il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

35
il Giornale di Divulgazione Scientifica del GDS NUMERO 07 il Gatto Di Schrödinger LUGLIO 2014 in questo numero: Editoriale 2 Grandi Della Scienza: John von Neumann 4 Laboratori scientifici e proposte divulgative 7 Raffreddamento da fusione (Gianni Marigo) 8 La chimica dei colori naturali (Valentina Saitta) 16 La Quinta Dimensione (Alex Casanova) 18 AccaDueO (Fabiano Nart) 29 Gocce Di Scienza 33 Informazioni utili 35

Transcript of il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

Page 1: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Giornale di Divulgazione Scientifica del GDS

N U M E R O

07 il Gatto Di Schrödinger

L U G L I O 2 0 1 4

in questo numero: Editoriale 2

Grandi Della Scienza:

John von Neumann 4

Laboratori scientifici e proposte

divulgative 7

Raffreddamento da fusione

(Gianni Marigo) 8

La chimica dei colori naturali

(Valentina Saitta) 16

La Quinta Dimensione

(Alex Casanova) 18

AccaDueO (Fabiano Nart) 29

Gocce Di Scienza 33

Informazioni utili 35

Page 2: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

della quinta dimensione, portando alla ribalta

storie sconosciute ai più e volti non sempre noti

del passato: in questo caso quello del fisico fin-

landese Gunnar Nordström.

Se c’è la fisica, non può mancare la chi-

mica! Per questo numero estivo ho voluto intro-

durvi alle peculiarità dell’acqua, dato che in

questo periodo si dovrebbe farne abbondante

uso (il condizionale è dovuto alle temperature

piuttosto basse di questa estate). L’acqua è un

composto chimico semplice, quasi banale, ma

ha delle proprietà uniche e senza le quali la no-

stra vita sarebbe molto difficile, se non impossi-

bile.

Non mancano come sempre le nostre

rubriche. Per i “Grandi della Scienza” il nostro

Consigliere Dott. Giovanni Pellegrini ci racconta

del grande genio ungherese, matematico, fisico

e informatico John von Neumann. Per dirne u-

na, questo scienziato a dieci anni conversava in

greco antico col padre e padroneggiava sei lin-

gue. Le “Gocce di Scienza”, che raccolgono

citazioni, pillole e spigolature scientifiche, sono

state questa volta curate dal nostro Segretario

Dott. Manolo Piat, che si è anche occupato del-

la rubrica sui numeri: questa volta il protagoni-

sta è il 7.

Non mi rimane che augurarvi buona let-

tura e, per qualcuno, buone vacanze!

Il Presidente del GDS

dott. Fabiano Nart

Cari lettori tutti, se anche voi, come il

sottoscritto, siete assidui frequentatori della

montagna in tutte le salse, escursionismo o

ultratrail che sia, avrete notato gli ancora ab-

bondanti accumuli di neve che si trovano do-

ve solitamente in questo periodo c’è spazio

per prati e fiori. Non è un caso quindi che ab-

biamo voluto dedicare la copertina di questo

settimo numero all’articolo del collega e amico

Dott. Gianni Marigo dell’ARPAV di Arabba e

vecchia conoscenza del Dolomiti in Scienza.

Nel suo contributo il Dott. Marigo ci illustra,

con l’uso di semplici concetti termodinamici,

come il limite delle nevicate dipenda da molti

fattori: il più sorprendente, e forse il meno no-

to, è il raffreddamento da fusione, che può far

abbassare di molto il limite delle nevicate, ol-

tre lo zero termico.

Rimaniamo in Dolomiti anche con

l’articolo della Dott.ssa Valentina Saitta, rela-

trice all’ultimo Dolomiti in Scienza. Il contribu-

to è una rivisitazione del seminario

dell’inverno scorso, ma con molta più chimica!

Si parla difatti della chimica dei colori naturali,

ovvero di quei composti colorati che si posso-

no estrarre dalle sostanze naturali, tra le quali

molte sono autoctone del nostro territorio.

Con il nostro consigliere Dott. Alex Ca-

sanova cambiamo completamente argomen-

to: chi lo conosce sa che ama sbizzarrirsi con

l’aspetto epistemologico e storico delle grandi

ricerche in campo fisico. Questa volta ci parla

2

L U G L I O 2 0 1 4

Editoriale

Page 3: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

3

Curiosità scientifiche sul numero 7

Sette sono i numeri del “Gatto di Schrödin-

ger” usciti finora: sette è quindi il numero del quale

questa rubrica vi racconterà alcune curiosità scien-

tifiche.

Dal punto di vista matematico, il 7 gode di

molte particolari proprietà. Innanzitutto è un numero

primo: precisamente il quarto, tra il 5 e l’11. Inoltre

si tratta di un numero primo di Mersenne, cioè della

forma 2n-1, dove n è ancora primo (in questo caso

n=3), nonché un numero primo sicuro, cioè della

forma 2p+1, dove p è ancora primo (in questo caso

p=3). Il 7 è anche un numero idoneo (non può es-

sere espresso nella forma ab+bc+ac, dove a, b e c

sono interi positivi) e un numero felice (sostituendo

iterativamente il numero con la somma dei quadrati

delle sue cifre, si ottiene alla fine 1). È anche un

numero di Carol, perché può essere espresso nella

forma 4n - 2

n + 1 - 1.

Sono sette i problemi matematici del Millen-

nio (Millennium Problems), posti all'attenzione dei

matematici dal Clay Mathematics Institute nel mag-

gio del 2000: solo uno di essi è stato finora risolto,

e per la risoluzione di ognuno è previsto un premio

di un milione di dollari.

In chimica, 7 è, innanzitutto, il numero atomi-

co dell'Azoto (N). È anche un numero che ricorre in

alcune classi o gruppi di interesse chimico: sette

sono gli elementi del primo gruppo del sistema peri-

odico: idrogeno, litio, sodio, potassio, rubidio, cesio,

francio; sette sono anche i termini della scala di

fusibilità dei minerali di Kobell (stibnite, natrolite,

almandino, actinoto, adularia, bronzite, quarzo);

sette, inoltre, sono le classi di simmetria dei sistemi

cristallini (cubico, esagonale, tetragonale, trigonale,

rombico, monoclino e triclino). Nella scala di durez-

za relativa dei minerali (Mohs), infine, il numero 7

corrisponde al quarzo.

Nel mondo della fisica, sette sono i colori

dell'arcobaleno, cioè le bande di frequenza nelle

quali è convenzionalmente suddiviso lo spettro visi-

bile: giallo, arancione, rosso, verde, blu, indaco e

violetto. Sette sono anche le grandezze fisiche fon-

damentali, ognuna delle quali viene misurata, se-

condo il Sistema Internazionale, da una specifica

unità di misura: lunghezza (metro), massa

(chilogrammo), tempo o durata (secondo), corrente

elettrica (ampere), temperatura termodinamica

(kelvin), quantità di sostanza (mole), intensità lumino-

sa (candela).

In astronomia, l'ammasso aperto delle Pleiadi

è tradizionalmente considerato come formato da set-

te stelle, anche se in realtà ne contiene di più.

Sette sono anche le stelle più luminose delle

costellazioni dell'Orsa Maggiore e dell'Orsa Minore.

Alle sette stelle dell’Orsa Maggiore si ricollega anche

il termine “settentrione”: in latino, infatti, “septem trio-

nes” significa "i sette tori da traino", espressione con

la quale gli antichi si riferivano alle stelle della celebre

costellazione. Sette sono gli oggetti celesti del Siste-

ma Solare visibili a occhio nudo dalla Terra: il Sole, la

Luna e i pianeti Mercurio, Venere, Marte, Giove, Sa-

turno. “7 Iris" è il nome di un asteroide che prende il

nome dalla divinità Iris, rappresentativa dell'arcobale-

no.

In medicina, sono sette le ossa del tarso pre-

senti nel piede umano: calcagno, astragalo, scafoide,

cuboide, tre cuneiformi. Sette sono anche le vertebre

cervicali. In biologia, sette sono i tipi di virus secondo

la classificazione di Baltimore.

Sette paia di enormi spine caratterizzavano il

dorso dell’Hallucigenia, un misterioso animale marino

vissuto tra il Cambriano inferiore e il Cambriano me-

dio, cioè tra 520 e 505 milioni di anni fa. I suoi resti

sono stati rinvenuti nei giacimenti di Burgess Shales

in Canada e di Maotianshan in Cina.

L U G L I O 2 0 1 4

Page 4: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

4

Far infuriare il proprio professore di ma-

tematica è probabilmente un’impresa che è

riuscita a molti. Ridurlo alle lacrime è

senz’altro cosa degna dei pochi più perfidi. Ma

commuoverlo grazie al proprio talento mate-

matico è cosa per pochi eletti e uno di questi

pochi è John von Neumann.

Fig. 1. John von Neumann.

John von Neumann nasce János Lajos

Neumann da un’agiata famiglia di commer-

cianti e banchieri di Budapest il 28 dicembre

1903. Già nei primi anni della sua vita rivela

immediatamente il suo straordinario talento

matematico: all’età di 6 anni è in grado di effet-

tuare a mente divisioni con numeri di 8 cifre e

familiarizza con i concetti di calcolo differenzia-

le e integrale all’età di 8 anni. Il padre insiste

affinché John frequenti scuole e istituti appro-

priati alla sua età e tuttavia, per assecondare i

talenti del figlio, provvede a impiegare dei tutori

privati per istruirlo nei campi nei quali egli mani-

festa particolare predisposizione. All’età di 15

anni comincia a studiare calcolo avanzato sotto

l’egida di Gábor Szegö: al loro primo incontro, il

professore è così colpito dallo straordinario ta-

lento del ragazzo che scoppia in lacrime.

Dopo aver ottenuto un dottorato in mate-

matica all’università di Budapest all’età di 22

anni e una laurea in ingegneria chimica al poli-

tecnico di Zurigo, quest’ultima per assecondare

le volontà del padre, von Neumann comincia la

sua straordinaria carriera accademica. I contri-

buti di von Neumann ai più disparati campi di

matematica, fisica ed economia sono tali e tanti

che risulta impossibile elencarli tutti: ci limitere-

mo quindi alle vere e proprie pietre miliari della

sua sfolgorante carriera scientifica.

L’esperienza di Gottinga è senz’altro una

della parentesi più importanti della prima vita

accademica di von Neumann. Sotto la supervi-

sione di David Hilbert si dedica con fervore allo

studio dell’approccio assiomatico alla matema-

tica, approccio che caratterizzerà tutto il suo

percorso accademico. Appreso il teorema di

Grandi Della Scienza: John von Neumann

(Budapest, 28 dicembre 1903 – Washington, 8 febbraio 1957)

di Giovanni Pellegrini (GDS)

L U G L I O 2 0 1 4

Page 5: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

5

incompletezza di Kurt Gödel alla Conferenza

di Könisberg, è il primo, oltre a Gödel stesso,

a realizzarne la portata rivoluzionaria. Nel giro

di un paio di mesi, dimostra come dal teorema

di incompletezza discenda l’indimostrabilità

della coerenza dell’aritmetica e invia immedia-

tamente il suo manoscritto a Gödel. Lo stesso

gli risponde prontamente con il proprio mano-

scritto, già peraltro inviato a una rivista scienti-

fica, dove dimostra lo stesso risultato. Von

Neumann riconosce immediatamente la pater-

nità di questo importante risultato a Gödel,

tuttavia il suo prestigio esce ingigantito da

questo episodio, dove dimostra di poter appli-

care il suo intelletto, dalla potenza apparente-

mente sconfinata, a qualsiasi problema gli si

ponga sottomano. Sempre nello stesso perio-

do von Neumann pubblica un ulteriore rivolu-

zionario articolo, contenente la dimostrazione

del famoso teorema Minimax, che diverrà in

futuro la pietra fondante della teoria dei Gio-

chi.

