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Il denaro Russel A. Lockhart, Santa Monica Quando ero bambino andavo spesso a rifugiarmi nella mia stanza: dopo aver chiuso la porta a chiave, accen- devo una lampada a intermittenza coperta con una plastica blu e cominciavo a smantellare quello che mia madre chiamava un << ammasso di rifiuti », ossia un mucchio di vecchi giocattoli, libri, carte, vestiti. Mia madre però non sapeva — nessuno al mondo lo sapeva — che quel mucchio di rifiuti serviva in realtà a custodire gelosamente un mio segreto: una vecchia scatola di fiammiferi da cucina piena di monetine d'argento (5, 10 e 25 centesimi di dollaro). In quella strana luce blu tiravo fuori le mie monetine e cominciavo a fantasticare. Immaginavo grandi tesori e ricchezze. Ma più delle ricchezze, ciò che eccitava la mia immaginazione era proprio guardare gli oggetti d'argento. Le monete avevano un grande effetto creativo. Si dice che il denaro genera denaro, ma appresi allora che il denaro crea mondi immaginali. Compresi anche che la riproduzione aveva qualcosa a che vedere con il sesso, ma non avevo ancora capito la strana relazione tra espressioni come dispendio sessuale, dispendio di energia, di tempo e di denaro, oppure risparmiarsi sessualmente, risparmiare tempo, energia, denaro. A quel tempo io spendevo il mio tempo con delle monete

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Il denaro

Russel A. Lockhart, Santa Monica

Quando ero bambino andavo spesso a rifugiarmi nellamia stanza: dopo aver chiuso la porta a chiave, accen-devo una lampada a intermittenza coperta con unaplastica blu e cominciavo a smantellare quello che miamadre chiamava un << ammasso di rifiuti », ossia unmucchio di vecchi giocattoli, libri, carte, vestiti. Mia madreperò non sapeva — nessuno al mondo lo sapeva — chequel mucchio di rifiuti serviva in realtà a custodiregelosamente un mio segreto: una vecchia scatola difiammiferi da cucina piena di monetine d'argento (5, 10 e25 centesimi di dollaro). In quella strana luce blu tiravofuori le mie monetine e cominciavo a fantasticare.Immaginavo grandi tesori e ricchezze. Ma più dellericchezze, ciò che eccitava la mia immaginazione eraproprio guardare gli oggetti d'argento. Le moneteavevano un grande effetto creativo. Si dice che il denarogenera denaro, ma appresi allora che il denaro creamondi immaginali. Compresi anche che la riproduzioneaveva qualcosa a che vedere con il sesso, ma non avevoancora capito la strana relazione tra espressioni comedispendio sessuale, dispendio di energia, di tempo e didenaro, oppure risparmiarsi sessualmente, risparmiaretempo, energia, denaro. A quel tempo io spendevo il miotempo con delle monete

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che non avrei mai speso. Queste avventure immaginalistimolate dalle monetine furono tra le mie esperienze piùfondamentali. A volte mia madre bussava alla porta e michiedeva cosa stessi facendo, svegliandomi così dallemie fantasticherie. Tutto quello che la discrezione mipermette di dire su questo punto è che le mie primeeperienze con la sincronicità avvennero proprio neimomenti in cui i sospetti di mia madre trovavano unacorrispondenza nella vera natura delle mie esplorazioniimmaginali.Un pomeriggio, di ritorno da scuola, andai subito, e con ilsolito entusiasmo, a chiudermi nella mia stanza per fare ilmio gioco segreto. Ma rimasi sconvolto da quello che vidi:il pavimento era assolutamente pulito, spazzato, vuoto.Cercai freneticamente le monete, senza riuscire atrovarle. Le mie monetine segrete erano sparite. Miprecipitai fuori per cercare nella spazzatura, ma i bidonierano vuoti. Avevo tenuto quelle monete talmente segreteche ora non potevo chiederne notizie. Fu così che smisidi chiudermi nella mia stanza a fantasticare. Con questaperdita qualcosa si era spezzato dentro di me. Pocotempo dopo fui colpito da una grave forma di morbillo chesi convertì in mastoidite e rese necessario il ricovero. Giàallora io misi in rapporto la mia malattia con la perditadelle monete segrete. Da questa esperienza nacque ladecisione di diventare medico. Dimenticai le monete,dimenticai l'attività immaginativa. Volsi la mia attenzioneal mondo e abbandonai tutte le cose infantili. Da quelmomento, fino a quando sono entrato nella scuolasuperiore, non ho avuto più sogni. Le monete,l'mmaginazione e i sogni erano svaniti. Qualche mese faho fatto questo sogno:

Sono seduto alla macchina da scrivere. Improvvisamente la macchina siblocca. Apro il coperchio e vedo che c'è una scatola di fiammiferi tra imeccanismi. Apro la scatola: è piena di monete. La tolgo di lì, chiudo ilcoperchio della macchina e ricomincio a scrivere.

Poco tempo dopo aver fatto questo sogno ho ricevuto l'invito deldott. James Hillman a parlare sul

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tema del denaro al Congresso Internazionale di PsicologiaAnalitica. Non conosco le ragioni di questo invito; possoassicurarvi che non ho alcuna particolare competenza suquesto argomento. Dover parlare del denaro mi dà quindiun senso di inflazione, ma ho accettato questa sfida comeun modo di onorare il ritorno delle mie monete infantili.Ero commosso per il ritorno delle monete e mi sembravabellissimo scrivere qualcosa sul denaro sotto gli auspici diun'immagine che nell'infanzia mi aveva messo in rapportocon l'immaginazione, con l'anima e con il corpo. Ma c'eraqualcosa che non funzionava. Nonostante tutti i mieisforzi, non riuscivo a scrivere nulla. Sono passati dei mesie la macchina da scrivere rimaneva completamentebloccata. Ma certo! Il sogno aveva detto chiaramente chele monete bloccavano la macchina da scrivere. Eccitatocom'ero per la comparsa delle monete, avevo trascuratodi considerare questo aspetto. Nel sogno potevocontinuare a scrivere solo dopo aver tolto la scatola con lemonete. Ma come potevo scrivere sul denaro e togliere dimezzo le mie monetine? Nel sogno era facile, ma non loera altrettanto nella vita reale. Il richiamo delle monetineera troppo forte.Ciò che segue non è una dissertazione erudita sullapsicologia del denaro. Non è neanche un'indagine teoricae sistematica in chiave junghiana sul significato deldenaro nella pratica analitica o nella nostra vita di ognigiorno. Questi sono, naturalmente, dei problemi essenzialiper noi, che affronteremo nel corso di questa settimana.Ma io, nei pochi minuti che ho a disposizione, devoseguire la direzione indicata dalle mie monetine, lasciandoad esse ancora una volta la funzione di psicopompo.In primavera sono andato in Scozia. Avevo lavorato permesi sul denaro e non avevo concluso niente. Un allievodisse in un'osservazione scherzosa molto più di quantoavessi fatto io con tutti i miei sforzi: « II denaro è come ilsesso: non è mai abbastanza ». Sicuramente in Scoziaavrei trovato qualcosa a proposito del denaro che miavrebbe tirato fuori dalla situazione di stallo in cui mitrovavo. Decisi di racco-

