Il Consiglio superiore della pubblica istruzione...

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PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATO FONTI XVIII ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO FONTI PER LA STORIA DELLA SCUOLA II Il Consiglio superiore della pubblica istruzione 1847-1928 a cura di GABRIELLA CPI e CLAUDIO SANTANGELI MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVISTICI 1994

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PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATO

FONTI XVIII

ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO

FONTI PER LA STORIA DELLA SCUOLA

II

Il Consiglio superiore della pubblica istruzione

1847-1928 a cura di

GABRIELLA CIAMPI e CLAUDIO SANTANGELI

MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVISTICI

1994

UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVISTICI DIVISIONE STUDI E PUBBLICAZIONI

Direttore generale per i beni archivistici: Salvatore Mastruzzi

Direttore della divisione studi e pubblicazioni: Antonio Deutoni-Litta

Comitato per le pubblicazioni: Salvatore Mastruzzi, presidente, Paola Ca­rucci, Antonio Deutoni-Litta, Cosimo Damiano Fonseca, Romualdo Giuffri­da, Lucio Lume, Enrica Ormanni, Giuseppe Pansini, Claudio Pavone, Luigi Prosdocimi, Leopoldo Puncuh, lsidoro Soffietti, Isabella Zanni Rosiello, Lu­cia Fauci Moro, segretaria.

© 1994 Ministero per i beni culturali e ambientali Ufficio centrale per i beni archivistici

ISBN 88-7 125-075-3 Vendita: Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato-Libreria dello Stato

Piazza Verdi 10, 00 198 Roma

Stampato dalle Arti Grafiche Panetto & Petrelli - Spoleto

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SOMMARIO

PREMESSA

INTRODUZIONE

l. Il Consiglio superiore della pubblica istruzione dalle origini al consolidamento del regime fascista, di Gabriella Ciampi

II. Il Consiglio superiore della pubblica istruzione attraverso la documentazione d'archivio e le disposizioni normative, di Clau­dio Santangeli

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SEZIONE l. L'ATTIVITÀ CONSULTIVA E PROPOSITIVA 59

a) Amministrazione centrale 62

l . Relazione al Consiglio superiore sul progetto di alcune riforme da introdursi per legge nell'amministrazione della pubblica istruzio­ne votato nelle tornate del 23, 25 , 27 aprile e l, 4, 9, 1 1 maggio 186 1 . »

b) Istruzione superiore 90

2 . Torino. Concorso per la cattedra di chimica organica ( 1866). »

3. Regolamento speciale per la facoltà di lettere e filosofia (1905). 108

4 . · Conferimento di lauree scientifiche (1917). 1 24

5 . Partecipazione degli studenti al governo delle università (1922). 135

c) Istruzione secondaria

6. Patenti per titoli e pareggiamenti ( 1884).

7 . Riforma del regolamento per gli esami di licenza liceale ( 1888).

8. Parere sull'unificazione del primo grado della scuola secondaria (1898).

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6 Fonti per la storia della scuola

d) Istruzione primaria

9 . Esame dei libri scolastici (1860, 1 862, 1 869, 1 874, 1 875).

10. Legge sull'obbligo dell'istruzione (1876).

1 1 . Disegno di legge sull'istruzione primaria (1900).

SEZIONE II. L'ATTIVITÀ DISCIPLINARE

1 2 . Procedimento contro alcuni professori dell'Università di Bolo­gna (1868).

13. Torino. Disordini avvenuti in quella università nella solenne apertura dell'anno accademico (W69).

14 . Procedimento disciplinare a carico del prof. Pizzorno (1897).

APPENDICE

I. I membri del Consiglio superiore

a) Note biografiche

b) Prospetto cronologico

II. Leggi e decreti sul Consiglio superiore

Indice dei nomi

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PREMESSA

Nella non ricca letteratura di storia dell'istruzione manca una qualche raccolta di fonti documentarie, già scarsamente edite o del tutto inedite, che costituiscono la base per ogni ricerca che non voglia limitarsi a una rassegna del dibattito pedagogico ma voglia misurarsi da vicino con i nodi istituzio­nali, sociali e culturali che si riflettono e si intrecciano nella storia della scuola.

Senza poter avere - per ragioni oggettive relative all'attuale condizione degli studi oltre che per ragioni di spese -l'ambizione di dar vita a una serie di volumi che, come un secolo fa i Monumenta germaniae paedagogi­ca, spaziasse per i secoli, per le diverse tradizioni locali, per gli ordini reli­giosi ecc. , abbiamo voluto, per ora, offrire agli studiosi una raccolta di do­cumenti, in più volumi, che servissero almeno ad offrire un più modesto sussidio agli studiosi di storia della scuola nell'Italia unita.

Lieti se in un prossimo futuro altri potrà allargare lo spettro di una siffat­ta ricerca (sia risalendo ai tempi anteriori all'unità nazionale, sia esaminando le numerose fonti documentarie disperse negli Archivi di Stato periferici, negli archivi degli enti locali, di istituzioni private, religiose ecc.), per ora ci siamo limitàti alla presentazione di documenti conservati all'Archivio cen­trale dello Stato (con la sola eccezione dei verbali del Consiglio superiore della pubblica istruzione depositati presso il ministero omonimo) e relativi alla realtà scolastica e universitaria del Regno d'Italia. I documenti presi in considerazione, in genere, si collocano tra la legge Casati del 1 859 e le leggi Gentile del 1923.

I singoli volumi della collana sono curati in stretta collaborazione da uno studioso di storia e da un funzionario dell'Archivio centrale dello Stato : essi hanno, in un comune lavoro, scelto i documenti a loro avviso più significa­tivi da una ampia serie di buste e filze fino ad ora scarsamente esaminate, ne hanno curato la trascrizione, hanno provveduto a predisporre un sobrio ap­parato di note, ed hanno ad ogni volume premesso una introduzione illu­strativa articolata in una parte storica e in una parte più strettamente archi­vistica.

I volumi, che entreranno a far parte della collana Fonti curata dall'Uffi­cio centrale per i beni archivistici, saranno raggruppati in due serie distinte: una prima serie istituzionale che esaminerà i vari ordini di scuola ( elementa­re, classica ecc.) o le varie istituzioni (Consiglio superiore, amministrazione

8 Fonti per la storia della scuola

centrale ecc.); una seconda, monografica, che offrirà i documenti relativi a questioni e episodi particolari ma significativi (inchieste, libri di testo ecc.).

La documentazione offerta dai singoli volumi è, per ragioni evidenti di spazi e di costi, antologica: in tal senso, oltre ad offrire una prima base do­cumentaria per gli studiosi, essa intende altresì fornire lo stimolo per più ampie e dettagliate ricerche e per la predisposizione di inventari più detta­gliati dei fondi disponibili. Va infine richiamata l'attenzione dei lettori sul fatto che la documentazione versata presso l'Archivio centrale dello Stato, per la non regolarità dei versamenti o in seguito a dispersioni, per lo più causate da eventi bellici, presenta vuoti e lacune che non possono non ri­specchiarsi nella scelta dei documenti per i singoli volumi.

Ma il significato di questa iniziativa ci sembra vada al di là della stessa utilità che potranno trarne gli studi sulla storia della scuola in Italia per co­stituire un esempio della necessaria collaborazione fra il mondo degli studi e della ricerca e le istituzioni archivistiche, nel rispetto dei diversi ruoli e nel­la consapevolezza di un possibile lavoro comune.

La direzione scientifica

INTRODUZIONE

I. IL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE DALLE ORIGINI AL CONSOLIDAMENTO DEL REGIME FASCISTA

L'indicazione del ruolo svolto dai Consigli superiori, nel loro porsi fra potere politico e sviluppo economico, sociale, istituzionale, che Alberto Ca­racciolo 1 dava più di un trentennio fa, risulta ancora oggi valida nei suoi presupposti concettuali e metodologici.

Senza voler ripercorrere questioni ampiamente dibattute in sede storia­grafica sui modelli operativi prescelti nella costruzione dello Stato italiano, proprio dal confronto con le soluzioni adottate emerge l'importanza del ruolo affidato agli organismi consultivi e propositivi.

Se la generalizzazione in questo settore non può essere certo accettata, ché troppo diverse risultano le competenze, le modalità d'intervento, le scansioni temporali che caratterizzano la vita dei singoli consigli, pure gli apporti storiografici più recenti ne confermano la valenza dei compiti 2• In

1 A. CARACCIOLO, Stato e società civile. Problemi dell'unif icazione italiana, Roma, Einau­di, 1960, pp. 55-56.

2 Si ricordano alcuni dei principali contributi: G. CIAMPI, Il governo della scuola nello Sta­to postunitm· io. Il Consiglio superiore della pubblica istruzione dalle origini all'ultimo go­verno Depretis (1847-1887), Milano, Edizioni di Comunità, 1983; R . JOHNSON, L 'istituzione dell'Ufficio e del Consiglio superiot·e del lavom in Italia tra la crisi di fine secolo e la svolta giolittiana, in « Nuova rivista storica », LXVII (1983), 3-4, pp. 395-4 12; D. MARucco, Lavoro e previdenza dall'unità al fascismo. Il Consiglio d ella previdenza dal 1869 al 1923, Milano, Franco Angeli, 1984; M. MALATESTA, Stato liberale e rappresentanza dell'economia. Il Consi­glio dell'agricoltura, in « Italia contemporanea », 1986, 162, pp. 55-83; A. FIORI, Il Consiglio superiore di assistenza e di beneficenza pubblica (1904-1923), in « Clio », XXIII (1987), l, pp. 93-1 11; Il Consiglio superiore del lavoro (1903-1923), a cura di G. VECCHIO, Milano, Franco Angeli, 1988 (Il volume collettaneo contiene i seguenti saggi: G. VECCHIO, Introduzione. Il Co nsiglio superiore del lavoro com e problema storiografico; E. BALBONI, Il Consiglio superio­re de/ lavoro, laboratorio politico e parlamento tecnico; A. CANAVERO, Il rij ormismo del pri­mo Novecento e l'istituzione del Consiglio superiore del lavoro; G. PELLEGRINI, Il Consiglio superiore del lavoro e i problemi del tempo: dibattiti e risoluzioni; S. SEPE, Politici e buro­crati in un tentativo di mediazione degli interessi: il Consiglio superiore del lavoro come or­gano amministrativo; A. ROBBIATI, La controversia tra catt olici e socialisti sul diritto di rap­presentanza nel Consiglio superiore del lavoro; A. CANAVERO, Il Consiglio superiore del lavo­ro nel contesto politico e sociale del primo dopoguerra; D. VENERUSO, Mussolini, «Il popolo d'Italia» e il fascismo difronte al Consiglio superiore del lavoro (1914-1923); S. SEPE, Cotp i consultivi « tecnici» e apparati amministrativi tradizionali nel primo dopoguerra: il caso del Consiglio superiore del lavoro; P. COLOMBO, I progetti di rif otma del Consiglio superiore del lavoro: rappresentanza professionale e trasfotm azioni del sistema rappresentativo-eletti­vo; C. MoZZARELLI, Rappresentanza politica e pubblica amministrazione. I Consigli superio­ri alla fine dello Stato liberale e oltre; L. ORNAGHI, Innovazione e conservazione nell'« esperi­mento» del Consiglio superiore de/ lavor o); S. SEPE, I Consigli super iori tra rappresentanza

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una struttura politico-amministrativa fortemente costituita ed altrettanto for­temente difesa, la stessa classe dirigente che aveva voluto un modello accen­trato e rigidamente connesso fra i vari poteri statuali affidava a questi istituti il compito di porsi come strumento mediano fra Stato-parlamento-società ci­vile; un ruolo propositivo, innovativo, che doveva offrire al suo interlocutore naturale - il ministro - gli obiettivi e gli strumenti per ben operare.

Nel continuo confronto fra «Storia legislativa e vita materiale» 1 rientra compiutamente il Consiglio superiore della pubblica istruzione, a partire dalla sua formulazione e dall'enunciazione giuridica quali le definirono le leggi della pubblica istruzione che scandirono l 'ordinamento generale dell'i­struzione subalpina prima, italiana poi. La specificità dell'organismo, le sue capacità operative e politiche, sono state individuate con chiarezza da Giu­seppe Talamo 2•

Espressione illuminante di queste caratteristiche è la « Relazione sullo sta­to dell'istruzione pubblica» redatta dal Consiglio superiore e pubblicata nel 1865 3, documento che ancora oggi risulta prezioso per chi si occupi del problema scolastico nel suo complesso.

Malgrado le sollecitazioni degli studiosi sopra menzionati soltanto a par­tire dall'ultimo ventennio sono apparsi studi su questo settore specifico \ degli interessi e crisi delle istituzioni, in « Bollettino dell'Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia », 1989, l, pp. 146-167; D. MARucco, 0 1-ganizzazione degli interessi, rappresentanza politica e pubblica amministrazione da Giolitti a Musso lini, in " Quaderni storici», 1990, l, pp. 277-283.

1 D. RAGAZZINI, Il govern o della scuola, in Storia della scuola e storia d'Italia, Bari, De Donato, 1982, pp. 124 e seguenti.

2 G. TALAMO, La scuola dalla legge Casati all'inchiesta del 1864, Roma, Giuffrè, 1960, pp. 58-67.

3 Su questo documento, le cui conclusioni furono pubblicate con il titolo: Sulle condizioni della pubblica istruzione nel Regno d'Italia. Relazione generale presentata al ministro dal Consiglio superiore di To1·ino, Milano, Tipografia Reale, 1865, oltre al lavoro di Talamo, La scuola dalla legge Casati . . . cit . , si veda anche P. MACRY, La q uestione scolastica: controllo, conoscenza, consenso (1860-1872), in <<Quaderni storici» , 1980, 4, pp. 897-893 .

4 I primi contributi sul Consiglio superiore della pubblica istruzione furono soprattutto di carattere giuridico: M. VITA LEVI , Leggi sulla pubblica istruzione, Torino, Unione Tipografica Editrice, 1881; L. PALMA, Ancora dell 'ordinamento del potere esecutivo. I Consigli superiori nella pubblica amministrazione, e in particolare del Consiglio d'istruzione pubblica, in Q uestioni costituzionali. V olume complementare al corso di diritto costituzionale, Firenze, G. Pellas, 1885, pp. 292-319; V icende legislative della pubblica istruzione in Italia dal 1859 al 1899 premesse da Giuseppe Saredo al codice della P ubblica istruzione, Torino, Unione Ti­pografica Editrice, 190 l; A. ROMIZI, Storia del Ministero della pubblica istruzione, 2 o ed. , Mi­lano, Mondairli, 1902, voll. 2; A. NAMIAS, Istruzione pubblica, in Il digesto italiano, XIII, par­te II, Torino, UTET, 190 1-1904, pp. 823-1 108; F. VIRGILII, Istruzione pubblica, in Primo trat­tato completo di diritto amministr ativo, a cura di V. E. Orlando, VIII, Milano, Società Editrice Libraria, 1905, pp. 589-839; MiNISTERO DELL'EDUCAZIONE NAZIONALE, La politica e la legislazio­ne scolastica in Italia dal 1922 al 1943, Milano, Garzanti, 1947.

Solo a partire dal secondo dopoguerra si ebbero le prime ricostruzioni storiche, per lo più legate a temi specifici, quali la storia della scuola, la questione decentramento-accentramento, la figura del professore.

Introduzione 1 3

contributi con tematiche e metodologie diverse, che costituiscono un primo tassello, una base per successive ricerche che si rivolgano sia ad analisi quantitative relative all'andamento dei vari settori scolastici, sia a studi par­ticolari sulle tipologie culturali, sulle categorie professionali, così da meglio individuare le linee della politica scolastica svolta dallo Stato italiano dall'U­nità al fascismo per arrivare fino ai giorni nostri.

La recente disponibilità dei processi verbali delle adunanze del Consiglio superiore della pubblica istruzione rende possibile procedere ad una mappa analitica per ricostruire, con il contributo offerto da categorie quali patenti, abilitazioni, concorsi, il sistema di reclutamento del personale e per indivi­duare i modelli educativi e culturali offerti e prescelti, attraverso l 'esame comparato di regolamenti, di programmi per fasce di insegnamento, in una concreta attuazione dei binomi « alto/basso, centro/periferia, Stato/società civile » 1 postulati come momenti essenziali per un'utile concatenazione fra storia della scuola e storia delle istituzioni.

È stato più volte sottolineato come le due grandi leggi sull'istruzione - la legge Casati del 1859, la legge Gentile del 1923 - furono emanate da governi dotati di pieni poteri, senza un dibattito e senza l'approvazione parlamentare. Non è certo casuale che entrambi gli atti legislativi summentovati presentino, per quanto riguarda il Consiglio superiore, un'analogia di contenuti che, a partire dal numero dei componenti, dal sistema di nomina degli stessi, dalla unitarietà dell'organismo, proponeva una visione verticistica del Consiglio e ne faceva una sorta di Accademia rigidamente ricondotta al potere esecutivo: pur inserite in contesti storici diversi e partendo da una concezione statuale differente nei suoi presupposti, ambedue le leggi escludevano ogni forma di rappresentatività, per quanto parziale, che fosse espressione degli «addetti ai

Oltre ai lavori già citati si ricord;_tno: L. VOLPICELLI, Scuola e amministrazione, in Scuola e amministrazione. A tti delle giornate di studio indette dalla consulta dei professori universi­tari di pedagogia (Salerno 9-10 gennaio 1959), Padova, Amicucci ed. , 1959, pp. 7-33 (Qua­derni de <d problemi della pedagogia »); G. MARTINEZ, Scuola, politica e amministrazione. L 'o­rigine di una crisi (1848-1867), Roma, Ler, 1970; G. INZERILLO, Storia della politica scolastica in Italia. Da Casati a Gentile, Roma, Editori riuniti, 1974; Scuola e politica dall 'unità ad og­gi, a cura di G. QUAZZA, Torino, Stampatori, 1977; G. MARTINEZ, Il govern o della scuola, Ro­ma, Nuova Italia Scientifica, 1980; G. TALAMO, Centralismo e autonomia nell'organizzazione scolastica dalla legge Cas ati alla prima guerra mondiale, in Storia della scuola . . . cit . , pp. 97-112; M. GIGANTE, L 'amminist razione della scuola, Padova, CEDAM, 1 988. Per un'analisi storiografica si vedano la nota conclusiva di G. CANESTRI-G. RICUPERATI, La scuola in Italia dalla legge Casati ad ogg i, Torino, Loescher, 1 976, e i contributi di T. TOMASI, La scuola ita­liana in un secolo di storiografia, e di G. RICUPERATI, La storia dell 'istruzione nella storia ­grafia contemporanea, in Storia della scuot a . . . cit . , pp. 5 1-69, 71-93.

1 D. RAGAZZINI, Il governo della scuola . . . cit . , p. 126. Sulla necessità di approfondire la co­struzione d eli 'identità nazionale grazie alle dinamiche della scolarità e della cultura si veda il re­cente lavoro collettaneo Fare gli italiani. Scuola e cultura nell'Italia contemporanea, a cura di S. SOLDANI- G. TURI, Bologna, Il Mulino, 1993, voll. 2. In tal senso sono di estrema utilità i risultati prodotti da S. POLENGHI, La politica universitaria italiana nell'età della destra stori­ca (1848-1876), Brescia, Editrice La Scuola, 1993.

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lavori» . D'altro canto l'arco cronologico compreso fra la riforma Casati e la riforma Gentile è scandito da decreti, regolamenti, progetti mai attuati, che contraddicono la logica centralizzatrice ed unificante, in una sorta di schizo­frenica e pur vitale capacità dello Stato di porre continuamente in discussio­ne la sua filosofia di governo, senza peraltro avere la forza e la volontà poli­tica di elaborare, con un iter parlamentare trasparente, una scelta diversa.

È questa incapacità il dato più evidente che risulta dall'esame delle vi­cende legate al Consiglio superiore. Innumerevoli infatti, nella cosiddetta età liberale, le proposte e i modelli elaborati, ma alla capacità di elaborare non corrispondeva la capacità dell' operare. A prova di questa debolezza stanno lo scadere degli obiettivi: il subentrare a progetti generali per la co­struzione di un sistema scolastico effettivamente nazionale - esemplari i « Principi direttivi» di Mamiani del 1861 - di proposte parziali, settore per settore, salvo poi ricorrere all'escamotage dei regolamenti, delle circolari, che stravolgevano il significato del compito affidato alla « normativa» .

Porta a questa valutazione l'esame degli atti ufficiali, tendente a indivi­duare i passaggi essenziali della politica scolastica italiana ed il ruolo che in questa il Consiglio superiore fu chiamato a svolgere.

n Consiglio superiore, organo consultivo e propositivo del ministro ed in­sieme tribunale del corpo docente, è frutto del clima riformista che portò alla formulazione di un apparato statuale moderno nell'Italia prequarantottesca.

Istituito il 30 novembre 1847, insieme alla R. Segreteria della pubblica istruzione, esso nasceva come organo sostitutivo del Magistrato della riforma. La sua costituzione fu sostanzialmente un atto di razionalizzazione ammini­strativa, cui la successiva concessione dello Statuto, con la creazione dei mi­nisteri, compreso quello per l'istruzione pubblica, avrebbe dato un colpo di accelerazione 1•

La legge Bon Compagni del 4 ottobre 1848 proponeva un modello di am­ministrazione centrale e periferica fondato sulla pluralità degli organismi e sulla effettiva «presenza della scuola nella amministrazione della scuola» 2• In questo contesto la funzione del Consiglio superiore - «studiare di continuo le esigenze dell'istruzione . . . partecipare al governo questi suoi studi . . . con­sigliarlo affinché il paese partecipi a tutti i benefici di un'istruzione larga­mente diffusa» 3- diveniva il nucleo centrale di un sistema a raggi concentri­ci. Fra le competenze del Consiglio superiore, tutte consultive, salvo l 'ap­provazione dei programmi dei corsi universitari e dei libri di testo, il dato

1 R. BERARDI, L 'ordinamento politico-amministrativo della scuola negli Stati sardi alla vigilia della costituzione del Ministero di P.I. (1847), in « Annali della pubblica istruzione », 1957, 6-7, 8-9, pp. 431-436, 5 1 1-516; Io. , Scuola e politica nel Risorgimento. L 'istruzione del popolo dalle rifanne carloalbertine alla legge Casati (1840-1859), Torino, Paravia, 1982.

2 I. Picco, I precedenti italiani, storici e legislativi della legge Casati, in « l problemi della pedagogia», 1959, l, p. 50.

3 ATTI DEL PARLAMENTO SUBALPINO (d'ora in avanti APS), legislatura l, sessione unica (1848), Documenti, Ordinamento dell'amministrazione dell'istruzione pubbl ica, p. 56.

Introduzione 15

politicamente più rilevante era il compito di stendére ogni tre anni una rela­zione generale sullo stato dell'istruzione: una sorta di atlante statistico che costituisse la piattaforma sulla quale operare le scelte politiche e culturali. Obiettivo essenziale ed ambizioso insieme che anche i successivi provvedi­menti legislativi confermeranno, salvo spostare l'obbligo a cinque anni: esso resterà di fatto disatteso , fatta eccezione per la relazione voluta da Lanza nel 1855 e per l 'inchiesta del 1 865 . Tale inadempienza veniva attribuita dal Consiglio all'amministrazione, che non era in grado di fornire i dati essen­ziali per procedere alla stesura della relazione prevista dalla legge.

In apparente contraddizione con una struttura indubbiamente innovativa stava il sistema di nomina dei membri del Consiglio, che prevedeva la presen­za di sette membri ordinari a vita e cinque straordinari che decadevano ogni triennio. In verità la carica a vita era motivata da una preoccupazione forte­mente garantista: assicurare la continuità della linea politica e culturale dell'i­stituto, mettendolo al riparo da eventuali condizionamenti legati al mutare del ministro . Questo aspetto era strettamente connesso al compito più delica­to affidato al Consiglio superiore, la competenza disciplinare sul corpo do­cente, inclusi i direttori spirituali e gli ispettori delle scuole elementari. L'am­piezza delle attribuzioni del potere disciplinare posseduto dal Consiglio dava a questo un'indipendenza reale dal potere politico e nello stesso tempo attri­buiva al personale docente una configurazione analoga ai magistrati; non a caso questa analogia fra le due categorie assurse a motivo ispiratore del rego­lamento disciplinare elaborato dal Consiglio superiore nel 1850 1•

Una struttura amministrativa così indipendente mal si conciliava con la te­si che rivendicava al ministro il ruolo centrale di « ogni impulso ed ogni prov­visione» e che conseguentemente attribuiva al Consiglio il compito di fornire al titolare del dicastero «tutte le necessarie nozioni perché egli sia posto in grado di operare con coscienza sicura» 2• n progetto di legge sul riordinamen­to dell'amministrazione della pubblica istruzione, presentato al Senato il 23 novembre 1855 da Lanza, codificava la responsabilità dei ministri che doveva essere piena ed immediata su tutto quanto riguardava l'istruzione pubblica; i difficili rapporti fra Stato e Chiesa che caratterizzarono il biennio 1855-1856, allorché la legge Lanza fu elaborata, ebbero immediate ripercussioni sull'istruzione, così da spingere il governo a rafforzare «la scuola pubblica in quanto spina dorsale dell'insegnamento a tutti i livelli» 3. Indicativa in tal senso l'avocazione al ministro della definitiva approvazione dei libri di testo e dei programmi degli studi, ed ancor più la riduzione del Consiglio a fun­zione solamente consultiva nei procedimenti disciplinari contro direttori e professori delle scuole secondarie e magistrali, ave, a giudizio di Lanza,

1 Per ulteriori notizie si rimanda a G. CIAMPI, Il governo della scuola . . . cit . , pp. 1 24 e se­guenti.

2 APS, Senato, legislatura V, II sessione (1855-1856), Documenti, I, Riordinamento del­l 'amministrazione superiore della pubblica istruzione, pp. 542-543.

3 A. CARACCIOLO, Stato e società . . . cit . , p. 59.

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1 6 Fonti per la storia della scuola

« non è solo a desiderare, ma a volere che [ . . . ] non si agiti veruna questione politica» 1• L'urgenza di mantenere nelle mani del ministro la piena respon­sabilità politica si rifletteva anche sulle modalità di composizione del Consi­glio superiore. «< consiglieri sono destinati a dare dei consigli - sosteneva Lanza-. Nel sistema costituzionale in cui il ministro è responsabile, è ben na­turale che i consigli si debbano prendere da persone nelle quali si abbia tutta la fiducia. Ora, cambiandosi facilmente Ministero e succedendo ministri di diversa politica, è ben naturale che il nuovo ministro debba desiderare, per il buon andamento dell'amministrazione stessa dell'istruzione pubblica, di avere un Consiglio , non dirò ligio, ma che più o meno abbia nelle cose che riguardano l'istruzione pubblica i principii generali che ha il ministro. Del resto che avverrà? Avverrà un urto continuo tra il ministro e la maggioranza del Consiglio superiore. Credete voi che quest'urto sarà giovevole all'istru­zione pubblica? Non mai, o signori, per la ragione che il ministro ha sempre la facoltà di accettare o no le deliberazioni del Consiglio superiore, le quali in massima parte non sono, e non debbono essere, che consultive» 2•

I legami accertati fra la legge Casati ed i precedenti legislativi del regno subalpino 3 hanno consentito di ricostruire compiutamente i passaggi che portarono la classe politica italiana ad addivenire a scelte che, pur con mo­dalità e tempi diversi, erano pienamente riconducibili ad un'unitaria conce­zione del nuovo Stato. Il codice scolastico del 1 3 novembre 1859, elaborato in un momento di transizione - la sola Lombardia era acquisita, mentre era ancora in discussione la sorte dell'Italia centrale - rispondeva all'esigenza di esprimere. un segnale di volontà unificatrice: « Se v'ha una parte della pubbli­ca amministrazione che più urgesse assimilare nelle antiche e nelle nuove provincie del regno - scriveva Casati nella relazione introduttiva - quello è certo l'ordinamento dell'istruzione. Perocché toccando essa i più delicati in­teressi della famiglia e della società, ed esercitando tanta influenza sulla cul­tura e sui costumi del paese, sarebbe stato men provvido consiglio il non conformare sollecitamente per tutto lo Stato gli istituti in cui si impartisse alle medesime norme ed al medesimo indirizzo" 4 •

L'istruzione, dunque, era riconosciuta come uno degli elementi sostan­ziali nell'opera di costruzione dell'identità nazionale e la ferma rigidità for­male, la uniformità di criteri valutativi e procedurali, erano concepiti come un segnale essenziale per acquistare la fiducia dei cittadini verso il nuovo

I APS, Senato, legislatura V, II sessione (1855-1856), Documenti, I, p. 544. 2 APS, Senato, legislatura V, II sessione (1855-1856), Discussioni, V, tornata del 25 gennaio

1856, p. 76. 3 Il primo studioso che ha esaminato lo stretto rapporto esistente fra legge Casati e l'antece­

dente progetto Cibrario del 6 marzo 1854 è stato L. FRANCHI, Le fonti della legge Casati, Mode­na, Società tipografica modenese, 1928.

4' Relazione introduttiva alla l. 13 nov. 1859, in G. TALAMO, La scuola . . . cit., p. 7 1 . Sul complesso degli atti legislativi emanati durante i pieni poteri si veda C. GHISALBERTI, S toria co­stituzionale d'Italia, 1849-1948, Bari, Laterza, 1974, pp. 87-93.

Introduzione 17

Stato . La convinzione che un sistema incentrato su una struttura compatta ed unificatrice risultasse più credibile dal punto di vista dell'efficienza e del­la «Onestà» ·dello Stato venne rafforzata non solo dall'incontro con il Sud dell'Italia, ma anche dalle esperienze che si vollero tentare nel senso di una limitata distribuzione dei gangli amministrativi sul territorio.

È il caso dei due Consigli per la pubblica istruzione di Napoli e di Paler­mo, ambedue varati nel periodo prodittatoriale. Questa esperienza risultò, nei fatti, un atto di diversificazione solo nominale dei compiti, con l'imme­diata degradazione degli istituti di Napoli e Palermo che tra il luglio 1861 ed il febbraio 1 862 vennero ridotti a sezioni periferiche, lasciando al Consiglio superiore di Torino il ruolo effettivo di unico organo «propositivo » . In que­sto senso la maldestra operazione di accorpamento a Firenze delle tre sezio­ni del Consiglio superiore poneva fine ad una struttura che, così articolata, non rispondeva né a criteri di decentramento amministrativo, né ad una suddivisione razionale di competenze, tanto più che la normativa legislativa che aveva prodotto quegli organismi non trovava più ragion d'essere alla lu­ce delle scelte unificatrici che erano emerse con estrema chiarezza già con il dicastero De Sanctis 1 •

Il l o settembre 1 865 , a Camere sciolte in seguito al trasferimento della capitale � Firenze, si decretava la convocazione in quella sede dei Consigli di Torino, Napoli e Palermo; il successivo regolamento del 2 1 novembre 1865 , fissando a trenta il numero complessivo dei consiglieri, operava un muta­mento sostanziale rispetto al dettato della legge Casati.

L'incertezza giuridica dell'atto era sottolineata dal ministro Berti che, al­l'indomani della conquista del Veneto , provvedeva ad una radicale revisio­ne della legge 1 3 novembre 1 859.

