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27 Dalla Parte dei Vaccini Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica Il counselling in pediatria per la vaccinazione anti papillomavirus umano (HPV) Raffaele Arigliani * , Francesca Relativo ** * Pediatra di Famiglia, Docente di Counselling in Pediatria SUN Napoli, Direttore Scientifico IMR S.r.L, Benevento raff[email protected] ** Pedagogista Specialista in Counselling, Cividade (Udine) Premessa: la vaccinazione anti HPV Recentemente è stato introdotto in Italia il vaccino contro il papilloma virus (HPV) (Gardasil, Sanofi Pa- steur MSD). Il vaccino è stato approvato dalla FDA, dall’EMEA e dall’AIFA, ed è quindi disponibile anche in Italia (approvato dai 9 ai 26 anni). Per il vaccino vac- cino bivalente (Cervarix, GlaxoSmithKline) il dossier per l’approvazione del vaccino è stato presentato al- l’EMEA e se ne attende l’esito. La finalità principale della vaccinazione verso Papillo- mavirus Umano (HPV) è quella di prevenire il tumore del collo uterino e le relative lesioni precancerose, in seconda istanza di ridurre l’incidenza di altri tumori genitali associati al virus ed, infine, le lesioni benigne causate dallo stesso, come i condilomi acuminati. L’infezione da HPV viene acquisita dopo l’inizio del- l’attività sessuale. I vaccini non sembrano capaci di far regredire le lesioni in atto. Ne deriva che dovreb- bero essere vaccinate le ragazze pre-puberi o nel pri- mo periodo adolescenziale, così come le donne che non hanno ancora avuto rapporti sessuali (da ricor- dare che la trasmissione avviene anche per rappor- ti non penetrativi). Anche le giovani donne che han- no una vita sessualmente attiva potrebbero giovarsi della vaccinazione, poiché molte potrebbero non es- sere ancora state contagiate da uno o più dei tipi di HPV contenuti nel vaccino. Nei trial clinici per valuta- re l’efficacia preventiva con il vaccino quadrivalente (popolazione totale piu di 20.000 soggetti) le ragazze arruolate, dai 16 ai 26 anni, erano già sessualemente attive o in procinto di esserlo(eta media primo rap- porto 17 anni circa). L’età media all’arruolamento del campione risultava di circa 20 anni, quindi a tre anni di media dal debutto sessuale solo il 25% circa sono risultate positive ad almeno un tipo di HPV vaccinale, mentre la maggior parte di esse erano ancora naive a tutti e quattro i tipi contenuti nel vaccino 1 . L’ACIP raccomanda l’uso routinario del vaccino in ra- gazze di 11-12 anni (età minima 9 anni) e catch-up vaccination nelle donne di 13-26 anni, indipenden- temente dal fatto che siano sessualmente attive 2 . Secondo l’American Cancer Society 3 anche le donne di 13-18 anni andrebbero vaccinate, per recuperare quelle non vaccinate in precedenza o completare i ci- cli incompleti. In Italia, dopo il parere favorevole del Consiglio Superiore di Sanità e la presa d’atto dell’AI- FA 4 , è stato registrato il vaccino quadrivalente per bambine/donne dai 9 ai 26 anni. È prevista la vacci- nazione attiva e gratuita della coorte di ragazze dodi- cenni (Gazzetta Ufficiale n. 52, 3 marzo 2007). La Società Italiana di Pediatria (SIP) ha organizzato una Consensus Conference a Torino il 9-10 marzo 2007 sulla vaccinazione antipapilloma virus e ad essa si ri- manda per gli indispensabili approfondimenti relati- vi alla epidemiologia ed evolutività dell’infezione da HPV, sicurezza ed immunogenicità dei vaccini, durata della protezioni, strategie vaccinali 5 . Ci sembra però doveroso riportare sinteticamente alcuni dei punti di conclusioni del documento: 1. La vaccinazione va offerta prioritariamente a sog- getti di sesso femminile prima dell’inizio dell’at- tività sessuale. La vaccinazione può rivelarsi utile anche in ragazze e donne di età maggiore, specie se non ancora sessualmente attive (le indicazioni autorizzate per il vaccino quadrivalente sono dai 9 ai 26 anni). 2. L’implementazione della vaccinazione non deve ridurre la prevenzione secondaria del cancro del- la cervice attraverso lo screening di massa con Pap test.

