Il gioco nel branco: strumento educativo del metodo LL. gioco nel branco... · J. Piaget...
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Il gioco nel branco: strumento educativo del metodo LL.
Principi e tecnica
19/07/2011
Giulia Fiorentino
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Il gioco nel branco: strumento educativo del metodo LL. Principi e tecnica.
“Senza nemmeno lo supponessero, in quei pomeriggi di giuochi sotto il sole
imparavano delle cose che avrebbero ricordate e sarebbero poi state loro utili in tutti i giorni della loro vita.” (B.P.)
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Indice: 1. Introduzione ............................................................................................................................. 4
2. Cenni di psicologia .................................................................................................................. 5
2.1 Gioco e sviluppo affettivo ...................................................................................................... 8
2.2 Gioco e sviluppo cognitivo .................................................................................................... 9
2.3 Gioco e sviluppo sociale ...................................................................................................... 11
3. Gioco è Scautismo ................................................................................................................. 13
4. Il gioco in Branco .................................................................................................................. 16
5. La progressione attraverso il gioco ....................................................................................... 20
6. La programmazione del gioco ............................................................................................... 22
7. Lancio e conduzione .............................................................................................................. 24
8. Quale gioco? .......................................................................................................................... 27
9. Attualità dei giochi che proponiamo ...................................................................................... 34
Appendice: “Evoluzione storica degli studi psicologici e pedagogici sul gioco” .................... 35
BIBLIOGRAFIA ......................................................................................................................... 36
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1. Introduzione
“Ecco allora lo scopo più importante dell’istruzione del Boy Scout - educare;
non istruire, ma educare, ricordate bene, il che significa portare il ragazzo ad imparare per se stesso,
di propria spontanea volontà, quelle cose che lo aiutano a rafforzare il carattere”(B.P.)
La tesi che presento è frutto di un approfondimento del lavoro da me svolto nel 2010-2011 per realizzare, con i contributi di tutti i componenti della muta nazionale, la dispensa del corso “Tecniche di conduzione di Branco”. Senza la pretesa di trattare in modo esauriente un argomento per certi versi “scontato” mi faccio guidare dall’esperienza fatta in branco e in muta, dalla lettura di alcuni “testi sacri” e non da ultimo dalla sensazione di benessere che il gioco ha scatenato in me che lo giocavo, da esploratrice e da scolta, e nei lupetti che con me hanno cacciato. Avendo sperimentato quanto non siano poi così “scontate” le potenzialità del gioco come strumento educativo, con questo lavoro voglio sottolineare quanto sia importante dare ad esso un ruolo centrale nelle nostre programmazioni, soffermandosi sugli obiettivi, i mezzi e le tecniche più adeguate . Sebbene il compito di educare sia solitamente demandato al sistema scolastico, l’UNESCO distingue tre tipi di educazione: 1. educazione formale: gerarchicamente strutturata, cronologicamente graduata. E’ il sistema educativo che si sviluppa dalla scuola elementare all’Università.
2. educazione informale: è il processo che dura tutta la vita e dal quale ogni individuo acquista, dall’esperienza quotidiana attitudini, una scala di valori, abilità e conoscenze e dal suo ambiente influssi educativi e risorse.
3. educazione non formale: è una attività educativa organizzata al di fuori di un sistema formale definito ed è posta al servizio di una utenza ben identificabile e di un identificabile obiettivo dall’apprendimento.
Lo Scautismo appartiene all’ultima categoria, dato che è una istituzione organizzata avente uno scopo educativo ed è indirizzata ad un pubblico determinato - si rivolge ai giovani: è un movimento giovanile, nel quale il ruolo degli adulti consiste nell’aiutare i giovani a raggiungere degli obiettivi. Lo Scautismo, in quanto movimento educativo, punta ad un totale sviluppo delle capacità di una persona attraverso attività che non sono mai fine a se stesse, distinguendosi, quindi, da un movimento puramente ricreativo:
“Il fine dell’educatore è di insegnare a ben vivere; ora, se per il bambino giocare è vivere, occorrerà insegnargli a ben giocare. Soltanto così ci saremo veramente messi in condizione di entrare interamente nella mentalità del bambino, in quanto considereremo il gioco dal suo stesso punto di vista” (F. Catani da Estote Parati 1949).
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2. Cenni di psicologia1
“L'istinto naturale del bambino è di sviluppare la propria personalità
tramite un esercizio che chiamiamo gioco; egli ha un desiderio innato di realizzarsi: vuol fare cose e superare difficoltà per essere soddisfatto”.
(B.P. Taccuino p. 82)
“Il gioco è la cosa più importante della vita di un bambino” (B.P.
Manuale dei Lupetti), attraverso il quale, a seconda dell'età, stimola
la propria creatività, entra in relazione con gli altri, impara a
rispettare le regole.
Se per gli adulti il gioco è sostanzialmente ricreazione, per i bambini il
gioco è un’attività seria; nel gioco si è impegnati a svolgere un
compito, che implica concentrazione, finalizzazione, impegno nel
portarlo a termine: capacità che messe in esercizio fondano
competenze utili in futuro -ma saranno nate per gioco!
È facile notare la propensione naturale che ogni bambino ha al gioco,
in quanto prova una sensazione di benessere nonché di divertimento.
Benessere Potremmo dire che proprio il beneficio che il bambino prova nel
giocare comporta e favorisce nuovi comportamenti: infatti, così
facendo, in maniera del tutto inconsapevole, il bambino sperimenta
soluzioni di adattamento alla realtà che lo circonda.
Per esempio un bambino che si trova in un gruppo di adulti che
parlano tra loro, cercherà di intrattenersi con qualche gioco inventato
sul momento per non annoiarsi (es. canzoncine, un balletto...) ed
adattarsi alla situazione.
Divertimento Il divertimento, nel senso di gratificazione immediata, inizialmente, è
di sicuro preminente, mentre solo più tardi, una volta che giungono
ad associare un'attività alla ricompensa, i bambini iniziano a
1 Al fine di rendere più agevole la lettura si rimanda in Appendice un approfondimento sull'evoluzione degli studi
psicologici, antropologici e pedagogici sul gioco.
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considerare un comportamento in vista di benefici più a lungo
termine. Ciò è dovuto allo sviluppo di abilità cognitive che
consentono al bambino di vedere il legame tra causa ed effetto. La
fascia di età che ci interessa vede appunto questa maturazione e ci
consente di strutturare giochi più complessi, ma non per questo
meno divertenti!
Osservare per capire È oramai universalmente riconosciuto che noi adulti osservando i
bambini giocare possiamo cogliere il loro mondo interiore e/o aspetti
della loro intimità, che altrimenti potrebbero rimanere latenti, oscuri;
si riesce a capire la personalità di un bambino, i suoi modelli e anche
la concezione che egli ha di se stesso. Questo perché nel gioco il
bambino esplicita e manifesta se stesso senza freni inibitori:
possiamo cogliere le sue ansie, le sue difficoltà, le aspirazioni, i
conflitti interni. Per tutte queste ragioni il gioco può anche diventare
uno strumento terapeutico che
permetta al bambino di superare
certi complessi.
Ad esempio nel caso di un
bambino molto geloso delle
proprie cose, si potrebbe ricorrere
ad un gioco in cui ciascun
partecipante deve mettere a
disposizione della squadra un
oggetto personale. Nel classico
gioco “tocca fulmine” si potrebbe
mettere la regola che per liberare
un compagno della propria
squadra bisogna mettergli in testa
il proprio cappello.
