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I I I l l l C C C o o o r r r r r r i i i e e e r r r e e e d d d e e e l l l P P P M M M L L L U U U G G G L L L I I I O O O 2 2 2 0 0 0 1 1 1 5 5 5 N N N u u u m m m e e e r r r o o o 2 2 2 1 1 1 ( ( 3 3 - - 2 2 0 0 1 1 5 5 ) ) www.pmi-rome.org Project Manager Italiano? Ormai ci siamo. Entro metà Agosto l’UNI dovrebbe sottomettere a inchie- sta pubblica il progetto di Norma UNI U83.00.078.0 per le “Attività profes- sionali non regolamentate - Project Manager. Definizione dei requisiti di conoscenza, abilità e competenza”. Una Norma molto attesa, di cui si parla già da alcuni anni, ma che a nostro avviso potrebbe deludere mol- to le aspettative dei Project Manager italiani. Quella che esce infatti dal gruppo di lavoro, a cui il PMI Rome Italy Chap- ter ha comunque partecipato attiva- mente con la nostra Presidente Anna Maria Felici, sembra essere una norma un po’ troppo tarata su un contesto pura- mente nazionale, che non tiene con- to del contesto globale in cui do- vrebbe andare ad inserirsi. Nell’articolo a pag. 2-3 di questa newsletter vi presen- tiamo come sta cambiando, e cam- bierà ulteriormente, il mondo degli Standard Internazionali (ANSI, ISO) sul Project Program & Porfolio Man- agement (P 3 M), a normare quella “arena globale” in cui molti di noi si confrontano quotidianamente con competitor di ogni nazionalità. E la norma italiana sembra invece percorrere binari paralleli, che diffi- cilmente si incontreranno con le esi- genze Europee (in primis) ed Inter- nazionali (USA, BRICS e altri paesi emergenti, …), richiedendo ulteriori budget di spesa alle aziende, impe- gnate a portare avanti un Project Management di qualità, per avere un “bollino blu” che sia valido in Italia, ma che poi non avrà di fatto valore nelle gare internazionali (dove invece conta essere PMP ® o avere un’altra certificazione riconosciuta internazio- nalmente). Come Chapter, e con il pieno suppor- to del Project Management Institute, cercheremo di correggere, se possi- bile, questo tipo di impostazione, co- me abbiamo peraltro già cercato di fare in sede di elaborazione della stessa. Perché è giusto che ci siano certificazioni riconosciute anche dallo Stato Italiano, ma questo non deve essere un qualcosa a discapito delle aziende e dei Project Manager no- strani, ma piuttosto qualcosa a sup- porto di questi ultimi, per aiutarli a competere nel contesto globale. E ci sarà bisogno dell’impegno di tutti (perché l’inchiesta pubblica dell’UNI è appunto aperta a tutti e quindi ad ognuno di noi e alle organizza- zioni di cui sia- mo parte) per far si che que- sta norma non diventi un’ occa- sione sprecata, una ennesima prova del pro- vincialismo Italiano (quello che in Eu- ropa e nel mondo non ci permette di contare quanto dovremmo). Perché PMI ® non vuol dire “Project Manager Italiano”, ma vuol dire far parte di una grande, grandissima, community di PM che parlano un lin- guaggio comune e si confrontano apertamente, che sono orgogliosi ognuno della propria nazionalità e cultura, ma sanno poi confrontarsi al di là di queste sulla base di pari op- portunità e della propria professiona- lità. Quella professionalità che un certificazione internazionale come la nostra PMP ® garantisce certamente più che un “bollino blu” valido solo nei confini della penisola. Naturalmente sarà nostra cura tener- vi informati, anche con iniziative ed eventi dedicati, su quello che ci sarà da fare. Ma teniamoci pronti perché i tempi dell’inchiesta pubblica saranno brevi. Il Comitato di Redazione IN QUESTO NUMERO EDITORIALE o Project Manager Italiano? 1 NEWS o Project Program & Portfolio: Gruppo di Lavoro per Standard ISO 2 o Da Dicembre le PDU cambiano 4 o Nuove regole per gli esami di certificazione PMI 5 EVENTI o Il PM è anche Contract Manager? 7 o PMI EMEA Congress & EMEA LIM 9 o Roma Caput Mundi 11 o E quindi uscimmo a rimirar le stelle 13 o PM & ICT: le sfide del Cloud Computing 14 INTERVISTE o Parliamone con … Simone Cavallini 15 ARTICOLI o In equilibrio tra incudine e martello 17 o Analytics & Big Data per PM 20 RECENSIONI o Il Project Management: UNI ISO 21500 22 CONOSCERCI MEGLIO o Alessandra Filippetti … Unplugged 23 o Attilio Gaetano Sequi … Unplugged 24 COMITATO DI REDAZIONE Responsabile: Sergio GEROSA PM di questo numero: Luca ROMANO Contributi alla redazione di questo numero: R. Ascione, R. Avella, L. Bonamoneta, M. Cardullo, D. Castaldo, S. Codispoti, A.M. Felici, P. Guida, O. Lio, C. Paragano, C. Paternoster, A. Razionale

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Project Manager Italiano? Ormai ci siamo. Entro metà Agosto l’UNI dovrebbe sottomettere a inchie-sta pubblica il progetto di Norma UNI U83.00.078.0 per le “Attività profes-sionali non regolamentate - Project Manager. Definizione dei requisiti di conoscenza, abilità e competenza”. Una Norma molto attesa, di cui si parla già da alcuni anni, ma che a nostro avviso potrebbe deludere mol-to le aspettative dei Project Manager italiani. Quella che esce infatti dal gruppo di lavoro, a cui il PMI Rome Italy Chap-ter ha comunque partecipato attiva-mente con la nostra Presidente Anna Maria Felici, sembra essere una norma un po’ troppo tarata su un contesto pura-mente nazionale, che non tiene con-to del contesto globale in cui do-vrebbe andare ad inserirsi. Nell’articolo a pag.

2-3 di questa newsletter vi presen-tiamo come sta cambiando, e cam-bierà ulteriormente, il mondo degli Standard Internazionali (ANSI, ISO) sul Project Program & Porfolio Man-agement (P3M), a normare quella “arena globale” in cui molti di noi si confrontano quotidianamente con competitor di ogni nazionalità. E la norma italiana sembra invece percorrere binari paralleli, che diffi-cilmente si incontreranno con le esi-genze Europee (in primis) ed Inter-nazionali (USA, BRICS e altri paesi emergenti, …), richiedendo ulteriori budget di spesa alle aziende, impe-gnate a portare avanti un Project Management di qualità, per avere un “bollino blu” che sia valido in Italia, ma che poi non avrà di fatto valore nelle gare internazionali (dove invece conta essere PMP® o avere un’altra certificazione riconosciuta internazio-nalmente).

Come Chapter, e con il pieno suppor-to del Project Management Institute, cercheremo di correggere, se possi-bile, questo tipo di impostazione, co-me abbiamo peraltro già cercato di fare in sede di elaborazione della stessa. Perché è giusto che ci siano certificazioni riconosciute anche dallo Stato Italiano, ma questo non deve essere un qualcosa a discapito delle aziende e dei Project Manager no-strani, ma piuttosto qualcosa a sup-porto di questi ultimi, per aiutarli a competere nel contesto globale. E ci sarà bisogno dell’impegno di tutti (perché l’inchiesta pubblica dell’UNI è appunto aperta a tutti e quindi ad

ognuno di noi e alle organizza-zioni di cui sia-mo parte) per far si che que-sta norma non diventi un’ occa-sione sprecata, una ennesima prova del pro-

vincialismo Italiano (quello che in Eu-ropa e nel mondo non ci permette di contare quanto dovremmo). Perché PMI® non vuol dire “Project Manager Italiano”, ma vuol dire far parte di una grande, grandissima, community di PM che parlano un lin-guaggio comune e si confrontano apertamente, che sono orgogliosi ognuno della propria nazionalità e cultura, ma sanno poi confrontarsi al di là di queste sulla base di pari op-portunità e della propria professiona-lità. Quella professionalità che un certificazione internazionale come la nostra PMP® garantisce certamente più che un “bollino blu” valido solo nei confini della penisola. Naturalmente sarà nostra cura tener-vi informati, anche con iniziative ed eventi dedicati, su quello che ci sarà da fare. Ma teniamoci pronti perché i tempi dell’inchiesta pubblica saranno brevi. Il Comitato di Redazione

IN QUESTO NUMERO

EDITORIALE o Project Manager Italiano? 1

NEWS o Project Program & Portfolio:

Gruppo di Lavoro per Standard ISO 2

o Da Dicembre le PDU cambiano 4 o Nuove regole per gli esami di

certificazione PMI 5

EVENTI o Il PM è anche Contract

Manager? 7 o PMI EMEA Congress & EMEA

LIM 9 o Roma Caput Mundi 11 o E quindi uscimmo a rimirar le

stelle 13 o PM & ICT: le sfide del Cloud

Computing 14

INTERVISTE o Parliamone con …

Simone Cavallini 15

ARTICOLI o In equilibrio tra incudine e

martello 17 o Analytics & Big Data per PM 20

RECENSIONI o Il Project Management:

UNI ISO 21500 22

CONOSCERCI MEGLIO o Alessandra Filippetti …

Unplugged 23 o Attilio Gaetano Sequi …

Unplugged 24

COMITATO DI REDAZIONE

Responsabile: Sergio GEROSA

PM di questo numero : Luca ROMANO

Contributi alla redazione di questo numero :

R. Ascione, R. Avella,

L. Bonamoneta, M. Cardullo,

D. Castaldo, S. Codispoti,

A.M. Felici, P. Guida, O. Lio,

C. Paragano, C. Paternoster,

A. Razionale

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Project Program & Portfolio: Gruppo di Lavoro per Standard ISO Si è riunito a Vienna il GdL ISO per il nuovo Stand ard PPPM Parliamo di standard e di organizza-zioni per la standardizzazione. Per-ché ci serve conoscerne le logiche ed orientarci sui prodotti? Perché ab-biamo bisogno di un linguaggio co-mune che ci aiuti a comunicare nei campi più disparati. Quella della standardizzazione è sta-ta un’esigenza sentita sin dagli albori della storia dell’uomo. Solo come esempio, riportiamo qui un estratto da Wikipedia che ne è un esempio perfetto: “Nel 221 a.C. l’ imperatore Ying Zheng realizzò infine l'unificazione della Cina e assunse il titolo di Qin Shi Huang Di (primo imperatore della Dinastia Qin). L'antica aristocrazia venne esautorata, le famiglie nobili furono costrette a trasferirsi nella ca-pitale Xianyang, l'intero territorio ven-ne diviso in distretti raccolti in gover-natorati, tutte le unità di misura ven-nero unificate così come la moneta e la scrittura. Per favorire la comunica-zione tra le diverse regioni venne im-posto un unico scartamento assiale per i carri e fu costruita un'ampia rete stradale per un totale di circa 6 000 km.” Lo scartamento assiale unico fu uno standard che permise ai cinesi di gi-rare con i loro carri anche dove prima non potevano.

ANSI ed ISO In America nel 1918, alla fine della Prima Guerra Mondiale, il presidente Wilson portò a termine il programma delle leggi dell’unificazione degli Sta-ti Uniti. In questo terreno fertile nac-que l'American National Standards Institute (ANSI), fondato appunto il 19 ottobre 1918 e composto da agenzie governative, organizzazioni, aziende, enti accademici e interna-zionali e individui. L’ANSI rappresen-ta oggi gli interessi di oltre 125 mila imprese e 3,5 milioni di professionisti. L’ANSI è il rappresentante ufficiale degli Stati Uniti presso l'International Organization for Standardization (ISO, www.iso.org) e, attraverso la

U.S. National Committee, anche presso la International Electrotech-nical Commission (IEC, www.iec.ch). L’ANSI è anche membro della Inter-national Accreditation Forum (IAF). L'Istituto sovrintende la creazione, la promulgazione e l'utilizzo di migliaia di norme e linee guida che hanno un impatto direttamente sulle imprese in quasi tutti i settori. L’ANSI è anche attivamente impegnato nell'accredi-tamento – cioè nella valutazione della competenza degli organismi che de-terminano la conformità agli stan-dard. L'Organizzazione Internazionale per la Standardizzazione (ISO) è una fe-derazione mondiale di organismi na-zionali di normalizzazione composto da più di 163 paesi, uno per ciascun paese. L’ISO è una organizzazione non governativa fondata nel 1947, alla fine della II guerra mondiale a Ginevra, in Svizzera un paese neu-trale. Il termine ISO deriva dal greco “isos”, che significa uguale. La sua missione è quella di promuovere lo sviluppo della standardizzazione e delle attività connesse in tutto il mon-do, al fine di facilitare lo scambio in-ternazionale di beni e servizi, e per sviluppare la cooperazione nei settori di attività intellettuale, scientifica, tec-nologica ed economica. Risultati del lavoro dell’ISO sono gli accordi inter-nazionali che sono pubblicati come Standard internazionali e altri tipi di documenti ISO. ANSI è l'unico membro rappresentan-te e pagante degli Stati Uniti nell’ISO; come membro fondatore della ISO, ANSI svolge un ruolo attivo nella sua governance e consente agli Stati Uni-ti l’accesso immediato ai processi di sviluppo degli standard ISO. ANSI partecipa praticamente all'intero pro-gramma tecnico della ISO (quasi l'80%), e amministra molti comitati principali e sottogruppi (quasi il 20% di tutte le ISO TC e SC). Esistono, inoltre, il Deutsches Institut für Normung (DIN, www.din.de) ente per gli standard nazionali tedeschi

membro ISO dal 1951; l’Association Française de Normalisation (AFNOR, www.afnor.org) l’ organizzazione na-zionale Francese per la standardiz-zazione. Per l’Italia c’è l'Ente Italiano di Normazione (UNI, www.uni.com), associazione privata senza scopo di lucro, che svolge attività normativa in tutti i settori industriali, commerciali e del terziario, ad esclusione di quello elettrotecnico ed elettronico, di com-petenza del Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI, www.ceiweb.it/). L'UNI, riconosciuto dallo Stato Italiano e dall'Unione Europea, partecipa in rappresentanza dell'Italia all'attività normativa degli organismi internazio-nali di normazione ISO e CEN. Attualmente i paesi che stanno par-tecipando alle attività relative alla norma ISO/TC258 sono 23. Per cu-riosità il 23° partecipante è stato, a Vienna, l’Italia con la presenza del nostro Presidente Anna Maria Felici .

Il Processo di sviluppo degli

standard Quando viene sottomessa una pro-posta la prima fase è la conferma della necessità di un nuovo standard internazionale nell’area interessata. Al comitato per il voto viene sottopo-sto una nuova proposta oggetto di lavoro o New Work Item Proposal (NWIP). La votazione utilizza il porta-le per il ballottaggio elettronico. Sul modulo è indicato la persona nomina-ta responsabile del progetto. Di solito il comitato istituisce un grup-po di lavoro o Working Group (WG) per redigere la bozza di lavoro o Working Draft (WD) che viene poi trasmessa al comitato controllante del gruppo di lavoro che deciderà la fase successiva (Committee Stage o Enquiry Stage). I Committee Draft (CD) successivi possono essere dif-fusi fino a raggiungere il consenso sul contenuto tecnico. I due stati seguenti sono l’Enquiry Stage (in cui viene prodotto il DIS) e l’Approval Stage (in cui viene prodot-to il FDIS). Il Draft International

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Standard (DIS) è approvato se due terzi dei Paesi membri del TC/SC so-no a favore e non più di un quarto del numero totale dei voti espressi sono negativi. Se viene approvato il DIS il progetto va dritto alla pubblicazione. Tuttavia, la leadership del comitato può decidere, se necessario, di in-cludere la fase successiva in cui il Fi-nal Draft International Standard (FDIS) è sottoposto alla Segreteria Centrale (ISO/CS) da parte del Se-gretario del Comitato. Il FDIS viene poi distribuito a tutti i membri ISO per il voto. Questo processo dura 2 me-si. Alla fine, se approvato, si arriva al Publication Stage ed il WP diventa uno standard. Un sommario di quanto sopra può essere scaricato dal sito ISO: www.iso.org/iso/stage_codes.pdf

ISO 21500, Guidance on Project

Management Questa ISO è composta da tre parti: Dizionario, Processi e i capitoli intro-duttivi e gli Annex. Le competenze si suddividono in tecniche, comporta-mentali e contestuali lasciando alle nazioni ed agli standard il compito di definirle. Ci furono differenti posizioni soprattutto riguardo i soft skill, che non furono inseriti nella ISO. Karl Best (PMI®), segretario del comitato di progetto, commentò: "In un'eco-nomia sempre più globale i Project Manager hanno bisogno di una gui-da che li aiuti a comprendere i prin-cipi di base della gestione dei proget-ti. ISO 21500 può aiutare coloro che sono coinvolti in progetti a migliorare il successo di una grande varietà di tipi di progetto.” Ora la norma è stata messa in revisione, anche se sareb-be prevista ogni 5 anni, perché con le nuove norme, di cui parliamo di se-guito, alcune definizioni e figure de-vono essere riallineate. I paesi che hanno votato per la revisione sono principalmente quelli che non hanno uno standard proprio.

