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Il fenomeno Camilleri Università degli studi di Roma “La Sapienza” Facoltà di Scienze della Comunicazione A.A. 2003-2004 Corso di Economia e organizzazione delle imprese editoriali Prof. G. Marchetti Tricamo Annalisa Basciani

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Il fenomeno Camilleri

Università degli studi di Roma “La Sapienza”

Facoltà di Scienze della Comunicazione

A.A. 2003-2004

Corso di Economia e organizzazione delle imprese editoriali

Prof. G. Marchetti Tricamo

Annalisa Basciani

Il fenomeno Camilleri

INDICE

1. Introduzione: chi è Andrea Camilleri?

1.1. Notizie biografiche e opere

2. La ‘sicilianità’ di Camilleri

2.1. La lingua

3. Camilleri e l’estero

4. Montalbano

4.1. Trasposizione televisiva 4.2. Montalbano intermediatico

5. La critica

6. Camilleri e le case editrici

6.1. Aspetto fisico dei libri

6.2. Marketing editoriale

7. Conclusione

8. Bibliografia

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1.Introduzione: chi è Andrea Camilleri?

Si racconta che anni fa, quando lo sceneggiatore e regista televisivo Andrea Camilleri bussava alle porte delle case editrici, provocasse un fuggi fuggi generale. Tutti evitavano “quel siciliano” che non solo aveva il vizio di scrivere, ma aveva anche la presunzione di usare un linguaggio infarcito di incomprensibili sicilianismi, parlato da personaggi della Sicilia più prevedibile. Oggi tutto è cambiato, e ciò che prima sembrava un difetto ora è diventato un pregio.

Il successo raggiunto da Andrea Camilleri negli ultimi anni pone pertanto davanti ad un “fenomeno” letterario con poche analogie in Italia.Le sue opere, e non solo quelle che hanno come protagonista il commissario Montalbano, sono ai primi posti nelle classifiche dei libri più venduti; le traduzioni sono sempre più numerose, perfino in giapponese e in antico gaelico. Inoltre, lo scrittore ha ricevuto riconoscimenti sempre più significativi (e.g. nel 1998 il Premio Flaiano per “La voce del violino” e nel

2001 il Premio Mondello per “Il re di Girgenti”) e non gli sono mancate occasioni, sia in Italia sia all’estero, per discutere dei suoi libri e del successo arrivato in piena maturità.

Le pagine seguenti hanno lo scopo di analizzare le cause di questo cambiamento e la genesi di un tale fenomeno letterario e editoriale, attraverso un excursus sulla produzione dell’autore e su alcuni aspetti fondamentali dei suoi libri.

1.1. Notizie biografiche e opere

Andrea Camilleri nasce a Porto Empedocle il 6 settembre 1925. Compie gli studi liceali, ma non sostiene l’esame di maturità a causa dello sbarco in Sicilia degli Alleati. Nella seconda metà degli anni ’40 pubblica vari racconti e poesie, ottenendo tra l’altro un riconoscimento al Premio St. Vincent presieduto da Giuseppe Ungaretti. Nel 1949 si trasferisce a Roma, dove frequenta l’Accademia Nazionale di Arte Drammatica, che però è costretto a lasciare dopo il primo anno per condotta disdicevole. Resta comunque nella capitale, lavorando come aiuto-regista e poi come regista e sceneggiatore teatrale e televisivo. Tra i suoi lavori in questo ambito ci sono le più note produzioni poliziesche della Tv italiana, come i telefilm del tenente Sheridan e del Commissario Maigret, e diverse messe in scena di opere teatrali, nonché tantissime regie radiofoniche, un centinaio di spettacoli teatrali e un quasi cento regie televisive. Nel 1974 è nominato professore di Istituzioni di Regia presso quella stessa Accademia D’Arte Drammatica dalla quale era stato cacciato da giovane.

L’esordio in narrativa risale al 1978 con “Il corso delle cose ”, scritto dieci anni prima e pubblicato presso un editore ‘a pagamento’, Lalli. Nel 1980 esce presso Garzanti “Un filo di fumo” (riedito poi da Sellerio), primo di una serie di romanzi ambientati nell’immaginaria cittadina di Vigàta a cavallo fra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900. Segue nel 1984 “La strage dimenticata”, che, come il libro precedente, ebbe scarso successo. Nel periodo che va dal 1984 al 1992 Camilleri torna al suo lavoro di regista, e solo nel 1992, con la pubblicazione de “La stagione della caccia” (Sellerio), diventa un autore di successo:

‘la godibilità della trama, la novità di un linguaggio ricco di vocaboli dialettali, l’attrazione naturale del poliziesco, incontrarono subito il gradimento di un pubblico vastissimo e divertito, che apprezzava anche la vena di intelligente ironia diffusa in personaggi e ambienti descritti con essenzialità e immediatezza’ [G.Passarello,2002].

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Seguirono, in rapida successione, “La bolla di componenda ” (1993, Sellerio), “La forma dell’acqua” (1994, Sellerio. In esso appare per la prima volta il commissario Montalbano), “Il gioco della mosca” (1995, Sellerio), “Il birraio di Preston” (1995, Sellerio) e quindi gli altri romanzi con Montalbano: “Il cane di terracotta ” (1996, Sellerio), “Il ladro di merendine ” (1996, Sellerio), “La voce del violino” (1997, Sellerio), “Un mese con Montalbano” (1998, Mondadori), “Gli arancini di Montalbano ” (1999, Mondadori), “La gita a Tindari” (2000), “L’odore della notte” (2001, Sellerio), “La paura di Montalbano” (2002, Mondadori), “Il giro di boa” (2003, Sellerio), “La prima indagine di Montalbano” (2004, Mondadori). Inoltre Camilleri ha scritto “La mossa del cavallo” (1999, Rizzoli), “La

scomparsa di Patò” (2000, Mondadori), “Biografia del figlio cambiato” (2000, Rizzoli. E’ una particolarissima biografia di Pirandello), “Il re di Girgenti ”(2001, Sellerio), “Le inchieste del Commissario Collura” (2002, Libreria dell’Orso. Raccolta di otto racconti del Commissario di bordo Cecè Collura pubblicati nel 1998 su La Stampa) e “La presa di Macallè ” (2002, Sellerio).

Due sono i filoni principali della sua produzione narrativa: i romanzi polizieschi (che hanno come protagonista il commissario Salvo Montalbano) e i romanzi storici (ambientati in Sicilia nel periodo successivo all’unificazione d’Italia, scaturiti da fatti realmente avvenuti), ma la trama degli uni e degli altri coinvolge sempre in qualche maniera la ricerca della soluzione, o della spiegazione di uno o più omicidi, sparizioni e stragi. 2. La ‘sicilianità’ di Camilleri

Riflettere su Camilleri, sui suoi luoghi, sulla sua lingua, porta inevitabilmente a considerare come l'essere siciliani non sia un fatto soltanto anagrafico, bensì una condizione dello spirito. Da questo punto di vista non è mai per caso che il buono sia buono, o il cattivo un assassino. C'è una logica matematica. Un'equazione il cui risultato è il frutto di situazioni inevitabili. Non sono mai banali o superficiali i buoni e i cattivi di Camilleri, o quelli di Sciascia, di De Roberto e di Tomasi di Lampedusa. La ragione che condiziona le circostanze è sempre più forte e guida ciascun evento. I personaggi degli autori siciliani rappresentano categorie assolute del genere umano.

