IL CONTROLLO DEL DOLORE POST OPERATORIO … · n. 2 • Dicembre 2010 Sistema integratoSanità...

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PERIODICO TRIMESTRALE D’INFORMAZIONE DELL’AZIENDA SANITARIA LOCALE 2 SAVONESE Anno XI - N. 2 - Dicembre 2010 - Aut. tribunale di Savona n. 919 del 28.03.2000 - Sped. in abb. postale 70%, L. 662/96 - Direz. Comm.le di Savona I risultati di una recente ricerca di infermieri e medici dell’ASL 2 Savonese. IL CONTROLLO DEL DOLORE POST OPERATORIO MIGLIORA L’ESITO DEGLI INTERVENTI CHIRURGICI E LA QUALITÀ DELLA VITA DELLE PERSONE ASSISTITE NEI NOSTRI OSPEDALI I risultati di una recente ricerca di infermieri e medici dell’ASL 2 Savonese. Il 94% dei pazienti ha espresso un livello di soddisfazione positivo tra ‘abbastanza’ e ‘molto soddisfatto’. Claudia Agosti Direttore Sanitario, ASL 2 Savonese Barbara Monte S.C. Day Surgery Multidisciplinare, Ospedale San Paolo di Savona Nonostante il comune riconoscimento della natura assolutamente prevenibile del dolore acuto post-operatorio, molti pazienti ricoverati nei nostri ospedali, continuano a soffrire. Il dolore post operatorio è un'esperienza sicuramente inutile, anzi, è ampiamente dimostrato quanto il dolore non trattato adeguatamente possa incidere sulla morbilità e sull'insorgere di complicanze nella fase successiva all'intervento. Il controllo del dolore post operatorio, quindi, migliora l'esito degli interventi chirurgici e la qualità di vita della persona assistita. Date queste premesse, l'ASL 2 Savonese ha deciso di promuovere un percorso di miglioramento, coinvolgendo in prima persona l'equipe infermieristica dalla S.C. di Day Surgery multidisciplinare dell'Ospedale S. Paolo di Savona. Il team prescelto ha quindi implementato nella gestione perioperatoria del paziente e, quindi, anche per il controllo post operatorio del dolore, un sistema organizzativo basato sull'utilizzo, anche da parte degli infermieri, di tutti gli strumenti della clinical governance. In prima battuta, l'utilizzo di metodi di risk management, come l'analisi FMEA FMECA, ha evidenziato come la gestione del dolore acuto post operatorio risultasse tra gli indicatori di rischio, quello su cui agire prioritariamente. Un'indagine conoscitiva per esplorare ed approfondire i comportamenti professionali, relativi alle criticità individuate, si è tradotta in uno studio retrospettivo sulle cartelle cliniche di tutti i pazienti adulti operati nel periodo compreso 1° marzo - 30 maggio 2009. La ricerca ha permesso di evidenziare due criticità: 1. la mancanza di un momento di informazio- ne dedicata al paziente da parte dell'infermiere nel periodo pre-intervento; 2. l'assenza di monitoraggio del dolore nella fase post-operatoria, come invece suggerito dalle più recenti evidenze scientifiche. Ne è seguito uno studio osservazionale prospettico, che ha coinvolto tutti i pazienti adulti operati nel periodo 31 agosto – 30 settembre 2009. Tale studio mirava a verificare due ipotesi: Ipotesi 1: l'introduzione di una scheda educativo/informativa pre-operatoria ed una scheda di monitoraggio del dolore post- operatorio (strumenti “testati” come azioni infermieristiche di miglioramento) modifica i comportamenti professionali degli infermieri? Ipotesi 2: I nuovi comportamenti degli infermieri, più attenti e consapevoli alla dimensione del dolore, aumentano la soddisfazione del paziente? I Risultati: La ricerca ha dimostrato che gli strumenti di miglioramento utilizzati hanno effettivamente inciso sui comportamenti professionali degli infermieri, sia relativi all'informazione pre- operatoria che al monitoraggio del dolore post- operatorio. Il 94% dei pazienti ha quindi espresso un livello di soddisfazione positivo, tra abbastan- za e molto soddisfatto. Nessun paziente si è dichiarato insoddisfatto o poco soddisfatto. Lo studio ha dimostrato poi con metodi statistici che la soddisfazione del paziente non è stata conseguente all'assenza di dolore, che infatti è stato comunque provato nel 47% dei pazienti, ma ad una migliore gestione possibile dell'assistenza nel post- intervento, conseguente all'attivazione di interventi infermieristici rivolti anche alla gestione del dolore. Il progetto ha dimostrato l'efficacia di interventi infermieristici per la gestione del dolore acuto post operatorio, in termini di soddisfazione del paziente : valutare l'efficacia degli interventi in termini di riduzione del dolore ha previsto la necessità di “innescare” il cambiamento in termini interprofessionali attraverso l'implementazione di un audit clinico per la revisione di protocolli terapeutici antalgici condivisi. Il dolore post-operatorio è risultato essere non solo un indicatore clinico rischio in quanto determina, se non gestito, un danno imputabile al processo di cura del paziente, ma anche un esito sensibile all'assistenza infermieristica in quanto, se gestito invece efficacemente dagli infermieri, può causare un cambiamento misurabile nella condizione del paziente, attribuito alle cure infermieristiche ricevute. GLI SVILUPPI DEL PROGETTO Il percorso attivato è diventato progetto trasversale a conduzione infermieristica affinché la cultura della prevenzione e gestione dolore inutile diventi un metodo di operare nella quotidianità. E' soddisfatto del trattamento ricevuto rispetto al dolore post operatorio? 6 % 0% 0% 12,90% 81,10% 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% non risposto molto insodd insodd abb sodd molto sodd

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PERIODICO TRIMESTRALE D’INFORMAZIONE DELL’AZIENDA SANITARIA LOCALE 2 SAVONESEAnno XI - N. 2 - Dicembre 2010 - Aut. tribunale di Savona n. 919 del 28.03.2000 - Sped. in abb. postale 70%, L. 662/96 - Direz. Comm.le di Savona

I risultati di una recente ricerca di infermieri e medici dell’ASL 2 Savonese.

IL CONTROLLO DEL DOLORE POST OPERATORIO MIGLIORA L’ESITO DEGLI INTERVENTI CHIRURGICI E LA

QUALITÀ DELLA VITA DELLE PERSONE ASSISTITE NEI NOSTRI OSPEDALI

I risultati di una recente ricerca di infermieri e medici dell’ASL 2 Savonese.

Il 94% dei pazienti ha espresso un livello di soddisfazione positivo tra ‘abbastanza’ e ‘molto soddisfatto’.

Claudia AgostiDirettore Sanitario, ASL 2 Savonese

Barbara MonteS.C. Day Surgery Multidisciplinare, Ospedale San Paolo di Savona

Nonostante il comune riconoscimento della natura assolutamente prevenibile del dolore acuto post-operatorio, molti pazienti ricoverati nei nostri ospedali, continuano a soffrire.Il dolore post operatorio è un'esperienza sicuramente inutile, anzi, è ampiamente dimostrato quanto il dolore non trattato adeguatamente possa incidere sulla morbilità e sull'insorgere di complicanze nella fase successiva all'intervento.Il controllo del dolore post operatorio, quindi, migliora l'esito degli interventi chirurgici e la qualità di vita della persona assistita. Date queste premesse, l'ASL 2 Savonese ha deciso di promuovere un percorso di miglioramento, coinvolgendo in prima persona l'equipe infermieristica dalla S.C. di Day Surgery multidisciplinare dell'Ospedale S. Paolo di Savona. Il team prescelto ha quindi implementato nella gestione perioperatoria del paziente e, quindi, anche per il controllo post operatorio del dolore, un sistema organizzativo basato sull'utilizzo, anche da parte degli infermieri, di tutti gli strumenti della clinical governance. In prima battuta, l'utilizzo di metodi di risk management, come l'analisi FMEA FMECA, ha evidenziato come la gestione del dolore acuto post operatorio risultasse tra gli indicatori di rischio, quello su cui agire prioritariamente.Un'indagine conoscitiva per esplorare ed approfondire i comportamenti professionali, relativi alle criticità individuate, si è tradotta in uno studio retrospettivo sulle cartelle cliniche di tutti i pazienti adulti operati nel periodo compreso 1° marzo - 30 maggio 2009. La ricerca ha permesso di evidenziare due criticità: 1. la mancanza di un momento di informazio-

ne dedicata al paziente da parte dell'infermiere nel periodo pre-intervento;

2. l'assenza di monitoraggio del dolore nella fase post-operatoria, come invece suggerito dalle più recenti evidenze scientifiche.

Ne è seguito uno studio osservazionale

prospettico, che ha coinvolto tutti i pazienti adulti operati nel periodo 31 agosto – 30 settembre 2009. Tale studio mirava a verificare due ipotesi:Ipotesi 1: l'introduzione di una scheda educativo/informativa pre-operatoria ed una scheda di monitoraggio del dolore post-operatorio (strumenti “testati” come azioni infermieristiche di miglioramento) modifica i comportamenti professionali degli infermieri?Ipotesi 2: I nuovi comportamenti degli infermieri, più attenti e consapevoli alla dimensione del dolore, aumentano la soddisfazione del paziente?

I Risultati:La ricerca ha dimostrato che gli strumenti di miglioramento utilizzati hanno effettivamente inciso sui comportamenti professionali degli infermieri, sia relativi all'informazione pre- operatoria che al monitoraggio del dolore post-operatorio.Il 94% dei pazienti ha quindi espresso un livello di soddisfazione positivo, tra abbastan-za e molto soddisfatto. Nessun paziente si è dichiarato insoddisfatto o poco soddisfatto.Lo studio ha dimostrato poi con metodi statistici che la soddisfazione del paziente non è stata conseguente all'assenza di dolore, che infatti è stato comunque provato nel 47% dei pazienti, ma ad una migliore gestione

possibile dell'assistenza nel post- intervento, conseguente all'attivazione di interventi infermieristici rivolti anche alla gestione del dolore.Il progetto ha dimostrato l'efficacia di interventi infermieristici per la gestione del dolore acuto post operatorio, in termini di soddisfazione del paziente: valutare l'efficacia degli interventi in termini di riduzione del dolore ha previsto la necessità di “innescare” il cambiamento in termini i n t e r p r o f e s s i o n a l i a t t r a v e r s o l'implementazione di un audit clinico per la revisione di protocolli terapeutici antalgici condivisi. Il dolore post-operatorio è risultato essere non solo un indicatore clinico rischio in quanto determina, se non gestito, un danno imputabile al processo di cura del paziente, ma anche un esito sensibile all'assistenza infermieristica in quanto, se gestito invece efficacemente dagli infermieri, può causare un cambiamento misurabile nella condizione del paziente, attribuito alle cure infermieristiche ricevute.GLI SVILUPPI DEL PROGETTOIl percorso attivato è diventato progetto trasversale a conduzione infermieristica affinché la cultura della prevenzione e gestione dolore inutile diventi un metodo di operare nella quotidianità.

Grafico 37 E' soddisfatto del trattamento ricevuto rispetto al dolore

post operatorio ?

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E' soddisfatto del trattamento ricevuto rispetto al dolore

post operatorio?

6 %

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0%

12,90%

81,10%

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

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n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieSistema integrato Sistema integrato

Nel 2004 il Consiglio Superiore di Sanità Sezione 1 produce un documento dal titolo “Sistema integrato per l'assistenza al trauma maggiore”. Ne è relatore il prof. Osvaldo Chiara dell'Ospedale Niguarda Cà Granda di Milano. Tale documento contiene alcuni dati epidemiologici, in parte frutto di analisi dirette, in parte frutto di estrapolazioni estremamente utili per guidare e progettare l'assistenza al paziente affetto da trauma. I traumi più frequenti, emerge dal documento, sono quelli stradali, domestici, sul lavoro, da atti di delinquenza o da autolesione.Il documento del Consiglio Superiore di Sanità (C.S.S.) cita lo studio DATIS (Dati Incidenti Stradali) secondo cui per ogni paziente deceduto registrato, bisogna registrare :- 2 pazienti gravemente invalidi, per lo più

cerebro o mielo lesi- 20 pazienti ospedalizzati - 80 pazienti che accedono al Pronto

Soccorso e non vengono ricoveratiI numeri grezzi parlano nel modo seguente:22 mila pazienti deceduti ogni anno 44 mila nuovi invalidi ogni anno2.768 accessi al Pronto Soccorso (su 100mila residenti): di questi, 80% dimessi, 20% ricoverati.I traumi in generale sono classificati secondo un metodo chiamato Injury Severity Score. Secondo tale metodo, in sintesi, si assegna un punteggio da 1 a 5 alle lesioni di sei regioni corporee:1) Testa e collo

2) Faccia

3) Torace

4) Contenuto addominale e pelvico

5) Arti e cingolo pelvico

6) Tegumenti

Si somma successivamente il punteggio delle tre regioni più gravemente lese elevato al quadrato. Si può ottenere un punteggio ISS da 0 a 75. Sono definiti traumi maggiori quelli

caratterizzati da un ISS=o>15 e questi sono circa il 5% del numero totale (1).

Considerando i numeri disponibili relativi all'epidemiologia del trauma maggiore in Italia (10) si può affermare che i traumi maggiori sono circa 500 / milione di residenti all'anno. Il trauma grave è un evento frequente per gli effetti che provoca, ma per molti ospedali è un evento raro, che giunge come inatteso, quasi a turbare un'attività prevalentemente dedicata all'elezione.Negli Stati Uniti il sistema traumi è di tipo “esclusivo” pertanto i traumi gravi arrivano solo in centri particolari. In Italia il sistema è di tipo “inclusivo” pertanto tutti gli ospedali possono ricevere traumi. In realtà può essere definito “misto” poiché le aree organizzate prevedono criteri di centralizzazione che discendono dal metodo ATLS (Advanced Trauma Life Support), che risulta dalla bibliografia internazionale quello più utile per provvedere alla corretta gestione del paziente affetto da politrauma. Tuttavia detti criteri vengono calati nelle realtà locali ed adattati. Il metodo viene definito hub and spoke e prevede il trasferimento secondario del malato se le esigenze dello stesso superano le risorse offerte. Tale sistema consente di sfruttare le risorse di un maggior numero di ospedali, consente di tenere conto delle caratteristiche particolari del territorio, accorcia i tempi pre-ospedalieri; è tuttavia caratterizzato dalla centralizzazione di un minor numero di traumi maggiori.

Il concetto attuale di trattamento del trauma nasce nel 1966 con la pubblicazione da parte della National Accademy on Science degli U.S.A. del documento con titolo Accidental death and disability: the neglected desease of modern society (2). Il titolo pone l'accento sull' accidentalità ed evitabilità del trauma e delle sue conseguenze. Il documento descrive così

Trauma: il sistema italiano.

Trauma: l'età moderna

I pazienti deceduti ogni anno sono 22 mila, i nuovi invalidi 44 mila.

Gli “incidenti” più frequenti sono quelli stradali, domestici, sul lavoro, da atti di delinquenza o da autolesionismo e le ferite interessano la testa, il collo, la faccia, il torace, il contenuto addominale e

pelvico, gli arti, il cingolo pelvico, i tegumenti.

La morte evitabile per trauma nell’età moderna: funzionamento di centri ben organizzati

su linee guida condivise e prevenzione di ogni tipo di errore.

Walter CataldiDirettore S.C. Pronto Soccorso e Medicina d'Urgenza

Ospedale Santa Corona di Pietra LigureDirettore Trauma Center – Centro Traumatologico ad Alta Specializzazione di Pietra Ligure

Eliano DelfinoDirettore Medico di Presidio

Ospedali Santa Corona di Pietra Ligure e Santa Maria di Misericordia di Albenga

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l'evento:“Il trauma è un'epidemia tragica e trascurata. È indispensabile migliorare l'assistenza attraverso:- Miglioramento dell 'assistenza pre-

ospedaliera- Miglioramento della formazione del

personale- Categorizzazione degli ospedali e indirizza-

mento- Istituzione di registri traumi, promozione

della ricerca e verifica di qualità “

I primi studi di epidemiologia degli anni '70 e '80 evidenziano come gli eventi fatali per trauma seguano un iter temporale con tre picchi di mortalità. Trunkey (2) esprime in forma grafica tali tre picchi di mortalità e li analizza nelle cause come di seguito: - il primo, della mortalità immediata, è dovuto a lesioni incompatibili con la vita per distruzione di strutture del SNC o per danni vascolari irreparabili; - il secondo di 2-4 ore successivo è legato a lesioni del SNC, toraco-addominali di tipo emorragico, ad asfissia, a pneumotorace iperteso- il terzo, nei giorni successivi, è legato a quello che è stato definito Multi Organ Failure.Le morti avvenute durante il secondo periodo di tempo sono con una certa frequenza legate a eventi rimovibili con l'aggressività diagnostica e terapeutica, quindi si possono definire “morti evitabili”. Golden Hour è definito il periodo di tempo utile per agire.

La morte evitabile veniva quindi considerata un evento legato a singoli fatti rimovibili o corregibili:- asfissia per inadeguata gestione della via aerea- pneumotorace iperteso non trattato- ipovolemia- non corretta scelta dell'ospedale di riferimen-

to, ovvero mancata centralizzazione

La morte evitabile: che cosa sapere

Eventi tali erano ritenuti risolvibili con il miglioramento dei soccorsi pre-ospedalieri. Infatti l'evoluzione dell'organizzazione del sistema 118 di soccorso e la formazione degli operatori medici e infermieri attraverso i corsi PHTC di gestione pre-ospealiera del politrauma hanno dato molte risposte positive alle attese. Adeguamento dei tempi di soccorso, appropriatezza di interventi eseguiti sulla scena, corretta scelta dell'ospedale di destinazione sono state risposte giuste ed adeguate non solo e non tanto in termini di velocità ma soprattutto in termini di metodo. La possibilità di agire secondo metodi condivisi ha permesso l'analisi delle azioni, la revisione dei risultati, il cambiamento di comportamenti.L'esperienza che il soccorso 118 ha maturato ha posto in rilievo l'importanza che assume la capacità di eseguire manovre e somministrare farmaci associata con il metodo complessivo della gestione del malato. Tutti i malati richiedono un team dedicato, formato ed equipaggiato. Tutti i malati richiedono metodo e conoscenza.

Nel 1994 Stocchetti (3) pubblica una revisione del proprio lavoro svolto negli anni 1984–1988 a Parma. La prima frase della prefazione è: “L'EVIDENZA che alcuni pazienti traumatizzati stanno morendo senza avere lesioni incompatibili con la vita (“unnecessarily”) porta al concetto di morte evitabile, cioè una morte non correlata con la s e v e r i t à d e l t r a u m a m a d o v u t a all'inadeguatezza del trattamento. Ancora in prefazione si legge “quando un ospedale non è capace di gestire correttamente la vittima di un trauma, il risultato sarà scadente, indipenden-temente dalla velocità del soccorso”. L'accento che viene posto sull'errore nel proprio metodo di lavoro è veramente degno di nota. L'errore viene cercato con attenzione, valorizzato e analizzato.Le cause più frequentemente riconosciute in gioco nei pazienti in cui il decesso era classificato evitabile chiaramente o potenzial-men te e r ano : l o shock , l ' i pos s i a , l'emoperitoneo, lo pneumotorace. Gli errori più frequenti in senso assoluto erano il mancato riconoscimento della necessità di eseguire un tempestivo intervento chirurgico quale trattamento delle cause di ipovolemia.Gli stessi problemi che caratterizzavano le cause di mortalità nel soccorso pre-ospedaliero sono riconosciuti come causa di morte evitabile nella fase intra-ospedaliera.La velocità in senso assoluto sembra non essere l'unico elemento utile per raggiungere l'efficacia del trattamento e l'anello della catena da rafforzare appare ora essere quello del trattamento ospedaliero del traumatiz-zato.Compare nel 1998 il lavoro di Rick Peng (4). In tale lavoro si osserva che:- la maggior parte ( 75 - 81% ) delle morti

per trauma avviene nelle prime 24-48 ore - il numero delle morti evitabili si è

complessivamente ridotto nei sistemi organizzati

- il numero dei morti in ospedale si è

La morte evitabile:dove migliorare

relativamente accresciutoIn accordo con Stocchetti, nel 2003 O.Chiara torna sull'argomento morti evitabili (5) e forse meglio definisce il concetto arricchendolo di indicatori: ribadisce il principio di “preventa-ble trauma death (PTD)” definendola così “qualunque morte avrebbe potuto essere evitata se fosse stato erogato un trattamento ottimale”. E individua tre criteri per caratteriz-zarla:- il trauma o la sua conseguenza devono

essere compatibili con la sopravvivenza- il trattamento erogato deve essere sub-

ottimale- gli errori identificati nel trattamento

erogato devono essere riconosciuti come causa di morte

Afferma inoltre l'utilità di utilizzare tale indice per misurare l'efficacia di una buona organiz-zazione poiché:- la mortalità per trauma ha un'incidenza

di circa 35-45% nei traumi gravi in assenza di organizzazione ottimale

- può scendere del 40-50% quando l'organizzazione viene implementata

Lo stesso Chiara fa riferimento ad un precedente lavoro (6) in cui si analizzava l'incidenza del fattore morte evitabile nella zona di Milano. In tale lavoro due gruppi di esperti valutavano secondo criteri pre-definiti le cause di morte per trauma di 255 pazienti durante il periodo di un anno e le classificava-no in potenzialmente evitabili, francamente evitabili o non evitabili. L'errore si traduce in un inadeguato trattamento e viene chiaramente inteso come punto da evidenziare e da valorizzare.Come indicatori di inadeguato trattamento furono utilizzati i seguenti:Time errors: ritardi secondo criteri predefinitiMismanagement: gestione non aderente alle linee guida riconosciute durante la fase pre ed intra-ospedaliera Missed injury: qualunque lesione importante in un paziente deceduto non riconosciuta per cattiva interpretazione dell'esame obiettivo o delle procedure diagnostiche.

Nardi (8) mostra i risultati ottenuti all'Ospedale S. Camillo Forlanini di Roma negli anni 1998-99-2000, prima e dopo la istituzione del Trauma Team, in termini di modificazione del tasso di mortalità.Fa altresì notare che il successo del Trauma Team è legato all'adesione a un metodo basato su linee guida condivise, secondo le quali:1) L'approccio al traumatizzato deve seguire un ordine sequenziale: la priorità del trattamento deve essere riservata non alle lesioni apparentemente più gravi, ma a quelle che, anche se talora meno apparenti, rappre-sentano la più immediata minaccia per la vita del paziente.2) Una diagnostica strumentale approfondita va perseguita secondo una sequenza standar-dizzata ed il più presto possibile, ma solo dopo che il paziente sia stato stabilizzato da un punto di vista respiratorio ed emodinamico.3) Alcune lesioni particolarmente temibili perché in grado di portare rapidamente al decesso, vanno riconosciute e trattate

Le morti evitabili: si può migliorare

immediatamente senza l'ausilio della diagnostica strumentale (drenaggio di pneumotorace iperteso, laparotomia d'urgenza in presenza di ferita addominale penetrante, ecc.).

“The management of severely injured patients is demanding because trauma does not respect the boundaries of anatomy or the surgical specialty.” (7)Il trauma è una malattia evolutiva che non rispetta nessun confine anatomico e la gestione del paziente traumatizzato presenta caratteri-stiche che la rendono unica rispetto a quella di qualsiasi altro paziente critico. La ricerca dell'errore diventa uno strumento di analisi e di cambiamento di formidabile efficacia. Percorrere l'esperienza di organizza-re un Centro Traumi Superiore vuol dire promuovere un cambiamento. Questo richiede anticipazione, ovvero predisposizio-ne all'evento di risorse secondo schemi condivisi; comunicazione, ovvero una gestione dell'evento secondo criteri precostitu-iti e revisione, ovvero analisi dei comporta-menti alla ricerca di punti di miglioramento.

Bibliografia

1 - Gwinnut C.L., et al., Resuscitation 2001;48:17-23

2 – Accidental death and disability: the neglected disease of modern society. National Accademy on sciences – National research council. Washington, september1966

3 - Trunkey DD.Trauma.Sci Am. February 1983; 248:28

4 - Stocchetti N. et al.: Trauma Care in Italy: evidence of in-hospital preventable deaths. The Journal of Trauma, Vol.36,No 3, pag 401

5- Rick Peng et al. Epidemiology of Immediate and Early Trauma Death at an Urban Level 1 Trauma Center. The American Surgeon; Oct 1998; 64, 10

6 - Chiara O. et al., Organized trauma care: does volume matter and do trauma centers save lives? Current Opinion in Critical Care, 2003, 9: 510-514

7 - Chiara O. et al. Trauma death in an Italian urban area: an audit of pre-hospital and i n - h o s p i t a l t r a u m a c a r e . Injury,Int.J.Care Injured 33 -2002 553-562

8 - Nigel R M Tai et al. The neglect of trauma surgery BMJ 2006;332;805-806

9 - Nardi et al. Impatto di un modello di gestione integrata dei pazienti con trauma grave( ISS >16) sulla qualità del trattamento ospedaliero e sulla mortalità ospedaliera. Minerva Anest. 2002; 1-2:25-35

10 - Di Bartolomeo et al. Epidemiology of maior injury in the population of Friuli Venezia Giulia-Italy. Injury 2004

11 - Di Bartolomeo et al. A population based study on pneumothorax in severely traumatized patients. J.of Trauma. 2001. 51:677-82

Trauma: come cambiare

n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieSistema integrato Sistema integrato

Nel 2004 il Consiglio Superiore di Sanità Sezione 1 produce un documento dal titolo “Sistema integrato per l'assistenza al trauma maggiore”. Ne è relatore il prof. Osvaldo Chiara dell'Ospedale Niguarda Cà Granda di Milano. Tale documento contiene alcuni dati epidemiologici, in parte frutto di analisi dirette, in parte frutto di estrapolazioni estremamente utili per guidare e progettare l'assistenza al paziente affetto da trauma. I traumi più frequenti, emerge dal documento, sono quelli stradali, domestici, sul lavoro, da atti di delinquenza o da autolesione.Il documento del Consiglio Superiore di Sanità (C.S.S.) cita lo studio DATIS (Dati Incidenti Stradali) secondo cui per ogni paziente deceduto registrato, bisogna registrare :- 2 pazienti gravemente invalidi, per lo più

cerebro o mielo lesi- 20 pazienti ospedalizzati - 80 pazienti che accedono al Pronto

Soccorso e non vengono ricoveratiI numeri grezzi parlano nel modo seguente:22 mila pazienti deceduti ogni anno 44 mila nuovi invalidi ogni anno2.768 accessi al Pronto Soccorso (su 100mila residenti): di questi, 80% dimessi, 20% ricoverati.I traumi in generale sono classificati secondo un metodo chiamato Injury Severity Score. Secondo tale metodo, in sintesi, si assegna un punteggio da 1 a 5 alle lesioni di sei regioni corporee:1) Testa e collo

2) Faccia

3) Torace

4) Contenuto addominale e pelvico

5) Arti e cingolo pelvico

6) Tegumenti

Si somma successivamente il punteggio delle tre regioni più gravemente lese elevato al quadrato. Si può ottenere un punteggio ISS da 0 a 75. Sono definiti traumi maggiori quelli

caratterizzati da un ISS=o>15 e questi sono circa il 5% del numero totale (1).

Considerando i numeri disponibili relativi all'epidemiologia del trauma maggiore in Italia (10) si può affermare che i traumi maggiori sono circa 500 / milione di residenti all'anno. Il trauma grave è un evento frequente per gli effetti che provoca, ma per molti ospedali è un evento raro, che giunge come inatteso, quasi a turbare un'attività prevalentemente dedicata all'elezione.Negli Stati Uniti il sistema traumi è di tipo “esclusivo” pertanto i traumi gravi arrivano solo in centri particolari. In Italia il sistema è di tipo “inclusivo” pertanto tutti gli ospedali possono ricevere traumi. In realtà può essere definito “misto” poiché le aree organizzate prevedono criteri di centralizzazione che discendono dal metodo ATLS (Advanced Trauma Life Support), che risulta dalla bibliografia internazionale quello più utile per provvedere alla corretta gestione del paziente affetto da politrauma. Tuttavia detti criteri vengono calati nelle realtà locali ed adattati. Il metodo viene definito hub and spoke e prevede il trasferimento secondario del malato se le esigenze dello stesso superano le risorse offerte. Tale sistema consente di sfruttare le risorse di un maggior numero di ospedali, consente di tenere conto delle caratteristiche particolari del territorio, accorcia i tempi pre-ospedalieri; è tuttavia caratterizzato dalla centralizzazione di un minor numero di traumi maggiori.

Il concetto attuale di trattamento del trauma nasce nel 1966 con la pubblicazione da parte della National Accademy on Science degli U.S.A. del documento con titolo Accidental death and disability: the neglected desease of modern society (2). Il titolo pone l'accento sull' accidentalità ed evitabilità del trauma e delle sue conseguenze. Il documento descrive così

Trauma: il sistema italiano.

Trauma: l'età moderna

I pazienti deceduti ogni anno sono 22 mila, i nuovi invalidi 44 mila.

Gli “incidenti” più frequenti sono quelli stradali, domestici, sul lavoro, da atti di delinquenza o da autolesionismo e le ferite interessano la testa, il collo, la faccia, il torace, il contenuto addominale e

pelvico, gli arti, il cingolo pelvico, i tegumenti.

La morte evitabile per trauma nell’età moderna: funzionamento di centri ben organizzati

su linee guida condivise e prevenzione di ogni tipo di errore.

Walter CataldiDirettore S.C. Pronto Soccorso e Medicina d'Urgenza

Ospedale Santa Corona di Pietra LigureDirettore Trauma Center – Centro Traumatologico ad Alta Specializzazione di Pietra Ligure

Eliano DelfinoDirettore Medico di Presidio

Ospedali Santa Corona di Pietra Ligure e Santa Maria di Misericordia di Albenga

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l'evento:“Il trauma è un'epidemia tragica e trascurata. È indispensabile migliorare l'assistenza attraverso:- Miglioramento dell 'assistenza pre-

ospedaliera- Miglioramento della formazione del

personale- Categorizzazione degli ospedali e indirizza-

mento- Istituzione di registri traumi, promozione

della ricerca e verifica di qualità “

I primi studi di epidemiologia degli anni '70 e '80 evidenziano come gli eventi fatali per trauma seguano un iter temporale con tre picchi di mortalità. Trunkey (2) esprime in forma grafica tali tre picchi di mortalità e li analizza nelle cause come di seguito: - il primo, della mortalità immediata, è dovuto a lesioni incompatibili con la vita per distruzione di strutture del SNC o per danni vascolari irreparabili; - il secondo di 2-4 ore successivo è legato a lesioni del SNC, toraco-addominali di tipo emorragico, ad asfissia, a pneumotorace iperteso- il terzo, nei giorni successivi, è legato a quello che è stato definito Multi Organ Failure.Le morti avvenute durante il secondo periodo di tempo sono con una certa frequenza legate a eventi rimovibili con l'aggressività diagnostica e terapeutica, quindi si possono definire “morti evitabili”. Golden Hour è definito il periodo di tempo utile per agire.

La morte evitabile veniva quindi considerata un evento legato a singoli fatti rimovibili o corregibili:- asfissia per inadeguata gestione della via aerea- pneumotorace iperteso non trattato- ipovolemia- non corretta scelta dell'ospedale di riferimen-

to, ovvero mancata centralizzazione

La morte evitabile: che cosa sapere

Eventi tali erano ritenuti risolvibili con il miglioramento dei soccorsi pre-ospedalieri. Infatti l'evoluzione dell'organizzazione del sistema 118 di soccorso e la formazione degli operatori medici e infermieri attraverso i corsi PHTC di gestione pre-ospealiera del politrauma hanno dato molte risposte positive alle attese. Adeguamento dei tempi di soccorso, appropriatezza di interventi eseguiti sulla scena, corretta scelta dell'ospedale di destinazione sono state risposte giuste ed adeguate non solo e non tanto in termini di velocità ma soprattutto in termini di metodo. La possibilità di agire secondo metodi condivisi ha permesso l'analisi delle azioni, la revisione dei risultati, il cambiamento di comportamenti.L'esperienza che il soccorso 118 ha maturato ha posto in rilievo l'importanza che assume la capacità di eseguire manovre e somministrare farmaci associata con il metodo complessivo della gestione del malato. Tutti i malati richiedono un team dedicato, formato ed equipaggiato. Tutti i malati richiedono metodo e conoscenza.

Nel 1994 Stocchetti (3) pubblica una revisione del proprio lavoro svolto negli anni 1984–1988 a Parma. La prima frase della prefazione è: “L'EVIDENZA che alcuni pazienti traumatizzati stanno morendo senza avere lesioni incompatibili con la vita (“unnecessarily”) porta al concetto di morte evitabile, cioè una morte non correlata con la s e v e r i t à d e l t r a u m a m a d o v u t a all'inadeguatezza del trattamento. Ancora in prefazione si legge “quando un ospedale non è capace di gestire correttamente la vittima di un trauma, il risultato sarà scadente, indipenden-temente dalla velocità del soccorso”. L'accento che viene posto sull'errore nel proprio metodo di lavoro è veramente degno di nota. L'errore viene cercato con attenzione, valorizzato e analizzato.Le cause più frequentemente riconosciute in gioco nei pazienti in cui il decesso era classificato evitabile chiaramente o potenzial-men te e r ano : l o shock , l ' i pos s i a , l'emoperitoneo, lo pneumotorace. Gli errori più frequenti in senso assoluto erano il mancato riconoscimento della necessità di eseguire un tempestivo intervento chirurgico quale trattamento delle cause di ipovolemia.Gli stessi problemi che caratterizzavano le cause di mortalità nel soccorso pre-ospedaliero sono riconosciuti come causa di morte evitabile nella fase intra-ospedaliera.La velocità in senso assoluto sembra non essere l'unico elemento utile per raggiungere l'efficacia del trattamento e l'anello della catena da rafforzare appare ora essere quello del trattamento ospedaliero del traumatiz-zato.Compare nel 1998 il lavoro di Rick Peng (4). In tale lavoro si osserva che:- la maggior parte ( 75 - 81% ) delle morti

per trauma avviene nelle prime 24-48 ore - il numero delle morti evitabili si è

complessivamente ridotto nei sistemi organizzati

- il numero dei morti in ospedale si è

La morte evitabile:dove migliorare

relativamente accresciutoIn accordo con Stocchetti, nel 2003 O.Chiara torna sull'argomento morti evitabili (5) e forse meglio definisce il concetto arricchendolo di indicatori: ribadisce il principio di “preventa-ble trauma death (PTD)” definendola così “qualunque morte avrebbe potuto essere evitata se fosse stato erogato un trattamento ottimale”. E individua tre criteri per caratteriz-zarla:- il trauma o la sua conseguenza devono

essere compatibili con la sopravvivenza- il trattamento erogato deve essere sub-

ottimale- gli errori identificati nel trattamento

erogato devono essere riconosciuti come causa di morte

Afferma inoltre l'utilità di utilizzare tale indice per misurare l'efficacia di una buona organiz-zazione poiché:- la mortalità per trauma ha un'incidenza

di circa 35-45% nei traumi gravi in assenza di organizzazione ottimale

- può scendere del 40-50% quando l'organizzazione viene implementata

Lo stesso Chiara fa riferimento ad un precedente lavoro (6) in cui si analizzava l'incidenza del fattore morte evitabile nella zona di Milano. In tale lavoro due gruppi di esperti valutavano secondo criteri pre-definiti le cause di morte per trauma di 255 pazienti durante il periodo di un anno e le classificava-no in potenzialmente evitabili, francamente evitabili o non evitabili. L'errore si traduce in un inadeguato trattamento e viene chiaramente inteso come punto da evidenziare e da valorizzare.Come indicatori di inadeguato trattamento furono utilizzati i seguenti:Time errors: ritardi secondo criteri predefinitiMismanagement: gestione non aderente alle linee guida riconosciute durante la fase pre ed intra-ospedaliera Missed injury: qualunque lesione importante in un paziente deceduto non riconosciuta per cattiva interpretazione dell'esame obiettivo o delle procedure diagnostiche.

Nardi (8) mostra i risultati ottenuti all'Ospedale S. Camillo Forlanini di Roma negli anni 1998-99-2000, prima e dopo la istituzione del Trauma Team, in termini di modificazione del tasso di mortalità.Fa altresì notare che il successo del Trauma Team è legato all'adesione a un metodo basato su linee guida condivise, secondo le quali:1) L'approccio al traumatizzato deve seguire un ordine sequenziale: la priorità del trattamento deve essere riservata non alle lesioni apparentemente più gravi, ma a quelle che, anche se talora meno apparenti, rappre-sentano la più immediata minaccia per la vita del paziente.2) Una diagnostica strumentale approfondita va perseguita secondo una sequenza standar-dizzata ed il più presto possibile, ma solo dopo che il paziente sia stato stabilizzato da un punto di vista respiratorio ed emodinamico.3) Alcune lesioni particolarmente temibili perché in grado di portare rapidamente al decesso, vanno riconosciute e trattate

Le morti evitabili: si può migliorare

immediatamente senza l'ausilio della diagnostica strumentale (drenaggio di pneumotorace iperteso, laparotomia d'urgenza in presenza di ferita addominale penetrante, ecc.).

“The management of severely injured patients is demanding because trauma does not respect the boundaries of anatomy or the surgical specialty.” (7)Il trauma è una malattia evolutiva che non rispetta nessun confine anatomico e la gestione del paziente traumatizzato presenta caratteri-stiche che la rendono unica rispetto a quella di qualsiasi altro paziente critico. La ricerca dell'errore diventa uno strumento di analisi e di cambiamento di formidabile efficacia. Percorrere l'esperienza di organizza-re un Centro Traumi Superiore vuol dire promuovere un cambiamento. Questo richiede anticipazione, ovvero predisposizio-ne all'evento di risorse secondo schemi condivisi; comunicazione, ovvero una gestione dell'evento secondo criteri precostitu-iti e revisione, ovvero analisi dei comporta-menti alla ricerca di punti di miglioramento.

Bibliografia

1 - Gwinnut C.L., et al., Resuscitation 2001;48:17-23

2 – Accidental death and disability: the neglected disease of modern society. National Accademy on sciences – National research council. Washington, september1966

3 - Trunkey DD.Trauma.Sci Am. February 1983; 248:28

4 - Stocchetti N. et al.: Trauma Care in Italy: evidence of in-hospital preventable deaths. The Journal of Trauma, Vol.36,No 3, pag 401

5- Rick Peng et al. Epidemiology of Immediate and Early Trauma Death at an Urban Level 1 Trauma Center. The American Surgeon; Oct 1998; 64, 10

6 - Chiara O. et al., Organized trauma care: does volume matter and do trauma centers save lives? Current Opinion in Critical Care, 2003, 9: 510-514

7 - Chiara O. et al. Trauma death in an Italian urban area: an audit of pre-hospital and i n - h o s p i t a l t r a u m a c a r e . Injury,Int.J.Care Injured 33 -2002 553-562

8 - Nigel R M Tai et al. The neglect of trauma surgery BMJ 2006;332;805-806

9 - Nardi et al. Impatto di un modello di gestione integrata dei pazienti con trauma grave( ISS >16) sulla qualità del trattamento ospedaliero e sulla mortalità ospedaliera. Minerva Anest. 2002; 1-2:25-35

10 - Di Bartolomeo et al. Epidemiology of maior injury in the population of Friuli Venezia Giulia-Italy. Injury 2004

11 - Di Bartolomeo et al. A population based study on pneumothorax in severely traumatized patients. J.of Trauma. 2001. 51:677-82

Trauma: come cambiare

Il problema dell'overcrowding (O), che negli ultimi anni sta diventando partico-larmente pressante in molte delle strutture di Pronto Soccorso (PS) italiane, è certamente una criticità che riguarda praticamente tutti i paesi sviluppati. Da circa 20 anni assistiamo ad un incremento progressivo della letteratura sul tema che ci giunge da varie parti del mondo e soprattutto dai paesi anglosassoni ma anche da Europa ed Asia. Infatti alle segnalazioni provenienti da Stati Uniti, Australia, Canada, Nuova Zelanda e Gran Bretagna, si stanno aggiungendo articoli provenienti da Europa e Giappone e anche da alcuni paesi emergenti. Questo sta a dimostrare come il problema stia diventando ubiquitario senza particolari differenze tra i diversi sistemi sanitari sia a prevalenza pubblica che privata delle varie nazioni e riguarda tra l'altro anche le strutture di PS pediatrico.Riassumendo alcuni dei contenuti della letteratura si può affermare che il fenomeno del l 'O dei PS e dei Dipartimento Emergenza Accettazione sia stato sviscerato in maniera abbastanza approfondita per quanto riguarda le cause ed anche per quanto concerne la definizio-ne di O, definizione che va ben al di là del sovraffollamento di una sala d'attesa come è spesso portata a credere l'opinione

4 5

In questi ultimi anni è divenuto una criticità per tutti i paesi sviluppati.

Le cause? Demografiche, epidemiologiche, sociali, strutturali, organizzative. Tra le ipotesi di soluzione un nuovo ruolo delle strutture sanitarie del territorio e del medico di medicina generale, punto di

riferimento effettivo per la salute del paziente.

Il sovraffollamento del Pronto Soccorso determina una situazione nella quale la domanda di servizi in emergenza supera la capacità di fornire adeguata

assistenza in tempi ragionevoli.

Roberto LerzaDirettore S.C. Pronto Soccorso e Medicina d'urgenza, Ospedale San Paolo Savona

pubblica.Le ipotesi di soluzioni efficaci però, sono ancora limitate per cui il problema tende a diventare sempre più critico e ad allargarsi a “macchia d'olio”. Sembra che non si riesca a fare tesoro dell'esperienza di quei paesi che hanno vissuto il fenomeno prima di noi e quindi non si intravedono soluzioni che possano se non evitare, almeno arginare o ridimensionare questo problema.

La definizione adeguata di Overcrowding è stata per molto tempo dibattuta in quanto di volta in volta si tendeva a dare impor-tanza al numero degli utenti, oppure alle caratteristiche dell'organizzazione sia del d ipar t imento di emergenza, s ia dell'ospedale nel suo insieme, oppure ancora agli standard di personale necessari. Una definizione oggi accettata da un panel di esperti è la seguente :

L'O è una situazione nella quale la domanda di servizi in emergenza supera la capacità di fornire assistenza adeguata in un tempo ragionevole, causando quindi l'impossibilità per medici e infermieri di fornire cure di qualità

Se si analizza questa definizione si possono rilevare alcune analogie con la

definizione di maxiemergenza e questo dovrebbe preoccupare in quanto si potrebbe dire che molti di noi vivono una maxiemergenza quotidiana!