Al Consiglio superiore, inteso come struttura unitaria, Berti contrappo­neva un Consiglio superiore frutto di un sistema organico di tre comitati di­stinti per ogni ramo dell'istruzione e caratterizzati da una capacità operativa agile e funzionale, grazie alla presenza di pochi elementi, i quali «abbiano un contatto immediato col corpo insegnante, che ne conoscano i singoli com­ponenti, e siano capaci di valutarne così i pregi come i difetti» 2 •

Dietro la questione del Consiglio superiore emergeva l'esigenza di dar vi­ta ad una struttura che incidesse sul sistema burocratico-amministrativo vi­gente. Questo è l'elemento innovativo del modello elaborato dal Berti, che non è riconducibile né alla proposta Bon Compagni, celebrata come esem­pio di un corretto rapporto fra periferia e centro, né assimilabile alle novità

I Su De Sanctis ministro della pubblica istruzione si veda A. CARACCIOLO, A utonomia o cen­tralizzazione degli studi superiori dell'età della Destra, in « Rassegna storica del Risorgimen­to», XLV (1958), 4, pp. 579 sgg.; G. TALAMO, De Sanctis ministro dell'istruzione (1861-1862), ora in De Sanctis politico e altri sagg i, Roma, E. De Santis, 1969, pp. 71-1 14; M. RArcrcH, Scuola, cultura e politica da D e Sanctis a Gentile, Pisa, Nistri Lischi, 198 1 , pp. 170- 195 .

2 ATTI PARLAMENTARI [d'ora in poi AP], Senato, legislatura IX, II sessione (1866-1867), Di­scussioni, tornata del 28 dicembre 1866, p. 24.

1 8 Fonti per la storia della scuola

introdotte nell'età giolittiana con le sezioni per l'istruzione media ed elemen­tare ove risultò prevalente la difesa della classe docente: il proposito del Ber­ti «di dare una struttura organizzata al principio della libertà d'insegnamento» passava attraverso la pari dignità fra i vari settori del sistema educativo.

La riforma del 6 dicembre 1 866 non si prefiggeva, tanto, il decentramen­to amministrativo - che anzi il nesso centro-periferia appariva rafforzato dal rapporto diretto ed immediato fra ministro e a

.ddetti ai �ing?li sett�ri -

quanto la responsabilità e la competenza setton�le � terntonale . c.os1 da

« tendere produttive le intelligenze del paese e qumd1 procurare dlhgente­mente di istruire gli adulti» 1 , in una concezione economicistica dello Stato, chiamato a non disperdere le potenzialità sociali ed intellettuali del paese 2•

Di questa operazione il motore pulsante diveniva il Consiglio superiore: centro gestionale, ove i vicepresidenti, uno per comitato, assumevano ne1 fatti, se non nella forma, il ruolo di managers ante litteram.

Era quella di Berti una lettura del rapporto politica-amministrazione-cul­tura che andava troppo oltre il modello prescelto dalla classe dirigente pre­valente . Non era solo il mutamento sostanziale della legge Casati, ma era Sf?­prattutto una profonda innovazione del ruolo attribuito a� sistema e�u�ati­vo, che prefigurava il principio della pari dignità fra le van

.e forze �o�1ah, l�

cui distinzione non era più differenziazione culturale, ma differenz1azwne d1 prestazione di servizi.

n recupero testuale della legge Casati - e si andò anche oltr.e - voluto nel 1 867 e nel 1 874 rispettivamente da Coppino e da Bonghi, ambedue con plu­riennali esperienze quali membri del Consiglio superiore, ribadiva la piatta­forma ideologica e politica, di cui la legge del 1 3 novembre 1859 era com­piuta espressione.

Toccherà alla Sinistra, dopo un travagliato iter parlamentare, proporre al­cuni elementi di indubbia novità.

La legge del 17 febbraio 1881 recepiva infatti l'esigenza di condizionare

1 AP Senato Discussioni tornata del 28 dic. 1866 citata, p. 25 . I provvedimenti del 6 di­cembre l866 seg�arono lo scioglimento di fatto del Consiglio superiore della pubblica istruzio­ne malgrado che Berti, in una lettera inviata al vicepresidente Matteucci, ribadisse che la nuo­va

'legge si limitava a dare al Consiglio una diversa struttura, più rispondente

. alla rifor�a gene­

rale del settore amministrativo scolastico. Cfr. lettera di Berti a MatteucCl del 15 dicembre 1866, in MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE (d'ora in poi MPI), Consiglio superiore �ella pubblica istruzione (d'ora in poi CSPI), P rocessi verbali, 18 66, I, .PP· 1399-140�, ora m G. CIAMPI, Il governo della s cuola . . . cit . , p. 99. Sia nei processi verbali dell

.e sedute sta n.elle car­

te dell'archivio corrente del Consiglio superiore c'è mancanza assoluta d1 documentaZIOne per il periodo in cui fu in vigore la riforma Berti. . . . . . 2 G. ARE, Il problema dello sviluppo industriale nell'età della Destra, Ptsa, Ntstn Ltscht, 1965; G. VIGO, Istruzione e sviluppo economico in Italia nel secolo XIX, Torino, ILTE, 197 1 ; c . LACAITA, Istruzione e sviluppo industriale in Italia 1859-1914, Firenze, Giunti e Barbera, 1973; v. ZAMAGNI, Istruzione e sviluppo economico in Italia 18 61-1913, in Lo sviluppo eco­nomico italiano, 1861-1940, a cura di G. TONIOLO, Bari, Laterza, 1973, pp. 187-240; G. VIGO,

Scuola ed economia, in Storia della scuola . . . ci t. , pp. 25-47.

Introduzione 19

il potere di nomina ministeriale attraverso l'introduzione del sistema eletti­vo, !imitandolo peraltro alla componente universitaria. Se questa novità ren­deva il Consiglio superiore « non già esclusivamente l'organo del potere po­litico e amministrativo dello Stato, ma quello della più alta scienza e coltura della nazione, 1 , pure sanciva inequivocabilmente il prevalere della presenza universitaria, a tutto detrimento degli altri due settori dell'istruzione.

La distinzione inoltre fra Consiglio plenario e Giunta permanente confer­mava ulteriormente il distacco fra istruzione universitaria o superiore ed istruzione secondaria ed elementare, che, pur con tutti i possibili distinguo, fino a quel momento erano rimaste oggetto congiunto delle cure dell'intero Consiglio . La pari dignità fra i tre rami dell'istruzione veniva nei fatti inde­bolita, a tutto vantaggio dell'erompere della presenza universitaria, su in­dubbia influenza del modello germanico. Non a caso la variazione sostanzia­le introdotta all'interno del complesso delle competenze del Consiglio supe­riore concerneva la gestione dei concorsi a cattedra universitaria.

Dietro l'abrogazione parziale dell'articolo 62 della legge Casati, con cui veniva a cadere l'obbligo della presenza all'interno della commissione esa­minatrice di un membro del Consiglio superiore, cui era affidata altresì la presidenza dei lavori, si nascondeva lo scontro, fondamentale in quegli an­ni, fra Consiglio superiore e facoltà universitarie. Queste, certe di rappre­sentare quella cultura "in progress", essenziale per l'accrescimento della vi­ta scientifica del paese, si contrapponevano a chi in quel momento rappre­sentava il Consiglio superiore e che, per formazione e spesso per età, imper­sonava la cultura paludata, così furiosamente attaccata. La contrapposizio­ne che emerse con drammatica evidenza durante il dibattito parlamentare, ov� sedevano rappresentanti dell'una e dell'altra pars 2, confermava l'im­portanza che la classe dirigente liberale attribuiva alle modalità di coopta­zione dei membri preposti alla formazione dei quadri futuri. Si ribadiva il controllo e la gestione d�lla politica universitaria come momento essenziale del modello liberale, fondato su una rigida divisione di ruoli, fatto salvo il diritto allo studio per merito , garantito dalla presenza dei posti gratuiti pres­so collegi e convitti.

Gli studi più recenti di storia istituzionale ed amlninistrativa hanno sot­tolineato come in questo periodo emerga prepotentemente «la tendenza del­la organizzazione degli interessi categoriali ad entrare nei consigli e a farne sotto l'attenta regia della burocrazia ministeriale innanzitutto luoghi per una

1 Relazione introduttiva di Coppino al progetto di legge presentato alla Camera il 9 maggio 1877, in AP, Camera dei deputati, legislatura XIII, I sessione (1876-1878), Documenti, progetti di legge e relazioni, n. 108, Modificazioni alla legge 13 nov. 1859, n.3 725, intorno alla com­posizione del Consiglio superiore della P ubblica Istruzione, p. 2 .

2 Sul dibattito parlamentare e la contrapposizione che emerse soprattutto per la questione delle commissioni per i concorsi a cattedre universitarie si rimanda a G. CIAMPI, Il govern o del­la scuola . . . cit. , pp. 54-71.

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20 Fonti per la storia della scuola

elaborazione politico-amministrativa preliminare e parziale, quando non al­ternativa, rispetto a quella immediatamente pubblica del Parlamento » 1 .

Pur mancando di analisi specifiche sul Consiglio superiore della pubblica istruzione relative a questo periodo, tuttavia le riforme effettuate nel 1906 e nel 19 1 1 - la creazione rispettivamente della sezione di giunta per l'istruzio­ne media e la sezione di giunta per l'istruzione elementare - sono state gene­ralmente assunte a modello positivo ed innovativo sia rispetto all'andamen­to precedente sia rispetto alla legge Gentile e quindi alle successive riforme che approdarono alla Carta della scuola voluta da Bottai 2.

Va innanzi tutto ricordato che l'istituzione delle due sezioni di Giunta non nasce da una modificazione complessiva del Consiglio superiore della pubblica istruzione, ma è parte integrante dei testi legislativi relativi rispetti­vamente allo stato giuridico dei professori dell'istruzione secondaria e al riordino dell'istruzione elementare. Inoltre le due sezioni di Giunta, pur prevedendo la innovativa presenza di rappresentanti dei rispettivi rami del­l'istruzione media ed elementare, attraverso il sistema elettivo, escludevano categoricamente la presenza di questi nel Consiglio superiore nella pienezza delle sue competenze; al contrario membri del Consiglio superiore entrava­no di diritto nelle sezioni, e fra di essi soltanto poteva essere scelto il vice­presidente delle stesse 3.

Questa ambiguità di fondo sul peso effettivo delle due sezioni appare an­cor più evidente ove si mettano a confronto le disposizioni definitive con le proposte originarie, ben più innovative e rispondenti alla legislazione com­plessiva elaborata nell'età giolittiana nell'ambito del sistema degli organismi consiliari.

Nel disegno di legge sullo stato giuridico degli insegnanti di scuola me­dia, presentato in Parlamento una prima volta il 9 marzo 1904 e successiva­mente il 6 febbraio 1905 , il ministro della pubblica istruzione Orlando po­stulava l'istituzione, all'interno del Consiglio superiore, di una sezione per l'insegnamento medio composta di otto membri, di cui quattro eletti fra gli insegnanti e presidi o direttori di scuola media governativa, e quattro pro­fessori universitari, nominati su proposta del ministro e così suddivisi: due rappresentanti della facoltà di filosofia e lettere , uno della facoltà di scienze fisiche e matematiche e naturali, uno della facoltà di giurisprudenza. Parte­cipava ai lavori della sezione anche il capo servizio dell'amministrazione centrale per gli affari di sua· competenza, con voto consultivo.

1 C. MoZZARELLI, Rappresentanza politica e pubblica amministrazione. I Consigli . . . cit. , p. 430.

2 G. RICUPERATI, La scuola italiana e il fascismo, Bologna, Consorzio di pubblica lettura, 1977.

3 Sulle trasformazioni subite agli inizi del secolo dai Consigli superiori e sul ruolo di « stru­mento per operare la mediazione degli interessi e la composizione dei conflitti sociali» si veda S . SEPE, P olitici e burocrati in un tentativo di mediazione . . . cit., p. 187. Per un'analisi com­plessiva si veda S. CASSESE, Il sistema amministrativo italiano, Bologna, Il Mulino, 1983.

Introduzione 2 1

Il progetto così formulato prevedeva un mutamento sostanziale rispetto alla legge del 1 7 febbraio 1 88 1 anche nella composizione del Consiglio: in­fatti, pur restando fermo il numero complessivo dei membri a trentadue, scendeva da sedici a dodici il numero dei consiglieri di proposta ministeria­le, compresi i quattro professori universitari membri della sezione per l 'i­struzione media. A sua volta la Giunta del Consiglio superiore scendeva da quindici a otto membri 1 .

La commissione della Camera, nella relazione stesa da Credaro, entrò in merito alle competenze ed al ruolo della istituenda sezione ed espresse forti riserve per quanto riguardava sia la composizione sia le attribuzioni; pur tut­tavia ritenne di dover accettare il testo ministeriale, salvo proporre che dei quattro membri elettivi uno fosse sempre scelto fra i capi d' istituto e uno fra i professori delle scuole pareggiate, «per dare sicura garanzia di proporzio­nale rappresentanza» 2•

Il dibattito in aula non presentò interventi di particolare rilievo su questo aspetto, fatte salve le riserve espresse da chi, come Nitti, vedeva una perico­losa ingerenza della sezione per l'insegnamento medio nelle competenze della Giunta, turbando così « l'economia» 3 della legge del 188 1 . Infatti, a giudizio di Nitti, «col chiamare insegnanti secondari in seno al Consiglio superiore, non soltanto si viene a modificare la natura stessa di questo Consiglio, ma si produce un profondo disquilibrio in tutte le funzioni del Consiglio medesi­mo. Infatti, se questi insegnanti interverranno in seno al Consiglio, con quale competenza potranno interloquire in tutte le quistioni che si riferiscono al­l'insegnamento superiore? E se non interverranno, perché aggregarli al Consi­glio superiore? » 4• Queste riserve trovarono eco favorevole nell'aula e conse­guentemente fu approvato un emendamento presentato dal deputato Ram­poldi che introduceva l'obbligo per il ministro di scegliere i quattro membri di sua proposta solo fra i componenti del Consiglio superiore stesso 5•

Malgrado questa ·formulazione indubbiamente riduttiva rispetto al testo originale, l'Ufficio centrale del Senato giudicò « non accettabile» la proposta d'istituire la sezione stessa; più opportuno, a suo dire, creare presso il Mini­stero della pubblica istruzione «una commissione speciale abbastanza auto-

1 AP, Camera dei deputati, legislatura XXII, sessione unica (1904-1909), Documenti, dise­gni di legge e relazioni, V, n. 1 14, Stato giuridico degli insegnanti delle scuole medie, regie e pareggiate, p. 1 1 (art. 16).

2 Ibid. , n. 1 14-A, Stato giut·idico degl'insegnanti delle scuole medie, regie e pareggiate, p. 9. Gli altri membri della commissione erano: Cortese presidente, Ciccarone segretario, Valeri, Furnari, Di Stefano, Cardani, Carlo Ferraris, Alessio. La relazione fu presentata il 18 marzo 1905.

3 AP, Camera dei deputati, legislatura XXII, sessione unica (1904-1909), Discussioni, III, l • tornata del 2 giugno 1905, p. 3597.

4 Ibidem. s Ibid. , p. 3602. L'emendamento non era stato accolto né· dal governo né dalla commis­

sione.

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22 Fonti per la storia della scuola

noma nella sua composizione e nelle sue funzioni»; in altre parole « qualcosa di mezzo tra il Consiglio superiore e la Commissione consultiva per i mae­stri elementari» \ con tutte le attribuzioni previste per la sezione, tranne quelle di carattere giurisdizionale lasciate alla competenza della Giunta del Consiglio superiore.

Contro il principio di istituire un « corpo a sé stante " 2 si scagliò anche Scialoja, il quale suggerì che la prevista divisione della vigente Giunta in se­zioni permettesse che alla sezione per l'istruzione secondaria fossero « aggre­gati i delegati nominati dai professori delle scuole medie . . . col grande van­taggio di non separare l'insegnamento secondario dagli altri ordini dell'inse­gnamento " 3 .

D'accordo con il ministro, l'Ufficio centrale del Senato provvide, i n pie­na seduta, ad una rielaborazione del testo - quella definitiva - che risultò molto lontana dalla proposta originaria: si istituiva, infatti, all'interno della vigente Giunta del Consiglio superiore una sezione per l'istruzione media composta di quattro consiglieri, già facenti parte della Giunta, e di quattro membri elettivi, così suddivisi: un preside o direttore, due professori ordi­nari,. con almeno sette anni di anzianità di servizio, delle scuole medie go­vernative, un preside o professore ordinario, anch'esso con almeno sette an­ni di anzianità, delle scuole medie pareggiate. Le competenze erano quelle attribuite alla Commissione consultiva 4 .

Tornato alla Camera il progetto fu approvato , facendo proprio i deputati l'invito della commissione di «accogliere integralmente » 5 il testo votato dal Senato.

Ancor più significativa l'operazione effettuata nei confronti del disegno di legge <<Provvedimenti per l'istruzione elemeqtare e popolare » , presentato 1' 1 1 febbraio 1 9 1 .0 dal ministro della pubblica istruzione Daneo, e coll'ap-

1 AP, Senato, legislatura XXII, sessione unica ( 1904-1909), Documenti, disegni di legge e relazioni, n. 1 28-A, Stato giuridico degli insegnanti delle scuole medie, regie e pareggiate, p. 5. Il ddl approvato dalla Camera il 3 giugno 1905 era stato presentato in Senato dal ministro della pubblica istruzione Leonardo Bianchi il 21 giugno 1905. L'Ufficio centrale del Senato, composto da Morandi presidente, Del Giudice relatore e segretario, Cantoni, Dini e Paternò, presentò la sua relazione il _25 febbraio 1906. La Commissione consultiva, cui si riferiva l'Uffi­cio centrale, era stata istituita con _r.d. 1Q;mag. 1901, .. n. 183: essa era posta alla diretta dipen­denza del ministro dell'ist�;uzione pubblica ed incaricata di dar pareri sui reclami concernenti ammissioni, promozioni e punizioni deU'amministrazione ce!ltrale e provin�iale ad insegnanti pubblici dipendenti dal ministero. Si vedano anche i successivi' decretL <;Iel:-'16 lug. 190 l, n. 3 79, e 1 2 mag. 190(-n. 303, che apportavano alcune modifiche. '.•

2 AP, Senato, legislatura XXli, sessione u nica (1904-1909), Discussioni, IV, tornata del 14 marzo 1906, p. 2616.

3 Ibid .• pp. 2623-2624. 4 Jbid. , pp. 2625-2627 , 2898-2901 . 5 AP, Camera dei deputati, legislatura XXli, sessione unica (1904-1909), Documenti, dise­

gni di legge e relazioni, n. 1 14-C, Stato giuridico degli insegnanti delle scuole medie, regie e pareggiate, p. 2.

Introduzione 23

porto fattivo e determinante, come ricorderà più volte Daneo durante il di­battito \ di Sonnino, presidente del Consiglio e ministro dell'interno . Il pro­getto postulava la creazione di un organismo del tutto nuovo, il Consiglio superiore per l'istruzione popolare, ove dovevano confluire organicamente ed unitariamente le competenze della Commissione consultiva e della Com­missione per il Mezzogiorno istituita con la legge 1 5 luglio 1906.

Nella relazione introduttiva Daneo escludeva perentoriamente la possibi­lità di creare una struttura analoga alla sezione della Giunta per l'istruzione media: «A prescindere che in quel caso trattavasi di un ristretto compito, li­mitato ad un istituto di giustizia amministrativa, si è considerato che la con­nessione sarebbe stata puramente formale. Il Consiglio superiore dell'istru­zione per la fisionomia che è andato assumendo, per l'attività finora eserci­tata, per la sua composizione, ha ormai il carattere di un istituto per gli inte­ressi dell'alta cultura; e non potrebbe, se non con una larghissima e profon­da riforma, svolgere quella rinnovata ed ampia attività, che richiede una col­laborazione, la quale si proponga di essere davvero intensa e voglia riuscire grandemente proficua alla istruzione popolare. Così, però, non essendo, sa­rebbe stata una pura finzione il mettere due organismi uno accanto all'altro, senza che tra essi si fosse potuto stabilire una intima e sostanziale comunio­ne. Più utile - e per tutti - ci è sembrato dare al nuovo istituto una fisiono­mia sua propria e assegnargli un compito ben definito, una competenza ben delineata» 2•

Nelle parole del ministro trovavano eco le denunce fatte dalla commis­sione d'inchiesta sullo stato della pubblica istruzione nel 1908 3, che com­prendevano anche le man�anze del Consiglio superiore, reo di lentezza, spe­cie per quanto riguardava l'andam,ento dell'istruzione elementare. La propo­sta Daneo, pur ammettendo implicitamente l'impossibilità di procedere ad una revisione radicale del Consiglio , mirava comunque ad una sua ristruttu­razione, e contestualmente sottolineava l'importanza attribuita all'educazio­ne popolare, di cui proprio Sonnino era aperto sostenitore 4.

In linea con i principi enunciati la nuova struttura proposta da Daneo prevedeva un Consiglio composto di sette membri, eletti annualmente dai Consigli provinciali scolastici, di cinque membri di proposta ministeriale, scelti fra esperti nelle discipline pedagogiche e giuridiche, e di altri cinque

1 Per la " nascita .. della legge del 191 1 si veda G. BONETTA, Scuola e socializzazione fra '800 e '900, Milano, Franco Angeli, 1989, pp. 79-102.

2 AP, Camera dei deputati, legislatura XXiii, sessione unica (1909-1913), Documenti, disegni di legg e e relazioni, IX, n. 331 , P rovvedimenti per l'istruzione elementare e popolare, p. 24.

3 R. COMMISSIONE D'INCHIESTA PER LA PUBBLICA ISTRUZIONE, Relazione sui ricorsi, denunce, istanze, ecc. pervenute alla R. Commissione dal giorno della sua istituzione, Roma, Tipogra­fia Ditta Ludovico Cecchini,1910.

4 Si vedano in particolare gli articoli di Sonnino su «<l Giornale d'Italia,, apparsi nel 1907, ora in S . SONNINO, Scritti e discorsi ex traparlamentari (1903-1920), II, Bari, Laterza, 1972, pp. 1 387-1402.

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24 Fonti per la storia della scuola

membri di diritto, rispettivamente: il direttore generale dell'istruzione pri­maria e popolare, il direttore generale dell'amministrazione civile presso il Ministero dell'interno, il direttore generale di statistica, l'ispettore generale dell'istruzione professionale del Ministero di agricoltura, industria e com­mercio, un rappresentante del Consiglio superiore di sanità pubblica indica­to dal ministro dell'interno. Era prevista anche una giunta composta da quattro elementi eletti ogni due anni dal Consiglio plenario, e dai direttori generali dell'istruzione primaria e dell'amministrazione civile.

Il Consiglio, oltre alle competenze previste per legge, era chiamato a da­re il suo parere su questioni relative all'indirizzo generale dell'amministra­zione dell'istruzione popolare e sull'organizzazione delle istifuzioni che si proponevano lo sviluppo dell'istruzione elementare 1. A sua volta la direzio­ne generale competente era tenuta ad inviare al Consiglio una relazione an­nuale sull'andamento dell'istruzione popolare ed elementare .

La caduta del governo Sonnino provocò la messa a tacere del progetto . Il 1 3 maggio 1910 il nuovo ministro della pubblica istruzione, Credaro, spie­gava nella relazione introduttiva al suo disegno di legge perché egli ora pro­ponesse l 'istituzione di una sezione per l'istruzione primaria all'interno della Giunta del Consiglio superiore, analoga a quella già esistente per l'istruzione media. « Il mio predecessore non teneva sufficientemente conto delle fun­zioni tecniche cui va anche dato un ragguardevole posto accanto alle funzio­ni amministrative. Il Consiglio superiore, quale dal progetto è costituito, è un corpo consultivo che fonde in sé le diverse commissioni ora esistenti, e che si afferma prevalentemente, anzi assolutamente di carattere amministra­tivo. Manca alle funzioni tecniche un organo loro proprio. E perciò noi ab­biamo avvertito la necessità di crearlo. Abbiamo voluto che non manchi al­l' amministrazione un collegio di persone di speciale competenza, le quali pei propri studi e pel proprio ufficio, con la loro dottrina e con la loro espe­rienza, conoscano compiutamente l'ordinamento della scuola e le questioni che riguardano l'istruzione primaria e popolare. A quel collegio, quindi, va affidato lo studio dei problemi, che concernono i programmi e l'indirizzo pedagogico dell'istruzione primaria e popolare, dei giardini ed asili infantili e di tutte quelle altre istituzioni, che abbiano per fine l'istruzione elementa­re e sub-elementare; e al parere del collegio medesimo possono essere sotto­posti disegni di legge o di regolamenti, che abbiano un contenuto essenzial­mente tecnico" 2•

Completamente mutata anche la composizione della sezione: erano chia­mati a farne parte due membri del Consiglio superiore, un provveditore, un ispettore scolastico e due esperti di pedagogia, tutti di proposta ministeria­le; accanto ad essi un direttore didattico e due insegnanti elementari con al-

1 AP, Camera dei deputati, legislatura XXIII, sessione unica (1909-1913 ), Documenti, dise­gni di legg e e relazioni, IX, n. 331 cit . , pp. 1 37-138.

2 Ibid. , n. 331 bis, P mvvedimento per la istruzione elementare e popolare, p. I l .

Introduzione 25

meno dieci anni di servizio, eletti dai rispettivi corpi elettorali; un direttore e un professore ordinario da almeno sette anni delle scuole normali, an­ch' essi di nomina elettiva. La sezione, infine, era presieduta da un membro della Giunta del Consiglio superiore, nominato dal ministro.

Ben poco restava del progetto Daneo-Sonnino. Nell'aula parlamentare nessuno ricordò la precedente proposta; il testo di Credaro nella sua rassicu­rante uniformità all'esistente veniva accettato pienamente. Analogo fu l'atteg­giamento del Senato, che pure apportò qualche modifica: i membri del Consi­glio superiore divennero tre, restò un solo esperto di pedagogia 1, fu soppres­sa la presenza del provveditore scolastico, rimpiazzato in tutta fretta da Cre­daro con il direttore generale dell'istruzione elementare e popolare 2; fu riba­dito anche in questo caso che il vicepresidente della sezione fosse scelto solo all'interno della componente proveniente dal Consiglio superiore.

Ha annotato Sepe, in un suo recente saggio, « Che la classe dirigente - al­meno fino alla fine dell'Ottocento - si mostrò particolarmente restia a con­sentire la rappresentanza degli interessi delle classi subalterne all'interno delle istituzioni ( . . . ) I ritardi culturali, peraltro, non riguardavano soltanto la condizione dei lavoratori, ma si riflettevano in generale nell'elaborazione di modelli di partecipazione» 3; il suo critico giudizio, per quanto riguarda il Consiglio superiore della pubblica istruzione, appare valido anche per il pri­mo decennio del Novecento.

In questo caso, inoltre, il «peso relativo della burocrazia» 4 fu sostituito dal peso relativo della rappresentanza della politica. Nell'articolato progetto sull'istruzione superiore presentato dal ministro Rava il 30 marzo 1909 un'innovazione sostanziale riguardava, infatti, la composizione del Consi­glio superiore, che veniva portato da 32 a 36 membri, fra i quali dodici «eletti dal Parlamento nazionale, sei tra i senatori e sei tra i deputati (né que­sti né quelli appartenenti al corpo insegnante universitario)» 5 . Nel presen-

1 AP, Senato, legislatura XXIII, sessione u nica (1909-1913), Documenti, disegni di legge e relazioni, V, n. 378, P rovvedimenti per l'istruzione elementare e popolare.

2 Spiegava in aula il ministro Credaro: « <n un articolo precedente noi abbiamo soppresso tacitamente la Commissione consultiva, la quale esercita nel Ministero della pubblica istruzione un compito arduo e importante; perché è essa che dà pareri al ministro sopra tutte le questioni che sorgono fra comune e maestri. Alla Commissione consultiva viene sostituita questa sezione della Giunta del Consiglio superiore. È necessario che in seno alla Giunta, che acquista poteri nuovi e così importanti, intervenga il direttore generale dell'istruzione primaria, affinché ci sia un rapporto interno fra la Giunta e l'amministrazione. È necessario questo, anche perché del­l'attuale Commissione consultiva fa parte il direttore generale dell'istruzione primaria; il pas­saggio sarebbe brusco e darebbe luogo ad inconvenienti»: AP, Senato, legislatura XXIII, sessio­ne unica (1909-191 3), Discussioni, VII, tornata del lO aprile 191 1 , p. 5023.

3 S. SEPE, P olitici e bumcrati . . . cit. , p. 185. 4 Ibid. ' p. 186. 5 AP, Camera dei deputati, legislatura XXIII, sessione unica (1909-191 3), Documenti, dise­

gni di legg e e relazioni, III, n. 67, P rovvedimenti per l'istruzione superiore, p. 3 . Il dd! era stato presentato per la prima volta il 3 dicembre 1908, ma la fine della legislatura XXII ne ave­va impedito la discussione.

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26 Fonti per la storia della scuola

tare questa innovazione Rava si avvaleva del principio di analogia - " così è nel Consiglio superiore del lavoro. Così fecesi di recenti per la magistratura» - sostenendo altresì la tesi che in tal modo il Consiglio da organo propositi­va e tecnico diveniva organo operativo . «Tale rappresentanza - dichiarava Rava - mentre porterà un contributo di sicura e alta competenza nelle svaria­te quistioni che vengono trattate nel Consiglio, avrà agio di osservare da vi­cino, collocandosi per così dire in medias res, il rapido progresso dell'istru­zione in Italia, il forte lavoro che l'università compie, la vita che vi si vive; e quindi potrà acquistare una notiZia esatta e diretta dei problemi che espri­mono fecondamente la vita interiore della scuola, contribuendo a propiziar­le sempre più largamente il consenso e l'appoggio del paese, che sa di avere in ogni ordine di scuole, e sopra tutto nei propri atenei - per splendido tra­mite di tradizioni storiche, nonché per rinnovato fervore di attuale concor­de volontà civile - il presidio della cultura nazionale» 1• Proprio perché la «scuola riflette le supreme esigenze della vita individuale e sociale, l' istru­zione è anche implicitamente missione educatrice. Ma appunto per questo non può recare se non benefici effetti che all'opera dei consiglieri eletti dai corpi e tra i corpi universitari, si aggiunga la valida cooperazione di alcuni consiglieri liberamente eletti dai due più alti consessi che rappresentano la vita della nazione nella compiuta armonia dei suoi interessi, e che debbono dare alla scuola aiuto di mezzi e di consiglio » 2•

Malgrado le forti riserve iniziali espresse in sede di commissione e che portarono alle dimissioni da presidente di Guido Baccelli, l 'autore della leg­ge del 17 febbraio 188 1 3, pure il testo governativo fu accolto, una volta ot­tenuta la garanzia della modifica relativa alla normativa per i concorsi a cat­tedra universitari 4. Pur tuttavia nel dibattito in aula non mancò chi sottoli­neò il pericolo della riforma.

