Il Corriere Della Sera - 17-03-2016

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  • 8/19/2019 Il Corriere Della Sera - 17-03-2016

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    In Italia EURO 1,50   ANNO 141 - N. 65GIOVEDÌ 17 MARZO 2016

    Usa I conservatori puntano sull’uomo dell’Ohio

    Soltanto Kasichpuò fermarela corsa di Trump

    V ittorioso, ma solo in Ohio, loStato del quale è governatore, John Kasich sa che fermare DonaldTrump (foto) è quasi impossibile. Maè deciso a tentare: unico candidatomoderato del fronte conservatore inpista dopo l’addio di Marco Rubio.E l’establishment repubblicanopunta su di lui. a pagina 13  Sarcinadi Massimo Gaggi

        F    O

        T    O     R

        E    U    T    E    R    S    /    C    A    R    L    O     A

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    Meloni in campoDa Roma a Torinosi rompe l’alleanza «Sarò sindaco mamma». Berlusconi: ex fascisti

    Giorgia Meloni si candida a sindaco di Roma.Nel campo del centrodestra c’è già Bertolaso.Ma la leader di Fratelli d’Italia è decisa: «Saròsindaco mamma». E poi: «Non farò gli errori di Alemanno». Berlusconi: «Nella capitale i leghi-sti sono ex fascisti». E si apre anche un fronte aTorino: Salvini boccia il forzista Napoli e candi-da Morano. da pagina 2 a pagina 8  Arachi, Di Caro, M. Franco, Labate

      Menicucci, Roncone, Senesi, Sogliodi Angelo Panebianco

    In politica la «vittoria» èspesso un fatto relativo.Come dimostral’apparente suicidio delcentrodestra a Roma,

    con una pletora di candidatie la quasi assoluta certezzache nessuno di loro andrà al ballottaggio. La

    probabilissima sconfitta delcentrodestra sarà una vittoriasia per Meloni che perSalvini. Meloni, oracandidata-sindaco dopotanto tergiversare, avrà allafine scongiurato il rischio diun primo cittadino dicentrodestra (un Bertolaso oun Marchini) che possainsidiare il tradizionale ruolodegli ex missini nellaCapitale. Pazienza se perottenere il risultato (nessunopianti bandiere nell’ortoromano della destra exmissina) dovrà accettare disubire una sconfittapersonale.

     Anche Salvini intascheràuna vittoria grazie allasconfitta del centrodestra aRoma. Avrà dimostrato cheormai egli conta molto di piùdel vecchio leader Berlusconie che solo alle sue condizioniil centrodestra può trovareun candidato unitario. Oltrea tutto: molta resa con pocaspesa. Di quel che accade aRoma, ove la Lega è priva diinteressi elettorali, a Salviniimporta ben poco.

    continua a pagina 28

    I rischi dello strappo

    LA VITTORIAAPPARENTE

    GIANNELLI

    LA FORESTA BUROCRATICA

    Corsi per dareil verderameIl calvariodegli onesti

    C’ è un Paese fatto di datiincoraggianti, di crescita,di nuovi occupati a tempo in-

    determinato, di ripresa deiconsumi. E poi c’è il Paese doveogni giorno vedi e ti scontricon un’altra realtà, di segnoopposto. La crisi ha lasciatocicatrici. Le famiglie riescono a vivere, o meglio a sopravvivere,finché c’è un nonno in casa cheha una pensione, ormai l’unicoreddito certo. Ma poi ci sonoleggi, balzelli e codicilli che bloccano il «sistema Paese». Edove diventa impossibile farequei mestieri — dalla raccoltadelle olive all’acquisto di pro-dotti per la campagna -— sen-za sbattere contro il muro del-l’ottusità dell’apparato statale.

    a pagina 23

    di Susanna Tamaro

    I GENITORI NON BIOLOGICI

    La maternità e il desiderio:il dono dietrol’adozione

    L e recenti polemiche sullagestazione per altri (Gpa)hanno riaperto un dibattitoantico sulla maternità che, resoancora più complesso dallenuove opportunità medico-scientifiche, vede oggi con-trapporsi due posizioni difficil-mente conciliabili. Da un lato,c’è chi insiste sul dato biologi-co: è madre colei che, per natu-

    ra, concepisce e porta avantiuna gravidanza; è madre coleiche ospita nel proprio corpouna vita e accoglie questo donosenza «se» e senza «ma». Ma èmadre colei che, partorendo inmaniera anonima, affida ilfiglio alle istituzioni affinché il bambino sia poi adottato, deci-dendo così che non può o non vuole diventare madre?

    continua a pagina 28

    di Michela Marzano

    P er la prima volta c’è un pianocontro la povertà, per i senzatet-to, per il terzo settore. È il Social Act.

    Siamo il governo più di sinistra della storia re-pubblicana» dice al Corriere il ministro Giulia-no Poletti. «Sul lavoro D’Alema voleva fare lenostre cose e non c’è riuscito. E sulle pensioninon decide Boeri». a pagina 9

    Il ministro Poletti Lavoro e welfare

    «Noi, il governo

    più di sinistra»

    Il sogno Juve svanisce ai supplementariChampions, i bianconeri avanti 2-0 raggiunti solo al 91'. Alla fine vincono i tedeschi 4-2

    L a Juve si è arresa al Bayern al secondo tempo supplementare:alla fine 4-2 per i tedeschi. Svanisce così il sogno Champions.  alle pagine 50 e 51 Bocci, De Carolis, Tomaselli

    con un commento di Mario Sconcerti

    O mbre di «un patto occultotaciuto alla Consob» traFinmeccanica e Hitachi sul-l’opa per Ansaldo Sts. Ieri per-quisizioni negli uffici di Ro-ma, Genova, Napoli e Milanodelle aziende coinvolte. I pm:ipotesi di aggiotaggio.

    a pagina 33

    di Luigi Ferrarella

    INDAGINI A FINMECCANICA

    Inchiesta sull’opaAnsaldo-Hitachi

    Felicità, c’è poco da ridere

    Italia solo cinquantesimadi Paolo Di Stefanoa pagina 27

    I romanzi di Ecoe il fascino dei versi

    dei grandi poetiIl Nome della Rosa e Leopardiin edicola con il Corriere

    La classifica dell’Onu Le iniziative

    di Aldo Cazzullo

    e-moderna.com   caffemotta.com

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    2   Giovedì 17 Marzo 2016 Corriere della Sera

    Primo piano  Verso le Amministrative

    Meloni in campo a Roma. Ed è lite con Alemanno: non farò i suoi erroriBerlusconi: avanti con Bertolaso, nella Capitale i leghisti sono ex fascisti

    La spaccatura nel centrodestraROMA La corsa di Giorgia Melo-ni a sindaco di Roma, dopomille titubanze e tentenna-menti, parte dalla centralissi-ma piazza del Pantheon, tra laressa di giornalisti, camera-men e fotografi, qualche citta-dino che la «assedia» e unmessaggio rivolto ad alleati enon: «Mi appello a Berlusconie a Salvini, al centrodestra: in-sieme, uniti, si può ancora vin-cere». L’ex premier, però,l’aveva già «gelata», parlando a

     Mattino Cinque: «La signoraMeloni — dice, quasi sprez-zante — sa benissimo che nonha nessuna possibilità di di- ventare sindaco. Io vado avanticon Bertolaso: ho la quasi cer-tezza che, con una sua lista ci- vica e con Forza Italia, vinceràal primo turno». E ancora: «Ciabbiamo messo mesi a farglimettere da parte i programmiche aveva, tra l’altro con me, diaprire ospedali nei Paesi pove-ri per dedicarsi alla sua cittàche è in una situazione di de-grado dopo anni di malgover-no. Con gli altri leader lo ab- biamo convin to, lo abbia moconfermato con dichiarazionipubbliche comuni, improvvi-samente ci sono questi cam- bi am enti . Pu rt ro ppo dev o

    prendere atto che c’è gente checambia idea al cambiar dellatemperatura e dell’umidità».

    Berlusconi ne ha anche per Salvini: «È mal consigliato. E ileghisti di Roma sono tutti exfascisti in lite tra di loro». SuBertolaso, però, è piovuta unaselva di critiche per la sua frase(«Meloni deve fare la mam-ma»). Berlusconi minimizza:«Una strumentalizzazionemeschina, un teatrino dellapolitica. Che disastro...». Maanche l’ex capo della Protezio-ne civile, che pure ha mandatoalla leader di FdI un mazzo dirose con un bigliettino affet-tuoso e che ieri si è «scusato,ho parlato da ingenuo amico»,non cede, nonostante Meloniprovi anche lei la mozione de-gli affetti («il suo profilo, datecnico, può essere un valoreaggiunto»): «Non mi ritiro —dice Bertolaso a Un giorno dapecora   — vado avanti comeuna ruspa. Me lo ha detto an-

    che Berlusconi. Ho messo lafreccia a sinistra».

    La sfida è già partita. Melonidice che Bertolaso «non hascaldato i cuori dei romani,non ha tenuto unita la coali-zione». Guido risponde: «Nonscaldo? Chiedetelo a 45 milaromani che sono venuti ai ga-zebo». E contrattacca: «Gior-gia è una grande politica na-zionale, e forse loro si stannoconfrontando su cui sarà il lea-der nel futuro. Ma questo ai

    romani non interessa». Il cam- bio d i id ea su di lui? «Sono i voltafaccia della politica...».

    La situazione, se possibile,diventa ancora più ingarbu-gliata. Perché Berlusconi, rac-conta chi gli sta vicino, «è furi- bondo, come mai visto d i re-cente. Sembra tornato ai tempidegli scontri con Fini...». Il lea-der di FI è deluso da quello checonsidera «un tradimento»,ed è disposto a fare la campa-gna elettorale in prima perso-na, al fianco del suo candida-to. Tra Silvio e Giorgia c’è statauna telefonata, che la leader diFdI definisce «cordiale ma in-terlocutoria». Poi aggiunge:«Ringrazio Berlusconi per lasolidarietà ma quello che la

    Meloni può o non può farecredo debba deciderlo la sot-toscritta». E i leghisti «ex fa-scisti»? «Non so francamentedi chi parli. Questo tema deifascisti esce fuori quando unonon sa più cosa dire».

    L’altro «frontale» della lea-der FdI è con Gianni Aleman-no: «Non ci sarà la sua ombra,non commetteremo i suoi er-rori. Lui non c’entra con Fra-telli d’Italia, ci sarà disconti-nuità». L’ex sindaco la mette

    in guardia: «Consiglio alla ne-ocandidata di essere più pru-dente nelle dichiarazioni edevitare lo scaricabarile. Le de-cisioni della mia amministra-zione sono state condivise daassessori e consiglieri oggi inFdI. Se ci sono stati errori sonodi tutti, anche degli uomini dicui lei si contorna».

     Anc he dent ro Forz a Ital iasono sul piede di guerra: «DaMeloni e Salvini una sorta diribaltone», dice Deborah Ber-gamini. Mentre l’ex governa-trice Renata Polverini aggiun-ge: «Giorgia ha frantumato lacoalizione». Siamo già oltre il«fuoco amico».