Agli inizi degli anni ‘30 von Neumann è

ripetutamente ospite a Princeton, dove a parti-

re dal 1933 diventa membro dell’Institute for

Advanced Studies assieme, tra gli altri, ad Al-

bert Einstein. Poco dopo, con l'arrivo dei nazi-

sti al potere, abbandona definitivamente la

sua posizione accademica in Germania, pren-

de il nome di John von Neumann e occupa

quella che sarà la sua cattedra a Princeton

fino alla fine dei suoi giorni. Il periodo ameri-

cano è con grande probabilità il più prolifico

della carriera di von Neumann, con contributi

di inestimabile importanza nei campi più di-

sparati. È in questo periodo che von Neumann

formula l’assiomatizzazione della meccanica

quantistica, scrive il libro “Theory of Games and

Economic Behavior” assieme a Oskar Morgen-

stern e rivolge la sua attenzione ai problemi del

calcolo elettronico, fino a definire la cosiddetta

architettura di von Neumann, sulla quale si ba-

sa tuttora il design della maggior parte dei com-

puter.

Fig. 2. John von Neumann con Robert Oppenhei-

mer (da www.computerhistory.org).

Un trattamento a parte merita il suo coin-

volgimento nel Manhattan Project. Viscerale

anticomunista, a causa delle sue precedenti

esperienze europee, è stato uno dei padri della

prima bomba atomica occupandosi del concet-

to di “lente esplosiva”, ovvero del meccanismo

deputato a comprimere il carico di materiale

fissile per innescare la reazione di fissione nu-

cleare. Non contento, si dedica con successo

al progetto della bomba H assieme a Edward

Teller. Tale impegno militaristico getterà

un’ingiusta ombra sulla sua figura di accademi-

co, tanto da ispirare la figura del Dottor Strana-

more del celeberrimo film di Stanley Kubrik.

John von Neumann non è però stato solo

famoso per la sua produzione scientifica, ma

L U G L I O 2 0 1 4

Page 6: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

6

anche per la sua giovialità e socialità. Amante

dei bei vestiti, si narra che David Hilbert sia

stato così colpito dalla sua eleganza da chie-

dergli quale fosse il suo sarto durante la di-

scussione della tesi di dottorato. Sono diventa-

te leggendarie le feste nella sua casa di Prin-

ceton, feste che si tenevano anche più volte a

settimana. Oltre ai vestiti, von Neumann ama-

va mangiare e bere, tanto da far dire alla mo-

glie che egli potesse contare qualsiasi cosa,

tranne le calorie.

Fig. 3. John von Neumann con Albert Einstein (da

picturesdotnews.wordpress.com).

Le migliori descrizioni di von Neumann, e

del suo brillante intelletto, sono però quelle che

vengono date dai suoi colleghi. George Pólya,

suo professore al politecnico di Zurigo, diceva

di lui:

“Johnny è stato l’unico studente di cui io abbia

mai avuto paura. Se durante una lezione ac-

cennavo a un teorema non ancora dimostrato,

era molto probabile che a fine lezione lui arri-

vasse da me con la dimostrazione scribacchia-

ta su un pezzetto di carta”.

Il premio Nobel Hans Bethe diceva poi di

lui:

“A volte mi sono chiesto se una mente come

quella di von Neumann non dimostri che esiste

una specie superiore a quella umana”.

Un tumore alle ossa, probabilmente do-

vuto all’eccessiva esposizione alle radiazioni

durante uno dei test della bomba H, lo costrin-

ge su una sedia a rotelle e lo porta alla morte

l’8 febbraio 1957. L’eredità lasciata da von

Neumann è sconfinata e forse, per descriverla,

è meglio rifarsi nuovamente alle parole di Hans

Bethe:

“Mi sembra appropriato dire che, se interpretia-

mo l’influenza di uno scienziato in maniera ab-

bastanza ampia da includere l’impatto delle

sue scoperte in campi al di fuori della scienza

stessa, John von Neumann sia stato il mate-

matico più importante mai vissuto. ”

Bibliografia

Israel, G. “The World as a Mathematical

Game: John von Neumann and Twentieth

Century Science”, Science Networks. His-

torical Studies. Birkauser 2009. ISBN 978-

3764398958.

h t t p : / / i t . w i k i p e d i a . o r g / w i k i /

John_von_Neumann ( v is i ta to i l

13/07/2014).

h t t p : / / e n . w i k i p e d i a . o r g / w i k i /

John_von_Neumann ( v is i ta to i l

13/07/2014).

Halmos, Paul R. "The legend of John von

Neumann." American Mathematical

Monthly (1973): 382-394.

L U G L I O 2 0 1 4

Page 7: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

7

L U G L I O 2 0 1 4

comprendono biologia, chimica, fisica, geo-

logia e matematica.

Ecco alcuni dei titoli dei laboratori scientifici

che possiamo proporre: “Il luna park della chi-

mica”, “Magie o elettromagnetismo?”,

“Immersi nei fluidi”, “Ma tu li mangi i sassi?”,

“Guarda, mamma: un dinosauro!”, “Boom! Si è

svegliato il vulcano!”, “Il terremoto? Niente pa-

ura!”, “Tutti i colori della matematica”,

“Matemagica”, “Bricolage matematico”, “C’era

una volta un re”. Le lezioni-laboratorio per le

scuole secondarie di II grado includono: “I bu-

chi neri sono rock!”, “La matematica è rock”,

“Numeri e parole”. Tra gli science-show per

famiglie: “La Terra fuori dall’orbita: a zonzo

per il sistema solare” e “La bella matematica”.

E in occasione delle Giornate della Scienza,

non potrà mancare la magia delle bolle di sa-

pone giganti!

Contattateci, quindi, per richiedere i nostri la-

boratori e gli altri interventi didattici e consulta-

te il sito per il catalogo dettagliato (e-mail: in-

[email protected], sito: http://

www.gdsdolomiti.com).

Da qualche anno, il GDS (Gruppo Divulgazio-

ne Scientifica Dolomiti “E. Fermi”) sta inve-

stendo la maggior parte delle proprie risorse

nella realizzazione di laboratori didattici di

carattere scientifico, destinati a scuole di ogni

ordine e grado, ma anche a biblioteche, mu-

sei, ed enti pubblici e privati di ogni genere.

Gli interventi proposti sono curati dagli esperti

e dai relatori del GDS. Avendo maturato in

questo settore una notevole esperienza, rite-

niamo di poter offrire un contributo di elevata

qualità e uno strumento di grande efficacia

per mostrare ai ragazzi la bellezza e l'aspetto

divertente delle discipline scientifiche, senza

mai trascurare rigore e precisione.

In questi giorni sta uscendo la nuova edizione

del nostro Catalogo, che raggruppa gli inter-

venti proposti per tipologia: sono disponibili

laboratori scientifici per bambini e ragazzi

dai 6 ai 13 anni, lezioni-laboratorio per ra-

gazzi delle scuole secondarie di II grado,

ma anche science show per famiglie, Gior-

nate della Scienza e le classiche conferen-

ze del GDS. Le aree scientifiche coperte

Laboratori scientifici e proposte divulgative

Page 8: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

Ricordiamo che il limite della nevicata

rappresenta la quota oltre la quale la precipita-

zione assume prevalentemente (90%) forma

solida (Kappenberger e Kerkmann, 1997), e

non la quota oltre la quale si verifica un accu-

mulo di neve al suolo. Solitamente il limite del-

la nevicata è inferiore alla quota di accumulo

al suolo.

Il raffreddamento da fusione

Il meccanismo di raffreddamento

dell’atmosfera a opera della fusione della neve

è già stato analizzato in numerosi lavori

(Findeisen, 1940; Wexler et al., 1954; al.): du-

rante una precipitazione nevosa, a meno che

la temperatura negativa o prossima a 0°C

dell’intera colonna d’aria consenta alla neve di

scendere direttamente fino alla quota del fon-

dovalle, la neve inizia a cadere in uno strato di

atmosfera con temperature positive, iniziando

così il processo di fusione. Tale processo è un

cambiamento di stato dell’acqua da ghiaccio

ad acqua liquida, e necessita quindi di calore,

MoltI fattori atmosferici concorrono a de-

terminare tale quota, tra i quali quello sicura-

mente più importante è la natura termica della

massa d’aria, in altre parole lo Zero Termico,

ovvero l’altitudine nella libera atmosfera alla

quale si trova l’isoterma di 0°C. Tuttavia, a pa-

rità di condizioni iniziali generali, il limite della

neve può risultare drasticamente diverso in

funzione principalmente dell’intensità e della

durata della precipitazione e anche in funzione

della morfologia del terreno.

Tra le variabili più importanti c’è sicura-

mente l’effetto di raffreddamento dell’aria in-

dotto dalla fusione della neve precipitante, il

così detto “raffreddamento da fusione”, che

può causare cali del limite della nevicata an-

che rilevanti.

Un altro aspetto da tenere in considera-

zione, soprattutto nelle fasi iniziali di un evento

precipitativo, è l’Umidità Relativa della massa

d’aria nello strato limite, ovvero nello strato più

prossimo al terreno. 8

Raffreddamento da fusione: la quota della nevicata in funzione dell’intensità

della precipitazione e della morfologia del territorio

di Gianni Marigo

(ARPAV - Centro Valanghe di Arabba – Ufficio Meteorologia Alpina)

Nell’imminenza di una precipitazione invernale, in caso di temperature sufficientemente vicine a 0°C,

è lecito chiedersi se la precipitazione stessa sarà sotto forma liquida (pioggia) o solida (neve); non è

sufficiente osservare le condizioni termiche a inizio evento per poter pronosticare correttamente fino

a che quota la precipitazione nevosa sarà in grado di spingersi.

L U G L I O 2 0 1 4

Page 9: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

La colonna d’aria che si trova al di sotto

della quota dello Zero Termico tende quindi a

raffreddarsi fino a raggiungere una situazione

di isotermia prossima a 0°C (Kain et al., 2000).

Raggiunta tale temperatura il processo di raf-

freddamento si arresta, poiché non viene più

assorbito ulteriore calore latente, in quanto

non più necessario a un ulteriore raffredda-

mento, poiché a questo punto si arresta anche

il processo di fusione.

Il fenomeno di raffreddamento da fusio-

ne avviene in maniera più rilevante all’interno

di masse d’aria “protette”, ovvero all’interno di

valli e zone chiuse, dove non avvengono signi-

ficativi scambi delle masse d’aria rispetto alla

circolazione generale, soprattutto quando la

quota dello Zero Termico non supera in ma-

niera significativa il limite altitudinale superiore

dell’orografia circostante (Unterstrasser e

Zängl, 2006). Nelle zone ampie e aperte, dove

sono più facili gli scambi di masse d’aria, il raf-

freddamento da fusione agisce in maniera me-

no significativa.