Camilleri ha reso comprensibile la sicilianità , al di là di superficiali analisi antropologiche, proprio mettendo in chiaro l'irriducibile complessità dell'animo siciliano, senza le contorte architetture logiche di Pirandello o reticenza di Sciascia, ma in modo altrettanto convincente e soprattutto

rivelandone i valori profondi di tolleranza e di solidarietà. Nelle opere di Camilleri la descrizione della vita siciliana non ha alla base scopi sociologici o antropologici, ma rimane nella sfera dell’arte. E’ difficile stabilire quanto corrisponda alla realtà effettiva e quanto sia dovuto alla storia interiore o alla visione del mondo elaborata dall’autore, perché, come afferma Enzo Papa, ‘la Sicilia non esiste. Essa è un favola, un’invenzione: la Sicilia, quella vera, è nella testa’ (“La Sicilia nella testa”, Edizioni

dell’Ariete, 1991). Camilleri si comporta in modo analogo facendo emergere dai suoi romanzi una sua idea di Sicilia, al punto da dichiarare in un’intervista che ‘ognuno la Sicilia la vede alla sua maniera’.

Un tema particolarmente caro a Camilleri, che lo accomuna ad altri autori siciliani, è la delusione per il fallimento degli ideali risorgimentali e la delusione per ciò che successe in Sicilia in seguito all’unità. L’isola, in “Un filo di fumo”, è paragonata a un albero malato, e l’autore condanna i vari commissari che ne costatarono la malattia senza curarla, mentre ne “La bolla di componenda” attacca con toni aspri la commissione parlamentare che volontariamente non seppe e non volle capirla. Un altro elemento prettamente siciliano riscontrabile in alcune opere di Camilleri è la visione della vita come progressivo avvicinamento alla morte; questa idea è espressa chiaramente ne “La stagione della caccia”, in cui il protagonista, all’appressarsi della morte, si accorge dell’inutilità delle sue

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azioni: "Per tanti anni mi sono incaponito a volere una cosa e quando finalmente l’ho avuta mi sono addunato che non ne valeva la pena", e pervade “La stagione della caccia”, che è infatti stato definito come "il romanzo dei sogni che svaniscono, della solitudine, della distanza che separa ciò che si desidera da ciò che si riesce ad ottenere" [G.Capecchi].

2.1. La lingua Gli storici della lingua asseriscono che in Italia, per tanti anni, si è avuta una situazione di

diglossia: la lingua italiana per lo scritto, il dialetto per il parlato. In Sicilia in particolare, a causa della poca mobilità sociale e del più elevato grado di analfabetismo, il dialetto ha assunto un ruolo fondamentale, pertanto ogni scrittore che abbia a che fare con l’isola deve confrontarsi con esso. Analizzando lo stile (ed il successo) di Andrea Camilleri, non si può quindi fare a meno di considerare le sue scelte linguistiche ed il suo rapporto con il dialetto.

La ricerca della lingua con la quale esprimersi ha rappresentato l’ostacolo principale che per anni lo ha spinto a mettere da parte ogni desiderio di scrittore, ma alla fine il bisogno di scrivere ha prevalso e, nel 1967, dopo una conversazione con il padre su un avvenimento buffo accaduto in Rai, ha deciso di utilizzare la lingua parlata quotidianamente in famiglia, un misto di italiano e di termini siciliani. Questa scelta è stata fin dal principio fonte di problemi e incomprensioni, tanto che nel 1980 Livio Garzanti, accettando di pubblicare “Un filo di fumo”, gli chiese di compilare un glossario da inserire in appendice al libro per spiegare il significato delle espressioni siciliane. Il critico Vizmuller-Zocco ha notato che due lingue diverse, pur non potendo coesistere in una società, dove una deve prevalere sull'altra, possono invece farlo in un individuo, e proprio in questo senso in Camilleri l'italiano e il dialetto non sono contrapposti, ma organizzati in un ragionato schema di sincronie. Ad esempio la scelta di termini dialettali quando nulla giustifica l'omissione del corrispettivo italiano (per esempio «trasiri» per entrare) è comprensibile se si intuisce la volontà di usare una lingua che sia un italiano sicilianizzato piuttosto che un siciliano italianizzato. Nel primo caso il siciliano ‘istruito’ si rifugia nel dialetto quando perde la proprietà dell'italiano o trova questo meno efficace; nel secondo il siciliano ‘ignorante’, si rinserra comunque nell'italiano, pure al prezzo di anacoluti e allitterazioni. Camilleri concepisce una fusione dell'uno nell'altro siciliano, ma soltanto i suoi personaggi, anche se non sempre e non tutti, entrano in contatto col siciliano italianizzato, mentre per il narratore rimane sempre l'italiano la lingua di partenza, la lingua che è pensata, parlata e solo quando ‘inciampa’ tradotta; a tal proposito ha spesso affermato: «Sono uno scrittore italiano nato in Sicilia».

Egli ha esaltato il romanzo non tanto per la fabula quanto per la lingua, poiché scrivere come si pensa consente un più compiuto e spiccato effetto di realtà, il barthesiano ‘effet de réel’ stilistico e narrativo. La lingua fa il personaggio e dato che ognuno possiede un proprio carattere, una cultura e un pensiero peculiari, il linguaggio assume un carattere fortemente soggettivo. A tal proposito é significativo notare che i romanzi di Camilleri iniziano generalmente con dialoghi in discorso diretto, in modo da dare un’immediata e libera impressione al lettore sul carattere e sul modo di

agire dei personaggi a partire dal modo in cui si parlano. Ad esempio Montalbano si esprime al modo della piccola borghesia siciliana, ossia usando un misto di italiano e dialetto, cambiando però significativamente registro in funzione dell’interlocutore e dell’oggetto della conversazione. Così ne “Il ladro di merendine” utilizza l’italiano quando annuncia agli uomini del commissariato la cattura di un mafioso nella parte ufficiale del discorso, mentre nella parte successiva, in cui risponde in modo confidenziale allo stupore di uno dei suoi uomini, fa largo uso di termini dialettali. Ciò è ancora più evidente nei memorabili dialoghi che l’ispettore ha con l’agente Catarella, nei quali adegua la sua lingua alla lingua tutta particolare di questo, convinto che sia l’unico modo per poter comunicare con lui. Si riporta qui un breve passo tratto da “La voce del violino” (pp.9-10), nel quale tale atteggiamento è palese:

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‘-Pronti, dottori? Dottori, è lei stesso di pirsona al tilefono?-. -Io stesso di pirsona mia sono, Catarè. Parla Tranquillo-. Catarella, al commissariato, l’avevano messo a rispondere alle telefonate nell’errata convinzione che lì potesse fare meno danni che altrove. Montalbano, dopo alcune solenni incazzature, aveva capito che l’unico modo per poter avere con lui un dialogo entro limiti tollerabili di delirio di adottare il suo stesso linguaggio.’ L’agente Catarella è un esempio clamoroso di come la lingua faccia il personaggio; il suo linguaggio, creato ‘in laboratorio’, rappresenta l’essenza della sua personalità e del suo caratterere: lento a capire, disadattato e spropositato nei movimenti, in difficoltà quando si tratta di comunicare con gli altri e di riferire i messaggi ricevuti. La sua lingua è l’opposto della comune lingua piatta, sempre identica a se stessa, spersonalizzata di cui si fa tanto spesso uso, tanto che quando un corso di computer sembra aver annullato queste peculiarità del suo linguaggio, Montalbano stenta a riconoscerlo e si sente sollevato quando lo sente esprimersi di nuovo nel suo modo, che coincide con la sua personalità.