Norma UNI U83.00.078.0 Nel 2013 la UNI/ISO 21500 venne pubblicata e tradotta in Italiano. A fronte di questa pubblicazione in UNI venne istituito il gruppo di lavoro che ha emesso il “Progetto di Norma UNI U83.00.078.0 - Attività professionali non regolamentate Project Manager.

Definizione dei requisiti di conoscen-za, abilità e competenza” che dovrà a breve essere sottoposto a inchiesta pubblica. Questo documento definisce le cono-scenze e le abilità che devono essere dimostrate da ogni Project Manager per ognuno dei processi definito nella norma ISO 21500. Il limite che come PMI® evidenziamo è la presenza di un esame orale per la certificazione, perché la nostra filosofia dice che tut-ti dobbiamo avere le stesse opportu-nità e noi riteniamo il nostro esame è più che completo per la certificazione essendo anche basato su uno stan-dard ANSI e con un percorso certifi-cato ISO/IEC 17024. Le domande situazionali contenute sono dei piccoli casi di studio attra-verso i quali è possibile testare come un PM reagisce nelle varie situazioni e anche la sua conoscenza delle teo-rie e di alcune pratiche sui soft skill. Per mettere alla prova i soft skill c’è il PMCDF (Project Management Com-petency Development Framework). La norma invece stabilisce i requisiti per gli organismi che operano nella certificazione delle persone: essa è stata elaborata al fine di produrre e promuovere un riferimento accettato a livello internazionale per gli organi-smi di certificazione ODC (Organi-smo di Certificazione), in modo da facilitare il reciproco riconoscimento delle stesse certificazioni tra soggetti di nazionalità differente. La norma è stata elaborata definendo per singolo processo ISO 21500 le caratteristiche necessarie per ese-guirlo. Nella redazione della versione V del PMBOK® fu chiesto di tenere presen-te quanto scritto nella ISO 21500 e di allineare, per quanto possibile, i nomi dei processi e dei deliverable. Quindi PMBOK® e ISO 21500 si completano a vicenda. La nuova versione del PMBOK® sarà sicuramente più alli-neata alle novità che emergono dagli articoli presentati ai nostri convegni europei e mondiali ed alle esigenze delle aziende che sono nell’orbita del PMI. Ne consegue che la nostra cer-tificazione è basata su un contenuto perfettamente compatibile con ISO 21500. Inoltre il nostro data base del-le domande è ormai ricchissimo e sono già al lavoro i PMP in tutto il

mondo che creano le nuove doman-de basate sul nuovo ECO (Examina-tion Content Outline) che definisce bene quello che è richiesto ad un Project Manager. (vedi articolo sulla nuova certificazione). I nuovi cicli di vita e l’ importanza data agli stake-holder viene ora messa in relazione con nuove strutture societarie, con l’importanza data al Business Case ed all’allineamento con la vision e la missione. Noi del PMI stiamo riflet-tendo sul futuro e sulla sua comples-sità e di questo parliamo continua-mente attraverso i ‘Pulse of the Pro-fession’. Quindi noi del PMI invitiamo tutti voi, non appena la norma sarà in inchiesta pubblica (probabilmente a settembre) , a votare contro l’esame orale che ci farebbe solo spendere soldi inutilmente qualora la certifica-zione derivata dalla norma fosse di-chiarata obbligatoria dalla Pubblica Amministrazione. Detto ciò ricordiamo che la nostra certificazione ha ormai 30 anni ed è ampiamente collaudata come conte-nuti e come processo e, data la diffu-sione è anche uno standard de facto.

Cosa ci aspetta Riassumendo ora sappiamo che a fine 2016 o inizio 2017 dovremo con-frontarci con la suite ISO/IEC com-pleta : progetti / programmi / portafo-gli e PPP Governance. Per quanto riguarda il PMI avremo PMPBOK® Guide 6th Edition, Pro-gram Management 4th Ed., Portfolio Management 4th Ed.. Inoltre PMI sta sviluppando una gui-da pratica sul governo di progetti, programmi e portafogli (PPP), che sarà pubblicata nel 2015 e sosterrà le organizzazioni project-based nella creazione di un ambiente atto ad ac-celerare l'attuazione della strategia e il raggiungimento degli obiettivi orga-nizzativi, stabilendo la trasparenza e la fiducia nel processo decisionale e la chiarezza dei ruoli e delle respon-sabilità. In sostanza tutto questo ci riporterà a percorrere quel cammino che James Martin con il suo approc-cio integrato dalla strategia ai pro-grammi aveva applicato nel 1990 per l’IT. Noi del PMI siamo in questa di-rezione e vogliamo portare avanti la mission del PMI.

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Da Dicembre le PDU cambiano! Il CCR Program verrà allineato al PMI Talent Triangle : tutte le novità sul mantenimento della certificazione Il PMI, con una e-mail inviata a tutti i membri, ha comunicato delle novità in merito al CCR Program che, come è noto, indica le modalità con le quali è possibile realizzare i PDU necessa-ri al mantenimento delle certificazioni. Nella e-mail inviata c’era il link al sito dove sono descritte le nuove modali-tà. L’evoluzione del CCR Program non è una novità perché è collegata alla necessità di assicurare la crescita e lo sviluppo della professione di Pro-ject Manager in linea con le evoluzio-ni del business e con le nuove com-petenze che inevitabilmente ne di-scendono. Nel nuovo CCR Program queste nuove competenze sono in linea con il PMI Talent Triangle.

PMI Talent Triangle

Analizziamo I contenuti delle tre aree del PMI Talent Triangle: • Technical Project Management:

conoscenza, competenza e com-portamenti legati a specifici do-mini di Project, Program e Portfo-lio Management.

• Leadership: conoscenza, compe-tenza e comportamenti legati a specifiche abilità orientate alla leadership che aiutino le organiz-zazioni ad ottenere i propri obiet-tivi di business.

• Strategic and Business Mana-gement: conoscenze e compe-tenze nelle industrie e organizza-zioni che migliorano le perfor-mance e il raggiungimento degli obiettivi di business.

Esempi di corsi utili per le tre aree sono: • Technical Project Management:

Advanced project management, Tecniche per migliorare la moda-lità di realizzare la WBS, Tecni-che per ottenere e documentare I

requisiti, Portfolio Risk manage-ment, ecc.

• Leadership: negoziazione, co-municazione, motivazione, prob-lem solving, risoluzione dei con-flitti ecc.

• Strategic and Business Mana-gement: Conoscenze di prodotto e delle industrie, business acu-

men, allineamento alle strategie di innovazione, di marketing, fi-nanziarie, di gestione del cliente, strategie di differenziazione, ecc.

Gli aggiornamenti del CCR Program non cambiano il totale di PDU ri-chiesti per le certificazioni (60 PDU per PMP®, PgMP®, PfMP® e PMI-PBA®; 30 PDU per PMI-ACP®, PMI-RMP® e PMI-SP®), ma allineano le attività di sviluppo professionale ai bisogni della professione, special-mente le attività della componente di Education. Ad oggi l’insieme ideale delle abilità è una combinazione di competenze tecniche di PM, di lea-dership e di gestione strategica ed economica.

Cosa cambia da Dicembre 2015 Il contesto di riferimento del CCR Program resta lo stesso perché si guadagneranno i PDU sempre nelle categorie Education e Giving Back to the Profession, ma sarà diversa la modalità con cui i PDU saranno clas-sificati in queste categorie. Il numero minimo di PDU acquisibili mediante attività di Education è aumentato (sa-rà pari a 35 PDU, 60%) e il numero massimo di PDU acquisibili mediante attività di Giving Back to the Profes-sion è diminuito (sarà pari a 25, 40%). In più le attività in ambito Edu-cation sono state allineate al PMI Talent Triangle nel senso che devono essere attività in ambito Technical Project Management, Leadership e Business & Strategic Management. Di seguito la ripartizione dei PDU nel-le tre aree di competenze per le tipo-logie di certificazioni del PMI®.

New Education PDU

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Dalla tabella precedente si evidenzia che occorre effettuare attività per ot-tenere un numero minimo (8 o 4) di PDU per ogni area di competenza e i restanti PDU (11 o 6) suddivisi come si desidera, ma sempre nelle tre aree di competenza. Anche il numero massimo di PDU che si possono ottenere dalle attività legate al Giving Back to the Profes-sion è stato aggiornato.

New Give Back to Profession PDU

Dalla tabella precedente si evidenzia che mediante le attività di volontario e di creazione di nuova conoscenza nell’ambito del PM non si possono conseguire PDU che superino il mas-simo ammesso per la categoria (25) e i PDU ottenibili lavorando come Project Professional non possono essere superiori a 8 e possono esse-re richiesti solo quando il periodo di attività è terminato e non per lavori che terminano in una data futura.

Modalità di acquisizione dei PDU Le modalità di acquisizione dei PDU sono quelle note. I PDU di Education si acquisiscono partecipando ai corsi

offerti dalle PMI R.E.P., dai Chapter o dall’università o dalla propria azien-da; partecipando ai congressi del PMI, ai SeminarsWorld®, a altri eventi o mediante self-learning. I PDU di Giving Back to the Profes-sion si acquisiscono creando nuove conoscenze nell’ambito del PM, vo-lontariato e in Working as Profes-sional. È possibile guadagnare, da una sin-gola attività, PDU multipli di Educa-tion rispetto al PMI Talent Triangle se il contenuto è allineato con più aree di competenza. Ad esempio se si partecipa un corso o si legge un libro con contenuti di tecniche di PM (ge-stione dei tempi del progetto, …) e di gestione della leadership (negozia-zione. …) si potranno ottenere PDU per le due competenze in funzione del numero di ore dedicate alle due competenze. I PDU relativi a Leadership e Strate-gic & Business Management posso-no essere condivisi tra le differenti certificazioni possedute, mentre i PDU relativi a Technical Project Ma-nagement sono specifici per singola certificazione. Le tabelle di seguito esplicitano alcuni esempi.

Modalità di registrazione dei

PDU Si continuerà a ottenere e registrare i PDU secondo le correnti modalità fi-no al 30 novembre 2015, dal 1 Di-cembre 2015 si applicheranno le nuove regole del CCR Program e tutti i PDU saranno allineati con i nuovi

requisiti di minimo e massimo. Le re-gole e le procedure per trasferire PDU da un ciclo al successivo resta-no le stesse; così come la quantità. I PDU trasferiti nel nuovo ciclo saran-no assegnati all’ appropriata area di competenza in linea con il PMI Talent Triangle.

Requisiti per il rinnovo La classificazione dei PDU deve es-sere fatta secondo il nuovo CCR Program dal 1 Dicembre 2015, men-tre il rispetto dei nuovi minimi dei PDU per le attività di Education e dei nuovi massimi per le attività di Giving Back to the Profession non è obbliga-torio, anche se consigliato. Dal 1 Di-cembre 2017, invece, diventerà ob-bligatorio rispettare i nuovi requisiti.

Esempi: distribuzione PDU-Certificazioni

Cambiano le regole per la certificazione I driver delle certificazioni PMI ® e le modifiche intrapreseIn questi ultimi anni il PMI® si è dimo-strato essere la più autorevole asso-ciazione di Project Management a livello mondiale, con quasi cinque mi-lioni di copie di PMBOK® Guide in circolazione. Per dimostrare questo interesse globale e l'adozione nel 1997 il PMI® aveva poco più di 31 mi-la membri totali e circa 6 mila Certifi-cati in 96 paesi, con il 93% dei PMP® situati in Nord America e il restante 7% era diffuso in tutto il resto del mondo, soprattutto tra Europa e Asia Pacifico. Ora nel 2015, ci sono più di 700 mila i titolari di certificazione di

cui solo il 48% dei PMP® sono in Nord America. Ciò dimostra chiara-mente che PMI® è veramente un'or-ganizzazione globale. Al centro della missione del PMI ci sono il progetto, il programma e la gestione del portafoglio. Pertanto, le certificazioni (PMP®, PgMP® e PfMP®) si concentrano su queste aree "core". Il PMI riconosce, tuttavia, che ci sono anche altre aree di spe-cializzazione all'interno PPPM che hanno un grande impatto e contribui-scono al successo di questi domini

principali offrendo la certificazione anche in queste aree di specialità.

Il processo di sviluppo Il PMI® mantiene un processo di svi-luppo rigoroso per ogni certificazione e conduce continuamente studi ap-profonditi per assicurare che le no-stre certificazioni riflettano accurata-mente le competenze attuali, le co-noscenze e le best practice necessa-rie per avere successo. Il ruolo speci-fico e l'area coperta da ogni certifica-zione PMI® sono accuratamente stu-diati e documentati. Il PMI® consulta

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gli esperti in materia, gli operatori e le organizzazioni per capire il posizio-namento attuale dell'industria e dove sta andando. I contenuti delle certifi-cazioni sono convalidati e testati per garantire la loro qualità e la loro pre-cisione. Il PMI® segue queste prati-che rigorose per mantenere il suo programma di certificazione rilevante e valido, evitando che le certificazioni PMI® diventino obsolete. Il PMI® per-segue questa rigorosità per salva-guardare la professionalità di tutti co-loro che posseggono una certifica-zione rilasciata dal PMI®. Non esisterebbero le certificazioni di PMI® senza le migliaia di ore di vo-lontariato (quasi mille volontari ogni anno) fornite da esperti in materia in tutto il mondo, che garantiscono una rappresentanza equilibrata nella struttura e nel contenuto degli esami di certificazione.

Le cinque “E” Le Certificazioni PMI® sono sviluppati da professionisti per i professionisti. Uno dei principali vantaggi della certi-ficazione PMI risiede nella sua validi-tà e l'affidabilità. Il programma di certificazione del PMI® è stato progettato per assicura-re che tutti i titolari di certificazione abbiano dimostrato le proprie compe-tenze tramite misure giuste e valide. Le 5 “E” illustrano questo validità e affidabilità:

Education for Eligibility : Per tutte le certificazioni PMI® sono richieste ore di Formazione e soglie di ammissi-bilità

Experience: I richiedenti sono tenuti a garantire ore di Esperienza che at-testino che hanno veramente ricoper-to questi ruoli.

Examination: Ogni certificazione ha un esame basato sulle conoscenze e domande a scelta multipla situazio-nali per valutare la competenza di un individuo modo altamente affidabile.

Ethics: L'Etica è un aspetto impor-tante del lavoro in questa professione e tutti i candidati sono tenuti a rispet-tare Codice Etico e di Condotta di PMI®.

Education for Certification Mainte-nance: infine, il mantenimento della certificazione si attua mediante il programma CCR che contribuisce a garantire l’aggiornamento mediante le best practice e il miglioramento delle competenze professionali di tutti i titolari di credenziali.

