Il controllo di vicinato nel comune di Curtatone · maggiore e quindi una possibilità più elevata...

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Il controllo di vicinato nel comune di Curtatone Sommario Capitolo Uno ........................................................................................................................ 2 1. Il controllo di vicinato .............................................................................................. 2 1.1 Gli elementi che compongo i programmi di controllo di vicinato ....................... 2 1.1.1 Teorie criminologiche di riferimento ............................................................... 5 1.2 Rassegna della letteratura ................................................................................... 8 1.2.1 Prime implementazioni e ricerche statunitensi .............................................. 9 Tab. 1.2 Rassegna studi statunitensi ...........................................................................11 1.2.2 Prime implementazioni e ricerche britanniche .............................................16 Tab. 1.3 - Rassegna studi Britannici ..............................................................................19 1.2.3 Prime implementazioni e ricerche in altri paesi anglosassoni ......................24 Tab. 1.4 - Rassegna studi Australia, Canada e Irlanda del Nord ...................................24 1.3 Metodologia di implementazione odierna ........................................................27 1.3.1 Fase di ideazione ...........................................................................................30 1.3.2 Fase organizzativa..........................................................................................31 1.3.3 Fase di pubblicizzazione ................................................................................32 1.3.4 Fase di implementazione ...............................................................................34 1.3.5 Gli sviluppi .....................................................................................................36

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Il controllo di vicinato nel comune di Curtatone

Sommario Capitolo Uno ........................................................................................................................ 2

1. Il controllo di vicinato .............................................................................................. 2

1.1 Gli elementi che compongo i programmi di controllo di vicinato ....................... 2

1.1.1 Teorie criminologiche di riferimento ............................................................... 5

1.2 Rassegna della letteratura ................................................................................... 8

1.2.1 Prime implementazioni e ricerche statunitensi .............................................. 9

Tab. 1.2 – Rassegna studi statunitensi ........................................................................... 11

1.2.2 Prime implementazioni e ricerche britanniche ............................................. 16

Tab. 1.3 - Rassegna studi Britannici .............................................................................. 19

1.2.3 Prime implementazioni e ricerche in altri paesi anglosassoni ...................... 24

Tab. 1.4 - Rassegna studi Australia, Canada e Irlanda del Nord ................................... 24

1.3 Metodologia di implementazione odierna ........................................................ 27

1.3.1 Fase di ideazione ........................................................................................... 30

1.3.2 Fase organizzativa .......................................................................................... 31

1.3.3 Fase di pubblicizzazione ................................................................................ 32

1.3.4 Fase di implementazione ............................................................................... 34

1.3.5 Gli sviluppi ..................................................................................................... 36

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Capitolo Uno

1. Il controllo di vicinato

Il controllo di vicinato è un movimento che promuove l’attività dei cittadini nella prevenzione

e nel controllo della criminalità (Titus, 1984), nasce negli anni ’60 negli Stati Uniti e fin da subito

ottiene risultati positivi. In poche decadi viene adottato da molte città anglosassoni divenendo nel

2000 il più vasto mezzo di prevenzione di Gran Bretagna e Stati Uniti.

La British Crime survey, all’inizio del nuovo millennio, effettua una stima dei programmi

attivi in Inghilterra e Galles: questi risultano essere più di 155.000 ciò significa che circa il 27%

delle abitazioni (sei milioni circa) si trova in una zona in cui il controllo di vicinato è attivo (Sims,

2001). Negli Stati Uniti la The 2000 Crime Prevention Survey stima che la percentuale di cittadini

che abitano in una zona in cui è presente un programma è del 41%, questo dato fa si che il controllo

di vicinato sia il più vasto mezzo di prevenzione della nazione (Crime Prevention Council, 2001).

In questo capitolo analizzeremo la composizione dei programmi di controllo di vicinato,

evidenziandone effetti positivi e negativi e riportando gli studi fino ad ora pubblicati riguardanti

questo metodo preventivo. Porremo la nostra attenzione, soprattutto, sull’evoluzione che questi

programmi hanno avuto in tutti i paesi anglosassoni.

1.1 Gli elementi che compongo i programmi di controllo di vicinato

Il controllo di vicinato è la componente essenziale di un programma più ampio composto da

più elementi che coesistono ed interagiscono tra loro con il fine di aumentare il controllo informale,

diminuire i rischi di subire reati e le opportunità criminali (Bennett, 2008).

I principi fondamentali che solitamente compongono i programmi di controllo di vicinato

sono tre:

1. il controllo, da parte degli abitanti, della zona in cui vivono;

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2. la delimitazione della proprietà e la marchiatura dei propri oggetti di valore;

3. l’implementazione di misure di sicurezza domestica, con la consulenza delle autorità

competenti che possono consigliare quali sono le tecnologie più idonee.

Questi tre fattori, insieme, vengono definiti da Titus (1984) il “Big Three” e sono riscontrabili

in ogni modello, al quale possono essere aggiunti altri fattori che possono migliorare le condizioni

di vita, la sicurezza e la percezione di sicurezza degli abitanti (Bennett, 1990). Il “Big Three” è il

punto di partenza, cioè la base sulla quale ogni città potrà costruire il proprio programma; sarà poi

compito della comunità o dell’ente che lo promuove adattarlo alle caratteristiche della società in cui

viene implementato(Bennett, 2008).

La storia del controllo di vicinato conferma questa affermazione: infatti, negli Stati Uniti,

dove sono nati i primi programmi, erano previsti inizialmente solo i tre elementi presentati da Titus,

poi con il passare degli anni in alcune città degli Stati Uniti nacquero anche centri di ascolto per le

vittime di reato (Finn, 1986) oppure programmi di educazione alla sicurezza per i cittadini e per i

giovani (Decampli, 1977). In alcune città inglesi fu aggiunto fin dall’inizio un quarto elemento, cioè

le ronde civili (Bennett, 1990).

L’organizzazione e la struttura di ogni programma sono diverse per ogni città in cui è stato

implementato il controllo di vicinato; infatti possono variare il numero delle abitazioni, dei quartieri

coinvolti e la dimensione dell’area. Mutevole è anche l’organo che promuove il programma, in

alcuni casi l’idea è nata dai cittadini, in altri dalla Polizia, in altri ancora dalla Pubblica

Amministrazione. Il fattore comune resta, tuttavia, la suddivisione dei ruoli dei cittadini e la loro

responsabilizzazione: infatti, in ogni programma, vi è un coordinatore o responsabile della frazione

e un coordinatore del quartiere o della via, che svolgono la funzione “ponte” tra comunità e Polizia,

analizzando e selezionando i casi riportati dai concittadini (Bennett, 1990).

I programmi di controllo di vicinato si basano su un meccanismo molto semplice: aumentare

il controllo informale dei cittadini dei loro quartieri in modo che possano segnalare eventuali

attività sospette alla Polizia (Bennett, 2008). La riduzione dell’opportunità è, quindi, il fulcro su cui

si basa la teoria del controllo di vicinato, questo perché la sorveglianza e le segnalazioni alle Forze

dell’Ordine sono ritenute un buon mezzo di deterrenza delle attività criminali (Rosembaum, 1987).

Un fattore che potrebbe risultare scontato ma che si ritiene utile sottolineare, è la necessità, per i

partecipanti all’iniziativa, di vivere in una zona abitata e di avere vicini disponibili alla

cooperazione per un controllo maggiore del proprio quartiere.

Gli elementi che, secondo gli studiosi, vanno ad incidere sull’efficienza del controllo di

vicinato sono molteplici, in questa analisi riporteremo i più comuni, soprattutto per sottolineare il

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fatto che i programmi sono diversi l’uno dall’altro. Come abbiamo detto in precedenza, tutti i

programmi si adattano alla società a cui vengono applicati, per questo motivo ci sono altri elementi

accessori che incidono sull’efficacia del controllo di vicinato e che possono venire aggiunti nel caso

non siano già consuetudine.

Il primo elemento che i ricercatori e i promotori di queste iniziativa credono sia funzionale

alla riduzione dell’opportunità criminale è la segnalazione della propria presenza all’interno delle

abitazioni. Dunque, un comportamento ideale potrebbe essere quello di non lasciare nulla in

disordine, anche quando il vicino è in vacanza i programmi consigliano di mantenere ordinata la sua

abitazione, questo avviene ponendo semplici attenzioni, come: tagliare l’erba, raccogliere giornali,

posta e riempire i bidoni dell’immondizia (Cirel et al, 1977). Nel caso in cui l’abitazione venisse

lasciata abbandonata, i malviventi sarebbero più portati a colpirla perché tutte le apparenze

indicherebbero uno stato di non controllo. Seguendo invece queste semplici norme, l’abitazione non

apparirebbe più abbandonata e quindi godrebbe di un’attrattiva criminale meno elevata. In ogni

caso, tutto ciò richiede una grande disponibilità da parte del vicino, che non sempre può avere il

tempo di mantenere in ordine l’abitazione degli altri.

Un ulteriore elemento che potrebbe incidere sulla riduzione delle attività criminali è il

potenziamento del flusso di informazione tra cittadini e Polizia. I programmi di controllo di vicinato

stimolano il legame tra autorità e cittadino in modo che collaborino per migliorare il livello di

sicurezza, per questo motivo gli abitanti che hanno deciso di aderire all’iniziativa, vengono spronati

a segnalare eventi sospetti all’autorità. Teoricamente, il programma dovrebbe portare ad un

aumento delle segnalazioni a cui dovrebbe corrispondere un aumento degli arresti, in questo modo i

cittadini otterrebbero risultati e godrebbero di una maggiore fiducia nelle Forze dell’Ordine

(Bennett, 1990). Questa ipotesi è stato confermata anche da Sherman (1997), il quale individua

nella rapidità della chiamata ai numeri di emergenza e della loro risposta un fattore di maggiore

efficienza dei meccanismi di individuazione e arresto del criminale. Ovviamente questo potrebbe

avere anche un effetto negativo, infatti, nel caso di un ritardo nell’intervento delle Forze dell’Ordine

o di un mancato fermo dei criminali, i cittadini potrebbero avvertire un calo della fiducia nelle

autorità e questo potrebbe risultare dannoso per la buona riuscita del programma.

Strettamenti correlati al controllo di vicinato vi sono il potenziamento della sicurezza

domestica e la marchiatura delle proprietà che potrebbero divenire ulteriori mezzi di deterrenza,

perché un oggetto con un segno di riconoscimento aumenta il rischio di essere ritrovato e

diminuisce la possibilità di essere rivenduto, diminuendo la possibilità che questo oggetto venga

rubato (Laycock, 1995). Inoltre un potenziamento delle misure di sicurezza domestica dovrebbe

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scoraggiare i criminali nel tentativo di entrare nell’abitazione, perché richiederebbe un tempo

maggiore e quindi una possibilità più elevata di essere scoperti dai vicini (Bennett e Wright, 1984).

Ultimo elemento che viene segnalato dagli studi effettuati sul programma è l’aumento del

controllo sociale informale non solo su attività criminali ma su tutti i comportamenti antisociali, in

modo tale da prevenire qualsiasi forma di degrado urbano. Questo fattore è stato molto discusso

perché non incide direttamente sulla criminalità ma potrebbe aiutare la popolazione residente ad

accettare norme sociali formali ed informali condivise diminuendo, quindi, il rischio di adottare

comportamenti devianti e un maggior controllo ed attenzione agli stessi (Greenberg et al., 1985).

Naturalmente questo avrebbe effetto rilevante sulla criminalità locale ma poche conseguenze su

fenomeni criminali esterni.

Tutti i programmi preventivi, dei quali il controllo di vicinato è parte integrante, sono

composti, come abbiamo detto fino ad ora, da più elementi, ed hanno fini comuni:

diminuire la criminalità, sia quello di

diminuire la paura della criminalità e

rafforzare il legame tra popolazione e Forze dell’Ordine,

Nel caso in cui tutti questi fini venissero raggiunti la popolazione sarebbe portata a fidarsi

delle autorità competenti e a denunciare i reati; le autorità, invece, informano la popolazione sugli

sviluppi delle indagini, sulla diffusione dei fenomeni criminali e sulle modalità di prevenzione di

determinati comportamenti delittuosi (Turner e Barker, 1983).

Grazie a questi programmi le condizioni di vita possono migliorare sia da un punto di vista

reale, con la diminuzione dei reati, sia psicologico, sapendo che il vicino e le autorità sono a

disposizione del cittadino e la loro presenza sul territorio è tangibile (Pilotta, 1996).Nelle esperienze

anglosassoni sono stati riscontrati fattori che potrebbero avere effetti negativi, come ad esempio,

una bassa partecipazione degli abitanti al programma dovuta all’indifferenza o l’aumento della

paura dovuto alle troppe notizie riguardanti la criminalità ricevute dalle Autorità, per questi motivi

l’organizzazione e l’adattamento del programma di controllo di vicinato alla società a cui verrà

applicato ha un importanza centrale.

