IL DIBATTITO SÌ la Sovrintendente · 2018-07-17 · campi di concentramento ed era la co - gnata...

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Vi fornisco i dati oggettivi dello studio effettuato dall’Università Bocconi nel 2012 e che rileva un incre- mento di oltre il 500% dei ricavi del Maggio Fiorentino da Sponsor, rispetto alla gestione precedente 12 uesta settimana il menù è DA NON SALTARE Il corpo altrove Scarlini a pagina 2 Q IL DIBATTITO SÌ Setti, Morrocchi e Siliani a pagina 5 POLVERE DI MUSEI Morrochi a pagina 6 Il passaggio del ciclone Evan Ferrandi a pagina 7 Che fare del Maggio? Un museo fuori fuoco RIUNIONE DI FAMIGLIA Dalle figurine al fantacalcio a pagina 4 La geografia secondo Nardella Francesca Colombo 4 gennaio 2013 Va tutto bene, Madama la Sovrintendente REPORTAGE

Transcript of IL DIBATTITO SÌ la Sovrintendente · 2018-07-17 · campi di concentramento ed era la co - gnata...

Vi fornisco i dati oggettivi dello studio effettuatodall’Università Bocconi nel 2012 e che rileva un incre-mento di oltre il 500% dei ricavi del Maggio Fiorentinoda Sponsor, rispetto alla gestione precedente

12uesta settimanail menù è

DA NON SALTARE

Il corpo altrove

Scarlini a pagina 2

Q

IL DIBATTITO SÌ

Setti, Morrocchi e Siliani a pagina 5

POLVERE DI MUSEI

Morrochi a pagina 6

Il passaggiodel ciclone Evan

Ferrandi a pagina 7

Che faredel Maggio?

Un museofuori fuoco

RIUNIONEDI FAMIGLIA

Dallefigurineal fantacalcioa pagina 4

La geografiasecondoNardella

“ Francesca Colombo4 gennaio 2013

Va tutto bene, Madamala Sovrintendente

REPORTAGE

Cambogia è un paese distrutto, con lapiù alta percentuale di disabili, con mol-tissimi esuli nei campi profughi in giroper Thailandia e Vietnam. Il primo attodel ritorno alla normalità in Cambogiaè la danza. Anni fa intervistai una mis-sionaria laica italiana, Onesta Carpene,una veneta scomparsa qualche anno fa,una delle due occidentali che agiva aPhnom Penh nel 1980: la città era di-strutta, circondata dai guerriglieri di PolPot e lei e gli altri stranieri, pochi, com-prendono che questo è necessario per-ché il paese si ritrovi e si possa guardareallo specchio senza averne orrore. Que-sto atto è individuare qualcuno chepossa mettere insieme, sia pure conmezzi di fortuna, una compagnia didanza khmer e questa persona fu CheaSami. Lei era una sopravvissuta deicampi di concentramento ed era la co-gnata di Pol Pot, per la precisione la mo-glie del fratello maggiore. Nella logica dipazzia di Pol Pot nessuno dei suoi fami-liari è stato risparmiato. Chea Sami, cheha 75 anni ed è logorata dalle sue espe-rienze di detenzione, assume l’incaricoper il governo provvisorio cambogianoe dell’UNTAC (le forze delle NazioniUnite che stavano gestendo il passaggiodi potere) e gira la Cambogia cercandodi capire chi si è salvato del suo mondo.Era nata con la principessa Soumbadhi,aveva iniziato a danzare poco dopo il ri-torno da Parigi delle danzatrici khmer,

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In Cambogia la danza era l’unicachance per l’avanzamento sociale:essendo uno dei paesi più poveri delmondo, l’accettazione delle ragazze

nel corpo di ballo era l’unica possibilitàdi sviluppo sociale. Quindi le famigliene ricavavano dei vantaggi, ad esempiola possibilità di farle studiare. Qui arri-viamo ad un altro nodo cruciale. I dise-gni, fatti nel 1907 tutti in diretta neiquindici giorni in cui Rodin vede le dan-zatrici, sono il sigillo della rappresenta-zione di un mondo che decide diprodursi in una memoria coreograficadi se stesso. Non è certamente l’unico:in India negli stessi tempi le disciplinetradizionali diventano un veicolo di na-zionalismo; Gandhi sarà particolar-mente legato alla grande danzatriceDevi, la quale riformula la danza in-diana, depurandola di alcuni aspetti ero-tici che l’Occidente non potevatollerare, e ne fa un emblema del movi-mento gandhiano. Per noi è impensa-bile, se non altro perché il Vaticano ciinibisce dal pensare che il portatore diun’idea seria possa esprimersi coreogra-ficamente. In Cambogia accade, ad uncerto punto, che c’è una nuova direttricedella scuola di danza, la signora LukMeak che avrà una responsabilità sto-rica terribile: è la persona che sceglie ilbambino Saloth Sar, che in seguito sichiamerà Pol Pot, per andare a studiareall’École Technique a Parigi. Lei decide,fin da quando aveva otto anni, che Sa-loth Sar è un genio e che su di lui biso-gna investire. In cambio quando Pol Potarriva al potere, stermina tutti i danza-tori: è tra i primi ordini, quello di radereal suolo la storia della danza khmer, per-ché è un simbolo della corona, è il sim-bolo di un qualcosa che nella suavisione senza storia del passato, in cuitutto è affidato ai bambini come spie deipropri genitori, deve essere eliminato.La danza è il simbolo più odiato di unmondo di cui lui aveva fatto parte. PolPot, quando esce dalla jungla nella qualesi era rifugiato insieme ad altri compa-gni che avevano studiato le teorie mar-xiste a Parigi con lui, come primobersaglio attacca la scuola di danza,tanto grande era il suo potere simbolico.Il 95% dei danzatori e delle danzatricivengono uccisi, torturati, mutilati. La lo-gica folle è che se le danzatrici hannoavuto una disciplina assoluta, dovrannoessere deprogrammate, mandate in unarisaia dove mangeranno solo quello cheproducono, che equivale condannarle amorte per fame. Quasi tutti i danzatorimuoiono e, guarda caso, Pol Pot cono-sceva benissimo i lavori di Rodin: erastato a Parigi vari anni e questi sono deimonumenti dell’arte che per la primavolta avevano parlato del suo paese a li-vello internazionale non come un regno

Il testo è una trascrizione delracconto tenuto dall’autore allafalegnameria Frosecchi per l’Ol-trarno Festival organizzato daCantieri Goldonetta il 7 dicem-bre 2012

di Luca Scarlini

DA NON SALTARE

Il corpodell’altrove

da operetta del lontano Oriente, macome un luogo dove si produceva unaforma d’arte significativa che un grandeartisti contemporaneo aveva ritenutoimportantissima per il suo tempo e peril suo linguaggio, e quindi Pol Pot odiavaquei disegni. Pol Pot è l’unico dittatoreche non ha una strategia d’immaginepersonale: le uccisioni, la tortura acca-dono per un potere impersonale. I primimanifesti con la sua immagine esconodue anni e mezzo dopo la sua uscita dalpotere. La strategia è di creare il caos, se-minare distruzione. Finisce l’orrore; la

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.com sabato 12 gennaio 2013no12 PAG.3DA NON SALTARE

ma poi aveva visto tutti i cambiamentidel paese: il famoso re Siahnouk, un recomunista, il colonialismo e la cacciatadei francesi, l’arrivo di Pol Pot e tutto ilresto. Chea Sami trova in totale 24 per-sone che possono danzare; non certo imigliori in assoluto, ma gli unici dispo-nibili. Anche perché Pol Pot aveva pun-tato sul fatto che i bambini nondovevano avere nessun tipo di culturastorica e che potevano uccidere i proprigenitori se li ritenevano contrari al re-gime. Si trattava, dunque, di colmarequesto vuoto generazionale: i ragazzininon avevano mai visto la danza khmer,come anche i teatri e le scenografie. Du-rante il regime l’accademia della danzaera stata trasformata in una porcilaia.Onesta Carpene raccontava di una fa-mosa notte del 1980: città distrutta, unteatro di fortuna, con pochissimi ele-menti scenici e questa compagnia, concostumi di seconda mano (Pol Potaveva distrutto anche tutto l’archiviodella storia della danza, insieme a tuttele biblioteche principali di PhnomPenh), messa in piedi in un anno dallacognata anziana di Pol Pot, alla cui rap-presentazione arrivano moltissime per-sone, che scavalcano le proprie paure evanno a teatro. Appena inizia la danza,tutti piangono, un pianto catartico, libe-ratorio. Anche le danzatrici iniziano apiangere e lo spettacolo deve fermarsidiverse volte. Chea Sami sale sul palco-

Rodine le danzatricicam

bogianeLa signoraLuk Meak ha

una responsa-bilità storica

terribile:sceglie

il bambinoSaloth Sar, che

in seguitosi chiamerà PolPot, per andarea studiare al-l’École Techni-que a Parigi.