L’uso particolare della lingua in Camilleri non si limita, però, solo al dialetto siciliano. In quasi tutte le sue opere i personaggi provenienti da regioni diverse rispetto alla Sicilia non utilizzano il proprio dialetto ma l’italiano, ma ne “Il birraio di Preston” l’autore si esibisce in un pastiche linguistico e sceglie di far esprimere ogni personaggio con il proprio dialetto: alla miscela italo-siciliana si affiancano allora l’italo-tedesco dell’ingegnere minerario Hoffer (-fai subito in kamera tua!- p.11), il fiorentino del prefetto Fortuzzi, il romanesco del mazziniano Traquandi che, dopo poche battute in italiano, preferisce rifugiarsi nel suo dialetto, il torinese del colonnello Vidusso e il milanese del questore Colombo. Inoltre, pur non rappresentando una varietà dialettale, non si può non menzionare la lingua con la quale si esprime e pensa la signora Concetta Riguccio, che ha imparato dal marito marinaio a parlare solo attraverso il gergo marinaresco. Ancora più rilevante è l’uso di un dialetto non siciliano che si trova ne “La mossa del cavallo” dove l’autore fa la sua scelta linguistica in modo tale fornire una spinta funzionale all’ingranaggio dell’azione. Il protagonista, Giovanni Bovara, nato in Sicilia, ma genovese di elezione, trasferito come funzionario ispettore ai mulini a Vigata, è ingiustamente accusato, per allontanarlo dalle sue mansioni, dell’omicidio di un prete. Il tranello è sostenuto da una rete di omertà in cui la parlata locale è elemento tutt’altro che secondario. Giovanni imposta allora la propria difesa su di un espediente imprevedibile: adotta all’improvviso la parlata locale, che aveva appreso da bambino e che la situazione di pericolo estremo gli ha fatto riaffiorare di colpo alla memoria. Capisce che la possibilità di intendersi con la cosca dominante sta nella capacità di assimilarne la parlata in tutte le sfumature di significato, affidate anche alle varianti della pronuncia di una stessa parola, di manovrarla come arma di difesa e di indagine. Bovara continua ad usare il suo nuovo linguaggio anche nel corso dell’interrogatorio a cui il giudice istruttore, siciliano, lo sottopone e è infine scagionato.

Camilleri, rendendosi conto che le molte parole siciliane possono talvolta creare dei problemi di comprensione, ricorre a una serie di espedienti per spiegarne il significato italiano; talvolta la spiegazione è esplicita, e la funzione metalinguistica prende il sopravvento su quella narrativa: -“Ora mi metto a trambasiàre ” pensò appena arrivato a casa. Tambasiàre era un verbo che gli piaceva, significava mettersi a girellare di stanza in stanza senza uno scopo preciso, anzi occupandosi di cose futili- ( “La forma dell’acqua”, p.151), più spesso consiste semplicemente nella ripetizione della parole italiana o italianizzata dopo quella dialettale: -Mi scantai, mi vennero i sudori freddi- (“Il cane di terracotta”, p.15).

In conclusione, il dialetto nei romanzi di Andrea Camilleri svolge un ruolo di sostegno alle diversissime funzioni che l'autore cerca di far assumere a tutte le varietà linguistiche che si trovano nei suoi lavori. L'uso del dialetto ha diverse funzioni: innanzitutto, c'e` la necessita di identificare più concretamente i luoghi delle azioni, perché l’autore non parla di avvenimenti generali, universali, ma di eventi calati nei luoghi e tempi specifici, sebbene immaginari. L'altra funzione è quella di far sentire ai lettori certe circostanze comiche, umoristiche, che spesso sfociano nell'ironia. La ‘tragedialità’ dei siciliani, cosi chiamata da Camilleri stesso, questa caratteristica dei siciliani di costruirci, di indossare maschere sempre diverse, di fare teatro è chiaramente possibile anche grazie

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alla variazione linguistica, ai vari repertori di cui godono molti personaggi. L'intento di Camilleri lo porta a dilettare e divertire il lettore ma soprattutto a suscitare la riflessione, a denunciare una realtà storica come quella siciliana piena di sofferenze e ingiustizie. 3. Camilleri e l’estero

Le opere di Camilleri, soprattutto quelle riguardanti il commissario Montalbano sono oggi conosciute nel mondo: dalla Spagna alla Finlandia, dagli Stati Uniti al Giappone. Nonostante il taglio fortemente siciliano delle sue storie è un diventato un caso internazionale, tanto da arrivare ad essere l’autore italiano più letto in Francia. Non si può però fare a meno di chiedersi come sia stato possibile riprodurre e rendere piacevoli ovunque storie così legate ad un ambiente e ad una cultura tanto diversa, e scritte in una lingua così particolare?

Una semplice traduzione dal dialetto nella lingua di arrivo rovinerebbe tutto, infatti, come sostiene il traduttore tedesco Moshe Kahn “il dialetto non va tradotto, ma trattato nei suoi diversi livelli”; dal punto di vista pratico, però, non è facile trovare una ricetta universale per raggiungere tale scopo. Nel caso degli Stati Uniti, in cui non vi sono veri dialetti, c’è la possibilità di utilizzare il gergo tipico degli italo-americani, ma ciò potrebbe sembrare una banale volgarizzazione dell’originale; il traduttore ha quindi cercato di riprodurre la lingua dello scrittore, magari mantenendo alla lettera qualche espressione idiomatica. La traduttrice francese, invece, opponendosi alla concezione che ritiene il francese non parigino inferiore, ha fatto ricorso al patrimonio linguistico regionale, privilegiando il dialetto franco-provenzale.

Indipendentemente dalla scelta del traduttore, i romanzi di Camilleri, nella trasposizione in un’altra lingua, non perdono per i lettori il loro fascino, sebbene il ‘colorito’ dialettale non possa essere totalmente trasferito; quindi, nonostante le apparenze, il suo successo sembra essere dovuto non tanto a divertenti trovate linguistiche quanto alla capacità, attraverso il linguaggio, di rendere reali luoghi ed atmosfere. 4. Montalbano

Oltre alla potenza delle trame e al linguaggio, un elemento essenziale nella struttura del ‘caso Camilleri’ è costituito da ‘coloro che indagano’, perché lo scrittore presenta quasi sempre un enigma col quale confrontarsi e soprattutto un personaggio che indaga, generalmente nei panni di un funzionario di polizia. Senza dubbio il poliziotto a cui lo scrittore deve la sua fama, la sua rivalutazione e la sua consacrazione è Salvo Montalbano.

Chi è Salvo Montalbano? Un commissario di polizia nell’immaginaria cittadina di Vigàta, un personaggio tanto simpatico quanto scontroso, tanto intelligente quanto appassionato, tanto difensore della giustizia quanto avverso ad ogni formalismo burocratico. I casi su cui indaga, tutti relativi a eventi delittuosi o strani, trovano sempre una logica soluzione grazie all'intuito del commissario e alla sua sensibilità di uomo, forse più che di investigatore. Non li risolve secondo processi razionali, piuttosto la scoperta della verità gli arriva come una rivelazione. È proprio questa autenticità del personaggio, che non è mai presentato come un supereroe o un genio dalle sovrumane doti intellettuali, che lo caratterizza e lo rende così familiare. In genere non si trova alle prese con devastanti problemi di ordine pubblico o con eclatanti vicende di mafia, bensì con omicidi "semplici", che evidenziano però un'idea drammatica della vita; sono storie private di banditi di provincia, strazianti vicende umane e personali di gente piccola, travolta dalle cose. Ciò non toglie che Camilleri inserisca nei romanzi di Montalbano le allusioni ai temi più attuali e scottanti del mondo di oggi: l'immigrazione clandestina, il traffico di organi, la nuova mafia, la speculazione edilizia, ecc.