Il PMI utilizza società specializzate nell’organizzazione dei test di grande reputazione per ottenere la convalida da terze parti di questo programma.

Modifiche delle certificazioni Per la certificazione PMP® i 5 domini di pratica restano gli stessi, ma si ag-giungono otto nuovi task che enfatiz-zano:

• Benefits analysis and reali-zation

• Risk in terms of opportunity • Stakeholder management • Lessons learned

Il giorno 1 Novembre 2015 è l’ ultimo giorno dell’esame con le regole attua-li. Per la certificazione PgMP® da No-vembre 2013 è stata rimossa dal processo di valutazione la parte Mul-ti-Rater Assessment (MRA) e conse-guentemente le tasse d'esame sono

ridotte per tenere conto della rimo-zione del MRA. A fronte di tali modifi-che il volume di richieste d’esame è aumentato del 26% su base annua. Per la certificazione CAPM®, per sua natura ampiamente applicabile, resta l’obiettivo di renderla disponibile per il più ampio spettro possibile di popola-zione. A tale scopo PMI® e Prometric lavoreranno per l’attivazione di un canale di test non tradizionale; fino ad oggi, i test sono stati sempre pa-per based.

Per quanto riguarda la certificazione PMI-ACP® l’esame sarà aggiornato. Il Role Delineation Study è stato com-pletato a Dicembre 2014; a luglio ini-zierà il pilota e ad ottobre sarà lancia-to in tutto il mondo il nuovo esame.

PMI-PBA Update Si è pensato di espandere la consa-pevolezza della certificazione PMI-PBA® e della Business Analysis at-traverso il sito: www.projectmanagement.com. Si pensa di integrare la promozione della certificazione PMI-PBA® con al-tre attività di analisi del business, come ad esempio la Business Analy-sis Practice Guide. I Chapter PMI® sono invitati a collaborare ed acco-gliere la comunità Business Analysis.

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Il PM è anche Contract Manager? Il 3° T&PM 2015 ha affrontato il rapporto tra PM e Contract Manager - 12 Giugno 2015 Lo scorso 12 giugno si è tenuto pres-so la Facoltà di Economia “Federico Caffè” dell’Università degli Studi Ro-ma Tre, il 3° evento Training & Pro-fessional Meeting del 2015 del PMI Rome Italy Chapter, sul tema “Il PM è anche un Contract Manager? No, Ma forse un po’ …”. L’evento come sem-pre ricco di testimonianze di profes-sionisti del settore, alternate a quelle di membri del Chapter, ha visto la partecipazione di più di 100 soci del Chapter.

Introduzione della giornata Il primo intervento è stato effettuato da Giancarlo Duranti (Direttore dello Sviluppo Professionale) che ha fatto il punto sulle ultime attività svolte dal Chapter: 2 aperitivi (Change Man-agement con Lucia Renzulli e Pro-cessi di Business in Telecom Italia con Rosanna D’Urso ), incontri nelle Università (ultima quella all’università si Sassari) e visite anche a cantieri di grandi opere (come quello del Colos-seo organizzato dal Comitato Edilizia e infrastruttura). Giancarlo ha anche elencato le prossime iniziative già in calendario e illustrato il Triangolo del-le Competenze: Strategic Business Management, Technical Project Management e Leadership.

Giancarlo Duranti

Successivamente, Anna Maria Felici (Presidente del PMI Rome Italy Cha-pter) ha illustrato l’avanzamento lavo-ri sulla ISO 21500 e il confronto con l’ANSI chiarendo che sulle norme tecniche c’è accordo, ma non è anco-ra stato raggiunto sulle certificazioni dove persistono delle differenze. Inol-tre, è stata chiesta una revisione sul-la norma ISO 21500 dalle nazioni che non hanno uno standard e ciò rende

molto probabile la possibilità che ma norma cambi. Anna Maria ci ha an-che informato che la versione 6.0 del PMBOK® è in revisione dopo aver re-cepito le osservazioni dei clienti.

Progetti, contratti e relazioni di

outsourcing Subito dopo l’introduzione, Paolo Spagnoletti (Coordinatore CeRSI e Direttore EMIT, LUISS Guido Carli) ha illustrato come il crescente ricorre-re e l’evoluzione delle politiche di ou-tsourcing abbiano esasperato alcune criticità già proprie della gestione dei contratti. Progetti di costruzione o di sviluppo di beni e servizi complessi richiedono contratti altamente rego-lamentati. Inoltre, rapporti che diven-tano sempre più di lungo termine, aumentano la complessità e allunga-no l’orizzonte temporale di gestione dei rischi collegati al contratto. In par-ticolare Paolo ha esaminato il tema della gestione del progetto in relazio-ne alle caratteristiche architetturali delle soluzioni da realizzare e alle modalità di interazione tra i soggetti coinvolti in relazioni di outsourcing: dalla negoziazione pre-contrattuale alla gestione post-contratto, gli aspet-ti operativi e strategici sono stati esaminati sia da un punto di vista teorico che pratico. Nella presenta-zione Paolo ha fatto specifico riferi-mento al settore IT, dove l’elevata dif-fusione del fenomeno, permette uno stato di conoscenza più avanzata. In questo contesto Paolo ritiene che il prodotto del settore IT sia un sistema socio-tecnico perché composto da componenti tecniche e sociali di cui il PM è integratore. Da ciò l’importanza della sua presenza nella fasi di ge-stione di un contratto (procurement, selling e post-selling) perché la cono-scenza del contesto è una peculiarità solo del PM.

Contratti per i progetti IT A seguire Andrea Rechelin ha evi-denziato come i contratti per i progetti informatici hanno caratteristiche lega-li peculiari che devono essere cono-sciute per poterli affrontare al meglio.

Durante la vita della relazione, tutta-via, possono emergere criticità e pa-tologie che possono essere ricondot-te al momento negoziale, al testo del contratto, alla gestione della relazio-ne contrattuale e del progetto. È es-senziale quindi conoscere quali pos-sono essere le contromisure da adot-tare e quali elementi presidiare per evitare gravi conseguenze relazionali e legali. Ad esempio: il primo passo nei contratti in ambito IT è l’acquisizione delle licenze SW; nel nostro ordinamento giuridico questo è un contratto atipico. La corte di giu-stizia europea ha deliberato che le licenze SW si possono trasferire ad altri perché con la prima vendita si esaurisce il diritto di controllo da par-te del proprietario. La rivendita di li-cenze potrebbe incidere molto (in po-sitivo) sui costi di progetto. Fonda-mentale pertanto è il ruolo dei Con-tract & Project Manager.

Strategic project planning vs.

contract strategy. Dopo la pausa di networking, Mas-simoluigi Casinelli (Project Mana-gement Advisor), ha illustrato come la sua ultima esperienza lavorativa abbia riconfermato come il ruolo della pianificazione strategica in un proget-to complesso sia una fase fondamen-tale, durante la quale le scelte strate-giche effettuate condizioneranno l’intero ciclo di vita del progetto. La pianificazione strategica del progetto comporta tra l’altro, da un punto di vista del Committente, (Project Own-er) la scelta del modello di procure-ment che si vuole adottare (project delivery method) e lo sviluppo della strategia contrattuale complessiva. Il General Contractor deve guidare la gestione integrata di programma e progetti ottimizzando l’intero ciclo produttivo. Processi e best practice di Project Management devono trovare, infatti, la migliore integrazione e tra-duzione nell’architettura contrattuale complessiva. L’intervento ha presen-tato un caso reale: il Programma di sviluppo della Metro di Doha. In

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questo caso il sistema di Project Ma-nagement sviluppato dal Committen-te (Project Owner) è stato tradotto in una complessa architettura contrat-tuale che ha richiesto da parte dei contractor un’implementazione del sistema di Project Management sin dalla primissima fase di sviluppo dei progetti; in considerazione di tale tipo di committenza evoluta è stato quindi adottato un sistema di reporting mol-to ampio e capillare.

La versatilità del Contract Man-

ager A chiudere l’intensa mattinata c’è sta-to l’intervento di Alessandro Polla , (Contract Manager EMEA, COMAU S.p.A.), che ha illustrato come COMAU ha adottato le linee guida del PMI attraverso una road-map scandita dalla creazione del Project Management Office e della Project Management Academy. Alessandro ha presentato dei case study specifi-ci: il contratto e la sua accezione operativa, definizione delle regole del gioco; il contratto come constraint tecnico, obiettivo per preservare il margine; il contratto in fase negozia-le, la creazione di un precedente; il contratto in fase di claim; il potere contrattuale con un fornitore non si può dare per scontato.

La qualità per la gestione dei

fornitori. Subito dopo la pausa pranzo, Angelo Putortì (Responsabile Performance Monitoring Quality TIIT s.r.l.) ha pre-sentato come sia importante gestire in modo efficiente le risorse esterne e quelle interne sia una delle attività che, se ben condotte, sono alla base del successo di un progetto. L’introduzione di procedure e misure che ne garantiscono un’alta qualità realizzativa tenderebbe a far collidere esigenze quali la “velocità di esecu-zione” e “valore dei contenuti nel tempo”. Una sapiente scelta dei forni-tori esterni, prevalentemente per atti-vità fuori dal core business di un’azienda, può rappresentare un elemento di bilanciamento tra le due esigenze citate, riuscendo a creare un sistema di Qualità del Progetto che prenda il meglio dalle esperienze

dei vari attori. E’ necessario avere un albo fornitori e nella scelta del for-nitore le sue referenze (almeno una volta deve aver intrapreso l’attività richiesta), la sua conoscenza del cliente finale (con cui ha sue relazioni contrattuali) e la conoscenza della tecnologia richiesta (presenza nella sua organizzazione) sono elementi qualificanti. Il PM a sua volta deve utilizzare i fornitori solo per attività non “core”, assicurarsi che le attività ricorsive o ad alte specializzazione siano condotte dal fornitore prescelto e non da sub-appaltanti e gestire i picchi di attività rimodulando il rap-porti interni/esterni. Angelo ha evi-denziato come in Telecom Italia ci sia stato l’esternalizzazione di “parti” di azienda che non operavano nel core business con vantaggi per Telecom Italia e per il ramo stesso trasferito in aziende che avevano come core bu-siness quelle stesse attività. Angelo ha anche fornito degli esempi di pa-rametri di qualità: efficacia ed effi-cienza, costo e tempi, qualità ed usabilità e nel mondo IT: disponibilità dei sistemi, Puntualità, Difettosità del software specificando che tali para-metri per essere reali vanno perse-guiti durante la vita del progetto e non verificati alla fine.

Contenziosi: prevenire è meglio

Pierluigi Guida

Pierluigi Guida (Progetti Europei, PQ2000 s.r.l.) esperto di Project Ma-nagement, ha presentato nuovi spun-ti e tendenze per ridurre e gestire al meglio i casi di conflitti e crisi nei con-tratti di progetto. Casi emergenti e benchmarking internazionali per ge-stire in qualità il Claim Management, evidenziando come il PM, debba por-si come obiettivo la mediazione dei conflitti evitando la degenerazione in “forensic project management”. Tra-

mite la figura del Project Neutral. Pierluigi ha delineato, inoltre, il con-fine tra Mediazione ed Arbitrato evi-denziando come dando più forza al Risk Manager si può migliorare la gestione del Progetto e del Contratto.

La gestione dei contratti EPC: ambiti d’intervento significativi A seguire Giuseppe Mancuso , (Re-sponsabile Contract Administration Dept. Technip) ha evidenziato come nell’ambito dell’esecuzione dei pro-getti, la gestione contrattuale assuma delle connotazioni di trasversalità e si esplichi tramite il coinvolgimento di diversi attori e metodologie. L’intervento proposto ha illustrato al-cune delle modalità con cui i conte-nuti del contratto vengono trasfusi in diverse aree operative e gestionali del progetto. Il processo di Contract Review annovera un insieme di stru-menti per trasferire la consapevolez-za degli obblighi assunti dai con-traenti a tutti coloro che operano a diverso titolo per il progetto. Alcune buone prassi relative alla preparazio-ne e gestione del programma di pro-getto possono facilitare l’ individua-zione delle responsabilità dei ritardi di esecuzione e fornire adeguato sup-porto nella risoluzione di eventuali contenziosi. Una procedura per l’ indi-viduazione precoce di possibili eventi o situazioni che possono mettere a rischio i risultati del progetto, oppure richiedere che specifiche azioni con-trattuali vengano messe in atto (va-rianti, notifiche, ecc.), può rappresen-tare uno dei fattori di successo di un progetto. Giuseppe ha evidenziato l’importanza dell’analisi legale dei ri-tardi (“forensic delay analysis”) per comprendere il tipo di ritardo (excus-able, non attribuiti al fornitore, e inex-cusable, dipendenti dal fornitore), l’impatto sul programma e l’eventuale risarcimento.

Conclusioni Alla chiusura lavori Giancarlo Du-ranti ha ringraziato tutti i relatori per i tanti stimoli di approfondimento forniti sul tema. Giancarlo ha illustrato cosa cambia nell’esame PMP dal Novem-bre 2015 (ma per questo vi riman-diamo ai due articoli precedenti).

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PMI EMEA Congress & EMEA LIM Si sono svolti a Londra gli eventi Europei, dal 9 a l 13 Maggio Leadership Institute Meeting Il 7 Maggio a Roma sarà ricordato per un evento particolare: l’incendio al Terminal Internazionale dell’ Aero-porto Leonardo da Vinci. E’ stato davvero uno dei giorni peg-giori per lo scalo romano. E voi dire-te? Ma cosa c’entra con il Leader In-stitute Meeting (LIM) del PMI®? C’entra perché i componenti della de-legazione del PMI Rome Italy Chap-ter erano lì alle 2 del pomeriggio dell’8 Maggio a cercare di prendere i voli che ci li avrebbero dovuti portare a Londra. Sembrava una vera e pro-pria “Mission Impossible” ma, grazie alla determinazione a superare tutti i problemi, alle 3 del mattino del 9 Maggio uno dei tre volontari della de-legazione (il nostro Presidente Anna Maria Felici ) sbarcava all’Aeroporto di Luton e alle 8 si presentava pun-tualissima al LIM. Ed è quindi grazie a lei che possiamo condividere con voi anche l’esperienza di questo evento. I partecipanti erano tantissimi e ciò ha reso possibile di condividere con tanti amici le esperienze fatte dal PMI Rome Italy Chapter e acquisire in-formazioni su quelle degli altri Chap-ter Europei. Uno dei punti di maggio-re interesse è come promuovere e far conoscere meglio il brand del Chap-ter alla grande platea dei PM italiani. Ci sono state molte testimonianze da parte di altri Chapter sugli aspetti di marketing, e questo ci ha dato la possibilità di raccogliere molto mate-riale e idee per sviluppare ancora di più il nostro Chapter. Parlando con altri colleghi, l’ impres-sione che il nostro Presidente ne ha tratto è che noi siamo ben posizionati per quanto riguarda la conduzione del Chapter e dei suoi eventi. Siamo forse il Chapter che fa eventi più di-versificati e la nostra organizzazione è stata disegnata in maniera molto snella. Questo ci permette da una parte di governare il Chapter in ac-cordo con le ISO della governance e, dall’altra, di sviluppare un una comu-nità di volontari che possono portare avanti il nostro messaggio nelle loro organizzazioni. Abbiamo infatti i Co-mitati Locali e Settoriali che lavorano

benissimo e lo faranno a maggior ra-gione in futuro, perché il nostro Comi-tato Direttivo è stato impegnato nell’ultimo periodo a definire proprio il modello di funzionamento dei suddet-ti comitati. Siamo infatti sempre più convinti che la nostra vera forza sia-no i nostri volontari e la loro assidua ed attiva partecipazione. Al LIM molti interventi hanno al contrario eviden-ziato difficoltà nell’ acquisizione di vo-lontari da parte dei Chapter, di non riuscire a motivarli adeguatamente, di non avere ricambi per il board, e di non avere persone che si attivassero in maniera propositiva per portare a termine quello che è l’obiettivo del PMI cioè: make the project manage-ment indispensible for the business result. Anna Maria ha portato a casa tante idee nuove ma soprattutto un grande entusiasmo che intende trasmettere anche a i nostri volontari e ai colleghi del Board e dei nostri Comitati. C’è stata anche l’opportunità di con-frontarsi, in un meeting dedicato, con gli altri Chapter Italiani e il PMI Men-tor della nostra Region, su un model-lo di maggiore collaborazione tra gli stessi, che richiederà tuttavia ancora del tempo per essere elaborato ri-spettando le esigenze di tutti. La partecipazione del Chapter al LIM significa essere partecipi di una grande comunità che ha i nostri stes-si interessi e problemi, da cui pos-siamo ricevere lezioni apprese e con cui possiamo scambiare esperienze fatte in Italia (che non hanno niente da invidiare a quelle fatte all’estero). Il Comitato Direttivo ha infatti deciso di essere presente al prossimo LIM in maniera ancora più attiva, con una presentazione del Chapter basata su quello che noi siamo riusciti a fare in questi anni di reingegnerizzazione e rifondazione del Chapter e, soprattut-to, sul lavoro fatto dai nostri volontari e sui nostri obiettivi futuri. Appunta-mento a Madrid a Novembre 2015!