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gliere alcune leggende tradizionali delle Highlands occidentali.Ne misi insieme parecchie, ma nessuna riguardava il denaro, aparte un proverbio che evocò qualcosa nel mio sanguescozzese. Come analista junghiano avevo spesso riflettuto sullarotondità delle monete, sulla loro intrinseca qualità mandalica,sulla loro relazione con l'energia e il valore, e le avevoconsiderate anche come immagini del Sé. Il 'proverbio scozzesediede uno scossone alle mie pigre riflessioni. << II denaro » —dice — << è piatto e deve essere ammucchiato ». È cosìtipicamente scozzese sottolineare il particolare dimenticato ericordare l'utilità delle cose!Nel bel mezzo di una furiosa tempesta trovai la strada per ilcastello Dunvegan, antica dimora del clan McCloud sull'isola diSkye. Feci una lunga conversazione con la guida del castello,che aveva tantissime storie da raccontare ed era ben felice diavere qualcuno desideroso di ascoltarle. Quando ci trovammosotto la famosa Fairy FIag, gli chiesi di raccontarmi una storia suldenaro. Ci pensò un po', ma con aria dispiaciuta disse di nonconoscerne nessuna. Poi, con uno scintillìo negli occhi che nonavevo visto mai, mi disse che ne conosceva una. Sembra che ungiorno una mucca si fosse persa e fosse finita vicino a un altodirupo. Saltellando sui ciottoli, si era ritrovata sull'orlo delprecipizio. Giù nel lago un pescatore andava pigramente sullasua barca lasciata alla deriva. Ebbene, la mucca cadde proprionella barca e la distrusse completamente rischiando anche dimorire. Tra il pescatore e il fattore ci fu un litigio terribile perstabilire di chi fosse la colpa. Il proprietario della muccasosteneva che se il pescatore non fosse andatoimprudentemente alla deriva, la mucca sarebbe caduta in acquasenza fare alcun danno. II proprietario della barca sostenevainvece che se il fattore non fosse stato tanto disattento dalasciare andare la sua mucca vicino al burrone, questa nonsarebbe caduta. Poiché non riuscivano a comporre la lorodisputa, si rivolsero al padrone delle terre. Questi si trovò davantia un conflitto che non fu in grado di risolvere. Allora chiamò

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il suo consigliere — potremmo dire il suo analista — e gli chieseun parere. « Padrone » — disse l'analista — « tu devi risarcireentrambi gli uomini perché è stata una roccia della tua terra afranare e sono state le onde del tuo lago a portare la barca inquel punto ».lo fui immediatamente colpito dalla difficoltà incredibile dellequestioni di denaro, che sembrano caratterizzate dalla reciprocaesclusione di guadagno e perdita, avere e non avere, spenderee risparmiare, e dalla difficoltà di trovare la saggezza di quellaterza posizione.In questo viaggio scoprii qualcosa di appartenente al miopassato ancestrale che sembrava stranamente legato sia ai mieiinteressi terapeutici che al mio rinnovato interesse per lemonete. Nel 1329 un drappello di cavalieri scozzesi si avviò inTerra Santa per una crociata. Il loro capo, Lord Douglas, portavaal collo uno scrigno d'argento contenente il cuore di RobertBruce, che aveva combattuto per liberare la Scozia dal dominioinglese, ma era morto prima di poter fare un pellegrinaggio inTerra Santa. Douglas viaggiò fianco a fianco con Sir SymonLocard, che era stato nominato cavaliere da Bruce e ora era in-caricato di portare e custodire la chiave dello scrigno. In Spagnaessi combatterono contro i Saraceni. Douglas fu ucciso, ma loscrigno contenente il cuore di Bruce fu salvato grazie al coraggiodi Sir Symon Locard. In seguito, per commemorare l'evento, ilnome di Locard fu cambiato in « Lockheart » (Lock: serratura;heart: cuore) e infine abbreviato in « Lockhart ». Un cuore dentrouna pastoia divenne lo stemma di famiglia con il motto « cordaserata pando », che significa « apro cuori chiusi a chiave ».Durante la battaglia, Symon prese prigioniero un principe emiro,molto ricco e raffinato. Mentre pagava un pesante riscatto in oroe argento, la madre del principe cercò di occultare nella suaborsa uno splendido gioiello. Il mio astuto antenato se neaccorse e pretese che venisse incluso nel riscatto. Naturalmentela donna acconsentì per non perdere il figlio, ma disse a SirSymon che si trattava di un'antica pie-

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(1) Symon MacdonaidLockhart, Severi Centuries:The History of the Lockhartsof Lee and Carnwath,(Pubblicazione privata a curadi S. F. Macdonaid Lockhart,Estate Office, Carnwath,Lanark, Scotland, 1977), p. 8.