La velocità con cui l’atmosfera si raffred-

da è quindi direttamente proporzionale

all’intensità della precipitazione e, secondo

studi recenti (Theriault e Stewart, 2008), an-

che all’entità del sollevamento verticale della

massa d’aria, concorrendo in questo caso an-

che il raffreddamento adiabatico dovuto

all’espansione della massa d’aria a causa del-

la minore pressione. D’altra parte, velocità ver-

ticali positive e intensità di precipitazione sono

due parametri strettamente collegati tra loro in

maniera il più delle volte direttamente propor-

zionale.

il così detto calore latente di fusione (fig. 1); in

altre parole la fusione della neve assorbe calo-

re dall’atmosfera circostante, iniziando così a

raffreddare la colonna d’aria sottostante lo Ze-

ro Termico. L’entità del raffreddamento risulta

proporzionale all’intensità della precipitazione

e quindi al volume della massa di ghiaccio in

discesa al di sotto del limite dello Zero Termi-

co; la quantità di calore latente assorbito dal

processo di fusione è espresso dalla formula:

ΔQ = Lƒ ρℓ Rm

dove Lƒ è il calore latente di fusione a 0°C

(3.34 x 105 J Kg

-1), ρℓ la densità dell’acqua

liquida, e Rm l’altezza della precipitazione li-

quida-equivalente espressa in metri

(Lackmann et al., 2001); dalla formula si dedu-

ce facilmente che la quantità di calore latente

assorbita dal processo di fusione e, quindi, il

conseguente raffreddamento dell’atmosfera,

sono direttamente proporzionali all’intensità

della precipitazione, ovvero al termine Rm che

rappresenta il contenuto di acqua precipitabile

nell’atmosfera.

Fig. 1. Cambiamenti di stato dell’acqua e calori

latenti.

9

L U G L I O 2 0 1 4

Page 10: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

tazioni per almeno alcune ore è un fattore ne-

cessario affinché il raffreddamento da fusione

possa manifestarsi nelle proporzioni sopra de-

scritte.

Inoltre, eventuali variazioni dell’intensità

della precipitazione possono comportare

un’accentuazione o un’attenuazione del feno-

meno; un esempio tipico è riscontrabile nelle

fasi terminali di un evento caratterizzato da

forti precipitazioni: quando l’intensità inizia a

scemare nell’imminenza della fine dei fenome-

ni, il limite della nevicata, che si era progressi-

vamente abbassato, tende a rialzarsi poiché la

natura termica della massa d’aria non è drasti-

camente cambiata e il precedente raffredda-

mento indotto dalla fusione è da considerarsi

solo temporaneo.

In condizioni di gradiente verticale di

temperatura standard (6.5°C/1000 m), il limite

della neve può scendere, secondo le osserva-

zioni effettuate sulle Alpi italiane, solitamente

200/300 m sotto lo Zero Termico in caso di

debole precipitazione, 400/500 m in caso di

precipitazione moderata, 600/800 m in caso di

precipitazione intensa (fig. 2), anche di più in

caso di fenomeni accompagnati da instabilità,

durante i quali, specie nella stagione primave-

rile, al fenomeno del raffreddamento da fusio-

ne si aggiunge il rovesciamento di aria fredda

tipico delle precipitazioni di natura convettiva

(Kappenberger e Kerkmann, 1997).

Il raffreddamento da fusione necessita di

una sufficiente durata della precipitazione, poi-

ché l’assorbimento di calore latente avviene in

maniera progressiva; generalmente, in condi-

zioni di aria già satura, il protrarsi delle precipi-

10

Fig. 2. Calo del limite della

nevicata in funzione

dell’intensità.

L U G L I O 2 0 1 4

Page 11: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

la Td. La sublimazione del ghiaccio, cioè il

passaggio dallo stato solido direttamente a

quello aeriforme, sottrae calore latente in

maniera più cospicua rispetto al processo di

fusione (fig. 1), raffreddando l’atmosfera con

maggiore velocità. In maniera empirica si

potrebbe osservare che, con il prolungarsi

delle precipitazioni, l’UR aumenterebbe fino

a raggiungere il 100% mentre la temperatura

dell’aria scenderebbe e la Td nel frattempo

di conseguenza aumenterebbe ulteriormen-

te, fino a diventare pari a quella dell’aria a

completa saturazione; tale comune tempera-

tura equivarrebbe più o meno alla media tra

la temperatura dell’aria e la Td iniziali, in

questo caso circa -0.43°C. Tutto ciò assu-

mendo come costanti tutte le altre variabili

atmosferiche, in particolare la pressione, e in

condizione di massa d’aria isolata, ovvero in

assenza di avvezioni di aria di natura termi-

ca e igrometrica diversa.

t = 4°C, UR = 100%, Td = 4°C: in questo ca-

so l’inizio della precipitazione non comporte-

rebbe un calo termico per sublimazione, poi-

ché la massa d’aria è già satura. In questo

caso la Td non cambierebbe e solo precipita-

zioni prolungate e insistenti potrebbero ab-

bassare il limite della nevicata per un raffred-

damento da fusione.

Le condizioni iniziali di UR influiscono

quindi più che altro sul tempo di raffreddamen-

to della colonna d’aria sottostante lo Zero Ter-

mico, risultando il raffreddamento più veloce in

caso di massa d’aria inizialmente povera di

umidità (Theriault e Stewart, 2008). In pratica,

il rapporto tra temperatura dell’aria e UR, ov-

Umidità nell’aria

Qualora all’inizio della precipitazione la

colonna d’aria non presenti completa satura-

zione, ovvero presenti un valore di Umidità

Relativa (UR) inferiore al 100%, particolare

rilevanza assume la Temperatura di Rugiada o

“dew point” (Td), direttamente dipendente

all’UR stessa. La Td è la temperatura che do-

vrebbe raggiungere l’aria per provocare la

condensazione del vapore acqueo in essa

presente ed è funzione dell’Umidità contenuta

nell’atmosfera. Per esempio, a una pressione

standard di 1013.25 hPa, a un livello di UR del

50% (la metà dello spazio disponibile

nell’atmosfera è occupato da acqua, perlopiù

sotto forma di vapore acqueo) e a una tempe-

ratura dell’aria di +4°C a livello del suolo, la Td

è pari a -4.86°C: ciò significa che, qualora ini-

ziasse a precipitare sarebbe probabile la cadu-

ta di neve, nonostante l’elevata temperatura

iniziale; qualora invece, a parità di temperatura

dell’aria, l’UR fosse già pari al 100%, ovvero si

avesse saturazione, la Td coinciderebbe con

quella dell’aria, cioè ci si troverebbe già nella

condizioni di condensazione della massa

d’aria e si osserverebbe la caduta di pioggia.

Per chiarire:

t = 4°C, UR = 50%, Td = -4.86°C: con l’avvio

della precipitazione l’aria inizierebbe a raf-

freddarsi per effetto della sublimazione della

neve che cade in uno strato di atmosfera

non saturo, processo che al pari di quello di

fusione assorbe calore dall’atmosfera circo-

stante; al contempo, la precipitazione au-

menterebbe il livello di UR dell’aria per ap-

porto di acqua (ghiaccio), aumentando così

11

L U G L I O 2 0 1 4

Page 12: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

sivamente con il prolungarsi della precipitazio-

ne per effetto del raffreddamento da fusione;

in certi casi, infatti, lo strato isotermico della

colonna d’aria creatasi da questo processo

può raggiungere fino a 800/1000 m di spesso-

re, in caso di prolungata moderata o forte in-

tensità delle precipitazioni.

Nei settori ventilati il limite si mantiene

invece costantemente poco al di sotto dello

Zero Termico, poiché il rimescolamento inibi-

sce il propagarsi del processo di raffredda-

mento da fusione per il continuo apporto di

masse d’aria più mite che sostituiscono quella

preesistente, e solo un’eventuale aumento

dell’intensità della precipitazione potrà far ca-

lare, anche se in maniera non sostanziale, il

limite della nevicata (fig. 4); tale fenomenologi-

a è evidente sui primi contrafforti di una catena

montuosa direttamente interessata da correnti

d’aria umida in grado di produrre precipitazioni

da Stau (es. le Prealpi venete) in caso di inten-

so flusso.

vero la Td, dà una idea piuttosto precisa della

qualità termica della massa d’aria

nell’imminenza di una precipitazione: tanto più

bassa risulta l’UR iniziale e di conseguenza la

Td, tanto più basso risulterà il limite della nevi-

cata a parità di temperatura dell’aria iniziale.

Rimescolanza nei bassi strati

Il processo di raffreddamento da fusione

può verificarsi secondo la regola generale rap-

portata all’intensità della precipitazione solo

nel caso in cui la precipitazione stessa non sia

accompagnata da forte rimescolanza nei bassi

strati; già altri autori (Lackmann et al., 2002;

Kain et al., 2000) hanno dimostrato come con-

dizione necessaria per avere un marcato raf-

freddamento da fusione sia la presenza di una

debole avvezione orizzontale di temperatura,

ovvero venti deboli nei bassi strati (fig. 3). In

pratica, nel caso di settori poco arieggiati, il

limite della nevicata tende a scendere progres-

12

Fig. 3. Calo del limite della

nevicata in assenza di

rimescolanza.

L U G L I O 2 0 1 4

Page 13: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

fusione (Unterstrasser e Zängl, 2006). Come

già sopra esposto, in caso di forti e prolungate

precipitazioni il limite della nevicata può scen-

dere nelle valli interne anche 800/1000 m sotto

la quota dello Zero Termico, anche in assenza

di precedenti strati di inversione termica, per il

solo effetto dell’isotermia da fusione (figg. 5 e

6).

Fig. 5. Calo del limite della nevicata

in una valle larga.

Solitamente il valore massimo di velocità

del vento nei bassi strati che consente la for-

mazione di importanti strati di isotermia da fu-

sione si aggira attorno a 0,2/0,4 m/s; oltre tali

valori il rimescolamento è tale da inibire in

buona parte il raffreddamento da fusione

(Robert-Luciani et al; 2009).

Forma delle valli, il “Volume factor”

Anche la morfologia del territorio e in

particolare la forma delle valli, specie quelle

interne, può significativamente influenzare il

limite della nevicata. In particolare, in assenza

di forte rimescolanza nei bassi strati, nelle valli

più strette e chiuse il limite della neve tende a

scendere di più che non nelle valli larghe o

nelle aree aperte, a parità di intensità della

precipitazione. Nelle valli strette infatti la ridu-

zione del volume d’aria rispetto a una zona

aperta riduce l’ammontare della precipitazione

necessaria al raffreddamento per effetto della

13

Fig. 4. Inibizione del calo

del limite della nevicata per

rimescolanza.

