femminile e Maltese. Ciò

rende quell’atmosfera romantica che a memanca, ma che amo leggere in altri”.

L'individualismo dei due personaggi puòessere inteso come il racconto di una col-lettività contemporanea?“C'è una specularietà tra i due personaggi che lirende, in un certo senso, complementari. Sonostato sottilmente ‘bastardo’, perché ho creatodelle somiglianze estetiche quali gli occhiali o ilnaso poco accentuato. Insomma, sembrerebberoquasi fratelli se avessero lo stesso colore dicapelli. C’è una complementarietà, in quanto lamia intenzione era di sciogliere l'individualità”.

Il fil rouge della storia si può individuarenel disagio fisico dei due protagonisti?“Sì, il disagio è verso se stessi e il proprio corpo.

Il punto di partenza è raccon-tare due persone malate: unamentalmente e una fisicamen-te. Mi piaceva questo gioco,perché lui ha una menomazio-ne all'udito, mentre lei ambi-sce alla riattribuzione sessua-le. Quest’ultima si sviluppa indue fasi, una delle quali siesplica con la demolizione del-l'identità biologica. Infatti,non voluto ma esplicativo intal senso è il momento in cuiIrene spacca un muro. Il disa-gio fisico è un estroflessione diquello interiore, quanto lanostra anima dipende dalnostro corpo: quello scarto traquello che c'è nel pensiero e

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no’ nel suo ultimo libro ironizza sull’intimismo autoreferenziale della facebook generation>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

L’UNICA VOCEdi Tiziano AngriCoconino Press - FandangoPagg. 127, euro 16,00

Per le antiche scuole misteriche egizie, gre-che, romane e indiane le vibrazioni sonore

sarebbero tra le cause dell'origine dell'universo.Il napoletano Tiziano Angri, classe '81, raccontanella graphic novel 'L'unica voce' il 'suono del-l'anima', un disagio interiore prodotto dalla nonaccettazione del proprio corpo e dall'impossibili-tà di conformarsi con la normalità.Da 17 anni vive a Pisa dove ha intrapreso ilclassico iter scolastico per diventare un disegna-tore: diploma in grafica pubblicitaria e laurea inpittura all’Accademia di Belle arti di Firenze.Nella pratica del disegno è centrale la passioneper il fumetto, che coincide con la lettura intenera età di Topolino, poi da adolescente è arri-vato il primo classico, 'Corto Maltese' di HugoPratt. Di quest'ultimo lo colpiva 'la possibilità diapprezzare i personaggi ' ed Angri aggiunge, 'iltutto rende l'atmosfera molto romantica che ame manca, ma che amo leggere in altri'. Accantoa Hugo Pratt, la sua formazione pittorica pressol'Accademia di Belle Arti di Firenze si sviluppasotto l'influenza grafica di Andrea Pazienza e di

altri 'classici' per adulti quali Moebius,Liberatore, etc.Nel 2006 arriva il primo riconoscimento impor-tante con la vittoria del 'Project Contest' diLucca Comics e la conseguente pubblicazione de'Il cimitero dei calamari' edito da Panini Comicscon sceneggiatura di Tommaso Destefanis.Dopo aver partecipato al mastodontico volumedi 'Le 5 fasi' con il 'Collettivo DUMMY'(Ausonia, Alberto Ponticelli, Akab, OfficinaInfernale e Squaz), Tiziano Angri tratta ancorail concetto di accettazione e persiste anche inquest'ultimo lavoro l'elaborazione di un luttodell'anima e simbolicamente del corpo (nellaprotagonista Irene), perché 'il disagio fisico è unestroflessione di quello interiore, quanto lanostra anima dipende dal nostro corpo, quelloscarto tra quello che c'è nel pensiero e quello chefisicamente ci rappresenta'.Il lavoro stilistico di Angri è un'operazione disottrazione, la semplicità della china rivela unaforza della trama del segno e la grande forzaespressiva dei due solitari personaggi. 'L'idea,

graphic novel Il giovane vignettista de ‘Il Fatto Quotidia>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Tiziano AngriL’unica Voce

Due ragazzi ‘problematici’ aspirano alla normalità di una vitanel ventre di una provincia che fagocita pregiudizi e speranze

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Emergency è nata 20 anni fa per offrire cure gratuite e di elevata qualità alle vittime della guerra e della povertà.Da allora abbiamo assistito oltre 6 milioni di persone grazie al contributo di decine di migliaia di sostenitori che hanno deciso di fare la propria parte per garantire un diritto fondamentale - il diritto alla cura - in alcuni dei Paesi più disastrati al mondo.Aiutaci con l’attivazione di una donazione periodica (RID): tu scegli che cifra destinare a Emergency e con quale frequenza e noi potremo pianificare al meglio il nostro lavoro e mantenere la nostra indipendenza.

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quello che fisicamente ci rap-presenta”.

Irene è una prostituta: c'èil rischio di cadere nellapura merceficazione fisi-ca?“Lo avevo ponderato. Infatti,entrambi i personaggi nesubiscono di tutti i colori: Yuriesplode e ne esce tumefatto,mentre a Irene crolla un edifi-cio addosso, che è, un po' sim-bolicamente. il progetto che siè posta”.

Ai margini di una societàche non li accetta: ma cosadesidera Irene?“Il paradosso di Irene è che lei cerca la norma-lizzazione. Quello che volevo far risaltare è lacondizione di ambiguità che vive, poiché l'incom-piutezza può essere anche un dono, a suo modo. Ilpercorso di Irene è di sofferenza pura. La sua rico-noscibilità passa attraverso la sua fisicità, perchélei è donna e deve diventarlo a tutti i costi.Potrebbe essere un gioco facile: il transessuale chesi prostituisce. Tuttavia, studiando la casistica hoscoperto che in alcuni Paesi non ci sono leggi chefavoriscono il cambio di sesso. Per esempio, lasituazione è drammatica in Francia, dove le gio-vani transessuali (e non al maschile, come spessohanno definito Irene: ‘Il prostituto’) non hanno lapossibilità di operarsi a carico dello Stato.Paradossalmente, in Italia c'è tale possibilità,anche se è un percorso lungo, articolato ed entra-no in campo varie figure giuridiche. Solo qualchemese fa si è facilitato il cambio di nome sul docu-mento d'identità. Tale percorso burocratico richie-de almeno due anni e molte persone preferisconoaccellerare il processo, andando nell'Europa del-l'est, pagando 5 mila euro per un impianto masto-plastico e l'attribuzione del sesso (previsto anchedalla normativa italiana). Io ho letto e indagatosul sito del Movimento Identità Transessuale(Mit) di Bologna (http://www.mit-italia.it/) e hoscoperto che la disforia di genere è considerata. inItalia, una malattia".

Gli sciamani e il loro immaginario: potrebbeessere un'evasione dalla realtà di ricono-

scersi nelle diverse passio-ni?“Attecchiscono realtà settariepiù facilmente sui giovani,anche se qui c'è una visionedistorta di Yuri, un culto aipropri fini: una ritualità tipica-mente umana. Lo sciamani-smo è anche una forma di reli-gione. Qui, una traccia cheaiuta a costruire la figura delpersonaggio, utilizza uno scia-manismo ‘d’attacco’, che nerivela l’intento del tutto effi-mero: una ricerca già persa inpartenza”.

Gli edifici e i paesaggisempre invasi da altro:

decadentismo poetico o veggenza cherichiama delle divinità."Si è creato un parallelismo involontario tra iruderi e i protagonisti. Sono ispirati ai tantiedifici disseminati nella pianura padana, che ioadoro perché sono il simbolo di come spessorestino inglobati definitivamente nella natura.Non un degrado effettivo, ma un qualcosa intransizione che diviene parte integrante delpaesaggio”.

Qual è la tua aspirazione per il personag-gio di Irene?“Conservare la sua particolarietà. E questo desi-derio si riflette nella sospensione finale. Moltimi hanno anche criticato per quel finale; altri,invece, lo hanno apprezzato perché quello èl’unico momento in cui ho potuto dire di adorareche loro restino così irrisoluti. Il senso di tutto stanel suo istinto, che la porta a prendere dellemusate, con le esperienze della vita. Ed è quella laspinta che ci porta a vivere, non il finale in cui èfinito tutto. Il lettore che racconta a se stesso ilfinale, può essere presa per una cosa altamente‘paracula’, però era uno dei punti cardini fin dal-l'inizio. Ho avuto una gestazione tumultuosa: unfinale che ho dovuto riscrivere tre volte in accordocon il mio editor, perché io ero ancora più netto etagliente. In seguito, con il confronto siamo arriva-ti a una mediazione, che poi era esattamente ciòche volevo, lasciare il finale al lettore”.

SILVIA MATTINA

graphic novel >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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scosso da un ventilatore disegnato. In omaggio alcinema cult, Mantesso rivista la locandina de Losqualo sovrapponendo al terribile killer marino ilmuso del bull terrier preso dal basso. In un altroscatto invece Jimmy diviene la Venere diBotticelli.Le immagini prodotte sono state condivise suisocial network ed hanno raggiunto un numeroincredibile di persone, inclusa Sandra Choi diret-tore creativo di Jimmy Choo.Nel volgere di un solo anno il bull terrier si èritrovato a sua insaputa star di una capsule col-lection del noto marchio, per la quale è stato rea-lizzato anche un video di animazione.Lo scorso settembre è stato infine pubblicato illibro A dog named Jimmy, raccolta delle immagi-ni che raccontano le avventure del simpatico canee del modo in cui i due hanno iniziato a lavorare

insieme. Il volume è quindi espressione del lorointenso rapporto di amicizia e testimonia di comel’arte possa fornire un fondamentale contributoper il superamento dei momenti di difficoltà. .È un’opera che strappa un sorriso già a partiredalla copertina nella quale lo sbadiglio del caneviene tramutato in un acuto da rockstar attraver-so l’inserimento del disegno di una mano cheregge il microfono (in questo video le tecnicheusate da Mantesso per preparare Jimmy allaposa: https://youtu.be/PUhn1oHVg1Y).Rafael è tra le altre cose co- fondatore dell’IstitutoAta’, un’organizzazione che si propone di promuo-vere la cucina brasiliana, favorire i piccoli produt-tori e lavorare per favorire l’ambiente; il tuttobasandosi su un approccio mirante ad una revisio-ne dei rapporti tra uomo e cibo.

Michele Di Muro

to del suo cane, Jimmy Choo, così chiamato in onore del celebre stilista di scarpe>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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idee Esorcizzare il dolore per l’abbandono: è quello che ha fatto Rafael Mantesso con l'aiut>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Nel 2014 in occasione del suo trentesimo com-pleanno, Rafael Mantesso è stato lasciato

dalla moglie. Prima di partire la donna ha porta-to via con sé tutto, eccetto il cane di 5 anni JimmyChoo da lei così chiamato in onore del celebre sti-lista di scarpe.I due, ritrovatisi soli e in una casa vuota comple-tamente bianca, hanno iniziato la loro convivenzafatta di momenti intimi e di giochi sfrenati.Proprio durante uno di questi ludici attimi Jimmysi è addormentato esausto e felice vicino alla pare-te. Così, racconta l’artista, “ ho afferrato un pen-

Viverecon Jimmy

narello e ho disegnato un nuovo mondo attornoalle orecchie color zenzero del mio cucciolo”. Daquesto momento epifanico è iniziata la “guarigio-ne” di Rafael che improvvisamente ha così avver-tito il ritorno dell’ispirazione a lungo sopita per ildisegno, l’arte e la vita. Il fedele amico è così dive-nuto il fulcro del lavoro del suo padrone. Con untratto essenziale, sintetico - e talvolta utilizzandooggetti reali- l’artista è abile e brillante nell’inter-pretare e sfruttare le diverse espressioni e poseche Jimmy assume. E così vediamo il bull terriera cavallo di una bicicletta, oppure mentre viene

Ci sono tanti modiper superare un

divorzio: un giovane

visual artist brasiliano ha scelto

la via della creatività, realizzando una serie

di divertenti immagini chehanno per protagonista il

suo bull terrier. Le foto condivise sui social sono

diventate protagonisteprima di una

compagna pubbli-citaria e succes-

sivamente diun volume

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o piano per la costruzione di una colonia sul pianeta rosso entro i prossimi 40-100 anni>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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commerciale con la Nasa per il rifornimentodella ISS (stazione spaziale internazionale)mediante le capsule dragon, patrimonio del-l'azienda .Musk però punta ancora più in grande : circauna settimana fa ha annunciato durante unaconferenza a Guadalajara, Messico, di voleriniziare a spedire i primi “coloni” su Marte tra 10anni, e da lì di voler dare vita nel corso di quar-ant'anni ad una colonia di un milione di persone.Attualmente l'ostacolo più grande ad un viaggiodel genere sono le radiazioni cosmiche, particellead alta energia capaci di strappare elettroni(ionizzanti) alle molecole presenti nel corpoumano, pertanto potenzialmente cancerogene ecapaci di danneggiare il dna stesso provocandomutazioni nelle generazioni successive.Radiazioni per le quali gli ingegneri non hannoancora trovato una schermatura adeguata.Mettendo da parte considerazioni di ordinestrettamente tecnico vorrei far notare come ilcaso di Musk rappresenti un unicum dal puntodi vista storico: l'entrata del privato cittadino inun campo, l'esplorazione spaziale, che dalla suaorigine, chiaramente a causa dei costi in gioco, èstato monopolio degli stati sovrani (Usa e Russiain primis) e che sin dai suoi albori si è tinto diuna connotazione ideologica e politica spesso piùimportante del risultato conseguito nel camposcientifico e umano .Il progetto di Musk sembra non rappresentarealcuna ideologia in particolare se non quelladella massima espressione del potenziale del-l'iniziativa privata.Il rischio certamente più grande dell'ipotetica

impresa, vite umane a parte, è lo scadere nellabanalità.La terraformazione di Marte, cioè il processo chelo porterebbe ad essere un pianeta simile al nos-tro (atmosfera ricca di ossigeno, acqua in super-ficie, vegetazione, clima idoneo alla vita ecc.),ammesso che sia possibile, richiederebbe qual-cosa come decine di millenni di anni.Il tutto si ridurrebbe allora ad un semplice busi-ness turistico per ricchi annoiati, con tutti irischi connessi di danneggiare irrimediabil-mente un pianeta 'vergine', oppure ad una noio-sissima attesa per centinaia di generazionicostrette a vivere rinchiuse in delle grandi scat-olette per aringhe, a causa del mortale ambienteesterno, succubi di un destino segnato dallescelte dei loro padri.Non varrebbe allora la pena concentrare glisforzi verso lo sviluppo di una tecnologia capacedi realizzare l'intero processo in manieraautonoma senza richiedere una presenza umanacosì massiccia?Questi sono soltanto alcuni degli aspetti etici acui ovviamente la scienza, ed il mondo degliaffari, deve tenere conto.Inoltre dal punto di vista legislativo il fatto dipoter andare e venire da un pianeta ad un altro(per un privato cittadino) non è per niente con-templato, così come qualunque rivendicazioneterritoriale extraterrestre.Motivo per cui l'intera faccenda non si limita adimpedimenti soltanto di tipo tecnologico.Sorgono quindi tutta una serie di interrogativiai quali non è mio compito, né mia pretesa didare risposta, ma spetta ad ognuno di noi e atutti noi.Sorge però un'ultima domanda: a viaggiare trop-po lontano non si perde forse il ricordo del luogodal quale si è partiti?

ANDREA TERMINIElon Musk

Elon Musk, un nome che probabilmente lamaggioranza di voi lettori non avrà mai sen-

tito nominare. Eppure questo eccentrico impren-ditore sudafricano si piazza con i suoi 12 miliar-di di dollari al numero novantuno dei più ricchial mondo. Non è certo ciò a rendere questa figu-ra unica nel suo genere: sono le società da luipossedute o per meglio dire, il loro inestimabilepotere di stabilire le regole del gioco dei rispetti-vi settori nelle quali esse si collocano; la più notacertamente Paypal società di pagamenti digitalico-fondata da Musk nel 1998 e quotata attual-mente 50 miliardi di dollari al Nasdaq. Ma i suoiveri fiori all'occhiello sono due: Tesla Motors eSpaceX .La prima operante nel settore automotive: all'a-vanguardia nella propulsione elettrica (e intutto l'indotto associato) e nello sviluppo di autoa guida autonoma.SpaceX si colloca invece nel settore aere-ospaziale; ciò che più colpisce in quest'ultima

società è l'idea, o meglio l'obiettivo che si pre-figge di raggiungere (o per meglio dire, giàparzialmente raggiunto): ridurre i costi delleoperazioni spaziali e permettere al cittadinomedio un viaggio (solo andata) su Marte (costostimato del biglietto compreso tra i 100.000 e i200.000 dollari a persona).Certo, si potrebbe essere scettici dinanzi a unadichiarazione del genere, ma Musk fa sul serio :ha già presentato al mondo e testato (al netto delrecente fallimento nel quale un vettore è esplosoin fase di rifornimento non causando vittime) unrivoluzionario modello di razzo, il Falcon 9,capace di atterrare verticalmente dopo esserestato lanciato, quindi di ritornare totalmenteincolume a terra (a differenza degli odiernirazzi) e perciò di essere totalmente riutilizzabilee potenzialmente capace di ridurre in manieraesponenziale i costi operativi di una vastagamma di missioni.L'azienda attualmente già conta di un accordo

frontiere L’imprenditore statunitense Elon Musk ha presentato al mondo il su>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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L’uomo e lo spazioColonizzare Marte

Il patron di SpaceXha dato l'annuncio al 'Convegno astronauticointernazionale', spiegandoche intende costruiregrandissime navette,mezzi spaziali in grado di portare sul pianetaalmeno 1 milione di persone

Il patron di SpaceXha dato l'annuncio al 'Convegno astronauticointernazionale', spiegandoche intende costruiregrandissime navette,mezzi spaziali in grado di portare sul pianetaalmeno 1 milione di persone

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presa ardua. Nata in unperiodo in cui l’entusiasmoper l’esplorazione spaziale inAmerica era “alle stelle”, ilfranchise è stato capace disopravvivere nel corso deglianni e attualizzarsi nelleambientazioni e nelle temati-che, in un percorso non sem-pre lineare e di successo, masenza dubbio avvincente eraramente banale.