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Dalla Parte dei Vaccini

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica

Il counselling in pediatria per la vaccinazione anti papillomavirus

umano (hpv)

Raffaele Arigliani*, Francesca Relativo**

* Pediatra di Famiglia, Docente di Counselling in Pediatria SUN Napoli, Direttore Scientifico IMR S.r.L, Benevento [email protected]

** Pedagogista Specialista in Counselling, Cividade (Udine)

Premessa: la vaccinazione anti hPv

Recentemente è stato introdotto in Italia il vaccino contro il papilloma virus (HPV) (Gardasil, Sanofi Pa-steur MSD). Il vaccino è stato approvato dalla FDA, dall’EMEA e dall’AIFA, ed è quindi disponibile anche in Italia (approvato dai 9 ai 26 anni). Per il vaccino vac-cino bivalente (Cervarix, GlaxoSmithKline) il dossier per l’approvazione del vaccino è stato presentato al-l’EMEA e se ne attende l’esito. La finalità principale della vaccinazione verso Papillo-mavirus Umano (HPV) è quella di prevenire il tumore del collo uterino e le relative lesioni precancerose, in seconda istanza di ridurre l’incidenza di altri tumori genitali associati al virus ed, infine, le lesioni benigne causate dallo stesso, come i condilomi acuminati. L’infezione da HPV viene acquisita dopo l’inizio del-l’attività sessuale. I vaccini non sembrano capaci di far regredire le lesioni in atto. Ne deriva che dovreb-bero essere vaccinate le ragazze pre-puberi o nel pri-mo periodo adolescenziale, così come le donne che non hanno ancora avuto rapporti sessuali (da ricor-dare che la trasmissione avviene anche per rappor-ti non penetrativi). Anche le giovani donne che han-no una vita sessualmente attiva potrebbero giovarsi della vaccinazione, poiché molte potrebbero non es-sere ancora state contagiate da uno o più dei tipi di HPV contenuti nel vaccino. Nei trial clinici per valuta-re l’efficacia preventiva con il vaccino quadrivalente (popolazione totale piu di 20.000 soggetti) le ragazze arruolate, dai 16 ai 26 anni, erano già sessualemente attive o in procinto di esserlo(eta media primo rap-porto 17 anni circa). L’età media all’arruolamento del campione risultava di circa 20 anni, quindi a tre anni di media dal debutto sessuale solo il 25% circa sono risultate positive ad almeno un tipo di HPV vaccinale,

mentre la maggior parte di esse erano ancora naive a tutti e quattro i tipi contenuti nel vaccino 1. L’ACIP raccomanda l’uso routinario del vaccino in ra-gazze di 11-12 anni (età minima 9 anni) e catch-up vaccination nelle donne di 13-26 anni, indipenden-temente dal fatto che siano sessualmente attive 2. Secondo l’American Cancer Society 3 anche le donne di 13-18 anni andrebbero vaccinate, per recuperare quelle non vaccinate in precedenza o completare i ci-cli incompleti. In Italia, dopo il parere favorevole del Consiglio Superiore di Sanità e la presa d’atto dell’AI-FA 4, è stato registrato il vaccino quadrivalente per bambine/donne dai 9 ai 26 anni. È prevista la vacci-nazione attiva e gratuita della coorte di ragazze dodi-cenni (Gazzetta Ufficiale n. 52, 3 marzo 2007).La Società Italiana di Pediatria (SIP) ha organizzato una Consensus Conference a Torino il 9-10 marzo 2007 sulla vaccinazione antipapilloma virus e ad essa si ri-manda per gli indispensabili approfondimenti relati-vi alla epidemiologia ed evolutività dell’infezione da HPV, sicurezza ed immunogenicità dei vaccini, durata della protezioni, strategie vaccinali 5. Ci sembra però doveroso riportare sinteticamente alcuni dei punti di conclusioni del documento:1. La vaccinazione va offerta prioritariamente a sog-

getti di sesso femminile prima dell’inizio dell’at-tività sessuale. La vaccinazione può rivelarsi utile anche in ragazze e donne di età maggiore, specie se non ancora sessualmente attive (le indicazioni autorizzate per il vaccino quadrivalente sono dai 9 ai 26 anni).

2. L’implementazione della vaccinazione non deve ridurre la prevenzione secondaria del cancro del-la cervice attraverso lo screening di massa con Pap test.

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Viene inoltre sottolineato che: 1. per avere successo la vaccinazione deve essere

preceduta ed accompagnata da una chiara volon-tà politica;

2. dalla disponibilità delle risorse necessarie; 3. da una implementazione razionale e da una cam-

pagna d’informazione mirata che renda accetta-bile e condivisa la vaccinazione alla popolazione generale, in cui tra l’altro si sottolinei che la vacci-nazione non protegge dalle numerose altre ma-lattie sessualmente trasmesse.