La definizione sopra riportata può certamente racchiudere quei punti che un gruppo di direttori di DEA statunitensi hanno specificato e cioè che :

- i pazienti attendano oltre 60 minuti prima di vedere un medico

- i pazienti rimangano nei corridoi più di 6 ore al giorno

- la sala d'attesa sia piena oltre 6 ore al

giorno- tutti i letti del dipartimento siano

occupati per più di 6 ore al giorno- il personale dell'area dell'emergenza si

senta sotto stress oltre 6 ore al giorno

Il parametro delle 6 ore è certamente convenzionale ma è verosimilmente calcolato valutando l'incidenza delle pericolose conseguenze dell'O.Ad esempio, se un tempo di permanenza inferiore alle 4 h negli open space dei PS viene considerato ancora adeguato per un paziente in via di definizione diagnostica e/o trattamento, un periodo superiore alle 8 h incide in genere negativamente sulla privacy e dignità della persona .Altri aspetti importanti, che dettagliano la definizione di overcrowding e sono utili nel monitoraggio del fenomeno sono i seguenti INDICATORI

- numero di pazienti che si allontanano senza essere stati visti dal medico

- durata della permanenza in PS (non solo tempo d'attesa)

- ore (giorni ?) trascorse prima di

trovare un posto letto a ricovero deciso

- aumento degli eventi sentinella e

mortalità

n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieOvercrowding Overcrowding

E' cruciale l'analisi di questi indicatori per capire nella sua interezza il fenomeno dell'O. Infatti se il numero di pazienti che si allontanano senza essere visitati è certamente espressione del tempo d'attesa e dell'entità del flusso di pazienti, gli altri tre punti esprimono aspetti dell'O che sono anche più importanti nella gestione dell'urgenza e quindi più sentiti dagli operatori del pronto soccorso.Il primo punto analizza la cosiddetta fase di accesso (INPUT) alle strutture di emergenza ma è certamente importante anche il secondo punto cioè la durata della permanenza dei pazienti in PS durante la fase diagnostica. Questa può essere definita come la fase di processo (THROUGHPUT) e caratterizza il fatto che alle strutture di PS viene richiesto un lavoro sempre maggiore sui pazienti, l'esecuzione di molti accertamenti talora anche non urgenti, finalizzata da un lato a dimettere più pazienti possibile dal PS, dall'altro a ricovere pazienti più studiati in modo da ridurre i tempi delle degenze. In parte la prolungata permanenza dei pz in PS durante la fase diagnostica è espressio-ne anche della medicina difensiva che sta prendendo sempre più campo in Italia. Gli aspetti organizzativi prevalenti che incidono su questa fase riguardano l'organizzazione del lavoro all'interno del PS e la tempistica degli esami radiologici, del laboratorio, delle consulenze.Gli ultimi due indicatori , cioè il tempo trascorso prima di trovare un posto letto a ricovero deciso e l'aumento degli eventi sentinella e mortalità caratteriz-zano gli aspetti più cruciali dell'O in quella che potremmo definire la fase di deflusso (OUTPUT) dei pazienti dal PS verso i reparti di degenza dell'ospedale. Tutta una catena di eventi è collegata al fatto che i pazienti già diagnosticati non riescano a trovare una immediata sistemazione adeguata in un reparto e quindi ad iniziare tempestivamente il loro percorso di cura. Questo fenomeno interessa molte strutture di PS in Italia, specialmente nei DEA di I e II livello. La carenza di posti letto per acuti spesso mal distribuiti sul territorio nelle varie realtà ospedaliere , i ritardi nelle dimissioni di quei pazienti che potrebbero liberare un posto letto sono alla base di quel fenome-no che gli anglosassoni definiscono come access block. L'access block contribuisce in maniera cruciale alla situazione caotica all'interno del PS e questo può determina-re elevato rischio clinico con eventi critici legati a carenze di sorveglianza, ritardi nelle cure. Il sovraccarico di pazienti e lavoro crea inevitabilmente una diminuita efficienza e qualità dell'assistenza con ritardi specialmente nelle terapie antibiotiche, nella terapia del dolore, nella profilassi e terapia antitrombotica .

Quanto sopra esposto definisce le varie sfaccettature della problematica dell'O e soprattutto sottolinea come vi sia una differente percezione del fenomeno tra i tecnici del settore e l'opinione pubblica. Quest'ultima è portata ad enfatizzare prevalentemente i tempi di attesa ed il sovraffollamento delle sale di attesa stesse, sovraffollamento che è dovuto maggiormente ai cosiddetti Codici Bianchi e cioè situazioni che spesso dovrebbero trovare altrove una risposta. E' certamente vero che volumi elevati di patologie non urgenti determinano

- conflitti utenti-operatori- demotivazione negli operatori- ostacolo al lavoro del triage

- caduta di immagine per l'Azienda

pertanto le Aziende hanno più spesso attenzione a questi fenomeni che sono anche enfatizzati dai mass media. Ed è verosimile anche che talune delle soluzioni proposte per questo problema non facciano altro che incrementare il flusso improprio. Tale fenomeno però determina O solo nelle sale di attesa e non nelle aree dedicate all'urgenza e non è di per sé un fenomeno pericoloso, mentre il vero O è racchiuso nella misura in cui si determina Access Block.

Schematicamente possiamo distinguere due principali gruppi di cause e cioè

1) Cause demografiche, epidemiologi-che e sociali

2) Cause strutturali ed organizzative

Purtroppo, dall'analisi in dettaglio delle cause, si evince come la maggior parte di queste sfugga al controllo degli staff dei dipartimenti di emergenza

1) Cause demografiche , epidemiologiche e sociali

E' noto che negli ultimi anni ,nelle varie strutture di PS in Italia si sta osservando , pur con qualche oscillazione, un progres-sivo incremento degli accessi. Questo fenomeno da solo non giustifica l'O e va sicuramente associato alla aumentata complessità ed acuzie dei pazienti che si presentano in PS e all'incremento del numero delle prestazioni che il PS di anno in anno effettua. Tutto ciò è dovuto a vari fattori :

- incremento dell'età media e pluripato-logie

- indigenza e suoi riflessi sulla salute- incremento nell'utilizzo di sostanze

d'abuso

LE CAUSE

- aumento della popolazione extraco-munitaria

- accessibilità e basso costo del PS- i n f l u e n z a d e i m a s s m e d i a

sull'opinione pubblica- bisogno di medicina tecnologica- tempi di attesa territoriali per

accertamenti diagnostici- disponibilità e competenza della

medicina di base

A commento di quanto sopra basti pensare all'invecchiamento della popolazione che certamente determina un afflusso sempre maggiore di anziani con pluripatologie al PS in quanto esiste una ovvia correlazione tra età e condizioni di salute. E' riportato che la gestione di un paziente anziano è sempre più complessa e più protratta sia come permanenza al PS sia come degenza ospedaliera . Una quota di pazienti, generalmente non anziana, è invece rappresentata dalla popolazione extracomunitaria che negli ultimi anni è aumentata sensibilmente di numero in Italia. Questi pazienti, vuoi per situazioni di indigenza, di clandestini-tà, di scarsa conoscenza dell'orga-nizzazione del nostro SSN, trovano più semplice rivolgersi al PS per i loro problemi di salute in quanto il PS è comunque una struttura facilmente accessibile e a costo contenuto.Certa-mente i lunghi tempi di attesa che in molte regioni esistono per accedere ad accerta-menti medici di vario genere, spingono alcuni cittadini a tentare la strada del PS come “scorciatoia” per una radiografia o una visita specialistica ma probabilmente incide ancora di più su questo il ruolo dei mass media. Questi hanno spesso un modo poco “tecnico” di trattare gli argomenti sanitari e quindi di volta in volta prevalgono sui mezzi di comunica-zione o i casi di malasanità che creano diffidenza e paure nei cittadini, oppure si magnificano le proprietà di “nuove tecnologie” che il cittadino, spinto alla ricerca della “salute perfetta” pretenderà gli siano messe a disposizione. E' triste constatare come la maggior parte dei pazienti , ai quali un tempo era sufficiente un tranquillo colloquio con il medico curante per sentirsi più rasserenati, trovino invece oggi più rassicurante fare una TAC anche se fuori da una precisa indicazione clinica. A questo si aggiunge una progressiva perdita del ruolo del medico di medicina generale per svariati motivi . Indagini effettuate presso le Molinette di Torino hanno dimostrato che oltre il 60% degli accessi al PS avviene senza un consulto precedente con il medico di medicina generale e questo è dovuto a diverse cause tra le quali anche una differente considerazione rispetto al passato che i cittadini hanno di questa importante figura professionale..

Segue a pag 6

Il problema dell'overcrowding (O), che negli ultimi anni sta diventando partico-larmente pressante in molte delle strutture di Pronto Soccorso (PS) italiane, è certamente una criticità che riguarda praticamente tutti i paesi sviluppati. Da circa 20 anni assistiamo ad un incremento progressivo della letteratura sul tema che ci giunge da varie parti del mondo e soprattutto dai paesi anglosassoni ma anche da Europa ed Asia. Infatti alle segnalazioni provenienti da Stati Uniti, Australia, Canada, Nuova Zelanda e Gran Bretagna, si stanno aggiungendo articoli provenienti da Europa e Giappone e anche da alcuni paesi emergenti. Questo sta a dimostrare come il problema stia diventando ubiquitario senza particolari differenze tra i diversi sistemi sanitari sia a prevalenza pubblica che privata delle varie nazioni e riguarda tra l'altro anche le strutture di PS pediatrico.Riassumendo alcuni dei contenuti della letteratura si può affermare che il fenomeno del l 'O dei PS e dei Dipartimento Emergenza Accettazione sia stato sviscerato in maniera abbastanza approfondita per quanto riguarda le cause ed anche per quanto concerne la definizio-ne di O, definizione che va ben al di là del sovraffollamento di una sala d'attesa come è spesso portata a credere l'opinione

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In questi ultimi anni è divenuto una criticità per tutti i paesi sviluppati.

Le cause? Demografiche, epidemiologiche, sociali, strutturali, organizzative. Tra le ipotesi di soluzione un nuovo ruolo delle strutture sanitarie del territorio e del medico di medicina generale, punto di

riferimento effettivo per la salute del paziente.

Il sovraffollamento del Pronto Soccorso determina una situazione nella quale la domanda di servizi in emergenza supera la capacità di fornire adeguata

assistenza in tempi ragionevoli.

Roberto LerzaDirettore S.C. Pronto Soccorso e Medicina d'urgenza, Ospedale San Paolo Savona

pubblica.Le ipotesi di soluzioni efficaci però, sono ancora limitate per cui il problema tende a diventare sempre più critico e ad allargarsi a “macchia d'olio”. Sembra che non si riesca a fare tesoro dell'esperienza di quei paesi che hanno vissuto il fenomeno prima di noi e quindi non si intravedono soluzioni che possano se non evitare, almeno arginare o ridimensionare questo problema.

La definizione adeguata di Overcrowding è stata per molto tempo dibattuta in quanto di volta in volta si tendeva a dare impor-tanza al numero degli utenti, oppure alle caratteristiche dell'organizzazione sia del d ipar t imento di emergenza, s ia dell'ospedale nel suo insieme, oppure ancora agli standard di personale necessari. Una definizione oggi accettata da un panel di esperti è la seguente :

L'O è una situazione nella quale la domanda di servizi in emergenza supera la capacità di fornire assistenza adeguata in un tempo ragionevole, causando quindi l'impossibilità per medici e infermieri di fornire cure di qualità

Se si analizza questa definizione si possono rilevare alcune analogie con la

definizione di maxiemergenza e questo dovrebbe preoccupare in quanto si potrebbe dire che molti di noi vivono una maxiemergenza quotidiana!

La definizione sopra riportata può certamente racchiudere quei punti che un gruppo di direttori di DEA statunitensi hanno specificato e cioè che :

- i pazienti attendano oltre 60 minuti prima di vedere un medico

- i pazienti rimangano nei corridoi più di 6 ore al giorno

- la sala d'attesa sia piena oltre 6 ore al

giorno- tutti i letti del dipartimento siano

occupati per più di 6 ore al giorno- il personale dell'area dell'emergenza si

senta sotto stress oltre 6 ore al giorno

Il parametro delle 6 ore è certamente convenzionale ma è verosimilmente calcolato valutando l'incidenza delle pericolose conseguenze dell'O.Ad esempio, se un tempo di permanenza inferiore alle 4 h negli open space dei PS viene considerato ancora adeguato per un paziente in via di definizione diagnostica e/o trattamento, un periodo superiore alle 8 h incide in genere negativamente sulla privacy e dignità della persona .Altri aspetti importanti, che dettagliano la definizione di overcrowding e sono utili nel monitoraggio del fenomeno sono i seguenti INDICATORI

- numero di pazienti che si allontanano senza essere stati visti dal medico

- durata della permanenza in PS (non solo tempo d'attesa)

- ore (giorni ?) trascorse prima di

trovare un posto letto a ricovero deciso

- aumento degli eventi sentinella e

mortalità

n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieOvercrowding Overcrowding

E' cruciale l'analisi di questi indicatori per capire nella sua interezza il fenomeno dell'O. Infatti se il numero di pazienti che si allontanano senza essere visitati è certamente espressione del tempo d'attesa e dell'entità del flusso di pazienti, gli altri tre punti esprimono aspetti dell'O che sono anche più importanti nella gestione dell'urgenza e quindi più sentiti dagli operatori del pronto soccorso.Il primo punto analizza la cosiddetta fase di accesso (INPUT) alle strutture di emergenza ma è certamente importante anche il secondo punto cioè la durata della permanenza dei pazienti in PS durante la fase diagnostica. Questa può essere definita come la fase di processo (THROUGHPUT) e caratterizza il fatto che alle strutture di PS viene richiesto un lavoro sempre maggiore sui pazienti, l'esecuzione di molti accertamenti talora anche non urgenti, finalizzata da un lato a dimettere più pazienti possibile dal PS, dall'altro a ricovere pazienti più studiati in modo da ridurre i tempi delle degenze. In parte la prolungata permanenza dei pz in PS durante la fase diagnostica è espressio-ne anche della medicina difensiva che sta prendendo sempre più campo in Italia. Gli aspetti organizzativi prevalenti che incidono su questa fase riguardano l'organizzazione del lavoro all'interno del PS e la tempistica degli esami radiologici, del laboratorio, delle consulenze.Gli ultimi due indicatori , cioè il tempo trascorso prima di trovare un posto letto a ricovero deciso e l'aumento degli eventi sentinella e mortalità caratteriz-zano gli aspetti più cruciali dell'O in quella che potremmo definire la fase di deflusso (OUTPUT) dei pazienti dal PS verso i reparti di degenza dell'ospedale. Tutta una catena di eventi è collegata al fatto che i pazienti già diagnosticati non riescano a trovare una immediata sistemazione adeguata in un reparto e quindi ad iniziare tempestivamente il loro percorso di cura. Questo fenomeno interessa molte strutture di PS in Italia, specialmente nei DEA di I e II livello. La carenza di posti letto per acuti spesso mal distribuiti sul territorio nelle varie realtà ospedaliere , i ritardi nelle dimissioni di quei pazienti che potrebbero liberare un posto letto sono alla base di quel fenome-no che gli anglosassoni definiscono come access block. L'access block contribuisce in maniera cruciale alla situazione caotica all'interno del PS e questo può determina-re elevato rischio clinico con eventi critici legati a carenze di sorveglianza, ritardi nelle cure. Il sovraccarico di pazienti e lavoro crea inevitabilmente una diminuita efficienza e qualità dell'assistenza con ritardi specialmente nelle terapie antibiotiche, nella terapia del dolore, nella profilassi e terapia antitrombotica .

Quanto sopra esposto definisce le varie sfaccettature della problematica dell'O e soprattutto sottolinea come vi sia una differente percezione del fenomeno tra i tecnici del settore e l'opinione pubblica. Quest'ultima è portata ad enfatizzare prevalentemente i tempi di attesa ed il sovraffollamento delle sale di attesa stesse, sovraffollamento che è dovuto maggiormente ai cosiddetti Codici Bianchi e cioè situazioni che spesso dovrebbero trovare altrove una risposta. E' certamente vero che volumi elevati di patologie non urgenti determinano

- conflitti utenti-operatori- demotivazione negli operatori- ostacolo al lavoro del triage

- caduta di immagine per l'Azienda

pertanto le Aziende hanno più spesso attenzione a questi fenomeni che sono anche enfatizzati dai mass media. Ed è verosimile anche che talune delle soluzioni proposte per questo problema non facciano altro che incrementare il flusso improprio. Tale fenomeno però determina O solo nelle sale di attesa e non nelle aree dedicate all'urgenza e non è di per sé un fenomeno pericoloso, mentre il vero O è racchiuso nella misura in cui si determina Access Block.

Schematicamente possiamo distinguere due principali gruppi di cause e cioè

1) Cause demografiche, epidemiologi-che e sociali

2) Cause strutturali ed organizzative

Purtroppo, dall'analisi in dettaglio delle cause, si evince come la maggior parte di queste sfugga al controllo degli staff dei dipartimenti di emergenza

1) Cause demografiche , epidemiologiche e sociali

E' noto che negli ultimi anni ,nelle varie strutture di PS in Italia si sta osservando , pur con qualche oscillazione, un progres-sivo incremento degli accessi. Questo fenomeno da solo non giustifica l'O e va sicuramente associato alla aumentata complessità ed acuzie dei pazienti che si presentano in PS e all'incremento del numero delle prestazioni che il PS di anno in anno effettua. Tutto ciò è dovuto a vari fattori :

- incremento dell'età media e pluripato-logie

- indigenza e suoi riflessi sulla salute- incremento nell'utilizzo di sostanze

d'abuso

LE CAUSE

- aumento della popolazione extraco-munitaria

- accessibilità e basso costo del PS- i n f l u e n z a d e i m a s s m e d i a

sull'opinione pubblica- bisogno di medicina tecnologica- tempi di attesa territoriali per

accertamenti diagnostici- disponibilità e competenza della

medicina di base

A commento di quanto sopra basti pensare all'invecchiamento della popolazione che certamente determina un afflusso sempre maggiore di anziani con pluripatologie al PS in quanto esiste una ovvia correlazione tra età e condizioni di salute. E' riportato che la gestione di un paziente anziano è sempre più complessa e più protratta sia come permanenza al PS sia come degenza ospedaliera . Una quota di pazienti, generalmente non anziana, è invece rappresentata dalla popolazione extracomunitaria che negli ultimi anni è aumentata sensibilmente di numero in Italia. Questi pazienti, vuoi per situazioni di indigenza, di clandestini-tà, di scarsa conoscenza dell'orga-nizzazione del nostro SSN, trovano più semplice rivolgersi al PS per i loro problemi di salute in quanto il PS è comunque una struttura facilmente accessibile e a costo contenuto.Certa-mente i lunghi tempi di attesa che in molte regioni esistono per accedere ad accerta-menti medici di vario genere, spingono alcuni cittadini a tentare la strada del PS come “scorciatoia” per una radiografia o una visita specialistica ma probabilmente incide ancora di più su questo il ruolo dei mass media. Questi hanno spesso un modo poco “tecnico” di trattare gli argomenti sanitari e quindi di volta in volta prevalgono sui mezzi di comunica-zione o i casi di malasanità che creano diffidenza e paure nei cittadini, oppure si magnificano le proprietà di “nuove tecnologie” che il cittadino, spinto alla ricerca della “salute perfetta” pretenderà gli siano messe a disposizione. E' triste constatare come la maggior parte dei pazienti , ai quali un tempo era sufficiente un tranquillo colloquio con il medico curante per sentirsi più rasserenati, trovino invece oggi più rassicurante fare una TAC anche se fuori da una precisa indicazione clinica. A questo si aggiunge una progressiva perdita del ruolo del medico di medicina generale per svariati motivi . Indagini effettuate presso le Molinette di Torino hanno dimostrato che oltre il 60% degli accessi al PS avviene senza un consulto precedente con il medico di medicina generale e questo è dovuto a diverse cause tra le quali anche una differente considerazione rispetto al passato che i cittadini hanno di questa importante figura professionale..

Segue a pag 6

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n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieOvercrowding Overcrowding

il fenomeno più serio quale conseguenza dell'O sono le conseguenze sulla salute dei pazienti. Al di là di chi abbandona il PS magari avendo un problema serio di salute, lavorare in un PS sovraffollato, con spiccato fenomeno di access block significa difetto nella sorveglianza dei pazienti, aumento della percentuale di errori medici ed amministrativi, ritardo nelle cure . E' dimostrata una correlazio-ne significativa tra numero di eventi avversi e carico di lavoro in PS. Soprattutto vengono rimarcati dalla letteratura ritardi nella terapia analgesi-ca e antibiotica. Quindi si può affermare che nell'O si possono ritrovare significati-vi aspetti di rischio clinico. In parte collegati a questo vi sono i riflessi negativi sul personale : la percezione di lavorare in un contesto di rischio, la conflittualità con l'utenza, unite spesso alle carenze degli organici, finiscono per demotivare gli operatori ed essere alla base del rapido turn over del personale e del fenomeno del burn out.Sempre nell'ambito del rischio clinico si possono far rientrare aspetti specifici quali la stesura di protocolli dettati proprio dalla necessità di far fronte ad un affollamento eccessivo e quindi ad una protratta attesa dei pazienti. In molte strutture di PS, per ovviare a questo fenomeno e “guadagnare tempo”, si sono messi in atto protocolli di triage che prevedono ad esempio la somministra-zione di analgesici prima della visita , l'esecuzione di prelievi ematici ai pazienti con gruppi preselezionati di esami in funzione del sintomo di presentazione. Se l'intento organizzativo di queste scelte è per certi aspetti encomiabile in quanto tiene conto del tempo di attesa e delle sofferenze dei pazienti mirando a sveltirne l'iter, di fatto si legittima che l'O incida sulla professione medica stravol-gendone l'approccio ai pazienti. Paradossalmente si può affermare che si è costretti ad attuare una “medicina al contrario” che parte dalla terapia, passa attraverso esami diagnostici per arrivare finalmente alla visita. Questa condizione è certamente dettata da uno stato di necessità ma non si può certo affermare che sia buona medicina…

La possibilità di risolvere da un momento all'altro il problema dell'O non è certa-mente alla portata di alcuno. Nessuno possiede infatti la bacchetta magica per affrontare una situazione che ha moltepli-ci sfaccettature. Lo staff del PS, che abbiamo visto non ha sostanzialmente alcuna possibilità di incidere su quelle che sono le cause dell'O, per quanto riguarda le soluzioni possibili ha forse un ruolo meno marginale non fosse altro per la conoscenza del problema che viene

LE IPOTESI DI SOLUZIONE

2) Cause strutturali ed organizzati-ve

Sono certamente dovute a fenomeni più evidenti in quanto quotidianamente sotto gli occhi di lavora nell'urgenza. Un elenco delle cause principali è il seguen-te:

- carenza di posti letto per acuti- spazi insufficienti- carenza e crisi del personale- carenza di supporto amministra-

tivo e burocratizzazione del lavoro

- aumento della complessità diagnostica e intensità di cure in PS

- difficoltà nei percorsi in uscita

Qualunque medico di PS potrebbe commentare questi punti approfondendo l'analisi. La carenza di posti letto per acuti è fenomeno comunissimo nei grandi ospedali e già verificatosi negli altri paesi civilizzati nel momento in cui , il crescere delle spesa sanitaria ha costretto a percorsi di razionalizzazione che hanno indotto una contrazione del numero globale di posti letto. A questo fenomeno va aggiunto il fatto che, specie in molte delle nostre realtà regionali, i posti letto per acuti sono distribuiti male sia come logistica, sia come pertinenza specialisti-ca (troppi letti di chirurgia e pochi di medicina). Inoltre sono ancora elevati i cosiddetti ricoveri impropri che non provengono per lo più dal PS ma dalla attività privata di molti colleghi. Ancora va ricordato il fenomeno dei “bed blockers” cioè quei pazienti , che arrivano fino al 10% in alcuni reparti medici, che occupano il posto letto per un tempo lunghissimo in quanto non facilmente dimissibili per svariate ragioni sociali, di cronicità, di complessi-tà assistenziale malgrado il superamento della fase acuta. Tutti questi aspetti assieme oltre ad essere espressione di una arretratezza della medicina territoriale contribuiscono a determinare il sovraffol-lamento e la sovraoccupazione di molti reparti che spesso devono assistere pazienti che sono collocati in altre divisioni. Ebbene, la letteratura interna-zionale ci dice che quando un ospedale lavora in condizioni di occupazione superiori all'85-90 % si crea instabilità del sistema e cioè non si è più in grado di far fronte a quelle situazioni critiche che possono verificarsi : basti pensare ad una epidemia influenzale o all'emergenza caldo, ad una maxiemergenza o più semplicemente ad una carenza di personale magari dovuta al periodo delle ferie .Sul problema degli spazi insuffi-cienti e carenza di personale è persino superfluo parlare. Le situazioni sono differenti da PS a PS ma si può certo dire

vissuto tutti i giorni. I maggiori cambia-menti necessari ,però , sono di tipo

che le isole felici sono poche. Ancora più importante della carenza stessa è però la conseguenza che questa ha sugli operato-ri che da troppo tempo lavorano in strutture non idonee e per di più con organici ridotti. Il fenomeno del burn out trova ampie radici in questi aspetti e quindi contribuisce alla crisi del persona-le che dopo anni di lavoro in PS è indotto ad allontanarsi da questa struttura in quanto non intravede una soluzione prossima ai problemi principali. Ma non basta il fatto di essere pochi e di lavorare in contesti difficili. Il lavoro del PS diventa sempre meno clinico e sempre più burocratico : referti, consensi, catene di custodia, procedure amministrative sottraggono tempo alla clinica e sono pochi i centri che dispongono di persona-le amministrativo a supporto.Il miglioramento della tecnologia disponibile in PS ha certamente portato vantaggi qualitativi ma è altrettanto vero che sono aumentate le prestazioni (molto di più degli accessi) e quindi il tempo di permanenza in PS di molti pazienti. C'è dilatazione dei tempi per diagnostica e consulenze, talora dettati dalla medicina difensiva ma più spesso dall'intento di mandare nei reparti dei pazienti più studiati. Questo aumento dell'intensità di cure dovrebbe riflettersi in tempi ridotti di degenza ma si riflette anche su tempi aumentati di permanenza al PS. Infine meriterebbe una analisi la difficoltà dei percorsi in uscita che ha molte sfaccetta-ture. La dimissione di un paziente è quasi sempre problematica a partire dalla lettera di dimissione, alla attesa di una ambulanza o dei familiari che devono venire a prenderlo. La scarsa disponibili-tà di posti in strutture “protette”, la burocrazia per le domande, le difficoltà di

iniziativa che può facilitare il percorso di molti pazienti ed evitare alcuni ricoveri è quella di rendere più disponibili gli accessi ai Day Hospital per i pazienti visitati al PS ma anche questa è una procedura da effettuarsi con il supporto delle Direzioni Sanitarie e che potrebbe essre complicata dalla istituzione dei Day Service.Il Pronto Soccorso ha anche al suo interno la possibilità di mettere in atto alcune procedure organizzative che possono ridurre il fenomeno dell'O e sveltire i tempi di gestione di alcuni pazienti. Sulla creazione di un ambulato-rio dedicato ai codici bianchi si è già detto sopra. Se le risorse lo consentono, una loro gestione condotta dai medici di PS crediamo sia garanzia da un lato di efficienza e dall'altro di confinamento del fenomeno entro limiti accettabili senza incentivazione del flusso. I cosiddetti fast tracks sono percorsi già operativi in molti PS e consentono un invio rapido di molti pazienti a bassa complessità , presso lo specialista necessario, senza che il paziente debba sottostare ad una lunga attesa . Anche dell'accesso facilitato ai day hospital si è già detto, ma ancora di più può incidere sulla organizzazione l'attuazione di percorsi per patologie ispirate a moderne linee guida ed espressi attraverso protocolli : questo facilita e riduce i tempi di gestione di molte situazioni cliniche, sia che siano gestite solo in sala di PS, sia che siano pazienti delle degenze. Un altro aspetto organiz-zativo che non è ancora diffusamente messo in pratica ma che potrebbe portare ad indubbi vantaggi gestionali è la possibilità di invio diretto di pazienti da PS verso strutture territoriali geriatri-co/riabilitative. Attualmente l'avvio di questi pazienti segue, dai reparti, una procedura piuttosto lenta e farraginosa che prevede, oltre alla parte burocratica, la valutazione dei pazienti da parte di una Unità di Valutazione Geriatria che di fatto autorizza il trasferimento. La lentezza di questa procedura fa si che molti pazienti rimangano ad occupare un letto ospeda-lierio (bed blokers) per vari giorni. Sicuramente il medico di PS ha esperien-za sufficiente per rendersi conto di quali pazienti, per problemi di vario ordine sia sociale che clinico riabilitativo, si gioverebbero dell'invio in tali strutture piuttosto che in un reparto ospedaliero. P e r t a n t o , u n c a m b i a m e n t o nell'organizzazione potrebbe facilitare questi percorsi almeno per alcuni pazienti che potrebbero essere direttamente inviati da PS, OBI o Med Urg, verso queste strutture, senza dover prima essere ricoverate in un reparto ospedaliero.

Le soluzioni sopra esposte riguardano prevalentemente la possibilità di ridurre l'O nella fase di accesso anche se alcune

assistenza al proprio domicilio, sono tutti aspetti che rendono complesso un percorso e spesso ne ritardano l'avvio

In parte gli effetti negativi dell'O sono già stati accennati. Possiamo qui riepilogare alcuni degli aspetti più salienti . Certamente l'O ha un impatto significati-vo sulla soddisfazione dei pazienti che è considerata un indicatore della qualità delle cure. A questo aspetto sono legati i tempi di attesa al PS e di conseguenza la percentuale di abbandoni prima della visita che abbiamo visto è considerato un indicatore di O particolarmente consi-stente in molti paesi.E' certamente possibile che i pazienti che abbandonano il PS senza essere visitati corrano dei pericoli per una sottostima del loro disturbo però questa è evenienza non frequente trattandosi per lo più di codici a bassa priorità. Quello che certamente deriva dalla percentuale di abbandoni è una perdita di immagine per l'Azienda e l'incidenza di conflitti utenti-operatori : spesso il personale non ha tempo di dare informazioni sull'affollamento e l'attesa e il pubblico spesso vive questo difetto di comunicazione come una mancanza di organizzazione e riguardo per l'utenza . Negli ultimi anni nell'opinione degli utenti , si va facendo strada la percezione che anche la carenza di posti letto sia spesso alla base dell'O e quindi non solo l'affollamento delle sale d'attesa sia alla base della dilatazione del tempo che si passa al PS. La mancata soddisfazione dei pazienti si traduce talvolta anche in episodi di violenza verbale e fisica che gli operatori devono subire. Per quanto gli operatori non abbiano sostanziali colpe,

GLI EFFETTI DELL'OVERCROWDING

Segue da pag 5

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n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieOvercrowding Overcrowding

il fenomeno più serio quale conseguenza dell'O sono le conseguenze sulla salute dei pazienti. Al di là di chi abbandona il PS magari avendo un problema serio di salute, lavorare in un PS sovraffollato, con spiccato fenomeno di access block significa difetto nella sorveglianza dei pazienti, aumento della percentuale di errori medici ed amministrativi, ritardo nelle cure . E' dimostrata una correlazio-ne significativa tra numero di eventi avversi e carico di lavoro in PS. Soprattutto vengono rimarcati dalla letteratura ritardi nella terapia analgesi-ca e antibiotica. Quindi si può affermare che nell'O si possono ritrovare significati-vi aspetti di rischio clinico. In parte collegati a questo vi sono i riflessi negativi sul personale : la percezione di lavorare in un contesto di rischio, la conflittualità con l'utenza, unite spesso alle carenze degli organici, finiscono per demotivare gli operatori ed essere alla base del rapido turn over del personale e del fenomeno del burn out.Sempre nell'ambito del rischio clinico si possono far rientrare aspetti specifici quali la stesura di protocolli dettati proprio dalla necessità di far fronte ad un affollamento eccessivo e quindi ad una protratta attesa dei pazienti. In molte strutture di PS, per ovviare a questo fenomeno e “guadagnare tempo”, si sono messi in atto protocolli di triage che prevedono ad esempio la somministra-zione di analgesici prima della visita , l'esecuzione di prelievi ematici ai pazienti con gruppi preselezionati di esami in funzione del sintomo di presentazione. Se l'intento organizzativo di queste scelte è per certi aspetti encomiabile in quanto tiene conto del tempo di attesa e delle sofferenze dei pazienti mirando a sveltirne l'iter, di fatto si legittima che l'O incida sulla professione medica stravol-gendone l'approccio ai pazienti. Paradossalmente si può affermare che si è costretti ad attuare una “medicina al contrario” che parte dalla terapia, passa attraverso esami diagnostici per arrivare finalmente alla visita. Questa condizione è certamente dettata da uno stato di necessità ma non si può certo affermare che sia buona medicina…

La possibilità di risolvere da un momento all'altro il problema dell'O non è certa-mente alla portata di alcuno. Nessuno possiede infatti la bacchetta magica per affrontare una situazione che ha moltepli-ci sfaccettature. Lo staff del PS, che abbiamo visto non ha sostanzialmente alcuna possibilità di incidere su quelle che sono le cause dell'O, per quanto riguarda le soluzioni possibili ha forse un ruolo meno marginale non fosse altro per la conoscenza del problema che viene

LE IPOTESI DI SOLUZIONE

2) Cause strutturali ed organizzati-ve

Sono certamente dovute a fenomeni più evidenti in quanto quotidianamente sotto gli occhi di lavora nell'urgenza. Un elenco delle cause principali è il seguen-te:

- carenza di posti letto per acuti- spazi insufficienti- carenza e crisi del personale- carenza di supporto amministra-

tivo e burocratizzazione del lavoro

- aumento della complessità diagnostica e intensità di cure in PS

- difficoltà nei percorsi in uscita

Qualunque medico di PS potrebbe commentare questi punti approfondendo l'analisi. La carenza di posti letto per acuti è fenomeno comunissimo nei grandi ospedali e già verificatosi negli altri paesi civilizzati nel momento in cui , il crescere delle spesa sanitaria ha costretto a percorsi di razionalizzazione che hanno indotto una contrazione del numero globale di posti letto. A questo fenomeno va aggiunto il fatto che, specie in molte delle nostre realtà regionali, i posti letto per acuti sono distribuiti male sia come logistica, sia come pertinenza specialisti-ca (troppi letti di chirurgia e pochi di medicina). Inoltre sono ancora elevati i cosiddetti ricoveri impropri che non provengono per lo più dal PS ma dalla attività privata di molti colleghi. Ancora va ricordato il fenomeno dei “bed blockers” cioè quei pazienti , che arrivano fino al 10% in alcuni reparti medici, che occupano il posto letto per un tempo lunghissimo in quanto non facilmente dimissibili per svariate ragioni sociali, di cronicità, di complessi-tà assistenziale malgrado il superamento della fase acuta. Tutti questi aspetti assieme oltre ad essere espressione di una arretratezza della medicina territoriale contribuiscono a determinare il sovraffol-lamento e la sovraoccupazione di molti reparti che spesso devono assistere pazienti che sono collocati in altre divisioni. Ebbene, la letteratura interna-zionale ci dice che quando un ospedale lavora in condizioni di occupazione superiori all'85-90 % si crea instabilità del sistema e cioè non si è più in grado di far fronte a quelle situazioni critiche che possono verificarsi : basti pensare ad una epidemia influenzale o all'emergenza caldo, ad una maxiemergenza o più semplicemente ad una carenza di personale magari dovuta al periodo delle ferie .Sul problema degli spazi insuffi-cienti e carenza di personale è persino superfluo parlare. Le situazioni sono differenti da PS a PS ma si può certo dire

vissuto tutti i giorni. I maggiori cambia-menti necessari ,però , sono di tipo

che le isole felici sono poche. Ancora più importante della carenza stessa è però la conseguenza che questa ha sugli operato-ri che da troppo tempo lavorano in strutture non idonee e per di più con organici ridotti. Il fenomeno del burn out trova ampie radici in questi aspetti e quindi contribuisce alla crisi del persona-le che dopo anni di lavoro in PS è indotto ad allontanarsi da questa struttura in quanto non intravede una soluzione prossima ai problemi principali. Ma non basta il fatto di essere pochi e di lavorare in contesti difficili. Il lavoro del PS diventa sempre meno clinico e sempre più burocratico : referti, consensi, catene di custodia, procedure amministrative sottraggono tempo alla clinica e sono pochi i centri che dispongono di persona-le amministrativo a supporto.Il miglioramento della tecnologia disponibile in PS ha certamente portato vantaggi qualitativi ma è altrettanto vero che sono aumentate le prestazioni (molto di più degli accessi) e quindi il tempo di permanenza in PS di molti pazienti. C'è dilatazione dei tempi per diagnostica e consulenze, talora dettati dalla medicina difensiva ma più spesso dall'intento di mandare nei reparti dei pazienti più studiati. Questo aumento dell'intensità di cure dovrebbe riflettersi in tempi ridotti di degenza ma si riflette anche su tempi aumentati di permanenza al PS. Infine meriterebbe una analisi la difficoltà dei percorsi in uscita che ha molte sfaccetta-ture. La dimissione di un paziente è quasi sempre problematica a partire dalla lettera di dimissione, alla attesa di una ambulanza o dei familiari che devono venire a prenderlo. La scarsa disponibili-tà di posti in strutture “protette”, la burocrazia per le domande, le difficoltà di

iniziativa che può facilitare il percorso di molti pazienti ed evitare alcuni ricoveri è quella di rendere più disponibili gli accessi ai Day Hospital per i pazienti visitati al PS ma anche questa è una procedura da effettuarsi con il supporto delle Direzioni Sanitarie e che potrebbe essre complicata dalla istituzione dei Day Service.Il Pronto Soccorso ha anche al suo interno la possibilità di mettere in atto alcune procedure organizzative che possono ridurre il fenomeno dell'O e sveltire i tempi di gestione di alcuni pazienti. Sulla creazione di un ambulato-rio dedicato ai codici bianchi si è già detto sopra. Se le risorse lo consentono, una loro gestione condotta dai medici di PS crediamo sia garanzia da un lato di efficienza e dall'altro di confinamento del fenomeno entro limiti accettabili senza incentivazione del flusso. I cosiddetti fast tracks sono percorsi già operativi in molti PS e consentono un invio rapido di molti pazienti a bassa complessità , presso lo specialista necessario, senza che il paziente debba sottostare ad una lunga attesa . Anche dell'accesso facilitato ai day hospital si è già detto, ma ancora di più può incidere sulla organizzazione l'attuazione di percorsi per patologie ispirate a moderne linee guida ed espressi attraverso protocolli : questo facilita e riduce i tempi di gestione di molte situazioni cliniche, sia che siano gestite solo in sala di PS, sia che siano pazienti delle degenze. Un altro aspetto organiz-zativo che non è ancora diffusamente messo in pratica ma che potrebbe portare ad indubbi vantaggi gestionali è la possibilità di invio diretto di pazienti da PS verso strutture territoriali geriatri-co/riabilitative. Attualmente l'avvio di questi pazienti segue, dai reparti, una procedura piuttosto lenta e farraginosa che prevede, oltre alla parte burocratica, la valutazione dei pazienti da parte di una Unità di Valutazione Geriatria che di fatto autorizza il trasferimento. La lentezza di questa procedura fa si che molti pazienti rimangano ad occupare un letto ospeda-lierio (bed blokers) per vari giorni. Sicuramente il medico di PS ha esperien-za sufficiente per rendersi conto di quali pazienti, per problemi di vario ordine sia sociale che clinico riabilitativo, si gioverebbero dell'invio in tali strutture piuttosto che in un reparto ospedaliero. P e r t a n t o , u n c a m b i a m e n t o nell'organizzazione potrebbe facilitare questi percorsi almeno per alcuni pazienti che potrebbero essere direttamente inviati da PS, OBI o Med Urg, verso queste strutture, senza dover prima essere ricoverate in un reparto ospedaliero.

Le soluzioni sopra esposte riguardano prevalentemente la possibilità di ridurre l'O nella fase di accesso anche se alcune

assistenza al proprio domicilio, sono tutti aspetti che rendono complesso un percorso e spesso ne ritardano l'avvio

In parte gli effetti negativi dell'O sono già stati accennati. Possiamo qui riepilogare alcuni degli aspetti più salienti . Certamente l'O ha un impatto significati-vo sulla soddisfazione dei pazienti che è considerata un indicatore della qualità delle cure. A questo aspetto sono legati i tempi di attesa al PS e di conseguenza la percentuale di abbandoni prima della visita che abbiamo visto è considerato un indicatore di O particolarmente consi-stente in molti paesi.E' certamente possibile che i pazienti che abbandonano il PS senza essere visitati corrano dei pericoli per una sottostima del loro disturbo però questa è evenienza non frequente trattandosi per lo più di codici a bassa priorità. Quello che certamente deriva dalla percentuale di abbandoni è una perdita di immagine per l'Azienda e l'incidenza di conflitti utenti-operatori : spesso il personale non ha tempo di dare informazioni sull'affollamento e l'attesa e il pubblico spesso vive questo difetto di comunicazione come una mancanza di organizzazione e riguardo per l'utenza . Negli ultimi anni nell'opinione degli utenti , si va facendo strada la percezione che anche la carenza di posti letto sia spesso alla base dell'O e quindi non solo l'affollamento delle sale d'attesa sia alla base della dilatazione del tempo che si passa al PS. La mancata soddisfazione dei pazienti si traduce talvolta anche in episodi di violenza verbale e fisica che gli operatori devono subire. Per quanto gli operatori non abbiano sostanziali colpe,

GLI EFFETTI DELL'OVERCROWDING

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n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieOvercrowding Patologie intestinali

di loro possono ridurre anche i tempi di permanenza dei pazienti all'interno del PS una volta accettati e visitati. L'O durante la fase di processo può certamen-te essere ridotto dalla disponibilità della diagnostica “just in time” considerato che sempre più accertamenti vengono richiesti ai pazienti (nell'ottica sia della medicina difensiva ma anche di accelera-re tutti i percorsi ed evitare i ricoveri quando possibile) e che quindi disporre di radiologie attrezzate ed efficienti, laboratori rapidi e dedicati all'urgenza, consulenze tempestive, si traduce in una riduzione dei tempi di gestione. Sono poi ancora molte le strutture di PS che non dispongono di letti di OBI e di Medicina d'Urgenza : la presenza del medico sulle 24 h, il rapido turn over dei pazienti e la possibilità quindi di utilizzare questi letti anche in funzione dell'O del PS stabilendo priorità di trattamento e sistemazione delle patologie presenti, rendono fondamentali questi letti in tutta l'organizzazione dell'ospedale. Il medico di PS ha, per una forma mentale acquisita sul campo, l'atteggiamento di porsi sempre nei riguardi di un posto letto libero, come se fosse sempre “l'ultimo rimasto nell'ospedale” e questo è senz'altro garanzia di efficacia e tra l'altro, consentendo di sistemare i pazienti e avviare tempestivamente le terapie necessarie, incide sulla riduzione del rischio clinico.Ultimo problema da affrontare sono le possibili soluzioni per la fase di deflusso dei pazienti dal PS ed in particolare al fenomeno dell'access block. Forse il migliorare i rapporti organizzativi con le pubbliche assistenze consentirebbe di inviare a domicilio in tempi più brevi dal PS alcuni pazienti che invece rimangono ore su una barella in attesa che una ambulanza libera li riporti a casa o nella struttura di provenienza. Il problema principale, però, come detto è legato all'access block e cioè alla mancanza di un posto lettodisponibile in tempi accettabili e quindi alla permanenza di diversi pazienti in barella negli spazi e nei corridoi del PS. Su questo campo le Direzioni Sanitarie possono incidere molto e spesso è solo una questione di volontà cercare di far sì che i medici del PS non debbano trascorrere ore di tempo al telefono in penose contrattazioni con i reparti per inviare un paziente. Senza arrivare ad ipotesi forzate quale l'invio “ad ogni costo”del paziente nel reparto costringendolo alla sistemazione in corridoio, il problema potrebbe essere mitigato da una comunicazione veritiera e tempestiva dei posti letto liberi e questo solo la direzione sanitaria può assicurar-lo. Sempre le direzioni sanitarie potrebbe-ro concordare che ciascun reparto possa dare quotidianamente al PS la disponibi-lità di un numero di posti letto calcolato

sulla base dei dati storici degli anni precedenti: di anno in anno sono infatti sostanzialmente simili i numeri dei pazienti che ciascun reparto riceve dal PS e quindi tanto vale programmare almeno una disponibilità quotidiana calcolata su queste basi. In pratica ogni reparto potrebbe programmare la propria attività sapendo ogni giorno il numero approssi-mativo di pazienti che il PS gli invierà e quindi dare la disponibilità in tempi più brevi. Si è già accennato alla lentezza con la quale i reparti riescono a dimettere alcuni pazienti cronici (bed blokers) e come già detto il miglioramento dei percorsi burocratici per l'invio verso strutture protette è certamente possibile con la conseguente disponibilità di più posti letto. Spesso anche le normali dimissioni di un paziente verso il proprio domicilio sono piuttosto complesse in quanto occorre prevedere, a paziente già in grado di uscire, stesura della lettera di dimissione, attesa dei familiari che difficilmente si rendono disponibili in orario mattutino, attesa di una ambulan-za per la dimissione ed è noto che questi servizi vengono effettuati abitualmente nel pomeriggio. Anche una volta uscito il paziente , il reparto, prima di dare la disponibilità del posto letto, deve pulire la stanza e rifar il letto stesso . Nel mentre trascorre tutto questo tempo, spesso c'è un paziente in barella al PS che, a ricovero deciso già dalla mattina, troverà sistemazione probabilmente verso sera. Non è facile accelerare questo processo per cui,alcuni centri stanno sperimentan-do il modello delle discharge room (citazione) e cioè la possibilità di spostare immediatamente dal proprio letto il paziente dimesso così da rendere subito disponibile il posto per un altro ricovero. Il paziente dimesso, in attesa di ambulan-za e/o familiari, può essere assistito in una apposita zona dell'ospedale organiz-zata con presenza infermieristica volta ad assicurare la continuità delle cure e la sorveglianza. Si discute su quale significativo beneficio possa portare questa organizzazione che tra l'altro non è a costo zero.Probabilmente alcune soluzioni più efficaci potrebbero essere le creazioni, come in parte già avvenuto , dei reparti di cure intermedie volti a decongestionare i letti per acuti da quei pazienti che hanno superato la fase più critica della loro patologia ma che ancora necessitano di cure ospedaliere. Inoltre la ridistribuzio-ne dei letti per acuti tra area medica e area chirurgica, problema che è spesso più politico che organizzativo, consenti-rebbe ai PS di disporre di più letti di medicina cosa che è oggettivamente necessaria e quindi di ridurre anche il fenomeno dei “pazienti fuori reparto” che è anch'esso fonte non indifferente di rischio clinico.