1.1.1 Teorie criminologiche di riferimento

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Il controllo di vicinato è l’espressione di alcune politiche di sicurezza sviluppatesi negli ultimi

cinquant’anni, come ad esempio la “Community Policing” e il suo sviluppo la “Community Crime

Prevention”. Queste politiche fanno in modo che cittadino e Polizia collaborino tra loro e siano allo

stesso tempo molto legati per affrontare e combattere la criminalità.

La Polizia, prima di questa innovazione, era considerata l’istituzione che interveniva solo nel

momento in cui avveniva un delitto, con l’arresto dei criminali (Murphy e Muir, 1985). Ora, invece,

la Forze dell’Ordine diventano parte della comunità e la rendono partecipe nelle sue attività, che

non si limitano solo alla cattura del soggetto criminale, ma si concentrano anche su vere e proprie

campagne di prevenzione (Bennett, 1990). La repressione dei crimini, di conseguenza, non è più il

fulcro delle attività di Polizia ma viene sostituita da programmi di prevenzione che aumentano la

percezione della sicurezza, coinvolgendo i cittadini, rendendoli partecipi delle attività svolte per la

loro sicurezza (Murphy e Muir,1985).

La “Community Policing”, quindi, è un’innovazione costruttiva perché fa in modo che le

attività delle Forze dell’Ordine vengano giudicate e migliorate dal pensiero dei cittadini (Goldstein,

1987). Questa interazione continua ha un duplice effetto positivo: da un lato la Polizia, sentendosi

giudicata, è stimolata a migliorare e così facendo, riscuotere la fiducia e il rispetto degli abitanti.

Dall’altro lato la partecipazione ai programmi di prevenzione, rende il cittadino più consapevole dei

problemi che riguardano la comunità e sa come rendersi utile per la società (Eck e Spelman, 1987).

Per questo motivo, in alcune città, vengono promosse anche attività di pattugliamento a piedi delle

Forze dell’Ordine, in modo da creare legami interpersonali tra operatori e residenti (Crowe,1985).

Le critiche rivolte a questa approccio sono principalmente di due tipi: una si basa sulla

difficoltà di creare un buon rapporto tra cittadini e Polizia ove i tassi di criminalità sono elevati

(Sherman, 1997), probabilmente perché c’è una scarsa fiducia nelle Forze dell’Ordine, oppure il

numero degli operatori è molto limitato e quindi non trovano spazio i rapporti personali. Un

ulteriore critica rivolta a questi programmi consiste negli effetti negativi che lo scambio di

informazioni tra Polizia e cittadini può creare, infatti potrebbe aumentare la paura della criminalità

dei cittadini deviandone la percezione di sicurezza (Skigan, 1990) e riducendo la fiducia degli

abitanti nelle autorità, nullificando così il circolo di informazioni.

Uno dei principali sviluppi della “Community Policing” è la cosiddetta “Community Crime

Prevention”, ovvero una serie di programmi volti al coinvolgimento della comunità nella

prevenzione dei reati. Queste forme di intervento sono spesso gestite dai cittadini che partecipano in

prima persona alle politiche di prevenzione ed un esempio lampante di queste iniziative è proprio il

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controllo di vicinato (Bennett, 1990). Tutte le attività di prevenzione si basano sulla logica della

riduzione delle opportunità criminali, attraverso il controllo, l’utilizzo di sistemi di sicurezza e il

contatto diretto con le Forze dell’Ordine, si possono ridurre le probabilità di diventare vittime di

reato e allo stesso tempo si dissuadono i criminali dal compiere atti devianti nella propria zona

(Clarke, 1980). Tali opportunità possono essere ridotte attraverso l’uso di controllo formale e

informale, di quest’ultimo tipo è la sorveglianza posta in essere dai cittadini su cui si basa anche la

“Community Crime Prevention”. Perché questo avvenga, tuttavia, è allo stesso tempo necessario

che gli abitanti debbano percepire come proprio il quartiere perché in caso contrario si

limiterebbero a controllare solo la loro abitazione e il programma di controllo sarebbe inefficiente.

Questo cambiamento che modifica il ruolo dei cittadini non è affatto semplice perché in primo

luogo gli abitanti potrebbero percepire la richiesta di partecipazione alle attività di prevenzione

come un’inefficienza delle Forze dell’Ordine e inoltre potrebbero non sentire il problema come loro

e quindi non essere disponibili a parteciparvi.

Shaw e McKay (1942), con la teoria del controllo sociale, hanno confermato che le attività di

prevenzione disposte dai cittadini sono utili per la diminuzione dei reati e l’aumento del senso di

sicurezza. La scuola di Chicago ha condotto uno studio tra gli anni ’20 - ’30 per scoprire quali

fossero i fattori che incidevano sugli indici di criminalità, il risultato più eclatante fu che le zone

della città più colpite erano quelle in cui vi era un alto livello di disgregazione e disorganizzazione

sociale (Ibidem). Proprio per questo motivo le iniziative di prevenzione che coinvolgono la società

possono influire positivamente sulla percezione della sicurezza e sul numero dei reati. L’unione e

l’aggregazione portano ad un maggiore controllo sociale, questo spiega il motivo per il quale le

Amministrazioni Pubbliche si sono concentrate sull’attuazione di programmi per la comunità in

modo da integrare i cittadini tra loro e con le istituzioni. Questo concetto è stato confermato dallo

studio effettuato da Taylor e Harrell (1996) durante il quale, hanno dimostrato, che nelle zone in cui

è presente un programma attivo di controllo di vicinato i livelli di vittimizzazione sono minori

rispetto alle zone limitrofe e la paura della criminalità è meno elevata, non hanno considerato però

che i programmi sono di facile applicabilità e funzionalità nelle zone in cui i livelli criminali e la

densità abitativa è bassa mentre con valori più alti un programma di questo tipo è di difficile

applicazione perché ha molti più fattori da tenere in considerazione (Laycock e Tilley, 1995).

Il controllo di vicinato, nonostante le critiche rivolte, resta il più comune e diffuso mezzo di

prevenzione per la sicurezza dei cittadini. I cittadini sperimentano infatti un nuovo modo di agire

comunitario e il rapporto costante con le Forze dell’Ordine li tiene aggiornati sulle problematiche

del quartiere, rendendoli consapevoli di cosa devono osservare e riportare (Rosenbaum,1987).

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1.2 Rassegna della letteratura

Le ricerche sul controllo di vicinato sono state molto numerose ma si sono concentrate

soprattutto nei primi anni della sua applicazione. La maggior parte degli studi hanno riportato le

motivazioni per cui il programma è stato attivato, i primi di questi hanno posto attenzione anche

sulla metodologia di implementazione mentre i successivi si sono limitati a studiare gli effetti

poiché il metodo con cui veniva applicato il programma era prevalentemente sempre lo stesso. Tutte

le analisi hanno riportato gli effetti che il progetto ha avuto sulla criminalità, la maggior parte delle

quali è stata effettuata in Inghilterra e Stati Uniti, i due Paesi in cui l’implementazione di questi

programmi è ormai divenuta una consuetudine.

Le analisi che prenderemo in considerazione sono state effettuate dalle forze di Polizia,

dalle università o da istituti di ricerca e verranno analizzate solo le ricerche effettuate su base

scientifica, quindi che seguono una metodologia ben specifica. La maggior parte di queste analisi

hanno avuto risultati positivi e contengono l’analisi comparata di un’area di confronto, in modo da

verificare la presenza di una diffusione dei benefici o una migrazione dei reati nelle aree limitrofi.

Inoltre in alcune ricerche è stata considerata anche un’area di confronto non adiacente alla zone di

intervento per verificare il trend dei reati nel periodo di studio. La valutazione del controllo di

vicinato è avvenuta tramite raccolta di dati su serie storica o attraverso interviste atte a misurare la

percezione di sicurezza dei cittadini, entrambe paragonando il pre e il post intervento, cioè la

situazione nei mesi prima e dopo l’applicazione. Le lacune di questi studi sono ben evidenti perché

si concentrano solo ed esclusivamente sull’efficienza o meno dei programmi senza mai sottolineare

quali sono stati i punti di forza o di debolezza dei progetti, ed inoltre non hanno considerato tutte le

variabili che incidono in uno schema di controllo di vicinato (Laycock, 2002). Questa criticità è

spiegata in modo molto semplice da Laycock (2002) che trova nel finanziatore della ricerca il

problema: i finanziamenti sono spesso consegnati per studiare l’efficacia di una determinata misura

preventiva, al mondo politico, che spesso è l’ente che stanzia i fondi, interessa sapere solamente se

il controllo di vicinato funziona o meno senza addentrarsi nelle valutazioni di tipo socio-psicologico

che potrebbero spiegarci i motivi dell’efficacia e illustrarci quali sono le variabili che influiscono

sulla positività dei risultati (Ibidem).

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Queste mancanze hanno fatto in modo di avere una serie di risultati che analizzino solo il

contesto socioculturale oggetto dello studio, adattabili quindi esclusivamente a quell’area senza

avere un’idea chiara delle variabili da valorizzare per ottenere benefici nelle implementazioni

future.

Gli studi riportati in analisi dimostrano l’adattamento del programma alla società di

applicazione (Bennett, 2008) infatti oltre ai caratteri fissi del “Big three” (Titus,1984) riscontrati in

tutte le implementazioni di controllo di vicinato sono stati aggiunti fattori supplementari.

Tab. 1.1 Sintesi studi analizzati

N. Ricerche Risultato

22

Positivo Negativo Non Definito

Totale Con area di controllo Totale Con area di controllo Totale Con area di controllo

19 13 1 1 2 2

1.2.1 Prime implementazioni e ricerche statunitensi

Il primo programma di controllo di vicinato nacque ad Oackland, negli Stati Uniti, nel 1966

con il nome di “Home Alert“ e consisteva in un programma di collaborazione tra Polizia e cittadini

per la prevenzione di attività criminali e comportamenti devianti (Washnis,1976). Questo tipo di

iniziativa, permise alla comunità di diventare “gli occhi e le orecchie della Polizia” (Bennett,1990)

e attraverso un continuo scambio di informazioni bilaterali sono state promosse le attività di

contrasto alla criminalità. Questa prima iniziativa era organizzata dalla Polizia che eleggeva, tra i

cittadini, un direttore di riferimento, il quale nominava a sua volta un coordinatore o un

responsabile per ogni quartiere, che aveva il compito di segnalare alle autorità competenti

movimenti sospetti e comportamenti devianti (Ibidem).

Nel 1971, nacque a Philadelphia il “Block Association of Philadelphia”. Questo movimento

era volto a contrastare le rapine e i furti in villa che colpivano i cittadini, con l’assistenza e la

collaborazione della Polizia che mensilmente organizzava incontri e corsi di formazione per aiutare

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i partecipanti a capire quali fossero i comportamenti da segnalare alle autorità e come migliorare la

sicurezza della loro abitazione (Bennett, 1990). Il programma comprese inoltre delle attività di

controllo a piedi da parte dei cittadini (Community Walks) e l’utilizzo di trombe sonore per avvisare

i propri vicini di presenze sospette e per allontanare tali presenze.

Il problema fondamentale dei due programmi appena citati è stato che non vennero mai

effettuati studi statistici sui loro effetti. Solitamente per valutare scientificamente gli esiti del

programma di prevenzione, andrebbe confrontata la situazione precedente con quella successiva

all’intervento e spiegando i motivi di una probabile efficacia o inutilità. Questa assenza di una

valutazione critica potrebbe essere il motivo per cui il programma non si diffuse immediatamente a

macchia d’olio come successe in seguito.

Nella storia del controllo di vicinato è il “Community Crime Prevention Program in Seattle”,

nato nel 1972, il programma più famoso, per due motivi fondamentali: innanzitutto perché è stato

pubblicato un rapporto completo sullo schema di applicazione utilizzato (Cirel, 1977) ed inoltre

perché riporta il primo studio statistico sugli effetti del controllo di vicinato, che come abbiamo

detto precedentemente, è necessario per una diffusione di un’applicazione come questa. Cirel,

attraverso una serie di interviste, scoprì che il reato che più spaventava i cittadini di Seattle era

quello dei furti in appartamento e in villa e intervistando le vittime cercò di capire il metodo di

azione dei criminali e scoprì che attraverso l’adozione di pochi e semplici comportamenti gli stessi

cittadini potevano contrastare efficacemente il fenomeno criminale. Fu così che venne loro spiegato

cosa e come osservare; vennero definiti dei coordinatori delle varie zone della città e si iniziò a

riportare i dati raccolti alla Polizia in modo da identificare le zone più colpite. Il progetto consisteva

in quattro tattiche fondamentali:

Incoraggiare i cittadini a reagire e segnalare alla Polizia le attività criminali;

Fornire ai cittadini i mezzi fondamentali per ritornare proprietari delle loro abitazioni

definendone i confini;

Espandere il controllo di vicinato per aumentare il campo di controllo della Polizia;

Fornire dati agli abitanti sull’efficacia ed efficienza dell’attività di controllo in modo da

motivarli a interagire con le istituzioni (Ibidem).