L U G L I O 2 0 1 4

Page 14: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

f = Volume rettangolare (Vr) /

Volume trapezoidale (Vt)

Il “Volume factor” agisce in maniera effi-

cace solo quando la massa d’aria contenuta

nella valle può essere assunta come presso-

ché isolata dal punto di vista dinamico rispetto

all’ambiente circostante; tale condizione può

essere approssimativamente considerata reali-

stica se lo Zero Termico si trova al di sotto

dell’altezza delle creste delle montagne circo-

stanti; in caso contrario, l’avvezione di aria più

mite al di sopra delle creste che delimitano le

valli può significativamente inibire in partenza

il processo di raffreddamento da fusione. In un

sistema di valli complesso, con più valli tributa-

rie, è necessario considerare l’intero volume

d’aria e l’altitudine della cresta di delimitazione

dell’intero dominio per poter stimare

l’ammontare di precipitazione necessario al

raffreddamento del volume d’aria che si trova

all’interno delle valli, in funzione del “Volume

factor” (Unterstrasser e Zängl, 2006; Steina-

cker, 1984).

Conclusioni

Il processo del raffreddamento da fusio-

ne è uno dei fattori che maggiormente influen-

zano il limite di una nevicata ed esso dipende

in maniera sostanziale dall’intensità della pre-

cipitazione. Tuttavia, molti altri fattori interven-

gono a determinare tale limite, tra cui la pre-

senza o meno di turbolenza nei bassi strati,

nonché la morfologia del territorio, in particola-

re la forma delle valli; in merito a quest’ultimo

fattore, è anche necessario valutare la quota

Fig. 6. Calo del limite della nevicata

in una valle stretta

Il rapporto tra il volume d’aria che può

essere raffreddato su una zona piana e quello

che può essere raffreddato in una valle, a pari-

tà di intensità della precipitazione, è definito

“Volume factor”; tale valore, che viene utilizza-

to nella modellistica numerica, è tanto maggio-

re quanto più profonda e stretta risulta la valle;

esso risulta pari a 1 per una ipotetica valle di

forma rettangolare, ovvero con le pareti perfet-

tamente verticali, e ha un valore massimo di 2

per un’ipotetica valle a forma perfettamente

triangolare; il “Volume factor” (f) è espresso

dal rapporto tra il volume rettangolare ipotetico

e il volume trapezoidale che rappresenta la

forma semplificata della valle (fig. 7):

Fig. 7. Schema di determinazione

del “Volume factor”.

14

L U G L I O 2 0 1 4

Page 15: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

Ek M.B.: “Model Representation of

Freezing and Melting Precipitation: Impli-

cations for Winter weather Forecasting”

– Weather and Forecasting, 2002, vol.

17, pp 1016/1033.

Marigo G., Robert-Luciani T. Crepaz A.:

“Snow level forecasting methods and

parameters: two practical examples on

Eastern Italian Alps” – American Mete-

orological Society, 13th Conference on

Mountain Meteorology, 2008, on-line ab-

s t r ac t , h t t p : / / am s . c on f ex . c om /

ams/13MontMet17AP/techprogram/

paper_140825.htm.

Marigo G., Robert-Luciani T.: “Il limite

delle nevicate: un problema nella previ-

sione di dettaglio di un evento precipitati-

vo su un territorio montano complesso” –

Neve e Valanghe n. 68 – dicembre

2009, pp 38/45.

Steinacker R. “Diagnose und Prognose

der Schneefallgrenze” – Wetter und Le-

ben, 1983, vol. 35, pp 81/90.

Theriault J.M.; Stewart R.E.: “On the ef-

fects of vertical air velocity on winter pre-

cipitation types” – Natural Hazards and

Earth System Sciences, 2007, vol. 7 pp

231/242.

Unterstrasser S.; Zangl G.: “Cooling by

precipitation in alpine valleys: An ideal-

ized numerical modelling study” – Qua-

ternary Journal of the Royal Meteorologi-

cal Society, 2006, vol. 132, n° 168, pp

1489/1508.

Wexler R., Reed R., Honig J.:

“Atmospheric cooling by melting snow” –

Bull. American Meteorological Society,

1954, vol. 35, pp 48/51.

dello Zero Termico in rapporto all’altitudine dei

rilievi che circondano le valli, risultando poco

efficace il raffreddamento da fusione in caso di

Zero Termico più elevato rispetto alle creste.

Si deduce quindi che la previsione del

limite di una nevicata risulta essere un aspetto

alquanto complesso della previsione del tem-

po in montagna, dipendendo da una serie di

fattori soggetti a notevole variazione locale e

temporale; il previsore non può quindi prescin-

dere da un’approfondita conoscenza della

morfologia del proprio territorio, nonché dalla

disponibilità di modelli previsionali attendibili

per quanto riguarda perlomeno la quota dello

Zero Termico, l’intensità e la durata delle pre-

cipitazioni e la velocità del vento nei bassi

strati.

Bibliografia

Bourguain P.: “A method to determine

precipitation types” – Weather and Fore-

casting, 2000, vol. 15, pp 583/592.

Fujiyoshi Y.: “Melting Snowflakes” –

Journal of the Atmospheric Sciences,

1986, vol. 43 n° 3; pp 307/311.

Kain J.S., Goss S.M., Baldwin M.E.:

“The Melting Effect as a Factor in Pre-

cipitation-Type Forecasting” – Weather

and Forecasting, 2000, vol. 15, pp

700/714.

Kappenberger G.; Kerkmann J.: “Il tem-

po in montagna – manuale di meteorolo-

gia alpina” – AINEVA – Zanichelli Edito-

re, 1997.

Lackmann G. M.; Keeter K., Lee L.G:,

15

L U G L I O 2 0 1 4

Page 16: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

Uno dei “mondi colorati” più complessi e

interessanti è quello vegetale, che offre peral-

tro anche numerose possibilità di impiego del

colore a scopo tintorio, decorativo, creativo,

alimentare: basti osservare ortaggi e verdure,

frutti e bacche, spezie ed erbe, fiori, cortecce e

legni di vegetali spontanei o coltivati, oltre ai

licheni e alle piante tintorie pure.

In base alla struttura molecolare, i colo-

ranti vengono classificati principalmente in:

Antrachininoci : ROSSI , come

l’alizarina, la purpurina, la pseudopurpu-

rina; o GIALLI/ARANCIO, come la rubia-

dina, la mungistina (beta-metiletere

dell’alizarina).

Flavonoidi: GIALLI, come la luteolina

(Reseda luteola), la ramnetina (bacche

del Rhamnus), la fisetina (Rhus cotinus),

la morina (Chlorophora/Morus tinctoria),

la quercetina (presente come glucoside

nella corteccia della quercia americana

Quercus tinctoria).

Chinonici: ROSSI, come l’alcannina

(dalla radice dell’Alcanna tinctoria e

dell’Anchusa tinctoria), l’henna o lawso-

ne (nella “Lawsonia inermis” e nella

“Lawsonia alba”), lo juglone (contenuto

nel mallo delle noci, in particolare nella

specie “Juglans nigra”).

Le definizioni di “colore” sono molteplici

e vi sono anche definizioni di “non colore”. Per

questo si leggono sovente interpretazioni del

termine “colore” dal punto di vista scientifico,

artistico e letterario, e tutte hanno in comune

tre elementi: luce, materia e occhio.

Secondo la biofisica, il colore è una per-

cezione di luce riflessa da un oggetto sui nostri

occhi. Per l’artista, il colore è una sostanza

usata per dipingere. Per il poeta, invece, “il

colore è lo sforzo della materia per diventare

luce” (Gabriele D'Annunzio).

In natura il colore ha numerose funzioni,

tra i quali l'attrazione sessuale a scopo ripro-

duttivo, l'avvicinamento degli insetti impollina-

tori e degli uccelli che si cibano di frutti e ne

diffondono i semi, la difesa dai predatori, l'invio

di messaggi di pericolo; oppure sono sempli-

cemente prodotti del metabolismo dell'organi-

smo stesso, e tutto il resto rimane un mistero!

Fig. 1. (da stilenaturale.com)

16

La chimica dei colori naturali

di Valentina Saitta (biologa freelance)

La natura è una tavolozza di colori! I colori delle terre, dei minerali, degli animali e dei vegetali in par-

ticolare sono conosciuti e impiegati sin dall'antichità e appartengono ad alcune categorie di coloranti

classificabili chimicamente in famiglie di composti. Ma cos'è il colore? Che funzioni ha in natura?

L U G L I O 2 0 1 4

Page 17: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

porpora reale, derivati rispettivamente da pa-

rassiti e molluschi. La tabella seguente riporta

inoltre classi chimiche, minoritarie ma non me-

no importanti.

Avvicinandoci alla realtà quotidiana, si-

curamente almeno una volta avrete fatto un

risotto alla luteina e caroteni (zafferano), un

pollo alla curcumina (curcuma), avrete bevuto

un succo di mirtillidina (mirtillo) o un infuso di

karkadè, oppure preparato un liquore allo ju-

glone (nocino). Avrete pasteggiato con tannini

di varia origine (tè, caffè, vino rosso). Durante i

vostri viaggi avrete visto spezie e tinture a ba-

se di lawsone (henna o hennè) per tatuaggi e

capelli, o comunque decorato la vostra casa

con fiori colorati. Pelli, gusci d'uovo e lana tinte

con le piante hanno colori inconfondibili e uni-

ci.

Questa è la natura: biodiversa, sorpren-

dente e sicuramente difficile da riprodurre arti-

ficialmente.

Fig. 2. Pianta di robbia – parte aerea (sx) e radici

(dx) (da omero.it)

Carotidinoidi: ARANCIO, come la cro-

cetina (dal “Crocus sativus”, zafferano) e

la bixina (dai semi della “Bixia orellana”).

Calconici: la cartamina (dal “Chartamus

tinctoria”, cartamo o zafferanone o cardo

dei tintori).

Indigoidi: l’indaco o la indigotina (dall’

“Isatis tinctoria” o guado, e dalla

“Indigofera tinctoria”) e la porpora reale

(ottenuta da molluschi marini).

Antocianidici: la pelargonidina (dal fior-

daliso, pelargonia scarlatta e dalie); la

cianidina (dai petali delle rose, del papa-

vero, del fiordaliso e della Dalia cactus

rossa), la delfinidina (dal fiore del delphi-

nium e della salvia), la mirtillidina (dal

mirtillo).

Sicuramente vengono riconosciute nu-

merose piante comuni, alcune autoctone altre

alloctone, ma insieme ai sopracitati ci sono

altri pigmenti di valore storico di origine anima-

le come l'acido chermesico e l'acido carminico,

molecole della classe degli antrachinoni, e la 17

L U G L I O 2 0 1 4

Page 18: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

L'obiettivo era molto alto, l'idea tanto affa-

scinante quanto esotica. L'articolo venne spedi-

to il 3 aprile 1914 e pubblicato lo stesso anno

sul numero 15 dell'importante rivista tedesca

Physikalische Zeitschrift. All'epoca l'idea di una

quinta dimensione non fece subito presa, ma

nel corso degli anni il suo fascino ammaliante

attirò l'attenzione di molti fisici illustri.

L'articolo di questo semisconosciuto fisi-

co finlandese proponeva una teoria in grado di

unificare le forze fondamentali allora note: la

forza elettromagnetica e la forza di gravità.