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Camilleri non dà mai una descrizione fisica del suo commissario, salvo dire ne "La voce del violino", del 1997, che ha quasi 46 anni. Leggendo con attenzione i libri che lo hanno come protagonista si può, però, conoscere questo personaggio molto più da vicino. L’unica notizia che si ha sulla sua infanzia e giovinezza è che rimase orfano di madre da piccolo, e che, prima di diventare commissario capo di Vigata, fece la sua gavetta nell’entroterra siciliano. E' un uomo molto tradizionalista sotto certi aspetti, ma estremamente progressista per tutto il resto (d'altra parte non regge i rituali delle feste natalizie). Non sopporta tutto ciò che è burocrazia, per cui gli riesce difficile in caso di delitto accettare di perdere tempo in attesa del giudice, del medico legale, della Scientifica. Così pure durante le conferenze stampa si trova a disagio, si agita, diventa rosso, suda, non riesce a star fermo, si esprime balbettando. Non è detto mai esplicitamente, ma si intuisce che è di idee politiche di sinistra, pur negando di essere comunista e, in ogni modo, evitando per quanto possibile di parlare apertamente di politica. Sostiene piuttosto di provare simpatia, in un mondo di politici corrotti e ladri, per quelli onesti, indipendentemente dal loro colore politico; anzi arriva a nutrire addirittura un senso d'affetto verso chi, pur non pensandola come lui, è pulito e sinceramente convinto. E’ un abitudinario: arriva al commissariato con una decina di minuti di ritardo, e quando rientra a casa la sera, quasi meccanicamente accende il televisore per guardare il notiziario sulle due televisioni locali, Televigata e Retelibera; rifiuta sistematicamente una promozione che lo allontanerebbe da Vigata, perché la sola idea di un trasferimento e di un cambiamento di abitudini gli fa venire qualche linea di febbre. Due o tre volte la settimana, quando vuole pensare meglio o prendere un po' di aria buona, si concede una passeggiata lungo il molo di levante, fino al faro o sulla spiaggia ovest, che è sempre deserta. Prima però acquista ‘calìa e semenza’, cioè ceci abbrustoliti e semi di zucca salati. E' di umore fondamentalmente instabile, basta poco per innescare la miccia e farlo infuocare.

Montalbano ha una profonda cultura, derivata dalle sue raffinate letture. Possiede il Faust e presumibilmente l'ha letto, ha letto Goethe, Proust, Musil, Melville, Simenon, conosce il poeta inglese Dylan Thomas e cita Saba. Ha letto "Storia della morte in Occidente" di Ariès. Tra gli scrittori siciliani gli piacciono Consolo e Bufalino, ma detesta leggere libri che parlano di mafia. Conosce i dipinti di Peter Bruegel e di Hieronymus Bosch. É invece assolutamente negato verso tutte le nuove tecnologie: non sa usare il computer (quando ne ha bisogno si affida a Catarella, esperto di "informaticcia"), ma non è in grado neppure di utilizzare una telecamera. I suoi passatempi preferiti sono due: mangiare e nuotare. Adora mangiare se è cucinato bene, seppur con semplicità, e gli piace mangiare da solo o, se in compagnia, in perfetto silenzio. E' fedele per natura a Livia, la sua donna, che risiede a Boccadasse in Liguria; il loro è un rapporto consolidato dal tempo, ma comunque difficile. Quando è lontana, Montalbano la desidera, ma quando lei è vicina, la avverte come una presenza ingombrante, che gli toglie la possibilità di vivere a suo modo e gli sconvolge le abitudini, anche culinarie. In definitiva, Montalbano appare come un uomo normale; forse non è azzardato vederlo, anche se solo sotto certi aspetti, come un alter ego di Camilleri. Ci sono due elementi, in particolare, che possono validare questa ipotesi: in primis, la Weltanschauung del commissario, con il suo amore per la Sicilia, le sue idee politiche e morali, le letture preferite e persino i suoi gusti alimentari, che sembrano coincidere con quelli dell’autore. In secundis, e forse più profondamente, il senso dello scorrere del tempo: nel susseguirsi dei romanzi, Montalbano invecchia e, seppur con una differenza di 25 anni, tale invecchiamento sembra ricalcare quello dell’autore stesso.

L’idea di scrivere un giallo nacque casualmente in Camilleri tra il 1992 e il 1993, durante la stesura de “Il birraio di Preston”, quando decise di scrivere un romanzo dall’inizio alla fine, non più dilatando un nucleo iniziale corrispondente alla trascrizione fantastica di un’episodio realmente accaduto come per i romanzi storici scritti precedentemente. Ricordando ciò che aveva scritto Sciascia, che “il romanzo giallo in fondo è la migliore gabbia dentro alla quale uno scrittore possa mettersi, perché ci sono delle regole, per esempio che non puoi barare sul rapporto logico,

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temporale, spaziale del racconto”, iniziò a scrivere “La forma dell’acqua”, mentre già lavorava alla stesura de “Il birraio di Preston”, per il quale però non trovò una struttura precisa fino a quando, leggendo “Il pianista” di Manuel Vazquez Montàlban (che non ha come protagonista Pepe Carvalho) ebbe quella che egli stesso ha descritto come un’illuminazione. In omaggio a questo aiuto inaspettato Camilleri decise di chiamare il suo commissario Montalbano, che è del resto un cognome siciliano diffusissimo, e quindi molto adatto al personaggio. La scelta del nome del commissario rappresenta dunque un omaggio nei confronti di Vazquez Montalban, di cui Camilleri è poi diventato amico. Però, nonostante Montalbano (ne “Il cane di terracotta” l’allusione a Montalbàn è palese e dichiarata: «il commissario stava leggendo un romanzo giallo di uno scrittore barcellonese che l’intricava assai e che portava lo stesso cognome suo, ma spagnolizzato Montalban») si presenti come un affezionato lettore dei romanzi che hanno come protagonista l'investigatore privato Pepe Carvalho, nei due personaggi diversità e affinità spesso si intrecciano; ad esempio, una caratteristica che sembrerebbe accomunarli è la passione per la buona cucina. Tuttavia Montalbano non sa cucinare e ama i piatti tipici della sua terra preparati con cura ma soprattutto con semplicità, mentre Carvalho, raffinato cuoco ed impeccabile intenditore di vini, apprezza piatti raffinatissimi, preparati con una maniacale attenzione. Ancora, entrambi amano leggere e sono dotati di una cultura letteraria non comune, ma, a differenza di Montalbano, che ancora acquista e legge libri, il detective Pepe Carvalho non crede più nei libri letti e per questo li brucia nel caminetto; inoltre, Carvalho è un detective privato che agisce quasi sempre in contrasto con le forze di polizia regolari, mentre Montalbano è un funzionario pubblico che ricopre un ben preciso ruolo istituzionale. Un’altra differenza fondamentale tra i due protagonisti sta nel loro passato: Carvalho è un ex militante comunista che ha conosciuto la repressione franchista ed è stato agente della Cia; Montalbano proviene da una modesta famiglia piccolo borghese e dopo una mediocre carriera di studente si è laureato in legge e ha vinto un regolare concorso. Quali sono allora le affinità tra i due personaggi? Secondo lo stesso Camilleri, al quale durante un’intervista venne posta proprio questa domanda, in Montalbano e Carvalho “c'è una disincantata ricerca della verità. Proprio disincantata. Sanno che possono sbagliare comunque, ad ogni passo che fanno. Sanno benissimo entrambi che la verità nel 99 per cento dei casi non combacerà mai con la giustizia. Sono però onesti con se stessi. Ecco, credo che questa sia la cosa che li lega.” Camilleri dunque, pur partendo dall’opera di Montalbàn, arriva a creare un personaggio completamente diverso, sicuramente meno romanzesco, meno segnato dalla storia precedente e dal proprio passato, ma dotato di altrettanto spessore e, soprattutto, con lo stesso status eroico.