Questo sistema diventò famoso anche perché nacque dai cittadini e fu organizzato interamente

da loro, la Polizia Locale ebbe un ruolo di semplice collaborazione e supporto; inoltre l’analisi dei

risultati condotta dallo studioso riscosse molta popolarità perché i furti in abitazioni diminuirono del

61% in un anno.

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Il programma nato a Seattle divenne la guida per molte altre città e distretti che avevano

problemi di criminalità e i risultati e la metodologia di applicazione furono da subito pubblicati e si

sparsero per tutti gli Stati Uniti. Le città con problemi di criminalità o per paura di diventare vittime

di un aumento della criminalità iniziarono ad adottarlo, analizzandone gli effetti e pubblicizzandone

i risultati.

Uno dei primi esempi fu il distretto della Columbia a Washington DC nel 1981 dove, dal

1965 al 1980, i reati gravi denunciati alle autorità triplicarono. Le Forze dell’Ordine non

disponevano di fondi a sufficienza per attuare i programmi di sicurezza adeguati a far fronte a tali

tassi di criminalità, per questo motivo si adottò un programma di controllo di vicinato (Hening,

1984). Come nei programmi precedentemente descritti, la popolazione fu istruita ad osservare ciò

che accadeva lungo le strade e a riportare i fatti alla Polizia, furono istituiti dei corsi per informare i

cittadini e ad ogni via o quartiere fu dato un coordinatore, scelto tra i cittadini, che aveva la

funzione di tramite tra Polizia e cittadini. Periodicamente venivano fissati degli incontri tra

coordinatori e Pubblica Amministrazione, grazie ai quali l’ente locale valutava l’organizzazione e

l’operato di ogni area e dava consigli su come gestire al meglio le situazioni e i problemi che si

erano riscontrati durante l’operato (Ibidem). Grazie a questa cooperazione il programma era sempre

seguito nei suoi sviluppi dall’Amministrazione che presenziava gli incontri per far si che l’iniziativa

promossa rimanesse viva negli anni. Anche in questo caso il programma fu analizzato e furono

comparati i dati del pre con quelli del post intervento attestando una diminuzione dei furti del 25%.

Un problema fondamentale di questi programmi è che una volta ottenuti i risultati sperati il

controllo informale si abbassi, cosi facendo le opportunità criminali aumentano nuovamente e con

loro il numero dei reati (Cirel, 1977). Per questo motivo le amministrazioni dovrebbero seguire

attentamente lo sviluppo dell’iniziativa e cercare in ogni modo di mantenerla attiva, altrimenti si

corre il rischio di tornare ai livelli di criminalità di partenza come successe in molte località, dove il

programma, una volta ottenuti i benefici, fu abbandonato sia dai cittadini che dagli enti locali,

riportando così i livelli di criminalità alla fase di pre-attuazione (Bennett, 2008).

Gli studi statunitensi riportati nella tabella in seguito dimostrano che il controllo di vicinato,

nella maggior parte dei casi, ha raggiunto nel breve periodo gli obiettivi preposti. Questo sistema

venne quasi sempre adottato per contrastare il fenomeno dei furti in appartamento, di conseguenza,

in gran parte delle ricerche, le analisi statistiche sono concentrate su questo tipo di reato.

Tab. 1.2 – Rassegna studi statunitensi

N.

studio Autore Luogo Anno

Area di

controllo Risultati Diffusione benefici

Note

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si/no

1 Cirel Seattle 1975 Si -61% furti in

abitazione No, invariato

Dopo 12/18 mesi meno

effetto

2 Hulin Chicago 1978 Si -25% furti in ab. No, aumento furti

10-15%

3 Henig Washington 1982 Si -3,3 primo anno, -

12% secondo anno No

Variabili

socioeconomiche

incidono

4

Research and

Forecasts incorporated

Detroit 1983 Si -48% reati Si, -3% reati

5

Knowles,

Lesser, McKewen

Los Angeles 1983 Si -28% reati No, aumento 13%

6 Rosenbaum Chicago 1985 Si / /

Controllo di vicinato è

consuetudine da tempo

7 Latessa e Travis Cincinnati 1987 Si -11% furti in

appartamento

Si, -2% furti in

appartamento

8 Bennettt e

Lavrakas

Baltimora,

Boston, Bronx, Brooklyn,

Cleveland,

Miami, Minneapolis,

Newark,

Philadelphia e Washington

1989 Si

7 città =, 2

aumento reati, 1 diminuzione

no Risultati inattesi

Gli studi analizzati hanno tutti confrontato i risultati con un’area di controllo, grazie alla

quale si è potuto scoprire se i risultati ottenuti siano frutto del programma o se la variazione nel

numero dei reati ha ricevuto influenze di altro genere.

L’adozione di un’area di controllo consiste nel definire un’area della città sottoposta allo

studio in cui non vi sono state applicate misure preventive o di contrasto alla criminalità, in modo

da verificare se eventuali diminuzioni degli indici di criminalità sono dati dall’effettivo

funzionamento dei mezzi preventivi oppure è un normale cambiamento che coinvolge tutta la città,

la regione o il paese. L’utilizzo dell’area di controllo, se limitrofa all’area sottoposta al controllo di

vicinato, fa in modo che il ricercatore evidenzi l’eventualità di una diffusione dei benefici o di

displacement. La prima consiste nell’espansione della riduzione della criminalità alle zone vicine,

mentre il secondo effetto si riproduce nello spostamento della criminalità dalla zona interessata dal

programma alle zone circostanti (McLennan e Whitworth, 2008).

Per effettuare un’analisi scientificamente corretta sarebbe necessario utilizzare due aree di

controllo in modo da verificare prima di tutto se il trend dei reati è variato nella zona e in secondo

luogo quali effetti ha portato il programma nelle zone limitrofe, in tutti gli studi analizzati non sono

mai state utilizzate entrambe e questo evidenzia una lacuna metodologica.

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Esempio lampante dell’utilizzo di una sola area sono stati gli studi di Hening (1984): la sua

analisi voleva misurare l’efficacia del programma sulle attività criminali della zona di Washington e

se esse subivano influenze esterne. La metodologia consisteva nell’effettuare interviste telefoniche

a 25 abitanti di una zona e comparare i dati ottenuti dai residenti con quelli delle denunce raccolte

dalla Polizia; inoltre effettuò un paragone con un’area in cui il controllo di vicinato non era attivo. I

risultati sottolineavano che gli effetti positivi del programma erano concreti nei primi due anni di

intervento per poi rimanere stabili (Bennett, 1990). Il confronto con le aree in cui non vi era un

controllo attivo non diedero risultati significativi, Henig (1984) dichiarò che nel suo caso erano le

differenze socio economiche che incidevano sul numero dei reati più che la partecipazione dei

cittadini al programma. Ne conseguì che gli abitanti bianchi di classe medio alta erano i più

partecipativi ma allo stesso tempo i più vittimizzati (Ibidem). L’autore ha provato a dare una

spiegazione ai risultati delle sue ricerche affermando che la classe medio alta avrebbe un’attrattiva

criminale più alta delle classi basse e le loro abitazioni potrebbero essere dotate di meno

apparecchiature di sicurezza rispetto alle classi più agiate.

Due studi hanno sottolineato come i programmi di controllo di vicinato portino benefici anche

alle aree limitrofe: Latessa e Travis (1987) effettuarono uno studio a Cincinnati, esattamente

nell’area di College Hills, descritta come la quinta area più popolata degli Stati Uniti con 170.000

residenti. I due studiosi effettuarono un’analisi dei dati raccolti dalle Forze dell’Ordine nell’area in

cui fu attivato il controllo di vicinato, prima e dopo l’intervento, prendendo sempre come paragone

un’area di controllo. I risultati furono positivi: i furti in appartamento diminuirono dell’ 11%

nell’area sottoposta al controllo di vicinato e del 2% nell’area limitrofa utilizzata come zona di

controllo.

La diffusione dei benefici è dimostrata anche dallo studio sulla città di Detroit in Michigan

(Research and Forecasts incorporated,1983). L’analisi impiega la stessa metodologia

precedentemente utilizzata, ovvero il confronto dei dati delle denunce raccolte dalle Forze

dell’Ordine nella zona di riferimento e in quella di controllo posta a quattro miglia da quella in cui

il programma è stato attivato. I risultati riportarono che vi fu una riduzione dell’indice di criminalità

pari al 48% dove il controllo era attivo e del 3% nell’area di controllo. Questo, per gli studiosi,

dimostrava l’effettivo funzionamento del programma (Ibidem). Per indice di criminalità si intende

l’indicatore che al variare del numero dei reati e della loro gravità aumenta o diminuisce in modo

proporzionale (Transcrime, 2010).

Un limite di questi studi è legato alla lettura della diminuzione del 2% e 3% come una

diffusione di benefici, quando potrebbe essere una semplice diminuzione casuale della criminalità

in quell’area. Dunque, sarebbe stato consono effettuare ulteriori analisi su altre zone della città in

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modo da verificare se si trattava veramente di diffusione di benefici o riduzione del trend generale

dei reati.

L’effetto contrario, cioè il displacement, è avvenuto in due città riportate in analisi, Chicago e

Las Vegas. Nel 1978, a Chicago, sono stati monitorati i dati relativi alla criminalità nell’anno pre e

post intervento in quattro aree in cui il controllo di vicinato era attivo e in quattro aree limitrofe. Lo

studio fu condotto da Hulin (1979) e i risultati confermarono l’effettivo funzionamento del controllo

di vicinato. Ma, come affermato precedentemente, hanno mostrato come nelle quattro aree di

controllo i crimini sono aumentati dal 10% al 25%, creando cosi displacment.

Stesso fenomeno è stato evidenziato nello studio sulla città di Los Angeles. L’analisi si

basava sui dati raccolti dalla Polizia nei dodici mesi prima e dopo l’inizio del programma per

valutarne l’effettivo funzionamento. Nelle zone in cui il programma era attivo i reati diminuirono

del 28% , ma nelle aree di controllo ci fu un aumento del 13% dei crimini (Knowles, Lesser,

McKewen, 1983). Diversamente dalle contestazioni riportate agli studi che dimostrano la diffusione

di benefici, in queste due analisi possiamo notare quanto sia palese l’aumento della criminalità nelle

zone limitrofe e quindi è evidente come la criminalità si sia spostata. Sarebbe stato interessante

capire, come ha sottolineato Henig, quali sono le variabili che secondo gli studiosi hanno

influenzato questo spostamento e quanto è omogeneo il tessuto socio-economico dell’ambiente

studiato.

L’unica analisi statunitense che non ha confermato la teoria per la quale il controllo di

vicinato riduce i tassi di criminalità, cioè il rapporto tra il numero dei reati e la popolazione

residente nell’anno preso in considerazione, è quella effettuata da Bennettt e Lavrakas (1989), che

hanno effettuato uno studio su dieci città statunitensi: Baltimora, Boston, Bronx, Brooklyn,

Cleveland, Miami, Minneapolis, Newark, Philadelphia e Washington.

I due studiosi hanno effettuato due tipi di analisi: prima di tutto hanno intervistato gli abitanti

delle città sopra elencate, stabilendo un’area di controllo per ognuna di esse, per effettuare dei

paragoni con i risultati ottenuti; in secondo luogo sono stati monitorati mensilmente i tassi di

criminalità e confrontati con aree di controllo precedentemente definite. I risultati mostrarono che

per sette città su dieci i dati rimasero uguali, in due città i reati aumentarono nelle aree in cui il

programma era attivo e in una sola città si raggiunsero gli obbiettivi per i quali il programma era

nato. Il commento finale dei due studiosi fu che non erano stati raggiunti i risultati sperati senza

tuttavia approfondire i fattori che potrebbero aver inciso sulla mancata efficacia (Ibidem). È

probabile che in città con densità abitativa molto elevata, cioè un alto numero di cittadini per km², il

controllo di vicinato sia più difficile da adottare perché i rapporti possono risultare meno

confidenziali e quindi ci può essere meno coesione sociale. Inoltre in quest’ultimo studio non viene

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descritta la metodologia di implementazione e il fallimento potrebbe essere dettato anche da una

metodologia sbagliata, poco pubblicizzata o inadatta al contesto.