Poiché si tratta di un’infezione trasmessa per via ses-suale, oltre ad un conoscenza approfondita della te-matica, si rendono necessari da parte del medico at-tenzione e sensibilità nel dialogo con le ragazze ed i genitori, al fine di chiarire gli obiettivi della vaccina-zione anche vincendo una certa reticenza che talora emerge da indagini specifiche.A chiusura del documento 6 si ribadisce, tra l’altro, che: “la strategia vaccinale non si esaurisce nel sem-plice atto vaccinale… Il ruolo del pediatria è quello di fornire informazioni alla famiglia, alle bambine, e alle adolescenti sulle modalità di trasmissione dell’in-fezione da papilloma virus, sul rapporto tra infezione e cancro dell’utero, sulla efficacia e sulla sicurezza del vaccino, sulle modalità di somministrazione, sull’inte-

grazione della vaccinazione con le altre strategie pre-ventive (Pap test)… Il pediatra si impegna a fornire informazioni nel rispetto dei valori, delle opinioni, dei principi etici della famiglia e nel rispetto della singo-la persona e delle sue autonomia di scelta per salva-guardare la propria salute…”Sul numero di maggio 2007 della rivista MeB, in un editoriale su questa vaccinazione, viene tra l’altro sol-levata la domanda “i pediatri hanno ricevuto negli anni una formazione adeguata per ascoltare e dare risposte costruttive sulla salute sessuale degli adolescenti?” 7. In questo contesto si inserisce il nostro lavoro, che fo-calizza l’attenzione particolarmente sul pediatra nel-la considerazione che lui è l’unico professionista della salute è in contatto “da sempre” con le loro famiglie e le bimbe che si avviano all’adolescenza, quindi parti-colarmente indicato per la comunicazione su aspetti delicati. È quindi ragionevole pensare che il pediatra, in sintonia e ben integrato con gli operatori di sanità pubblica, rappresenterà la figura centrale per il suc-cesso della strategia vaccinale per buona parte della popolazione target. Con il nostro articolo si vorrebbe perciò iniziare un approfondimento sul senso del counselling in occa-sione della vaccinazione anti HPV, consapevoli che l’argomento avrà necessità di essere ulteriormente e più ampiamente trattato.

Counselling e vaccino hPv

Il documento SIP sottolinea la necessità che il pe-diatra, nel proporre la vaccinazione per l’HPV, debba avere abilità di counselling. Ciò perché con questo vaccino egli incontra due te-mi delicati e essenziali di educazione sanitaria: la ses-sualità e la prevenzione del tumore alla cervice. Si en-tra quindi nel campo della vita sessuale e degli stili di vita della adolescente, nel territorio dei valori eti-ci personali e familiari: vi è necessità di muoversi nel pieno rispetto della privacy, della scelte individuali, anche quando queste fossero diverse dalle proprie, in atteggiamento che unisca capacità di informazio-ne e abilità di ascolto, condivisione empatica, facili-tazione. La questione, autorevolmente sollevata, se i pedia-tri italiani hanno tempo e attitudine culturale (for-mazione individuale e curriculare) per svolgere tale funzione appare rilevante. Certamente la formazione al counselling non rientra nel corso di studi tradizio-nali del pediatra e da tempo si afferma la necessità che ciò avvenga, senza peraltro un effettivo riscon-tro sia nei percorsi di specializzazione che in quelli Fontana con lavatoio, Villa Lagarina (TN) - Ermanno Baldo

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di aggiornamento medico continuo (ECM) 8. I pedia-tri italiani hanno consapevolezza che il counselling è prezioso in tutti gli ambiti dell’attività professionale, ma particolarmente in quelli complessi (ad esempio malattia cronica, comunicazione di lutto, ecc…) o di educazione sanitaria (vaccinazioni, prevenzione obe-sità ecc…). Un intervento di counselling vaccinale in pediatria si compone di tre aspetti (per approfondimenti vedi bi-blio 9):La “conoscenza tecnica adeguata” (che chiameremo CTA) della malattia, del vaccino, del tema educativo, ecc…La “capacità di comunicazione” (che chiameremo CDC): trasmettere le informazioni secondo un “lin-guaggio” verbale e non verbale comprensibile all’in-terlocutore;La “capacità di relazione empatica” (CRE): riuscire a guardare la patologia (o nel caso delle vaccinazioni l’intervento di prevenzione) almeno un po’ dal punto di vista cognitivo-emozionale dell’interlocutore (fa-miglia-paziente), che deve percepire lo sforzo del pe-diatra di mettersi “almeno un po’ nei suoi panni” L’intervento di counselling in pediatra nasce da tut-te e tre queste abilità e potremmo definirlo sinteti-camente: “quell’insieme di azioni rivolte al bambino/adolescente e alla famiglia che facilitano la risoluzio-ne dei problemi individuali, puntando ad accrescere l’empowerment personale e sociale, nel rispetto delle differenze, delle specificità, dei diritti, sia del paziente che del sanitario”.Se volessimo dare la definizione di un pediatra che applica con consapevolezza e professionalità abilità di counselling in ambito vaccinale potremmo quindi parlare di un pediatra “facilitatore”. Non si chiede al pediatra di fare lo psicologo dilettante o l’assistente sociale o il confessore, bensì di essere in grado di co-gliere le vere domande e saper dare risposte che la paziente e la famiglia comprendano e possano vera-mente aiutali a scegliere. Cerchiamo quindi di focalizzare più nel dettaglio il senso ed i limiti dei tre momenti essenziali, di cui ab-biamo sopra dato le definizioni del counselling vac-cinale.