L’inizio dell’esplorazioneL’idea di sviluppare un pro-gramma televisivo d’intratteni-mento che raccontasse l’esplo-razione spaziale e che cavalcas-se l’entusiasmo della “corsa allospazio” che vedeva opporsinegli anni ’60 Stati Uniti eUnione Sovietica, prese corponella mente di GeneRoddenberry a partire dal1964. Ex aviatore statunitensedecorato durante la secondaguerra mondiale e che era riu-scito a reinventarsi come sce-neggiatore di successo per latelevisione a metà dagli anni’50, Roddenberry sviluppo ilconcept di una serie di fanta-scienza che facesse dell’esplora-zione il punto centrale dellanarrazione. I 79 episodi checompongono le tre stagionidella Serie Originale, raramen-te eccedevano in sparatorieeclatanti e battaglie spazialispettacolari. Motivo alla basedi questa scelta stilistica non fusolo il budget limitato chevenne concesso alla produzio-ne, quanto semmai una precisalinea guida adottata daRoddenberry stesso. Trascinatoda un incrollabile ottimismonel futuro e nella logica, unicostrumento che avrebbe consen-tito all’umanità di sopravvivereeliminando quei conflitti che gliesseri umani stessi si eranocreati, Roddenberry applicòqueste sue convinzioni alla sce-

neggiatura originale dellaserie. Quello che ne scaturì futanto innovativo quanto scon-volgente nel panorama televisi-vo a stelle e strisce.L’equipaggio dell’astronaveUSS Enterprise era multietni-co e variegato, potendo annove-rare tra i suoi membri un ame-ricano (il capitano James T.Kirk), un russo (il PavelAndreivich Chekov, navigato-re), un’afroamericana (NyotaUsura, esperta in comunicazio-ni), un giapponese (HikaruSulu, timoniere), e un alienovulcaniano (il primo ufficialeSpock). La coesistenza multi-culturale, la totale assenza di

un contesto religioso sullo sfon-do (Roddenberry stesso riuscìad imporsi sui vertici del net-work per impedire l’introduzio-ne della figura del cappellano abordo) e lo slancio costanteverso la conoscenza di nuovimondi, avevano creato un’at-mosfera diversa da quella pre-sente in altri serie fantascienti-fiche contemporanee o prece-denti. I personaggi protagonistisono diventati icone della cul-tura pop mondiale: il focosocapitano Kirk rappresenta lepulsioni primarie dell’animoumano che vengono mitigatedai consigli unicamente basatisulla logica di Spock (forse il

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ra pop mondiale>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

L’equipaggio della prima serie di Star Trek

L'equipaggio di 'Next generation'

L’8 settembre 1966: il rac-conto dei viaggi del-

l’astronave Enterprise vieneper la prima volta trasmessoin chiaro sull’emittente tele-visiva NBC. La serie vienepresentata con le seguentiparole: “La speranza è che ilresoconto dettagliato dellenostre esplorazioni nellaGalassia possano tramandar-

si ai posteri e non cadere nel-l’oblio dell’universo televisi-vo, trasmettendo ai telespet-tatori terrestri i valori di fra-tellanza, l’importanza dellalogica e l’amore per l’esplora-zione dell’ignoto così cari alnostro creatore GeneRoddenberry”.Star Trek. Un nome, un fran-chise miliardario, un fenome-

no di costume che è riuscito aperpetrati per più di 50 anni,generando fenomeni di vera epropria adorazione da partedei fan più entusiasti eassurgendo al livello diautentico fenomeno di costu-me mondiale. Stabilire l’im-portanza che ha avuto StarTrek nello sviluppo del gene-re fantascientifico è un’im-

cinema Una 'saga' i cui personaggi protagonisti sono diventati icone della cultur>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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I viaggi dell'astronave Enterprise festeggiano 50 anni. Le missioni versonuovi mondi, alla ricerca di nuove forme di vita e di civiltà, hanno con-quistato il pubblico, generando un franchise miliardario: un successo che,per dirla con le parole del capitano Kirk, ha portato la serie “là dove nes-sun’altra era mai giunta prima”

Star TrekL’avventura continua

Gli interpreti dei nuovi film della serieNel riquadro: Gene Roddenberry ideatore di Star Trek

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Khan, Alla ricerca di Spock,Rotta verso la Terra, L’UltimaFrontiera e Rotta versol’Ignoto) hanno per protagoni-sta l’equipaggio della serie ori-ginale del 1966 proseguendola storia dalla fine della mis-sione quinquennale dell’En-terprise; il settimo film,Generazioni, rappresenta unasorta di trait d’union tra laserie classica e The NextGeneration; i successivi trefilm (Primo Contatto,L’Insurrezione e La Nemesi)proseguono le avventure delcapitano Piquard e del suoequipaggio, non riuscendo tut-tavia a guadagnarsi il favoredel pubblico, ponendo tempo-raneamente fine al viaggiocinematografico della serie.Nel 2009, sfruttando il para-dosso temporale e il concettodi universo alternativo il regi-sta J.J. Abrams ha riportato alcinema un nuovo equipaggio(che però ricalca nei compo-nenti quello della serie origi-nale) con tre nuove pellicole:Star Trek, Into Darkness,Beyond e una quarta già infase di pre-produzione.

Una vita da trekkieL’interesse culturale generatodalle serie e i film di Star Trekè paragonabile forse solo aquello associato all’altra gran-de serie di fantascienza moder-na, ossia Star Wars.Nonostante le differenzesostanziali che esistono tra idue prodotti, il riscontro di pub-blico e l’influenza che entrambii marchi hanno avuto nella cul-tura popolare di massa sonoinnegabili. Per quello cheriguarda Star Trek, in America,esiste un termine specifico perindicare i fan della serie diRoddenberry: trekkie (una stor-piatura della parola groupie).Si parla generalmente di grup-pi organizzati che organizzanoincontri e dibattiti a tema StarTrek, con repliche accurate deicostumi di scena e (nei casi piùestremi) l’uso dei linguaggialieni per comunicare. Si pensiad esempio alla lingua deiKlingon, prima acerrimi rivalie poi alleati della Flotta stella-re: la loro lingua è stata addirit-tura creata e codificata dal glit-toteca americano MarcOkrand, il quale provveduto a

redigere un vocabolario e adelaborarne le regole sintattiche(la struttura logica dei periodi èsostanzialmente Oggetto-Ver-bo-Soggetto). Questa ovvia-mente è l’estrema deriva dellapassione, ma è innegabile che,se si ha la fortuna di visitareuna volta nella vita una con-vention di cinema, fumetti ofantascienza che si svolgonoregolarmente ogni anno inAmerica e nel mondo e vi ritro-verete letteralmente circondatida equipaggi della Flotta stel-lare nelle loro variopinte divisee da alieni con il volto perfetta-mente riprodotto dal make-upche vi parleranno in una linguadifficilmente comprensibile.Anche l’Italia non è estranea alfenomeno: nel 1986 viene costi-tuito lo Star Trek Italian Cluba San Michele sul tagliamento(VE) capace nel giro di pochi didiventare il punto di riferimen-to nazionale dei fan della serie,forte anche del riconoscimentoufficiale della Paramount(detentrice dei diritti del mar-chio Star Trek). Tra le attivitàprincipali del club vi è l'orga-nizzazione annuale della con-vention nazionale Sticcon, chedal 1998 si svolge stabilmentenella sede del PalaVeleno diBellaria. Insomma, la creazionedi Roddenberry è riuscita aritagliarsi il suo spazio nell’uni-verso televisivo mondiale e nelcuore di milioni appassionati intutto il mondo, affascinati dal-l’ottimismo fantascientifico edall’idea di una frontiera galat-tica infinita che poi, in fin deiconti, è la metafora stessa dellaricerca umana della conoscen-za. Non resta quindi che citarenuovamente il sempreverdeSpock e augurare, a Star Trek eai suoi appassionati, lunga vitae prosperità.

GIORGIO MORINO

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abile forse solo a quello dell’altra grande saga di fantascienza moderna: Star Wars>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Un gruppo di 'Trekkie' al San Diego Comicon 2016

personaggio simbolo dell’interouniverso trekkiano). La suatipica espressione “It’s onlylogical” riassume non solo l’es-senza del personaggio, ma lospirito dell’intera serie e degliintenti di Roddenberry: la logi-ca vince su ogni conflitto. Forsefu proprio l’eccessivo carico diinnovazione, unito allo svolger-si riflessivo della narrazione enonostante un’iniziale buonriscontro da parte del pubblicoamericano, la serie originalevenne sospesa alla fine dellaterza stagione. Nel 1973 venneideata una serie animata basa-ta sempre sulle avventuredell’Enterprise, che però nonincontra il gusto degli appassio-nati che la considerarono inca-pace di riproporre le atmosfereoriginali della serie. Il viaggionella galassia di Star Trek, tut-tavia, era solo agli inizi.

La nuova generazioneDopo vent’anni di assenza dalpiccolo schermo, Roddenberrydecise che era giunto ilmomento di riportare in vitala sua creatura, anche tenen-do conto delle richieste pres-santi da parte dei fan dellaserie originale che nel corsodegli anni erano aumentatiprogressivamente. Nacquecosì Star Trek: The NextGeneration, i cui eventi sisvolgono 78 anni dopo la finedella serie originale, con unnuovo equipaggio e una nuovaEnterprise più grande emoderna. Il ruolo del capitanoviene affidato al Jean-LucPiquard (interpretato daPatrick Stewart), un capo sag-gio e autorevole, più riflessivoe meno incline all’azionerispetto al capitano Kirk. Ilcast, che può contare su ben 8personaggi ricorrenti e mostraancor di più lo slancio ideolo-

gico della serie verso il multi-culturalismo. Emblematici inquesto senso due personaggiprotagonisti: Data (BrentSpinner), un androide sen-ziente che ricopre il ruolo disecondo ufficiale sostituendoidealmente lo Spock interpre-tato da Nimoy, che nel corsodel viaggio svilupperà un desi-derio profondo di diventarecompletamente umano attra-verso la scoperta e la com-prensione dei sentimenti;Worf, il primo Klingon a esse-re diventato ufficiale nellaFlotta Stella ed emblemadella possibile unione pacificadi popoli prima in guerra traloro. Il successo di The NextGeneration fu enorme e feceraggiungere all’universo diStar Trek una popolaritàsenza precedenti. Furono svi-luppate altre tre serie televisi-ve che ampliavano la narra-zione verso nuovi sviluppinarrativi: Star Trek: DeepSpace Nine, nata originaria-mente come spin-off di TheNext Generation nel 1993, è ilprimo prodotto del franchaisea non essere ideato dal creato-re Roddenberry (moto dueanni prima), è la prima eunica serie di Star Trek aessere ambientata non a bordodi un'astronave ma all'internodi una stazione spaziale disorveglianza e risulta mag-giormente incentrata sul-l’azione e le battaglie spaziali;Star Trek: Voyager venne pro-dotta per sette stagioni, dal1995 al 2001 (l’unica serie diStar Trek ad avere una figurafemminile nel ruolo di capita-no), recupera lo spirito pionie-ristico delle prime serie nar-rando le avventure della navestellare USS Voyager sbalzataa causa di un misterioso even-to nel quadrante Delta della

galassia, a più di settantamilaanni luce dalla Terra; StarTrek: Enterprise è concepitacome un prequel delle altreserie televisive e si colloca tem-poralmente prima della nascitadella Federazione dei pianetiuniti, novant'anni dopo il primocontatto dei terrestri con civiltàextraterrestri. Attualmente èin fase di sviluppo una nuovaserie intitolata Star Trek:Discovery, di cui non si conosco-no ancora i dettagli e chedovrebbe debuttare sul net-work statunitense CBS nelmaggio 2017.Contemporaneamente ai pas-saggi televisivi, l’Enterpriseprese contatto con un’Universotanto simile e diverso da quellodel piccolo schermo: il cinema.Bisogna dire che probabilmen-te la decisione di produrre unfilm sull’equipaggio dell’Enter-prise fu presa dopo lo straordi-nario successo di Star Wars nel1977 e il conseguente aumentodi popolarità della fantascienzasul grande schermo. A partiredal 1979 sono state prodotteben 13 pellicole su Star Trek:le prime sei (Il Film, L’Ira di

cinema L’interesse culturale generato dalle serie e dai film di Star Trek è paragon>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Spock, personaggio iconico eincarnazione degli idealidella serie

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a propria esperienza, al di là dei limiti geografici e mentali imposti dalla società globalizzata>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Ideato e curato dall’agenzia creativa Nufactory, il festival rispetto atante altre analoghe manifestazioni italiane ha il merito di avere un

‘respiro internazionale’ coinvolgendo artisti provenienti da tutte leparti del mondo. Ogni anno un tema, che per questa edizione è‘Beyond’: l’‘andare oltre’, al di là della propria esperienza, dei limitigeografici e mentali imposti dalla società ‘globalizzata’: se per un versoil sistema di comunicazione ‘di massa’ oltrepassa ogni barriera fisica egeografica, dall’altro la ‘realtà quotidiana’ spesso tende a conservarleinnalzando muri e frontiere. L’arte e la cultura – secondo la visione diOutdoor 2016 – possono superare questi limiti grazie agli ‘scambiinternazionali’ tra artisti e istituti di cultura stranieri. Questa edizio-ne, infatti, è stata organizzata con il contributo di Ambasciate eIstituti di cultura come l’Institut français Italia sostenuta da NuoviMecenati, Ambasciata di Norvegia, Ambasciata di Spagna e il ForumAustriaco di Cultura. Sono state attivate, inoltre, le collaborazioni conil Nuart festival di Stavanger, lo Street Art Museum di SanPietroburgo e il Festival Asalto di Saragozza. A queste partnership sisono poi aggiunte quelle già consolidate con realtà autoctone come ilMAXXI, la Wunderkammer Gallery, il Farm Cultural Park di Favara el’Istituto Europeo di Design.Ma entriamo nel merito dei progetti presentati. Sono stati allestiti 15padiglioni, secondo un percorso libero che mostra le divertenti, gigan-tesche e ironiche installazioni dell’artista di Bristol, Filthy Luker, vici-no alle gotiche e fantasiose illustrazioni del francese Honet e le piùrealistiche (forse troppo) e ‘dirette’ fotografie dell’italiano Fakso. Lelabirintiche e squadrate ‘architetture pittoriche’ del padovano Joys‘gareggiano’ con i geometrici, psichedelici e iridescenti volumi pittoricidi Felipe Pantone che in quanto a potenza del colore sembra vincere la‘sfida’ con il suo avversario. Gli intimistici ‘punti di vista’ di un sempreeclettico Tellas convivono con i sarcastici ed ironici interventi tipogra-fici dell’inglese Mobstr, anche lui influenzato dalla cultura del web, econ le ‘provocazioni low tech’ del catanese Vlady, che con la sua instal-lazione concettuale – una ironica e velata critica alla nostra società

Nella pagina a fianco: Outdoor 2016, progetto di Sebas Velasco e Xabier Anunzibai (Foto di Alberto Blasetti). Quisopra, a sinistra: Sguardi mai scambiati di Sebas Velasco e Xabier Anunzibai. A destra: progetto di Mobstr (fotodi Alberto Blasetti)

mostre 15 padiglioni dedicati all'Urban art e al tema del ‘Beyond’: l’andare oltre la>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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È uno degli eventi più attesi nel panorama cul-turale romano. Non solo arte urbana, maanche talk e concerti per tutto il mese di otto-bre, in uno dei luoghi dismessi e abbandonatidella capitale: l’ex caserma Guido Reni

OutdoorFestival

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ospita i progetti di noti artisti tra loro eterogenei>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Fabio a.k.a. Tellas “Oltrepassiamo i confini

attraverso nuovi punti di vista”Annoverato dal quotidianointernazionale ‘Huffington Post’tra i 25 migliori urban artist almondo, accanto a nomi interna-zionali ormai consolidati comeBanksy, Blu e OSGEMEOS, iltrentenne cagliaritano FabioSchirru in arte Tellas presentaper la prima volta nellaCapitale, nell’ambito dellamostra Outdoor festival 2016,un’innovativa site specific, ovve-ro un progetto installativo appo-sitamente pensato per i padi-glioni dell’ex Caserma romana.Progetto che fa emergere unospirito eclettico e non vincolatoalla più tradizionale arte di stra-da sia dal punto di vista esteticosia contenutistico. Iconogra-ficamente parlando, Tellas – chesi differenzia da molti suoi colle-ghi legati al linguaggio figurati-vo fumettistico – è, infatti, piùinteressato agli aspetti naturali-stico-ambientali che non alladimensione sociale e politicametropolitana. A suggerirlo,anche il suo nome d’arte cheevoca alcuni elementi ‘storico-naturali’ della sua terra d’origi-ne. Scovata in uno dei suoi librisulla civiltà nuragica dell’anticaSardegna, la parola ‘Tellas’ ineffetti indicava proprio le pietreprima trasportate per costruireil nuraghe (tipo di monumentopreistorico diffuso in Sardegna,nrd) e poi scartate. Rocce ‘abban-donate’ che giacevano quindi sulterreno nelle immediate vici-nanze della struttura, e che,insieme con altri elementi delterritorio sardo, hanno finito per

determinare il suo repertorioiconografico. Tellas rielabora eripropone la natura selvaggiadella sua terra d’origine inmaniera totalmente personale esoggettiva e ricreando delleforme al limite dell’astrazione.Nelle sue opere su muro, ele-menti fitomorfici e marini comerami e radici si avviluppano ingrovigli compositivi dal grandeimpatto visivo che, sovente,sconfinano in forme decorativepiù ‘sintetiche e stilizzate’ masempre legate al dato reale. Conun passato da graffitaro, Tellas èoggi attratto anche dai cambia-menti climatici, dalle catastrofinaturali, dagli spazi disabitati, ilcemento inquinato e le stratifi-cazioni cittadine. Molti di questielementi convivono in manieradel tutto nuova all’interno delsuo progetto per Outdoor, finan-ziato dalla WunderkammerGallery dove dal 15 ottobre finoal 19 novembre 2016 propone‘Clima estremo’, mostra a cura

di Giuseppe Pizzuto. Progettoincentrato sul rapporto sineste-tico e multisensoriale tra arte,musica, spazio e pubblico.