Creatività Nell’infanzia è il
gioco che permette alle
componenti creative, quali
immaginazione e fantasia, di esplicarsi sotto forma di spirito di
iniziativa, di intraprendenza e di innovazione di se stesso e del
contesto. Infatti il bambino, giocando, trasforma il mondo, e con la
sua fantasia determina nelle cose che vede un cambiamento
immaginifico. Una bottiglietta per un bambino diventa ora
un’astronave, ora un veicolo …
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Relazione con gli altri Un altro aspetto fondamentale è che il gioco prepara ai ruoli della
vita, esercitando una funzione sociale: pensiamo ai giochi di finzione
“io sono la maestra tu sei il bambino”; il bambino immagina di essere
qualcun altro, si investe di un altro ruolo, assume il modo dell’altro e
si mette nei panni dell’altro. Questo permette sin dall’infanzia di
comprendere l’altro ruolo, entrando nel gioco dell’empatia sociale, di
imparare l’altro, di comprenderlo, di interpretarne il ruolo e imparare
a socializzare. Perché socializzare significa sapersi riconoscere,
comprendere i compiti e il ruolo di ciascuno, le regole e i linguaggi, le
relazioni tra i personaggi interpretati. In questo modo il gioco diventa
occasione per uscire dall'egocentrismo – io sono al centro del mondo
e tutti girano intorno – e passare ad una visione in cui si riconosce
l'importanza dell'altro – sono uno tra tanti.
Gioco e sviluppo Il gioco serve al bambino per prendere possesso del proprio corpo,
per conoscere i propri limiti, per provare “a vuoto” certe funzioni
fisiche e mentali di cui avrà bisogno da adulto, per “giocare a fare”
quando non può ancora fare, per simulare situazioni che si
presenteranno più tardi senza incorrere nei conseguenti rischi.
“Il contrario del gioco non è ciò che è serio, bensì ciò che è reale” (S.
Freud, 1907)
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2.1 Gioco e sviluppo affettivo
Le modalità di gioco sono legate allo sviluppo emotivo del bambino e
vanno via via modificandosi con l'età, per questo sono rivelatrici del
suo equilibrio psichico.
0 - 1 anno Il gioco, che comincia fin dai primi mesi di vita, è fondamentalmente
fonte di sensazioni piacevoli ed è finalizzato alla ricerca di una serie di
sensazioni che gratificano e arricchiscono il “sé” che si sta
strutturando mano a mano.
Inizialmente il bambino gioca con il proprio corpo o con il corpo della
madre che, di fatto, è il loro primo compagno di giochi, ma tutti gli
oggetti che lo circondano attraggono la sua attenzione.
Queste attività si caratterizzano per il carattere esplorativo e
ripetitivo delle azioni, che serve al bambino per imparare a
distinguere fra il “sé” e il “non-sé”, per fargli capire dove finisce lui e
inizia la madre, percepita come parte di sé.
2 anni Con l'inizio del secondo anno il bambino si trova di fronte al
problema della separazione dalla madre e le conseguenti ansie
d'abbandono.
Il gioco può diventare espressione di questi problemi.
Piccoli giochi improvvisati e spesso ripetuti hanno la funzione di
controllare un evento spiacevole come la separazione. Un esempio è
quello raccontato da Freud: il nipote Ernst di diciotto mesi aveva un
rocchetto di legno intorno a cui era avvolto del filo; tenendolo per il
filo, il bambino gettava l'oggetto oltre la cortina del suo letto
facendolo sparire accompagnando l'atto con un "o-o-o" forte e
prolungato, (che significa, secondo la madre "via") poi tirava
nuovamente il rocchetto fuori dal letto e, ritraendolo a sé lo salutava
con un allegro "da" (che significa qui).
3 anni Compaiono i primi giochi di socializzazione, il bambino è interessato a
giocare con altri compagni, in particolare, prova piacere ad imitare il
comportamento degli adulti, gioca ad essere mamma o papà
indossando i loro abiti.
4 - 5 anni In questo periodo i giochi sono espressione delle dinamiche interne
che il bambino sta vivendo quali il gioco della bambola, il gioco del
dottore, il gioco a nascondino; attraverso questi giochi il bambino
drammatizza una punizione o proibizione subita.
6 - 10 anni I giochi diventano di gruppo e con regole, questo permette al
bambino di sperimentare lo stare con gli altri attraverso giochi
strutturati, le regole diventano funzionali ad un miglior svolgimento
del gioco.
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2.2 Gioco e sviluppo cognitivo
Il gioco riveste un ruolo fondamentale per lo sviluppo intellettivo:
esso, infatti, stimola la memoria, l'attenzione, la concentrazione,
favorisce lo sviluppo di schemi percettivi, capacità di confronto,
relazioni ecc. Una carenza di attività ludica denuncia, nel bambino,
gravi carenze a livello cognitivo.
J. Piaget (1896-1980) mette in correlazione lo sviluppo del gioco con
quello mentale, affermando che il gioco è lo strumento primario per
lo studio del processo cognitivo del bambino.
Secondo Piaget si possono individuare tre stadi di sviluppo del
comportamento ludico.
Giochi di esercizio Questi prevalgono nel primo anno di vita, nella fase cosiddetta
“senso-motoria”: il bambino, attraverso l'afferrare, il dondolare, il
portare alla bocca gli oggetti, l'aprire e chiudere le mani o gli occhi,
impara a controllare i movimenti e a coordinare i gesti. Il piacere che
deriva da questi giochi, spinge il bambino a ripeterli più volte.
Giochi simbolici I giochi simbolici caratterizzano il periodo che va dai due ai sei anni di
vita. Si sviluppa la capacità di immaginazione e di imitazione, per cui i
giochi preferiti sono quelli in cui, ad esempio, il bambino si
improvvisa attore (finge di dormire, di cadere) o magari regista
(chiede ad altri di fingere di dormire o cadere). Il simbolismo che
emerge da queste attività permette di riprodurre esperienze viste ma
non ancora direttamente sperimentate.
Ciò che è importante sottolineare, però, è che il bambino è
consapevole di fingere, di mettere in scena una realtà immaginata: è
il suo modo, naturale e spontaneo, di “possedere” le regole del
mondo. Nei giochi simbolici assume una notevole importanza il
linguaggio: con una parola ogni oggetto può essere trasformato in
qualcosa di diverso, più bello, più utile e si sviluppa, inoltre, un primo
livello di dialogo, seppure unilaterale, con i giocattoli, che vengono
coinvolti negli stati d'animo del momento.
Giochi con regole I giochi con regole li troviamo nel periodo dai sette agli undici anni,
nella fase detta “sociale”, in cui il bambino comincia a vivere il
rapporto con gli altri.
Il bambino, sperimentando la vita di gruppo, si trova di fronte a
determinate “regole” che è tenuto a rispettare. Lo spirito di
competizione o di cooperazione che derivano dalle relazioni
interpersonali, soprattutto in ambienti quali la scuola, la palestra
ecc., portano il bambino a preferire giochi che rispecchiano tale
realtà, in cui, cioè, le regole vengono viste non più come imposizioni
da accettare, seppur malvolentieri, ma come mezzi necessari per il
buon andamento del gioco stesso.
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La comparsa delle regole determina la fine del gioco infantile
propriamente detto o inaugurano una fase di crescita, altamente
educativa, in cui viene stimolato l'autocontrollo del bambino, la sua
capacità di concentrazione, di memoria ecc.
Attraverso il gioco capiamo le regole della realtà, facendo prima
esperienza della realtà delle regole: non esiste un gioco senza regole.
A questo punto sembra utile fare un piccolo cenno alla natura delle
regole: alcuni psicologi hanno cercato di riconoscere le caratteristiche
delle regole di un gioco.
Ad esempio Goffmann le suddivide in: regole di irrilevanza, regole di
trasformazione, regole di azione. (E. Goffmann, Espressione ed
identità, 1962). Le prime spiegano la capacità del gioco di assorbire
tutta la nostra attenzione: quando giochiamo ci estraniamo da tutto
ciò che ci circonda; questo tipo di regole costituiscono una sorta di
membrana protettiva. In seconda istanza entrano in gioco le regole di
trasformazione, che sottopongono a metamorfosi tutti i tratti
oggettivi dei partecipanti (età, status sociale, sesso), a volte
sovvertendoli.
Infine il gioco ha delle regole di azione che sono quelle vere e
proprie: definiscono tutto quello che si deve e non deve fare.
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2.3 Gioco e sviluppo sociale
Anche dal punto di vista sociale si può tracciare un’evoluzione del
gioco attraverso tre stadi.