QuandoPol Pot arriva

al poterestermina tutti

danzatori

scenico e tira un buffetto ad una danza-trice dicendo: “sai cosa devi fare: ci sonodelle regole che vanno osservate, anchese sei stata in un campo di concentra-mento”. Il pubblico applaude e tutto ri-parte. Onesta Carpene raccontaval’ebbrezza del momento, di un mondoche si ritrova dopo anni di oblio. InCambogia si trovano tutti i libri sullaCambogia: avendo pochi soldi nonsono in grado di pubblicare i libri fon-damentali e quindi li vendono in foto-copia. In giro per Phnom Penh ci sonoquesti famosi carrettini che hanno tuttii libri sulla Cambogia in vendita. Ce nesono alcuni famosi come quello diAndrè Malraux, La voie royale (1930)in cui racconta di un grande avventu-riero che va ad Angkor Wat a rubare deibassorilievi. Ma la cosa interessante diquesto libro è che proprio le danzatricierano tra le prede più ambite: quandopartono all’assalto di Angkor Wat i duepersonaggi si parlano e si chiedonoquanto valgono sul mercato di Parigi ela risposta è che se sono danzatrici al-meno 500.000 franchi, che è una cifravertiginosa. Spesso nel romanzo si parladi queste danzatrici su bassorilievo an-tico che tanto piaceva da esporre in sa-lotto, come l’immagine di un seducentepassato mitico. In quei carretti con le fo-tocopie in vendita a Phnom Penh cisono le immagini di Rodin, piccoli li-bretti in cui si possono vedere come unostoryboard, come una sorta di cartoneanimato. Non c’è un ordine esatto, main ogni caso è una visione unica perchéè uno sguardo straordinario che hacolto la capacità di aderenza totale alproprio dettato culturale. Un famososcrittore indiano, Amitav Ghosh, ha rac-contato questa vicenda paradossale inun magnifico reportage: Danzando inCambogia (dentro la raccolta Circo-stanze incendiarie). Infine, l’arte del No-vecento ha bisogno di alimentarsi aqualche fonte che metta in discussionese stessa. Rodin aveva messo in discus-sione la scultura, aveva reinventato tec-niche, era partito da dove era arrivatoCanova e aveva completamente rivolu-zionato il modo stesso di scolpire la ma-teria, ma nel momento in cui – ormaianziano – si trova di fronte alla danza-trici cambogiane, capisce che quello cheha fatto è solo una parte del viaggio;gliene manca ancora un’altra, Le ultimesue opere e gli altri suoi disegni straor-dinari sul mito di Psyche, saranno legatealla necessità di rendere questo movi-mento che non è dato da una strutturacomplessa, bensì da uno schizzo unico,un disegno che coglie immediatamentenell’aria un movimento portatore di unmessaggio musicale: una civiltà lontana,di cui non conosciamo né lingua né cul-tura, che si svela e diventa leggibile.Questo è il contributo fondamentaleche egli ha dato al Novecento, più lucidodi quello di molti etnologi, antropologi.Per Rodin, le danzatrici khmer erano leambasciatrici di una diversa modalità diusare il corpo.

FineLa prima parte del racconto è stata

pubblicata sullo scorso numero di Cul-tura Commestibile

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Registrazione del Tribunale di Firenzen. 5894 del 2/10/2012

direttoresimone silianiredazione

sara chiarelloaldo frangioni

rosaclelia ganzerlimichele morrocchiprogetto graficoemiliano bacci

editoreNem Nuovi Eventi Musicali

Viale dei Mille 131, 50131 Firenzecontatti

www.culturacommestibile.comredazione@[email protected]

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“ “Con la culturanon si mangia

Giulio Tremonti

RIUNIONE DI FAMIGLIA

Germano Grilletti (parente povero dell’illustre Celant) ha scritto un dizionario uti-lissimo in tempi di recessione per poter acquistare opere d’arte pur disponendo di unapensione minima o di un’indennità di disoccupazione. Nel dizionario del Grillettinon troverete Kounellis o Pistoletto, poiché il ricercatore tratta solo artisti le cui operesi possono comprare al di sotto dei 10 euro. Più che un testo sull’Arte Povera è unaguida dell’arte per i poveri. Come il caso delle opere del famoso artista di Poppi An-drea di Pippo (in arte “Carbonella). Sono piccoli sacchetti di juta contenenti dai 3 ai600 grammi di autentica brace casentinese a prezzi che vanno da un euro e 20 a1,75. Un altro artista che può arricchire le case di pensionati e cassaintegrati è il via-reggino Giampaolo Latani. Si tratta di figure di uomini e donne fatti malissimo ma,un 70x100 su carta gialla, si può portare a casa con meno di 2,50 euro. Un’arte de-mocratica, rivoluzionaria che nasce concettualmente contro ogni mercato. Il principiobasilare è che il prezzo delle opere sia determinato solo dal costo della materia primasenza nessun Valore artistico aggiunto. L’artista di punta di questa corrente è sicura-mente Tolomeo Bresci-Martini di Carrara il quale cede le sue opere solo col baratto.Le sue sculture di fango secco si possono avere in cambio di un gotto di vino e di unazuppa con le cotiche.

La volta scorsa ful’album delle fi-gurine di Wal-ter “Ma anche”Veltroni. Sicandida un im-

prenditore, unoperaio, la stu-dentessa e si com-pone una squadrada propagare sututti i media perfar vedere che noisiamo un partitoaperto, interclassi-sta e non ideologico.Insomma la ver-sione postmoderna etutta di immaginedegli indipendenti disinistra che il PCI hasempre utilizzato perportare in Parla-mento figure digrandi intellettuali

I CUGINI ENGELS

Dalle figurineal fantacalcio

LE SORELLE MARX

La geografiasecondo NardellaSalvate i Cinquecento!!! Dopo la“Dallas” della ricerca (naufragata)dei resti dell’affresco della Battagliadi Anghiari, nella Sala del MaggiorConsiglio di Palazzo Vecchio è an-data in scena la sfilata di moda diErmanno Scervino.Tutto quantofa spettacolo, sidirebbe, devepassare da quelsalone.Ma, sia benchiaro, Scervinoè uno stilista diquelli impegnati,politically cor-rect, “a sua insa-puta” anchestilista personaledi Matteo Renzi(casualmente sin-daco di Firenze)che – bontà sua –Ermanno definisce“l’unico politico acapire che la modanon è questione effimera”. Eccolo,emozionato e scamiciato, dichiarareserioso: “Presento la pre-collezionedonna assieme all’uomo, voglio ab-battere le divisioni sessiste”. ‘Sti ca-voli! Potenza delle primariedemocratiche, forse?E così, in un tripudio di musiche, pe-dane a specchio, luci sparate sugliaffreschi è scivolata via questa se-rata glamour con il povero Cosimo I

raffigurato nel centro del soffitto delSalone abbagliato da sì tanta bel-lezza.Ma fra tutti i Vip, uno su tutti si èdistinto per il livello culturale delsuo commento che riportiamo per

intero, tanto ci hacolpite: “La sfilatadi Scervino impre-ziosisce il Salone dei‘500 di PalazzoVecchio in un calei-doscopio di luci cherivelano gli affre-schi del Vasari inun modo mai vistoprima. Questo èPitti. Questa è Fi-renze, seconda anessuno. E ilmondo ammiratoritrova una capi-tale della moda.”Dario Nardelladixit!