tra magica, un rimedio sacro contro tutti i tipi di male. Durante ilregno di Edoardo IV, il goiello, una pietra rossa triangolare, fumontato su una moneta d'argento e da quei tempi è famosocome Lee Penny, dall'antica dimora dei Lockhart nelle regioniLee e Carnwath della Scozia meridionale. II Lee Penny è ora inpossesso di Symon Mcdonaid Lockhart, attuale proprietario delleterre di Lee, che mi ha gentilmente ospitato durante la mia visitae mi ha anche dato la possibilità di rimanere solo con l'anticotalismano. Tenendo in mano il Lee Penny e ammirando lo scrignod'oro costruito per custodirlo, donato alla famiglia Lockhart daMaria Teresa Imperatrice d'Austria, mi sentii stranamente eccitatoe vidi un flusso dì immagini splendenti: fu un'esperienza del tuttonuova per me. La pietra era viva. Questo talismano, che ispirò aSir Walter Scott la novella // talismano, ha al suo attivo una serienotevole di guarigioni e una maniera interessante di esercitare ilsuo potere magico. Il rituale per attivare il potere magico consisteinfatti nell'immergerlo nell'acqua con « due immersioni e un giro». Durante questo rito non si deve parlare perché qualunqueparola renderebbe la pietra inefficace. Questo aspetto del ritoebbe uno strano effetto su di me, una persona il cui lavoro è tantolegato alla parola. L'acqua così trattata può essere usata per cu-rare ferite, malattie del bestiame e ogni genere di cose. Siraccontano molti esempi dei suoi effetti, lo posso testimoniare sulpotere di questo talismano, ma non posso fare a meno diricordare le parole che il mio ospite ha scritto nel suo libro sullastoria della famiglia Lockhart: « Poter vantare il possesso di unamuleto sottratto a una madre disperata non è la più gloriosadelle qualità » (1).Dal momento in cui ho avuto in mano il Lee Penny sono statoossessionato dal suo carattere di talismano. I miei tentativi discrivere qualcosa sul denaro si erano del tutto arenati, mentreero preso continuamente da un estremo interesse per il talismanocome strumento magico di guarigione. L'idea che il suo poterevenisse attivato senza dire una parola turbinava nella mia psichee mi rese quasi muto.

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Poi, per caso, la mia attenzione fu richiamata dal capitolo99 del Moby Dick di Herman Melville.Inchiodata all'albero maestro del Pequod c'era una monetad'oro, un grande doblone ecuadoriano, esca per la grandebalena bianca. Come dice Melville, era il talismano di MobyDick. Questa immagine suscitò il mio interesse: la monetad'oro e il Lee Penny mi si presentavano stranamentesovrapposti in un'unica immagine, lo sapevo che la monetad'oro, come Moby Dick, era un'immagine del Sé, maquesta idea non mi sembrava affatto stimolante; è unacosa senza vita mentre ciò che ha vita è la « connessione» tra le immagini, cioè il modo in cui sono legate, quelloche io chiamo « legame erotico » tra immagini. Nel ro-manzo di Melville la moneta e la balena sono legateattraverso l'immagine del talismano. E proprio questonesso cominciò a danzare nella mia mente insieme altalismano dei Lockhart.Nel commento di Edinger ai Moby Dick trovai un'os-servazione molto stimolante che confermava le mieintuizioni. Diceva infatti che questo legame era « unaconnessione organica tra il significato simbolico dellamoneta e quello della balena » (2). Mi sembrò essenzialel'uso dell'aggettivo «organico», poiché sottolineava il nessovivente tra moneta e balena. L'idea che la moneta e labalena fossero simboli del Sé non aveva alcun interesseper me, perché lo sapevo già. Ma l'immagine della monetacome un talismano del Sé era qualcosa che non sapevo eche perciò trovai piena di vita e di possibili sviluppi.Melville deve aver saputo della profonda capacità organicadel Sé di infondere anima agli oggetti della nostraesperienza e ai loro rapporti nella psiche. Scrivendo dellamoneta egli dava a questa capacità di animare unaconnotazione specifica e interessante:« E un certo significato si nasconde in tutte le cose,altrimenti sarebbero prive di valore e il mondo stesso nonsarebbe che una vuota nullità ». Nell'immaginazione diMelville, il mondo è animato dal valore che gli vieneattribuito, ossia da un senso che « si nasconde » in tutte lecose. Fu proprio questa idea del nascondere che associaialla qualità organica vivente.

(2) E.F. Edinger, Melville'sMoby Dick: A JungianCommentary, New York,New Directions, 1978, p.107.

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(3) Citazione tratta da H. L.Mencken, A New Dictionaryof Quotations, New York, A.A. Knopf, 1977, p. 804.

Dire che un senso « si nasconde » in tutte le cose conduce aquella regione inferiore metaforica dove si può dire che ilsignificato « è in agguato >>, « tende imboscate , si muove «furtivamente », « segretamente » dove il senso vive e respirainosservato, insospettato, occulto, nascosto alla vista. In questoterritorio immaginale il significato stesso si personifica, diventa unessere vivente, che vive nell'oscurità, nelle ombre, da doveosserva non visto e attende il momento giusto per esercitare ilsuo volere. È vero che noi troviamo il significato, ma è anchevero che il significato trova noi.Mi resi conto, naturalmente, che la moneta d'oro, oltre a essereun simbolo del Sé, e un talismano di Moby Dick, era di fattoanche denaro. Forse niente come il denaro mi sembrava cosìconcreto, così reale, così letterale, eppure così immediatamentesimbolizzabile, interpretabile o trasformabile in qualche altracosa. Appena mi sono interrogato su questo problema, hocompreso che questo è un aspetto che appartiene alla naturastessa del denaro: il denaro è la forma di trasformazione piùsperimentata, più efficace e reale. Nel modo più concreto si puòtrasformare il denaro in un bene qualsiasi di questo mondo. Nonc'è niente che abbia come il denaro capacità trasformative cosìampie, sia nel reale che nella fantasia. In questo senso il denaropuò simbolizzare tutto. Byron toccò precisamente il cuore delproblema quando osservò che « ogni ghinea è una pietra filosofa-le » (3). La vitalità e l'anima del denaro devono stare proprio inquesta potenzialità trasformativa, che è anche la ragione piùprofonda del fascino che esercita sulla psiche.Nella ricerca alchimistica dell'oro, o nella ricerca di un veroamore, si sperimenta la propria possibilità di trasformazione inparte anche attraverso il potere trasformativo del denaro.Suppongo che sia questa la ragione per cui, quando si è preda diuna profonda depressione, spendere denaro può risollevare lospirito.Mentre riflettevo sulla moneta d'oro come denaro e su Moby Dickcome personificazione del Sé, mi è