Fabio a.k.a. Tellas, quale èstato il tuo contributo perOutdoor Festival 2016? “Riguardo l’installazione all’in-terno di Outdoor devo prima ditutto ringraziare sia laNufactory, sia WunderkammernGallery: mi hanno dato l’oppor-tunità di portare un discorsototalmente sperimentale, cheavevo in mente da un po’, mache non avevo mai avuto l’oppor-tunità di realizzare. L’opera sichiama ‘Punti di vista’ ed essen-do un lavoro ‘site specific’ – ovve-ro un intervento che è pensato esi inserisce in un preciso luogo –è chiaramente da andare a vede-re dal vivo”.

Ecco, entriamo ‘nel vivo’ deltuo lavoro per il Festival.Come è nato il progetto e

ipertecnologica - ha costruito uno degli interventi più belli di tutto ilFestival. Accanto agli stencil bicromi politicamente e socialmenteimpegnati del norvegese AFK troviamo, poi, le ‘colate di colore’ – unfilino scontate - di Craig Costello. Ad Outdoor emergono anche gliinterventi surreali di Virgilio Villoresi e il progetto interattivo e sine-stetico del collettivo artistico ‘Tundra’ di cui fanno parte tecnici delsuono, musicisti, ingegneri e artisti visivi. Interessante il coinvolgi-mento della crew di writers russi ‘Kuril Chto’ che omaggiano i lorocompatrioti russi e i poeti, scrittori, artisti italiani con graffiti che nericordano i nomi. In ultimo, ma non per importanza, il duo spagnoloSebas Velasco e Xavier Annunzibai con il progetto ‘Sguardi ma scam-biati’ dove il pubblico è direttamente chiamato a partecipare alla per-formance installativa e ad interagire con l’opera. Quest’anno colpisceparticolarmente in senso positivo il progetto ‘Waves’ dell’IstitutoEuropeo di Design di Roma: un’installazione site specific tecnologica emultisensoriale incentrata sul concetto di ‘onda’, che occupa ben duepadiglioni dello spazio. Per concludere, l’edizione 2016 del notoFestival romano di urban art è all’insegna della contaminazione e diuna sempre maggiore interazione tra arte e pubblico basata su formeespressive eterogenee che coinvolgono diverse sfere sensoriali, in par-ticolare la vista, il tatto e il suono. Altro aspetto imperante nel festivalè l’indagine - a volte in forma di critica altre di semplice e implicitocondizionamento - dei fenomeni ‘interattivi’ tipici della nostra società:dall’evoluzione tecnologica degli anni Duemila agli ultimi sviluppi del-l’elettronica, fino all’ingerenza della rete e dei suoi ‘social-derivati’come Twitter e Facebook sui linguaggi contemporanei.

SERENA DI GIOVANNI

mostre Una manifestazione giunta quest’anno alla sua settima edizione, che o>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Gli artisti che parteciperanno con le loromostre ogni venerdì, sabato e domenica diottobre si confronteranno con questi con-cetti, interagendo con gli edifici dellacaserma, travalicandone i confini, sor-passando le proprie concezioni di lavoroartistico, mettendosi alla prova con sup-porti distanti dal loro modo di operare,cercando di oltrepassare i limiti con iquali solitamente definiscono il propriogesto artistico. Il festival ospiterà ancherealtà internazionali, che operano nelsettore dell’arte e della musica: AsaltoFestival di Saragoza, lo Street ArtMuseum di San Pietroburgo, il NUart diStavanger, il Farm Cultural Park e l’IED(Istituto Europeo di Design) di Roma, checureranno alcuni dei padiglioni dellamostra invitando artisti della propria

nazione a confrontarsi con lo spazio del-l’ex caserma e il tema scelto.

MUSICAL’edizione 2016 pone il Festival al centro diun dialogo internazionale unico: ognisabato ad Outdoor sarò ospitato uno showcase internazionale, proveniente dalle 5città internazionali prescelte che sonoParigi, San Pietroburgo, Oslo, Saragozza,Vienna. Questa sera aprirà la rassegna loStreet Art Museum di San Pietroburgo, congli artisti Itsu e Misak, lapti, Lipelis,Joshwa.

COLLATERALSUna serie di eventi collaterali offriranno alpubblico una vetrina sul costume e sulletendenze metropolitane.

OUTDOOR FESTIVAL 2016BEYOND01-31 OttobreArte, Musica, Conferenze, Cinema, EventicollateraliEx Caserma Via Guido ReniVia Guido Reni, 7, 00196 Roma Il programma completo su:www.out-door.it/festival/

OUTDOOR FESTIVAL 2016 Questa edizione ha un sottotitolo ben preciso: Beyond, Oltre. L’obiettivo che ci si pone que-

st’anno, nella location dell’ex caserma in via Guido Reni, è quello di indagare i concetti di limite e confine

Facing Immortality,l'opera di Insa per OutDoor(foto Alberto Blasetti)

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Talvolta ambedue questiambienti – quello rurale emetropolitano – pur essendoapparentemente antitetici tra-smettono la medesima sensazio-ne: il senso di solitudine, di stra-niamento o ‘quel sentirti perso’tipico della contemporaneità.Ecco, si tratta di sentimenti edemozioni che possono essereavvertiti sia tra gli estranei checorrono in città, sia in mezzo aun aspro paesaggio di monta-gna. Una cosa che cerco èappunto il senso di ‘perdimento’tra linee e elementi della compo-sizione. Insomma, per risponde-re alla tua domanda, considero ilmio lavoro esteticamente ‘nonurbano’ sebbene la città ne fac-cia comunque parte”.

Nei tuoi lavori su muro partispesso dal figurativo per‘sintetizzarlo’ in forme geo-metriche e lineari più sem-

plici, mentre in alcuni lavorisu carta sembri più libero disperimentare l’astrazionecon il colore. Il supportoscelto ‘condiziona’ il tuo lin-guaggio?“Col passare del tempo, conl’esperienza, ho capito che,appunto, ogni supporto richiedeun lavoro differente. La ricerca èla stessa ma magari cambial’estetica, anche se rimane rico-noscibile a prescindere dal sup-porto. Quando dipingo un murodevo necessariamente tenereconto dello spazio su cui andròad agire. E solitamente, per rea-lizzare il tutto, rielaboro diversielementi appartenenti ai lavoriche faccio su carta. Su tela mipiace agire con la pittura e inmaniera meno segnica rispettoai disegni su carta. Quello chefaccio cambia in base al suppor-to, anche se ciò di cui parlomagari è lo stesso”.

Quanto peso dai alla compo-sizione musicale nei tuoiprogetti?“Intorno al 2010, ho cominciatoun progetto (ora fermo purtrop-po da qualche anno) che si chia-ma ‘Progetto Abitare’. L’ideaprincipale era quella di ricrearedegli ambienti sonori ispiratialla natura senza alcuna pre-senza dell’uomo, per poi ripor-tarli negli ambienti abitativi.Negli anni, grazie ai miei viaggi,ho avuto modo di compiere del‘field recording’ (registrazionesonora prodotta al di fuori diuno studio, nrd) in diverse partidel mondo, dei veri e propri ‘tap-peti sonori’ sui quali, in seguito,registro altre atmosfere, princi-palmente con tastiere e percus-sioni sempre registrate con deimicrofoni, spesso di bassa quali-tà. ‘Progetto Abitare’ è un po’come la parte sonora del miolavoro visivo”.

Per concludere, una serie didomande a ‘bruciapelo’: for-ma o contenuto? “Contenuto. Anche se la forma èspesso contenuto”.

Materia o spirito?“Spirito”.

Riqualificazione o ricostru-zione?“Riqualificazione. Quella fattacome si deve, per le persone cheabitano uno spazio”.

Conservazione o sperimen-tazione? “Sperimentazione. Tutto è effi-mero”.

L’arte urbana deve averesempre uno scopo sociale? “Quando ha qualcosa da dire mipare lo abbia, altrimenti diventapura pubblicità”.

SERENA DI GIOVANNI

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estremo’, progetto sul rapporto sinestetico e multisensoriale tra arte, musica, spazio e pubblico>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

quali sensazioni/riflessioniintendi suscitare nel pubbli-co con la tua site specific‘Punti di vista’?“ Come ti dicevo ‘Punti di vista’ èun’installazione appositamentepensata per lo spazio dell’exCaserma. Rispetto agli altripadiglioni, quello scelto conWunderkammern è formato da3 stanze collegate l'una all’altra.Essendo il tema del festival diquest'anno ‘oltre il confine’,assieme a Giuseppe Pizzuto,curatore del progetto, abbiamoimmaginato tre spazi completa-mente opposti e contrastanti chepotessero dare l'idea di un confi-ne da oltrepassare, senza fuoriu-scire, comunque, dal tema del-l'abitare uno spazio. È stato illuogo stesso a suggerirci l'idea diuna abitazione e quindi trediverse possibilità di ‘viverlo’, dacui deriva il titolo della site spe-cific. Oltretutto, essendo un’in-stallazione della durata di unmese (che è poi la durata delfestival) essa varierà di giorno ingiorno, come ogni spazio abitatoche si rispetti”.

Cosa indaghi, invece, nellamostra ‘Clima estremo’? “L’ultima parte della mia ricer-ca, quella più recente e legata aicambiamenti climatici in corso;l’inquinamento, la siccità, i ter-remoti e i disastri naturali sonosolo alcuni degli aspetti che stoindagando negli ultimi anni delmio percorso e che sono confluitiin ‘Clima estremo’. Si tratta diuna mostra programmata dapiù di un anno, quindi abbastan-za corposa, ma non pesante”.

Oltre a dipingere sui muri ea progettare installazioni,realizzi anche incisioni,video, collages e soprattuttodisegni. Qual è il mediumche più preferisci e con il

quale senti di esprimerti almeglio? “Diciamo che il muralismo,essendo la parte ‘pubblica’ delmio lavoro, è anche la parte piùconosciuta della mia produzione.Credo che dietro ogni artista cisiano comunque altre disciplinecome magari il disegno o la pit-tura su altri supporti, oltre che ilmuro. Non ho un medium chepreferisco, ogni artista ha il suo.Dipingere sulle pareti ha ‘quellacosa’ di condivisione con lo spa-zio e le persone che ti stannoattorno che il lavoro in studionon ha. Il lavoro in studio invecepossiede quella dimensione più‘intima’ che non appartiene allospazio pubblico. Negli anni holavorato parecchio con l’incisio-ne e la stampa d’arte in genera-le, soprattutto negli anni in cuiho studiato a Bologna. La stam-

pa è un mondo veramente infini-to, con tante tecniche e quindivarie strade da percorrere. Maha anche bisogno del suo tempo,non è immediata come può esse-re una pittura, un disegno o laserigrafia”.

La tua è stata definitaun’estetica ‘non urbana’ pro-prio in virtù dei frequentirichiami all’universo natu-rale. Eppure, le tue operepubbliche sono destinateallo scenario cittadino. Lastrada come condiziona latua ricerca artistica?“Il contrasto tra l’ambientesilenzioso e aperto dei campi edelle zone rurali, con il caos, icontinui suoni dei mezzi pubbli-ci e quel senso di soffocamentoche ti dà la città, è un tassellofondamentale della mia ricerca.

Arte Dal 15 ottobre fino al 19 novembre 2016, all'Outdoor Festival, Tellas propone ‘Clima >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Qui sopra: Punti di vista, particolari della site specific di Tellas

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sorta di pastiche particolarissi-mo e dal forte respiro interna-zionale. I brani che compongonoquesto lavoro sono di natura pre-valentemente strumentale e gliinserti vocali sono perlopiù costi-tuiti da campionature di frasitratte dai film del passato, comeil caso de La Violenza il cui man-tra “La violenza, lei ha ragionesolo la violenza paga” è estrapo-lato dal film I guerrieri dell’anno2072 diretto Lucio Fulci nel1984. Suavecito invece rimandaal brano Menealo cantato daPamela Prati. In generale domi-na l’elemento ritmico dato dagliintrecci di groove tra basso ( lostrumento portante), batteria esequenze elettroniche a cui sisovrappongono synth, fiati e chi-tarre elettriche ritmiche suonatein modo pulito.Bruno Belissimo ha grandepadronanza tecnica dello stru-mento, ma ha il merito di noncedere mai al virtuosissimo eall’esercizio di stile; tutto rimanesempre e costantemente funzio-nale ai brani, scritti e arrangiaticon coerenza e omogeneità d’in-sieme. I videoclip che hannoaccompagnato l’uscita del lavorosono altrettanto determinantiper la creazione e comprensionedell’ immaginario che, tra il serioe il faceto, ruota attorno allamusica.De La violenza è stata registratauna performance live presso lasala uno del Duel Beat di Napolicon tanto di visuale ad opera delfratello Bonito. In Pastafari,omaggio al culto dello spaghettovolante e al contempo satiraverso “la religione organizzata”,si manifesta tutto il senso ludicoe dell’assurdo/ demenziale su cuiè improntata la produzione. Lacopertina del disco si anima,cambia lo sfondo che si fa sem-pre più psichedelico e sul finalel’effigie di Giorgetto dotato del-

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In primo pianoMAKAI • HandsInteressante Ep di debutto del musicista e producer tranese Dario Tatolipubblicato da More letters Records. Il missaggio e master sono a cura diMatilde Davoli. Cinque tracce dal sapore spiccatamente nordico in cui sifondono con coerenza sonorità acustiche ed elettroniche. Il lavoro si colora secondo atmosfere dilatate, sognanti e romantiche sullequali si distende la voce pulita del musicista, a tratti quasi sussurrata.

Chitarre arpeggiate o cariche di delay e riverberi, un po’ Beach House e un po’ Deerhunter, si intreccia-no con synth e sequenze elettroniche a determinare un suono, curato minuziosamente, compatto edalla forte carica emozionale. Hands è ricco di sfaccettature assimilabili solo dopo ripetuti ascolti. Tatoli è riuscito a condensare le sue influenze in un lavoro mai ripetitivo. Produzioni del genere nascon-dono il rischio di appiattimento sulla lunga distanza, al contrario il sound designer pugliese è riuscitoa ben calibrare le idee alternando composizioni più rilassate ad altre cariche ritmicamente strutturatesecondo un’evoluzione interna mai sempre uguale. A parere di chi scrive Missed risulta essere il branopiù riuscito in cui i giochi armonici si appoggiano su di una sequenza di matrice tecnho, chiaro riman-do al contesto berlinese e in particolare alle produzioni di Apparat. Hands è un Ep estremamente godibile, non proprio originalissimo nello stile, perfetto da ascoltare anotte inoltrata o, si è fortunati, in un camper in giro per l’Islanda.