Questo era possibile introducendo una quinta

dimensione dello spazio, o meglio dello spazio-

tempo. La nostra intuizione ci dice che lo spazio

è quel tessuto invisibile all'interno del quale ci

muoviamo. Esso è caratterizzato da tre dimen-

sioni. Possiamo infatti muoverci avanti e indie-

tro, verso l'alto e verso il basso, a sinistra e a

destra. Queste tre direzioni di movimento indi-

cano altrettante dimensioni spaziali. Ci convin-

ciamo della tridimensionalità dello spazio anche

pensando a quante informazioni sono necessa-

rie per individuare la posizione di un oggetto

sulla superficie terrestre; sono sufficienti infatti

tre numeri, le cosiddette coordinate: la latitudi-

ne, la longitudine e l'altitudine rispetto a un pun-

to di riferimento convenzionalmente riconosciu-

Introduzione

Quel giorno di 100 anni fa Gunnar

Nordström concluse il suo articolo. Al suo in-

terno faceva il proprio ingresso sul palcosce-

nico della fisica il concetto di extra dimensio-

ne. Il sommario di quella fondamentale me-

moria recita così:

Si evidenzia come un approccio unificato del

campo elettromagnetico e del campo gravita-

zionale sia possibile considerando lo spazio-

tempo quadridimensionale come una superfi-

cie in un universo a cinque dimensioni.

Fig. 1. Gunnar Nordström all'età di 35 anni

18

La Quinta Dimensione

di Alex Casanova (GDS)

L'idea di extra dimensione compie cento anni. Venne introdotta per la prima volta nel 1914 con l'in-

tento di unificare le interazioni allora note, l'elettromagnetismo e la gravitazione. Dopo un secolo di

storia quell'idea tanto esotica quanto affascinante continua a essere presente nelle moderne teorie

di unificazione. Perché non tornare a quel lontano 1914 per capire l'origine di quest'idea così longe-

va?

L U G L I O 2 0 1 4

Page 19: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

studiate: la forza di gravità e la forza elettro-

magnetica. È vero che da tempo erano noti i

fenomeni della radioattività ed è altrettanto

vero che alcuni fenomeni nuovi stavano apren-

do la strada all'avvento della Meccanica Quan-

tistica. Ma questo ci porterebbe inesorabilmen-

te fuori strada.

All'epoca parlare di forza di gravità signi-

ficava parlare di legge di Newton, mentre elet-

tromagnetismo era sinonimo di equazioni di

Maxwell. Più in generale, fisica significava

meccanica newtoniana, anche se durante la

seconda metà dell'800 la sua inossidabile re-

putazione vacillava sotto i colpi di nuovi espe-

rimenti e di nuove teorie.

Secondo la meccanica newtoniana spa-

zio e tempo costituiscono il palcoscenico dove

si sviluppano i fenomeni fisici. In tal senso, per

descrivere un fenomeno fisico è necessario

individuarne la posizione su questo palcosce-

nico tramite la scelta di opportune coordinate.

È altresì importante dotarsi di un orologio per

fissare l'istante di tempo in cui tale fenomeno

avviene, o l'intervallo di tempo in cui si svilup-

pa. Questo offre la possibilità a un osservatore

di scegliersi il proprio sistema di coordinate e il

proprio orologio. Tuttavia, osserviamo un solo

mondo, quindi ci aspettiamo di descrivere gli

stessi fenomeni nello stesso modo, attraverso

le stesse leggi fisiche. Detto in altre parole, ci

aspettiamo che queste leggi siano invarianti

per trasformazioni tra sistemi di coordinate. In

fisica questo concetto prende il nome di

"Principio di Relatività", un principio fondamen-

tale per rendere oggettiva la descrizione della

Natura.

to da tutti. Quindi, alla domanda: "Quante di-

mensioni ha lo spazio?", senza indugio tutti

rispondiamo: "Lo spazio ha tre dimensioni". Di

fronte a un aspetto che ci appare così eviden-

te, è difficile pensare che lo spazio possa es-

sere caratterizzato da altre dimensioni. Questo

comporta uno sforzo di astrazione notevole,

uno sforzo che cento anni fa venne considera-

to necessario per raggiungere un obiettivo più

importante: l'unificazione di tutte le forze.

Oggi, la fisica moderna è ancora alla ri-

cerca di una buona teoria in grado di unificare

tutte le forze fondamentali della Natura. Ag-

giungere dimensioni allo spazio sembra esse-

re una buona tecnica per raggiungere tale sco-

po e molti gruppi di ricerca in giro per il mondo

continuano a indagare sulla bontà di quell'idea

nata cento anni fa.

Per capire come nasce l'idea di una

quinta dimensione spaziale dobbiamo tornare

indietro nel tempo per ripercorrere alcune tap-

pe fondamentali dello sviluppo della fisica mo-

derna. Dobbiamo tornare ai primi anni del

1900, quando la nascente Teoria della Relati-

vità di Einstein e di Minkowski stava cambian-

do il modo di concepire lo spazio e il tempo,

rivoluzionando così il modo di guardare il mon-

do che ci circonda.

Spaziotempo ed Elettromagnetismo

Pensiamo di tornare al 1900. Qual era

l'orizzonte delle conoscenze fisiche di allora?

Semplificando notevolmente, possiamo dire

che verso la fine del 1800 e l'inizio del 1900

due erano le forze fondamentali conosciute e

19

L U G L I O 2 0 1 4

Page 20: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

ni elettrici e magnetici, ma anche i fenomeni

ottici: la luce è un'onda elettromagnetica.

Le equazioni di Maxwell mostrano uno

straordinario potere di sintesi in grado di unifi-

care fenomeni fino alla seconda metà dell'otto-

cento disgiunti. Ma le equazioni di Maxwell

convivono male con la meccanica newtoniana.

Infatti queste equazioni non sono invarianti per

le stesse trasformazioni rispetto alle quali risul-

tano invarianti le leggi della meccanica newto-

niana. Il tanto fondamentale principio di relati-

vità vacilla: i due osservatori di prima descrivo-

no lo stesso fenomeno elettromagnetico in

modo differente. Non è il solo problema: la lu-

ce, nel suo moto di propagazione, sembra non

rispettare le leggi della meccanica newtoniana.

Infatti, la sua velocità si dimostra sperimental-

mente costante a dispetto del moto della sor-

gente che la emette. Questi problemi, che

mettevano a dura prova la meccanica newto-

niana, vennero superati verso la fine dell'otto-

cento e l'inizio del novecento grazie al lavoro

di Hendrik Antoon Lorentz (1853-1928), Al-

bert Einstein (1879-1955) ed Hermann Min-

kowski (1864-1909).

Lorentz fu il primo a dedurre matemati-

camente quali fossero le trasformazioni per le

quali le equazioni di Maxwell risultavano inva-

rianti; queste trasformazioni, che oggi cono-

sciamo con il nome di "trasformazioni di Lo-

rentz", mettevano in evidenza un nuovo modo

di concepire il tempo. Questa variabile non era

più assoluta, ma rientrava in queste nuove tra-

sformazioni in modo da cambiare a seconda

del moto dell'osservatore.

Un modo per pensare a trasformazioni

fra sistemi di coordinate è quello di prendere

due osservatori e far sì che il secondo sia in

moto rispetto al primo. Le leggi della meccani-

ca newtoniana sono invarianti nel momento in

cui il secondo si muove dritto con velocità co-

stante rispetto al primo. Questo significa che i

due osservatori, studiando il medesimo feno-

meno, scriveranno le stesse leggi della mec-

canica e non saranno in grado di capire real-

mente quale dei due è in moto rispetto all'altro.

Cosa dire invece del tempo che i nostri

osservatori misurano sui loro orologi? Limitan-

dosi a fenomeni meccanici (per esempio, la

caduta di un corpo per effetto della gravità o il

moto rotatorio di un oggetto), quello che pos-

siamo concludere è che il tempo scorre alla

stessa maniera per entrambi, ovvero due feno-

meni simultanei per il primo osservatore sono

simultanei anche per il secondo. In questi ter-

mini, il tempo è assoluto e scorre in maniera

identica indipendentemente dal moto dell'os-

servatore e del suo orologio. Ma non possia-

mo di certo autolimitarci a osservare solo feno-

meni meccanici, per quanto la meccanica ne-

wtoniana abbia ottenuto numerosi successi.

Come comportarci con i fenomeni elettroma-

gnetici?

Per prima cosa bisogna dire che quan-

do parliamo di fenomeni elettromagnetici par-

liamo dell'attrazione/repulsione di due cariche

elettriche o di due magneti, parliamo di corren-

ti elettriche, parliamo anche di luce. Uno degli

aspetti fondamentali delle equazioni di Ma-

xwell è che tramite quattro equazioni matema-

tiche non solo è possibile descrivere i fenome-

20

L U G L I O 2 0 1 4

Page 21: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

Lo stesso Lorentz ebbe difficoltà ad

accettare una conseguenza così rivoluzionaria

delle sue trasformazioni.

Fu Einstein che ebbe il coraggio di af-

frontare il problema in modo deciso e senza

pregiudizi. Assunse come postulati le seguenti

affermazioni:

la velocità di propagazione della luce è

costante indipendentemente dal moto della

sorgente;

due osservatori in moto l'uno rispetto

all'altro con velocità costante scrivono le stes-

se leggi della meccanica e dell'elettromagneti-

smo.

Dedusse così le trasformazioni di Lo-

rentz, accettando il nuovo modo di concepire il

tempo. La simultaneità di due eventi diventava

ora un concetto relativo e la meccanica newto-

niana un caso particolare di una meccanica

relativistica per corpi che si muovono a veloci-

tà molto più piccole rispetto a quella della luce.

Assumere come costante la velocità di

propagazione della luce aveva come conse-

guenza che il tempo non era più assoluto, ma

dipendeva ora dal moto dell'osservatore (si

veda il box "L'esperimento ideale di Einstein

sulla Relatività della Simultaneità" a pag. 22).

Le stesse definizioni di tempo e spazio (o me-

glio, distanza fra due punti nello spazio) dipen-

devano da questa costanza: per definire il

tempo mediante la sincronizzazione di due

orologi lontani era necessario considerare la

distanza spaziale fra loro; viceversa, la distan-

za fra punti lontani comportava la necessità di

definire un sistema di orologi sincronizzati.

Fig. 2. In alto Einstein e Lorentz a Leida nel 1921.

In basso Hermann Minkowski.

Il tempo, in altre parole, scorre in modo

diverso a seconda del moto dell'osservatore.

Naturalmente un tale concetto costituiva un

fulmine a ciel sereno per l'epoca: dovevano

essere riviste le leggi delle meccanica newto-

niana oppure sfuggiva qualcosa ai fisici dell'e-

poca? 21

L U G L I O 2 0 1 4

Page 22: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

e colonne; ragionando in uno spaziotempo a

quattro dimensioni, questa tabella è fatta di

quattro righe e quattro colonne, per un totale

di sedici elementi in grado di accomodarsi al

suo interno. La matrice è però antisimmetrica,

ovvero gli elementi delle caselle in alto a de-

stra devono essere uguali, ma con segno op-

posto, a quelli delle caselle in basso a sinistra

rispetto alla diagonale principale della tabella

(si veda il box “Il tensore Elettromagnetico” a

pag. 23).