A Chicago viene sperimentato uno studio innovativo sul controllo di vicinato, che dimostra

come in venti anni questo programma sia diventato consuetudine e sia entrato a far parte del senso

comune. I cittadini vengono intervistati nel pre e nel post intervento con lo scopo di capire il

comportamento delle persone nella protezione del proprio vicinato (Rosenbaum, 1985). Gli abitanti

intervistati nel pre intervento sono 3357, mentre nel post intervento 2824. I risultati sottolineano

un’omogeneità di comportamento sia nelle zone in cui il controllo è attivo, sia ove il controllo non è

attivo. Tutte le persone dichiarano che è normale controllare la propria casa e le case circostanti,

chiamare i vicini per nome ed essere in buoni rapporti con loro e, soprattutto, avvisare la Polizia in

caso di comportamenti sospetti. Tutti i cittadini, partecipanti e non, ritengono sia un comportamento

normale e socialmente efficiente quello di controllare ciò che accade fuori dalle proprie mura. I

risultati ottenuti sono quindi molto simili tra le aree in cui il controllo di vicinato è attivo e quelle in

cui non è attivo, questo dimostra quanto in poco tempo il programma sia diventato una

consuetudine e sia entrato nella cultura della società statuninense, di conseguenza gli enti locali non

hanno più la necessità di istituzionalizzarlo e promuoverlo (Ibidem).

Sherman (1997) riporta in un’analisi della letteratura gli ultimi due studi qui considerati, cioè

quello di Bennett e Lavrakas(1989) e quello di Rosenbaum (1985), affermando che il controllo di

vicinato è di facile applicazione nelle zone in cui la società è coesa ma è di difficile applicazione nei

luoghi in cui i cittadini sono disgregati e quindi non vi è fiducia reciproca, questo avviene

solitamente nelle aree più popolate dove è complesso conoscere tutti i propri vicini di casa.

Un’ulteriore motivazione che fa si che i vicini non si integrino tra loro, secondo l’autore (Ibidem), è

l’alto tasso di criminalità perché può essere sia un motivo per i cittadini di diventare più coesi e

contrastare la criminalità insieme, attraverso le community policing, sia un motivo di disgregazione

perché le persone hanno paura e pensano solo ai propri beni senza tutelare quelli degli altri,

riducendo il senso di proprietà dal quartiere all’abitazione (Skogan, 1990). Per questo motivo negli

studi riportati non sono stati raggiunti gli obiettivi preposti e Sherman (1997) dichiara che il

controllo del vicinato risulta assolutamente inefficace (Ibidem). A queste conclusioni può essere

contestato il fatto che, nelle città non riportate nel precedente studio, il controllo di vicinato ha

funzionato, ma possiamo essere d’accordo che la componente coesione-aggregazione sociale giochi

un ruolo fondamentale nell’applicazione di questa misura preventiva di sicurezza (Bennett, 2007) e

che il livello di criminalità di partenza sia un fattore da tenere in considerazione nel momento in cui

si applica il programma (Laycock e Tilley, 1995).

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1.2.2 Prime implementazioni e ricerche britanniche

Il controllo di vicinato ha subito una rapida espansione tanto che, negli anni ’80, vennero

pubblicati i primi manuali riguardanti questa mezzo di prevenzione anche in Inghilterra (Delaney,

1983). In Gran Bretagna il primo fenomeno ricollegabile al controllo di vicinato era denominato

“Good Neighbourhood can Prevent Crime” messo in atto dalla Polizia Metropolitana già nel 1943,

che promuoveva una serie di comportamenti che il cittadino poteva adottare per favorire le attività

della Polizia (Turner e Barker, 1983).

Alcuni studiosi statunitensi, però, rimasero fermamente convinti che il vecchio programma

non abbia avuto nulla a che vedere con il controllo di vicinato applicato in Inghilterra negli anni

’80, perché quest’ultimo adottava gli schemi del fenomeno statunitense, dando cosi adito all’idea

che il programma sia nato esclusivamente nel nuovo continente e poi esportato negli altri paesi

anglosassoni (Bennett, 1990).

Il primo prototipo di programma inglese nacque nell’ottobre del 1981 nella contea di Devon,

dove la Polizia della Cornovaglia lanciò quello che poi venne studiato come il punto di partenza del

controllo di vicinato, cioè il “Neighbourhood against Burglary “ (NAB) (Delaney, 1983). Il

programma conteneva dieci elementi fondamentali:

Combattere i furti in appartamento;

Spostare l’enfasi della cattura dei criminali dalla Polizia alla comunità;

Avvertire la comunità della probabilità di subire furti e incoraggiarla ad installare misure di

sicurezza per proteggere meglio la propria abitazione;

Incoraggiare la catalogazione dei propri oggetti di valore;

Incoraggiare la comunità ad avvertire immediatamente l’autorità di eventuali attività

sospette;

Incoraggiare la comunità a controllare le case dei propri vicini e la propria strada;

Abituare la comunità alla mentalità della sicurezza;

Mettere tutte le comunità in relazione tra loro;

Creare un clima di collaborazione che porti i cittadini a raggiungere lo stesso scopo;

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Incoraggiare gli abitanti ad agire come un membro del NAB (Devon and Cornwall

Constabulary, 1981).

In molti di questi elementi troviamo caratteristiche similari al controllo di vicinato nato in

Stati Uniti ma c’è una differenza sostanziale: i programmi statunitensi vengono attivati e mantenuti

attivi dai promotori negli anni, in modo da evitare un ritorno dei livelli criminali del pre intervento,

mentre questo programma inglese è stato mantenuto e promosso per un tempo veramente limitato di

sole due settimane (Bennett, 1990).

Un programma molto simile a quello nato nella contea di Devon fu quello promosso dalla

Polizia dell’Hampshire nel 1978 che prese il nome di “Home Watch”, anche questa iniziativa fu

promossa per sole quattro settimane. I cinque punti fondamentali da mettere in atto furono:

Installare misure di sicurezza su ogni casa;

Installare serrature resistenti alla forzatura su ogni finestra e porta esterna;

Non lasciare segni di abbandono della casa, come ad esempio il ritiro della posta da parte

del vicino di casa;

Coinvolgere i vicini nella protezione reciproca;

Abituare gli abitanti alla cultura della sicurezza.

Questi due programmi vengono considerati incompleti dal mondo scientifico, il motivo

fondamentale risulta essere la loro brevissima durata, questa non ha dato modo di analizzarne gli

effetti (Bennett, 1990) e proprio per questa ragione, come dicevamo inizialmente, sono stati

considerati la base da cui è partito il fenomeno, perché hanno fornito una struttura ritenuta efficiente

la cui unica lacuna era il tempo.

Uno dei primi progetti completi di controllo di vicinato, in quanto duraturo, è stato

implementato a Mollington nel Cheshire nel 1982; i cittadini si riunirono in piccole associazioni per

contrastare il fenomeno dei furti in appartamento, esportando l’idea dalle iniziativa nate negli Stati

Uniti. All’inizio il dibattito fra cittadinanza e Polizia fu molto acceso, perché i furti risultavano

essere solamente dodici in tutta la città nel 1981 e sette nei sei mesi antecedenti l’inizio del

programma del 1982, ma i cittadini non lamentavano il numero dei furti, bensì la loro entità

economica e pretendevano che la Polizia prendesse provvedimenti immediati. Il problema

dell’Amministrazione locale era quello di non poter assumere ulteriori agenti quindi si mise in atto

un programma di controllo di vicinato simile a quelli nati negli Stati Uniti (Anderton, 1985). Il

dibattito avvenuto in questo caso è molto interessante perché ci fa capire quanto la percezione della

sicurezza fosse importante anche allora e la mancanza di fondi dell’Amministrazione pubblica

possa essere colmata dalle Community Policing. L’iniziativa prevedeva che i cittadini diventassero

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le “antenne” delle Forze dell’Ordine (Bennett, 2008) e riportassero ad essa tutte le attività sospette;

dovevano inoltre prendere provvedimenti per delimitare la loro proprietà e aumentare i sistemi di

sicurezza su porte e finestre. Lo schema fu subito messo in atto nella città di Mollington e ottenne

una riduzione dei furti dell’89% e fu cosi lentamente applicato in tutte le cittadine presenti nella

contea (Anderton, 1985).

Nel 1983, a Kingsdown nella contea di Bristol, fu lanciato un programma completo di

controllo di vicinato promosso dalla Polizia dopo la scoperta di una concentrazione di attività

criminali nei paesi limitrofi. Le Forze dell’Ordine non volevano che tale concentrazione si

espandesse nella città di Kingsdown, per questo attivarono, come mezzo di prevenzione, il controllo

di vicinato. (Veater, 1984). Il programma comprendeva:

Controllo di vicinato;

Reclutamento di unità speciali di civili;

Pattugliamento a piedi;

Campagna di promozione sulla sicurezza domestica;

Delimitare i propri confini (Ibidem).

L’iniziativa fu promossa con l’invio di una lettere ad ogni cittadino con i punti sopra riportati

e una richiesta di volontari che ricoprissero la posizione di coordinatori o volessero entrare a far

parte di unità di controllo speciali. Inoltre, allegato alla lettera, fu inviato un questionario di

vittimizzazione per definire il numero di vittime di reato presenti nella cittadina e definire quali

fossero le zone della città più colpite. Questo schema fu il primo ad essere studiato scientificamente

e portò una riduzione del 9% dell’indice di criminalità nel primo anno di applicazione.

Nel 1982 il controllo di vicinato viene proposto a Londra, dal Commissario della Polizia, per

contrastare il fenomeno dei furti e altri tipi di reati che colpiscono i cittadini e le loro proprietà

(Bennett, 1990). La proposta venne subito pubblicata sul “The Times” e venne attivata nel

Settembre del 1983 con il nome di “Neighbourhood watch and Property Marking schemes”, per la

prima volta il programma di controllo di vicinato è stato pubblicizzato da tutti i media

(Metropolitan Police, 1983). Lo schema era deducibilmente ispirato ai programmi utilizzati negli

Stati Uniti anche il nome era un chiaro riferimento al Big three elaborato da Titus (1984) ed è

composto da quattro parti fondamentali:

Controllo di vicinato, cioè un network di cittadini che sorvegliano e controllano le vie della

città e riportano comportamenti sospetti;

Protezione e definizione della proprietà privata;

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Sondaggi sulla sicurezza domestica condotti dalla Polizia che istruisce gli abitanti su come

diminuire la possibilità che la propria abitazione subisca crimini;

Corsi che aumentano la consapevolezza del tipo e del numero dei crimini presenti nella

propria zona.

Il controllo di vicinato, in questo caso, è stato organizzato dalle Forze dell’Ordine e per

l’implementazione del programma sono stati selezionati un gruppo di cittadini volontari,

provenienti dalle diverse zone della città, aventi la funzione di promotori dell’iniziativa nelle loro

zone di residenza. Il loro compito era bilaterale, da un lato dovevano riferire eventuali situazioni di

degrado o insicurezza dei cittadini alla Polizia, dall’altro dovevano coinvolgere gli abitanti nelle

iniziative promosse dagli enti locali per il contrasto dei crimini (Newman, 1984), inoltre le Forze

dell’Ordine si impegnavano a comunicare ai coordinatori le statistiche relative alla criminalità

dell’area annualmente in modo tale che questi potessero diffondere i risultati. Questa iniziativa fu

studiata in modo meticoloso e oltre ad un calo dei furti in abitazione del 5% fu riscontrato anche un

aumento di delle qualità della vita.

Nel 1983, le amministrazioni del Galles del Sud iniziarono a promuovere i programmi di

controllo di vicinato in tutta la contea e così accadde in tutta la Gran Bretagna dove i programmi

subirono una rapida espansione territoriale fino a diventare una consuetudine; nel 2000 erano attivi

155.000 programmi e la partecipazione era passata dal 14% dei cittadini nel 1988 al 27% nel 2000

(Sims, 2001).