La “conoscenza tecnica adeguata”

La CTA fa la differenza tra un pediatra adeguatamente colto e uno ignorante. Oggi l’evidence based medicine (EBM) pone una chiara discriminante tra le rispettabi-li opinioni individuali (che nascono da un’esperienza soggettiva) con quanto ha una dimostrata efficacia.

L’EBM non comprende tutto lo scibile pediatrico, sap-piamo bene come in molti campi le incertezze supe-rino le certezze. Nel caso della vaccinazione per l’HPV al momento la comunità scientifica ha pochi dubbi nel valutare positivamente tale vaccinazione, pur con dei distinguo sulle più opportune strategie (vedi do-cumento SIP). Tuttavia la CTA è una conoscenza tec-nica, espressa in termini tecnici nei documenti. Pren-diamo brani a caso del documento SIP: “L’HPV è un virus a DNA… Sono stati identificati oltre 120 tipi di HPV, di cui 40 possono causare infezioni genitali… La prevalenza dell’infezione da HPV è cor-relata all’età della donna… L’infezione da HPV è di so-lito autolimitante… L’infezione può altresì rimanere silente nelle cellule basali… Il modello di carcinoge-nesi cervicale segue un percorso plurifasico multifat-toriale… La miglior strategia per la prevenzione se-condaria del cancro della cervice rimane ad oggi lo screening colpo-citologico con Pap test…”.Queste frasi sono evidentemente state scritte per essere lette dai pediatri. Evidentemente nessun pe-diatra si sognerebbe di parlare in questi termini per spiegare il vaccino ad una ragazza ad una famiglia, rendendosi conto che molti vocaboli, concetti, riferi-menti, non sarebbero comprensibili a chi non è ad-detto ai lavori. Bisogna evidentemente fare un’opera

Fontana botticella, Roma - Giancarlo Tancredi

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di “traduzione”: ma come avviene per le lingue non tutti siamo bravi a tradurre allo stesso modo, ad al-cuni riesce meglio, ad altri peggio! Per aiutare i meno bravi (ma credo che tutti ce ne potremmo giovare!) sarebbe pertanto utile (indispensabile!) che le Socie-tà Scientifiche e le Istituzioni Sanitarie, con l’aiuto di esperti nel campo della comunicazione, realizzasse-ro documenti “divulgativi”comprensibili all’utente. In questo sforzo bisognerebbe tenere conto che ogni età ha il suo linguaggio! Parlare a genitori e a una ragazza di 12 anni è cosa ben diversa che rivolger-si ad un’adolescente di 15-16 anni o ad una giovane donna di 20. Inoltre la realtà multietnica e multicul-turale che si vive in varie parti d’Italia ad alto indici d’emigrazione, imporrebbe una traduzione (lettera-le ma a volte anche una revisione dei contenuti sulla base delle specificità culturali). Ipotizzabile sarebbe quindi realizzare almeno tre tipologie di opuscoli di-vulgativi sul vaccino, da consegnare “brevi manu” dal medico nell’ambito del colloquio di spiegazione del-la vaccinazione, consapevoli che un depliant ha una capacità d’informazione, se unico strumento, molto limitata.

La “capacità di comunicazione”

Le informazioni date in linguaggio comprensibile per chi ascolta sono solo il primo passo di una comunica-zione efficace. La discriminante che farà la differen-za sarà la “capacità di comunicazione” (CDC). Faccia-mo un esempio: si è appena concluso su radio due l’esilarante trasmissione di Fiorello dal titolo “Viva ra-dio due”. L’artista riusciva a trasferire ilarità e a susci-tare buon umore, tanto da dare un spinta di allegria all’intero pomeriggio. Egli catturava l’attenzione del-l’ascoltatore. Per farlo erano indispensabili due pas-saggi. Il primo era che l’ascoltatore accendesse la ra-dio e si “sintonizzasse” sulla lunghezza d’onda di ra-dio 2. Il secondo che Fiorello utilizzasse “strumenti di comunicazione” utili a captare l’interesse degli ascol-tatori.Non credo si possa (si debba) chiedere ai pediatri di diventare dei comunicatori alla Fiorello o alla Piero Angela o alla Enzo Biagi. Tuttavia nessun professio-nista può oggi pensare che la “parola” da sola sia la vera e soprattutto la più potente arma per comunica-re. È stato ampiamente dimostrato che nella comuni-cazione si trasmette, con le parole pronunciate in un linguaggio comprensibile, non più del 20% di ciò che rimarrà nella memoria dell’interlocutore. Nella comu-nicazione professionale, la trasmissione di contenu-to è legata all’80% alla comunicazione non verbale.