Quando, come e perché il clisma del tenue TC con apparecchiatura

multidetettoreRiccardo Orlandi

Direttore S.C. Radiologia diagnostica dell'Ospedale S.M. Misericordia di Albenga

Raffaella Ferrando, Massimo Resasco, Maria Grazia Cavalleri, Franco BazzariniS.C. Radiologia diagnostica

dell'Ospedale S.M. Misericordia di Albenga

Lo studio delle patologie intestinali può avvenire attraverso studi tradizionali contrastografici, valutazione endoscopica o studi più sofisticati di TC multidetet-tore ( TCMS) e RM. Purtroppo lo studio del piccolo intestino è sempre risulato difficoltoso con metodiche a doppio contra-sto per le caratteristiche stesse della mucosa intesti-nale. Solo recentemente lo studio di quest'ultimo mediante clismi del tenue TC permette una sicura visualizzazione dell'intera superficie mucosa da esaminare senza sovrap-posizioni di interi tratti dell'intestino tenue. La diagnosi di patologie sia flogistiche che neoplastiche risulta pertanto notevolmen-te facilitata (1). Abbiamo confrontato i clismi del tenue eseguiti con TC MD con i risultati della letteratura sulla stessa tecnica effettuata mediante TC spirale monodetettore. In particolare abbiamo analizzato le differenze tecniche: qualità delle immagini, la velocità di esecuzione dell'esame e la ricostruzione delle immagi-ni, la quantità di dose radiante al paziente.Infatti il clisma del tenue TC come veniva eseguito con le pr ime apparecchia ture spirali necessitava di un distensione eseguita tramite sondino naso-digiunale in quanto si utilizzavano mdc vischiosi notevolmente sgradevoli.I limiti diagnostici del clisma de l t enue r i su l t avano pertanto legati ad una preparazione eseguita in modo non corretto, all'a-cquisizione eseguita su p a z i e n t i s c a r s a m e n t e collaboranti, e sui tempi di posizionamento del sondino naso digiunale.La metodica utilizzata ora di tipo indiretto non

prevede il posizionamento del sondino naso digiunale e accorcia notevolmente i tempi di acquisizione.Nel nostro servizio di radiologia dell'Ospedale Santa Maria della Miseri-cordia di Albenga tra maggio 2006 e agosto 2008 abbiamo studiato con q u e s t a m e t o d i c a 6 5 pazienti affetti da turbe dell'alvo ed addominalgie di ndd.Tutte le TC sono state diagnostiche permettendo un'adeguata terapia medica e\o chirurgica a seconda del

tipo e del grado di malattia (2). Abbiamo utilizzato una TC spirale MD 120 kV, 280 mAs, iniezione ev a bolo di 100 cc di contrasto iodato alla concentrazione di 370 m g l \ m l s e g u i t a d a un'iniezione di 40cc di fisiologica e spessore di strato di 0,6 cm. La scansio-ne, eseguita a 70 secondi di delay, della durata media di 8 sec , grazie alla sua scarsa suscettibilità agli artefatti da movimento consente una splendida definizione nelle ricostruzioni multiplanari

nei tre piani dello spazio. Abbiamo quindi confrontato coi dati presenti in letteratura i tempi d'esame, la qualità d e l l e i m m a g i n i , e l'attendibilità diagnostica del clisma TC del tenue eseguito con MD.Dei 65 esami eseguiti abbiamo ottenuto diagnosi di m. di Crohn in 11 casi (fig 1), 2 casi negativi per patologia, 31 casi positivi per eteroplasia del colon, 8 casi positivi per poliposi del tenue, 3 casi di diverticoli-te, 6 casi di Retto Colite Ulcerosa (fig 2), 2 casi con diagnosi di sanguinamen-to, e 2 casi con iperemia aspecifica dell'ultima ansa del tenue .

La TC spirale MD fornisce notevoli vantaggi nello studio dell'intestino tenue: i tempi d'esame sono dimez-zati dalla rapidità dell'appa-recchiatura, le ricostruzioni multiplanari hanno una definizione migliore, la dose radiante è ridotta ( 660 mGy- cm) così come anche la dose di iodio fornita al paziente per ottenere lo stesso c.e. di parete.La nostra esperienza di TC spirale del tenue con apparecchiatura MD ci porta comunque a poter affermare che tale apparecchiatura permetta una migliore definizione di immagine e notevoli vantaggi per i pazienti: dose radiante e quan t i t à d i con t r a s to pressoché dimezzati.

BIBLIOGRAFIA: 1 Angellelli G, brunicci D., Ma carini L., Favia V. Significance of computer Tomography on the study of Crohn diseases Radiol Med 1990, 79 (1-2):65-69. 2 Horton KM, Corl FM., Fishman M, CT evaluation of colon: inflammatory desease. Radiographics 2000,20 (2):399-418.

Fig 1: ispessimento ed iperemia dell'ultima ansa ileale in due casi di M. di Crohn.

Fig 2: iperemia e anaustratura del colon discendente in A e del sigma in B in due pz con RCU.

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n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieOvercrowding Patologie intestinali

di loro possono ridurre anche i tempi di permanenza dei pazienti all'interno del PS una volta accettati e visitati. L'O durante la fase di processo può certamen-te essere ridotto dalla disponibilità della diagnostica “just in time” considerato che sempre più accertamenti vengono richiesti ai pazienti (nell'ottica sia della medicina difensiva ma anche di accelera-re tutti i percorsi ed evitare i ricoveri quando possibile) e che quindi disporre di radiologie attrezzate ed efficienti, laboratori rapidi e dedicati all'urgenza, consulenze tempestive, si traduce in una riduzione dei tempi di gestione. Sono poi ancora molte le strutture di PS che non dispongono di letti di OBI e di Medicina d'Urgenza : la presenza del medico sulle 24 h, il rapido turn over dei pazienti e la possibilità quindi di utilizzare questi letti anche in funzione dell'O del PS stabilendo priorità di trattamento e sistemazione delle patologie presenti, rendono fondamentali questi letti in tutta l'organizzazione dell'ospedale. Il medico di PS ha, per una forma mentale acquisita sul campo, l'atteggiamento di porsi sempre nei riguardi di un posto letto libero, come se fosse sempre “l'ultimo rimasto nell'ospedale” e questo è senz'altro garanzia di efficacia e tra l'altro, consentendo di sistemare i pazienti e avviare tempestivamente le terapie necessarie, incide sulla riduzione del rischio clinico.Ultimo problema da affrontare sono le possibili soluzioni per la fase di deflusso dei pazienti dal PS ed in particolare al fenomeno dell'access block. Forse il migliorare i rapporti organizzativi con le pubbliche assistenze consentirebbe di inviare a domicilio in tempi più brevi dal PS alcuni pazienti che invece rimangono ore su una barella in attesa che una ambulanza libera li riporti a casa o nella struttura di provenienza. Il problema principale, però, come detto è legato all'access block e cioè alla mancanza di un posto lettodisponibile in tempi accettabili e quindi alla permanenza di diversi pazienti in barella negli spazi e nei corridoi del PS. Su questo campo le Direzioni Sanitarie possono incidere molto e spesso è solo una questione di volontà cercare di far sì che i medici del PS non debbano trascorrere ore di tempo al telefono in penose contrattazioni con i reparti per inviare un paziente. Senza arrivare ad ipotesi forzate quale l'invio “ad ogni costo”del paziente nel reparto costringendolo alla sistemazione in corridoio, il problema potrebbe essere mitigato da una comunicazione veritiera e tempestiva dei posti letto liberi e questo solo la direzione sanitaria può assicurar-lo. Sempre le direzioni sanitarie potrebbe-ro concordare che ciascun reparto possa dare quotidianamente al PS la disponibi-lità di un numero di posti letto calcolato

sulla base dei dati storici degli anni precedenti: di anno in anno sono infatti sostanzialmente simili i numeri dei pazienti che ciascun reparto riceve dal PS e quindi tanto vale programmare almeno una disponibilità quotidiana calcolata su queste basi. In pratica ogni reparto potrebbe programmare la propria attività sapendo ogni giorno il numero approssi-mativo di pazienti che il PS gli invierà e quindi dare la disponibilità in tempi più brevi. Si è già accennato alla lentezza con la quale i reparti riescono a dimettere alcuni pazienti cronici (bed blokers) e come già detto il miglioramento dei percorsi burocratici per l'invio verso strutture protette è certamente possibile con la conseguente disponibilità di più posti letto. Spesso anche le normali dimissioni di un paziente verso il proprio domicilio sono piuttosto complesse in quanto occorre prevedere, a paziente già in grado di uscire, stesura della lettera di dimissione, attesa dei familiari che difficilmente si rendono disponibili in orario mattutino, attesa di una ambulan-za per la dimissione ed è noto che questi servizi vengono effettuati abitualmente nel pomeriggio. Anche una volta uscito il paziente , il reparto, prima di dare la disponibilità del posto letto, deve pulire la stanza e rifar il letto stesso . Nel mentre trascorre tutto questo tempo, spesso c'è un paziente in barella al PS che, a ricovero deciso già dalla mattina, troverà sistemazione probabilmente verso sera. Non è facile accelerare questo processo per cui,alcuni centri stanno sperimentan-do il modello delle discharge room (citazione) e cioè la possibilità di spostare immediatamente dal proprio letto il paziente dimesso così da rendere subito disponibile il posto per un altro ricovero. Il paziente dimesso, in attesa di ambulan-za e/o familiari, può essere assistito in una apposita zona dell'ospedale organiz-zata con presenza infermieristica volta ad assicurare la continuità delle cure e la sorveglianza. Si discute su quale significativo beneficio possa portare questa organizzazione che tra l'altro non è a costo zero.Probabilmente alcune soluzioni più efficaci potrebbero essere le creazioni, come in parte già avvenuto , dei reparti di cure intermedie volti a decongestionare i letti per acuti da quei pazienti che hanno superato la fase più critica della loro patologia ma che ancora necessitano di cure ospedaliere. Inoltre la ridistribuzio-ne dei letti per acuti tra area medica e area chirurgica, problema che è spesso più politico che organizzativo, consenti-rebbe ai PS di disporre di più letti di medicina cosa che è oggettivamente necessaria e quindi di ridurre anche il fenomeno dei “pazienti fuori reparto” che è anch'esso fonte non indifferente di rischio clinico.

Quando, come e perché il clisma del tenue TC con apparecchiatura

multidetettoreRiccardo Orlandi

Direttore S.C. Radiologia diagnostica dell'Ospedale S.M. Misericordia di Albenga

Raffaella Ferrando, Massimo Resasco, Maria Grazia Cavalleri, Franco BazzariniS.C. Radiologia diagnostica

dell'Ospedale S.M. Misericordia di Albenga

Lo studio delle patologie intestinali può avvenire attraverso studi tradizionali contrastografici, valutazione endoscopica o studi più sofisticati di TC multidetet-tore ( TCMS) e RM. Purtroppo lo studio del piccolo intestino è sempre risulato difficoltoso con metodiche a doppio contra-sto per le caratteristiche stesse della mucosa intesti-nale. Solo recentemente lo studio di quest'ultimo mediante clismi del tenue TC permette una sicura visualizzazione dell'intera superficie mucosa da esaminare senza sovrap-posizioni di interi tratti dell'intestino tenue. La diagnosi di patologie sia flogistiche che neoplastiche risulta pertanto notevolmen-te facilitata (1). Abbiamo confrontato i clismi del tenue eseguiti con TC MD con i risultati della letteratura sulla stessa tecnica effettuata mediante TC spirale monodetettore. In particolare abbiamo analizzato le differenze tecniche: qualità delle immagini, la velocità di esecuzione dell'esame e la ricostruzione delle immagi-ni, la quantità di dose radiante al paziente.Infatti il clisma del tenue TC come veniva eseguito con le pr ime apparecchia ture spirali necessitava di un distensione eseguita tramite sondino naso-digiunale in quanto si utilizzavano mdc vischiosi notevolmente sgradevoli.I limiti diagnostici del clisma de l t enue r i su l t avano pertanto legati ad una preparazione eseguita in modo non corretto, all'a-cquisizione eseguita su p a z i e n t i s c a r s a m e n t e collaboranti, e sui tempi di posizionamento del sondino naso digiunale.La metodica utilizzata ora di tipo indiretto non

prevede il posizionamento del sondino naso digiunale e accorcia notevolmente i tempi di acquisizione.Nel nostro servizio di radiologia dell'Ospedale Santa Maria della Miseri-cordia di Albenga tra maggio 2006 e agosto 2008 abbiamo studiato con q u e s t a m e t o d i c a 6 5 pazienti affetti da turbe dell'alvo ed addominalgie di ndd.Tutte le TC sono state diagnostiche permettendo un'adeguata terapia medica e\o chirurgica a seconda del

tipo e del grado di malattia (2). Abbiamo utilizzato una TC spirale MD 120 kV, 280 mAs, iniezione ev a bolo di 100 cc di contrasto iodato alla concentrazione di 370 m g l \ m l s e g u i t a d a un'iniezione di 40cc di fisiologica e spessore di strato di 0,6 cm. La scansio-ne, eseguita a 70 secondi di delay, della durata media di 8 sec , grazie alla sua scarsa suscettibilità agli artefatti da movimento consente una splendida definizione nelle ricostruzioni multiplanari

nei tre piani dello spazio. Abbiamo quindi confrontato coi dati presenti in letteratura i tempi d'esame, la qualità d e l l e i m m a g i n i , e l'attendibilità diagnostica del clisma TC del tenue eseguito con MD.Dei 65 esami eseguiti abbiamo ottenuto diagnosi di m. di Crohn in 11 casi (fig 1), 2 casi negativi per patologia, 31 casi positivi per eteroplasia del colon, 8 casi positivi per poliposi del tenue, 3 casi di diverticoli-te, 6 casi di Retto Colite Ulcerosa (fig 2), 2 casi con diagnosi di sanguinamen-to, e 2 casi con iperemia aspecifica dell'ultima ansa del tenue .

La TC spirale MD fornisce notevoli vantaggi nello studio dell'intestino tenue: i tempi d'esame sono dimez-zati dalla rapidità dell'appa-recchiatura, le ricostruzioni multiplanari hanno una definizione migliore, la dose radiante è ridotta ( 660 mGy- cm) così come anche la dose di iodio fornita al paziente per ottenere lo stesso c.e. di parete.La nostra esperienza di TC spirale del tenue con apparecchiatura MD ci porta comunque a poter affermare che tale apparecchiatura permetta una migliore definizione di immagine e notevoli vantaggi per i pazienti: dose radiante e quan t i t à d i con t r a s to pressoché dimezzati.

BIBLIOGRAFIA: 1 Angellelli G, brunicci D., Ma carini L., Favia V. Significance of computer Tomography on the study of Crohn diseases Radiol Med 1990, 79 (1-2):65-69. 2 Horton KM, Corl FM., Fishman M, CT evaluation of colon: inflammatory desease. Radiographics 2000,20 (2):399-418.

Fig 1: ispessimento ed iperemia dell'ultima ansa ileale in due casi di M. di Crohn.

Fig 2: iperemia e anaustratura del colon discendente in A e del sigma in B in due pz con RCU.

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n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieRischio cardiovascolare Rischio cardiovascolare

Valori evidenziati superiori alla media regionale in modo statisticamente significativo (p<0.05)

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Valori evidenziati superiori alla media regionale in modo statisticamente significativo (p<0.05)

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Il dono è stato fatto dalla Dott.ssa Fiorenza Giorgi, magistrato presso il Tribunale di Savona.

Permette di registrare, nel corso delle 24 ore, l’elettrocardiogramma del paziente a cui viene applicato.

Nuovo apparecchio ECG Holter donato alla cardiologia

dell’Ospedale “S. Paolo”.

Marta PescettoS.C. Comunicazione Sanitaria e Marketing, ASL2 Savonese

All’Ospedale “S. Paolo” di Savona ad opera del Dott. Massimo Gazzarata

Si tratta di un importante passo in avanti per la qualità della vita dei pazienti cardiopatici che potranno sottoporsi a questo esame per

eventuali diagnosi di altre patologie.

Impiantato il primo peacemaker totalmente compatibile con la

risonanza magnetica.

Paolo BellottiDirettore S.C. Cardiologia e Unità Coronarica, Ospedale San Paolo di Savona

La Dott.ssa Fiorenza Giorgi, magi-strato presso il Tribunale di Savona, ha donato un apparecchio ECG Holter alla S.C. Cardiologia del San Paolo di Savona diretta dal Dott. Paolo Bellotti.L'apparecchio, del valore di quasi 3mila Euro, permette di registrare, nel corso delle 24 ore l 'elet tro-cardiogramma del paziente a cui viene applicato.Un test importante nell'ambito del monitoraggio del paziente nell'arco dell'intera giornata che permette tra le altre cose di non trattenere i pazienti tra le mura ospedaliere pur essendo sottoposti ad un esame.L'elettrocardiogramma Holter è la registrazione continua dell'ECG che si ottiene con l'applicazione di

elettrodi al torace e l'utilizzo di un registratore di piccole dimensioni che il paziente può agevolmente portare con sé quando l'esame viene svolto a domicilio. Consente di evidenziare aritmie o episodi di ischemia che possono comparire in presenza di dolore o altri disturbi o anche in assenza di sintomi. L'ECG dinamico consente di registrare tutti i battiti del cuore in un giorno (più di 100.000) in tutte le situazioni della vita quotidia-na: attività, riposo, eccitazione, rilassamento, veglia, sonno, ecc. Si può così monitorare l'attività elettrica del cuore e correlarla con gli eventuali sintomi segnalati dal paziente.Fornisce notizie importanti riguardo alla cardiopatia ischemica soprattutto quando c'è il sospetto di episodi ischemici transitori sia per conferma-re la presenza di quelli che si manife-stano con dolore toracico (angina pectoris) sia per evidenziare quelli che

n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieSolidarietà socio - sanitaria Nuovo dispositivo

avvengono senza dolore anginoso (ischemia silente). Inoltre si applica nelle fasi successive ad infarto miocardico, per aiutare nella valuta-zione di eventuali rischi aggiuntivi. L'apparecchio viene applicato ambulatorialmente e la registrazione dura in genere 24 ore, durante le quali il paziente è invitato a svolgere le sue quotidiane attività, compreso even-tuali sforzi fisici. Il paziente viene invitato alla compilazione di un diario dove vengono annotate le varie attività svolte, gli eventuali sintomi avvertiti e la loro correlazione temporale. Questo elemento è di enorme importanza per mettere in relazione eventuali modificazioni del tracciato elettrocardiografico con i disturbi avvertiti o le attività svolte. Alla fine della registrazione i dati raccolti vengono trasferiti dal regi-stratore ad un computer per effettuare l'analisi dell'ECG.

Nella foto, Claudia Agosti, Fiorenza Giorgi, Paolo Bellotti, Flavio Neirotti.

È stato impiantato per la prima volta in Liguria, dal Dott. Massimo Gazza ra t a de l l a S t ru t t u r a Complessa d i Cardio logia dell'Ospedale S. Paolo di Savona, il primo pacemaker totalmente compatibile con la risonanza magnetica.

La risonanza magnetica è un esame indispensabile per la diagnosi di molte patologie sia ossee che articolari che dei tessuti molli ed ha il vantaggio di non esporre il paziente alle radiazioni ionizzanti.

Sino ad oggi i pazienti con protesi metalliche ed i portatori di pace-maker non potevano sottoporsi a tale esame perché il campo magne-tico avrebbe potuto creare malfun-zionamento o dislocamento della protesi. Ma oggi, grazie a questo nuovo pace maker, almeno per alcuni cardiopatici, tale limite è stato superato.

L'impianto, programmato in un paziente che per motivi clinici aveva bisogno di ripetuti controlli con la risonanza magnetica, è stato eseguito senza alcuna complicanza ed aggravio di tempo rispetto ad un impianto di un pace maker tradi-zionale.

Il nuovo dispositivo è un pacema-ker bicamerale digitale completa-mente automatico che permette al paziente di sottoporsi a risonanza magnetica anche completa (total body). Il sistema è realizzato con materiale e tecniche che hanno ridotto i componenti ferromagneti-ci e aumentato le schermature del sistema, in modo da ridurre le problematiche generate dai campi elettromagnetici presenti durante la risonanza.

Si tratta di un importante passo in avanti nel miglioramento della qualità di vita dei pazienti cardio-patici, che d'ora in poi non solo potranno sottoporsi a risonanza magnetica in tutta sicurezza, ma potranno farlo senza rinunciare ai vantaggi della cardiostimolazione.

Dati attività ambulatoriale 2009

Interni Esterni

Dati statistici ricoveri anno 2009

DATI EMODINAMICA(DA INIZIO ATTIVITÀ ANNO 2002)

DATI PACE MAKER

MONITORAGGIO ECG HOLTER

Visita 2493 5202ECG 19098 6546Ecocardiogramma 6664 4930MAP (2 apparecchi) 135 687Altro 2715 4265

TOTALE 31105 21630

TOTALE GENERALE 52735

TOT. DIMESSI/DECEDUTI +TRASF. ALTRI REPARTI DALL'UTIC + ATS/C 1354

DEGENZA MEDIA TOT (UTIC+ATS/C)Ricoveri ordinari + DS E ODS gg. 5,4

DAY HOSPITAL 262

PAC 264

CORONAROGRAFIA 7540

PTCA 3874

PTCA PRIMARIE 850

TOT. PACE MAKER 2009 177

GENNAIO-GIUGNO 2009 615GENNAIO-GIUGNO 2010 650

Un apparecchio Holter come quello donato al S. Paolo.

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Il dono è stato fatto dalla Dott.ssa Fiorenza Giorgi, magistrato presso il Tribunale di Savona.

Permette di registrare, nel corso delle 24 ore, l’elettrocardiogramma del paziente a cui viene applicato.

Nuovo apparecchio ECG Holter donato alla cardiologia

dell’Ospedale “S. Paolo”.

Marta PescettoS.C. Comunicazione Sanitaria e Marketing, ASL2 Savonese

All’Ospedale “S. Paolo” di Savona ad opera del Dott. Massimo Gazzarata

Si tratta di un importante passo in avanti per la qualità della vita dei pazienti cardiopatici che potranno sottoporsi a questo esame per

eventuali diagnosi di altre patologie.

Impiantato il primo peacemaker totalmente compatibile con la

risonanza magnetica.

Paolo BellottiDirettore S.C. Cardiologia e Unità Coronarica, Ospedale San Paolo di Savona

La Dott.ssa Fiorenza Giorgi, magi-strato presso il Tribunale di Savona, ha donato un apparecchio ECG Holter alla S.C. Cardiologia del San Paolo di Savona diretta dal Dott. Paolo Bellotti.L'apparecchio, del valore di quasi 3mila Euro, permette di registrare, nel corso delle 24 ore l 'elet tro-cardiogramma del paziente a cui viene applicato.Un test importante nell'ambito del monitoraggio del paziente nell'arco dell'intera giornata che permette tra le altre cose di non trattenere i pazienti tra le mura ospedaliere pur essendo sottoposti ad un esame.L'elettrocardiogramma Holter è la registrazione continua dell'ECG che si ottiene con l'applicazione di

elettrodi al torace e l'utilizzo di un registratore di piccole dimensioni che il paziente può agevolmente portare con sé quando l'esame viene svolto a domicilio. Consente di evidenziare aritmie o episodi di ischemia che possono comparire in presenza di dolore o altri disturbi o anche in assenza di sintomi. L'ECG dinamico consente di registrare tutti i battiti del cuore in un giorno (più di 100.000) in tutte le situazioni della vita quotidia-na: attività, riposo, eccitazione, rilassamento, veglia, sonno, ecc. Si può così monitorare l'attività elettrica del cuore e correlarla con gli eventuali sintomi segnalati dal paziente.Fornisce notizie importanti riguardo alla cardiopatia ischemica soprattutto quando c'è il sospetto di episodi ischemici transitori sia per conferma-re la presenza di quelli che si manife-stano con dolore toracico (angina pectoris) sia per evidenziare quelli che

n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieSolidarietà socio - sanitaria Nuovo dispositivo

avvengono senza dolore anginoso (ischemia silente). Inoltre si applica nelle fasi successive ad infarto miocardico, per aiutare nella valuta-zione di eventuali rischi aggiuntivi. L'apparecchio viene applicato ambulatorialmente e la registrazione dura in genere 24 ore, durante le quali il paziente è invitato a svolgere le sue quotidiane attività, compreso even-tuali sforzi fisici. Il paziente viene invitato alla compilazione di un diario dove vengono annotate le varie attività svolte, gli eventuali sintomi avvertiti e la loro correlazione temporale. Questo elemento è di enorme importanza per mettere in relazione eventuali modificazioni del tracciato elettrocardiografico con i disturbi avvertiti o le attività svolte. Alla fine della registrazione i dati raccolti vengono trasferiti dal regi-stratore ad un computer per effettuare l'analisi dell'ECG.

Nella foto, Claudia Agosti, Fiorenza Giorgi, Paolo Bellotti, Flavio Neirotti.

È stato impiantato per la prima volta in Liguria, dal Dott. Massimo Gazza ra t a de l l a S t ru t t u r a Complessa d i Cardio logia dell'Ospedale S. Paolo di Savona, il primo pacemaker totalmente compatibile con la risonanza magnetica.

La risonanza magnetica è un esame indispensabile per la diagnosi di molte patologie sia ossee che articolari che dei tessuti molli ed ha il vantaggio di non esporre il paziente alle radiazioni ionizzanti.

Sino ad oggi i pazienti con protesi metalliche ed i portatori di pace-maker non potevano sottoporsi a tale esame perché il campo magne-tico avrebbe potuto creare malfun-zionamento o dislocamento della protesi. Ma oggi, grazie a questo nuovo pace maker, almeno per alcuni cardiopatici, tale limite è stato superato.

L'impianto, programmato in un paziente che per motivi clinici aveva bisogno di ripetuti controlli con la risonanza magnetica, è stato eseguito senza alcuna complicanza ed aggravio di tempo rispetto ad un impianto di un pace maker tradi-zionale.

Il nuovo dispositivo è un pacema-ker bicamerale digitale completa-mente automatico che permette al paziente di sottoporsi a risonanza magnetica anche completa (total body). Il sistema è realizzato con materiale e tecniche che hanno ridotto i componenti ferromagneti-ci e aumentato le schermature del sistema, in modo da ridurre le problematiche generate dai campi elettromagnetici presenti durante la risonanza.

Si tratta di un importante passo in avanti nel miglioramento della qualità di vita dei pazienti cardio-patici, che d'ora in poi non solo potranno sottoporsi a risonanza magnetica in tutta sicurezza, ma potranno farlo senza rinunciare ai vantaggi della cardiostimolazione.

Dati attività ambulatoriale 2009

Interni Esterni

Dati statistici ricoveri anno 2009

DATI EMODINAMICA(DA INIZIO ATTIVITÀ ANNO 2002)

DATI PACE MAKER

MONITORAGGIO ECG HOLTER

Visita 2493 5202ECG 19098 6546Ecocardiogramma 6664 4930MAP (2 apparecchi) 135 687Altro 2715 4265

TOTALE 31105 21630

TOTALE GENERALE 52735

TOT. DIMESSI/DECEDUTI +TRASF. ALTRI REPARTI DALL'UTIC + ATS/C 1354

DEGENZA MEDIA TOT (UTIC+ATS/C)Ricoveri ordinari + DS E ODS gg. 5,4

DAY HOSPITAL 262

PAC 264

CORONAROGRAFIA 7540

PTCA 3874

PTCA PRIMARIE 850

TOT. PACE MAKER 2009 177

GENNAIO-GIUGNO 2009 615GENNAIO-GIUGNO 2010 650

Un apparecchio Holter come quello donato al S. Paolo.

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Gli interventi chirurgici possono favorire l’evento per diverse e complesse ragioni.

Oltre alle misure farmacologiche, si possono utilizzare mezzi fisici come le calze elastiche a compressione graduata, quella pneumatica

intermittente e i filtri cavali.

Quale profilassi nel caso di trombosi venosa profonda nel paziente, spesso

silente.

Brunello BrunettoDirettore S.C. Anestesia, Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure

Gianni Baldi Specializzando Anestesia e Rianimazione, Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure

Il tromboembolismo venoso (TEV) rappresenta una rilevante causa di morbilità e di mortalità nel paziente chirurgico in quanto, nel breve periodo, può indurre l'embolia polmonare, evento spesso drammatico, e nel lungo periodo eventi trombotici ricorrenti e sindromi post-trombotiche (insuffi-cienza venosa profonda, ulcere venose, vene varicose, cellulite ecc.) che, se severe, possono compromettere la funzionalità fisica dei pazienti con pesanti conseguenze sulla qualità della vita.Gli interventi chirurgici in genere sono condizioni favorenti l'evento trombo-embolico per diverse ragioni ( prolun-gato allettamento, rilassamento del tono muscolare, diminuzione del tono venoso, stasi, diminuita fibrinolisi, aumentata fibrinogenesi); risulta quindi necessario attuare delle misure di profilassi per impedire lo sviluppo di tale patologia.Nei Paesi industrializzati l'incidenza annuale di tromboembolismo venoso nella popolazione generale risulta essere di circa 1 su 1000. Tale valore rappresenta una sottostima delle dimensioni del fenomeno, in quanto l'evento tromboembolico è spesso silente e quindi non immediatamente né facilmente diagnosticabile; di conseguenza, la prevenzione primaria assume un ruolo di estrema rilevanza al fine di ridurne mortalità e morbilità.Recentemente si è svolto, nella sede congressuale del castello Boccanegra di Genova, un incontro tra i maggiori esponenti delle varie specialità chirurgiche genovesi con tema 'Profilassi della trombosi venosa profonda nel paziente chirurgico'; tale convegno ha visto la partecipazione del dott. Brunello Brunetto, direttore del S.C. di Anestesia dell'Ospedale S.Corona di Pietra Ligure,per discutere in particolare sulle attualità dei sistemi di compressione meccanica degli arti inferiori come mezzo di profilassi della trombosi venosa profonda.In effetti, l'intervento chirurgico con le sue lesioni tissutali e la frequente immobilizzazione postoperatoria costituisce di per sé una condizione clinica caratterizzata da aumentato rischio di tromboembolismo venoso (TEV), rischio che aumenta ulterior-mente se sono presenti fattori di rischio individuali (obesità, età maggiore di 40 anni, presenza di neoplasie, malattie della coagulazione, etc.).

L'entità del rischio tromboembolico prevedibile per il singolo paziente è il principale fattore di scelta tra le misure di profilassi farmacologica e fisica che si sono dimostrate efficaci in studi controllati. Non bisogna tuttavia trascurare altri fattori, quali il rischio emorragico associato al trattamento, il costo, e gli inconvenienti per il paziente stesso. Oltre alle misure farmacologiche,co-munemente rappresentate alle Eparine a basso peso molecolare (EBPM), esistono mezzi fisici di profilassi antitrombotica, che agiscono essen-zialmente (ma non esclusivamente) sulla stasi venosa. Hanno il vantaggio di non aumentare il rischio di emorra-gie post-operatorie e possono essere usati sia da soli che in associazione con mezzi farmacologici.Comprendono le calze elastiche a compressione graduata, la compressio-ne pneumatica intermittente, e i filtri cavali. Il loro impiego trova applica-zione come modalità unica di profilassi nei pazienti a rischio emorragico (pazienti neurochirurgici, pazienti con alterazioni della funzionalità emostati-ca, etc.) o in combinazione con mezzi farmacologici in pazienti a rischio trombotico elevato.

Sono disponibili per la profilassi antitrombotica calze elastiche a compressione graduata, cosiddette modulari, che determinano un pressio-ne alla caviglia di circa 18 mm/Hg, e che devono essere indossate prima

CALZE ELASTICHE

dell'intervento chirurgico e mantenute per una-due settimane in maniera continuativa anche se vanno sfilate per almeno un'ora al giorno per visualizza-re eventuali lesioni agli arti. Le calze elastiche possono essere utilizzate in alternativa ai mezzi farmacologici nei pazienti a rischio trombotico basso-moderato senza fattori di rischi aggiuntivi, che presentino condizioni cliniche o laboratoristiche predispo-nenti ad emorragie; oppure possono essere utilizzate in associazione con altre modalità di profilassi in pazienti ad alto rischio. La loro efficacia è stata conclusiva-mente documentata dalla metanalisi di Wells e collaboratori, che ha valutato i risultati di 12 studi di buon livello metodologico, dimostrando che l'impiego delle calze elastiche a compressione graduata riduce del 68% il rischio di TVP nella chirurgia generale a rischio moderato, rispetto a nessun trattamento.Le calze elastiche da sole sono tuttavia inadeguate negli interventi chirurgici a rischio molto elevato, e quasi del tutto inefficaci anche negli interventi a rischio alto. Risultati interessanti invece sono stati ottenuti utilizzando le calze elastiche in associazione con mezzi farmacologici come l'EBD o l'EBPM.

La stasi venosa può essere prevenuta anche per mezzo di gambali gonfiabili che inducono una compressione

COMPRESSIONE PNEUMATICA INTERMITTENTE

pneumatica intermittente (CPI) di entrambi gli arti inferiori. Esistono in commercio apparecchi di vario tipo e foggia che esercitano una CPI dei muscoli delle gambe (i più diffusi), oppure che estendono la compressione anche alle cosce, o che si indossano come scarpe gonfiabili ed esercitano una CPI sulla pianta dei piedi. Questi ultimi possono essere applicati anche a pazienti con lesioni alle gambe. I sistemi di ultima generazione sono a compressione intermittente e sequen-ziale, cioè in grado di generare pressio-ni diverse e sequenziali dalle regioni più periferiche verso quelle più prossimali: in questo modo si riesce ad ottimizzare al meglio il flusso di sangue venoso dagli arti inferiori ai distretti venosi centrali. Oltre che all'aumento della velocità di flusso, si ritiene che il documentato effetto antitrombotico della CPI possa essere in parte attribuito alla stimola-zione della fibrinolisi distrettuale e sistemica.La profilassi mediante CPI è utilizzata soprattutto nella chirurgia ad alto rischio emorragico, come la neurochi-rurgia, l'urologia, e la cardiochirurgia. La profilassi con CPI è anche impiega-ta in chirurgia generale nei pazienti con elevato rischio di sanguinamento. Numerosi studi hanno valutato l'efficacia della CPI associata a farmaci antitrombotici riscontrando in genere un potenziamento dell'efficacia antitrombotica, o associata ad altri mezzi fisici di profilassi (calze elastiche). Questo ultimo tipo di abbinamento non si è rivelato partico-larmente utile.

Utilizzati soprattutto per prevenire l'embolia polmonare in pazienti con TVP prossimali che non possono essere trattati con anticoagulanti a dose terapeutica, i filtri cavali sono stati anche impiegati in prevenzione primaria dopo frattura di femore o prima di un intervento di artroprotesi elettiva d'anca in pazienti con pregres-so TEV. La procedura è indubbiamente efficace, ma non può essere raccoman-data in questa indicazione, sia perchè non valutata adeguatamente in un trial clinico controllato nei confronti di altre procedure più semplici e meno costose, sia perchè l'inserimento del filtro cavale non è scevro da complicazioni, quali migrazione del filtro, occlusione

FILTRI CAVALI

cavale e trombosi distale, nonostante il progressivo miglioramento dei modelli e dei materiali. Possono essere considerati in pazienti con traumi multipli ad altissimo rischio di trombo-embolismo, se non sono praticabili le procedure di profilassi meno impegna-tive.

L'utilizzo delle calze elastiche e della compressione pneumatica intermitten-te ha però delle controindicazioni, come l'edema massivo delle gambe, gravi lesioni cutanee, patologie ischemiche degli arti inferiori, fratture ossee e deformità estreme delle gambe.Dai risultati di diversi lavori di valutazione economica e da una recente review della letteratura,

emerge che la terapia profilattica, riducendo il ricorso ai servizi sanitari per la diagnosi e il trattamento sia dell'evento tromboembolico sia delle complicanze gravi e lievi a esso associate, risulta costo-efficace rispetto alla non profilassi. Per quanto riguarda l'utilizzo dei mezzi meccanici di profilassi, diversi studi di analisi costo-efficacia depongono per il loro utilizzo.Concludendo, i sistemi di compressio-ne meccanica degli arti inferiori, rappresentati dalle calze elastiche e dai vari tipi di sistemi di Compressione Pneumatica Intermittente,sono utili strategie in mano all'anestesista e al chirurgo, da poter utilizzare nella profilassi della trombosi venosa profonda nel paziente chirurgico.

n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotiziePrevenzione primaria Prevenzione primaria

Iniziativa benefica organizzata dalla S.C. diretta dal Dott. Francesco Versace

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Gli interventi chirurgici possono favorire l’evento per diverse e complesse ragioni.

Oltre alle misure farmacologiche, si possono utilizzare mezzi fisici come le calze elastiche a compressione graduata, quella pneumatica

intermittente e i filtri cavali.

Quale profilassi nel caso di trombosi venosa profonda nel paziente, spesso

silente.

Brunello BrunettoDirettore S.C. Anestesia, Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure

Gianni Baldi Specializzando Anestesia e Rianimazione, Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure

Il tromboembolismo venoso (TEV) rappresenta una rilevante causa di morbilità e di mortalità nel paziente chirurgico in quanto, nel breve periodo, può indurre l'embolia polmonare, evento spesso drammatico, e nel lungo periodo eventi trombotici ricorrenti e sindromi post-trombotiche (insuffi-cienza venosa profonda, ulcere venose, vene varicose, cellulite ecc.) che, se severe, possono compromettere la funzionalità fisica dei pazienti con pesanti conseguenze sulla qualità della vita.Gli interventi chirurgici in genere sono condizioni favorenti l'evento trombo-embolico per diverse ragioni ( prolun-gato allettamento, rilassamento del tono muscolare, diminuzione del tono venoso, stasi, diminuita fibrinolisi, aumentata fibrinogenesi); risulta quindi necessario attuare delle misure di profilassi per impedire lo sviluppo di tale patologia.Nei Paesi industrializzati l'incidenza annuale di tromboembolismo venoso nella popolazione generale risulta essere di circa 1 su 1000. Tale valore rappresenta una sottostima delle dimensioni del fenomeno, in quanto l'evento tromboembolico è spesso silente e quindi non immediatamente né facilmente diagnosticabile; di conseguenza, la prevenzione primaria assume un ruolo di estrema rilevanza al fine di ridurne mortalità e morbilità.Recentemente si è svolto, nella sede congressuale del castello Boccanegra di Genova, un incontro tra i maggiori esponenti delle varie specialità chirurgiche genovesi con tema 'Profilassi della trombosi venosa profonda nel paziente chirurgico'; tale convegno ha visto la partecipazione del dott. Brunello Brunetto, direttore del S.C. di Anestesia dell'Ospedale S.Corona di Pietra Ligure,per discutere in particolare sulle attualità dei sistemi di compressione meccanica degli arti inferiori come mezzo di profilassi della trombosi venosa profonda.In effetti, l'intervento chirurgico con le sue lesioni tissutali e la frequente immobilizzazione postoperatoria costituisce di per sé una condizione clinica caratterizzata da aumentato rischio di tromboembolismo venoso (TEV), rischio che aumenta ulterior-mente se sono presenti fattori di rischio individuali (obesità, età maggiore di 40 anni, presenza di neoplasie, malattie della coagulazione, etc.).

L'entità del rischio tromboembolico prevedibile per il singolo paziente è il principale fattore di scelta tra le misure di profilassi farmacologica e fisica che si sono dimostrate efficaci in studi controllati. Non bisogna tuttavia trascurare altri fattori, quali il rischio emorragico associato al trattamento, il costo, e gli inconvenienti per il paziente stesso. Oltre alle misure farmacologiche,co-munemente rappresentate alle Eparine a basso peso molecolare (EBPM), esistono mezzi fisici di profilassi antitrombotica, che agiscono essen-zialmente (ma non esclusivamente) sulla stasi venosa. Hanno il vantaggio di non aumentare il rischio di emorra-gie post-operatorie e possono essere usati sia da soli che in associazione con mezzi farmacologici.Comprendono le calze elastiche a compressione graduata, la compressio-ne pneumatica intermittente, e i filtri cavali. Il loro impiego trova applica-zione come modalità unica di profilassi nei pazienti a rischio emorragico (pazienti neurochirurgici, pazienti con alterazioni della funzionalità emostati-ca, etc.) o in combinazione con mezzi farmacologici in pazienti a rischio trombotico elevato.

Sono disponibili per la profilassi antitrombotica calze elastiche a compressione graduata, cosiddette modulari, che determinano un pressio-ne alla caviglia di circa 18 mm/Hg, e che devono essere indossate prima

CALZE ELASTICHE

dell'intervento chirurgico e mantenute per una-due settimane in maniera continuativa anche se vanno sfilate per almeno un'ora al giorno per visualizza-re eventuali lesioni agli arti. Le calze elastiche possono essere utilizzate in alternativa ai mezzi farmacologici nei pazienti a rischio trombotico basso-moderato senza fattori di rischi aggiuntivi, che presentino condizioni cliniche o laboratoristiche predispo-nenti ad emorragie; oppure possono essere utilizzate in associazione con altre modalità di profilassi in pazienti ad alto rischio. La loro efficacia è stata conclusiva-mente documentata dalla metanalisi di Wells e collaboratori, che ha valutato i risultati di 12 studi di buon livello metodologico, dimostrando che l'impiego delle calze elastiche a compressione graduata riduce del 68% il rischio di TVP nella chirurgia generale a rischio moderato, rispetto a nessun trattamento.Le calze elastiche da sole sono tuttavia inadeguate negli interventi chirurgici a rischio molto elevato, e quasi del tutto inefficaci anche negli interventi a rischio alto. Risultati interessanti invece sono stati ottenuti utilizzando le calze elastiche in associazione con mezzi farmacologici come l'EBD o l'EBPM.

La stasi venosa può essere prevenuta anche per mezzo di gambali gonfiabili che inducono una compressione

COMPRESSIONE PNEUMATICA INTERMITTENTE

pneumatica intermittente (CPI) di entrambi gli arti inferiori. Esistono in commercio apparecchi di vario tipo e foggia che esercitano una CPI dei muscoli delle gambe (i più diffusi), oppure che estendono la compressione anche alle cosce, o che si indossano come scarpe gonfiabili ed esercitano una CPI sulla pianta dei piedi. Questi ultimi possono essere applicati anche a pazienti con lesioni alle gambe. I sistemi di ultima generazione sono a compressione intermittente e sequen-ziale, cioè in grado di generare pressio-ni diverse e sequenziali dalle regioni più periferiche verso quelle più prossimali: in questo modo si riesce ad ottimizzare al meglio il flusso di sangue venoso dagli arti inferiori ai distretti venosi centrali. Oltre che all'aumento della velocità di flusso, si ritiene che il documentato effetto antitrombotico della CPI possa essere in parte attribuito alla stimola-zione della fibrinolisi distrettuale e sistemica.La profilassi mediante CPI è utilizzata soprattutto nella chirurgia ad alto rischio emorragico, come la neurochi-rurgia, l'urologia, e la cardiochirurgia. La profilassi con CPI è anche impiega-ta in chirurgia generale nei pazienti con elevato rischio di sanguinamento. Numerosi studi hanno valutato l'efficacia della CPI associata a farmaci antitrombotici riscontrando in genere un potenziamento dell'efficacia antitrombotica, o associata ad altri mezzi fisici di profilassi (calze elastiche). Questo ultimo tipo di abbinamento non si è rivelato partico-larmente utile.