PMI EMEA Congress Il Congress EMEA 2015 si è svolto quest’anno dall’11 al 13 Maggio, sempre a Londra. La location era di grande prestigio ed ha attratto molti

partecipanti e speaker da tutto il mondo: il Centro Congressi ExCel, posizionato nella parte orientale di Londra, un po’ lontano dal centro ma in una zona, quella dei Docks, di si-curo fascino visto anche che durante negli stessi giorni si svolgevano, nello specchio d’acqua antistante il Centro Congressi, delle regate di vela.

Key Note Speaker del PMI EMEA 2015

Dal punto di vista degli interventi, gli speech erano organizzati per giorna-ta e per macro-temi, all’interno dei quali si dipanavano le consuete aree che spaziano (oltre a quelle canoni-che) dal Business Analysis alla Lea-dership e alla Strategia. Il Macro te-ma del primo giorno era “Envisioning long term goals” e la giornata è stata aperta da una interessante Keynote Speaker, Margaret Heffernan , che ha parlato di come le abitudini rela-zionali influenzano il successo dei progetti. Il secondo giorno aveva co-me Macro tema “Setting short term goals” ed è stato aperto dal Keynote Parag Khanna che ha parlato di Connessione e Competitività. Infine il terzo giorno, con il Macro tema “Adopting Immediate Goals, è stato chiuso da un appassionante speech di James Kerr che ci ha parlato degli All Blacks in un intervento dal titolo “Write your legacy: no one ever said once upon a strategy”. Interessanti anche gli interventi degli speaker ve-nuti da tutto il mondo. L’Italia come al solito si è fatta valere con i suoi speaker (tra cui vogliamo ricordare il “nostro” Luca Romano (PM di questa newsletter). La manifestazione era corredata, come al solito, da una grande Exhibi-tion Hall ed un fornitissimo Bookshop del PMI®.

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Appuntamento il 9-11 Maggio 2016 a Barcellona!

Roma Caput Mundi! Due straordinarie visite al Colosseo e alla “Nuvola ” dell’EUR, per scoprire “la grande bellezza” di Roma tra antico e modernoIl cantiere del Colosseo

Foto di gruppo per la visita al Colosseo

Il 14 Maggio il Chapter Roma ha avu-to l’occasione di visitare il cantiere di restauro del Colosseo. Una straordi-naria possibilità, organizzata da no-stro socio Antonio Razionale , Am-ministratore di QMS, che opera tra i fornitori specialisti del progetto. Si ri-corda che l’opera di restauro è ogget-to di un pacchetto di intervento che ha come sponsor il Gruppo Tod’s che contribuisce con un finanziamento totale di circa 22 Milioni di Euro. La direzione e la gestione del progetto, con responsabili delle strutture del Ministero dei Beni Artistici e Culturali, rispecchia l’organizzazione tipica del-le opere pubbliche, con responsabile unico del procedimento RUP (Ros-sella Rea) e direttore dei lavori (Gi-sella Capponi). Vi sono inoltre tre co-siddetti Direttori Operativi, rispettiva-mente responsabili del restauro in superficie (Cinzia Conti), restauri strutturali (Stefano Podestà) e conta-bilità lavori. Il responsabile della sicu-rezza in fase di progettazione ed esecuzione è l’Ing. Paolo Iannelli (Ufficio Sicurezza del Patrimonio Cul-turale ed Emergenze del MiBAC). Quest’ultimo ha in particolare intrat-tenuto il nostro gruppo evidenziando le specifiche problematiche dei lavori, di carattere assolutamente singolare; rimettere a nuovo il Colosseo, nel normale contesto urbano e senza in-terruzione dell’ esposizione al pubbli-co, che conta sei milioni di visitatori l’anno. L’ing. Iannelli ha infatti sottoli-neato le singolarità di gestione della sicurezza in un cantiere di così eleva-

ta complessità. Non è infatti possibile recintare l’area del cantiere come in teoria si dovrebbe, per non interrom-pere le visite ai turisti e il servizio di viabilità nell’area circostante. E’ asso-lutamente impensabile che esista una caduta di qualche oggetto e in caso di particolare vento non sarebbe consentito che giungano ai turisti spruzzi di acqua dagli impianti interni, che è il principale mezzo di pulizia dello sporco accumulatosi nel tempo per l’aria e lo smog respirati dalla cit-tà, nonché dalle emissioni interne proprie dell’antica struttura, come gli ossalati di travertino e le ruggini di antichi ferri, oggetto di precedenti e oggi si direbbe maldestri restauri.

Le spiegazioni di Paolo Iannelli

Il progetto è stato frazionato in due cantieri, in cui operano in totale circa quaranta persone, che lasciano am-pia superficie di vista ai turisti, e avanzano l’uno di seguito all’altro da lati opposti della superficie esterna. Ciascun cantiere si sviluppa su dieci arcate, di cui solo cinque sono opera-tive in modo da ottimizzare il lavoro (una volta finite cinque arcate, il pon-teggio sposta i lavori sulle cinque successive); mentre le squadre, composte di operai e in particolare di restauratori (e restauratrici) lavorano sui diversi i piani. Questi hanno ospi-tato in parallelo i vari sottogruppi del Chapter, trasportati dall’ascensore esterno. I più fortunati sono saliti sino all’attico del “gigante”, un tempo ri-servato alla plebe, da cui oggi, a oltre 50 metri di quota, si può avere una delle viste migliori della Roma mo-derna. A fare da cicerone attento e

cordiale, il Capo Cantiere Gaetano Correro . Curiosa la pianta di fico cresciuta sull’orlo più alto del monu-mento, fatta nascere lì dal vento o da qualche volatile, che ha trovato nell’antico humus sostanze per vive-re, dov’era appunto un tempo la pic-cionaia della plebe. Il ponteggio è a doppio sviluppo, con ripiani ogni due metri, dotato degli impianti necessari all’intervento di re-stauro. Fra questi sono in particolare i telai tubolari a arco che si avvicina-no all’interno delle arcate dei fornici e con diverse file di ugelli spruzzano e nebulizzano l’acqua che ripulisce le superfici. L’Ing. Iannelli ha in particolare de-scritto il lavoro di pulitura e di conso-lidamento della facciata. La pulitura avviene prevalentemente con acqua nebulizzata a temperatura ambiente senza aggiunta di solventi, ad una distanza fissa non inferiore a 50 cm. Gli ugelli, una volta fissata la curvatu-ra del supporto su cui sono fissati, possono essere regolati manualmen-te sia per l’orientamento che la chiu-sura del flusso d’acqua. Questa pro-cedura, opportunamente dosata, ser-ve a rimuovere i depositi e le croste nere del Colosseo, al tempo anche oggetto di un incendio, senza intac-care in alcun modo il materiale lapi-deo e le “preziose patine”, né i segni delle antiche lavorazioni, tuttora og-getto di studi e testimonianza di sto-ria dell’arte. Circa quattro ore – spie-ga inoltre Melissa (restauratrice) – sono inoltre necessarie per ciascuna arcata, facendo seguire ai getti d’acqua altre e puntuali ripuliture a mano. Infatti, fra le caratteristiche del lavoro, si sottolinea la notevole diso-mogeneità e l’impegno delle lavora-zioni, in funzione dello stato delle di-verse superficie. Prima di avviare le operazioni in serie di pulitura, sono stati compiuti parti-colari studi sui parametri - distanza e pressione - dei getti d’acqua in modo da determinare la combinazione mi-gliore. La ripulitura delle superficie

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dei fornici interni si stima assorbire circa il 50% del lavoro totale. Come in ogni progetto…, le stime ini-ziali, circa la normale velocità di avanzamento di restauro, risultavano inizialmente sottostimate e causa di ritardi delle attività che si protraevano sul Gantt; che nelle opere pubbliche meglio si dice cronoprogramma…; ma in seguito il cantiere sembra es-sere andato a regime; forse - si po-trebbe anche osservare – per l’effetto della curva di apprendimento; sì che oggi quei (notevoli) ritardi di circa otto mesi si dichiarano assorbiti, e si pre-vede che Colosseo sarà tutto ripulito per i tempi previsti (5 Marzo 2016), dopo 30 mesi dalla consegna lavori.

La restauratrice Melissa attiva gli ugelli

La fase qui descritta del progetto, messa a gara per circa 8 Milioni di Euro, è in realtà la prima di tre ma-cro-interventi, che in più generale prevedono: - Il restauro della facciata e delle ar-

cate - la realizzazione di un centro servizi

(all’esterno del Colosseo) - Il consolidamento strutturale (il cui

progetto è in fase avanzata). Nell’organizzazione del lavoro non si utilizzano sub-appalti e accettato le richieste dei sindacati in termini di normali contratti edili, rinunciando ai temporanei, con lievitazione dei costi. La ditta all’opera è la Aspera, che pe-raltro è subentrata ad un precedente soggetto, nel progetto a corpo e ap-palto integrato (progettazione e rea-lizzazione), non alieno dai rischi che poteva riservare un’opera del genere, per la variabilità, come detto, delle lavorazioni, e l’ impossibilità di sopral-luoghi puntuali, nonostante si potes-se contare sui risultati di un prelimi-nare cantiere pilota, già in preceden-za realizzato dalla Soprintendenza. A illustrare meglio al gruppo del Cha-pter romano le particolarità degli in-

terventi micro-strutturali è intervenuto l’Ing. Podestà (docente dell’ Universi-tà di Genova), che ha messo in evi-denza i segni di precedenti restauri, già effettuati nell’800 e ripresi nel se-colo scorso, che tuttavia sono stati senz’altro superati dalla tecnica, di-mostrando le responsabilità che nel tempo hanno peraltro contribuito a minare l’aspetto del gigante: toppe di cemento nelle fessure, e puntoni o staffe di ferro infissi nei i blocchi di travertino, che sia per le variazioni di coefficiente di dilatazione termica che per i fenomeni di ossidazione (ruggi-ne), hanno in seguito fessurato e ul-teriormente ferito lo stato del materia-le.

Leonardo Bonamoneta e Sergio Gerosa Presidente e Past-President

del Comitato Edilizia e Infrastrutture Per tali interventi di risanamento mi-cro-strutturale si utilizzano fiocchi in basalto per piccole fessure, e perni in vetroresina o in titanio per situazioni più gravi. Il prof. Podestà sottolinea che si presta oggi maggiore attenzio-ne ai problemi di compatibilità dei materiali, seguendo il principio della “reversibilità” degli interventi, che non devono essere cioè aggravanti e po-tenzialmente invasivi, e un domani potrebbero essere rifatti e sostituiti. Si è inoltre eseguita la cerchiatura di alcune aperture nella parte superiore che erano particolarmente compro-messe. Tutto ciò per salvare il traver-tino romano, che riappare oggi vario-pinto di diverse tonalità, dal giallo all’ocra, come in buona parte si vede sulla facciate già scoperte dai veli. Dopo l’aria moderna e le piogge ag-gressive, o i saccheggi che in tempi successivi Infine spogliarono il gigan-te dalle ricoperture marmoree per far-ne materiale da costruzione di papi e principi della caput mundi, ad altri problemi il moderno Colosseo deve far fronte in tema di sicurezza struttu-

rale per i evitare i possibili cedimenti durante l’esecuzione dei lavori della Metro C (come il vibrante passaggio della cosiddetta talpa). Ci informano che presumibilmente, a causa della preesistenza di un laghetto nell’area prescelta per la sua costruzione, le fondazioni del Colosseo sono costitui-te da una base spessa di “opus caementicium”, una mescolanza di materiali vari uniti da leganti idraulici come calce e pozzolana, tecnica usuale del tempo, in blocchi di traver-tino che si sviluppano ad anello per una profondità di circa 12 m, senza peraltro certezza di continuità su tutto lo sviluppo dell’area di impianto della fabbrica. Dopo le immancabili polemiche, di cui ogni progetto del genere non po-teva essere soggetto, il Colosseo de-ve insomma sostenere altre prove prima che il suo cantiere possa dirsi definitivamente chiuso. Ma l’aria che si respira sul ponteggio, anche per la sensibile presenza femminile fra le impalcature, è piena di motivazione ai lavori, per l’opera che tutto il mon-do ci invidia.

Il cantiere della “Nuvola” (Eur) Altra straordinaria visita è stata quella del 26 Giugno 2015 al Cantiere della “Nuvola” di Fucsas dell’Ente Eur, rea-lizzata grazie alla collaborazione del-la società Condotte S.p.A..

La facciata della “Nuvola”

Una ventina di fortunati soci del Cha-pter (l’evento era a numero chiuso ed è andato esaurito in pochi minuti una volta postato sul nostro sito e sul gruppo Linkedin, tanto che non ab-biamo neppure fatto a tempo a fare l’usuale mailing a tutti i soci) hanno potuto vivere un’esperienza davvero indimenticabile. Il nuovo Centro Congressi (noto ap-punto come la “Nuvola” per via del suo disegno) è in costruzione all'EUR dal 2008, ed è progettato da Massi-

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miliano Fuksas e realizzato dalla so-cietà Condotte S.p.A..

Il gruppo di venti soci durante la visita

Sarà destinato a ospitare eventi di varie tipologie, da mostre ed esposi-zioni fino a spettacoli e convegni. Si sviluppa su un'ampiezza complessiva di circa 55000 m² tra Viale Cristoforo Colombo, viale Europa, viale Shake-speare e viale Asia. I volumi principali del complesso sono costituiti dall' Au-

ditorium da 1850 posti (1900 m²), le sale conferenze (1.330 m² totali), il foyer dell'auditorium (3.500 m²), il fo-rum/foyer di 5.580 m² e un'area com-merciale di 3.300 m². A fianco della cosiddetta “Teca” (che ospita appunto la Nuvola”) c’è la “Lama”, l’edificio che ospita l'albergo da 441 stanze, divise in camere standard e in suites negli ultimi due piani. L'edificio si sviluppa per un' al-tezza complessiva di 56 metri, com-posto da 17 piani esterni. Un progetto che, pur tra grandi diffi-coltà economiche, si sta avviando al completamento e rappresenterà una altra grande opera destinata ad ac-crescere il valore del quartiere Eur, oltre a diventare un importante centro congressuale. Una visita interessantissima che ha risposto nel migliore dei modi alle at-

tese dei nostri soci che hanno parte-cipato all’evento, siano quelli esperti del settore edile che quelli che si so-no avvicinati per la prima volta a questa esperienza.

L’interno della nuvola

Un’esperienza davvero da ripetere-nella speranza che poi questa opera stupenda possa ospitare un evento del PMI Rome Italy Chapter!