In questo modo per definire il tensore

elettromagnetico sono necessari e sufficienti

solo sei elementi. Questi sei elementi sono le

componenti del campo elettrico e del campo

magnetico; infatti, essendo due grandezze vet-

toriali, in ogni punto dello spazio il campo elet-

trico e il campo magnetico sono definiti da tre

componenti ciascuno. In altre parole, tre nu-

meri attraverso i quali si possono definire in-

tensità, direzione e verso del vettore campo

elettrico e del vettore campo magnetico. In

questo modo, in un unico oggetto di natura

geometrica vengono condensate tutte le infor-

mazioni sul campo elettromagnetico.

La comprensione dei fenomeni elettro-

magnetici ha aperto le porte alla rivoluzione

relativistica: spazio e tempo non sono più enti-

tà assolute e autonome e la descrizione dei

fenomeni fisici si realizza tramite la definizione

di oggetti geometrici come lo spaziotempo di

Minkowski o il tensore elettromagnetico. Ma

cosa dire della forza di gravità di fronte a que-

sto nuovo scenario fisico?

Spazio e tempo sembravano in tal sen-

so strettamente collegati, dotati quasi di un

legame simbiotico fino ad allora inesplorato.

Fu Minkowski che fra il 1907 e il 1908 spinse

in là questo concetto, fino a farlo diventare un

principio matematico-geometrico ben definito.

Ecco l'incipit del suo famoso articolo del 1909

(traduzione dell'autore):

Le concezioni di spazio e di tempo che deside-

ro presentarvi sono sorte dal terreno della fisi-

ca sperimentale, e in ciò sta la loro forza. Esse

sono radicali. D'ora in poi lo spazio in sé il

tempo in sé sono condannati a svanire in pure

ombre, e solo una specie di unione tra i due

concetti conserverà una realtà indipendente.

Spazio e tempo perdevano la loro auto-

nomia a favore di un nuovo ente geometrico,

lo spaziotempo. Non si doveva più ragionare

in uno spazio tridimensionale, palcoscenico

per gli eventi che nel tempo andavano svilup-

pandosi e concatenandosi. Bisognava ragio-

nare direttamente in quattro dimensioni. Lo

spazio tridimensionale diventava ora uno spa-

ziotempo quadridimensionale, dove la distan-

za fra due eventi veniva calcolata non solo

come distanza spaziale fra i punti dove si svol-

gevano tali eventi, ma anche come distanza

percorsa dalla luce nell'intervallo di tempo che

separava i due eventi.

Con il suo nuovo strumento matematico

Minkowski riuscì a riscrivere le equazioni di

Maxwell in modo estremamente sintetico, fa-

cendo uso di un nuovo oggetto geometrico da

lui stesso introdotto, il "tensore elettromagneti-

co". Questo tensore può essere pensato come

una sorta di matrice, una tabella fatta di righe

22

L U G L I O 2 0 1 4

Page 23: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

L'esperimento ideale di Einstein sulla Relatività della Simultaneità

Nella sua esposizione divulgativa, Einstein spiega come la simultaneità degli eventi e il concetto stesso di tempo siano relativi tramite il seguente famoso esperimento ideale del treno: "Le nostre considerazioni sono state finora svolte rispetto a un particolare corpo di riferimento, a cui abbiamo dato il nome di "banchina fer-roviaria". Supponiamo che un treno molto lungo viaggi sulle rotaie con la velocità costante v e nella direzione indicata dalla Figura 3.

Fig. 3. Il treno dell’esperimento ideale di Einstein

Le persone che viaggiano su questo treno useranno vantaggiosamente il treno come corpo rigido di riferi-mento (sistema di coordinate); esse considerano tutti gli eventi in riferimento al treno. Ogni evento, poi, che ha luogo lungo la linea ferroviaria ha pure luogo in un determinato punto del treno. Anche la definizione di simultaneità può venir data rispetto al treno nello stesso preciso modo in cui venne data rispetto alla banchi-na. Ora però si presenta, come conseguenza naturale, la seguente domanda: due eventi (per esempio i due colpi di fulmine A e B) che sono simultanei rispetto alla "banchina ferroviaria" saranno tali anche rispetto al treno? Mostreremo subito che la risposta deve essere negativa. Allorché diciamo che i colpi di fulmine A e B sono simultanei rispetto alla banchina intendiamo: i raggi di luce provenienti dai punti A e B dove cade il ful-mine si incontrano l'uno con l'altro nel punto medio M dell'intervallo A B della banchina. Ma gli eventi A e B corrispondono anche alle posizioni A e B sul treno. Sia M' il punto medio dell'intervallo sul treno in moto. Pro-prio quando si verificano i bagliori del fulmine, questo punto M' coincide naturalmente con il punto M, ma es-so si muove verso la destra del diagramma con la velocità v del treno. Se un osservatore seduto in treno nel-la posizione M' non possedesse questa velocità allora egli rimarrebbe permanentemente in M e i raggi di lu-ce emessi dai bagliori del fulmine A e B lo raggiungerebbero simultaneamente, vale a dire s'incontrerebbero proprio dove egli è situato. Tuttavia nella realtà (considerata con riferimento alla banchina ferroviaria), egli si muove rapidamente verso il raggio di luce che proviene da B, mentre corre avanti al raggio di luce che pro-viene da A. Pertanto l'osservatore vedrà il raggio di luce emesso da B prima di vedere quello emesso da A. Gli osservatori che assumono il treno come loro corpo di riferimento debbono perciò giungere alla conclusio-ne che il lampo di luce B ha avuto luogo prima del lampo di luce A. Perveniamo così al seguente importante risultato: gli eventi che sono simultanei rispetto alla banchina non sono simultanei rispetto al treno e vicever-sa (relatività della simultaneità); ogni corpo di riferimento (sistema di coordinate) ha il suo proprio tempo par-ticolare: un'attribuzione di tempo è fornita di significato solo quando ci venga detto a quale corpo di riferimen-to tale attribuzione si riferisce. Orbene, prima dell'avvento della teoria della relatività, nella fisica si era sem-pre tacitamente ammesso che le attribuzioni di tempo avessero un significato assoluto, cioè fossero indipen-denti dallo stato di moto del corpo di riferimento. Abbiamo però visto or ora che tale ipotesi risulta incompati-bile con la più naturale definizione di simultaneità."

A. Einstein, "Relatività: esposizione divulgativa", Universale Bollati Boringhieri, Torino, 1991. Traduzione di

Virginia Geymonat.

23

L U G L I O 2 0 1 4

Page 24: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

massa interagiscono con una forza diretta-

mente proporzionale al prodotto delle masse e

inversamente proporzionale al quadrato della

distanza fra i corpi. In altre parole, l'intensità

dell'interazione è maggiore fra corpi con mas-

sa più grande e decresce all'aumentare della

loro distanza. Possiamo così dire che la sor-

gente della forza di gravità è una qualsiasi di-

stribuzione di massa; passando nelle sue vici-

nanze, un secondo corpo sperimenterà una

La gravità rivista e corretta

Come visto nel paragrafo precedente, la

Relatività Speciale aveva rivoluzionato il modo

di concepire lo spazio e, soprattutto, il tempo.

La meccanica newtoniana era diventata un

caso particolare della meccanica relativistica e

questo ebbe inevitabili ripercussioni anche sul-

la legge di gravitazione universale di Newton.

Questa legge ci dice che due corpi dotati di 24

L U G L I O 2 0 1 4

Il tensore Elettromagnetico

Fig. 4. Rappresentazione grafica del tensore elettromagnetico

Il tensore elettromagnetico può essere pensato come una tabella formata da quattro righe e quattro colonne,

per un totale di sedici elementi. Nella Figura 4a ogni casella rappresenta uno di questi elementi. Il tensore

elettromagnetico è antisimmetrico; questo significa che gli elementi della diagonale principale (caselle di co-

lore rosso) assumono un valore fisso pari a zero, mentre il contenuto delle caselle verdi deve essere uguale

e di segno opposto al contenuto delle corrispondenti caselle blu, come indicato per le caselle collegate dalla

freccia. In questo modo, una tabella così strutturata è definita dal contenuto delle sole caselle blu. In esse

trovano posto tutte le informazioni necessarie e sufficienti per definire il campo elettromagnetico (Figura 4b):

nelle caselle nere si accomodano le tre quantità utili a definire il vettore campo elettrico, mentre nelle caselle

viola trovano posto le informazioni sul vettore campo magnetico.

0 10

0

-10 0 -3

3 0

0

0

0

0

(a) (b)

Page 25: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

La legge di gravitazione universale, così

come formulata da Newton o espressa me-

diante l'uso del potenziale gravitazionale, era

incompatibile con la Teoria della Relatività

Speciale formulata da Einstein e da Minko-

wski.

I problemi erano sostanzialmente due:

1. la forza di gravità agisce a distanza istanta-

neamente;

2. la forza di gravità si genera considerando le

variazioni del potenziale solo nelle tre direzioni

dello spazio, trascurando il tempo.

La Relatività Speciale prevede che i se-

gnali e le informazioni associate alle interazio-

ni fra corpi si propaghino a velocità finita, con

valore massimo pari alla velocità di propaga-

zione della luce nel vuoto. Altresì, spazio e

tempo non possono più essere considerati co-

me entità autonome, ma bisogna ragionare in

termini di una geometria quadridimensionale

dove coordinate spaziali e coordinata tempora-

le si combinino opportunamente.

Dopo l'avvento della nuova Teoria della

Relatività, fra i fisici dell'epoca si scatenò subi-

to la discussione su come rendere compatibile

la gravità con il nuovo principio di relatività. Lo

stesso Einstein fu coinvolto nel dibattito, fatto

di numerose pubblicazioni e qualche sana po-

lemica. Fra coloro che proposero una nuova

teoria per la gravità relativisticamente compati-

bile c'era anche il nostro Gunnar Nordström,

quel fisico poco conosciuto che veniva dalla

Finlandia

La sua teoria della gravità rivista e cor-

forza attrattiva la cui intensità decrescerà

all'aumentare della distanza dalla sorgente.

La legge di gravitazione universale può

essere matematicamente riformulata conside-

rando una funzione definita in ogni punto dello

spazio, che i fisici chiamano potenziale gravi-

tazionale. Possiamo pensare al potenziale

gravitazionale come a una colonna di acqua la

cui altezza varia da punto a punto dello spazio

che circonda una distribuzione di massa. In

alcuni punti la colonna d'acqua sarà più alta, in

altri più bassa, tutto dipende da come è fatta la

distribuzione di massa in esame. Se mettiamo

in comunicazione fra loro due colonne con li-

velli d'acqua differenti, è noto che l'acqua fluirà

dalla colonna più alta verso la colonna più

bassa, in modo da azzerare l'iniziale differen-

za. É proprio la differenza di potenziale a ge-

nerare una forza attrattiva sui corpi che si tro-

vano in prossimità della sorgente che ha pro-

dotto quel potenziale.

Possiamo così sintetizzare:

nello spazio circostante una distribuzio-

ne di massa si produce un potenziale gravita-

zionale;

le differenze di potenziale fra i diversi

punti dello spazio generano una forza sui corpi

che si trovano in prossimità della distribuzione

di massa.

Questo ragionamento ci porta alla con-

clusione che la forza di gravità può essere de-

scritta completamente dal potenziale gravita-

zione e dalle sue variazioni da punto a punto

nello spazio. 25

L U G L I O 2 0 1 4

Page 26: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

gnetico permetteva di rendere queste equazio-

ni più compatte, condensando le informazioni

del campo elettrico e del campo magnetico in

un unico oggetto di natura geometrica;

• la forza di gravità poteva essere descrit-

ta partendo dalle variazioni spazio-temporali di

un unico oggetto, il potenziale gravitazionale.