Tab. 1.3 - Rassegna studi Britannici

N.

studio Autore Luogo Anno

Area di controllo

si/no

Risultati Diffusione

benefici

Note

9 Veater Kingsdown 1983 si -9% indice di

criminalità

No, aumento

indice

criminalità

10 O’Leary e Wood Stafford 1984 no -74% / No merito progr.

11 Northamptonshire

police Northampton 1985 no -2/4% /

9%partecipazione

12 Anderton Cheshire, Mollington 1985 no -89% /

13 Jenkins e Latimer Merseyside 1987 no In media -6%

in tre aree /

Dati quarta area non

pubblicati

14 Forrester, Chatterton e

Pease Kirkholt, Manchester 1988 si -38% No

15 Husain

Birgmingham,

Brighton, Burnley,

Manchester, Preston e Sutton Coldfield

1990 si Tre città - ,

altre tre = No

16 Bennett Londra 1990 si -5% furti in

ab. no

Migliore qualità di vita

17 Matthews e Trickley Matthews e Trickley, 1994 si Primo anno -, no Abbandono del

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Leichester secondo anno

+12%

programma dopo

primo anno

18 Tilley e Webb

Birmingham,

Bradford, Hull,

Nottingham, Rochdale, Sunderland, Tower

Hamlets and

Wolverhampton

1994 si -40% indice di criminalità

Si, -10%

indice di

criminalità

Pubblicano i risultati

di 3 città su 8

Parallelamente alla diffusione sul territorio inglese vengono effettuati gli studi sull’efficienza

dei programmi. Quasi tutte le analisi attestano una riduzione dei tassi di criminalità, anche se

contrariamente a quanto avvenne negli Stati Uniti dove gli studiosi utilizzarono sempre il confronto

con un’area di controllo, gli studi inglesi non effettuarono sempre il confronto, lasciando in questo

modo la lettura dei dati in modo biunivoco, facendo così permanere il dubbio che la riduzione dei

tassi sia dovuta ad un abbassamento dei trend generali nelle città inglesi piuttosto che

all’applicazione del controllo di vicinato. In molti casi, inoltre, gli studiosi, non hanno spiegato il

motivo dell’efficacia del controllo di vicinato riportando solo i dati statistici e come, abbiamo

sottolineato, in precedenza manca un’analisi delle variabili che hanno influenzato positivamente o

negativamente gli schemi (Laycock, 2002).

Nello studio effettuato da O’Leary e Wood (1984) sulla città di Stafford non fu utilizzata

l’area di controllo e la partecipazione fu veramente limitata, nonostante questo i risultati furono

positivi. I due studiosi compararono i dati raccolti dalla Polizia nei sette mesi prima e nei mesi

durante l’intervento e i risultati ottenuti dimostrano che i crimini denunciati sono diminuiti del 74%.

Tuttavia, secondo gli autori questi dati non poteva lasciar presagire che il merito sia interamente del

controllo di vicinato, perché, secondo le interviste, la partecipazione della cittadinanza è stata

limitata (circa il 4%). Questo fece pensare che i crimini diminuirono spontaneamente senza subire

gli effetti del programma messo in atto, oppure la criminalità potrebbe aver subito uno spostamento

nelle zone limitrofe. Il problema della ricerca è stato che non essendo presente un’area di controllo

nello studio o un analisi più approfondita possiamo solo stilare alcune ipotesi senza avere dati certi

sui fattori che hanno influenzato il tasso di criminalità.

Un'altra ricerca che ha ottenuto dati positivi, ma non presenta un’area di controllo, è quella

nel riguardante la contea di Cheshire, a Mollington. Qui venne effettuato uno studio sui dati raccolti

dalle Forze dell’Ordine nei diciotto mesi prima dell’intervento e durante i trenta mesi di

implementazione (Anderton, 1985). I dati analizzati sottolinearono come questo sistema sia stato

estremamente efficace, visto che i furti in appartamento passarono da 19 a 2, ma come abbiamo

sottolineato prima, non avendo ulteriori dati non si è stati in grado di verificare se l’efficacia è

riconducibileal controllo di vicinato o ad altri fattori.

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A Northampton, invece, è stata effettuata un’analisi statistica dei dati raccolti dalle Forze

dell’Ordine nei dodici mesi pre e post intervento in due diverse aree, entrambe con il controllo di

vicinato attivo (Northamptonshire Police,1985). I risultati dimostrarono che i crimini denunciati

diminuirono lievemente nella prima area mentre nella seconda la riduzione era nulla, infatti, nella

prima area, le denunce passarono da 541 a 521, mentre nella seconda da 204 a 202. I dati non

godono di molta fiducia nel mondo scientifico, sia perché sono stati stilati dalla Polizia che ha

interesse a dimostrare che programma funzione, sia perché non vi è un’area di controllo che

dimostra l’efficacia della procedura (Bennett, 1990). Un aspetto che non venne sottolineato

nell’analisi delle Forze dell’Ordine, è che i furti in abitazione aumentarono quando, solitamente,

sono la prima tipologia di crimine a diminuire, in quanto il controllo di vicinato è rivolto soprattutto

ad essi. Infatti, gli studiosi, ci hanno fatto notare come questo tipo di reato sia passato da 93 a 108

nella prima area e da 14 a 30 nella seconda. Questo può essere spiegato anche dalla bassa

partecipazione dei cittadini, che la Polizia definì essere solo del 9%.

Un ulteriore studio, effettuato senza il confronto con un’area di controllo, ma paragonando

quattro zone differenti, è stato quello del 1987 (Jenkins e Latimer) a Merseyside, dove vennero

analizzati i dati raccolti dalla Forze dell’Ordine nei dodici mesi prima dell’intervento e nei dodici

mesi posteriori all’implementazione del controllo di vicinato. I risultati furono positivi per tre aree

su quattro, in quanto l’indice di criminalità passò dal 13% al 10%, dal 19,5% al 5% e dal 9% allo

0%. Queste percentuali, però, sono state calcolate sul numero delle abitazioni e non degli abitanti

per questo risultano elevate (Bennett, 1990).

In un secondo momento, sono stati analizzati i soli furti in appartamento rilevando un calo

dell’ 1% nella prima area, del 14% nella seconda e del 4% nella terza. I risultati della quarta zona

non sono stati riportati nello studio facendo presagire che l’implementazione del controllo di

vicinato non è sempre efficace, senza darci spiegazioni su quali fattori possano aver inciso sul

mancato funzionamento del programma, questo errore fa si che non si possano sottolineare le

lacune in modo da poterle colmare nelle future implementazioni.

Questa mancanza è riscontrabile anche nell’analisi effettuata da Husain (1990), il quale valutò

l’effettivo miglioramento dopo l’applicazione del controllo di vicinato in sei città inglesi:

Birgmingham, Brighton, Burnley, Manchester, Preston e Sutton Coldfield. Lo studio si basava sui

dati rilevati dalle denuncie rilasciate alle forze di Polizia nell’anno prima e dopo l’intervento in

zone in cui il programma era attivo e in altre zone di controllo. Husain (1990) affermò che solo in

tre città su sei vi fuun effettivo miglioramento, mentre nelle altre tre la situazione restò invariata,

senza fornirci le possibili spiegazioni di questa inefficienza.

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Matthews e Trickley (1994) effettuarono due analisi nell’area di New Parks in Leicester, in

entrambe compararono la zona di intervento e altre non sottoposte al controllo di vicinato. Nel

primo studio, effettuato durante il primo anno di implementazione, rilevarono un concreto

funzionamento; nel secondo anno, oggetto del secondo studio, evidenziarono un aumento

dell’indice di criminalità che passò dal 12% al 24% nelle diverse aree sottoposte al controllo di

vicinato. In questa analisi, si riscontrò un problema già evidenziato nelle ricerche statunitensi,

ovvero che il controllo di vicinato funziona fino a quando si raggiungono gli obiettivi preposti,

dopodiché, la cittadinanza, non essendo più motivata e non prestando più la dovuta attenzione alla

criminalità, torna ad un comportamento di non controllo (Bennett, 2008).

Altri risultati positivi provengono dagli studi di Veater (1984) che effettuò un’analisi su

Kingsdown, nella contea di Bristol, basandosi sulla comparazione di una serie di questionari di

vittimizzazione somministrati nel 1983, prima del controllo di vicinato, e un anno dopo nel 1984.

Per i fini della ricerca venne anche definita un’area di controllo per definire se il controllo di

vicinato incideva realmente sui comportamenti criminali e se questa politica potesse creare

displacement. I risultati dello studio riportarono che l’indice di criminalità passò dal 25% al 16%, il

tasso di vittimizzazione aumentò del 3% , probabilmente perché la cittadinanza era più attenta a ciò

che accadeva e quindi le segnalazioni aumentarono (Ibidem). Si dimostrò, inoltre, una lieve

diminuzione della paura della criminalità, perché il timore di lasciare la propria abitazione

abbandonata passò dal 57% al 50% mentre quello di subire un furto d’auto passo dal 78% al 77%. I

risultati provenienti dall’area di controllo lasciarono presagire che il controllo di vicinato crei

displacement poichè l’indice di criminalità nell’area aumentò.

Risultati promettenti furono riscontrati in uno studio a Kirkholt, una città a pochi chilometri

da Manchester (Forrester, Chatterton e Pease, 1988), in cui il programma nacque per far fronte

all’aumento dei furti in appartamento, come in molte altre città analizzate. Venne effettuato un pre

test e un post test e si notò che, durante l’applicazione del progetto, i furti diminuirono del 38%

nella zona in cui era attivo, mentre, nell’area di controllo, rimasero uguali, dimostrando l’effettivo

funzionamento del controllo di vicinato. Gli autori sottolinearono che, oltre al “Big Three”(Titus,

1984), fu utilizzato il sistema del controllo a piedi da parte di alcune associazioni civili, questo fa si

che la sorveglianza informale aumenti così come il livello di sicurezza percepita.

Nel 1994, Tilley e Webb hanno condotto uno studio sui dati ottenuti da undici aree, in cui il

programma era attivo, presenti in otto città: Birmingham, Bradford, Hull, Nottingham, Rochdale,

Sunderland, Tower Hamlets and Wolverhampton. I valori sono stati confrontati con undici aree di

controllo limitrofe in modo da evidenziare eventuali situazioni di displacement o diffusioni di

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benefici. Gli autori hanno pubblicato i risultati di tre degli undici settori studiati, perché

consideravano i dati ottenuti delle otto aree escluse, irreali, essendo le diminuzioni troppo elevate.

erano convinti che la Polizia, da cui provengono i dati, li avesse in qualche modo modificati per

farli risultare positivi(Ibidem). In tutti i tre settori pubblicati i furti in abitazione subivano un netto

ridimensionamento del 40% e le aree di controllo una diminuzione del 10%. Gli autori ritenevano

che il controllo di vicinato fosse un utile mezzo di prevenzione di determinati tipi di reato: oltre ai

furti in abitazione può incidere su vandalismo, microcriminalità e danneggiamenti (Ibidem).

Gli effetti del controllo di vicinato furono studiati anche a Londra, in modo molto più

approfondito, dall’Istituto di Criminologia della Città. Si scelse una metodologia semisperimentale

per misurare l’efficienza del programma. In un primo momento, furono effettuate interviste nel pre

e nel post intervento in aree in cui il controllo di vicinato era attivo e in un’area di controllo in cui il

controllo non era attivo, per dare un maggior rilievo all’analisi si decise di effettuare l’intervista ad

almeno il 50% delle persone già intervistate nel pre test (Bennett, 1990). Lo scopo era quello di

misurare gli effetti ed accertarsi di eventuali situazioni di displacement come nelle ricerche a Seattle

(Cirel, 1977) e Bristol (Veater, 1984). Per fare in modo che la metodologia fornisse dati

rappresentativi si intervistarono tremila persone. Furono ben definite le zone in cui il controllo di

vicinato era attivo e le zone in cui non era attivo, in modo da poter separare i risultati provenienti da

ogni zona e compararli con le zone limitrofi. Inoltre, furono analizzati i dati provenienti dalle

denuncie alle Forze dell’Ordine, questi dimostrarono che sia nella zona di controllo sia in quella

nella quale il controllo di vicinato era attivo i reati, nei due anni seguenti l’applicazione, erano

diminuiti rispettivamente del 2,6% e del 1,4%.

Un dato curioso rilevato dallo studio effettuato, come detto precedentemente, è stato che i

furti in appartamento erano diminuiti di circa cinque punti percentuali, quindi l’autore dichiarava

che il controllo di vicinato incide più che altro su questo tipo di delinquenza (Bennett,1990). In

secondo luogo è stata effettuata un’analisi riguardante la sensazione dei cittadini nei confronti della

percezione della criminalità e dei livelli di sicurezza nella zona abitativa. Il ricercatore analizzò in

dettaglio i cambiamenti nelle abitudini dei cittadini dall’inizio del programma, cioè: la paura di

vittimizzazione, la probabilità di subire reati, soddisfazione e coesione sociale, grado di

partecipazione nel progetto, valutazione delle Forze dell’Ordine e rapporti tra abitanti e Polizia. I

risultati ottenuti furono contrastanti, perché nonostante i dati statistici rivelarono che non vi furono

sostanziali decrementi dei tassi di criminalità e i cittadini non implementarono i sistemi di sicurezza

domestica, la percezione della sicurezza era aumentata; è possibile che il controllo di vicinato, in

questo caso, abbia inciso più sulla percezione che sulla sicurezza che sul trend generale dei reati.