che però, spesso, di indipendenteavevano solo il nome.Ma si sa che i processi una voltaavviati mica li fermi con le mani. Equindi dalle figurine siamo passati

direttamente alfantacalcio.D’altra partecon una leggeelettorale im-barazzantecome il porcel-lum (che tuttivogliono cam-biare ma chepoi nessunocambia) l’or-dine deglieletti e lacomposi-zione dellecamere si faa tavolinoprima diandare avotare. Ti

hanno escluso nella lista del tuopartito? Tranquillo ti candidi inquello accanto, motivando che“l’obiettivo è più importante delloschieramento”. Oppure siamo arri-vati alla definizione di “parlamen-tare di scopo”; io vado inparlamento per quello scopo lì percui non è importante chi mi can-dida. Immaginiamo dunque che ilsuddetto parlamentare di scopo sulresto dei provvedimenti non voti.D’altra parte oggi conta il merito.Tra i vari meriti pare che quellodella fedeltà al capocorrente nonpassi di moda, prova i listini blin-dati pieni di segretari particolari,autisti e fedelissimi le cui compe-tenze passano in secondo piano ri-spetto al grado di vicinanza alcapo e soprattutto sono del tuttoestranee al consenso popolare(cosa che conta tantissimo quandolo si ha e passa dopo le compe-tenze quando non si hanno i votinemmeno del proprio condomi-nio).Oppure si passa indifferentementedalla Toscana al Piemonte o dalleMarche all’Emilia in base alla ri-partizione dei posti per le correnti,in un’applicazione piuttosto cu-riosa della sussidiarietà di cuiavremmo fatto volentieri a meno.Col caso pure che i paracadutatisopravanzino candidati con con-senso vero (e misurato alle prima-rie). Consoliamoci tuttavia: il numerodi trombati è sempre altissimo eprovoca dolenti sdegni di esclusi enon ricandidati la cui presunzionee assoluta convinzione che il Paesesenza di loro possa andare avantirimane incommensurabile.

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.com sabato 12 gennaio 2013no12 PAG.5IL DIBATTITO... SÌ

Nella vicenda del Maggio nessunoha ragione. Nessuno purtroppoha nemmeno la ragione. E’anche vero che nelle vicende di

un teatro, e della politica alle volte, l’irra-zionalità e l’irragionevolezza prendano ilsopravvento. Trattando la questione dimetodo il conflitto, ontologico, è tra lanecessità egotica dell’Artista, il suo essereper forza proiettato sull’Io, sul fare centrosu se stesso (tanti artisti insieme nonfanno un Artista, fanno solo casino), edall’altra parte le neces-sità della Politica, chepurtroppo diventanoquelle di un politico ose vogliamo di una po-litica alla quale piace-rebbe stare su un palco,avere la visibilità che unartista ha sul palco. In-somma, la vicenda delMaggio è una storia ditravestiti. Chi deve farel’artista si mette a farepolitica, chi deve fare politica vorrebbeessere artista. Attraverso gli errori di que-ste trasformazioni, inevitabili e lampanti,si arriverà ad una soluzione. Non vincerànessuno, ma chi più vorrà perseverare inaffermazioni di sé perderà. Detto questo,nel merito, penso che la presidenza dellafondazione la spunterà: l’organico sarà ri-dotto, la fondazione sarà “smembrata”, civorrà tempo per tornare ad una produ-zione accettabile. Ma sì, perché la sinda-calizzazione di un assembramento follecome quello di orchestrali, coristi, balle-rini, macchinisti, maschere, etc etc, è as-solutamente ingestibile in un’ottica

di Mario [email protected]

Il pezzo di Mario Setti sul Maggiocontiene un punto delicatissimoche riguarda le modalità di eser-cizio da parte dei lavoratori sala-

riati dei propri diritti in una formacapace davvero di incidere. In parti-colare il tema della forma più effi-cace di manifestazione dei lavoratori(andare in scena o creare disagioscioperando) è IL tema crucialedelle forme di protesta dei lavoratorinel mondo dei servizi. Giacché lo

sciopero è forma novecentesca diprotesta, “fabbricocentrica”, nata epensata per il mondo della produ-zione industriale dove il danno che illavoratore arreca nello sciopero del-l’Industria (pagandone per primo il

di Michele Morrocchitwitter @michemorr

Il conflitto nella Storia non è, perlo-più, fra torto e ragione. E ciò che è ra-zionale o irrazionale viene stabilito aposteriori, molto spesso da chi ha

avuto la ragione, cioè da chi ha avuto laforza o la capacità di imporre la propriaragione. La Politica vorrebbe, dovrebbestar lì anche a difendere le ragioni dei piùdeboli e a tenerle in equilibrio con le altreragioni. La questione del lavoro – nellasua inestricabile concretezza di esseriumani che lavorano, posti di lavoro, di-ritti e qualità del lavoro – è diventata nel-l’era moderna il centro del conflitto fraragioni. Ciò che non condivido del pezzodel nostro editore Mario Setti è la man-cata considerazione, a mio avviso, di que-sta materialità, concretezza dellaquestione: non c’è il lavoro, astratta cate-goria dello spirito, ci sono quei posti di la-voro e quei lavoratori, con i loro diritti ei loro drammi (come ricollocarsi sul mer-cato del lavoro a 45-50 anni o a 5 annidalla pensione? quali ricadute sulla vitaquotidiana delle famiglie il trovarsi dal-l’oggi al domani senza lavoro?). MarioSetti parla di un sogno che il pubblico ac-quista con il biglietto, ma quel sogno èsulle spalle di un artista che viene consi-derato come un peso: perché mai do-vrebbe suonare un minuetto e dare corpo

di Simone [email protected]

politica-sindacale. L’ultimo passo dellaCgil di voler portare alla ribalta dei quo-tidiani nazionali la vicenda è forse l’errorefinale. Pensare di usare una informazioneparziale, impreparata, che non informasui fatti ma forma i fatti, come quella ita-liana, è un suicidio. La lotta del sindacatodeve essere quella di andare in scena atutti i costi, e non di annullare una serataad un’ora dall’inizio perché ci si è accortiche manca gente. Il pubblico, giovani,vecchi, bambini, quando comprano unbiglietto e vengono a teatro, compranoun sogno, un desiderio al quale mai, maisi deve rispondere col tradimento del si-

pario chiuso. Bisogna difendere il lavoro,l’andare in scena, non il posto di lavoro ola cassa integrazione. Forse che il “granteatro del mondo” troverà proprio nellevicende degli artisti risposta anche aitemi del lavoro?

Scala e come responsabile dei programmiculturali dell’Expo 2015. Il suo sarà uncompito delicato e difficile, ovvero riu-scire a proseguire il lavoro svolto e a ri-lanciare la Fondazione del Maggio ancheattraverso il Parco della musica che cam-bierà il volto di Firenze e che sarà inau-gurato nel 2011. Dobbiamo mantenereil livello artistico del Maggio, che è eleva-tissimo, dobbiamo recuperare più denarodai privati e rilanciare sempre di piùl’immagine di Firenze nel mondo”.Rilancio e sviluppo finora non si sonovisti, al contrario. L’anno 2012 è termi-nato con 10 licenziamenti, giacché altronon sono, non potendo ascriverli ai 45esuberi previsti nell’accordo con i sinda-cati in quanto manca la volontà deglistessi lavoratori. Ma vi è una questionepiù grave: perché questi 10? con qualicriteri sono stati scelti? Sono anch’essi ladimostrazione delle ragioni di Primice-rio: se un’azienda riscontra la necessitàdi ridimensionare l’organico per pro-blemi di equilibrio finanziario, in primoluogo svolge una valutazione per indivi-duare i settori di crisi, poi definisce i so-prannumeri ripensandol’organizzazione e poi, solo poi, sceglie gliesuberi in base a criteri trasparenti e dilimitazione del danno sociale. Ma nientedi tutto ciò risulta essere stato fatto, perdire della solida ed esperta gestione dellaFondazione.

prezzo) è misurabile nei confrontidel padrone, a cui la protesta è ri-volta. Nel caso dei servizi, pensate alcaso del TPL ma in generale vale pertutte le forme economiche in cui alpadrone e al lavoratore si aggiungedirettamente l'utente, il danno mag-giore non viene arrecato al padrone(soprattutto nel caso in cui questi siail pubblico) ma all'utente finale,spesso (si sarebbe detto una volta)proveniente da classi subalternecome il lavoratore stesso.Eppure quale forma alternativa sipuò prevedere per comunque mo-

strare la propria prote-sta ed arrecar danno(che solo col danno siha la lotta) al pa-drone? Io personal-mente, nell’attesa ditrovar risposta effi-cace, continuo a pen-sare che sia preferibilelo sciopero, seppurcon tutti i distinguo dicui sopra, alla manife-stazione magari co-

municativa ma che non reca danno edisturbo. Ci son casi in cui si può in-terrompere un’emozione ed unsogno, soprattutto se questo può ser-vire a farlo andare ancora in scenanei giorni a venire.