Gioco solitario Tipico dei bambini più piccoli (pochi mesi di vita) che non si pongono
in una condizione di reciprocità con gli altri, in quanto l'attività è
principalmente individuale; non c'è interazione sociale. Da alcune
analisi è emerso che in linea generale un bambino di due anni non ha
ancora appreso bene come giocare con gli altri: dato che la sua
attitudine sociale, finora, è stata basata sull'esperienza fatta con gli
adulti, dovrà ora imparare ad instaurare un rapporto reciprocamente
piacevole con un compagno di giochi volubile, come può esserlo un
coetaneo.
Gioco parallelo Si rileva tra il primo e il terzo anno di vita, poiché il bambino comincia
a sentire il desiderio di integrarsi e comunicare con gli altri, di capire
le cose che lo circondano e per fare ciò si serve dell'uso di simboli. Il
bambino meno assorbito in se stesso desidera coinvolgere altri in
giochi che diventano complessi, assegnando e scambiando ruoli,
usando immagini, oggetti inventati ecc. I bambini si aiutano
reciprocamente ma si tratta essenzialmente ancora di un gioco
individuale. Gioco sociale Tipico dei bambini intorno ai quattro - cinque anni, età in cui
comincia la fase scolastica e si manifesta a pieno l'interazione sociale.
Nel gioco sociale o sociodrammatico vengono "interpretati"
personaggi riconoscibili e situazioni di vita reale; permette ai bambini
di provare ruoli diversi e di organizzare il gioco secondo una sequenza
strutturata, applicando quello che hanno imparato dalle esigenze
cognitive e sociale della vita quotidiana.
Una componente importante del gioco sociodrammatico è la
intercoordinazione: egli è ad un tempo regista, autore e attore.
Altre componenti essenziali del gioco sociodrammatico sono la
metacomunicazione e il role playing, due ulteriori strumenti che
segnano il passaggio da un gioco solitario ed egocentrico ad uno
sociale ed interattivo.
La metacomunicazione viene definita da Bateson (1971) come la
comunicazione che serve a rivelare la natura del “come se” del gioco
simbolico. Il bambino ha la capacità di distinguere la realtà dalla
finzione ma gioca su un livello in cui il confine non è netto, in cui,
cioè, si instaura un'altra realtà.
Il role playing è un comportamento nel quale il bambino simula
l'identità o le caratteristiche di un'altra persona. Garvey descrive i tre
tipi di ruoli che i bambini adottano, di solito, nel gioco: ruoli
relazionali che riflettono determinate relazioni sociali (genitore-
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bambino; dottore-paziente), ruoli funzionali che si basano
sull'imitazione di una specifica attività (cucinare, fare la spesa), ruoli
di personaggi che si basano sull'imitazione di stereotipi (il pompiere
spegne il fuoco, il poliziotto arresta il ladro).
In conclusione le attività ludiche a cui i bambini si dedicano si
modificano via via, di pari passo con il loro sviluppo intellettivo e
psicologico, ma rimangono un aspetto fondamentale della vita di ogni
individuo, in tutte le fasce d'età.
Inoltre non bisogna sottovalutare quanto per il bambino il gioco sia
un'attività seria, di vero impegno: la sfida per noi educatori è quella
di incanalare questa sua attenzione in un gioco che abbia uno scopo
educativo.
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3. Gioco è Scautismo
“Ma il gioco è il primo grande
educatore. Questo è vero per gli animali
come per gli uomini e per i cuccioli il loro
ingenuo correre di qua e di là dietro alle
cavallette era tanto eccitante quanto la
caccia al cervo per il Branco” (B.P.)
B.P. e il gioco Secondo l’interpretazione di Mario Sica quando B.P. dice “primo”
intende, in senso
cronologico, riferirsi alla vita
dell'educando secondo un
approccio psico-
pedagogico.
“B.P. non vuole dire che il
gioco è il più importante
degli strumenti educativi,
ma semplicemente che esso – per l’animale come per l’uomo - viene
prima, che si manifesta nei primi stadi dell'esistenza”2, quando più
forti sono le componenti istintuali.
Generalmente, nella nostra società, un individuo per passare dalla
realtà al gioco stabilisce un patto con gli altri individui: “questo è un
gioco”.
Nello scautismo, invece, non c’è soluzione di continuità tra momenti
di gioco e di non gioco: è di per sé “un gioco pieno di allegria” (B.P., Il
libro dei capi). Il gioco è pertanto la dimensione fondamentale del
metodo educativo dello scautismo.
Diversamente dal gioco che da solo un bambino può inventarsi e da
quello che potrebbe proporgli un intrattenitore, il gioco che noi
programmiamo non è fine a se stesso.
“Dobbiamo insegnare ai Lupetti piccole cose in giochi che potranno
un giorno renderli atti a compiere grandi cose per davvero” (B.P.
Manuale dei lupetti).
2 Cfr. Mario Sica “Baden-Powell e il gioco” p. 12, in “Giochi scout”
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Le finalità sono quegli scopi educativi che attraverso un gioco si
propone di raggiungere, spesso all'insaputa dei ragazzi.
A titolo di esempio attraverso di esso si può:
imparare a collaborare e relazionarsi con gli altri;
credere nelle proprie capacità e migliorarsi;
dare il meglio di sé per conseguire non il proprio successo ma
quello del branco;
migliorare la coordinazione motoria;
sviluppare i cinque sensi;
imparare l’autocontrollo e rispettare le regole;
“Il nostro metodo di formazione consiste nell'educare dal di dentro
piuttosto che dal di fuori; nell'offrire giochi ed attività che, mentre
sono attraenti per il bambino, lo educheranno seriamente dal punto
di vista morale, mentale e fisico” (B.P., Manuale dei Lupetti).
Caratteristiche Nello Scautismo il gioco viene utilizzato anche in senso più specifico,
cioè come gioco in senso stretto. Questi però sono sempre giochi di
squadra, perché il punteggio che il singolo ne ricava vale in quanto si
somma a quello degli altri. Il gioco scout è strutturato in modo che
ognuno possa prendervi parte attivamente, senza emarginare i meno
forti o i più piccoli- principi che i giochi di squadra aiutano a mettere
in pratica.
Di fatto B.P. mette l'accento proprio su questi ultimi piuttosto che su
quelli individuali a scontro diretto: nei giochi di squadra la
competitività è messa a frutto non per il successo personale ma del
gruppo.
Fatta questa premessa bisogna aggiungere che il gioco scout è spesso
costruito in modo da non premiare solo il risultato materiale, ma
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altresì lo stile, la qualità del gioco, la lealtà dei giocatori.
Al termine dell'attività non
dimenticheremo di gratificare, al
cospetto di tutti, quelli che sono
stati comportamenti corretti,
alla stregua di quanto diremo
per i vincitori di fatto. Questo,
beninteso, non perché ci sia
bisogno di una premiazione, e
tantomeno di una ricompensa, per un comportamento che
naturalmente deve essere improntato al rispetto degli altri e quindi al
fair play, ma perché questo rientra nell'educazione del gruppo
attraverso il singolo.
Infine, ma non da ultimo, caratteristico di tutti i giochi scout è il tema:
quelli che proponiamo ai lupetti sono inseriti in un'ambientazione,
spesso giungla, la quale non ha solo la funzione di “cornice” ma
legittima e rende automatici determinati buoni principi come la
lealtà- cosa che nella realtà del gioco di cortile o a scuola viene
spesso meno- e la presenza dei VVLL, al tempo stesso “arbitri
naturali” e registi.
In conclusione possiamo dire che tutto lo Scautismo deve essere
permeato dallo spirito di serenità intrinseco nel gioco, con la giusta
dose di serietà ma lasciando che resti un grande gioco:
“Lo scautismo è un bel gioco, se ci diamo dentro e lo prendiamo nel
modo giusto, con vero entusiasmo”. (B.P., Scautismo per ragazzi)
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4. Il gioco in Branco
Art 1.8 Tecnica del metodo (REGOLAMENTO BRANCA L/L) L’attività è basata su giochi, gare amichevoli, rappresentazioni mimiche, racconti, canti, danze e lavori manuali. Tra i vari obiettivi che si perseguono il principale è, lo sviluppo dello spirito di fratellanza, da favorire mediante l’utilizzo di strumenti quali il gioco, la manualità, la tecnica e l’animazione in senso lato, al fine di costruire un rapporto affettuoso e di massimo rispetto che leghi indissolubilmente i Lupetti, gli uni agli altri, e che permetta al bambino, una volta cresciuto, di conservare la gioia di vivere e la purezza di sentimenti che il cucciolo porta con sé al momento del suo ingresso nella “Giungla’’.