Utilizzati soprattutto per prevenire l'embolia polmonare in pazienti con TVP prossimali che non possono essere trattati con anticoagulanti a dose terapeutica, i filtri cavali sono stati anche impiegati in prevenzione primaria dopo frattura di femore o prima di un intervento di artroprotesi elettiva d'anca in pazienti con pregres-so TEV. La procedura è indubbiamente efficace, ma non può essere raccoman-data in questa indicazione, sia perchè non valutata adeguatamente in un trial clinico controllato nei confronti di altre procedure più semplici e meno costose, sia perchè l'inserimento del filtro cavale non è scevro da complicazioni, quali migrazione del filtro, occlusione

FILTRI CAVALI

cavale e trombosi distale, nonostante il progressivo miglioramento dei modelli e dei materiali. Possono essere considerati in pazienti con traumi multipli ad altissimo rischio di trombo-embolismo, se non sono praticabili le procedure di profilassi meno impegna-tive.

L'utilizzo delle calze elastiche e della compressione pneumatica intermitten-te ha però delle controindicazioni, come l'edema massivo delle gambe, gravi lesioni cutanee, patologie ischemiche degli arti inferiori, fratture ossee e deformità estreme delle gambe.Dai risultati di diversi lavori di valutazione economica e da una recente review della letteratura,

emerge che la terapia profilattica, riducendo il ricorso ai servizi sanitari per la diagnosi e il trattamento sia dell'evento tromboembolico sia delle complicanze gravi e lievi a esso associate, risulta costo-efficace rispetto alla non profilassi. Per quanto riguarda l'utilizzo dei mezzi meccanici di profilassi, diversi studi di analisi costo-efficacia depongono per il loro utilizzo.Concludendo, i sistemi di compressio-ne meccanica degli arti inferiori, rappresentati dalle calze elastiche e dai vari tipi di sistemi di Compressione Pneumatica Intermittente,sono utili strategie in mano all'anestesista e al chirurgo, da poter utilizzare nella profilassi della trombosi venosa profonda nel paziente chirurgico.

n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotiziePrevenzione primaria Prevenzione primaria

Iniziativa benefica organizzata dalla S.C. diretta dal Dott. Francesco Versace

18 19

È il risultato della collaborazione fra strutture puntuali e sensibili.

Non si trattava di un infarto miocardico ma di un paziente con perforazione dell’esofago e della contigua porzione del pericardio da parte di un filo

metallico ingerito con il cibo!

Un originale caso clinico brillantemente risolto dalle equipe di Cardiologia e Radiologia del “Santa Corona”

e pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology.

Francesco ChiarellaDirettore S.C. Cardiologia, Ospedale S. Corona di Pietra Ligure

Shahram MoshiriResponsabile S.S. Cardiologia Interventistica, Ospedale S. Corona di Pietra Ligure

n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieBuona sanità all’Ospedale di Pietra Ligure Buona sanità all’Ospedale di Pietra Ligure

Al Santa Corona la collabo-razione tra la Cardiologia e i l D i p a r t i m e n t o d i Radiologia, diretto dal Prof. Giovanni Serafini, ha prodotto in questi anni eccellenti risultati sul piano assistenziale e scientifico, grazie al confronto ed all ' integrazione tra le indag in i d i ca ra t t e re coronarografico con le immagini fornite dalla TAC cardiaca con multidetettore 64 strati di ultima genera-zione, chiamata più breve-mente Cardio-TC. Grazie alla disponibilità di entrambe le tecniche i pazienti possono giovarsi dell'indagine maggiormente appropriata e, in taluni casi, della loro integrazione.

È quanto è accaduto per il caso clinico recentemente

pubblicato sulla prestigiosa rivista “Journal of the Amer ican Col lege o f Cardiology,” (Cardiac Tamponade Caused by a Swallowed Metallic Wire; Luca Olivott i , Giul ia Succio, Shahram Moshiri, A n n a m a r i a N i c o l i n o , Michela Gravano,Giovanni Serafini, and Francesco

Chiarella, J. Am. Coll. Cardiol 2010;56;e2 doi: 1 0 . 1 0 1 6 / j . j a c c . 2009.12.076).

Si tratta di un paziente giunto all'osservazione per

IL CASO:Tamponamento cardia-co causato da un filo metallico

arresto cardiaco, con quadro ECG di infarto a sede inferiore ed aspetti ecocar-diografici di versamento pericardico tamponante, entrato dopo la rianimazio-ne in sala di emodinamica in condizioni di shock. Il confronto tra le informa-zioni fornite dalle differenti tecniche ha dimostrato non

trattarsi di un infarto miocardico acuto bensì d e l l a p e r f o r a z i o n e dell'esofago e della contigua porzione del pericardio da parte di un filo metallico

ingerito con il cibo. Dopo il drenaggio del sangue dal pericardio il corpo estraneo è stato rimosso con successo e a distanza di mesi il paziente conduce vita

normale. L a d o c u m e n t a z i o n e iconografica pubblicata su Journal of the American College of Cardiology, ”include le immagini della

coronarografia e la metico-losa ricostruzione fornita dall'apparecchio Cardio-TAC.

18 19

È il risultato della collaborazione fra strutture puntuali e sensibili.

Non si trattava di un infarto miocardico ma di un paziente con perforazione dell’esofago e della contigua porzione del pericardio da parte di un filo

metallico ingerito con il cibo!

Un originale caso clinico brillantemente risolto dalle equipe di Cardiologia e Radiologia del “Santa Corona”

e pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology.

Francesco ChiarellaDirettore S.C. Cardiologia, Ospedale S. Corona di Pietra Ligure

Shahram MoshiriResponsabile S.S. Cardiologia Interventistica, Ospedale S. Corona di Pietra Ligure

n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieBuona sanità all’Ospedale di Pietra Ligure Buona sanità all’Ospedale di Pietra Ligure

Al Santa Corona la collabo-razione tra la Cardiologia e i l D i p a r t i m e n t o d i Radiologia, diretto dal Prof. Giovanni Serafini, ha prodotto in questi anni eccellenti risultati sul piano assistenziale e scientifico, grazie al confronto ed all ' integrazione tra le indag in i d i ca ra t t e re coronarografico con le immagini fornite dalla TAC cardiaca con multidetettore 64 strati di ultima genera-zione, chiamata più breve-mente Cardio-TC. Grazie alla disponibilità di entrambe le tecniche i pazienti possono giovarsi dell'indagine maggiormente appropriata e, in taluni casi, della loro integrazione.

È quanto è accaduto per il caso clinico recentemente

pubblicato sulla prestigiosa rivista “Journal of the Amer ican Col lege o f Cardiology,” (Cardiac Tamponade Caused by a Swallowed Metallic Wire; Luca Olivott i , Giul ia Succio, Shahram Moshiri, A n n a m a r i a N i c o l i n o , Michela Gravano,Giovanni Serafini, and Francesco

Chiarella, J. Am. Coll. Cardiol 2010;56;e2 doi: 1 0 . 1 0 1 6 / j . j a c c . 2009.12.076).

Si tratta di un paziente giunto all'osservazione per

IL CASO:Tamponamento cardia-co causato da un filo metallico

arresto cardiaco, con quadro ECG di infarto a sede inferiore ed aspetti ecocar-diografici di versamento pericardico tamponante, entrato dopo la rianimazio-ne in sala di emodinamica in condizioni di shock. Il confronto tra le informa-zioni fornite dalle differenti tecniche ha dimostrato non

trattarsi di un infarto miocardico acuto bensì d e l l a p e r f o r a z i o n e dell'esofago e della contigua porzione del pericardio da parte di un filo metallico

ingerito con il cibo. Dopo il drenaggio del sangue dal pericardio il corpo estraneo è stato rimosso con successo e a distanza di mesi il paziente conduce vita

normale. L a d o c u m e n t a z i o n e iconografica pubblicata su Journal of the American College of Cardiology, ”include le immagini della

coronarografia e la metico-losa ricostruzione fornita dall'apparecchio Cardio-TAC.

20 21

È ormai indiscutibile che le chirurgie specialistiche del San Paolo percorrono la via dell' eccellenza: la chirurgia della mano (prof. Rossello) costituisce da tempo un riferimento italiano, l' urologia ( prof. Giberti) ha sviluppato con pochi altri centri italiani, la chirurgia robotica, gli accessi microinvasivi in video-laparoscopia eseguiti ormai routinaria-mente nella chirurgia generale (Dott. Schirru) permettono interventi finora effettuabili solo con procedure a cielo aperto.La Struttura Complessa di Oculistica (dott. Polvicino) sta sviluppando tecniche all'avanguardia per la diagnosi precoce della maculopatia e del glaucoma mentre il trattamento ricostruttivo dei tumori della cavità orale, del laringe e dell' ipofaringe effettuato in Otorino-laringoiatria (Dott. Fibbi) può confrontar-si con quelli dei centri oncologici pilota.E' proprio nel reparto di Otorino-laringoiatria che si è sviluppato fino a diventare una solida realtà, il Centro di chirurgia dell' orecchio e di microchirur-gia della sordità, dove proprio in questi giorni è stata raggiunta e superata la quota di 1000 interventi di microchirurgia otologica maggiore, fatta ovviamente esclusione di piccoli interventi quali le miringoplastiche a minima o il posiziona-mento dei tubicini di ventilazione timpanica e di quanto altro eseguibile ambulatorialmente.La microchirurgia dell' orecchio è una branca superspecialistica dell' ORL che si occupa della patologia infiammatoria, tumorale, degenerativa, malformativa e tumorale dell' orecchio. Le malattie dell' orecchio, medio e interno possono determinare sordita', vertigine, infezioni croniche con

secrezione persistente dall' orecchio e persino gravi complicazioni a carico del nervo faciale, del labirinto e delle meningi.Le patologie che determinano la necessità di un intervento microchirurgico sono numerose e si presentano con complican-ze di differenti gradi .Tutte queste lesioni procurano in genere a chi ne è colpito vari livelli di sordità e, accanto al fine prioritario di guarire la malattia di base o correggere la malforma-zione, lo scopo degli interventi è quello di ripristinare, qualora ancora possibile, la funzione uditiva.Gli interventi di microchirurgia vengono eseguiti al microscopio operatorio utilizzando delicatissimi strumenti e consistono nella rimozione dei tessuti patologici e nella ricostruzione anatomica e funzionale delle strutture danneggiate.I risultati degli interventi microchirurgici

sono soddisfacenti ma anche nei Centri di riferimento non si raggiunge mai il 100% di risultati positivi: la ricostruzione d e l l a m e m b r a n a t i m p a n i c a ( Miringoplastica) ha una percentuale di successo a 5 anni dell' 85/90%, le recidive di colesteatoma dopo Timpanoplastica possono raggiungere anche il 25/30% mentre i successi completi della Stapedoplastica nell' otosclerosi non superano il 95%.Numerosi incontri e corsi organizzati dall' S.C. di ORL per sensibilizzare i pediatri di famiglia verso le malattie dell' orecchio medio hanno determinato un progressivo aumento delle richieste di consulenza per questi problemi ed il numero di interventi di otochirurgia pediatrica è notevolmente aumentato.In tal modo è stato possibile esercitare una importante funzione di prevenzione e diagnosi precoce di malattie precedente-

n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieImplementazione del servizio tecnologico Eccellenza chirurgica all’Ospedale “S. Paolo” di Savona

Nuove frontiere della radiologia: la colonscopia

virtuale.Duccio Buccicardi

Dirigente medico S.C. Radiologia e interventistica, Ospedale San Paolo Savona

(Direttore: Piergiorgio Quadri)

La cittadinanza savonese è stata puntualmente informa-ta dalla stampa locale sugli ingenti lavori di ristruttura-zione che hanno recente-mente interessato il servizio d i R a d i o d i a g n o s t i c a dell'Ospedale S. Paolo. Oltre al notevole migliora-mento sotto il profilo architettonico-ricettivo, vi è stata una significativa i m p l e m e n t a z i o n e d e l servizio dal punto di vista tecnologico: in particolare l'acquisizione di una nuova TC multistrato consente da qualche tempo l'effet-tuazione di una serie di esami totalmente innovativi nell'offerta di salute alla cittadinanza. Tra essi, la c o l o n s c o p i a v i r t u a l e r appresen ta in senso assoluto una nuova frontiera del la diagnost ica per immagini: tale indagine consente di ottenere, in modo incruento, immagini tridimensionali ed informa-zioni diagnostiche sull'e-ventuale presenza di polipi o tumori del colon, che finora erano possibili unicamente mediante l'esecuzione della colonscopia ottica. Per ottenere immagini tridimen-sionali e'necessaria l'acqui-sizione delle immagini assiali di base mediante TC multistrato e l'invio di tali immagini al computer dedicato alla ricostruzione t r i d i m e n s i o n a l e , c h e consente d i nav igare all'interno del colon, con la stessa prospettiva dell'endo-scopia ottica. Nei 3 giorni che precedono l'indagine il paziente segue uno schema di preparazione finalizzato a ridurre e a “marcare” il contenuto fecale del colon (le feci nel lume intestinale possono mimare la presenza di polipi). Al momento dell'esame al paziente possono essere sommini-strati farmaci miorilassanti per prevenire eventuali

spasmi delle pareti coliche in risposta all'insufflazione gassosa con anidr ide carbonica che precede l'esame TC. La sedazione non è necessa-ria poiché l'esame non è doloroso. La durata totale dell'esame è di circa 10 minuti e il paziente può lasciare l'ospedale subito dopo l'indagine, tornando a svolgere regolarmente le

proprie attività. Sensibilità e specif ic i tà del l ' esame risultano diret tamente proporzionali alla dimen-sione dei polipi e sono molto elevate per lesioni di diametro superiore ai 6 mm, potenzialmente le più pericolose. I vantaggi della c o l o n s c o p i a v i r t u a l e rispetto alla colonscopia ottica consistono innanzi-tut to nel l 'assenza del

fibroscopio nel colon, che spesso causa fastidio e dolore e pertanto risulta mal tollerato dal paziente: per l'esecuzione dell'esa-me è unicamente necessario il posizionamento di una piccola sonda di materiale gommoso nell 'ampolla rettale, che consente di insufflare anidride carboni-ca all'interno del viscere, che pertanto risulta ottima-mente visualizzabile. Un ulteriore vantaggio deriva dalla possibilità di esaminare anche gli altri organi addominali, e quindi di individuare eventuali alterazioni patologiche al di fuori del colon. Gli svantag-gi rispetto alla colonscopia ottica sono essenzialmente connessi all'espo-sizione ai raggi X (ma ottimizzando i parametri di acquisizione, la dose assorbita dal paziente risulta abbastanza contenuta e sostanzialmente compara-bile all'esposizione cui ci si espone naturalmente in 2 anni di vita sul nostro pianeta) e all'impos-sibilità di asportare i polipi even-tualmente individuati.La colonscopia virtuale può sostituire la colonscopia t r a d i z i o n a l e ? E s s a e'proponibile come metodi-ca di diagnosi precoce per il cancro del colon retto? Nel 2008 l'American Cancer Society, che elabora le linee guida internazionali per la diagnosi e la cura dei tumori, ha inserito la colonscopia virtuale tra le opzioni valide per la diagnosi precoce del cancro del colon-retto. Nell'inserto Tutto Scienze de La Stampa, pubblicato in data 5 maggio 2010, viene descritta una campagna di diagnosi precoce del tumore del colon, attraverso la colon-scopia virtuale, che interes-serà migliaia di cittadini italiani residenti in alcune importanti città.

Immagini di un tumore del colon ottenute mediante colonscopia virtuale.

E’ diventato una solida realtà nella S.C. di otorinolaringoiatria.

Attualmente il 25% dei pazienti (adulti e pediatrici) proviene da fuori provincia e fuori regione.

Intervista a: Giacomo Garaventa, Resp. S.S. Diagnostica e Chirurgia dell'orecchio

Antonio Fibbi, Direttore S.C. OtorinolaringoiatriaOspedale S. Paolo di Savona

Il centro di chirurgia dell’orecchio e di microchirurgia della sordità: più di 1000 gli interventi eseguiti.

Patologie otologiche

Complicanze

Traumi

Perforazioni della membrana timpanica

Frattura o dislocazione degli ossicini

Lesioni

della coclea

Lesioni del nervo faciale

Infezioni Perforazioni Blocchi ossiculari

Secrezione cronica Complicanze neurologiche

Malformazioni Sordita’ di vario tipo

Tumori Dolore Paralisi faciale

Complicanze neurologiche

Complicanze vitali

Segue a pag 22

Antonio Fibbi e Giacomo Garaventa.

20 21

È ormai indiscutibile che le chirurgie specialistiche del San Paolo percorrono la via dell' eccellenza: la chirurgia della mano (prof. Rossello) costituisce da tempo un riferimento italiano, l' urologia ( prof. Giberti) ha sviluppato con pochi altri centri italiani, la chirurgia robotica, gli accessi microinvasivi in video-laparoscopia eseguiti ormai routinaria-mente nella chirurgia generale (Dott. Schirru) permettono interventi finora effettuabili solo con procedure a cielo aperto.La Struttura Complessa di Oculistica (dott. Polvicino) sta sviluppando tecniche all'avanguardia per la diagnosi precoce della maculopatia e del glaucoma mentre il trattamento ricostruttivo dei tumori della cavità orale, del laringe e dell' ipofaringe effettuato in Otorino-laringoiatria (Dott. Fibbi) può confrontar-si con quelli dei centri oncologici pilota.E' proprio nel reparto di Otorino-laringoiatria che si è sviluppato fino a diventare una solida realtà, il Centro di chirurgia dell' orecchio e di microchirur-gia della sordità, dove proprio in questi giorni è stata raggiunta e superata la quota di 1000 interventi di microchirurgia otologica maggiore, fatta ovviamente esclusione di piccoli interventi quali le miringoplastiche a minima o il posiziona-mento dei tubicini di ventilazione timpanica e di quanto altro eseguibile ambulatorialmente.La microchirurgia dell' orecchio è una branca superspecialistica dell' ORL che si occupa della patologia infiammatoria, tumorale, degenerativa, malformativa e tumorale dell' orecchio. Le malattie dell' orecchio, medio e interno possono determinare sordita', vertigine, infezioni croniche con

secrezione persistente dall' orecchio e persino gravi complicazioni a carico del nervo faciale, del labirinto e delle meningi.Le patologie che determinano la necessità di un intervento microchirurgico sono numerose e si presentano con complican-ze di differenti gradi .Tutte queste lesioni procurano in genere a chi ne è colpito vari livelli di sordità e, accanto al fine prioritario di guarire la malattia di base o correggere la malforma-zione, lo scopo degli interventi è quello di ripristinare, qualora ancora possibile, la funzione uditiva.Gli interventi di microchirurgia vengono eseguiti al microscopio operatorio utilizzando delicatissimi strumenti e consistono nella rimozione dei tessuti patologici e nella ricostruzione anatomica e funzionale delle strutture danneggiate.I risultati degli interventi microchirurgici

sono soddisfacenti ma anche nei Centri di riferimento non si raggiunge mai il 100% di risultati positivi: la ricostruzione d e l l a m e m b r a n a t i m p a n i c a ( Miringoplastica) ha una percentuale di successo a 5 anni dell' 85/90%, le recidive di colesteatoma dopo Timpanoplastica possono raggiungere anche il 25/30% mentre i successi completi della Stapedoplastica nell' otosclerosi non superano il 95%.Numerosi incontri e corsi organizzati dall' S.C. di ORL per sensibilizzare i pediatri di famiglia verso le malattie dell' orecchio medio hanno determinato un progressivo aumento delle richieste di consulenza per questi problemi ed il numero di interventi di otochirurgia pediatrica è notevolmente aumentato.In tal modo è stato possibile esercitare una importante funzione di prevenzione e diagnosi precoce di malattie precedente-

n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieImplementazione del servizio tecnologico Eccellenza chirurgica all’Ospedale “S. Paolo” di Savona

Nuove frontiere della radiologia: la colonscopia

virtuale.Duccio Buccicardi

Dirigente medico S.C. Radiologia e interventistica, Ospedale San Paolo Savona

(Direttore: Piergiorgio Quadri)

La cittadinanza savonese è stata puntualmente informa-ta dalla stampa locale sugli ingenti lavori di ristruttura-zione che hanno recente-mente interessato il servizio d i R a d i o d i a g n o s t i c a dell'Ospedale S. Paolo. Oltre al notevole migliora-mento sotto il profilo architettonico-ricettivo, vi è stata una significativa i m p l e m e n t a z i o n e d e l servizio dal punto di vista tecnologico: in particolare l'acquisizione di una nuova TC multistrato consente da qualche tempo l'effet-tuazione di una serie di esami totalmente innovativi nell'offerta di salute alla cittadinanza. Tra essi, la c o l o n s c o p i a v i r t u a l e r appresen ta in senso assoluto una nuova frontiera del la diagnost ica per immagini: tale indagine consente di ottenere, in modo incruento, immagini tridimensionali ed informa-zioni diagnostiche sull'e-ventuale presenza di polipi o tumori del colon, che finora erano possibili unicamente mediante l'esecuzione della colonscopia ottica. Per ottenere immagini tridimen-sionali e'necessaria l'acqui-sizione delle immagini assiali di base mediante TC multistrato e l'invio di tali immagini al computer dedicato alla ricostruzione t r i d i m e n s i o n a l e , c h e consente d i nav igare all'interno del colon, con la stessa prospettiva dell'endo-scopia ottica. Nei 3 giorni che precedono l'indagine il paziente segue uno schema di preparazione finalizzato a ridurre e a “marcare” il contenuto fecale del colon (le feci nel lume intestinale possono mimare la presenza di polipi). Al momento dell'esame al paziente possono essere sommini-strati farmaci miorilassanti per prevenire eventuali

spasmi delle pareti coliche in risposta all'insufflazione gassosa con anidr ide carbonica che precede l'esame TC. La sedazione non è necessa-ria poiché l'esame non è doloroso. La durata totale dell'esame è di circa 10 minuti e il paziente può lasciare l'ospedale subito dopo l'indagine, tornando a svolgere regolarmente le

proprie attività. Sensibilità e specif ic i tà del l ' esame risultano diret tamente proporzionali alla dimen-sione dei polipi e sono molto elevate per lesioni di diametro superiore ai 6 mm, potenzialmente le più pericolose. I vantaggi della c o l o n s c o p i a v i r t u a l e rispetto alla colonscopia ottica consistono innanzi-tut to nel l 'assenza del

fibroscopio nel colon, che spesso causa fastidio e dolore e pertanto risulta mal tollerato dal paziente: per l'esecuzione dell'esa-me è unicamente necessario il posizionamento di una piccola sonda di materiale gommoso nell 'ampolla rettale, che consente di insufflare anidride carboni-ca all'interno del viscere, che pertanto risulta ottima-mente visualizzabile. Un ulteriore vantaggio deriva dalla possibilità di esaminare anche gli altri organi addominali, e quindi di individuare eventuali alterazioni patologiche al di fuori del colon. Gli svantag-gi rispetto alla colonscopia ottica sono essenzialmente connessi all'espo-sizione ai raggi X (ma ottimizzando i parametri di acquisizione, la dose assorbita dal paziente risulta abbastanza contenuta e sostanzialmente compara-bile all'esposizione cui ci si espone naturalmente in 2 anni di vita sul nostro pianeta) e all'impos-sibilità di asportare i polipi even-tualmente individuati.La colonscopia virtuale può sostituire la colonscopia t r a d i z i o n a l e ? E s s a e'proponibile come metodi-ca di diagnosi precoce per il cancro del colon retto? Nel 2008 l'American Cancer Society, che elabora le linee guida internazionali per la diagnosi e la cura dei tumori, ha inserito la colonscopia virtuale tra le opzioni valide per la diagnosi precoce del cancro del colon-retto. Nell'inserto Tutto Scienze de La Stampa, pubblicato in data 5 maggio 2010, viene descritta una campagna di diagnosi precoce del tumore del colon, attraverso la colon-scopia virtuale, che interes-serà migliaia di cittadini italiani residenti in alcune importanti città.

Immagini di un tumore del colon ottenute mediante colonscopia virtuale.

E’ diventato una solida realtà nella S.C. di otorinolaringoiatria.

Attualmente il 25% dei pazienti (adulti e pediatrici) proviene da fuori provincia e fuori regione.

Intervista a: Giacomo Garaventa, Resp. S.S. Diagnostica e Chirurgia dell'orecchio

Antonio Fibbi, Direttore S.C. OtorinolaringoiatriaOspedale S. Paolo di Savona

Il centro di chirurgia dell’orecchio e di microchirurgia della sordità: più di 1000 gli interventi eseguiti.

Patologie otologiche

Complicanze

Traumi

Perforazioni della membrana timpanica

Frattura o dislocazione degli ossicini

Lesioni

della coclea

Lesioni del nervo faciale

Infezioni Perforazioni Blocchi ossiculari

Secrezione cronica Complicanze neurologiche

Malformazioni Sordita’ di vario tipo

Tumori Dolore Paralisi faciale

Complicanze neurologiche

Complicanze vitali

Segue a pag 22

Antonio Fibbi e Giacomo Garaventa.

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mente destinate ad un riscontro tardivo.Per volontà del Dott. Antonio Fibbi è stata istituita nel 2003 la Struttura Semplice di Diagnostica e microchirurgia dell' orecchio, di cui è responsabile il Dr. Giacomo Garaventa, che ha sviluppato le proprie competenze specialistiche presso Centri di riferimento in Italia e all' estero.Il responsabile della Struttura si occupa personalmente della valutazione clinica, del trattamento medico e chirurgico e della gestione postoperatoria dei pazienti che si affidano al reparto di Otorino.L' attività clinica si basa su una seduta operatoria settimanale dedicata alla microchirurgia dell' orecchio e su un ambulatorio settimanale che esegue circa 800 visite all' anno.All' ambulatorio afferiscono pazienti inviati dai medici di base, dai pediatri e da altri specialisti ORL con i quali vi è un attivo scambio di informazioni e consigli per e- mail.Chiediamo al Dott. Antonio Fibbi, Direttore dell' S.C. di ORL: Quali sono i vostri programmi nel campo della chirurgia dell' orecchio?“Per prima cosa vogliamo consolidare e migliorare i risultati nella diagnosi precoce e nel trattamento della patologia più comune ( otiti croniche semplici, colesteatomatose e otosclerosi) e sviluppare metodiche diagnostiche e chirurgiche microinvasive, quale la

diagnostica e la chirurgia endoscopica dell' orecchio medio.La necessità e la volontà di ampliare le possibilità terapeutiche e riabilitative dei problemi di udito ci sta spingendo verso importanti campi quali le protesi impiantabili dell' orecchio medio e gli impianti cocleari. Quando la protesizzazione acustica tradizionale non è più efficace o non è indicata, come nelle otiti croniche plurioperate o nelle sordità profonde è possibile impiantare particolari stimola-tori uditivi nell' orecchio medio o interno con risultati incoraggianti. Questo programma implica però notevole impegno di tipo organizzativo, clinico ed economico e fattiva collaborazione da parte della nostra Amministrazione.”Una domanda provocatoria al Dott Giacomo Garaventa, Struttura di Diagnostica e microchirurgia dell' orecchio: non è restrittivo per uno specialista occuparsi esclusivamente di un così limitato aspetto della patologia Otorino-laringoiatrica?“Assolutamente no: ritengo che sia da tempo finito il ruolo degli specialiati tuttologi, che passavano con fin troppa disinvoltura da un intervento per tumore laringeo a un' operazione al naso e poi all' orecchio.Questo poteva avvenire in passato quando le conoscenze richieste al medico erano minori , le esigenze e le aspettative dei pazienti erano ridotte e gli eventuali insuccessi erano vissuti con

n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità Notizie

maggiore rassegnazione.Oggi non è possibile avere una preparazione ed un aggiornamento costante ed adeguato su tutti gli aspetti della specialità e solo occupandosi unicamente di un particolare campo è possibile mantenere un buon grado di conoscenza e ridurre al minimo gli errori.Un superspecialista in questo settore può offrire ai pazienti la risposta professionalmente più efficace e una maggior tutela nel periodo postoperato-rio.” Tale impostazione si è dimostrata vincente: tutti gli interventi sono ormai eseguiti in regime di Day Surgery con una sola notte di pernottamento e in anestesia locale nel 35% dei casi, le infezioni postoperatorie non superano l'1%, le complicanze postoperatorie sono estremamente rare e i risultati anatomici e funzionali sono soddisfacenti e comun-que in linea con quelli dei Centri di riferimento. L' interesse questa attività si è diffuso anche fuori Provincia e fuori Regione e attualmente il 25% dei pazienti ( adulti e pediatrici) non sono savonesi ma provengono da fuori Provincia o fuori RegioneUna casistica così abbondante indica che la risposta dell' utenza è stata positiva e questo conferma l'affidabilità della struttura e dei professionisti che operano al San Paolo, che si sforzano di garantire ai Pazienti affetti da problemi otologici risposte efficaci e risolutive.

Eccellenza chirurgica all’Ospedale “S. Paolo” di Savona

L’AIDS è diventata una malattia cronica che, se non trattata, può portare a ridotti livelli di autosufficienza e di qualità della vita.

Su una coorte totale di 270 pazienti HIVpositivi seguiti ambulatorialmente, 22 sono stati curati in A.D.I.

Marco AnselmoDirettore S.C. Malattie Infettive, Ospedale S. Paolo di Savona

Giuseppe CalcagnoResp. S.S. Prevenzione del rischio infettivo (S.C. Malattie Infettive)

Valeria Forte, Federica Toscanini, Chiara Montaldo, Gaetano ApicellaDirigenti medici S.C. Malattie Infettive, Ospedale S. Paolo di Savona

Giorgia CasalinoS.C. Malattie Infettive Ospedale S. Corona Pietra Ligure

Francesca RomaniDirettore S.C. SErT ASL 2 Savonese

Daniele GiacchelloS.C. SErT ASL 2 Savonese

Il ruolo dell’assistenza domiciliare integrata (A.D.I.) e dell’ospedalizzazione

a domicilio (O.D.) praticate nella nostra ASL.

L'AIDS è diventata una malattia cronica che, non trattata, può portare a ridotti livelli di autosuffi-cienza, di qualità della vita e ad alti costi sanitari. Rispetto alla degenza ospedaliera esistono forme di assistenza a l t e r n a t i v e c o m e l'hospice, le case allog-gio, i trattamenti a domi-cilio che forniscono assistenza al malato, mantenendo un livello qualitativo di vita miglio-re. L'elemento centrale dell'assistenza alternativa è l ' A s s i s t e n z a Domiciliare (A.D.) che, secondo la definizione dell'O.M.S., consiste nella “fornitura di servizi specialistici per la salute a casa del paziente piutto-sto che in ambiente ospedaliero”. La L. 135/'90 “Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l' AIDS” definisce c o m p i t i e l i m i t i dell'ospedalizzazione in regime ordinario, in Day Hospital e al domicilio del paziente. Il trattamen-to a domicilio è effettuato dal personale infermieri-stico del reparto ospeda-liero da cui è disposta la d i m i s s i o n e , c o n l a consulenza dei medici del reparto stesso, in collabo-razione medico di fami-glia e talvolta di volontari e personale tecnico ed infermieristico dei servizi territoriali. Il Decreto del P r e s i d e n t e d e l l a Repubblica del 7 aprile 1994 “Approvazione del Progetto-obiettivo AIDS 1994-1996” promuove l'A.D. negli intervalli tra le fasi di acuzie della

malattia, riducendo la durata di degenza ospeda-liera e favorendo la continuità dell' assistenza stessa. Nel marzo 1995 la Commissione Nazionale AIDS ha identificato due diverse modali tà di attuazione dei trattamenti a domicilio, l'assistenza domiciliare integrata (A.D.I.) e l 'ospeda-lizzazione a domicilio (O.D.). La prima (ADI) è l ' insieme di attività sanitarie integrate con i n t e r v e n t i s o c i o -assistenziali diretti a curare, assistere e riabili-tare i pazienti al proprio domicilio. La seconda (OD) è il trasferimento a domicilio di procedure assistenziali, professiona-l i tà ed a t t rezzature p rop r i e de l l ' amb i to

ospedaliero.Nell'erogazione delle prestazioni domiciliari, le ASL devono dare priorità ai soggetti incapaci di deambulare e di accedere alle strutture sanitarie, ai pazienti terminali, per i quali non si ritiene più necessario il ricovero

ospedaliero, ai pazienti affetti da AIDS Dementia Complex, psicosi o gravi tu rbe ps ich iche , a i pazienti con cachessia grave, paretici o affetti da malattie acute contagiose. Possono usufruirne anche pazienti agli arresti domiciliari e madri di

Fig. 1. Patologie che hanno condotto all'assistenza domiciliare

Segue da pag 23

Segue a pag 25

Assistenza ai pazienti affetti da AIDS

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mente destinate ad un riscontro tardivo.Per volontà del Dott. Antonio Fibbi è stata istituita nel 2003 la Struttura Semplice di Diagnostica e microchirurgia dell' orecchio, di cui è responsabile il Dr. Giacomo Garaventa, che ha sviluppato le proprie competenze specialistiche presso Centri di riferimento in Italia e all' estero.Il responsabile della Struttura si occupa personalmente della valutazione clinica, del trattamento medico e chirurgico e della gestione postoperatoria dei pazienti che si affidano al reparto di Otorino.L' attività clinica si basa su una seduta operatoria settimanale dedicata alla microchirurgia dell' orecchio e su un ambulatorio settimanale che esegue circa 800 visite all' anno.All' ambulatorio afferiscono pazienti inviati dai medici di base, dai pediatri e da altri specialisti ORL con i quali vi è un attivo scambio di informazioni e consigli per e- mail.Chiediamo al Dott. Antonio Fibbi, Direttore dell' S.C. di ORL: Quali sono i vostri programmi nel campo della chirurgia dell' orecchio?“Per prima cosa vogliamo consolidare e migliorare i risultati nella diagnosi precoce e nel trattamento della patologia più comune ( otiti croniche semplici, colesteatomatose e otosclerosi) e sviluppare metodiche diagnostiche e chirurgiche microinvasive, quale la

diagnostica e la chirurgia endoscopica dell' orecchio medio.La necessità e la volontà di ampliare le possibilità terapeutiche e riabilitative dei problemi di udito ci sta spingendo verso importanti campi quali le protesi impiantabili dell' orecchio medio e gli impianti cocleari. Quando la protesizzazione acustica tradizionale non è più efficace o non è indicata, come nelle otiti croniche plurioperate o nelle sordità profonde è possibile impiantare particolari stimola-tori uditivi nell' orecchio medio o interno con risultati incoraggianti. Questo programma implica però notevole impegno di tipo organizzativo, clinico ed economico e fattiva collaborazione da parte della nostra Amministrazione.”Una domanda provocatoria al Dott Giacomo Garaventa, Struttura di Diagnostica e microchirurgia dell' orecchio: non è restrittivo per uno specialista occuparsi esclusivamente di un così limitato aspetto della patologia Otorino-laringoiatrica?“Assolutamente no: ritengo che sia da tempo finito il ruolo degli specialiati tuttologi, che passavano con fin troppa disinvoltura da un intervento per tumore laringeo a un' operazione al naso e poi all' orecchio.Questo poteva avvenire in passato quando le conoscenze richieste al medico erano minori , le esigenze e le aspettative dei pazienti erano ridotte e gli eventuali insuccessi erano vissuti con

n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità Notizie

maggiore rassegnazione.Oggi non è possibile avere una preparazione ed un aggiornamento costante ed adeguato su tutti gli aspetti della specialità e solo occupandosi unicamente di un particolare campo è possibile mantenere un buon grado di conoscenza e ridurre al minimo gli errori.Un superspecialista in questo settore può offrire ai pazienti la risposta professionalmente più efficace e una maggior tutela nel periodo postoperato-rio.” Tale impostazione si è dimostrata vincente: tutti gli interventi sono ormai eseguiti in regime di Day Surgery con una sola notte di pernottamento e in anestesia locale nel 35% dei casi, le infezioni postoperatorie non superano l'1%, le complicanze postoperatorie sono estremamente rare e i risultati anatomici e funzionali sono soddisfacenti e comun-que in linea con quelli dei Centri di riferimento. L' interesse questa attività si è diffuso anche fuori Provincia e fuori Regione e attualmente il 25% dei pazienti ( adulti e pediatrici) non sono savonesi ma provengono da fuori Provincia o fuori RegioneUna casistica così abbondante indica che la risposta dell' utenza è stata positiva e questo conferma l'affidabilità della struttura e dei professionisti che operano al San Paolo, che si sforzano di garantire ai Pazienti affetti da problemi otologici risposte efficaci e risolutive.

Eccellenza chirurgica all’Ospedale “S. Paolo” di Savona

L’AIDS è diventata una malattia cronica che, se non trattata, può portare a ridotti livelli di autosufficienza e di qualità della vita.

Su una coorte totale di 270 pazienti HIVpositivi seguiti ambulatorialmente, 22 sono stati curati in A.D.I.

Marco AnselmoDirettore S.C. Malattie Infettive, Ospedale S. Paolo di Savona

Giuseppe CalcagnoResp. S.S. Prevenzione del rischio infettivo (S.C. Malattie Infettive)

Valeria Forte, Federica Toscanini, Chiara Montaldo, Gaetano ApicellaDirigenti medici S.C. Malattie Infettive, Ospedale S. Paolo di Savona

Giorgia CasalinoS.C. Malattie Infettive Ospedale S. Corona Pietra Ligure

Francesca RomaniDirettore S.C. SErT ASL 2 Savonese

Daniele GiacchelloS.C. SErT ASL 2 Savonese

Il ruolo dell’assistenza domiciliare integrata (A.D.I.) e dell’ospedalizzazione

a domicilio (O.D.) praticate nella nostra ASL.

L'AIDS è diventata una malattia cronica che, non trattata, può portare a ridotti livelli di autosuffi-cienza, di qualità della vita e ad alti costi sanitari. Rispetto alla degenza ospedaliera esistono forme di assistenza a l t e r n a t i v e c o m e l'hospice, le case allog-gio, i trattamenti a domi-cilio che forniscono assistenza al malato, mantenendo un livello qualitativo di vita miglio-re. L'elemento centrale dell'assistenza alternativa è l ' A s s i s t e n z a Domiciliare (A.D.) che, secondo la definizione dell'O.M.S., consiste nella “fornitura di servizi specialistici per la salute a casa del paziente piutto-sto che in ambiente ospedaliero”. La L. 135/'90 “Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l' AIDS” definisce c o m p i t i e l i m i t i dell'ospedalizzazione in regime ordinario, in Day Hospital e al domicilio del paziente. Il trattamen-to a domicilio è effettuato dal personale infermieri-stico del reparto ospeda-liero da cui è disposta la d i m i s s i o n e , c o n l a consulenza dei medici del reparto stesso, in collabo-razione medico di fami-glia e talvolta di volontari e personale tecnico ed infermieristico dei servizi territoriali. Il Decreto del P r e s i d e n t e d e l l a Repubblica del 7 aprile 1994 “Approvazione del Progetto-obiettivo AIDS 1994-1996” promuove l'A.D. negli intervalli tra le fasi di acuzie della

malattia, riducendo la durata di degenza ospeda-liera e favorendo la continuità dell' assistenza stessa. Nel marzo 1995 la Commissione Nazionale AIDS ha identificato due diverse modali tà di attuazione dei trattamenti a domicilio, l'assistenza domiciliare integrata (A.D.I.) e l 'ospeda-lizzazione a domicilio (O.D.). La prima (ADI) è l ' insieme di attività sanitarie integrate con i n t e r v e n t i s o c i o -assistenziali diretti a curare, assistere e riabili-tare i pazienti al proprio domicilio. La seconda (OD) è il trasferimento a domicilio di procedure assistenziali, professiona-l i tà ed a t t rezzature p rop r i e de l l ' amb i to

ospedaliero.Nell'erogazione delle prestazioni domiciliari, le ASL devono dare priorità ai soggetti incapaci di deambulare e di accedere alle strutture sanitarie, ai pazienti terminali, per i quali non si ritiene più necessario il ricovero

ospedaliero, ai pazienti affetti da AIDS Dementia Complex, psicosi o gravi tu rbe ps ich iche , a i pazienti con cachessia grave, paretici o affetti da malattie acute contagiose. Possono usufruirne anche pazienti agli arresti domiciliari e madri di

Fig. 1. Patologie che hanno condotto all'assistenza domiciliare

Segue da pag 23

Segue a pag 25

Assistenza ai pazienti affetti da AIDS

24 25

bambini sotto l'anno di età. L'A.D. viene richiesta dal responsabile della gestione del malato di A.I.D.S. al Coordinatore di Distretto. Un infermie-re professionale effettua una valutazione clinica e socio familiare. Sulla base di tale valutazione, il Coordinatore di Distretto provvede a coinvolgere il M e d i c o G e n e r a l e , l ' a s s i s t e n t e s o c i a l e dell'ASL e/o del Comune di residenza del malato, ed eventualmente gli specialisti competenti, al fine di realizzare il progetto terapeutico integrato e fissarne le scadenze. Il medico infettivologo stabilisce un piano comprendente le prescrizioni terapeutiche degli specialisti, gli interventi dell'infermiere, dell 'operatore socio-assistenziale, la loro presumibile durata e la periodicità della verifica. Il piano comprende tutte le prestazioni ritenute necessarie, compresi l'accompagnamento e il trasporto del paziente ai centri sanitari o sociali, avvalendosi dei servizi preposti dalle Ammi-nistrazioni locali o dalle cooperative. In ogni distretto un fascicolo per ciascun malato conterrà i dati clinici utilizzati da ciascun operatore per le parti di propria competen-za e per il passaggio di informazioni e consegne.

Obiettivo della nostra analisi è evidenziare i cambiamenti dell'A.D. ai malati di AIDS

Obiettivo

nell'ultimo decennio, in termini quantitativi e qualitativi, per meglio adattare le strategie assistenziali.

La nostra è un'analisi descrittiva retrospettiva dei dati riguardanti tutti i pazienti HIV positivi seguiti in A.D. dall' U.O. M a l a t t i e I n f e t t i v e Ospedale S. Paolo di Savona dal 03/07/1997 al 31/03/2010. Il team dedicato all'A.D. è composto da un medico infettivologo e da un infermiere dedicato. Tale team, attivamente coinvolto nella gestione dei pazienti, ha conside-rato e valutato le caratteri-stiche demografiche, socio-familiari e cliniche di ciascun paziente, in particolare gli aspetti specifici dell' A.D. come la patologia che ne ha determinato la necessità, la durata, l'esito e il numero di accessi. I dati sono stati regolarmente raccolti nella cartelle cliniche di ogni paziente e riassunti in un registro.