    Ernesto Menicucci© RIPRODUZIONE RISERVATA

    «Non mi ritirodalla corsa»E Storace evoca «boia chi molla»

     A #Corrierelive

    Arriva negli studi di

    #Corrierelive,determinato: «Nonritiro la mia candidatura,non c’è ragione». FrancescoStorace ( foto), uno deiquattro candidati sindaci diRoma per la destra, mostrauna sua dichiarazionedatata gennaio: «All’epocaavevo detto che ero prontoad appoggiare GiorgiaMeloni e che insiemeavremmo lavorato ildoppio». Ma adesso non èpiù tempo, a meno che:«Perché mi si convinca afare un passo indietro voglio la certezza che ci siaun impegno per laCapitale». È determinato eanche molto carico Storace,già ministro della Salute e

    governatore del Lazio, unpassato tutto nella destrasociale. Non esita a citareCasaPound e a rivendicare:«Boia chi molla è ancora ungrido di battaglia». Difendela sua militanza fascista ericorda a Berlusconi: «Se luiè diventato premier lo deve

    anche ai voti degli exfascisti». Non vuoleappoggiare Giorgia Meloni,che proprio ieri haufficializzato la suacandidatura per la Capitale:«Ma non certo per lesciocchezze che ha dettoBertolaso sulla maternità, sele poteva risparmiare. Madevi essere consapevole chesei sindaco di Roma nonpuoi essere leader di unpartito: non è come Renziche ha alle spalle un’interasegreteria, il suo è unpartito piccolo, lei ha dietrosolo Rampelli. E questo è unproblema». FrancescoStorace non vuole ritirare lasua candidatura ma rilanciacon forza le primarie per ilcentrodestra: «Potremmofarle il 3 aprile e così chi

     vince avrà l’appoggio di tuttiquanti». Lui è convinto dipotercela fare, alle primariecome per la poltrona delCampidoglio, tanto che nonmette nemmeno l’ipotesi diun ballottaggio fra ilMovimento 5 Stelle e il Pd.«Io mi candido sindaco diRoma e ci voglio morire. Voglio finire qui la miacarriera politica».

    Alessandra Arachi© RIPRODUZIONE RISERVATA

     I 5 Stelle e il caos appalti

    Raggi lunedì da Cantone«Situazione preoccupante»

    «Ho chiesto un incontro alpresidente dell’Autoritàanticorruzione Raffaele

    Cantone», ha spiegato Virginia Raggi. El’incontro sarà, con tutta probabilità, lunedì.«L’ultima fotografia scattata dall’Anac suRoma è assai preoccupante, anche sepurtroppo non sorprende» , ha detto lacandidata sindaco dei 5 Stelle a Roma, ieriospite a «Mattino Cinque» su Canale 5 ( foto).

    I 9 in lizza

    GuidoBertolaso è ilcandidato aRoma di FI,Giorgia Melonidi FdI e Lega.In corsa ancheAlfio Marchini,civico, con Ncd,e FrancescoStorace (LaDestra)

    RobertoGiachetti è ilcandidato delPd; StefanoFassina dellasinistra

    VirginiaRaggi corre peril M5S. InfineCarlo Rienzi(Codacons) eSimone DiStefano(CasaPound)

    In diretta Francesco Storace

    «Penso di correre»

    Adesso la Capitaletenta anche Tosi

    «Alcuni amicime l’hannochiesto e io ilsindaco lo sofare». CosìFlavio Tosi( foto), che

    primocittadino lo è già, al secondomandato a Verona, ieri in unaconferenza stampa ha detto:«Sto pensando di candidarmia sindaco di Roma». Certo,«non sono romano — haaggiunto — ma anche iromani mi riconoscono diessere un buon sindaco». Hapoi scherzato, giocando sulnome del suo movimentoFare!: «Come dice Berlusconiservono uomini del fare».

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    Corriere della Sera Giovedì 17 Marzo 2016 PRIMO PIANO 3

    Il racconto

    di Fabrizio Roncone

    Dai cori alla Lupa In piazza pi ù turistiche militanti

    ROMA Fate piano, è anche incin-ta.

    Si volta un fotografo: « Aho’! No, scusa: ma io mica la vedo…‘Ndo sta?».

    È lì sotto, da qualche partedentro questo mischione, traaltri fotografi e cameraman, inun groviglio di cavi e cavetti, te-lecamere che rotolano e be-stemmie, urla, spintoni, zuffeche s’accendono e che un paiodi ex camerati tosti, di quellicon la zucca pelata e i bicipiti

     ben pompati, sedano a gomita-te.Si sente una vocina: «Fatemi

    respirare…».È lei.Giorgia Meloni.Il pelato più grosso s’inner-

     vosisce. «Dovete a llontanarvi,porca zozza!».

    Gli è venuto fuori un ringhioterribile e tutti diventano dicolpo più ragionevoli. La Melo-ni emerge allora un po’ stordi-ta. S’appoggia a Fabio Rampel-li, il capogruppo di Fratellid’Italia alla Camera, ma lui laignora e resta a braccia conser-te nel suo impermeabile dop-piopetto nero, la mascella alta,e alto pure lo sguardo, che peròplana su un gruppo di turistigiapponesi basiti, appena usci-

    ti dal Pantheon (militanti esimpatizzanti, pochini: forse venti, a contare anche il vetturi-no Angelo Sed, che ha fermatola sua botticella «perché a mela Meloni sta simpatica», e cosìadesso tutti lo intervistano,mentre Inventore, il suo caval-lo, nitrisce un po’ scocciato).

    Comunque: dovrebbe essereuna conferenza stampa di piaz-za.

    Dovrebbe, la Meloni, annun-ciare la sua candidatura a sin-daco di Roma (con conseguen-te, ufficiale, frantumazione delcentrodestra).

    Ma è opportuno non averegrandi certezze. La Meloni vie-ne da settimane lunghe e con-fuse, tormentate.

    Breve riassunto: prima re-spinge con forza la possibilitàche a guidare il centrodestranella marcia sul Campidogliopossa essere Alfio Marchini.Poi, in un pomeriggio abba-stanza memorabile, lancia la

    candidatura di Rita Dalla Chie-sa. Però il giorno dopo cambiaidea a abbraccia Guido Bertola-so, il candidato di Silvio Berlu-sconi, dice che è l’uomo giusto,quello del fare, tanto più che lei— ormai al quarto mese di gra- vidanza — n on ha la minimaintenzione di candidarsi.

    La partita sembra chiusa einvece ecco che chiede, preten-de una consultazione di popo-lo, le «gazebarie», una bolgiaincontrollabile che produce unaltro colpetto di scena: Bertola-so, «Bertolesso» per il sito Da-

     gospia, non le va più bene. Pro-prio no (il Cavaliere, come rac-conta Francesco Verderami sulCorriere, è furibondo: «Bella ri-conoscenza, l’ho pure fatta mi-nistro… Ma bisognava aspet-tarselo: l’unico lavoro che hafatto nella vita è stata la baby-sitter a casa di Fiorello»).

    Lei non si scompone. Con-sulta Matteo Salvini, che le as-sicura appoggio leale, e poi

    convoca i suoi Fratelli d’Italia:forse, con un po’ di coraggio edi follia, dovrei candidarmi io.

    Forse, può darsi, vediamo. Avr à ca mb ia to di nu ov o

    idea?No. «Dopo attenta riflessio-

    ne, ho deciso di correre per lacarica di sindaco di Roma. Èuna scelta d’amore. Voglio re-stituire dignità a Roma… Una volta era motivo d’orgoglio dire“civis romanus sum”…» (uno

    dei pelati del servizio d’ordine,molto ammirato: «La senti? Staparlando in latino… È brava, tidico… È brava…»).

    Lei parla e osserva la piazza. Ifotografi e i cameraman che so-no l’unica vera folla, i vigili ur- bani che fuma no dist ratt i, igiapponesi in comitiva che ora— nell’incertezza di assisteread un evento — hanno comin-ciato a filmare tutto, i pochi mi-litanti che si ostinano a svento-lare bandiere tricolore.

    «Faccio un appello a Berlu-sconi e Salvini. Uniti si può an-

    cora vincere. A me non interes-sa la leadership nazionale, airomani non frega nulla. Ai cit-tadini interessano asili nido,come sistemare le buche,l’emergenza topi…».

    Qualche applauso, un paiodi cori. Notata la presenza di uncerto Gioacchino Campone-schi, sindacalista degli autofer-rotranvieri assai vicino all’exsindaco Gianni Alemanno, cheai tempi di «parentopoli» ebbeuna certa notorietà; e poi Adol-fo Urso, ex colonnello di Gian-franco Fini.

    La Meloni ha un rossetto ros-so fuoco. La grinta che cono-scete.

    «Non ho capito: può ripete-re?».

     Alcuni osservatori ritengonoche lei, in coppia con Salvini,può ambire ad arrivare quarta,nient’altro che quarta…

    «E chi sarebbero questi os-servatori? E chi è che dovrebbearrivare prima di me?».

    Roberto Giachetti del Pd, Virginia Raggi del M5S ed AlfioMarchini.

    «Sciocchezze. Io, a Roma, voglio vincere».

    Berlusconi, per adesso, nonsembra avere alcuna intenzio-ne di mollare la candidatura diBertolaso.

    «Aspettiamo…».È stato molto ruvido, con lei.

    Dice che ha lavorato solo come babysitter di Fiorello…

    «Veramente, ho fatto tantialtri lavori. Mi sono sempre pa-

    gata gli studi. Dovrei vergo-gnarmi?».

    Bertolaso dice che una don-na se deve allattare, non può fa-re il sindaco.

    «Nessun uomo può dire co-sa deve fare a una donna. E poi,no, scusi: il simbolo di Romanon è una lupa che allatta due bambini?».

     Ar ri van o qu el li di Ra di oRock.

    Karaoke.La costringono a cantare

    «Viva la mamma» di EdoardoBennato.

    È la sigla finale di questo co-mizio.

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    La canzoneAl Pantheon le foto deigiapponesi incuriositiE la leader di FdI chiudecon «Viva la mamma»

    Nessun uomo puòdire checosa devefare unadonna E poi ilsimbolo diRoma è unalupa cheallatta due

     bambini    La parola

    GAZEBARIE

    È la consultazione organizzata da FI aRoma, lo scorso fine settimana, per sondarela candidatura di Guido Bertolaso: sullascheda un nome solo, con un sì o un no. Aigazebo, secondo gli organizzatori, 45 milapersone. Per il 96,7% con Bertolaso.

    Discesa in campo Il leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, ieri durante l’incontro in piazza del Pantheon a Roma nel quale ha annunciato la sua candidatura a sindaco della Capitale (Ansa)

    Tradition Automatique Seconde Rétrograde 7097

    B R E G U E T B O U T I Q U E – V I A M O N T E N A P O L E O N E , 1 9 M I L A N O + 3 9 0 2 / 7 6 0 0 7 7 5 6 – W W W . B R E G U E T . C O M

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    CLÉ DE CARTIER Nouvelle Collection

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    Corriere della Sera Giovedì 17 Marzo 2016   5

    Primo piano  Verso le Amministrative

    ROMA «Io non mi sposto di unmillimetro dalla candidaturadi Bertolaso. Tutti i sondaggidicono che Guido, senza altridel centrodestra tra i piedi, ar-riverebbe al ballottaggio. SeSalvini e Meloni vanno avanticon questa sceneggiata, si as-sumono la responsabilità difare a Renzi il più clamorosodei regali. Altro che patto delNazareno. E i nostri elettori sene ricorderanno, come hannosempre fatto…».

    Smaltire quello che consi-dera «molto di più che un tra-

    dimento» e «molto di più cheun voltafaccia» non è sempli-ce. Nemmeno per chi, comeSilvio Berlusconi, negli ultimitre anni ne ha viste di ogni. Equando a sera l’ex premier si

    concede un ultimo consultotelefonico con la cerchia piùristretta, l’ordine di scuderianon cambia. «Meloni ha uffi-cializzato la sua candidatura?Bene, allora i nostri sforzi per 

    Bertolaso dovranno moltipli-carsi».C’è stato un attimo della

    giornata, subito prima che laleader di Fratelli d’Italia si pre-sentasse a piazza del Pantheonper annunciare la sua corsaper il Campidoglio, in cui i due— Berlusconi e la sua ex mini-stra della Gioventù — si sonosentiti per telefono. «Se la can-didatura di Bertolaso venissemeno...», accenna la seconda.Ma non arriva neanche alla fi-ne della frase. «Non esiste, ca-ra Giorgia. Non esiste». Qual-che ora dopo, il focolaio dellaCapitale si sarebbe trasforma-to in un incendio in grado didistruggere le poche candida-ture comuni su cui si era trova-to un accordo. Da quella diOsvaldo Napoli a Torino (che

    accusa: «Salvini semina ventoe raccoglierà tempesta») aquella di Gianni Lettieri a Na-poli. Senza dimenticare che,ammette a denti stretti Danie-la Santanchè, «figuriamoci seadesso la Lega non si tira in-dietro dal sostegno di StefanoParisi a Milano…».