4.1. Trasposizione televisiva

Il commissario Montalbano è ormai un personaggio celebre anche grazie alla trasposizione televisiva. La serie “Il commissario Montalbano” si è affermata nella programmazione italiana (e non solo) come una trasmissione atipica che unisce qualità e successo. Sfruttando in parte la fortuna dei

romanzi e dei racconti di Andrea Camilleri incentrati sulla figura del commissario di polizia siciliano, i film Tv mandati in onda dalla Rai hanno avuto uno straordinario successo di pubblico che si è riproposto, se non acccresciuto, nelle diverse repliche periodicamente trasmesse. Quando il 13 maggio 1999 viene trasmesso su Raidue "La voce del violino" l'ascolto medio è di sei milioni e 531mila spettatori: un successo inaspettato. Poi la seconda serie sbarca sulla rete ammiraglia della Rai, che replica anche la prima, in seguito la terza e la quarta serie superano i 9 milioni di ascolti. In libreria, pur se con diverse

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proporzioni, accade qualcosa di simile: la prima tiratura di ogni nuovo "Montalbano" è già esaurita prima ancora di uscire.

Per quanto riguarda le repliche prendiamo in esame due sere: la sera del 28 ottobre 2002 su Raiuno andò in onda in prima visione il primo episodio della quarta serie del "Commissario Montalbano", "Il senso del tatto" con uno share medio del 33,51%; la sera del 20 dicembre 2002 la replica dell'episodio "Il ladro di merendine" raggiunse uno share medio del 31,27%, toccando sul finale un picco clamoroso: oltre il 42% di share. Tale fortuna non deriva da una smodata ricerca dell’audience, ma piuttosto da un prodotto televisivo di alto livello, sia a livello dell’esposizione e dell’articolazione dei contenuti tematici sia a livello delle tecniche espressive e rappresentative. Il commissario Montalbano è una fiction che riesce a diffondere un forte senso del luogo restituendo il lavoro sulla lingua che caratterizza i libri, in parte attraverso il dialogo e in parte attraverso la caratterizzazione dei volti e dei set. Questa fiction può contare su diversi punti di forza tra cui l’elevata qualità tecnica della realizzazione, la messa in scena di un universo estremamente riconoscibile sul piano culturale e il fattore riconoscibilità di un personaggio letterario sofisticato ma popolare.

Nell’adattamento televisivo, così come accade per gli ambienti, anche il protagonista diventa più bello, viene ringiovanito di diversi anni e diventa più prestante fisicamente. Facendo riferimento al personaggio letterario ci accorgiamo che spesso Montalbano ha frequenti momenti di goffaggine, non è in grado di svolgere alcune banali operazioni e compie errori durante un’azione. Nei film Tv questa caratteristica che lo rende buffo ma simpatico viene fortemente ridimensionata: diviene un’uomo d’azione, sa agire in ogni situazione e spesso coloro che nei romanzi sono suoi aiutanti appaiono quasi come semplici spettatori delle sue gesta. Altra caratteristica presente nelle fiction è la ‘parlata’: così come il siciliano del Montalbano letterario non è certamente il dialetto siciliano effettivamente parlato in Sicilia, ma ciò che nel resto del paese può essere considerato tale, analogamente fittizio è il presunto siciliano del Montalbano televisivo, e la parlata di Luca Zingaretti, interprete televisivo del commissario, sembra somigliare soprattutto, con un sostrato comunque siciliano, allo ‘sbirrese’ televisivo medio.

Se in primo tempo erano i lettori di Camilleri il target di un prodotto televisivo ben più ‘alto’ della media, e dunque apparentemente difficile, in seguito le parti si invertono: è il pubblico televisivo a leggere i libri di Camilleri andando alla ricerca dello stesso personaggio che hanno visto in azione sullo schermo. Così le attese del pubblico finiscono per essere tenute in considerazione dall’autore letterario, che arriva a invertire la direzione dell’adattamento: non più dal testo letterario allo schermo televisivo ma, viceversa, da quest’ultimo alla pagina. Questa tendenza all’adattamento del personaggio letterario a quello televisivo è comunque bilanciata, negli ultimi testi di Camilleri, da una spinta quasi opposta: una specie di reazione alle fiction televisive, un tentativo di riappropriazione del personaggio. Ad esempio, se in televisione il personaggio di Montalbano, interpretato da Luca Zingaretti, appare giovane e aitante, in “L’odore della notte” si insiste sui frequenti segni di invecchiamento.

Il prodotto televisivo, oltre a ricevere gradimento da parte del pubblico, ha avuto anche risposta favorevole da parte della critica. Nel “Dizionario della televisione”(2002) Aldo Grasso parla del “notevole spessore narrativo” della trasmissione, che ”si avvia così a comporre a pieno titolo la quadrilogia dell’investigazione televisiva italiana, insieme con il tenente Sheridan, il commissario Maigret e Nero Wolfe”.

4.2. Montalbano intermediatico Oltre che nei testi letterari e televisivi, il personaggio di Montalbano è diffuso in altri media e

con altri linguaggi: le versioni radiofoniche delle fiction televisive; i cartoni animati in Cd rom ideati e realizzati da Immedia per conto dell’editore Sellerio; una serie di fumetti di autori diversi basati sul

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racconto “L’avvertimento” tratto da “Un mese con Montalbano”; la rassegna stampa su Montalbano con interviste a Camilleri e Zingaretti; due libri intervista di Camilleri ai giornalisti Sorgi (2000) e Lodato (2002); interventi politici di Camilleri su diversi giornali e riviste; numerosi siti web sia su Camilleri sia su Montalbano, in parte gestiti da Sellerio, da Mondadori o dalla Rai, in parte gestiti da fans club.

Montalbano in questo modo rappresenta un’identità che trascende dalle storie da cui è nato e di cui è ancora parte, il personaggio vive una sua realtà totalmente estranea alla narrazione poliziesca, prendendo direttamente la parola e manifestando le proprie opinioni. Un esempio di ciò è rappresentato soprattutto dai testi in cui Montalbano parla per bocca del suo autore, come in diversi scritti di Camilleri su Micromega, dove attraverso dialoghi tra l’autore e il personaggio o in dichiarazioni dell’autore, Montalbano dà la sua opinione su diversi fatti di attualità, dagli episodi di Genova del luglio 2001 al governo Berlusconi, dalla lotta alla mafia alle elezioni politiche.

Per quanto riguarda gli altri testi in cui il personaggio di Montalbano è attivo vanno ricordati i cartoni animati in Cd rom, nei quali si trova un elenco delle ricette dei piatti da lui preferiti, il gioco interattivo in cui l’utente, per poter procedere nell’avventura, deve prendere il posto del personaggio e riuscire a pensare e agire come farebbe Montalbano. È interessante notare come sia i personaggi sia gli ambienti abbiano un’immagine spesso diversa da quella televisiva; sebbene questi prodotti siano stati sviluppati contemporaneamente ai film Tv e siano arrivati più tardi sul mercato, non tengono particolarmente in considerazione l’aspetto del protagonista televisivo, Zingaretti, e degli altri attori. In questo modo di ogni

personaggio esistono più versioni figurative, una televisiva e le altre fumettistiche, spesso in contrasto tra loro; ne sono esempio le tre versioni del racconto “L’avvertimento”. In questi fumetti non cambia soltanto l’aspetto fisico del protagonista, ma l’intera visione del personaggio. A tal proposito nella versione di Lo Bocchiaro Montalbano coincide con Camilleri: Camilleri è Montalbano da vecchio, il quale racconta le storie che lui stesso ha vissuto quando era commissario. Non vediamo mai Montalbano in azione , ma solo Camilleri che racconta la vicenda a un giornalista che assomiglia a Zingaretti.