Cioè: • il contesto dove avviene il dialogo: la sala d’atte-

sa più o meno accogliente, i mobili e l’insieme de-gli arredi, il tempo dedicato al paziente, il tempo d’attesa, ecc…

• le modalità di accoglienza una volta entrati in stanza: se vi è stato un sorriso, una stretta di ma-no, uno sguardo diretto o sfuggente, se si è mo-strata attenzione al bambino, ecc…

• il tono della voce, la cadenza, la sicurezza mostra-ta nel dire le cose, la tipologia delle frasi (smozzi-cate, complete, ecc…), lo sguardo, le interruzio-ni volontarie o involontarie (ad esempio accettare telefonate mentre parliamo), ecc…

In genere i medici e gli “intellettuali” hanno una gran-de fiducia nelle “parole” e spesso una buona domi-nanza del contenuto verbale dei discorsi. L’attenzio-ne al non verbale e al paraverbale sono spesso infe-riori. Imparare ad accrescere la propria capacità di co-municazione ponendo attenzione ai fattori della co-municazione non verbale aiuterà il professionista a trasmettere in maniera efficace anche nel campo del-la consulenza vaccinale 10.

La “capacità di relazione empatica”

Al momento del colloquio sarà essenziale, per entra-re e rimanere in “sintonia” con il paziente, porre atten-zione ad alcune variabili essenziali: • il modo con cui inizia il dialogo (ad esempio la-

sciando spazio ai motivi della visita, lasciando tempo per esprimersi, ecc…);

• al tipo di domande che poniamo (chiuse, aperte, ecc…);

• al tipo di risposte (che dovrebbero essere non giudicanti, non frettolose, attente a lasciare spa-zio a repliche);

• allla capacità di focalizzare e contestualizzare il problema, che permetterà di orientare il dialogo verso obiettivi condivisi nel rispetto del tempo, in genere limitato, che abbiamo a disposizione.

Tra gli atteggiamenti comunicativi l’ascolto empati-co o ascolto profondo è quello che, in molti casi, si rivela il più potente. È caratterizzato da un elemento essenziale: il focus dell’attenzione non è concentra-to su di me operatore, o sulle cose che devo dire, ma sul paziente. Ritorna il concetto d’empatia cui prima accennavamo: è riuscire a concentrarci sull’altro, te-si a vedere “almeno un po’” il mondo dal suo punto di vista, tanto da fare emergere un eventuale proble-ma o emozione che intuisco l’altro stia provando ma che viene esplicitata solo parzialmente (parleremo in

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questo caso di fare emergere l’intrinseco al di la del-l’estrinseco, vedi Box 1). L’ascolto empatico è indicato, e in molti casi indispen-sabile, in tutte quelle situazioni in cui mi accorgo che “l’altro” è in difficoltà. Con l’ascolto empatico vi sono più probabilità di riuscire a cogliere il vero “bisogno”, quindi orientare la successiva risposta sulla vera do-manda, non perdendo tempo a spiegare o a parla-re di argomenti che in effetti non rappresentano un problema vero per l’interlocutore. L’ascolto empatico è spesso la strada maestra perché scatti la “relazione empatica” (RE): l’altro si sente ca-pito ed accettato per quello che è, anche se ha idee, cultura, status sociale diversi. Quando si sviluppa una relazione empatica il pazien-te con “annebbiamento emozionale” (vedi Box 1), scarsamente recettivo, è ritornato ad essere un pa-ziente avviato a costruire con il medico quello che consideriamo il goal di ogni rapporto medico-pa-ziente: l’alleanza terapeutica (vedi Box 2), caratteriz-zata da un reciproco rapporto di fiduciaPerché possa realizzarsi l’ascolto empatico vi sono però delle condizioni “ambientali” che possono in-fluire negativamente se assenti:• sono sicuro degli aspetti tecnici dell’informazione

vaccinale;• ho padronanza sufficiente degli strumenti di co-

municazione; • ho a disposizione tempo adeguato; • sufficiente serenità interiore; • non sono infastidito da ciò che l’altro ha fatto o