“E quindi uscimmo a rimirar le stelle” Una straordinaria visita all’Osservatorio Astronomi co di Monte Porzio catone per sugellare la collaborazione con A FCEA Il 2 Luglio si è tenuto un evento molto suggestivo presso l'Osservatorio Astronomico di Monte Porzio Catone. L'evento organizzato dal Comitato Difesa Sicurezza e Spazio ha con-sentito ai nostri soci di effettuare un suggestivo tuffo nelle attività ed i progetti dell'Istituto Nazionale di Astrofisica. Data la limitata disponibilità di posti l'evento ha visto la partecipazione di pochi soci che hanno apprezzato i vari eventi che si sono succeduti. L'evento è iniziato con un incontro nella biblioteca realizzata all'interno del sito predisposto per l' Osservato-rio.

La tavola rotonda che ha aperto l’evento

E’ stato Davide Fierro dell’INAF (Isti-tuto Nazionale Astro Fisica) a fare gli onori di casa e a ringraziare i conve-nuti per la grande adesione a questo evento organizzato in collaborazione

con il PMI® Rome Italy Chapter ed il Capitolo di Roma dell’AFCEA (Armed Forces Communications and Elec-tronics Association).

Anna Maria Felici e Sergio Gerosa

Davide ha poi passato la parola ad Anna Maria Felici , Presidente del PMI® Rome Italy Chapter, che ha rin-graziato per la disponibilità all'evento auspicando future attività, eviden-ziando l'importanza di condividere informazioni tra i diversi ambiti. A seguire ha preso la parola Sergio Gerosa , Presidente del Comitato Di-fesa Sicurezza e Spazio del Chapter, che ha presentato le attività del Cha-pter ed in particolare del gruppo. A seguire sono intervenuti Leandro Aglieri (Vice Presidente del Capitolo di Roma dell’AFCEA e anche del Comitato Difesa Sicurezza e Spazio del PMI Rome Italy Chapter) e Vin-

cenzo Arrichiello (Presidente di In-cose Italia) che hanno ribadito l'im-portanza del networking e descritto le numerose attività delle due associa-zioni. Alla tavola rotonda ha partecipato anche il Generale Tangorra che ha effettuato un breve intervento ed in-troducendo l 'ospite successivo. Il primo intervento è stato effettuato da Fabrizio Fiore , Direttore dell'Os-servatorio, che ha presentato le attivi-tà svolte presso Monte Porzio Catone e più in generale dall'Istituto Naziona-le di Astrofisica oltre a riportare alcuni aneddoti sulla costruzione ed utilizzo del sito, che fu realizzato a ridosso della seconda guerra mondiale e non fu mai utilizzato fino al dopoguerra.

Leandro Aglieri

Come era prevedibile gli argomenti e la bella presentazione fatta hanno af-fascinato la platea che ha seguito

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con profonda attenzione tutte le slide e le immagini presentate.

Fabrizio Fiore

Numerose sono state le tematiche accennate, a causa del sempre trop-po breve tempo a disposizione, tra cui la re-ionizzazione dell’universo, in cui si è spiegato come si stia pro-gressivamente andando verso il buio ed il freddo in contrapposizione all’energia ed alla luce generata dal big bang. Particolarmente significativa è la pre-senza italiana nella produzione di do-cumentazione scientifica sul tema. L’Italia si posiziona al quinto posto per la produzione di documentazione sulle tematiche di astrofisica ed astronomia grazie al contributo dell’INAF.

Davide Fierro

Il secondo intervento è stato quello di Davide Fierro (INAF) che ha focaliz-zato l'intervento sui progetti di tecno-logia astrofisica. Molto interessante è stato il focus sui progetti in corso in termini di complessità, durata e costi. I progetti in ambito aerospaziale pre-vedono grandi investimenti economi-ci, in gran parte sostenuti dai settori pubblici, e la loro probabilità di suc-cesso è legata a numerosissime va-riabili. Davide Fierro si è focalizzato in parti-colare sulla gestione degli stakehol-der di progetto e sulle modalità di re-lazione con essi. Dopo aver seguito le interessanti presentazioni di Fabrizio Fiore e Da-vide Fierro si è proseguito con un'in-

teressante visita al museo. I soci so-no stati suddivisi in due gruppi e con-dotti nelle diverse stanze dell'osser-vatorio. Durante il percorso le bravissime guide hanno descritto la nascita dell'osservazione partendo dagli strumenti utilizzati per la navigazione nel mediterraneo agli albori della sto-ria dell'uomo, fino ad arrivare a stru-menti e tecniche più attuali.

La visita guidata

All'interno dell'osservatorio è presen-te un telescopio fotografico, in grado quindi di effettuare fotografie ai pia-neti, utilizzato probabilmente per di-mostrare, durante un eclissi di sole, la famosa teoria della relatività di Al-bert Einstein. Altro momento interessante è stata la stanza in cui ci è stata raccontata la tecnica di analisi spettrografica dei pianeti per poter capire i materiali che lo compongono.

La splendida vista su Roma dalla terrazza

Il momento di networking si è svolto nella suggestiva cornice del piazzale dell'osservatorio da cui è stato possi-bile ammirare la città di Roma al tra-monto. L'ottima cena è stata servita a buffet ed ha consentito ai soci di intratte-nersi con gli speaker e le guide dell'evento, cui sono state rivolte nu-merosissime domande e curiosità sia sulla loro attività che più in generale dell'affascinante mondo dell'astrono-

mia, spaziando dalla cinematografia alle produzioni scientifiche. La cena ha consentito al gruppo di poter aspettare l'arrivo della notte e di potersi recare al telescopio con il quale osservare alcuni pianeti. Dall'osservatorio è stato possibile in-fatti osservare il cosiddetto "bacio di Venere e Giove", ovvero un fenome-no di parziale allineamento dei due pianeti rispetto al nostro punto di vi-sta. Le guide hanno successivamente spiegato le tecnologie dei telescopi moderni ed hanno settato i parametri per posizionare il telescopio verso Saturno.

I soci osservano dal telescopio

Tutti i soci si sono quindi succeduti al telescopio per poter ammirare i fa-mosi anelli mentre le guide spiega-vano la loro origine ed fornivano in-formazioni sull'evoluzione del sistema solare. La curiosità dei presenti è stata inol-tre soddisfatta con una vista parziale della luna, su cui è stato possibile ammirare i suoi crateri.

Al termine dell'evento ci si è lasciati con la promessa di rivedersi presto per nuove attività organizzate dal Comitato Difesa Sicurezza e Spazio, a partire da quello già in calendario per il prossimo 18 Settembre (“Più Spazio al Project Management”, de-dicato al Project Management per le attività Spaziali).

Foto di gruppo di fronte all’Osservatorio

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PM & ICT: le sfide del Cloud Computing 1° Pomeriggio di PM all’Università del 2015 - 8 Lug lio 2015Giancarlo Duranti ha introdotto l’evento pomeridiano dedicato al mondo dell’ICT ricordando le recenti attività del Chapter ed i temi che so-no stati trattati nei recenti webinar ed incontri oltre alle visite. Giancarlo ha poi fatto una panoramica sui prossimi eventi previsti nell’anno.

Cloud benefici e barriere

Carmine Paragano

Il primo intervento è stato condotto da Carmine Paragano che ha intro-dotto la platea nel mondo del cloud computing mostrando le analisi del trend di mercato che evidenziano come il cloud sia un argomento che desta molta attenzione nel mondo ICT. Dopo una carrellata sui numeri del cloud ci si è soffermati sulla ter-minologia del cloud, per condividere quelli che sono i termini più comu-nemente usati. Il focus dell’intervento è stato poi orientato alla percezione che hanno gli utenti del cloud, evi-denziando quelli che sono i benefici reali di tali soluzioni e quelli che sono i rischi, molto più spesso in realtà paure. L’intervento è poi terminato con una riflessione sulla necessità di definire una roadmap per portare il Cloud nella nostra azienda lavorando sulle persone e sugli standard.

Ottimizzare l’investimento con le

soluzioni Aruba Cloud Il secondo intervento del pomeriggio ha visto come relatore Luca Uria , account manager di Aruba. Luca ha presentato la sua azienda, tutta ita-liana, raccontandone le tappe salienti del percorso di crescita, fortemente incentrato anche sul cloud. Il cloud concepito da Aruba è principalmente di tipo IaaS cioè infrastruttura in mo-dalità servizi. Il cliente ha un accesso per crearsi la propria infrastruttura e

modellarsela a seconda delle esigen-ze del proprio settore di mercato e/o di un arco temporale di riferimento. Interessante la presentazione del visual cloud che permette al cliente di gestire la propria infrastruttura da remoto tramite i più comuni strumenti quali tablet e smartphone. Non da ul-timo Uria ha elencato alcuni casi di successo che hanno evidenziato gli aspetti di gestione dei progetti d’implementazione del cloud presso diverse realtà pubbliche e private.

Cloud e Sicurezza Il terzo intervento è stato effettuato da Corrado Giustozzi , membro del Permanent Stakeholder Group di ENISA, European Network and In-formation Security Agency, che pro-prio in questi giorni ha pubblicato le 15 raccomandazioni sulla sicurezza del cloud. L’intervento è stato focaliz-zato sugli aspetti legati alla sicurezza del cloud ma anche su una rivisita-zione storica dello sviluppo dell’ in-formatica evidenziando come il main-frame degli anni ‘70 possiamo consi-derarlo il “nonno” dell’attuale cloud in quanto erano presenti concetti simili a quelli attuali anche se ovviamente con potenze di calcolo nettamente inferiori. A seguire è stato fatto un focus sui rischi del cloud legati all’insicurezza intrinseca della rete o di quelli che Corrado chiama “i cattivi in rete”, puntando l’attenzione soprattutto sui provider.

Cloud e grandi realtà industriali L’intervento conclusivo del bel pome-riggio è stato quello di Maurizio Ir-lando (Telecom Italia IT) che ha rac-contato l’ esperienza di introdurre il cloud in una realtà complessa come Telecom Italia. La presentazione si è articolata come un sentiero che attra-verso diverse tappe ha contribuito al-la realizzazione del progetto. Il per-corso non ha visto solo la presenza di strumenti e tecniche quanto piutto-sto l’ importanza delle persone, della formazione, e l’introduzione di un lin-guaggio comune, partendo dalla condivisione degli obiettivi in maniera

chiara e dall’individuazione delle ap-plicazioni da portare in cloud.

Maurizio Irlando

L’approccio proposto consiglia di procedere per passi successivi, par-tendo da progetti più piccoli ma che possano mettere in mostra al mana-gement i benefici apportati. Come per ogni progetto è importante poi la sponsorship ed una buona co-municazione. L’intervento si è poi concluso con una serie di raccomandazioni per chi vo-lesse introdurre il cloud in azienda.

La nostra Newsletter è scritta quasi interamente

dai membri del PMI Rome-Italy Charter . Essa vuole essere infatti

innanzitutto uno strumento di col-laborazione e

scambio di informazioni all’ interno del Chapter.

Se vuoi far parte anche tu della redazione del “Corriere del PM”

scrivici a:

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Parliamone con …Simone CavalliniProject Management e Università

Simone Cavallini , PMP® si é lau-reato in Ingegneria Nucleare presso l’

Università “La Sa-pienza” di Roma. Dopo una plurien-nale esperienza in società di consu-lenza direzionale a livello internazio-

nale (Deloitte, KPMG) ha assunto il ruolo di Responsabile della Execu-tive Education in LUISS Business School, la scuola di management dell’Università LUISS Guido Carli di Roma. Coordina l’offerta formativa a catalo-go e a commessa per i clienti execu-tive (aziende e professionisti) su tut-te le tematiche del business mana-gement.

Simone, vuoi innanzi tutto raccon-tarci un po’ qual è il percorso che ti ha portato ad incontrare il Pro-ject Management? Ho lavorato per oltre 7 anni in società di consulenza direzionale e lì si lavo-ra per progetti, pertanto una compe-tenza base di Project Management è come il pane quotidiano. Anche se non si è parte delle practice specifi-che di PM, quelle che vendono espressamente servizi di PMO in grandi progetti gestiti da terze parti, non si può non avere dimestichezza con piani di progetto, milestone, Gantt, scheduling ed altre amenità! Hai quindi avuto modo di lavorare sul Project Management sia come consulente che come formatore: perché suggeriresti ad un impren-ditore di dotare la sua azienda di processi di PM adeguati ed in linea con gli standard internazionali, e perché suggeriresti ad un neo-laureato di frequentare un Master di PM? Il PM è prima di tutto un mindset ma-nageriale, cioè una competenza, a mio avviso, cruciale, (e ricercata dal mercato) per chiunque svolga un ruo-lo di gestione, a qualsiasi livello. Per-tanto consiglio a tutti, giovani e meno

giovani, di “frequentarla” e presidiarla a sufficienza. Ogni azienda infatti vive di progetti, sia che operi a commessa, sia che lanci iniziative di innovazione o cam-biamento. In ogni caso una corretta gestione dei progetti (che siano core business o iniziative di cambiamento) è la precondizione per il successo dell’impresa. Pertanto imprenditori e manager do-vrebbero curare la diffusione di que-sta competenza ai diversi livelli aziendali, definendo ambiti di presidio e livelli di expertise in funzione dei business presidiati e delle esigenze specifiche. E’ possibile, a tuo avviso, che la scarsa competitività che il nostro paese sta mostrando in questi an-ni sullo scenario globale possa di-pendere anche da un inadeguato livello di maturità nel campo del Project Management? Molto alla lontana, ma direi di sì. Credo che l’Italia abbia un deficit cul-turale nella capacità di dare seguito alle sue “intuizioni” (che invece sono molte e spesso buone); quindi ab-biamo sia un problema di implemen-tazione, che di controllo e verifica. Questi sono entrambi aspetti rilevanti del PM, quindi rinforzare quel tipo di competenze certamente aiuterebbe. Siamo però più a livello di mindset (ancora!) che di tool. Tu sei stato uno degli special guest del workshop di Bologna del Maggio 2014 tra PMI e Università Italiane. Qual è il panorama della formazione di PM nell’università italiana, pubblica o privata, e quali sono gli ostacoli principali che do-vremmo abbattere per essere al passo con gli USA e gli altri paesi del Nord Europa in questo setto-re? Principalmente quello di considerare il PM come una costola di discipline di carattere tecnico ingegneristico. Certamente nasce in questi contesti, ma se ci resta e non evolve a disci-

plina auto-consistente ed autonoma, rischia di restarci segregata. Non è un caso che esami e master di PM nascano tradizionalmente da di-partimenti di ingegneria e non di eco-nomia e commercio. Inoltre spesso docenti di estrazione tecnica tendono a far passare per PM tematiche poco attinenti legate ai loro campi di specializzazione (operations management, logistica, supply chain management, ...). Infine, caratteristi-ca molto italiana, una certa imper-meabilità della nostra accademia a standard di fatto, che non siano nati all’interno delle facoltà ma magari in contesti non universitari, magari non italiani, o addirittura business orient-ed! Credi quindi che sarebbe utile ave-re insegnamenti di PM anche in al-tri indirizzi (oltre a quello di Inge-gneria Gestionale) o addirittura nel corso degli studi della scuola se-condaria? Assolutamente sì, dal momento che è una delle competenze più richieste, lato formazione, dalle aziende. Penso che qualche forma di conta-minazione anche nella scuola secon-daria non sarebbe male, magari qualche workshop o laboratorio, tipo quelli informatici (ammesso che si facciano). Soprattutto sarebbe bene che i docenti (a tutti i livelli) fossero formati nella loro capacità di gestire efficacemente progetti educativi ed attività extra curriculari. La LUISS Business School (LBS) è da tempo all’avanguardia per la formazione di Project Management in Italia: quali sono le più recenti iniziative che state prendendo in questo campo? Da anni abbiamo avviato un Master post laurea sul PM, finalizzato al conseguimento delle certificazioni CAPM® ed IPMA-D®. Oggi è diventa-to un Master Universitario di Primo Livello e di questo siamo molto orgo-gliosi. Ora stiamo volgendo la nostra atten-zione al tema del Project Risk Man-

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agement, che sebbene ancora di nic-chia, riteniamo possa essere molto utile come approccio in tutte le inizia-tive di Enterprise Risk Management. Quale suggerimento daresti al PMI Rome Italy Chapter, che ormai co-nosci da tanti anni, ed al PMI ® in generale per poter dare un contri-buto ancora più efficace in termini di collaborazione con le Università Italiane, pubbliche e private? Non arrendersi!! E continuare lungo un percorso che già mi è molto chia-ro, che mira a parlare di PM in tanti contesti differenti, in modo da sdoga-narlo da quelli solo tecnici. Rinforzare il più possibile la collabo-razione con scuole ed università, ma più sul lato docenti che discenti. Oltre che proporre la certificazione di PM agli studenti della LUISS BS, tu stesso ti sei certificato PMP ®. Qual è l’idea che ti sei fatto di que-sta certificazione e, più in genera-le, perché credi sia utile certificar-si? È uno standard molto “americano” e quindi molto tassonomico, forse un po’ troppo... però è serio, rigoroso, completo e soprattutto, in evoluzione continua. Ritengo che sia utile certificarsi, spe-cialmente se si opera nel mercato dei servizi alle imprese, perché si dimo-stra la padronanza di un metodo, cer-tificabile e certificata. Il tema del rico-noscimento delle competenze dete-nute da un professionista è sempre più pressante per chi si occupa di formazione e questi standard inter-nazionali si sono imposti sul campo e hanno ottenuto legittimazione e rico-noscimento grazie al loro valore in-trinseco. Da conoscitore del PMBOK ® 5th Edition, quale pensi sia stata la novità più interessante di questa edizione (rispetto alle precedenti) e cosa vorresti dalla futura 6 th Edi-tion? Certamente il tema del coinvolgimen-to degli stakeholder, che per espe-rienza so essere cruciale per la buo-na riuscita di ogni progetto. Aver de-dicato a questo tema una Knowledge Area credo sia un ottimo riconosci-mento della rilevanza del tema.