     A far ritirare Bertolaso, Ber-lusconi non ci pensa proprio.

    momenti, gli stessi in cui im-magina «l’ennesima campa-gna elettorale della mia vitafatta in prima persona, met-tendoci la faccia». O tentare,come gli chiedono i suoi, la viadi un accordo.

    Già, perché dentro ForzaItalia c’è un clima di tensioneche non si era visto neanche aitempi delle scissioni di Alfanoe Verdini. Daniela Santanchè,seduta su un divanetto diMontecitorio, indica con l’in-dice la porta dell’Aula della Ca-mera. «Là dentro, noi di Forza

    Italia siamo 53. Tra qualchegiorno rischiamo di rimanerein 30. La candidatura di Fini aRoma aveva sancito, nel 1993,la nascita del centrodestra.Quella della Meloni, nel 2016,

    rischia di sancirne la fine».Maurizio Gasparri prova apensare positivo. E anche lui,per un altro verso, cita l’ex lea-der di Alleanza nazionale. «LaMeloni è come Fini. Pensano

    di fare chissà che, e poi faran-no la fine di quelli con lo zero- virgola». Il vicepresidente delSenato rivela poi un’altra spiadi come la situazione, nel cen-trodestra, sia finita fuori con-trollo. «Avrei dovuto essereospite alla Rai con Salvini. Einvece mi hanno chiamato per dirmi che il leader della Legasi confronta solo con Berlu-sconi». La strada verso un ri-congiungimento è dissemina-ta di trappole. «Con la Legaavevamo già rotto ai tempi delribaltone di Bossi del 1995. Poiperò abbiamo ricostruito tut-to», dice Paolo Romani. Poi cipensa un attimo. E aggiunge:«In effetti, però, all’epoca cimettemmo cinque anni a farepace…».

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    Nelle città LEGENDACome si schierano Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia

    e quali sono gli altri candidati del centrodestra

    Corriere della Sera

    Frammentati

    Tensioni

    Uniti

    Forza Italia

    Lega

    Fratelli d’Italia

    BOLOGNA

    La Lega sostiene Lucia Borgonzoni,consigliere comunale, ma gli azzurrisono in cerca di un imprenditore

    Lucia Borgonzoni

    TORINO

    Oltre all’azzurro Napoli, dovrebbeessere candidato per la Legail notaio Morano

    Osvaldo Napoli

    Alberto Morano

    MILANO

    Il centrodestra si presenta unitoper l’imprenditore Parisi,già in campagna elettorale

    Stefano Parisi

    TRIESTE

    Al momento Dipiazza, sindacodella città dal 2001 al 2011,è il candidato unitario

    Roberto Dipiazza

    CAGLIARI

    L’accordo su Massidda, ex presidentedell’autorità portuale, ma potrebbeessere a rischio dopo il caso Roma

    Piergiorgio Massidda

    NAPOLI

    Lettieri corre con Forza Italia, in campoanche il deputato FdI Taglialatelae l’ex An e Pdl Enzo Rivellini

    Gianni Lettieri

    Enzo Rivellini

    Marcello Taglialatela

    ROMA

    Con Meloni in campo, sostenuta da FdIe Lega, e Bertolaso ancora in corsa,per FI, sono quattro i candidati nell’area

    Guido Bertolaso

    Giorgia Meloni

    Francesco Storace

    Alfio Marchini

    Giovanni Toti

    «Un suicidio rompereper arrivare terziRicuciamo in fretta o saremo irrilevanti»

    ROMA Non usa toni ultimativiperché sa che il momento ègrave e non serve la gara a chipicchia più forte. Anzi, Giovan-ni Toti — governatore della Li-guria eletto sul modello di uncentrodestra ampio comequello che ha portato ai gover-ni di Lombardia e Veneto — si

    augura che la rottura a Romapossa essere «un danno colla-terale, rimediabile, non unastrategia pianificata». Perché«se non si ricuce presto lostrappo, si condanna il centro-destra all’irrilevanza in unatornata come questa ammini-strativa dove dovremmo sfrut-tare le divisioni della sinistra ela debolezza del governo».

    Crede possibile un’intesa aRoma?

    «Mai dire mai. Però non sipuò chiedere a Bertolaso di

    farsi indietro o a Berlusconi dinon appoggiarlo dopo setti-mane di tessiture e mediazio-ni. Non ne vedo la ragione».

    La ragione è che la Meloniè comunque scesa in campo

    «Ed è un dispiacere ancor prima che un errore. Si era in-trapreso un percorso politicoserio per costruire un fronte al-ternativo a Renzi, e oggi c’è una battuta d’arresto. Nell’analisidelle responsabilità, ricordan-do il percorso che ha portatoalla candidatura di Bertolaso,

    non si può negare che le ragio-ni siano dalla parte di Berlu-sconi».

    In politica però le condi-zioni cambiano.

    «Infatti è legittimo cambia-re idea, ma in questo caso leconseguenze sono molto dolo-rose per la coalizione, tantopiù che trovo poco ambiziosodecidere di correre con il soloobiettivo di arrivare terzi e fre-nare la corsa di Bertolaso. Co-munque se a Roma non c’era-no le condizioni per un percor-

    so unitario, mi auguro che lasituazione non degeneri finoal punto di non ritorno. Io mispenderò a partire dalla miaregione perché non accada».

    Salvini ha bocciato ancheOsvaldo Napoli a Torino: è unattacco mirato alla leader-ship di Berlusconi?

    «Voglio credere che nessu-no sferri attacchi suicidi, per-ché questo — sia chiaro — èun suicidio per tutti. È danno-so per Giorgia, per Bertolaso,per l’intero centrodestra, il cuielettore romano oggi ha diritto

    di essere arrabbiato».Ma Salvini lo dice che vuolecostruire un’altra destra.

    «È evidente che il centrode-stra debba evolversi, come pe-raltro succede dal ‘94. Ma but-tare via il bambino con l’acquasporca non è un buon viatico.Noi dobbiamo parlare a eletto-ri scontenti anche di altri parti-ti e allargarci, ma se perdiamoquelli moderati diventiamouna forza di mera testimonian-za. Il Front National, l’Alterna-tive für Deutschland, l’Ukip in-

    glese hanno grande attenzionema non governano nulla: noi vogliamo tornare a governare osfidarci tra partiti a chi prendeun voto più dell’altro?».

    La battaglia sulla leader-ship però c’è: a partire da Ro-ma non sarebbero state utilile primarie, che Berlusconiha scartato?

    «All’inizio delle trattative fuescluso non solo da Berlusconima anche da Salvini di ricorre-re per questa tornata a prima-rie. Lo dico io che tutto sonotranne che ostile, ma se si fan-

    no si devono fare ovunque, enon con regole aggirabili e di-scutibili che poi portano ascontri feroci come nel Pd. Per il futuro si potrebbero scrivere,nella legge sui partiti, regolechiare e vincolanti per tutti per la selezione dei candidati. Per-ché quando in una coalizionenon c’è più un partito egemo-ne a fare da baricentro, il ri-schio di non trovare un accor-do si fa molto alto».

    Paola Di Caro© RIPRODUZIONE RISERVATA

    Spero sia  un dannocollateralee non una strategia Ora Silvionon può cheappoggiareBertolasoSalvinivuole la 

    leadership?L’alleanza deveevolvere,ma non sipuò buttareil bambinocon l’acquasporca...

    Chi è

    Governatoredella Liguriadal giugno2015, GiovanniToti ha 47 anni

    Il paragone di Gasparri«Meloni come FiniPensano di fare chissàche, poi fanno la fine diquelli con lo zerovirgola»

    Ultima telefonata (gelida) con GiorgiaMa il «nemico» di Berlusconi è SalviniLa tentazione della sfida alle urne. Nel partito il timore di perdere altri parlamentari

    Il retroscena

    di Tommaso Labate

    «Ma il tema», è il ritornello or-mai più gettonato ad Arcore,«non è Roma. Il tema è la gui-da della coalizione di centro-destra». E il «nemico numerouno», più che la Meloni, sichiama Salvini. Col «ragazzot-to» (il copyright è berlusconia-no) della Lega, l’ex premier leha provate tutte. Ha chiesto eottenuto da Umberto Bossi e

    Le due stradeL’idea di dimostrare chei candidati di FI superanoi leghisti, ma i suoichiedono un accordo

    Bobo Maroni, due che non siparlano da secoli, prese di po-sizioni nette contro lo strapo-tere salviniano nel Carroccio.Ma non è bastato. Di fronte almuro contro muro, al numerouno di Forza Italia non restanoche due strade. «Sfidare Salvi-ni sul campo, portando i no-stri candidati a finire davanti asuoi», come ripete in alcuni

  • 8/19/2019 Il Corriere Della Sera - 17-03-2016

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    6   Giovedì 17 Marzo 2016 Corriere della Sera

    Primo piano  Verso le Amministrative

    Il Carroccio strappa anche a Torino«Spiace litigare, ma servono altri nomi»Salvini candida Morano contro Napoli (FI). «Maroni e i giudizi su Roma? A ognuno il suo mestiere»

    MILANO «Una brava persona, manon un candidato valido». Do-po Roma, ecco Torino. DopoGuido Bertolaso, Matteo Salvi-ni impallina anche Osvaldo Na-poli, il candidato berlusconia-no sotto la Mole. Perché il lea-der della Lega vuole volti nuovie Berlusconi col nuovo verbodel Carroccio dovrà farci i contie scendere a patti. «Mi dispiaceavere un po’ litigato con SilvioBerlusconi, in questi giorni: gliavevo chiesto di candidare per-sone nuove, pulite, ma lui fa fa-tica a capire quanto questo sia

    importante». A Torino il nomegiusto è allora quello di AlbertoMorano, 58enne notaio in città.«Un uomo del fare, della socie-tà civile, che dovrebbe piacereanche a Berlusconi».

    In serata Salvini si sposta aMilano, dove ad attenderlo c’èMarion Le Pen, l’astro nascentedel Front National, alleato or-mai strettissimo nella battagliaanti-euro («Se vince Trump, sePutin continua a fare quelloche sta facendo, se la Le Penavanza in Francia e se in GranBretagna il referendum va co-me va, il mondo cambierà inmeglio», dirà poi all’incontro).Il «Capitano» addolcisce un po’i toni. «Non ho avversari in coa-lizione, quelli sono fuori dalperimetro del centrodestra. Io

    non voglio morire renziano e boldriniano, ecco». La coalizio-ne è allo sfascio, Salvini? «Mano, andrà tutto bene. A noi in-teressa vincere, e sceglieremo icandidati migliori città per cit-tà. Non ci devono essere retro-pensieri sulla leadership». Il di-retto interessato, come è ovvio,non l’ha presa benissimo. «Ilsegretario della Lega — è stata

    la reazione di Osvaldo Napoli inserata— persegue il disegnolucido, ma velleitario, di sfa-sciare il centrodestra immagi-nando di camminare fra le suemacerie per incoronarsi leader.Le sue parole non mi offendo-no, mi offende invece la sua in-callita vocazione alla bugia».

