Il Divieto Della Prova Testimoniale Nel Processo Tributario

23
Il divieto della prova testimoniale nel processo tributario Oggetto della giurisdizione tributaria Il divieto della prova testimoniale L’evoluzione della giurisprudenza sul punto Il punto di vista della dottrina Analisi del caso Jussilla Conclusioni Durante il corso sul processo Tributario, tenutosi presso l’Università degli studi di Salerno , sono stati evidenziate importanti problematiche relative al divieto della

description

Il Divieto Della Prova Testimoniale Nel Processo Tributario

Transcript of Il Divieto Della Prova Testimoniale Nel Processo Tributario

Page 1: Il Divieto Della Prova Testimoniale Nel Processo Tributario

Il divieto della prova testimoniale nel processo tributario

Oggetto della giurisdizione tributaria

Il divieto della prova testimoniale

L’evoluzione della giurisprudenza sul punto

Il punto di vista della dottrina

Analisi del caso Jussilla

Conclusioni

Durante il corso sul processo Tributario, tenutosi presso l’Università degli studi di Salerno , sono stati evidenziate importanti problematiche relative al divieto della prova

testimoniale nel processo tributario. Prima di approfondirle è opportuno descrivere quale sia l’oggetto della giurisdizione

tributaria.

Le commissioni tributarie hanno competenza giurisdizionale sulle controversie che hanno ad oggetto:

Page 2: Il Divieto Della Prova Testimoniale Nel Processo Tributario

tributi locali

tributi erariali

tributi camerali

altri tributi

La legge si riferisce con specificità a:

imposte sui redditi

imposta sul valore aggiunto

imposta di registro imposta sulle assicurazioni

imposta ipotecaria e catastale

imposta sulle successioni e donazioni imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili

tributi comunali e locali

ogni altro tributo attribuito dalla legge alla competenza giurisdizionale delle commissioni tributarie.

Sono in’oltre soggette alla giurisdizione tributaria le controversie che hanno ad oggetto le imposte addizionali e le sovraimposte nonchè le sanzioni amministrative

gli interessi ed altri accessori nelle precedenti materie.

Le commissioni tributarie hanno giurisdizione sulle controversie promosse da singoli possessori riguardanti l’intestazione, la delimitazione, l’estensione il classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una

stessa particella nonché le controversie che hanno ad oggetto la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita

catastale.

Page 3: Il Divieto Della Prova Testimoniale Nel Processo Tributario

Singole leggi d’imposta hanno devoluto alle commissioni tributarie altri tributi tra cui:

imposta sul patrimonio netto delle imprese

imposta straordinaria sui depositi bancari

imposta straordinaria su particolari beni( legge 431/92)

imposta straordinaria immobiliare ISI

e ancora :Imposta regionale sulle attività produttive

imposta regionale sulle immissioni sonore degli aeromobili

Appartengono poi alla cognizione del giudice tributario tutte le controversie aventi ad oggetto “tributi di ogni genere e specie” compresi quelli regionali, provinciali e comunali, il contributo per il servizio sanitario, sovraimposte, addizionali, sanzioni

amministrative comunque irrogate da uffici finanziari, interessi ed ogni altro accessorio nonché le controversie catastali.

In relazione a quest’ampio catalogo occorre interrogarsi sui poteri riconosciuti alle commissioni tributarie in base all’art 7 del D.Lgs.n.546/92.

Sono riconosciuti alle commissioni tributarie tutti i poteri demandati agli Uffici finanziari allo scopo di istruire il processo per procedere all’accertamento dei fatti

che formano l’oggetto della causa. In proposito bisogna tener conto che il processo tributario, come qualsiasi processo, è retto da principi fondamentali, per cui:

il processo si svolge secondo le regole che gli sono proprie

la disciplina è il principale strumento di garanzia

al processo tributario si applicano le norme del codice civile per cui si instaura ad iniziativa di parte ed è introdotto con ricorso alla Commissione Tributaria

Provinciale

l’iniziativa del processo è un diritto della parte, diritto costituzionalmente garantito dall’art. 24. L’esercizio del diritto tende a provocare l’esercizio della giurisdizione

sulla situazione giuridica controversa.