Charles Martin esemplifica la vita di Branco come una struttura che si
compone della Giungla, della Tecnica e del Gioco; il tutto ambientato
nel quadro della “Famiglia Felice”, che è la base di tutto l'edificio.
“La giungla che crea il mondo particolare del fanciullo, dove egli
ritrova completamente se stesso.
La tecnica che dà il gusto, l'abitudine, il senso reale dello sforzo, e che
costituisce la prima tappa del tirocinio pratico della vita.
Il gioco Lupetto che, a prescindere da tutte le sue altre possibilità,
insegna soprattutto a giocare bene, e quindi a vivere bene.”
Questi tre elementi non dovrebbero mai divenire dissociati: devono
venire sfruttati a fondo e simultaneamente.
“Poiché il nostro principale strumento è il gioco, e dato che non
possiamo pretendere al titolo di educatori professionali, dobbiamo
almeno diventare dei veri professionisti del gioco”. (C. Martin).
Presupposto indispensabile per raggiungere lo scopo è: “Il capo deve
essere un uomo-fanciullo” (B.P., Guida del capo)
Questo cosa vuol dire per un Vecchio Lupo? Se egli vuole compiere
un'azione efficace sul ragazzo, deve essergli vicinissimo e saper vivere
sul suo stesso piano di vita. E questo non è possibile se non possiede
lo spirito d'infanzia: “Il segreto del successo dell’educazione consiste
nell’affrontare la vita in tutta la complessità dell’apprendimento e
dell’esperienza semplicemente dal punto di vista dei bambini. I
bambini hanno un punto di vista tutto speciale, un insieme di
motivazioni, una maniera di ragionare, alcune capacità mentali e
fisiche, amori e odi, e quel certo delizioso “non so che”, che si
potrebbe definire “lo spirito dell’infanzia” (Vera Barclay, I lupetti e la
formazione del carattere).
Per far sì che tutto questo sia vero davanti ai nostri lupetti, deve
informare la nostra propria natura: in modo da non risultare una
forzatura agli occhi dei bambini, ma anzi un atteggiamento
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perfettamente naturale. “Dobbiamo essere il fratello più grande che
gioca con lui senza impaccio né entusiasmi artificiosi ma con tutta la
voluta serietà”. (C. Martin)
Non a caso Martin parla di “fratello più grande” in quanto il rischio
nel quale non si deve incorrere è quello di inscenare una parodia: è
bene invece che sia mantenuto un distacco, un riconoscimento
reciproco dei ruoli. Attraverso il loro comportamento i VVLL
presentano modelli di vita adulta, una realtà futura verso la quale è
comunque rivolta la personalità del bambino.
Da questo punto di vista il Branco e la Giungla ci forniscono un ottimo
aiuto. Il Branco perché è un ambiente in cui convivono adulti e
bambini, ma è
strutturato per questi
ultimi: risponde alle
loro esigenze di essere
felici, di crescere, di
essere giustamente
considerati; la Giungla
perché consente ai
bambini di vivere
questo ambiente e agli
adulti di entrare nel
mondo dei bambini in
punta di piedi,
legittima la nostra
presenza.
Sempre Martin distingue il gioco in due categorie: il gioco educativo
e il gioco istruttivo. “È educativo tanto per le “abitudini” e i “riflessi”
che crea (educazione sensoriale, destrezza nei giochi con la palla,
astuzia negli attacchi, abilità nella difesa..), quanto per il modo in cui
è giocato (lealtà, padronanza di sé..); è istruttivo o di per se stesso
(giochi sull’ortografia, sulle abitudini degli animali) o per il
tema/ambientazione (es. tema storico, etnico-antropologico).
Dobbiamo però evitare di abusare di questa categoria di giochi: il
nostro scopo è di fare dell'educazione più che dell'istruzione
divertente; pertanto il gioco istruttivo resterà occasionale, non
esigerà una tensione troppo forte e troppo lunga dell'intelletto dei
ragazzi.”
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Il rischio sottolineato da Martin, a mio avviso, si corre in parte a
seconda del modo in cui vengono presentati i contenuti istruttivi e in
parte quando il tema, ad esempio quello scelto per le vacanze di
branco o anche per l’anno scaut, diviene preponderante e smette di
essere ambientazione.
Ad esempio un gioco fatto nel bosco per riconoscere le foglie
difficilmente ci porterà sulla strada dell’errore come invece un gioco
tipo “memory” fatto in tana. Quest’ultimo, di per sé, non ha nulla di
sbagliato, solo che a lungo andare, pur variando i contenuti, rischia di
non essere più stimolante, ma solo istruttivo.
Quanto al discorso sul tema/ambientazione non dovremmo
dimenticare, quando facciamo programmazione con lo staff, che il
nostro obiettivo è insegnare comportamenti adeguati più che istruire:
insegneremo il rispetto e il valore della conoscenza delle altre
religioni piuttosto che riti e ricorrenze.
Per quanto riguarda gli aspetti dell'educazione i mezzi che il metodo
LL pone a nostra disposizione convergono tutti verso i quattro punti
di B.P.: carattere (intelligenza), abilità manuale, servizio (fraternità) e
salute; da questo punto di vista il gioco offre numerose possibilità,
che non bisogna mancare di sfruttare in questo senso.
“Un pericolo che minaccia il Capo Branco, anche se egli appare del
tutto a suo agio in mezzo ai suoi lupetti, consiste nel condurre il gioco
unicamente per il piacere di giocare; vi si è indotti facilmente, tanto
più che il quadro di un Branco gioioso ed animato è uno spettacolo
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consolante, che fa credere che l'essenziale sia stato raggiunto e
compiuto.” Tuttavia è proprio in questo momento che comincia il
lavoro del Capo Branco, che la sua azione può essere più profonda,
che le sue osservazioni, i suoi consigli e le sue parole hanno più
probabilità di lasciare traccia; ed il continuo studio dei giocatori gli
permetterà un orientamento giudizioso della sua influenza.
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5. La progressione attraverso il gioco
Come detto in precedenza le attività ludiche si modificano di pari
passo con lo sviluppo intellettivo e psicologico del bambino: devono
quindi essere calibrate in base alle capacità maturate dal lupetto fino
a quel punto e gli stimoli devono essere adeguati alle necessità di
crescita. Vediamo quali sono le necessità del bambino sotto i diversi
aspetti della progressione.
Progressione fisica Il bambino crescendo sviluppa il suo fisico, l'ossatura, la muscolatura,
capacità motorie e di coordinazione; tuttavia non è raro osservare in
Branco bambini che, a causa della vita sedentaria, si presentano
rispetto agli altri estremamente impacciati e goffi nei movimenti.
Prima di proporre loro giochi di squadra, sarà bene concentrarsi su
giochi di coordinazione, o giochi di movimento ma per piccoli gruppi
come ad esempio le staffette.
Progressione sociale Intorno ai sei-sette anni il bambino riesce a giocare con gli altri,
dapprima in piccoli gruppi, poi in squadra. Le proposte di gioco
devono essere graduate: iniziando dai giochi di conoscenza, poi quelli
che favoriscono l'affiatamento e infine quelli di squadra.
Progressione personale Il gioco aiuta il bambino a conoscere se stesso, i propri limiti e le
proprie capacità; stimola a dare il meglio di sé, non per un successo
personale ma mettendo le proprie abilità al servizio degli altri.
Progressione tecnica La progressione tecnica si evidenzia tanto con l’aumento delle regole
e della difficoltà, tanto con la proposta di tecniche diverse di gioco.
Facciamo un esempio di progressione tecnica nelle prese: presa a
tocco, presa a scalpo, presa con numeri.