    Oltre alle normali scherma-glie politiche del caso, un pic-

    colo malinteso era nato a metàpomeriggio intorno alle ospita-te televisive a Mediaset del se-gretario leghista. «Dovevo an-dare a Canale 5 domani matti-na (oggi per chi legge), maadesso mi hanno detto di nonandare», si era lamentato daTorino lo stesso Salvini. Spiegaperò Mauro Crippa, direttoredell’informazione Mediaset:

    «Non c’è nessun caso. Salvini è ben e acce tto anc he dom ani(oggi,ndr ). Del resto, è sempreun graditissimo ospite, comelui ben sa essendo uno degliuomini politici più presenti nelpalinsesto di Mediaset». Casodefinitivamente chiuso da unanota dello stesso ufficio stampadella Lega: «Nessuna polemicacon Canale5. Mediaset èun’azienda serissima. Solo undisguido tecnico è stato alla ba-se del rinvio dell’invito al segre-tario già previsto per domani aMattino 5. Salvini sarà ospite

    della stessa trasmissione ve-nerdì».In fatto di alleanze e di rap-

    porti politici col Cavaliere, illeader del Carroccio non ha in- vece gradito le parole di Rober-to Maroni nell’intervista al Cor-riere. «Roma andava lasciata aBerlusconi», aveva detto il go- vernatore. La replica del segre-tario è stata garbata ma secca:«Io sono orgoglioso di comeMaroni fa il governatore inLombardia. A ognuno il suomestiere». In ogni caso, i due— Salvini e Maroni — si ritro- veranno insiem e oggi pome-riggio a un convegno organiz-zato proprio al Pirellone.

    Andrea Senesi© RIPRODUZIONE RISERVATA

    A Milano 

    Il segretario

    della Lega

    Matteo Salvini,

    43 anni, con la

    vicepresidente

    del Front

    National Marion

    Maréchal

    Le Pen, 26

    (Ansa)

    Ho chiestoa Berlusconidi puntaresu personenuovee puliteMa lui fatica a capirequanto siaimportante

    M. Salvini

    Il segretarioleghista persegueil disegnodi sfasciarel’alleanzaper potercamminaresulle suemacerie

    O. Napoli

    Marion Le Pen:alla Lega serverafforzarsiin tutta Italia 

     L’intervista

    MILANO  Una giornata che piùleghista non si potrebbe.Pranzo con i consiglierimaroniani del Pirellone,

    incontro con l’assessore allaCultura del Carroccio inRegione («perché laLombardia è un esempionella difesa della famigliatradizionale e contro imatrimoni gay»), iniziativapubblica nel centro diMilano con Matteo Salvini,cena con lo stato maggiorelumbard. Marion Le Pen è il volto giovanissimo del FrontNational, la numero due delpartito dietro zia Marine.

    La Lega è il partito più vicino al Front National inEuropa?

    «Siamo sicuramente i duepartiti con più punti incomune».

    Fn e gollisti sonoavversari da sempre.

     Anche Salvini dovrebberompere con Berlusconi?«Non sono qui a fare

    raccomandazioni a Matteo,credo però che la strategiadella Lega di avvicinamentoal potere stia funzionando.Mi auguro che Salvini possaallargare la propria influenzasu tutta Italia, come sta giàcominciando ad essere oggi.Perché l’Italia possa con noifrancesi concorrere a unaricostruzione europeauscendo da questo tipo di Unione. Un obiettivo chenon sarebbe possibilerappresentando solo il Norddel Paese».

    Cosa pensa dellepolemiche sullacandidatura col pancione

    di Giorgia Meloni?«Che una donna incinta

    possa candidarsi a sindacodi Roma è perfettamentenormale per noi donne delFront National. Il problemanon si pone».

    Se foste al governocostruireste anche voi unmuro anti-immigrati?

    «Un muro è un concettocaricaturale. Noi vogliamoripristinare le frontiere.Cercare di controllare chientra e chi esce dal Paese. LaMerkel ha deciso diaccogliere un milione diimmigrati, sono liberi diandare ovunque. DopoColonia, però, si è capito chenon sono solo profughi che

    arrivano dai Paesi inguerra».Donald Trump per voi è

    una speranza?«Non ci piace che gli Usa

    siano il Paese guida di tutto.E non ci piace che l’Europa sisia sempre adeguata ai loro voleri. La vittoria di Trumpcambierebbe la loro politicaestera, soprattutto neiconfronti della Russia».

    A.Se.© RIPRODUZIONE RISERVATA

    La decisione su Berlusconi

    ROMA Si profila qualcheproblema per il Pd in giuntaper le Autorizzazioni, sulleintercettazioni che riguardanoSilvio Berlusconi e le«olgettine» nell’ambito delRuby ter. Il capogruppo pdGiuseppe Cucca ha chiesto ilrinvio dell’esame, per l’assenzadi cinque senatori dem.Circostanza vera, causatadall’accavallarsi di altrecommissioni. Ma c’è anche unmotivo politico. Il gruppo nonha preso posizione sullarelazione del presidente DarioStefàno (Sel), che vorrebbe dareil via libera a 5 autorizzazioni su11 richieste dalla Procura di

    Milano: «La ratio è autorizzarequelle casuali. Se c’è unaripetizione, si presume chel’intercettazione del senatorefosse consapevole e quindiserve l’autorizzazione», spiega.Nel Pd ci sono sensibilitàdiverse, dal garantista ClaudioMoscardelli a Felice Casson, piùincline a dire sì a tutte leintercettazioni. Ma nessuno,per ora, si è ancora espresso.

    Al. T.© RIPRODUZIONE RISERVATA

    Intercettazionidel Ruby ter,il Senato rinvia

    per le assenze pd 

  • 8/19/2019 Il Corriere Della Sera - 17-03-2016

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    Corriere della Sera Giovedì 17 Marzo 2016   7 

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    8   Giovedì 17 Marzo 2016 Corriere della Sera

    Primo piano  Verso le Amministrative

    di Massimo Franco

     La Nota

    UN CENTRODESTRACONDANNATOALLA SINDROMEDEL FUOCO AMICO

    Sta prendendo forma una tendenza piùdisgregante del semplice scontro traForza Italia e Lega. Si assiste a qualcosache somiglia a una sorta di balcanizzazione del centrodestra. La

    parola serve a evocare il caos, il disordine, l aframmentazione: a imitazione delle piccolenazioni che si sono formate e dissolte

    storicamente nei Balcani. Quanto avviene aRoma con la candidatura di Giorgia Melonicontro il candidato di Silvio Berlusconi, GuidoBertolaso, è solo un inizio. Il «fuoco amico»impazza anche nelle forze dello schieramento.

    La leadership berlusconiana non compattavasoltanto FI, Lega e FdI. Teneva a freno leambizioni e i risentimenti che covano datempo in quei movimenti; e che sembranopronti a sprigionarsi di nuovo. Si consumano vendette dentro FI, certo. Ma si divide anche laLega, con i dissensi tra Bossi, Roberto Maroni eSalvini. E filtrano veleni nelle file della destra:potenzialmente i più letali. Ieri la Meloni hapresentato la corsa al Campidoglio scolpendo:«Non ci sarà l’ombra di Alemanno, ma

    discontinuità rispetto agli errori del passato».Gianni Alemanno è il sindaco di

    centrodestra, implicato con altri nell’inchiestadi Mafia Capitale; e come la Meloni provienedalla «destra sociale» di An. Ebbene, quattroore dopo quell’esordio, Alemanno ha dettatouna nota per «consigliare la neo candidata diessere molto più prudente nelle sue

    dichiarazioni». L’ex sindaco sostiene che «nonsi crea discontinuità partendo dall’ipocrisia edallo scaricabarile». E aggiunge che la Mel oni«sa benissimo che tutte le scelte della nostra Amministrazione sono state condivise» daassessori di FdI con «deleghe gestionali».

    Si tratta comunque di un altolà foriero di una

    guerra civile nella destra romana. Ma guardaresolo Roma fa perdere un quadro di insiemeche, nonostante la tenuta di alleanze nelleregioni del Nord, è destinato a scomporsi.Berlusconi «fatica a capire l’importanza dicandidati puliti», lo provoca Salvini. E cresce lasensazione che sia finita l’epoca delcentrodestra di governo. Si esasperano

    contraddizioni che la gestione del poterediplomatizza: tanto più se q ualcuno prova ascindere le proprie responsabilità da quelledella nomenklatura messa ai margini.

    Oggi non esiste un leader in grado di tenereinsieme il magma. Il capo leghista aspira afarlo, mettendo veti a Roma e a Torino. Eppurecopre solo una parte del vecchio elettorato e del vecchio blocco sociale. E l’alleanza con FdI nellacapitale potrebbe riservare qualche bruttasorpresa. Balcanizzazione significa confinimutevoli, conflitti permanenti, e assenza di unelemento di unità. Magari non è colpa dinessuno. È la realtà di un equilibrio finito, tuttoda reinventare: possibilmente senza farsi male.

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    MILANO La differenza fra lui e isuoi avversari? «Io voglio por-tare Milano fuori dall’Italia,

     voglio una città internazionalee contemporanea e loro sonoancora lì incollati al passato eimpegnati a descrivere il no-stro come un Paese in decli-no». Giuseppe Sala domani dàil via ufficiale alla campagnaelettorale al teatro Franco Pa-

    renti con lo slogan «Ogni gior-no, ogni ora».Il senso?«Milano ha bisogno di un

    sindaco dedito, che abbia lacapacità di non mollare mai edi esserci».

    Se verr à eletto, quindi, la vedremo in giro per le stradedi periferia?

    «A me piace molto stare inmezzo alle persone: negli in-contri che ho cominciato eproseguirò mi sento molto amio agio».

    In realtà Salvini sostiene

    che lei non piaccia alla gente.Manca di empatia?

    «Chiedetelo a quelli che hoincontrato sul decumano sesono empatico o no…».

    Sempre Expo. Basta aver fatto questo evento per di- ventare un buon sindaco?

    «Fino ad un attimo primache io mi candidassi era pare-re unanime, al di là di qualche

     voce di dissenso, che Expo fos-se stata un successo per Mila-no e per il Paese. Scendendo incampo sapevo che per attac-carmi avrebbero infangato an-che questa avventura che ha

    fatto un gran bene all’Italia».Basta essere stato com-missario di Expo?

    «Tutto quello che ho impa-rato in Expo può essere appli-cato su Milano. Da qui ripartela mia proposta: io mi presen-to non come l’ex commissario,ma come uno che sa organiz-zare e gestire le cose».

    Perché insiste sul concettodi città internazionale?

    «Milano è una città che van-ta un brand fortissimo: è già lacapitale della moda, del desi-

    gn e della ricerca soprattutto biomedica e, dopo Expo, ha ilcompito di gestire la legacysulla food policy. Partiamo daquesto grande patrimonio enel mio mandato voglio cheMilano possa competere conle metropoli del mondo».

    E come si porta Milanofuori dell’Italia?

    «Continuando a cavalcarel’onda cominciata con l’evento,con i giornali che hanno ri-messo Milano fra le mete turi-stiche preferite, i leader di Sta-to che sono arrivati qui e si so-no complimentati per la no-stra efficienza, i turisti chesono tornati a casa soddisfattidell’esperienza vissuta».

    In questa campagna non siè troppo schiacciato sulla si-nistra? E i moderati?

    «Una lista di sinistra ci vuo-le, non solo per una questionepolitica ma soprattutto di va-lori. Ma punterò moltissimosulla mia, rivolta al mondodelle professioni, al terzo set-tore e in generale alla societàmilanese. Comunque, in Expo

    ho lavorato con politici di di- versa estrazione politica: sfidochiunque a dimostrare che misia mai fatto condizionare dal-le loro appartenenze».

    Dispiaciuto di non averecapolista Francesca Balzani?

    «Rispetto la decisione diFrancesca: ha detto che si im-pegnerà sul programma e sul-le idee e che ci aiuterà in que-sta campagna».

    Letizia Moratti l’aveva vo-luto come dg del Comune.L’ex sindaco le dà 6 per quelperiodo di lavoro, perché di-ce che è scappato via presto..

    (Sorride).   «In realtà sono venuti a pregarmi di occupar-mi di Expo che era in un mo-mento di stallo. Non c ’erano lecode allora per prendere inmano quella macchina. Dettoquesto, sono grato a LetiziaMoratti che mi ha chiamato alavorare con lei».

    Sta facendo campagnaelettorale contro Parisi ocontro il centrodestra?