In una prospettiva simultanea, che mette fra parentesi le origini (letterarie) e le diverse trasformazioni, possiamo sostenere che il personaggio del commissario Montalbano usufruisce di quella “intermedialità” che è ormai caratteristica costitutiva dell’attuale sistema dei mezzi di comunicazione di massa.

5. La critica

Camilleri rappresenta l'esempio per eccellenza di uno scrittore che suscita opinioni contrastanti. Dal punto di vista superficiale, il test delle vendite fa nascere due reazioni a caldo: da un lato, ci sono i detrattori e, dall'altro, ci sono i lodatori. Secondo i lodatori le vendite rispecchiano la popolarità dello scrittore e danno appoggio alla sua opera, mentre i detrattori, appena il numero delle copie vendute aveva oltrepassato il milione, si sono affrettati a dichiarare che "comprare non significa leggere". Questa stessa reazione non viene però applicata a tutti gli scrittori che vendono bene, e, in particolare, agli scrittori stranieri. Non sono disponibili le statistiche precise, ma sembra che più di cinque milioni di copie dei libri di Andrea Camilleri, (secondo i dati del sito www.angelfire.com/pa3/camilleri6) siano state vendute dal 1997 al 2001 in Italia (non sono quindi considerate le vendite delle traduzioni). Finora solo Carlo Bo e Angelo Guglielmi si sono schierati decisamente dalla parte di Camilleri (Malatesta 1999); comunque, oltre a una brevissima menzione nella “Storia della letteratura contemporanea” di Giuliano Manacorda, il suo nome stenta ad apparire nei libri che consacrano alla posterità la grandezza degli scrittori. Manacorda elenca alcuni scrittori siciliani, tra cui anche Camilleri, premettendo alla lista la constatazione che gli autori citati hanno continuato a lasciare "un segno particolarissimo"; l'autore tuttavia non entra nei particolari e non li

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descrive tutti. Secondo Massimo Onofri, autore di due manuali del Novecento letterario italiano usciti di recente, Camilleri ha realizzato "un'abilissima operazione di mercato"; Spirito lo definisce "atletista delle classifiche letterarie”. Tutti (o quasi) i critici letterari di grido lo ignorano, forse influenzati dalla tendenza snobistica di considerare chiunque venda molte copie dei propri lavori un autore solo popolare, di poca profondità contenutistica e di poca innovatività dell'espressione. Le polemiche che riguardano il successo di Camilleri coinvolgono tre argomenti principali: la sua visione della Sicilia, gli schemi narrativi e i personaggi e la forma linguistica. Prima di tutto i critici contrari sostengono che la Sicilia di Camilleri è quella che i lettori vogliono vedere, e dunque è piatta, superficiale, folcloristica; secondariamente, gli schemi narrativi sono predicibili e i personaggi hanno poco spessore e infine, la lingua non offre novità formali. La stroncatura più forte è stata offerta da Francesco Merlo sul Corriere della sera nell'articolo intitolato "Camilleri, che noia", che non è la stroncatura di un libro di Camilleri, ma di Camilleri nella sua interezza, e nella sua sicilianità. Merlo scrive: ”Camilleri inventa una Sicilia arcaica, un'insularità quasi biologica, come se la sicilianità fosse una qualità del liquido seminale, un Dna, una separatezza che ovviamente non esiste se non come stereotipo,come pregiudizio che raccoglie, in disordine, malanni personali e banalità di ogni genere [...] Il tutto descritto con la lascivia sentimentale di certe orrende cose di noi stessi che ci piacciono tanto, quasi fossero anacronistiche virtù, elisir da paradiso perduto.” Anche Roberto Cotroneo (1998) su questo fenomeno dà un giudizio negativo: ”i motivi del successo di Camilleri non vanno ricercati nel suo valore letterario - spesso troppo altalenante e troppo di genere per dare una valutazione - ma nel suo "non essere" letterato, nel suo modo di rassicurare il pubblico: con libri brevi, che della letteratura prendono il meno possibile, e della vita il più possibile”. Si ricorda infine un ultimo giudizio, al fine di illustrare il pensiero dei membri dell'elite culturale; Ferroni (Serri, 2001) afferma che ‘I siciliani [di Camilleri] vivono in un mondo tutto fatto di reciproca ostilità, mancanza di sincerità, tradimenti, amore per il sotterfugio. Corrisponde esattamente al cliché del "siculo". Sono così veramente i siciliani? [...] Al pubblico viene dato quello che si aspetta’. In sintesi tutte queste argomentazioni sui demeriti del lavoro camilleriano si unificano in un ragionamento circolare: il pubblico si aspetta dei cliché, al pubblico Camilleri piace, dunque Camilleri offre dei cliché. Sulla validità di tale ragionamento sarebbe possibile discutere all’infinito senza pervenire ad una conclusione; probabilmente, la letteratura di Camilleri è semplicemente un po’ fuori dai canoni tradizionali, e quindi si oppone per sua stessa natura ad essere racchiusa negli schemi consueti. Va ricordato comunque che Camilleri ha ricevuto innumerevoli riconoscimenti, non ultimo la pubblicazione della sua opera nella prestigiosa collana “I Meridiani”, fatto non comune per uno scrittore vivente (a tal proposito, comunque, si dovrebbe capire se tale scelta sia stata dettata da ragioni di critica o di marketing, o magari da entrambe…).

A proposito di Montalbano, in un libro-intervista di Marcello Sorgi (“La testa ci fa dire”, Sellerio, 2000), Camilleri ha spiegato così il grande successo del suo personaggio: "Credo che, in fondo, per ciò che riguarda Montalbano, la cosa più logica è che io vengo ad occupare uno spazio vuoto, che in Italia finora non c'era, che è la scrittura d'intrattenimento alto; cosa che in Inghilterra c'è e che invece da noi manca completamente. É una considerazione fatta da Carlo Bo. Poi qualcuno sostiene che io sono un artigiano della scrittura. E qualcun altro mi ha detto: ce ne fossero di artigiani come lei. Io concordo sull'artigianato. D'altra parte, una cosa che ho sempre detestato è che in Italia se tu non fai una cattedrale non sei un architetto. Invece ci sono delle cattedrali orrende, delle chiese orrende, e delle chiese di campagna meravigliose. Ci credo all'artigianato di una certa classe. É quello che ha fatto la fortuna, tanto per dire, del cinema degli Stati Uniti. Mentre in Italia o si è Fellini o non si è nessuno".

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6. Camilleri e le case editrici

Ogni volta che si parla di Camilleri è istintivo far riferimento alla casa editrice Sellerio, con la quale egli sembra aver instaurato un rapporto duraturo e prolifico; naturalmente, non sempre il suo rapporto con le case editrici è stato così semplice. Quando muoveva i primi passi come scrittore la reazione degli editori a cui mandava i suoi manoscritti era sempre sfavorevole, evitavano espressamente questo “dilettante” che pretendeva di scrivere in un linguaggio disseminato di termini dialettali ‘incomprensibili’; proprio grazie a questo atteggiamento ostile Camilleri fu costretto, per vedere pubblicata la sua opera, dopo dieci anni dalla sua stesura, a ricorrere ad un ‘editore a pagamento’. Prima di avere un rapporto ‘regolare’ con una casa editrice dovette aspettare il 1980, quando Livio Garzanti gli diede fiducia, seppure con qualche resistenza; infatti, pur accettando di pubblicare “Un filo di fumo”, l’editore chiese all’autore di redigere un glossario da allegare al libro, per spiegare il significato di molti termini dialettali.