Bennett (1990), infatti, riportando i risultati del suo studio, fece notare che attraverso l’applicazione

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del programma la qualità della vita dei cittadini, soprattutto delle donne, migliorò perché si

sentivano più sicure e sapevano che qualcuno (i vicini) vegliava su di loro (Ibidem).

1.2.3 Prime implementazioni e ricerche in altri paesi anglosassoni

I programmi di controllo di vicinato non sono stati istituiti solo negli Stati Uniti e Gran

Bretagna, in quanto si hanno informazioni certe dell’attuazione di questo sistema anche in

Australia, Canada e Irlanda; diversamente da quanto analizzato fino ad ora questi studi sottolineano

quali effetti ha portato il programma motivandoli e dando quindi spiegazioni sull’efficienza di un

intervento di questo tipo e su quali elementi insistere per ottenere risultati positivi.

Tab. 1.4 - Rassegna studi Australia, Canada e Irlanda del Nord

N.

studio Autore Luogo Anno

Area di

controllo si/no Risultati

Diffusione

benefici

Note

19 Mukherjee e

Wilson

Australia -

Victoria 1987 si

-16%Primo anno e -

30% Secondo anno No

Salvati 6 Milioni di Dollari Aus

20 Lowmann Canada -

Vancouver 1983 si -33% reati No

/

21 Worrell Canada –

Thunder Bay 1984 / -68% reati /

Migliorato rapporti FdO e cittadini

22 Social and Market

Research Irlanda del Nord 2007 si positivi No

Migliore qualità della vita

Wilson (1987) iniziarono l’implementazione e lo studio nel 1984, nella città australiana di

Victoria, dove venne promosso il controllo di vicinato per affrontare il problema della criminalità e

dell’insicurezza, considerando che le denunce triplicarono nel giro di pochi anni e i cittadini erano

spaventati dalle continue rapine, violenze (anche sessuali) e furti, soprattutto in appartamento che

rappresentavano il 60% del totale dei reati (Mukherjee e Wilson, 1987). Visti i dati allarmanti si

cercò un metodo per aumentare la sicurezza dei cittadini partendo proprio da un programma di

controllo di vicinato, volto alla sensibilizzazione degli abitanti e alla loro partecipazione alle attività

di indagine e osservazione della Polizia. Il punto focale del progetto fu l’interazione tra cittadini, e

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tra questi ultimi con le Forze dell’Ordine; fu illustrato quali fossero le problematiche della zona di

residenza, cosa osservare e come aumentare le misure di sicurezza domestica in modo da prevenire

comportamenti criminali sempre riducendone le opportunità. Il programma presentato

dall’Amministrazione Pubblica prevedeva la suddivisione dello stato di Victoria in sedici parti,

ognuna con al suo interno un distretto di Polizia coadiuvato da un agente. Data la dimensione

dell’area interessata l’incaricato doveva selezionare dai due ai quattro cittadini coordinatori che lo

avrebbero aiutato nell’introdurre l’iniziativa a tutta la popolazione (Ibidem). Gli agenti a capo di

ogni distretto organizzavano corsi aperti per tutti i cittadini con cadenza regolare, in modo che la

popolazione partecipasse attivamente alla sicurezza della propria area (Ibidem).

Per dar vita ad ogni programma, erano necessarie almeno cinquanta lettere di adesione da

parte degli abitanti. Ogni distretto fu suddiviso dalle venti alle trentacinque aree, comprendenti

ognuna dalle seicento alle novecento abitazioni. A capo di ogni area vi era un comitato di quartiere,

in questo modo si cercò di responsabilizzare la popolazione coinvolgendola nell’organizzazione del

programma.

Il programma è stato valutato attraverso un’analisi statistica della variazione percentuale dei

furti in appartamento dal pre al post intervento, è stato il primo studio statistico e continuativo

australiano sul controllo di vicinato. I due autori affermarono che nel 1985, i furti in appartamento

sono diminuiti del 16,04%, nel 1986 i furti diminuirono ulteriormente del 30%. L’effetto del

programma venne pubblicizzato, e venne stimata la somma “salvata” dai cittadini: sei milioni di

dollari australiani. Per la prima volta gli studiosi nell’analisi misero in dubbio l’efficienza del

programma affermando che non si poteva sapere con certezza se ad influire sui tassi della

criminalità fosse stato questo programma ma fanno notare come il controllo di vicinato fu l’unico

cambiamento nell’intera area, anche perché, grazie agli studi effettuati fino ad allora, tutti i

programmi di controllo di vicinato organizzati in modo strutturato e metodologico ottennero i

risultati sperati nella riduzione dei tassi di criminalità, soprattutto sui tassi di furti in appartamento

(Ibidem). Lo studio ha definito che il controllo di vicinato non creò displacement, le attività

criminali si ridussero in tutte le zone in cui il programma era attivo e rimasero invariate nelle zone

in cui non era ancora attivo, quindi anche il trend di criminalità rimase stabile. I due studiosi hanno

reso noto che l’importanza e l’efficienza di questo tipo di politica partecipativa resta tale nel

momento in cui i legami sociali e inter-istituzionali restano vivi, le informazioni ottenute vanno

continuamente scambiate e i risultati vanno migliorati. Altrimenti si corre il rischio, come nei

precedenti studi inglesi e statunitensi, che l’efficienza e l’efficacia resti stabile per qualche anno per

poi tornare ai livelli di criminalità di partenza.

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Anche in Canada, come in tutti gli altri paesi anglosassoni si utilizzò il controllo informale per

contrastare le attività criminali che colpivano i cittadini e le loro abitazioni. Visti i risultati ottenuti

negli Stati Uniti ed Inghilterra, si promossero i primi programmi negli anni ottanta e, di

conseguenza, si svolsero alcuni studi alcuni anni dopo.

Lowmann (1983) ha effettuato uno studio sul controllo di vicinato in Canada, prendendo

come area di studio la città di Vancouver. Come in molte altre analisi la metodologia usata è la

stessa, cioè vengono raccolti i dati rilevati dalle Forze dell’Ordine nell’anno prima e dopo

l’implementazione del programma e comparati con un’area di controllo. I risultati ottenuti furono

positivi perché venne registrato un calo del 33% dei reati nell’area sottoposta al programma, mentre

nell’area di confronto i tassi rimangono invariati confermando così che non c’è né uno spostamento

della criminalità né una variazione dei trend dei reati come nello studio australiano. L’unica lacuna

che possiamo evidenziare in questa analisi è che la mancanza di un approfondimento delle variabili

che hanno influenzato gli effetti, tuttavia resta una delle più approfondite dal punto di vista dei

risultati ottenuti.

Ulteriore studio Canadese fu effettuato a Thunder Bay (Worrell,1984), dove attraverso

un’indagine di vittimizzazione si misurò il tasso di furti in appartamento prima e dopo

l’implementazione del controllo di vicinato. I risultati resi noti dimostrarono che il programma

aveva funzionato, i tassi diminuirono del 67,7%. Inversamente proporzionale fu l’aumento della

percentuale di reati subiti denunciati, questo significa che il programma è servito anche a migliorare

i rapporti e soprattutto la fiducia nelle Forze dell’Ordine da parte dei cittadini (Ibidem). Gli studiosi

rilevarono anche un miglioramento nei tempi di denuncia, infatti, prima dell’implementazione gli

abitanti erano portati a denunciare maggiormente il giorno successivo l’aver subito il reato, con

l’applicazione del programma la maggior parte delle persone effettuava la denuncia nelle prime ore

successive, necessità fondamentale per una buona riuscita delle indagini. Questo studio è stato il

primo che oltre a studiare i tassi di criminalità prova a valutare il livello di coesione, chiedendo agli

abitanti informazioni sui loro vicini di casa. Dai risultati emersi fu evidenziato come la coesione e la

conoscenza reciproca aumentò sostanzialmente grazie alla promozione del programma.

Una delle più recenti ricerche riguardanti il controllo di vicinato è stata effettuata dal “Social

and Market Research” in collaborazione con la Polizia dell’Irlanda del Nord sui programmi attivi

nella nazione. Dal 2004, dopo aver effettuato una revisione degli studi effettuati in Inghilterra e

Stati Uniti, si decise di promuovere l’iniziativa anche nell’Irlanda del Nord. Gli obiettivi

dell’iniziativa furono:

L’aumento della sensazione di sicurezza

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Le prevenzione contro la criminalità e i fenomeni devianti

Migliore coesione sociali

Un miglior rapporto tra cittadini e Forze dell’Ordine.

Nel promuovere l’iniziativa si cercò di sensibilizzare e responsabilizzare i cittadini nel

contrasto alla criminalità, attraverso la comunicazione con le Forze di Polizia e la segnalazione di

eventi sospetti al coordinatore della zona. Lo studio coinvolse 700 delle persone che risiedevano

nelle zone in cui il programma era attivo, a cui furono effettuate delle interviste. Furono intervistate

anche le 286 persone che promossero l’iniziativa, vennero effettuati nove focus group nelle aree

interessate e vennero intervistati i coordinatori di ogni area. Venne stabilita un’area di controllo per

evidenziare eventuali differenze. Lo studio venne pubblicato nel 2007 ed evidenziò un maggiore

sentimento di sicurezza nelle aree in cui il programma era attivo (mediamente maggiore del 10%) e

si riscontrava che la qualità della vita era migliorata, visti i rapporti di vicinato. Gli abitati delle

zone sottoposte al controllo di vicinato avevano una maggior fiducia nelle Forze dell’Ordine, questo

è stato dimostrato dal fatto che l’80% delle persone denuncia i crimini subiti alla Polizia. Il 51%

degli intervistati dichiarò che la qualità della propria vita migliorò da quando è stato attivato il

programma e hanno avuto maggiore supporto umano in caso di bisogno. Anche dalle interviste ai

promotori si evincono risultati positivi, come la partecipazione nelle attività promosse, l’interesse

dei cittadini nel fare del loro meglio per la comunità e la partecipazione delle Forze dell’Ordine

negli incontri con i cittadini. Infine i focus group hanno evidenziato una maggiore attenzione delle

persone nelle attività dei passanti, che non comprendono solo le attività sospette ma anche semplici

comportamenti che inquinano o danneggiano l’area di residenza, e una maggior fiducia nella

Polizia. Questi fattori aiutano la comunità ad essere più unita, auto-tutelandosi dai comportamenti

criminali e anti-sociali in modo partecipativo ma senza mai correre pericoli per la propria persona

(Bennett, 2008).

1.3 Metodologia di implementazione odierna

Il controllo di vicinato, nell’arco di trent’anni, è divenuto una consuetudine nei paesi

anglosassoni, tant’è che gli studi sull’efficienza del programma sono sempre più rari (Lockyer,

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2001). Il merito della diffusione è sia della comunità, che con il passare del tempo ha capito come

essere un membro attivo nei programmi di prevenzione e quindi partecipare ai programmi di

sicurezza, sia della Polizia, che a distanza di anni continua a riferire ai cittadini gli accadimenti

criminosi che avvengono nelle diverse aree, senza creare allarme sociale (Sacramento County

Sheriff Department, 2011). Data la situazione attuale, nei paesi in cui i programmi risultano attivi

da tempo è difficile analizzare gli effetti che il controllo di vicinato produce, per questo ci si limita a

mantenere attivo lo scambio di informazioni e di conseguenza non si sa con certezza se il controllo

di vicinato influenzi l’andamento dei reati o meno vista l’assenza di studi sistematici (Bennett,

2008).

Per la diffusione delle informazioni, spesso, viene utilizzato internet, come nel caso della

Polizia dell’Hampshire (http://www.hampshire.police.uk/Internet/stats/) dove vengono pubblicate le

statistiche della criminalità annualmente, riportando: il numero dei reati denunciati, da chi (se

cittadino o direttamente dalla Polizia) e la variazione percentuale dall’anno precedente. In questo

modo la popolazione è stimolata ad impegnarsi costantemente e gli viene dato modo di identificare i

reati a cui occorre porre una maggiore attenzione.