Nel periodo di tempo considerato, su una coorte totale di 270 pazienti HIV+ seguiti ambulato-rialmente, 22 (8%) sono stati seguiti in A.D. La magg io ranza (55%) erano maschi, di età media 40,5 anni (range 26-64). La tossicodipen-denza è risultata il com-portamento a rischio più rappresentato (64%). Il contesto familiare e abitativo è risultato sufficiente per la maggio-ranza dei pazienti (21/22)

Materiali e metodi

Risultati

oppor tun is t iche . La patologia neoplastica è stata influenzata in minor misura dalla HAART ed è diventata percentualmen-te più importante come causa di disabilità. L' i n t r o d u z i o n e d e l l a HAART spiegherebbe quindi la progressiva riduzione sia dei nuovi pazienti sia degli accessi domiciliari osservata nella nostra coorte. D'altra parte proprio l'utilizzo della HAART è associato ad una aumen-tata sopravvivenza e i pazienti sono quindi esposti maggiormente a diverse cause di invalidità e morte, quali neoplasie ed insufficienza epatica (HBV/HCV-correlata), che presentano necessità assistenziali notevoli, seppur qualitativamente differenti. La nostra c o o r t e , n o n o s t a n t e numericamente piccola, è stata osservata per un lungo periodo di tempo, proprio nel periodo di maggior diffusione della HAART, rispecchiando i cambiamenti della storia naturale dell'infezione HIV e di conseguenza le diverse necessità assi-stenziali. Alla riduzione numerica dei pazienti che necessitano di A.D., si accompagna un cambia-mento della tipologia di pazienti, spesso affetti da patologie non AIDS correlate. Queste osserva-zioni suggeriscono che, sebbene le caratteristiche dei pazienti HIV positivi si siano modificate, l' A.D. resta una necessità e deve essere adattata a tali cambiamenti.

mentre per un paziente è stato valutato insufficien-te. Dieci dei 22 pazienti (45%) stavano assumen-do terapia antiretrovirale da almeno 6 mesi al momento dell'ingesso in assistenza domiciliare, 5 erano naive (23%). Di 7 non è stato possibile ottenere questa informa-zione. La media dei linfociti CD4 al momento dell'ingresso in assistenza domiciliare era di 111 cell/ml (range 0-315). Il livello medio di HIV-RNA era 145.201 cp/ml, con un massimo di 1 milione di copie e un solo paziente con una soppres-sione virologica completa (< 40 cp/ml). Le patolo-gie che hanno condotto i pazienti all' A.D. sono state infezioni opportuni-stiche in 8 casi (36%), neoplasie in 6 (27%), e n c e f a l o p a t i a H I V-correlata in 7 (32%), cirrosi epatica in un caso (5%) (Fig. 1). L'incidenza di neoplasia come causa di A.D. è progressiva-mente aumentata dal 1997 al 2003, mentre l'incidenza di patologia non neoplastica è diminu-ita nello stesso periodo (Fig. 2). Solo una delle neoplasie per le quali è stata impostata l'A.D., un NHL, era AIDS definen-te. L'incidenza di nuovi pazienti in A.D. ha avuto un picco massimo nel 2003 per poi diminuire p r o g r e s s i v a m e n t e (Fig.3). Un andamento analogo ha avuto il numero di accessi per anno (Fig.4). La durata media dell' A.D. è stata di 26 mesi (range 6 giorni-153 mesi). Al 31 marzo 2010 vi sono due pazienti

Bibliografiain A.D. (9%). Le ragioni d e l l a s o s p e n s i o n e dell'A.D. sono state il decesso per 16 pazienti (80%), il miglioramento clinico per 3 pazienti (15%), il trasferimento presso un'altra sede per un paziente (5%). Il decesso è avvenuto in seguito a neoplasia in 5 pazienti, a LEMP in 5, ad infezioni opportunistiche in 5 e a scompenso epatico in 1 (Fig.5) con una letalità per neoplasia dell'83% e per infezioni opportuni-stiche del 62%.

L' A.D. dei pazienti HIV + si è gradualmente modifi-cata durante il periodo di osservazione, che coinci-de con l'introduzione e la diffusione della terapia antiretrovirale altamente a t t i v a ( H A A R T ) . Nonostante circa la metà della coorte fosse in terapia antiretrovirale, soltanto un paziente aveva car ica v i ra le soppressa e la media dei CD4 è risultata < 200 cc/ml, suggerendo che il fa l l imento immuno-vi ro logico pot rebbe essere stato la causa primaria delle patologie che hanno condotto ad una disabilità tale da richiedere A.D. Si consi-deri che molti di questi pazienti hanno iniziato una duplice e talvolta una monoterapia antiretrovi-rale. L'introduzione della HAART, determinando un più rapido recupero immunologico e clinico, ha ridotto l' incidenza di manifestazioni opportu-nistiche. E' quindi dimi-nuita la necessità di A.D. dovuta ad infezioni

Conclusioni

n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità Notizie

Fig.2 Incidenza di patologia neoplastica e non neoplastica come causa di assistenza domiciliare dal 1997 al 2007

Fig. 3 Numero di nuovi pazienti per anno in assistenza domiciliare

Fig. 4 Numero di accessi domiciliari totali per anno

Fig. 5 Numero di decessi per patologia

Segue da pag 23

Assistenza ai pazienti affetti da AIDS Assistenza ai pazienti affetti da AIDS

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bambini sotto l'anno di età. L'A.D. viene richiesta dal responsabile della gestione del malato di A.I.D.S. al Coordinatore di Distretto. Un infermie-re professionale effettua una valutazione clinica e socio familiare. Sulla base di tale valutazione, il Coordinatore di Distretto provvede a coinvolgere il M e d i c o G e n e r a l e , l ' a s s i s t e n t e s o c i a l e dell'ASL e/o del Comune di residenza del malato, ed eventualmente gli specialisti competenti, al fine di realizzare il progetto terapeutico integrato e fissarne le scadenze. Il medico infettivologo stabilisce un piano comprendente le prescrizioni terapeutiche degli specialisti, gli interventi dell'infermiere, dell 'operatore socio-assistenziale, la loro presumibile durata e la periodicità della verifica. Il piano comprende tutte le prestazioni ritenute necessarie, compresi l'accompagnamento e il trasporto del paziente ai centri sanitari o sociali, avvalendosi dei servizi preposti dalle Ammi-nistrazioni locali o dalle cooperative. In ogni distretto un fascicolo per ciascun malato conterrà i dati clinici utilizzati da ciascun operatore per le parti di propria competen-za e per il passaggio di informazioni e consegne.

Obiettivo della nostra analisi è evidenziare i cambiamenti dell'A.D. ai malati di AIDS

Obiettivo

nell'ultimo decennio, in termini quantitativi e qualitativi, per meglio adattare le strategie assistenziali.

La nostra è un'analisi descrittiva retrospettiva dei dati riguardanti tutti i pazienti HIV positivi seguiti in A.D. dall' U.O. M a l a t t i e I n f e t t i v e Ospedale S. Paolo di Savona dal 03/07/1997 al 31/03/2010. Il team dedicato all'A.D. è composto da un medico infettivologo e da un infermiere dedicato. Tale team, attivamente coinvolto nella gestione dei pazienti, ha conside-rato e valutato le caratteri-stiche demografiche, socio-familiari e cliniche di ciascun paziente, in particolare gli aspetti specifici dell' A.D. come la patologia che ne ha determinato la necessità, la durata, l'esito e il numero di accessi. I dati sono stati regolarmente raccolti nella cartelle cliniche di ogni paziente e riassunti in un registro.

Nel periodo di tempo considerato, su una coorte totale di 270 pazienti HIV+ seguiti ambulato-rialmente, 22 (8%) sono stati seguiti in A.D. La magg io ranza (55%) erano maschi, di età media 40,5 anni (range 26-64). La tossicodipen-denza è risultata il com-portamento a rischio più rappresentato (64%). Il contesto familiare e abitativo è risultato sufficiente per la maggio-ranza dei pazienti (21/22)

Materiali e metodi

Risultati

oppor tun is t iche . La patologia neoplastica è stata influenzata in minor misura dalla HAART ed è diventata percentualmen-te più importante come causa di disabilità. L' i n t r o d u z i o n e d e l l a HAART spiegherebbe quindi la progressiva riduzione sia dei nuovi pazienti sia degli accessi domiciliari osservata nella nostra coorte. D'altra parte proprio l'utilizzo della HAART è associato ad una aumen-tata sopravvivenza e i pazienti sono quindi esposti maggiormente a diverse cause di invalidità e morte, quali neoplasie ed insufficienza epatica (HBV/HCV-correlata), che presentano necessità assistenziali notevoli, seppur qualitativamente differenti. La nostra c o o r t e , n o n o s t a n t e numericamente piccola, è stata osservata per un lungo periodo di tempo, proprio nel periodo di maggior diffusione della HAART, rispecchiando i cambiamenti della storia naturale dell'infezione HIV e di conseguenza le diverse necessità assi-stenziali. Alla riduzione numerica dei pazienti che necessitano di A.D., si accompagna un cambia-mento della tipologia di pazienti, spesso affetti da patologie non AIDS correlate. Queste osserva-zioni suggeriscono che, sebbene le caratteristiche dei pazienti HIV positivi si siano modificate, l' A.D. resta una necessità e deve essere adattata a tali cambiamenti.

mentre per un paziente è stato valutato insufficien-te. Dieci dei 22 pazienti (45%) stavano assumen-do terapia antiretrovirale da almeno 6 mesi al momento dell'ingesso in assistenza domiciliare, 5 erano naive (23%). Di 7 non è stato possibile ottenere questa informa-zione. La media dei linfociti CD4 al momento dell'ingresso in assistenza domiciliare era di 111 cell/ml (range 0-315). Il livello medio di HIV-RNA era 145.201 cp/ml, con un massimo di 1 milione di copie e un solo paziente con una soppres-sione virologica completa (< 40 cp/ml). Le patolo-gie che hanno condotto i pazienti all' A.D. sono state infezioni opportuni-stiche in 8 casi (36%), neoplasie in 6 (27%), e n c e f a l o p a t i a H I V-correlata in 7 (32%), cirrosi epatica in un caso (5%) (Fig. 1). L'incidenza di neoplasia come causa di A.D. è progressiva-mente aumentata dal 1997 al 2003, mentre l'incidenza di patologia non neoplastica è diminu-ita nello stesso periodo (Fig. 2). Solo una delle neoplasie per le quali è stata impostata l'A.D., un NHL, era AIDS definen-te. L'incidenza di nuovi pazienti in A.D. ha avuto un picco massimo nel 2003 per poi diminuire p r o g r e s s i v a m e n t e (Fig.3). Un andamento analogo ha avuto il numero di accessi per anno (Fig.4). La durata media dell' A.D. è stata di 26 mesi (range 6 giorni-153 mesi). Al 31 marzo 2010 vi sono due pazienti

Bibliografiain A.D. (9%). Le ragioni d e l l a s o s p e n s i o n e dell'A.D. sono state il decesso per 16 pazienti (80%), il miglioramento clinico per 3 pazienti (15%), il trasferimento presso un'altra sede per un paziente (5%). Il decesso è avvenuto in seguito a neoplasia in 5 pazienti, a LEMP in 5, ad infezioni opportunistiche in 5 e a scompenso epatico in 1 (Fig.5) con una letalità per neoplasia dell'83% e per infezioni opportuni-stiche del 62%.

L' A.D. dei pazienti HIV + si è gradualmente modifi-cata durante il periodo di osservazione, che coinci-de con l'introduzione e la diffusione della terapia antiretrovirale altamente a t t i v a ( H A A R T ) . Nonostante circa la metà della coorte fosse in terapia antiretrovirale, soltanto un paziente aveva car ica v i ra le soppressa e la media dei CD4 è risultata < 200 cc/ml, suggerendo che il fa l l imento immuno-vi ro logico pot rebbe essere stato la causa primaria delle patologie che hanno condotto ad una disabilità tale da richiedere A.D. Si consi-deri che molti di questi pazienti hanno iniziato una duplice e talvolta una monoterapia antiretrovi-rale. L'introduzione della HAART, determinando un più rapido recupero immunologico e clinico, ha ridotto l' incidenza di manifestazioni opportu-nistiche. E' quindi dimi-nuita la necessità di A.D. dovuta ad infezioni

Conclusioni

n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità Notizie

Fig.2 Incidenza di patologia neoplastica e non neoplastica come causa di assistenza domiciliare dal 1997 al 2007

Fig. 3 Numero di nuovi pazienti per anno in assistenza domiciliare

Fig. 4 Numero di accessi domiciliari totali per anno

Fig. 5 Numero di decessi per patologia

Segue da pag 23

Assistenza ai pazienti affetti da AIDS Assistenza ai pazienti affetti da AIDS

26 27

Superate le regole rigide e limitative di accesso per i visitatori dei pazienti.

Anna Maria GuerrieriDirettore S.C. Anestesia e Rianimazione, Ospedale San Paolo di Savona

Claudio VairaResponsabile S.S. Terapia Intensiva

Stefania SacconeCoordinatore Infermieristico S.S. Terapia Intensiva

In Terapia Intensiva le famiglie sono chiamate a collaborare alle

cure del loro congiunto con la loro presenza consapevole all’interno

del reparto.

n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieIntervento strutturale al “Santa Corona” di Pietra Ligure Nuovo percorso relazionale al “S. Paolo” di Savona

Gli interventi edilizi hanno permesso una riorganizzazione più razionale degli spazi

e la creazione di nuovi ambienti.

Francesco Lanza

Direttore S.C. Ortopedia Traumatologia,

Ospedale S. Corona di Pietra Ligure

Rinnovata la sede della struttura complessa di

Ortopedia e Traumatologia che è parte integrante del D.E.A. con un suo pronto

soccorso specifico attivo per 24 ore tutto l’anno.

Si sono conclusi in autunno i lavori di ammodernamento del Reparto si Ortopedia –Trauma-tologia, ubicato al III piano del “1 Padiglione Chirurgico Ortopedico” dell'Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure.Gli interventi edilizi sui locali hanno permesso di ottenere un organismo edilizio più moderno e funzionale.Gli spazi a disposizione sono stati riorganizzati e distribuiti con maggiore razionalità, consentendo la creazione di nuovi ambienti. Grazie alla nuova sistemazione planimetri-ca, infatti, sono state realizzate tre nuove camere di degenza.I lavori hanno interessato anche il sistema degli impianti, con l'obiettivo di adeguarli alle norme legislative attualmente in vigore.E' stato completato la climatiz-zazione del reparto ed è stato creato un nuovo impianto antincendio.Tutti gli impianti sono stati realizzati per garantire un elevato comfort ambientale e contenere i consumi energetici.L'intero processo di ristruttura-zione è stato operativamente suddiviso in 4 fasi per ridurre al minimo il disagio a pazienti e personale di servizio e per evitare di interrompere la quotidiana attività di reparto.

In sintesi le opere realizzate hanno portato alla:- realizzazione di tre nuove

camere di degenza- risistemazione planimetrica

di alcuni locali per migliora-ne la funzionalità

- l'adeguamento degli impianti esistenti

- la realizzazione di un impianto di climatizzazione e di impianto antincendio

- Superficie lorda reparto 990 mq.

- Superficie terrazzo 245 mq.- Anno di costruzione 1956- Inizio ristrutturazione 2007

Per saperne di più…

La S.C. Ortopedia Traumatologia, Ospedale S.Corona di Pietra Ligure

Direttore: Dr Francesco Lanza

Responsabile S.S.D. Chirurgia Artroscopica: Dr. Luciano Galletto

Dirigenti medici: - Dr. Carlo Castellazzo - Dr. Enrico Maria Di Blasi - Dr. Marcello Federici - Dr. Matteo Lombardi- Dr. Riccardo Mascheroni - Dr. Emilio Visco

Coordinatore Infermieristico Sig.ra Arianna Mainetti

La Struttura dispone di 29 posti letto- 25 per ricoveri ordinari

- 2 per il Day Surgery- 2 dedicati al Day Hospital

Ogni anno vengono eseguiti oltre 870 interventi di traumato-logia e 350 interventi di artroscopia in day surgery, prevalentemente su spalla e ginocchio

La S.C. Traumatologia e Ortopedia è parte integrante del D.E.A. con un Pronto Soccorso Ortopedico attivo sulle 24 ore, 7 giorni su 7, che offre all'utenza una pronta ed immediata risposta alla

domanda con carattere d'urgenza. Tale attività vede l'accesso di oltre 13mila utenti all'anno.Vengono inol t re esegui t i trattamenti con terapia con Onde d'Urto per patologie osteotendinee in circa 900 pazienti all'anno. La Struttura di Ortopedia e Traumatologia, insieme alla altre unità operative ortopediche del Santa Corona, è senz'altro uno dei reparti più coinvolti nel Trauma Center: i l suo p e r s o n a l e è i m p e g n a t o nell'attività di accettazione del Pronto Soccorso per i traumatiz-zati ed i politraumatizzati e quindi responsabile della gestione di traumi gravi, ad alta complessità.Tra le eccellenze di questo reparto risalta la chirurgia del bacino nel traumatizzato che, con circa 25-30 interventi l'anno fa fronte, insieme all'attività svolta dai colleghi del S. Paolo, alle necessità del Ponente Ligure, affiancando l'attività del Polo Traumatologico del San Martino che copre quelle di Genova e del Levante ligure.

La Patologia Ortopedica comprende il trattamento di tutta la patologia osteoarticolare dei vari distretti corporei esclusa la pa to logia ver tebra le . La S t r u t t u r a C o m p l e s s a d i

Attività di ricovero, diagnosi e cura di patologie ortopediche e traumatologiche

Ortopedia e Traumatologia si occupa della cura delle seguenti patologie: - la patologia della spalla

("periartriti", lesioni dei t e n d i n i , i n s t a b i l i t à ) mediante chirurgia a cielo aperto e artroscopica e protesi

- la patologia del gomi-to,(epicondiliti, esiti di fratture, rigidità ecc.) mediante chirurgia o onde d`urto

- la patologia del ginocchio (distorsioni, lesioni dei l egamen t i , men i sch i , patologie cartilaginee) m e d i a n t e c h i r u r g i a artroscopica

- la patologia della caviglia ( d i s t o r s i o n i , l e s i o n i traumatiche o degenerative, l e s i o n i l i g a m e t o s e ) mediante chirurgia a cielo aperto e artroscopica e protesi

- la patologia del piede (alluce valgo, plantalgie, talloniti ecc.) mediante chirurgia o onde d'urto

- patologia polso (tunnel carpale)

- la patologia tendinea (tendiniti lesioni di tendini) e muscolare

Riguardo alla traumatologia il reparto si occupa di tutta la traumatologia degli arti, del bacino e del tronco (esclusa la colonna vertebrale).

- Trattamento chirurgico delle fratture complesse del bacino

- Trattamento dei ritardi di c o n s o l i d a z i o n e d e l l e fratture mediante uso di fattori di crescita ossei e/o cellule staminali

- Trattamento delle patologie tendinee ossee o miofasciali mediante utilizzo di "onde d`urto"

- Trattamento delle lesioni car t i laginee mediante innes t i d i condroci t i prelevati dalle stesso paziente e coltivati in vitro (trapianti di cartilagine).

- Ambulatorio di Ortopedia e Traumatologia

- Ambulatorio di chirurgia artroscopica

- Ambulatorio di chirurgia del piede

Aree di eccellenza:

Attività ambulatoriale:

Francesco Lanza.

In qualità di Team medico-infermieristico della Terapia Intensiva dell'ospedale San Paolo di Savona abbiamo, da sempre, affrontato il nostro lavoro con la consape-volezza dell'importanza di un aggiorna-mento continuo e di un confronto con realtà similari e di come, attraverso le evidenze scientifiche universali, sia necessario attuare verifiche e cambia-menti migliorativi. Tuttavia oggi i risultati del progresso medico e biotecnologico e le criticità estreme dei pazienti che possiamo trattare, spesso, ci mettono a confronto con realtà eticamente e scientificamente conflittuali: i confini dell'”umanamente possibile” sfumano talvolta in situazioni più complesse, dove “l'umanamente accettabile” non sempre è da tutti razionalmente compreso o condiviso.D'altro canto le aspettative, oltre ogni limite, dei familiari, che a volte non coincidono con le nostre convinzioni, generano all'interno del team uno scontro emotivo-culturale-relazionale, da cui derivano ansie, malumori, frustrazioni e quindi uno stato di stress continuo, definito come sindrome del burn out, ovvero la demotivazione del personale.L'estrema complessità di intervento e delle tecnologie utilizzate ha fatto sì che, da subito, le Terapie Intensive abbiano adottato dei percorsi “chiusi”, con regole di accesso per i visitatori molto rigide e limitative. I pazienti vengono isolati dai contatti con l'esterno e dalle ingerenze dei familiari, nella convinzione di proteggere da un lato la loro estrema fragilità e dall'altro il delicato operato degli addetti ai lavori. Oggi queste posizioni sono state rivisitate e superate; è stata finalmente acquisita la consapevolezza che il paziente e non la sua malattia, deve essere posto al centro del nostro percorso lavorativo: il paziente, quindi, come essere umano nella sua interezza e inserito in un contesto socio-affettivo. Da queste premesse si è deciso di partire con un progetto di umanizzazione delle cure intensive, con l'obiettivo per noi di ritrovare la dimensione umana del nostro lavoro e per le famiglie di collaborare alla cura del loro congiun-to, con una presenza più continuativa e consapevole all'interno del reparto. L'elemento di spunto del presente lavoro é una frase di Kraven:“… se l'infermiere estende il concetto di paziente a quello di individuo in un letto , di un soggetto attivo di una famiglia, di conseguenza dovrà estendere il suo ruolo

assistenziale”Mettere al centro del nostro percorso un essere umano, quindi una persona come noi o come un nostro parente, in un luogo ove la tecnologia si scontra con le paure e la fragilità dell'uomo, ci ha reso consape-voli della penosa solitudine che l'isolamento può infliggere a questi malati. Inevitabilmente siamo giunti così all'esigenza di rivedere la nostra prassi di accesso e di coinvolgimento delle famiglie dei nostri pazienti.Era ben chiaro che, attuare un cambia-

mento di regole e di abitudini consolidate nel tempo, avrebbe provocato un disagio in molti di noi, almeno iniziale. Le perplessità sui risultati erano molte, sia tra i medici che tra gli infermieri. Il compren-dere anche i familiari nel nostro iter curativo, avrebbe sicuramente influenza-to i nostri comportamenti all'interno della struttura.Lo sviluppo di un progetto, che avesse come target un maggior coinvolgimento delle persone “significative“ per i nostri pazienti, ha richiesto un interessante lavoro di ricerca e di benchmarking, che ha permesso di affrontare un dibattito preparatorio, tra coloro che sostenevano il progetto e i dichiaratamente contrari, con appropriata documentazione. Si è quindi stabilito di articolare il

1 fase

2 fase

3 fase

4 fase

5 fase

questionario

valutazione

cambiamenti

questionario

Valutazione/modificheParenti

Orario

Parenti

Pazienti

Medici

Vestizione

Medici

Infermieri

Colloquio

Infermieri

Segue a pag 28

26 27

Superate le regole rigide e limitative di accesso per i visitatori dei pazienti.

Anna Maria GuerrieriDirettore S.C. Anestesia e Rianimazione, Ospedale San Paolo di Savona

Claudio VairaResponsabile S.S. Terapia Intensiva

Stefania SacconeCoordinatore Infermieristico S.S. Terapia Intensiva

In Terapia Intensiva le famiglie sono chiamate a collaborare alle

cure del loro congiunto con la loro presenza consapevole all’interno

del reparto.

n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieIntervento strutturale al “Santa Corona” di Pietra Ligure Nuovo percorso relazionale al “S. Paolo” di Savona

Gli interventi edilizi hanno permesso una riorganizzazione più razionale degli spazi

e la creazione di nuovi ambienti.

Francesco Lanza

Direttore S.C. Ortopedia Traumatologia,

Ospedale S. Corona di Pietra Ligure

Rinnovata la sede della struttura complessa di

Ortopedia e Traumatologia che è parte integrante del D.E.A. con un suo pronto

soccorso specifico attivo per 24 ore tutto l’anno.

Si sono conclusi in autunno i lavori di ammodernamento del Reparto si Ortopedia –Trauma-tologia, ubicato al III piano del “1 Padiglione Chirurgico Ortopedico” dell'Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure.Gli interventi edilizi sui locali hanno permesso di ottenere un organismo edilizio più moderno e funzionale.Gli spazi a disposizione sono stati riorganizzati e distribuiti con maggiore razionalità, consentendo la creazione di nuovi ambienti. Grazie alla nuova sistemazione planimetri-ca, infatti, sono state realizzate tre nuove camere di degenza.I lavori hanno interessato anche il sistema degli impianti, con l'obiettivo di adeguarli alle norme legislative attualmente in vigore.E' stato completato la climatiz-zazione del reparto ed è stato creato un nuovo impianto antincendio.Tutti gli impianti sono stati realizzati per garantire un elevato comfort ambientale e contenere i consumi energetici.L'intero processo di ristruttura-zione è stato operativamente suddiviso in 4 fasi per ridurre al minimo il disagio a pazienti e personale di servizio e per evitare di interrompere la quotidiana attività di reparto.

In sintesi le opere realizzate hanno portato alla:- realizzazione di tre nuove

camere di degenza- risistemazione planimetrica

di alcuni locali per migliora-ne la funzionalità

- l'adeguamento degli impianti esistenti

- la realizzazione di un impianto di climatizzazione e di impianto antincendio

- Superficie lorda reparto 990 mq.

- Superficie terrazzo 245 mq.- Anno di costruzione 1956- Inizio ristrutturazione 2007

Per saperne di più…

La S.C. Ortopedia Traumatologia, Ospedale S.Corona di Pietra Ligure

Direttore: Dr Francesco Lanza

Responsabile S.S.D. Chirurgia Artroscopica: Dr. Luciano Galletto

Dirigenti medici: - Dr. Carlo Castellazzo - Dr. Enrico Maria Di Blasi - Dr. Marcello Federici - Dr. Matteo Lombardi- Dr. Riccardo Mascheroni - Dr. Emilio Visco

Coordinatore Infermieristico Sig.ra Arianna Mainetti

La Struttura dispone di 29 posti letto- 25 per ricoveri ordinari

- 2 per il Day Surgery- 2 dedicati al Day Hospital

Ogni anno vengono eseguiti oltre 870 interventi di traumato-logia e 350 interventi di artroscopia in day surgery, prevalentemente su spalla e ginocchio

La S.C. Traumatologia e Ortopedia è parte integrante del D.E.A. con un Pronto Soccorso Ortopedico attivo sulle 24 ore, 7 giorni su 7, che offre all'utenza una pronta ed immediata risposta alla

domanda con carattere d'urgenza. Tale attività vede l'accesso di oltre 13mila utenti all'anno.Vengono inol t re esegui t i trattamenti con terapia con Onde d'Urto per patologie osteotendinee in circa 900 pazienti all'anno. La Struttura di Ortopedia e Traumatologia, insieme alla altre unità operative ortopediche del Santa Corona, è senz'altro uno dei reparti più coinvolti nel Trauma Center: i l suo p e r s o n a l e è i m p e g n a t o nell'attività di accettazione del Pronto Soccorso per i traumatiz-zati ed i politraumatizzati e quindi responsabile della gestione di traumi gravi, ad alta complessità.Tra le eccellenze di questo reparto risalta la chirurgia del bacino nel traumatizzato che, con circa 25-30 interventi l'anno fa fronte, insieme all'attività svolta dai colleghi del S. Paolo, alle necessità del Ponente Ligure, affiancando l'attività del Polo Traumatologico del San Martino che copre quelle di Genova e del Levante ligure.

La Patologia Ortopedica comprende il trattamento di tutta la patologia osteoarticolare dei vari distretti corporei esclusa la pa to logia ver tebra le . La S t r u t t u r a C o m p l e s s a d i

Attività di ricovero, diagnosi e cura di patologie ortopediche e traumatologiche

Ortopedia e Traumatologia si occupa della cura delle seguenti patologie: - la patologia della spalla

("periartriti", lesioni dei t e n d i n i , i n s t a b i l i t à ) mediante chirurgia a cielo aperto e artroscopica e protesi

- la patologia del gomi-to,(epicondiliti, esiti di fratture, rigidità ecc.) mediante chirurgia o onde d`urto

- la patologia del ginocchio (distorsioni, lesioni dei l egamen t i , men i sch i , patologie cartilaginee) m e d i a n t e c h i r u r g i a artroscopica

- la patologia della caviglia ( d i s t o r s i o n i , l e s i o n i traumatiche o degenerative, l e s i o n i l i g a m e t o s e ) mediante chirurgia a cielo aperto e artroscopica e protesi

- la patologia del piede (alluce valgo, plantalgie, talloniti ecc.) mediante chirurgia o onde d'urto

- patologia polso (tunnel carpale)

- la patologia tendinea (tendiniti lesioni di tendini) e muscolare

Riguardo alla traumatologia il reparto si occupa di tutta la traumatologia degli arti, del bacino e del tronco (esclusa la colonna vertebrale).

- Trattamento chirurgico delle fratture complesse del bacino

- Trattamento dei ritardi di c o n s o l i d a z i o n e d e l l e fratture mediante uso di fattori di crescita ossei e/o cellule staminali

- Trattamento delle patologie tendinee ossee o miofasciali mediante utilizzo di "onde d`urto"

- Trattamento delle lesioni car t i laginee mediante innes t i d i condroci t i prelevati dalle stesso paziente e coltivati in vitro (trapianti di cartilagine).

- Ambulatorio di Ortopedia e Traumatologia

- Ambulatorio di chirurgia artroscopica

- Ambulatorio di chirurgia del piede

Aree di eccellenza:

Attività ambulatoriale:

Francesco Lanza.

In qualità di Team medico-infermieristico della Terapia Intensiva dell'ospedale San Paolo di Savona abbiamo, da sempre, affrontato il nostro lavoro con la consape-volezza dell'importanza di un aggiorna-mento continuo e di un confronto con realtà similari e di come, attraverso le evidenze scientifiche universali, sia necessario attuare verifiche e cambia-menti migliorativi. Tuttavia oggi i risultati del progresso medico e biotecnologico e le criticità estreme dei pazienti che possiamo trattare, spesso, ci mettono a confronto con realtà eticamente e scientificamente conflittuali: i confini dell'”umanamente possibile” sfumano talvolta in situazioni più complesse, dove “l'umanamente accettabile” non sempre è da tutti razionalmente compreso o condiviso.D'altro canto le aspettative, oltre ogni limite, dei familiari, che a volte non coincidono con le nostre convinzioni, generano all'interno del team uno scontro emotivo-culturale-relazionale, da cui derivano ansie, malumori, frustrazioni e quindi uno stato di stress continuo, definito come sindrome del burn out, ovvero la demotivazione del personale.L'estrema complessità di intervento e delle tecnologie utilizzate ha fatto sì che, da subito, le Terapie Intensive abbiano adottato dei percorsi “chiusi”, con regole di accesso per i visitatori molto rigide e limitative. I pazienti vengono isolati dai contatti con l'esterno e dalle ingerenze dei familiari, nella convinzione di proteggere da un lato la loro estrema fragilità e dall'altro il delicato operato degli addetti ai lavori. Oggi queste posizioni sono state rivisitate e superate; è stata finalmente acquisita la consapevolezza che il paziente e non la sua malattia, deve essere posto al centro del nostro percorso lavorativo: il paziente, quindi, come essere umano nella sua interezza e inserito in un contesto socio-affettivo. Da queste premesse si è deciso di partire con un progetto di umanizzazione delle cure intensive, con l'obiettivo per noi di ritrovare la dimensione umana del nostro lavoro e per le famiglie di collaborare alla cura del loro congiun-to, con una presenza più continuativa e consapevole all'interno del reparto. L'elemento di spunto del presente lavoro é una frase di Kraven:“… se l'infermiere estende il concetto di paziente a quello di individuo in un letto , di un soggetto attivo di una famiglia, di conseguenza dovrà estendere il suo ruolo

assistenziale”Mettere al centro del nostro percorso un essere umano, quindi una persona come noi o come un nostro parente, in un luogo ove la tecnologia si scontra con le paure e la fragilità dell'uomo, ci ha reso consape-voli della penosa solitudine che l'isolamento può infliggere a questi malati. Inevitabilmente siamo giunti così all'esigenza di rivedere la nostra prassi di accesso e di coinvolgimento delle famiglie dei nostri pazienti.Era ben chiaro che, attuare un cambia-

mento di regole e di abitudini consolidate nel tempo, avrebbe provocato un disagio in molti di noi, almeno iniziale. Le perplessità sui risultati erano molte, sia tra i medici che tra gli infermieri. Il compren-dere anche i familiari nel nostro iter curativo, avrebbe sicuramente influenza-to i nostri comportamenti all'interno della struttura.Lo sviluppo di un progetto, che avesse come target un maggior coinvolgimento delle persone “significative“ per i nostri pazienti, ha richiesto un interessante lavoro di ricerca e di benchmarking, che ha permesso di affrontare un dibattito preparatorio, tra coloro che sostenevano il progetto e i dichiaratamente contrari, con appropriata documentazione. Si è quindi stabilito di articolare il

1 fase

2 fase

3 fase

4 fase

5 fase

questionario

valutazione

cambiamenti

questionario

Valutazione/modificheParenti

Orario

Parenti

Pazienti

Medici

Vestizione

Medici

Infermieri

Colloquio

Infermieri

Segue a pag 28

LIVELLI DI RISCHIO E CRITERI DI INTERVENTO

LIVELLO DI RISCHIO

CRITERI INTERVENTORUOLO

ASSISTENZA PRIMARIA

BASSO RISCHIO

< 280 g/sett uomini

Consigli e contatti con il Medico di Medicina Generale (MMG)

Educazione sanitaria, supporto, modelli di riferimento

<140 g/sett donne

A RISCHIO “HAZARDOUS”: un livello di consumo o una modalità del bere che possono determinare un rischio nel caso di persistenza di tali abitudini

280-349 g/sett uomini 140-209 g/sett donne

Consigli in forma breve

Identificazione, valutazione, consigli/intervento breve

DANNOSO “HARMFUL” : una modalità di consumo alcolico che causa danno alla salute, a livello fisico e mentale. A differenza del consumo a rischio, la diagnosi di consumo dannoso può essere posta solo in presenza di un danno alla salute del soggetto.

> = 350 g/sett uomini > = 210 g/sett donne

Consigli accompagnati da breve consulenza psicologica e monitoraggio continuo

Identificazione, valutazione, consigli/intervento breve, follow up clinico

CONSUMO ECCESSIVO EPISODICO: assunzione di almeno 60 gr di alcol in un’unica occasione (binge drinking)

Consigli dal MMG e contatti con strutture specialistiche

Identificazione, valutazione, consigli/intervento breve

ALTO (ALCOL DIPENDENZA): insieme di fenomeni fisiologici, comportamentali e cognitivi in cui l’uso di alcol riveste per l’individuo una priorità sempre maggiore rispetto ad abitudini che in precedenza avevano ruoli più importanti. La caratteristica predominante è il continuo desiderio di bere.

Secondo i criteri ICD – 10 comparsa di sintomi di astinenza alla sospensione, quali cefalea, tachicardia, sudorazione ecc.

Intervento specialistico

Identificazione, valutazione, consulenza specialistica, follow up clinico

28 29

È una sostanza tossica, potenzialmente cancerogena e a tutti gli effetti una sostanza psicotropa.

La nostra ASL offre da tempo un percorso riabilitativo attraverso l’”area dipendenze” Ser.T.

Angelo SergiDirettore S.C. Prevenzione Sicurezza degli Ambienti di Lavoro

Laura PelosoDirigente Medico S.C. Prevenzione Sicurezza degli Ambienti

di LavoroLivia Maccio'

Responsabile S.S. Alcologia,(S.C. Ser.T, Direttore Francesca Romani)

La dipendenza dall’alcol costituisce un rischio

per la salute, sul lavoro e alla guida di automezzi.

n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotiziePrevenzione socio - sanitaria

progetto in più fasi, che permettessero un inserimento graduale dei cambiamenti e la possibilità di fermarsi a valutare i risultati in corso d'opera. Vista la peculiarità dell'ambiente è stato mandatorio procedere con tutte le cautele del caso, in relazione ai fattori di rischio a cui tale scelta ci esponeva.La prima fase di questa iniziativa è stata la raccolta, attraverso un questionario anonimo, delle opinioni dei parenti e degli operatori. Era fondamentale contestualiz-zare il cambiamento in funzione delle realtà locali, delle inevitabili resistenze e delle nostre aspettative.Questi, in sintesi, sono gli aspetti indagati tramite i questionari e discussi dal Team:Dopo aver valutato le risposte emerse ( seconda fase) si è evidenziato l'unanime desiderio dei familiari di un maggior contatto con il parente degente e di una maggiore coerenza e compartecipazione del team assistenziale nei colloqui informativi e nelle relazioni con il parente degente. Da parte degli operatori si è rilevato invece un dichiarato timore che la presenza continua dei parenti potesse intralciare, o comunque esporre a giudizi inappropriati, l'operato del personale.Si sono venuti così a delineare, attraverso accese discussioni e confronti trasversali, degli obiettivi intermedi che preparassero il terreno a sostanziali cambiamenti.

- Conquistare la fiducia dei familiari evidenziando la nostra disponibilità costante

- Costruire un consenso informato appropriato alle cure

- Valorizzare l'opinione dell'utente anche agli occhi del parente

- Motivare maggiormente le azioni all'unità paziente-parente

- Adeguare l'informazione e il supporto nella cura ai nuovi modelli culturali.

Va sottolineato che, nonostante la risposta dei parenti come fotografia della situazio-ne iniziale sia stata più che gratificante sotto molti aspetti, la formalizzazione di parametri quantificabili con cui misurarsi ha permesso una discussione, relativa all'obiettivo di un costante miglioramen-to, basata su bisogni reali e non su percezioni più o meno contestabili.Un ulteriore timore, condiviso dal personale medico e infermieristico, era relativo al bisogno fondamentale di “primum non nocère” e, pensando al campo minato delle relazioni umane nel nostro ambiente e delle loro conseguenze, è facile comprendere la delicatezza di questa affermazione. Nella terza fase si è quindi proceduto alla pianificazione del progetto con individua-zione delle priorità: orari, spazi, continui-tà relazionale, supporto psicologico.

Partendo da una situazione logistica e strutturale non ottimale, si è deciso:1. Allungamento degli orari di visita per i

degenti meno gravi (dalle ore 12.00 alle 20.00 di tutti i giorni) e attuazione di eccezioni sull'orario d'ingresso, assecondando le richieste delle famiglie in base alle condizioni del paziente.

2. Abolizione dell'obbligo di vestizione dei parenti con indumenti sterili, limitando le precauzioni al lavaggio mani, prima e dopo la visita.

3. Individuazione di uno spazio per l'attesa e l'accoglienza dei visitatori

più confortevole e dotato di servizi4. Individuazione all'interno del reparto

di uno spazio dedicato ai colloqui riservati

5. Identificazione del responsabile del reparto come “principale informatore” dei parenti che garantisse la continuità e l'omogeneità dell'informazione

6. Affiancamento del religioso che visita giornalmente il reparto al medico durante il colloquio, tutti i lunedì, oltre che su richiesta.

7. Partecipazione al passaggio delle consegne mediche e discussione dei casi clinici dell'infermiere dedicato a quel paziente.

Il personale infermieristico si è sensibiliz-zato alla necessità di fornire assistenza e spiegazioni continue per facilitare l'accesso dei parenti anche durante lo svolgimento del lavoro routinario. Ora si prevede, come da progetto, un secondo questionario (quarta fase) per valutare l'impatto delle variazioni innovative e impostare il lavoro futuro in funzione delle necessità del binomio parente/paziente (quinta fase).Siamo oggi a metà del percorso, ma già è interessante vedere come piccoli cambiamenti possano avere importanti ripercussioni sulla qualità percepita dai parenti.Anche le prime reazioni degli operatori sono positive e incoraggianti.La prossima fase sarà un confronto e una valutazione delle ripercussioni, si spera in positivo, sull'outcome dei pazienti inseriti nel progetto. Questo ci permetterà di convalidare l'ipotesi che anche i familiari possano avere una parte attiva sull'esito delle cure.Tuttavia il cammino non è facile né indolore.Nel mettere in discussione noi stessi ed il nostro operato c'è bisogno della collabo-razione di tutti e del supporto psicologico al personale, che quotidianamente affronta situazioni critiche, emotivamente e moralmente combattute.E' doverosa infine una verifica continua che affianchi i cambiamenti e la crescita culturale, con l'onestà di riconoscere anche gli errori.Nel comunicare il nostro progetto ci auguriamo che le difficoltà strutturali e relazionali non affossino gli obiettivi che vorremmo raggiungere.Infine un ringraziamento: questo progetto è stato reso possibile grazie al costruttivo e onesto confronto, nell'ambito di un gruppo di lavoro ove ognuno, chi per responsabilità organizzative, chi per senso del dovere, chi per convinzione etica (e fortunatamente un aspetto non esclude l'altro!), ha portato un prezioso contributo personale.

Segue da pag 27

Segue a pag 29

L’alcol secondo la definizione de l l 'OMS (Organizzaz ione Mondiale Sanità), è una sostanza tossica, potenzialmente cancero-gena; è una droga capace di indurre dipendenza superiore rispetto alle sostanze o droghe illegali più conosciute. Anche se non rientra tra le sostanze stupefacenti e psicotrope previste nelle tabelle ministeriali, è, a tutti gli effetti, una sostanza psicotropa.L'alcol è uno dei principali fattori di rischio per la salute dell'uomo e risulta essere la principale causa di cirrosi epatica, è il terzo fattore di rischio importante per morti premature e disabilità nel mondo, il secondo in Europa che si contraddistingue come l'area con i più elevati consumi alcolici. L'alcol è ritenuto essere causa di oltre 60 malattie e condizioni patologiche, tra cui lesioni, disordine psichico e comporta-mentale, tumori, patologie gas t ro in te s t ina l i , ma la t t i e cardiovascolari, immunologiche, d e l l ' a p p a r a t o s c h e l e t r i c o , infertilità e problemi prenatali. L'alcol aumenta il rischio di incorrere in tali problemi e danni in misura proporzionale alla dose ingerita. L'OMS non prende in considera-zione solo l'alcol dipendenza, ma anche tutte le altre forme di consumo di bevande alcoliche che possono provocare rischi o causare danni e le classifica in diverse tipologie. Tale consumo viene misurato in Unità Alcoliche (U.A.) o bicchieri standard, pari a 12 grammi di alcol.

Un bicchiere standard contiene circa 12 grammi di alcol puro UNITÀ ALCOLICA (U. A.) Ad esempio: - 330 ml di birra (5° alcolici)- 125 ml di vino (12° alcolici)- 80 ml di aperitivo (18° alcolici)- 40 ml di cocktail alcolico

(36°alcolici)

La classificazione è la seguente:Il rischio alcol correlato in Italia non è trascurabile, si riferiscono alcuni dati:

- 1 uomo su 4 e 1 donna su 10 sono bevitori problematici;- il costo sociale: 108.000 ricoveri

o speda l i e r i a l l ' anno sono attribuibili all'alcol;-28.0000/35000 morti all'anno sono alcol correlate (dati del 2007 OMS).

Ridurre il consumo alcolico o smettere di bere produce benefici s u l l o s t a t o d i s a l u t e . L'eliminazione dell'alcol causa un'inversione completa del rischio per tutte le patologie correlate. Anche nelle patologie croniche, quali la cirrosi epatica o la depressione, la riduzione o la cessazione del consumo di alcol sono associate ad un rapido miglioramento delle condizioni fisiche.Un aspetto del problema alcol sempre più importante è il rapporto tra il consumo di questa sostanza con la guida di veicoli e con gli ambienti di lavoro. Nessun limite di consumo è sicuro, dato che l'alcol influisce sempre negativamente sulle prestazioni psicomotorie e quindi sul comportamento. Non esistono limiti di basso consumo da considerarsi più sicuri: per esempio, le abilità alla guida risultano compromesse anche a livelli di consumo molto bassi. La ricerca mondiale ha dimostrato una forte riduzione negli incidenti anche mortali quando i livelli di alcolemia consentiti sono stati abbassati.

Incidenti stradali alcolcorrelati

Morti: 2.200 (ISTAT 2004)

Feriti: circa 105.000

ALCOL E RISCHIO ALLA GUIDA DI AUTOMEZZI

Invalidi: circa 10.000

Ricoverat i (compres i g l i invalidi): circa 85.000

Accessi al Pronto Soccorso (senza ricovero): 500.000

Costo sociale sanitario annuo: circa 14 miliardi di Euro

I dati ci dicono che:-80% delle persone che consuma alcol si mette comunque alla guida di un mezzo.-20% dei forti consumatori di alcol si mette comunque alla guida di un mezzo.-30% dei fermati ha un'alcolemia positiva (>1,5 gr di alcol).-I maschi causano la maggior parte degli incidenti stradali gravi (9 su 10) alcol-droga correlati.“ Si stima infatti che il 30-50% dei morti a causa di incidenti stradali sia attribuibile all'uso di alcol e il 50% degli incidenti stradali non mortali abbia una correlazione con l'uso di alcol” (Rapporto Min. Salute 2006 sulla legge quadro in materia di problemi alcol correlati).