La materia del contendere trae origine dalla motivazione dell’atto impositivo

Page 4: Il Divieto Della Prova Testimoniale Nel Processo Tributario

attraverso il quale l’ente impositore deve far conoscere al destinatario contribuente i motivi su cui si fonda la pretesa fiscale

A questo punto è opportuno chiedersi se il Processo Tributario si regga sul principio dispositivo o inquisitorio. Partendo dal presupposto che il principio della domanda e

della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato comportano:

L’allegazione dei documenti e l’esposizione dei fatti di iniziativa delle parti processuali al fine di orientare la decisione del Giudice

L’acquisizione , d’Ufficio, dei mezzi di prova relativa a quei fatti da parte del Giudice, con la facoltà di esercitare gli stessi poteri istruttori riconosciuti agli enti impositori

delle singole leggi d’imposta.

Non bisogna dimenticare che la parte che promuove l’azione ha l’onere di convincere il Giudice del processo tributario della giustezza del proprio operato.

Questo principio vale anche per l’Ufficio impositore che con la motivazione dell’atto deve spiegare le ragioni della pretesa producendo le prove in fase contenziosa.

Tutto ciò lo possiamo dedurre dalle disposizioni quando stabiliscono che le Commisioni Tributarie esercitano i loro poteri “ai fini istruttori nei limiti dei fatti

dedotti dalle parti”. In realtà approfondendo ancora ci si rende conto che accanto all’onere delle parti di evidenziare i mezzi di prova che sostengono la relativa tesi, vi

è il potere del Giudice tributario di acquisire d’Ufficio i mezzi di prova avendo a riferimento gli ampi e numerosi mezzi istruttori che il legislatore ha messo a sua

disposizione. Per cui non si può parlare di Processo tributario retto solo dal principio dispositivo (quando la prova è rimessa alla disponibilità delle parti che hanno l’onere

di documentare i fatti posti a fondamento delle rispettive domande ed eccezioni, mentre i poteri istruttori esercitabili d’Ufficio dal Giudice sono solo quelli previsti

dalla legge), né si può parlare di processo tributario basato sul principio inquisitorio (Quando il Giudice può assumere d’Ufficio tutti i mezzi di prova ammissibili e ritenuti

rilevanti per la decisione finale. L’opinione più diffusa ritiene che il processo tributario sia qualificabile a struttura mista o anche ibrida, altra dottrina invece

Page 5: Il Divieto Della Prova Testimoniale Nel Processo Tributario

evidenzia la prevalenza del carattere dispositivo, ed è la concezione che informerà di sè il prosieguo del nostro lavoro.

Le commissioni tributarie possono esercitare” tutte le facoltà di accesso, di richiesta di elementi e dati, di informazioni e chiarimenti conferite agli uffici tributari ed all’ente locale da ciascuna legge d’imposta”. Questi poteri istruttori devono essere esercitati dal collegio globalmente e non delegati a un singolo componente . Dobbiamo innanzi tutto considerare:

1) Accesso. La facoltà che ha il collegio di trasferirsi dalla propria sede per accedere ad un luogo ben determinato per constatare direttamente mediante contraddittorio con le parti interessate, una specifica circostanza. Per fare questo la Commissione non ha bisogno di alcuna autorizzazione in quanto la facoltà di accesso è insita nella sua natura di organo della giurisdizione.

2) Ispezione. Non è prevista la possibilità di effettuare una vera e propria ispezione dei luoghi. Pur essendo di scarsa utilità pratica essa però può essere legittimamente esercitata dal collegio in base al principio generale che consente il rinvio alle norme del codice di procedura civile se compatibili.

