Il futuro che vorrei2

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IL FUTURO CHE VORREI Il futuro che vorrei è certamente un mondo in cui regni la giustizia e il rispetto, in cui non vi siano più le guerre, le disparità sociali, le discriminazioni razziali; un mondo in cui tutti gli uomini possano ottenere il diritto di voto, in cui tutti possano decidere delle proprie sorti; un mondo in cui gli ultimi saranno i primi, in cui tutti siano fratelli e collaborino per la pace. Ora non voglio però stare ad analizzare questi punti, troppo scontati, troppo ovvi, troppo altisonanti. Il futuro che vorrei è un mondo in cui prima di fare una scelta importante non ci si debba preoccupare degli ostacoli che la situazione che stiamo vivendo potrà porre davanti a noi. In un momento importantissimo come può essere la scelta universitaria, molti ragazzi sono frenati e scoraggiati nello scegliere talune facoltà dai problemi che presenta lo sbocco nel mondo del lavoro. Alcuni corsi universitari, innanzi tutto, impediscono a chi vorrebbe intraprenderli di farlo rimanendo nel proprio paese di origine. Dover cambiare città è un grandissimo problema per coloro che desiderano continuare a vivere nel posto in cui sono cresciuti e dove vorrebbero crearsi una vita, soprattutto se questo luogo non offre sbocchi lavorativi nel settore di specializzazione. Per chi vuole allontanarsi dal luogo in cui abita è una vera fortuna spostarsi, ma chi vuole restare si vede costretto a una scelta importante. Può quindi decidere di seguire, comunque vada, i propri sogni cambiando città di abitazione, abitudini, amici, e correre il rischio di fermarsi esule per tutta la vita in un luogo che non gli appartiene. In alternativa potrebbe ripiegare su una facoltà che non lo interessa ma che lo possa far rimanere dove egli desidera, rinunciando però alle sue aspirazioni. E allora, cos'è più importante seguire i propri sogni o continuare nello schema di vita desiderato? Ciò non toglie ancora che ci siano corsi universitari che addirittura possono negare del tutto un ingresso nel mondo del lavoro nell'area d'interesse, perché magari il tal ministro ha deciso di aumentare l'età di pensionamento dei dipendenti statali, condannando masse di precari e di giovani che vorrebbero inserirsi a praticare lavori d'occasione inadeguati al titolo di studio che essi possiedono e ai sacrifici fatti per conseguirlo. Il futuro che vorrei è il luogo in cui realizzo i miei sogni, in cui non faccio scelte sbagliate, di cui poi un giorno potrei pentirmi. Caratteristica dell'adolescenza, l'immaginazione è madre di sogni e speranze per tutti gli uomini quando attraversano l'età più bella della loro vita. Tutti immaginano un avvenire ideale, vedono in lontananza avverarsi i propri sogni. Spesso purtroppo crollano le illusioni e ci separa da quei sogni il sipario della vita reale. Oggigiorno è difficile immaginare un futuro con una base di concretezza accettabile. La crisi economica, che, a quanto pare, incombe prepotente sui cittadini e sullo stato, impedisce ai giovani di formulare progetti, tanto meno di realizzarli. Dario Motta

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IL FUTURO CHE VORREI

Il futuro che vorrei è certamente un mondo in cui regni la

giustizia e il rispetto, in cui non vi siano più le guerre, le

disparità sociali, le discriminazioni razziali; un mondo in cui

tutti gli uomini possano ottenere il diritto di voto, in cui tutti

possano decidere delle proprie sorti; un mondo in cui gli

ultimi saranno i primi, in cui tutti siano fratelli e collaborino

per la pace. Ora non voglio però stare ad analizzare questi

punti, troppo scontati, troppo ovvi, troppo altisonanti. Il futuro

che vorrei è un mondo in cui prima di fare una scelta

importante non ci si debba preoccupare degli ostacoli che la

situazione che stiamo vivendo potrà porre davanti a noi. In un momento importantissimo come può

essere la scelta universitaria, molti ragazzi sono frenati e scoraggiati nello scegliere talune facoltà

dai problemi che presenta lo sbocco nel mondo del lavoro. Alcuni corsi universitari, innanzi tutto,

impediscono a chi vorrebbe intraprenderli di farlo

rimanendo nel proprio paese di origine. Dover cambiare

città è un grandissimo problema per coloro che desiderano

continuare a vivere nel posto in cui sono cresciuti e dove

vorrebbero crearsi una vita, soprattutto se questo luogo non

offre sbocchi lavorativi nel settore di specializzazione. Per

chi vuole allontanarsi dal luogo in cui abita è una vera

fortuna spostarsi, ma chi vuole restare si vede costretto a

una scelta importante. Può quindi decidere di seguire,

comunque vada, i propri sogni cambiando città di

abitazione, abitudini, amici, e correre il rischio di fermarsi esule per tutta la vita in un luogo che non

gli appartiene. In alternativa potrebbe ripiegare su una facoltà che

non lo interessa ma che lo possa far rimanere dove egli desidera,

rinunciando però alle sue aspirazioni. E allora, cos'è più

importante seguire i propri sogni o continuare nello schema di

vita desiderato? Ciò non toglie ancora che ci siano corsi

universitari che addirittura possono negare del tutto un ingresso

nel mondo del lavoro nell'area d'interesse, perché magari il tal

ministro ha deciso di aumentare l'età di pensionamento dei

dipendenti statali, condannando masse di precari e di giovani che

vorrebbero inserirsi a praticare lavori d'occasione inadeguati al

titolo di studio che essi possiedono e ai sacrifici fatti per

conseguirlo. Il futuro che vorrei è il luogo in cui realizzo i miei

sogni, in cui non faccio scelte sbagliate, di cui poi un giorno

potrei pentirmi.

Caratteristica dell'adolescenza, l'immaginazione è madre di sogni

e speranze per tutti gli uomini quando attraversano l'età più bella

della loro vita. Tutti immaginano un avvenire ideale, vedono in

lontananza avverarsi i propri sogni. Spesso purtroppo crollano le illusioni e ci separa da quei sogni

il sipario della vita reale. Oggigiorno è difficile immaginare un futuro con una base di concretezza

accettabile. La crisi economica, che, a quanto pare, incombe prepotente sui cittadini e sullo stato,

impedisce ai giovani di formulare progetti, tanto meno di realizzarli.

Dario Motta