BIRTHH • Born in the woodsLp che segna l’esordio della diciannovenne toscana Alice Bisi. Pubblicato dall’etichetta We were never being boring, è un album di raffi-nato elettro pop che ci rivela una cantautrice dalla spiccata personalitàautoriale. Dieci tracce di lunghezza mai superiore ai quattro minuti, can-tante in lingua inglese e strutturate secondo una forma canzone assimila-bile al folk ma veicolati mediante un linguaggio che attinge all’elettronica

contemporanea. Un disco intimo, notturno, in cui a voce di Birthh è naturalmente l’elemento portan-te, quasi si trattassero di canzoni scritte piano/chitarra e voce e riarrangiate in maniera più complessasolo in un secondo stadio. Le linee vocali, che presentano accenni di musica gospel, rimandano adElena Tonra dei Daughter e ad Romy Madley Croft dei The XX e sono interpretate secondo una sorpren-dente maturità. Una grande importanza è riservata ai testi che rivelano la “coscienza di una diciannovenne che impie-ga molto del suo tempo a pensare ad eventi apocalittici”espressa attraverso un linguaggio fortemen-te introspettivo che cattura l’ascoltatore attraverso un stretta interconnessione con la musica. Tappeti di chitarre e Rhodes, harmonium e archi si poggiano sun un’elettronica scura, calda, elegante,minimale e mai invasiva. All’ascolto il lavoro appare quindi molto equilibrato e strutturato in manierasapiente e coerente, ma alla lunga forse un po’ripetitivo segno che una auspicabile maturazione è pos-sibile mediante la sperimentazione al di fuori dei canoni di una consolidata formula canora.

l’accessorio cappello/scolapastasi sovrappone alla poetica imma-gine dell’italica celebre pietanza.L’ultimo video, il più narrativo,mostra le sfrenate peripezie delnostro a Cannes durante il festi-val del cinema e dietro l’esalta-zione degli eccessi mostra tuttala superficialità del monto pati-

nato. Un disco che certo divertema che rivela al contempo unacerta profondità tematica.Forse in futuro una maggioreattenzione potrà essere infusanello sviluppo della forma canzo-ne con relativa scrittura di lineemelodiche originali.

MICHELE DI MUR

Giorgetto Maccarinelli è unproducer, DJ e polistru-

mentista. Figlio di immigrati ita-liani studia musica a Torontoprima di tornare in Italia. Nelbresciano fonda nel 2006, insie-me al fratello Giannicola (akaBonito, oggi suona nei Joycut) eYoki, i Low Frequency Club. Inqualità di bassista è stato ulti-mamente membro della bandche ha accompagnato Colapescein occasione del tour diEgomostro. Con lo pseudonimoBruno Belissimo ha pubblicato,tra il 2014 e 2015, i singoliInfradisco, From Canada, ToParadise, Ethiopia e Galaxy.Nell’aprile di quest’hanno haquindi rilasciato l’omonimo suodisco di debutto come solista.Pubblicato dall’etichetta LocaleInternazionale vede la parteci-pazione del fratello gemello

Bonito alle percussioni e del sas-sofonista Gaetano Santoro ( RoyPaci, Vinicio Capossella e infinitialtri). Interamente autoprodottoil lavoro è stato mixato da MarcoCaldera a Bologna presso ilGlashaus Studio mentre ilmaster è stato realizzato aToronto da Mike Marra.Elegantemente danzereccio pre-senta in più punti quella legge-rezza dal sapore estivo, quelpuro divertissement a tratticolto che rendono l’ascolto estre-mamente godibile. Caratte-ristiche ottimamente richiamatedalla copertina del disco sullaquale troviamo il musicista inspiaggia, occhiali da sole, cappel-lino, cocktail di frutta alla manoe baffo un po’ Terry Kiser diWeek end col morto.L’estate, lontana nel tempo e dalpunto di vista geografico, viene

evocata attraverso il rimando adatmosfere d’altri tempi caratteri-stiche di un’epoca d’oro ormaiperduta che viene qui riportataai giorni nostri.Nove tracce che affondano leradici nel nel funk, nel jazz, nellemolteplici sfaccettature delladisco music , nell’ afrobeat e nelcatalogo di colonne sonore di filmhorror/sci-fi tra ’70 e ’80. Vi siscorgono poi echi di french touch,house e lounge music.In parole povere, si balla. Il discotuttavia non pare ispirato daistanze di anacronistico citazio-nismo. Le molteplici influenzesono state assorbite in anni diascolti e, ci pare, abbiamo porta-to Bruno Belissimo verso la crea-zione di un linguaggio musicaleestremamente personale e sce-vro dall’adesione ad una tenden-za momentanea. Si intuiscecome questo sia un lavoro senti-to e frutto di naturale ispirazio-ne e inclinazione. I vari influssisi condensano e convivono all’in-terno di uno stesso brano o sonocentellinati per determinarealcuni cambi all’interno di unastessa composizione.Della musica del passato neviene evocata l’atmosfera, ilmood, ed alcune tipicità armoni-che e ritmiche. I suoni e l’approc-cio elettronico sono invero stret-tamente connessi al momentoattuale, in cui comunque moltosi guarda agli anni ’80. È quindisemplicemente il disco giusto almomento giusto.Si viene così a determinare una

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musicanews Guida all’ascolto a cura di Michele Di Muro

Tra citazioni, campionamenti e suoni attuali, il musicista italo-canadese propone un personalissimomix di funk, italo-disco e french touch

Bruno BelissimoLa ‘nuova’ disco music

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propria accusa alle tante ipocrisie della vita. Ungrido a cuore aperto per dire quello che non va,per dare il proprio dissenso alle situazioni di unmondo che sembra sempre più complicato. E ilbrano ‘La plastica’ risulta quello più significati-vo, quello che incide con parole taglienti e consuoni impetuosi, un pezzo che parla di una socie-tà sempre di corsa, dove mancano i rapportireali tra le persone, dove si guarda più all’appa-renza che non ad altri valori. “L’illusione è soloun pugno sul ghiaccio”, canta Samuele Casale,front man del gruppo, nel singolo ‘Quel che sei’,e la voce incalzante segue il ritmo serrato di unrock veritiero che non lascia spazio a fraintendi-menti. Non è casuale la scelta del pezzo in chiu-sura ‘La cosa migliore’, che diventa il tasselloessenziale per completare il mosaico.

Samuele Casale, un progetto musicale natonel 2011 che poi ha vissuto una metamorfo-si, chi sono i Nèra? “In questi anni è stato il continuo evolversi cheha portato alla dimensione musicale e oramaifamiliare in cui ci troviamo. La finalità dellanostra ricerca è stata quella di adattarsi e allostesso tempo rendersi originali rispetto allesituazioni storico-musicali; molto spesso nondiamo importanza a quello che potrebbe esserela costante proposta di idee e la reciproca appro-vazione in un contesto come quello della salaprove, ma per fortuna nel nostro caso dopo diver-si cambiamenti rispetto ad un genere musicale emembri, siamo riusciti a trovare una realtà che

ci piace e vorremmo sicuramente far piacere”.

Fate un rock alternativo, potente edaggressivo che rispecchia la complessitàdel mondo, è una necessità o una scelta?“Sono due parole che nella maggior parte deicasi formano un binomio forte, ma anche inevi-tabile ed indivisibile. Nelle nostre canzoni cisono le nostre voci che urlano i nostri pensieri,pensieri che rispecchiano cinque menti di ragaz-zi che forse non hanno ancora preso coscienza ditante cose, ma ne hanno ben chiare altre: Comepensare alla ‘necessità’ di protesta senza ‘sce-gliere’ il modo nel quale farlo? Molto probabil-mente abbiamo pensato ad entrambe le cose,spinti da una voglia irrefrenabile di farci sentireed incitare alla riflessione di piccole come gran-di cose, abbiamo scelto la potenza e molto spessola distorsione nei suoni e nelle parole”.

La musica come via d’uscita da una realtàspesso difficile e dolorosa, è così?"Sicuramente senza la musica saremo mentiperse completamente nell'oblio, questo è quelloche ci ricordiamo molto spesso quando ci ritro-viamo. Purtroppo è verità, ammettere che senzadi essa tanti piccoli problemi nelle nostre vitesarebbero stati difficili da risolvere. La musica,in questo caso la nostra, è un faro in una nottebuia e nebbiosa, un’ancora di salvezza da unmare di problemi che ci circondano. Quello chenon dobbiamo mai fare è ignorantemente igno-rare e non affrontare con fermezza la realtàattorno a noi. Cosa meglio di una poesia o canzo-ne può essere per noi, un respiro di aria pulita?”.

È recente l’uscita di un Ep, dove sono rac-chiuse esperienze di vita, confessionid’amore e dure rivelazioni, cosa lega le cin-que tracks?“L'Ep che abbiamo fatto uscire questo maggioracchiude indubbiamente tutte le nostre espe-rienze di vita fino ad ora e che avranno pensouna fine solo nel momento in cui non riusciremopiù a scrivere canzoni. Sicuramente quello chenoi descriviamo al suo interno sono problemati-che, esperienze adolescenziali e non. Stiamovivendo in un’età adulta dopo la nostra adole-scenza forse poco ovattata che ci ha permesso divivere realtà e dolore. Le delusioni d'amore e lariscoperta di animi perversi di persone accanto a

no l’album del giovane gruppo fiorentino>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Cinque ragazzi danno vita ad un ambiziosoprogetto artistico in inglese e così nel 2011

a Firenze nascono gli Hyrady. Incidono il primodisco ‘The Last Days Of Love’ e iniziano a pro-muoverlo in diversi locali italiani, fino a vinceresvariati contest. Ma qualcosa cambia, e mentreun elemento se ne va, ne arriva uno nuovo. Sipassa a un altro sound, si canta in italiano, simodifica il nome del gruppo, è l’ora dei Nèra:Samuele Casale (voce), Niccolò Coveri (basso),Riccardo Ducceschi (chitarra), MarcoLabrosciano (chitarra) e Giulio Gaudenzi (batte-ria). Con la collaborazione di Alka record label,realizzano il nuovo Ep ‘Nèra’. Un lavoro disco-

musica Luci e ombre dell’esistenza si alternano nei cinque brani che compongon>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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NèraRock alternativo

grafico che è la presa di coscienza di una realtàdifficile, dove non mancano momenti di sconfor-to e altri di sottile felicità. Luci ed ombre del-l’esistenza si alternano nei cinque brani checompongono l’album, ed è un mix di sonoritàforti, a volte disarmanti, che fanno vibrare chi sitrova ad ascoltare, è musica che scuote in pro-fondità. E se si pensa di essere vivi affogati nellaplastica, è un’illusione, perché il tempo in cui citroviamo non ci permette di respirare aria puli-ta, ma ci lascia avvolti da un grigiore diffusoinquietante. Chitarre distorte, un groove d’im-patto tra basso e batteria, sono la chiave di let-tura di questo Ep che vuole essere una vera e

Nuova formazione e nuovo sound per questi cinque musicisti, che con illoro nuovo Ep propongono un groove d’impatto, tra basso e batteria,esprimendo la consapevolezza di un futuro in bilico tra gioia e dolore

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Sogno di una nottedi fine estateLe interviste ai protagonisti dei lavori che cihanno colpito maggiormente in questa edi-zione 2016 del festival romano

Sogno di una nottedi fine estate

musica Nèra: un mix di sonorità forti, a volte disarmanti>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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confronto con realtà e situazioni molto più gran-di di queste: la nostra voglia di mettersi in giocoè tanta”.

Raccontate le incertezze della vita, tra lucied ombre, ma cosa vi aspettate dal futuro?“Le incertezze sono tante e nello spesso ricorren-te tunnel metaforico della vita, non vediamomolta luce, ma solo piccole sfumature, quantobasta però per continuare a fare musica cercan-do di regalare più visioni ed emozioni possibili;per questo speriamo con tutto il cuore di poterun giorno arrivare all'ascolto di una quantità dipersone sempre maggiore, spingendoci sempreoltre cercando forse di non arrivare mai a cono-scere i nostri limiti. In questo disco raccontiamola nostra visione del mondo e della vita in fasedecrescente, in un evolversi di momenti e situa-zioni, come se scorresse il tempo all'interno diesso: la contrapposizione tra luci ed ombre èobbligatoria come l'ossimoro bilanciato tra dolo-re e gioia, che trova forse una risposta da inter-pretare nell'ultimo pezzo ‘La cosa migliore’".

MICHELA ZANARELLA

noi ci hanno spinto a scrivere ‘Quel che sei’, cheapre le danze di questo Ep, una canzone che famale suonare ma al tempo stesso ci apre unaprospettiva di cambiamento, la possibilità dicambiare e rimediare: è difficile accettare lanatura di certe persone accanto a noi. Infinedure rivelazioni d'amore che non corrisposte, ali-mentano le nostre insicurezze. Forse è questo ilfilo conduttore delle cinque tracce, ognuna diesse a modo suo cerca di ricucire ferite di vita eanimi spezzati”.

Avete partecipato a diversi contest, otte-nendo notevoli risultati, quanto sono statiutili per il vostro percorso artistico? Checosa significa per voi mettersi in gioco?“La nostra formazione artistica sicuramente èstata scolpita senza dubbio dai tanti live cheabbiamo fatto nel corso di questi anni, e la par-tecipazione ai diversi contest ha modellato iltutto, garantendoci sicurezza, autocontrollo,rapporto con il pubblico e la capacità di instau-rarlo. Abbiamo vinto dei contest della zona nono-stante la forte e notevole presenza di tante altreband, ma non basta. Per il futuro speriamo in un

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9841/Rukeli

Gianmarco Busetto:“Vi racconto chi era Rukeli”

La storia di Johann Trollman, campione di pugilato tedesco durante il TerzoReich e vittima della persecuzione nazista in quanto di etnia Sinti, è stata forseuna delle più avvincenti e commoventi vicende che il mondo del pugilato e dellosport in generale avevano da raccontare. Ne abbiamo parlato con l’attore che ha‘ricostruito’ sul palco la vita del boxer precursore di Muhammad Alì, vincendo ilpremio come Miglior spettacolo

Gianmarco Busetto, da dove nasce l’ideadi realizzare uno spettacolo sulla figuradi Rukeli?“Diciamo che di solito noi di Farmacia Zoo:Ènon raccontiamo mai una storia come quelladi Rukeli, ma cerchiamo di fare un lavoro dicollage rielaborando degli spunti che ci ven-gono dalla realtà. Proprio all’inizio dello spet-tacolo racconto però di come un giorno, misembra fosse gennaio del 2010, mi ritrovai inmacchina ad ascoltare la radio mentre mirecavo ad una riunione. la trasmissione chestavo ascoltando parlava di un articolo uscitoin quei giorni su L’Unità a firma di RobertoBrunelli, che raccontava appunto la storia diquesto pugile Sinti nella Germania nazista edelle persecuzioni che ha dovuto subire. Io

ascoltavo e mi persi completamente nel rac-conto di questa vicenda, al punto che hochiamato le persone con cui mi dovevoincontrare e ho detto che avrei fatto tardi. Sesi fossero sporti dalla finestra mi avrebberovisto là, dentro la macchina, parcheggiato etotalmente assorto. Lì ho sentito che la sto-ria era mia, e ci sono voluti due anni per pre-parare il monologo”.

Visto che ne parliamo, e dal momentoche la storia ruota intorno al mondodella boxe, devo chiedertelo: che espe-rienza hai tu di pugilato?“Io ho esperienza di arti marziali, non di boxe,anche se è una disciplina che mi affascina tan-tissimo. Trovo che sia uno sport molto eroico,

che mette a dura prova la tempra dell’atletaspingendolo a dare sempre di più. La sensa-zione che si ha guardando un match è che ipugili, prima che contro il loro avversario,combattano innanzi tutto contro se stessi e iloro limiti. Tornando alla domanda, ho avutola fortuna di avere al mio fianco un’amico chefa pugilato e che mi ha dato dei consigli utilisul come muovermi e come mimare i colpi, sulgioco di gambe e quant’altro”.

Anche se si tratta di un monologo, c’èmolta ‘fisicità’ nel modo in cui interpretiRukeli, un personaggio che impegna siada un punto di vista fisico ma anchementale. Quanto è importante questorapporto con la fisicità del personaggio?

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SS peciale Rpeciale R oma Foma F ringe Fringe F estivestiv al 2016al 2016

I premi assegnati

Miglior Spettacolo Roma Fringe Festival 2016: '9841/Rukeli'

Premio Special Off: 'Viviamoci' di Giorgia Gigia Mazzucato

Premio del Pubblico: 'La fanciulla con la cesta di frutta'

Premio Comedy: 'Principesse e sfumature' di e con Chiara Becchimanzi

Premio speciale della Critica 'Periodico italiano magazine': 'Antigone fotti la legge'

Miglior regia: 'Noi che vi scaviam la fossa' di Vania Castelfranchi

Miglior drammaturgia: 'Mozza', di Claudia Gusmano

Premio 'Fringers to Fringe' lo spettacolo più votato dalle compagnie in concorso: 'Mozza' di e con Claudia Gusmano

Premio Spirito Fringe: 'Antigone fotti la legge' e 'Il cielo è cosa nostra'

Miglior Attrice: Claudia Gusmano

Miglior Attore: Giovan Bartolo Botta

Premio Attore Emergente: l'intera compagnia 'The Ghepards' per 'La fanciulla con la cesta di frutta'

Menzione speciale per meriti poetici 'Laici.it': 'M. U. D. - Poeti in trincea'

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Una finale con il fiato sospeso, un primo pre-mio sfiorato per una manciata di voti. ‘La fan-ciulla col cesto di frutta,’ portato in scena dallacompagnia ‘Ghepards, si è classificato alsecondo posto eppure ha vinto, sotto moltipunti di vista: per il voto del pubblico, e per la

bravura degli inter-preti (vincitori a parimerito del premioFringe ‘miglioriattori emergenti’)ma, più di tutto, peruna ventata di fre-schezza. Meritodella mano auto-

riale e registica di Francesco Colombo, che aquesto festival ha portato in scena anche “Ilcielo è cosa nostra” (premio ‘spirito Fringe’). Due lavori con trame completamente diffe-renti ma con un comune fil rouge: la capacitàdi raccontare la realtà con innesti di fantasiaparadossale. C’è molta passione nei testi diFrancesco, frutto di ore di ricerca, notti di scrit-tura e sigarette. Un’energia che alimenta unaregia attenta alla costruzione di un rapportodi fiducia con gli attori. "Chiedere la libertàagli attori è la cosa più difficile” - spiegaFrancesco - “Dargli modo di caratterizzare conil loro punto di vista il personaggio è impor-tante, amplifica le possibilità della messa in

scena”. Il risultato (buono) l’abbiamo visto inscena con entrambe le pièce, con tutti gliinterpreti. Nel nostro incontro, fra una replica e l’altra alFringe, Francesco Colombo ci ha raccontato:“Credo fortemente che il teatro del futurodeve andare verso una dimensione di corag-gio. Alleggerire la realtà delle cose fa sì che lagente possa percepire determinate problema-tiche”. Per capire di cosa parla, vi consigliamodi ‘intercettare’ nelle programmazioni inver-nali quel suo meraviglioso Andreotti che‘anche’dal cielo muove con fili invisibili le sortidella politica italiana.