3) Consulenza tecnica d’ufficio. Se le commissioni tributarie devono acquisire elementi conoscitivi di particolare complessità, possono richiedere delle relazioni esplicative, cioè dei rapporti, ad organi tecnici dell’Amministrazione dello Stato o di altri enti pubblici compreso la Guardia di Finanza. Ovviamente la relazione non è un mezzo di prova ma uno strumento a disposizione del collegio per acquisire particolari dati tecnici che non risultano nella comune conoscenza dei Giudici tributari. Alla consulenza tecnica in materia di processo tributario possono applicarsi in generale le norme dettate dal c.p.c. come prevede la c.m. nr. 98 del 23 aprile 1996.Il consulente tecnico, detto CTU, deposita la propria relazione finale, nel termine assegnato, presso la Segreteria della Commissione tributaria, ed ha diritto ad essere retribuito.

4) La Richiesta di dati ed elementi, informazioni e chiarimenti, consente alle Commissioni tributarie di ordinare alle parti del processo, in ogni momento, il deposito di qualunque tipo di documento, scritture contabili e non, se necessari per la decisione della controversia. Questo potere è esercitabile anche dall’ufficio della commissione, non essendo necessaria una espressa

Page 6: Il Divieto Della Prova Testimoniale Nel Processo Tributario

istanza avanzata in tal senso dalla controparte. L’ordine di esibizione dei documenti in questione, deve ritenersi distinto dalla produzione dei documenti che può essere effettuata spontaneamente dalle parti e dai loro difensori, secondo le modalità previste dagli articoli 24 e 32 con riferimento al giudizio davanti alla Commissione Tributaria Provinciale e dall’art 58 per il giudizio davanti alla Commissione Tributaria Regionale.La Commissione può invitare il contribuente a comparire personalmente o a mezzo di persona al riguardo delegata e informata dei fatti, per fornire notizie rilevanti ai fini del processo. Questo potere trova il suo specifico fondamento in quanto previsto dall’art,117 c.p.c. con la conseguenza che la mancata comparizione del contribuente, senza un legittimo impedimento, non determina le conseguenze e le sanzioni previste dalle singole leggi d’imposta, ma integra una condotta della parte che può essere liberamente apprezzata dal collegio,

Ulteriore strumento a disposizione della Commissione è la facoltà di chiedere alla Pubblica Amministrazione, ad enti pubblici, società, compagnie di assicurazione, banche ecc. dati e notizie relative ad ogni singolo contribuente.Chiedere ai notai, procuratori del registro e conservatori dei registri immobiliari il rilascio di copie, estratti di documenti depositati presso di loro. Prima di addentrarci nella problematica oggetto del nostro studio, meritano attenzione anche l’interrogatorio e la confessione. Come sappiamo l’interrogatorio può essere libero (art 117 c.p.c.) oppure formale ( artt. 230, 231, 232 c.p.c.) Se libero l’interrogatorio non è considerato un vero mezzo di prova poichè serve a fornire al Giudice solo chiarimenti e specificazioni relative ai fatti dedotti nella causa e ciò al fine fondamentale di meglio verificare e valutare le prove già acquisite nei fascicoli. Questo mezzo di prova può essere assunto ad iniziativa officiosa del Giudice, senza che sia necessaria l’istanza della parte. Si ritiene che tale mezzo di prova sia perfettamente ammissibile nel processo tributario, non essendo l’art.117 c.p.c. incompatibile con quanto previsto dal d.Lgs.546/92 che invece prevede espressamente la facoltà del giudice tributario di richiedere alle parti i chiarimenti che ritiene utili o necessari per decidere sulla domanda. Fortemente si dubita, invece, dell’ammissibilità dell’interrogatorio formale anche in considerazione del generale disfavore che risultano avere nell’ambito del processo tributario altri