    «Rispetto Parisi, anche senon mi sento suo omologo co-me manager. Quanto alla coa-lizione che lo sostiene, eviteròdi usare aggettivi: ma moltefacce che si vedono sui palchie nei mercati sono un tuffo nelpassato. Pare il tentativo di te-nere in piedi un mondo ago-nizzante».

    In cosa siete diversi?«Parisi è indubbiamente

    più politico di me. Ma se Mila-no vuole uno che cominci e fi-

    nisca le cose, quello sono io».Ma non c’è differenza fragestire sei mesi un evento inun luogo circoscritto e man-dare avanti l’ordinaria am-ministrazione in una città,per cinque anni?

    «In Expo la gente ha trovatoquello che chiede per la pro-pria città: un posto pulito, si-curo, con proposte per tutte leetà, con mezzi pubblici effi-cienti. Riprodurremo quelmodello».

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    Conflitti permanentiNon c’è solo lo scontro tra ForzaItalia e Lega ma i veleni e i conflittipermanenti dentro i partitievocano una balcanizzazione

    «Con me Milano pi ù internazionaleI rivali? Vedo tante facce del passato»Sala: la città deve competere con le metropoli del mondo. Parisi più politico di me

    L’intervista

    di Elisabetta Soglio

    Più concretamente?«Rinuncerei alla realizza-

    zione di un museo o di unagrande opera per mettere inrete, anche con una collabora-zione fra pubblico e privato,tutto quello che abbiamo a li-

     vello di attrazione turistica eculturale, sul modello di Lon-don & Partners».

    Chi è

    Commis-

    sario unico diExpo 2015 e

    dal 2010

    amministratore

    delegato di

    Expo 2015 spa,

    milanese, 57

    anni, Giuseppe

    Sala è ilcandidatosindaco diMilano delcentrosinistradopo aver vintole primariedavanti aFrancescaBalzani,PierfrancescoMajorino eAntonioIannetta

    Laureato nel1983 inEconomia allaBocconi, hainiziato la suacarriera allaPirelli, che halasciato nel2002 perentrare nelgruppoTelecom comedirettorefinanziario diTim

    È statodirettoregenerale delComune di

    Milano durantela giuntaMoratti

    Una listadi sinistra civuole, nonsolo per unaquestionepolitica masoprattuttodi valoriMa punteròmoltissimosulla mia,rivoltaal mondodelleprofessioni,al terzosettore e ingenerale allasocietàmilanese

    Primache micandidassiera parerequasi una-nime cheExpo fossestata unsuccessoScendendoin camposapevo cheper attaccareme avreb-

     bero infan-gato questaavventurache ha fatto

     beneall’Italia

    L’ex avversaria«Il no di Balzani?Rispetto la sua

    decisione, ma ha dettoche ci aiuter»

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  • 8/19/2019 Il Corriere Della Sera - 17-03-2016

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    Corriere della Sera Giovedì 17 Marzo 2016   9

    Primo piano Le riforme

    «Poveri e lavoro, il nostro governoil pi ù a sinistra della storia italiana»Poletti: D’Alema voleva fare le stesse cose ma non c’è riuscito. Boeri? Decidiamo noi

    Inps

    Sgravi ridotti,

    frenano i contrattia tempoindeterminato

    ROMA L’occasione è il convegno al Senato, inricordo di Marco Biagi. Si parla della visionemoderna che il giuslavorista ucciso dalle

    Brigate rosse il 19 marzo del 2002 ha lasciatoin eredità ai suoi allievi e alle istituzioni, conle quali collaborava. Una visione di cui sisente estremo bisogno, sottolinea il ministrodel Lavoro, Giuliano Poletti, che nel suointervento invita tutti a pensare in anticipo acome gestire le enormi sfide poste dalleinnovazioni tecnologiche, che metteranno arischio molti posti di lavoro. E qui il ministrofa un esempio, che suona come una chiusuraai sindacati e al presidente dell’Inps, TitoBoeri, che premono per correggere la Forneroe permettere ai lavoratori di andare inpensione qualche anno prima, la cosiddetta

    flessibilità in uscita. «Non possiamo pensare -avverte Poletti - che i cambiamenti radicali ligestiamo con i prepensionamenti». Adapt,

    l’associazione fondata dallo stesso Biagi, cheha organizzato il convegno con «Amici diMarco Biagi» guidata da Maurizio Sacconi, hapresentato il Rapporto sulla contrattazionenel quale si vede che nel 2015, l’approccio èstato meno volto a fronteggiare la crisi e più arilanciare le aziende.Ieri l’Inps ha diffuso i dati sulle assunzioni digennaio. Brusca frenata di quelle a tempoindeterminato: il 58,1% in meno di gennaio2015. Colpa del supersconto sulle stesseassunzioni che da quest’anno è statodrasticamente tagliato. Le aziende hannofatto il pieno di contratti con la

    decontribuzione a dicembre 2015 (38o mila). A gennaio 2016 si è scesi a 106 mila. L’Inps haanche rivisto al rialzo il dato sui contratti che

    hanno beneficiato dello sgravio nel 2015: 1,5milioni in tutto. Il che determinerà lanecessità di una maggior copertura rispettoagli 1,8 miliardi stanziati dal governo su unaprevisione iniziale di un milione diassunzioni incentivate. L’Inps segnala ancheun aumento dei voucher, i buoni per pagare ilavori occasionali, del 36% a gennaio rispettoallo stesso mese del 2015. Ma Poletti haconfermato che ci sarà una stretta: i buonisaranno tracciabili, per essere sicuri che se neusi uno per ogni ora di lavoro.

    Enrico Marro© RIPRODUZIONE RISERVATA

    Giuliano Poletti, ministrodel Lavoro e del Welfare, pren-de posizione nel durissimoscontro a sinistra rivendicandoil lavoro di questi due anni eanticipando un piano per il so-ciale che chiama Social Act:«Siamo il primo governo adavere un piano contro la pover-

    tà e per il no profit». Il primo?Ne è proprio sicuro? «È la pri-ma volta nella storia del nostroPaese che nel bilancio delloStato c’è un fondo finanziato inmodo stabile. Siamo i primi inEuropa ad avere approvato ilpiano per i senza fissa dimora.Tra un mese viene approvata lalegge delega per il terzo setto-re, entro fine anno quella per lalotta alla miseria. C’è tutta unaserie di misure già varate o chestiamo preparando. E c’è una battaglia culturale da combat-tere». Sostiene Poletti che «per  vent’anni questa società è vis-suta di paure; e le paure l’han-no frammentata e distrutta. La

    sinistra spesso ha mancato il ri-sultato; e, come diceva miononno, quel che non si contanon conta. L’errore più dram-matico è stato mettere l’enfasisolo sulla difesa: difenderel’Italia, l’occupazione, il lavoro.Ma in questo modo abbiamodifeso le rendite e non abbia-mo promosso le opportunità.Con la cassa integrazione e iprepensionamenti non abbia-mo difeso il lavoro, bensì il red-dito. Io mi batto per il cambia-mento: basta rendite; moltipli-chiamo le opportunità. Inve-stiamo un po’ meno sulladifesa e molto di più sul futuro.La paura la capisco. Se io perdoquello che ho e non so dove stoandando, tendo a difendere lostato delle cose. Se ci aggiungila crisi, ecco che hai una socie-tà sfarinata, slabbrata, divisa.Per questo il Social Act è piùimportante del Jobs Act». Cioè?

    «Noi vogliamo far passare piùtreni; e vogliamo aiutare le per-sone a salire sul treno. Chi nonce la fa va aiutato ad avere con-dizioni dignitose di vita. Per questo ci daremo uno stru-mento universale. In Italia, senon sei un ex, non ti toccaniente. Sei un cittadino in con-dizione di necessità? Noi ti pro-poniamo un contratto. La col-lettività si prende carico di te, ti

    accompagna, sostiene il tuoreddito; ma dall’altro lato tu ca-ro amico ti assumi un impe-gno, fai un accordo con la tuacomunità».

    Quali sono le misure concre-te? «Cominciamo con le fami-glie in stato di povertà con figliminori. Sono 280 mila: un mi-lione e 200 mila persone. Ognipersona avrà 80 euro al mese,fino a un massimo di 400 a fa-miglia». Ministro, con 400 eu-ro al mese non si campa. «Sicampa meglio che senza. Finoa oggi quei signori hanno vistozero. Nel 2016 per loro ci sono760 milioni. Nel 2017 ci sarà unmiliardo. E stiamo preparandoaltri interventi». Anche il red-dito di cittadinanza che propo-ne Grillo? «Non vogliamo un

    assistenzialismo universale. Vogliamo un sostegno al reddi-to affiancato da una rete terri-toriale che comprende Regio-ni, Comuni, volontariato, eprende in carico le persone,una per una». Diranno che èun’elemosina. «Non è un ele-mosina. Il cittadino non dipen-de dal sussidio. Prende un im-pegno, non con Poletti, ma coni contribuenti che lo finanzia-no: deve mandare i bambini ascuola, deve impegnarsi in unpercorso di formazione, se glioffrono un lavoro lo deve fare».

    L’assistenza incrocia la rifor-ma del terzo settore. «Oggi del-le politiche sociali si occupasoprattutto il Comune, di for-mazione la Regione, mentreper i centri impiego c’erano leProvince. Domani tutti i sog-getti pubblici che hanno unaresponsabilità dovranno colla- borare tra loro e con sindacati,imprenditori, no profit. Co-struiremo un’infrastrutturaunica per valorizzare l’immen-so potenziale di 300 mila asso-ciazioni, un milione di occupa-ti, sei milioni di volontari. Dovenon arriva lo Stato perché nonha i soldi, dove non arriva ilmercato perché non ci guada-gna, arriverà il terzo settore; e

    noi lo aiuteremo a essere prota-gonista. Non sarà più l’appen-dice della buona volontà, ma ilmotore del sistema. Nascerà unErasmus del servizio civile, chesi potrà fare anche all’estero:ogni lo svolgono 50 mila giova-ni all’anno; devono diventarealmeno 100 mila. La povertà dasconfiggere non è solo econo-mica ma educativa: i primi 150milioni da investire arrivano

    dall’accordo con le fondazioni bancarie».Poletti è anche lo storico

    presidente della Lega delle co-operative. Un pezzo della sini-stra tradizionale, che conside-ra Renzi un intruso, un everso-re. Più o meno l’idea di D’Ale-ma. «Ma io mi sento del tuttocoerente con la mia storia – ri- batte il ministro -. A D’Alema

    potrei dire che lui voleva fare lestesse cose, che ha provato amettere in discussione l’artico-lo 18, senza riuscirci. L’articolo18 del futuro è legato alla cre-scita, alla ricerca, all’innova-zione. Questo governo sta fa-cendo la lotta al precariato piùradicale mai vista. Si era affer-mata l’idea che fosse anormaleassumere una persona a tem-po indeterminato: su 100 avvia-

    ti al lavoro, 85 erano tempora-nei. Oggi 750 mila contrattiprecari sono stati trasformatiin contratti stabili. Era di sini-stra avere i precari che costava-no un terzo dei lavoratori sta- bili? Io dico di no. Io dico chequesto è il governo più di sini-stra della storia repubblicana». Addiritt ura? «Nessuno avevamai pensato a un piano univer-

    sale per la lotta alla povertà,nessuno aveva fatto l’alternan-za scuola-lavoro, nessuno ave- va dato un valore così profon-do all’associazionismo, alla so-cietà civile. Ora abbattiamo letasse sul salario di produttivitàe le eliminiamo sul welfareaziendale. Se l’azienda dà al la- voratore un voucher per l’asilonido, lo Stato non prende uncentesimo, ma risparmia per-

    ché il suo impegno si allegge-risce. E questa settimana supe-reremo il milione di iscritti a“garanzia giovani”. Un recordmondiale». Guardi che i risul-tati di questa “garanzia giova-ni” non si vedono. «È vero ilcontrario. Non siamo andati acercare i giovani; sono venutiloro. Più di 500 mila sono statichiamati, è stato identificato illoro profilo, a 300 mila è statafatta una proposta di lavoro odi formazione, 50 mila hannoseguito un corso di digitalizza-zione organizzato insieme conGoogle. E questo accade dopoche negli ultimi 20 anni è statodistrutto il collocamento, ri-

    dotto ad anagrafe dei disoccu-pati. Non a caso abbiamo 7 mi-la addetti contro i 70 mila diFrancia e Germania».