Non conosco le evoluzioni previste nella 6th Edition. Certo mi piacerebbe molto, specialmente per gli studenti futuri, che si riuscisse ad integrare meglio la vista per Area di Cono-scenza, che rappresenta il 90% del testo, con quella per processo, che invece è più comprensibile perché segue il ciclo di vita del progetto. Si parla molto in questo periodo della nuova norma UNI/ISO 21500 e del ruolo del Project Manager in Italia. Ritieni che sia utile avere comunque una certificazione basa-ta su norme UNI a carattere “na-zionale” nel nostro paese, o do-vremmo piuttosto muoverci nel solco delle certificazioni interna-zionali che già esistono? Non sono molto incline al proliferare degli standard, credo sia meglio lavo-rare su quelli che esistono e che es-sendo open possono essere migliora-ti ed evoluti. Inoltre non credo che abbia senso uno standard “nazionale”, in un mon-do che lo è sempre meno. Temo sia una battaglia un po’ “di retroguardia” che non farà bene a chi, in Italia, adotterà quella norma (o sarà co-stretto a farlo). Vedo un sistema a due velocità, una legata agli standard di fatto, interna-zionali, e al mondo delle multinazio-nali che li adottano; l’altra legata al mondo delle liturgie pubbliche o para-pubbliche che produrranno rendite di posizione da norme e nuovi standard con relativi annessi e connessi “certi-ficativi”. Ci sarà certamente del busi-ness nuovo per formatori e certifica-tori, ma non credo che complessiva-mente aggiunga valore al sistema paese! Hai introdotto il tema delle Pubbli-che Amministrazioni. Credi che una maggiore consapevolezza e conoscenza da parte delle PA (e della classe politica) italiane del Project Management potrebbe es-sere di aiuto a svecchiare e rende-re più efficiente la macchina pub-blica? Penso ad esempio alla ge-stione delle Opere Pubbliche … Qui sono un po’ più pessimista… una volta ho sentito (potrebbe essere una boutade, ma con qualche margine di verità) che il motivo per cui molte so-

cietà esecutrici di lavori e infrastruttu-re non utilizzano strumenti di PM è perché questi contribuiscono a mi-gliorare l’efficienza del progetto e quindi a portare a termine i lavori, mentre le imprese guadagnano di più a cantieri bloccati…. Finché la logica è questa, la vedo dura…. Il PM certamente contribuisce ad una gestione trasparente e chiara dei progetti, ma da solo serve a poco, deve essere inserito in un contesto socio-economico che rifugge dai gio-chetti, dalle inefficienze tollerate e/o cercate e dalle zone d’ombra. Anche qui, un problema di mindset … Per concludere sul tema “naziona-le” … sappiamo che LUISS BS or-ganizza corsi di perfezionamento anche per executives. Quali sono a tuo avviso i punti di forza dei PM (e dei manager) italiani in termini di competenze manageriali (ovvero di soft skill )? Appunto le soft skill cioè la capacità latina ed italica in particolare di anda-re oltre gli standard ed i rigidi formali-smi (ma conoscendoli!), per proporre soluzioni innovative e non conven-zionali, che possono essere ignorate da approcci troppo schematici e che si focalizzano sul dettaglio e non sul-la big picture. Capacità di problem solving, anche creativo, unita a un approccio struttu-rato e rigoso, possono fare la diffe-renza. Per Novembre 2015 la LBS e il PMI Rome Italy Chapter stanno proget-tando insieme un evento dedicato al Project Management. Quali sa-ranno i temi trattati? Si tratta di un evento per presentare il centro di Competenza LBS nel Pro-ject Management, e si avvarrà della presenza a Roma di Mark Kozac-Holland (Lessons from History). Sarà in forma di workshop sul tema degli “Impossible Projects”, quei progetti che sembrano non avere alcuna chace di arrivare al compimento e che in realtà si dimostrano poi dei grandi successi (n.d.r. vedere pag. 22 della Newsletter no. 20 di Aprile 2015, con la recensione sul libro di Michael Dobson a cui il workshop si ispira). Insomma, da non mancare!

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In equilibrio tra incudine e martello … Quando il PM è chiamato a mediare tra cliente e for nitoreNon sempre il Project Manager opera in contesti convenzionali dove è chia-ro quali siano le regole del gioco. A volte può essere coinvolto per dirime-re forti contrasti in essere tra cliente e fornitore allo scopo di verificare la sostenibilità e la prosecuzione del lo-ro rapporto contrattuale. Assume così il ruolo di “Commissario Straordina-rio” in pectore, preoccupandosi di go-vernare in modo indipendente ed equidistante il “Crash Program” che viene lanciato dai suoi committenti per trovare un punto d’intesa. Capita spesso ultimamente, soprat-tutto nel settore bancario, che l’IT venga sempre più percepito come una commodity e, come tale, le orga-nizzazioni cliente decidano di con-centrarsi sul proprio core business, esternalizzando la gestione dei pro-cessi IT. In particolare, i servizi di Fa-cility Management relativi alle com-ponenti infrastrutturali (server, net-work, storage) sono quasi sempre i primi ad essere veicolati all’esterno per gli indubbi vantaggi economici che ne possono derivare. A tale pro-cesso di outsourcing sta contribuen-do anche l’evoluzione delle piatta-forme tecnologiche e la maturazione di servizi cloud oriented che consen-tono alle organizzazioni di business di adottare dei modelli pay-per-use, liberandosi così di investimenti sem-pre più ingombranti e non “core” bu-siness, e sottoscrivendo canoni ricor-renti in base a cui pagare solo quello che si utilizza effettivamente. Paralle-lamente stanno prolificando società di servizi specializzate che si attrez-zano con data center moderni ed ef-ficienti, all’interno dei quali ospitano i servizi IT dei propri clienti, da cui vengono remunerati proprio in base a tali modelli pay-per-use. Se sulla carta sembrerebbe che questo nuovo modello di business e di servizio ac-contenti tutti, in realtà spesso nasco-no diversi problemi nel rapporto tra le parti. I clienti si lamentano del fatto che i propri fornitori cui hanno conse-gnato “le chiavi” del proprio IT, non sono sempre attenti ad erogare un servizio di prim’ordine. E spesso

neanche la rigida applicazione di SLA contrattuali riesce a far dormire sonni sereni ai responsabili di business del-le aziende clienti. Dietro tali lamente-le molto spesso si cela il fatto che i clienti, oltre ad esternalizzare i servi-zi, non hanno fatto corrispondere una riorganizzazione del proprio IT, che avrebbe dovuto “asciugarsi” di con-seguenza, mantenendo semmai all’interno una snella funzione di De-mand Management, con cui veicolare all’esterno i nuovi servizi da gestire e monitorare i KPI di quanto erogato dall’outsourcer. Ciò inevitabilmente comporta la presenza di atteggia-menti “invadenti” che vanno ben oltre una sana forma di controllo e che a volte, pretendono di sostituirsi al for-nitore nelle quotidiane attività di ge-stione. Questo atteggiamento spesso è figlio del fatto che tali responsabili, non essendo più owner del processo di loro competenza, si ritrovano a reinventarsi un nuovo ruolo senza di fatto essere stati preparati o addirittu-ra sentendosene sminuiti all’interno della propria organizzazione, che non li considera più core skill. D’altra par-te le colpe non stanno mai solo da una parte, ed anche all’interno delle aziende di servizi, per ragioni di effi-cienza, quasi mai ci si organizza per cliente, anzi al contrario ci si struttura secondo organizzazioni funzionali, cross a diversi clienti, per cercare di mantenere un’economia di scala nei processi e negli strumenti utilizzati. Molto spesso perdendo di vista la re-lazione con i clienti stessi, che si sen-tono abbandonati o comunque non abbastanza “coccolati”. Ebbene pro-prio in questo crocevia di incompren-sioni tra esigenze di caring persona-lizzate e necessità di efficienza con cui garantire canoni secondo i ben-chmark di mercato, possono nascere delle “crisi” di rapporti tra le parti, spesso enfatizzate dal vicino rinnovo del contratto di Outsourcing. Vengono lanciati degli Assessment per verificare le aree di scopertura contrattuale e dei Crash Program per verificare la capacità del fornitore di recuperare il terreno perso, prima di

procedere all’eventuale rinnovo del contratto, spesso pluriennale e mul-timilionario, di outsourcing. Ma, poi-ché i rapporti sono spesso lacerati tra le parti, per non dire sfiduciati, ecco che entrambi spesso si affidano a delle terze parti di professionisti cui chiedono di assicurare la Govern-ance indipendente e il Project Ma-nagement degli interventi identificati per sanare i Gap. In questi casi il Project Manager incaricato deve fare leva soprattutto sui propri soft skills e barcamenarsi tra i doppi committenti facendo prevalere la logica del win-win ed evitando di restare stritolato tra le morse dei contendenti, che tendono a tirarne la giacchetta cia-scuno dalla propria parte.

Rinforzo del rapporto umano Per iniziare il racconto vorrei toccare il punto della logistica per fare capire come in tali contesti piuttosto “sfidu-ciati” risulti complicato impostare strumenti di comunicazione virtuali. Soprattutto all’inizio è ritenuto basila-re far incontrare le parti de visu, a volte anche solo per pochi minuti, per cercare di ricostruire un rapporto la-cerato. E quindi anche 2 o 3 incontri settimanali, seppur possano rap-presentare uno sforzo aggiuntivo per gli spostamenti geografici, risultano di fatto indispensabili per “oliare” i mec-canismi della comunicazione di per-sona. In questi casi risulta basilare stabilire una modalità d’ingaggio im-prontata alla correttezza del rispetto dei meeting, non affatto scontata, specie in un contesto cliente in cui i referenti giocano in casa e trovano spesso l’alibi di essere “distratti” da priorità di business emergenti. In questi casi una buona strategia del PM è spesso rappresentata dal ratifi-care avanzamenti “in contumacia” per evitare i quali, il cliente inizia a fare sforzi per essere presente ai SAL e non trovarsi spiazzato con de-cisioni subite suo malgrado.

La credibilità e il Codice Etico In questa tipologia di incarichi risulta molto importante la credibilità del Project Manager, proprio perché è

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stato indicato come il garante super partes, egli deve mantenersi equidi-stante dalle parti, evitando di schie-rarsi e mantenendo una indipenden-za di giudizio. Anche se a prima vista questa sembra la caratteristica più semplice da rispecchiare, il PM è spesso soggetto a numerose pres-sioni dagli stakeholder in gioco, per cui deve fare appello a tutte le pro-prie capacità diplomatiche per navi-gare indenne nelle tempeste che at-traversa. Infatti il cliente tenderà a pretendere da parte del PM un atteg-giamento mirato a “scoperchiare” tutti i problemi in casa del fornitore, allo scopo di dimostrare la sua inaffidabi-lità e metterlo in mora nelle logiche negoziali del rinnovo del contratto. L’Outsourcer invece cercherà di con-vincere il PM dei propri sforzi orga-nizzativi e tecnici, allo scopo di far rappresentare adeguatamente la propria serietà di approccio soste-nendolo presso il cliente. In tutto questo “tira e molla” non dimenti-chiamo che il PM, a sua volta, non è un libero professionista che risponde solo ai suoi 2 committenti, ma a sua volta è un dipendente di una terza azienda, chiamata a offrire garanzie di indipendenza. E’ evidente com-prendere come il PM sia inevitabil-mente condizionato anche dalle logi-che commerciali della sua Azienda, che lo inviterà spesso a cercare delle mediazioni “borderline” pur di non in-dispettire i committenti che finanziano l’incarico di PMO. E’ evidente che non ci siano delle ricette per distri-carsi nelle paludi di stakeholder con interessi spesso divergenti. L’unico consiglio che mi sento di dare, in ba-se all’esperienza ventennale matura-ta in simili contesti , è di mantenere saldo il proprio timone nella direzione del Codice Etico sottoscritto con il PMI. Infatti alla lunga la credibilità è figlia della propria onestà, equità, ri-spetto e del senso di responsabilità nei confronti dei propri committenti e della Comunità di Professionisti in cui operiamo. Come riportato nel Codice Etico e di Condotta Professionale del PMI, in qualità di professionisti del Project Management, ci assumiamo l’

impegno di agire in modo giusto ed onorevole. Definiamo per noi stessi standard elevati e aspiriamo a soddi-sfarli in tutti gli aspetti della nostra vi-

ta: al lavoro, a casa e nell’esercizio della nostra professione. Il Codice etico e di condotta professionale de-scrive le aspettative verso noi stessi e verso i colleghi professionisti che appartengono alla comunità globale del Project Management. Esso esprime chiaramente gli ideali a cui aspiriamo e i comportamenti obbliga-tori nello svolgimento della nostra professione e nelle attività di volonta-riato. Il Codice Etico ci sarà di aiuto nel prendere decisioni sagge, in par-ticolar modo quando è necessario confrontarci con situazioni difficili, nelle quali potrebbe esserci chiesto di compromettere la nostra integrità o i nostri valori. Confidiamo infine che questo Codice etico e di condotta professionale sia utilizzato per inve-stire e fare evolvere la nostra profes-sione.