1 AP, Camerà, Documenti . . . , n. 67 cit . , pp. 2-3. 2 Ibid. ' p. 2. 3 Baccelli si dimise " non avendo potuto accettare il primo articolo » : AP, Camera dei depu-

tati, legislatura XXIII, sessione unica (1909-1913), Documenti, disegni di legge e relazioni, III,

n. 67-A, Provvedimenti per l'istruzione superiore, p. l . 4 Il relatore Manna, nella relazione a l disegno d i legge, spiegava i termini dell'accomoda­

mento raggiunto: «Si lamentò l'introduzione dell'elemento politico nel Consiglio, il quale, per

effetto delle nuove disposizioni proposte dal governo, viene ad essere accresciuto di numero,

ma diminuito di competenza: si lnise in rilievo il pericolo, derivante dalla nuova costituzione

del Consiglio, che il governo potesse esercitare un'influenza preponderante sulla risoluzione

delle questioni riguardanti la vita accademica e la cultura superiore, e che la sua volontà ed

azione potesse ripercuotersi direttamente o indirettamente sulla disciplina delle scuole e degli

insegnanti, sul conferimento degl'incarichi, sulla distribuzione dei posti di ordinario fra le varie

sedi; si osservò infine che, se poteva giustificarsi ed ammettersi l'intervento dei senatori e dei

deputati nel Consiglio superiore per tutto ciò che concerne le sue funzioni disciplinari (come si

è stabilito per la magistratura), ciò non era in alcun modo giustificabile per le altre funzioni

d'indole tecnica, affidate a quell'alto consesso; donde la proposta subordinata di una radicale

riforma dell'articolo l . Siffatte obiezioni furono oggetto di attento esame e di seria discussione

Introduzione 27

È il caso di Gaetano Mosca, che denunciò l'incongruenza fra la presenza di elementi «politici» e il ruolo di un istituto quale il Consiglio superiore con « quasi esclusivamente funzioni tecniche e funzioni giurisdizionali» . Nul� la a eh� ve?ere c?n «la grande politica scolastica»; la riforma proposta piut­tosto nsc�ava d1 compromettere la pluralità scientifica di cui il Consiglio era espresswne, a garanzia della « libertà della cattedra» 1•

Anche in Senato furono rare le voci di dissenso. Al senatore Cavasola che sottolineava " il rinnego di un principio che è stato finora fondamenta!� in un paese retto a sistema costituzionale, il principio della divisione dei po­teri, della distinzione delle funzioni» 2, si univa Scialoja. Forte della sua lun­ga �sperienza di membro e di vicepresidente del Consiglio superiore, egli ri­badtva la pericolosità della commistione fra politica e cultura e insisteva sul­la necessità di ampliare invece il ventaglio delle competenze tecniche in se­no al Consiglio 3 .

È indubbio che l' osmosi fra cultura è politica sia stata una costante della vita del Consiglio superiore ed il cursus honorum dei suoi componenti pre­senta, con significativa incidenza, come vedremo, segni evidenti di una con­creta militanza politica; si trattava pur tuttavia di un travaso continuo che

in seno alla commissione. Ma, non avendo il governo accettato né di togliere da tale disegno di legge le disposizioni dell'articolo primo, né di limitare l'intervento dei membri parlamentari n�! �o�siglio superiore ai soli casi nei quali questo è chiamato a giudicare, come Consiglio di d!sc1plma, delle mancanze dei professori, ed essendo, d'altra parte, stata soppressa, dalla com­lnissione, come si dirà più innanzi, la disposizione contenuta nel secondo comma dell'articolo 9, la quale per alcuni costituiva il maggiore ostacolo contro l'introduzione dei senatori e dei deputati nel Consiglio, la maggioranza della commissione, nell'intento precipuo di assicurare l'approvazione del disegno di legge, ha accolto con qualche modificazione l'articolo primo, an­

. c?e nella speranza che_ la prova, che dal ministro si tenta, sia per dare quei frutti che egli se ne

npromette, e che la riforma proposta corrisponda, nella pratica attuazione e nei suoi effetti agli intendimenti, indubbiamente lodevoli, dai quali è ispirata,: ibid. , p. 2.

'

L'art. 9 , «oggetto di viva discussione», stabiliva che «quando si rendono vacanti in una uni" versi�à uno o più posti di ordinario, il ministro su parere conforme del Consiglio superiore, de­termma a quale università e facoltà debbano essere assegnati. Tale disposizione conferisce inve­ro al Consiglio un'autorità troppo ampia; e rappresenta quindi un pericolo. Per questo appunto essa per alcuni colleghi, costituiva, come si è accennato la più forte obiezione contro l 'introdu­zione dell'elemento politico nel Consiglio, ritenendosi che, in tal modo, si sarebbe attribuito al Parlamento una indebita ed eccessiva ingerenza nella organizzazione e nella vita delle facoltà e n�lla carri�r� dei professori » : ibid. , p. 4. Il testo redatto dalla commissione prevedeva che i po­sti vacanti SI sarebbero coperti per 4/5 con la promozione dei professori straordinari stabili, mentre per il resto dei posti avrebbe provveduto il ministero, o per concorso o mediante l'art. 69 della legge Casati.

1 AP, Camera dei deputati, legislatura XXIII, sessione unica (1909-1913) Discussioni III 2• tornata del 9 luglio 1909, pp. 4015-401 6. Altrettanto duro fu l'intervento di Ciccotti che ri� badì l'esigenza di mantenere completamente distinti i ruoli di Consiglio superiore, Parl�mento governo; ibid. , pp. 2026-2029. '

2 AP, Senato, legislatura, XXIII, sessione unica (1909-191 3), Discussioni, II, tornata del 1 5 luglio 1909, p . 1 389.

3 Ibid. , pp. 1 395-1 397.

28 Fonti per la storia della scuola

avveniva all'interno di una classe dirigente nel suo complesso, che poneva al servizio del paese la propria competenza, senza ritenere la funzione politi­ca prevalente sul compito dell'amministratore, del tecnico, dello studioso.

Con la legge del 19 luglio 1909 si codificava la presenza della compo­nente politica in un organismo che per sua natura era chiamato a porsi come strumento di mediazione e di comunicazione fra paese reale e paese legale e questa innovazione, d'altro canto, era motivata e giustificata proprio alla lu­ce delle vicende stesse del Consiglio, accusato di aver perso la capacità di presentare propri progetti per riforme anche di ampio respiro; di qui l'ur­genza di introdurre forze nuove, immediatamente operanti nella realtà fat­tuale, quali appunto i rappresentanti di Camera e Senato, confermando an­cora una volta la centralità del Parlamento nel procedere giolittiano 1 •

L'incapacità di varare una riforma unitaria e complessiva dell'ammini­strazione centrale della pubblica istruzione, o per lo meno del suo organo più rappresentativo, aveva dato origine ad una serie di interventi legislativi parziali, disarticolati, che rispondevano ad una logica talora contraddittoria: si apriva la strada al «fenomeno delle settorializzazioni» 2 - era il caso delle sezioni per l'istruzione media ed elementare - ed insieme si rafforzava il ruo­lo «politico» del Consiglio, con un'operazione che risulta ben lontana dalla « Chiara tendenza degli interessi organizzati a procedere dalla associazione di fatto alla tutela amministrativa, alla amministrazione del potere politico » 3 .

Inoltre, proprio in virtù del «fenomeno della settorializzazione» emerge­va ancor più netta la divisione fra l'istruzione superiore - direttamente se­guita dalla componente politica - e l'istruzione secondaria ed elementare, delegate alla cura dell'amministrazione scolastica. Che le scelte operate fino allora n9n apparissero del tutto condivisibili sta a dimostrarlo l'atto legislati­vo del 3 1 dicembre 1 9 1 5 , allorché il ministro della pubblica istruzione Grip­po, in virtù dei poteri luogotenenziali, procedette ad una ridistribuzione del corpo consiliare, con una contrazione totale dei membri e con incisivi inter­venti sulle singole componenti: furono ridotti a otto sia i membri di propo­sta ministeriale sia i rappresentanti del Parlamento, mentre erano conferma­ti i dodici componenti eletti dal corpo universitario, per un totale di ventot-to consiglieri.

La fine dell'età liberale portò alla ridefinizione dell'intera impalcatura educativa. L'operatore culturale nelle sue diverse articolazioni era calato in una struttura che presupponeva la piena e completa responsabilità dell' ese­cutivo. Rispondente e pienamente funzionale a questa impostazione la legge

1 A. AQUARONE, L 'Italia giolittiana (1896-1915), I, Le premesse politiche ed economiche, Bologna, Il Mulino, 198 1 , pp. 296-298.

2 M. GIGANTE, L'amministrazione della scuola . . . cit . , p. 138. 3 G. GoZZI, Organizzazione degli interessi e razionalità amministrativa in Italia tra Ot­to e Novecento. Carlo Ferraris e la scienza dell'amministrazione, in « Il pensiero politico», 1983, 2, p. 238.

Introduzione 29

Gentile restituiva al Consiglio superiore la veste di Accademia dotta, com­posta di ventuno membri, tutti di proposta ministeriale. Di essi almeno do­dici dovevano essere scelti fra i professori universitari, in ragione di tre per ogni facoltà, mentre i restanti dovevano essere prescelti fra «persone di alti meriti scientifici e particolarmente competenti nelle questioni relative al­l'ordinamento degli studi» 1 •

Restava, all'interno del Consiglio superiore, una Giunta di otto membri, mentre erano soppresse le due sezioni per l'istruzione media ed elementare; la rappresentanza dei docenti della scuola primaria e secondaria era confina­ta negli organismi competenti per lo stato giuridico: la Commissione per i ricorsi dei maestri elementari e per i procedimenti disciplinari a loro carico, la Commissione per i ricorsi dei professori medi ed i procedimenti discipli­nari a loro carico.

Il Consiglio riacquistava la centralità delle competenze in ogni grado del­l'istruzione; contestualmente, però, mutava la sua collocazione all'interno della struttura piramidale dell'amministrazione scolastica. La nuova legge, a differenza della Casati, sanciva una formale distinzione fra autorità - mini­stro, sottosegretario, direttori generali - ed organismi consultivi. Il Consiglio superiore della pubblica istruzione trovava dunque la sua ragion d'essere proprio nel rapporto diretto e fiduciario con il ministro e non a caso Genti­le, in occasione della prima riunione dell'istituto, all'indomani dell'entrata in vigore della legge 1 6 luglio 1923, entrò in merito al ruolo, ai compiti che ad esso competevano. « <l Consiglio ( . . . ) torna ad essere veramente organo delicatissimo e veramente tecnico dell'amministrazione; e, come tutti gli al­tri organi di questa, non derivante da elezioni che limitino o distruggano af­fatto la responsabilità che in ogni regime sinceramente liberale spetta al po­tere politico di fronte al Parlamento e alla nazione, creando una fonte di di­ritto secondaria e anticostituzionale accanto e di contro a quella primaria e normale ( . . . ) Lungi, dunque dal potersi accusare di antiliberalismo, la rifor­ma recente del Consiglio superiore ha questo significato: di tornare dal con­fusionismo demagogico degli anni tristi della decadenza politica italiana ai netti, sicuri, classici principii della libertà. La quale non può essere altro che responsabilità, che sente e deve sentire ogni governo, in qualunque regime ma soprattutto in regime di libertà. La quale non è vero che prosperi a spese della forza dello Stato, poiché essa si richiede e si sviluppa per rendere sem­pre più forte lo Stato, come quel sistema in cui la legge può garantire il dirit­to » 2 •

1 R.d. 1 6 lug. 1923, n. 1753, art. 7 . 2 G. GENTILE, Scritti pedagogici, III, La riforma della scuola i n Italia, Firenze, Sansoni,

1937, pp. 191-192. Sul carattere « liberale» del regime fascista e sulla « degenerazione democra­tica» dell'età liberale si veda l'articolo di Gentile, pubblicato su « Il Corriere della sera» il 20 e 21 marzo 1929, ibid. , pp. 439-442. Su i « fondamenti teorici del fascismo di Giovanni Gentile» si vedano le osservazioni di D. SETTEMBRINI, Stot·ia dell'idea antiborghese in Italia 1860-1989, Roma-Bari, Laterza, 199 1 , pp. 265-276.

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30 Fonti per la storia della scuola

Le premesse teoriche df Gentile contenevano indubbiamente « la giustifi­cazione dello Stato totalitario ( . . . ) perché poneva[no] come principio educa­tivo fondamentale l'obbedienza allo Stato e l'accettazione senza riserve della sua 'eticità' " , ma vanno purtuttavia distinte dalle << iniziative propagandisti­che intraprese dopo il 1 925, tra i giovani, dal regime di Mussolini» 1 •

È indubbio che nel triennio 1923-'25 « sia esistito un dibattito all'interno del fascismo sulla riforma Gentile» 2 : ne è testimonianza la stessa discussione che si svolse in Senato nel febbraio 1925 , durante l'approvazione del bilan­cio annuale per la pubblica istruzione 3 . In quell'occasione non mancarono osservazioni critiche al complesso della legge; per quanto riguarda il Consi­glio superiore Scialoja, pur riconoscendo alla riforma il merito di aver sana­to « la corruzione costituzionale ( . . . ) dell'intrusione di delegazioni parlamen­tari nei corpi propri del potere esecutivo » , sottolineava la pericolosità e la gravità di aver eliminato il sistema elettivo per il corpo universitario .

Dando atto all'ex ministro Gentile di non aver «introdotto il fascismo » nel Consiglio superiore, poiché cdl Consiglio nominato da Giovanni Gentile è un buon Consiglio, senza traccia di partigianeria politica» , egli osservava che la mancanza di pericolo dell'oggi non rilitigava il rischio che in futuro cdl ristretto numero di consiglieri" 4, unito alla esclusiva proposta ministeria­le, potesse dar luogo ad un grave dispotismo intellettuale e culturale.

Non furono le critiche ed i timori della classe dirigente liberale a mettere in pericolo il progetto gentiliano; il regime fascista, che già con il decreto­legge del 4 febbraio 1926 aveva provveduto a sciogliere il Consiglio vigente apportando significativi mutamenti nell' organico, oltre a ridurre la durata del mandato, da sette a quattro anni, con la successiva legge del 29 novem­bre 1 928 abrogava definitivamente l'istituto formulato da Giovanni Gentile. Nasceva al suo posto una struttura nella quale la conferma della piena ed as­soluta responsabilità ministeriale si sposava all'esigenza di trovare «formule organizzative» 5 adatte all'esercizio dell'amministrazione culturale del paese,

1 L. AMBROSOLI, Appunti e divagazioni su fascismo e scuola, in «Quaderni storici,, 1987, l , p. 28.

2 Ibid. , p. 25. Si veda anche opposizioni alla riforma Gentile, Torino, ed. «C. Fanton" di P. Reviglio, 1985 (Quaderni del Centro studi «C. Trabucco,), che contiene i saggi di G. Chias­so, M. Ostenc, R. S. Di Pol, L. Pazzaglia.

3 R. GENTILI, Riforma e controriforma della scuola, in Ernesto Codignola in 50 anni di battaglie educative, già pubblicato in «Scuola e città», 1967, 3-4, pp. 209-234.

4 AP, Senato, legislatura XXVII, sessione unica (1924-1925), Discussioni, II, tornata del 6 febbraio 1925, p. 1414. Per la composizione del Consiglio superiore al momento dell'applica­zione della legge Gentile si veda M. OsTENC, La scuola italiana durante il fascismo, Roma-Ba­ri, Laterza, 1981, pp. 18-19.

5 G. MELIS, Due modelli di amministrazione tra liberalismo e fascismo. Burocrazie tradi­zionali e nuovi apparati, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1988, p. 1 37 (Saggi, 10). Nel 1928 il Consiglio fu portato a quarantasei mem­bri, tutti di nomina regia, e fu diviso in cinque sezioni, una per ogni ramo d'istruzione, com­presa l'istruzione tecnica e l'istruzione artistica. Ogni sezione aveva un presidente ed un comi-

Introduzione 3 1

così come si era provveduto nel settore economico. Dietro la necessità di predisporre uno strumento amministrativo e tecnico idoneo si esprimeva l'urgenza di tradurre in atti concreti la volontà di procedere alla fascistizza­zione della scuola.

Nell' organizzazione del lavoro , proprio per sottolineare il carattere di strumento per la ricerca storica, si è proceduto alla identificazione dei mem­bri del Consiglio superiore ed alla costituzione di una sorta di anagrafe.

In un antecedente studio 1 chi scrive sottopose i dati raccolti ad analisi sotto un triplice aspetto: il ricambio all' interno dell' istituto; il processo di italianizzazione dello stesso; la rappresentatività professionale e politica. L'arco temporale preso in esame in quella sede - il quarantennio 1 847- 1887 - rendeva plausibile tale griglia di lettura, che faceva emergere il passaggio lento e graduale dalla struttura preunitaria alla struttura nazionale. Da quel­l'analisi risultava essenziale il tema della <dtalianizzazione» : la scelta dei con­siglieri non appariva casuale o strettamente tecnica, ma i dati mostravano con chiarezza il difficoltoso procedere verso una equilibrata rappresentanza fra nord, centro, sud. Il processo risultava compiuto con la riforma del 1 88 1 , allorché l'asse centrale si spostava sulla questione della rappresentan­za culturale; in altre parole al criterio di rappresentanza incentrato sugli Sta­ti pre�nitari subentrava quello che faceva capo ai centri universitari, con un' evtdente prevalenza delle sedi principali rispetto alle sedi minori o de­centrate. In qualche modo la mai attuata idea di Matteucci di proporre alcu­ne sedi di alta cultura, «pochi e completi centri d'istruzione superiore » dai quali doveva partire « un punto luminoso da cui si diffondesse nel pubblico il rispetto per le virtù e pel sapere » 2 , a distanza di vent'anni diveniva ope­rante attraverso la composizione del Consiglio superiore.

Napoli, Roma, Torino, Pisa, e poi Pavia, Bologna, Firenze, Genova, Pa­dova, seguite infine da Milano e Palermo, sono le sedi universitarie che esprimono pressoché la totalità dei docenti universitari che, o per nomina

tato esecutivo: questi comitati, a loro volta, costituivano il comitato esecutivo generale del C?nsiglio il quale «Si pronunzia sulle questioni di competenza del Consiglio plenario, che il mi­mstro sottopone al suo esame in caso di urgenza, e sulle materie che ad esse siano deferite da speciali disposizioni di legge e di regolamento": r.d. 20 nov. 1928, n. 3214, art. 7. Questa arti­colazione fu, com'è noto, profondamente rimaneggiata nel decennio successivo, con un anda­mento contraddittorio circa le competenze e la composizione dell'istituto. Questa fluttuazione era " la conseguenza di una battaglia a vicende alterne fra due elementi dello Stato fascista . . . Perché i l potere fosse assoluto e funzionasse rapidamente bisognava che le redini fossero rette dal minor numero possibile di persone; d'altra parte con l'accumulare di poteri e l'attirare ver­so un unico centro ogni specie di interessi estranei, era inevitabile che l' organizzazione dello Stato diventasse più complessa invece che più semplice, particolarmente in vista della definiti­va influenza politica che andava esercitata su tutti i campi»: MINISTERO DELL"EDUCAZIONE NAZIO­NALE, La politica e la legislazione . . . cit . , p. 123 .

1 G . CIAMPI, Il governo della scuola . . . cit . , pp. 198-236. 2 C. MATTEUCCI, Poche e buone università, ora in G. TALAMO, La scuola . . . cit. , pp. 98-99.

32 Fonti per la storia della scuola

elettiva o per proposta ministeriale, entrano nel Consiglio superiore, a parti­re dall'entrata in vigore della legge 1881 fino alla legge Gentile I _

Continuava dunque la tradizione che aveva segnato la vita del Consiglio superiore sin dal momento della sua istituzione: l'Accademia universitaria era la struttura portante, l'ossatura dell'istituto; pressoché assenti sia i do­centi dell'insegnamento secondario e primario sia gli operatori nel settore amministrativo. Questo meglio di tanti altri elementi fa capire la fondatezza delle riserve che si espressero sull'effettiva capacità del Consiglio di assom­mare in sé tante e così diverse competenze che vertevano sull'intero sistema scolastico ed educativo.

Un'altra critica che la coeva pubblicistica non mancò di lanciare era quella della sostanziale inamovibilità della carica, malgrado la legge sancisse con chiarezza tempi e modalità per il rinnovo del personale (ricordiamo che solo la legge Bon Compagni aveva stabilito la carica a vita per i membri or­dinari). Dai dati in nostro possesso tali critiche trovano ragion d'essere, al­meno in alcuni periodi. L'organico complessivo fra il 1 847 ed il 1928 risulta di 354 elementi, esclusi i membri dei Consigli di Napoli e Palermo e dei Co­mitati istituiti da Berti nel 1 866- 1 867. Nel nostro lavoro già ricordato aveva­mo seguito minutamente alcuni passaggi legati al primo quarantennio dell'i­stituto: qui riportiamo solo alcuni dati. La continuità nella carica è una co­stante che caratterizzò il periodo subalpino e che trovò conferma anche do­po l'Unità. Da 34 consiglieri compresi fra il 1 848 ed il 1 859 (l'organico del Consiglio superiore fissato dalla legge Bon Compagni era di tredici membri e salì a quindici durante l'applicazione della legge Lanza) si passa a 64 consi­glieri nel ventennio 1 860- 1880 (l'organico era di ventuno membri, fatta ec­cezione per il 1 865, allorché fu portato a trenta). I tassi di rotazione indica­no che nel primo ventennio postunitario si ebbe il minor ricambio.

Questo è tanto più vero per la prima metà degli anni Sessanta: tra il 1861 ed il 1864 restarono vacanti quattro posti di consigliere, compresa la carica di vicepresidente, coperta volta a volta dal consigliere più anziano.

Soltanto con il trasferimento a Firenze ed il conseguente allargamento dell'organico portato a trenta membri si assiste ad un significativo ricambio, scandito peraltro sia dall'assenza pressoché totale di personale proveniente dalle sedi di Napoli e Palermo 2 sia, al contrario, da un consistente travaso -tredici consiglieri su sedici - dei componenti della sede di Torino. La pie-

1 Dei 255 consiglieri compresi fra il 1881 e il 1923 ben 206 ricoprirono un ruolo universi­tario. Di questi 38 provenivano dall'Università di Napoli, 34 da Roma, 23 da Torino, 20 da Pi­sa, 17 da Pavia, 16 da Bologna, 1 5 da Firenze, 1 0 da Genova, 10 da Padova, 8 da Milano, 7 da Palermo, 2 da Parma e Siena, l da Messina, Sassari, Modena e Venezia. Specifichiamo che, ri­spetto a quanto indicato nell'appendice sui consiglieri, si è considerata la sede universitaria re­lativa al momento dell'entrata in vigore della legge del 188 1 . Ciò è significativo solo per Can­nizzaro, Lignana, Marniani e Messedaglia, passati all'Università di Roma.

2 Provenivano dal Consiglio di Napoli Spaventa e De Renzi; dal Consiglio di Palermo Can­nizzaro entrò nuovamente nel Consiglio superiore solo nel dicembre 1866.

Introduzione 33

montesizzazione dell'istituto era inoltre accentuata in termini geografici dal fatto che, di questi tredici, nove erano piemontesi e con un'anzianità di ser­vizio che oscillava fra i cinque e i dieci anni: l'esperienza, unita al prestigio personale, garantiva la continuità politica e amministrativa nel momento dell'italianizzazione dell'istituto.

La Destra, nel decennio successivo, confermava la scelta della continui­tà, convinta, come ribadiva Bonghi, che «l'azione del Consiglio non si sareb­bè per nulla migliorata introducendo dei consiglieri nuovi in luogo di quelli che avevano già la pratica degli affari» I _

Infatti dei 3 0 consiglieri che fanno parte del Consiglio fra il 1867 e d il 1876 ben 13 erano stati nominati per la prima volta ai sensi della legge Casa­ti, cui si aggiungevano 6 elementi introdotti dalla breve esperienza della leg­ge Berti.

D'altro canto la stessa Sinistra appena salita al potere non fu esente da colpe, e in attesa della nuova legge che vide la luce soltanto dopo cinque an­ni dalla rivoluzione parlamentare « dimenticò » il Consiglio superiore che parve addirittura sopravvivere a se stesso.

Con la legge 17 febbraio 1881 l'obiettivo di assicurare un ricambio con­tinuo all'interno del Consiglio può dirsi raggiunto, sia mediante l'allarga­mento numerico, da ventuno a trentadue membri, sia per l'effettiva applica­zione del sistema di rotazione che, pur non eliminando la possibilità di una o più nomine successive, impediva la riconferma immediata e sanciva l' ob­bligo di un anno di stacco, obbligo regolarmente seguito . Non mancarono tuttavia, nelle prime elezioni, segnali che non tutti gli ambienti fossero pronti a recepire la volontà di rinnovamento e non possono essere intese solo come un atto dovuto le riconferme di Amari, Villari, Spaventa, Canniz­zaro, Cantoni, Brioschi, Betti, che in una sorta di plebiscito accademico as­surgevano al ruolo di padri nobili del consesso 2 •

Al di là di queste eccezioni la lettura dei dati mette in evidenza un indub­bio succedersi di uomini nuovi. Dal 1881 al 1 909 (trentadue i membri previ­sti) risultano presenti 17 5 membri, di cui solo 18 sono elementi già noti; dal 1909 al 1915 (trentasei membri) si avvicendano 74 membri, dei quali 38 so­no di prima nomina; dal 1 9 1 5 al 1923 (trentadue membri) ruotano 78 mem­bri, di cui 4 1 elementi nuovi; dal 1923 al 1928 (ventuno membri per legge) ruotano 37 membri, di cui 29 nuovi 3 .

1 AP, Camera dei deputati, legislatura XIV , I sessione (1880-81), Discussioni, IV, tornata del 27 gennaio 1881, p. 3247.

2 Il ministro Baccelli confermò nella carica di consigliere Prati e Mamiani: quest'ultimo fu anche nominato vicepresidente. Il ministro Coppino nel 1884 a sua volta richiamò nel Consi­glio Bertoldi e Messedaglia.

3 Va detto che la l. 17 feb. 1881 prevedeva un rinnovo annuale dell'organico, pari ad un quarto, mediante sorteggio. Questa procedura produsse un indubbio ricambio, ma suscitò an­che alcune riserve di cui si fece portavoce il ministro della pubblica istruzione Villari, che nel 1891 presentò un disegno di legge che, oltre a ridurre i membri da trentadue a ventiquattro,

34 Fonti per la storia della scuola

Questi dati devono a loro volta leggersi accanto a quelli relativi alla du­rata temporale complessiva. Dei 255 elementi compresi nell'arco 1881- 1923 ben 164 ricoprono un solo mandato, 57 membri due mandati e 13 tre man­dati: i restanti 2 1 consiglieri costituiscono una sorta di cenacolo ove la cari­ca di consigliere diviene di fatto a vita. Boccardo, Barberis, Cremona, Dini, Ferraris, Golgi, Roiti, Schupfer, Scialoja, appaiono tutti per la prima volta dopo il 188 1 , ma le loro vicende, per il carattere di continuità, risultano analoghe a quelle di Amari, ·Bonghi, Mamiani, Brioschi. Un'ultima notazione relativa alla carica di vicepresidente: essa si identifica per lo più con quanti nell'istituto si distinguono per la durata dell'incarico di consigliere. Il vice­presidente viene a rappresentare, dunque, la stabilità rispetto alla mutevo­lezza politica insita nella carica ministeriale, con un rapporto analogo a quello esistente fra ministro e direttore generale. Questo andamento risulte­rà attenuato a partire dal primo Novecento.

Un altro aspetto significativo riguarda il rapporto con la militanza politi­ca. Per tutti i membri del Consiglio si sono indicati la carica di deputato e senatore, gli incarichi governativi ed istituzionali. Nell'arco temporale com­plessivo (1847- 1928) i consiglieri assommano, come si è già detto, a 354 1 ; di essi 96 sono eletti deputati, 146 sono nominati senatori (di questi 5 5 era­no stati prima deputati): ad essi vanno aggiunti altri 35 parlamentari eletti come membri del Consiglio superiore direttamente dalla Camera dei deputa­ti e dal Senato, in virtù della legge del 1 909 2• Anche volendo ridurre il signi­ficato della nomina senatoriale - la carica di membro del Consiglio superiore era compresa fra le categorie nelle quali scegliere i senatori - pure la consi­stente presenza di elementi impegnati nella politica attiva - oltre 2/3 del to­tale - conferma appieno la commistione fra politica-cultura-società. Ad ac­centuare tale caratteristica si aggiungono le cariche governative ed istituzio-

prevedeva l'aumento della durata del mandato portandolo da quattro a sei anni. A dire del Vii­lari, ciò avrebbe posto riparo ai «troppo rapidi cambiamenti de' suoi membri» e avrebbe assicu­rato «maggiore stabilità tradizionale al Consiglio » («Bollettino ufficiale del Ministero della pub­blica istruzione>>, 1891 , pp. 967-968). Con la legge del 20 ago. 1909, che innalzò il numero dei consiglieri da trentadue a trentasei, si introdusse il sistema del rinnovo, pari a metà dei mem­bri, ogni biennio; anche lo stacco per un successivo mandato fu portato a due anni.

Con il d.l. lgt. del 1 3 apr. 1919 si sancì che i membri uscenti, per metà e per una sola volta, potessero essere rinominati o ridetti immediatamente; per gli altri membri il mandato poteva essere attribuito di nuovo solo dopo un biennio dalla data di scadenza.

La legge Gentile del 1923 stabili che dei ventuno membri del Consiglio, con incarico setten­nale, dieci uscissero per sorteggio ogni quattro anni. La successiva legge del 4 feb. 1926 ridusse il mandato da sette a quattro anni, fissò il rinnovo biennale per sorteggio di dieci consiglieri e reintrodusse la possibilità della conferma dopo un anno.

1 Ricordiamo che, per omogeneità di dati, non abbiamo calcolato i componenti dei consigli di Napoli e Palermo e dei comitati istituiti da Berti nel 1866-'67 pur avendo indicato auche per essi le eventuali cariche ricoperte.

2 Fra questi, sei avevano già fatto parte del Consiglio superiore della pubblica istruzione.

Introduzione 35

nali; 3 7 consiglieri ricoprono cariche ministeriali, 21 sono segretari generali o sottosegretari.

Qu�sto andamento, che si era delineato con chiarezza sin dal periodo subal�m�, res�a dunque una costante che fa del Consiglio superiore della pubbhc� 1str�z10ne un organismo particolarmente vicino al terreno politico.

L� sltuazwne non muta nella fase di costruzione dello " Stato, fascista: n?� e un caso

. che tr� il !92

.3 e.d il

.1928, all'interno del Consiglio superiore,

c1 s1 av:al�a d� al�uru de1 �nnc1pah teorici del costituendo regime. 7e m��ca�10ru s?pr� np�r�ate ci confermano la necessità di proseguire

nell a�ahs1 d1 orgarusrm quah 1 Consigli superiori, con particolare riguardo a quant1 entrarono a farne parte. Risulta sempre più evidente l'utilità di pro­durre una sorta di Annuario generale dello Stato, che comprenda le cosid­dette «cariche istituzionali, nelle sue accezioni più late 1 •

Un esempio fra i tanti. Dall'elenco dei membri del Consiglio della previ­de�za dal

. 18

.69 al 1923 redatto da Dora Marucco appaiono poche ma signifi­

catiVe co.m�1denze .con alcuni nomi che abbiamo trovato fra i componenti del Cons1glio supenore della pubblica istruzione. Arcoleo, Cossa Dini Car­lo F. Ferraris , Luzzatti, Nitti, Novelli sono membri dell'uno e dell'altro' Con­siglio per un arco temporale significativo 2 •

Presenze che a volte appaiono singolari e che accomunano persone di­verse quale Novelli, ufficialmente poeta e che pure presta servizio dal 1873 al 1877 nel Consiglio superiore di beneficenza e dal 1883 al 1887 in quello dell'istruzione, e Nitti, il politico di spessore e che soprattutto alla luce delle analisi più recenti appare uno dei grandi teorizzatori del moderno modello amministrativo che la classe dirigente produsse.