Progressione fantastica L’attività fantastica è un mezzo diretto che l’adulto ha per entrare in
comunicazione con il bambino, essendo quest’ultimo naturalmente
predisposto all’elaborazione fantastica della realtà che lo circonda. È
possibile soddisfare queste naturali propensioni ed esigenze, curando
in generale l’ambientazione dei giochi, proponendo giochi di
espressione e giochi fantastici.
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BISOGNI DEL BAMBINO PROPOSTE DEL METODO TIPO DI GIOCHI
a) fisici
coordinazione dei movimenti
sviluppo armonico della muscolatura
sviluppo dell'uso dei 5 sensi
sfogo dell'esuberanza fisica
sviluppo psico-motorio
Vita all'aria aperta
Capacità gruppo attività fisiche
Giochi che insegnano a: lanciare, saltare,
afferrare la palla,
acchiappare
giochi sui 5 sensi
giochi di squadra
b) di socializzazione
passaggio dall'egocentrismo al
pluralismo
comunicare
gioco insieme agli altri
Vita di branco
Famiglia Felice
Giochi di conoscenza e affiatamento
giochi F.F.
Giochi in piccoli gruppi
c) di progressione personale
chi sono io (limiti, talenti)
chi sono gli altri
cosa posso fare io
che cosa posso fare con gli altri
di stimolo a dare il meglio di sé
di stimolo a migliorarsi
di stimolo per la ripresa gioiosa dopo ogni
insuccesso
Pista del lupetto Giochi che diano progressivamente il
senso delle regole
(necessità di averle e di
rispettarle) e della
squadra, che aiutano i
bambini a concretizzare
il concetto di lealtà
d) progressione tecnica
necessità di acquisire sempre maggiori
capacità tecniche per
poter superare ostacoli
sempre nuovi
Capacità (progressione orizzontale)
Giochi tecnici, con poche regole e aumento
progressivo della
difficoltà
e) progressione fantastica
esigenza di esprimersi in modo creativo
esigenza di rielaborarla realtà in modo originale
Ambientazione
Racconto
Attività manuali
Attività di animazione
Giochi con ambientazioni
Giochi di espressione
Giochi di fantasia
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6. La programmazione del gioco
Nella programmazione di un gioco è necessario tenere conto di:
impegno: il gioco deve comportare delle difficoltà o mettere
alla prova delle abilità;
progressione: il gioco si innesta sulle esperienze precedenti con
l'obiettivo di maturare nuove competenze;
fine: stabilire lo scopo educativo che si vuole raggiungere.
La preparazione di un gioco comporta alcune operazioni qui di
seguito schematizzate:
Quando Le riunioni devono essere agili e variate, pur restando imperniate su
uno scopo. Al fine di equilibrare e regolare tutte le attività, bisogna
evitare di organizzare due grandi giochi l'uno di seguito all'altro;
interrompiamo un gioco tranquillo con una danza, un racconto che
non trattenga l'attenzione, riunioni troppo lunghe.
Non abusiamo di quanto interessa il lupetto e quando un argomento
è stato abbastanza sfruttato, introduciamone un altro come diversivo.
Come Attraverso la scelta del tipo di gioco decideremo in che modo
esplicitare lo scopo agli occhi dei bambini: gioco di squadra, gioco in
cerchio, gioco tecnico...
Le regole del gioco dovranno essere semplici, commisurate allo
sviluppo cognitivo e fisico del branco. Nel momento in cui si decide di
lavorare sulla progressione tecnica del gioco in branco (quindi
introducendo quelli più complessi e con più regole), sarà bene farlo
gradualmente: ad esempio ripetendo l’attività più volte durante
l’anno si potranno incrementare le difficoltà. Noterete che così
facendo i lupetti parteciperanno più attivamente e si sentiranno
“messi alla prova”, cosa che invece non accade se forzatamente e in
un’unica volta cerchiamo di portarli a svolgere un gioco più
complesso.
Caso tipico può essere quello delle sfide a palla scaut: se i lupetti non
hanno prima imparato a ricevere e lanciare la palla, a scalpare, a
coordinare i propri movimenti in squadra, ben presto si stancheranno
e parteciperanno contro voglia.
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Dove Non di secondaria importanza sarà considerare preventivamente il
luogo in cui svolgere l'attività; relativamente alle possibilità offerte
dal terreno, come anche il buon senso implica, sarà bene scegliere un
terreno non pietroso per giochi che comportano lo scontro fisico;
evitare di proporre una caccia al tesoro in una vasta pianura. Sarà
bene valutare quando serva un campo definito, delimitandolo
preventivamente con gesso o cordini.
Numero partecipanti A seconda della composizione del branco si avrà cura di fare in modo
che le squadre siano il più possibile equilibrate in modo da lasciare a
tutti la possibilità di giocare il proprio ruolo, sentirsi utili e non essere
sopraffatti dai più irruenti.
In fase di programmazione è utile immedesimarsi nei panni dei lupetti
in modo da calibrare le difficoltà, limitare gli imprevisti, conseguire
una buona riuscita in fase attuativa.
Quanto Ogni attività ha la sua durata ottimale: un gioco che duri più del
necessario perde di interesse e finirà col deludere i ragazzi. Il termine
del gioco deve coincidere con il termine della fase di massima
attenzione. Altresì è bene evitare che il gioco raggiunga le fasi più
interessanti prima che il gruppo sia pienamente rodato.
Imprevisti Nonostante l'esperienza, posso presentarsi degli inconvenienti:
bisogna pertanto prevedere come aiutare una squadra in difficoltà,
come ridare le vite, come squalificare...
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7. Lancio e conduzione
Una qualità secondaria, non per importanza, è quella di saper
condurre il gioco: se noi apparteniamo naturalmente al mondo del
lupetto, ci sarà senza dubbio facile trovare un gioco che gli convenga e
prevedere le sue reazioni. Ma occorre anche poterlo “dirigere”,
restare padroni del Branco, ed ottenere il gioco disciplinato.
Prima di iniziare la spiegazione sarà necessario aver predisposto l'area
di gioco e concordato il ruolo di tutti i VVLL in modo da evitare
sovrapposizioni e caos.
Il VL che sarà stato incaricato di spiegare e lanciare il gioco,
indipendentemente dalla propria esperienza, sarà bene che abbia
pensato come introdurre l'ambientazione ed illustrare le regole,
magari anche provando a voce alta in separata sede. In questo modo
saremo sicuri di non essere colti impreparati, di saper proseguire
anche nel caso di interruzioni ed avere poche richieste di chiarimento
da parte dei lupetti.
Per fare in modo che tutti i lupetti possano ascoltarvi e vedervi è
consigliabile far disporre il branco in cerchio, anche in piedi.
Attraverso il contatto visivo si ottiene interesse e attenzione, si
attenua il nervosismo dell'uditorio desideroso di iniziare la nuova
caccia.
Spiegare un gioco ai lupetti è un po' come raccontare una storia, di
conseguenza anche il tono sarà variabile ma con volume adeguato in
modo da farvi ascoltare da tutti. Inizialmente, per impostare un
volume idoneo, potrete porre delle domande ai lupetti più lontani e
verificare che la vostra voce arrivi loro.
Più entusiasmo dimostrerete nel presentare il gioco, più il branco sarà
ansioso di iniziare a cacciare e vivrà a pieno l'attività.
Lo svolgimento avrà un preciso andamento: la tensione sarà in
crescendo, la fine dovrà sopraggiungere nella fase di massima
tensione.
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Durante lo svolgimento sarà bene che vi sia un arbitro al quale i
lupetti possano far riferimento, mentre gli altri VVLL sorveglieranno
l'area di gioco e si occuperanno di stimolare e coinvolgere i lupetti più
timidi e insicuri. Non sottovalutate il fatto che osservare i lupetti in
queste attività vi darà modo di capire il livello di maturità raggiunto, la
coscienza di sé, riscontrare eventuali difficoltà motorie o
comportamentali.
Non infrequentemente potranno verificarsi degli imprevisti
(abbandono di un giocatore, regole non capite, episodi di slealtà),
allora dovrete decidere come affrontare la situazione, eventualmente
richiamando il cerchio; tutto questo sarà più facile se è stata fatta a
monte una corretta programmazione.