a desideri di altri se anche il suo nonviene soddisfatto? e perché il traditore do-vrebbe essere chi non suona e non invecechi non rispetta la dignità di chi deve suo-nare?La Soprintendente Colombo ha scritto alpubblico del Maggio. A questa lettera misentirei di eccepire tre cose (a parte il fattoche cita come “dati oggettivi” numerisenza riscontri formali e percentualisenza riferimenti assoluti). In primo

luogo, ripetere che la gestione precedenteè la causa di tutti mali non la sollevaeventualmente dalle proprie responsabi-lità e condurrà il suo successore a sentirsiin dovere di dire altrettanto di lei. Capi-sco che è di moda a Firenze questa lita-nia, ma la ritengo infondata esupponente. In secondo luogo ci sono lecose che la Sovrintendente non dice: la ri-duzione del suo stipendio fa seguito adun ben consistente aumento grazie ad unbel premio di produzione, talché esso ri-sulta superiore a quello del suo predeces-sore Giambrone; oppure i magri risultati

del consulente assunto con cospicuo con-tratto per risolvere bonariamente i con-tenziosi, con un aumento del contenziosocome non aveva mai raggiunto la prece-dente gestione; ancora la insostenibile ri-crescita del debito del Maggio dovutoanche a contratti precari sanzionati comeillegittimi dai giudici, e molte altre coseche portano alla terza considerazione.Se tutto va così bene (+500% sponsor, ri-sparmi, incassi), perché la Fondazione è

sull’orla della bancarotta? Perché un con-sigliere di amministrazione certamentenon sprovveduto come Mario Primiceriosi è dimesso denunciando l’assenza totaledi un piano serio di risanamento e svi-luppo?Giacché questo era stata chiamata a farela Sovrintendente Colombo. Ricordiamola dichiarazione del sindaco Renzi ilgiorno della sua nomina: “Sono io a met-tere la faccia sulla scelta della Colomboe credo che sia la persona giusta per ilMaggio: nonostante la giovane età ha giàalle spalle una solida esperienza alla

Il tradimentodel siparioabbassato

Il peso del lavoroe i dati oggettivi

Non piùlo sciopero

e allora cosa?

Maggio Musicaleche fare?

una visita confortevole e compren-sibile.Infine, cosa non nuova nei museiitaliani, anche questo è un museonon assolutamente a misura dibambino, con l’aggravante dei cor-rimano in metallo che distanzianoil visitatore dalle foto (peraltroquasi tutte incorniciate o in techedi vetro) ma che precludono ulte-riormente agli infanti la visionedelle opere.

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.com sabato 12 gennaio 2013no12 PAG.6

Incurante della recensione nonproprio lusinghiera apparsa suqueste colonne della mostra“Gli Archivi Alinari e la sintassi

del Mondo –Omaggio a Calvino”sabato scorso sono andato a veder-mela al Museo Nazionale Alinaridella Fotografia, portando con memio figlio Giorgio di 4 anni emezzo.All’arrivo prima sorpresa, il costodel biglietto – ridotto – supera diun euro quello degli Uffizi (senzala prenotazione), ma in questocaso con l’ingresso alla temporaneasi accede anche al museo. Si sa lacultura costa e chi meglio di noi dicultura commestibilelo può sapere? In com-penso però col bi-glietto mi viene datoanche uno sconto perun famoso outlet neidintorni fiorentini. Ilnesso un po’ mi sfuggee per quel che non mi sfugge nonmi preannunzia nulla di troppo en-tusiasmante ma tolti sciarpa e cap-pello al piccolo entriamo.Della mostra temporanea non diròmolto. Anche perché si trattava diuna interessante selezione di fotostoriche dell’archivio Alinari, mon-tate secondo un percorso a me in-decifrabile sui tarocchi che fannoda guida al Castello dei Destini in-crociati di Calvino. Un omaggio aquel libro e non certo ad un autorecosì poliedrico che forse avrebbemeritato ben altri ardimenti e tro-vate d’ingegno. Insomma per dirlaun po’ brutalmente fosse stata ma-ionese sarebbe impazzita; con lefoto da una parte, i tarocchi daun’altra e Calvino da un’altra an-cora. Questione di gusti tuttavia.I problemi son però venuti col pas-saggio dalla mostra alla collezionepermanente. In primis quello di ca-pire da che parte andare. Sarà chenon son troppo vispo io ma il per-corso della mostra proprio non sonriuscito a capirlo. Allora ho fattocome suggerisce Groucho Marx(“questa cosa la capirebbe un bam-bino di quattro anni! Portatemeneuno che io non la capisco!”) e hofatto scegliere la direzione a mio fi-glio. Non aiuta in alcun modo lasegnaletica, presente solo in fun-zione di sicurezza ma non in quelladi indicare percorsi e far capire alvisitatore se si è perso qualcosa. Lascelta del curatore del museo poiha privilegiato il nero e le luci sof-fuse. Il che va benissimo a pattoche le illuminazioni delle techesiano funzionanti cosa che invecein molte delle piccole sale non ac-cadeva. Capisco che il museo abbiaun innovativo e interessante per-corso per i non vedenti ma non mipare ragione sufficiente per lasciareal buio tante delle belle cose espo-ste, che varrebbero sicuramente

di Michele Morrocchitwitter @michemorr

POLVERE DI MUSEI

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Guy Bourdin, Charles Jourdan, Win-ter 1978 © Estate of Guy Bourdin

Un museoIl MnAF, lo spaziodegli Alinariin piazza Santa MariaNovella a Firenze

fuori fuoco

Lavori giganteschiin miniatura a Fiesole

a cura di Claudio [email protected]

La prima espositrice è Silvia Noferi, laquale accettando la sfida, apparente-mente senza rischi, di pensare un la-voro site-specific per un luogo inminiatura si è trovata a misurarsi connumerose insidie, prima fra tuttequella relativa al movimento in rela-zione al tempo : mettere all'internodella teca una immagine fotograficafissa, facendola funzionare come unacamera oscura lasciando il movimentoall'esterno confinato alla curiositàdegli spettatori/passanti o non piutto-sto una immagine mobile, seppure

fortemente rallentata per adeguarne lavisibilità allo spazio ristretto ? Questaseconda ipotesi è stata infine quellache ha avuto il sopravvento, rendendonecessario girare un piccolo film, ri-solto con una animazione da cartoon.L'azione, prima cristallizzata inun'unica immagine che si limitava asuggerire l'azione si è andata svilup-pando fino alla costrizione dell'attore areiterare all'infinito la piccola somma

dei suoi gesti fino a rasentare la carica-tura surreale e capovolta di un uomoche imiti una macchina. Lo spettatorequindi sarà lui a rimanere immobilecome succede quando siamo comoda-mente seduti in un cinema a lasciareche il plot della scatola magica compiala sua lenta parabola, se vorrà soddi-sfare desiderio e curiosità.

La Vetrina di Sensus, piazza Minoa Fiesole, accanto al ristorante Vinandro

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ombre scure che si attaccano e si stac-cano dai corpi come loro doppi diven-tano diventano i protagonisti diquesta impegnata coreografia e il ri-chiamo a Picasso è esplicito e coe-rente. “Io miro alla somiglianza piùprofonda – diceva Picasso nel 1945 inuna testo di André Warnod su “Arts” -, più reale del reale, che raggiunga ilsurreale”. Ecco, dunque, che l'indisso-lubile unità di corpo e anima preco-nizzata da Aristotele raggiunge la suasomma incarnazione in questi surrealiclown che nello spazio di un istantedanno forma all'esistenza profonda.Ancora una volta Sieni è sceso in que-sto abisso, riportando alla luce pre-ziosi lampi di luce, painted blackinfine.