St�ria istituzionale e storia dell'educazione: due modelli di lettura per un organ1smo quale il Consiglio superiore della pubblica istruzione che forte ?el rigore intellettuale che albergò al suo interno, rivendicò a sé : attr�verso il suo operato, un ruolo propositivo, una sorta di dicastero della program­mazione culturale.

. 1 Esemplari in tal.senso i recenti lavori: L 'amministrazione centrale dall'Unità alla repub­b�zca. Le struttum e 1 dirigenti, a cura di G. MELIS, vol. I: Il Ministero degli affari esteri, a cura dr V. PELLEGRINI, Bologna, Il Mulino, 1992; vol. II: Il Ministero dell'interno, a cura di G. To­SATTI, Bologna, Il Mulino, 1992; vol. III: I Ministeri economici, a cura di L. GruvA e M. GUER­CIO, Bologna, Il Mulino, 1992; vol. IV: Il Ministero della cultura popolare. Il Ministero delle

poste e �elegra.(i, a cura di P. FERRARA e M. GIANNETTa, Bologna, Il Mulino, 1992. Questi lavori, f�utto d1 una ncerca sulla «organizzazione e funzionamento delle pubbliche amministrazioni» npercorrono la storia amministrativa interna dei dicasteri ed offrono l'anagrafe dei titolari de� gli uffici di v�rtice dei ministeri. Per il Ministero della pubblica istruzione si veda R. UGOLINI Per una stona dell'amministrazione centrale. Il Ministero della pubblica istruzione I859� 1881, Roma, Edizioni dell'Ateneo e Bizzarri, 1979.

2 Dini fu membro del Consiglio superiore di previdenza dal 1904 al 1 9 1 1 e dal 1914 al 1920; Carlo F. Ferraris dal 1883 al 1922; Luzzatti dal 1869 al 1875 e dal 1881 al 1889· N'tf d 1 1892 al 19 1 1 .

' 1 1 a

36 Fonti per la storia della scuola

Questo modo attivo di concepire la propria funzione traspar� c?ntinu�­

mente dagli atti dell'agire quotidiano. La documentazione che qm s1 pubbh­

ca vuole essere testimonianza concreta di questo continuo confronto fra

paese reale e paese legale del quale il Consiglio si fec� interpr�te: i docu­

menti scelti - questioni di spazio hanno costretto a tagh doloros1 - sono elo­

quenti della volontà di mai ridursi a semplice notaio dell'operato governa-

tivo. GABRIELLA CIAMPI

Università degli studi della Tuscia

IL IL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE ATTRAVERSO LA DOCUMENTAZIONE D'ARCHIVIO E LE DISPOSIZIONI NORMATIVE

Seguire il nascere e l'evolversi di un organismo in apparenza semplice e ben strutturato, in realtà ricco di problematiche, di contraddizioni, di ri­svolti, i cui riflessi influenzeranno poi, più o meno apertamente, quelle che saranno le vicende dell'istruzione pubblica in Italia dallo Stato sabaudo al­l'avvento e al consolidamento del regime fascista, non è impresa facile. E se non lo è, crediamo, da un punto di vista più specificatamente storico-politi­co e culturale, analogamente non lo è, e non può esserlo, dal punto di vista della vita e del funzionamento interno dell'istituto, che qui più precisamen­te ci si propone di esaminare. Basti pensare ai presidenti (non solo e non proprio formali) dell'alto consesso, e cioè ai vari ministri della pubblica istruzione, che in numero di circa sessanta si susseguirono nel corso del pe­riodo esaminato; basti riflettere sul numero elevato di cultori della scienza, della medicina, della letteratura, della filosofia, delle leggi, della politica tout court (circa quattrocento nominativi, compresi i consiglieri delle sezio­ni staccate di Napoli e Palermo) che si avvicendarono in quelle stanze, per capire la complessità di una ricostruzione del genere.

E infatti la mole imponente della documentazione che, direttamente o indirettamente, si riferisce al Consiglio superiore della pubblica istruzione, anche solo per l 'ottantennio da noi considerato, rischia continuamente di far appannare l'orizzonte, di far perdere quel filo guida, quel nesso ideale che pure esiste tra i vari momenti della vita di quell'organo.

E questa difficoltà oggettiva si è infatti presentata, e non poteva non pre­sentarsi, al momento della scelta della documentazione da esibire come te­stimonianza e come sussidio alla ricerca in materia. Il Consiglio superiore assume infatti, nel corso degli anni, competenze vastissime che toccano, o quanto meno lambiscono, tutti i settori della pubblica istruzione in Italia, da quello primario e popolare, a quello secondario , a quello superiore o uni­versitario . E la testimonianza diretta di ciò la possiamo ricercare nella osmo­si continua delle carte tra quei rami dell'amministrazione scolastica e l'orga­nismo da noi esaminato.

La documentazione che si pubblica non poteva quindi che fotografare momenti, ma momenti significativi, delle vicende e dell'evolversi dell'istru­zione pubblica nel regno, con un criterio tematico-cronologico che, più che il migliore, sembrava il solo rispondente all'arduo compito di dover, attra­verso un numero limitato di pagine, dare l'idea delle migliaia di dibattiti, in­terventi, atti istruttori, decisioni e quant'altro, dei quali si ha testimonianza

38 Fonti per la storia della scuola

nelle circa ottocento cartelle di atti, e nei circa duecento volumi di processi verbali, del Consiglio superiore.

A corredo della documentazione inserita nel volume, e per una migliore comprensione delle competenze, attribuzioni e trasformazioni dell'organo da noi esaminato, viene inserita in appendice una elencazione normativa che si ritiene possa costituire uno strumento utile per gli approfondimenti del caso. Come pure significativa può rivelarsi la seconda parte dell'appen­dice, riguardante gli uomini che (chi en passant, chi per periodi lunghissi­mi a volte interrotti soltanto da motivi di salute o dall'intervenuto decesso) si �ccuperanno e in certo qual modo influenzeranno, o tenteranno di in­fluenzare, la politica scolastica in Italia.

Il Consiglio superiore dalla nascita alla riforma Baccelli (1847-1881)

Anche se le carte degli atti ci recano testimonianza dell'organo in que­stione dal 1849, e il processo verbale della prima seduta reca la data del 12 novembre 1848, la nascita ufficiale del Consiglio superiore della pubblica istruzione risale a circa un anno prima, e cioè al 30 novembre 1847, quando Carlo Alberto, con regie lettere patenti, « crea un apposito dicastero per la suprema direzione degli studi col titolo di Regia Segreteria di Stato per l'i­struzione pubblica», istituendo, all'art. 6, un «Consiglio Superiore della pub­blica istruzione» 1 . Sarà poi, questo, l'organo di autogoverno della scuola che, come vedremo in seguito, passerà, attraverso le vicende varie e com­plesse legate all'unificazione, dall'ambito ristretto del Regno di Sardegna al­le ben più ampie prospettive e ai ben più ardui compiti derivanti dalla costi­tuzione dello Stato unitario 2 •

Il primo decennio di vita del nuovo organismo si svolge all'ombra della legislazione sabauda, certamente non rivoluzionaria in materia, e che, alme­no nei provvedimenti essenziali che lo riguardano (dalla legge Bon Compa­gni alla legge Casati) ne definisce sempre più e meglio la struttura e le fun­zioni.

Se si eccettua infatti il regio brevetto del dicembre 1847 che, dando cor­so al dispositivo contenuto nelle lettere patenti anzidette, ne nomina i primi membri e ne stabilisce le prime competenze in seguito alla costituzione del ministero citato 3, un primo organico tentativo di sistemazione della variega­ta materia riguardante l'istruzione pubblica nel regno sabaudo, e in partico­lare il suo più alto organo tecnico-consultivo, è rappresentato dalla legge Bon Compagni, dal nome del suo proponente nonché reggente il dicastero medesimo, che risale all'ottobre 1848. Questa legge, almeno nella parte ri-

1 Rr. Il. pp. 30 nov. 1847, n. 652. 2 Per uno studio approfondito sui primi decenni del periodo da noi considerato si veda G. CIAMPI, Il governo della scuola . . . citata.

3 R. brevetto 27 dic. 1847, n. 662.

; ;

Introduzione 39

guardante il Consiglio superiore che occupa tutto il titolo II, fornisce innan­zitutto indicazioni sulla sua composizione, che vede un vicepresidente af­fiancato da sette membri ordinari (nominati a vita), l'uno e gli altri dotati di uno stipendio, ai quali vanno ad aggiungersi cinque membri straordinari con mandato triennale non retribuito. La totalità dei componenti del Consiglio è poi naturalmente di nomina regia; e così sarà almeno fino alla riforma del 188 1 (la cosiddetta legge Baccelli), che darà ampio spazio alle legittime aspi­razioni del mondo docente, rendendo parzialmente elettivo l'alto consesso. La legge del '48 stabilisce inoltre, per il Consiglio, competenze di ordine e di carattere generale in materia di pubblica istruzione. Esso doveva infatti provvedere a preparare progetti di legge e di regolamenti generali a richie­sta del ministro, o esaminare quelli che quest'ultimo gli avrebbe sottoposto; doveva altresì provvedere a « formare il piano generale degli studi, esamina­re ( . . . ) e ( . . . ) approvare i programmi dei singoli corsi trasmessi ( . . . ) dai Con­sigli universitari» . Altri delicati compiti del Consiglio erano l'esame e l'ap­provazione dei libri di testo, la stesura di una relazione triennale sullo stato dell'istruzione nel regno, il giudizio in materia disciplinare riguardo al cor­po insegnante universitario, secondario ed elementare 1 .

Un regolamento interno, di poco successivo, viene poi a chiarire meglio il modo di essere e di agire del Consiglio, con lo stabilire il numero e la ca­denza delle sedute, i criteri per l'assegnazione e l'esame delle pratiche, le norme da seguire per la discussione e le conseguenti deliberazioni, per la stesura e l'approvazione del processo verbale, e così di seguito. È un'elenca­zione minuziosa dalla quale traspare, nell'ultimo articolo, un elemento che sarà poi spesso fonte di acuti contrasti e contrapposizioni tra l'autorità che aveva la responsabilità dell'indirizzo politico in materia di istruzione, e cioè il ministro, e il Consiglio nel suo complesso. In questo articolo si parla infat­ti sì di funzioni consultive dell'organo, ma non solo di queste, anche se in casi più o meno circoscritti e ben specificati 2 •

La vita interna dell'istituto segue comunque il suo corso, avviando e per­fezionando le procedure che lo porteranno a discutere, e ove previsto a de­liberare, sui programmi scolastici, sulle leggi, sui regolamenti, sui libri di te­sto, sui procedimenti disciplinari, sulla chiusura o meno di scuole. Ne sono testimonianza, man mano sempre più copiosa, i vari documenti conservati negli atti del Consiglio, e costituenti, più che altro, il carteggio istruttorio delle varie pratiche sottoposte al suo esame, e i volumi dei processi verbali delle sedute del Consiglio medesimo. In questi ultimi sono riportati, in ma­niera più o meno analitica, i dibattiti svolti e le deliberazioni prese, il tutto

1 L. 4 ott. 1848, n. 818 . 2 I l « Regolamento per le sedute del Consiglio superiore di pubblica istruzione " dell' 11 feb­

braio 1849 (come del resto gli altri che lo seguiranno) risulta edito in G. CIAMPI, Il governo del­la scuola . . . cit., pp. 237-239.

----------------------------............................ � .................. �jn' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' I J i J J

40 Fonti per la storia della scuola

spesso con l'aggiunta di allegati (contraddistinti da una lettura alfabetica)

uniti al verbale della seduta alla quale si fa riferimento. Il Consiglio è quindi ormai una realtà. Realtà che nel corso di un breve

lasso di tempo passerà da due successive statuizioni (legge Lanza e legge Ca­

sati), al rilevante problema delle competenze e delle funzioni nell'ormai

nuova entità nazionale. Dopo l'approvazione parlamentare, nel giugno 1857, viene finalmente

promulgata una legge di riassetto dell'istruzione pubblica negli Stati sardi

che farà riferimento, ove per modificare, ove per annullare, ove per innova­

re, alla precedente legge Bon Compagni del 1848. E anche il Consiglio supe­

riore non esce indenne da questo riassetto, risultando pur sempre fonda­

mentalmente un organo consultivo, sotto la presidenza del ministro compe­

tente. Pur tuttavia, già le norme che riguardano la nomina dei suoi compo­

nenti ci fanno comprendere che sono avvenuti mutamenti di rilievo. Il Con­

siglio sarà infatti composto di dieci consiglieri ordinari, due dei quali «non

debbono appartenere alla pubblica istruzione» , e di cinque straordinari

" scelti pure dal re sopra una terna proposta da ciascuna delle cinque Facoltà

dell'Università di Torino » . I soli ordinari saranno retribuiti, e viene a man­

care la nomina a vita con la norma che stabilisce il rinnovo annuale di un

quinto del Consiglio (due membri ordinari e uno straordinario ogni volta).

La segreteria è affidata ad un ufficiale del ministero, ed è prevista la figura, e

l'intervento alle sedute, del consultore legale o di altri esterni, quando se ne

dia il caso e senza diritto di voto. Al Consiglio sono sottoposti problemi e

quesiti di ordine generale in materia di pubblica istruzione, l'esame e l'ap­

provazione dei libri di testo, l'esame dei titoli degli aspiranti a cattedre. Dà

inoltre il suo parere sui dubbi circa la corretta interpretazione e applicazio­

ne delle leggi in materia, sui conflitti di competenza fra le varie autorità del

settore, e in generale «SU tutto quanto concerne l'ordinamento generale de­

gli studi» . Se per gli altri ordini di scuole la sua funzione è poi strettament� consultiva, per il mondo universitario esso diventa collegio giudicante. E

sua cura predisporre e redigere, ad ogni quinquennio, «una relazione gene­

rale dello stato di ciascuna parte dell'istruzione» . È naturalmente abolito il

vecchio Consiglio superiore, che resterà però in carica fino alla nomina dei

nuovi membri 1 • I l regolamento attuativo della legge seguirà quasi immediatamente, i l 30

giugno dello stesso anno 1857. Fra l'altro vi si precisa che l'esame di ogni

pratica viene affidato, di volta in volta, a un consigliere relatore. Per le que­

stioni più gravi il Consiglio nomina poi nel suo ambito una commissione, e

le varie relazioni devono sempre essere «fatte in iscritto e firmate dal Rela­

tore» 2•

1 L. 22 giu. 1857, n. 2328. 2 R.d. 30 giu. 1857, n. 2329.

Introduzione 4 1

È trascorso poco più di un biennio quando, in regime di pieni poteri per le vicende politiche e militari di quell'anno, nel novembre del 1859 la pub­blica istruzione viene nuovamente a costituire oggetto di attenzione da par­te dell'autorità governativa. Il 13 novembre viene infatti emanata la cosid­detta legge Casati, dal nome del ministro proponente che, se riorganizza e sistema in una serie lunghissima di articoli tutto il campo della politica e normativa scolastica, non può non coinvolgere in questa azione di riforma anche l'organo di autogoverno per eccellenza della scuola, e cioè il Consi­glio superiore della pubblica istruzione. Dati essenziali vengono ad essere, per quanto riguarda quest'ultimo, la sua composizione (ventuno membri tra quattordici ordinari retribuiti e sette straordinari); la durata della nomina (sette anni); la possibile ripartizione del Consiglio in tre sezioni, corrispon­denti ai vari rami dell'insegnamento. Presidente ne è sempre il ministro; vi­cepresidente uno dei membri, nominato dal re per un biennio. Le facoltà consultive restano sostanzialmente immutate in materia di politica generale dell'istruzione pubblica, come pure resta immutata l'erezione a collegio giu­dicante per i docenti universitari. La solita relazione generale quinquennale sullo stato dell'istruzione nel regno deve poi costituire uno dei momenti più alti di sintesi dell'intenso lavoro ricadente sul Consiglio 1 .

Un regolamento attuativo, emanato anche questa volta dopo un brevissi­mo lasso di tempo, e cioè il 23 dicembre successivo, delinea poi, fra l'altro, con precisione la divisione in tre sezioni del Consiglio (la prima per gli studi superiori; la seconda per gli studi secondari classici; la terza per quelli tecni­ci, primari, e per le scuole normali). È poi il ministro a ripartire il Consiglio in sezioni, a nominarne il rispettivo presidente, e a designarne i membri di appartenenza. Le pratiche, esaminate di volta in volta dalla sezione compe­tente, devono successivamente ricevere il placet, sottoforma di una formale deliberazione, dal Consiglio a sezioni riunite, per veder concluso il loro iter 2•

Tralasciando le vicende politico-militari che porteranno all'unificazione, anche la legislazione in campo scolastico tenderà pian piano a uniformarsi a quella che era la normativa del vecchio Regno di Sardegna. Pur tuttavia, in questo contesto di sensibili mutamenti, Napoli e Palermo conservano, per qualche anno ancora, una loro particolare peculiarità. Un decreto proditta­toriale dell'ottobre 1860 estende infatti alla Sicilia la validità della legge Ca­sati, aggiungendo anche l'istituzione, in Palermo, di un «Consiglio superiore d'istruzione pubblica» che deve sovrintendere all'amministrazione della pubblica istruzione nell'isola. Il Consiglio risulta composto di un presidente e di sei membri di cui uno vicepresidente, tutti nominati dal re. La durata in carica è di tre anni, con un rinnovo annuale di due componenti 3•

1 L. 1 3 nov. 1859, n. 3725. 2 R.d. 23 dic. 1859, n. 3807. 3 D. prodittatoriale 17 ott. 1860, n. 263.

..

42 Fonti per la storia della scuola

Di lì a poco, nel febbraio successivo, anche Napoli e le province napole­tane avranno la loro « legge organica del Consiglio superiore di pubblica istruzione» . I membri vengono elevati a quindici, distinti in ordinari (sei e retribuiti) e straordinari (nove), tutti di nomina regia, con possibilità di scel­ta anche tra i non docenti. La durata in carica è di tre anni. Le competenze e la divisione in tre sezioni riflettono i contenuti della legge Casati 1 •

Nella nuova realtà geografica, politica, giuridica· e amministrativa, che si

era appena formata, non sembra comunque esserci troppo spazio per spinte centrifughe o differenziazioni di sorta, e il settore degli organi che devono sovrintendere alla pubblica istruzione nel neonato Regno d'lta�a non può certamente costituire una sia pur valida eccezione in materia. E infatti del luglio 1 86 1 il regio decreto col quale si stabilisce, fra l'altro , che «�'attuale Consiglio di pubblica istruzione in Napoli è considerato come sezwne del Consiglio superiore di pubblica istruzione [residente a Torino] . Esso darà il suo parere negli affari , di cui sarà incaricato dal Ministro» 2 •

Analoga disposizione riguarderà, di lì a poco, il Consiglio di Palermo, considerato anch'esso una sezione staccata del Consiglio superiore di pub-blica istruzione di Torino 3 .

La tendenza è quindi quella di far scomparire pian piano diversificazioni e disomogeneità, e di ricondurre il tutto a un medesimo disegno unitario .

Comunque, pur in mezzo a gravi difficoltà 4, e a questa anomalia di fon­do della contemporanea pratica presenza di tre consessi, a Torino, Napoli e Palermo, di fatto muti tra loro (per legge i vicepresidenti delle sezioni di queste due ultime città corrispondevano direttamente col mi�stro ), �e cose seguono il loro corso fino all'anno del trasferimento della cap1tale a Frrenze, il 1 865 per l'appunto, col quale ha inizio una serie di mutamenti di non lie-ve importanza 5 •

• • Intanto, un regio decreto del settembre 1 865 provvede a stabtlrre che "entro la ultima quindicina del prossimo mese di ottobre tutte le sezioni del Consiglio superiore di pubblica istruzione saranno riunite nella sede del Go­verno in Firenze» 6 .

Le realtà di Napoli e Palermo vengono quindi ad essere praticamente

1 D . l. lgt. 1 6 feb. 1861, n. 208. 2 R.d. 25 lug. 186 1 , n. 124. 3 R.d. 6 feb. 1862, n. 454. 4 Si veda, a tale proposito, l'accorata lettera del ministro della pubblica istruzione, De Sanc-

tis, al vicepresidente della sezione del Consiglio superiore di pubblica istruz�one �i �a�oli Sal­vatore De Renzi del 5 ottobre 1 86 1 , da Torino, per invitarlo a far presente a1 constghen « quale sconcerto rechi la loro assenza nel disbrigo degli affari [ . . . ] ". Era infatti frequente l'impossibili­tà di riunire la sezione per la mancanza del numero legale. Il documento si trova in ACS, MPI, CSPI (1849-1903), b. 20, fase. 32, s. fase. l .

s n materiale riguardante l e sezioni di Napoli e Palermo del Consiglio superiore è presente in maniera cospicua ibid., bb. 20-34.

6 R.d. l o set. 1865 , n. 2495 .

Introduzione 43

cancellate con questo escamotage; e il nuovo regolamento del novembre successivo ristruttura il Consiglio sempre in riferimento alla legge guida del 1859. Resta la divisione in sezioni (interne al Consiglio), che si occuperanno delle tre principali branche dell'istruzione. Ogni sezione sarà composta di dieci membri per un totale di trenta consiglieri, dei quali venti ordinari e dieci straordinari. Le sezioni saranno rinnovate nella loro composizione ogni anno. Per l'esame dei libri di testo il Consiglio elegge nel suo ambito una Commissione di cinque membri. È prevista inoltre la stesura della rela­zione quinquennale sullo stato dell'istruzione 1 , che infatti proprio quell'an­no vedrà la luce, per la prima ed unica volta.

Il cambio di conduzione politica al ministero (al Natali era subentrato nel dicembre 1 865 Domenico Berti) porterà con sé anche un cambiamento radicale nella struttura e nella composizione del Consiglio superiore. Infatti, col regio decreto del dicembre 1866, il vecchio Consiglio viene abolito, e al suo posto subentrano tre comitati (per l'istruzione universitaria, secondaria, primaria rispettivamente). Nell' ambito del Comitato per l'istruzione univer­sitaria, composto dai rettori delle università, dai direttori e presidi degli isti­tuti superiori e di perfezionamento e dai presidenti di cinque tra le principa­li accademie e istituti del regno, viene prevista anche una giunta di sette consiglieri con compiti più circoscritti, oltre le incombenze girate diretta­mente dal ministro. Sembra una sensibile differenziazione rispetto alla legge Casati, con «l'attribuzione agli "uomini di scienza" di un ruolo centrale nel­la conduzione degli affari scolastici» 2 • La riforma giunge poi così repentina (anche stavolta siamo in regime di pieni poteri per gli eventi politico-militari del periodo) che molti consiglieri (Bonghi, Giorgini, De Renzi ed altri) sono costretti a restituire man mano i vari incartamenti che stavano esaminando, per paterne riferire al Consiglio. Il povero cavalier Volpicella, funzionario ministeriale designato per le mansioni di segretario, annunzierà così alle va­rie divisioni ministeriali competenti l'arrivo delle nuove pratiche provenien­ti dal disciolto Consiglio superiore, molte delle quali «già preparate per es­sere portate alla discussione del consesso, avendo i relatori destinati per le stesse fatto i corrispondenti rapporti, 3 .

Non trascorre neanche un anno (nel frattempo al Berti era subentrato il Coppino nella conduzione politica del dicastero) che la riforma di cui sopra viene affossata. I regi decreti del settembre e dell'ottobre 1 867 ricostituisco­no il Consiglio (il primo), e ne approvano il regolamento (il secondo), se­condo l'ispirazione e i concetti della legge Casati, pur se con qualche neces­sario aggiustamento. Resta ad esempio confermata, sulla falsariga del prece­dente provvedimento del Berti, l'idea dell'istituzione di una giunta di nove

1 D.m. 2 1 nov. 1 865, n. 2689. 2 M. GIGANTE, L'amministrazione della scuola, Padova, CEDAM, 1988, p. 58. 3 Si vedano, a tale proposito, i vari documenti contenuti in ACS, MPI, CSPI (1849-1903), b.

38, fase. 3 5 , s.fasc. 20.

44 Fonti per la storia della scuola

membri, «la quale ha la direzione degli esami di passaggio dalle scuole se­condarie alle universitarie», mentre interviene l'esame e il voto del Consi­glio « sulla parte materiale del bilancio della pubblica istruzione riguardante gli stabilimenti d'istruzione superiore» r .

E si arriva quindi, dopo il 20 settembre e la legge su Roma capitale del febbraio 187 1 2, al secondo trasferimento, questa volta definitivo anche se molto travagliato, degli organismi centrali dello Stato, e quindi anche del Consiglio superiore. Aveva un bell'ironizzare il quotidiano fiorentino « La Nazione», che prudentemente aveva deciso di non seguire le consorterie po­litiche, e i suoi simili della carta stampata, nella città eterna, preferendo re­stare nel suo punto di osservazione sull'Arno; aveva un bell'ironizzare sulle difficoltà del nuovo trasloco, a pochissimi anni dal primo, della capitale del giovane regno 3. Molto meno spiritosa e allegra doveva essere la condizione del Gadda che, in qualità di commissario regio incaricato di provvedere al trasferimento e al reperimento materiale delle sedi ove installare provviso­riamente gli uffici delle amministrazioni centrali allora a Firenze, penerà non poco per trovare una soluzione quanto meno accettabile agli immani problemi presentatisi ai suoi occhi 4 .

Comunque sia, i l dicastero della pubblica istruzione viene ospitato, in via di prima sistemazione, in uno stabile di piazza Colonna di proprietà del­l'ospizio di S . Michele, acquistato dallo Stato nell'ottobre 187 1 , denominato poi palazzo Wedekind dal banchiere che successivamente lo rilevò. E si era costretti, data la scarsezza di sedi disponibili, a un forzato condominio con gli uffici delle poste, dipendenti dai Lavori pubblici. Altri uffici del ministe­ro saranno ospitati nei locali presi in affitto dallo Stato in palazzo Capranica, nella omonima piazza 5. D'altro canto, il numero degli impiegati della sede centrale, considerate le funzioni ancora relativamente limitate del dicastero, non assommava che a centoquarantadue in quel particolare momento, a

1 R.d. 22 set. 1867, n. 3956, e r.d. 20 ott. 1 867, n. 4008. 2 L. 3 feb. 1871, n. 33 . 3 In un fondo dell'agosto 187 1 dal titolo allusivo si poteva infatti leggere «<l trasferimento

è complicato a quest'ora da una quantità di sub-trasferimenti. Non c'è ministero che, arrivato a

Roma, abbia potuto fermarsi nei locali prescelti. L'Interno è andato ai Lavori Pubblici, e vice­

versa i Lavori Pubblici hanno preso il posto dell'Interno; la guerra anderà alla Marina, la Marina

dove doveva essere l'Agricoltura e Commercio . . . insomma un chassez-croisé dei più confusi.

Intanto le carte sono diligentemente chluse nelle casse: parte giace nei cortili dei ministeri a

Firenze; parte nelle stazioni lungo la linea; parte nella stazione di Roma; parte girano per le

strade della Città Eterna per seguire le molteplici trasmigrazioni dei ministeri. Venga un affare

da risolvere: dove sarà la pratica, la posizione o l 'incartamento relativi? In quale città? In quale

stazione? In qual cassa? Problema insolubile! » : «La Nazione » , 14 ago. 187 1 . 4 A tale proposito s i veda I ministeri di Roma capitale. L 'insediamento degli uffici e la

costruzione delle nuove sedi, Padova, Marsilio, 1985. 5 Ibid. , pp. 176-177.

Introduzione 45

grande distanza non solo dalle Finanze, ma ben anche dai Lavori pubblici, dall'Interno, dalla Guerra r .

I l Consiglio superiore s i unisce, appunto, agli uffici principali del mini­stero in piazza Colonna, cercando di riorganizzare le sue idee e i suoi pro­grammi, dopo l 'inevitabile disagio dovuto al trasferimento della sede da Fi­renze a Roma. Disagio che intanto comporterà una prima importante conse­guenza, e cioè la proposta di rinvio, accettata prontamente dal ministro, della stesura della laboriosa relazione quinquennale sullo stato dell'istruzio­ne pubblica nel regno 2• Altra conseguenza più o meno diretta di questo sta­to di cose l'accumulo di pratiche inevase, che costringerà il ministro ad invi­tare il Consiglio, per bocca del suo vicepresidente, a non più differire le riu­nioni dell'alto consesso 3 . A questo fatto si legava poi strettamente se non addirittura lo precedeva, l'altro del bisogno assoluto di potenziare Ìa segre­teria del Consiglio, secondo il pressante invito del segretario Volpicella al ministro del gennaio 1872 4 •

E si arriva così velocemente, sempre nell'ottica del Consiglio superiore, alla gestione Bonghi della pubblica istruzione, che vedrà poi il passaggio del­l'indirizzo politico del dicastero, con la cosiddetta «rivoluzione parlamenta­re», alla nuova e subentrante realtà nazionale, con nomi (Coppino, De Sanc­tis) che tuttavia non erano proprio sconosciuti in quelle stanze. n Bonghi, che già nell'ottobre del '74, pochi giorni dopo essere assurto all'alto incari­co politico, mostrava profonda attenzione ed interessamento per gli affari e i problemi del Consiglio 5, con due provvedimenti vicinissimi viene meglio a definire struttura e ruolo di quell'assemblea. Nell'uno, della fine di novem­bre 1874, è approvato un nuovo regolamento che ne specifica meglio e più minuziosamente le attribuzioni, laddove esso viene ad essere collegio giudi­cante; ove deve essere richiesto il suo parere; ove può essere richiesto. Im­mancabile poi, come momento alto di sintesi del lavoro svolto dal Consi­glio, la programmazione della solita relazione quinquennale «Sulle condizio-

1 I ministeri di Roma capitale . . . cit . , p. 168. 2 Si veda, a tale proposito, il carteggio relativo in ACS, MPI, CSPI (1849-1903), b. 58, fase.

58. 3 Ibid., b. 39, fase. 37, lettera del ministro della pubblica istruzione al vicepresidente del

Consiglio superiore, Roma, 21 set. 1872. 4 Ibid. , b. 39, fase. 36, il segretario del Consiglio superiore della pubblica istruzione al mi­

nistro, Roma, 10 gen. 1872. 5 _si .veda ad_ esempio la lettera di Ruggero Bonghi a Terenzio Mamiani, vicepresidente del

Consrglio supenore, del 9 ott. 1874, nella quale, dopo aver mostrato interesse per i problemi della segreteria del Consiglio, il ministro aggiunge: « Colgo l'occasione di scrivede per pregarla a porgere i miei ringraziamenti agli Onorevoli Consiglieri i quali presero parte ai lavori del Consiglio nelle adunanze dell'ottobre. Al tempo stesso voglia esprimere il mio rincrescimento a quelli che non intervennero, né fecero conoscere la ragione che li impedì dal rendersi all'invi­to, soggiungendo loro che da oggi in avanti io dovrò considerare un simigliante procedere qua­le una tacita rinunzia all'onorevole carica di consigliere»: ibid. , b. 61, fase. 64.