Ricordiamo che l ' incidente stradale è la prima causa di morte tra i giovani fra i 21 e i 29 anni. Dei 5600 decessi che si verificano ogni anno sulle strade italiane, circa 2400 interessano ragazzi con meno di 24 anni, che nel 40-50% dei casi erano alla guida in stato di ebbrezza o, comunque, di vigilanza ridotta a causa dell'alcol.

In questo contesto la ricerca internazionale colloca l'Italia tra le Nazioni a più basso livello di applicazione e di rigorosità delle pol i t iche formal i adot ta te sull'alcol. Politiche sanitarie e sociali hanno saputo riconoscere e valorizzare le evidenze ed il ruolo della ricerca indipendente e dell'evidenza scientifica quale quella prodotta dall'Handbook for action to reduce alcohol-related harm (OMS 2009) , come dimostrato dal Piano Nazionale Alcol e Salute, ma ciò incontra un'insormontabile barriera a garanzia degli interessi commer-ciali.Sono ben evidenti gli interessi di natura economica e commerciale che dispongono di mezzi ben superiori a quelli investiti dalla prevenzione: 169 milioni di euro l'anno gli investimenti pubblicitari sono per le bevande alcoliche contro un milione di euro speso in a z i o n i p r e v e n t i v e , s e n z a considerare inoltre altri milioni di euro spesi in termini di sussidio e

Nuovo percorso relazionale al “S. Paolo” di Savona

LIVELLI DI RISCHIO E CRITERI DI INTERVENTO

LIVELLO DI RISCHIO

CRITERI INTERVENTORUOLO

ASSISTENZA PRIMARIA

BASSO RISCHIO

< 280 g/sett uomini

Consigli e contatti con il Medico di Medicina Generale (MMG)

Educazione sanitaria, supporto, modelli di riferimento

<140 g/sett donne

A RISCHIO “HAZARDOUS”: un livello di consumo o una modalità del bere che possono determinare un rischio nel caso di persistenza di tali abitudini

280-349 g/sett uomini 140-209 g/sett donne

Consigli in forma breve

Identificazione, valutazione, consigli/intervento breve

DANNOSO “HARMFUL” : una modalità di consumo alcolico che causa danno alla salute, a livello fisico e mentale. A differenza del consumo a rischio, la diagnosi di consumo dannoso può essere posta solo in presenza di un danno alla salute del soggetto.

> = 350 g/sett uomini > = 210 g/sett donne

Consigli accompagnati da breve consulenza psicologica e monitoraggio continuo

Identificazione, valutazione, consigli/intervento breve, follow up clinico

CONSUMO ECCESSIVO EPISODICO: assunzione di almeno 60 gr di alcol in un’unica occasione (binge drinking)

Consigli dal MMG e contatti con strutture specialistiche

Identificazione, valutazione, consigli/intervento breve

ALTO (ALCOL DIPENDENZA): insieme di fenomeni fisiologici, comportamentali e cognitivi in cui l’uso di alcol riveste per l’individuo una priorità sempre maggiore rispetto ad abitudini che in precedenza avevano ruoli più importanti. La caratteristica predominante è il continuo desiderio di bere.

Secondo i criteri ICD – 10 comparsa di sintomi di astinenza alla sospensione, quali cefalea, tachicardia, sudorazione ecc.

Intervento specialistico

Identificazione, valutazione, consulenza specialistica, follow up clinico

28 29

È una sostanza tossica, potenzialmente cancerogena e a tutti gli effetti una sostanza psicotropa.

La nostra ASL offre da tempo un percorso riabilitativo attraverso l’”area dipendenze” Ser.T.

Angelo SergiDirettore S.C. Prevenzione Sicurezza degli Ambienti di Lavoro

Laura PelosoDirigente Medico S.C. Prevenzione Sicurezza degli Ambienti

di LavoroLivia Maccio'

Responsabile S.S. Alcologia,(S.C. Ser.T, Direttore Francesca Romani)

La dipendenza dall’alcol costituisce un rischio

per la salute, sul lavoro e alla guida di automezzi.

n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotiziePrevenzione socio - sanitaria

progetto in più fasi, che permettessero un inserimento graduale dei cambiamenti e la possibilità di fermarsi a valutare i risultati in corso d'opera. Vista la peculiarità dell'ambiente è stato mandatorio procedere con tutte le cautele del caso, in relazione ai fattori di rischio a cui tale scelta ci esponeva.La prima fase di questa iniziativa è stata la raccolta, attraverso un questionario anonimo, delle opinioni dei parenti e degli operatori. Era fondamentale contestualiz-zare il cambiamento in funzione delle realtà locali, delle inevitabili resistenze e delle nostre aspettative.Questi, in sintesi, sono gli aspetti indagati tramite i questionari e discussi dal Team:Dopo aver valutato le risposte emerse ( seconda fase) si è evidenziato l'unanime desiderio dei familiari di un maggior contatto con il parente degente e di una maggiore coerenza e compartecipazione del team assistenziale nei colloqui informativi e nelle relazioni con il parente degente. Da parte degli operatori si è rilevato invece un dichiarato timore che la presenza continua dei parenti potesse intralciare, o comunque esporre a giudizi inappropriati, l'operato del personale.Si sono venuti così a delineare, attraverso accese discussioni e confronti trasversali, degli obiettivi intermedi che preparassero il terreno a sostanziali cambiamenti.

- Conquistare la fiducia dei familiari evidenziando la nostra disponibilità costante

- Costruire un consenso informato appropriato alle cure

- Valorizzare l'opinione dell'utente anche agli occhi del parente

- Motivare maggiormente le azioni all'unità paziente-parente

- Adeguare l'informazione e il supporto nella cura ai nuovi modelli culturali.

Va sottolineato che, nonostante la risposta dei parenti come fotografia della situazio-ne iniziale sia stata più che gratificante sotto molti aspetti, la formalizzazione di parametri quantificabili con cui misurarsi ha permesso una discussione, relativa all'obiettivo di un costante miglioramen-to, basata su bisogni reali e non su percezioni più o meno contestabili.Un ulteriore timore, condiviso dal personale medico e infermieristico, era relativo al bisogno fondamentale di “primum non nocère” e, pensando al campo minato delle relazioni umane nel nostro ambiente e delle loro conseguenze, è facile comprendere la delicatezza di questa affermazione. Nella terza fase si è quindi proceduto alla pianificazione del progetto con individua-zione delle priorità: orari, spazi, continui-tà relazionale, supporto psicologico.

Partendo da una situazione logistica e strutturale non ottimale, si è deciso:1. Allungamento degli orari di visita per i

degenti meno gravi (dalle ore 12.00 alle 20.00 di tutti i giorni) e attuazione di eccezioni sull'orario d'ingresso, assecondando le richieste delle famiglie in base alle condizioni del paziente.

2. Abolizione dell'obbligo di vestizione dei parenti con indumenti sterili, limitando le precauzioni al lavaggio mani, prima e dopo la visita.

3. Individuazione di uno spazio per l'attesa e l'accoglienza dei visitatori

più confortevole e dotato di servizi4. Individuazione all'interno del reparto

di uno spazio dedicato ai colloqui riservati

5. Identificazione del responsabile del reparto come “principale informatore” dei parenti che garantisse la continuità e l'omogeneità dell'informazione

6. Affiancamento del religioso che visita giornalmente il reparto al medico durante il colloquio, tutti i lunedì, oltre che su richiesta.

7. Partecipazione al passaggio delle consegne mediche e discussione dei casi clinici dell'infermiere dedicato a quel paziente.

Il personale infermieristico si è sensibiliz-zato alla necessità di fornire assistenza e spiegazioni continue per facilitare l'accesso dei parenti anche durante lo svolgimento del lavoro routinario. Ora si prevede, come da progetto, un secondo questionario (quarta fase) per valutare l'impatto delle variazioni innovative e impostare il lavoro futuro in funzione delle necessità del binomio parente/paziente (quinta fase).Siamo oggi a metà del percorso, ma già è interessante vedere come piccoli cambiamenti possano avere importanti ripercussioni sulla qualità percepita dai parenti.Anche le prime reazioni degli operatori sono positive e incoraggianti.La prossima fase sarà un confronto e una valutazione delle ripercussioni, si spera in positivo, sull'outcome dei pazienti inseriti nel progetto. Questo ci permetterà di convalidare l'ipotesi che anche i familiari possano avere una parte attiva sull'esito delle cure.Tuttavia il cammino non è facile né indolore.Nel mettere in discussione noi stessi ed il nostro operato c'è bisogno della collabo-razione di tutti e del supporto psicologico al personale, che quotidianamente affronta situazioni critiche, emotivamente e moralmente combattute.E' doverosa infine una verifica continua che affianchi i cambiamenti e la crescita culturale, con l'onestà di riconoscere anche gli errori.Nel comunicare il nostro progetto ci auguriamo che le difficoltà strutturali e relazionali non affossino gli obiettivi che vorremmo raggiungere.Infine un ringraziamento: questo progetto è stato reso possibile grazie al costruttivo e onesto confronto, nell'ambito di un gruppo di lavoro ove ognuno, chi per responsabilità organizzative, chi per senso del dovere, chi per convinzione etica (e fortunatamente un aspetto non esclude l'altro!), ha portato un prezioso contributo personale.

Segue da pag 27

Segue a pag 29

L’alcol secondo la definizione de l l 'OMS (Organizzaz ione Mondiale Sanità), è una sostanza tossica, potenzialmente cancero-gena; è una droga capace di indurre dipendenza superiore rispetto alle sostanze o droghe illegali più conosciute. Anche se non rientra tra le sostanze stupefacenti e psicotrope previste nelle tabelle ministeriali, è, a tutti gli effetti, una sostanza psicotropa.L'alcol è uno dei principali fattori di rischio per la salute dell'uomo e risulta essere la principale causa di cirrosi epatica, è il terzo fattore di rischio importante per morti premature e disabilità nel mondo, il secondo in Europa che si contraddistingue come l'area con i più elevati consumi alcolici. L'alcol è ritenuto essere causa di oltre 60 malattie e condizioni patologiche, tra cui lesioni, disordine psichico e comporta-mentale, tumori, patologie gas t ro in te s t ina l i , ma la t t i e cardiovascolari, immunologiche, d e l l ' a p p a r a t o s c h e l e t r i c o , infertilità e problemi prenatali. L'alcol aumenta il rischio di incorrere in tali problemi e danni in misura proporzionale alla dose ingerita. L'OMS non prende in considera-zione solo l'alcol dipendenza, ma anche tutte le altre forme di consumo di bevande alcoliche che possono provocare rischi o causare danni e le classifica in diverse tipologie. Tale consumo viene misurato in Unità Alcoliche (U.A.) o bicchieri standard, pari a 12 grammi di alcol.

Un bicchiere standard contiene circa 12 grammi di alcol puro UNITÀ ALCOLICA (U. A.) Ad esempio: - 330 ml di birra (5° alcolici)- 125 ml di vino (12° alcolici)- 80 ml di aperitivo (18° alcolici)- 40 ml di cocktail alcolico

(36°alcolici)

La classificazione è la seguente:Il rischio alcol correlato in Italia non è trascurabile, si riferiscono alcuni dati:

- 1 uomo su 4 e 1 donna su 10 sono bevitori problematici;- il costo sociale: 108.000 ricoveri

o speda l i e r i a l l ' anno sono attribuibili all'alcol;-28.0000/35000 morti all'anno sono alcol correlate (dati del 2007 OMS).

Ridurre il consumo alcolico o smettere di bere produce benefici s u l l o s t a t o d i s a l u t e . L'eliminazione dell'alcol causa un'inversione completa del rischio per tutte le patologie correlate. Anche nelle patologie croniche, quali la cirrosi epatica o la depressione, la riduzione o la cessazione del consumo di alcol sono associate ad un rapido miglioramento delle condizioni fisiche.Un aspetto del problema alcol sempre più importante è il rapporto tra il consumo di questa sostanza con la guida di veicoli e con gli ambienti di lavoro. Nessun limite di consumo è sicuro, dato che l'alcol influisce sempre negativamente sulle prestazioni psicomotorie e quindi sul comportamento. Non esistono limiti di basso consumo da considerarsi più sicuri: per esempio, le abilità alla guida risultano compromesse anche a livelli di consumo molto bassi. La ricerca mondiale ha dimostrato una forte riduzione negli incidenti anche mortali quando i livelli di alcolemia consentiti sono stati abbassati.

Incidenti stradali alcolcorrelati

Morti: 2.200 (ISTAT 2004)

Feriti: circa 105.000

ALCOL E RISCHIO ALLA GUIDA DI AUTOMEZZI

Invalidi: circa 10.000

Ricoverat i (compres i g l i invalidi): circa 85.000

Accessi al Pronto Soccorso (senza ricovero): 500.000

Costo sociale sanitario annuo: circa 14 miliardi di Euro

I dati ci dicono che:-80% delle persone che consuma alcol si mette comunque alla guida di un mezzo.-20% dei forti consumatori di alcol si mette comunque alla guida di un mezzo.-30% dei fermati ha un'alcolemia positiva (>1,5 gr di alcol).-I maschi causano la maggior parte degli incidenti stradali gravi (9 su 10) alcol-droga correlati.“ Si stima infatti che il 30-50% dei morti a causa di incidenti stradali sia attribuibile all'uso di alcol e il 50% degli incidenti stradali non mortali abbia una correlazione con l'uso di alcol” (Rapporto Min. Salute 2006 sulla legge quadro in materia di problemi alcol correlati).

Ricordiamo che l ' incidente stradale è la prima causa di morte tra i giovani fra i 21 e i 29 anni. Dei 5600 decessi che si verificano ogni anno sulle strade italiane, circa 2400 interessano ragazzi con meno di 24 anni, che nel 40-50% dei casi erano alla guida in stato di ebbrezza o, comunque, di vigilanza ridotta a causa dell'alcol.

In questo contesto la ricerca internazionale colloca l'Italia tra le Nazioni a più basso livello di applicazione e di rigorosità delle pol i t iche formal i adot ta te sull'alcol. Politiche sanitarie e sociali hanno saputo riconoscere e valorizzare le evidenze ed il ruolo della ricerca indipendente e dell'evidenza scientifica quale quella prodotta dall'Handbook for action to reduce alcohol-related harm (OMS 2009) , come dimostrato dal Piano Nazionale Alcol e Salute, ma ciò incontra un'insormontabile barriera a garanzia degli interessi commer-ciali.Sono ben evidenti gli interessi di natura economica e commerciale che dispongono di mezzi ben superiori a quelli investiti dalla prevenzione: 169 milioni di euro l'anno gli investimenti pubblicitari sono per le bevande alcoliche contro un milione di euro speso in a z i o n i p r e v e n t i v e , s e n z a considerare inoltre altri milioni di euro spesi in termini di sussidio e

Nuovo percorso relazionale al “S. Paolo” di Savona

LIVELLO DI ALCOLEMIA

Sensazioni più frequenti

Effetti Progressivi e abilità compromesse

0 Nessuna Nessuna

0.1 - 0.2

Iniziale sensazione di ebbrezza Iniziale riduzione delle inibizioni e del controllo

Affievolimento della vigilanza,attenzione e controlloIniziale riduzione del coordinamento motorio Iniziale riduzione della visione laterale Nausea

0.3 - 0.4

Sensazione di ebbrezza Riduzione delle inibizioni, del controllo e della percezione del rischio

Riduzione della capacità di vigilanza, attenzione e controlloRiduzione del coordinamento motorio e dei riflessi Riduzione della visione lateraleVomito

0.5 - 0.8

Cambiamenti dell'umore

Nausea,

sonnolenza Stato di eccitazione emotiva

Riduzione delle capacità di giudizioRiduzione della capacità di individuare oggetti in movimento e della visione laterale Riflessi alterati Alterazione della capacità di reazioneagli stimoli sonori e luminosi Vomito

0.9 - 1.5

Alterazione dell’umore Rabbia Tristezza Confusione mentale, disorientamento

Compromissione della capacità di giudizio e di autocontrolloComportamenti socialmente inadeguati Linguaggio mal articolato Alterazione dell'equilibrioCompromissione della visione, della percezione di forme colori dimensioni Vomito

1.6 - 3.0

Stordimento Aggressività Stato depressivo Apatia Letargia

Compromissione grave dello stato psicofisico Comportamenti aggressivi e violenti Difficoltà marcata a stare in piedi o camminare Stato di inerzia generale Ipotermia Vomito

3.1 - 4.0Stato di incoscienza

Allucinazioni Cessazione dei riflessi Incontinenza Vomito Coma con possibilità di morte per soffocamento da vomito

Oltre 4.0

Difficoltà di respiro, sensazione di soffocamento Sensazione di

Battito cardiaco rallentato Fame d'aria Coma Morte per arresto respiratorio

30 31

n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotiziePrevenzione socio - sanitariaPrevenzione socio - sanitaria

Segue da pag 30

- l'assunzione di sostanze alcoliche come elemento di eventuale esordio o aggravamento di patologie di cui il lavoratore è già affetto (malattie cardiache, ipertensione arteriosa, diabete, malattie dismetaboliche)- la capacità dell'alcol di interferire con il metabolismo di alcuni farmaci (psicofarmaci, antiepilet-tici, alcuni antibiotici, antistamini-ci) che potrebbero determinare gravi alterazioni dello stato di coscienza, con conseguente aumento di probabilità di infortuni per sé e per terzi;- la dettagliata informazione sulle possibili interferenze tra il metabolismo dell'etanolo e il metabolismo di sostanze tossiche sul luogo di lavoro (aumento neuro - epato,- cardiotossicità con interazione causate da solventi ; aumento della concentrazione ematica di piombo con assunzione di alcol, ecc.).Controlli alcolimetrici: effettuati dal Mc o dai medici PSAL, si intendono accertamenti effettuati dopo assunzione in fase acuta di bevande alcoliche, con l'utilizzo di indicatori biologici a emivita breve, rappresentativi, appunto, di assunzione avvenuta nelle ore immediatamente precedenti e quindi si prestano ad essere utilizzati per controlli estempora-nei di esposizione e non come accertamento programmato. I più comuni tra i test utilizzati sono costituiti dalla determinazione dell'alcol etilico nell'aria alveolare espirata, nella saliva o nel sangue venoso (quest'ultima metodica più accurata ma di più difficile applicazione in quanto invasiva rispetto alle prime due).E' opportuno sottolineare che ad oggi nessuna indicazione viene dalla normativa circa le modalità pratiche con cui procedere, pertanto notevole discrezionalità viene data alle figure titolate all'effettuazione. C o n t r o l l i a l c o l i m e t r i c i nell'ambito della sorveglianza sanitaria finalizzati alla verifica di alcol dipendenza: nell'attesa dell'acquisizione delle condizioni relative l'accertamento dello stato di alcol dipendenza, si riportano di seguito alcune proposte operative condivise da alcuni gruppi di lavoro regionali che in questi anni si sono dedicati a questa comples-sa e delicata tematica.Un iter procedurale potrebbe essere così strutturato:- visita medica preventiva e periodica, da parte del Mc per i lavoratori addetti alle mansioni a rischio, comprensiva di: un'anamnesi specifica alcologica: orientata a comprendere, non solo

di sostegno diretto e indiretto del settore della produzione rispetto al nulla a supporto di programmi di prevenzione delle fasce deboli e vulnerabili.

Altra condizione di rischio delle persone è l'assunzione di sostanze alcoliche prima o durante il turno

ALCOL E LAVORO

il consumo di alcol, ma anche a cogliere comportamenti e stili di

lavorativo, creando le condizioni di possibile causa di infortuni. Per gli ambienti di lavoro è presente una disarticolata normativa, peraltro ancora in evoluzione, comprensiva di numerosi obblighi, indicazioni, e disposizio-ni in materia di sorveglianza sanitaria.

LA NORMATIVA L' universo normativo, ricordando il previgente divieto imposto dall'art. 42 del DPR 303/1956 di somministrare bevande alcoliche all'interno di aziende, è rappresen-tato dalla :- Legge n. 125/2001, in particola-re l'art. 15, che si pone in rapporto di specialità e restrittività per le attività individuate come ad alto rischio di infortuni; di fatto i principi fondamentali del suddetto articolo sono costituiti da:- “divieto di assunzione e somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche nelle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza , l'incolumità o la salute dei terzi […], come individuate dall' Intesa Stato Regioni e province Autonome 16 Marzo 2006” (G.U. n.75 del 30 marzo 2006);- il lavoratore, affetto da patologie alcolcorrelate, ha diritto ad accedere ai programmi terapeutici e di riabilitazione, senza incorrere alla perdite del posto di lavoro;- “per le finalità previste dal presente articolo i controlli alcolimetrici nei luoghi di lavoro p o s s o n o e s s e r e e f f e t t u a t i esclusivamente dal Medico Competente (MC) […], ovvero dai medici del lavoro dei servizi per la prevenzione e la sicurezza negli ambienti di lavoro con funzioni di vigilanza competenti per territorio delle aziende unità sanitarie locali”. - Intesa Stato Regioni e province Autonome 16 Marzo 2006”: Individuazione delle attività lavorative di cui all'art.15 della legge 125/2001; in tal senso giova soprattutto sottolineare che nelle attività lavorative comportanti un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l'incolumità o la salute di terzi, il lavoratore della categoria in oggetto deve avere un indice alcolemico pari a zero. Le mansioni individuate sono presenti nell'allegato I della suddetta Intesa.- Senza dubbio, l'ultimo passo normativo è rappresentato dall'art. 41, comma 4-bis del D. Lgs. 9 aprile 2008, n.81 (così come modificato dal D. Lgs. 3 agosto 2010, n. 106) che così cita: “le visite di cui al comma 2, lettere a), b), e d) (visita preventiva, periodica e in occasione del cambio di mansione) sono altresì finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti; in questo caso, occorre sottolineare, come dalla suddetta Intesa Stato

Regioni che ad oggi si attendono le determinazioni delle condizioni e delle modalità di accertamento di tali verifiche.

Per cui allo stato attuale, riassumendo quanto citato, risulta:

1) il divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche nelle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l'incolumità o la salute dei terzi (Legge 125/2001);

2) la possibilità da parte del MC e Medici del Servizio Prevenzione Sicurezza degli Ambienti di Lavoro (PSAL) di effettuare controlli alcolimetrici nei luoghi di lavoro, intesi come controlli estemporanei di assunzione acuta;

3) la necessità di sorveglianza sanitaria finalizzata alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza.Prima di entrare nel merito sui controlli alcolimetrici eseguibili sia in fase di assunzione acuta, sia a scopo di sorveglianza sanitaria per accertamento di verifica di alcol dipendenza, è opportuno sottolineare l'importanza dei primi atti operativi che un'azienda dovrebbe svolgere, in stretta collaborazione con le proprie figure e con il MC, volti primaria-mente a l la prevenzione e promozione della salute in ambiente lavorativo, in questo caso correlati ai problemi di bevande alcoliche.In tal senso ci si riferisce a diverse atti operativi e di divulgazione i cui punti fondamentali possono essere così riassunti:- Una efficace ed adeguata Formazione ed Informazione delle diverse figure aziendali (Dirigenti, RLS, Lavoratori, Addetti primo Soccorso) sulla normativa alcol e lavoro, che espliciti gli obblighi e le reciproche responsabilità e il fondamentale ruolo dei referenti s a n i t a r i : M C , S e r v i z i o Prevenzione Sicurezza degli Ambienti di Lavoro , Servizio di Alcologia, Medici di Medicina Generale. Tali interventi, estesi a tutte le figure aziendali, potranno avven i re t r ami t e r iun ion i periodiche e materiale divulgati-vo, aventi anche lo scopo di indicare scelte aziendali come ad esempio l'esclusione di accessibi-lità sia in mensa sia nei buoni pasto a sostanze alcoliche.Fondamentale risulta il ruolo del MC in sede di visita, in cui non solo verrà trattata la pericolosità dell'alcol in sé come sostanza d'abuso, ma saranno chiariti alcuni aspetti clinici ad esso correlati, in particolare:

TABELLA DESCRITTIVA DEI PRINCIPALI SINTOMI CORRELATI AI DIVERSI LIVELLI

DI CONCENTRAZIONE ALCOLEMICAArt.6 del decreto-legge 3 agosto 2007 n. 117 convertito in legge con

modificazioni all'art.1 della legge 2 ottobre 2007, n. 160

LIVELLO DI ALCOLEMIA

Sensazioni più frequenti

Effetti Progressivi e abilità compromesse

0 Nessuna Nessuna

0.1 - 0.2

Iniziale sensazione di ebbrezza Iniziale riduzione delle inibizioni e del controllo

Affievolimento della vigilanza,attenzione e controlloIniziale riduzione del coordinamento motorio Iniziale riduzione della visione laterale Nausea

0.3 - 0.4

Sensazione di ebbrezza Riduzione delle inibizioni, del controllo e della percezione del rischio

Riduzione della capacità di vigilanza, attenzione e controlloRiduzione del coordinamento motorio e dei riflessi Riduzione della visione lateraleVomito

0.5 - 0.8

Cambiamenti dell'umore

Nausea,

sonnolenza Stato di eccitazione emotiva

Riduzione delle capacità di giudizioRiduzione della capacità di individuare oggetti in movimento e della visione laterale Riflessi alterati Alterazione della capacità di reazioneagli stimoli sonori e luminosi Vomito

0.9 - 1.5

Alterazione dell’umore Rabbia Tristezza Confusione mentale, disorientamento

Compromissione della capacità di giudizio e di autocontrolloComportamenti socialmente inadeguati Linguaggio mal articolato Alterazione dell'equilibrioCompromissione della visione, della percezione di forme colori dimensioni Vomito

1.6 - 3.0

Stordimento Aggressività Stato depressivo Apatia Letargia

Compromissione grave dello stato psicofisico Comportamenti aggressivi e violenti Difficoltà marcata a stare in piedi o camminare Stato di inerzia generale Ipotermia Vomito

3.1 - 4.0Stato di incoscienza

Allucinazioni Cessazione dei riflessi Incontinenza Vomito Coma con possibilità di morte per soffocamento da vomito

Oltre 4.0

Difficoltà di respiro, sensazione di soffocamento Sensazione di

Battito cardiaco rallentato Fame d'aria Coma Morte per arresto respiratorio

30 31

n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotiziePrevenzione socio - sanitariaPrevenzione socio - sanitaria

Segue da pag 30

- l'assunzione di sostanze alcoliche come elemento di eventuale esordio o aggravamento di patologie di cui il lavoratore è già affetto (malattie cardiache, ipertensione arteriosa, diabete, malattie dismetaboliche)- la capacità dell'alcol di interferire con il metabolismo di alcuni farmaci (psicofarmaci, antiepilet-tici, alcuni antibiotici, antistamini-ci) che potrebbero determinare gravi alterazioni dello stato di coscienza, con conseguente aumento di probabilità di infortuni per sé e per terzi;- la dettagliata informazione sulle possibili interferenze tra il metabolismo dell'etanolo e il metabolismo di sostanze tossiche sul luogo di lavoro (aumento neuro - epato,- cardiotossicità con interazione causate da solventi ; aumento della concentrazione ematica di piombo con assunzione di alcol, ecc.).Controlli alcolimetrici: effettuati dal Mc o dai medici PSAL, si intendono accertamenti effettuati dopo assunzione in fase acuta di bevande alcoliche, con l'utilizzo di indicatori biologici a emivita breve, rappresentativi, appunto, di assunzione avvenuta nelle ore immediatamente precedenti e quindi si prestano ad essere utilizzati per controlli estempora-nei di esposizione e non come accertamento programmato. I più comuni tra i test utilizzati sono costituiti dalla determinazione dell'alcol etilico nell'aria alveolare espirata, nella saliva o nel sangue venoso (quest'ultima metodica più accurata ma di più difficile applicazione in quanto invasiva rispetto alle prime due).E' opportuno sottolineare che ad oggi nessuna indicazione viene dalla normativa circa le modalità pratiche con cui procedere, pertanto notevole discrezionalità viene data alle figure titolate all'effettuazione. C o n t r o l l i a l c o l i m e t r i c i nell'ambito della sorveglianza sanitaria finalizzati alla verifica di alcol dipendenza: nell'attesa dell'acquisizione delle condizioni relative l'accertamento dello stato di alcol dipendenza, si riportano di seguito alcune proposte operative condivise da alcuni gruppi di lavoro regionali che in questi anni si sono dedicati a questa comples-sa e delicata tematica.Un iter procedurale potrebbe essere così strutturato:- visita medica preventiva e periodica, da parte del Mc per i lavoratori addetti alle mansioni a rischio, comprensiva di: un'anamnesi specifica alcologica: orientata a comprendere, non solo

di sostegno diretto e indiretto del settore della produzione rispetto al nulla a supporto di programmi di prevenzione delle fasce deboli e vulnerabili.

Altra condizione di rischio delle persone è l'assunzione di sostanze alcoliche prima o durante il turno

ALCOL E LAVORO

il consumo di alcol, ma anche a cogliere comportamenti e stili di

lavorativo, creando le condizioni di possibile causa di infortuni. Per gli ambienti di lavoro è presente una disarticolata normativa, peraltro ancora in evoluzione, comprensiva di numerosi obblighi, indicazioni, e disposizio-ni in materia di sorveglianza sanitaria.

LA NORMATIVA L' universo normativo, ricordando il previgente divieto imposto dall'art. 42 del DPR 303/1956 di somministrare bevande alcoliche all'interno di aziende, è rappresen-tato dalla :- Legge n. 125/2001, in particola-re l'art. 15, che si pone in rapporto di specialità e restrittività per le attività individuate come ad alto rischio di infortuni; di fatto i principi fondamentali del suddetto articolo sono costituiti da:- “divieto di assunzione e somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche nelle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza , l'incolumità o la salute dei terzi […], come individuate dall' Intesa Stato Regioni e province Autonome 16 Marzo 2006” (G.U. n.75 del 30 marzo 2006);- il lavoratore, affetto da patologie alcolcorrelate, ha diritto ad accedere ai programmi terapeutici e di riabilitazione, senza incorrere alla perdite del posto di lavoro;- “per le finalità previste dal presente articolo i controlli alcolimetrici nei luoghi di lavoro p o s s o n o e s s e r e e f f e t t u a t i esclusivamente dal Medico Competente (MC) […], ovvero dai medici del lavoro dei servizi per la prevenzione e la sicurezza negli ambienti di lavoro con funzioni di vigilanza competenti per territorio delle aziende unità sanitarie locali”. - Intesa Stato Regioni e province Autonome 16 Marzo 2006”: Individuazione delle attività lavorative di cui all'art.15 della legge 125/2001; in tal senso giova soprattutto sottolineare che nelle attività lavorative comportanti un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l'incolumità o la salute di terzi, il lavoratore della categoria in oggetto deve avere un indice alcolemico pari a zero. Le mansioni individuate sono presenti nell'allegato I della suddetta Intesa.- Senza dubbio, l'ultimo passo normativo è rappresentato dall'art. 41, comma 4-bis del D. Lgs. 9 aprile 2008, n.81 (così come modificato dal D. Lgs. 3 agosto 2010, n. 106) che così cita: “le visite di cui al comma 2, lettere a), b), e d) (visita preventiva, periodica e in occasione del cambio di mansione) sono altresì finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti; in questo caso, occorre sottolineare, come dalla suddetta Intesa Stato

Regioni che ad oggi si attendono le determinazioni delle condizioni e delle modalità di accertamento di tali verifiche.

Per cui allo stato attuale, riassumendo quanto citato, risulta:

1) il divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche nelle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l'incolumità o la salute dei terzi (Legge 125/2001);

2) la possibilità da parte del MC e Medici del Servizio Prevenzione Sicurezza degli Ambienti di Lavoro (PSAL) di effettuare controlli alcolimetrici nei luoghi di lavoro, intesi come controlli estemporanei di assunzione acuta;

3) la necessità di sorveglianza sanitaria finalizzata alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza.Prima di entrare nel merito sui controlli alcolimetrici eseguibili sia in fase di assunzione acuta, sia a scopo di sorveglianza sanitaria per accertamento di verifica di alcol dipendenza, è opportuno sottolineare l'importanza dei primi atti operativi che un'azienda dovrebbe svolgere, in stretta collaborazione con le proprie figure e con il MC, volti primaria-mente a l la prevenzione e promozione della salute in ambiente lavorativo, in questo caso correlati ai problemi di bevande alcoliche.In tal senso ci si riferisce a diverse atti operativi e di divulgazione i cui punti fondamentali possono essere così riassunti:- Una efficace ed adeguata Formazione ed Informazione delle diverse figure aziendali (Dirigenti, RLS, Lavoratori, Addetti primo Soccorso) sulla normativa alcol e lavoro, che espliciti gli obblighi e le reciproche responsabilità e il fondamentale ruolo dei referenti s a n i t a r i : M C , S e r v i z i o Prevenzione Sicurezza degli Ambienti di Lavoro , Servizio di Alcologia, Medici di Medicina Generale. Tali interventi, estesi a tutte le figure aziendali, potranno avven i re t r ami t e r iun ion i periodiche e materiale divulgati-vo, aventi anche lo scopo di indicare scelte aziendali come ad esempio l'esclusione di accessibi-lità sia in mensa sia nei buoni pasto a sostanze alcoliche.Fondamentale risulta il ruolo del MC in sede di visita, in cui non solo verrà trattata la pericolosità dell'alcol in sé come sostanza d'abuso, ma saranno chiariti alcuni aspetti clinici ad esso correlati, in particolare:

TABELLA DESCRITTIVA DEI PRINCIPALI SINTOMI CORRELATI AI DIVERSI LIVELLI

DI CONCENTRAZIONE ALCOLEMICAArt.6 del decreto-legge 3 agosto 2007 n. 117 convertito in legge con

modificazioni all'art.1 della legge 2 ottobre 2007, n. 160

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n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieProgresso scientificoScreening mammografico

Il tumore al senoIl carcinoma della mammella rappre-senta ancor oggi il tumore più frequente nella popolazione femminile, sia per incidenza che per mortalità.La probabilità di ammalarsi aumenta progressivamente con l'età e, dato il continuo invecchiamento della popolazione residente in italia, i casi di questa malattia sono aumentati.Per contro i tassi di mortalità in italia per tumore della mammella sono diminuiti; questo probabilmente dipende dal miglioramento delle possibilità di cura, soprattutto per le lesioni diagnosticate precocemente.L'obiettivo principale dei programmi di screening mammografico è diminuire la mortalità specifica per cancro alla mammella.Una diagnosi precoce consente di prevenire l'avanzamento della malattia, di approntare cure tempestive e permette di migliorare decisamente la qualità di vita delle pazienti attraverso trattamenti di tipo conservativo.

Lo screening mammografico in italiaI programmi di screening per la prevenzione del carcinoma mammario sono presenti in italia sin dagli inizi degli anni '90, dopo che numerosi studi ne hanno dimostrato la capacità di ridurre la mortalità; dal 2001 rientrano fra i livelli essenziali di assistenza (lea, dpcm 29.11.2001) e devono essere garantiti a tutte le donne tra i 50 e i 69 anni residenti sul territorio nazionale.In italia l'attivazione dello screening organizzato per il tumore della mam-mella ha determinato per la popolazione

invitata una diminuzione di rischio di morire per tumore della mammella del 25%, che corrisponde a quasi il 50% per le donne che effettivamente partecipa-no. (studio impatto)Altro importante risultato è garantire l'equità di accesso anche alle donne più svantaggiate o meno consapevoli dell'importanza della prevenzione secondaria.

Lo screeening mammografico dell'Asl 2 SavoneseLo screening mammografico avviato dall’Asl 2 savonese a partire dal 2002-03, secondo le indicazioni della dgr n. 1646 del 25/01/2001, ha interessato e coinvolto la popolazione femminile, residente nei 4 distretti della nostra provincia, di età compresa tra 50 e 69 anni. In 10 anni di attività sono state invitate oltre 60.000 donne con un'adesione allo screening del 50% circa; sono state eseguite circa 30.000 mammografie e nei casi positivi e/o dubbi sono stati effettuati circa 2300 approfondimenti diagnostici di 2° livello, permettendo di portare alla luce 67 casi di cancro alla mammella.

Il futuro - gli sviluppiLa realizzazione dello screening ha evidenziato la necessità di passare ad un sistema informatizzato aziendale predisposto specificatamente per una migliore e più efficiente gestione dello

stesso, che si interfacciasse direttamen-te con il dipartimento per immagini aziendale.

Le nuove acquisizioni e lo sviluppo della rete integrataRecentemente l'Asl 2 Savonese ha acquisito tre nuovi mammografi digitali, completando l'aggiornamento tecnologico di tutte le strutture deputate alla prevenzione e alla diagnosi precoce del tumore al seno.Una volta completata l'installazione dei nuovi mammografi, tutti centri di senologia dell'asl2 saranno tra loro collegate in una rete capace di fornire prestazioni di altissima qualità ed efficienza a tutta la popolazione residente nella provincia, ponendo l'azienda all'avanguardia in italia nella prevenzione di questo tipo di patologia.I tre nuovi mammografi saranno ubicati presso l'ospedale S. Paolo di savona, l'ospedale S. Giuseppe di cairo monte-notte e gli ambulatori di via collodi di savona, integrando e completando la dotazione tecnologica dell'asl 2 savonese. Già da tempo infatti, sia l' ospedale s. Corona di pietra ligure che il s.m. Di misericordia di albenga erano dotati di mammografi digitali di alta fascia. I mammografi digitali. Una qualità di immagine più elevata per una diagnosi miglioreLa qualità dei mammografi digitali consente di migliorare notevolmente, rispetto ai mammografi convenzionali, la possibilità di diagnosi precoce del tumore al seno, soprattutto in casi più difficili quali ad esempio donne con

Il carcinoma della mammella rappresenta un grave pericolo nella popolazione femminile.

L’A.S.L. ha acquistato questi nuovi strumenti che stanno per essere ubicati presso gli ospedali di Savona, Cairo Montenotte e presso gli ambulatori di via Collodi a Savona mentre Pietra Ligure e Albenga

ne sono già dotati.

Marina ScottoDirettore Dipartimento di Prevenzione ASL2 Savonese

Giovanni Serafini Direttore Dipartimento Immagini ASL2 Savonese

Con lo screening mammografico digitale diagnosi precoci del tumore

al seno, cure tempestive e tassi di mortalità in discesa.

Il problema del dolore nei pazienti che lo percepiscono ma non lo manifestano tradizionalmente.

Giorgio GentaFarmacista, Presidente ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi) Liguria

Il progresso scientifico in ambito anestesiologico e antalgico

a favore dei disabili.

Fascia età

n° donne invitate

% adesione

MX eseguite

Accertamenti 2° livello

Casi diagnosticati

50-69

60.000

50

30.000

2.300

67

strutture mammarie dense in cui i tumori potrebbero essere visibili con difficoltà. La tecnologia insita nelle nuove strumentazioni permette di effettuare notevoli ingrandimenti di dettagli quali le micro calcificazioni, che spesso rappresentano il primo ed unico segno precoce di alcuni tipi di tumore. Tutte le apparecchiature mammografi-che digitali, attraverso il sistema della rete, saranno inoltre collegate ad un sistema intelligente cad (computer-aided detection) che identificherà automaticamente sulla matrice digitale le aree di sospetta patologia e le segnalerà al medico radiologo deputato alla refertazione, minimizzando così il rischio di non riconoscere piccole patologie tumorali.

La rete provincialeLa rete dei mammografi della provin-cia darà la possibilità di visionare ed archiviare le immagini mammografi-che nel sistema di archiviazione digitale, operativo già da qualche anno nell'area radiologica. Inoltre, la rete, gestita grazie ad un sofisticato software dedicato alla senologia, consente di immagazzinare e gestire non soltanto gli esami diagnosti-ci ma anche informazioni cliniche, familiari ed epidemiologiche così da ottenere, nel giro di pochi anni, un completo panorama della situazione oncologica mammaria provinciale.Il collegamento in rete di tutti i mammo-grafi consentirà, inoltre, consulenze immediate tra specialisti radiologi e permetterà, nei casi più difficili, di ottenere immediatamente, in ogni sede, un parere da parte dei professionisti più esperti. Le mammografie e gli altri esami utili alla diagnosi saranno conservati in forma digitale, rendendo quindi più facili e più sicuri i controlli periodici.

ConclusioniCon tali premesse tecniche il prossimo screening per il tumore al seno condotto dall'asl 2 verrà gestito con maggiore efficienza, offrirà esami più precisi ed accurati, si avvarrà di una rete integrata di specialisti e professionalità. L'obiettivo rimane quello di contribuire in maniera ancora più significativa ad una ulteriore riduzione della mortalità per tumore alla mammella che rappre-senta tutt'ora la principale causa di mortalità femminile per motivi oncolo-gici.

Lo screeening mammografico dell'asl 2 savonese

Forse, al di là degli stessi dati strettamente tecnici e del progresso scientifico - ciò che ha provocato la maggiore evoluzione in ambito anestesiologico e antalgico nei confronti delle persone con disabilità grave è proprio la diffusione della presa di coscienza del problema del dolore nella persona che lo percepisce, ma non lo manifesta "tradizionalmente". Ben lo dimostra il raffronto tra due interventi analoghi eseguiti sulla stessa persona a distanza di una decina di anni, con risultati, in relazione al dolore, diametral-mente oppostiIl cammino della scienza e della coscienza ha migliorato notevolmente, negli ultimi anni, la soluzione delle problematiche di carattere anestesiologico e antalgico a favore delle persone con disabilità e forse - al di là degli stessi dati strettamente tecnici e del progresso scientifico - ciò che ha provocato la maggiore evoluzione è la diffusione della presa di coscienza del problema del dolore nella persona che lo percepisce, ma non lo manifesta "tradizionalmente". Oggi vi sono persone con disabilità gravissima che vengono sottoposte, quando necessario, a interventi chirurgici in anestesia totale o locale, senza un considerevole aumento del rischio

anestesiologico e con un adeguato piano terapeutico di riduzione del dolore post intervento.Due interventi simili - fissaggio con chiodo metallico di frattura scomposta nell'arto inferiore - eseguiti a una decina d'anni di distanza sulla figlia di chi scrive, hanno avuto infatti risultati diametral-mente opposti, in relazione al dolore. Nel primo di essi, l'anestesista sommi-nistrò "un minimo" di anestesia, temendo una depressione respiratoria, cosicché la paziente soffrì un precoce risveglio ed ebbe un decorso post-operatorio assai doloroso. Nel secondo intervento, invece, con perfetto accordo tra le équipe del Dott. Lanza, del Dott. Brunetto e del Dott. Barabino (rispettivamente Direttori delle Strutture Complesse Ortopedia e Tr a u m a t o l o g i a , A n e s t e s i a e Rianimazione dell'Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure), è stata sommini-strata un'adeguata anestesia generale e predisposto un idoneo trattamento del dolore post-operatorio (praticamente ma i avve r t i t o da l l a paz i en t e ) .Quanto sopra a testimonianza di quanto sia oggi possibile fare a favore delle persone con disabilità grave anche nel campo della medicina specialistica.

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n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieProgresso scientificoScreening mammografico

Il tumore al senoIl carcinoma della mammella rappre-senta ancor oggi il tumore più frequente nella popolazione femminile, sia per incidenza che per mortalità.La probabilità di ammalarsi aumenta progressivamente con l'età e, dato il continuo invecchiamento della popolazione residente in italia, i casi di questa malattia sono aumentati.Per contro i tassi di mortalità in italia per tumore della mammella sono diminuiti; questo probabilmente dipende dal miglioramento delle possibilità di cura, soprattutto per le lesioni diagnosticate precocemente.L'obiettivo principale dei programmi di screening mammografico è diminuire la mortalità specifica per cancro alla mammella.Una diagnosi precoce consente di prevenire l'avanzamento della malattia, di approntare cure tempestive e permette di migliorare decisamente la qualità di vita delle pazienti attraverso trattamenti di tipo conservativo.