detto;• riesco a sospendere il mio giudizio su ciò che l’al-

tro è o fa.Nella realtà quotidiana dobbiamo fare i conti con le criticità organizzative e di tempo, con il fatto che noi stessi non siamo delle “macchinette” ma “persone”, con le fragilità personali e di contesto. Il counselling non nega queste fragilità, al contrario è da esse che parte cercando di contestualizzare gli interventi. Vi è poi la “variabile” paziente, non tutti “semplici” e col-laborativi! In uno sforzo di schematizzazione potrem-mo individuare tre tipologie di situazione o pazienti: Il primo paziente (PP) è interessato a qualsiasi co-sa vogliamo dirgli, perché ci riconosce autorevolez-za come pediatri e vi è reciproca fiducia. È attento e rispettoso, pronto a recepire ed a mettere in pratica ciò che gli consiglieremo (ma perché non sono tut-ti così i pazienti!!??). Attivare e mantenere la sintonia appare facile, anche se è sempre necessario non ab-bassare la guardia: ricordiamo infatti che la dinamica del rapporto interpersonale è assolutamente fluida ed è possibile che alcuni argomenti siano facili da af-

frontare, altri no, spesso imprevedibilmente. Il pedia-tra Facilitatore sarà in grado di cogliere i momenti in cui l’altro è “sintonizzato” da quelli in cui deve passare dall’essere comunicatore all’essere ascoltatore. Il secondo paziente (SP) ci riconosce autorevolezza ma “non è in grado” (o lo è in misura assai ridotta) di recepire i contenuti di ciò che noi vorremmo comu-nicargli sul vaccino per una serie di motivi quali, ad esempio (ma ne potremmo avere una serie lunghis-sima!):• ha altre preoccupazioni che gli stanno al cuore;• non si aspettava di sentire parlare di vaccini al-

l’età della figlia e francamente non è interessato: pensa siano ben altre le priorità (la scuola che non va, gli spinelli che ha trovato nella sua borsetta, ecc…);

• è un fautore di approcci medici naturalistici che negano l’utilità dei vaccini ed è prevenuto e sfa-vorevole a qualsiasi vaccinazione;

• il tema della sessualità e della affettività fa nasce-re resistenze: con la figlia di “queste cose” non ne aveva mai parlato;

• alcuni dei problemi per cui il vaccino è indicato evoca emozioni spiacevoli (ad esempio la parola cancro gli fa rivivere il dolore per un familiare con tale patologia, ecc…);

• ecc…È su questa tipologia di situazioni che maggiormente risultano efficaci le abilità di counselling (vedi esem-pio Box 1).Il terzo paziente (TP) potrebbe essere quello “antipati-co” o “ostile”, che da sempre assume un atteggiamen-to che ci indispone, di cui abbiamo scarsa stima, che abbiamo l’impressioni “ci sfrutti”. In queste situazioni abbiamo tre strade possibili, in ragione delle nostre scelte, dei nostri valori, dei nostri obiettivi: ignorarlo, arrivare a rompere la relazione, ovvero cercare di ri-tornare ad una relazione utile attraverso la non sem-plice strada dell’esercizio di quella che chiamiamo as-sertività (vedi Box 2). Certamente è illusorio pensare che il paziente TP sarà realmente disposto ad accet-tare nostre indicazioni in mancanza di un rapporto di stima e fiducia.

Conclusioni

Il vaccino HPV e da pochissimo stato autorizzato in Italia e di fatto solo ora sta iniziando una prima dif-fusione, tra l’altro con modalità differenti nelle diver-se Regioni e spesso da ASL ad ASL. Di conseguenza manca una vera esperienza di campo sui problemi che la vaccinazione incontrerà per essere accettata.

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Tra i compiti che le Società Scientifiche dovranno as-sumersi sarà quello di studiare le variabili che di fat-to ne condizioneranno la diffusione e i problemi che solleverà. Sarebbe utile si realizzassero studi secondo la metodologia dei focus group (vedi Box 3): dalla suc-cessiva analisi critica dei risultati e dal confronto con quanto avviene nel territorio si potrebbero trarre im-portanti informazioni. Con questa vaccinazione l’obiettivo di raggiunge-re un’adeguata copertura vaccinale deve accompa-gnarsi ad una strategia tesa ad evitare i possibili “ef-fetti collaterali” di dare false sicurezze o alimentare errate informazioni, quali: che il vaccino copra da tut-te le infezioni sessualmente trasmesse, o che non sia indispensabile fare il Pap test periodico o che la vac-cinazione sia indicata solo per chi inizia precocemen-te l’attività sessuale, ecc…Indubbiamente il potere d’influenza del pediatra sarà presumibilmente rilevante: un pediatra convinto rie-sce in una percentuale molto alta a trasmettere il suo messaggio e ad indurre la vaccinazione. Nel caso di questa vaccinazione, che coinvolge i te-mi essenziali della sessualità, della educazione alla prevenzione e alla diagnosi precoce, non vi è dubbio che il consiglio pediatrico richiederà delle competen-ze comunicative articolate e consapevoli. Alla base dell’intervento del sanitario, e della comu-nità scientifica nel suo insieme, la SIP ricorda vi deve essere il riconoscere ad ogni persona il diritto e la li-bertà di opinioni, religione, scelte di vita (tra cui quel-la di fare opzioni più o meno utili o dannose alla sua salute), coerentemente a quanto sancito dall’OMS nella carta di Ottawa 11. In quest’ottica non possono neppure essere prese in considerazione quelle tecni-che di comunicazione che puntano a “indurre” scelte facendo leva in maniera manipolatoria su paure ed emozioni (cosa che avviene in tanta parte della pub-blicità che subiamo quotidianamente, sia che si parli di macchine, di profumi, di telefonini, ecc…!). D’altronde l’informazione e il consiglio che arriverà dal pediatra sarà parte di un più articolato sistema di conoscenze cui l’utente ha accesso. L’omogeneità del messaggio da parte di tutte le Agenzie autorevoli per la salute dell’adolescente e della giovane donna, pri-me tra tutte quelle pubbliche quali il Ministero, l’Isti-