-_____________________________ L. ............... . J l l l j l 1 J j j J J l l l l i i j I l I

--

46 Fonti per la storia della scuola

ni dell'istruzione pubblica e privata, [che deve] essere presentata al Parla­mento » 1•

Nell'altro regio decreto, di pochi giorni successivo, viene dettagliata­mente definito «l'esercizio delle attribuzioni disciplinari del Consiglio supe-riore di pubblica istruzione» 2 • ·

Il cambio di guardia al vertice ministeriale sembra quasi preannunziare un qualche importante cambiamento nella vita e nella struttura interna del Consiglio che nel frattempo, sul finire degli anni '70, deve subire un altro, e questa volta fortunatamente breve pur se non ancora definitivo, trasferi­mento di sede nei locali dell'ex convento di S. Maria sopra Minerva, in via del Seminario, dove nel frattempo si sono già trasferiti gli altri uffici del Mi­nistero della pubblica istruzione. Le Finanze avevano infatti abbandonato quei locali per sistemarsi nella nuova sede del dicastero in via XX Settem­bre 3 .

La legge Baccelli e i primi decenni del periodo elettivo (1881-1909)

Che qualcosa stesse per mutare nelle regole del gioco che avevano carat­terizzato l'alto organismo consultivo dalla nascita, nel periodo prestatutario, agli anni del mutamento di indirizzo politico generale, lo si poteva evincere già da un fatto se si vuole secondario, ma indicativo del nuovo che stava per arrivare. Il segretario del Consiglio superiore invia infatti, 1'8 luglio 1 877, una lunga e dettagliata relazione al direttore della Divisione prima del mini­stero, avente per oggetto i locali e gli spazi occorrenti per il Consiglio mede­simo. Locali e spazi che avrebbero dovuto essere senz'altro non troppo ri­stretti, in ragione del fatto che «mentre il Consiglio è in oggi composto di 2 1 persone, tra consiglieri ordinari e straordinari, per effetto del nuovo or­dinamento che verrebbe stabilito dal disegno di legge già votato nello scor­cio di questa sessione dalla Camera dei deputati, il numero dei consiglieri verrebbe portato a 30» , ai quali andavano poi aggiunte le persone che, di volta in volta, avrebbero potuto essere coinvolte nei lavori del Consiglio 4• L 'iter del provvedimento di riforma, iniziato appunto nel '77, si chiuderà però soltanto nel febbraio 188 1 , in un momento se non di pieni poteri come in alcuni dei casi precedenti, tuttavia altrettanto delicato, per la profonda crisi itala-francese legata alla vicenda tunisina, e che vedrà, di li a poco, la fine della carriera governativa di Benedetto Cairoli. La legge quindi intervie­ne, concludendo il suo cammino parlamentare, in un contesto tutt'altro che tranquillo nella vita politica nazionale, venendo a stabilire modifiche e inno-

1 R.d. 29 nov. 1874, n. 2299. 2 R.d. 10 dic. 1874, n. 2300. ·

3 I ministeri . . . cit . , p. 177. Si veda anche, a proposito del trasferimento del Consiglio su­periore, il carteggio contenuto in ACS, MPI, CSPI (1849-1903), b. 107, fase. 166.

4 Ibid. , b. 85, fase. 1 17 .

'

Introduzione 47

vazioni c�e, agg�unte all'altra importante riforma di epoca giolittiana che vedremo m segmto, condurranno il Consiglio sino alle soglie del ventennio fascista. Innovazione fondamentale della cosiddetta legge Baccelli dal nome del ministro sotto il quale verrà promulgata, sarà quella dell'in�roduzione del sis�ema di des�g�azione elettivo per una metà dei membri del Consiglio medesrmo. «E cos1, mtroducendosi per la prima volta il sistema elettivo sia pure p�rziale, diveniva realt� il voto di quanti avevano auspicato un c�rpo consultivo su base democratica» 1•

Il provvedimento stabilisce infatti, dopo aver esteso a tutto il territorio nazionale la validità delle norme della legge Casati con le modificazioni or o�a apportate, che « il Consiglio superiore di pubblica istruzione è composto d� trent��ue membri, oltre il ministro che lo presiede» . Di questi, come ab­�tamo gta accennato, sedici sono ancora scelti e nominati dall'autorità poli­uca competente; ma gli altri sedici vengono ora designati al ministro dai va­r� corpi �cientifici universitari con il sistema elettivo e con criterio propor­zwnale, m modo che tutti i rami dell'istruzione superiore abbiano rappre­sentanza nell'ambito del Consiglio . Vengono poi stabiliti i modi per l'elezio­ne di questi ultimi, la durata in carica dei consiglieri (4 anni), la non ricon­fer

_ma �ediata, il rinnovo parziale annuale del Consiglio (per un quarto

?e� s�01 com�onenti, parte elettivi, parte di nomina ministeriale). Viene poi tstitmta una gmnta di 1 5 membri nell'ambito del Consiglio, divisa in sezioni secondo i rami dell'insegnamento. Sono poi specificate le attribuzioni del Consiglio, rimandando a un ulteriore provvedimento l'indicazione dettaglia­ta di quelle della giunta 2 .

Un successivo decreto del marzo 1881 viene poi a stabilire le norme per l'esecuzione della legge da poco emanata, soprattutto per quanto riguarda le procedure da seguirsi per l 'elezione dei nuovi membri del Consiglio 3 . Ven­gono poi stabilite le retribuzioni e indennità ai componenti il nuovo conses­so 4•

E nel gennaio 1882 viene emanato il decreto che approva il nuovo rego­lamento per il Consiglio superiore. In esso vengono, con maggior precisio­ne, stabilite le attribuzioni del Consiglio plenario, presieduto dal ministro o da un vicepresidente di nomina regia e con incarico biennale. E viene anche stabilito quanto deve essere di competenza della giunta. Entrambi i consessi Consiglio e giunta, sono poi eretti a collegio giudicante, per i docenti uni� versitari l'uno, per i professori di scuole secondarie l'altro 5 • La caratteristica emergente è infatti quella di delineare sostanzialmente come campo d'azio-

1 G. FERRARI, Costituzione e funzioni del Consiglio superiore della pubblica istruzione Milano, Giuffrè, 1950, p. 19.

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2 L. 17 feb. 188 1 , n. 5 1 . 3 R.d. 10 mar. 1881, n . 87. 4 Rr.dd. 12 mag. 188 1 , n. 238, e 9 giu. 1881 , n. 259. 5 R.d. 2 gen. 1882, n. 659.

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48 Fonti per la storia della scuola

ne del Consiglio plenario più che altro l'istruzione superiore, e per la giunta quella secondaria, come talvolta vedremo, più avanti, confermato anche in sedi elevate.

Intanto i lavori del Consiglio proseguono, pur se in un anno particolare nel quale vengono ad intersecarsi, alle vecchie strutture, tutte le novità (e le difficoltà e i dubbi relativi) portate dal nuovo ordinamento. Nel luglio 188 1 infatti il vicepresidente Terenzio Mamiani scrive ai membri della giunta per pregarli, anche se in quel periodo di vacanze non avrebbero potuto esserci riunioni formali, di occuparsi ugualmente degli affari pendenti, per aiutarlo « strenuamente ( . . . ) nell'opera difficile e faticosa di superare l'arretrato od almeno di diminuirne le proporzioni» 1 .

Attraverso i verbali e gli atti possiamo ben seguire la vita interna del Consiglio in questi anni e le difficoltà e i problemi che, pur in presenza di un sistema parzialmente elettivo che sta dando buona prova di sé, di volta in volta emergono. Come ad esempio quando il professar Gamberale, presi­de del liceo Bonghi di Lucera nonché rettore del locale convitto nazionale, che da poco più di un mese era stato scelto dal ministro per partecipare alla vita dell'alto consesso, ammette onestamente i suoi limiti nel restituire ine­vasa al mittente, cioè al vicepresidente del Consiglio, la pratica mandatagli per un primo esame, onde riferirne poi nelle successive riunioni di quell'as­semblea. « Fin dal momento della mia accettazione [sottolinea il Gamberale] io mi prefissi di non oltrepassare i confini di quello a cui mi credeva e sape­va competente, e della mia posizione di rappresentante gli studi secondari classici, a cui apparteneva ed appartengo » . Avrebbe dovuto infatti, il consi­gliere da poco nominato, esaminare una pratica per libera docenza in filoso­fia teoretica, che riteneva esulasse dalle sue competenze e conoscenze speci­fiche. La risposta del Bargoni non si fa attendere e, pur nella sottile ironia, tocca un problema che sarà spesso sentito come un forte condizionamento per il Consiglio, e cioè quello della scelta dei membri di proposta ministeria­le, non sempre funzionale alle esigenze scientifiche dell'alto consesso. Nel rivolgersi al Gamberale egli mostra di apprezzare molto la modestia e la deli­catezza con le quali quest'ultimo ha ristretto «il campo della propria compe­tenza. Ma di questo campo [sottolinea il vicepresidente nella sua risposta] io dovrò pure qualche altra volta pregarla di allargare i confini, perché gli affa­ri riguardanti la istruzione secondaria sono in generale di attribuzione della giunta ed assai poco del Consiglio ( . . . ) Mi auguro poi che nel venturo anno Ella possa essere chiamato a coprire uno dei posti che si renderanno vacanti in seno alla Giunta, perché in tal caso la Scuola secondaria classica potrà più frequentemente e più largamente profittare della sua dottrina e della sua

1 ACS, MPI, CSPI (1849-1903), b. 130, fase. 206.

Introduzione 49

operosità» 1 . Quest'ultima ipotesi comunque non si verificherà, e il Gambe­rale cesserà dall'ufficio il 30 giugno 1900, alla scadenza regolare del suo pri­mo ed unico mandato in seno al Consiglio. Consiglio che non manca certo di problemi o questioni da . risolvere anche al suo interno. Come quando sempre il suo vicepresidente Angelo Bargoni, appena un anno dopo, si ren­de interprete verso l'autorità politica di una nuova esigenza fortemente sen­tita dal consesso medesimo. Avvicinandosi il momento delle designazioni ministeriali egli riferisce infatti di essere " stato vivamente pregato di rappre­sentare [al ministro] la necessità che sia provveduto a far entrare in Consi­glio un fisico ed un fisiologo, la mancanza dei quali fu già troppo vivamente sentita nell'anno che ora si compie» 2•

Nel frattempo, nel 1896, viene data alle stampe, anche se resterà an­ch'essa un esempio isolato, un'opera che rappresenterà uno strumento sen­z'altro utilissimo di lavoro, anche e soprattutto per i vari consiglieri, e cioè quel Massimario del Consiglio superiore dell'istruzione pubblica e della Giunta la cui compilazione essi avevano spesso richiesto e sollecitato 3 .

Attraverso quindi una serie di aggiustamenti dettati dall'esperienza o dal­la volontà ministeriale \ l'emanazione di un nuovo regolamento sul finire del 1905 5, l'istituzione, nella giunta del Consiglio superiore, di una sezione per l'istruzione media (1906) 6, si arriva a quella che alcuni reclamano, altri temono fortemente, e cioè alla l. 19 lug. 1909 , n. 496, che muterà ancora una volta sensibilmente la struttura del Consiglio 7 .

L 'intromissione della <<grande politicaoo (1909-1923)

Il primo trentennio col sistema di rinnovo dei consiglieri parzialmente elettivo aveva dato buona prova di sé. Le varie facoltà universitarie general­mente esprimono uomini di altissimo valore e competenza scientifica, cosa

1 Lo scambio epistolare tra il Gamberale e il Bargoni, del settembre 1896, è documentato in ACS, MPI, CSPI (1849-1903), b. 367, fase. 464.

2 Ibid. , b. 384, fase. 482, il vicepresidente del Consiglio superiore della pubblica istruzione al ministro medesimo.

3 Si veda, a tale proposito, il carteggio contenuto ibid. , b. 400, fase. 498. Il volume, edito in Roma nel 1896, è diviso in quattro parti. La prima contiene le massime relative al Consiglio superiore; le altre tre quelle relative ai tre rami nei quali per legge era divisa l 'istruzione (supe­riore, secondario, primario). Vi è poi un indice generale per materia e un indice analitico ordi­nato alfabeticamente. Il periodo considerato va dall'applicazione della legge Baccelli (188 1) al 1895.

4 Si vedano, a tale proposito, i rr.dd. 9 apr. 1899, n. 163, e 12 nov. 1899, n. 4 1 3 , recanti modificazioni ed aggiunte al regolamento del Consiglio superiore.

s R.d. 3 1 dic. 1 905, n. 653. 6 Tale istituzione veniva ad essere prevista dall'articolo 1 5 della l. 8 apr. 1906, n. 141, sullo

stato giuridico degli insegnanti delle scuole medie, regie e pareggiate. Il regolamento attuativo veniva approvato con r. d. 3 ago. 1908, n. 623 .

7 L. 1 9 lug. 1909, n . 496 « che stabilisce provvedimenti per l a istruzione superiore».

l

50 Fonti per la storia della scuola

che non sempre può dirsi per le scelte e le no�i�e d� p�opost�,min�st

.eriale.

E anche la grande politica, la politica ai mass�m1 hve�h •. s1 era g1a �vv1cmata a

quelle stanze non solo fisicamente, quando il Co�s1glio avev� nc.evut� una

prima sistemazione in piazza Colonna, a.�ue passl

.�a MonteC1tono, � l

. dt_te

palazzi si lambivano quasi. La grande poht1ca �ra gta �n�ra�a nel Cons1�ho l� ragione del fatto che spesso deputati, senaton, ex mm1stn er�no statl s�e�tl per entrare a far parte dell'alto consesso, o viceversa mem��l del Cons1gh? erano poi assurti ai massimi livelli della rappresentanza po

.lltl�a e gove:natl­

va in campo nazionale. L'osmosi è continua, con la preClsazw.ne

. pero c�e

rappresentanti 0 ex rappresentanti politici entrano �el C�ns1gho. �on m

quanto deputati, senatori, ecc . , ma in quanto m�mbn �cel�1 .dal mm�stro o

eletti dai docenti per i loro meriti e la loro carnera se1ent1f1ca. La nform� del 1909, in piena epoca giolittiana, riconsidera tutto ciò e

.anzi,

. ne�lo stabi­

lire all'art. 1 che entreranno a far parte del Consiglio tra gli altn se1 rappr�­sentanti scelti dal Senato tra i senatori e sei scelti dalla Camera tra i de�utat�, vieta espressamente che essi «facciano parte d�l c?rpo ins�gnante umvers1� tario, sia come insegnanti ufficiali che come hben docenti» . Il nume�o de1 consiglieri viene portato a 36, 12 dei quali �omi�ati c��e sopr� , 1 2 hbera� mente scelti dal ministro, e gli altri 1 2 « des1gnat1 al rmmstro dal pr�fes�on ordinari e straordinari dei corpi scientifici universitari nelle proporzwm d� fissarsi col regolamento » . Il mutamento di indirizzo risulta evidente. Se pn­ma, dei 32 membri, metà venivano scelti dal ministro, metà erano frutto del sistema elettivo dei corpi scientifici, adesso la proporzione muta �ettame?t� a sfavore di questi ultimi. Non era difficile individuare in questa nforma 1 n­schi di un abbassamento del livello tecnico e scientifico dell'alto consesso e la possibilità di un suo più o meno velato contro�o da parte de�' esec�tivo, attraverso i 1 2 membri di nomina ministeriale, e 1 rappresentanti elett1 dalle due Camere (che era facile prevedere fossero espressione d�lla maggio:anza parlamentare che allora come in seguito avreb?e s�stenuto 11 governo m ca­rica). Rischi ben evidenziati fra gli altri, nel d1batt�to �arlamentare che pr�­cederà l'approvazione della legge, dal senatore SClaloJa, profondo �onosc�­tore dei problemi del Consiglio, del quale era già stato membro,vlcepresl-dente, nonché rappresentante nella Giunta 1 •

• Comunque sia, il progetto in discussione diventa legge dello Stato 1� 1 9 luglio 1909, e nello stabilire provvedimenti vari per l'istr�z�one s�penore introduce all'art. l , come si è visto, quella riforma del Cons1gho destmata ad arrivare, attraverso le vicende belliche ed i successivi aggiustamenti, sino al­le modifiche concepite ed attuate in epoca fascista. La durata d�l man�ato viene confermata in quattro anni, senza possibilità di riconferma lffiffied1ata. n rinnovo parziale del Consiglio (per metà) sarebbe poi stato non più annua-

1 Per la discussione nei due rami del Parlamento si vedano AP, Camera dei deputat�, legi�la­tura XXIII, sessione unica (1909-1913), Discussioni, III, 9 luglio 1909, e AP, Senato, Dtscussw-

ni, 15 luglio 1 909.

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Introduzione 5 1

le, bensì biennale. Di lì a un mese vi sarà il regolamento attuativo della legge per quanto riguarda le parti attinenti al Consiglio superiore 1 , seguito (non sono trascorsi neanche due anni) da un nuovo regolamento che meglio spe­cifica i vari aspetti delle innovazioni introdotte in questa fase di passaggio e di rodaggio abbastanza delicata 2 • Si rimanda all'appendice normativa per i vari provvedimenti riguardanti indennità o gettoni di presenza ai consiglie­ri, ricordando soltanto che la legge per l' istruzione elementare e popolare del giugno 1 9 1 1 prevede, come già quella del 1906 per l'istruzione media, una sezione per l' istruzione primaria e popolare nell'ambito della Giunta del Consiglio superiore della pubblica istruzione, con compiti e attribuzioni re­lativi 3 .

Tra alti e bassi, i n mezzo a difficoltà, dubbi interpretativi, rilievi, elezioni annullate, incompatibilità presunte o reali 4 , il Consiglio arriva alle soglie della prima guerra mondiale e, come del resto tutti gli altri settori della vita civile, sociale , economica del paese, risentirà sensibilmente di quegli eventi . La prima conseguenza di ordine pratico riguarderà il complesso dei suoi membri che, in base al disposto del decreto-legge luogotenenziale del no­vembre 1 9 1 5 , devono essere fortemente ridotti nel numero, onde abbassare sensibilmente il limite di spese per « Commissioni o Consigli» vari 5 .

Ormai i bisogni e le necessità finanziarie sono altrove, e con successivi provvedimenti, apportanti modifiche al regolamento, si riduce, onde rispar­miare qualcosa, il numero dei consiglieri a 28 (quattro eletti dal Senato fra i senatori, quattro dalla Camera tra i deputati, otto scelti dal ministro, gli altri dodici scelti dai corpi accademici). La giunta viene poi ad essere composta non più da 1 5 ma da 1 1 membri 6 .

E anche la corrispondenza non è più ormai con le località marine, mon­tane, con le stazioni termali, dove in altri tempi era capitato di dover inviare una qualche comunicazione d'ufficio ai vari componenti il Consiglio . Ormai l'intreccio consueto di corrispondenza avviene coi comandi militari. Ne sa qualcosa il consigliere Simonetta, maggiore medico a Milano, che deve alle pressanti richieste del Ministero della pubblica istruzione, rivolte all'Ispetto­rato di sanità militare, la possibilità di ottenere, di volta in volta, una «breve licenza» , necessaria per la partecipazione ai lavori del Consiglio 7 • O il vice­presidente del Consiglio superiore medesimo, sen. Ulisse Dini, che nel no­vembre del 1 9 1 5 richiama con forza l'attenzione del ministro sulle precarie condizioni nelle quali versa l' ufficio di segreteria del Consiglio : «La mobili-

1 R.d. 20 ago. 1 909, n. 686. . 2 R. d. 4 mag. 1 9 1 1 , n. 424. 3 L. 4 giu. 191 1 , n. 487. 4 Si veda a tale proposito il carteggio contenuto in ACS, MPI, CSPI (1905-1938), aa. 1 9 10-

1914, pos. S . s Art. 9 del d.l.lgt. 1 8 nov. 1 9 1 5 , n. 1625. 6 Dd. lgtt. 31 dic. 1915 , nn. 1 957 e 1958. 7 Il carteggio relativo è contenuto in ACS, MPI, CSPI (1905-1938), a. 1916, pos. 3 .

52 Fonti per la storia della scuola

tazione ha tolto ( . . . ) l'archivista e l'applicato che vi erano ��det�i: e �olo d� poco tempo ho potuto ottenere dalla cortesia dell�

.auto_r�ta m�tan che il

detto applicato ( . . . ), che fortunatamente presta serv1z10 mil1t�re �n_ Roma, 1�­vori in via straordinaria per alcune ore della sera presso l uff1c10 medest-

1 m o �a· vita in ogni caso procede, anche se la mole degli affar

.i trattati si è di

gran lunga ridotta. E i registri dei processi verbal� di q�el penodo, nella. loro

palpabile notevole stringatezza, ne �o�o una te�t�orua?za del tutto. ev:tden­

te, soprattutto se rapportati a quelh nguardan�1 gh a�1 �elle grand1 dtscus­sioni, degli accesi dibattiti sulle maggiori tematlche d1 ordme gene

.r�le.

La guerra comunque passa; i disagi e i problemi da essa scatuntt restano, nella loro plastica evidenza, anche e soprattutto nel campo dell'istruz�on� . Beneaugurante sembra essere tuttavia, nel gennaio 1 9 1 9,

. e do�o che

. gh �m­

ci rapporti possibili a livello internazionale erano appars1. quel11 legati all

. u�o

della forza e al crepitio delle armi, l'istituzione, ne�a gm�ta de� Cons.t�ho

superiore, di una sezione per le relazioni intellettuali con 1 paes1 est�n . Il provvedimento avrà comunque vita brevissima, in quanto un success1vo de­creto del dicembre 1 920 ne suggellerà l'abrogazione 3. È poi del luglio 1 9 1 9 la relazione inviata dal Consiglio superiore al ministro della pubblica istru­zione, sui p�oblemi che stanno emergendo in merito a speciali corsi integra­tivi d' istruzione, rivolti a studenti militari che non avevano potuto, per ov­vie ragioni, seguire un ordinato iter scolastico 4 . . . . .

E anche al suo interno il Consiglio superiore, che negh anru degh eventi bellici era pass�to attraverso una serie di oggettive

.e comprensi�ili diffi�ol­

tà, in primis per eleggere o nominare i suoi membn ma, come v�sto poc an­zi, addirittura per radunar li in seduta, rettifica in q�alche punt� il

. suo modo

di essere, anche se si è ormai prossimi ai profond1 mutamenti d1 epoca fa-scista. . . l' Rimandando ancora all'appendice normativa per l'indicazione dt pteco 1 interventi nella materia, si sottolinea per tutti il decreto legge luogotenen­ziale dell'aprile 1 9 1 9 col quale, «ritenuta la necessità di �ssicurar�

.una �ag­

giore stabilità alla giurisprudenza del Consiglio supenore dell tstruzwne pubblica, della Giunta di esso e delle sezioni della Gi�nta stess� per l'ist

.ru­

zione media e per l' istruzione primaria e popolare, evttandone 1 t�op�� nn� provvisi mutamenti derivanti dalla contemporane� ��a?enza ?all u�f1c10 d1 un numero troppo grande di membri senza la poss1bil1ta che stano nconfer-

1 Minuta di lettera del vicepresidente del Consiglio superiore al ministro della pubblica istruzione, Roma, 13 nov. 1915, in ACS, MPI, CSPI (1905-1938), a. 191 "! � po� . _4. . 2 D.l.lgt. 5 gen. 1919, n. 82, che istituisce la sezione. Ad esso se�mra, d� lì a poco, il d. lgt. 29 giu. 1919, n. 1 1 17, per l'approvazione del relativo regolamento dt attuazwne.

3 R.d. 5 dic. 1920, n. 1929. . . . . 4 ACS, MPI, CSPI (1905-1938), a. 1919, pos. 8, minuta di relazwne del Constglio supenore al ministro della pubblica istruzione, Roma, 3� lug. 1919.

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Introduzione 53

mati in tutto o in parte », s i stabilisce quanto segue: «l membri del Consiglio superiore durantl in carica quattro anni. Gli uscenti possono essere per metà e per una sola volta rinominati o ridetti, alla scadenza, secondo le norme che saranno stabilite per regolamento; gli altri non possono essere nuova­mente nominati che dopo due anni dal giorno della loro cessazione» 1 •

È, come si è visto, l'introduzione del principio della possibilità di ricon­ferma immediata dei membri uscenti di carica, attraverso il quale (molti consiglieri saranno infatti subito riconfermati, in base ad esso, sino al 1923) si giunge al primo mutamento di rilievo di epoca fascista, e cioè alla riforma Gentile del Consiglio superiore .

La normalizzazionejascista (1923-1928)

Le riforme riguardanti il Consiglio superiore, che si susseguiranno a rit­mo incalzante durante il ventennio fascista, saranno tuttavia precedute da un provvedimento minore, di scarsa o nulla rilevanza di ordine generale, che interviene dopo pochissimi giorni dalla storica «marcia» . Si tratta del re­gio decreto con il quale si fissa a sei il numero dei membri occorrenti per la validità delle deliberazioni della Giunta. Firmano il provvedimento, oltre al re, Mussolini e Gentile 2 •

E sarà proprio quest'ultimo ad emanare, nel luglio del 1923 , quei prov­vedimenti riguardanti « ordinamento e attribuzioni del Ministero della pub­blica istruzione e dei suoi Corpi consultivi» , che muteranno ancora una vol­ta struttura e funzioni dell'alto consesso. Sembra un richiamo alla legge Ca­sati, con il ritorno a 2 1 del numero dei membri componenti il Consiglio . Il sistema elettivo parziale viene abolito, riservandosi il ministro la possibilità di scegliere i consiglieri non solo nell'ambito del mondo universitario. La durata del mandato è portata a sette anni, con la scadenza per sorteggio di dieci dei componenti al termine del primo quadriennio. Il Consiglio è pre­sieduto dal ministro, o in sua assenza dal vicepresidente, nominato dal re al­ternativamente per quattro e tre anni. Le deliberazioni possono considerarsi valide in presenza di almeno 1 5 consiglieri. Il Consiglio si sarebbe pronun­ciato sugli argomenti previsti dalle disposizioni in materia, soprattutto di or­dine generale per quanto riguarda il campo dell'istruzione pubblica. È previ­sta una giunta, composta dal vicepresidente del Consiglio e da otto membri scelti dal ministro tra i consiglieri.

Si stabilisce quindi di sopprimere, dalla data di applicazione del decreto, le due sezioni di Giunta per l' istruzione media (istituita nel 1 906) e primaria (del 1 9 1 1), e di far cessare conseguentemente dall'ufficio tutti i loro compo­nenti, oltre naturalmente ai membri del vecchio Consiglio superiore. In luo-

1 D.l.lgt. 13 apr. 1919, n. 610. 2 R. d. 16 nov. 1922, n. 1736.

54 Fonti per la storia della scuola

go delle due sezioni anzidette vengono istituite, sempre nell'ambito dei cor­pi consultivi dell'amministrazione centrale della pubblica istruzione, due commissioni. La prima dovrà occuparsi dei ricorsi dei maestri elementari e dei procedimenti disciplinari a loro carico; la seconda commissione si inte­resserà invece, con competenze analoghe, dell'istruzione media 1 •

Si gira ancora una volta pagina, ma questa volta in un clima decisamente diverso, testimoniato fra l'altro dalle numerose lettere di ringraziamento dei nuovi consiglieri, del luglio-agosto 1923, alcune non proprio formali, e nel­le quali comincerà ad apparire quella vena retorica che sarà poi una costante del futuro ventennio 2•

Il nuovo Consiglio voluto da Gentile è ormai avviato, e sarà proprio que­st'ultimo personaggio, ironia della sorte, la prima vittima sacrificale nel suo ambito. Smessi ormai i panni di ministro egli viene infatti nominato, dal suo successore al dicastero Alessandro Casati, membro dell'alto consesso nel settembre del 1924. Nomina che dovrà essere quasi subito revocata, in se­guito al riconoscimento dell'incompatibilità dell'incarico di consigliere su­periore con la veste di membro delle commissioni per libera docenza in sto­ria della filosofia e in filosofia 3, commissioni il cui operato doveva poi esse­re sottoposto al vaglio del Consiglio medesimo.

E dopo poco più di un biennio, nel febbraio 1926, altra innovazione nel modo di essere e di funzionare dell'alto organismo consultivo, con lo scio­glimento totale del vecchio consesso e la nomina ex nova dei suoi membri. Altra peculiarità di questo decreto recante " disposizioni sul Consiglio supe­riore della pubblica istruzione ed altri provvedimenti sulla istruzione supe­riore » è poi rappresentata dalla durata in carica dei consiglieri che viene ri­portata a quattro anni, con la scadenza di dieci di essi per sorteggio al primo biennio. La validità delle deliberazioni richiede poi la presenza, questa vol­ta, di 1 3 consiglieri. Il resto viene lasciato immutato 4•

Nel frattempo, nell'ottobre successivo, altre « disposizioni concernenti l'istruzione superiore» porteranno a stabilire fra l'altro che < d membri del Consiglio superiore della pubblica istruzione che, senza giustificato motivo non intervengano a cinque sedute consecutive, decadono dalla carica» 5. E proprio la rigida applicazione di quest'ultimo principio porterà il ministro della pubblica istruzione, Pietro Fedele, a dichiarare decaduto dall'ufficio di

1 R.d. 16 lug. 1923 , n. 1753. 2 Il carteggio relativo è contenuto in ACS, MPI, CSPI (1905-1938), a. 1 923, pos. l . 3 L'incartamento relativo a tale questione, in particolare la lettera del professar Arnaldo

Belluigi al Consiglio superiore della pubblica istruzione del 22 ott. 1924, nella quale si faceva rilevare l'incompatibilità tra le due cariche, si trova ibtd. , a. 1924, pos. l .

4 R.d. l . 4 feb. 1926, n . 1 19. Si veda inoltre la legge di conversione del decreto, del 9 dic. 1 926, n. 2230, che conferma sostanzialmente quanto in esso riportato, aggiungendovi l'impos­sibilità della riconferma immediata per i membri soggetti a scadenza del mandato.

s Art. 19 del r.d. l. 27 ott. 1926, n. 1 933 .

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Introduzione 5 5

membro del Consiglio superiore il professar Alberto D e Stefani, già ministro delle finanze 1 •

Nel marzo 1 927 vede poi la luce il nuovo regolamento del Consiglio su­periore, frutto dei vari recenti mutamenti della normativa in materia, con la particolare peculiarità della divisione del Consiglio medesimo, per lo studio dei vari affari e su proposta del vicepresidente approvata dal ministro, << in quattro commissioni permanenti, ciascuna delle quali corrispondente a una o più facoltà o scuole universitarie 2 , .