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.com sabato 12 gennaio 2013no12 PAG.7SCENA&RETROSCENA

“Se dunque si deve indicare una carat-teristica comune ad ogni specie di

anima, si dirà che essa è l’atto primo diun corpo naturale dotato di organi”.Aristotele, De anima, II 1, 412 b 4-6

C’è un momento primigenio;niente e buio occupano lospazio, fin quando il movi-mento corrompe l'immo-

bile inesistenza dell'universo e si faspazio, ad intermittenza, in questovuoto. Movimento è l'anima demiur-gica che squarcia il velo fra essere enon essere, che separa il mondo in cuii corpi definiscono lo spazio da posi-zioni e punti di vista laterali da quelloinconoscibile dietro il sipario dellavita. I corpi dei 6 danzatori che Virgi-lio Sieni ha chiamato per il suo Deanima, andato in scena con successo aCanGo dal 27 dicembre al 6 gennaio,si trasmettono vicendevolmente mo-vimento e dunque vita; si arrestanoimprovvisamente; scompaiono nelnulla; riappaiono titubanti e contorti;tristi clown della creazione, comequelli ammirati da Picasso durante lerappresentazioni parigine del CircoMedrano. I cappelli arlecchineschi, gliimprovvisi cambi di costumi, le

di Simone [email protected]

L’animadi Sieni

La migliore offerta

di Caterina [email protected]

Virgil Oldman è un esteta, un intendi-tore e un estimatore di opere d’arteproprietario di una nota casa d’aste,ma soprattutto è un collezionista. So-litario e schivo vive tra le sue splen-dide opere e i suoi rituali, lavorando ecollezionando fino al momento in cuiriceve dalla misteriosa Claire Ibesonl’incarico di valutare e stimare i benidi famiglia raccolti nel palazzo dei de-funti genitori che lei ha intenzione divendere. Ma chi è Claire che Virgilnon riesce mai a vedere o ad incon-trare e a cosa appartengono i mecca-nismi e gli ingranaggi che rinvienenella fatiscente dimora. Ricostruendocon l’aiuto di un giovane artigiano digrande talento,una bizzarra operad’arte unendone i pezzi e venendo acapo del mistero che avvolge il pa-lazzo e la sua inquilina, Virgil è anchecostretto a fare i conti con emozioni esentimenti che finora aveva destinatosolo ai suoi tesori, scoprendosi piùumano e vulnerabile ed abbando-nando la sua scorbutica austerità.Un thriller vecchia maniera ma dinuovo respiro La migliore offerta,pellicola scritta e diretta da GiuseppeTornatore. Internazionale nel cast,composto da un elegante e compas-sato Geoffrey Rush, insieme all’astronascente di Jim Sturgess e dal vecchioleone Donald Sutherland, ma italianonell’impianto con una regia precisa epacata che non rischia e non sbaglia,conta su un set che è un vero e pro-prio collage d’arte di angoli di Milano,

KINO&VIDEOFoto Akiko Miyake

Parma, Trieste, Merano e Bolzanousati per ricreare la città ideale nellaquale si aggira il protagonista.Intensa l’interpretazione di GeoffreyRush, l’eccentrico Mr Oldman chenon potendo vedere il volto di Clairelo immagina in quello della moltitu-dine di giovani donne della sua colle-zione personale di ritratti femminili inuna stanza segreta nella sua casa.“L’ammirazione che ho per le donne ècomparabile al timore che ho per

loro” confida Virgil al suo giovaneamico Robert ed è proprio a causa diuna donna che la sua natura ruvida siva pian piano smussando per assu-mere nuovi caratteri costruendo unanuova identità, mentre mette insiemegli ingranaggi di un’opera d’arte che èanche una macchina portentosa. Manell’arte, come nella vita, non tutto,per quanto di valore è autentico e sein un’opera è possibile riconoscere unfalso tramite l’attenta osservazione, la

stessa operazione applicata ai proprisentimenti porta talvolta al falli-mento. La migliore offerta che nel suo svol-gersi sembra ammettere placida-mente la sua volontà di non prendersifino in fondo sul serio, pur rimanendocoerente sul doppio binario della fin-zione e della realtà, materializza ilsogno di un uomo maturo mai cre-sciuto che ha sostituito la vita conl’arte e i sentimenti con la bellezza.

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.com sabato 12 gennaio 2013no12 PAG.8

Qualche anno fa mi colpì lapubblicazione di un articolosu “la Repubblica” dedicatoagli agenti letterari: un argo-

mento inusuale nelle cronache cultu-rali italiane anche perché, in fondo,la figura dell’agente letterario non èmolto frequentata fra gli scrittori delBelpaese. Anche se, secondo l’arti-colo di Dario Pappalardo (“Gliagenti del successo. Perché gli scrit-tori scelgono un manager”, 16 giugno2010), ormai anche il 50% degliscrittori italiani si affidano ad unagente letterario, è nel mondo anglo-sassone che questa figura professio-nale definisce i suoi contorni e la suaautorevolezza. Scoprono gli esor-dienti, li propongono e talvolta li im-pongono agli editori, strappanobuoni contratti, curano gli interessipropri e dei loro clienti ma, soprat-tutto, fanno sì che noi possiamo leg-gere buoni libri, talvolta capolavori.Oggi, in occasione del 12° anniversa-rio della sua scomparsa avvenuta il20 gennaio 2001, voglio scriverequalcosa di uno di questi agenti let-terari, poco nota in Italia, ma un veromito negli Stati Uniti: Candida Do-nadio. Figlia di immigrati italiani, ini-zia la sua carriera nella New Yorkdegli anni ‘50 come segretaria del-l’agenzia McIntosh & McKee, dovelavora duramente a diretto contattocon molti scrittori, fino a quando nel1957 la Herb Jaffe Associates - cherappresenta perlopiù attori, sceneg-giatori e scrittori teatrali - decide diespandere la propria attività nelcampo letterario e per questo assumeCandida che così diventa agente let-terario. E’ nel 1961 che mette a segnoil suo più importante risultato (sulpiano culturale, piuttosto che econo-mico): riesce a far pubblicare il ro-manzo di Joseph Heller, “Comma22”. Non è facile per noi oggi imma-ginare quale enorme impresa fossepubblicare un romanzo come quellodi Heller nell’America degli anni ‘50-’60: occorreva coraggio per proporread un editore, per di più importantecome Simon & Schuster, di pubbli-care una simile satira e ridicolizzanterappresentazione dell’ideologia mili-tarista. Si era da poco usciti dal mac-cartismo, la Nuova Frontierakennedyana era appena agli albori ela stagione di lotte e affermazione deidiritti civili ancora non si era affer-mata. Candida credeva in quel libro;aveva riconosciuto lo scrittore dietroquel primo lavoro e il conformismoculturale imperante non la intimo-riva. Dopo quel primo contratto ($1.500) e successo, ne vennero moltialtri: “Goodbye, Columbus” operaprima di Philip Roth, Thomas Pyn-chon (con cui ebbe un carteggio im-portante, forse l’unica fonte cuiattingere per gli studiosi delle schivoscrittore americano), William Gad-dis, Robert Stone, Michael Herr,Bruce Jay Friedman, John Cheever e,

Paolo Marini e il viventeossimoro di Radicondoli

di Simone [email protected]

di Franco [email protected]

Nato a Siena nel 1965, Paolo Marinivive e lavora a Firenze. È avvocato,consulente d’impresa e pubblicista.Ha pubblicato due libri di poesia –ambedue per la Polistampa di Firenze- che hanno per tema il viaggio neltempo e nello spazio.Nel primo, Pomi acerbi evidenzia conlirica modernità il suo viaggio dallaverde Maremma – archetipo di terrae cielo, mare e vento – al suo “volod’airone” in spazi più aperti, dove leterre e le acque originarie si slarganoall’infinito. Un libro da leggere tutto d’un fiato eche lascia al palato il grato saporedelle cose buoneIn Dall’oro il tema alla base dell’interaopera è quello dell’homo viator, in-nanzi tutto in se stesso, per andareoltre la transizione dell’esistere e tro-vare la dimensione dell’essere. Viag-gio difficile, affidato appunto ad unchiaro filo di voce che si snoda in unintreccio di sensazioni, emozioni,sentimenti e illuminazioni nel cer-chio solare del logos. Sembrerebbe, l’interra opera di Ma-rini, un canzoniere scritto nel tempoche, su questa costante, sviluppa gra-dualmente un percorso che va dallaricerca dell’altro, alla presa di co-scienza del mondo, ad una rimodella-zione poetica e coscienziale del