Solo in seguito, dopo aver tralasciato la strada letteraria per quasi dieci anni e avere abbandonato un editore di successo qual era Garzanti, iniziò la sua intensa collaborazione con l’editore Sellerio di Palermo (presso cui in realtà aveva già pubblicato “La strage dimenticata” nel 1984, ma senza successo). Da questo momento ebbe inizio il successo di Camilleri, che coincise con l’ascesa della piccola casa editrice siciliana. Infatti, pur essendosi affermata anni prima grazie alla collaborazione di Sciascia, la Sellerio aveva comunque un campo d’azione limitato, tipico delle piccole case editrici. Inoltre l’affermazione di Camilleri ha salvato la casa editrice dal tracollo finanziario a cui stava per varie vicissitudini andando incontro, vendendo nell’arco di pochi anni oltre 6 milioni di copie (fino al 2002) e facendo balzare la Sellerio dai 6 miliardi di fatturato del 1993 ai 25 miliardi del 2002, cessando definitivamente di essere ‘piccola’. Questa fruttuosa unione continua nel tempo, seppur con qualche sporadico ‘tradimento’ dell’autore per il grande gruppo editoriale Mondadori. Osservando le diverse pubblicazioni di Camilleri si nota una generale tendenza a pubblicare i romanzi con la casa editrice Sellerio e i racconti con protagonista Montalbano (di sicuro successo!) presso Mondadori. Dal 1999 questa tendenza sembra venir meno, poiché lo scrittore instaura collaborazioni con altri editori tra cui Rizzoli, con cui pubblica “La mossa del cavallo” nel 1999 e “Biografia del figlio cambiato” nel 2000 e due opere sul teatro (Le parole raccontate. Piccolo dizionario dei termini teatrali, 2002 e L’ombrello di Noè. Memorie e conversazioni sul teatro, 2002), la Libreria dell’Orso, con cui nel 2001 stampa “Racconti quotidiani” e “Le inchieste del Commissario Collura”, oltre le Edizioni dell’Altana, con cui escono “Favole del tramonto”, 2000 e “Gocce di Sicilia”, 2001. Essenzialmente Camilleri può essere considerato un “autore Sellerio”, sia per il ruolo che questa casa editrice ha avuto nella sua affermazione, sia per la prevalenza che questa sigla ha nella sua bibliografia, sia infine per l’importanza che ha nella sua narrativa il modello di Sciascia (fondamentale ispiratore della Sellerio); se quello con Sellerio può essere considerato un grande amore, i rapporti con gli altri editori sembrano non essere più che avventure.

6.1. Aspetto fisico dei libri

Analizzare la struttura fisica dei libri di Camilleri significa osservare i diversi stili delle diverse case editrici (e delle loro varie edizioni) con le quali lo scrittore pubblica. Nella Sellerio le opere di Andrea Camilleri sono collocate nella principale collana “La Memoria”, che ha un caratteristico formato quasi quadrato (12x16), scelto per ridurre al minimo lo spreco di carta, e un’altrettanto caratteristica veste grafica, con le copertine blu intenso. Queste ultime sono costituite da un cartoncino leggero e flessibile che si ripiega con due bandelle, nelle quali c’è il cosiddetto ‘pezzullo’, che presenta il contenuto del libro ed ospita una brevissima nota biografica dell’autore. Tornando alla veste grafica

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delle copertine, ciò che dovrebbe attrarre l’attenzione dell’acquirente, nelle copertine Sellerio, oltre alla scelta grafica di Enzo Sellerio del colore blu, è l’immagine centrale. Le illustrazione nei libri che hanno come protagonista il commissario Montalbano sono abbastanza esplicite e corrispondenti al titolo o al contenuto del libro, mentre le raffigurazioni presenti sui romanzi storici sono meno immediate. Una veste leggermente differente ha invece la collana “Il Castello” nella quale sono stati ristampati “Il birraio di Preston” e “La concessione del telefono”; infatti, pur mantenendo l’illustrazione presente sull’edizione della collana “La Memoria”, cambiano il colore della copertina, che da un blu intenso passa ad un colore più spento, il beige e la disposizione dell’autore e del titolo: ne “La Memoria” sovrastano l’immagine, ne “Il Castello” la situazione si inverte, l’immagine sovrasta autore e titolo.

La Mondadori ha attuato una strategia diversa. Quando Andrea Camilleri entra a far par degli scrittori Mondadori è già conosciuto al grande pubblico e si è instaurato un rapporto di fedeltà, e non rappresenta un rischio, ma sicuri guadagni, per cui può permettersi una forte tiratura in edizione rilegata con sovraccoperta. Altre differenze sostanziali rispetto alle edizioni Sellerio sono il formato e la grafica di copertina: il formato rispetta le misure standard di un libro rilegato 14x22; la copertina è una tipica copertina Mondadori, facilmente riconoscibile e attraente, dai colori accesi e caldi, con immagini significative e dirette che rimandano immediatamente all’autore e al protagonista, come il simbolo della Trinacria ne “La paura di Montalbano”. Oltre alle edizioni rilegate, dato il forte successo di pubblico, i libri vengono poi ristampati in economica nelle collane “I Miti” e “Oscar Best Sellers”. Le edizioni rilegate e quelle economiche sono sostanzialmente molto simili, i colori e le immagini restano inalterati, mentre l’autore e il titolo vengono scritti in queste ultime a caratteri più grandi, in modo da attrarre anche il pubblico occasionale.

La politica Rizzoli è simile a quella della Mondatori; pubblica le opere in edizione rilegata nella collana “La Scala” per poi ristamparle in seguito nelle collane economiche “Bur-La Scala”, “SuperBur” e “Superpocket”. Questo non è l’unico fattore che le accomuna, perché anche la veste grafica è simile: colori accesi e stile molto sobrio, con immagine ridotta per i rilegati, immagine estesa e titolo in grande rilievo per gli economici. Oltre a queste tre case editrici, che occupano un ruolo importante nella bibliografia di Camilleri, ci sono anche libri editi con la Libreria dell’Orso, con cui ha pubblicato le avventure del suo nuovo commissario (“Le inchieste del Commissario Collura”), che hanno una veste molto

essenziale, le Edizioni dell’Altana con cui è edito “Favole al tramonto”,e che, al contrario del primo, ha una grafica molto vivace, sia per quanto riguarda i colori che la composizione del testo. È interessante vedere quale evoluzione ci sia stata dalle prime copertine dei libri di Camilleri e quelle odierne. La considerazione più evidente a cui si arriva osservando queste vecchie copertine è che inizialmente i testi si presentavano sotto una veste grafica più seriosa e poco attraente rispetto alle edizioni n si considerano i colori, l’impostazione della Sellerio è rimasta

pressoché immutata. successive, ma, in generale , se no

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In ultimo, è opportuno riportare una breve analisi dei titoli scelti: si nota che sono generalmente composti da 4 parole, secondo lo schema

Articolo + Sostantivo + Preposizione + Sostantivo Tale schema è esattamente rispettato in tutti i romanzi con protagonista Montalbano; in più, i titoli di questi libri iniziano sempre con l’articolo determinativo, e sono composti da un numero di sillabe variabile tra 6 e 8. La loro funzione non sembra essere tanto quella di descrivere il contenuto del libro, quanto quella di evocare immagini e atmosfere (“L’odore della notte” o “La forma dell’acqua” rappresentano bene quest’idea); anche quando il loro rapporto con il contenuto è sostanziale, la relazione può essere colta solo da chi legge effettivamente il libro, non da chi lo vede esposto in vetrina. Considerazioni simili sono valide per i titoli degli altri romanzi, mentre appare diversa l’idea alla base della scelta del titolo per opere di carattere diverso. Esemplificativo è il caso di “Biografia del figlio cambiato”: innanzi tutto, è subito palesato che si tratta di un lavoro a carattere biografico, seppur sui generis; inoltre, per quelli che hanno una certa conoscenza di Pirandello, appare chiaro il soggetto di questa (da notare che si parla non di “un figlio”, ma “del figlio”). L’impressione generale che si ricava da queste brevi considerazioni è che, naturalmente, la scelta dei titoli sia del tutto ragionata e per nulla banale, e che tale scelta sia fatta in base non solo a criteri “pubblicitari”, ma anche e soprattutto di gusto letterario.