Page 7: Il Divieto Della Prova Testimoniale Nel Processo Tributario

mezzi di prova orali quali il giuramento e la testimonianza, come meglio si dirà tra breve, essendo questo oltretutto il vero tema del nostro discorso. Sulla confessione nulla dice il D.Lgs. 546/92 . L’istituto che è “la dichiarazione che una parte fa della verità di fatti a sé sfavorevoli e favorevoli all’altra parte”si distingue in giudiziale e stragiudiziale. Quella giudiziale è resa nel corso del giudizio e fa piena prova contro colui che l’ha fatta. Può essere spontanea quando è contenuta in qualsiasi atto processuale firmato personalmente dal dichiarante oppure può essere provocata nel corso dell’interrogatorio formale dedotto e quindi ammesso ai sensi dell’art. 230 c.p.c. Quella stragiudiziale è fatta fuori dal processo. Se è resa dalla controparte ha la stessa efficacia di quella processuale, se fatta ad un terzo, è liberamente valutata dal giudice. Si ritiene ammissibile e compatibile con la struttura del processo tributario sia la confessione spontanea, sia quella stragiudiziale, non essendoci motivi per escludere la possibilità di utilizzare in tale processo dichiarazioni provenienti direttamente dalla parte in causa. L’opinione prevalente ritiene però che nel

processo tributario a tale confessione non possa essere riconosciuta l’efficacia di piena prova legale che invece le è attribuita nel processo civile dovendo invece questa dichiarazione confessoria essere ritenuta un semplice mezzo di prova soggetto a libera interpretazione del Giudice. Un cenno meritano anche le presunzioni. Possiamo parlare di presunzioni quando attraverso un procedimento logico/deduttivo attraverso un fatto noto si risale ad un fatto ignoto. Si definiscono legali quando è la legge a stabilire espressamente che la sussistenza di un certo fatto (non provato e noto) può essere dedotta dalla esistenza di un altro fatto invece provato in causa. Quelle semplici sono lasciate al prudente apprezzamento del Giudice che può utilizzarle come mezzo di prova quando presentano i requisiti della gravità, precisione e concordanza. Nessuno dubita dell’ammissibilità nel processo tributario delle presunzioni legali che sono largamente utilizzate nelle norme del modello processuale. Qualche perplessità è emersa in relazione alle presunzioni semplici. Poiché l’art.2739 uc cc, stabilisce che”le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni”, sorge il dubbio che esse possano essere applicate in tale processo dato l’espresso divieto in tale processo, della prova testimoniale. Sicuramente esse possono essere utilizzate anche nel processo tributario ove dotate delle caratteristiche in precedenza menzionate.

Page 8: Il Divieto Della Prova Testimoniale Nel Processo Tributario

Considerazioni sul Divieto della prova testimoniale nel processo tributario

In coerenza con quanto già previsto dalla precedente normativa, nel processo tributario non sono ammessi né il giuramento, né la prova testimoniale.Per ciò che riguarda il giuramento, sia esso decisorio che suppletorio, rappresenta un tipico esempio di prova legale, ossia non liberamente valutabile dal Giudice, essendo la sua efficacia predeterminata inderogabilmente dalla legge (art.2738 c.c.) Proprio per queste sue caratteristiche si è ritenuto che esso sia incompatibile con il processo tributario in considerazione del carattere non disponibile degli interessi in discussione in tale tipo di contenzioso. La natura potestativa del rapporto di imposta e l’esigenza di speditezza fanno si che il processo tributario si basi essenzialmente su prove documentali. Ci troviamo perciò in un modello di accertamento nel quale è lo scritto il punto di riferimento del Giudice, un sistema nel quale il legislatore non ha ritenuto poter inserire la prova testimoniale. Il nostro punto di partenza nell’affrontare tale discorso è ovviamente l’art. 7 comma 4, D.Lgs.n. 546/92 che dispone: “non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale”.Risultando così evidente la perentorietà del divieto relativo all’ammissibilità delle prove testimoniali nel processo tributario. Altrove invece si statuisce che (art.51 ,n 4 D.P.R. n.633 del 1972) In corso di verifica, l’Ufficio può invitare qualsiasi soggetto ad esibire o a trasmettere anche in copia fotostatica, documenti e fatture relativi a determinate cessioni di beni o prestazioni di servizi ricevuti ed a fornire ogni informazione relativa alle operazioni stesse. Egualmente l’art.32, n8 bis del D.P.R n.600 del 1973, consente all’ufficio di invitare ogni altro soggetto ad esibire o a trasmettere anche in copia fotostatica atti o documenti fiscalmente rilevanti concernenti specifici rapporti intrattenuti con il contribuente e a fornire chiarimenti relativi. Emerge perciò una forte differenza tra la fase del giudizio e quella della verifica, perché i verificatori durante la verifica hanno la possibilità di raccogliere dichiarazioni o informazioni da soggetti terzi, dichiarazioni o informazioni utili all’Amministrazione finanziaria per condurre le proprie indagini tributarie. Nell’eventuale giudizio, se le dichiarazioni introdotte non sono contestate dalla parte, il Giudice non ha la possibilità di