Facciamo due conti:

• il campo elettromagnetico è definito da 6

elementi: tre componenti del vettore campo

elettrico e tre componenti del vettore campo

magnetico;

• il campo gravitazionale è definito da 4

elementi: le variazioni del potenziale gravita-

zionale in uno spaziotempo a quattro dimen-

sioni.

Quindi per definire completamente lo

stato del campo elettromagnetico e del campo

gravitazionale in ogni punto dello spaziotempo

servono 10 elementi. L'idea che ebbe Nor-

dström fu quella di ridefinire il tensore elettro-

magnetico introducendo una quinta dimensio-

ne dello spazio. Dieci elementi infatti si acco-

modano perfettamente in un tensore elettro-

magnetico fatto ora da cinque righe e da cin-

que colonne (Figura 5).

In altre parole, Nordström proseguì sulla

strada indicata da Minkowski realizzando un'u-

nificazione di carattere geometrico: l'elettroma-

gnetismo a quattro dimensioni si combinava

con la gravità per generare una sorta di elet-

tromagnetismo a cinque dimensioni.

retta, proposta nel 1912, era una diretta gene-

ralizzazione della teoria newtoniana alla luce

dei precetti relativistici:

1. l'equazione che lega la distribuzione di

massa al potenziale gravitazionale tiene conto

ora della propagazione a velocità finita del se-

gnale;

2. la forza si genera tenendo conto non solo

delle variazioni del potenziale nello spazio, ma

anche nel tempo.

Questa prima teoria fu ulteriormente svi-

luppata da Nordström, che con gli anni diven-

ne un importante interlocutore per un Einstein

impegnato fin dal 1907 nella ricerca della sua

versione della gravità rivista e corretta.

La strada di Nordström verso l'Unificazione

Prima che Einstein giungesse al termine

della sua ricerca, Nordström propose una teo-

ria unificata dell'elettromagnetismo e della gra-

vità, dove faceva il proprio debutto la quinta

dimensione. L'articolo venne completato il 30

marzo 1914, quando Nordström si trovava a

Helsinki. Fra il 1906 e il 1907 trascorse un pe-

riodo a Gottingën, dove ebbe modo di seguire

le lezioni di Minkowski. Queste lezioni ebbero

un'enorme influenza sul giovane fisico finlan-

dese, come dimostra la strada che imboccò

per giungere all'unificazione.

Riassumiamo quanto detto finora:

• l'elettromagnetismo era descritto dalle

equazioni di Maxwell; grazie al lavoro di Min-

kowski, la definizione di un tensore elettroma-

26

L U G L I O 2 0 1 4

Page 27: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

Conclusioni

La quinta dimensione e questa teoria di

unificazione non erano appoggiate su solide

basi: la gravitazione, così come era spiegata

da Nordström, non era corretta da un punto di

vista sperimentale e l'invisibilità della quinta

dimensione rimaneva una questione fisica a-

perta. Nonostante queste difficoltà, la teoria di

Nordström ha il merito di mettere in luce alcuni

aspetti importanti dell'evoluzione del pensiero

fisico moderno:

l'idea di sviluppare una teoria unificata di

tutte le forze fondamentali prevale sull'intuizio-

Tuttavia è ragionevole chiedersi dove sia

questa quinta dimensione e perché non si ma-

nifesti come le altre dimensioni spaziali a cui

siamo abituati. La risposta che diede Nor-

dström non era molto soddisfacente, soprattut-

to perché mancava una reale spiegazione fisi-

ca. Tramite un assunto puramente matemati-

co, Nordström si limitò a escludere la dipen-

denza di tutte le grandezze fisiche misurabili

dalla coordinata associata alla quinta dimen-

sione. Questo significa che ciò che misuriamo

non dipende dalla quinta dimensione, renden-

dola di fatto invisibile.

27

L U G L I O 2 0 1 4

Fig. 5. Avendo introdotto una quinta dimensione, il tensore elettromagnetico può essere esteso con una quin-

ta riga e una quinta colonna. Gli elementi che definiscono ora questo tensore sono dieci: oltre al campo elet-

trico (caselle nere) e al campo magnetico (caselle viola), trovano spazio quattro caselle azzurre che conten-

gono le variazioni del potenziale gravitazionale nelle quattro dimensioni (le tre dimensioni spaziali ordinarie

più la dimensione temporale).

0 10

0

-10 0 -3

3 0

(a) (b)

0

0

0

0

0

0

Page 28: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

Bibliografia

A. Einstein, “On the Electrodynamics of

Moving Bodies”. Ann der Phys, 17,

1905. In H. A. Lorentz et al. The Princi-

ple of Relativity, Dover, New York 1952.

A. Einstein, “Il significato della Relativi-

tà”. Bollati Boringhieri, Torino, 1959

(traduzione A. Radicati di Brozolo).

A. Einstein, "Relatività: esposizione di-

vulgativa", Universale Bollati Boringhieri,

Torino, 1991 (traduzione di V. Geymo-

nat).

H. Minkowski, “Space and Time”.

Physik. Zeitschr. 10, 104 (1909). In H. A.

Lorentz et al. The Principle of Relativity,

Dover, New York 1952.

G. Nordström, “The Principle of Relativ-

ity and Gravitation”. Physik. Zeitschr. 13,

1126-1129 (1912).

G. Nordström, “On the Possibility of Uni-

fying the Electromagnetic and the Gravi-

tational fields”. Physik. Zeitschr. XV, 504

-506 (1914).

J. D. Norton, "Einstein, Nordström and

the Early Demise of Scalar, Lorentz Co-

variant Theories of Gravitation". Arch.

Hist. Ex. Sci., 45, 17 (1992).

F. Ravndal. "Scalar Gravitation and Ex-

tra Dimensions". Invited talk at "Gunnar

Nordstrom symposium on Theoretical

Physics", Helsinki, 2003.

ne di uno spazio tridimensionale; nel corso

degli anni l'idea di extra dimensione è stata

spesso associata a teorie di unificazione, co-

me oggi nella Teoria delle Stringhe, una delle

migliori candidate alla grande unificazione del-

le forze fondamentali. In altre parole, il concet-

to di extra dimensione si lega al tentativo di

spiegare quello che non capiamo nello spazio

ordinario attraverso l'applicazione di una fisica

ben nota, come quella delle equazioni di Ma-

xwell, in uno spazio non ordinario fatto di di-

mensioni aggiuntive invisibili;

la nascita del concetto di extra dimensio-

ne si pone in maniera continua rispetto allo

sviluppo della Teoria della Relatività e con es-

sa evidenzia l'importanza crescente della geo-

metria nell'ambito della comprensione profon-

da dei fenomeni naturali.

L'avvento della Relatività Generale e la

sua conferma sperimentale fra il 1915 e il

1919 scrissero la parola fine sulla teoria di

Nordström, ma non su quell'idea alternativa di

pensare a uno spazio popolato da dimensioni

invisibili. Questo concetto continuò a galleg-

giare nel limbo della fisica, per essere risco-

perto qualche anno più tardi sempre sulla stra-

da dell'unificazione fra elettromagnetismo e

gravitazione. Ma questa è un'altra storia da

raccontare.

28

L U G L I O 2 0 1 4

Page 29: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

Struttura atomica

L’acqua ha formula chimica H2O, quindi

un atomo di ossigeno lega due atomi di idro-

geno. Approssimando i pesi atomici di ossige-

no e idrogeno a 16 e 1, il peso molecolare

dell’acqua è 18. La sua struttura è quella ripor-

tata in Fig. 1, quindi un angolo formato dai due

idrogeni con l’ossigeno di 104,45° e una lun-

ghezza di legame O-H di 95,84pm.

L’angolo di legame H-O-H non è un ca-

so, ma è determinato dalla particolare configu-

AccaDueO

di Fabiano Nart (GDS)

L’acqua è un bene prezioso: tanto prezioso che ha spesso costituito il tema di molte dispute politi-

che ed è stata difesa con forza da molti gruppi di attivisti. L’acqua è vita, sia perché la vita si svi-

luppò nell’acqua, sia perché l’acqua è essenziale per il proseguimento della nostra esistenza e di

tutte le specie viventi. L’acqua ci serve anche per molte attività accessorie, senza le quali la nostra

vita sarebbe più difficile o meno divertente. Per citarne alcune: con l’acqua ci laviamo, la utilizzia-

mo per cucinare la pasta o per fare il pane, è ingrediente dei cocktail quando si trova in fase soli-

da, e sempre in fase solida ci permette di sciare durante l’inverno. L’acqua è versatile e molto par-

ticolare nelle sue caratteristiche: e tutto questo deriva dalla sua natura atomica inferiore.

29

razione dell’atomo di ossigeno che è ibridizza-

to sp3. Senza scendere nei dettagli delle teorie

di legame, per la comprensione di questo arti-

colo è sufficiente sapere che quando è ibridiz-

zato sp3 l’ossigeno possiede due doppietti e-

lettronici, quindi due orbitali atomici completa-

mente occupati e non in grado di creare ulte-

riori legami chimici. Nonostante non interven-

gano in formazione di legami, dal punto di vi-

sta geometrico devono essere trattati come

due “legami fittizi”, cioè come due ingombri

sterici che pretendono il proprio volume e

L U G L I O 2 0 1 4

Fig. 1. Struttura della molecola di acqua.

Page 30: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

cesso di carica negativa sull’ossigeno e un

eccesso di carica positiva sui due idrogeni. Si

crea quindi un dipolo (diretto verso l’ossigeno)

che rende il legame covalente polare e la mo-

lecola d’acqua, di conseguenza, polare. Que-

sta proprietà microscopica è alla base delle

eccezionali proprietà che possiamo riscontrare

in pratica. La prima è il suo buon potere sol-

vente, pensiamo difatti a quante sostanze di-

luiamo in acqua: saponi, detersivi, medicinali,

colori, sostanze chimiche come varecchina

(ipoclorito di sodio), ammoniaca, acido muriati-

co (acido cloridrico) ecc. I suoi dipoli permetto-

no di creare interazioni dipolo-dipolo, dipolo-

dipolo indotto o dipolo-monopolo che permet-

tono alle molecole della sostanza aggiunta di

essere separate e solvatate.

Ma la cosa più sorprendente si capisce

paragonando l’acqua a sostanze con peso

molecolare molto simile, come ammoniaca

NH3 (17), od omologhe come acido solfidrico,

H2S. L’acqua possiede difatti un´alta tempera-

tura di ebollizione, requisito fondamentale per

rimanere liquida anche ad alte temperature

sulla Terra. Questo è dovuto ai legami dipolo-

dipolo, meglio legami idrogeno, che si instau-

rano tra le varie molecole d’acqua come ripor-

tato in Fig. 3. In caso di ammoniaca o acido

solfidrico le interazioni non sono così forti.