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venuta in mente una frase piuttosto strana, da cui non riuscivo aliberarmi: // denaro è un talismano del Sé. Che cosa potevasignificare? Un talismano è un oggetto investito di un potere «sovrannaturale >> che si può attivamente chiamare a produrre isuoi effetti per raggiungere certi scopi. Deve essere distinto dall'«amuleto », poiché quest'ultimo si limita a un'azione passiva:evitare il male deviandolo altrove. Il potere talismanico del denaroè quindi dovuto alla sua natura trasformativa. Dato che qualunqueoggetto può essere investito di tale potere, ogni oggetto puòdiventare denaro.Se il denaro è un talismano del Sé, il Sé deve usare denaro perraggiungere i suoi scopi. Tale affermazione è in contrasto con lanostra consuetudine di riferire all'lo l'uso e il rapporto col denaro.Eppure, nel denaro è nascosto un potere talismanico ed è proprioil Sé a investirlo in esso. Quando nella nostra vita ci troviamo difronte al potere del denaro, in realtà stiamo davanti al potere dell'<< altro » in noi, un potere che agisce nel e attraverso il denaro. Èil Sé, Era precisamente questo potere che io sperimentavo tantianni fa, chiuso nella mia stanza a giocare con le monetine. Il Séusava le monete per trasformare il mio mondo di tutti i giorni in unmondo psichico. A questo punto avrei potuto addentrarmi nellastoria e nel significato dei talismani, cercando interessantiamplificazioni nelle immagini relative ai talismani e all'uso che neviene fatto, cercando anche di cogliere come tutto questo simanifesti nel nostro comportamento e nel nostro rapporto coldenaro. Forse lo farò in un'altra occasione. Sono stato invececolpito ancora una volta dal fascino delle parole, lo stesso unavolta ho scritto:

II significato e la definizione corrente sono spesso soltanto il guscio di unaparola. Usiamo parole, ma non conosciamo la loro anima — o non lebadiamo. Abusiamo della parola. Tutto quel che può aiutarci ad usciredalla prigione del significato usuale, dal letteralismo e dalla fretta delpresente, ci aiuterà a liberare la psiche dal guscio che l'imprigiona. Leparole vivificano, evocano immagini, stimolano l'immaginazione, intessonotrame e raccontano intere storie, se solo graffiamo via la superficie (4). (4) R. A. Lockhart, « Words

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as Eggs », Dragonflles, I,1978, p. 30.

Così, se volevo seguire l'idea che << il denaro è untalismano del Sé », dovevo seguire le parole stesse. Leparole, come le monete, sono luoghi in cui si nasconde ilsenso.Perciò mi sono accostato a quell'affermazione prendendoseparatamente in esame ciascuna delle immagini verbaliche la compongono: denaro, talismano, Sé. E un modo perfarlo è abbandonarsi a una sorta di « réverie etimologica »per cercare di evocare e svelare il senso antico delleparole, dimenticato ma ancora vivo. L'inconscio, infatti,ricorda quei vecchi significati, ricorda la storia intera di unaparola. È necessario che la ricordi anche la coscienza.Cominciai con talismano, una parola francese e spagnola,di genere maschile, come richiede il suo carattere di potereattivo. Deriva dal termine arabo tilsaman, plurale di tilsam,che a sua volta è un barbarismo del greco telesma, chesignifica << cerimonia di consacrazione » e indica i «misteri ». Telesma ha la sua radice nel verbo telein, chesignifica « portare a compimento », « iniziare ai misteri » e« pagare ». Variazioni su quest'unica radice si riferisconoal denaro pagato per adempiere impegni e saldare debiti,per diventare sacerdote e per partecipare ai riti misterici.La storia della parola talismano dice chiaramente cheiniziazione ai misteri, adempimento, compimento epagamento in denaro hanno la stessa radice.Cominciarono allora a presentarsi delle domande. In chemodo il Sé usa denaro per sacralizzare qualcosa? In chemodo il denaro può sacralizzare il lavoro che facciamo inanalisi? Il denaro del paziente è forse il pagamento perl'iniziazione ai misteri del Sé? Mi ricordai l'ammonimento diTertulliano che « niente di ciò che appartiene a Dio si puòottenere con il denaro », a cui fa eco Thoreau: « non serveil denaro per comprare ciò di cui l'anima ha bisogno ». Manoi non lavoriamo proprio con l'anima? Nel nostro lavoronon ci occupiamo dei bisogni dell'anima? Se è così, ildenaro è necessario per acquistare, attraverso noi analisti,il rapporto con l'anima, con la psiche, col Sé. La radiceverbale del talismano mi dice che i misteri sacri e il denarosono strettamente legati.

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il verbo telein deriva dal greco telos, che significa << compimento » e« compiutezza », nel senso di portare a termine, raggiungere unoscopo, una meta finale. Andando ancora più indietro nella preistorialinguistica, la radice indoeuropea di telos è qwel, che contienel'immagine di un « ruotare », « girare intorno a un punto fisso », «rimanere dentro ». Dalla stessa radice derivarono il latino colere, chesignifica « coltivare » e si è trasformato nell'attuale « cultura », l'an-tica parola hweol, che è diventata l'inglese wheel (ruota), e il grecokiklos, che significa ancora « ruota ».Percepire la natura talismanica di qualcosa è fare l'esperienza diessere ruotati, rigirati, tirati dentro, circondati. È una esperienzaantica quella che ha portato a creare parole come cerchio, ciclo,ruota. Un talismano non opera in modo lineare, ma appunto girando,muovendosi intorno, circolando. Questo ruotare, come telos, ha ache fare con il proprio fato, il proprio scopo, il proprio fine. Le svoltedecisive sono sempre momenti talismanici, nei quali veniamo spintiverso il nostro destino. Il denaro come talismano del Sé ci dice orache il Sé usa il denaro per tendere al nostro telos, al nostro scopo, alnostro fine. II nostro rapporto col denaro esprime dunque qualcosadel nostro telos. Il denaro funziona come talismano quando ci volge,ci spinge, ci costringe a confrontarci con il nostro telos. Si dice che èproprio il nostro telos, la nostra meta finale, o il nostro scopo, adeterminare il nostro valore. Quando ci viene chiesto « Quanto vali?», non leghiamo immediatamente immagini di denaro a tutte le altreconsiderazioni? In questo senso non è affatto sorprendente che laparola « valore » [worth] derivi da una radice indoeuropea chesignifica « girare » e « chinare », che ha prodotto parole comel'antico wyrd (fato e destino) da cui deriva l'aggettivo wired(recintato), oppure l'antico writhan (torcere e torturare) che si ètrasformato nel moderno writhe (contorcimento, convulsione). Eancora, l'antico verbo wyrgan, che significa « strangolare » ed èdiventato il nostro worry (tormento, angoscia). E qui si inserisconoanche la parola