    Tito Boeri le fa il controcantotutte le settimane. Un po’ comeCrozza...«Crozza mi diverte. Fi-nalmente in tv si parla dei bo- vari. Boeri fa il suo mestier e.Ma un conto è fare il presidentedell’Inps, un conto governare.Lui può formulare proposte; anoi spetta decidere. La flessibi-lità delle pensioni la volevo giànel 2016; ma non si fa in dueminuti. Dobbiamo trovare isoldi, avere il via libera dell’Eu-ropa, individuare una soluzio-ne che non penalizzi i più de- boli. Non po ssiamo dare que-sta chance solo a chi ha unapensione tre volte la minima; eagli altri, che sono già i più sfa- voriti, cosa diciamo? Gli diamoanche un calcio negli stinchi?».

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    di Aldo Cazzullo

    Social actUn piano per il sociale,è la prima volta chenel bilancio c’è un fondofinanziato in modo stabile

    Le famiglieOgni persona avrà80 euro al mese,fino a un massimodi 400 a famiglia 

    Il ministro

    Giuliano

    Poletti,

    ministro del

    Lavoro e delle

    Politichesociali, è natoa Imola il 19novembre del‘51. Primadi assumerel’incarico diministro è statoPresidente diLegacoopNazionale,Presidente diCoopfond(fondo per lapromozionecooperativa diLegacoop) ePresidentedell’AlleanzadelleCooperative, il

    coordinamentounitarionazionalecostituito dalleorganizzazionidirappresentanza dellacooperazioneAGCI,Confcooperative e Legacoop

    Secondoil ministrol’errore piùdrammatico

    per l’Italia èstato metterel’enfasi solosulla difesa:dell’occupazion

    e, del lavoro.Ma in questomodo sonostate difese lerendite e non leopportunità

    OccupazioneStiamofacendola lottaalprecariatopiù

    radicalemai vista 

    INTERVISTA IL MINISTRO DEL WELFARE

  • 8/19/2019 Il Corriere Della Sera - 17-03-2016

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    10   Giovedì 17 Marzo 2016 Corriere della Sera

    Vertice sui migranti, Merkel sfida l’Europa Per la cancelliera la disunione «è una macchia». L’ostacolo dei francesi a una «soluzione turca»L’Italia imporrà il prelievo forzoso delle impronte digitali ai profughi: chi rifiuta verrà espulso

    DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

    BERLINO Ieri, davanti al Parlamentotedesco, Angela Merkel ha solleva-to la questione dell’onere e del-l’onore. Rivolta al resto degli euro-pei. Non è abbastanza, per l’onoredi un’Unione con 28 Paesi membrie 500 milioni di cittadini, faticarecosì tanto per trovare una soluzio-ne condivisa alla crisi dei rifugiati— ha detto. La disunione degli eu-ropei — ha aggiunto — «è unamacchia» per la comunità.

    Linguaggio non frequente e d’at-tacco. Soprattutto, finalizzato aspostare i termini della discussionee ad alzare il tono della conversa-zione politica all’ennesimo vertice

    che si apre oggi a Bruxelles sullaquestione dei profughi e dell’accor-do con la Turchia. Ieri, Matteo Ren-zi ha detto qualcosa di non dissimi-le: «L’Europa va su Marte ma si fer-ma a Idomeni», il villaggio greco alconfine con la Macedonia dove so-no bloccati migliaia di profughi.

    Ogni governo ha i suoi problemispecifici — dice in sostanza la can-

    celliera — ma la necessità di risol- vere la crisi viene prima. Non baste-rà, alla leader tedesca, il richiamo aidoveri politici e morali della Ue per superare le opposizioni crescentiall’accordo di principio raggiuntodue settimane fa con Ankara per organizzare una distribuzione ordi-nata dei rifugiati in Europa. I con-trari sono numerosi, da Cipro al go- verno francese, e i dubbiosi sulla le-galità e legittimità della soluzionealtrettanti. Le è però sufficiente per fare capire che, nonostante la scon-fitta del suo partito in tre elezioniregionali domenica scorsa, nessu-no può aspettarsi che lei si metta inuna posizione di sola difesa.

     Anche quello di oggi e domani,

    dunque, sarà un vertice europeo

    duro, sotto l’ombrello di divisioniche sembrano insanabili ma con lanecessità di trovare un compro-messo che non faccia vacillare pe-ricolosamente la Ue. Al momento,il flusso di rifugiati in arrivo in Ger-mania è molto calato, nell’ordinedelle centinaia al giorno, in segui-to alla chiusura di fatto della rotta balcanica . M a Merkel ha chiaritoieri al Bundestag che questa non èuna soluzione stabile, che il pro- blema non sono nemmeno solo gliarrivi in Germania e che la situa-zione è drammatica in Grecia. Chel’Europa deve dare una rispostacomplessiva e articolata (in Italia,tra l’altro, ieri si è saputo che verràpresto portata al Consiglio dei mi-

    nistri una norma per consentire ilprelievo, anche forzoso, delle im-pronte dei migranti: e chi non sisottomette verrà spedito nei Cie inattesa di espulsione).

    Il fatto è che, dal punto di vistapolitico, la situazione si è moltocomplicata negli ultimi tempi. So-prattutto, la relazione tra Berlino eParigi è entrata in una crisi proba-

     bilmente senza precedenti propriosulla vicenda dei profughi. A François Hollande non è piaciutol’unilateralismo con il quale FrauMerkel ha aperto le frontiere del-l’Europa lo scorso settembre. Berli-no non lo dice apertamente ma èindignata dal basso numero di ri-fugiati — 30 mila — che la Franciaè disposta ad accogliere e dal fattoche Parigi ponga ostacoli alla «so-luzione turca» della crisi.

    Le opposizioni dei Paesi dell’Estsono, dal punto di vista del gover-no tedesco, un ostacolo ma non de-cisivo. È la relazione tra Germania eFrancia, motore storico della Ue, aessere sotto stress e a preoccupareseriamente la signora Merkel. Ciò

    nonostante, la cancelliera non haintenzione di fare passi indietro si-gnificativi sulla questione dei rifu-giati: ritiene che in quel caso sì laGermania tradirebbe se stessa eche l’Europa si avvierebbe versouna terra di nessuno. Senza onore.

    Danilo Taino@danilotaino

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    Il summit

     Oggi

    e domani si

    svolge a

    Bruxelles il

    vertice Ue:

    grande attesa

    per un’intesa

    con la Turchia

    sui migranti

    L’accordo di

    principio

    siglato il 7

    marzo scorso èstato criticatoda Unhcr e davarie ong

    Duello sul surplusMa resta l’intesa sull’immigrazione

     Roma-Berlino

    ROMA Botta e risposta tra Angela Merkel e MatteoRenzi sul surpluscommerciale dellaGermania. Il premieritaliano ha chiesto di ridurloe la cancelliera tedesca haspiegato perché èimpossibile in questa fase.Ma lo scambio di vedute a

    distanza tra i due leadereuropei non incrina l’asseche si è c reato tra Germaniae Italia sul problema deimigranti che sarà al centrodel vertice che si apre oggi aBruxelles. «Dobbiamospiegare agli amici europeiche se vogliamo davverorimettere in moto questoPaese, la Germania e gli altriPaesi devono ridurre il lorosurplus commerciale, oggial 7,6% in Germania», haaffermato Renzi nell’aula diMontecitorio. «Se i tedeschi— ha osservato ancora ilpremier — arrivassero ailimiti europei, che sono il6%, sarebbe qualcosa come,a naso, 38-40 miliardi dieuro di investimenti da fare

    in Germania. Vale perl’Olanda e altri paesi. Questecose le ho dette confranchezza in Consiglioeuropeo». In serata èarrivata la replica di Merkel,che ha difeso il surpluscommerciale tedesco: «Sel’euro continua a esseresvalutato fino a questopunto dalla politicamonetaria, naturalmentenon ci si può meravigliareche il nostro export aumentipiù facilmente», ha dettoall’assemblea dell’industria edelle Camere di commercio.Non si può dire che Berlinosia responsabile del fatto«che altri dati siano quelliche sono». «La Germaniadel suo surplus di bilancio èanche un po’ orgogliosa», hapoi insistito la cancelliera.Ma questo scambio diopinioni non incrinerà irapporti tra i due, almenoper quello che riguarda ilmodo di fronteggiare ilfenomeno d migranti. Anche se l’atteggiamento delpremier e della cancellieranei confronti della Turchiarimane differente. Renziinfatti insiste sulla necessitàdi non procedere a unaccordo con Erdogan a «tuttii costi». Sui migranti, però,la pensano entrambi nellostesso modo. Le parolepronunciate da Renzipotrebbero esseretranquillamente sottoscritte

    da Merkel: «Se ognuno vaper conto proprio si rischiadi uccidere l’Europa». È unrischio, questo, che ilpremier non vuoleassolutamente correre:«Non è possibile che la Uerinunci a governare processiepocali come quellimigratori. Dobbiamo trovareuna soluzione comune suimigranti».

    M. T. M.© RIPRODUZIONE RISERVATA

    Canale di Sicilia

    Duemila salvatiin 48 oreQuasi duemila salvati in 48ore: proseguono senzatregua le operazioni disalvataggio dei migranti nel

    Canale di Sicilia. Solo ieri,nel corso di dodici distinteoperazioni di soccorsocoordinate dalla Centraleoperativa della Guardiacostiera, sono stati tratti insalvo in totale 1.467migranti. Le unitàintervenute hannorecuperato anche tre corpisenza vita. La sola NaveDiciotti della Guardiacostiera ha recuperato6 gommoni con 750persone a bordo(foto Ansa/Guardiacostiera)

    La visita

    dall’inviato Dino MartiranoMattarella tra i rifugiati in Etiopia«Nuovi aiuti in arrivo da Roma»

    GAMBELA (ETIOPIA)  A 45 chilo -metri dal confine con il Sud Su-dan, in mezzo al nulla, in dueanni è nata una «città» deno-minata Teirkidi/Kulè abitatada 101 mila rifugiati: qui si è po-tuto fermare il popolo dei Nuer in fuga dal Sud Sudan devasta-to dalla guerra civile e quindicostretto dal 2014 a passare ilconfine etiope. Nella sola re-gione di Gambela i rifugiati so-no 270 mila. C’è bisogno di tut-to, ogni giorno: acqua, cibo,

    medicine, istruzione. Nel cam-po, le file di capanne di legnosono tracciate con il righello,intervallate dalle latrine con itetti di lamiera. Nella «piazza»ci sono il capannone dellascuola gestita da Unhcr e Savethe Children, il deposito delWorld Food Program  dove siscaricano i sacchi di sorgo, lefontane alimentate dai tubi edai serbatoi montati dall’Uni-cef con i fondi della coopera-zione italiana. Tutto intornouna marea di bambini si rin-

    corrono nella polvere: sorrido-no, tendono la mano, chiedo-no con gli occhi di non essereabbandonati.

    Questo è il film che ha visto ilpresidente della Repubblica,Sergio Mattarella, nella giorna-ta fisicamente ed emotivamen-te più impegnativa del sua visi-ta di Stato in Etiopia. Alla vigiliadi un Consiglio europeo decisi- vo sui temi dell’immigrazione,il capo dello Stato ha volutomettere le scarpe nella pol vere,

    sul terreno dell’Etiopia fiaccatadalla siccità ma disponibile adassistere ben 820 mila profughiin arrivo anche dalla Somalia edall’Eritrea: «Dopo una giorna-ta così intensa è meglio nonanticipare nulla ma al Consi-glio europeo sarebbe benemandare il filmato di quelloche abbiamo potuto vedere quiin Etiopia», risponde Mattarel-la.