FRANCESCA BUFFO

La fanciulla col cesto di frutta

Francesco Colombo“Se non rischio è inutile

che faccio teatro”Autore, regista e sperimentatore di un’idea di rappresen-tazione scenica che sappia alleggerire la realtà delle cose:ecco il mix di energia che ha dato corpo allo spettacolopiù amato dal pubblico del Fringe

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SS peciale Rpeciale R oma Foma F ringe Fringe F estivestiv al 2015al 2015SS peciale Rpeciale R oma Foma F ringe Fringe F estivestiv al 2016al 2016

“Guarda mentre scrivevo il monologo c’èstato un momento in cui mi sono fermato apensare e mi sono detto: ‘ma io come diavo-lo potrò mai riuscire ad interpretare Rukeliche era un peso medio-massimo veloce eagilissimo mentre io sono molto più robu-sto?’ Fisicamente siamo due persone somati-camente e atleticamente agli antipodi. Lasoluzione è quella di ‘evocarlo’. di usare ilmio ruolo di attore come un ‘medium’. Noilavoriamo molto con il corpo a livello attira-re, costruiamo molto a partire dall’improvvi-sazione corporea, ancora prima addiritturadel testo a volte. Questo perché noi diFarmacia crediamo molto nella trasmissionedelle emozioni, e il corpo è il primo veicoloche delle emozioni. Tutto il corpo”.

Che tipo di ricerche hai fatto per rico-struire una storia praticamente scono-sciuta ai più?“La cosa è stata abbastanza comica. Come tiho detto ho iniziato a fare ricerche nel 2010,e non essendoci alcuna documentazione initaliano che riguardasse Johann Trollman,sono andato a cercare sul sito dell’UnionePugili Tedeschi, altri siti web sempre tede-schi di boxe e sul sito della famiglia Trollman(curato da un nipote). Io prendevo tutti gliarticoli più interessanti e facevo questo pas-saggio: tedesco-Google traslate e poi Googletraslate-italiano (ride). Una volta ottenutala traduzione con-

frontavo le informazioni in mio possesso conquelle degli altri siti. Mi ha anche aiutatomolto un libro, scritto da Roger Repplinger,intitolato Buttati giù zingaro. La storia diJohann Trollmann e Tull Harder, che mi haaiutato non poco nella verifica dei dati inmio possesso. Il libro, mentre facevo le miericerche, era fruibile solo in tedesco, ma nel2013 è stato pubblicato nel nostro paese conuna traduzione a cura del presidentedell’Unione Sinti Italiana sulla quale èmeglio sorvolare (diciamo che non era moltofruibile)”.

Ti sei preso qualche libertà artistica almomento della stesura del copione edella messa in scena?“Quando si tratta di ricostruzioni storichediciamo che sono un po’ maniacale al riguar-do, mi piace che le cose corrispondano almeglio e siano il più corrispondenti alla realtàdei fatti. In questo caso particolare mi so presodue libertà per questioni sceniche: il primoincontro di Rukeli contro Adolf Witt non termi-nò alla quinta ripresa come riporto sul palco,ma venne lasciato proseguire fino alla fine,con Trollman che praticamente si mise a gio-care con l’avversario e solo alla fine Raddaminterruppe il match, ho deciso di accorciarealla quinta perché onestamente non sapevocome poter rendere bene sul palco 12 round;la seconda libertà che mi sono permesso di

prendermi riguarda il secondo incontro,quello contro Gustav Eder, io rap-

presento un Rukeli immobilee quasi “cristificato”, men-

tre nella realtà egli simuoveva senza tut-

tavia sferrarenulla più di due

pugni all’av-versario”.

Una cosaimportantedello spetta-

colo è il dub-bio che lascia

sul finale,quando affermi

che Trollman nonsia morto nel 1943 ma

nel 1944 dopo un ultimo

incontro nel campo di concentramento.Si tratta di una tua libertà creativa o diuna effettiva realtà storica che però nonviene ancora attestata?“Ci sono molti documenti che attestano que-sto questo passaggio da Neuengamme aWittenberg. Quando Emile Cornelius, il capocontro cui Rukeli si scontra, venne condan-nato per i suoi crimini, non venne accusatodella morte di Trollman perché non si eraritrovato il corpo, ma due capo che era pre-senti quel giorno testimoniarono che luiaveva ucciso Trollman a badilate.Ufficialmente, secondo i registri delle SS,Johan Trollman è morto a Neuengamme il 9febbraio 1943. Tra le altre cose, secondo lecronache dell’ultimo incontro controCornelius, Rukeli avrebbe passato il primoround a schivare l’avversario, per poi sten-derlo con due colpi alla seconda. Di questoperò non c’è alcun riscontro storico”.

Perché secondo te la storia di Rukeli ciha messo così tanto a venire fuori, inun paese poi come l’Italia che ha unatradizione pugilistica di tutto rispetto?“A dover di cronaca a gennaio 2016 sonousciti due libri, uno di Dario Fo (Razza di zin-garo, Chiarelettere) che racconta la storia diRukeli un po’ come se fosse una fiabetta, eun’altro di Mauro Garofalo (Alla fine di ognicosa, Frassinelli). Io credo comunque che siastato merito dell’arte se questa storia èvenuta a galla: l’artista Alekos Hofstetter nel2010 ha creato un’installazione per ilVictoria Park di Berlino, intitolata ‘9841’ eche consisteva in un ring in salita. Ecco,quell’installazione ha creato molta curiositàintorno alla figura di Rukeli. Non so perchéin Italia la cosa non sia arrivata più di tanto.Forse è una delle storie più epiche e emozio-nanti dello sport. Forse si tratta di una que-stione mediatica e, se posso, non so direquanto il fatto che lui fosse zingaro abbiainfluito. Quando senti una storia hai bisognoper viverla di una sorta di identificazionequasi adolescenziale con il protagonista.Credo che forse gli italiani abbiano qualchedifficoltà ad identificarsi con uno zingaro. Ioho cercato di sfidare questo pregiudizio rac-contando il tutto in seconda persona: ‘Tu seiRukeli’”.

GIORGIO MORINO

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Locandiera, che hanno dei periodi più lunghidi scrittura, ti consentono di entrarci dentronon tanto come interprete quanto piuttostocome “corpo-voce” che evoca un messaggio.Questo ti da la possibilità di sbizzarrirti”.

Tu con questo spettacolo hai un po’ volu-to riassumere l’intera saga dei labdacidiin un unica opera.“Si diciamo che si spazia dall’Edipo Reall’Edipo a Colono fino ai Sette contro Tebe,ma alla fine l’unico conflitto che conta, quelloche ‘ti porta a casa lo spettacolo’ è prettamen-te quello di Antigone che sfida la leggeumana. Le figure dei labdacidi, dei figli diEdipo, Eteocle e Polinice sono già morte”.

Ecco, tu interpreti Creante, il re di Tebe elegislatore che ha dovuto fare una sceltasofferta nel rispetto della legge. Si trat-ta di una scelta dettata da una sorta divicinanza emotiva con un personaggiosimile?“Ma guarda in realtà mi è abbastanza difficileidentificarmi con un legislatore, sono abba-stanza ‘anti-legislazione’pur mantenendo beninteso un ordine cosmogonico delle cose. Nonsono per le leggi, anzi se ci pensi la prima cosache il cervello fa una volta registrata unalegge è trovare subito il modo di trasgredirla.Non mi ritrovo nel Creonte legislatore, nel ‘DiPietro’ della situazione. Mi piace molto però ildoverlo interpretare, il dover entrare nel testo,sudare e faticare per portarlo in scena”.

Possiamo dire quindi che ti rispecchimaggiormente nella figura diAntigone?“Se si fosse trattato di un adattamento delpersonaggio al maschile mi sarebbe moltopiaciuto interpretarlo. Sai l’identificazione,presupponendo quindi che ci sono i perso-naggi e che non stiamo parlando solo diparole scritte su un foglio di carta, ecco ionon mi identifico con loro nel senso che nonesprimo un giudizio di valore. Se l’universonon giudica, perché dovrei farlo io, dipendedal punto di vista che si adotta. Facciamo unesempio proprio su Antigone: lei dovrebbeessere l’eroina della rappresentazione, quel-la che in teoria ‘avrebbe ragione’ e con la

quale si tende ad identificarsi; qualche serapuò succedere che sul palco Creonte risultiuna figura tanto arrendevole che il pubblicofinisce per stare dalla sua parte. In fondostiamo parlando di personaggi che creanouna frattura, come Shylock di Shakespeare:in teoria dovresti odiarlo perché sai che è unpezzo di merda, ma viene talmente vessatodai cristiani che finisci per provare simpatiaper lui”.

Il personaggio di Creante rapprenda la“legge degli uomini” mentre quello diAntigone la “legge divina” inteso comeleggi che esistono nel cuore e nellamente degli uomini che in teoria sidovrebbero rispettare a prescinderedalle leggi dettate da un legislatore.Qual’è il messaggio finale dello spetta-colo, quale delle due leggi bisognaseguire?“Parlando dello spettacolo e di Antigone, era

giusto seppellire il fratello, quindi seguire leleggi divine. In generale credo che si tratti didue facce della stessa medaglia. Seguendo idettami delle leggi divine, si fanno ancheparti delle leggi umane. Parliamo di modelliche vengono concepiti per tenere la libertàdi pensiero molto ‘in gabbia’. In questo sensoli vedo come due espressioni dello stessopensiero, non come una legge che derivadirettamente dalla coscienza di ciascuno.L’interpretazione è fondamentale, unanorma non è mai giusta tout-court. In ulti-ma analisi, se le leggi divine le consideriamocome dettate dall’universo e dall’amoreincondizionato, e diciamo che siano quelleche Antigone ha ritenuto giusto dover segui-re senza farsi abbindolare dalla politica gret-ta ascoltando la propria coscienza, allora si.Poi cosa succede però, ogni personaggio èpieno di contraddizioni, quindi non giudi-candoli non sai cosa sia in realtà a spingerli”.

GIORGIO MORINO

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SS peciale Rpeciale R oma Foma F ringe Fringe F estivestiv al 2016al 2016

Antigone fotti la legge

Giovan Bartolo Botta:“Il modernissimo linguaggio dei classici”

Ispirato liberamente alla tragedia di Sofocle, il gruppo Ultras Teatro ha messo inscena una versione moderna e affascinante dell’originale mito greco, capace diaffrontare le antiche tematiche originali adattandole perfettamente con ironia eserietà al contesto moderno. Abbiamo incontrato il regista piemontese e, insiemea lui, abbiamo cercato di approfondire le ispirazioni che lo hanno spinto a rea-lizzare questo classico del teatro

Giovan Bartolo Botta, per il tu spettaco-lo hai scelto un titolo ed un argomentonon poco impegnativi: Antigone Fotti laLegge. Ci racconti come nasce l’idea diprendere il mito di Antigone e che tipo dilavoro hai fatto sulla storia originale?“Questi classici, che poi erano già classici allo-ra e non sapevano di esserlo, hanno un lin-guaggio così eterno e che si esprime perarchetipi. Quindi qualunque cosa che si vogliacomunicare, qualunque messaggio si vogliatrasmettere, se si vuole parlare di ribellione,non solo necessariamente politica ma anche

dei sentimenti, attraverso il linguaggio classi-co si riesce a comunicare meglio dal mio puntodi vista rispetto al linguaggio contemporaneo.Si parla per archetipi e si un un linguaggioeterno per raccontare poi un testo modernissi-mo come quello di Antigone.”

Che tipo di lavoro hai fatto nel momentoin cui hai dovuto adattare il testo origi-nale di Sofocle?“Ci sono delle scene che abbiamo creato exnovo, come il rapporto incestuoso tra Euridice,la moglie di Creonte re di Tebe, e il figlio

PrPr emio della criticemio della critic a a PPeriodico italianoeriodico italiano

magazinemagazine

Emone. L’abbiamo aggiunto perché alla fine sitratta sempre di guarda dentro se stessi eaffrontare le proprie nevrosi.”.

La tua nevrosi è il rapporto con tuamadre?“Beh diciamo che si tratta di una nevrosi laca-niana dire che a tutt’oggi mi ha lasciato deisintomi somatici di origine psichica molto evi-denti (ride). Sai questo ha a che fare un po’conl’abbandono, ha a che fare con un sacco dicose. Il bello è che attraverso questi testi, unEdipo, un’Antigone o anche per dire una

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cedenti di papà. Il suo no non era un rifiutoma protezione e con la bonaccia lui e il maremi avrebbero protetta. Ricordo quando sonoentrata nella sua stanzetta accanto al timo-ne, dove si riposa tra una cala e l’altra, hatirato fuori un lenzuolo pulito e mi ha detto”riposa mentre aspettiamo, io dormo sullasedia vicino a te”. Non ho chiuso occhio eneanche lui. Le stelle man mano che ciallontanavamo dal porto si confondevanocon le luci delle case…Per un attimo hopensato “guarda anche le stelle la notteriposano, dormono sdraiate sul mare”.

Quanto è faticosa la vita in mare ecome si riescono a sostenere distanze epaure?“La vita in mare è una vita di sacrificio. Saisempre cosa cerchi e non sai mai cosa trovi,ma guardare il mare calmo e nient’altro intor-no credo che faccia annullare le paure e ledistanze . È tutto perfettamente in equilibrio”.

Partenze e ritorni: quindi distacchi.Come entrare in contatto con i senti-menti e renderli continui e duraturi?“A me le partenze fanno sempre meno pauraquando so che ci sarà un ritorno. Non so qualesia il modo più efficace per entrare in contattocon i sentimenti: sicuramente, solo quelli verie profondi sono continui e duraturi”.

Di questi tempi i valori della famiglia

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come quelli legati alle tradizioni per-dono la loro importanza. Tu li fai rivive-re in Mozza. In che modo si possonorecuperare oggigiorno?“Io non dimentico mai da dove sono arrivatae quando ho la sensazione di perdermi guar-do indietro e focalizzo per bene il “da dovesono partita” e ricomincio da lì”.

Il mare è una ragione di vita. Il sensodell’esistenza. Sembra manchi il respi-ro se si è lontani da questa dimensione.Lo si porta dentro per sempre?“Sempre! Ovunque, anche in teatro”.

Ultimamente il mare lo si può definireun cimitero di anime. Questo per ilforte problema dell’emigrazione e che iPaesi del Mediterraneo subiscono.Come, secondo la tua opinione, sipotrebbe arginare questa situazione,quindi migliorare?“Se avessi una soluzione la darei, la urlerei,non la terrei per me”.

Cosa ti aspetti dal tuo spettacolo il

quale ti ha portato veramente fortunaal Roma Fringe Festival 2016 e tantipremi come miglior attrice, comemiglior drammaturgia e come spetta-colo più votato dalle Compagnie tea-trali partecipanti?“Spero possa essere visto da più gente possi-bile, spero possa trovare una produzione eduna buona distribuzione, ma in Italia è vera-mente complicato nonostante il buonriscontro di critica e pubblico nelle repliche”.

Progetti futuri?“Avevo giurato che se mai avessi vinto il pre-mio come miglior drammaturgia avrei scrit-to ancora. Lo farò e lo metterò in scena conla mia compagnia “briglia d’oro teatro”.Intanto debutto da scritturata nel ruolo diAriel il 2 Novembre ne “La tempesta” diShakespeare per la regia di Maurizio Panicicon Argot Produzioni. A Gennaio inizio leprove invece di un progetto nuovo firmatoda Gaetano Aronica con lo stabile diAgrigento, sarò Ersilia in “Vestire gli ignudi”di Luigi Pirandello”.

ANNALISA CIVITELLI

Claudia Gusmano, ‘mozza’ è il terminefemminile di mozzo: un ruolo che solita-mente appartiene agli uomini. Quantafemminilità hai inserito nel monologo?“Non ho pensato alla femminilità da inserirema all’umanità che un essere umano puòavere vivendo in mare. Ho probabilmenteinserito la parola, i marinai parlano tantocon gli occhi e poco con le parole”.