6.2. Marketing editoriale

Inizialmente le opere di Camilleri non si sono diffuse grazie ad una potente operazione di marketing da parte della casa editrice di Palermo, ma grazie al passaparola dei suoi primi lettori prima e alla forte risonanza datagli dalla stampa e dai film Tv dopo. L’impatto che ha avuto sul pubblico è stato talmente trainante che il lavoro di Sellerio per lanciare questi libri sul mercato è stato minimo. Mondadori invece, pur potendo contare sulla già grande fama dell’autore, ha attuato strategie pubblicitarie e di marketing per l’affermazione dei suoi titoli. Innanzitutto

ha puntato sulla veste grafica e sulla collocazione nelle librerie, fornendo allestimenti per le vetrine e stand per esporre le nuove opere; ha investito nella pubblicità televisiva ed ha inoltre realizzato prodotti specifici per coprire ogni fascia di lettori, si pensi ad esempio all’elegante edizione rilegata delle “Storie di Montalbano” nella collana “I Meridiani” oppure al cofanetto natalizio “Natale con Montalbano”, contenente le antologie di racconti “Gli

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arancini di Montalbano” e “Un mese con Montalbano”, destinato evidentemente ai lettori occasionali spinti all’acquisto dalla confezione ‘regalo’, o ancora al cofanetto composto da un libro più due cd rom “Camilleri legge Montalbano”. Oltre che sulle sue case editrici lo scrittore ha potuto contare, per la diffusione dei suoi libri e della sua immagine, anche su iniziative editoriali diverse, come i cartoni animati in cd-rom distribuiti in allegato con il settimanale Panorama oppure con l’uscita in allegato al Corriere della Sera del romanzo “La mossa del cavallo” e in allegato a La Repubblica, nella collana “Le strade del giallo” dell’ultimo romanzo sul commissario Montalbano, “Il giro di boa”. La sua fama e di conseguenza il successo editoriale dei suoi libri sono dovuti anche a tutto ciò che ormai orbita intorno a Camilleri, dalle interviste ai convegni, fino ad arrivare a libri fotografici che raffigurano la sua Sicilia (G. Leone, “La Sicilia di Andrea Camilleri”, 2003) e ai siti internet. Iniziato con un imponente passaparola, potenziato dalla stampa come caso letterario ed amplificato dalle versioni radiotelevisive, ogni nuovo romanzo di Montalbano ha ormai la certezza di diventare un best seller e traina con se anche le interessanti opere di ambientazione ottocentesca.

7. Conclusione

Dal dopoguerra l’Italia non ha mai avuto un fenomeno letterario paragonabile a questo. Romanzi lasciati nel cassetto per anni, rifiutati dagli editori oppure pubblicati nel silenzio, che d’improvviso ritornano, vengono ripubblicati e incontrano milioni di lettori in un paese che non legge, che rimangono quattro, cinque alla volta in testa alle classifiche delle vendite per mesi e mesi… È come se Camilleri, tra le mille prove di scrittore, le prove di linguaggio, le tante esperienze della sua vita tra letteratura, teatro e televisione, avesse scoperto da solo il segreto, tanto ricercato nei laboratori editoriali, per far leggere finalmente gli italiani. Credo che la grandezza di Camilleri risieda in queste quattro caratteristiche che si manifestano in ogni passo delle sue opere:

la leggibilità di testi in cui spicca una straordinaria capacità di far dialogare i personaggi; l’ironia che permette di sdrammatizzare e di trasformare la tragedia in farsa, senza rinunciare a

riflettere e a far riflettere; un linguaggio che con la miscela di italiano sfugge alla piattezza della lingua standardizzata e

omologata e propone situazioni di rilevante comicità; il fondamentale ottimismo delle storie che presentano comunque una Sicilia in movimento

capace di reagire alle ingiustizie e alle prepotenze. Leggere Camilleri, a mio parere, non è semplicemente leggere un "giallo" come tanti, ma è addentrarsi in un mondo unico fatto di colori, sensazioni, profumi, piaceri e dispiaceri propri della vita quotidiana. In molti gialli si è portati ad interessarsi alla storia in quanto tale, e si cerca di giungere alla risoluzione del caso tralasciando le particolarità "caratteriali" dei personaggi e del loro "habitat", dando invece notevole peso ai concatenamenti letterari. Nei testi di Camilleri invece il gusto ed il piacere della lettura si manifestano proprio nella squisitezza del linguaggio, semplice e ragionato, nella rappresentazione quasi pittorica delle scene di vita quotidiana, nella spontaneità di molte situazioni. L’essenziale delle opere è pertanto non la storia in quanto tale, ma la descrizione e la rappresentazione della stessa, che induce il lettore non tanto a ricercare la verità quanto più semplicemente a gustarsi con piacere l'esposizione dei fatti e degli avvenimenti.

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8. Bibliografia

♦ I colori della letteratura. Un’indagine sul caso Camilleri S. Demontis – Rizzoli 2001

♦ Andrea Camilleri G. Capecchi − Cadmo 2000

♦ Montalbano sono M. Pistelli – Le Càriti 2003

♦ Montalbano. Affermazioni e trasformazioni di un eroe mediatico G. Marrone – Rai-Eri 2003

♦ Andrea Camilleri, la re-invenzione del romanzo giallo M. Polacco – II Ponte LV, 3, marzo 1999

♦ Il dialetto nei romanzi di Andrea Camilleri J. Vizmuller-Zocco – Quaderni di italianistica

♦ Il caso Camilleri a.a.v.v. - Sellerio, 2004

♦ Storia dell’editoria letteraria in italia. 1945-2003 G.C.Ferretti – Einaudi, 2004

♦ La forma dell’acqua A. Camilleri – Sellerio 1994

♦ Il birraio di Preston A. Camilleri – Sellerio 1995

♦ Il cane di terracotta A. Camilleri – Sellerio 1996

♦ Il ladro di merendine A. Camilleri – Sellerio 1996

♦ La voce del violino A. Camilleri – Sellerio 1997

♦ Un mese con Montalbano A. Camilleri – Mondadori 1998

♦ Gli arancini di Montalbano A. Camilleri – Mondadori 1999

♦ La gita a Tindari A. Camilleri – Sellerio 2000

♦ L’odore della notte A. Camilleri – Sellerio 2001

♦ La paura di Montalbano A. Camilleri – Mondadori 2002

♦ Il giro di boa A. Camilleri – Sellerio 2002

♦ La prima indagine di Montalbano A. Camilleri – Mondadori 2004

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