    Il presidente con i capelli bianchi, in completo blu e cra- vatta (che col termometro a 40

    gradi non si mette un coprica-po e si concede al massimo lagiacca sbottonata), piace aglioperatori delle organizzazioniinternazionali del campo. Cisono anche gli italiani: Paola di Alba (Wfp), Thomas Tamanini(ingegnere idrico), Michele Pa- ba (Unicef) e altri ancora dico-no che chiunque venga qui (è laprima volta di un capo di Stato)accende un faro su Teirkidi/Kulè. Mattarella, insieme a Gi-nevra Letizia (cooperazione in

    Etiopia), conferma che «l’Italiacontinuerà subito a dare il suoaiuto al campo» con altri 630mila euro, di cui 430 mila al-l’Unicef per la rete idrica e 200mila all’Unhcr per la scuola. Al-l’annuncio tutti applaudono.Poi però il presidente aggiun-ge: «So che non è sufficiente,nulla è sufficiente perché oc-correrebbe molto di più...».

    Il premier Matteo Renzi, daRoma, fa sapere di «voler valo-rizzare la scelta del presidenteMattarella» di essere venuto in

     Afr ica «p erc hé l’e mer ge nzanon è solo in Grecia e Turchia».Il governo destina qui in Etio-pia una grossa fetta delle risor-se della cooperazione affidataal viceministro Mario Giro cheha accompagnato Mattarella:solo per le ong italiane sono ar-rivati 5 milioni di euro all’annotra il 2013 e il 2014. Poi da gen-naio, con la carestia innescatadal Niño, la cooperazione hastanziato per l’emergenza altri5 milioni.

    Davanti ai bambini di Teirki-di/Kulè che cantano, Mattarel-la (accompagnato da sua figlia,Laura) accenna pure un movi-mento delle mani per scandireil ritmo della musica: «Vederetutti questi bambini, senza nul-la, sorridere è una cosa che haun forte impatto emotivo e fariflettere». Il presidente non lodice ma, forse, a Bruxelles vor-rebbe inviare anche la registra-zione di questo dolce coro di bambini africani.

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    Il viaggio

    La visitaufficiale delpresidenteMattarella inEtiopia èiniziata il 14marzo con gliincontri deiverticiistituzionali. Ilgiorno dopo èstato ricevutodallapresidentedellaCommissionedell’UaNkosazanaDlamini-Zuma

    Da oggiMattarella è invisita ufficialein Camerun(fino al 20)

    630mila euroi nuovi aiutiche verrannodestinatidall’Italiaal campoprofughi diTeirkidi/Kulèin Etiopia

    5milioni di euroall’annodestinati tra il2013 e il 2014da Roma alleong italiane inEtiopia. Altri 5milioni stanziatia gennaio perla carestia

    Esteri

    Le parole di Renzi«L’Europa va su Marte masi ferma a Idomeni», ilvillaggio greco dove sonobloccati i profughi

  • 8/19/2019 Il Corriere Della Sera - 17-03-2016

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    Corriere della Sera Giovedì 17 Marzo 2016 ESTERI 11

    «I terroristi scappati dal retro»Il fiasco della polizia a BruxellesA Parigi arrestati quattro turchi: «Stavano progettando un attentato»

    DAL NOSTRO INVIATO

    BRUXELLES «I ricercati sono an-cora in fuga». Alla conferenzastampa della Procura federale belga si toccano vette altissimedi surrealismo. Thierry Werts,portavoce e magistrato a sua volta, risponde impassibile al-le domande dei giornalisti. Mala sua faccia, e quelle dei duecolleghi che gli siedono accan-to, lascia capire che vorrebbe-ro essere ovunque ma non qui,a raccontare di una operazioneantiterrorismo che non è stataesattamente un successo, e or-mai si tratta di una abitudine,mentre quasi in contempora-nea i «rivali» francesi annun-ciano il fermo di quattro per-

    sone di etnia turca accusate diavere un attentato in prepara-zione a Parigi.

    Sono scappati dal retro, diceun poliziotto lasciato di guar-dia al numero 60 di rue deDries. I vetri delle finestreesterne sono stati rimpiazzatida teli di nylon, sulla facciataintorno si vedono i buchi la-sciati dai proiettili sparati dal-le forze speciali. Ma una voltafatto il giro dell’immobile, lafuga dei due presunti terroristiasserragliati nell’appartamen-to ha davvero dell’incredibile.Saranno anche saliti sui tetti,ma a meno di compiere balziprodigiosi di 4-5 metri, sonostati obbligati a scendere epassare attraverso una piccolacorte di giardini, orti e disim-

    pegni, delimitati da un muroche fa da recinto. Atterrare ol-tre non era possibile, a menodi sfidare le leggi della fisica.

    L’unica spiegazione possi- bile è la più logica. La palazzi-na dietro alla stazione del sob- borgo di Forest non era presi-diata. Le forze speciali sono ar-rivate soltanto dopo la primasparatoria. E proprio riparan-dosi dietro quel muro hannoucciso Mohamed Belkaid, unalgerino di 28 anni, morto damartire perfetto, con il kalash-nikov tra le mani, 11 caricatoriinfilati nella cintura, una ban-diera dell’Isis appoggiata almuro e sul tavolo un libro sulsalafismo. Peccato che nessu-no sappia cosa ci facesse inquel posto. Un perfetto scono-sciuto. Non figura in nessunalista di aspiranti jihadisti. Eraillegale in Belgio, un clande-stino. Nel 2014 era stato de-nunciato per furto in un nego-zio di alimentari. Si è immola-to per coprire la fuga di altredue persone, ancora senza no-me e senza identità.

    E’ il primo controsenso, nonl’unico. I sei agenti che hanno bussato alla porta della casa

    dietro la stazione di Forest sta- vano cerc ando la stam peri aclandestina dove erano statiprodotti alcuni documenti fal-si utilizzati per gli attacchi di vener dì 13 novembre.

    In passato l’appartamentoera stato affittato da MohamedBakkali, amico e presuntofiancheggiatore di Salah Ab-deslam, l’unico superstite delcommando stragista. Il nomenon è noto, ma è un tassellofondamentale dell’indagine.Bakkali avrebbe affittato sottofalso nome anche la casa nelquartiere di Schaerbeek dovesono stati confezionati i giub- botti esplosivi dei terroristi diParigi.

    Insieme a ad altri due com-

    plici è stato inquilino della ca-sa di Charleroi dove sono statetrovate impronte digitali di Bi-lal Hadfi, uno dei kamikaze

    dello Stade de France, e di Ab-dellahmid Abbaoud, la mentedegli attentati.

    Roba seria, insomma. Eppu-re l’intera operazione è statagestita come un controllo diroutine, affidata ai poliziotti diquartiere. Non male, per unPaese che può vantare la pro- venienza dallo stesso borgo,Molenbeek, di almeno 6 degliundici terroristi finora identi-ficati del commando di Parigi,e con i suoi 540 jihadisti partitiper la Siria detiene la più altapercentuale europea pro capi-te di foreign fighters.

    Si torna quindi alla confe-renza stampa, alla sensazionedi impotenza e incapacità, airicercati «che sono ancora in

    fuga». E questa, va riconosciu-to, è una innegabile verità.Marco Imarisio© RIPRODUZIONE RISERVATA

    Il blitz Forze speciali belghe in azione a Bruxelles nel

    sobborgo di Forest, il 15 marzo (Ansa)

    La vicenda

    Due giorni fa

    a Forest,

    sobborgo di

    Bruxelles, c’èstato un blitzanti-terrorismo

    I presuntiterroristi hannorisposto alfuoco: duesono fuggiti esono ancoraricercati, uno èstato ucciso inun successivoscontro a fuoco

    Il libro del creatoredel quartiere-ghetto«Non ho fatto sbagli»

     Il caso

    DAL NOSTRO INVIATO

    BRUXELLES L’anzianosignore che attraversa la

    place Comunale non ricevealcun saluto dai passantidiretti alla fermata dellametropolitana. Eppure èstato il borgomastro diquesto luogo per 20 anni, dal1992 al 2012. Niente, comefosse un perfettosconosciuto. «Anche questofa parte del problema, ilricambio continuo dellepersone», dice quasi pergiustificarsi. «Una voltanascevano e crescevano qui.Ora siamo soltanto un portodi mare, una stazione dipassaggio». PhilippeMoreaux è consideratol’inventore del sistemaMolenbeek. Ma dal 13novembre, giorno degli

    attentati di Parigi ai qualihanno partecipato almeno 6persone nate e cresciute inquesto popoloso sobborgodi Bruxelles, questo non ècerto un complimento.Significa piuttostol’intestazione di unfallimento, quello del suoprogetto multiculturale. A 76anni, l’ex professore di storiapoi parlamentare socialista eministro della Giustizia, si ètrovato addosso il peso diuna responsabilità morale, alquale ha sempre rispostocon il silenzio. Fino a pochesettimane fa, quando ha datoalle stampe «La verità suMolenbeek», un libro dimemorie che è diventato unasorta di pietra dello scandalo

     belga. «Quel che è successonon ha alcuna relazione conle nostre politiche diaccoglienza e integrazione:la mia tesi è moltosemplice». Lo hannoaccusato di raccontare non la

     verità, ma la sua verità. «Hoamministrato un territoriodove la maggioranza deicittadini è di confessionemusulmana. Ne ho fatto unavamposto del nostro futuro,scegliendo una terza via, ametà strada tra buonismo erifiuto totale». In 150 paginedi amarcord, non c’è un solomea culpa, e il dettaglio ègiunto persino inParlamento, dove il libro diMoreaux è stato preso adesempio dell’incapacità della

    sinistra di capire il pericolodel jihadismo. «Se ci fossistato ancora io, nel cuoredella società di Molenbeek,avrei sicuramente saputo delsisma che si preparava. Nonè stato fatto nulla, negliultimi anni. Mi accusavanodi lasciar fare, di essereamico degli imam. Ma èsempre meglio del non farenulla. Se ci si limita achiudere gli occhi, senzaagire, il multiculturalismonon è più tale, e producesolo danni». L’autocriticanon è proprio nelle cordedell’ex «leone rosso» diMolenbeek. «Non horimpianti» dice. «Le accuse

     vanno rivolte a chi ha preso il

    mio posto e oggi osadefinirmi come l’inventoredella fabbrica dei jihadisti».Ma forse è proprio questo ilproblema del Belgio. Il librodi Moreaux è solo unpretesto, non l’elemento diuna discussione necessaria.In un Paese così sfilacciato epoco coeso, la colpa è perforza degli altri, quindi dinessuno.

    M. Ima.© RIPRODUZIONE RISERVATA

     La parola

    MOLENBEEK

    È un sobborgo di Bruxelles

    ad alta concentrazione diimmigrati provenienti dalNord Africa e da altri Paesiarabi, tra i più densamentepopolati: 97mila abitanti inmeno di 6 km2. È ilquartiere dove sono nati ecresciuti la mente e gliesecutori della strage diParigi del 13 novembre. AMolenbeek è legato anchel’attacco al supermercatokosher di Parigi dopol’attentato a Charlie Hebdo.

  • 8/19/2019 Il Corriere Della Sera - 17-03-2016

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    12 ESTERI Giovedì 17 Marzo 2016 Corriere della Sera

    Corte Suprema, Obama sceglie un moderatoIl presidente chiede ai repubblicani di ratificare al Senato la nomina bipartisan di Merrick GarlandLa replica è un no secco: la decisione spetta al prossimo inquilino della Casa Bianca. Insorge Trump

    DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

    NEW YORK Barack Obama nomi-

    na Merrick Garland, 63 anni,giudice della Corte Supremadegli Stati Uniti. Un moderatocon un profilo fortemente isti-tuzionale. Ma ai repubblicaninon basta: chiedono che ilsuccessore di Antonin Scaliasia indicato dal vincitore delleimminenti presidenziali.«Non è questione di persone,ma di principi», ha dichiaratosubito Mitch McConnell, capodei conservatori al Senato, lacamera che, come prevede laCostituzione, deve ratificare lascelta del presidente.