Quanto carattere ci vuole per vivere ilmare?“Credo ci voglia pazienza e tanto coraggio. Il

tempo scorre lento. Quando vedo mio padrerientrare a casa dopo una giornata di lavorolo vedo svuotato, stanco. Ho sempre deside-rato di andare a lavorare con lui, anche soloun giorno, e per anni mi ha sempre detto dino. È stata una lotta più con me stessa checon lui…come ho già detto i marinai parla-no poco e le discussioni danno poche soddi-sfazioni. Nella mia mente, un anno fa, hacominciato ad esistere Mozza, era solo unpiccolo semino. Ho deciso di raccontarglieloe ho sentito la necessità vera e reale per laprima volta di sperimentare me stessa

accanto a lui nella sua casa del mare. Ci hapensato qualche giorno e poi una sera rien-trato dal lavoro mi ha guardata e mi ha detto“domani sarà bonaccia, vieni con me?Sveglia alle 4!”. Il mio cuore ha gioito credocome in pochi momenti nella mia vita perdue motivi: il primo ovviamente perchéfinalmente potevo conoscere davvero ilmondo di papà e di quegli uomini con gliocchi profondi che mi hanno sempre circon-data sin da bambina (la mia è una famigliadi marinai da generazioni) e secondo perchéavevo vissuto in maniera sbagliata i no pre-

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Mozza

Claudia Gusmano“I marinai parlano tanto con gli occhi

e poco con le parole”Un monologo in cui lo sguardo nostalgico, incentrato sulla vita in mare, ricordifamiliari e soprattutto interpretato sia in dialetto siciliano, sia in italiano, portail pubblico a vivere quelle che sono le tradizioni che ancora oggi si mantengononella Sicilia di oggi

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La compagnia ‘Come risolvere in 2’ porta sulpalco del Roma Fringe Festival ‘Infolle’, unospettacolo spassoso e interessante, scritto daLorenzo Misuraca e interpretato daErmenegildo Marciante, giovane attore chenel ruolo di Antonio Maina, tra una lezione diteoria e una di pratica, si ritrova tra gli studen-ti personaggi davvero particolari, come unadiciottenne appassionata di moda e un vec-chietto che vuole rinnovare la patente solo perandare trovare la moglie deceduta al cimitero.La sua quotidianità, apparentemente tran-quilla, divisa tra lavoro, amici e fidanzata,cambia radicalmente quando la ragazza lolascia, dopo aver scoperto di essere stata tra-dita. Dopo una serie di infrazioni alla guida,dovute alle ansie e tensioni del momentoMaina dovrà convincere il giudice di pace anon ritirargli la patente. E sarà messo allaprova con se stesso. Dovrà decidere se dareuna svolta alla sua vita o rimanere così com’è.La pièce fa sorridere, ma allo stesso tempoanche riflettere sui limiti umani, su quello che

a volte ci blocca nel compiere delle azioni.

Ermenegildo Marciante, come ti sei pre-parato per affrontare il personaggio eper poi dare forma a tutti gli altri, essen-do l’unico attore in scena?“Si dice che non esistano personaggi facili odifficili, però posso dire con certezza chealcuni sono più accessibili, altri meno. Inquesto caso sono stato fortunato, perchéAntonio è un tipo semplice. Senza troppesfaccettature e complessi particolari. Quindimi è venuto facile immedesimarmi in questoragazzo quasi uomo. Gli altri invece sononati come sempre dal gioco. Essendo piùlontani da me rispetto ad Antonio ho volutosperimentare un po’ divertendomi con accen-ti e dialetti vari. Fino al risultato finale”.

La diciottenne appassionata di moda eun anziano incrociano il percorso esi-stenziale del protagonista e incarnanouno sguardo diverso sul mondo del-l’umanità. È stata una scelta mirata perdare un significato universale cheabbraccia generazioni lontane?“Lo spettacolo vuole di certo parlare delle dif-ficoltà di una certa fascia di età, che poi sareb-be la nostra. Cioè trentenni in bilico o in folle.Ma certo è che per formarsi questi ex giovaniquasi uomini, cercano ispirazione da tutto etutti. Quindi anche la ragazzina di Roma cen-tro o il vecchietto venuto dal nord posso risul-tare utili alla loro causa e quella di Antonio inquesto caso. Anche una frase o un racconto inun momento di smarrimento possono essererisolutivi. A volte”.

Una trama che affronta diverse temati-che che appartengono adognuno di noi.

Secondo te qual è il punto di forza diAntonio?“Di certo la sua tenacia. Lui non si arrendemai. Anche di fronte ad un giudice pronto asospendergli la patente, lui non molla e contutta la sua fantasia e il suo entusiasmo cercadi recuperare. Fa la stessa cosa con la suadonna. Capisce che ha fatto degli errori e fa ditutto per mettere a posto le cose. Lo definireiun romantico ottimista”.

Che significato ha per te il coraggio?“Come Antonio anch'io trovo che sia una dellequalità più essenziali nella vita di un giovaneuomo o ragazzo. Sento molte spesso amici oconoscenti che si lamentano perché non rie-scono a fare questo o quello, perché nessuno liaiuta o perché le cose non vanno come vorreb-bero. Poi quando chiedo a loro se almenohanno provato ad ottenere qualcosa spessorispondono di no, tanto a che serve.Sbagliatissimo. Nessuno regala niente.Specialmente in un ambiente come il nostro.Fare fare e fare”.

Parlando di attori comici, a quali potrestiidealmente fare riferimento?“Un solo nome su tutti: Troisi. Il suo mix magi-co tra comicità e tragedia mi fa impazzire. Madevo dire che anche mio nonno non era nien-te male con la comicità”.

Cosa provi quando il pubblico reagisce consonore risate alle tue battute?“Uno spettacolo comico o brillante non saimai se funziona prima del debutto. Non puoisapere se quello che fa ridere te può essererecepito dagli altri. Quando si crea sintoniacon il pubblico mi si apre il cuore”.

MICHELA ZANARELLA

In folle

Ermenegildo Marciante“Ho voluto sperimentare divertendomi”

Un monologo allegro e attuale, che vede come protagonista un istruttore di scuola-guida alle prese con una serie di situazioni tragicomiche: tradimenti e abbandoni, cir-costanze che spingono al cambiamento

La storia, scritta e diretta da Sara Caldana, didue amici completamente diversi l’uno dall’al-tro che si ritrovano forzatamente a vivere insie-me. L’attore Claudio Caporizzo, nel ruolo diAntonio, è uno scrittore superficiale, poco affi-dabile, il classico ‘dongiovanni’ ruspante,comunque determinato e dal carattere vincen-te, Pierfrancesco Scannavino nella parte diSabatino è quello depresso, abbandonato dallamoglie, in preda a mille insicurezze. Due oppo-sti nel vero senso della parola che si cercano, siscontrano e finiscono per riscoprirsi dopo unconfronto che si rivelerà illuminante. Cuore pul-sante dello spettacolo è l’amicizia, raccontataattraverso la comicità, che emerge dai dialoghiequilibrati, c’è intesa tra gli attori e questo con-sente un buon ritmo e una naturalezza dellebattute che divertono il pubblico. Il lavoro diregia è interessante proprio perché dietro adogni espressione, ad ogni intuizione dei perso-naggi, c’è un risvolto psicologico; dai pensieri,dalle parole dei protagonisti si comprendono le

complessità della vita, le fragilità umane, chediventano non limite, ma risorsa per una nuovaconsapevolezza. Incontriamo la regista SaraCaldana, che ha saputo guidare brillantementegli interpreti.

Sara Caldana, che significato ha per leiquesto lavoro teatrale?“Lo spettacolo è nato all'inizio con l'idea di par-lare di tradimenti, tant'è che doveva chiamarsiproprio così. Poi è come se i due personaggiavessero preso il sopravvento e mi sono trovataa parlare di altro ovvero di ciò che porta a tradi-re noi stessi. Da qui è nata l'occasione di parlaredell'amicizia. Una relazione a mio avviso estre-mamente potente e di cui sento parlare poco, ingrado di cambiare molte cose”.

Che cosa l’ha portata al ruolo di regista,oltre che a quello di autrice? Dove si sentepiù motivata professionalmente?“La vocazione è quella dell'autrice e i miei geni-

tori potrebbero tranquillamente testimoniarlo.Mio padre per esempio potrebbe raccontarvi diquando, molto prima di imparare a scrivere,riempivo fogli di geroglifici e correvo da luidicendo di aver inventato una storia. Gli sbatte-vo addosso il foglio intimando un “leggi!” chelasciava poco spazio. Il bello è che lui leggeva. Laregia è stata solo una piacevole conseguenza”.

Claudio Caporizzo e PierfrancescoScannavino sono i protagonisti dello spet-tacolo, due personaggi in opposizione,come è riuscita a guidarli così bene nell’in-terpretazione? “Loro sono meravigliosi. Due artisti straordinari.Guidarli è stato semplice perché c'è stato all'ori-gine del nostro incontro un atto di fiducia insenso bilaterale. Questo ha significato grandeapertura e ascolto, ma nello stesso tempo fortu-na. Una comunione tra noi tre che è stata unasorpresa inaspettata”.

È partita da persone che conosce per dareforma alle identità di Antonio e Sabatino,o è solo il frutto della sua creatività?“Io sono psicologa. Antonio e Sabatino sonoanche il frutto di ciò che ho ascoltato nellamia vita. L'ironia, quando si tenta di com-prendere un problema, credo sia una partequasi necessaria”.

Che valore ha per lei l’amicizia? “Enorme valore, tant'è che la paragono allalibertà. A tutti capita di aver voglia di sparire, dinon farsi trovare. L'amico è l'unica persona chete lo permette e poi non te lo fa pesare”.

La compagnia Pescibanana da lei fondataha già all’attivo diversi spettacoli, c’è un filrouge che li lega tra loro? “Sì, l'idea è mettere in scena ciò che più logoral'animo umano, tragedie del quotidiano, ma inchiave comica. Ecco che allora, quando ci si rie-sce, le banane con le pinne di cartone riescono anuotare. Non a caso la nostra produzione è illive-club L'Asino Che Vola”.

Prossimi progetti?“Ho ultimato proprio questa notte uno spetta-colo che parla di paura. Tanti personaggi, uncampione rappresentativo di una popolazionespaventata”.

MICHELA ZANARELLA

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Antonio e Sabatino

Sara CaldanaLe tragedie del quotidiano

in chiave comicaTradimenti, sensi di colpa e chiarimenti in una cop-pia di amici: una commedia dove l’ironia aiuta ariflettere sulle relazioni umane

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aggrappandosi a l’unica cosa che gli è rimastache è se stesso. Ma quello che può essere unluogo sicuro diventa anche il luogo da odiarequando si è soli. E a volte va a finire che chi èsolo non chiede nemmeno più aiuto. La vedocome una sospensione dove il tempo scorremolto lento, aspettando qualcuno o qualcosache tanto corre in direzione opposta. Quindi l’in-contro non avverrà mai. E il tempo passa. E ilsole tramonta. E si resta fermi. In Tre Once diLana Nera si è voluta proprio ricreare questacondizione di immobilità, di aggrapparsi a sestessi perché è impossibile comunicare con l’al-tro, di isolamento. E non a caso, proprio per que-sto stato di incomunicabilità, l’unico modo peravere una relazione con l’esterno è rapportarsicon qualcosa di artificiale, il microfono, chefunge da canale tra la mia solitudine ed un pos-sibile spazio esterno”. Giacomo Troianello – “Di questi tempi ha unsignificato maggiore, certamente. Siamo porta-ti a stare soli e le iniziative per stare insiemesomigliano sempre più a grandi eventi, a cosestraordinarie da vivere assolutamente. La gior-nata si compone di piccoli momenti di solitudi-ne, dallo scrivere ossessivamente su uno smar-tphone, all’interfacciarci con uno schermo delcomputer, alle offerte di compagnie di servizicome Sky o Mediaset Premium, che ti dannol’opportunità di vedere i film comodamente daltuo divano, a casa tua. Banalmente, internet ciha raccolto in uno spazio altro e ci ha posiziona-ti distanti per comunicare. Tutto questo producepersone sole, il lavoro che dobbiamo svolgereper mangiare, un lavoro che assorbe ben oltrel’orario concordato da contratto, è un fattore checi abitua a stare soli e ci allontana. Qualcuno,forse tutti, ne paghiamo lo scotto, prima o poi”.

Lo studio della voce è molto interessante.Non sarebbe stato meglio renderlo piùattivo per non creare troppa staticità inscena? Quindi donare alla performancepiù azione?Giacomo Troianello – “So che è poco educatorispondere ad una domanda con un’altra, ma hol’istinto di chiedere: “Non sarebbe stato peg-gio?”. Se l’obiettivo è confidare un malessere(come potrebbe essere, non so, un mal di panciainimmaginabile), se il desiderio ultimo è faretestamento per avvertire il prossimo dei dannidelle proprie scelte, se chi parla è impaurito e habisogno di sentirsi rassicurato, se il contenuto di

quanto si dice è delicato e merita una cura par-ticolare tanto nel linguaggio quanto nei gesti,se siamo sotto interrogatorio prima da noi stes-si e poi da chi ci vuole bene, allora stare fermi edire, semplicemente dire è la medicina migliore. Il movimento deve nascere da un bisogno, se ilbisogno è altro, il movimento non ha ragioned’esistere, diventa un più, uno stile superfluo,l’ennesimo tentativo registico di attivare l’atten-zione del pubblico, un circo in cui l’attore è indi-scussamente una vittima. Che il teatro sia illuogo dell’azione, è una frase che, grazie a Dio,iniziamo a saper interpretare, noi che siamo glioperatori del teatro: l’azione non è solo fisica,l’azione è anche fisica e, soprattutto, non neces-sariamente”.Maria Chiara Tofone – “Tre Once di Lana neraprevede la regia in scena, l’uso dei microfoni e divolumi e ritmi importanti accanto a momentipiù intimi. Quindi l’audio, le musiche, la relazio-ne che io ho con il microfono, sono state studia-te in modo da poter produrre in me ma anchenello spettatore un percorso emozionale chepassa per la maggior parte attraverso il canaleuditivo. In questo caso ci siamo dovuti adattaresul momento alle condizioni del festival e pur-troppo l’audio della performance, la dinamicità,così come la sua ricezione da parte del pubblicosono risultati limitati rispetto alla portata cheavrebbero potuto avere in condizioni migliori.Riguardo alla staticità, è proprio grazie ad essa econ la compressione emotiva che questa condi-zione mi permette, che posso esplorare l’immo-bilità che unicamente chi è solo conosce. Inutileagitarsi senza prospettive. Ed è proprio grazie aquella staticità che l’unico momento di evasio-

ne e di salvezza acquista la potenza di un boo-merang, quando ci si accorge che si stava solosognando ad occhi aperti”.

Come ti sei sentita nell’interpretare iltesto e quale lo stato d’animo nell’esserticalata nella parte di un’astronoma?Maria Chiara Tofone – “La prima volta che holetto il testo ho istintivamente sentito che c’era-no alcune cose che avevano risonanza in me,sulle quali avrei potuto lavorare a fondo e chestavo sviscerando già da tempo. E queste sonostate le boe sulle quali mi sono appoggiata, aiu-tata dall’intelligenza delle parole di EmanuelePrincipi e dal lavoro fatto con GiacomoTroianiello. In realtà con Giacomo non abbiamotradizionalmente lavorato sul “personaggio”,quindi sulla possibile astronoma, su chi è, doveè, la sua biografia, ecc… ma il collante è datooltre che dalle boe di cui dicevo prima e dalleparole, da un lavoro sonoro sul significante, dal-l’essere un contenuto di diversi stati emotivi inascolto della situazione, della musica, di ciò cheaccade intorno e di chi mi parla. Onestamente,uno dei lavori più complessi e più stimolanti cheio abbia mai avuto la possibilità di fare. PerchéTre Once di Lana Nera è denso di segnali che lospettatore può raccogliere, perché le parolehanno la potenza della fragilità e di quellebombe che fra poco esploderanno ma ce leteniamo dentro perché è meglio così, perchéattraverso una struttura registica ben collauda-ta mi dà la possibilità ormai da un anno di scen-dere in profondità, fare delle scoperte e risalirecon la consapevolezza di aver viaggiato”.

ANNALISA CIVITELLI

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“Un testo denso di segnali che lo spettatore puòraccogliere, perché le parole hanno la potenzadella fragilità e di quelle bombe che fra pocoesploderanno ma ce le teniamo dentro perché èmeglio così, perché attraverso una strutturaregistica ben collaudata mi dà la possibilitàormai da un anno di scendere in profondità, faredelle scoperte e risalire con la consapevolezza diaver viaggiato.”Queste sono le parole che MariaChiara Tofone utilizza per descrivere il suo statod’animo nei confronti di un testo, scritto daEmanuele Principi, drammaturgicamenteintenso e incentrato sulla solitudine.Tre once di lana nera è un monologo recitatodalla stessa Tofone, al fianco di GiacomoTroianiello. Un lavoro complesso, come ci spie-gano entrambi in questa intervista.