Lo screening mammografico in italiaI programmi di screening per la prevenzione del carcinoma mammario sono presenti in italia sin dagli inizi degli anni '90, dopo che numerosi studi ne hanno dimostrato la capacità di ridurre la mortalità; dal 2001 rientrano fra i livelli essenziali di assistenza (lea, dpcm 29.11.2001) e devono essere garantiti a tutte le donne tra i 50 e i 69 anni residenti sul territorio nazionale.In italia l'attivazione dello screening organizzato per il tumore della mam-mella ha determinato per la popolazione

invitata una diminuzione di rischio di morire per tumore della mammella del 25%, che corrisponde a quasi il 50% per le donne che effettivamente partecipa-no. (studio impatto)Altro importante risultato è garantire l'equità di accesso anche alle donne più svantaggiate o meno consapevoli dell'importanza della prevenzione secondaria.

Lo screeening mammografico dell'Asl 2 SavoneseLo screening mammografico avviato dall’Asl 2 savonese a partire dal 2002-03, secondo le indicazioni della dgr n. 1646 del 25/01/2001, ha interessato e coinvolto la popolazione femminile, residente nei 4 distretti della nostra provincia, di età compresa tra 50 e 69 anni. In 10 anni di attività sono state invitate oltre 60.000 donne con un'adesione allo screening del 50% circa; sono state eseguite circa 30.000 mammografie e nei casi positivi e/o dubbi sono stati effettuati circa 2300 approfondimenti diagnostici di 2° livello, permettendo di portare alla luce 67 casi di cancro alla mammella.

Il futuro - gli sviluppiLa realizzazione dello screening ha evidenziato la necessità di passare ad un sistema informatizzato aziendale predisposto specificatamente per una migliore e più efficiente gestione dello

stesso, che si interfacciasse direttamen-te con il dipartimento per immagini aziendale.

Le nuove acquisizioni e lo sviluppo della rete integrataRecentemente l'Asl 2 Savonese ha acquisito tre nuovi mammografi digitali, completando l'aggiornamento tecnologico di tutte le strutture deputate alla prevenzione e alla diagnosi precoce del tumore al seno.Una volta completata l'installazione dei nuovi mammografi, tutti centri di senologia dell'asl2 saranno tra loro collegate in una rete capace di fornire prestazioni di altissima qualità ed efficienza a tutta la popolazione residente nella provincia, ponendo l'azienda all'avanguardia in italia nella prevenzione di questo tipo di patologia.I tre nuovi mammografi saranno ubicati presso l'ospedale S. Paolo di savona, l'ospedale S. Giuseppe di cairo monte-notte e gli ambulatori di via collodi di savona, integrando e completando la dotazione tecnologica dell'asl 2 savonese. Già da tempo infatti, sia l' ospedale s. Corona di pietra ligure che il s.m. Di misericordia di albenga erano dotati di mammografi digitali di alta fascia. I mammografi digitali. Una qualità di immagine più elevata per una diagnosi miglioreLa qualità dei mammografi digitali consente di migliorare notevolmente, rispetto ai mammografi convenzionali, la possibilità di diagnosi precoce del tumore al seno, soprattutto in casi più difficili quali ad esempio donne con

Il carcinoma della mammella rappresenta un grave pericolo nella popolazione femminile.

L’A.S.L. ha acquistato questi nuovi strumenti che stanno per essere ubicati presso gli ospedali di Savona, Cairo Montenotte e presso gli ambulatori di via Collodi a Savona mentre Pietra Ligure e Albenga

ne sono già dotati.

Marina ScottoDirettore Dipartimento di Prevenzione ASL2 Savonese

Giovanni Serafini Direttore Dipartimento Immagini ASL2 Savonese

Con lo screening mammografico digitale diagnosi precoci del tumore

al seno, cure tempestive e tassi di mortalità in discesa.

Il problema del dolore nei pazienti che lo percepiscono ma non lo manifestano tradizionalmente.

Giorgio GentaFarmacista, Presidente ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi) Liguria

Il progresso scientifico in ambito anestesiologico e antalgico

a favore dei disabili.

Fascia età

n° donne invitate

% adesione

MX eseguite

Accertamenti 2° livello

Casi diagnosticati

50-69

60.000

50

30.000

2.300

67

strutture mammarie dense in cui i tumori potrebbero essere visibili con difficoltà. La tecnologia insita nelle nuove strumentazioni permette di effettuare notevoli ingrandimenti di dettagli quali le micro calcificazioni, che spesso rappresentano il primo ed unico segno precoce di alcuni tipi di tumore. Tutte le apparecchiature mammografi-che digitali, attraverso il sistema della rete, saranno inoltre collegate ad un sistema intelligente cad (computer-aided detection) che identificherà automaticamente sulla matrice digitale le aree di sospetta patologia e le segnalerà al medico radiologo deputato alla refertazione, minimizzando così il rischio di non riconoscere piccole patologie tumorali.

La rete provincialeLa rete dei mammografi della provin-cia darà la possibilità di visionare ed archiviare le immagini mammografi-che nel sistema di archiviazione digitale, operativo già da qualche anno nell'area radiologica. Inoltre, la rete, gestita grazie ad un sofisticato software dedicato alla senologia, consente di immagazzinare e gestire non soltanto gli esami diagnosti-ci ma anche informazioni cliniche, familiari ed epidemiologiche così da ottenere, nel giro di pochi anni, un completo panorama della situazione oncologica mammaria provinciale.Il collegamento in rete di tutti i mammo-grafi consentirà, inoltre, consulenze immediate tra specialisti radiologi e permetterà, nei casi più difficili, di ottenere immediatamente, in ogni sede, un parere da parte dei professionisti più esperti. Le mammografie e gli altri esami utili alla diagnosi saranno conservati in forma digitale, rendendo quindi più facili e più sicuri i controlli periodici.

ConclusioniCon tali premesse tecniche il prossimo screening per il tumore al seno condotto dall'asl 2 verrà gestito con maggiore efficienza, offrirà esami più precisi ed accurati, si avvarrà di una rete integrata di specialisti e professionalità. L'obiettivo rimane quello di contribuire in maniera ancora più significativa ad una ulteriore riduzione della mortalità per tumore alla mammella che rappre-senta tutt'ora la principale causa di mortalità femminile per motivi oncolo-gici.

Lo screeening mammografico dell'asl 2 savonese

Forse, al di là degli stessi dati strettamente tecnici e del progresso scientifico - ciò che ha provocato la maggiore evoluzione in ambito anestesiologico e antalgico nei confronti delle persone con disabilità grave è proprio la diffusione della presa di coscienza del problema del dolore nella persona che lo percepisce, ma non lo manifesta "tradizionalmente". Ben lo dimostra il raffronto tra due interventi analoghi eseguiti sulla stessa persona a distanza di una decina di anni, con risultati, in relazione al dolore, diametral-mente oppostiIl cammino della scienza e della coscienza ha migliorato notevolmente, negli ultimi anni, la soluzione delle problematiche di carattere anestesiologico e antalgico a favore delle persone con disabilità e forse - al di là degli stessi dati strettamente tecnici e del progresso scientifico - ciò che ha provocato la maggiore evoluzione è la diffusione della presa di coscienza del problema del dolore nella persona che lo percepisce, ma non lo manifesta "tradizionalmente". Oggi vi sono persone con disabilità gravissima che vengono sottoposte, quando necessario, a interventi chirurgici in anestesia totale o locale, senza un considerevole aumento del rischio

anestesiologico e con un adeguato piano terapeutico di riduzione del dolore post intervento.Due interventi simili - fissaggio con chiodo metallico di frattura scomposta nell'arto inferiore - eseguiti a una decina d'anni di distanza sulla figlia di chi scrive, hanno avuto infatti risultati diametral-mente opposti, in relazione al dolore. Nel primo di essi, l'anestesista sommi-nistrò "un minimo" di anestesia, temendo una depressione respiratoria, cosicché la paziente soffrì un precoce risveglio ed ebbe un decorso post-operatorio assai doloroso. Nel secondo intervento, invece, con perfetto accordo tra le équipe del Dott. Lanza, del Dott. Brunetto e del Dott. Barabino (rispettivamente Direttori delle Strutture Complesse Ortopedia e Tr a u m a t o l o g i a , A n e s t e s i a e Rianimazione dell'Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure), è stata sommini-strata un'adeguata anestesia generale e predisposto un idoneo trattamento del dolore post-operatorio (praticamente ma i avve r t i t o da l l a paz i en t e ) .Quanto sopra a testimonianza di quanto sia oggi possibile fare a favore delle persone con disabilità grave anche nel campo della medicina specialistica.

un rientro morbido nel posto di lavoro. In tale ottica è stato istituito lo Sportello di ascolto, questo strumento condiviso nel Piano Triennale delle Pari opportunità aziendale e nel Contratto Collettivo Integrativo del Comparto, è finalizzato ad individua-re le criticità legate ai tempi di conciliazione, a migliorare la qualità dei contesti lavorativi, il clima aziendale e le relazioni tra colleghi. Il progetto prevede inoltre azioni di sensibilizzazione e formazione rivolte al management delle risorse umane ed ai titolari di funzioni di coordinamen-to per sviluppare la cultura della conciliazione. I dipendenti che hanno beneficiato del progetto con forme di flessibilità e part time sono 27 mentre 77 sono stati coinvolti nella formazio-ne. L'ASL ritiene con questo percorso di aver dato un contributo alla creazione di un sistema in cui la tutela del benessere e l'empowerment dei lavoratori determini un effetto positivo sul miglioramento dei servizi resi ai cittadini. Questo progetto innovativo e unico sul territorio regionale, avviato nel 2008, è stato approvato e co-finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento per le politiche della famiglia ed è soggetto a verifica da parte di un Comitato Guida composto dal Consigliere delle pari opportunità della Provincia di Savona, dal Responsabile del dipartimento giuridico e risorse umane e da un Rappresentante sindacale.

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n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieAgrosicurezzaProgetto innovativo

Intesa fra ASL 2 Savonese e Organizzazione sindacale.

Maria Beatrice Boccia

Direttore Dipartimento Giuridico e Risorse Umane, ASL2 Savonese

Patrizia Rizzuto

Assistente Sociale, ASL2 Savonese

Iniziative concrete a favore dei dipendenti con difficoltà a conciliare

gli impegni di lavoro con quelli legati alle cure parentali e al

momento del rientro in servizio dopo lunga assenza.

L'ASL 2 Savonese, ha avviato un Progetto innovativo, condiviso con le Organizzazioni Sindacali a favore dei propri dipendenti, intitolato "ASL 2: Accresciamo la soddisfazione dei lavoratori" e finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le Politiche della Famiglia e dall'Azienda. L'iniziativa si prefigge di realizzare iniziative concrete a favore dei lavoratori con difficoltà a conciliare gli impegni di lavoro con quelli legati alle cure parentali, e al delicato momento del rientro in servizio dopo un'assenza superiore ai 60 giorni per congedo concesso a titolo di cura. Il Dipartimento per le Politiche della Famiglia, in collaborazione con l'Inps, ha realizzato la guida "Diritti ed opportunità per i genitori che lavora-no" che illustra, in maniera semplice e sintetica, le agevolazioni e le opportu-nità previste dalle leggi attuali per le mamme e i papà che lavorano. Nell'ambito delle diverse fasi previste dal Progetto, sono stati attivati:

Referente: Dr. Angelo Canepa cell. 3351301046 Apertura: il martedì dalle ore 14.30 alle ore 16.30 c/o l'Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure nei locali del Centro di Formazione e Aggiornamento tel. 019-6234235il venerdì dalle ore 16.30 alle ore 18.30c/o l'URP di Via Collodi - 3° piano lato uffici - tel. 019-8405296

Crediti formativi ECM: n. 19 Tutor formativo: Bonessi Anna Maria Motivazione La finalità del percorso formativo è di favorire il reinserimento dei dipen-denti nel contesto organizzativo aziendale, attraverso l 'appro-fondimento di tematiche di carattere organizzativo, tecnico-operativo e relazionale. Destinatari

SPORTELLO D'ASCOLTO

EVENTO FORMATIVO RESIDENZIALE: "ACCOMPAGNIAMO IL TUO RIENTRO"

L'EFR è rivolto complessivamente a circa 60 unità di personale che rientra da congedi della durata di almeno 60 giorni per maternità o cure parentali. Durata L'EFR, che rientra nei programmi di aggiornamento obbligatorio, avrà la durata complessiva di 20 ore

Il Progetto si prefigge di realizzare iniziative concrete a favore dei lavoratori e delle lavoratrici per la conciliazione dei tempi tra vita lavorativa e responsabilità familiari. Nella prima parte del progetto è prevista la sperimentazione di orari di lavoro flessibili e la concessione del part-time reversibile, attraverso il finanziamento delle sostituzioni, per dipendenti con comprovate esigenze di conciliazione. La seconda parte prevede la realizzazione di percorsi formativi professionalizzanti e di accoglienza per coloro che rientrano dal congedo di maternità e/o da lunghi congedi concessi a titolo di cura. La formazione rivolta ai beneficiari del Progetto, prevede l'analisi dell'area di lavoro e delle trasformazioni orga-nizzative e normative avvenute durante il periodo di assenza, l'attivazione di iniziative di aggiorna-mento sulle competenze, e di valuta-zione dei crediti formativi ECM da acquisire, per pianificare l'eventuale recupero di debito formativo. A tale contesto si aggiungono interventi di supporto motivazionale, momenti di accoglienza e azioni di coaching per

Il numero di aziende agricole in Liguria è di 20.684 unità con una grandezza media pari a circa 1,78 ettari di superficie.

Angelo SergiDirettore S.C. PSAL, Asl 2 Savonese

Gio Batta Buzzi Dirigente Tecnico S.C. PSAL, Asl 2 Savonese

Laura MazzocchiDirigente Medico S.C. PSAL, Asl 2 Savonese

I danni alla salute da lavoro in agricoltura contrastati

con la sorveglianza sanitaria, la formazione e l’assistenza delle PSAL di ASL 2 Savonese e ASL 1 Imperiese.

L'agricoltura è da sempre un settore importante per l'uomo e per l'economia globale e locale. Per questo rappresenta indubbiamente un valore strategico anche per la nostra Regione, anche se le caratteristiche del contesto agricolo ligure sono legate da importanti e lement i d i cara t te re strutturale come il territorio collinare, con piccoli tratti pianeggianti, e montuoso posto ad arco sul mare.Il numero di aziende agricole in Liguria è di 20.684 unità, penultimo posto a livello nazionale (ultima: la Valle d'Aosta), con una dimensione delle aziende che è la più piccola d'Italia (grandezza media pari a circa 1,78 ettari di superficie).L'attività agricola nella provincia di Savona è organizzata con aziende localizzate nelle aree di collina - litoranea, con attività, non esclusive, nel settore dell'orto-floricoltura intensiva e con attività più tradizionali, produzioni zootecniche, olivicoltura e viticoltura, che si localizza-no principalmente nelle aree marginali della collina interna e della montagna.Secondo l'indagine Istat le aziende agricole del nostro territorio impiegano per il 9 0 , 7 % m a n o d o p e r a familiare, per l'8% operai a tempo determinato e l'1,3% indeterminato. La categoria di manodopera che impiega più giornate di lavoro nell'azienda agricola è quella del conduttore (63,2%), seguito dai coniugi dei conduttori (16,8%),

dagli altri familiari (10,1%), dagli operai a tempo determinato (4,4%), da quelli a tempo indetermina-to (3,1%) e infine dai parenti del conduttore (2,4%) (su dati ISTAT).

L'intera realtà è contraddi-stinta da alcuni punti di forza come :- l'elevato grado di specia-lizzazione degli operatori in termine di capacità produtti-va e gestionale,- le produzioni tipiche e di qualità,- la presenza di filiere corte realizzate dei produttori primari: in Liguria esistono operatori che trasformano e commer-cializzano direttamente i prodotti originari (soprat-tutto per olio, vino, fiori, ortaggi e frutta, basilico).

Esistono, però, alcuni elementi critici:- la difficoltà a mantenere i livelli di competitività, - la progressiva diminuzione delle superfici oggetto di coltivazione da abbandono dei terreni, - la crescente frammentazio-ne fondiaria.Queste conoscenze sono state rilevate anche attraver-so il progetto conoscitivo

“Coltiviamo la salute”, condotto da questa S.C. con la collaborazione delle organizzazioni di categoria e delle parti sociali e conclusosi nel febbraio 2009. I contatti,tra aziende ed operatori della S.C., hanno avuto l'intento di sensibiliz-zare gli addetti nel settore agricolo ad una maggior consapevo lezza de l l a sicurezza e della salute nell' ambiente di lavoro racco-gliendo direttamente aspetti problematici presenti in questo settore come la scarsa modernizzazione delle macchine e delle a t t rezza ture agr ico le , l'incompleta valutazione del rischio chimico e biologico. Inoltre la movimentazione manuale dei carichi e l 'adozione di posture sbagliate merita attenzione in questo settore, in quanto è possibile creare ambienti di lavoro ergonomici limitan-do così infortuni causati da sollevamento di carichi pesanti, da sforzi fisici e da posture incogrue.

I danni alla salute da lavoro in agricoltura e selvicoltura. Infortuni sul lavoro e malattie da lavoro

Gli infortuni sul lavoro in agricoltura, pur rappresen-tando in valore assoluto una quota modesta degli infortuni rispetto alle altre le attività, presentano elevati indici di incidenza(n. infortuni / 1.000 occupati INAIL).Il numero di infortuni che riconosce quale agente mater ia le d i spos i t iv i , motori, utensili, macchine, attrezzature e veicoli, è percentualmente molto elevato (48%) se si restringe il campo agli infortuni mortali, ci si rende conto che il 35% dei casi riguarda la perdita di controllo di macchine o attrezzature, solitamente il trattore.Il “peso” delle macchine, quale agente materiale di infortuni, è confermato anche dalle analisi di correlazione, che mostrano come il numero di infortuni che determinano morte o inabilità permanente è strettamente correlato con il grado di meccanizzazione raggiunto dall'azienda, particolarmente rilevante, in senso negat ivo, nel le piccole e medie imprese.

L'esposizione dei lavora-tori agricoli ad agenti chimici è legato soprattutto

un rientro morbido nel posto di lavoro. In tale ottica è stato istituito lo Sportello di ascolto, questo strumento condiviso nel Piano Triennale delle Pari opportunità aziendale e nel Contratto Collettivo Integrativo del Comparto, è finalizzato ad individua-re le criticità legate ai tempi di conciliazione, a migliorare la qualità dei contesti lavorativi, il clima aziendale e le relazioni tra colleghi. Il progetto prevede inoltre azioni di sensibilizzazione e formazione rivolte al management delle risorse umane ed ai titolari di funzioni di coordinamen-to per sviluppare la cultura della conciliazione. I dipendenti che hanno beneficiato del progetto con forme di flessibilità e part time sono 27 mentre 77 sono stati coinvolti nella formazio-ne. L'ASL ritiene con questo percorso di aver dato un contributo alla creazione di un sistema in cui la tutela del benessere e l'empowerment dei lavoratori determini un effetto positivo sul miglioramento dei servizi resi ai cittadini. Questo progetto innovativo e unico sul territorio regionale, avviato nel 2008, è stato approvato e co-finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento per le politiche della famiglia ed è soggetto a verifica da parte di un Comitato Guida composto dal Consigliere delle pari opportunità della Provincia di Savona, dal Responsabile del dipartimento giuridico e risorse umane e da un Rappresentante sindacale.

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n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieAgrosicurezzaProgetto innovativo

Intesa fra ASL 2 Savonese e Organizzazione sindacale.

Maria Beatrice Boccia

Direttore Dipartimento Giuridico e Risorse Umane, ASL2 Savonese

Patrizia Rizzuto

Assistente Sociale, ASL2 Savonese

Iniziative concrete a favore dei dipendenti con difficoltà a conciliare

gli impegni di lavoro con quelli legati alle cure parentali e al

momento del rientro in servizio dopo lunga assenza.

L'ASL 2 Savonese, ha avviato un Progetto innovativo, condiviso con le Organizzazioni Sindacali a favore dei propri dipendenti, intitolato "ASL 2: Accresciamo la soddisfazione dei lavoratori" e finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le Politiche della Famiglia e dall'Azienda. L'iniziativa si prefigge di realizzare iniziative concrete a favore dei lavoratori con difficoltà a conciliare gli impegni di lavoro con quelli legati alle cure parentali, e al delicato momento del rientro in servizio dopo un'assenza superiore ai 60 giorni per congedo concesso a titolo di cura. Il Dipartimento per le Politiche della Famiglia, in collaborazione con l'Inps, ha realizzato la guida "Diritti ed opportunità per i genitori che lavora-no" che illustra, in maniera semplice e sintetica, le agevolazioni e le opportu-nità previste dalle leggi attuali per le mamme e i papà che lavorano. Nell'ambito delle diverse fasi previste dal Progetto, sono stati attivati:

Referente: Dr. Angelo Canepa cell. 3351301046 Apertura: il martedì dalle ore 14.30 alle ore 16.30 c/o l'Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure nei locali del Centro di Formazione e Aggiornamento tel. 019-6234235il venerdì dalle ore 16.30 alle ore 18.30c/o l'URP di Via Collodi - 3° piano lato uffici - tel. 019-8405296

Crediti formativi ECM: n. 19 Tutor formativo: Bonessi Anna Maria Motivazione La finalità del percorso formativo è di favorire il reinserimento dei dipen-denti nel contesto organizzativo aziendale, attraverso l 'appro-fondimento di tematiche di carattere organizzativo, tecnico-operativo e relazionale. Destinatari

SPORTELLO D'ASCOLTO

EVENTO FORMATIVO RESIDENZIALE: "ACCOMPAGNIAMO IL TUO RIENTRO"

L'EFR è rivolto complessivamente a circa 60 unità di personale che rientra da congedi della durata di almeno 60 giorni per maternità o cure parentali. Durata L'EFR, che rientra nei programmi di aggiornamento obbligatorio, avrà la durata complessiva di 20 ore

Il Progetto si prefigge di realizzare iniziative concrete a favore dei lavoratori e delle lavoratrici per la conciliazione dei tempi tra vita lavorativa e responsabilità familiari. Nella prima parte del progetto è prevista la sperimentazione di orari di lavoro flessibili e la concessione del part-time reversibile, attraverso il finanziamento delle sostituzioni, per dipendenti con comprovate esigenze di conciliazione. La seconda parte prevede la realizzazione di percorsi formativi professionalizzanti e di accoglienza per coloro che rientrano dal congedo di maternità e/o da lunghi congedi concessi a titolo di cura. La formazione rivolta ai beneficiari del Progetto, prevede l'analisi dell'area di lavoro e delle trasformazioni orga-nizzative e normative avvenute durante il periodo di assenza, l'attivazione di iniziative di aggiorna-mento sulle competenze, e di valuta-zione dei crediti formativi ECM da acquisire, per pianificare l'eventuale recupero di debito formativo. A tale contesto si aggiungono interventi di supporto motivazionale, momenti di accoglienza e azioni di coaching per

Il numero di aziende agricole in Liguria è di 20.684 unità con una grandezza media pari a circa 1,78 ettari di superficie.

Angelo SergiDirettore S.C. PSAL, Asl 2 Savonese

Gio Batta Buzzi Dirigente Tecnico S.C. PSAL, Asl 2 Savonese

Laura MazzocchiDirigente Medico S.C. PSAL, Asl 2 Savonese

I danni alla salute da lavoro in agricoltura contrastati

con la sorveglianza sanitaria, la formazione e l’assistenza delle PSAL di ASL 2 Savonese e ASL 1 Imperiese.

L'agricoltura è da sempre un settore importante per l'uomo e per l'economia globale e locale. Per questo rappresenta indubbiamente un valore strategico anche per la nostra Regione, anche se le caratteristiche del contesto agricolo ligure sono legate da importanti e lement i d i cara t te re strutturale come il territorio collinare, con piccoli tratti pianeggianti, e montuoso posto ad arco sul mare.Il numero di aziende agricole in Liguria è di 20.684 unità, penultimo posto a livello nazionale (ultima: la Valle d'Aosta), con una dimensione delle aziende che è la più piccola d'Italia (grandezza media pari a circa 1,78 ettari di superficie).L'attività agricola nella provincia di Savona è organizzata con aziende localizzate nelle aree di collina - litoranea, con attività, non esclusive, nel settore dell'orto-floricoltura intensiva e con attività più tradizionali, produzioni zootecniche, olivicoltura e viticoltura, che si localizza-no principalmente nelle aree marginali della collina interna e della montagna.Secondo l'indagine Istat le aziende agricole del nostro territorio impiegano per il 9 0 , 7 % m a n o d o p e r a familiare, per l'8% operai a tempo determinato e l'1,3% indeterminato. La categoria di manodopera che impiega più giornate di lavoro nell'azienda agricola è quella del conduttore (63,2%), seguito dai coniugi dei conduttori (16,8%),

dagli altri familiari (10,1%), dagli operai a tempo determinato (4,4%), da quelli a tempo indetermina-to (3,1%) e infine dai parenti del conduttore (2,4%) (su dati ISTAT).

L'intera realtà è contraddi-stinta da alcuni punti di forza come :- l'elevato grado di specia-lizzazione degli operatori in termine di capacità produtti-va e gestionale,- le produzioni tipiche e di qualità,- la presenza di filiere corte realizzate dei produttori primari: in Liguria esistono operatori che trasformano e commer-cializzano direttamente i prodotti originari (soprat-tutto per olio, vino, fiori, ortaggi e frutta, basilico).

Esistono, però, alcuni elementi critici:- la difficoltà a mantenere i livelli di competitività, - la progressiva diminuzione delle superfici oggetto di coltivazione da abbandono dei terreni, - la crescente frammentazio-ne fondiaria.Queste conoscenze sono state rilevate anche attraver-so il progetto conoscitivo

“Coltiviamo la salute”, condotto da questa S.C. con la collaborazione delle organizzazioni di categoria e delle parti sociali e conclusosi nel febbraio 2009. I contatti,tra aziende ed operatori della S.C., hanno avuto l'intento di sensibiliz-zare gli addetti nel settore agricolo ad una maggior consapevo lezza de l l a sicurezza e della salute nell' ambiente di lavoro racco-gliendo direttamente aspetti problematici presenti in questo settore come la scarsa modernizzazione delle macchine e delle a t t rezza ture agr ico le , l'incompleta valutazione del rischio chimico e biologico. Inoltre la movimentazione manuale dei carichi e l 'adozione di posture sbagliate merita attenzione in questo settore, in quanto è possibile creare ambienti di lavoro ergonomici limitan-do così infortuni causati da sollevamento di carichi pesanti, da sforzi fisici e da posture incogrue.

I danni alla salute da lavoro in agricoltura e selvicoltura. Infortuni sul lavoro e malattie da lavoro

Gli infortuni sul lavoro in agricoltura, pur rappresen-tando in valore assoluto una quota modesta degli infortuni rispetto alle altre le attività, presentano elevati indici di incidenza(n. infortuni / 1.000 occupati INAIL).Il numero di infortuni che riconosce quale agente mater ia le d i spos i t iv i , motori, utensili, macchine, attrezzature e veicoli, è percentualmente molto elevato (48%) se si restringe il campo agli infortuni mortali, ci si rende conto che il 35% dei casi riguarda la perdita di controllo di macchine o attrezzature, solitamente il trattore.Il “peso” delle macchine, quale agente materiale di infortuni, è confermato anche dalle analisi di correlazione, che mostrano come il numero di infortuni che determinano morte o inabilità permanente è strettamente correlato con il grado di meccanizzazione raggiunto dall'azienda, particolarmente rilevante, in senso negat ivo, nel le piccole e medie imprese.

L'esposizione dei lavora-tori agricoli ad agenti chimici è legato soprattutto

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n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieAggiornamento professionale

all'impiego di fertilizzanti e prodotti fitosanitari, con incremento del rischio quando i t r a t t amen t i vengono eseguiti in serra.Nel 2008 l'ISTAT riporta la seguente distribuzione di consumo per classe di tossicità: il 5,7% risulta molto tossico o tossico, il 15,5% nocivo, il 78,8 % viene definito non classificabile.Il Nord e il Mezzogiorno impiegano, ciascuno, oltre il 40% del totale dei prodotti fitosanitari.

Nel rischio biologico deve essere considerato senza dubbio il tetano, ricordan-do che l'intestino degli animali, soprattutto degli erbivori, rappresenta un serbatoio di infezione.L'agente causale è i l Clostridium tetani, anaero-bio e sporigeno. Mentre il bacillo è piuttosto labile, le

spore sono molto resistenti e trovano il loro habitat nel terreno e nell'intestino degli animali compreso l'uomo. La trasmissione all'uomo avviene per contaminazioni di soluzioni di continuo della cute da parte di terreno e di foraggi contaminati da materiale fecale. L'unico mezzo di prevenzione efficace è dato dalla vaccinazione antitetanica obbligatoria per i lavoratori agricoli e dalle comuni norme igieniche.

Infine la movimentazione manuale dei carichi che può provocare danni acuti, da contrazione muscolare, ma anche ernie del disco, soprattutto in soggetti predisposti, mentre danni di tipo cronico possono essere causati dal ripetersi di azioni per un lungo periodo di tempo: infiammazioni dei muscoli e dei tendini del dorso, dei dischi interverte-

brali della colonna ed infiammazioni delle grandi articolazioni, senza dimen-ticare che il lavoro all'aperto espone il soggetto a sbalzi di temperatura che favorisco-no l'insorgenza di tali patologie. Secondo stime provenienti dagli Istituti di Medicina del Lavoro, le patologie croniche del rachide sono la prima ragione nelle richieste di parziale non idoneità al lavoro specifico e tra gli infortuni sul lavoro, la lesione da sforzo, che nel 60-70% dei casi è rappre-sentata da una lombalgia acuta, non fa registrare alcun andamento negativo.Pertanto è importante privilegiare nella movimen-tazione dei carichi l'uso di argani, muletti e sollevatori m e c c a n i c i , a s s u m e r e posture corrette, limitare il sollevamento manuale dei ca r ich i mig l io rando l'organizzazione del lavoro.

Con la sorvegl ianza sanitaria i l Medico Competete, che ha collabo-ra to a l la s tesura de l Documento di Valutazione dei Rischi, effettua sui lavoratori le visite mediche che devono essere forte-mente legate alla valutazio-ne del rischio, con un' utilità non solo verso il singolo lavoratore ma anche verso la comunità evidenziando rischi o danni precoci e apportando contributi per ridurli o prevenirli. Su questo territorio si inserisce il Piano Regionale d i P r e v e n z i o n e i n Agricoltura e Selvicoltura 2009/2011, coordinato al relativo Piano Nazionale, con l'obbligo di superare la prolungata frammentazione e disomogeneità delle attività di vigilanza nel settore agricolo, in quanto la difficoltà di applicazione della normativa di sicurezza alle imprese familiari, ai coltivatori diretti e ai collaboratori familiari ha frenato, proprio per la prevalenza di queste figure nel nostro mondo agricolo, l'attività di prevenzione con riguardo sia alla sicurezza delle macchine e delle attrezzature che agli aspetti sanitari e di formazione.

La pianificazione regionale delle attività di controllo delle PSAL, ha individuato nelle due ASL del ponente (ASL n° 1 – Imperiese ed ASL n° 2 – Savonese) le Strutture che dovranno prevedere, azioni coordina-te di vigilanza, informazio-ne, formazione ed assisten-za,ispezionando aziende agricole che verranno identificate secondo il numero degli addetti, il numero degli infortuni, la quantità di agrofarmaci utilizzati e la complessità delle attrezzature da lavoro in uso.

Infortuni sul lavoro avvenuti nel periodo 2005 – 2007 e denunciati ad INAILGestione agricoltura

Totale infortuni Infortuni mortali

Anno 2005 2006 2007 2005 2006 2007

Savona (provincia) 275 284 246 0 0 0

Liguria 1.022 1.005 845 1

Italia

66.467

63.083

57.155

141

124 98

Infortuni sul lavoro

avvenuti nel periodo 2005 –

2007 e denunciati all’INAIL - ITALIA

Totale infortuni (T)

Infortuni mortali (M)anno

2005

2006

2007

2005

2006 2007Gestione agricoltura

66.467

63.083

57.155

141

124 98Gestione industria e servizi

844.965

836.345

826.312

1.124

1.205 1.058

Indici di incidenza

Totali

Mortalianno

2005

2006

2007

2005

2006 2007Agricoltura

70,2

64,2

61,9

0,149

0,126 0,114Industria

60,8

59,7

57,5

0,089

0,098 0,085Servizi

30,8

30

29,6

0,036

0,036 0,033

Distribuzione per uso agricolo dei fertilizzanti (2006) in quintali

Concimi

ammendanti

correttivi

Totale fertilizzanti

Liguria

148.315

436.125

906

614.714

Italia

38.935.854

10.730.746

554.988

50.258.447

Distribuzione dei prodotti fitosanitari (2006) in chilogrammi

fungicidi

insetticidi acaricidi

erbicidi

vari

biologici Totale

Liguria

336.407

135.555

11.331

332.383

1.445 924.121Italia

75.891.005

27.036.332

26.541.731

19.182.355

344.318 148.995.741

Medici a convegno per discutere le problematiche diagnostiche e terapeutiche

dei tumori della testa e del collo.

Marta Pescetto S.C. Comunicazione Sanitaria e Marketing, ASL2 Savonese

Venerdì 29 Ottobre si è svolto un Convegno organizzato e promosso dalle Strutture Complesse di Otorinolaringoiatria (Direttore Dott. Antonio Fibbi ) e Oncologia (Direttore Dott. Marco Benasso) dell'Ospedale S. Paolo di Savona .È stato chiamato un gruppo di esperti e professionisti di calibro i n t e r n a z i o n a l e p e r approfondire e confron-tarsi sul tema dei tumori della testa e del collo.

I tumori squamosi della testa e del collo - ovvero i tumori che insorgono nel

cavo orale, nel faringe o nella laringe - rappresen-tano solo il 5% circa della patologia neoplastica, tuttavia le caratteristiche tipiche ed esclusive che c o n t r a d d i s t i n g u o n o questi tumori determina-no frequentemente gravi implicazioni nella vita sociale e relazionale di chi ne è colpito. Mai come negli ultimi anni la ricerca clinica ha prodotto una così grande mole di dati significativi sulla terapia di queste forme tumorali, in particolare attraverso l'impiego di trattamenti combinati chemio-radioterapici.

Obiettivo del corso, indirizzato ad oncologi medici, radioterapisti e c h i r u r g h i c e r v i c o -cefalici, è stato fornire indicazioni utili per la pratica clinica quotidiana attraverso la revisione critica di questi dati a cura di un gruppo di esperti di livello internazionale e la discussione interattiva di casi clinici.

Diversi i temi di grande interesse ed attualità medica che sono stati discussi nel corso della giornata di studi. Primo fra tutti il trattamento

delle forme localmente avanzate non operabili attraverso la combinazio-ne di terapia radiante, f a r m a c i o n c o l o g i c i tradizionali e farmaci biologici. Secondo, le strategie di preservazione della funzione fonatoria a t t r a v e r s o t e c n i c h e chirurgiche innovative o programmi di terapia non chirurgica.E ultimo, ma non per questo meno importante, la gestione del paziente con malattia inguaribile, con particolare riguardo alla terapia del dolore ed alla terapia nutrizionale.

Antonio Fibbi Marco Benasso

Agrosicurezza

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n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieAggiornamento professionale

all'impiego di fertilizzanti e prodotti fitosanitari, con incremento del rischio quando i t r a t t amen t i vengono eseguiti in serra.Nel 2008 l'ISTAT riporta la seguente distribuzione di consumo per classe di tossicità: il 5,7% risulta molto tossico o tossico, il 15,5% nocivo, il 78,8 % viene definito non classificabile.Il Nord e il Mezzogiorno impiegano, ciascuno, oltre il 40% del totale dei prodotti fitosanitari.

Nel rischio biologico deve essere considerato senza dubbio il tetano, ricordan-do che l'intestino degli animali, soprattutto degli erbivori, rappresenta un serbatoio di infezione.L'agente causale è i l Clostridium tetani, anaero-bio e sporigeno. Mentre il bacillo è piuttosto labile, le

spore sono molto resistenti e trovano il loro habitat nel terreno e nell'intestino degli animali compreso l'uomo. La trasmissione all'uomo avviene per contaminazioni di soluzioni di continuo della cute da parte di terreno e di foraggi contaminati da materiale fecale. L'unico mezzo di prevenzione efficace è dato dalla vaccinazione antitetanica obbligatoria per i lavoratori agricoli e dalle comuni norme igieniche.

Infine la movimentazione manuale dei carichi che può provocare danni acuti, da contrazione muscolare, ma anche ernie del disco, soprattutto in soggetti predisposti, mentre danni di tipo cronico possono essere causati dal ripetersi di azioni per un lungo periodo di tempo: infiammazioni dei muscoli e dei tendini del dorso, dei dischi interverte-

brali della colonna ed infiammazioni delle grandi articolazioni, senza dimen-ticare che il lavoro all'aperto espone il soggetto a sbalzi di temperatura che favorisco-no l'insorgenza di tali patologie. Secondo stime provenienti dagli Istituti di Medicina del Lavoro, le patologie croniche del rachide sono la prima ragione nelle richieste di parziale non idoneità al lavoro specifico e tra gli infortuni sul lavoro, la lesione da sforzo, che nel 60-70% dei casi è rappre-sentata da una lombalgia acuta, non fa registrare alcun andamento negativo.Pertanto è importante privilegiare nella movimen-tazione dei carichi l'uso di argani, muletti e sollevatori m e c c a n i c i , a s s u m e r e posture corrette, limitare il sollevamento manuale dei ca r ich i mig l io rando l'organizzazione del lavoro.

Con la sorvegl ianza sanitaria i l Medico Competete, che ha collabo-ra to a l la s tesura de l Documento di Valutazione dei Rischi, effettua sui lavoratori le visite mediche che devono essere forte-mente legate alla valutazio-ne del rischio, con un' utilità non solo verso il singolo lavoratore ma anche verso la comunità evidenziando rischi o danni precoci e apportando contributi per ridurli o prevenirli. Su questo territorio si inserisce il Piano Regionale d i P r e v e n z i o n e i n Agricoltura e Selvicoltura 2009/2011, coordinato al relativo Piano Nazionale, con l'obbligo di superare la prolungata frammentazione e disomogeneità delle attività di vigilanza nel settore agricolo, in quanto la difficoltà di applicazione della normativa di sicurezza alle imprese familiari, ai coltivatori diretti e ai collaboratori familiari ha frenato, proprio per la prevalenza di queste figure nel nostro mondo agricolo, l'attività di prevenzione con riguardo sia alla sicurezza delle macchine e delle attrezzature che agli aspetti sanitari e di formazione.

La pianificazione regionale delle attività di controllo delle PSAL, ha individuato nelle due ASL del ponente (ASL n° 1 – Imperiese ed ASL n° 2 – Savonese) le Strutture che dovranno prevedere, azioni coordina-te di vigilanza, informazio-ne, formazione ed assisten-za,ispezionando aziende agricole che verranno identificate secondo il numero degli addetti, il numero degli infortuni, la quantità di agrofarmaci utilizzati e la complessità delle attrezzature da lavoro in uso.

Infortuni sul lavoro avvenuti nel periodo 2005 – 2007 e denunciati ad INAILGestione agricoltura

Totale infortuni Infortuni mortali

Anno 2005 2006 2007 2005 2006 2007

Savona (provincia) 275 284 246 0 0 0

Liguria 1.022 1.005 845 1

Italia

66.467

63.083

57.155

141

124 98

Infortuni sul lavoro

avvenuti nel periodo 2005 –

2007 e denunciati all’INAIL - ITALIA

Totale infortuni (T)

Infortuni mortali (M)anno

2005

2006

2007

2005

2006 2007Gestione agricoltura

66.467

63.083

57.155

141

124 98Gestione industria e servizi

844.965

836.345

826.312

1.124

1.205 1.058

Indici di incidenza

Totali

Mortalianno

2005

2006

2007

2005

2006 2007Agricoltura

70,2

64,2

61,9

0,149

0,126 0,114Industria

60,8

59,7

57,5

0,089

0,098 0,085Servizi

30,8

30

29,6

0,036

0,036 0,033

Distribuzione per uso agricolo dei fertilizzanti (2006) in quintali

Concimi

ammendanti

correttivi

Totale fertilizzanti

Liguria

148.315

436.125

906

614.714

Italia

38.935.854

10.730.746

554.988

50.258.447

Distribuzione dei prodotti fitosanitari (2006) in chilogrammi

fungicidi

insetticidi acaricidi

erbicidi

vari

biologici Totale

Liguria

336.407

135.555

11.331

332.383

1.445 924.121Italia

75.891.005

27.036.332

26.541.731

19.182.355

344.318 148.995.741

Medici a convegno per discutere le problematiche diagnostiche e terapeutiche

dei tumori della testa e del collo.

Marta Pescetto S.C. Comunicazione Sanitaria e Marketing, ASL2 Savonese

Venerdì 29 Ottobre si è svolto un Convegno organizzato e promosso dalle Strutture Complesse di Otorinolaringoiatria (Direttore Dott. Antonio Fibbi ) e Oncologia (Direttore Dott. Marco Benasso) dell'Ospedale S. Paolo di Savona .È stato chiamato un gruppo di esperti e professionisti di calibro i n t e r n a z i o n a l e p e r approfondire e confron-tarsi sul tema dei tumori della testa e del collo.

I tumori squamosi della testa e del collo - ovvero i tumori che insorgono nel

cavo orale, nel faringe o nella laringe - rappresen-tano solo il 5% circa della patologia neoplastica, tuttavia le caratteristiche tipiche ed esclusive che c o n t r a d d i s t i n g u o n o questi tumori determina-no frequentemente gravi implicazioni nella vita sociale e relazionale di chi ne è colpito. Mai come negli ultimi anni la ricerca clinica ha prodotto una così grande mole di dati significativi sulla terapia di queste forme tumorali, in particolare attraverso l'impiego di trattamenti combinati chemio-radioterapici.

Obiettivo del corso, indirizzato ad oncologi medici, radioterapisti e c h i r u r g h i c e r v i c o -cefalici, è stato fornire indicazioni utili per la pratica clinica quotidiana attraverso la revisione critica di questi dati a cura di un gruppo di esperti di livello internazionale e la discussione interattiva di casi clinici.

Diversi i temi di grande interesse ed attualità medica che sono stati discussi nel corso della giornata di studi. Primo fra tutti il trattamento

delle forme localmente avanzate non operabili attraverso la combinazio-ne di terapia radiante, f a r m a c i o n c o l o g i c i tradizionali e farmaci biologici. Secondo, le strategie di preservazione della funzione fonatoria a t t r a v e r s o t e c n i c h e chirurgiche innovative o programmi di terapia non chirurgica.E ultimo, ma non per questo meno importante, la gestione del paziente con malattia inguaribile, con particolare riguardo alla terapia del dolore ed alla terapia nutrizionale.

Antonio Fibbi Marco Benasso

Agrosicurezza

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n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieOpen days Open days

L’adozione di stili di vita non corretti rappresenta una vera e propria emergenza sanitaria e un aumento per le principali cause di mortalità e morbilità.

Claudio SolinasCoordinatore Infermieristico, S.S.D. RRF, Ospedale S. Giuseppe di Cairo, Coordinatore Regionale dell'AIUC

Marina ScottoDirettore Dipartimento Prevenzione ASL2 Savonese

Francesco VersaceDirettore S.C. Reumatologia, Ospedale San Paolo di Savona

Fabio BandiniDirettore S.C. Neurologia, Ospedale San Paolo di Savona

Tiziana TassinariDirettore S.C. Neurologia, Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure

Amnon Cohen Direttore S.C. Pediatria e Neonatologia, Ospedale San Paolo di Savona

Ottobre dedicato alla prevenzione per l’ASL 2 Savonese.

Prevenzione, educazione e comunicazione alla salute rappresentano strumenti strategici delle aziende sanitarie e sono, per questo, il comune denominatore delle attività promosse dalle strutture operanti nell'ASL 2 Savonese.

L'adozione di stili di vita non corretti rappresenta una vera e propria emergenza sanitaria che comporta un significativo aumento di rischio per le principali cause di mortalità e morbili-t à r i conosc iu te ne l l a popolazione adulta.

Gli Open Day, le giornate di prevenzione specifiche per determinate patologie che si svolgono solitamente in contemporanea nazionale o add i r i t tu ra mondia le , rappresentano un valido strumento per informare ed educare ai corretti stili di

vita, distribuire materiale informativo relativo alle patologie o svolgere altre at t ivi tà organizzate a discrezione delle singole strutture.