LETTERE&LETTERATI

SPIRITI DI MATERIA

mondo stesso.Come ebbi a scrivere nel 1997 presen-tando il suo primo libro, il poeta “hasaputo parafrasare se stesso per il viag-gio esistenziale in cui si è mosso e com-mosso” dando voce e prefigurazione aun ecosistema dove l’uomo e la poesiaabbiano ancora spazio per r/esistere.Giuseppe Panella ci offre un chiarogiudizio sulla sua opera: . “Essendol’opera incentrata sul viaggio, non pote-vano mancare riferimenti a luoghi, daParigi fino a Monteaperti, in cui l’ana-lisi del proprio io si relaziona con ilpaesaggio e le città. Il titolo stessoesprime di per sé molto: All’oro, giocodi parole che intende mostrarci duefacce diverse della stessa medagliadell’intento del poeta; i versi infatti mi-rano sia all’oro, il metallo prezioso perantonomasia, dunque al meglio, siarappresentano per il poeta l’incorona-zione poetica, il cui simbolo è appuntol’alloro, e quindi il riconoscimento delsuo status. È poi grazie al sottoti-tolo “versi nel cammino e dellamarcia” che riusciamo a compren-dere che la poesia dell’autore è inviaggio, in cerca di sé e degli altri,ma anche che essa è propria dellamarcia, della fatica, quella stessafatica che accompagna il poeta nelsuo viaggiare.”Fra i luoghi visitati e cantati in“Dall’oro” ho scelto Radicondoli,un paese dove è veramente possi-

bile posare “i ricordi e l’armatura” per-ché si apre all’improvviso dopo unalunga serie di curve e, aprendosi, offreimmediatamente un grande affacciosulla vallata circostante dando una sen-sazione di chiuso/aperto e diterra/cielo, come in un vivente ossi-moro.

C’È UN BELVEDERE

C’è un belvedere,a Radicondoli,che non t’aspettidove posare puoii ricordi, e l’armatura;sostare le membra vintenell’ombra, alla frescura;l’anima abbuiata e sordabalzare sui parapetti,distoltasi dai pesi,non sa bene se pervolare – ma è comunque rinata.

Il mestiere

delll’agen

te letterario

Candida

Donadio

infine, Mario Puzo che con “Il Pa-drino” e gli altri suoi lavori fece anchela sua fortuna economica.Candida Donadio sapeva ricono-scere uno scrittore quando ne leg-geva uno: questa è la dote piùimportante di un agente letterario.Fare affari, viene dopo. La sua agen-zia, costituita insieme a EricAshworth e a Neil Olson, è ancorauna delle più importanti di NewYork. Candida era un genio e, perciò,anche sregolata. Eccessiva nell’amoreper la lettura, per i gatti, per le per-sone che amava, purtroppo ancheper l’alcol. Non amava farsi fotogra-fare perché temeva che le foto le sot-traessero l’anima. Anticonformista,brillante, decisamente divertente neimomenti di intimità con amici e pa-renti: Cork Smith, il primo editoredi Thomas Pynchon, ebbe a dire che“nessuno come lei conosceva tanti si-nonimi per la parola escrementi”, edera vero. Ma è grazie a lei che oggi ab-biamo grandi capolavori della lette-ratura in libreria; ed è grazie apersone come Candida Donadio chela figura dell’agente letterario ha as-sunto un ruolo centrale nella storialetteraria moderna.Candida era mia zia.

da un team di esperti della BancaMondiale inviati sull’isola. L’intentoè quello di elaborare un piano dipronto intervento integrante le ana-lisi preliminari con le valutazioni sulcampo in programma nelle prossimetre settimane, in collaborazione coni principali enti governativi coinvolti,coordinati dal Ministero delle Fi-nanze, lo staff locale dell’Onu ed altreagenzie internazionali. Questi costosi sforzi presentano ilconto di una sempre più tipica sta-gione delle piogge in una delle tanteisole del pacifico che forse, in futuro,saranno costrette a pagare con la pro-pria esistenza il prezzo del cambia-mento climatico globale, nella quasicompleta inconsapevolezza dellamaggioranza della popolazione con-tinentale.

* Australian Bureau of Meteorology** United Nations Office for the Coor-dination of Humanitarian Affairs,30/12/2012

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.com sabato 12 gennaio 2013no12 PAG.9REPORTAGE

Agghiacciante la visione delmercato ortofrutticolo diApia, nelle isole Samoa, ful-cro commerciale e sociale

della capitale. Sui banchi normal-mente traboccanti di succosa frutta everdura locale oggi sono distesi sol-tanto i rispettivi proprietari.In questo piccolo stato della Poline-sia, gran parte degli alberi e delle piùrigogliose piantagioni sono stati re-centemente sradicati dal violento ci-clone Evan, che nelle quarantottoretra il 13 e il 14 dello scorso mese hadevastato buona parte dell’arcipelago.Scott Power, ricercatore del Bom*,sostiene che l’estrema variabilità cli-matica del Pacifico negli ultimi anninon possa essere attribuita solo a fe-nomeni meteorologici naturali carat-teristici della regione. Spiega “Illivello degli oceani è in costante in-nalzamento, l’ammontare di precipi-tazioni è mutato e i venti equatorialisono più deboli. Mentre si prevedeun calo nell’incidenza dei cicloni, laloro intensità sarà verosimilmentemaggiore”.Ne sono una prova gli scorci suun’isola dalla fisonomia decisamentestravolta, che, sovrapposti alle stimeufficiali della catastrofe, dipingonoun quadro piuttosto desolante.Una valutazione preliminare di Unocha** riporta che sull’isola di Upoluquasi 700 famiglie hanno perso casae altre 550 hanno subito ingentidanni, costrette a rifugiarsi in centridi evacuazione allestiti nelle scuole enei principali edifici pubblici. Acquaed elettricità sono ancora mancantiin alcune zone.Le direttive per il piano di recuperosono state predisposte, in una primafase, dal ministero delle risorse natu-rali e dell’ambiente attraverso il Na-tional Disaster Management Office(Ndmo), in collaborazione con i mi-nisteri addetti alle valutazioni d’im-patto sull’ambiente, sulla salute, sullasicurezza alimentare. Le principali agenzie delle NazioniUnite con sede nel Pacifico, tra cuiUndp, Un Ocha, Who, Unep, Fao eUnesco e AusAid e Nzaid per i mini-steri degli affari esteri australiano eneozelandese, hanno messo a dispo-sizione staff tecnici per analisi, misu-razione e localizzazione dei danni,oltre che fondi. Aiuti bilaterali prove-nienti da vari governi, tra cui NuovaZelanda, Usa e Giappone hannoprontamente soccorso il paese. Gliistituti bancari, tra cui Anz, hannofatto donazioni alla Caritas locale.Il contributo delle principali Ong sa-moane è stato diretto soprattutto alsostegno psico-sociale dei più colpiti,mentre la Croce Rossa è tuttora im-pegnata nell’approvvigionamento diacqua e beni di primo soccorso enell’installazione e ripristino dei si-stemi fognari. Un bilancio delle risorse necessariealla ripresa del paese verrà effettuato

di Sara [email protected]

Dopo Evan arriva la Banca Mondiale

Un Pacificotemporaleestivo

Foto di Sara Fer-randi dei luoghicolpiti dal ci-clone Evan

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.com sabato 12 gennaio 2013no12 PAG.10LUCE CATTURATA

Sandro Bini - I Confini della Città -  Via Rocca Tedalda - Firenze 2002 

di Sandro Biniwww.deaphoto.it

I confini della cittàUn racconto per immagini

dalla periferia fiorentina (2001-2013)

di Barbara, cuoca di Pane e [email protected] Un piatto kafkiano: trippa e baccalà