Inoltre, vengono pubblicate sui media locali e soprattutto su internet tutti i progetti di

contrasto ai comportamenti devianti, come: disordini, alcolismo, guida pericolosa e bullismo, in

modo da aggiornare la popolazione residente (Bureau of justice assistance, 2010). Questa continua

comunicazione potrebbe però avere anche un effetto negativo, ovvero un aumento della paura della

criminalità non giustificato. Il controllo di vicinato, infatti, fa leva soprattutto sulla paura degli

individui di essere colpiti da comportamenti criminali per motivarli ad osservare e segnalare

comportamenti esterni sospetti, questa affermazione è confermata dal fatto che i progetti spesso

nascono dopo un aumento dei furti e quindi a causa della paura di essere derubati. Il furto in

appartamento invade la privacy dei cittadini ed è un timore abbastanza diffuso perché può colpire

tutti e uscire dal trauma creato da questo reato non è semplice (Wilson e Brown, 2009). I falsi

allarmismi o il fatto di mantenere alto il livello di attenzione grazie alla paura potrebbero sfociare in

un disinteresse nelle comunicazioni delle Amministrazioni o delle Forze dell’Ordine facendo

eclissare lentamente i controlli informali (Fleming, 2005).

La maggior parte delle associazioni di controllo di vicinato sono dotate di blog o siti internet;

questo fa si, che ogni iniziativa, venga condivisa tra tutta la popolazione e sia accessibile, anche, a

chi ha interesse a trasferirsi in quella zona. Sui siti vengono pubblicati problemi, comportamenti

sospetti, appuntamenti con la Polizia o l’Amministrazione locale. In più vengono divulgati i contatti

per la risoluzioni di problematiche o per effettuare segnalazioni alle Forze dell’Ordine e i numeri

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per le emergenze. I Blog invece, sono un ottimo sistema per scambiarsi e condividere pensieri,

coinvolgendo le persone ad interagire, a non restare nell’anonimato e nell’indifferenza (Bureau of

justice assistance, 2010). Il fatto di condividere queste notizie pubblicamente potrebbe avere un

effetto negativo, perché in questo modo anche i malintenzionati potranno prendere provvedimenti

per rendere i loro comportamenti più accettabili dalla comunità e meno sospetti, quindi bisogna fare

attenzione a limitare l’accesso a queste informazioni solo a chi è direttamente interessato e

coinvolto, magari con l’utilizzo di password oppure con la diffusione tramite mail anziché utilizzare

siti internet aperti a tutti (Norther Irland police serviced, 2011).

L’utilizzo dei mezzi di informazione ha dato modo ai paesi anglosassoni di pubblicizzare i

loro programmi di controllo del vicinato scrivendo veri e proprio manuali su come agire e come

promuovere il programma nel proprio paese. Tuttavia il problema fondamentale, come constatato

in precedenza, è che manca una rassegna critica delle analisi svolte, che riporti errori e lacune dei

programmi in modo tale da porvi rimedio fin da subito ed evitare di incontrare problemi già noti ad

altri Enti Locali. Inoltre i manuali stilati sono utili per i cittadini della stessa città che vogliono dar

vita al programma con l’aiuto dei loro vicini ma ciò non vuol dire che i programmi di un

determinato territorio possono essere utilizzati per le altre città o paesi perché ogni area ha

caratteristiche diverse, sia riguardanti la criminalità che la struttura socio-demografica piuttosto che

gli aspetti amministrativi e legislativi.

In Italia si è venuti a conoscenza del controllo di vicinato grazie a queste pubblicazioni che

illustravano come attivare il programma, per questo è stato creato un dominio su cui troviamo

innumerevoli informazioni, tradotte dai siti anglosassoni (www.controllodelvicinato.com) e

innumerevoli link che ci rimandano ai manuali stilati per un implementazione considerata

“corretta”. Il problema fondamentale è che il programma non può nascere copiando la struttura di

altri paesi, bisogna adattarlo alle caratteristiche della società in cui si andrà ad implementare,

magari partendo dai presupposti da cui è nato (Bennett, 1990).

Per questo motivo abbiamo deciso di analizzare i manuali e trovare le caratteristiche comuni

in modo da ottenere una linea guida utile per l’attivazione del programma senza entrare nei dettagli

di ogni città. Tutti gli schemi si dividono in cinque parti: ideazione, organizzazione,

pubblicizzazione, implementazione e sviluppi futuri.

Tab. 1.5 – Schema riassuntivo di implementazione Controllo di vicinato

Motivazioni

Prevenzione reati

Aumento tassi criminalità

Aumento paura della criminalità

Ideazione Proposta al Comune

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Controllo di Vicinato Raccolta firme

Incontro Coordinatore, Amministrazione, Polizia Locale

Mappatura area e raccolta dati sulla criminalità

Incontro Amministrazione, cittadini

Organizzazione

Mappatura e suddivisione in aree con contatti abitanti

Definire Problemi ed obiettivi

Stilare un programma di incontri

Scelta responsabile di ogni area e coordinatore

Definizione dei loro ruoli

Pubblicizzazione

Invitare tutti agli incontri

Utilizzare siti internet e media locali

Lasciare broucher che incuriosiscano

Attirare l’attenzione di tutti

Implementazione

Spiegare ruolo attivo dei cittadini e come funziona Cdv

Definire calendario incontri, diversi per i vari ruoli

Organizzare l’incontro sulla sicurezza domestica

Ogni cittadino dovrà catalogare i suoi oggetti di valore

Consegna moduli di riconoscimento

Definire situazioni di emergenza

Installazione cartelli Cdv

Sviluppi

Corsi che trattino temi di attualità

Manifestazioni che promuovano la coesione

Allargare il senso di proprietà

Organizzare incontri sulla sicurezza con temi svariati

Controllo a piedi della zona

1.3.1 Fase di ideazione

La proposta di adottare il controllo di vicinato, come abbiamo visto negli studi

precedentemente analizzati, può nascere dai cittadini o dall’Amministrazione Pubblica, per tre

motivi fondamentali:

Prevenzione dei reati

Aumento dei tassi di criminalità

Aumento paura della criminalità

Fondamentalmente i programmi di controllo di vicinato nascono per far fronte alla sensazione

di insicurezza che negli ultimi anni è in continuo aumento nonostante i reati siano in diminuzione

(Howard, 1999), per questo motivo si utilizza la coesione sociale per aumentare il livello di

sicurezza percepita. In altre parole i cittadini sanno di poter contare sui loro vicini in caso di

comportamenti sospetti, devianti o di reati tentati.

Per migliorare il livello di sicurezza le amministrazioni fanno in modo di inserire il controllo

di vicinato in un programma più ampio che può comprendere l’utilizzo delle telecamere, aumento

del personale addetto alla sicurezza (Brantingham e Brantingham, 1990) e modifiche strutturali dei

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centri abitanti con l’utilizzo del CPTED (crime prevention through environmental design) (Nair,

1993).

Indipendentemente da chi nasca l’idea di adottare il controllo di vicinato, in tutti i manuali

l’ideazione avviene di comune accordo tra gruppi di cittadini e l’Ente Pubblico che analizzano

insieme i problemi che li riguardano e decidono come organizzare il programma. Tutti i manuali

confrontati propongono di identificare le zone più colpite, che solitamente sono le aree in cui nasce

il programma e da queste partire con la progettazione e l’implementazione. Il punto cruciale della

fase di ideazione è trovare tutti i problemi e conoscere la struttura socio-demografica dell’area, in

questo modo si ottiene una visione chiara dei motivi che spingono i cittadini a chiedere un

intervento di questo tipo e si potrà agire di conseguenza (Wilson e Brown, 2009). Questa analisi

può essere ritenuta valida anche per il territorio italiano, ma essendo la cultura del dato statistico

abbastanza arretrata dovranno essere i cittadini o gli operatori di Polizia attraverso la loro

esperienza ad individuare gli hot spots, cioè le zone più a rischio. Inoltre sarà importante

promuovere l’iniziativa anche alle aree limitrofi in modo da non incorrere in situazioni di

displacement.

Tutti gli schemi analizzati prevedono un incontro formale tra cittadini e Amministrazione,

durante il quale quest’ultima presenterà l’iniziativa e individuerà dei soggetti di riferimento tra i

cittadini (Bureau of community policing, 2005). Il problema fondamentale, riscontrato in tutti i

manuali, è che danno per scontato che tutti abbiano “buoni vicini” (Lockyer, 2001) mentre la

sensibilizzazione di tutti gli abitanti al problema non è cosi semplice e spesso chi non è mai stato

colpito da reati egoisticamente pensa che il problema non lo riguardi e per questo motivo non è

detto che partecipi attivamente ai programmi proposti.

1.3.2 Fase organizzativa

L’organizzazione di un buon programma di vicinato sta alla base della sua efficacia (Fleming,

2005), tutti i manuali riportano passaggi da rispettare che possono essere estesi a tutte le aree in cui

si vorrà utilizzare questa misura di prevenzione, in modo da espandere nel migliore dei modi il

programma e sensibilizzare le persone alla partecipazione. L’importante per tutti i compendi è che

cittadini e Amministrazione individuino preoccupazioni e fini comuni in modo da agire insieme.

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Questa potrebbe risultare la fase più difficile dell’organizzazione, considerando il fatto che, spesso,

la percezione della sicurezza e i problemi individuati dai vari attori sono diversi, come abbiamo

visto nel caso di Mollington (Anderton, 1985). Ad influire potrebbero essere situazioni di degrado o

una cattiva manutenzione degli ambienti pubblici, per questo motivo è fondamentale la

comunicazione tra cittadini ed Enti.

Un ulteriore passo da seguire è la selezione di figure di riferimento per i cittadini che sono scelte in

base alla grandezza dell’area in cui viene implementato il controllo.Infatti, in caso di piccoli

quartieri viene scelto un rappresentante, invece nel caso di medie e grandi frazioni vengono

selezionati più rappresentanti e un coordinatore di zona. Si è calcolato che il numero ottimale di

abitazioni da gestire si aggiri attorno alle 15-20 unità (Bureau of community policing, 2005). Le

loro funzioni principali sono:

Costruire e diffondere una mappa delle abitazioni con numeri di telefono, in modo tale da

favorire lo scambio di informazioni e la comunicazione

Svolgere la funzione “ponte” tra Polizia Locale e Cittadini

Pubblicizzare il programma e gli incontri organizzati dagli Enti Locali per la sicurezza dei

cittadini

Parallelamente alla funzione dei rappresentati e coordinatori vi è l’Ente pubblico, una delle

componenti del Big Three (Titus, 1984) erano gli incontri sulla sicurezza domestica per mostrare ai

cittadini come migliorare il loro sistema di sicurezza e rendere difficoltoso l’ingresso in abitazione

di malintenzionati, per questo motivo i manuali consigliano all’Amministrazione di promuovere ed

organizzare questo tipo di corsi per una maggiore efficacia del controllo di vicinato e di istituire

corsi su altri reati che possono riguardare la popolazione, in modo da coinvolgerla in attività che

riguardino la sicurezza in generale e non solo i furti in abitazione.

1.3.3 Fase di pubblicizzazione

La pubblicizzazione viene trattata in modi diversi nei manuali, non ci sono stati studi che ad

oggi indichino un modo efficace per pubblicizzare il controllo di vicinato, per questo motivo alcuni

propongono il passaparola (Bureau of justice assistance, 2010), altri l’utilizzo dei media locali

(Bureau of community policing, 2005), altri ancora optano per una lettera da parte

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dell’Amministrazione o della Polizia ai cittadini (Police department of Henrico County, 2011). Il

fine resta comunque invariato: cioè la spiegazione a tutti gli abitanti di cosa si intende per controllo

di vicinato, perché si è deciso di promuoverlo e l’invito a partecipare agli incontri nonché

all’iniziativa. Questi metodi sono stati adottati sia insieme che singolarmente perché hanno punti di

forza e di debolezza, il fatto di promuovere l’iniziativa attraverso il passaparola è molto informale,

si corre il rischio che il programma non venga letto come un iniziativa istituzionalizzata ma

semplicemente come un movimento di alcuni cittadini che hanno deciso di promuoverlo, inoltre

non si è sicuri che la notizia giunga a tutti.

Al contrario, l’utilizzo dei media locali dà un tono più istituzionale allo schema e si ha la

certezza che la maggior parte dei cittadini venga raggiunta dalla notizia. Infine l’utilizzo della

lettera consegnata ad ogni abitante è una soluzione molto diretta, con la certezza che la notizia arrivi

a tutti i cittadini e potrebbe essere l’inizio della creazione di un rapporto migliore tra cittadini e

Pubblica Amministrazione. Il problema delle ultime due forme di pubblicizzazione è che potrebbero

creare allarmismi sopra la media, quindi è importante sottolineare che il controllo di vicinato è un

mezzo di prevenzione piuttosto che una forma di contrasto.