Tra l'incudine e il martello

Alla luce di queste precisazioni appa-re senz’altro più chiaro quali debbano essere i principi cui ispirare i propri atteggiamenti nelle varie circostanze contrastate, ma resta la profonda dif-ficoltà di agire in un contesto dove non mancano anche i colpi bassi. Il cliente spesso esercita il proprio ruo-lo di “martello”, operando pressioni sul PM allo scopo di “stanare” even-tuali problemi presenti in casa del fornitore. Sfruttando cioè il suo ruolo di “Commissario Straordinario” che opera in casa dell’outsourcer. Biso-gna stare molto attenti a non cedere a tali richieste, che fanno leva sulla libertà di movimento del PM e sulla fiducia in lui riposta dallo stesso forni-tore. Non è semplice, in quanto spesso i clienti sanno utilizzare ar-

gomenti “convincenti” scalando verso i capi del PM. In tali casi il PM dovrà subito blindare con i suoi responsabili la propria autonomia di giudizio, per salvaguardare in fondo la credibilità della sua stessa azienda. Ciò non si-gnifica schermare le magagne del fornitore o, peggio, diventarne com-plici. Semplicemente si tratta di con-durre degli assessment, intervistare gli attori, approfondire le tematiche “calde” in maniera lecita, utilizzando metodologie legittime. Si tratta cioè di condividere con il fornitore la neces-sità di far emergere eventuali ambiti da migliorare, allo scopo di aiutarlo ad identificare azioni di perfeziona-mento che possano recare benefici alla propria organizzazione ed in ul-tima battuta al servizio erogato per il cliente. Il compito del PM non sarà solamente di interpretare in modo no-tarile la Governance del progetto, li-mitandosi a registrare gli avanzamen-ti, le ri-pianificazioni, i costi sostenuti e la qualità dei deliverable consegna-ti. Egli dovrà svolgere un ruolo di “Counselor” nei confronti del fornito-re, molto spesso destrutturato nell’organizzare soluzioni tecniche e soprattutto nel comunicarle in modo efficace al proprio cliente. L’ introdu-zione di metodologie rigorose di pia-nificazione, avanzamento e comuni-cazione delle attività, lo aiuterà a su-perare questo approccio un po’ naï-ve, valorizzando i propri sforzi agli occhi del cliente. Insomma da evitare accuratamente qualsiasi atteggia-mento “delatorio” nei confronti del fornitore, unendosi al coro di coloro che sono soliti “sparare sulla Croce Rossa” in quanto: 1. Non è corretto nei confronti di un

interlocutore che è impegnato in uno sforzo per cercare di risolvere dei problemi segnalati

2. Non conviene neanche al cliente in quanto alla lunga ha interesse che il proprio outsourcer “cresca” come partner del proprio business

3. Si rischia di perdere il proprio “alone” di super partes e ben pre-sto i committenti potrebbero arri-vare alla conclusione che questo tipo di PM non aggiunge valore e decidere di sbarazzarsene anzi-tempo

Vale anche il ragionamento simmetri-co, ossia schiacciarsi sull’incudine

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del fornitore nel piangersi addosso per l’atteggiamento arrogante e pre-varicatore del cliente, tendendo a sot-tovalutare le continue richieste, ma-gari considerandole il più delle volte vessatorie. Anche in questa situazio-ne il PM dovrà cercare di attenersi ai fatti, investigando ed approfondendo sulle reciproche ragioni e cercando di verificare la legittimità delle richieste (rispetto ad esempio a quanto con-trattualizzato) e stimolando il fornitore a produrre i deliverable richiesti e la documentazione necessaria contri-buendo a ristabilire la giusta fiducia tra le parti.

Gli skill del PM "straordinario" Mentirei se vi dicessi che in questa particolare tipologia di incarichi è suf-ficiente presentarsi equipaggiati della valigetta dei tools e tecniques e dei tipici skill comportamentali per bar-camenarsi tra gli stakeholder dell’ ini-ziativa. Molto spesso queste iniziative di Crash Program sono lanciate per cercare di ricostruire delle situazioni “sfilacciate”, salvaguardando il rap-porto a tendere tra le parti e ponendo le basi per un rinnovato spirito di fi-ducia reciproca. Allora serve buttare il cuore oltre l’ostacolo, calandosi dia-letticamente nella parte e scendendo nell’Arena dei contendenti. Il PM do-vrà comunque fare appello al proprio mestiere, introducendo metodologie di conduzione progetti e lavorando molto sulla comunicazione. Ma so-prattutto dovrà contribuire a mediare tra le parti, cercando di avvicinarle quando rischiano di sterilizzarsi sulle proprie posizioni. Dovrà porsi come reale obiettivo non tanto la rappresentazione trasparente delle attività, ma dovrà egli stesso mettersi in gioco e traguardare l’ ap-prodo al rinnovo contrattuale, poiché solo chi è animato dalla stessa con-divisione di obiettivi, riesce ad incar-nare quotidianamente un ruolo real-mente costruttivo. Dovrà condurre tutti gli attori in porto, stemperando gli episodi negativi ed esaltando i piccoli successi, contribuendo a creare un clima di collaborazione ed un circolo virtuoso di miglioramento. D’altronde, poiché il mondo è piccolo, e sempre più ci sarà richiesta di queste profes-sionalità borderline, saranno gli stessi committenti, pur da opposte sponde,

a consigliare ad altri colleghi ed ope-ratori del settore questa interpreta-zione del PM in senso autenticamen-te consulenziale.

Lessons learned Quali sono gli insegnamenti ricevuti che meritano di essere trasportati in altri contesti analoghi? Quali sono soprattutto le azioni da non ripetere per il futuro? Ebbene dividerei in 2 categorie le Lessons Learned, par-tendo proprio a stigmatizzare quello che non va fatto. Come ampiamente evidenziato nel corso dell’intervento va assolutamente evitato di adottare un approccio notarile, all’insegna dei formalismi fini a se stessi. Il maggior danno che si consegue è quello di “ingessare” il contesto e gli interlocu-tori che, alla prima reale difficoltà, non faranno sforzi nell’adottare la necessaria flessibilità per superare con il buon senso gli ostacoli. Anzi si adageranno nella propria “zona di conforto”, senza trovare le motivazio-ni e l’ambiente favorevole ad assu-mersi dei rischi per migliorare la si-tuazione. Un secondo errore che credo vada fortemente evitato è quel-lo di uniformarsi al coro dei detrattori, sempre pronti a criticare qualsiasi azione negativa, sia sul versante dei cliente sia sul fronte dell’outsourcer. Anche in questo caso le conseguen-ze sono a carico del clima sfavorevo-le che si viene a creare, che certo non aiuta a ristabilire la fiducia ne-cessaria tra le parti che si accingono a definire le basi per un proficuo rap-porto di collaborazione pluriennale. Sul versante delle Lezioni positive trovo che vadano segnalati un paio di punti: la logistica e il coinvolgimen-to del task team. Della logistica si è in parte già parlato, ed in questa se-de mi preme sottolineare l’importanza del fattore umano in contesti forte-mente sfiduciati. Anche se a volte costa tempo, fatica e denaro spostar-si tra diverse sedi geografiche, è in-negabile il vantaggio che deriva dal presidio, almeno settimanale, di tutti gli stakeholder con lo scopo di smus-sarne gli atteggiamenti ostili e rico-struire una piattaforma di collabora-zione. La linearizzazione dei rapporti spesso passa attraverso delle cola-zioni di lavoro, durante le quali si ab-bassano le difese d’ufficio e prevale

un rapporto simmetrico e rispettoso pur nella diversità dei ruoli. L’ultimo punto davvero utile da presidiare è il costante coinvolgimento del Task Team. Spesso i Crash Program si avvalgono di team temporanei costi-tuiti da specialisti di settore, chiamati a dare man forte ad una serie di aree critiche per individuare direttamente delle soluzioni o fare leva nei con-fronti dei colleghi di altre funzioni aziendali. In questi casi tali persone soffrono spesso dell’essere conside-rati dei battitori liberi, acefali e senza grosse leve in contesti organizzativi a Matrice Debole. Ho trovato molto ef-ficace da parte del PM il fornire co-stante sostegno al task team, suppor-tandolo sulla comunicazione sia ver-so il cliente sia verso i propri stessi colleghi, in modo da sfruttare la foca-lizzazione del gruppo, rinforzandone il commitment con tecniche di em-powerment e di visibilità delle proprie azioni. Infine, dulcis in fundo, il sug-gerimento di “leggere proattivamente” gli eventi del progetto. A volte anche i vincoli esterni non vanno interpretati in modo rigido, come ostacoli ecces-sivamente sfidanti perché al di fuori della nostra portata. In realtà, a ben guardare, la loro mutevolezza può suggerirci di anticipare delle sterzate di progetto che possono portarci da una situazione compromessa ad uno scenario vantaggioso, con un ap-proccio creativo che quando serve prova anche a cambiare le regole.

Pasquale D'Urso PMP®, laureatosi a Pisa in Ingegne-ria Elettronica, ex Ufficiale di Marina e Arbitro di calcio, ha una ventennale esperienza di Pro-ject Management nel settore delle TLC e dell’ICT, in

Italia ed all'Estero, maturata prima nel Gruppo Bull, e successivamente nel Gruppo Telecom Italia ed in Va-lue Team. Attualmente è Senior Ma-nager in Accenture, dove opera nel Settore Technology Infrastructure Consulting. E’ attivo practitioner del PMI Rome Italy Chapter nel Comitato di Redazione.

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Project Management DataficationQuello dei “Big-Data” è uno dei man-tra degli ultimi anni: tutti ne parlano (spesso in modo confuso e senza una reale definizione condivisa) ma ancora in pochi ne sfruttano le reali potenzialità nell’estrarre valore e co-noscenza.

Figura 1 - Datafication

Stiamo assistendo all’epocale pas-saggio dall’era industriale a quella digitale: siamo continuamente inter-connessi ed anche i nostri oggetti cominciano ad esserlo (Internet-of-Things) e, volendo semplificare, i Big-Data non sono altro che le innumere-voli tracce digitali che tutti noi lascia-mo, spesso inconsapevolmente, nelle nostre attività quotidiane. Mayer-Schönberger e Cukier, tra i massimi esperti mondiali dell’ argo-mento, nel loro best-seller sui Big-Data (leggetelo se vi capita perché ne vale davvero la pena) definiscono il fenomeno con il termine, forse un po’ cacofonico ma efficace, di Datafi-cation (Datizzazione per dirla in Ita-liano) del mondo in cui viviamo: “l’idea di trasformare le infinite di-mensioni della realtà in dati”. Qualcuno potrebbe obiettare che, per la verità, i dati esistono da tempo co-sì come l’esigenza e la capacità di estrarne valore (Data-warehousing e Business Intelligence forniscono or-mai da anni delle soluzioni consolida-te) ed è verissimo, ma la novità più grande oggi è che finalmente abbia-mo a disposizione una tecnologia sufficientemente potente da consen-tirci di trattarli anche quando sono davvero “Big” ovvero conformi al co-siddetto Paradigma delle 5V: Vol-ume, Velocity, Variety, Veracity, Val-ue. L’altra novità rilevante riguarda l’entrata in scena dei grandi nuovi produttori ed amplificatori di informa-

zioni rappresentati dai Social Net-work che, oltre a generare da soli una mole di dati considerevole e nemmeno lontanamente immaginabi-le fino a pochi anni fa, producono prevalentemente materiale non strut-turato difficile da analizzare con gli strumenti classici di Business Intelli-gence disponibili sul mercato. Ma veniamo a noi: come possono aiutarci i Big-Data nel nostro lavoro di Project Manager? Se è vero che un Progetto ha le stes-se caratteristiche in scala ridotta di un qualsiasi eco-sistema complesso e se i Big-Data stanno dimostrando la loro capacità di aiutarci a leggere il presente e fare previsioni sul futuro in ambienti eterogenei e complessi (dall’Healthcare, all’Energy, passan-do per il Marketing e la Customer Behavior & Analysis, fino ad arrivare addirittura allo sport ed alla formazio-ne, etc.) allora dobbiamo assumere che possano esserci utili anche quando il contesto di riferimento è quello di un Progetto. Sui Big-Data, in rete, si è scritto dav-vero molto (forse anche troppo) ma il tema relativo al connubio tra Project Management e Big-Data rimane in-vece, a nostro avviso, un terreno an-cora poco battuto ed è un peccato perché avrebbe non poche opportuni-tà da riservarci. Alcuni testi, come l’articolo “Big-Data: New Tools for Mitigating Project Complexity” scritto da Walter Ginevri del PMI NIC e dal il ricercatore Marco Guerini e “BI Tools + PM Teams” di Rick Moreau, forniscono degli spunti di riflessione molto interessanti che vogliamo condividere con amici e let-tori nella speranza che possano dare l’avvio ad ulteriori approfondimenti sull’argomento.

Monitoring & Controlling L’abbiamo detto, le regole del gioco, nella vita di tutti i giorni e nella ge-stione dei Progetti, stanno cambian-do:

• Il volume dei progetti gestiti in paral-lelo all’interno di una organizzazione cresce: aumenta la complessità e l’interdipendenza tra i progetti colle-gati rende necessario collezionare, controllare ed integrare le informa-zioni;

• Cambia il modo di gestire i progetti: tecnologie come le VPN, l’utilizzo dei dispositivi mobili a supporto del cosiddetto Bring Your Own Device (BYOD), il Cloud ed il SaaS (Soft-ware as a Service) stanno rendendo i team sempre più virtuali. Le perso-ne lavorano a livello globale, in mo-do remoto e distribuito, dal loro uffi-cio, dalla loro casa o da qualsiasi al-tro luogo che consenta una connes-sione internet. Tutto ciò rende sem-pre più necessario un supporto co-mune dove poter collezionale, corre-lare e scambiare informazioni;

• I nuovi Social Media si stanno ormai guadagnando un posto tra i tool di comunicazione tra gli stakeholder di progetto. Gli scambi che prima av-venivano tradizionalmente attraver-so l’utilizzo di repository aziendali o l’invio di mail oggi avvengono sem-pre di più attraverso l’utilizzo di Fa-cebook, Twitter, WhatsApp, etc.. Tutto ciò ha degli impatti significativi sulla gestione di un progetto e sulla capacità del Team e del PM di ana-lizzare le informazioni ad esso corre-late. Intere discussioni riguardanti un aspetto del progetto e svolte ad esempio su Twitter non vengono catturate dagli strumenti tradizionali di Project Management. La Social Collaboration sta generando enormi quantità di dati non strutturati che non contribuiscono al processo tra-dizionale di Monitoring & Controlling.

Alla fine i vincoli del progetto sono sempre gli stessi: Tempi, Costi e Ambito e, probabilmente non cambie-ranno mai, ma quello che sta cam-biando è il mondo intorno a noi e le

Figura 2 - Social Network

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dinamiche di business in cui i progetti nascono e si sviluppano. Controllia-mo i vincoli di progetto utilizzando normalmente uno o più tool di Project Management ed una pletora di stru-menti aggiuntivi (primi tra tutti i nume-rosi fogli Excel) che ci aiutano ad in-crociare le varie informazioni di con-trollo e finanziarie e costituiscono an-che la base per la comunicazione dello stato di avanzamento del pro-getto con gli altri stakeholder. Ma questo approccio è ancora suffi-ciente? Fortunatamente il cambiamento ci offre anche nuove opportunità che, se saremo in grado di cogliere, ci consentiranno di gestire i nostri pro-getti con sempre maggiore efficacia e soprattutto in tempo reale (anche il Project Management deve essere ti-me to market: tutto è più veloce ed i tempi di controllo del Progetto non possono essere più lenti del progetto stesso). Nuove sfide quindi ma anche nuove opportunità: quelle di ampliare le tra-dizionali metodologie e tool di Project & Portfolio Management con tecniche di Business Intelligence e Analytics per estendere ed attualizzare le ca-pacità di analisi delle performance dei progetti. Una soluzione di PPM (Project Portfolio Management) evo-luta che integri strumenti e tecniche di BI può fornire una piattaforma uni-ca e centralizzata di raccolta dei dati come base per una analisi integrata delle informazioni e previsione dei trend e come valido strumento di co-municazione e condivisione delle in-formazioni progettuali. E probabilmente il più grande van-taggio è proprio questo: oltre ad offri-re una base storica di conoscenza utile ad alimentare ad esempio le lesson learned la BI offre al PM ed al PMO quella capacità nuova di elabo-rare previsioni, pattern, tendenze e scenari. Il forecasting, che è il mantra della BI soprattutto quando si ha che fare, come in questo caso, con i co-siddetti Big-Data.

Analisi degli Stakeholder L’insieme degli stakeholder di un Progetto è rappresentabile come una rete in cui ogni nodo è rappresentato da un singolo stakeholder.