Sul finire del 1928 ha inizio poi tutta quella serie di interventi normativi che porteranno il Consiglio a mutare profondamente la sua struttura e le sue funzioni, con il sensibile allargamento del numero dei suoi membri, ma con il contemporaneo progressivo rafforzamento del potere di controllo dell'e­secutivo su di esso. Personaggi come il segretario del PNF, il ministro delle corporazioni, quello della marina, quello per le comunicazioni, il presidente dell'Opera nazionale balilla, i presidenti delle varie confederazioni nazionali fasciste di categoria, entrano (in maniera diretta o indiretta) nell'ambito, o quantomeno nell'orbita, del Consiglio 3 .

Ma questo esula ormai dall'arco temporale nel quale ci si era prefissi di delimitare questo assunto.

Considerazioni finali

Abbiamo sin qui visto come la storia del Consiglio superiore sia costella­ta di problemi, di passaggi a volte difficili, di insidie, di dubbi, di rapporti non sempre idilliaci tra l'esecutivo e il Consiglio medesimo. L'organo era nato e doveva appunto restare un organismo essenzialmente consultivo, in grado di coadiuvare il ministro nell'affrontare gli affari piccoli o grandi ri­guardanti l' istruzione pubblica del paese. Si poteva andare dal giudizio sulla piccola pratica per l' ottenimento della patente elementare al quesito sull'in­terpretazione da dare a una norma specifica, sino alla stesura della difficile sintesi sullo stato dell'istruzione pubblica nel regno. Opera, quest'ultima, re­sa ancor più travagliata, e tuttavia maggiormente necessaria, soprattutto do­po i sommovimenti politici che avrebbero dovuto ricondurre sistemi di or­ganizzazione e di gestione nonché tradizioni (anche nel vasto campo della pubblica istruzione) fortemente diversificati, nell'ambito di una medesima ed unitaria struttura funzionale .

L'azione del Consiglio , come abbiamo visto, era poi scandita da tutta una

1 Lettera del ministro della pubblica istruzione al vicepresidente del Consiglio superiore, Roma, 2 1 giu. 1 927, in ACS, MPI, CSPI (1905-1938), a. 1927, pos. l . 2 R.d. 3 1 mar. 1 927, n. 742 .

3 Si vedano a tale proposito i rr.dd. 29 nov. 1928, n. 275 1 ; 3 1 dic. 1928, n. 32 16; 22 dic. 1932, n. 1735; 8 mar. 1934, n. 5 0 1; e il r.d.l. 20 giu. 1935, n. 1070.

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56 Fonti per la storia della scuola

serie di norme che potremmo ricondurre (come del resto abbiamo fatto) lungo quattro direttrici principali.

Nella prima abbiamo esaminato quelle leggi e quei regolamenti attraver­so i quali il Consiglio arriverà a quel sensibile mutamento rappresentato dal­l'introduzione del sistema di scelta elettivo, anche se parziale, dei suoi com-ponenti.

Il secondo filone ci ha dato modo di seguire l'alto consesso attraverso le vicissitudini del sistema elettivo che, pur tra difetti e lacune, consente di esprimere una rappresentanza scientifica di altissimo livello, specie se raf­frontata a quella, non sempre indiscutibile, che era diretta emanazione delle scelte dell'esecutivo.

Ci siamo poi soffermati sul Consiglio nell'età giolittiana, fino al primo dopoguerra, sottolineando i rischi di una riforma, quella del 1909, che se non è proprio deleteria, certamente non va incontro a quelle che sono le reali e più sentite esigenze e necessità del Consiglio (molto ben sottolineate come abbiamo visto dallo Scialoja), evidenziate dalla spesso lamentata ca­renza di esperti in vari settori del campo scientifico o umanistico.

L'ultimo periodo ricalca sostanzialmente, almeno a nostro giudizio e per quanto riguarda il Consiglio superiore, quello che sarà il modo di essere e di agire del fascismo nei suoi indirizzi di politica generale. Ai primi anni di in­certezze, di assestamenti, di quasi ritorni al passato, seguirà una fase di so­stanziale revisione e di cambiamento di indirizzo, caratterizzata (e la norma­tiva in materia ce ne fornisce una prova del tutto evidente) da un progressi­vo rafforzamento del potere di controllo dell'esecutivo e degli organi del partito sul Consiglio, e da un conseguente indebolimento delle sue funzioni originarie.

Per quanto riguarda la documentazione inerente al Consiglio superiore della pubblica istruzione occorre poi fare subito una considerazione prelimi­nare. Occupandosi il Consiglio praticamente di tutto quanto riguarda la pubblica istruzione nel regno, ed avendo col tempo acquisite sempre nuove e più dettagliate competenze e funzioni, il materiale archivistico risulta esse­re conseguentemente molto ricco ed articolato.

Fonti essenziali per la comprensione e per una ricostruzione del modo di essere e di agire della struttura che stiamo esaminando non possono non es­sere i volumi dei processi verbali delle adunanze del Consiglio superiore, conservati tuttora presso la sede centrale del Ministero della pubblica istru­zione 1• Essi vanno, almeno per quanto si sia riusciti ad appurare attraverso le nostre ricerche, dal 1848 al 1928, per quanto riguarda il consiglio plena­rio e la giunta. Riguardo poi alla struttura formale dei volumi, i processi ver­bali vengono redatti e firmati dal segretario del consiglio medesimo e con-

' Si coglie qui l'occasione per ringraziare il dott. Mario Tesorio e il rag. Franco Santella, del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, per la cortesia dimostrata nel facilitare la visione e la selezione del materiale documentario da noi pubblicato.

Introduzione 57

trofirmati dal vicepresidente. All' inizio del verbale sono indicati la data del­la seduta e i nomi dei partecipanti. Gli argomenti in discussione sono evi­denziati a margine della pagina, e alla fine del verbale sono inseriti gli allega­ti ai quali si fa riferimento nel testo. I volumi, spesso ma non sempre, hanno una numerazione nelle pagine, un indice degli argomenti trattati, una rubri­ca alfabetica che rimanda alle varie parti del testo. Stesso discorso per il quadro complessivo delle sedute di consiglio plenario e giunta, contenuto nel volume, che generalmente è riportato all'inizio dello stesso.

Se i processi verbali trattano, in maniera più o meno analitica, delle di­scussioni avvenute nell'ambito del consiglio, nonché delle deliberazioni pre­se, la documentazione presente negli atti. del Consiglio superiore della pub­blica istruzione è costituita generalmente dal carteggio istruttorio delle varie pratiche, legato ai primi, come è facile comprendere, da un vincolo strettis­simo di interdipendenza e complementarietà.

Per quanto riguarda poi gli atti, dobbiamo subito segnalare il mutamento del luogo e dell'istituto di conservazione, non più il Ministero della pubblica istruzione, bensì l'Archivio centrale dello Stato, presso il quale sono poi de­positati tutti gli altri fondi e serie archivistiche dei quali ci occuperemo bre­vemente.

Gli atti del Consiglio superiore della pubblica istruzione costituiscono una serie archivistica distinta in tre versamenti. Il primo versamento (1849-1903) è fornito di un inventario analitico attraverso il quale risulta abbastan­za semplice impostare la ricerca. Il secondo versamento (1905-1938) pre­suppone attualmente come mezzo di corredo uno schedario sommario che verrà a sua volta sostituito da un inventario analitico. Il terzo versam'ento (194 1 - 1966) è fornito di un elenco di versamento con titolario, attraverso il quale si può comunque risalire al tipo di materiale occorrente .

Vi è poi una piccola serie di carte riguardanti il Consiglio superiore estrapolata dalla precedente, e tuttavia utile ai fini della ricerca sul tema. Si tratta di una versamento di 2 1 buste con documentazione spesso varia e di­somogenea, che va da pratiche di carattere generale a rendiconti degli affari trattati dal Consiglio ; da relazioni di commissioni sui libri di testo a carteggi inerenti all' elezione di membri del Consiglio medesimo. L'arco temporale tracciato è molto vasto, e va dai primi anni dello Stato unitario sino all'ini­zio del '900.

Non si può non tener conto inoltre, sempre per quanto riguarda il Consi­glio superiore della pubblica istruzione, di altre piccole serie archivistiche che direttamente lo riguardano . Tra di esse. segnaliamo 1 3 registri contenen­ti copia di alcune delle deliberazioni prese dal consiglio plenario o dalla giunta negli anni 1861-1 882; 16 registri (protocollo di pratiche in partenza) c�e va�o dal 1855 al 1903; 34 registri (protocollo di pratiche in arrivo) de­gli anru 1 86 1-1901 ; un registro contenente copie di decreti relativi al perso­nale del Consiglio che copre l'arco temporale 1881-1888; e infine 9 rubri­che che fanno riferimento agli affari trattati dal Consiglio dal 1860 al 190 1 .

58 Fonti per la storia della scuola

Utili, nell'ottica dell'argomento in questione, sono infine le serie archivi­stiche riguardanti il personale del Ministero della pubblica istruzione, e in particolare i fascicoli personali dei docenti universitari, per le quali riman­diamo alle indicazioni fornite dalla Guida generale degli Archivi di Stato italiani, alla voce «Archivio centrale dello Stato » , nel capitolo riguardante il Ministero della pubblica istruzione. 1

Tra i consiglieri superiori ricordiamo infine i nomi di influenti personag­gi del mondo politico (Nitti, Credaro, Luzzatti ed altri) che rivestirono cari­che governative ai massimi livelli, e dei quali l'Archivio centrale dello Stato conserva il carteggio.

CLAUDIO SANTANGELI Archivio centrale dello Stato

1 Cfr. la voce 'Archivio centrale dello Stato' in MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI, UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVISTICI, Guida generale degli Archivi di Stato italiani, I, Ro-ma 1 98 1 , pp. 195-209.

SEZIONE I

L'ATTIVITÀ CONSULTIVA E PROPOSITIV A

L'arco delle competenze del Consiglio superiore della pubblica istruzio­ne è molteplice; la vastità dei suoi compiti istituzionali ci ha indotto a pre­sentare una documentazione atta a sollecitare l'attenzione e l'interesse degli studiosi sul valore delle carte prodotte da quel consesso. I documenti qui pubblicati, pur nella singola ragion d'essere, sono espressione della connes­sione fra economia, società, istruzione che risulta costantemente sottesa al­l'attività quotidiana del Consiglio, testimonianza della coscienza politica di un organismo formalmente limitato ad una competenza tecnico-amministra­tiva.

I testi sono perciò posti in una griglia tematica volutamente schematica e così ampia da presentarsi immediatamente come semplice contenitore, sen­za nessuna pretesa, peraltro impossibile, di una illustrazione esaustiva degli « oggetti» trattati.

Emerge tuttavia con forza la coscienza della inscindibile unitarietà del si­stema educativo: dall'istruzione universitaria all'istruzione primaria non vi è soluzione di continuità e il confronto delle idee è ugualmente rigoroso sia che si elabori un progetto di codice scolastico sia che si ponga mano a atti apparentemente minori, quali le patenti o i libri di testo .

Proprio per dare maggiore spazio al confronto delle idee, delle correnti culturali, delle posizioni politiche, abbiamo privilegiato, rispetto ad altre fonti, i processi verbali delle sedute del Consiglio superiore, conservati, co­me s 'è già detto, presso la sede centrale del Ministero della pubblica istruzio­ne. La consapevolezza dei limiti propri di atti formali, quali appunto i pro­cessi verbali, non infida il valore della testimonianza del confronto che ca­ratterizzò il processo formativo del tessuto nazionale.

62 Fonti per la storia della scuola

a) Amministrazione centrale

l

Relazione al Consiglio superiore sul progetto di alcune riforme da intro­dursi per legge nell'amministrazione della pubblica istruzione votato nel­le tornate del 23, 25, 2 7 aprile e l, 4, 9, I l maggio 1861.

MPI, CSPI, Processi verbali, 1861, vol. II, pp. 1 4 1 1- 1 500, ms. con firma autografa (doc. A annesso al processo verbale dell'adunanza del 24 maggio 186 1).

Quando il nuovo ministro della pubblica istruzione 1 onorava per la pri­ma volta di sua presenza il Consiglio superiore di cui è presidente secondo la legge lo incaricava di prendere ad esame con tutta sollecitudine la legge del l 3 novembre 1859 affine di proporre a lui tutte quelle modificazioni che fossero richieste a correggerne i difetti ed a promuovere l'incremento della educazione nazionale, ed affinché la gravità e moltiplicità delle proposte non rendesse soverchiamente difficile e tarda la loro attuazione, invitava il Consiglio a classificarle sotto due capi cioè:

1 o . quelle che si potessero attuare per via di decreto reale, 2 o . quelle che richiedessero una nuova legge. La stessa sua intenzione

manifestava il signor ministro al Consiglio con lettera del 2 1 aprile 2• E poi­ché troppo vasto ancora sarebbe stato il campo delle indagini aperto al Con­siglio, il ministro volle ancora a maggiormente agevolare l'opera nostra, re­stringerla a ciò che spetta all' amministrazione della pubblica istruzione.

Determinato l'oggetto degli studi del Consiglio, si riconobbe a un tratto non potersi fare al ministro nessuna proposta sostanziale senza toccare la legge del 1 3 novembre 1859 che per brevità appelleremo d'ora innanzi la legge Casati; e perciò nulla potersi suggerire di attuabile con semplice decre­to reale . Tutto ciò che spetta all'amministrazione, (e lo stesso si dica delle altre parti di quella legge) è così determinato e particolareggiato che non è per nessuna guisa suscettivo di più o men larga interpretazione ne' regola­menti che debbono applicarla. Si era proposto di sceverare nella legge le materie regolamentari che vi sovrabbondano, si era detto che quantunque contenute nella legge e però d'ordine legislativo pure si sarebbero potute

1 Francesco De Sanctis. 2 La lettera è annessa all'adunanza del 2 1 aprile 186 1 , in MPI, CSPI, Processi verbali, 1861,

I, pp. 1011-1013 .

Sezione I- L 'attività consultiva e propositiva 63

modificare con regio decreto prima per la loro natura, poi perché la legge essendo stata promulgata nel tempo de' pieni poteri conceduti dal Parla­mento al Ministero nel 1859 \ si poteva considerare come simile alle leggi del governo assoluto e però modificabile nella parte regolamentaria per re­gio decreto .

Ma notatasi da una parte l'inutilità di questo tentativo, dall'altra l'illegali­tà di esso attestata da tutti i giureconsulti, il Consiglio entrò direttamente in questione, prendendo ad esame la legge Casati, nella parte che ordina l'am­ministrazione della pubblica istruzione. Ma questo esame richiede che si co­noscano le parti che costituiscono una legge compiuta o come si appella, un codice scolastico, ed i nessi che le legano insieme; cerchiamo le une e gli altri.

Una legge compiuta sulla istruzione che si dà in uno Stato dee rispondere a tre specie di questioni.

l o . Quali siano i gradi e le parti della istruzione richiesta dalle necessità dello Stato e dalle condizioni della civiltà. Come debbano essere ordinati gli istituti che la pubblica autorità si assume di fondare e di mantenere a benefi­zio della coltura ed educazione nazionale?

2 o . Quali siano i diritti e i doveri de' pubblici e privati insegnanti? 3 o . Quali debbano essere le autorità preposte al governo centrale e loca­

le dell'insegnamento? Proporsi il tipo della istruzione ed educazione umana nelle varie età del­

la vita, nelle varie condizioni sociali e per i vari fini o destinazioni o vaca­zioni dei cittadini; ecco il primo dovere del legislatore. Ma questo tipo non può dal regno delle idee trapassare in quello della realtà per la sola opera di lui. Questa fu una utopia che poté essere perdonabile alle repubbliche anti­che che consistevano in un municipio al quale Aristotile assegnava la gran­dezza dell'agro ove convenivano a deliberare tutti i cittadini; ma non è più possibile nella attuale civiltà la quale ha riconosciuto che il governo non può e non dee far tutto, ma per rispondere al suo fine dee lasciare ai privati tutta la libertà che è conciliabile coll'ordine sociale .

Lo Stato adunque ordina i suoi istituti educativi o scientifici secondo le sue facoltà ed i bisogni sociali, ed il legislatore prescrive il modo di gover­narli imponendo i doveri e determinando i diritti degli educatori e degli in­segnanti che rispondono al suo invito e si assumono il carico che ei loro propone. Ma nel mentre che fa, lo Stato non impedisce di fare ai privati o siano individui o siano ordinati in società; ma stabilisce le relazioni ed i rap­porti che legano l'insegnamento pubblico col privato, ed a tutela e guarenti­gia dell'ordine determina le condizioni e le modalità del diritto d'insegnare.

Finalmente stabilite le scuole, definiti i diritti e i doveri degli insegnanti pubblici e privati il legislatore istituisce le autorità che governano il pubbli-

1 Si riferisce al governo Rattazzi.

....

64 Fonti per la storia della scuola

co insegnamento e sopravvegliano il privato . Scuole, insegnanti, e governo ecco le tre parti d'una legge compiuta sulla pubblica istruzione. Le Regie co­stituzioni del 1772 \ il regolamento del 1822 2, la legge Bon Compagni 3, la legge Lanza 4, la legge Casati 5 segnano quattro periodi ne' progressi dell'or­dinamento dell'istruzione nel nostro paese. In quanto alle scuole dall'una al­l'altra vi fu un singolare e regolare progresso. In quanto ai diritti degli inse­gnanti vi fu un regresso nel 1822, ed un progresso grandissimo dalla legge Lanza alla legge Casati. Ma in quanto all'amministrazione, pare che vi sia sta­to dalle leggi antiche alle nuove un costante regresso, e se prendiamo per punto di partenza la legge Bon Compagni non vi ha dubbio che regresso grande siavi stato da questa alla legge Casati. Certo è che il giudizio del pub­blico nel Parlamento come ne' giornali che si occupano di istruzione le si di­mostrò fin dalle prime apertamente sfavorevole; ne recherò alcune prove. Tutti rammentano come fosse applaudito un deputato il quale manifestava alla Camera il desiderio che fosse immensamente semplificato il sistema am­ministrativo dell'attuale ordinamento scolastico. « Noi abbiamo, egli diceva, pel solo Ministero dell'istruzione pubblica sei divisioni con cui si può rego­lare tutta l'istruzione del mondo ( . . . ) noi abbiamo il Consiglio superiore, poi gli ispettori generali; ed è naturale che questi pensino a circondarsi di vice ispettori; poi vengono i provveditori delle province, i segretari de' provve­ditori, gli applicati de' segretari e poi i segretari degli ispettori e gli applicati dei segretari degli ispettori ( . . . ) È forse a credere che un professore farà me­glio la sua scuola perché vi sono dieci autorità, le une superiori alle altre le quali a guisa di dieci atmosfere pesano sopra di lui? » . Così conchiudeva quel deputato e non enumerava che la metà degli ufficiali amministrativi della pubblica istruzione.

Il prof. Boccardo nelle sue Ultime riforme nella pubblica istruzione (Milano 1860) 6 diceva che se la burocrazia è piaga di parecchie parti della nostra organizzazione governativa, in nessun ramo della pubblica gestione essa è più dannosa e più intrinsecamente inutile di quello che negli ordini dell'insegnamento. La sola guarentigia del buon andamento degli studi, con­siste nel cercare i migliori insegnanti; avendo i quali più non occorrono né i molti ispettori né i complicati regolamenti, né i pomposi programmi.

Il giornale « L'Istitutore» notava che l'opera degli ufficiali amministrativi tende per natura sua propria a soggiogare quella degli insegnanti, e ad in­cepparla, per modo che essi si credono benemeriti della scienza e della pa­tria quando allo scoccare della medesima ora tutti i maestri pongono piede

1 Costituzioni di S.M. per l'Università di Torino, Torino, Stamperia reale, 1772. 2 Regolamento del 23 lug. 1822. 3 L. 4 ott. 1848, n. 8 18. 4 L. 22 giu. 1857, n. 2328. 5 L. 13 nov. 1859, n. 3725 . 6 G. BoccARDo, Le ultime riforme sulla pubblica istruzione, Milano, Vallardi, 1860.

Sezione I- L 'attività consultiva e pro positiva 65

nella scuola, e tutti ad un tempo stesso ne escano; che e insegnanti tutti e di­scenti siedano, si levino, leggano, scrivano al segnale che loro venga dato da chi sta al governo di questa gran macchina; quando riescano a stringere con ferrea mano l'opera di chi insegna e di chi apprende per mezzo di program­mi, di regolamenti, di orari, di registri, di sunti, di statistiche. Gli stessi la­menti ripete « Il Politecnico » , giornale mensile di Milano, il quale notò come fra tanto sfoggio di impiegati meramente amministrativi siasi veduto con do­lore che la legge sul pubblico insegnamento siasi mostrata avara soltanto verso gli ispettori di circondario, l'ufficio de' quali è appunto di visitare ogni anno le scuole, di dirigere e consigliare, aiutare, confortare, difendere i maestri elementari ne' comuni ove sono abbandonati a se stessi, mal retri­buiti e spesso vessati dai municipii. Erano fondate tutte queste censure? Ve­diamolo.

Un buon sistema d'amministrazione in generale, e tanto più nell'istruzio­ne pubblica richiede tre condizioni: semplicità, efficacia ed economia.

Quando l'amministrazione sia così complicata che gli organi di cui ser­ve 1 la suprema autorità impediscano anziché agevolarne la azione, questo difetto di semplicità riesce grandemente dannoso all'istruzione. Ora egli è facile dimostrare con un esempio quanti e quanto lunghi passi debba fare l'amministrazione per riuscire ad ottenere che un comune ubbidisca alla legge.

Il Consiglio provinciale delibera per esempio l'apertura d'una nuova scuola in un comune od in una borgata, persuaso che quella possa e debba secondo la legge aprirsi. Ecco un primo atto di procedimento. Tale delibera­zione è trasmessa all'ispettore del circondario perché ne promuova l'esecu­zione (2 °) . Questi la notifica al sindaco con raccomandazione perché si provvegga (3 °) . Il sindaco raduna il Consiglio comunale (generalmente con molto comodo, e perciò tardi, o per poca cura, o perché abbisogna prima ottenere l'autorizzazione dell'intendente), ed il Consiglio delibera di non potere, per mancanza di mezzi, aprire la scuola (4 °) . Questa deliberazione negativa è comunicata dal sindaco all'ispettore del circondario (5 °) . L'ispet­tore del circondario la trasmette all'ispettore regio (6 °). L' ispettore regio ne fa relazione al Consiglio delle scuole (7 °). Il Consiglio provinciale delle scuole delibera di nuovo che sia aperta la scuola (8 °) . L'ispettore regio, a nome del Consiglio, fa instanza alla Deputazione provinciale amministrativa perché il tal comune sia dichiarato in obbligo di stabilire la scuola, e perché sia stanziata d'ufficio la somma a ciò necessaria (9 °) . La Deputazione (sup­posto che aderisca all'invito) fa la medesima instanza all'Ufficio di governo della provincia (10 °). L 'Ufficio di governo scrive all'intendente del circon­dario per avere informazioni in proposito (1 1 °) . L'intendente del circonda­rio dà le informazioni (1 2 °) . Supposto ancora che queste siano favorevoli al-

1 Parola aggiunta a matita.

- - - - - · -

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66 Fonti per la storia della scuola

l'intento, l'Ufficio di governo acconsente allo stanziamento d'ufficio (1 3 °) . Pare ora che tutto dovrebb'essere finito, ma non è; poiché occorre ancora che la Deputazione, conosciuto l'assenso del governo, lo notifichi all'ispet­tore regio (14°) , che l'ispettore regio faccia la stessa comunicazione all'i­spettore di circondario (1 5 °), che l'ispettore di circondario cerchi un mae­stro (16°) , il quale ordinariamente non si può più trovare quando l 'anno scolastico è già molto inoltrato od è presso ormai al suo termine.

Ora il numero di questi atti si raddoppia [ove] il comune si appelli al go­vernatore e questi riferisca la cosa al Ministero degli interni, come avvenne già di quest'anno poiché il Ministero degli interni si rivolge al Consiglio di stato, il quale nomina un relatore, che propone le conclusioni al Consiglio di sezione, e quindi al Consiglio generale, il quale promuove forse un decre­to reale che è trasmesso al ministro dell'istruzione pubblica il quale corre ri­schio di vedersi cassati i suoi ordini e dopo lunghissimo giro di uffizi e per­dita di lungo tempo infine de' conti si riesce allo scorno di non aver fatto nulla. Da questo esempio apparisce come il difetto di semplicità cagioni e rechi con sé inevitabilmente il secondo difetto notato cioè mancanza dell'ef­ficacia necessaria ad ogni ordinamento amministrativo. L'efficacia dell'inse­gnamento deriva in primo luogo ed essenzialmente dall'eccellenza degli in­segnanti. Or bene la legge Casati fu fatale all'istruzione per questo riguardo, e recò danni che non si possono agevolmente calcolare. Poiché i migliori in­segnanti osservando che con le nuove cariche istituite dalla legge potevano avvantaggiarsi negli utili, accrescere la loro dignità, risparmiarsi i polmoni, tosto pensarono ad abbandonare l'insegnamento ad ottenere un impiego, e si precipitarono con foga non mai più vista da noi nel novello orto dell'E­speridi, cioè negli uffizi amministrativi istituiti a loro pro dalla legge Casati.

La quale oltre di questo che per sé era già gravissimo recò un nuovo dan­no all'efficacia dell'azione governativa e direttiva del governo delle scuole trasformando le antiche cariche le quali erano d'indole essenzialmente sco­lastica 1 in uffizio di registrazione e di carteggio .

Gli ispettori erano continuamente in giro per coadiuvare i maestri, sti­molare i comuni, ordinare gli istituti, laddove attualmente furono trasfor­mati in impiegati sedentari, che formano protocolli, registrano pratiche, compilano statistiche e le scuole lontane dal loro uffizio vanno come posso­no. Né questo è soltanto vero degli ispettori regii, i quali come notava uno dei lodatori e consiglieri della legge Casati si vollero a bello studio trasfor­mare come si dice, in burocratici, ma è pur certo degli ispettori di circonda­rio se pur vogliono adempire gli uffici loro assegnati dalla legge e daj regola­menti che la applicarono.

[ . . . ] 2 Veniamo all'economia! ma pare proprio che il legislatore avesse al-

1 Parola aggiunta a matita. 2 La parte non riprodotta riguarda una Nota del documento stesso nella quale sono elencati i compiti affidati dalla legge agli ispettori di circondario, a dimostrazione della impossibilità per

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Sezione I- L'attività consultiva e pro positiva 67

le mani il cornucopia nel largheggiare stipendi, e nell'istituire nuove cari­che. Gli ispettori generali erano uno nella legge Bon Compagni, diventarono due sotto la legge Lanza, diventaron tre sotto quella del ministro Casati. Sot­to la prima legge lo stipendio era di tre mila lire, sotto la seconda di quattro , sotto la terza di sei.

I provveditori regii, per tacere dei rettori delle università, avevano 600 lire di stipendio per sé; e 600 per uno scrivano. Ora quelli di prima classe ne hanno 4 per sé, 2 pel segretario, 1 .200 per l'applicato, totale 7 . 200 franchi circa. Agli ispettori provinciali erano assegnati dalle leggi Bon Compagni e Lanza 1 . 200 lire di stipendio, 1 .200 per indennità di viaggi; ora quelli di pri­ma ne hanno 3 mila per sé, 1 . 500 pel segretario, totale 4 . 500 . Se si confron­ta il personale dei collegi nazionali con quello che è diventato necessario per li sei nuovi istituti in cui furono divisi, cioè nelle scuole elementari, scuole tecniche, istituto tecnico, ginnasio, liceo, convitto nazionale, si ve­drà sproporzione enorme di spesa. Ne' collegi nazionali che unificavano tut­ti questi istituti bastava un preside, un direttore degli studi, un censore di disciplina, un professore di religione ed un economo, quattro o cinque per­sone. Ora all'incontro è necessario un preside e vice preside di liceo, un preside e vice preside di istituto tecnico, un direttore e vice direttore di gin­nasio, un direttore e vice direttore di scuole tecniche, non parlo delle scuo­le elementari, ma debbo aggiungere un preside, un censore, un direttore spi­rituale del convitto nazionale, almeno undici o dodici persone le quali ag­giunte ai provveditori regii, agli ispettori regii ed ai loro segretarii ed impie­gati costituiscon una falange di uffiziali e una mole di stipendi veramente strana pel nostro paese non avvezzo alle larghezze che Francesco I detto il buono dagli austriaci largiva alla burocrazia che egli soleva chiamare la sua buona armata. E perché queste asserzioni non siano destituite della irrepu­gnabile testimonianza delle cifre, giova percorrere collo sguardo la seguente tabella 1 [vedi pp. 88-89].

Or notisi che in questa tabella non sono notate le spese di impianto de' nuovi uffici creati dalla legge Casati, le quali in alcuni luoghi ascesero ad una somma assai grave: poiché alcuni de' nuovi presidi e direttori credette­ro necessari non solo una o due camere che nessuno avrebbe loro negato; ma un piccolo appartamento con eleganti scrittoi e scaffali, e sofà e seggio­loni e tappeti ed ornamenti d' ogni genere.

Ora questi appartamenti vogliono essere o somministrati dal governo o dai municipii, od appigionati; in ambi i casi rappresentano un capitale ed una spesa non mediocre. Aggiungansi le spese di cancelleria che non sono notate nella tabella, fuorché pei provveditori e per gli ispettori. Aggiungasi

una singola persona, sia pure valente, di poter adempiere concretamente all'espletamento di suddetti compiti.

1 Nell'originale la tabella è riportata di seguito.

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68 Fonti per la storia della scuola

le spese del riscaldamento de' locali nell'inverno, de' lumi, il salario de' bi­delli che non .è notato in nessun luogo.

Aggiungasi le spese di locale, di mobili, di fuoco di lumi, de' salari, per la scuola normale, spese che non appariscono da nessuna parte nella tabella perché a carico de' comuni, e si vedrà quanto questa sia incompiuta per le­gittima inferenza insufficiente a farci conoscere la spesa totale che importa l'amministrazione dell'istruzione pubblica in una provincia governata secon­do la legge Casati.

Vero è che nella colonna delle osservazioni la tabella ci dice che la metà delle spese che importa l'uffizio del preside di liceo, e gli uffici dei direttori di ginnasio, dei direttori delle scuole tecniche e della scuola normale è so­stenuta dalla provincia, o dal comune; ma da chiunque siano fatte, le spese non sono meno vere. Tuttavia supponiamo che le spese taciute e quelle che si fanno da altri si equilibrino; avremo pure la gravissima somma di lire 60 mila circa che è la massima e di lire 14 mila circa che è la spesa minima che deve fare il governo per l'amministrazione dell'istruzione pubblica in una provincia. Prendiamo la media, supponendo, che le provincie maggiori e minori siano in numero pari, avremo 3 7 mila lire per provincia, e poiché il numero delle provincie più piccole è maggiore delle grandi, diminuiamo questa somma d'un terzo . Non costi più di 25 mila lire egli è chiaro che il nuovo regno essendo di 59 province, la spesa sarà di 1 .475 .000, circa d'un milione e mezzo.