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greca rhombus che significa « ruota magica », e l'antico inglesewyrm che significa « verme » [worm). come il latino vermis.Quindi il valore di una persona è profondamente legato aimmagini di destino, agli intrecci e alle svolte del fato, alla ruotadella fortuna. Lo stesso è vero per il denaro. Il nostro rapportocol denaro è il nostro rapporto col destino, con lo scopo, con ilfine, con la meta, il telos. Il denaro come talismano sottolineaproprio questo, e il denaro come talismano del Sé indica i modie i mezzi con cui il Sé, attraverso gli intrecci, i passaggi e lacircolazione del denaro, indica il nostro telos e ci spinge nellasua direzione. L'Io, a mio parere, ha sempre uno scopo diretto,una meta ben visibile, un fine sempre in vista. Gli occhi dell'Ioguardano sempre diritto davanti a loro, ma il Sé lavora perdistoglierci da tale linearità, e per fare questo usa il denaro. Il Séci fa girare intorno a un asse più profondo e anche tenendo gliocchi aperti non possiamo vedere dove ci condurrà. Ènecessaria una << visione » più profonda, la visione misterica. Ilsignificato fondamentale della parola mistero è « vedere con gliocchi chiusi ».C'è qualche eco di tutto questo nella parola denaro (money)? Iltermine money deriva dal medievale monie, che ha la sua radicenell'antica parola francese monoie, di genere femminile. Questaa sua volta si è sviluppata dal latino moneta — ancora unsostantivo femminile. Non è questo il luogo per approfondire ilsignificato del genere delle parole, ma è sorprendente che iltermine per indicare il denaro [money, moneta}, consideratotanto spesso una provincia del maschile, sia in realtà di generefemminile. Ma c'è anche qualcosa di più profondamente femmi-nile, oltre al genere grammaticale: Moneta è il nome latino dellamadre delle Muse, la Mnemosyne dei greci, la dea dellamemoria. Dalla matrice e dal grembo della memoria deriva lacreatività generativa delle Muse, quella che ritroviamo nelleparole che indicano l'atto del coniare, batter moneta e il denarostesso. Il denaro (money) nasconde nel suo stesso nome leMuse creative e la loro radice nella memoria.

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Ma c'è di più. Scopriamo infatti che Moneta era anche unodei nomi, un epiteto di Giunone, la Regina Madre del Ciclo.Fu proprio nel tempio di Giunone che venne coniato denaro,e avvenne nel modo seguente: un esercito romano stavaperdendo una battaglia ed era ormai quasi privo di denaro;ciò causò discordie, demoralizzazione e anche un profondoscoraggiamento. Nel tentativo disperato di trovare unasoluzione per la loro condizione, i guerrieri consultaronoGiunone. La dea li avvertì che se la loro causa era giusta ese combattevano per essa, avrebbero anche trovato ildenaro. Questa idea li rianimò e così tornarono acombattere. Ben presto arrivò da Roma anche il denaro e labattaglia fu vinta. Come tributo per il saggio consiglioricevuto, trasformarono il tempio di Giunone in una zecca,proprio come la tesoreria di Roma. Tutto questo pone lequestioni di denaro — potremmo anche dire la materia deldenaro (oro, argento e altri metalli) — nel regno dellamadre. E questo mi ricorda le tre « M » dell'analisi di cuiparlò Jung: mother (madre), matter (materia) e money(denaro). Le vediamo in questo caso nell'immagine dellamateria che viene trasformata in denaro nel tempio dellamadre.La parola moneta deriva da un verbo più antico, moneo, chesignifica « rammentare », « suggerire », « ricordare », «ammonire », « avvertire », « mettere in guardia », « istruire», « insegnare ». Nel verbo moneo possiamo vedereall'opera Mnemosyne come dea della memoria e delricordare. Nel suo ruolo di Giunone Moneta, la dea svolgevauna funzione di avvertimento. Lei infatti poteva vedere ilfuturo. Ad esempio, fu eretto un tempio in suo onore perchéaveva avvertito il popolo di un terremoto imminente. Così laparola denaro (money) contiene immagini di ricordare,avvertire, mettere in guardia, nonché il senso di istruire einsegnare attraverso il ricordo del passato. Dimenticare dipagare una cambiale o di discutere l'onorario ora possonoessere considerati come elementi della fenomenologia deldenaro nel suo carattere di memoria. Quando qualcosa nonviene ricordato, Giunone deve comunque avere quel che leè

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dovuto, e sappiamo tutti che tipo di ricompensa richiede.Dimenticarsi del denaro, non imparare dal denaro, nonascoltare gli avvertimenti del denaro, significa dimenticareGiunone.La radice di moneo è men, da cui derivano anche i terminilatini memini, mens e mentio. Memini significa «ricordare ,« rammentare », « pensare a », « fare attenzione » e «nominare una cosa ». Ci troviamo ancora di fronte aimmagini di ricordare, di riempirsi la mente con una cosa.Se il denaro è legato a tutto questo tessuto verbale, noidobbiamo prestare attenzione all'enfasi straordinariaposta sul ricordare e sulla memoria. A questo propositoc'è da dire che il denaro è solo scarsamente ricordato enominato nella letteratura analitica e molto probabilmenteanche nella pratica clinica.Mens è un sostantivo femminile che deriva dalla stessaradice e significa « mente », « cuore », « anima >>. Solopiù tardi il suo significato fu ristretto alla coscienza e intempi ancora più recenti alle facoltà intellettuali dellaragione e della razionalità. Nella sua forma personificata,Mens era la dea romana del pensiero. Una dea delpensiero! Ma anche altre dee vivono qui. Da mens derivaanche il nome Minerva, la dea della sapienza, dellariflessione, delle arti, delle scienze, della poesia e dellatessitura.Ancora altre parole si svilupparono da questa radice dibase, come monitor, mentor, monitum e monitus, cheancora una volta evocano immagini di ricordo,avvertimento e ammonimento, e si riferiscono agli effetti dioracoli, auspici e profezie. Giunone avvertì del terremotoin una profezia, e per tale avvertimento venne costruito untempio in suo onore. Certamente le immagini di profezia,auspicio e avvertimento sono strettamente in rapporto coldenaro. I mercati finanziari di tutto il mondo sono pieni dipredizioni, profezie e portenti. I consulenti finanziari sonopieni di avvertimenti, consigli, ammonimenti. Qui èall'opera Giunone Moneta.Queste immagini erano già esistenti nella Grecia antica.La parola greca per indicare il denaro, chrimatos, siriferisce anche a un responso oracolare e a un