Page 9: Il Divieto Della Prova Testimoniale Nel Processo Tributario

verificarle,non essendo appunto ammessa la prova testimoniale nel processo tributario. Spesso poi l’Amministrazione finanziaria utilizza dichiarazioni che provengono dal processo penale, magari rese nella fase delle indagini da persone sentite perché informate sui fatti oppure rese da terzi alla Guardia di Finanza nel corso della sua attività di Polizia Tributaria. Tutte queste considerazioni, dunque, non potevano che condurre all’istanza di incostituzionalità dell’art.7 citato. Tuttavia, la Corte Costituzionale,investita della questione, con sentenza n, 18 del 2000, ha asserito che tale divieto non contrasta con la Costituzione e in particolare, con gli articoli 3.24.53. Infatti “più precisamente, per quanto riguarda l’art.3 cost. che sancisce il principio di uguaglianza e, quindi in ambito processuale il principio della “ parità delle armi”, la Corte non lo ritiene violato, in quanto “il divieto della prova testimoniale trova giustificazione, sia nella spiccata specificità dello stesso, rispetto a quello civile ed amministrativo, correlata alla configurazione dell’organo decidente e al rapporto sostanziale oggetto del giudizio, sia nella circostanza che esso è ancora, specie sul piano istruttorio, in massima parte scritto e documentale, sia infine,nella stessa natura della pretesa fatta valere dall’Amministrazione finanziaria attraverso un procedimento di accertamento dell’obbligo del contribuente che mal si concilia con la prova testimoniale”.In merito alla violazione dell’art: 24 Cost., secondo la Corte tale divieto non sarebbe lesivo del diritto di difesa poiché “il solo fatto dell’esclusione di un mezzo di prova come quello della testimonianza non costituisce di per sé violazione del diritto di difesa. Continua la Corte che non può ritenersi in contrasto neppure con il principio della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost. , riguardando tale principio la disciplina sostanziale del sistema tributario e non la disciplina del processo. La Corte ha tenuto a precisare che il divieto di testimonianza non comporta l’inutilizzabilità in sede processuale delle dichiarazioni di terzi eventualmente raccolte dall’Amministrazione nella fase procedimentale, dato che le dichiarazioni rese al di fuori e prima del processo sono essenzialmente diverse dalla prova testimoniale, che è necessariamente orale e richiede l’osservanza di determinate formalità. Sulla base di queste argomentazioni, si riconosce alle dichiarazioni raccolte dall’Amministrazione finanziaria nella fase dell’accertamento il valore degli elementi indiziari, i quali possono concorrere a formare il convincimento del Giudice, ma non possono da soli costituire fondamento della decisione.