A conclusione del gioco i lupetti vi chiederanno sicuramente chi ha
vinto: cosa rispondere? In generale sarà bene sottolineare la buona
riuscita del gioco, facendo riferimento a valori come la lealtà, nonché
citando alcuni esempi positivi che si sono verificati. Successivamente,
facendo capire ai lupetti che non è questa la cosa importante, potrete
decretare la squadra vincitrice.
Schema tratto da "Come ti organizzo un gioco" di P. Lucisano
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In alcune tipologie di gioco alcuni lupetti potranno trovarsi ad
impersonificare personaggi negativi (es. bandar-log): ciò non deve
preoccupare in quanto per esempio, alla fine dell'attività, sarà detto
che quella parte del branco pur essendosi impegnata non è certo
potuta arrivare a livelli tanto bassi.
Soprattutto al termine di grandi giochi è bene fare una breve riunione
con tutti i VVLL in modo da commentare le fasi di svolgimento,
migliorare il coordinamento e confrontarsi sullo stato di salute del
branco. Espedienti tecnici Segnali inizio e fine gioco
VL:“Lupo pronto?” LL: “Pronto!” VL: “In caccia!” oppure “Gioco!”
A vista: bandierina, segnale con le braccia, luce
Sonoro: fischio, canto, battito di mani Sistemi di presa
a tocco
a vista: con numeri, luce
con oggetti: palla, scalpo, “al cappello”
fisici: sollevamento Sistemi di liberazione
a tocco
a vista: con numeri, luce
con oggetti: palla, cartoncini con le vite
fisici: passaggio tra le gambe, catena umana Penitenze
domande a tema giungla
scioglilingua, indovinello
fare lo spelling al contrario
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8. Quale gioco?
Piccolo gioco o gioco di intrattenimento Molto spesso capita che tra un’attività e la seguente ci siano dei
tempi tecnici di preparazione oppure semplicemente si lasci del tempo ai lupetti per riprendere fiato . Questi giochi, che spesso non necessitano di materiale e prevedono delle regole molto semplici, possono far parte del repertorio abituale del branco, di modo che i giocatori si possano aggiungere man mano che arrivano in tana o al campo di gioco. Esempio: Fiz buz (gioco di attenzione) I lupetti sono in cerchio. Si inizia a contare uno alla volta facendo il giro. Una volta che si arriva alla cifra 5 (o numero che la contiene, 15, 25, 51, 52), questi non si pronunciano, ma vi si sostituisce la parola Fiz. Così ad esempio il n. 15 sarà 1-Fiz, il n. 52 Fiz-2..). Quando i lupetti sono diventati esperti si possono aggiungere altre regole, ad esempio dicendo che la cifra sette si pronuncia Buz.
Gioco Giungla L'ambiente giungla, come è stato più volte detto, è il filo conduttore
di tutte le attività, un patrimonio che va sfruttato con intelligenza. Non esistono giochi nati come “giochi giungla”, saranno quindi i VVLL a crearne secondo necessità al fine di richiamare l'attenzione del lupetto agli innumerevoli insegnamenti contenuti nei racconti che il Branco ascolta durante l'anno ovvero sviluppare e approfondire la conoscenza dell'ambiente giungla: nomi giungla, parole maestre, personaggi ed accadimenti positivi/negativi. I giochi giungla hanno lo scopo di “far rivivere” il racconto e possono essere lanciati dopo ogni brano narrato, ma non per questo il richiamo alla giungla non deve essere presente anche negli altri giochi che svolge il branco.
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Seguono alcuni esempi di giochi, a dimostrazione del fatto che la giungla offre numerosi spunti che ben si adattano a diverse tipologie di giochi:
giochi di formazione fisica Esempio da “La caccia di Kaa!” “Il ragazzo sapeva arrampicarsi quasi tanto bene quanto sapeva nuotare, e nuotare quasi bene come correre” Gincana di prove fisiche ambientate nella giungla: asse di equilibrio (ramo del dhâk), passaggio stretto (gola della Waingunga), ostacoli (mura delle tane fredde), trasporto di oggetti (noci di cocco)…
giochi di abilità manuale Esempio da “La tigre! La tigre!” “Intrecciano cestini d’erba; infilano collane di bacche rosse e nere; fanno castelli di fango con figurine d’uomini, di cavalli, di bufali …” Collane di pasta, quadretti con il riso, scubidù, origami
giochi di espressione Esempio da “Il fiore rosso” “Di notte si recava giù dalla collina nelle terre coltivate e con grande curiosità guardava gli abitanti del villaggio nelle rispettive capanne” I lupetti sono divisi in due squadre; a turno un componente della squadra viene chiamato per imitare un suo compagno suggeritogli dal VL e fare in modo che gli altri indovinino di chi si tratta.
giochi natura Esempio da “La caccia di Kaa” “Baloo, il maestro della legge, gli aveva insegnato le leggi del bosco e dell’acqua: come distinguere un ramo fradicio da uno sano” Ogni lupetto osserva in silenzio un piccolo pezzo di terra e dovrà segnare su un foglio tutti gli animali che ha visto passare e il tipo di fiori. Il racconto di ogni lupetto (e quindi riunendo tutti i disegni) dovrà dare l’idea della flora e della fauna che anima quel così piccolo pezzo di terra.
giochi di allenamento sensi Esempio da “I fratelli di Mowgli”(attenzione-allenamento sensi): “Di quando in quando un lupo anziano si avvicinava silenziosamente ad un cucciolo, lo guardava con attenzione e tornava al suo posto con passi che non facevano rumore” I lupetti sono disposti in cerchio; un giocatore si trova al centro ed è bendato. Accanto a lui sono disposti due foulard. Il VL sceglie di volta in volta 2 lupetti che si devono avvicinare al centro, senza essere sentiti. Se un giocatore viene sentito dal lupetto bendato deve tornare indietro e ricominciare. Vince chi si impossessa per primo del foulard.
giochi di tecnica Esempio da “La tigre! La tigre!”: “Aspettami nel burrone vicino all’albero del Dhâk” Ad ogni lupetto viene dato un foglio di carta quadrettata, una matita e un cartoncino che serva da schermo. Si stabilisce l’orientamento del foglio (esempio: Nord in alto) e quindi un VL, dopo aver segnato sul
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foglio di ciascuno il punto di partenza, dà delle indicazioni. Esempio: 3 quadretti sud; 1 quadretto ovest; 2 quadretti sud-est … I lupetti seguendo le indicazioni tracciano delle linee fra i vari quadretti indicati. Alla fine chi ha seguito correttamente le indicazioni otterrà un disegno.
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Gioco di squadra Attraverso questi giochi il lupetto, oltre a dare sfogo al bisogno di movimento fisico, impara a contare sugli altri a tal punto che la vittoria, oltre ad essere frutto dell'abilità individuale, è il risultato dell'affiatamento e della coordinazione. Questo tipo di gioco è bene che sia fatto prima o dopo un'attività più statica. È possibile pensare che il branco abbia per un certo tempo il suo gioco di squadra, che venga giocato abitualmente: in questo modo si affinerà la tecnica, si consolideranno i rapporti all'interno della squadra nonché i ruoli rivestiti da ciascun giocatore. Le regole potranno essere al principio semplificate, per poi man mano aggiungere difficoltà. È importante sottolineare che il successo di questi giochi richiede una preparazione pratica e psicologica: se ad esempio si tratta di un gioco con il pallone, bisognerà preventivamente esercitare il branco per mezzo di altri piccoli giochi; la seconda perché il branco dovrà essere ben disposto, disciplinato, affiatato. Esempio: Palla alla bandiera (destrezza - resistenza fisica - padronanza di sé) I due bersagli, distanti fra loro una ventina di metri sono costituiti ciascuno da una bandiera, intorno alla quale è tracciato un cerchio di un metro di raggio; questo cerchio è tabù. I giocatori, divisi in due squadre, si dispongono come vogliono, mescolati fra loro, a circa mezza strada fra le due bandiere. Si lancia in gioco un pallone e i giocatori devono cercare di abbattere la bandiera avversaria, difendendo la propria. Non si può correre tenendo il pallone, né conservarlo per più di tre secondi, né strapparlo dalle mani di un altro. Quando qualcuno contravviene a queste regole, l'arbitro ferma il gioco e dà il pallone agli avversari.