tuto Superiore di Sanità, le Società Scientifiche, con-dizionerà le opinioni che la gente si farà. Bisogna al-tresì prendere atto che la diffusione di una buona pra-tica tra la popolazione è fortemente influenzata dai mass-media, che dovrebbero essere adeguatamente utilizzati dalla comunità scientifica per diffondere co-noscenza. Nel caso della vaccinazione HPV l’aspetto economico (offerta gratuita o meno) sarà inoltre un elemento che giocherà un peso decisivo. Al medico rimane la responsabilità di praticare una medicina Evidence based non rigida sul protocollo ma puntata sull’uomo, alla ricerca di una relazione empa-tica, per una medicina realmente person centered.

Bibliografia

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6 La vaccinazione verso il papillomavirus umano (HPV). Consensus Conference dell’area pediatrica. Area pedi-atrica Giugno 2007;51:23.

7 Di Mario S, Basevi V, Magrini N. Vaccinazione antiH-pv: alcuni interrogativi per il pediatra. MeB 31 maggio 2007;26:279-280.

8 Atti Congresso “La Comunicazione e l’ Informazione in Pediatria”, Sorrento 8-10 settembre 2000.

9 Arigliani R. La comunicazione in ambito vaccinale. Ed Ar-ea Qualità 2005.

10 De Mei B, Luzi AM. Il counselling: uno strumento operati-vo per una comunicazione efficace del pediatra in ambito vaccinale. Prospettive in Pediatria 2002;32:101-109.

11 WHO. Carta di Ottawa per la promozione della salute. 17-21 novembre 1988.

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Box 1. ESERCIZIO. Riportiamo un esercizio di dialogo di ascolto empatico che realizziamo nei corsi di formazione al counselling.

Provate a leggere la scenetta descritta rispondendo alla domande in rosso prima di leggere il rigo successivo di risposta:Ho appena terminato di illustrare il vaccino per l’HPV ad una madre, in assenza della figlia, spiegando che il vaccino è utile per pre-venire il cancro alla cervice, va realizzato in tre dosi preferibilmente prima dell’inizio dell’attività sessuale, che comunque non copre da tutte le altre infezioni sessualmente trasmesse e non esime dall’utilità di fare i pap test. Al termine della mia esposizione la madre, guardandomi attentamente mi chiede: Dottore, ma questo vaccino… sarà realmente efficace e sicuro, anche nel tempo…?Cosa rispondereste a questa domanda? ........................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................... Generalmente i medici ben informati danno delle risposte del tipo: gli studi fatti finora testimoniano che dopo 5 anni il livello di coper-tura è molto buono, proteggendo fino al 100%. Non possiamo dire con certezza per quanto tempo la ragazza rimarrà protetta ma è abbastanza probabile che sarà a lungo, anche se non si può escludere possa dover fare un’altra vaccinazione in età adulta, ecc…. Gli effetti collaterali del vaccino sono scarsi, ecc…