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avvertimento divino. Quindi, con tutte queste considerazioni eriflessioni sulle immagini che stanno alla radice della paroladenaro (money), sì arriva a una connessione fondamentale tradenaro, memoria e pratiche mantiche. E a questa connessionesiamo arrivati solo osservando la storia e le origini della paroladenaro, senza usare minimamente alcuna teoria psicologica.Ciò significa che se vogliamo comprendere pienamente il nostrorapporto col denaro nell'ambito della nostra pratica analitica, eanche capire il fenomeno denaro su più larga scala, è neces-sario portare nella nostra riflessione questa rete di connessionitra denaro, memoria e pratiche mantiche, messa in evidenzaattraverso lo studio delle radici profonde, ormai dimenticate maancora attive, della parola denaro.Che cosa troveremo nelle profondità del termine Se/f (Sé)? Lasua radice risale a seu, un elemento estremamente ricco disignificati che appartiene a parole come sibling (fratello), gossip(pettegolezzo), secret (segreto), seduce (sedurre), suicide(suicidio), custom (usanza) e haetera. Non è possibile ora colle-gare tutte queste immagini al tema del denaro come talismanodel Sé. Ma il fatto che secret e self implichino la stessa radice cirammenta quanto siamo riservati (secretive) a proposito deldenaro. È molto più facile venire a sapere di analisti che vanno aletto con le loro pazienti che non riuscire a conoscere il prezzo diquesta coniunctio analitica! Ho l'impressione che possiamoparlare francamente delle relazioni sessuali — nostre e altrui —mentre lasciamo celate nel segreto le questioni di denaro. Michiedo allora se il Sé non agisca, più che nelle questionisessuali, proprio in quelle di denaro. Perché, infatti, su questesiamo tanto riservati? Perché ci è così difficile parlare del nostrorapporto col denaro anche tra di noi?Se è vero che il denaro è un talismano del Sé, è molto probabileche parlarne rivelerebbe qualcosa del nostro rapporto col Sé, ein un modo estremamente reale, forse molto più reale diqualunque altra cosa in cui ci riveliamo apertamente e di cuiparliamo

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(5) Ricordi, sogni, riflessioni diC. G. Jung, raccolti ed editi daAniela Jaffé, Milano, IISaggiatore, 1965, p. 221.

senza reticenze. Quindi c'è anche la parola etica mescolata a se/fe a secret. Come possiamo vedere il problema del denaro intermini di etica del Sé? Ricordo quanto Jung diceva sullacomprensione delle immagini che deve convenirsi in un obbligomorale e sul fatto che « sbagliare a capirle, o eludere la re-sponsabilità morale, significa privare l'esistenza della suainterezza, essere condannati a una vita penosamenteframmentaria » (5). Le immagini del denaro, il nostro stessorapporto col denaro nella pratica clinica o nella vita di ogni giorno,non possono sottrarsi a questo impegno etico. Come possiamovedere sul piano etimologico. Sé, etica e segreto sono stretta-mente interconnessi. Ora comprendo che lo scopo più profondodel segreto non è quello di coprire quello che l'Io vuolenascondere, ma mettere l'Io in rapporto con il Sé e proprio qui, insegreto, imparare a conoscere i propri obblighi morali.Spesso la rivelazione di segreti riesce a sanare l'in-consapevolezza dell'Io. Ma il rapporto segreto con il Sé non sisvela parlando, bensì mettendo in atto gli obblighi morali cheabbiamo appreso e ricordato in compagnia del Sé. E nella misurain cui queste riflessioni sono rivolte al nostro rapporto col denaro,non sarà ciò che diciamo del denaro ma piuttosto ciò che nefacciamo a rivelare pienamente la realtà del nostro rapporto eticocol Sé.Questo rapporto etico col Sé ci lega insieme in una comunità: èciò che promettiamo a noi stessi, reciprocamente l'uno all'altro ea coloro che vengono a chiedere il nostro aiuto. Quello chefacciamo col frutto del nostro lavoro con l'anima — quel freddodenaro sonante — ha molto da dirci sul nostro rapporto col Sé,col telos e con le « necessità dell'anima ». Questo denaro giungea noi già segnato dalla sofferenza spirituale dell' << altro ». Nonarriva a noi puro, ma sporco del sangue versato nelle dure bat-taglie che si svolgono nell'anima dell'altro. « II denaro è un altrotipo di sangue >> e quando circola nelle nostre mani ci riguardamolto più di quanto ci preoccupiamo di sapere.« La tua cassetta di sicurezza è vuota ». Questa frase

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udita in sogno impressionò talmente un mio paziente da farloprecipitare in banca per controllare i suoi vari depositi. Il fattoche in realtà non mancasse niente fu un grande sollievo, tuttaviail sogno provocò in lui un profondo turbamento. Diceva di averperduto dei valori interiori e io gli ricordai che non aveva maiprovato il senso dei valori interiori, che aveva investito tutta lasua vita e il suo sentimento nel far denaro, e nell'esercitare ilpotere che il denaro conferisce. Egli in realtà non aveva perdutonulla: non c'era mai stato niente ed è per questo che la cassettaè vuota. A volte, quando mi trovo davanti a una parola che micolpisce intensamente, mi pare molto produttivo esaminarlaattentamente proprio in quel momento emotivo. Inquell'occasione presi il dizionario e semplicemente lessi leimmagini elencate sotto la voce vuoto:

privo di contenutoche non contiene nullavacante, disabitatosenza caricosenza scopo, senza sostanzavanodigiunoaffamatosprovvisto e indigentevuoto.