Come nasce l’idea di Tre once di lana nera?Giacomo Troianello – “L’idea nasce a seguiredi un altro spettacolo, intitolato “Albe Bianche”.Si tratta, questo, del secondo episodio di una“trilogia della solitudine”. Ho telefonato adEmanuele, chiedendogli un testo che trattassedel tema della solitudine indotta su se stessidalle scelte della propria vita, pertanto una soli-tudine che non fosse inaspettata, della qualenon sentirsi vittime. Il lavoro, la società, la vitastessa, sono risultati di scelte, sacrifici che por-tano appresso conseguenze spesso spiacevoli,come può essere l’isolamento verso il prossimo.Siamo individui che, fintanto che regge, ci sen-tiamo meglio da soli. Ma il tempo e la frustra-zione di non poter condividere nulla con alcuno,ci rovinano l’esistenza e siamo costretti a trova-re qualcuno con cui dialogare e sfogarci”.

Perché prendere in considerazione la vitaall’interno di un Osservatorio?Giacomo Troianello – “Si tratta di una meta-fora. Abbiamo preso ad esempio un luogo pos-sibile, per descrivere un luogo altro, che stadentro ognuno di noi. Avremmo potutoambientare la storia su un peschereccio allargo dell’Oceano Atlantico. Non lo abbiamofatto solo perché non abbiamo voluto, nonperché fosse importante parlare delle stelleo di un osservatorio. Le stelle si trovanotanto in mare aperto, quanto al di sopra diun Osservatorio. Il risultato che ci interessa-va è la distanza, il tema della distanza siconfonde e si mescola con quello della soli-

tudine. È la causa, è l’effetto, è connaturatoed è quello che avevamo bisogno di far emer-gere”.

Che significato ha, di questi tempi, la soli-tudine?Maria Chiara Tofone – “Credo che sia unacondizione interiore innanzitutto. Non ha a chefare con quante persone abbiamo intorno oquanto sociale sia la vita che facciamo. E quan-do non è quella solitudine che si cerca per unbenessere temporaneo con se stessi, allora puòdiventare anche una spirale a scendere. Perchéchi è isolato diventa sempre più sensibile allescottature e perciò si protegge isolandosi,

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Tre once di lana nera

Maria Chiara Tofone e Giacomo Troianiello“Le parole hanno la potenza della fragilità”

Per conoscersi meglio, la solitudine diventa un richiamo, uno sguardo interioreche approfondisce il malessere e trova il modo di riemergere e non affogare. Eproprio il concetto di staticità divengono una chiave di comunicazione, perché ildolore rende statici ma, ribaltando l’idea, tutto può cambiare e ricominciare amuoversi

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più di vent'anni. La paura è proprio quella didistruggere questo rapporto, svelando le veri-tà e quindi, di fatto, non salvandolo. Nella vitasiamo tutti degli attori: mentire significa reci-tare una parte per rappresentare un qualcosache non sei. Noi abbiamo usato il teatro comeuna sorta di ‘meta-teatro’, per parlare di reci-tazione con la recitazione stessa. Queste duepersone, che fino alla cena hanno finto, allafine si rendono conto che ambedue nonhanno fatto altre che recitare un ruolo pervent'anni”.

Il perfetto sconosciuto nominato inscena spesso dai due personaggi e mairivelato può essere identificato come un‘escamotage’ necessario per permetterealla coppia di recitare la parte della rela-zione perfetta, anche dopo tanti anni dimatrimonio?“L'idea è dell'autore, Francesco Rizzo, ed è uti-lizzata per fa capire la proiezione del pubblico,che è esso stesso il perfetto sconosciuto, ossiail ‘dottore’ che osserva attraverso lo specchio,perché in fondo il pubblico sta lì che guardanoi dentro a una stanza divisi da uno ‘spec-chio’. Il dottore, dunque, è proprio il pubblico,che si riconosce nei personaggi. Quindi, è unpo' come parlare con il pubblico attraversouno ‘specchio’, che è la ‘quarta parete’ del tea-tro, quella che crea una distinzione tra l'attoree lo spettatore”.

In questa ‘quarta parete’ sembra essercianche un retaggio televisivo, una sortadi “Grande Fratello” che spia gli attori

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mostrandone le tante sfaccettature: inquesto meccanismo del mostrare il latoumano con la lente d'ingrandimento, c'èanche un’analisi della vanitas contem-poranea vittima dei social network? “Loro, all'inizio, fanno di tutto per mettersi inmostra, con la donna che chiede a lui di farleun complimento perché, in realtà, sa che èvista da questo dottore. Dopo vent'anni dimatrimonio non ci si guarda più come neiprimi tempi. Quindi, è un tentativo di far nota-re che la coppia va bene e si fa dei complimen-ti a vicenda. Ma la cosa non dura molto, per-ché all'interno di questa ‘gabbia’, loro decido-no di deporre le armi e si vedono per quelloche sono”.

Questo spettacolo porta la menteall'idea di ‘Perfetti sconosciuti’ di PaoloGenovese e di ‘Carnage’ di RomanPolanski: solitudine e paura possonoportare il quotidiano all'esasperazione? “Non s’inventano dei personaggi: ci sono real-mente. E la maggior parte delle volte le puoiincontrare dappertutto. Io stesso ho vissutouna storia molto simile, poi finita male, per-ché tante cose non ‘combaciano’ più, eppure sicontinua a fingere di piacersi. Noi abbiamomesso in ‘campo’ molte cose del nostro vissu-to. E anche Andrea Di Vincenzo ha contribuitoattraverso la creazione di una messa in scenaun po' televisiva, da serie Americana, parten-do da un testo che gli permetteva di adottarequesta soluzione: una stanza, una coppia, undottore che spia”.

Il colpo di scena finale, dal tono dram-

matico, è davvero inaspettato, serve arisvegliare le nostre coscienze, riportan-doci coi ‘piedi per terra’ nel dare il giustopeso a ogni aspetto dell'esistenzaumana?“I sei vassoi sono già 6 ‘colpi di scena’. E il fina-le è stato pensato così dall'autore per chiude-re il ‘cerchio’, al fine cioè di ‘battere un colpo’,anche se un po' amaro: la vita non sempre è‘rose e fiori’. E il ‘colpo’ di teatro sostituisce ilclassico ‘happy end’, lasciando lo spettatore unpo' spaesato. Insomma, la vicenda cominciaquasi come una commedia, ma poi mette anudo la vita veramente, dura e cruda com'è”.

Se all'inizio l’idea dell'amore viene ana-lizzata e, mano a mano, sempre piùscandagliata, si può dire che alla finetrionfa? “L'amore c'è, in particolare alla fine, perché ilmarito fa una scelta ben precisa: una decisionepresa proprio con il sentimento, anche se nellafollia più totale. Lo stesso desiderio di andare inun posto del genere per salvare il rapporto,anche quella è una scelta d'amore, perché oggile persone si lasciano definitivamente quandol'amore sembra non esserci più. Si può dire chel'idea è della moglie, ma lui, nel momento incui ha accettato, lo ha fatto perché ha ancoravoglia di rimanere insieme a lei. Infatti, in unabattuta glielo dice: 'Ho intenzione di svelarti imiei segreti, perché ho voglia di stare con te'.L'arrivo al ‘capolinea’ non è, dunque, del loroamore, perché in realtà loro vorrebbero conti-nuare. Ma spesso, nella vita, si impongono scel-te diverse”.

SILVIA MATTINA

Sandro Calabrese, innanzitutto puòdescriverci, sinteticamente, il vostrospettacolo: ‘La cena delle verità’?“È la vicenda di una coppia è in crisi da diversianni. La moglie decide, allora, di provareun’ultima ‘chance’ per salvare il matrimonio,portando la coppia a una seduta di psicotera-pia un po' particolare. Un dottore che decidedi fare degli esperimenti, chiudendo la coppiain una stanza dove vengono servite delle pie-tanze su dei vassoi. Portate che però non con-tengono cibi, ma alcuni ‘segreti’, che devonoessere rivelati. Il tutto avviene davanti a unospecchio, da cui il dottore assiste ai comporta-menti e alle verità che via via emergono. Èsemplicemente un modo ‘diverso’ per salvarela coppia. I segreti, inizialmente, sono tra i piùbanali e persino simpatici, ma poi diventanosempre più intimi, creando ancor più disordi-ne nel rapporto di coppia”.

Il rapporto di coppia portato in scenarispecchia le difficoltà di molti rapporti:su quali aspetti specifici vi siete concen-trati? “È stato carino riconoscere tra il pubblico per-sone che hanno vissuto, o che vivono ancora,quel tipo di conflitto che spesso si crea in unacoppia sposata da diversi anni. Insomma,molti spettatori si sono riconosciuti nella vio-cenda. Sono quelle dinamiche che accadonoquasi quotidianamente riguardanti diverbi sucose nascoste da troppo tempo e che, invece,bisognerebbe ‘tirar fuori’, perché non si puòportare un segreto fino alla fine. A volte, sidice che la verità va sempre detta. Invece, inquesto spettacolo, si percepisce che spesso laverità da sola non fornisce la soluzione e chespesso conviene nasconderla, così si vivemeglio. Mentendo”.

Fin dall'inizio, emerge e cresce una preci-sa riflessione che riguarda un anticodilemma: meglio una vita bugiarda mafelice, di una nuda e cruda verità che puòferire? “È quasi impossibile conoscersi, visto cheognuno di noi ha dei problemi già a compren-dere fino in fondo il proprio 'io', figuriamociquei segreti ai quali siamo affezionati per dirliproprio alla persona che vive accanto a te da

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Le cena delle verità

Sandro Calabrese"Abbiamo usato il teatro

come meta-teatro”Una vicenda che si svolge interamente in un internoche sembra un ristorante, ma non lo è. Un luogodove è stata allestita quella che sembra essere unacena: una tavola apparecchiata, alcune sedie e deivassoi. Tutto all'apparenza sembra presagire unatradizionale ‘pièce’ dal classico intreccio narrativoproprio della commedia all’italiana: un uomo e unadonna, ormai stanchi della loro vita insieme, deci-dono di ricorrere allo psicologo per mettere in ordi-ne i vari ‘pezzi’ della loro esistenza. La convenzionedella cena come 'esplosivo innescante' fa emergereuna coppia che appare in disaccordo su tutto e lasciafrantumare l'intimità da una serie di litigi, accuse,minacce e silenzi: la vera ‘partita’ si gioca tutta nelbinomio tra bugia e sincerità

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quello della droga era un problema vera-mente serio, lo spaccio raggiungeva livelliinimmaginabili di degrado. C’era davvero, e c’èancora oggi, un serio problema di mafia. Nonsolo I media locali, e in generale tutta l’opinio-ne pubblica, hanno cercato di insabbiare e farperdere la vicenda, ma anzi hanno ‘messosotto’ la memoria della ragazza”.

Il rischio quando si porta in scena unospettacolo del genere è alto. Tutti i per-sonaggi che hanno avuto un ruolo nel-l’omicidio di Palmina, sono al correntedi questo monologo?“Si, qualcuno dei figli delle persone che sonochiamate in causa ha anche condiviso suFacebook pensieri link riguardanti lo spetta-colo con pensieri che vi lascio immaginare.Diciamo che non stanno tranquilli. Fare unospettacolo del genere è un grande rischio,questo è vero. A Fasano, di certo non abbia-mo in programma di rappresentarlo, mal’abbiamo comunque portato nelle zonelimitrofe, dove la Sacra Corona Unita è domi-nante e sono contenta che il riscontro daparte del pubblico sia sempre stato ottimo”.

Oltre ad aumentare la consapevolezzasu una vicenda tanto grave, che ti con-tributo speri che lo spettacolo possacreare?“Oltre a far girare lo spettacolo, si sta cercan-do di far intitolare quanti più luoghi pubbli-ci possibili alla memoria di Palmina. AFasano ce ne sta uno, Magrone a Modugno èriuscito a fare altrettanto, con una bellatarga vicino ad una chiesa che è stata inau-gurata lo scorso 4 giugno e dove, per l’occa-sione, abbiamo rappresentato lo spettacologratuitamente. A Bari si sta rivelando un’im-presa, la pratica è ancora ferma in comune enonostante l’aiuto che abbiamo ottenuto enonostante siamo stati noi stessi a trovareun luogo adatto che potesse essere idoneoalla causa, nello specifico si tratta di unparco, ancora non si muove nulla. In consi-glio PD e Movimento 5 Stelle si sono scon-trati duramente: Alessandra Simone, consi-gliera del M5S che si era fatta promotricedella delibera, è stata duramente attaccata ela cosa è ancora ferma in attesa di ulteriori

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dibattiti. Per cosa? Per intitolare ad unaragazzina un parco di neanche 20 metri qua-dri? Questa è la prima volta che spingiamo‘un po’ più a Nord’, l’obiettivo è cercare diaumentare la consapevolezza della vicendaanche nel resto d’Italia, e Roma può essereun ottimo punto di partenza”.

Di solito questo tipo di spettacoli, dalmomento che trattano argomenti sen-sibili e di grande interesse civico e civi-le, godono di riconoscimenti e sovven-zioni da parte delle autorità e dalleistituzioni.“Non nel nostro caso. L’unico comune che ciha patrocinato è quello di Modugno, comeindicato anche nella locandina, proprio gra-zie al dott. Marrone. Il sindaco di Poliranno amare, saputo delle nostre campagna firmeper intitolare a Palmina dei luoghi nei comu-ni, ci ha contattato per dirsi interessato alnostro progetto. Per il resto zero”.

Ci sono stati altri casi similari a quellodi Palmina?“Ma guarda la prostituzione era un fenomenoconsolidato, è un fenomeno consolidato.Questa vicenda è emersa solo perché Palminasi è ribellata. Di prostituzione ce ne era e ce neè tanta. Si parla di terra di nessuno”.

Domanda banale ma in questo casocredo legittima: hai paura?“Un po’. Non tantissima. Quando abbiamo

deciso di fare lo spettacolo avevamo messoin conto che il rischio ci fosse. Non avevamopensato però che potessero accadere tantecose che son successe. La voce casualmentesi è sparsa, sono usciti articoli sulla stampanazionale, alcune persone che erano statecoinvolte nelle indagine sono morte in unsusseguirsi di eventi così ravvicinato chelascia pensare, ma questo ci ha spinto anco-ra di più ad andare avanti. La cosa davveroimportante è che i famigliari, quelli cheerano con Palmina, ci sono grati e sostengo-no il nostro operato, anche se purtroppo nonhanno mai avuto di vedere lo spettacolo nénoi siamo mai riusciti ancora ad incontrarli.La locandina dello spettacolo, dove c’è quel-la grande foto di Palmina, è un dono dellasorella Mina che ci ha concesso di utilizzarla”.

GIORGIO MORINO

Barbara Grilli, come sei venuta a cono-scenza della storia di PalminaMartinelli?“Io sono nata nel 1983, quindi ero molto pic-cola quando si svolsero i fatti che raccontonel monologo. Mi era capitato di vederedegli speciali televisivi, del tipo ‘Chi l’havisto?’ che avevano trattato la vicenda manulla di più. Poi ho incontrato artisticamen-te Giovanni Gentile, autore e regista dellospettacolo, che essendo più grande conosce-va i fatti meglio e me ne ha messo a parte.Durante uno degli incontri che abbiamoavuto e a cui era presente anche FabioCeglie, uno degli esperti che si sono occupa-ti della nuova perizia voluta dalla Corte diCassazione nel 2012 alla riapertura del casoPalmina. Insomma per farla breve, Giovannimi chiama e mi chiede di fare uno spettaco-lo su Palmina. Io all’inizio ho pensato chefosse pazzo, non sapevo cosa avrebbe scritto.Dopo essermi nuovamente documentata eaver scoperto altre informazioni e ci siamomessi al lavoro”.

La stesura del testo ha visto anche lacollaborazione del pubblico ministeroche all’epoca aveva raccolto la testimo-nianza di Palmina, Nicola Magrone,oggi sindaco di Modugno?“Non c’è stata in realtà una partecipazionealla stesura del testo teatrale. Giovanni hascritto il testo e molte cose che dico sul palco

sono in realtà interviste e resoconti dei variappelli in tribunale in esso inseriti. Quandoabbiamo debuttato con lo spettacolo abbia-mo deciso, con Giovanni, di invitare anche ildott. Magrone, pensando che non sarebbemai venuto. Invece si è presentato e si èposizionato in prima fila. Io a momenti sven-go, perché molte delle cose che dico durantelo spettacolo sono frasi dette da lui durante iprocessi. Era molto importante che lo spet-tacolo funzionasse e che rendesse giustiziaalla vicenda di Palmina e, in questo senso, ilcomplimento più bello ce lo ha regalato pro-prio il dott. Magrone dopo la prima: ‘avetecapito tutto’ ci ha detto”.

Oltre ai personaggi appena citati, chialtri hai conosciuto che sono stati coin-volti nella vicenda?“Noi siamo in contatto con due delle sorelledi Palmina, Mina e Carmen. Entrambe sonoscappate, Mina oggi vive a Napoli e Carmenin Svizzera. La famiglia dopo la vicenda si èdivisa, spaccata tra coloro che erano con econtro Palmina”.