MENÙ

E’ andata così: tanti anni fa, cammi-nando per Malastrana, che si trovadavanti a Staramesti (2 quartieri diPraga), verso l’ora di cena cominciaiad adocchiare posti per mangiare,evitando quelli con il buttadentro escegliendo un più discreto ristorante.Ricordo solo che mangiai e bevviassai bene, portando via come “buonricordo” il sapore dell’antipasto abase di fegato di merluzzo, consiglia-tomi dal cameriere. Per anni ho cer-cato questo ingrediente, ancherivolgendomi al più famoso fioren-tino Burgassi, poi me ne sono anchedimenticata ed ho accantonato l’ideadi farci qualcosa. Oggi, che invece sison resi reperibili facilmente tutte leparti del nobile stoccafisso, l’impattocon la sua trippa ha fatto piazza pulitadi ogni incontro precedente, certonon grazie al suo aspetto. Frugandotra diversissime ricette e versioni,quelle spagnole (con intrusioni dicartilagini di nobili carni) son state lepiù intriganti da rielaborare. Comun-

verdura-scorza di un’arancia-100 grdi salsa di pomodoro- olio per frig-gere (arachide)-pastella. Si cominciacol mettere sul fuoco il tegame conolio, sedano, carota e cipolla tritati, 3foglie di alloro, aiutandosi con il

brodo per portarlo a cottura. Sitoglie l’alloro e si frulla, ren-

dendolo una crema. Men-tre si cuoce il soffritto,

puliamo bene da tuttele pellicine la trippa e

le seppie, tagliandoambedue a stri-scioline fine ma,tenendole divise,perchè mette-remo a cuocereprima la trippa.Peliamo l’aran-cia, grattando viala parte bianca

dalla scorza e ta-gliamo quest’ul-

tima a listine

finissime. Allora, siamo sul fuoco,con il nostro soffritto/crema, aggiun-giamo 2 terzi della trippa tagliata efacciamo rosolare per 2/3 minuti,sfumando con 1/2 bicchiere di vinobianco. Una volta ritirato, copriamoper 5 minuti, girando di tanto intanto. Ora mettiamo anche le seppie,mescoliamo bene e copriamo. In 10minuti dovrebbe essere pronto, sa-lare, pepare e unire un cucchiaio ge-neroso di salsa di pomodoro e lescorzette di arancia. Per la trippafritta, mettete le striscioline avanzatein una pastella non troppo densa fattacon farina bianca-acqua- vinobianco- sale e un goccio d’olio.e frig-gete nella padella di ferro, in olio bol-lente. La consistenza della trippafritta è davvero particolare, metteteneuna cucchiaiata nel piatto accanto aduna dell’altra preparazione e accom-pagnate il tutto con un insalata di fi-nocchio e arancia, condito con olio,sale e un trito di menta .

que per il piatto da proporre a Pane eVino, abbiamo scelto la versione più“pesciosa” e semplice: (5-6 persone)sedano-carota- cipolla bianca-alloro-olio extra-700 gr seppie-600 gr trippadi stoccafisso (già bagnata)-brodo di

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.com sabato 12 gennaio 2013no12 PAG.11

Venezia, gennaio 2013

di Susanna [email protected]

PUÒ ACCADERE

ANTIQUARIUM

Chiunque abbia frequentato lachiesa del Convento diS.Maria Maddalena a Caldinesi ricorderà del Presepe che

era esposto, in qualsiasi giorno del-l’anno, nella nicchia dell’altare a de-stra.Ai bambini sembrava cosa strana, abi-tuati al presepe solo nel periodo diNatale e forse per questo ne catturaval’attenzione, o forse perché, una voltatanto, i personaggi avevano quasigrandezza naturale, visti con occhi dapiccolo. Ai grandi invece interessava di più l’af-fresco sopra la nicchia, l’Annuncia-zione che Fra’ Bartolomeo della Portadipinse nel 1515, quando soggior-nava nel Convento. Il Presepe di cuiparliamo fu collocato in quella nic-chia precisamente il 22 settembre del1515, come riportato nel “Catalogodelle cose d’arte e d’antichità” di Odo-ardo H. Giglioli, Ispettore delle Gal-lerie di Firenze dal 1891 al 1957.

Sempre da questa fonte si apprendeche del Presepe facevano parte anchele statue dei Magi, conservati, in statoframmentario, al Museo dell’Univer-sità di Oxford e provenienti da unacollezione privata.Le statue, in terracotta colorita adolio, uscirono dalla bottega di Andreadella Robbia, ma non sappiamo se fului a modellarle oppure qualcuno deisuoi figli, due dei quali, ricordiamo,entrarono giovani nell’Ordine deiDomenicani di S.Marco.La figura della Madonna, inginoc-chiata e con le mani giunte, è alta unmetro, qualche centimetro in piùquella di S. Giuseppe, che tiene lemani incrociate sul petto. Il bambi-nello giace nella paglia ai loro piedi.Nel Catalogo del Giglioli sopra citatola statua della Madonna porta una co-rona dorata, successivamente ri-mossa. La mancanza di questoattributo di Regina del Cielo le da tut-tavia un aspetto, più verosimile, dimadre che guarda con meraviglia,quasi non le appartenesse, la creaturache le sta ai piedi. Per circa 470 annila Sacra Famiglia ha goduto dellatranquillità di questa silenziosa chiesadi campagna. Poi, negli anni 80 del‘900, a seguito di un tentato furto, funecessario spostarla. Ora si trova al-l’interno dell’Oratorio di S.Jacopo aFiesole. Al suo posto un presepe di di-mensioni a cui siamo più abituati mache, proprio per questo, ci fa rimpian-gere le “Robbiane della Maddalena”.

di Simona [email protected]

Il Prese

pede

lla Mad

dalena

C’era una voltae adesso non c’è più

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.com sabato 12 gennaio 2013no12 PAG.12

onirico e ben costruito con scenogra-fie minimaliste ed effetti digitali cheaumentano il senso di angosciosaclaustrofobia di questa coppia in crisi.Molto interessante il lavoro su primipiani molto stretti e i dialoghi che ri-velano molto bene la psicologia deipersonaggi e la loro deriva esisten-ziale. Il lavoro nasce dalla collabora-zione tra Chiodini, lo sceneggiatoregrossetano Alessio Brizzi e l’Associa-zione Olympia De Gouges che si oc-cupa di tematiche sulla violenza alledonne. Da segnalare la scena inquie-tante dei conigli nella stanza della casadove il confronto tra marito e moglieraggiunge il momento di più alta ten-sione psicologica. La sequenza è statarealizzata ottimamente da DanieleNapolitano con superba maestria dipost produzione. Mood Film, la casadi produzione del lucchese TommasoArrighi, si conferma ancora una voltaun’ interessante realtà nella scena pro-duttiva della nostra regione. Attual-mente Chiodini è impegnato nellastesura del suo primo lungometraggioche racconterà un altro aspetto pro-blematico nella vita familiare.

KINO&VIDEO

Con il bel corto "La Casa diEster", Stefano Chiodini, regi-sta grossetano vincitore delGlobo d'Oro della Stampa

Estera, ci parla della violenza dome-stica con uno stile ricercato ed ele-gante. Una giovane donna mentre stamettendo ordine tra le fotografie dellamadre, da poco deceduta, ritrova undisegno in cui bambina si era ritrattainsieme ai genitori, con segnato apenna un vecchio numero telefonico.Ester, la protagonista, chiama il nu-mero al quale risponde una voce dibambina, anch'essa di nome Ester. Nelfrattempo rientra a casa il marito conun regalo e da lì parte il dramma, conun litigio e percosse dell'uomo sullamoglie. Dietro l’apparente ordinarietàdella vita di coppia, la donna prendefinalmente coscienza del dramma in-tollerabile di violenza che subisce ognigiorno.Cecilia Dazzi interpreta il ruolo diEster, mentre nella parte del violentomarito troviamo Sergio Albelli. Ilcorto comincia con scene di quotidia-nità serene ed affettuose per poi arri-vare ad un imprevista escalation diviolenza incontrollata. La regia diChiodini ci regala un film di denuncia

di Duccio [email protected]

Nuovo cinemad’autore toscano

Assonanze visive

di Ugo [email protected]

L’opera di Franco Bulletti, radicatonel confronto con i “massimi si-stemi” dell’estetica del XX secolo sisviluppa nel dialogo tra emozione eragione. La grande lezione dell’astrazione“fiorentina” da Alberto Magnelli aVinicio Berti, dall’astrattismo clas-sico alla morfologia costruttiva, trovanel colore prezioso e nei riferimenti,da Piero della Francesca a Leonardo,una pacata emozione, una sorta dimeditata verifica di alta qualità este-tica, capace come per le più innova-tive stagioni della cultura europea, disaper cogliere dall’esperienza del pas-sato elementi per nuovi linguagginon asserviti all’effimere mode pro-mosse da un mercato dominato dallelogiche della speculazione. I colorisono protagonisti, secondo una di-stribuzione organizzata per assi car-tesiani e preferibilmente definiti inrettangoli, quadrati, cerchi la cui ade-guata percezione rivela un’arcana ar-monia. Anzi Bulletti sembrasuggerire anche un mondo di suoni,una sorta di musica visiva.Franco Bulletti crea così dei “sim-posi” di raffinata eleganza, non primidi ironia e di fantastiche evocazionidi bellezza citata con sottile Seh-nsucht romantica: opere dunquerare per una sorta di ossimoro che sadivenire poesia ora lirica ora epica.Aldo Frangioni ha sempre tenutoconto di una referenzialità “pub-blica”, operando un dialogo intenso