    Donald Trump si è pronta-mente inserito, chiedendo airepubblicani di bloccare tutto.Chiaro l’obiettivo: accreditarsicome il leader dell’opposizio-

    ne accendendo un’altra rissamediatica, questa volta diret-tamente con il presidente.

    Ma anche Obama, natural-mente, ha una strategia. L’haspiegata con un discorso diuna ventina di minuti ieri mat-tina, nel prato della Casa Bian-ca. Alla sua destra l’immanca- bile vice presidente Joe Biden,alla sua sinistra il giudice pre-scelto, molto emozionato.«Non volevo sottrarmi al miodovere costituzionale, vistol’immensa importanza dellaCorte di Giustizia», ha comin-ciato Obama. Nello stesso tem-po, per ò, il presidente si èmosso con realismo, selezio-nando, come ha ripetuto,«una delle menti giuridiche

    più acute, ma anche una per-sona con un grande senso dimoralità, modestia, integrità,imparzialità. Tutte qualità am-piamente riconosciute nel-l’ambiente giuridico e dai par-titi, sia quello democratico siaquello repubblicano». Merri-ck Garland oggi ricopre la cari-ca di Capo della Corte d’Appel-lo nel District of Columbia, an-che quella confermata dal Se-nato. Una nota della CasaBianca osserva come nel 1997 votarono a favore di Garlandsette senatori repubblicani an-

    cora presenti a Capitol Hill. Ilmessaggio di Obama rivolto airepubblicani è semplice: nonho forzato la mano, ho sceltoun nome che voi stessi avetegià appoggiato. L’ipotesi Gar-land era già comparsa, soste-nuta dai repubblicani, quandoObama puntò invece su SoniaSotomayor e poi su Elena Ka-gan per gli scranni della CorteSuprema. Conclusione delpresidente: «Portatemi un so-lo motivo per non confermareMerrick Garland».

    Ci ha provato poco più tardi,

    nell’aula di Capitol Hill, Mc-Connell, leader al Senato deiRepubblicani: «Noi chiediamo

    che su questa nomina si ascol-ti la voce degli americani. E di-co al presidente: perché anzi-ché politicizzare questo per-corso su cui non siamo d’ac-cordo, non usiamo il tempoper affrontare quei problemidel Paese sui quali possiamotrovare un’intesa?». L’esta- blishment repubblic ano non vuole essere scavalcato, se nontravolto, dal bulldozer Trumpe dallo scatenato Cruz.

    In gioco c’è l’equilibrio poli-tico-culturale della Corte Su-prema, formata da nove giudi-ci. Garland dovrebbe rimpiaz-zare il più conservatore di tut-ti, l’italo americano Scalia,morto il 13 febbraio in un ran-ch del Texas. Gli altri otto toga-

    ti sono divisi in due schiera-menti in equilibrio. Quattroprogressisti e quattro tradizio-nalisti. Garland, parlando do-po Obama, ha detto che il ruo-lo del giudice è «osservare lalegge, non farla». Ha ricorda-to, veramente commosso, leorigini modeste della sua fa-miglia, a Chicago, i sacrifici af-frontati per farlo studiare,l’impegno costante e condivi-so «al servizio della comuni-tà». La svolta della sua carrie-ra, ha detto, è stato il 1995quando si occupò dell’attenta-to terroristico ad OklahomaCity. Oggi dovrebbe iniziare asostenere l’esame del Senato.

    Giuseppe Sarcina© RIPRODUZIONE RISERVATA

    InsiemeBarack Obama,

    54 anni, con ilgiudice Merrick

    Garland, 63, ieri

    nel prato della

    Casa Bianca

    per l’annuncio

    della nomina

    alla Corte

    Suprema (che

    va ratificata dal

    Senato a

    maggioranza

    repubblicana).

    Garland, che da

    giovane ha

    lavorato

    nell’ammini-

    strazione di Bill

    Clinton, è statoscelto persostituire ilconservatoreScalia tra i novegiudici supremi

    Gli schieramenti

    L’EQUILIBRIO

    La Corte Suprema degli Stati Uniti è formatada un presidente e 8 membri. Il tradizionaleequilibro politico-culturale tra giudiciprogressisti e conservatori all’interno dellaCorte è tornato d’attualità dopo la recentescomparsa di Antonin Scalia, il piùconservatore di tutti. Lo stato attuale, dopola morte di Scalia, è di quattro a quattro.

    Chi è

    MerrickGarland, 63anni, capo dellaCorte d’Appellodi Washington.Laureato aHarvard, exprocuratore, è ilpiù anziano

    candidato alla

    Corte Suprema

    dagli anni

    Settanta

    (chiamato a

    sostituire

    Antonin Scalia,

    nella foto,morto a

    febbraio).

    Sposato, due

    figlie

     Di origini

    modeste (il

    padre aveva

    una piccola

    attività in

    proprio), ècresciuto aChicago

  • 8/19/2019 Il Corriere Della Sera - 17-03-2016

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    Corriere della Sera Giovedì 17 Marzo 2016 ESTERI 13

    Indiscreto

    Le megafeste, i capelli e i cappelliniIl magnate visto dal maggiordomo

    DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

    NEW YORK Attenzione al coloredel cappello. Se è bianco tutto be ne, il «si re» è di ott imoumore. Ma se è rosso, «megliogirare alla larga». Il consiglioprezioso viene da Antony Se-necal, 74 anni, per oltre trentamaggiordomo personale diDonald Trump. Nei comizi ilmiliardario newyorkese copretutti di insulti: ed effettiva-mente ha sempre il cappellinoda baseball con la scritta«Make America Great Again».Rosso. E, sia detto per incisoanche se questo Senecal forsenon lo sa, è in vendita a 30 dol-lari nelle boutique delle resi-denze trumpiane. La più sfar-zosa è la Mar-a-Lago, Palm Be-ach, Florida: un resort di 118stanze, costruito 90 anni fa dauna ricca ereditiera, MarjorieMarriweather Post, appassio-nata di arte e stili europei.Trump l’ha comprata per circa10 milioni di dollari nel 1985.

    Tappeti e arazzi fiamminghi inqualche modo resistono all’or-da di stucchi dorati, il marchioesistenziale del nuovo pro-prietario. Anche Senecal face- va parte dell’arredamento. An-zi per Trump è stato il patri-monio più prezioso, secondoil racconto che lo stesso mag-giordomo ha fatto al New YorkTimes. Se è vero che l’uomo si vede nei dettagli, allora pochipossono dire di conoscere ilcandidato repubblicano me-glio di questo signore elegan-

    te, con il panciotto, camicia epochette bianca, baffi grigi ecorposi, da anni Settanta.

    Da dove partire? Facile: i ca-pelli. «Abbiamo un servizio di barb eria compl eto, natu ral-mente. Ma lui si è sempre vo-luto prendere cura da solo del-

    la sua capigliatura». Sorvolia-mo sui risultati e andiamoavanti. «Dorme circa 4 ore anotte. Prima dell’alba solo ioero autorizzato a spingermi fi-no ai suoi appartamenti. Gliportavo la mazzetta dei gior-nali: The New York Times, The

     Daily New s,  The New YorkPost e i quotidiani di Palm Be-ach. Riemergeva qualche oradopo, con un maglione biancoda golf (probabilmente lo stes-so con cui compare in un ri-tratto a olio riprodotto nellesue agiografie ndr.) e poi c’è il

    cappello».D’accordo, ma ci sar à un

    motivo se Mar-a-Lago è so-prannominata la «Versailles»di Trump. Ecco allora Senecalripercorrere gli anni più rug-genti della vita mondana delmiliardario. Le tre mogli. «Iva-na era la più esigente. Obbliga- va tutti i giardinieri a rientrarein casa perché voleva nuotarenuda nella piscina».

    Le grandi feste. Nel 2002 iltycoon   fece costruire unagrande sala da ballo che, ov- viamente, la chiamò «DonaldTrump Ballroom». La scrittri-ce e poetessa, nonché attrice e ballerina Maya Angelou, cele- brò lì il suo ottantesimo com-pleanno, animato da Oprah

     Winfrey. Ma l’evento che anco-

    ra oggi molti ricordano a PalmBeach fu il party per il matri-monio del padrone di casa conMelania, consorte tuttora incarica.

    Il «butler», il maggiordo-mo, accolse personalmente gliinvitati: businessman, artisticome il cantante Tony Ben-nett, l’ultimo «crooner» ame-ricano. Altro? Ah sì c’era anchela senatrice di New York: Hil-lary Clinton».

    Giuseppe Sarcina© RIPRODUZIONE RISERVATA

    La villa

    di Mar-a-Lago in

    Florida e Antony

    Senecal, 74 anni,

    «butler»

    del miliardario

    (New York

    Times/Contrasto)

    Il personaggio

    di Massimo Gaggi

    È il grigio John Kasichl’ultimo «anti-Donald»nella corsa verso il WestL’establishment conservatore punta sull’uomo dell’Ohio

    NEW YORK Cogli l’attimo: ieri inPennsylvania, domani nello

     Utah a cercare di rimettere in-sieme l’elettorato tradizionaledel partito repubblicano,scompaginato dallo tsunamiTrump. Uscito dal grigiore diuna campagna condotta aimargini dei dibattiti televisivirepubblicani, vittorioso, masolo in Ohio, lo Stato del qualeè governatore, John Kasich sache arrestare la corsa di Do-nald Trump è pressoché im-possibile. Ma è deciso a tenta-re: unico candidato moderatodel fronte conservatore rima-

    sto in pista ora che anche Mar-co Rubio si è ritirato come pri-ma di lui Jeb Bush, questo po-litico con un passato di ban-chiere della Lehman e dicommentatore per la rete tele-

     visiva Fox, oltre che di deputa-to al Congresso di Washin-gton, sa che non potrà mai su-perare Trump nella corsa del-l e p r i m a r i e . M a p u òconseguire successi parziali inStati a lui favorevoli o proble-matici per il tycoon di New

     York e può sottrargli i delegatidei quali ha bisogno per arri-

     vare al quorum di 1237 rappre-sentanti che gli garantirebbela nomination alla convezionerepubblicana di Cleveland, aluglio.

    E allora avanti tutta in Penn-sylvania, lo Stato nel quale Ka-sich è nato (originario di Pitt-sburgh) e che ha una compo-sizione politica e sociale mol-to simile a quella dell’Ohio.Poi nello Utah (al voto martedìprossimo), dove il governatoreavr à l’appoggio di Mitt Rom-ney, assai influente nello Statodei mormoni. Ma Kasich spe-ra di emergere anche nellaEast Coast dove è forte l’in-fluenza dei conservatori mo-derati: Connecticut, Mary-land, Delaware, Rhode Island.Certo non può pensare di te-

    nere testa a Trump a New York, il suo Stato, ma potrebbefarcela in Minnesota dove ilgovernatore Scott Walker nonha ancora deciso se appoggia-re lui o Ted Cruz, ma di certo

     vuole sbarrare la strada all’im-mobiliarista.

    Spinti dal terrore per gli ef-fetti del terremoto Trump chesta già scardinando il partito,gli strateghi dell’establish-ment repubblicano, che dete-stano anche Ted Cruz, adessosognano addirittura che il mi-te Kasich, un candidato fino aieri quasi invisibile, riesca ademergere nel West americanodove ancora non si è votato, emagari a conquistare la Cali-fornia.

    Tutti i conti dei delegati cheKasich potrebbe sottrarre al

     battistrada non tengono con-to, per ò, dell’atteggiamento edelle mosse possibili dellostesso Trump, che sta già mi-nacciando disordini di piazzae/o una sua candidatura co-me indipendente qualora laConvention  dovesse negarglil’investitura repubblicana. E’chiaro che escluderlo dallanomination se il miliardariodoves