Page 10: Il Divieto Della Prova Testimoniale Nel Processo Tributario

Premesso ciò, la Corte conclude statuendo che”per dare attuazione ai principi del giusto processo, come formulati dall’art.111 Cost., lo stesso potere di introdurre dichiarazioni rese da terzi, in sede extraprocessuale, deve essere necessariamente riconosciuto anche al contribuente per garantire la parità delle armi processuali nonché l’effettività del diritto di difesa. Chiaramente anche per il contribuente tali dichiarazioni non potranno avere il valore di prova, ma dovranno avere il valore di elementi indiziari che necessitano di essere valutati insieme ad altri elementi, non potendo da soli costituire il fondamento della decisione”.Ciò non impedisce al contribuente di contestare la veridicità delle dichiarazioni di terzi raccolte dall’Amministrazione nella fase

procedimentale. Se ciò avviene il Giudice potrà e dovrà far uso dei poteri inquisitori riconosciutigli dalla legge di riferimento.

L’evoluzione della giurisprudenza sul punto

La prova testimoniale, in quanto tale, rimane inammissibile. Le dichiarazioni sono tuttavia liberamente apprezzabili dal Giudice anche se permangono interessanti profili problematici. La Giurisprudenza, ribaltando gli orientamenti espressi dalla Corte Costituzionale, nel corso degli anni, ha ritenuto che possa essere ammessa nel processo tributario, con valore di prova liberamente valutabile dal Giudice, la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà rilasciata da un terzo e prodotta dal ricorrente a sostegno delle proprie argomentazioni. Questo atto di notorietà che ha il valore proprio delle dichiarazioni provenienti da terzi, per la parte in cui il pubblico ufficiale assume direttamente attestazioni, ha valore di prova legale, mentre, per il contenuto delle dichiarazioni rese dal dichiarante ,assume valore di prova indiziaria, valutabile dal Giudice, e non di prova legale. Molto importante è poi la sentenza n. 5746/2010 che accogliendo tutte le tesi precedenti ha stabilito che “ le dichiarazioni rese dai terzi hanno un valore proprio degli elementi indiziari” aprendo di fatto la strada all’utilizzo anche nel processo tributario, della prova testimoniale. In questa sentenza si legge testualmente che” il divieto di ammissione della prova testimoniale nel giudizio davanti alle commissioni tributarie, sancito dal decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546 art. 7,c4, si riferisce alla prova testimoniale da assumere nel processo, che

Page 11: Il Divieto Della Prova Testimoniale Nel Processo Tributario

è necessariamente orale,di solito ad iniziativa di parte, richiede la formulazione di specifici capitoli, comporta il giuramento dei testi, e riveste conseguentemente un particolare valore probatorio e non implica pertanto l’inutilizzabilità ai fini della decisione delle dichiarazioni raccolta dall’Amministrazione nella fase procedimentale e rese da terzi e cioè soggetti terzi rispetto al rapporto con il contribuente. Tali dichiarazioni hanno il valore proprio degli elementi indiziari e qualora rivestano i caratteri di gravità, precisione e concordanza di cui all’art. 2729 cc danno luogo a presunzioni (Cass.n.903 del 2002 e 9402 del 2007) Da questo divieto di ammissione della prova testimoniale, infatti, non discende la conseguente inammissibilità della