Per ottenere dei buoni risultati dal controllo di vicinato si è calcolato che almeno il 60% delle

persone dovrebbero assumere una parte attiva nel programma (North Irleland police service, 2011),

per questo motivo tutti i manuali consigliano di coinvolgere il maggior numero di persone possibili

e sensibilizzarle al problema. Si è notato, inoltre, come nelle varie comunità le persone che hanno

subito reati o sono legate ad altre vittime siano più propense a partecipare all’iniziativa, mentre

coloro che non sono mai stati colpiti siano più disinteressati (Sacramento County Sheriff

Department, 2011) quindi durante la fase di pubblicizzazione l’Amministrazione e i coordinatori

devono sensibilizzare anche le persone non colpite da furti in appartamento alla partecipazione,

spiegando che questo reato può colpire chiunque e una maggiore cooperazione produrrebbe

maggiore sicurezza sia percepita che reale.

In tutti i manuali viene sottolineato il fatto che nessuno deve diventare un eroe e mettere in

pericolo la propria persona o la propria famiglia si chiede semplicemente di allertare le Forze

dell’Ordine nel momento in cui si avvistano comportanti sospetti, proprio per questo motivo è

consuetudine per tutte le linee guida l’organizzazione di un incontro prima di iniziare con la fase di

implementazione, perché gli organizzatori devono rendere chiaro a tutti come agire, quali

comportamenti adottare e quali no, sensibilizzare le persone che con un piccolo sforzo possono

ottenere grandi risultati per tutti (Bureau of Community Policing, 2005).

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1.3.4 Fase di implementazione

Nella fase di implementazione ritroviamo in tutti i manuali i tre punti del programma

presentati da Titus (1984): infatti, il primo passo che si affronta è quello della coesione sociale per il

controllo della zona, le linee guida dettano i comportamenti da seguire per essere un ‘ottimo

vicino’, quindi controllare il proprio quartiere, segnalare gli eventi sospetti e tenere buoni rapporti

con i propri confinanti. L’istituzione partecipa consegnando a tutti la mappatura dei quartieri con i

numeri di telefono degli abitanti, quelli dei coordinatori, i numeri di emergenza e per le

segnalazioni (Lockyer, 2001). In alcuni manuali vengono definite chiaramente quali sono ritenute

situazioni di emergenza, cioè: emergenze mediche, incidenti stradali, vite in pericolo e incendi

(National sheriff association, 2011). Inoltre, vengono consegnate delle tabelle di riconoscimento,

per la segnalazione di persone sospette all’interno del quartiere, questi schemi sono di facile

compilazione e richiedono vestiario, colore dei capelli e degli occhi, altezza e lineamenti del viso,

in modo tale che la Polizia possa riconoscere la persona o almeno effettuare dei controlli su persone

che le somiglino. Attraverso la stessa metodologia viene segnalata l’automobile o l’automezzo

sospetto, con colore, marca, targa ed eventuali segni di riconoscimento (Flemming, 2005). Inoltre

per favorire la coesione sociale viene consigliato di stilare un programma di incontri per parlare dei

problemi che riguarda la comunità, situazioni di degrado non urgenti e esperienze da condividere

con gli altri cittadini.

Il secondo passo affrontato è quello della marchiatura degli oggetti di valore, per questo le

linee guida consigliano di compilare una tabella in cui è riportato tutto ciò che è all’interno

dell’abitazione di valore, indicando marca, modello, valore e numero di serie, questo servirà in caso

di furto o smarrimento anche ai fini assicurativi. La stessa iniziativa dovrebbe essere effettuata per

le carte di credito presenti in casa, dovrebbero essere catalogate tutte riportando il nome

dell’intestatario, il numero della carta e la compagnia bancaria a cui è collegata. Tutti questi moduli

dovranno essere conservati dagli abitanti, quindi non dovranno essere rese pubbliche le

informazioni private (Bureau of justice assistance, 2010). Negli ultimi anni il fenomeno della

segnalazione della propria area si è allargato al quartiere attraverso l’installazione di alcuni cartelli

che segnalino la presenza di un programma di controllo di vicinato attivo nella zona, questi cartelli

spesso riportano il Vigile di Quartiere circondato da una famiglia (Ibidem), altri invece riportano il

segnale di divieto con una figura sospetta all’interno (Police department of Henrico County, 2011),

Page 35: Il controllo di vicinato nel comune di Curtatone · maggiore e quindi una possibilità più elevata di essere scoperti dai vicini (Bennett e Wright, 1984). ... una bassa partecipazione

in modo da segnalare il divieto di accesso ai malintenzionati. Queste misure dovrebbero fungere da

deterrente e tenere lontani dalle vie del quartiere i malintenzionati facendo loro capire che nella

zona il livello di sorveglianza è alto quindi hanno una maggiore probabilità di non ottenete i risultati

sperati. L’utilizzo dei cartelli ha però anche degli effetti negativi sulla popolazione: uno studio

effettuato da Shultz e Tabanico (2009) ha evidenziato che il cartello che avvisa gli estranei alla zona

della presenza del controllo di vicinato, contribuisce a far percepire quella zona come ad alto rischio

criminale, quindi disincentiva le persone a trasferirsi nella zona e a camminare sicure per quelle

strade. Quest’ultimo effetto non è stato riscontrato solo per gli estranei ma anche per i cittadini che

percepiscono il loro quartiere come pericoloso e quindi potrebbero tendere all’isolamento più che

alla cooperazione (Ibidem), per questo è importante che il programma venga percepito come misura

preventiva e non come risposta ad un aumento della criminalità.

Il limite dello studio è che è stato effettuato su quartieri dove risiedono studenti universitari,

che hanno una sensibilità diversa rispetto alle famiglia nei confronti della criminalità, quindi i

risultati non possono essere estesi a tutte le zone in cui vengono installati i cartelli e sono gli stessi

autori ad ammetterlo.

L’ultimo passo per l’implementazione riguarda l’istruzione, che solitamente avviene con

una riunione tenuta dalla Polizia, nella maggior parte dei manuali vi sono una serie di istruzioni per

rendere la propria casa più sicura, con consigli su quali tecnologie utilizzare e comportamenti da

adottare quando si lascia l’abitazione incustodita. I consigli riportati sono diversi, probabilmente

perché sono stati costruiti sull’esperienze della Polizia che ha partecipato nella stesura del testo,

quindi conosce il modus operandi della criminalità locale e sa quali tecnologie possono complicare

il loro ingresso nelle abitazioni, per questo motivo non possono assolutamente essere utilizzati gli

stessi consigli tecnici in tutte le città perché i metodi di annullamento delle difese domestiche sono

diverse per ogni gruppo criminale. Per i programmi di controllo di vicinato italiani si potrebbe

ampliare la linea guida stilata dalla Polizia di Stato (2010) in cui vengono promossi alcuni

comportamenti da evitare e misure da adottare quando ci si trova in casa e fuori casa per prevenire i

furti in abitazione. In generale consiglia di adottare sistemi di antifurto e di munire le porte e le

finestre di sistemi anti-intrusione. Il rischio nell’utilizzo e promozione di queste tecnologie è che

l’incontro sulla sicurezza domestica venga percepita dagli abitanti come una manovra pubblicitaria

di una determinata aziende piuttosto che una campagna di sensibilizzazione alla prevenzione. La

Polizia specifica le operazioni da effettuare quando si abbandona la propria abitazione e sono molto

semplici, i consigli sono molto simili alle linee guida del controllo di vicinato anglosassone visto

che raccomandano, ad esempio, di avvertire i vicini di eventuali vacanze in modo che provvedano a

non lasciare la posta e i volantini nella buca delle lettere, non facendo capire ai malintenzionati che

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non ci si trova in casa in quel periodo; inoltre incoraggiano gli abitanti a chiamare immediatamente

la Polizia in caso si assista a movimenti sospetti. Per quanto riguarda le brevi assenze la Polizia

consiglia di lasciare una luce accesa e di non dimenticare porte e finestre aperte. Quando ci si trova

in casa, consigliano di non aprire porte e cancelli a persone non identificate, prestare attenzione a

persone che si presentano come dipendenti di aziende pubbliche che offrono servizi. Se i cittadini

utilizzassero questo comportamento e lo omologassero continuando a comunicare eventuali

spostamenti, brevi uscite o vacanze ai vicini il controllo di vicinato potrebbe avere una migliore

efficacia, ma tutto ciò necessità di un buon rapporto di vicinato che spesso è dato per scontato. La

segnalazione tra vicini di eventuali persone sospette nella via darebbe modo di effettuare un

maggiore controllo ed evitare intrusioni indesiderate nella propria abitazione, lo stesso potrebbe

valere per i falsi dipendenti di aziende pubbliche, anch’essi se segnalati con immediatezza ai vicini

e alle Forze dell’Ordine si potrebbero prevenire i loro comportamenti criminali. La lacuna di queste

istruzioni, inoltre, è che non ci sono dati o studi che le confermino, si basano più che altro sul senso

comune e non su analisi scientifiche, quindi non si ha la certezza che comportandosi in questo modo

si evitino i furti in appartamento.

1.3.5 Gli sviluppi

Il mantenimento del programma è molto difficile, come abbiamo visto negli studi del

paragrafo precedente i cittadini una volta ottenuti i risultati sperati tendono ad abbassare il livello di

controllo (Cirel, 1975), per fare in modo che non si torni ai livelli di criminalità presenti nella fase

di pre - implementazione i manuali danno alcuni consigli da seguire sia da parte

dell’Amministrazione che dei coordinatori.

Il primo spunto che viene fornito dai manuali è di allargare la prevenzione dai furti in

appartamento ad altri tipi di reati per i quali i cittadini potrebbero dare alla Polizia importanti

informazioni, in questo modo gli abitanti sarebbero più consapevoli di ciò che potrebbe accadere e

sarebbero pronti a reagire grazie alle indicazioni dategli dalle autorità (Lockyer, 2001).

L’aggiornamento è, quindi, uno dei concetti fondamentali, per mantenere sempre aggiornati i

cittadini su ciò che succede nel quartiere e nei dintorni, le linee guida consigliano di organizzare

incontri che parlino di attualità o crimini che riguardano zone e paesi limitrofi per mantenere attivo

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il programma, l’importante è che si continui a lavorare sulla coesione sociale (Neighbourhood

Watch Renewal Group, 2001). Potranno essere istituiti corsi riguardanti le frodi, i furti d’auto, la

sicurezza per i bambini e anche i cyber crime e si dovrà fare in modo di non istruire i cittadini dopo

che i crimini sono avvenuti, ma prima, in modo da prevenirli, riconoscerli e segnalarli (North

Ireland Police service, 2011).

Alcuni gruppi si sono organizzati per rendere più vivibile e ospitale la loro zona, in termini

pratici si provvede a stabilire turni di pulizia delle strade, dei muri dai graffiti, la manutenzione dei

parchi. Questo sistema abbassa i costi di manutenzione a carico delle Amministrazioni e fa sentire

gli abitanti a casa anche fuori dalle mura domestiche. Allargare il senso di proprietà degli abitanti fa

si che quest’ultimi pongano maggior attenzione a come la gente si comportare all’interno del

quartiere, dando loro, in questo modo, un maggior potere di controllo sugli altri e una maggiore

responsabilità (Norther Irland police serviced, 2011).

Ulteriore sviluppo del tutto accessorio è il controllo a piedi della propria zona, questo sistema

era già noto in Inghilterra (Bennett, 1990) dove si creavano veri e propri gruppi che effettuavano

passeggiate di controllo delle abitazioni e dei parchi pubblici, in questo modo sono gli stessi

cittadini ad effettuare alcuni dei doveri che competono i Poliziotti di Quartiere e fanno percepire la

loro presenza agli altri ma senza mai intervenire (Ibidem). In Italia questa iniziativa è stata proposta

con il nome di ‘Ronde’ ma non è mai stata applicata, molto probabilmente perché si teme che il

cittadino sostituisca le Forze dell’Ordine e compia gesti azzardati che non gli competono.

Ulteriori proposte riguardano corsi educativi sul tema degli eventi catastrofici, come terremoti

ed incendi, per questi viene definita una linea guida di comportamento comune da adottare per fare

in modo che la gente non vada nel panico, si definisce cosa portare fuori dalla casa, perché e dove

ripararsi in caso di terremoto. Per quanto riguarda gli incendi viene definita anche una linea guida

per la loro prevenzione (Lockyer, 2001).

In un manuale viene proposto di indire una gara per selezionare ogni anno l’abitante più

produttivo ed efficiente, questo viene stabilito da una giuria composta da più abitanti con il

coordinatore e il responsabile. In questo modo il far sicurezza diventa un piacere e si condividono

esperienze con i proprio concittadini (Ibidem), questo metodo potrebbe essere applicato anche ad

altri avvenimenti che promuovano altre attività non semplicemente il controllo di vicinato, perché

l’importante è che si continui a favorire l’integrazione e la coesione sociale.