Figura 3 Stakeolder's Network

Utilizzando le stesse tecniche di Ana-lisi dei Social Network, ad esempio sull’insieme delle e-mail scambiate, possiamo derivare diverse “misure” utili non solo a caratterizzare la rete ma anche a prevederne (Analisi Pre-dittiva) la futura evoluzione nel tempo ed a confrontare il comportamento atteso di diverse insiemi di stakehol-der, ad esempio:

• Il “Livello dei Nodi” è il numero di Legami che caratterizza ogni Nodo e che corrisponde anche al suo Peso all’interno della comunicazione. Quantificando e confrontando il nu-mero di Legami in uscita ed in entra-ta possiamo identificare i cosiddetti hub e bottleneck all’interno delle comunicazioni;

• Il “Coefficiente di Clustering” ci forni-sce la probabilità di quanto nodi adiacenti possano essere connessi agli altri ovvero quanto un gruppo possa essere coeso e chiuso rispet-to ad altri nodi nella rete. Un basso coefficiente caratterizza i nodi che risultano irrilevanti in termini di co-municazione mentre un alto coeffi-ciente ci fa identificare i nodi centrali che causerebbero, con la loro scomparsa, variazioni significative nella nostra rete o addirittura lo split in sotto-reti o comunità secondarie;

• Il numero di cammini minimi che at-traversa un nodo (Betweenness Centrality) identifica i principali cana-li di scambio all’interno della rete.

Analisi delle Comunicazioni Tecniche come il Text Mining o ap-procci come il Natural Language Pro-cessing (NLP) applicati alle “comuni-cazioni non strutturate” (post, e-mail, contenuti di testi e documenti, etc.) scambiate all’interno di un Progetto e confrontate con la registrazione delle reazioni (emozione, rabbia, indiffe-renza, ironia, etc.) generate nei de-stinatari delle comunicazioni stesse possono fornirci utili informazioni in merito:

• alla capacità o meno di generare consenso;

Figura 4 - Analisi del Consenso

• alla probabilità più o meno alta di diffusione di determinati contenuti (la cosiddetta “viralità”).

Figura 5 - Viralità delle Comunicazioni

e quindi anche aiutarci ad orientare questi aspetti.

Concludendo, nella speranza che l’argomento abbia suscitato il vostro interesse ed ancor meglio la vostra curiosità, auguro buon Project Mana-gement a tutti !

Alessandra Filippetti PMP®, ITIL®, V3 Project Mana-ger ed esperta di Business Intelli-gence,. Big Data &

Data-Warehouse con ultra ventenna-le esperienza in diversi settori del mercato IT (TLC,

Energy, Finance, HR, PA, etc.). ma-turata in grandi realtà aziendali come IBM, Engineering, NTTDATA. At-tualmente Project Manager presso Jakin Srl. Collabora come volontaria del PMI Rome Italy Chapter.

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Il Project Management: UNI ISO 21500 Le nuove linee guida al Project Management Con la pubblicazione della nuova Norma ISO 21500 “Guidance on Pro-ject Management”, in seguito tradotta e recepita anche quale norma nazio-nale UNI, la gestione progetti ha senz’altro compiuto un sensibile pas-so in avanti nel riconoscimento a li-vello internazionale delle basi meto-dologiche e soprattutto del “linguag-gio” della disciplina. E non già perché il PMBOK, testo sul quale la nuova Norma si è ampiamente basata, non bastasse, ma forse per trovare una condivisione più generale, o quanto meno un accordo “politico” a livello internazionale. Questo libro riprende la versione italiana della norma, ri-volgendosi a tutti gli interessati del project management, che ne potran-no avere utili riferimenti anche per confronti e complementi con temi già noti, o alcuni punti che meritano al-cune riflessioni. E’ stato questo l’approccio dell’autore, Per Luigi Gui-da, socio del nostro Chapter, che ri-legge passo passo la norma, e la commenta inquadrandola sia nelle generali conoscenze, precisando i punti meno espliciti, sia richiamando alcune spigolature di esperienze per-sonali. Un modo, come dice nell’introduzione Miles Shepherd, presidente dell’ISO Committee che ha curato la “21500”, per renderne più appetibile la lettura. L’originale ISO 21500 si presenta come un testo sintetico di circa 30 pagine, che riduce i processi del PMBOK a39, e ne conserva immuta-to il template in “input-output” senza peraltro spiegarne le voci; una note-vole limite, specie in alcuni passaggi, su cui cerca di intervenire il testo in questione; che in aggiunta allo stan-dard PMI richiama concetti presi da altri riferimenti, quali il PRINCE2, e altri fonti, citate nella ricca bibliogra-fia. In questo quadro il volume si svolge in sintesi su tre linee d’azione: ‐ la lettura commentata dell’ISO 21500; ‐ integrazioni e complementi, per sopperire come detto allo stile ne-

cessariamente essenziale del testo normativo; - altro materiale disponibile come Al-legato on-line al sito dell’editore; altre

centosettanta pagine (scaricabili gra-tis) in aggiunta alle più di quattrocen-to pagine del testo vero e proprio. Il volume si compone di quattro Capi-toli, il cui ordine e contenuti ricalcano quelli della norma. Il Capitolo 1 pre-senta una introduzione agli standard in materia, mentre il Capitolo 2 com-menta le nozioni introduttive, circa il target dei lettori, lo scopo e alcuni concetti e termini fondamentali, fra cui il significato di “organizzazione”, le best practice, e la differenza fra il cosiddetto management generale e di progetto. Viene infine introdotta una sezione di voci e definizioni, con un glossario dei principali termini di Project Management (circa duecen-to), la cui conoscenza potrebbe rite-nersi un mini-dizionario sufficiente a comprendere la lingua base della di-sciplina. Nel Capitolo 3 si riportano i contenuti corrispondenti ai “Concetti di Project Management” dell’ISO 21500, relativi alle definizioni e ai principi ormai ge-neralmente accettati della disciplina, inquadrati peraltro in ottica strategica e di “portfolio” delle organizzazioni. Una certa enfasi è riservata agli sta-keholder, oltre che agli attori fonda-

mentali dell’organizzazione di proget-to: Sponsor, Project Manager, gruppo di Project Management e gruppo di progetto. Altri concetti fondamentali richiamati sono quelli di governance, di programma e di portafoglio di pro-getti. Importanti, anche se poco ap-profondite nella norma, restano le de-finizioni di “competenze” della gestio-ne progetti, relative a: metodologia, contesto e comportamenti. Il Capitolo 4 tratta i “Processi di pro-ject management”, tema che costitui-sce la parte più corposa dell’ISO 21500. Qui si riporta la nota presen-tazione a matrice dei processi, costi-tuita da 10 aree tematiche che si “so-vrappongono” a 5 gruppi di processi (avvio, pianificazione, esecuzione, controllo, chiusura), con alcune diffe-renze rispetto allo stesso riferimento del PMBOK.. Ciascuno dei trentanove processi co-stituenti lo stesso modello viene de-scritto in un’apposita “scheda” in cui sono riportati input e output principali (sempre in analogia al template che i cultori del PMBOK non avranno diffi-coltà a riconoscere). A differenza di quest’ultimo non è invece descritto il tema di “tecniche e strumenti”, se-guendo la filosofia del vero e proprio “standard” del PMI. Segue il Capitolo 5, che presenta uno dei modi esemplificativi di connettere fra loro i diversi processi, quale spun-to per costruire “metodi” di progetto a partire dai singoli “box” di processo dell’ISO 21500. Il volume si completa infine di un’Appendice dedicata al tema del cosiddetto project management lean (“snello”) e agile. Diversi ulteriori ca-pitoli sono disponibili come detto co-me Allegati on-line presso il sito dell’Editore; da rilevare infine che il testo viene accompagnato da un proprio sito web (www.pm-manual.it), per eventuali integrazioni e futuri ag-giornamenti. Il Project Management. Secondo la Norma UNI ISO 21500 – Editore Franco Angeli , pp.404 – euro 45,00 ISBN 978-88-204-4236-1

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Alessandra Filippetti … Unplugged Eccomi qui, a raccontarvi di me ed accidenti quanto è difficile! Romana de Roma da oltre sette ge-nerazioni, ma pometina d’adozione, nasco nella Capitale 48 anni fa. Bimba allegra, indipendente e curio-sa: la prima parola che ho pronuncia-to è stata “Perché?”. E non mi sono mai accontentata di risposte sconta-te. Liceale brava ma un po’ ribelle, gli anni scolastici mi vedono sempre im-pegnata in mille cose diverse: tanti amici, il Collettivo Politico del Liceo, lo Sport e poi la mia grandissima passione per la Danza Classica! Sgambetto sulle punte per ben 17 anni, prendo la maturità e mi iscrivo alla Facoltà di Matematica. Impaziente, avevo voglia e fretta di fare: non sapevo ancora bene cosa ma “qualcosa”! Quasi per caso (o forse no?), trovo lavoro come consu-lente IT, vado a vivere da sola ed ab-bandono l’Università. I primi anni di lavoro sono frenetici e produttivi: fac-cio tante cose diverse ed innovative per l’epoca. Odio l’approssimazione e quindi, nonostante l’abbandono dell’Università, non smetto mai di studiare. In 25 anni tante le esperien-ze importanti in diverse realtà azien-dali, gestisco Progetti e mi occupo di dati: dashboard e KPI diventano il mio pane quotidiano. Ripensandoci

credo di aver cominciato ad occu-parmi di Business Intelligence ancor prima che a qualcuno venisse in mente di chiamarla così! Incontro mio marito a 28 anni. E’ col-po di fulmine: dopo un mese inizia la nostra convivenza. L’anno dopo ci sposiamo e nel ’99 arriva il piccolo Leonardo e nel 2004 si unisce all’allegra brigata anche Gabriele, la peste di casa, oggi 11enne. Sono i progetti più belli della mia vita !

Nel 2013 approdo finalmente alla tan-to agognata certificazione PMP ed inizio subito a collaborare come vo-lontaria del Chapter: una fortuna che arriva proprio nel momento in cui ne avevo più bisogno. Mi sento accolta, posso esprimermi e dare un contribu-to mentre il percorso nella mia azien-da dell’epoca è arrivato al capolinea: non trovo più me stessa in quello che faccio, ho perso passione e stimoli.

Non posso continuare così, non è da me. Contro ogni logica e con il parere avverso dei più (“Sei pazza? Hai del-le responsabilità? Ti rendi conto che con la crisi che c’è nemmeno i ragaz-zini trovano un lavoro“) la scellerata madre di famiglia 47enne decide di rimettersi sul mercato e lascia l’azienda. Accanto a me e folle quan-to me, a condividere le mie scelte, ancora una volta solo mio marito. Come è finita? Beh, fortunatamente nessuno degli scenari apocalittici prospettatemi si è avverato e dopo soli quattro mesi arriva l’incontro con una piccola e coraggiosa azienda che con passione tenta la strada dell’innovazione, indovinate un po’, proprio nell’ambito della Business In-telligence & Big Data. Sono di nuovo “abile ed arruolata”. Vedo la luce. Coraggio, determinazione e passione sono sempre stati i leitmotiv della mia vita. Qualcuno ha scritto che “La pau-ra è quella cosa che si prova quando si osserva un obiettivo da molto lon-tano”. Io, per non avere più paura, mi sono avvicinata. La mia avventura è finita? Può darsi, non so dirvi. Magari ve lo racconto al prossimo unplugged. Un caro saluto a tutti,

Alessandra.

18 Settembre 2015

Comitato Difesa Sicurezza e Spazio del PMI Rome Italy Chapter

in collaborazione con Thales University & Space Akademy 2.0

presentano

Più Spazio al Project Management

L’evento permette di maturare PDU’s

Per informazioni: www.pmi-rome.org

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Attilio Gaetano Sequi … Unplugged Project management, io ci son finito per caso! A me interessava andare avanti, fare qualcosa di nuovo, cam-biare. E questo sempre. Da una fa-miglia di farmacisti, non mi andava proprio di tirar su e giù una serranda. Eppure anche lì son finito anni dopo, unico non farmacista nel comitato tecnico, a metter su e scrivere il con-tratto di affiliazione in una delle prime reti nel settore. Dopo l'università, il militare. Si dice sempre che è un anno perso ma per me è stata l'occasione di vivere ve-ramente, per la prima volta, il gruppo e il cambiamento senza l'ombrello della famiglia. Una ventina di giorni per orientarmi e poi le prime espe-rienze da volontario, l'addestramento a Poglina e le missioni. E anche lì a riorganizzare la sala operativa al campo, la gestione della farmacia di reggimento e così via.

Terminata quest'esperienza volevo qualcosa che mi riportasse nel mon-do del lavoro. A questo punto inter-venne il fato. Scelsi un corso di pro-ject financing: era il 1995 ed ancora non era previsto nella normativa ita-liana. Le prime esperienze in consu-lenza furono traumatiche: dovevo co-struire la finanza di progetti non pro-gettati, magari buoni ma, allo stato, fluttuanti nel mondo delle idee. Vendere fumo non fa per me e non riesco a promuovere niente se non sono estremamente convinto del suo

valore. Per risolvere mi rivolsi a mon-te. Scoprii così il project management e la Guida al PMBOK che, erano i tempi dei modem a 14.4 / 28.8, si po-teva scaricare gratuitamente dal sito del PMI!

Passarono gli anni, circa quindici, e dopo belle esperienze e soddisfazioni arrivò una grande delusione, una ca-duta verticale. Mi aggrappai al project management. Avendo maturato le contact hours e l'esperienza neces-sarie per la certificazione, decisi di impegnarmi seriamente, studiai e ce la feci. Non cambiò la mia vita (pro-

fessionale) o forse sì, in ogni caso fu un'iniezione di fiducia. "PMI, Piccole e Medie Imprese! Qui non vi conosce nessuno", ha ragione mia moglie Barbara. Arrivò la telefo-nata di Sergio Gerosa, mi propose di costituire il Comitato Sardegna del PMI Rome Italy Chapter. Ero imba-razzato ma orgoglioso, ci credetti. Furono necessari un paio di mesi per trovarci visto che i membri PMI® in Sardegna erano proprio pochi: cin-que a Cagliari (nessuno del nostro Chapter) io, da solo, a Sassari. Li contattai, erano tutti entusiasti di par-tecipare al Comitato! Da una mia precedente collaborazio-ne nell'ultimo anno è nata l'idea di un corso di project management con l'Università di Sassari. Ci aspettava-mo venti iscrizioni, ne sono arrivate settanta. In aula lo spirito è quello che aveva animato me vent'anni fa: costruire su basi solide, promuovere il cambiamento. Alessandra Bonelli, una dei partecipanti, mi ha regalato la simpatica caricatura che Vi propon-go, senz’altro più generosa di una fo-tografia! Dalla classe stanno arrivan-do le prime nuove iscrizioni al PMI e al Chapter, io mi limito a presentare la "generosità culturale" (definizione della collega Laura Locci) che ci ca-ratterizza.

Attilio

Segreteria Organizzativa

Telefono: 06 9294.6741 E-mail: [email protected] Sito Web: www.pmi-rome.org

Comitato di Redazione de “ Il Corriere del PM ”:

E-mail: [email protected]

COMITATO DIRETTIVO del CHAPTER :

Presidente Anna Maria Felici

Sviluppo Professionale: Giancarlo Duranti

Organizzazione Interna: Danilo Scalmani Marketing: Vincenzo Arnone Formazione: Fabrizio Tedone Membership: Antonietta Fiorentino Volontari: Sergio Funtò Tesoreria: Silvia Frigerio

COMITATO DI REDAZIONE della NEWSLETTER:

Responsabile: Sergio GEROSA

Angela ALLEVI, Roberto ASCIONE, Raffaele AVELLA, Lo renzo CAPANNA, Maria Natalia CARDULLO, Domenico CASTALDO, Emanuela DE FAZIO, Giancarlo DURANTI, Pasquale D'URSO, Alessandra FILI PPETTI, Orlando LIO, Vito MADAIO, Carmine PARAGANO, Cristin a PATERNOSTER, Luca ROMANO, Roberto TARASCHI, Alessandro VARESANO.