Non si è creato quindi, come avvienespesso per le vittime di mafia, un comi-tato che ne conservasse la memoria.“No, assolutamente! Anzi. Bisogna capireche il comune a Fasano negli anni ’70 e ’80

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Palmina: amara terra mia

Barbara GrilliIl silenzio intorno alla verità

Un monologo lacerante, che distrugge le convinzioni sulla giustizia e lascia sgo-menti di fronte all’indifferenza per una tragedia tanto grave: la morte di una gio-vane arsa viva in provincia di Brindisi nel 1981. Della storia di un’adolescentestrappata alla vita in un modo brutale e delle difficoltà di affrontare, ancoraoggi, il muro di omertà che circonda la vicenda. Ne abbiamo parlato con l’attri-ce barese che, sotto la regia di Giovanni Gentile, ha portato in scena questo testo

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l'imboccare la battuta. In seguto, però, si è crea-ta una ‘seconda fase’, nelle scuole di Grosseto,dove abbiamo cominciato a sperimentare la for-mula del confronto tra tutti i poeti e il riscontroè stato tale da portarci a deciderere di mescola-re tutti questi aspetti e portarli, per la primavolta, al Fringe”.

Quali sono gli elementi in comune tra ilvostro spettacolo e I vari ‘talent show’televisi, da ‘X Factor’ passando per ‘Amici’fino a ‘Tu si que vales’? Alessandro Di Murro:“Ci siamo preparati sullamateria partendo da un’osservazione a 360gradi. E abbiamo trovato degli ‘stilemi’che sonocomuni in tutti I ‘talent’: la prova per decretarechi è il più bravo; l'inviato, spesso incapace difare il proprio lavoro; l'opinionista; gli applausi.Questi ultimi, nei ‘talent show’, vengono utiliz-zati per dare importanza a chi viene applaudito:una cosa triste e grottesca al medesimo tempo”.Enea Chisci: “Questo è stato un elemento deci-sivo, per noi: il ‘giro’ di applausi che parte dalpubblico ai concorrenti, da questi alla regia, perpoi tornare al pubblico, è un circolo ‘vizioso’totalmente fuori dalla realtà. Non è l'applausoche ti autorizza o ti qualifica, soprattutto quan-do viene totalmente a mancare ogni elementodi sponateità”.

L'esigenza di spettacolarizzare le debolez-ze e le virtù dell'essere umano passaanche da un ‘reality’ in cui i concorrentisono dei poeti? Enea Chisci: “Noi abbiamo scelto questi tre

poeti anche per una questione narrativa, per-ché erano funzionali alla nostra necessità dicreare lo strano ‘incrocio’ tra poeta e guerriero.Il pubblico vota attraverso facebook, o tramitemessaggi al numero che ogni volta passa insovraimpressione. Quindi, il vincitore cambiaogni sera. Noi abbiamo semplicemente acco-stato a ogni poeta un genere musicale inmodo assolutamente spontaneo. Per esempio,nell’ormai famoso ‘rap futurista’ di Marinetti,molti ci hanno detto che forse l'avrebbe crea-to realmente anche lui. Invece, D'Annunziopotrebbe sembrare uno dei quei cantautori‘indie’ che ci provano e vogliono sempre esse-re sopra le righe’.Alessandro Di Murro: “Attenzione, però: quisubentra un elemento ‘centrale’ dello spetta-colo, cioè l'eliminazione di Umberto Saba pernon aver mai combattuto in guerra. E’ un’ideache rientra in quelle dinamiche del reality,come nel ‘teatro della sospensione’, in cui lospettatore accetta degli elementi che sono,con piena evidenza, inverosimili. Mark Twaininsegna che la realtà è più interessante dellamenzogna, perché la prima non ha alcun biso-gno di essere verosimile, mentre la seconda sì.Nonostante ciò, accade che ci accorgiamo cheun poeta, arrivato alla finale dopo ottanta-quattro episodi, non doveva essere nel ‘reality’.Nel nome dello spettacolo e della sua velocitàc'è tutto un mondo, quello televisivo, dovenon c'è tempo per riflettere: appena si arrivaal ‘climax’ ne nasce un altro, per andare avan-ti. E qui si conclude, con l'epicità di un solovincitore: il 'tripoeta'. Un solo attore è nasco-sto dietro ai tre diversi ‘cartonati’perché si votala ‘figura’, non la sostanza”.

Il vostro spettacolo non rischia di caderetroppo in una certa ‘ridicolizzazione’ dellafigura del poeta? Enea chisci: “No: i poeti rimangono loro stessie le parole dette sono loro frasi. Noi giuochiamocon loro, ma siamo consapevoli che le cose sonomolto più complesse…”.Alessandro Di Murro: “Il monologo del came-raman, per esempio, è tratto da un testo di unpoeta loro contemporaneo, Luigi Pirandello.Sono le ultime pagine dai 'Quaderni di SerafinoGubbio operatore'. In quest'opera, il poeta rac-conta di un operatore che vede una personauccisa da una belva e continua comunque il suolavoro. Dunque, in questa figura noi abbiamo

visto lo spettatore, che si lamenta dei ‘reality’,ma poi tutti guardano tutto. L'operatore è ilnostro ‘occhiolino’ non per dire quello che pen-siamo, ma per dare al pubblico uno spunto diriflessione più profondo, un’attenzione a unaspetto che deriva fondamentalmente dalleacquisizioni storiche del ‘900, nel momento incui io accetto e, quindi, permetto”.

Le figure dei due conduttori indossanouna sorta di manovella sulla schiena: pos-sono essere definite delle moderne‘marionette’? Alessandro Di Murro: “Sono due giocattoli. Eil fatto che loro leggano sempre il ‘gobbo’ indicache, in realtà, non sanno cosa stanno facendo,ma sono stati ‘indottrinati’ all'audience. Nonfanno altro che interrompersi, a ‘darsi sulla voce’l'uno con l'altra, perché non c'è complicità traloro, mentre i 3 poeti, dietro di loro, sonoun'unica voce”.Enea Chisci: “Insomma, i due presentatori rap-presentano le ‘opposizioni’ nella scelta di unuomo e di una donna e risultano ‘caricati’ perarrivare fino in fondo. Non importa come, madevono portare il programma fino alla fine”.

E la messaggistica finale? Alessandro Di Murro: “Abbiamo sfruttato lagigantesca fonte di internet e attinto a uno stu-dio di tutto un anno: il risultato è una sintesiall'interno di una struttura”.Enea Chisci: “L'intuizione è stata quella di farrivolgere qualcuno ai tre poeti. E lì ci siamoscontrati con la realtà, cioè con chi gli avevamosso critiche. Come, per esempio, D'Amico conMarinetti”.

’Poeti in trincea’ è un ‘reality’ che critica ilformat dei ‘reality’? Alessandro Di Murro: “Noi abbiamo soloriprodotto una realtà che vediamo nel nostrotempo attraverso l'uso del paradosso: uno stru-mento molto utilizzato in teatro. Ognuno puòtrovarci qualcosa: c’è chi ci vede uno spettacoloche si concentra sulla ‘presa in giro’e chi riesce aintravedere quel conflitto che noi volevamo faremergere”.Enea Chisci: “A mio parere, è solo una rappre-sentazione a ‘cavallo’tra il comico e il teatro del-l'assurdo, anche se improntata sulla teatralità,con i tre cartonati come maschere moderne”.

SILVIA MATTINA

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Lo spettacolo è quadro colorito e variegato, cheviene sapientemente gestito dagli attori inscena: Cristiano Demurtas, Alessandro Di Murro,Lida Ricci ed Enea Chisci. I concorrenti del ‘con-test’ sono chiamati a sfidarsi “in poetica tenzo-ne”, a colpi di versi e componimenti improvvisa-ti, cantando a ritmo di ‘ukulele’e ‘rappando’poe-sie celebri, che vanno da ‘La pioggia nel pineto’a ‘Bombardamento’, alle ossessive ‘onomatopee’futuriste, fino alla semplicità ingannevole di‘Mattina’. Una provocazione in pieno ‘stileFringe’, quella proposta da questo giovanegruppo: una ‘miscellanea’ stridente di forma econtenuti che riesce a straniare lo spettatore,incapace di capire se prendere sul serio la ‘poeti-ca’ calata nel contesto moderno del 'talentshow'. L’esperimento è efficace, diverte e ‘strap-pa’ più di qualche risata di gusto, anche grazieall’istrionismo degli attori: Cristiano Demurtas eLidia Ricci sono due ottimi ‘stereotipi’ dei pre-sentatori televisivi di oggi, ossessivamente ripe-titivi e ridondanti; Alessandro Di Murro interpre-ta, invece, i tre poeti sulla scena, cogliendonepienamente le caratteristiche peculiari e i laticaratteriali sopra le righe, proponendoli aglispettatori in un turbinìo di ‘scambi al vetriolo’ e,in alcuni frangenti, inscenando veri e propri attidi ‘nonnismo’ ai danni del povero Ungaretti.Geniale, infine, la trovata iniziale dell’elimina-zione di Umberto Saba e le successive sommos-se popolari nella città di Trieste

Alessandro Di Murro ed Enea Chisci, comemai avete deciso di coniugare la poesia,un genere così ‘aulico’, con i reality e queiprogrammi televisivi che tendono a merci-ficare la cultura? Alessandro Di Murro:“Abbiamo voluto gioca-re proprio su questo paradosso e, dallo spetta-colo, volevamo far uscire il conflitto tra due lin-guaggi differenti: da un lato, questi tre poeti diinizio ‘900, con l'utilizzo della parola scelta eponderata, ‘squarciata’ (Marinetti) o ridottaall'osso (Ungaretti); dall'altro la nullità dell’at-tuale linguaggio televisivo, interamente prote-so a catturare l'attenzione del pubblico. Il giocosi concentra in particolare nella parte in cui ipresentatori insistono sulla continua ripetizionedegli stessi concetti. Per quanto possa darefastidio, il ‘reality show’ è lo specchio del nostroperiodo storico, perché sono numerose le perso-ne che guardano questo tipo di programmi tele-visivo: molto più di quelle che leggono il

'Notturno' di D'Annunzio”. Enea Chisci: “In tal senso, è emblematico lo‘zapping’ iniziale, nel quale abbiamo imma-ginato un ipotetico telespettatore che cam-bia i canali, mostrando come primo e ultimovideo quello del cuculo, un uccello ‘parassita’che depone le uova nei nidi di altri uccelli e,appena nato, ancora cieco e senza alcunacognizione di sé e della realtà, come primoistinto ha quello di buttare fuori le altreuova. Può essere simile a quello che fanno i‘reality’ con il canto, la danza, la recitazionee con il talento delle persone: il ‘nido’ diven-ta individualismo malato”.

Come nasce la scelta del titolo: M. U. D. –Poeti in trincea? Enea Chisci: “Poeti in trincea è l'abisso, la spor-cizia e il fango. E noi, come amanti dei giochi diparole, lo abbiamo scelto per parlare diMarinetti, Ungaretti e D'Annunzio come ‘poeti intrincea’. Lo spettacolo nasce da tante altre cosee, prima di arrivare all’idea del ‘reality’, siamopartiti dallo studio dei poeti e abbiamo portatoin ‘giro’ una prima versione nelle scuole, soprat-tutto in Toscana, dove c'erano sempre i tre poetiche si confrontavano”. Alessandro Di Murro: “È vero: durante quellenostre perfomance è emersa la difficoltà nel-

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M.U.D. Poeti in trincea

Compagnia della cretaGli scontri di ‘poetica’

Premiati con la ‘Menzione speciale’ dal sito ‘Laici.it’per ‘meriti poetici’, lo spettacolo della compagnia‘Gruppo della Creta’ è basato su una ‘formula’ tuttosommato semplice: in un ‘contest’ televisivo, siaffrontano tre ‘poeti immortali’ della letteratura ita-liana che hanno preso parte e scritto poesie durantela prima guerra mondiale: Filippo TommasoMarinetti, il padre del 'movimento futurista';Giuseppe Ungaretti, che ha saputo raccontare ilmale e il dolore della guerra rielaborando, nei suoiversi, il 'simbolismo francese'; Gabriele D’Annunzio,poeta del piacere e dell’interventismo

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La performance ha inizio con un ragazzo sedutoalla scrivania davanti ad un pc, i suoni sonoquelli tipici di WhatsApp e Skype, quando arri-vano messaggi e notifiche. Una volta in piediinizia a chiudere virtualmente le finestre apertee parte a raccontare i comportamenti spessoerrati delle persone, in particolare delle nuovegenerazioni, i cosiddetti ‘millennials’, abili nelmaneggiare il web, ma alcune volte troppodipendenti dalla tecnologia. Ma non solo, que-sto lavoro teatrale che abbraccia il cabaret e la‘stand up comedy’, è una sorta di denuncia, ungrido di ribellione verso situazioni in costantecontraddizione, dove non esistono regole, dovela parte ‘sommersa’ nasconde illegalità e assen-za di controllo. E tra dati e statistiche, elencaticon precisione e minuzia, risulta evidente comeil tempo scorra e non ci rendiamo conto chequalcosa ci sfugge. Aumentano i ‘like’, cresconole visualizzazioni, ma il vivere assiduamentecollegati ai cellulari e ai dispositivi, non è tuttonella vita. Manuele Laghi ci lancia dei messag-gi, ci mette in guardia, e con la katana, l’armadei samurai, cerca di allontanare gli abusi, leattitudini negative nell’interazione telematica.Perché si può navigare, ma senza eccedere, concautela. Incontriamo l’attore per saperne di più.

Manuele Laghi, quale è stata la scelta perla tua preparazione professionale e cometi sei avvicinato al teatro?“Ho iniziato a studiare teatro una decina di annifa per gioco frequentando corsi serali, poi peròmi sono reso conto che volevo di più e mi sonoiscritto alla scuola di Teatro Arsenale di Milano.Successivamente ho seguito diversi seminari elaboratori per attori con Mamadou Dioume ePaola Bechis. Con le persone incontrate durante

la formazione cinque anni fa abbiamo fondato‘La compagnia della Mola’ e il gruppo comico‘Tracataiz’per proporre principalmente testi ori-ginali e lì ho iniziato a scrivere. Di sicuro la partedi lavoro sul campo è stata la più istruttiva.Provare, rischiare, osare, fallire insegna più diqualsiasi scuola, è retorico ma è vero”.

Come è nato questo testo e qual è il tuorapporto con la rete?“Il testo nacque per essere inserito nel reperto-rio comico delle serate dei Tracataiz (il trio com-posto da me, Laura Martelli e Pietro Di Giorgio),infatti molti argomenti sono in comune con glisketch che creiamo insieme. Però il monologorisultava troppo teatrale per una serata di caba-ret e quindi, con l'aiuto di Dario Del Vecchio cheha lavorato con me per la messa in scena e l'in-terpretazione, è diventato uno spettacolo a séstante. Io sono laureato in informatica e conoscoil mondo di internet abbastanza bene anche dalpunto di vista tecnico. Lo trovo un mezzo straor-dinario, ma bisogna stare attenti a non abusar-ne per non diventarne dipendenti”.

Perché hai scelto l’arma dei samurai, checosa rappresenta la Katana?“La katana fa parte dell’immaginario collettivocome l’arma in grado di affettare qualsiasi cosa.I Samurai sono dei guerrieri con un forte codiceetico. Mi piace pensare di essere uno di loro checombatte sotto il segno della giustizia contro leaziende che usano ogni tipo di trucco per ven-derti i loro servizi”.

Da Facebook a Instagram, da Whatsapp aGoogle, dallo spam fino alle assidue pub-blicità telefoniche, hai fatto un viaggio di

esplorazione e critica pungente. “Molte delle battute e dei riferimenti sono riela-borazione di cose che esistono già in rete, i datie le cifre riportate sono autentici. Ho fatto diver-se ricerche su internet e sul campo. Sono anda-to per giorni e giorni in centro a Milano a farmiintervistare e a cercare di farmi vendere abbo-namenti a qualsiasi cosa. Poi come tutti quellidella mia generazione ho lavorato anche io inpiù di un call center”.

Come è cambiato il ruolo dell’attore nel-l’era digitale?“Non so, al giorno d’oggi non esiste più l’attorescritturato, devi proporti tu, scriverti i testi,inventare situazioni, ma non credo dipenda daldigitale (e probabilmente è sempre stato così,ma noi siamo legati all’idea dell’attore che sta acasa a fare training e l’agente che gli trova leparti). Il digitale è una risorsa in più, ho vistopersone che per proporsi come attori sonodiventate dei finti youtubers, ma non so se èfunzionale. Comunque il digitale permea ilnostro modo di vivere e quindi penso che unattore (ma ancora di più un autore) debba cono-scerlo per comunicare con il mondo di oggi”.

Affronti anche l’argomento Deep Web, laparte sommersa che solo pochi conoscono.Cosa ne pensi di questa realtà?“È un mondo affascinante, difficile da compren-dere, negli ultimi anni è stato molto spettacola-rizzato grazie alle serie tv (Mr.Robot e House ofCards in particolare). È difficile entrare nel det-taglio senza usare un linguaggio compresibilesolo a “smanettoni”. Diciamo che è interessantesapere la maggior parte di cose che esistono suinternet non le trovi con Google”.

MICHELA ZANARELLA

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Monologo per uomo e katan

Manuele Laghi“Il digitale

è una risorsa in più”Dai social network alle molteplici applicazioni, daYoutube al Deep Web, dai dialogatori alle compa-gnie telefoniche, un viaggio nelle abitudini e osses-sioni della gente

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