Supponiamo ora discentralizzata l'amministrazione, aboliti i provvedito­ri regii, gli ispettori regii coi loro impiegati, istituiti all'incontro alcuni Con­sigli presso le università principali con una discreta indennità, ridotti alla metà i presidi, rettori ecc. delle scuole medie supponghiamo mantenuti gli ispettori di circondario, e calcoliamo le spese proposte dal Consiglio . Siano dieci i Consigli per le scuole medie, essendo di cinque consiglieri con l'in­dennità di L. 700 per ciascuno e di L. 1 .000 pel presidente (indennità massi­ma) costerebbero L. 4. 500, e però dieci costano 45 .000, mettiamo 15 .000 per l'aggiunta delle spese d'ufficio, aggiunta massima, ed avremo 60.000 lire per ispese d'amministrazione delle scuole medie. Le spese degli ispettori a L. 2 .400 ciascuno per li 193 circondari ascendono a L. 463 . 200.

Riduciamo ora alla metà gli stipendi dei presidi, direttori delle scuole medie per la soppressione della metà de' loro uffizj . Questi ora costano L. 30 .000 circa, spesa massima, e L. 4 .000 circa spesa minima, la spesa media è di L. 17 .000 supponiamola solo di 10 .000. La spesa totale per le 59 provin­ce è di L. 590.000 circa, 600 mila. La metà, cioè il risparmio sarebbe di 300 mila. Sommando ora insieme le nuove spese dei Consigli per le scuole me­die, degli ispettori, e dei presidi direttori de' licei, ginnasi, istituti tecnici ecc. cioè L. 60 .000 pei Consigli delle scuole medie, 463.000 per gli ispettori di circondario, 300.000 pei presidi e direttori delle scuole medie e normali; si avrebbe L. 823.000 circa, laddove le attuali sono di circa un milione e

Sezione I- L 'attività consultiva e propositiva 69

mezzo. Il risparmio adunque sarebbe di 677 mila circa e considerando che in tutti questi calcoli noi abbiamo preso per base il minimum delle spese at­tuali e il massimum delle spese future non v'ha a tenere di esagerazione af­fermando che il risparmio che farebbe il governo sarebbe di circa 800 mila lire; ma se il progetto abbozzato più economico della legge Casati e come è chiaro anche più semplice, questa sua semplicità non tornerà forse a danno della sua efficacia ossia del buon governo dell'istruzione? E quest' efficacia posto ché si abbia potrà ella attenersi senza scapito dei diritti e della legitti­ma libertà delle province e dei comuni?

Ecco le questioni che ci rimane a trattare e le difficoltà che cercheremo di risolvere nella seconda parte di questo rapporto.

Molte e gravissime questioni furono agitate dal Consiglio superiore per giungere alle conclusioni che esso presenta al ministro.

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Le principali a cui s'aggruppano tutte le altre sono le seguenti. l o • Degli ispettori generali. 2 o . Proposta di Consigli annessi alle principali università pel governo

delle scuole medie . 3 o . Proposta del rinnovamento de' Consigli di circondario. 4 ° . Proposta della restituzione de' provveditori di mandamento. 5 o . Proposta di diminuire i presidi direttori delle scuole medie. I principii a cui furono informate le deliberazioni del Consiglio furono

quelli stessi a cui abbiamo fin qui raffrontato le disposizioni della legge Ca­sati. Semplicità, efficacia, economia. Di questa ultima si è già parlato nella prima parte di questa relazione. Ci occuperemo precipuamente delle altre due. Volendo la massima semplicità negli organi amministrativi, il Consiglio fu indotto a proporre al Ministero , ciò che si appella il discentramento am­ministrativo. Volendo l'efficacia del suo ordinamento propose che il gover­no dell'istruzione fosse per quanto è possibile reso locale.

Degli ispettori generali

A chiunque ponga la mano sulla legge Casati per modificarla, la prima questione che si presenta è quella della conservazione o dell'abolizione degli ispettori generali.

Il Consiglio superiore fu unanime nel riconoscere la convenienza di abo­lire l' Ispettorato generale degli studj superiori per le ragioni recate dal conte Mamiani nei suoi Principii direttivi d'una nuova legge sulla pubblica istruzione 1 .

Il ministro per altra parte può provvedere ai casi in cui occorre il biso­gno d'ispezione in qualche università come per lo passato, delegando qual-

1 Principii direttivi della nuova legge di pubblica istruzione, in « Effemeride della pubbli­ca istruzione », XXIII (1861), pp. 383-396. Mamiani fu ministro della pubblica istruzione dal 20 gennaio 1860 al 22 marzo 1 86 1 .

70 Fonti per la storia della scuola

che persona autorevole e perita delle cose attinenti alle università se si tratti semplicemente di amministrazione oppure qualche insigne professore o scienziato se trattisi di cose riguardanti l'insegnamento di qualche scienza speciale.

Maggiore anzi massima è la difficoltà di decidere intorno all'esistenza de­gli altri ispettori generali; ne recheremo gli argomenti che la combattono e la favoriscono.

Primieramente si dice che gli ispettori generali di cui si tratta non sono a vero dire ispettori perché non fanno mai, o solo in rari casi, alcuna ispezio­ne. Essi sono dunque ufficiali del Ministero che non si distinguono dagli al­tri, se non perché sono tolti necessariamente dall'ordine degli insegnanti. Felice necessità la quale tuttavia non dovrebbe limitarsi ad essi soli, ma estendersi ad altri uffizi.

Quindi si aggiunge che le stesse difficoltà mosse dal conte Mamiani con­tro la carica dell'ispettore degli studi superiori valgono entro certi limiti an­che contro quello delle scuole secondarie. Poiché non v'ha letterato che sia egualmente versato nella filosofia, nella storia, nelle varie letterature, e nelle moltiplici scienze matematiche, fisiche e naturali i cui elementi si insegnano in quelle scuole .

Poi si aggiunge che gli ispettori generali essendo essi soli il centro a cui si riferiscono in fine tutti gli affari dell'istruzione a cui sono preposti, essi soli i conoscitori dei singoli insegnanti nel loro grandissimo numero e nella loro singolare varietà, concentrano a poco a poco in se stessi ogni autorità e rie­scono soverchiamente potenti.

La quale potenza sentita poscia e riconosciuta dagli insegnanti conduce questi per inevitabile debolezza dell'umana natura a piazzarli, il qual uso di quanto danno riesca al carattere morale ed alla dignità de' professori, cia­scuno sel vede. Di che consegue un altro pernicioso effetto, che come sono . oggetto delle adulazioni così divengono per necessaria reazione lo scopo delle recriminazioni, degli adii, delle censure, de' libelli giornalistici, de' malcontenti.

Contro queste ragioni si oppone una difficoltà gravissima. Se si abolisco­no gli ispettori generali da chi saranno trattati gli affari che sono attualmen­te nelle loro mani? I ministri sono mutabili e per quanto buona volontà e ze­lo essi rechino nel loro uffizio non potranno mai riuscire ad acquistar suffi­ciente conoscenza delle persone addette all'insegnamento che dipendono da loro. I segretarii generali sgraziatamente sono anche essi uomini politici o mutabili egualmente che i ministri. Aboliti gli ispettori generali, il destino degli insegnanti cadrà necessariamente in mano dei capi d'ufficio del Mini­stero i quali sono raramente forniti d'un'alta coltura letteraria e scientifica e per lo più incapaci di portar giudizio de' meriti d 'un professore. Fra un capo d'uffizio e un ispettore gli insegnanti preferiranno sempre il secondo.

A risolvere in qualche modo, le difficoltà, od almeno a scemare i danni e

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Sezione I- L 'attività consultiva e pro positiva 7 1

gli inconvenienti da essi accennati, fu fatta al Consiglio una proposta di cui questi sono i fondamentali concetti.

Si diminuisca al Ministero la grave mole d'affari che lo ingombrano e l'opprimono. Si restituisca alle università od a' corpi che in qualche maniera le rappresentino quell'ingerenza nel governo dell'istruzione media che loro era già consentita dalla legge 4 ottobre 1 848.

Venga istituito presso le università principali, o nelle città sedi d'un isti­tuto universitario che saranno designate per decreto reale un Consiglio per le scuole classiche e tecniche.

Si stabilisca per principio che le ispezioni a queste scuole non debbano farsi che per cause eccezionali e straordinarie. Il diritto di ispezione si rico­nosca in esso Consiglio; e le ispezioni si facciano o dal Con�iglio stesso o da altre persone da esso delegate.

Il Ministero non si riservi che le nomine dei professori o degli ufficiali le quali a lui spettino di diritto , e le punizioni maggiori da infliggersi secondo la legge Casati dal Consiglio superiore.

Il sistema del concorso da aprirsi ad ogni vacanza di cattedra secondo la legge vigente agevola le operazioni del Ministero.

Si stabilisca negli uffizi del Ministero una divisione del personale delle scuole suddette . Il capo d'uffizio tenga il registro esatto della carriera di cia­scun insegnante.

Il Consiglio superiore abbia una sezione incaricata delle scuole medie, e questa sezione abbia per segretario il suddetto capo di divisione.

Occorrendo per casi straordinari il bisogno d'ispezioni a coteste scuole il ministro od il Consiglio superiore possa delegare le persone più competenti.

Il progetto abbozzato ha per iscopo di cessare l'eccessivo incentramento dell'amministrazione in armonia coi desideri del paese, e colle intenzioni ed i progetti del Ministero. Si tratta di delegare alle principali università dello Stato, la massima parte delle attribuzioni assegnate dalle legge agli ispettori generali. Gli studenti delle università si reclutano nelle scuole medie. La flo­ridezza delle università dipende come da causa primaria dalla bontà di code­ste scuole. Nessuno adunque ha maggior interesse che gli studii medii siano bene ordinati e diretti quanto le autorità universitarie. Inoltre egli è nell'uni­versità che colle statistiche degli esami, colla conoscenza de' professori che in esse furono educati, colla notizia dei bisogni dell'insegnamento, si hanno tutti i dati opportuni e necessari per il buon governo di esse scuole. A que­ste adunque nel modo indicato dal progetto od in qualsiasi altro sia conferi­ta la facoltà di cui si tratta.

Contro questo progetto vennero mosse molte e gravi obbiezioni. l o • Si disse che il governo delle scuole medie non si dee connettere colle

università perché altra è la capacità scientifica, altra l'amministrativa; che il valore scientifico non è prova sufficiente del senno e dell'attitudine al go­verno degli uomini; che tale distinzione è riconosciuta da per tutto, testimo­nio la Francia e la Germania.

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72 Fonti per la storia della scuola

2 o . Altri osservò che se fosse adottato il sistema regionale bene starebbe che l'amministrazione dell'insegnamento primo e medio insieme colla relati­va responsabilità fosse esclusivamente attribuita alla reazione. Ma finché du­ra l'ordinamento attuale della pubblica amministrazione che è fidata essen­zialmente sulla centralità, la responsabilità dell'operato dai consigli proposti salirebbe sempre al Ministero . Quindi sarà inevitabile delle due cose l'una, o che il Ministero lasci piena autorità ai detti consigli e nello stesso tempo si riserbi la responsabilità de' loro atti, il che sembra quasi contradittorio; o che il Ministero vegli l'operato di essi consigli, il che raddoppierà il lavoro e la spesa.

· 3 o . Si notò che il progetto presente è contrario all'uso di tutti gli altri Ministeri. Nessuno de' quali affida le proposte delle nomine de' suoi impie­gati ad un consiglio . Questo sistema già attuato con la legge Bo n Compagni suscitò, a quanto si dice dagli avversari alla proposta, non minori richiami ed opposizione che la legge Casati.

4 ° . Il progetto in discorso costa troppo. Dovrebbonsi stanziare gli sti­pendi de' consiglieri, i quali non sarebbero un piccolo carico dello Stato, ed ora che si vuole semplificare l'amministrazione per ragione di economia si accrescerebbero gli inconvenienti e i difetti della legge anziché toglierli od almeno scemarli.

5 o . Finalmente il progetto tende a perpetuare e sancire in certa guisa tut­ti i difetti delle amministrazioni locali.

I difensori del progetto cominciano dal protestare che nelle discussioni presenti non si vuol fare allusione alle persone, attualmente insignite della carica d'ispettori. Si rende ampio omaggio ai loro meriti ed un consigliere si loda specialmente d'un'ispettore con cui ebbe a visitare degli istituti educa­tivi e scolastici, per la singolare prudenza, delicatezza accorgimento, fer­mezza e dottrina di cui diede prova in quella come in altre occorrenze; e che formano di lui un abilissimo amministratore.

Poi rispondendo alla prima difficoltà si avverte che ammessa la diversità delle attitudini e degli ingegni speculativi e pratici, scientifici ed amministra­tivi, non ne consegue che chi ha un merito non possa aver l'altro, che chi è atto alla meditazione scientifica sia per necessaria illazione inetto all'azione, in quella guisa che un eccellente ministro o guerriero non è necessariamente un barbaro scrittore od insipiente pensatore. Questi due generi di capacità possono essere ma non sono sempre divise. Che se si trovano congiunte, non v'ha dubbio doversi nell'amministrazione preferire a tutti quelle perso­ne che ne sono fornite. Ora il progetto lascia amplissimo campo alla scelta, ed ove per caso stranissimo fra gli insegnanti delle università il ministro cre­desse di non trovare persone atte a quell'uffizio la clausola posta nell'artico­lo ed accennata con la parola preferibilmente gli dà facoltà di cercarle fuori del corpo accademico.

2 o . Si risponde alla seconda difficoltà tolta dalle regioni le quali non so- -;

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Sezione I- L 'attività consultiva e pro positiva 73

no istituite nel nuovo regno, che l'attuazione della nostra proposta non è punto dipendente da quella delle regioni. La divisione o la ripartizione de' consigli scolastici non dee di necessità coincidere con quella delle province o delle regioni. Queste si dilatano o si restringono si dividono o si moltipli­cano secondo le esigenze amministrative o politiche, laddove le università sono istituzioni stabili perché antiche, sono fatti storici che non si cancella­no con un tratto di penna del legislatore.

Ma i consigli fu detto inceppano l'azione del ministro, egli non può esse­re responsabile della loro azione senza dirigerli, e sorvegliarli, il che importa accrescimento di spese e di fatiche. Al che è facile rispondere che il Consi­glio di Stato, il Consiglio superiore d'istruzione pubblica, altri consigli non si credono di inciampo alla libertà o responsabilità del Ministero, ma bensì di aiuto e sostegno.

Forseché non debbono essere diretti e sopravvegliati gli ufficiali de' mi­nisteri sì vicini come lontani dall'azione del governo? Forseché il Ministero non potrà cassare all' occorrenza certi provvedimenti dati dai consigli?

3 o . Alla terza abbiezione degli avversari del progetto si risponde primie­ramente che le nomine sono fatte dal ministro e per conseguenza non vale il dire che negli altri dicasteri dello Stato non si procede alla nomina degli uf­ficiali per via di consigli.

Si nota in secondo luogo che negli altri dicasteri trattandosi di promo­zioni si ha precipuamente riguardo all'anzianità; e che ove pure si misurino le promozioni e si proceda alle nomine in ragione del merito e della capaci­tà, questa in ciascun ordine di impiegati è della stessa natura. Quindi facil­mente si apprezza da una sola persona. Non è così in fatto di professori i quali se possono esser equamente giudicati da una persona sola in fatto d'o­nestà, di diligenza, di buona fama in ordine alla moralità; la loro capacità in­tellettuale scientifica e didascalica è così varia che un sol uomo non può es­sere giudice competente di tutti.

4 o . Si risponde al quarto obbietto, che veramente si accrescono le spese d'amministrazione in alcune università dello Stato, ma non quanto parrebbe a primo aspetto . I consiglieri universitari già retribuiti come professori effet­tivi od emeriti si contenterebbero di un tenue aumento al loro onorario. Poi si farebbero, e certo si potrebbero fare, altri risparmi nell'amministrazione delle scuole medie, ove si profuser stipendi che agli antichi uffiziali pochis­simo retribuiti prima, od affatto gratuiti, sarebbero parsi favolosi.

5 o . All'ultima difficoltà risponde un consigliere che già sostenne un'alta carica nel governo della pubblica istruzione in Napoli 1 che i meriti degli aspiranti agli impieghi ed alle cattedre son meglio conosciuti dalle persone del luogo che non dai lontani, e che taluno il quale non oserebbe presentarsi

1 Raffaele Piria aveva retto la pubblica istruzione a Napoli, come consigliere della luogote­nenza, dal l O novembre 1860 al 16 gennaio 186 1 .

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74 Fonti per la storia della scuola

al governo locale, spera per via di raccomandazioni e di titoli di vario gene­re, arrampicarsi sui piuoli della scala del governo centrale.

In quanto agli abusi che, per avviso di alcuni consiglieri, si perpetuereb­bero nelle province, vi provvederebbe il governo con ispezioni e trasloca­zioni di ufficiali, come si fa attualmente .

Compiuto questo dibattimento il Consiglio adottava a maggioranza di voti la conclusione seguente. Gli ispettori generali della scuole primarie me­die e normali, istituiti colla legge 13 novembre 1 859 sono aboliti, e le loro attribuzioni devolute in parte a Consigli locali da stabilirsi nelle città che so­no sedi d'università o di un istituto scientifico, le quali saranno determinate con decreto reale. Il Consiglio si riserva di definire tali attribuzioni.

L'ultima clausola della conclusione che vuole che le sedi di essi consigli siano determinate con decreto reale fu aggiunta per ovviare all'inconvenien­te notato da alcuni consiglieri che quelli fossero tanti quante le università e gli istituti universitari. Di che il loro numero sarebbe eccessivo, la spesa gra­ve, minore l'unità di azione, e sproporzionata fra loro l'estensione del terri­torio della loro giurisdizione, amplissimo per gli uni, ristrettissimo per gli altri. Si darebbe ad esempio al Consiglio di Napoli una mole di affari che non è punto comparabile con quella de' Consigli di Parma e di Modena.

A questo punto della discussione venne ripigliata da un consigliere a cui aderiscono alcuni altri una proposta già stata prima abbandonata, la quale giova che il ministro conosca ed esamini. Questa è che pel governo della istruzione media si debba istituire presso il Ministero una Giunta composta di due ispettori ed un membro del Consiglio superiore. L'abolizione degli ispettorati generali, quando sia creduta utile debb'essere oggetto d'una nuo­va legge. Finché questa non si abbia, giova proporre al ministro questo mez­zo di far cessare de' richiami quali che siano essi fondati sul vero o sul falso, giusti od esagerati. Al che si aggiunge che non convien secondo l'opinione del proponente, addossare al Consiglio superiore il carico dell'amministra­zione che ora è sostenuto dagli ispettori generali e speciali. Il Consiglio , egli dice, ha una grande importanza tecnica e giuridica: non vuole e non può es­sere organo amministrativo. Ove diventasse tale, la Giunta o sezione di esso, che ne assumesse le funzioni sarebbe, da prima oggetto delle raccomanda­zioni e delle adulazioni, poi delle lagnanze e fin delle caricature de' giornali. Si tenga nella serena regione della scienza, della legislazione scolastica e del­le sue attribuzioni giuridiche e continuerà a meritare la stima del paese ed il rispetto alle sue deliberazioni.

Poiché questa proposta non può far parte dello schema di legge, il Con-siglio passa ad altra discussione.

E primieramente si cerca quale debb'essere il numero de' consiglieri e si lascia nella determinazione di esso una certa larghezza secondo la quantità degli istituti e l'ampiezza del territorio entro il quale il Consiglio proposto eserciterà le sue attribuzioni.

Sezione I- L'attività consultiva e propositi va 75

In secondo luogo si discute se la carica di consigliere abbia ad essere gra­tuita o retribuita e si propone una indennità di cui non si precisa se non en­tro certi limiti la somma. Alcuni la vorrebbero gratuita, considerando, a loro avviso, la pochezza delle occupazioni; ma tale opinione fu respinta per la falsità del presupposto, falsità dimostrata dagli esempi fra cui venne citato quello d'una analoga giunta in Napoli, che aveva minor numero di scuole da governare e pure era obbligata a tre o quattro tornate settimanali .

In terzo luogo si esamina se questa carica debba essere temporanea e quanto debba durare, se i consiglieri abbiano ad essere rieleggibili.

In quarto luogo se il segretario debba esser perpetuo o temporaneo; se un consigliere posto che sia, come debba essere retribuito .

Le conclusioni sono espresse nello schema e le ragioni sono facili ad in­dovinare.

Più grave questione ebbe a trattare il Consiglio superiore volendo asse­gnare alla proposta istituzione le vere sue attribuzioni. E primieramente si cercò se ai consigli sedenti presso le università debbasi affidare l'ammini­strazione delle scuole medie, oppure delle medie e delle elementari ad un tempo.

Le ragioni che inducono a limitare l'azione di essi consigli alle scuole medie sono le seguenti.

Primieramente si ottiene maggior semplicità nell'amministrazione di en­trambi i gradi dell'istruzione.

2 o . Le attribuzioni de' consigli presso le università e di circondario di­vengono più precise e più facili a determinare sì in generale come ne' singo­li casi.

3 o . Non vi sarebbe pericolo che si trasandasse dai primi l'istruzione ele­mentare.

4 o . Finalmente la nomina de' consiglieri presenterebbe minori difficoltà; poiché non dovrebbesi cercare se questi in generale od alcuni di essi abbia­no sufficiente contezza ed esperienza delle cose che s 'attengono all'istruzio­ne popolare v'ha chi credette necessario un consiglio intermedio fra il mini­stro ed il Consiglio di circondario per la più sollecita spedizione degli affari e perché le cose si trattino da chi è miglior conoscitore de' luoghi e delle persone. Ma questa proposta non fu accettata per amore di semplicità nel congegno dell'amministrazione.

Per le stesse ragioni per cui si vorrebbe da alcuno cotesto consiglio inter­medio si sostenne da altri che il Consiglio presso le università avesse pure il governo delle scuole elementari.

Si aggiungono poi altre considerazioni. Volendosi discentrare l'ammini­strazione è necessario togliere al Consiglio superiore tutto ciò che spetta al­l'istruzione elementare e darlo ai Consigli per le scuole medie. Inoltre sup­pongasi che i 193 circondari s'appellino al Consiglio superiore, questo sarà nell'impossibilità di provvedere.

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76 Fonti per la storia della scuola

Suppongasi che un comune di Noto posto all'estremo confine della Sici­lia si rivolga al Consiglio superiore: questo non conoscerà abbastanza i co­stumi, le tradizioni, l' indole di quei paesi, e non saprà che si fare. Ed ave pure il sapesse, tale dovrebb'essere la lentezza e il ritardo nella trattazione della questione, atteso la difficoltà delle comunicazioni da rendere quasi inutile la sua autorità ed i suoi provvedimenti.

Né vale l'opporre, che un Consiglio per le scuole tanto medie quanto elementari, si darebbe tutta la cura delle prime trasandando le altre. Ciò sa­rebbe vero se il medesimo consiglio avesse l'amministrazione delle une e delle altre; ma poiché qui si tratta semplicemente di appello dalle decisioni del Consiglio di circondario, lo sconcio non ha più luogo.

Un Consiglio presso le università principali il quale abbia conoscenza pratica delle leggi, degli uomini e delle cose, e la mano sulla coscienza può evidentemente far tutto e liberare il Ministero ed il Consiglio superiore da gravissime difficoltà talvolta insuperabili.

A queste ragioni de' sostenitori del doppio ordine di attribuzioni de' Consigli per le scuole medie si risponde dagli altri consiglieri che tali consi­gli avrebbero una doppia natura cioè sarebbero consigli, o tribunali di prima cognizione per le scuole medie e tribunali di appello per le elementari. Don­de verrebbe che sarebbero uguali ai Consigli di circondario, e ad un tempo superiori ad essi. Complicazione di uffici che non pare ragionevole.

Si risponde in secondo luogo che posto anche un tal ordine di cose non si potrebbe negare agli insegnanti ed agli ufficiali delle scuole elementari un ultimo appello al ministro, lo che renderebbe più lunghe le controversie.

Né vuolsi esagerare la mole degli affari che dai Consigli di circondario verrebbero a portarsi innanzi al Consiglio superiore in via di appello . Impe­rocché se colle attuali province soggette alla legge Casati che formano un dieci o dodici millioni di popolazione appena si tratta dal Consiglio superio­re una questione di cose elementari in quindici giorni, quando sia raddop­piata la popolazione non sarà certo sopraccarico di faccenda.

Né vale il dire che il Consiglio superiore non può con sufficiente cogni­zione di causa giudicare delle vertenze fra il comune di Noto e il suo mae­stro elementare. Poiché la questione sarebbe già stata trattata dal Consiglio del circondario, e le informazioni da esso raccolte sul luogo ed il tribunale di appello debb'essere necessariamente lontano, o sia a Palermo od a Napoli od a Torino.

Per questi motivi il Consiglio votava la divisione delle attribuzioni de' due Consigli uno esclusivamente occupato delle scuole medie, l'altro delle elementari.

Si cercò ancora se convenga affidare al Consiglio per le scuole medie l'amministrazione delle scuole normali. Chi voleva darla ai Consigli per le

Sezione I - L 'attività consultiva e pro positiva 77

scuole elementari notava come i mezzi non si debbano staccare e divellere dal fine, che le scuole normali sono il vivaio, il seminario pedagogico de' maestri delle scuole elementari. Questi maestri saranno ottimi se preparati ed educati per l'istruzion popolare e non per una istruzione scientifica, o d'indole superiore e diversa. Chi conosce le scuole elementari solo può dare un ottimo indirizzo alle scuole normali. Ciò non astante, il Consiglio consi­derando che v'ha maggior analogia fra le scuole medie e le normali che non fra quelle e le elementari deliberò che anche le scuole normali si assogget­tassero ai consigli suddetti.

Venendo finalmente il Consiglio superiore a determinare più precisa­mente gli uffizi del Consiglio proposto intorno alle scuole medie e normali, tre formale diverse prese ad esaminare. La prima era tolta dall'enumerazio­ne che la legge 13 novembre 1859 fa delle attribuzioni del Consiglio provin­ciale per le scuole negli articoli 4 1 , 42, 43 , 44, !imitandole alle scuole medie e normali in questi termini:

« Il Consiglio per le scuole medie e normali provvede all'osservanza delle leggi e dei regolamenti nelle scuole di questo genere poste entro il territorio di sua giurisdizione. Ordina le visite straordinarie che giudica necessarie, dà quei provvedimenti che stima opportuni nei limiti delle sue attribuzioni; propone al ministro quelli che eccedono tali limiti; provvede d'urgenza, chiudendo temporaneamente gl'istituti e le scuole da lui dipendenti, in cui esistessero gravi disordini riferendone tosto al ministro per le definitive di­sposizioni. Delibera sull'ammissione ai corsi degli studi ed agli esami delle scuole medie e normali, quando insorgano dubbiezze nell'applicazione de' regolamenti. Esamina e trasmette al Ministero i dati statistici della istruzione privata e pubblica posta entro il territorio di sua giurisdizione» .

Questa enumerazione parendo troppo minuta e forse insufficiente per­ché non riepiloga almeno esplicitamente gli uffizii dei regii provveditori ed ispettori che son devoluti al Consiglio presso le università il Consiglio supe­riore prese a discutere una seconda formala colla quale si diceva.

« Sono assegnate al Consiglio per le scuole medie e normali le attribuzio­ni date dalla legge 13 novembre 1859, ai Consigli provinciali per le scuole, ai regii provveditori ed ai regii ispettori per quanto riguarda le scuole da es­so dipendenti» .

M a essendo pur notato che la legge citata pecca per lo più per soverchia minutezza discendendo dai principii che deve enunciare alle applicazioni e determinazioni che per non inceppare soverchiamente l'azione del ministro si debbono lasciare ai regolamenti, il Consiglio preferì un terza formala col­la quale si enunciano in generale e si classificano le attribuzioni di cui si trat­ta e se ne rimanda la precisa determinazione al regolamento.

La formala è questa:

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78 Fonti per la storia della scuola

« Il Consiglio per le scuole medie e normali dipende immediatamente dal ministro.

Esso approva le nomine de' professori, de' maestri e de' direttori che non sono fatte dal ministro, per le scuole da quello dipendenti.

Ordina le ispezioni nelle scuole quando le crede necessarie. Provvede nei casi d'urgenza. Decide le controversie fra gli insegnanti e le amministrazioni delle scuo­

le, in quanto si riferiscono alle discipline scolastiche. Il modo con cui il Consiglio dovrà esercitare le sue attribuzioni sarà de­

terminato da apposito regolamento » .

Proposta de' Consigli di circondario

La legge 13 novembre 1859 avendo abolito nei capoluoghi di circonda­rio le deputazioni, ossia i Consigli per le scuole, avviene che i provvedimen­ti dati dal sostituitovi Consiglio provinciale, non possono generalmente ave­re a fondamento né una sufficiente cognizione di causa, né attitudine ad una pronta esecuzione nei circondari che non sono capoluoghi di provincia i quali formano il maggior numero.

Di vero i membri dell'attuale Consiglio provinciale per le scuole, estra­nei per la maggior parte e lontani dai circondari, non conoscono né luoghi né persone, o ne hanno imperfetta conoscenza, e sono perciò obbligati, per istruirsi delle questioni e delle pratiche riguardanti le numerose scuole ele­mentari, a valersi pressoché esclusivamente delle relazioni dell'ispettore di circondario, o dell'ispettore regio, il quale dal canto suo attinge le notizie dal primo. Ora, essendo un ispettore nuovo in un circondario, il che succe­de sovente, quale potrà essere la precisione e l'esattezza delle cognizioni che riuscirà a procacciarsi per trasmetterle al lontano Consiglio provinciale?

È un errore il supporre che l'istruzione popolare per progredire, od al­meno per conservarsi nello stato di discreta prosperità, cui fu con molti stenti condotta nelle antiche province del regno, non abbia più bisogno del favore e della cooperazione attiva e personale degli uomini più intelligenti e autorevoli che risiedono ne' principali centri di popolazione, quali sono i capoluoghi di circondario e di mandamento; la direzione de' municipii è nella massima parte di essi, insufficiente al bisogno, e perché si rifugge gene­ralmente da ciò che condurrebbe a nuove spese per la apertura di nuove scuole, e pel miglioramento delle esistenti, e perché si va difficilmente d'ac­cordo ne' consigli comunali sul da farsi a vantaggio dell'istruzione, e perché mancano nel maggior numero de' comuni rurali, uomini che abbiano suffi­ciente capacità, volontà, e possibilità d'occuparsi seriamente della direzione delle scuole, e perché infine difficilmente si assumono carichi, i quali men-

Sezione I - L 'attività consultiva e propositiva 79

tre arrecano incomodi e disturbi non portano seco alcun materiale com­penso.

Quanto poi alla possibilità e alla facilità di eseguire i provvedimenti che si danno dal Consiglio provinciale per le scuole, basta rammentare ciò che abbiamo notato nella prima parte della presente relazione intorno al lungo giro che essi debbono fare prima che possano tradursi in atti esecutivi.

Si consideri ora come prontamente si provvederébbe allo stesso bisogno da un Consiglio delle scuole che fosse ristabilito nel capoluogo del circonda­rio coll'intendente posto a presiederlo. L'intendente conosce direttamente e perfettamente le condizioni economiche del comune di cui si tratta; i mem­bri stessi del consiglio essendo le persone più intelligenti ed autorevoli del paese, avrebbero egualmente precise cognizioni delle altre condizioni del comune sulle quali fondandosi il consiglio prenderebbe una deliberazione non solo provvida ed equa ma anche possibile ad eseguirsi. Deliberata che fosse una volta e a tempo debito l'apertura d'una scuola, tale deliberazione sarebbe resa immediatamente esecutiva dall'intendente, presidente del con­siglio, ne' termini prescritti dalla legge, perché l'intendente avendo un'azio­ne efficace e diretta sui comuni, nessuno di questi potrebbe sotto alcun pre­testo, sottrarvisi; e l'ispettore del circondario che avrebbe proposto, secon­do la legge, quella deliberazione prima che incominciasse l'anno scolastico, avrebbe disponibili a tempo opportuno maestri e maestre da darsi alle nuo­ve scuole .