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tra il proprio vissuto intellettuale edartistico e la consapevolezza delruolo della comunicazione estetica edella creatività per riconoscersi nelleculture nel succedersi delle genera-zioni. Le opere presentate in questa Pon-tassieve che per alcuni aspetti è riu-scita a sviluppare un’attivitàespositiva di crescente importanzanon solo fiorentina, costituisconoun’ulteriore verifica della qualitàdella produzione di Frangioni.L’attualità della lezione delle avan-guardie storiche viene dimostratanell’indagine tanto sulle tecnichequanto sulle forme. Rifunzionaliz-zata la connessione di moduli, inquesto caso riquadri in cartonlegnodi 65x35, come polittici di cinqueelementi, le stesure cromatiche rareper selezioni di accordi, divengono lesoglie di percorsi di sogni, tra grafi-

smi, macchie monocrome, aggregarsidi figure parageometriche, cieli po-polati da nubi rigorosamente bidi-mensionali allusioni a fondali ebarriere coralline.Frangioni filtra ed evoca suggestioni,riuscendo ad armonizzare e a far pro-pria rendendola “suo” segno, una vi-cenda di linguaggi, dalla Secessioneall’astrattismo, alla Pop, discrepanti.La dialettica della “leggerezza” sem-bra così che si innervi in una capacitàattenta a provocare, per via di ele-ganza e fantasia, l’osservatore per im-mergerlo nel magma delle forme,riscoprendo echi o percependo ritmie armonie di una musicalità sugge-rite dalle cromie e dal loro distri-buirsi.Mentre imperversano (ancora perquanto?) sia la sindrome del postnella comunicazione di massa sia perquanto riguarda il mercato di quella

che viene detta arte (con una parti-colare attenzione agli epigoni delleretroguardie delle neoavanguardie),Frangioni dimostra che mentre fa,inventa il modo di fare: non esegueun processo stabilito ma definiscel’opera mentre la realizza, la concepi-sce eseguendola, partendo, per altro,da presupposti che ne determinanole esperienze fondative. E’ proprioquesto aspetto che rende classica laformatività dell’arte di Frangioni e altempo stesso la rende “sospetta” agliambienti che hanno “eraso” Firenzedalle radici della contemporaneità.Frangioni contribuisce, in modoconcreto quindi, al superamentodella sbornia speculativa che ha favo-rito l’attuale processo di bruttifica-zione particolarmente grave per ilterritorio della Repubblica italiana epropone un’ipotesi di riscatto nellaforza dell’immaginare.

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.com sabato 12 gennaio 2013no12 PAG.13ICON

di Paolo [email protected]

“Noi, i pittori della no-stra epoca, possiamoimprov v isamenteastrarci dalle forme

che la natura ci propone. Di con-seguenza, quando si tratta di com-porre tra di loro i colori, dobbiamodimenticarcene”. Chi scrive è Was-sily Kandinsky, a lui è dedicata laMostra al Palazzo Blu di Pisa(chiuderà il prossimo 3 febbraio)e - sia che si prediliga la pittura fi-gurativa ovvero quella astratta -non si rimane delusi: i capolavoriesposti, tutti risalenti al cosiddetto‘periodo russo’ (1901-1921), pro-venienti dal Museo di Stato di SanPietroburgo e da altre importantiistituzioni pubbliche russe, sono inparte dell’uno, in parte del se-condo tipo. Le famose fiabe russe – in cui siesprimeva la creatività popolare -,assieme alla musica avevano solle-citato la fantasia di Wassily fin dabambino. Così, più tardi, ne tra-sformerà i prodigi, i misteri e le vi-sioni in temi di sperimentazionepittorica: esemplari, in tal senso,sono le quattro piccole “Bagatelle”(1918) - estremamente russe peril contenuto quanto tedesche perla tecnica su vetro. Ma è il colorel’autentica, prorompente forza diKandinsky: “Una pressione deldito e quegli esseri straordinari chechiamano colori compaiono chias-sosi, pomposi, pensosi, sognanti,assorti, profondamente seri, mali-ziosi, con il sospiro della libera-zione, con il suono profondo dellasofferenza (…). Come in uncampo aperto, come in una batta-glia, escono dal tubetto fresche,giovani forze, che danno il cambioa quelle vecchie”. Tanto l’artistarusso quanto gli amici dell’avan-guardia di Monaco di Baviera(Franz Marc, Gabriele Münter,Alexej Jawlensky e Marianne VonVerefkin) - è scritto in mostra -,“fantasticavano con il pennellocome ubriachi di hashish”. Senzasminuire le opere degli altri com-ponenti del Gruppo di Murnau, diquel periodo (prima e attorno al1910) si segnalano per bellezzaenergetica due Kandinsky, ovvero“Improvvisazione 4” e, per l’ap-punto, “Murnau” - quest’ultimoraffigurante un paesaggio mon-tano estivo, in cui ‘esplode’ la ca-rica del colore giallo. Senonché la ricerca di una chiavedi accesso alla dimensione spiri-tuale e occulta della vita spingel’artista, progressivamente, a stiliz-zare/defigurare il relativo patrimo-nio di immagini (il cavaliere, ilcavallo, il bosco, il castello, l’arco-baleno, la valle tenebrosa, la nave,la tempesta) per conservarne soloi tratti essenziali, quasi a erigere unlessico del mondo spirituale. Cosìla “Composizione su bianco” (1920)

L’astrazione dalla forme

– un’icona della sua produzione,che si segnala per il rigore dellastruttura compositiva - si colloca altermine del processo di abban-dono di ogni riferimento ogget-tuale (oltre che del percorsoespositivo). Voglio ancora citare l’artista (“Lanatura mi dava l’ebbrezza, cercavodi mettere nel colore il peso prin-cipale e poi l’intero peso”) solo pertornare mentalmente indietro, alcuore della mostra, ove la miaanima si era come dischiusa di-nanzi al “Parco di Saint Cloud/via-letto ombreggiato” (1906) e aquattro piccole (per le dimen-sioni) opere (“Autunno”, “Chiesarossa”, “Fiume d’autunno” e “Fiumed’estate”), tutte concepite tra il1901 e il 1903, perché i loro riflessie quelle tinte vivide, ricche di som-messa eppur intensa poesia, ave-vano rischiato di ubriacare ancheme.

WassilyKandinskial Palazzo Blu di PisaSopra , Composizione su bianco ,1920, olio su tela, San Pietroburgo,Museo di Stato RussoA sinistra Amazzone sui monti, 1918,olio su vetro, San Pietroburgo, Museodi Stato Russo© Wassily Kandinsky, by SIAE 2012

CCUO

.com sabato 12 gennaio 2013no12 PAG.14L’ULTIMA IMMAGINE

Little boxes on the hillside,Little boxes made of tickytackyLittle boxes on the hillside,little boxes all the same.There’s a green one and apink one and a blue oneand a yellow oneAnd they’re all made out ofticky tacky and they alllook just the same.Queste sono le parole delritornello di una canzonescritta da Malvina Rey-nolds nel 1962 mentreviaggiava in auto con ilmarito sulla Freeway delWestlake District di DalyCity lungo la Baia a suddi San Francisco. La can-zone è stata resa oltre-modo famosa dalcantautore folk Pete See-ger ed altri innumerevolicantanti che l’hanno im-mediatamente inseritanel loro repertorio abi-tuale. Lo scatto è una vi-sione del 1974, ripresadal retro, lungo il bordodi una costa sabbiosa,molto spesso immersanella nebbia, che scendea picco verso le acquedella Baia.Ticky-Tacky vuole indi-care dei materiali da co-struzione di qualitàmediocre per una produ-zione di massa delleunità abitativePer i più curiosi un invitoa cercare suGoogle:A Return to We-stlake, America’sMost PerfectTicky-Tacky Su-burb (e altri sitisimili)

Dall’archivio di M

aurizio Be

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