Mentre pronunciavo lentamente e con sentimento i varisignificati della parola, gli occhi del mio paziente siriempirono di lacrime. Le parole lo avevano toccato eavevano fatto emergere in lui il sentimento, che siesprimeva proprio nelle lacrime. Quando gli dissi che laparola vuoto deriva da un antico termine che significa «sonno » e << ozio », egli comprese immediatamente lavacuità della sua vita « oziosa ». La radice indoeuropea divuoto (empty) è med, che significa « prendere misureappropriate ». Era il momento — gli dissi — di prenderemisure appropriate. Un verbo latino, legato alla stessaradice, è mederi, che significa « provvedere, curare,sanare », da cui si sono formate le parole « medicina » e« rimedio ». Sembrava una cosa singolare che la parolavuoto

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(empty) appartenesse allo stesso nucleo verbale di «curare e « sanare ». Dissi allora che la medicina, ilrimedio doveva trovarsi nel vuoto — proprio in quellacassetta vuota del sogno.Un'altra parola legata alla stessa radice è il latinomeditar!, che significa « pensare a », « considerareprofondamente », « riflettere », da cui ha origine il nostro« meditare >> . La parola stessa chiede dunque alsognatore di meditare e riflettere sul vuoto. Un altrotermine latino appartenente a questo contesto è modus, «misura », « limite », « modalità », « armonia », « melodia». Il lavoro analitico deve essere per lui un misurarsi, unoscoprire i propri limiti, la propria modalità, trovarel'armonia e la melodia nella sua estensione. Tutto questoera lì nel vuoto. Da questo antenato latino derivano leparole inglesi mode, model, modern, modify, mold,commode, commodius e commodity.Il paziente meditò sulla cassetta vuota, ma non successemolto perché non era abituato a tali sforzi introspettivi.Quella notte ebbe un sogno nel quale un trovatello gli siavvicinava mentre lui saliva sulla sua limousine. Ilbambino gli disse: « Lo troverò per un penny ». Ilsognatore allora prese il portafogli, ne trasse un rotolo dibanconote e diede al bambino un foglio da 50 dollari. «No », gli disse il fanciullo, « per un penny ». Ma né ilsognatore né il suo autista avevano in tasca un penny. Ilbambino allora scappò via e il sognatore si svegliò inpreda al panico.Vediamo qui un motivo tipico delle fiabe: una cosa priva divalore che assume il massimo valore. Ma io puntail'attenzione su un tema più sottile, cioè sul fatto che lamoneta serviva per mettere in moto la ricerca di qualcosa(« io troverò »). Il sognatore allora comprese che il «qualcosa » era la relazione profonda con l'anima: lamancanza di questa relazione toglieva significato a tuttala sua fortuna e ricchezza. Era questo il modo, il rimedio,la medicina per il vuoto.Già da tempo sono convinto che davanti a sogni checontengono immagini di denaro sia necessario rivolgersiinnanzi tutto al rapporto che il sognatore ha

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con il denaro nella realtà. Che si può dire dei penny ? IIsognatore rivelò che aveva l'abitudine di rifiutare i penny inqualunque transazione, e che Io aveva fatto per anni. Nonaccettava mai penny di resto. Cercando di comprendere leragioni di questo rifiuto, scoprimmo che non gli importava il fattoche fossero di scarso valore (come il motivo fiabesco ci avrebbeindotto a credere), ma piuttosto che fossero di rame (copper).Lui accettava solo spiccioli d'argento. In questo modo capiianche — almeno a livello empatico — perché la scatola dimonetine della mia infanzia non avrebbe mai potuto conteneremonete di rame. Dovevano essere d'argento, perché quell'uomoodiava il rame: odiava proprio il metallo che gli era necessarioper trovare la strada che conduceva all'anima.Lui non riuscì a ricordare che cosa avesse fatto nascere in luiquesta avversione contro il rame e contro i penny. Parlava peròdella sensazione irrazionale che se avesse accettato i penny glisarebbe successo qualcosa di terribile. Si sottraeva a questitimori evitando scrupolosamente di toccare i penny. Proprio quiè la rete di interconnessioni tra denaro, memoria e pratichemantiche di cui ho parlato prima. Si vede chiaramente come ildestino di quest'uomo sia inestricabilmente legato a questemonete, come il penny sia il prezzo per trovare la connessionecon l'anima, come la sua relazione con il rame produca il vuotodell'incompletezza, come questo strano « volgersi degli eventi>> lo abbia sconvolto e come l'ironia della sorte, per cui unuomo così ricco si trova a non avere un penny, lo abbia messodi fronte al suo destino, facendolo precipitare in una profondainquietudine. E come sempre, mi sono soffermato sulla parolacoppe/- (rame) legata al latino Cyprum, derivato a sua volta dalnome greco dell'isola di Cipro. E da qui proveniva nell'antichità ilrame della migliore qualità. Si ritiene che Cyprus derivi dagopher, che è il nome ebraico dell'albero che fornì il legno percostruire l'arca. Questa immagine evocò in lui il ricordo rimossodi un prete che lo picchiò sulle mani poiché lo aveva scopertomentre cercava di rubare alcuni

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penny rimasti sul piatto delle offerte. Anche il prete,probabilmente, preferiva l'argento!Un altro mio paziente aveva l'abitudine di pagarmi con unassegno all'inizio di ogni seduta, e generalmente lo compilava inperfetto silenzio. Una volta mi disse: «Che cosa le è accadutoquesta settimana?» Non mi venne in mente nulla della settimanache era trascorsa, e mentre mi sforzavo di ricordare qualcosa,egli aggiunse: «No, aspetti finché le ho dato l'assegno. Gli deipotrebbero non gradire che si cominci prima che io abbiapagato». Era chiaro che per questo paziente il pagamento nonera rivolto a me ma agli dei. E sebbene lo avesse detto con tonoscherzoso, io prestai orecchio a quello che c'era di serio nellesue parole. Secondo me era un'offerta mantica per propiziarsi glidei e assicurarsi la loro benevolenza. Mi diede l'assegno: eraintestato a me, naturalmente, ma era diretto agli dei. Cosa sideve fare di tale offerta? Qualcosa che viene accettato comeparte di un rituale sacro deve essere usato per fini altrettantosacri. Non è questo uno dei modi in cui il denaro sacralizza illavoro? Cominciai allora a riflettere sull'uso a cui avrei potutodestinare quel denaro. Mi chiedevo se, spendendolo perqualcosa di diverso da uno scopo sacro, non avrei in qualchemodo influenzato il processo in cui eravamo impegnati. Alla finedella seduta avevo completamente dimenticato queste mieelucubrazioni, misi l'assegno insieme agli altri e li mandai tutti inbanca. Noi siamo spesso estremamente scrupolosi nel tenereseparati i nostri pazienti, arrivando a manovre complicatissimeper evitare anche che si vedano, oppure che rimangano nellostudio le tracce del paziente precedente. Mettendo il denaro deinostri pazienti in un unico fondo indifferenziato, spezziamo laconnessione tra la provenienza di quel denaro e il suo destino.Mi resi conto di essere veramente tormentato da questaimmagine del denaro come portatore di una parte dell'anima deimiei pazienti, e dall'idea che il mio modo di usarlo potesseinfluenzare non solo la mia anima ma anche la loro. Dentro dime qualcosa gridava: « Non ha importanza, non ha impor-