prova per presunzioni, ai sensi dell’art.2729 cc. comma 2 secondo il quale le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova testimoniale, poiché questa norma, attesa la natura della materia ed il sistema dei mezzi di indagine a disposizione degli uffici e dei Giudici tributari, non è applicabile al contenzioso tributario. (Cass. N. 22804 del 2006, n. 12210 del 2002)” In pratica con questa sentenza è stato ribadito che il divieto si riferisce strettamente alla prova testimoniale da assumere nel processo, istituto necessariamente orale a iniziativa di parte e richiedente la formulazione di capitoli e il giuramento dei testi. Tale divieto non pregiudica l’utilizzabilità da parte del Giudice tributario di dichiarazioni di soggetti terzi acquisite dalle parti processuali. Queste dichiarazioni, continua la Corte, hanno il valore probatorio proprio degli elementi indiziari dando luogo a presunzioni ogni qualvolta siano dotate dei requisiti di gravità, precisione,concordanza. Su questo argomento si sono susseguite varie sentenze della Corte di Cassazione (Cass.n. 7107 del 1998; n.4269 del 2002; n. 6407 del 2003;n. 7445 del 2003; n. 5957 del 2003; n. 16032 del 2005; n. 11221 del 2007) tutte volte ad attribuire tanto alle dichiarazioni portate in giudizio dall’Amministrazione, quanto a quelle portate in giudizio dal contribuente, il valore di meri elementi indiziari inidonei da soli a costituire prova di fatti rappresentati, ma in grado di concorrere, con altri elementi a fondare il convincimento del Giudice. Insomma: il divieto di prova testimoniale ,per i Giudici Supremi, non equivale all’inammissibilità della prova per presunzioni.

Il punto di vista della dottrina

Page 12: Il Divieto Della Prova Testimoniale Nel Processo Tributario

Vi sono tre correnti di pensiero in dottrina.

Secondo un’orientamento interpretativo è possibile riconoscere alle dichiarazioni rese da terzi la valenza di semplici elementi indiziari, che devono necessariamente essere confortate da ulteriori e diversi mezzi di prova, per poter contribuire a fondare la decisione del Giudice.

Altra dottrina ritiene che nessun valore dovrebbe attribuirsi alle dichiarazioni rese da terzi in ragione del fatto che esse rappresenterebbero mere fonti di

informazione dell’ente impositore,che non potrebbero essere impiegate in sede giurisdizionale per il motivo che non si presterebbero ad essere qualificate come mezzi di prova e quindi il loro utilizzo sarebbe illegittimo poiché si tradurrebbe in una elusione della preclusione delle prova testimoniale.

Infine c’è chi sostiene che sia possibile riconoscere alle dichiarazioni dei terzi pieno ed autonomo valore probatorio in base a due distinte e fondate argomentazioni. La prima si basa sulla norma che ne autorizza l’acquisizione nell’ambito del procedimento di accertamento tributario e di conseguenza ne ammette la produzione in giudizio, la seconda motivazione trova conforto nella illogicità di negare alle parti di riversare nel giudizio quegli stessi mezzi istruttori dei quali i Giudici possono servirsi in relazione ai poteri ad essi attribuiti.

Un’aspetto che non va dimenticato è relativo alla possibilità riconosciuta al contribuente di produrre egli stesso documenti per contestare quanto accertato dalla Polizia Tributaria. Troviamo questo importante principio nella sentenza della Corte di Cassazione (29 luglio 2005,n.16033) con la quale è stato affermato che “ sebbene le dichiarazioni rese da terzi ai militari accertatori, anche se non assurgono a prove testimoniali, possono essere utilizzate in sede processuale e, di conseguenza, il contribuente ha facoltà a sua volta non solo di produrre documenti contenenti dichiarazioni finalizzate a smentire quanto accertato dagli organi di controllo, ma al contribuente è

Page 13: Il Divieto Della Prova Testimoniale Nel Processo Tributario

riconosciuto lo stesso potere di introdurre dichiarazioni rese da terzi, in sede extraprocessuale,(dichiarazioni sostitutive di atto notorio) dando così concreta attuazione ai principi del giusto processo come formulati dal nuovo testo dell’art. 111 della Costituzione, per garantire la parità delle armi processuali, nonché l’effettività del diritto di difesa, ma anche di sollecitare il Giudice tributario all’esercizio degli ampi poteri riconosciutigli dal comma 1 dell’art 7, d.lgs. 546/92, rinnovando, integrando, ampliando, sempre nel

rispetto del ruolo delle parti, l’attività istruttoria svolta dall’ufficio procedente”.