Venerdì 8 e sabato 9 ottobre si è svolto un doppio appuntamento in provincia di Savona con l'Ulcer Days a Savona e Ca iro Montenot te , manifestazione nazionale organizzata dall'AIUC, l' Associazione Italiana Ulcere Cutanee.Patologie come piaghe da decubito, ulcere venose ed arteriose colpiscono circa 2 milioni di malati ogni anno in Italia e hanno assunto un'im-p o r t a n z a c r e s c e n t e soprattutto in funzione del progressivo aumento della popolazione in età avanzata.Contrariamente a quanto si pensa comunemente si tratta di un insieme di malattie fortemente i n v a l i d a n t i ( p i e d e diabetico) e potenzial-mente causa di morte

Mercoledì 20 ottobre si è s v o l t o l ' O p e n D a y organizzato dall 'Os-servatorio Nazionale sulla salute della Donna i n o c c a s i o n e d e l l a Giornata Mondiale sull'Osteoporosi, diffusa problematica riguardante un'ampia percentuale della popolazione femmi-nile in età post menopau-sale.

“Prendiamoci cura di te”. Questo lo slogan dell'Obesity Day 2010, d e c i m a G i o r n a t a Nazionale di sensibilizza-zione su sovrappeso e salute promossa dall'As-sociazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica (ADI). Anche l'ASL2 è scesa in campo nella lotta contro il sovrappeso e l'obesità p a r t e c i p a n d o a l l a Giornata nazionale di sensibilizzazione sull'ar-gomento con la predispo-sizione di un punto in fo rma t ivo s i tua to ne l l ' a t r io de i Po l i -ambulatori di via Collodi a Savona.Esperti in dietologia

(piaghe da decubito).L'AIUC, Associazione Italiana delle Ulcere Cutanee, riunisce Medici di varie specialità, Medici di Medicina Generale, Infermieri, Fisioterapisti, Podologi , Operator i Socio Sanitari, ecc. che si prendono cura di questa t ipologia di malat i . L'Associazione si propo-

La S.C. Reumatologia d i r e t t a d a l D o t t . Francesco Versace in occasione di questa giornata ha organizzato due tipologie di incontri.

saranno a disposizione per offrire informazioni, consigli, documentazione e materiale illustrativo sull'argomento; è stato anche possibile effettuare

ne non solo il fine di favorire gli studi sui fenomeni di riparazione tessutale, di prevenzione, di diagnosi e di terapia e di diffonderli attraverso convegni locali e nazio-nali, ma anche di far riconoscere i diritti dei portatori di ulcere cuta-nee.Durante le giornate è stato

Nel corso della mattinata lo staff ha svolto un'ope-razione di sensibilizza-zione e informazione sulla patologia presso la S.C. Reumatologia al

la misurazione della circonferenza addomina-le ed il calcolo dell'indice di massa corporea (BMI), valore che mettendo in rapporto il peso con

distribuito anche materia-le informativo sulla gestione e la riduzione del dolore provocato dalle lesioni cutanee, consigli ai pazienti affetti da ulcere. Il personale è stato anche disponibile a rispondere alle domande dei ci t tadini presso l'Ambulatorio Ulcere difficili della Struttura Complessa Dermatologia diretta dal Dott. Giuseppe Santoro al Piano -1 dell'Ospedale San Paolo di Savona con orario 8-13 e con lo stesso orario presso l'Ambulatorio I n f e r m i e r i s t i c o d i Riabilitazione della S t r u t t u r a S e m p l i c e Dipartimentale Recupero e R i e d u c a z i o n e F u n z i o n a l e ( R e s p . Vittorio Grosso) presso l ' O s p e d a l e S a n Giuseppe di Cairo.

1°piano del San Paolo di S a v o n a e p r e s s o l'Ambulatorio di Terapia del Dolore al 4°piano del Padiglione Spotorno presso il Santa Corona di Pietra Ligure.Nel pomeriggio a partire dalle 15.30, si è poi svolto un interessante incontro con la popolazione presso la Sala Rossa del Comune di Savona.

l'altezza consente di definire le situazioni di normalità, sovrappeso od obesità. Un'occasione per saperne di più e per essere maggiormente consape-voli nei confronti della p r o p r i a s a l u t e . I l P ro g e t t o “ O b e s i t y Day”, oltre a focalizzare un fenomeno in crescita sul quale non si riesce ancora ad incidere a sufficienza, si propone di spostare l'attenzione sull'obesità da proble-ma estetico a problema di salute, in quanto responsabile dell ' in-sorgenza di malattie metaboliche (diabete, ipercolesterolemia, gotta, ecc.) e cardiovascolari.

Venerdì 29 Ottobre si è svolta la Giornata mond ia l e ded i ca ta all'Ictus. Anche l'ASL 2 ha aderito a questa iniziativa e, per que l la g iorna ta , ha organizzato una serie di iniziative rivolte alla c i t t a d i n a n z a c o n l'obiettivo di sensibilizza-re e informare la popola-zione su questa importan-te patologia che, come sostiene la World Stroke Organization, nel mondo

colpisce una persona ogni 6 secondi.I dati che riguardano questa grave patologia

sono preoccupanti: ogni anno nel mondo, sono 15 milioni le persone che muoiono di ictus; in

Europa, l'ictus rappresen-ta la prima causa di disabilità a lungo termine, la seconda di demenza ed è la terza causa di morte nei Paesi del G8. In Italia ogni giorno l'ictus colpisce circa 660 persone, 200mila ogni anno: di queste, 40mila muoiono entro breve termine e altre 40mila perdono completamente l'autosufficienza, cam-biando radicalmente la loro vita e quella delle

Segue a pag 40, colonna 1.

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n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieOpen days Open days

L’adozione di stili di vita non corretti rappresenta una vera e propria emergenza sanitaria e un aumento per le principali cause di mortalità e morbilità.

Claudio SolinasCoordinatore Infermieristico, S.S.D. RRF, Ospedale S. Giuseppe di Cairo, Coordinatore Regionale dell'AIUC

Marina ScottoDirettore Dipartimento Prevenzione ASL2 Savonese

Francesco VersaceDirettore S.C. Reumatologia, Ospedale San Paolo di Savona

Fabio BandiniDirettore S.C. Neurologia, Ospedale San Paolo di Savona

Tiziana TassinariDirettore S.C. Neurologia, Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure

Amnon Cohen Direttore S.C. Pediatria e Neonatologia, Ospedale San Paolo di Savona

Ottobre dedicato alla prevenzione per l’ASL 2 Savonese.

Prevenzione, educazione e comunicazione alla salute rappresentano strumenti strategici delle aziende sanitarie e sono, per questo, il comune denominatore delle attività promosse dalle strutture operanti nell'ASL 2 Savonese.

L'adozione di stili di vita non corretti rappresenta una vera e propria emergenza sanitaria che comporta un significativo aumento di rischio per le principali cause di mortalità e morbili-t à r i conosc iu te ne l l a popolazione adulta.

Gli Open Day, le giornate di prevenzione specifiche per determinate patologie che si svolgono solitamente in contemporanea nazionale o add i r i t tu ra mondia le , rappresentano un valido strumento per informare ed educare ai corretti stili di

vita, distribuire materiale informativo relativo alle patologie o svolgere altre at t ivi tà organizzate a discrezione delle singole strutture.

Venerdì 8 e sabato 9 ottobre si è svolto un doppio appuntamento in provincia di Savona con l'Ulcer Days a Savona e Ca iro Montenot te , manifestazione nazionale organizzata dall'AIUC, l' Associazione Italiana Ulcere Cutanee.Patologie come piaghe da decubito, ulcere venose ed arteriose colpiscono circa 2 milioni di malati ogni anno in Italia e hanno assunto un'im-p o r t a n z a c r e s c e n t e soprattutto in funzione del progressivo aumento della popolazione in età avanzata.Contrariamente a quanto si pensa comunemente si tratta di un insieme di malattie fortemente i n v a l i d a n t i ( p i e d e diabetico) e potenzial-mente causa di morte

Mercoledì 20 ottobre si è s v o l t o l ' O p e n D a y organizzato dall 'Os-servatorio Nazionale sulla salute della Donna i n o c c a s i o n e d e l l a Giornata Mondiale sull'Osteoporosi, diffusa problematica riguardante un'ampia percentuale della popolazione femmi-nile in età post menopau-sale.

“Prendiamoci cura di te”. Questo lo slogan dell'Obesity Day 2010, d e c i m a G i o r n a t a Nazionale di sensibilizza-zione su sovrappeso e salute promossa dall'As-sociazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica (ADI). Anche l'ASL2 è scesa in campo nella lotta contro il sovrappeso e l'obesità p a r t e c i p a n d o a l l a Giornata nazionale di sensibilizzazione sull'ar-gomento con la predispo-sizione di un punto in fo rma t ivo s i tua to ne l l ' a t r io de i Po l i -ambulatori di via Collodi a Savona.Esperti in dietologia

(piaghe da decubito).L'AIUC, Associazione Italiana delle Ulcere Cutanee, riunisce Medici di varie specialità, Medici di Medicina Generale, Infermieri, Fisioterapisti, Podologi , Operator i Socio Sanitari, ecc. che si prendono cura di questa t ipologia di malat i . L'Associazione si propo-

La S.C. Reumatologia d i r e t t a d a l D o t t . Francesco Versace in occasione di questa giornata ha organizzato due tipologie di incontri.

saranno a disposizione per offrire informazioni, consigli, documentazione e materiale illustrativo sull'argomento; è stato anche possibile effettuare

ne non solo il fine di favorire gli studi sui fenomeni di riparazione tessutale, di prevenzione, di diagnosi e di terapia e di diffonderli attraverso convegni locali e nazio-nali, ma anche di far riconoscere i diritti dei portatori di ulcere cuta-nee.Durante le giornate è stato

Nel corso della mattinata lo staff ha svolto un'ope-razione di sensibilizza-zione e informazione sulla patologia presso la S.C. Reumatologia al

la misurazione della circonferenza addomina-le ed il calcolo dell'indice di massa corporea (BMI), valore che mettendo in rapporto il peso con

distribuito anche materia-le informativo sulla gestione e la riduzione del dolore provocato dalle lesioni cutanee, consigli ai pazienti affetti da ulcere. Il personale è stato anche disponibile a rispondere alle domande dei ci t tadini presso l'Ambulatorio Ulcere difficili della Struttura Complessa Dermatologia diretta dal Dott. Giuseppe Santoro al Piano -1 dell'Ospedale San Paolo di Savona con orario 8-13 e con lo stesso orario presso l'Ambulatorio I n f e r m i e r i s t i c o d i Riabilitazione della S t r u t t u r a S e m p l i c e Dipartimentale Recupero e R i e d u c a z i o n e F u n z i o n a l e ( R e s p . Vittorio Grosso) presso l ' O s p e d a l e S a n Giuseppe di Cairo.

1°piano del San Paolo di S a v o n a e p r e s s o l'Ambulatorio di Terapia del Dolore al 4°piano del Padiglione Spotorno presso il Santa Corona di Pietra Ligure.Nel pomeriggio a partire dalle 15.30, si è poi svolto un interessante incontro con la popolazione presso la Sala Rossa del Comune di Savona.

l'altezza consente di definire le situazioni di normalità, sovrappeso od obesità. Un'occasione per saperne di più e per essere maggiormente consape-voli nei confronti della p r o p r i a s a l u t e . I l P ro g e t t o “ O b e s i t y Day”, oltre a focalizzare un fenomeno in crescita sul quale non si riesce ancora ad incidere a sufficienza, si propone di spostare l'attenzione sull'obesità da proble-ma estetico a problema di salute, in quanto responsabile dell ' in-sorgenza di malattie metaboliche (diabete, ipercolesterolemia, gotta, ecc.) e cardiovascolari.

Venerdì 29 Ottobre si è svolta la Giornata mond ia l e ded i ca ta all'Ictus. Anche l'ASL 2 ha aderito a questa iniziativa e, per que l la g iorna ta , ha organizzato una serie di iniziative rivolte alla c i t t a d i n a n z a c o n l'obiettivo di sensibilizza-re e informare la popola-zione su questa importan-te patologia che, come sostiene la World Stroke Organization, nel mondo

colpisce una persona ogni 6 secondi.I dati che riguardano questa grave patologia

sono preoccupanti: ogni anno nel mondo, sono 15 milioni le persone che muoiono di ictus; in

Europa, l'ictus rappresen-ta la prima causa di disabilità a lungo termine, la seconda di demenza ed è la terza causa di morte nei Paesi del G8. In Italia ogni giorno l'ictus colpisce circa 660 persone, 200mila ogni anno: di queste, 40mila muoiono entro breve termine e altre 40mila perdono completamente l'autosufficienza, cam-biando radicalmente la loro vita e quella delle

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n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieDonazione

loro famiglie. Ma ora si sa, e le più recenti terapie lo confermano, che l'ictus è una patologia curabile e soprattutto prevenibile ed è quindi di fondamentale importanza che questo vitale messaggio e soprat-tutto questa consapevolez-za raggiungano sempre più persone nel mondo. C'è anche da considerare che l'ictus può colpire persone giovani (circa 4.200 di età inferiore ai 45 anni) e che vi sono diffe-renze di genere che rendono il peso dell'ictus diverso nelle donne, sia come pazienti sia come figure di accudimento,

differente da quello degli uomini.Gli Ospedali di Savona e Pietra Ligure hanno aderito a questa importan-te giornata di educazione e prevenzione:Al San Paolo presso gli a m b u l a t o r i d e l l a Neurologia gli specialisti sono stati a disposizione dei cittadini per effettuare gratui tamente vis i te mediche e neurologiche (con misurazione di pressione arteriosa e frequenza cardiaca), la misurazione della glice-mia cap i l l a re ( cas i selezionati) e, in presenza di particolari fattori di rischio, alcuni esami

strumentali. È stato p r o p o s t o a n c h e u n questionario anamnestico ed, infine sono stati consegnati al paziente referti e documentazione m e d i c a d a r e n d e r e disponibile al proprio medico di famigliaAl S. Corona, presso gli a m b u l a t o r i d e l l a Neurologia i medici ed il personale Infermieristico della S.C. Neurologia + Centro Ictus, in collabo-razione con i volontari d e l l ' A s s o c i a z i o n e E.Tassinari-B. Grassi per la lotta all'Ictus, hanno illustrato le regole per la prevenzione, la sintoma-tologia e le cure della

malattia. In una saletta sono state proiettate d i apos i t ive a c i c lo continuo, realizzate con l'obiettivo di informare la popolazione sui fattori di rischio, sulle modalità di esordio e su altri elementi inerenti questa problema-tica. Un esperto ha risposto alle domande dei cittadini, al fine di chiari-re eventuali dubbi. In ambulatori attigui, le persone che lo desidera-vano sono state sottoposte ad un ques t iona r io informatizzato per il ca lco lo de l r i sch io cerebrovascolare e alla m i s u r a z i o n e d e l l a Pressione Arteriosa.

Sabato 30 Ottobre si è svolta la IV giornata N a z i o n a l e c o n t r o l'obesità infantile, orga-nizzata dalla Società I ta l iana di Endocr-inologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP).Per la Regione Liguria l'organizzazione è stata affidata al Professor Amnon Cohen Direttore della Struttura Complessa di Pediatria e Neona-tologia dell'Ospedale San Paolo di Savona e socio SIEDP esperto e qualifi-cato nel settore, che per quella data ha organizzato un incontro aperto alla popolazione presso la Sala Rossa del Comune di Savona. L'obesità infantile, infatti, è un rischio per la salute in età adulta: un bambino su tre in età prescolare e due bambini obesi su tre in età scolare diventeranno adulti obesi.

Il convegno aveva lo scopo di sensibilizzare la cittadinanza su alcuni importanti argomenti per il benessere dei bambini: l'obesità in età infantile, aspetti psicologici alla base dell 'obesità, le regole alimentari e il corretto stile di vita, l'alimentazione come prevenzione delle malat-tie cardiovascolari e ultimo, ma non meno importante, l 'attività sportiva in età scolare: titolo dell'incontro di quest'anno era infatti “Corri verso la salute”- A t t i v i t à m o t o r i e e Obesità. I relatori presenti hanno approfondito le tematiche in modo semplice e chiaro e trattando gli argomenti con un linguaggio com-prensibile anche per i non addetti ai lavori.

Ancora una volta ha dimostrato attraverso progetti concreti il sostegno alle istituzioni del territorio che operano a favore dei cittadini.

Questo dono, insieme ad altre apparecchiature medicali è stata possibile anche per il ricavato dallo spettacolo dei medici del “Medical Mistery Tour”

e dai fondi dell’”Holiday Hospital”.

Amnon Cohen Direttore S.C. Pediatria e Neonatologia, Ospedale S. Paolo di Savona

Marta PescettoS.C. Comunicazione Sanitaria e Marketing, ASL2 Savonese

Il Lions Club Valbormida offre un rianimatore neonatale alla Pediatria

del “S. Paolo” di Savona.

Si è conclusa con succes-so una nuova iniziativa d e l L i o n s C l u b Valbormida. Questa volta si tratta di un'importante donazione a favore della Pediatria dell'Ospedale S. Paolo di Savona.Un rianimatore neonatale ed altre apparecchiature medical i sono state donate alla Struttura Complessa di Pediatria e Neonatologia del San Paolo di Savona, grazie soprattutto al ricavato ottenuto dallo spettacolo dei medici del Medical Mystery Tour e del Holiday Tour presentato il 20 marzo scorso nel Teatro del Palazzo di Città di Cairo Monte-notte, davanti ad una sala gremita all'inverosimile: erano infatti presenti 350 persone.Ancora una volta il Lions Club Valbormida ha dimostrato, attraverso progetti concreti, la propria sensibilità verso la realtà sanitaria e le istituzioni del territorio che operano a favore dei cittadini. «Il nostro club ha ritenuto doveroso realizzare un Service rivolto ai bambi-ni, in particolare quelli bisognosi di cure che il Reparto di Pediatria di Savona così amorevol-mente presta. La popola-zione della Valbormida, ma non solo, ha piena-mente recepito l'iniziativa intervenendo con genero-s i t à » c o m m e n t a Annamaria Torterolo, primo presidente donna d e l L i o n s C l u b Valbormida.«E' stata una magnifica

iniziativa resa possibile grazie al fattivo coinvol-gimento non solo dei soci d e l L i o n s C l u b Valbormida, ma anche dei Lions Clubs della “Zo-na”, ossia: Rossiglione-Valle Stura, Arenzano-Cogoleto, Varazze - Celle e d e l L i o n s C l u b Spotorno-Noli-Bergeggi-Vezzi Portio, a cui, permettetemi, va un particolare e sentito ringraziamento. Nel mese di Marzo 2011 verrà realizzato un “Service di Zona” nella cornice del Teatro del Palazzo di Città di Cairo Montenotte dove verrà presentato un a l t ro en tus iasmante spettacolo dei medici del Mystery Medical Tour e d e l H o l i d a y To u r » aggiunge il Dott. Michele Giugliano, Delegato di Zona del Distretto Lions 108 Ia3.

«E' per noi motivo di grande soddisfazione ed orgoglio l'aver potuto contribuire alla riuscita di questa donazione. E' s e m p r e u n g r a n d e piacere fare spettacolo e beneficienza. Ora ci

prepariamo per la prossi-ma stagione di appunta-menti.. Vorrei ringraziare tutti quelli che ci aiutano e, in questo caso, vorrei aggiungere un grazie particolare e sincero al Dott. Giugliano che ci ha voluto a Cairo con forza e simpatia» sono le parole d e l D o t t . R o d o l f o Tassara, Direttore della S.C. Medicina interna dell'Ospedale S. Paolo di Savona, grande animato-re dello spettacolo dei medici-artisti. Soddisfazione anche da parte del Dott. Cohen, che aggiunge «Grazie all'im-

pegno dei Lions Club Valbormida riusciamo a migliorare ulteriormente la nostra risposta alle esigenze del bambino malato e, in particolar modo, al neonato con sofferenza respiratoria acuta. Attraverso uno spettacolo musicale e di varietà, organizzato e realizzato da “artisti-sanitari”, i Lions Club Valbormida è riuscito a trovare il modo per r accog l i e re i fond i necessari per l'acquisto di q u e s t a i m p o r t a n t e apparecchiatura»

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Amnon Cohen

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n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità NotizieDonazione

loro famiglie. Ma ora si sa, e le più recenti terapie lo confermano, che l'ictus è una patologia curabile e soprattutto prevenibile ed è quindi di fondamentale importanza che questo vitale messaggio e soprat-tutto questa consapevolez-za raggiungano sempre più persone nel mondo. C'è anche da considerare che l'ictus può colpire persone giovani (circa 4.200 di età inferiore ai 45 anni) e che vi sono diffe-renze di genere che rendono il peso dell'ictus diverso nelle donne, sia come pazienti sia come figure di accudimento,

differente da quello degli uomini.Gli Ospedali di Savona e Pietra Ligure hanno aderito a questa importan-te giornata di educazione e prevenzione:Al San Paolo presso gli a m b u l a t o r i d e l l a Neurologia gli specialisti sono stati a disposizione dei cittadini per effettuare gratui tamente vis i te mediche e neurologiche (con misurazione di pressione arteriosa e frequenza cardiaca), la misurazione della glice-mia cap i l l a re ( cas i selezionati) e, in presenza di particolari fattori di rischio, alcuni esami

strumentali. È stato p r o p o s t o a n c h e u n questionario anamnestico ed, infine sono stati consegnati al paziente referti e documentazione m e d i c a d a r e n d e r e disponibile al proprio medico di famigliaAl S. Corona, presso gli a m b u l a t o r i d e l l a Neurologia i medici ed il personale Infermieristico della S.C. Neurologia + Centro Ictus, in collabo-razione con i volontari d e l l ' A s s o c i a z i o n e E.Tassinari-B. Grassi per la lotta all'Ictus, hanno illustrato le regole per la prevenzione, la sintoma-tologia e le cure della

malattia. In una saletta sono state proiettate d i apos i t ive a c i c lo continuo, realizzate con l'obiettivo di informare la popolazione sui fattori di rischio, sulle modalità di esordio e su altri elementi inerenti questa problema-tica. Un esperto ha risposto alle domande dei cittadini, al fine di chiari-re eventuali dubbi. In ambulatori attigui, le persone che lo desidera-vano sono state sottoposte ad un ques t iona r io informatizzato per il ca lco lo de l r i sch io cerebrovascolare e alla m i s u r a z i o n e d e l l a Pressione Arteriosa.

Sabato 30 Ottobre si è svolta la IV giornata N a z i o n a l e c o n t r o l'obesità infantile, orga-nizzata dalla Società I ta l iana di Endocr-inologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP).Per la Regione Liguria l'organizzazione è stata affidata al Professor Amnon Cohen Direttore della Struttura Complessa di Pediatria e Neona-tologia dell'Ospedale San Paolo di Savona e socio SIEDP esperto e qualifi-cato nel settore, che per quella data ha organizzato un incontro aperto alla popolazione presso la Sala Rossa del Comune di Savona. L'obesità infantile, infatti, è un rischio per la salute in età adulta: un bambino su tre in età prescolare e due bambini obesi su tre in età scolare diventeranno adulti obesi.

Il convegno aveva lo scopo di sensibilizzare la cittadinanza su alcuni importanti argomenti per il benessere dei bambini: l'obesità in età infantile, aspetti psicologici alla base dell 'obesità, le regole alimentari e il corretto stile di vita, l'alimentazione come prevenzione delle malat-tie cardiovascolari e ultimo, ma non meno importante, l 'attività sportiva in età scolare: titolo dell'incontro di quest'anno era infatti “Corri verso la salute”- A t t i v i t à m o t o r i e e Obesità. I relatori presenti hanno approfondito le tematiche in modo semplice e chiaro e trattando gli argomenti con un linguaggio com-prensibile anche per i non addetti ai lavori.

Ancora una volta ha dimostrato attraverso progetti concreti il sostegno alle istituzioni del territorio che operano a favore dei cittadini.

Questo dono, insieme ad altre apparecchiature medicali è stata possibile anche per il ricavato dallo spettacolo dei medici del “Medical Mistery Tour”

e dai fondi dell’”Holiday Hospital”.

Amnon Cohen Direttore S.C. Pediatria e Neonatologia, Ospedale S. Paolo di Savona

Marta PescettoS.C. Comunicazione Sanitaria e Marketing, ASL2 Savonese

Il Lions Club Valbormida offre un rianimatore neonatale alla Pediatria

del “S. Paolo” di Savona.

Si è conclusa con succes-so una nuova iniziativa d e l L i o n s C l u b Valbormida. Questa volta si tratta di un'importante donazione a favore della Pediatria dell'Ospedale S. Paolo di Savona.Un rianimatore neonatale ed altre apparecchiature medical i sono state donate alla Struttura Complessa di Pediatria e Neonatologia del San Paolo di Savona, grazie soprattutto al ricavato ottenuto dallo spettacolo dei medici del Medical Mystery Tour e del Holiday Tour presentato il 20 marzo scorso nel Teatro del Palazzo di Città di Cairo Monte-notte, davanti ad una sala gremita all'inverosimile: erano infatti presenti 350 persone.Ancora una volta il Lions Club Valbormida ha dimostrato, attraverso progetti concreti, la propria sensibilità verso la realtà sanitaria e le istituzioni del territorio che operano a favore dei cittadini. «Il nostro club ha ritenuto doveroso realizzare un Service rivolto ai bambi-ni, in particolare quelli bisognosi di cure che il Reparto di Pediatria di Savona così amorevol-mente presta. La popola-zione della Valbormida, ma non solo, ha piena-mente recepito l'iniziativa intervenendo con genero-s i t à » c o m m e n t a Annamaria Torterolo, primo presidente donna d e l L i o n s C l u b Valbormida.«E' stata una magnifica

iniziativa resa possibile grazie al fattivo coinvol-gimento non solo dei soci d e l L i o n s C l u b Valbormida, ma anche dei Lions Clubs della “Zo-na”, ossia: Rossiglione-Valle Stura, Arenzano-Cogoleto, Varazze - Celle e d e l L i o n s C l u b Spotorno-Noli-Bergeggi-Vezzi Portio, a cui, permettetemi, va un particolare e sentito ringraziamento. Nel mese di Marzo 2011 verrà realizzato un “Service di Zona” nella cornice del Teatro del Palazzo di Città di Cairo Montenotte dove verrà presentato un a l t ro en tus iasmante spettacolo dei medici del Mystery Medical Tour e d e l H o l i d a y To u r » aggiunge il Dott. Michele Giugliano, Delegato di Zona del Distretto Lions 108 Ia3.

«E' per noi motivo di grande soddisfazione ed orgoglio l'aver potuto contribuire alla riuscita di questa donazione. E' s e m p r e u n g r a n d e piacere fare spettacolo e beneficienza. Ora ci

prepariamo per la prossi-ma stagione di appunta-menti.. Vorrei ringraziare tutti quelli che ci aiutano e, in questo caso, vorrei aggiungere un grazie particolare e sincero al Dott. Giugliano che ci ha voluto a Cairo con forza e simpatia» sono le parole d e l D o t t . R o d o l f o Tassara, Direttore della S.C. Medicina interna dell'Ospedale S. Paolo di Savona, grande animato-re dello spettacolo dei medici-artisti. Soddisfazione anche da parte del Dott. Cohen, che aggiunge «Grazie all'im-

pegno dei Lions Club Valbormida riusciamo a migliorare ulteriormente la nostra risposta alle esigenze del bambino malato e, in particolar modo, al neonato con sofferenza respiratoria acuta. Attraverso uno spettacolo musicale e di varietà, organizzato e realizzato da “artisti-sanitari”, i Lions Club Valbormida è riuscito a trovare il modo per r accog l i e re i fond i necessari per l'acquisto di q u e s t a i m p o r t a n t e apparecchiatura»

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Amnon Cohen

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n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità Notizie

S.C. PEDIATRIA E NEONATOLOGIA

Ospedale San Paolo di Savona

Direttore: Amnon Cohen M.D.

DATI ATTIVITÀ ANNO 2009

NUMERI POSTI LETTOTOTALI: 17

- Ordinari Pediatria : 9- Patologia Neonatale: 6- Day Hospital: 2

Assistenza diretta in Sala Parto per oltre 1000 nati anno

PERSONALE in DOTAZIONE : - 1 Direttore Struttura- 1 Caposala- 9 Medici- 4 Medici specialisti in

pediatria dedicati per il Pronto Soccorso Pediatrico

- 1 Medico Specialista in

Endocrinologia part-time(SUMAI)

- 1 Neuropsichiatra infantile (contratto SUMAI 10 ore settimanali)

- 1 medico specialista in allergologia part-time (finanziato da Cresc.i*)

- 1 medico pediatri specialisti in endocrinologia part-time ( finanziato da Cresc.i*)

- 1 medico Neuro psichiatra Infantile PT (finanziato da Cresc.i*)

- 1 Psicologo part-time (finanziato da Cresc.i *)

- 14 Infermieri

- 20 Infermieri pediatrici- 1 Infermieri generici- 1 Puericultrice- 3 OSS (Operatore Socio

Sanitario)- 1 Ausiliari- 1 Coadiutore

amministrativo- 1 Coadiutore

amministrativo (finanziato da Cresc.i*)

RICOVERI ORDINARI: 615GIORNATE DEGENZA MEDIA: 3 giorni

RICOVERI DAY HOSPITAL: 1472 pazienti

AMBULATORI SPECIALISTICI:- ENDOCRINOLOGIA E

D I A B E T O L O G I A PEDIATRICA (Martedì e Giovedì pomeriggio)

- A L L E R G O L O G I A PEDIATRICA (Lunedì, Mercoledì e Giovedì

pomeriggio- NEUROPSICHIATRIA

INFANTILE (EPILESSI E CEFALEE) su appuntamento

ALTRE ATTIVITA'Attività di accoglienza f i n a n z i a t o d a l l ' A s -sociazione Cresc.i* con presenza fissa di clown e educa to r i (Scuo la in Ospedale) tutti i giorni da Lunedì a Venerdì.

* Cresc.i. L'Associazione CRESC.i. è nata dai genitori ed amici di bambini affetti da condizioni di difetto di statura e da malatt ie endocrine. Agisce con il sos tegno mater ia le e psicologico delle famiglie, f o rnendo i nd i caz ion i p r a t i c h e , d i v u l g a n d o notiziari di aggiornamento e promuovendo incontri tra ragazzi, genitori e personale medico e infermieristico. Promuove inoltre la ricerca scientifica relativa ai problemi di bassa statura e delle malattie endocrine per realizzare nuovi metodi di diagnosi e terapia

Savona P.S. Pediatrico %

Totale accessi 9.870

Numero ricoverati 615 6.3%

Numero non ricoverati 9.255 93.7%

NUMERO ACCESSI RICOVERI E PRESTAZIONI AMBULATORIALI DI PRONTO SOCCORSO

I l L ions Club Va l -bormida nasce ad Altare il 18 Aprile 1977, alla presenza del Governatore Marchisio e dei soci Binoli, F r e s i a , B o c c o l i n i e Satragno del Lions Club di S a v o n a . L a C a r t a C o s t i t u z i o n a l e “ l a Charter” veniva conse-gnata il giorno 19 Giugno 1977 e ce l ebrata a Bardineto alla presenza di numerose autorità militari, civili e religiose. Il Club Padrino era il Lions Club SAVONA HOST. I Soci fondatori erano 20, oggi sono 35. La Prima Donna nel Club

è entrata il 1 Marzo 2004, oggi le socie donne sono 5.

I l L ions Club Va l -bormida è Club sponsor del Leo Club Valbormida. E' stato gemellato con il

Lions Club Francese di Roumilly.

I “Services” complessivi effettuati dal Club in 32 anni di attività sono stati 103, di cui: 23 Artistici,

16 Culturali, 11 Sociali, 13 Sanitari, 13 Erogazione e Contributi, 20 Intermeeting Culturali con i CLUBS di Savona, Genova e di Zona, 7 Services Interclub, Intermeeting e Distrettuali, 2 di Opinione.

Quest'anno, per la prima volta sotto la presidenza di un socio donna, Annamaria Torterolo, il Club ha o rg a n i z z a t o d i v e r s e iniziative, alcune rivolte ai giovani, altre agli anziani, altre ancora all'intera Comunità Locale, non ultimo, la serata di benefi-cenza del 20 marzo.

Medici in scena per beneficenzaDonazione

Lo spettacolo dei medici: il Medical Mystery Tour.

Nel 1987 alcuni medici, i n f e r m i e r i , t e c n i c i dell'Ospedale San Paolo di Savona, informatori scientifici del farmaco e altri che avevano a che fare con la sanità savone-se decisero di mettere insieme uno spettacolo "contenitore" dove chi sapeva "fare qualcosa", cantare , recitare, raccon-tare barzellette, ballare o fare altre cose di "spetta-colo" le facesse sul palco di un teatro per divertirsi, cercare di divertire e fare un po' di beneficenza.Piano piano, nel corso degli anni questo gruppo di persone aumentò di numero, si dedicò sempre

con maggior impegno a scrivere i testi e le musi-che dello spettacolo un'anno per l'altro e si diede una veste più ufficiale fondando quello che per molti anni venne conosc iu to come i l " M e d i c a l M y s t e r y Tour" parafrasando la nota canzone dei Beatles "Magical Mystery Tour" che divenne il loro inno. Con fortune alterne riuscirono a portare in scena , al Chiabrera, ma anche in altri teatri liguri

molti spettacoli...poi qualche anno di pausa di riflessione. Da 4 anni a lcuni "vecchi" del gruppo storico hanno riportato alcuni "profes-sionisti della salute " sul palco.

Edizione 2009-2010

Qesta edizione del Medical Mystery Tour, rende omaggio ad un grande ligure della musica, del teatro e della poesia: Fabrizio De Andrè. Sono stati

suonati ed interpretati alcuni pezzi del suo indimenticabile reperto-rio. Ma lo spettacolo non prevede solo musica; con l'obiettivo di rallegrare i presenti con un pizzico di satira e buonumore, verranno proposte al pubblico anche scenette e sketch divertenti.

Il tour:

- 14 Dicembre 2009 Teatro Chiabrera Savona

- 20 marzo 2010 Nuovo Teatro di CittàCairo Montenotte

- 5 Agosto 2010 Priamàr – Savona

42 43

n. 2 • Dicembre 2010 n. 2 • Dicembre 2010Sanità Notizie Sanità Notizie

S.C. PEDIATRIA E NEONATOLOGIA

Ospedale San Paolo di Savona

Direttore: Amnon Cohen M.D.

DATI ATTIVITÀ ANNO 2009

NUMERI POSTI LETTOTOTALI: 17

- Ordinari Pediatria : 9- Patologia Neonatale: 6- Day Hospital: 2

Assistenza diretta in Sala Parto per oltre 1000 nati anno

PERSONALE in DOTAZIONE : - 1 Direttore Struttura- 1 Caposala- 9 Medici- 4 Medici specialisti in

pediatria dedicati per il Pronto Soccorso Pediatrico

- 1 Medico Specialista in

Endocrinologia part-time(SUMAI)

- 1 Neuropsichiatra infantile (contratto SUMAI 10 ore settimanali)

- 1 medico specialista in allergologia part-time (finanziato da Cresc.i*)

- 1 medico pediatri specialisti in endocrinologia part-time ( finanziato da Cresc.i*)

- 1 medico Neuro psichiatra Infantile PT (finanziato da Cresc.i*)

- 1 Psicologo part-time (finanziato da Cresc.i *)

- 14 Infermieri

- 20 Infermieri pediatrici- 1 Infermieri generici- 1 Puericultrice- 3 OSS (Operatore Socio

Sanitario)- 1 Ausiliari- 1 Coadiutore

amministrativo- 1 Coadiutore

amministrativo (finanziato da Cresc.i*)

RICOVERI ORDINARI: 615GIORNATE DEGENZA MEDIA: 3 giorni

RICOVERI DAY HOSPITAL: 1472 pazienti

AMBULATORI SPECIALISTICI:- ENDOCRINOLOGIA E

D I A B E T O L O G I A PEDIATRICA (Martedì e Giovedì pomeriggio)

- A L L E R G O L O G I A PEDIATRICA (Lunedì, Mercoledì e Giovedì

pomeriggio- NEUROPSICHIATRIA

INFANTILE (EPILESSI E CEFALEE) su appuntamento

ALTRE ATTIVITA'Attività di accoglienza f i n a n z i a t o d a l l ' A s -sociazione Cresc.i* con presenza fissa di clown e educa to r i (Scuo la in Ospedale) tutti i giorni da Lunedì a Venerdì.

* Cresc.i. L'Associazione CRESC.i. è nata dai genitori ed amici di bambini affetti da condizioni di difetto di statura e da malatt ie endocrine. Agisce con il sos tegno mater ia le e psicologico delle famiglie, f o rnendo i nd i caz ion i p r a t i c h e , d i v u l g a n d o notiziari di aggiornamento e promuovendo incontri tra ragazzi, genitori e personale medico e infermieristico. Promuove inoltre la ricerca scientifica relativa ai problemi di bassa statura e delle malattie endocrine per realizzare nuovi metodi di diagnosi e terapia

Savona P.S. Pediatrico %

Totale accessi 9.870

Numero ricoverati 615 6.3%

Numero non ricoverati 9.255 93.7%

NUMERO ACCESSI RICOVERI E PRESTAZIONI AMBULATORIALI DI PRONTO SOCCORSO

I l L ions Club Va l -bormida nasce ad Altare il 18 Aprile 1977, alla presenza del Governatore Marchisio e dei soci Binoli, F r e s i a , B o c c o l i n i e Satragno del Lions Club di S a v o n a . L a C a r t a C o s t i t u z i o n a l e “ l a Charter” veniva conse-gnata il giorno 19 Giugno 1977 e ce l ebrata a Bardineto alla presenza di numerose autorità militari, civili e religiose. Il Club Padrino era il Lions Club SAVONA HOST. I Soci fondatori erano 20, oggi sono 35. La Prima Donna nel Club

è entrata il 1 Marzo 2004, oggi le socie donne sono 5.

I l L ions Club Va l -bormida è Club sponsor del Leo Club Valbormida. E' stato gemellato con il

Lions Club Francese di Roumilly.

I “Services” complessivi effettuati dal Club in 32 anni di attività sono stati 103, di cui: 23 Artistici,

16 Culturali, 11 Sociali, 13 Sanitari, 13 Erogazione e Contributi, 20 Intermeeting Culturali con i CLUBS di Savona, Genova e di Zona, 7 Services Interclub, Intermeeting e Distrettuali, 2 di Opinione.

Quest'anno, per la prima volta sotto la presidenza di un socio donna, Annamaria Torterolo, il Club ha o rg a n i z z a t o d i v e r s e iniziative, alcune rivolte ai giovani, altre agli anziani, altre ancora all'intera Comunità Locale, non ultimo, la serata di benefi-cenza del 20 marzo.

Medici in scena per beneficenzaDonazione

Lo spettacolo dei medici: il Medical Mystery Tour.

Nel 1987 alcuni medici, i n f e r m i e r i , t e c n i c i dell'Ospedale San Paolo di Savona, informatori scientifici del farmaco e altri che avevano a che fare con la sanità savone-se decisero di mettere insieme uno spettacolo "contenitore" dove chi sapeva "fare qualcosa", cantare , recitare, raccon-tare barzellette, ballare o fare altre cose di "spetta-colo" le facesse sul palco di un teatro per divertirsi, cercare di divertire e fare un po' di beneficenza.Piano piano, nel corso degli anni questo gruppo di persone aumentò di numero, si dedicò sempre

con maggior impegno a scrivere i testi e le musi-che dello spettacolo un'anno per l'altro e si diede una veste più ufficiale fondando quello che per molti anni venne conosc iu to come i l " M e d i c a l M y s t e r y Tour" parafrasando la nota canzone dei Beatles "Magical Mystery Tour" che divenne il loro inno. Con fortune alterne riuscirono a portare in scena , al Chiabrera, ma anche in altri teatri liguri

molti spettacoli...poi qualche anno di pausa di riflessione. Da 4 anni a lcuni "vecchi" del gruppo storico hanno riportato alcuni "profes-sionisti della salute " sul palco.

Edizione 2009-2010

Qesta edizione del Medical Mystery Tour, rende omaggio ad un grande ligure della musica, del teatro e della poesia: Fabrizio De Andrè. Sono stati

suonati ed interpretati alcuni pezzi del suo indimenticabile reperto-rio. Ma lo spettacolo non prevede solo musica; con l'obiettivo di rallegrare i presenti con un pizzico di satira e buonumore, verranno proposte al pubblico anche scenette e sketch divertenti.

Il tour:

- 14 Dicembre 2009 Teatro Chiabrera Savona

- 20 marzo 2010 Nuovo Teatro di CittàCairo Montenotte

- 5 Agosto 2010 Priamàr – Savona

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EDITORE DIREZIONEDirettore generale Flavio NeirottiDirettore amministrativo Graziella Baldinotti TizzoniDirettore sanitario Claudia Agosti© Copyright ASL 2 SavoneseVia Manzoni, 14 - 17100 SavonaTel. 019 84041 - C.F. e P. IVA 01062990096Stampa: Coop TipografC.so Viglienzoni, 78 r. - 17100 SavonaTel. 019 804947 - Fax 019 806657e-mail: [email protected]

Questo numero è stato stampato e distribuito gratuitamente in 12.500 copie e inviato alle abitazioni degli oltre 4.600 dipendenti dell’A.S.L. 2 Savonese e alle oltre 100 farmacie per la distribuzione diretta ai pazienti. Viene inviato alle Istituzioni, ai Comuni e alle Parrocchie, alle Associazioni di Tutela e Volontariato, ai Sindacati. Una parte viene distribuita gratuitamente presso i nostri ambulatori provinciali e all'Ordine dei Medici.Si ringrazia per la distribuzione interna l’ufficio postale ASL 2 Savonese.Copie stampate n. 12.500.

REDAZIONE

Direttore editoriale: Roberto Carrozzinoe-mail: [email protected] responsabile: Mario Lorenzo PaggiSegretaria di redazione: Elisa Di Padova

Hanno collaborato a questo numero:

Claudia Agosti, Barbara Monte, Walter Cataldi, Eliano Delfino, Roberto Lerza, Riccardo Orlandi, Raffaella Ferrando, Massimo Resasco, Maria Grazia Cavalleri, Franco Bazzarini, Paolo Bellotti, Brunello Brunetto, Gianni Baldi, Francesco Chiarella, Shahram Moshiri, Duccio Buccicardi, Giacomo Garaventa, Marco Anselmo, Giuseppe Calcagno, Valeria Forte, Federica Toscanini, Chiara Montaldo, Gaetano Apicella, G Casalino, Francesca Romani, D Giacchello, Francesco Lanza, Anna Maria Guerrieri, Claudio Vaira, Stefania Saccone, Angelo Sergi, Laura Peloso, Livia Macciò, marina Scotto, Giovanni Serafini, Giorgio Genta, Maria Beatrice Boccia, Patrizia Rizzuto, Gio Batta Buzzi, Laura Mazzocchi, Marco Benasso, Antonio Fibbi, Claudio Solinas, Francesco Versace, Fabio Bandini, Tiziana Tassinari, Amnon Cohen, Marta Pescetto

Periodico di informazione dell’ASL 2

del Savonese

I dati riferiti ai destinatari di

“Sanità Notizie”vengono utilizzati

esclusivamente per l’invio della pubblicazione

e non vengono ceduti a terziper nessun motivo

Sanità NotizieUn doveroso saluto...

Questo è il primo numero di Sanità Notizie ad andare in stampa senza la supervisione del suo ideatore e creatore, Giampiero Storti, in pensione dal 1°ottobre 2010. A raccogliere la sua eredità Roberto Carrozzino nuovo direttore della S.C. Comunicazione Sanitaria e Marketing.

Aristotele diceva: “lo scopo del lavoro è quello di guadagnarsi il tempo libero”... Dopo anni di "duro" lavoro é finalmente arrivato il momento di dedicarsi alle "gioie" del tempo libero... e con un pizzico di invidia auguriamo noi tutti tanta fortuna!

Lo staff della S.C. Comunicazione Sanitaria e Marketing, Asl2 Savonese

n. 2 • Dicembre 2010