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tanza! ». Ma non riuscivo a crederci. In qualche modo deveavere importanza. « Sciocchezze », dicevano le voci in coro.Forse è proprio così, ma supponiamo che i nostri pazienti cipaghino non con assegni, né con denaro contante, ma con benie servizi, come avveniva nell'antichità. In questo caso le uovache mangi sono quelle portate da quella donna isterica, la stoffadei tuoi pantaloni è stata portata da quell'uomo depresso chenon riesce a entrare nella vita, il tetto della tua casa è statocostruito da quell'alcolista che picchia la moglie, il tuo giardino ècurato da quella donna con un terribile transfert erotico. Tuttociò potrebbe avere le conseguenze più incredibili. Da questopunto di vista, spezzare la connessione tra il denaro dei nostripazienti e ciò che ne facciamo, dissolvendolo in un fondounitario, ci permette di rimanere inconsci di tutte queste cose.Recentemente sono stato consultato da uno psicoterapeuta perun problema che non sapeva risolvere. Era sposato e avevauna vita familiare stabile, ma per varie ragioni si trovavaimpegnato nella relazione con un'altra donna. Il suo problemanon era un conflitto per questa relazione extraconiugale, anzinon aveva alcuna difficoltà in questo senso. Il suo era unproblema dì denaro. La sua amica, infatti, spendeva molto e luisi era impegnato a contribuire finanziariamente, pagandolel'affitto di casa, comprandole vestiti e così via. Ma si erapresentato più generoso di quanto fosse realmente. Per uncerto tempo non ci sono state difficoltà, poi i costi semprecrescenti di questa relazione diventarono un problema serio, elui non riusciva a trovare alcun modo di eliminare o almenoridurre le spese. Così divenne depresso e questo in generefaceva sì che egli si occupasse ancora di più della donna, percercare di alleviare la depressione.Dopo aver ascoltato con attenzione la sua storia, gli chiesi chistesse pagando per quella relazione. Lui, naturalmente. E dadove veniva il denaro? Quasi tutto il suo reddito proveniva dallavoro psicoterapeutico privato. Poi abbiamo parlato di quantoeffettivamente

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lui spendesse: andava dai 1.000 ai 1.500 dollari al mese. Glichiesi allora di immaginare la fonte precisa di questa somma.Non capì. Il denaro proveniva dai contanti che aveva con sé, dalconto corrente e dai libretti di risparmio. Sì, gli dissi, ma questodenaro ha una provenienza ben precisa: Il paziente A ti paga400 dollari al mese, il paziente B 200 dollari, e così via. Questesono somme concrete che vengono dalle singole persone chefrequentano il tuo studio. Puoi specificare quali tuoi pazientipagano per questa relazione?Lui si arrabbiò e mi accusò di fare il moralista, di cercare di farlosentire in colpa, lo non ho ribattuto, ma quando si fu calmato gliripetei semplicemente la domanda.Non sapevo perché ponessi la domanda in quel modo. So peròche l'arte dell'analista consiste spesso nel trovare la domandagiusta. Non so neanche se quella lo era. Ma mentre parlavo conlui, la mia mente correva al mio personale comportamento coldenaro e ponevo a me stesso la domanda che avevo fatto a lui.A quel tempo avevo appena cominciato a considerare lapossibilità che ci fosse un legame tra ciò che un paziente da ame e quello che io ne faccio. Ero stato sufficientementeaddestrato al modo di trattare tutti i tipi di atteggiamenti,sentimenti e comportamenti del paziente nei confronti deldenaro, ma nessuno mi aveva avvertito che ciò che io facevodel loro denaro poteva avere qualche significato per il lavoroanalitico.Diamo per scontato, per un momento, che il denaro chericeviamo da un paziente porti davvero qualcosa della suaanima, o della sua psiche, del suo valore o della sua energia.Questo denaro allora personifica il paziente e, come homostrato prima, esprime qualcosa del suo telos, del suo destino.Quindi il suo denaro è una sostanza, un metallo, una moneta,un talismano trasformativo che arriva nelle nostre mani inpagamento per il nostro tempo, la nostra energia, il nostroamore, il nostro valore. E allora la nostra coscienza di analistinon ci chiede di esaminare il modo in cui lo trattiamo? Il destinodi questo

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denaro ha qualche effetto sul processo analitico? Il meseprossimo devi pagare un debito, oppure ti serve deldenaro per un tuo passatempo segreto: puoi deciderecoscientemente di quale paziente userai il denaro inquesto modo? Certo è più facile spezzare ogniconnessione tra i singoli pazienti e il pagamento dellenostre spese personali. È quello che facciamo quandomescoliamo insieme il loro denaro. Ma possiamoprendere tali decisioni? E su quali basi si dovrebberoprendere? Oppure sarebbe meglio tenere inconsciaquesta possibilità, e non mescolare il destino del denaroche riceviamo dai pazienti in modo così intricato eindividualizzato con la nostra vita personale? Ma questa èsolo una finzione. Non c'è alcun modo, secondo me, perevitare che i nostri pazienti entrino nella nostra vitapersonale perché il fondamento finanziario della nostraesistenza — almeno per molti di noi — è dato proprio daipazienti. Questo problema fa sorgere difficoltà enormi eora non c'è tempo per esaminarle in modo adeguato.Devo accontentarmi di sollevare soltanto il problema.Inoltre, come in ogni ora analitica, il tempo a disposizionefinisce proprio nel momento critico, lasciandoci non condelle risposte ma con domande significative.

Trad. di LUCIANA BALDACCINI