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Gioco da fare in cerchio Attraverso questi giochi abbiamo la possibilità di riunire il branco, vigilare su di esso pure se non in presenza della staff al completo (magari impegnata nella preparazione dell'attività successiva) e verificare l'affiatamento tra i lupi. La caratteristica di questi giochi è di essere molto divertenti e suscitare il riso con molta facilità; per contro sono poco movimentati, per cui è bene dosarne l'utilizzo. Durante lo svolgimento si esige la partecipazione personale del lupetto, che quindi percepisce più profondamente di essere elemento attivo di una famiglia felice. In questo momento l'ascendente del VVLL nei confronti del Branco è solidamente stabilito. Possiamo altresì constatare quanto penetri in queste occasioni uno spirito di fraternità che automaticamente fa diminuire le inevitabili predisposizioni dei bambini ai piccoli bisticci. Esempio: Il gattino (padronanza di sé) Il VVLL sceglie un lupetto a rappresentare il povero gattino che, a quattro zampe, si avvicina davanti ad un altro lupetto e miagola tre volte. L'altro deve accarezzare il gattino ad ogni miagolio, dicendo “Povero gattino, vuoi forse un biscottino?”. Deve però farlo senza abbozzare neanche il più piccolo sorriso, altrimenti prende il posto del gattino.
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Gioco di espressione Pur rientrando sempre nella categoria di giochi che possono essere fatti con tutto il branco, per i quali si può scegliere di farsi aiutare da quei lupetti particolarmente vivaci che cercano continuamente di richiamare l'attenzione a sé. In questo modo darete loro la possibilità di esprimersi, ma allo stesso tempo incanalerete questa naturale propensione in un'attività per tutto il branco. Esempio: Discorso a parola obbligata (espressione mimica) Un lupetto tra i più disinvolti e brillanti viene invitato ad arrabbiarsi, a raccontare una storia divertente, a ridere, a piangere, a tenere una conferenza, usando la mimica e una sola parola (esempio:peperone o tiramolla o pomodoro) e tutti i toni e le inflessioni di voce di cui è capace.
Giochi fantastici Questo tipo di giochi serve a stimolare la creatività dei bambini, che, è bene ricordarlo, è un lavoro costante che non può esaurirsi con la semplice proposta di attività ma che dobbiamo sperimentare prima di tutto su noi stessi: educhiamo alla creatività con atteggiamenti e comportamenti. Esempio: Il baule in soffitta In un baule si mettono insieme cartoncini sui quali si scrivono vari stimoli ed una serie di oggetti. I lupetti, divisi in piccoli gruppi, ne pescano alcuni e inventano una storia con gli oggetti presi. Possono decidere di “far parlare” gli oggetti stessi oppure recitare in prima persona.
Giochi tecnici Fanno parte di questa categoria i giochi che stimolano l'abilità
manuale e i cinque sensi (giochi di kim), abitudini e riflessi pronti che dureranno tutta la vita, e che avranno ben più importanza di quanto non si sia generalmente portati a credere. Un ragazzo che sappia fabbricare con le proprie mani mille cose diverse, diventerà nove volte su dieci un uomo capace di cavarsela nella vita, mentre invece uno timido e pauroso, che non è stato smosso ad esempio nelle attività fisiche, correrà il rischio di rimanere pavido per tutta la vita. Attraverso di essi si può misurare la competenza tecnica raggiunta a livello di progressione verticale. “Il capo che si accontentasse di guidare il suo branco solamente per mezzo della Giungla e del gioco, correrebbe il rischio di educare il fanciullo nel mondo chiuso dell'infanzia, e di non dargli quasi niente per il momento in cui ne uscirà. Ed è forse qui uno dei motivi dell'allontanamento di esploratori ex-lupetti, che è stato notato in certe unità” (C. Martin). Esempio: Cavalli e cavalieri (destrezza-resistenza fisica) Si divide il branco in tante coppie che si dispongono in cerchio: i cavalieri montano sui loro cavalli e si passano la palla dall'uno all'altro. Non appena un cavaliere manca la sua palla, tutti i cavalli abbandonano i loro cavalieri e fuggono, mentre quel cavaliere si precipita verso la palla e cerca, dal punto in cui lui l'ha raccolta, di colpire un cavallo. Se non ci riesce si riprende il gioco, scambiandosi i ruoli.
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Esempio: Chi va al bosco perde il posto (Orientamento) Si disegna per terra una rosa dei venti, ed ogni punto viene occupato da due lupetti, uno davanti all'altro; al centro del cerchio così formato si mettono altri due lupetti. Il capo nomina due punti cardinali, e subito quelli che li occupano devono cercare di scambiarsi il posto, mentre i due al centro si precipitano a occupare i posti lasciati momentaneamente liberi. I due giocatori restanti fuori si mettono in mezzo e il gioco ricomincia.
Grande gioco Rientrano in questa categoria quelle attività strutturate in modo da
impegnare il branco per circa un'intera giornata, attraverso fasi di svolgimento che vedranno impegnati i lupetti in giochi afferenti diverse categorie e con una ambientazione unica piuttosto caratterizzante. Rappresentano un livello più elevato dei semplici giochi all'aperto e presuppongono che ciascun Lupetto abbia ormai raggiunto una sicura esperienza in quanto a tecnica e abilità, al fine di garantire il successo dell'attività e la sua utilità formativa. È dunque meglio non affrontare grandi giochi se ciascun Lupetto non ha ancora acquisito un sicuro possesso delle tecniche di presa, un buon allenamento dei sensi, dell'osservazione e della deduzione e se il Branco non è stato avviato al gioco di squadra complesso (strategia, tattica, comprensione dei ruoli).
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9. Attualità dei giochi che proponiamo
In un momento in cui i bambini preferiscono giocare con il computer o la play station piuttosto che andare al parco o invitare amici a casa, appare lecito domandarsi se la nostra proposta di giochi sia anacronistica e -presupponendo una risposta negativa- quali siano i motivi per cui riusciamo a conquistare l’interesse e la partecipazione dei bambini/ragazzi. A proposito dei videogiochi il Telefono Azzurro denuncia (10° Rapporto Infanzia di Telefono Azzurro e Eurispes, pubblicato a novembre 2009): “Il mercato videoludico in Italia è in costante crescita. Giocano ai videogames 24 milioni di persone, quasi 1 italiano su 2. Nel periodo scolare l’utilizzo dei videogiochi raggiunge livelli elevatissimi: il 96% dei bambini/ragazzi tra i 6 e i 17 anni gioca. Da un’indagine esplorativa condotta nel 2005 da Telefono Azzurro in collaborazione con Eurispes, emerge che la maggior parte dei bambini intervistati (43%) indica i videogiochi come passatempo preferito, tra una serie di alternative.” Senza voler demonizzare né videogiochi né quello che offre la rete, certo è che i giochi attualmente preferiti sono per la maggior parte passivi e sedentari; i bambini ricevono una grande quantità di stimoli di natura simbolica rispetto alla loro esperienza del mondo reale, fisico. Immagini, parole che si susseguono senza sosta, che lasciano poco spazio alla fantasia, alla creatività.... Noi cosa proponiamo loro? I nostri giochi richiedono:
una buona dose di fantasia per vedere una noce di cocco in un pallone, le mura delle tane fredde in una catasta di scatoloni;
una squadra sempre diversa, a seconda di chi hai in cerchio accanto a te: se Akela decide di dividere il branco con “DEL-MIO-MEGLIO” o con i numeri;
saper vincere tanto quanto perdere, perché quello che conta è il successo del branco;
la presenza dei Vecchi Lupi che, a differenza dei genitori, hanno tempo per giocare e si divertono da matti.