Potreste dirmi quali sono i sentimenti di quella mamma quando fa la domanda? ................................................................................ ............................................................................................................................................................................................................Generalmente i medici rispondono: di sfiducia e paura dei vaccini, di timore che non duri abbastanza a lungo la copertura, di paura di effetti collaterali, ecc…, dimostrando di saper leggere con buona felicità quali sono i sentimenti del suo interlocutore.Stimolando alla riflessione quasi sempre i colleghi concordano che con buona probabilità questi pensieri portano la mamma in una condizione che definiremo di “annebbiamento emozionale”: in qualche modo è così piena delle emozioni che difficilmente sarà in grado di recepire ciò che noi diremo, come un bicchiere pieno d’acqua che se non gli si toglie una parte non sarà in grado di riceverne altra. In tale situazione le nostre risposte “tradizionali” di contenuto in molta parte si riveleranno inadeguate per il semplice motivo che non sono “ascoltate”. Sarà a questo punto utile fermarci nella spiegazione e cercare di dimostrare alla mamma che stiamo attenti a ciò che lei prova, sia mediante atteggiamenti di ascolto non verbale (annuire con il capo, guardarla negli occhi, mostrare interesse) che con una frase che contribuisca a “fare scendere “la sua temperatura emozionale, che dimostri che noi siamo concentrati su di lei, su ciò che sta provando, che cerchiamo di comprenderla senza giudicarla nel caso avesse opinioni diverse sul vaccino sul tipo. Questo tipo di ascolto è definito ascolto empatico:Sig.ra mi sembra di cogliere un sua incertezza, un suo timore…Dottore non è che sono preoccupata veramente del vaccino. La realtà è che qualsiasi cosa dico a mia figlia lei fa il contrario… poi quando si tratta di aghi: ne ha terrore! Perciò le confesso che non me la sento proprio di parlarle di questa cosa. Potrebbe farlo lei? Detto da lei è un’altra cosa!Con l’ascolto empatico si è dato modo alla madre di precisare meglio i suoi dubbi e di dirci il vero motivo del suo timore. Lei stessa ha dato una possibile soluzione al problema. Se invece fossimo stati concentrati sul contenuto avremmo “perso” molto tempo inutilmente, perché in effetti avremo dato delle risposte, ma la vera domanda sarebbe rimasta inevasa e, con buona probabilità, avremo registrato un insuccesso vaccinale!!

Box 2. DEFINIZIONI.

Capacità di comunicazione (CDC): trasmettere le informazione secondo un “linguaggio” verbale e non verbale comprensibile all’inter-locutore.Capacità di relazione empatica (CRE): il focus dell’attenzione non è concentrato su di me operatore, o sulle cose che devo dire, ma sul paziente. È riuscire a guardare la patologia di quel singolo bambino (o la cura o l’intervento di prevenzione, ecc…) almeno un po’ dal punto di vista cognitivo-emozionale dell’interlocutore (famiglia-bambino), che si rende conto dello sforzo del pediatra di mettersi “almeno un po’ nei suoi panni”.Alleanza terapeutica (AT): reciproco rapporto di fiducia medico-paziente, orientato a trovare una strategia diagnostico terapeutica adatta al singolo caso pur nel rispetto della migliore pratica clinica e dei gold standard.Assertività: capacità di mostrare le proprie ragioni senza giudicare, offendere, ridicolizzare, colpevolizzare l’interlocutore.Annebbiamento emozionale: condizione in cui si è così presi da emozioni e/o sentimenti da essere scarsamente recettivi a messaggi di natura cognitiva.

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Box 3. FOCUS GROUP.

Il FG, detto anche intervista o colloquio di gruppo, è una tecnica in cui la raccolta del materiale verbale avviene tramite la “conduzione” di un gruppo di individui di piccole dimensioni, stimolato a discutere degli argomenti oggetto di ricerca.Suo presupposto teorico è che molte delle variabili interessanti per la ricerca di opinioni, motivazioni, percezioni, atteggiamenti verso prodotti, servizi, proposte comunicative, etc. si generino in situazioni di interrelazione sociale, che il gruppo si propone di ricreare. Tra le tecniche di ricerca sociale qualitativa, il “focus group” può perseguire uno o più dei seguenti fini:• approfondire la conoscenza di un dato fenomeno cercando di coglierne la complessità e la globalità;• farsi un’idea di fenomeni nuovi o poco conosciuti, prima di avviare una ricerca quantitativa;• comprendere le motivazioni che stanno dietro i comportamenti studiati;• vedere il mondo con gli occhi dei soggetti osservati: i clienti.Il successo di questa metodica è positivamente correlato alla dimensione di ascolto e di comprensione che viene a generarsi nel grup-po, all’ interno del quale vengono aperti tutti i canali di comunicazione e di percezione, dove si attua un ascolto denso, dove si genera una relazione interpersonale paritaria che stimola il coinvolgimento e l’ immedesimazione: non c’è un osservatore e un gruppo di per-sone osservate, ma esseri umani che si incontrano per condividere uno scopo. Il rispetto delle differenze è certamente il presupposto per lo sviluppo qualitativo e quantitativo dei contenuti.Il FG può offrire informazioni dense e feconde sul piano interpretativo, restituisce visioni olistiche dei fenomeni studiati, è considerato insostituibile per raccogliere informazioni sui vissuti, sulle motivazioni, sulle visioni di determinate questioni da parte di determinati gruppi.

Ponte Cestio, Roma - Giancarlo Tancredi

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