Proviamo a immaginare per esempio

un’acqua con un legame dipolare meno forte:

vorrebbe dire che a temperature più basse di

100°C diventerebbe vapore, con conseguenze

catastrofiche per la vita sulla Terra e la relativa

evoluzione.

quindi concorrono alla minimizzazione

dell’energia della molecola e quindi alla sua

forma. Difatti, se consideriamo questo aspetto,

la molecola di acqua dovrebbe essere rappre-

sentata conformemente alla Fig. 2.

Fig. 2. Struttura che considera i doppietti solitari.

I due doppietti solitari, non essendo im-

pegnati in un legame direzionale occupano un

volume maggiore rispetto ai due legami O-H e

la loro repulsione è molto forte. La struttura è

tetraedrica, come una piramide con al centro

l´ossigeno, ma a differenza di una struttura

perfettamente in equilibrio con angoli di

109,5°, l’angolo H-O-H si rimpicciolisce a

104,5° proprio a causa dell’effetto

“comprimente” dei doppietti solitari.

Proprietà chimico-fisiche e loro effetto sul-

le proprietà macroscopiche

Come riportato in Fig. 1 e in virtù della

maggiore elettronegatività dell’ossigeno, si

crea uno sbilanciamento di cariche lungo i due

legami chimici covalenti O-H, che vede un ec-

30

L U G L I O 2 0 1 4

Page 31: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

solidificando e diventando ghiaccio si ottiene

un solido meno denso dell’acqua liquida che

può galleggiare. Oltre a rendere i cocktail di-

vertenti e freschi sulle labbra, questo consente

la vita in acqua, dato che l’acqua dolce forma

uno strato di ghiaccio in superficie, ma rimane

liquida in profondità. Il comportamento anoma-

lo dell’acqua è dovuto al fatto che i legami a

idrogeno a 0°C bloccano le molecole d’acqua

in una forma tetraedrica (con simmetria esago-

nale) che occupa più spazio rispetto alle mole-

cole in fase liquida. In fase liquida le molecole

sono ancora soggette a legami idrogeno, ma

sono più instabili e possono assumere geome-

trie più compatte o formare una sorta di

“catena polimerica”.

Le tre fasi dell’acqua, solida, liquida e

aeriforme, sono rappresentate nel diagramma

di stato riportato in Fig. 4. Il punto triplo è il

punto dove coesistono contemporaneamente

tutti e tre gli stati di aggregazione.

L’occasione di questo articolo è propizia

per fare chiarezza sulla differenza tra vapore e

gas. Partiamo dal fatto che la denominazione

Fig. 3. Legami idrogeni tra molecole d’acqua.

I legami idrogeno sono anche i respon-

sabili di un’altra peculiarità dell’acqua: il suo

punto di massima densità. A differenza di mol-

te altre sostanze che raggiungono la massima

densità al punto di solidificazione, l’acqua rag-

giunge il suo massimo a circa 4°C, cioè quan-

do è ancora in fase liquida. Scendendo da 4 a

0°C, l’acqua diminuisce la sua densità, quindi

31

Fig. 4. Diagramma di stato dell’acqua.

L U G L I O 2 0 1 4

Page 32: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

sa, invece, l’acqua agisce da acido cedendo

un protone H+, quindi liberando OH- in soluzio-

ne.

NH3 + H2O ↔ NH4+ + OH-

Come conseguenza dei due comporta-

menti sopra citati, l’acqua presenta autoprotoli-

si, ovvero si dissocia in H3O+ e OH-.

2H2O ↔ H3O+ + OH-

Conclusioni

L’intento di questo articolo era rendere

note le molte e importanti peculiarità di una

molecola tanto semplice quanto importante

per la vita e dimostrare come tutte, o almeno

quelle riportate, siano riconducibili alle sue

proprietà chimico-fisiche.

Molto ci sarebbe da dire ancora

sull’acqua. Ad esempio, basti pensare che è

presente nel corpo umano al 65%, quindi ha

dei ruoli biologici fondamentali. Oppure pos-

siamo pensare ai molti studi che si svolgono

nell’universo per la sua ricerca sugli altri corpi

celesti. Non dimentichiamo l’uso ingegneristico

che si fa dell’acqua, ad esempio per la produ-

zione di energia elettrica.

Bibliografia

P. W. Atkins, L. Jones, “Chimica genera-

le”, Zanichelli, 1998.

P. W. Atkins, J. de Paula, “Chimica fisi-

ca”, Zanichelli, 1982.

corretta dello stato di aggregazione è aerifor-

me. Nel caso però in cui l’aeriforme possa tor-

nare liquido per aumento della pressione,

quindi per compressione, esso viene detto va-

pore; viene invece detto gas se ciò non è pos-

sibile. Lo si vede tracciando un’immaginaria

retta in verticale nella zona vapore e nella zo-

na gas; partendo dal vapore si finisce nel liqui-

do, partendo dal gas si finisce invece nel fluido

supercritico, cioè in uno stato intermedio con

proprietà sia di liquido che di aeriforme. Un

gas può tornare liquido solo con un effetto

combinato di aumento pressione e diminuzio-

ne temperatura: cioè ci si deve spostare a sini-

stra del punto critico.

Ai legami idrogeno si deve imputare an-

che l’alto calore specifico (energia necessaria

per aumentare la temperatura di 1 grammo di

sostanza di 1°C): quando somministriamo ca-

lore, infatti, non tutto serve per aumentare

l’energia cinetica delle molecole d’acqua, ma

gran parte serve per rompere i legami idroge-

no.

L’acqua ha interessanti proprietà nelle

reazioni chimiche, ad esempio in elettrochimi-

ca, grazie al suo potere anfotero di poter rea-

gire come acido o come base. A un valore di

pH di 7 l’acqua presenta una dissociazione

tale per cui la concentrazione di H+ e OH

- è

uguale. In presenza di un acido più forte di

essa, ad esempio acido cloridrico HCl, l’acqua

agisce da base acquisendo un H+.

HCl + H2O ↔ H3O+ + Cl-

In presenza di una base più forte di es-

32

L U G L I O 2 0 1 4

Page 33: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

Gocce Di Scienza

a cura di Manolo Piat (GDS)

il Gatto Di Schrödinger

I profumi della frutta sono dati da parti-

colari composti chimici che vanno sotto il no-

me di esteri. Gli esteri sono molto diffusi in na-

tura, ma si preparano anche in laboratorio,

anzi quelli sintetizzati sono più numerosi di

quelli naturali. Gli esteri sono la combinazione

di altri due composti chimici molto noti: un aci-

do carbossilico e un alcol. Ad esempio, il pro-

fumo della banana è dato dall'acetato di isoa-

mile, composto ottenuto dalla condensazione

tra l'acido acetico e l'alcol isoamilico, l'uno u-

sato in cucina e l'altro invece non molto noto,

ma utilizzato nei laboratori. Le concentrazioni

di questi esteri nella frutta sono molto basse,

qualche punto percentuale; se si annusasse

l'acetato di isoamile tale quale sarebbe inaf-

frontabile e parleremo di fetore più che di pro-

fumo.

“La vita organica, ci dicono, si è evoluta gra-

dualmente dal protozoo al filosofo e questa

evoluzione, ci assicurano, rappresenta senza

dubbio un progresso. Disgraziatamente, chi ce

lo assicura è il filosofo, non il protozo-

o.” (Bertrand Russell)

Il matematico statunitense Norbert Wiener

(1894-1964) era famoso per la sua distrazio-

ne. Il giorno del suo trasloco si era annotato il

nuovo indirizzo, ma perse l'appunto e si recò a

quello vecchio. Solo allora si ricordò del traslo-

co e - speranzoso - chiese a una ragazza se

sapesse dove si era trasferita la famiglia Wie-

ner. "Sì, papà" rispose la ragazza. "Mamma mi

ha mandato a cercarti. Ti accompagno io". 33

L U G L I O 2 0 1 4

Page 34: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

arbitraria sostenuta da una parte politica sen-

za prove oggettive o dimostrazioni certe. Que-

sto utilizzo del termine “teorema” è del tutto

improprio, perché un teorema è, al contrario,

una verità dimostrata definitivamente attraver-

so un procedimento logico indiscutibile. Per

questo tipo di affermazione è preferibile utiliz-

zare invece il termine “congettura”, anch’esso

usato dai matematici, appunto col significato di

ipotesi non ancora dimostrata.

Anche se può sembrare strano, il piane-

ta Nettuno non fu scoperto da un astronomo,

ma da un matematico, il francese Urbain Le

Verrier. Questo studioso notò che i movimenti

orbitali di Urano erano, per così dire,

"sbagliati", in base alle leggi di Newton; dove-

va quindi esserci qualcosa che ne disturbava

l'orbita. Le Verrier calcolò la posizione di que-

sto "qualcosa" e la comunicò a un amico a-

stronomo: puntando il telescopio in quella dire-

zione videro Nettuno.

"Nella vita non c'è nulla da temere, solo da

capire." (Marie Curie)

In matematica esistono delle verità che

vengono fissate come principi fondamentali

alla base di una teoria e che vengono conside-

rate vere a priori, senza bisogno di alcuna di-

mostrazione. Da questi principi fondamentali di

una teoria matematica, che sono chiamati as-

siomi, discendono poi altre verità, non meno

importanti per la teoria, che però devono esse-

re dimostrate rigorosamente, appunto sulla

base degli assiomi. Queste affermazioni dimo-

strabili sono chiamate teoremi. Possiamo cita-

re ad esempio il teorema di Pitagora sui trian-

goli rettangoli, la cui dimostrazione si basa su-

gli assiomi della geometria euclidea.

Nell’odierno linguaggio giornalistico, soprattut-

to politico, si usa impropriamente la parola

“teorema” con il significato di illazione o tesi

34

L U G L I O 2 0 1 4

Page 35: il Gatto Di Schrödinger - gdsdolomiti.org

il Gatto Di Schrödinger

Il Gatto di Schrödinger è una iniziativa del

Gruppo Divulgazione Scientifica Dolomiti

“E. Fermi” di Belluno.

Questo numero è stato realizzato a Belluno

nel mese di luglio 2014.

E-mail: [email protected]

Web: http://www.gdsdolomiti.org

Seguici anche su

In copertina: La Marmolada innevata fotogra-

fata al tramonto (tratta da Wikipedia): da sini-

stra Punta Penia, la cima più elevata, e il Gran

Vernel (si veda l’articolo di Gianni Marigo a

pagina 8).

Informazioni utili

Collaborate con noi!

Il Gatto di Schrödinger invita i propri lettori a

inviare contributi scritti per la pubblicazione.

Potete trovare sul sito del GDS i criteri di ac-

cettazione per gli autori.

Comitato Scientifico di Redazione

Paolo Alessandrini (coordinatore)

Maurizio Alfieri

Alex Casanova

Fabiano Nart

Manolo Piat

Condizioni di utilizzo

Il materiale pubblicato su questo giornalino è

scaricabile e utilizzabile da chiunque, fatti salvi

utilizzi impropri e perseguibili per legge, se-

condo la l icenza "Science Com-

m o n s " ( w w w . c r e a t i v e c o m m o n s . i t /

ScienceCommons), della famiglia "Creative

Commons" (www.creativecommons.it), alla

quale il GDS aderisce. Chi utilizza il materiale

pubblicato per produrre altro materiale è invita-

to a citarlo riconoscendo l'autore e l'associa-

zione.

35

L U G L I O 2 0 1 4