Analisi del caso Jussilla

Una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, depositata il 23 novembre 2006, ricorso n. 73053/0143, relativa alla non ammissibilità della

prova testimoniale nel processo tributario, secondo la quale l’assenza di pubblica udienza o il divieto di prova testimoniale nel processo tributario sono

compatibili con il principio del giusto processo solo se da siffatti divieti non deriva un grave pregiudizio della posizione processuale dei ricorrenti sul piano

probatorio non altrimenti rimediabile.Questa sentenza valutava la posizione di un finladese di nome Jussilla,il quale ricorreva alla Corte sostenendo di non essere stato in grado di difendersi in

modo adeguato perché il sistema tributario in vigore in Finlandia non prevedeva, di norma, un’udienza pubblica e conseguentemente la possibilità

di ricorrere alla prova testimoniale, unico mezzo, secondo il contribuente, che gli avrebbe consentito di controinterrogare i funzionari che avevano curato

l’accertamento.La Corte ha stabilito che i principi sanciti dall’art.6 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo (che prevede che ogni persona ha diritto che la sua causa sia esaminata equamente pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente ed imparziale, costituito per legge, il quale deciderà

sia sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta), non sono applicabili al

Page 14: Il Divieto Della Prova Testimoniale Nel Processo Tributario

processo tributario, ameno che non sia oggetto del contenzioso anche la sanzione amministrativa tributaria.

La Corte nell’affrontare il problema specifico proposto dal ricorrente ha concluso che l’assenza della pubblica udienza e la conseguente impossibilità di

ricorrere alla prova testimoniale nel processo tributario sono da ritenersi compatibili con il principio dell’equo processo stabilito dalla Convenzione

“solo se da tali divieti non deriva un grave pregiudizio alla posizione

processuale del ricorrente-contribuente sul piano probatorio,non altrimenti rimediabile”.

In questo caso il pregiudizio è stato, in concreto, escluso, ma in linea di principio l’eventuale divieto generalizzato e irrimediabile si pone in insanabile

contrasto con l’art 6 della Convenzione che sancisce il principio del giusto processo.

Conclusioni

Possiamo concludere con un riferimento alla sentenza n. 16229 del 9 luglio 2010 della Corte di Cassazione la quale rientra in un consolidato orientamento

della giurisprudenza di legittimità secondo il quale-in ossequio all’indirizzo interpretativo enunciato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 18 del 21 gennaio 2000 e per non eludere il divieto di ricorrere alla prova testimoniale

nel processo tributario- “ le dichiarazioni dei terzi, raccolte dall’amministrazione finanziaria nella fase procedimentale, hanno valore

indiziario, e per essere considerate alla stregua di piena prova,devono essere riscontrate da elementi ulteriori.

Questa pronuncia contiene anche un importante principio in tema di evasione fiscale.

Secondo i Giudici anche in caso di esistenza di contratti e documentazioni contabili, le dichiarazioni dei lavoratori, ma anche e soprattutto il processo

verbale di contestazione della guardia di finanza che rileva l’inesistenza di una struttura organizzativa di una società, sono idonei a superare i limiti probatori intrinseci delle dichiarazioni di terzi e a legittimare la convinzione della natura

illecita e dello scopo contra jus della stessa società.

Page 15: Il Divieto Della Prova Testimoniale Nel Processo Tributario

Nulla osta a che le dichiarazioni dei terzi possano fornire la prova dei fatti che debbono essere dimostrati nel processo tributario in quanto le dichiarazioni dei terzi sono prove a pieno titolo perché la legge ne prevede l’acquisizione .

Perciò pur nel rispetto del principio della parità delle armi processuali, che deve essere sempre garantito, il principio dell’ammissibilità delle prove

testimoniali, anche se a particolari condizioni, dovrà trovare necessariamente ingresso anche nel nostro processo tributario

Costantino D’AlessandroMatricola 0160105834