Insomma non sono giochi preconfezionati e con un briciolo di presunzione possiamo dire che si tratta di giochi pensati dal punto di vista dei bambini, considerando che: “Per un bambino il gioco è la cosa più seria della vita, una cosa che vale veramente fare, un’occasione in cui ogni particolare conta enormemente” (Vera Barclay). Nei nostri giochi non c’è solo il “fare finta” ma anche l’emozione e la condivisione con gli altri di un medesimo stato d’animo, non da ultimo la partecipazione degli adulti. Tutto questo contribuisce a creare un’atmosfera che li galvanizza, senza bisogno di effetti speciali se non della propria fantasia e creatività.
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Appendice: “Evoluzione storica degli studi psicologici e pedagogici sul gioco”
Passando in rassegna gli studi condotti sull'attività ludica in generale, ci si imbatte in numerosi tentativi di classificazione e definizione del gioco e delle sue funzioni.
Già Aristotele si era espresso, considerando il gioco e l'arte come separati dalla vita reale e necessari all'esistenza umano per il fatto di garantire il riposo dal lavoro e la possibilità di ricrearsi.
Di opinione diversa H. Spencer (1820-1903) per il quale “Il gioco è una drammatizzazione dell'attività degli adulti”, manifestazione necessaria dell'energia vitale, momento di sfogo per le energie in sovrappiù che vengono utilizzate per l'imitazione gratuita e divertente di comportamenti reali.
Invece S. Hall (1932), sociologo, attribuisce al gioco infantile il carattere di ripetizioni inconsapevoli di azioni e modi di vita delle generazioni precedenti, cioè propone un'interpretazione filogenetica del gioco. Definisce diversi stadi dell'attività ludica infantile, ognuno dei quali costituirebbe ricapitolazione di una fase dell'evoluzione umana. Ad esempio la bambola compare, insieme ai giochi di giardinaggio e costruzione, nel quarto stadio, periodo che ripercorre la fase agricolo-pastorale della storia.
K. Groos (1861-1946) riteneva invece che attraverso il gioco si preparassero le capacità necessarie alla vita, il gioco come momento di apprendistato per l'individuo ai compiti futuri. In seguito anche Claparède (1873 – 1940), proporrà una formulazione fondata sulla teoria di Groos: si gioca per apprendere i ruoli adulti. Il bambino attraverso i giochi rappresenta la vita, i modelli e i personaggi del mondo familiare. Questa interpretazione risentiva delle concezioni pedagogiche dell'800 secondo le quali il gioco infantile veniva visto come un esercizio propedeutico alla vita adulta.
Merito di J. Huizinga (1872-1945), grande teorico del gioco, autore del testo “Homo ludens” (1938), è stato quello di analizzare molti caratteri fondamentali del gioco, tra cui quello delle regole, e aver dimostrato l'importanza del ruolo del gioco nello sviluppo stesso della civiltà evidenziando come non esista alcuna attività dell'uomo adulto in cui il gioco non svolga, sotto forme diverse, un ruolo importantissimo nelle Scienze, nell'Arte, nella Letteratura, nella Politica. “...Gioco è un'azione, o un'occupazione volontaria, compiuta entro certi limiti definiti di tempo e di spazio, secondo una regola volontariamente assunta e che tuttavia impegna in maniera assoluta, che ha un fine in se stessa; accompagnata da un senso di tensione e di gioia, e dalla coscienza di “essere diversi” dalla “vita ordinaria”.
Anche l'antropologo R. Caillois (1958) propone una suddivisione dei giochi in quattro categorie principali a seconda che nei giochi considerati predomini il ruolo della competizione (Agon), del caso (Alea), del simulacro (Mimicry) o della vertigine (Ilinx). L'autore utilizza il gioco anche per comprendere gli elementi di fondo della cultura, per studiare le differenze tra le varie culture: dare la preferenza all'agon, alla mimicry, all'alea o all'ilinix contribuisce a decidere l'avvenire di una civiltà.
Nel saggio della Lowenfeld (1935) ritroviamo invece considerazioni squisitamente psicologiche e il gioco diventa una modalità per esprimere stati emotivi molto profondi, non ammessi alla vita ordinaria. Il bambino utilizzerebbe il gioco per ripetere eventi e vissuti per lui significativi: mediante la ripetizione riuscirebbe a raggiungere una parziale integrazione tra mondo interno e mondo esterno. Su questo aspetto acconsente anche Freud (1907): “...I bambini ripetono nel gioco tutto quello che nella vita reale ha suscitato in loro una forte impressione e tutto il loro giocare è influenzato da un desiderio che domina questo periodo della loro vita: il desiderio di essere grandi e poter fare quello che fanno i grandi”.
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BIBLIOGRAFIA
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Angiolino A., Paglia P., Non solo scout 1, editrice Elle Di Ci, Torino, 1997
Angiolino A., Paglia P., Non solo scout 2, editrice Elle Di Ci, Torino, 1997
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Baden-Powell, Giocare il gioco, Nuova Fiordaliso, Roma, 2003
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Griesbeck J., Giochi di gruppo, Elle Di Ci, Torino, 1997
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Severi P., “Il mio quaderno di giochi L/C”, Supplemento al n. 15 del periodico “Esperienze e progetti” maggio-giungo 1977, Modena
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Sica M., “Baden -Powell e il gioco”, in Baden-Powell, Giochi scout, Editrice Ancora, Milano, 1983
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Fratelli scout, Desidero ricordarvi, molto brevemente, qual è il
vostro dovere di scouts, a parte il fatto di vivere al
campo, di cuocervi il vostro cibo da voi o di giocare i
giochi scout.
Anzitutto, naturalmente, si fa affidamento su di voi
affinché, sul vostro onore, facciate del vostro meglio
per osservare la Promessa Scout, che è la seguente:
lavorare per Dio e per la Patria;
aiutare il prossimo;
osservare la legge Scout. Oltre a ciò, desidero che ciascuno di voi aiuti il
grande Movimento scout, facendo di se stesso uno
scout talmente in gamba da divenire un giorno capo
degli scouts egli stesso.
Ricordatevi di ciò che disse Lord Kitchener degli
Scouts:
«Scout un giorno, Scout per sempre».
Non dimenticate che una parte assai importante del
vostro dovere consiste in una cosa abbastanza
piccola, cioè compiere una buona azione a vantaggio
di qualcuno ogni giorno.
E ora a voi, Capi. Il lavoro che voi svolgete è prezioso per i ragazzi,
perché forma la loro personalità; è prezioso per il
Paese, perché forma buoni cit-tadini per il futuro; e
infine lavorate moltissimo per impedire l’attuale
inammissibile spreco di materiale umano, mostrando
ai vostri fratelli più poveri come essere uomini buoni e capaci di successo nella vita.
E fate anche del bene a voi stessi, perché il solo modo di aver successo nella formazione dei vostri ragazzi è
di guidarli tramite il vostro esempio, in tutte le cose.
In tal modo voi stessi acqui-site pazienza e coraggio di fronte alle difficoltà e allo scoraggiamento, mettete
in pratica il senso di disponibilità verso il prossimo, esercitate la fedeltà al vostro Paese e l’abnegazione;
qualità tutte che non mancheranno di far di voi migliori uomini e migliori cittadini.
Ed ora a voi, amici degli Scouts, vorrei direi una parola. Ognuno ammira l’operato di uomini patriottici e dal cuore semplice; ma non contentatevi di starli a
guardare mentre fanno la loro parte.
Giocate il gioco voi stessi, se ne avete la possibilità!
La strada è davvero aperta per ciascuno di voi, uomo, donna o bambino, che voglia far qualcosa per il suo
Paese, anche se non fosse altro che mostrare il suo apprezzamento per ciò che gli Scouts cercano di fare nel
senso di educarsi ad essere uomini dabbene.
Prendeteli sul serio. Aiutateli in ogni modo possibile, con una pacca sulla schiena se si comportano bene.
Vogliamo giovani uomini, ed anche giovani donne in maggior numero, che si offrano come Capi. C’è lavoro
per tutti, e lavoro buono.
Se li incoraggerete in tal senso, farete un’opera altamente meritoria, non solo per essi, i vostri fratelli più
giovani, ma per il vostro Paese.