Lo stesso dicasi di tutti gli altri provvedimenti relativi a provvista di più adatti locali, e di arredi scolastici, ad assegnamenti di sussidii, a destinazione di insegnanti, a rimozione degli inetti o immorali ecc.

Di che apparisce come il ristabilimento di un Consiglio delle scuole ne' capiluoghi di circondario come notava al relatore un valente ispettore delle scuole elementari, sia non che un sentito bisogno, una necessità. Questo consiglio avendo a presidente l'intendente ed a membri, oltre l'ispettore delle scuole elementari del circondario, il direttore del liceo o delle scuole ginnasiali e tecniche, (od altre simili scuole, le quali nelle piccole città do­vrebbero avere tutte insieme un solo direttore), ed il direttore spirituale, an­che il sindaco ed uno o due altri personaggi, come prima, scelti fra i consi­glieri provinciali residenti nel circondario, presenterebbe le più sicure gua­rentigie e di competenza e maturità di giudizio nelle deliberazioni e di pron­tezza di esecuzione pei seguenti motivi:

l o . Perché l'intendente, il quale sta pur bene a capo d'ogni altro corpo provveggente al pubblico servizio, cioè: e del Consiglio di leva, e del Consi­glio di sanità, e di quello di beneficenza ecc . , essendo anche presidente di un Consiglio d'istruzione nel circondario, con immediata autorità sopra tut­ti gli ufficiali addetti alla medesima, rappresenterebbe degnamente il gover­no in un oggetto di servizio così importante, quale è la pubblica istruzione.

2 o . Perché l'intendente potrebbe, come già abbiamo notato, dare ed esi-

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80 Fonti per la storia della scuola

gere dai comuni e da altri corpi morali del circondario immediate disposi­zioni per l'eseguimento delle deliberazioni del Consiglio delle scuole.

3 o . Perché allo stesso effetto l'ispettore potrebbe somministrare imme­diatamente e al consiglio ed al suo presidente tutte le notizie e gli schiarì­menti che abbisognassero al pronto servizio delle scuole ed all'incremento della istruzione elementare, della quale subordinatamente al Ministero e sot­to l'immediata dipendenza dal consiglio e dal presidente, sarebbe nel cir­condario l'apposito agente risponsabile.

4 o . Perché gli altri membri del consiglio potrebbero somministrare ad esso notizie coscienziose e precise sui luoghi e le persone frutto de' loro stu­dj e della loro esperienza.

5 o . Perché le pratiche amministrative tornando ad essere spedite dall'uf­ficio d'intendenza, l'ispettore sarebbe in parte sgravato dai molteplici e fati­cosi lavori d'amministrazione che gli sono dalla legge ora vigente addossati e perciò avrebbe tempo per visitare e dirigere personalmente nella parte di­dattica le scuole, al che ben poco e stentatamente può applicarsi ora che, come abbiamo veduto, l'uffizio d'ispettore è divenuto in singolar modo bu­rocratico.

6 ° . Pet·ché potendo essere come per lo passato gratuito l'ufficio di mem­bro del ConSiglio di circondario, nessun aggravio importerebbe né allo Stato né ad altri, salvo forse qualche indennità all'intendente per ispese di cancel­leria, e di rappresentanza.

7 o . Perché, ove piacesse al ministro far dipendere le scuole medie del circondario anche dallo stesso consiglio, il direttore delle medesime potreb­be fare immediatamente gli stessi uffici che l'ispettore delle elementari colla stessa subordinazione e dipendenza per le scuole ginnasiali tecniche ed altre delle quali sarebbe pure l'apposito agente risponsabile.

Ed in tal caso, questi due ufficiali scolastici cioè l'ispettore delle scuole elementari, e il direttore delle scuole medie, i quali sarebbero indipendenti nelle loro attribuzioni, cosicché non avrebbe mai alcuna cagione di conflitti, avrebbero, del pari che tutte le altre persone addette all'insegnamento, nel Consiglio di circondario e nel suo presidente una immediata autorità supe­riore, che eserciterebbe da vicino una morale influenza molto salutare sul loro contegno, autorità che sarebbe da tutti di buon grado riconosciuta, e che mentre veglierebbe all'esatto adempimento dei loro doveri saprebbe an­che apprezzare le, loro fatiche, incoraggiarli, premiarli, e proteggerli all'uo­po contro avvendte accuse e volgari pregiudizj .

Il Consiglio superiore, pur riconoscendo i vantaggi di questo centro am­ministrativo per l� scuole medie, per amore di semplicità e per la divisione già introdotta colla legge Casati delle varie parti e specie d'istruzione media

Sezione I - L'attività consultiva e propositi va 8 1

alle quali essa assegnò autorità speciali, credette di limitare le attribuzioni del Consiglio di circondario alle scuole elementari.

In quanto poi alla determinazione precisa di esse attribuzioni credette di riferirsi alla legge Casati come viene indicato nel progetto.

Riordinata su queste basi l'amministrazione delle scuole elementari ne' circondari non vi sarebbe a temere una soverchia affluenza d'affari al Mini­stero di pubblica istruzione perché potendosi pure allargar le attribuzioni de' Consigli di circondario , e degli ufficiali scolastici che immediatamente ne dipendono, solo i negozi di più alta e generale importanza rimarrebbero a trattarsi dal ministro, come in alcuni circondari i quali contano cento e più comuni, dal Consiglio d'istruzione si sbrigherebbero le pratiche speciali per le scuole di tutti i comuni del circondario, così sembra che anche dal Mini­stero potrebbesi facilmente trattare gli affari scolastici più importanti dei 193 circondarii dello Stato, tanto più che non verrebbero ad esso portati per lo più che in via d'appello .

Provveditore mandamentale

Braccio e sussidio del Consiglio per le scuole elementari sarà il ristaurato provveditore di mandamento. Gravi furono e prolungate le discussioni del Consiglio superiore intorno a questa istituzione. Poiché se per una parte pa­reva ragionevole il ristabilirla e perché solamente onorifica e però senza ag­gravio dello Stato, e perché diede buoni frutti sotto il regime della legge precedente, come notava il conte Mamiani ne' suoi Principii direttivi 1 non era a dimenticare che sotto la legge nuova sarebbe stata necessariamente di diversa natura e con mutate attribuzioni. Di vero l'antico provveditore loca­le governava non pure le scuole elementari ma le secondarie classiche e tec­niche. Ora in virtù della legge Casati, ciascuna di queste scuole è provvista di direttori ed amministratori fin oltre il bisogno. Nell'antico sistema i muni­cipii non avevan alcuna ingerenza nel governo delle loro scuole; ora al con­trario possono nominare de' sorveglianti e commissioni d'ispezione (art. 3 18). Ed il regolamento 15 settembre 1860 2 parve ancora allargare le facoltà attribuite dalla legge ai municipi; poiché permise che a cotesti soprintenden­ti si potesse affidare la direzione della parte didattica; laddove potevasi in­tendere che la legge loro assegnasse solo l'ufficio di sopravvegliare l'ordine, la disciplina esterna, il costume de' fanciulli, e la condotta morale del mae­stro.

Di che consegue che il nuovo provveditore non può più essere pari al­l'antico, ma con molto meno estesa autorità. Ma v'è a temere ancora che

1 Principii direttivi . . . cit . , p. 394. 2 R.d. n. 4336.

82 Fonti per la storia della scuola

una podestà governativa in faccia ai soprintendenti comunali dia luogo a dissensi, ad urti, e contrasti spiacevoli dannosi al buon andamento delle scuole. V'è da temere che alcuni fra i maestri stessi suscitino codesti dissa­pori ed opposizioni facendosi scudo d'una podestà contro dell'altra per po­ter meglio fare a rpodo loro proprio e governarsi a loro talento.

Aggiungasi che l'autorità governativa se è lontana è meno insistente e grave; vicina all'incontro e sollecita suscita gelosie, ed è talvolta veramente noiosa. Il governo di Venezia era tirannico e tremendo nella capitale, mite e benedetto nella Schiavonia.

E finalmente desiderandosi che la legge di cui presentiamo lo schema si possa estendere a tutto il regno, forseché nelle province ove l'autorità co­munale è larghissima ed autonoma, come in Toscana, non sarà mal veduto codesto provveditore mandamentale e però ostacolo all'accettazione di que­sta legge per parte de' deputati toscani ed altri?

Per ovviare a questi temuti inconvenienti si propose da alcuno de' consi­glieri che il provveditore venisse scelto dal Consiglio di circondario e nomi­nato dal ministro sopra una terna da farsi dal municipio stesso del capoluo­go di mandamento, oppure da una giunta di tanti membri quanti sono i mu­nicipii componenti il mandamento, e che fatta questa nomina i municipi più non avessero a nominare né sorveglianti né commissioni d'ispezione.

Ma fu notato che per la piccola parte che avrebbero i municipii in questa nomina, non avrebbero comportato di venire spogliati de' diritti loro con­sentiti dalla legge Casati, che di questi diritti può venir regolato l'esercizio, ma non essere diniegati ai comuni, che è ragionevole desiderio ispirato dal sistema di politica libertà quello di allargare i diritti e di stabilire l'autono­mia dei comuni, come quelli de' padri di famiglia.

Che dunque ove si tratta di istituire i provveditori mandamentali a dan­no e scapito della podestà municipale si proporrebbe al ministro cosa non accettabile perché né consentanea ai veri principii di diritto amministrativo in paese libero né conforme alle tendenze e ai desideri del Parlamento.

A questo punto la questione fu portata dal campo de' principii e del di­ritto su quello dell'esperienza e dei fatti. Egli è certo desiderabile che i co­muni apprendano a governarsi da se stessi, che facciano i loro affari come si dice in famiglia senza esterna coazione e stimoli governativi, che si valgono delle notizie de' luoghi e delle persone che nessuno meglio di loro possiede, che sia lasciato libera l'azione ispirata dall'amor del paese natio che niuno più di loro sente nel cuore. Ma se questo è desiderabile è poi anche vero nel fatto? Le relazioni degli ispettori massime di quelli di circondario concorda­no nell'asserire che ne' comuni rurali si pensa assai poco all'istruzione po­polare, che loro precipua cura è, di pagare il meno possibile, che i sovrin­tendenti non furono nominati in moltissimi luoghi, che perfino le ispettrici locali delle scuole femminili che si dovevano secondo la legge scegliere da'

Sezione I- L'attività consultiva e propositi va 83

municipi si dovettero nominare d'ufficio dall'ispettore con grave pericolo di gelosie di sospetti e di censure. Che se questi fatti son veri nelle antiche province del regno ove da tanti anni si lavora alacremente alla diffusione dell'istruzione popolare ove furono imposti stipendj , ove l'autorità governa­tiva è così rispettata, che sarà e che dovrà essere nelle provincie, ove l'istru­zione popolare è pressoché una novità, anzi un'utopia, a loro avviso, de' partigiani della libertà politica?

Per la qual cosa se i municipii da una parte non fanno nulla, e dall'altra l'ispettore delle scuole elementari non può far tutto come è evidente, riesce dimostrata la necessità che almeno fin a quando le cose siano nella condizio­ne attuale, il provveditore di mandamento può rendere al paese utilissimi servigi.

Messa a partito l'istituzione di questa carica la maggioranza del Consiglio la approvò.

Ma affinché si conservasse a tale ufficio la vera sua indole e fossero solo un sussidio dell'azione del consiglio da cui dipendono fu stabilito che i provveditori si nominasser solo ne' mandamenti ove non risiede il Consiglio di circondario.

Non si credette opportuno di determinarne specificatamente attribuzioni le quali sono sommariamente indicate là dove l'articolo dice che sono di­pendenti dal Consiglio di circondario, perché le relazioni di esso consiglio col provveditore e risultano evidentemente dagli uffici e dalle attribuzioni del consiglio, e quando sia necessario il determinarlo più minutamente ciò si può fare per via di regolamento.

Diminuzione di ufficiali nelle scuole medie

Venuta la discussione al penultimo articolo del progetto col quale s ' in­tende di semplificare l'amministrazione de' licei, de' ginnasi, delle scuole tecniche e degli istituti tecnici, v'ha nel Consiglio chi propone a direttore di ciascuna di queste scuole un professore insegnante primo per migliorarne gli stipendi secondo perché si avvicendino le influenze.

Ma la maggioranza del Consiglio riconosce che generalmente parlando i professori in attività non sono buoni direttori di tali istituti. Ne sono chiare le cause. Poiché dovendo essi esercitare un'autorità sui loro colleghi, questa sarà necessariamente debole, le transazioni saranno inevitabili. E poiché l'autorità centrale è lontana gli abusi si radicherebbero in modo da non po­tervisi riparare né svellere agevolmente.

Un buon direttore dee soprattutto sorvegliare e promuovere la disciplina sì dentro come fuori delle scuole. Che se è professore egli dee attendere al suo insegnamento, né può provvedere alla disciplina delle altre scuole senza abbandonare la sua propria; l'esperienza dimostra la verità di queste consi­derazioni.

84 Fonti per la storia della scuola

Eliminato questo mezzo di promuover l'economia nel governo delle scuole, il Consiglio pur riconobbe che nella legge Casati v'è lusso in fatto di uffiziali direttivi degli istituti d'istruzione pubblica.

Fu notato che in molti luoghi ove le scuole di diverso ordine e grado erano antecedentemente unite si dovettero fare spese non piccole per sepa­rarle, che tali spese pur si dovrebbero fare nelle altre provincie ove fosse novellamente introdotta ed applicata la medesima legge.

Si aggiunse che senza soverchia fatica un solo direttore basta per due od anche tre ordini di scuole quando queste siano poste nello stesso edifizio colla stessa entrata, e non siano soverchiamente numerose. Un solo diretto­re basta per sorvegliare e mantenere la disciplina degli insegnanti e degli alunni, per tener i registri, corrispondere coi parenti degli alunni, compilare le statistiche. Il fatto lo prova in modo sì chiaro che alcuni direttori si lagna­no di essere abbastanza occupati.

Per queste ragioni il Consiglio votò che si semplifichi l'amministrazione e si diminuisca il numero dei direttori riducendolo alla metà.

Veda il ministro se non sarebbe miglior consiglio formolare l'articolo di legge in modo indeterminato, così che possa procedere senza urtare contro ad una diminuzione maggiore.

Ad esempio dicendo che il ministro potrà riunire sotto lo stesso diretto­re quegli istituti che per la loro analogia, per il numero non eccessivo degli alunni, per la prossimità del locale possono senza inconvenienti dipendere da un solo capo.

Conclusioni ·

Signori! Nell'atto di presentare al signor ministro lo schema di legge che abbiamo

votato il Consiglio superiore può assicurarlo che se la brevità del tempo e l'arduità dell'impresa possono aver cagionato lacune ed imperfezioni nella sua proposta non pare tuttavia d'esser venuto meno allo scopo prefisso, ed alle norme che fin da principio erasi prescritto per attenerlo; l'attuale stato della nostra amministrazione non risponde a quelle tre condizioni di sempli­cità, di efficacia, e di economia che son richieste dal buon governo della co­sa pubblica. Crediamo d'averla abbastanza dimostrato. Ma l'assunto critico e negativo d'ogni riformatore è agevolissimo, è un non nulla a fronte dell'al­tro che in teorica è dogmatico, nelle cose di fatto è pratico e positivo: la va­rietà de' mezzi e la diversità delle opinioni può essere grandissima. Noi con­venimmo in questo punto, che vuolsi in questa come nelle altre questioni di scienza e di governo ritirare le cose ai loro principii, ora i principii dell'am­ministrazione dell'istruzione pubblica da noi invocati non potevano esser

Sezione I - L 'attività consultiva e propositiva 85

quelli delle antiche leggi del 1772 o del 1822 ispirate più o meno dall'indole del governo assoluto.

Ma dovevano rifarsi dalla legge 4 ottobre 1848 che fu la prima che ordi­nò la nostra amministrazione. Quella legge fu censurata per non aver fatto la dovuta parte alla libertà dell'insegnamento, non già perché il ministro che la dettò in virtù dei pieni poteri le fosse avversa, che anzi ne fu poi caldo pro­pugnatore, ma perché allora non era ancor domandata dalla pubblica opi­nione. Ma le riforme amministrative che quella legge introdusse nel nostro paese tendevano a rialzare la dignità del corpo insegnante, stabilivano de' governi locali, ai quali si rendeva omaggio alla libertà delle università delle provincie e dei comuni, si infondeva coll'istituzione de' collegi nazionali una nuova vita nella pubblica educazione.

Quella legge fu dalle posteriori corretta ed ampliata per ciò che si attiene agli istituti educativi ed ai diritti delle libertà; ma fu guasta prima nel '57 , di­menticata poi nel 1859. Noi pigliammo da essa alcuni concetti che ci parve­ro degni d'essere applicati nella forma ed ampiezza di studi e di governo che fioriscono nella patria rinnovata, restituimmo in parte alle università la dire­zione delle scuole medie, ristabilimmo i Consigli di circondario, i provvedi­tori locali, diminuimmo il numero de' direttori delle scuole medie congiun­gendo per tal modo ciò che non avrebbe dovuto esser diviso, e togliendo preventivamente molte occasioni di conflitto tra le varie podestà novella­mente create, procacciammo di scemare il peso dell'erario senza danno del­l'istruzione, ed anzi avvantaggiandola.

I voti del Consiglio potranno essere modificati, le modificazioni stesse possono essere indicate dalle varie ophùoni che si manifestarono nel suo seno.

Il Consiglio superiore può pure rallegrarsi di non aver fatto cosa ·né per­niciosa né inutile, ma sì, di aver dato prova dello zelo con cui corrisponderà sempre ai nobili intenti del ministro ed all' aspettazione dell'Italia.

Progetto di alcune riforme da introdursi per legge nell'amministrazione della pubblica istruzione votato nelle tornate maggio 1861.

Art. l o . Le autorità preposte alla pubblica istruzione sono: l o . Il ministro, 2 o • Il Consiglio superiore, 3 o . Il rettore in ogni università od il preside in un istituto d'istruzione

superiore, 4 o • Il preside in ciascuna facoltà delle università, 5 o . Il Consiglio per le scuole classiche tecniche (e normali), 6 o . Il Consiglio di circondario per le scuole elementari, 7 o • I presidi e i direttori dei licei, delle scuole medie ossiano classiche e

tecniche e delle scuole normali,

...................... .U J I I J I I I ì

86 Fonti per la storia della scuola

8 ° . L'ispettore delle scuole elementari in ogni circondario, 9 ° . Il provveditore in ogni mandamento.

Art. 2 ° . Le attribuzioni del ministro, del Consiglio superiore, del rettore di università, del preside d'un istituto universitario, del preside d'una facol­tà, e de' presidi e direttori delle scuole secondarie e normali sono determi­nate dalla legge 1 3 novembre 1859.

È applicato al Ministero un consultore legale conforme alla legge citata. Il ministro provvede all'ispezione delle scuole e degli istituti sì privati

come pubblici per mezzo di persone appositamente delegate ne' singoli casi.

Art. 3 o . Nelle città sedi di università o d'un istituto d' istruzione superio­re le quali saranno determinate con decreto reale è istituito un Consiglio per le scuole medie e normali composto d'un numero di membri che non sarà minore di cinque, né maggiore di sette, rappresentanti per quanto è possibi­le le scienze che contengono gli elementi e i suddetti rami d' insegnamento.

Pel rinnovamento dei membri del Consiglio ne uscirà per sorte e quindi per anzianità uno per anno; sono rieleggibili. Avrà l'uffizio di segretario un consigliere a ciò destinato nella sua nomina. Avrà lo stipendio uguale a quel­lo de' professori dell'università nel circondario della quale è posto il Consi­glio . In questo stipendio è compresa l' indennità dovuta a lui come consiglie­re. Non sarà compreso nell' estrazione a sorte ne' primi quattro o sei anni. È stabilita una indennità pei consiglieri da L. 500 e 700, pel presidente da L. 800 e 1 .000.

Art. 4 o . Il Consiglio per le scuole medie e normali dipende direttamente dal ministro.

Sono assegnate ad esso le attribuzioni date dalla legge 1 3 novembre 1859 ai Consigli provinciali per le scuole, ai Regii provveditori ed ai Regii ispetto­ri per quanto riguarda le scuole da esso dipendenti.

Il Consiglio esercita le sue attribuzioni entro quella circoscrizione di ter­ritorio che sarà determinata per decreto reale.

Il modo con cui il Consiglio dovrà esercitare le sue attribuzioni e prov­vedere nei casi d'urgenza sarà determinato da apposito regolamento.

Art. 5 o . Le ispezioni delle scuole dipendenti dal Consiglio saranno fatte dai consiglieri, ave si creda necessario potranno le ispezioni essere dal Con­siglio affidate a persone fuori del suo seno da designarsi ne' singoli casi.

Art. 6 ° . In ogni circondario di provincia è istituito un Consiglio per le scuole elementari presieduto dall'intendente e composto preferibilmente: (a) d'un preside di liceo o direttore di ginnasio, (b) d'un direttore d'una scuola normale, e d'un Istituto e di scuole tecniche, (c) dell'ispettore delle scuole elementari,

Sezione I- L'attività consultiva e propositiva 87

(d) del direttore spirituale d'uno de' detti istituti e scuole, (e) di due membri eletti dal Consiglio provinciale, un impiegato dell'Ufficio

d'intendenza farà da segretario. La carica de' membri del Consiglio per le scuole elementari è gratuita.

Art . 7 o . Sono assegnate al Consiglio per le scuole elementari le attribu­zioni date dalla legge 1 3 novembre 1 859, ai Consigli provinciali per le scuo­le ed ai Regii ispettori, per quanto concerne le scuole da esso dipendenti. Il modo di esercitare queste attribuzioni verrà determinato da apposito regola­mento.

Art. 8 o . Dipendente da questo Consiglio e membro di esso è l'ispettore delle scuole elementari del circondario . Suo uffizio precipuo è visitare le scuole elementari, promuoverne la istituzione, cooperare al buon andamen­to ed al progresso dell'istruzione popolare conformemente alle leggi ed ai regolamenti.

L'ispettore delle scuole elementari ha 1 L. 1 .200 di stipendio e L. 1 .200 d'indennità per le spese di viaggio.

Art. 9 o . In ogni capoluogo di mandamento è proposto dal Consiglio di circondario e nominato dal re un provveditore, il quale sotto la direzione del Consiglio di circondario promuove il buon andamento e il progresso delle scuole elementari del mandamento .

Dura in carica cinque anni ed è rieleggibile; l'uffizio del provveditore è gratuito, salva l'indennità per le spese d'ufficio e di viaggio la quale non po­trà mai eccedere le lire cento. Queste spese sono a carico de' comuni com­ponenti il mandamento.

Art. 10° . In ogni città ave l'istruzione classica o la tecnica ha due gradi, potrà avere a capo un solo direttore.

Dove l'istruzione classica e tecnica è solo del grado inferiore, il ginnasio e le scuole tecniche possono avere un solo direttore.

Dove le scuole di diverso genere hanno un solo capo potranno pure ave­re un solo direttore spirituale.

Art. 1 1 o . Sono aboliti: l o . Gli ispettori generali degli studi superiori, delle scuole secondarie, e

delle scuole tecniche, normali ed elementari. 2 o . Gli ispettori di cui agli artt. 28 e 29 della legge citata. 3 o . Il Consiglio provinciale per le scuole. 4 o • I provveditori regii coi loro impiegati. 5 o . Gli ispettori regii coi loro impiegati.

Gio[vanni] Antonio Rayneri relatore

1 Parola scritta a matita.

88 Fonti per la storia della scuola

Spese dell'amministrazione scolastica in una provincia a norma della legge 13 novembre 1859.

N• Be - Nel compilare il seguente specchio, si credette conveniente di tenere per base la

spesa massima di una provincia di primo ordine e la spesa minima di un'altra provincia

inferiore.

- S P E S A M A S S I M A -

Calcolata per una provincia di P classe composta di sei circondari con tre licei, sette ginna­

si, un istituto tecnico, tre scuole tecniche governative ed una scuola normale.

ASSEGNAMENTI

FUNZIONARli Spese OSSERVAZIONI Stipendio di ufficio

e di giro

R. Provveditore . . . . . . . . L. 4.000 L. 2.000 In questa somma sono compre-

Segretario di esso . . . . . . .

Applicato . . . . . . . . . . . . . .

R. Ispettore . . . . . . . . . . . .

5 ispettori di circondario cia­

scuno dei quali ha uno sti­

pendio di L. 1 .200 ed un as­

segno per spese di giro di L.

L. 2.000 L. 1 .200 L. 3 .000

1 . 200. L. 6.000 3 presidi del liceo due di pri-

ma classe ed uno di terza L. 8.000 l preside dell'istituto tecni-

co . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 3.000 7 direttori di ginnasio tre di

P classe due di IP classe e

due di ma . . . . . . . . . . . . . L. 12.800 3 direttori di scuola tecnica

di P classe . . . . . . . . . . . . L. 6.000 l direttore di scuola norma-

le . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 500 L. 46.500

L. 3 .400

L. 6.000

L. 1 1 .400

se le spese necessarie pel Con­

siglio provinciale sopra le scuole

In questa somma si comprendo­

no le spese d'uffizio (quella d'u­

no scrivano che lo ispettore è autorizzato a tenere), quelle di

giro pel circondario di Torino e

quelle di giro per tutta la

provincia.

A queste spese partecipa per me­

tà la provincia.

A queste spese partecipa per la

metà il comune oltre allo stipen­

dio come professore.

Sezione I - L 'attività consultiva e propositiva 89

- S P E S A M I N I M A -

Calcolata per una provincia di IIP classe composta di un solo circondario con un liceo un

ginnasio ed una scuola tecnica.

FUNZIONARli

R. Provveditore . . . . . . . .

Segretario . . . . . . . . . . . . .

R. Ispettore . . . . . . . . . . . .

l preside del liceo . . . . . .

l direttore di ginnasio . . .

l direttore di scuola tecnica

Spesa massima . . . . . . . . .

Spesa minima . . . . . . . .. . .

ASSEGNAMENTI

Spese OSSERVAZIONI Stipendio di ufficio

e di giro

L. 2 .600 L . 850

L. 1 .200 -

L. 2 . 200 L. 2. 100 L. 2.000 -

L. 1 .600 -

- - Ha il solo stipendio come pro-

fessore titolare

L. 9.600 L. 2.950

Per assegnamenti

Per stipendi spese di ufficio e T O T A L E

di giro

L. 46.500 L. 1 1 .400 L. 57.900

L. 9.600 L. 2.950 L. 1 2 . 550

' j j l j j l j j l l l j j l l l j l j j j j l

90 Fonti per la storia della scuola

b) Istruzione superiore

2

Torino - Concorso per la cattedra di chimica organica.

Adunanza del 30 novembre 1866 1

MPI, CSPI, Processi verbali, 1866, vol. I, pp. 1306-13 12; 1341-1392, ms . con firma autografa.

[ . . . ] Infine è all'ordine del giorno la discussione sull'esito del concorso tenutosi per la provvista della cattedra di chimica organica vacante nella Re­gia università di Torino, alla quale aspiravano come candidati per soli titoli i signori:

Rossi Antonio Bizio prof. Giovanni Peyrone pro f. cav. Michele Chiappero prof. Franco Naquet prof. Alfredo Schiff Ugo e Missaghi prof. Giuseppe.

La commissione esaminatrice nominata per questo concorso era compo­sta dei chiari professori Pietro Piazza, comm. Ascanio Sobrero, cav. Stani­slao Cannizzaro, Paolo Tassinari, e del comm. Francesco Brioschi, presiden­te, il quale è dal signor vicepresidente 2 invitato ad informare il Consiglio del giudizio renduto in proposito dalla indicata giunta d'esame.

Il consigliere Brioschi dà lettura della relazione della commissione sud­detta, dalla quale apparisce che si erano sollevati due dubbi, l'uno sull'am­missione degli stranieri ai concorsi per cattedre d'insegnamento, essendove­ne due nel novero degli ascritti per la cattedra di cui si parla, i signori Na­quet e Schiff, e l'altro sul valore da darsi alla dichiarazione di eleggibilità dei concorrenti, se, cioè, per la idoneità ad una cattedra speciale di chimica or­ganica, o per l'idoneità all'insegnamento universitario di chimica.

Il primo dubbio venne risoluto in favore dell'ammissione degli stranieri

1 Sono presenti il vicepesidente Matteucci ed i consiglieri Berruti, Prati, Ugdulena, Musme­ci, Bonghi, Ranalli, Villari, Coppino, Brioschi, Piroli, Cipriani.

2 Carlo Matteucci.

Sezione I- L 'attività consultiva e pmpositiva 9 1

ai concorsi, poiché l'art. 166 della legge 1 3 novembre 1859 chiaramente in­dica non essere una condizione necessaria quella della cittadinanza dello Stato; e per l'altro tutti i membri della commissione, compreso il presidente, si posero d'accordo per dare nel caso presente alla dichiarazione di eleggibi­lità il senso d'idoneità ad un insegnamento chimico universitario, senza te­ner conto rigoroso della specialità della cattedra �essa a concorso.

Stabilite queste massime, tutti i sette concorrenti furono dichiarati eleg­gibili, e si procedette alla discussione dei rispettivi loro titoli per la classifi­cazione dei medesimi a seconda del relativo loro merito.

Nel determinare questa classificazione, che fu fatta a voti palesi e ragio­nati, non potette la giunta essere d'accordo, dappoiché due dei membri di essa, signori Cannizzaro e Piazza, stimarono meritarsi il primo posto sopra gli altri e ad ugual grado tre candidati, Naquet, Rossi, e Schiff; gli altri due, signori Sobrero e Tassinari, credettero aversi a preferire a tutti il Peyrone.

Il presidente della commissione, vista tale parità, non volle dirimerla col suo voto, e dichiarò chiusa la sessione.

Letta la cennata relazione, il consiglier Brioschi si fa a spiegare che la giunta era stata di parere doversi adottare la massima di non restringere il senso della dichiarazione di eleggibilità al solo insegnamento della chimica organica, perché sarebbe stato dispiacevole di dare un voto d'ineleggibilità a quei concorrenti, i quali per la maggior parte già noti nell'insegnamento del­la chimica, potrebbero senza disdoro, in mancanza di uno specialista, soste­nere una cattedra di materia affine a quella da essi professata con lode; che la classificazione eseguita dai membri della commissione, secondo la parti­colare sua opinione, non aveva offerto alcun risultato per la parità che erasi verificata, poiché provava che niuno dei concorrenti avesse dimostrato d'essere superiore ai suoi competitori; e che egli si era astenuto dal votare, a fine di non dare ad alcuno una maggioranza di voti, che non credeva si me­ritasse.

Ma, segue a dire il Brioschi, se, ad onta del suo parere di non aversi a proporre veruno dei concorrenti come degno d'essere nominato professore ordinario della speciale cattedra di chimica organica nella Regia università di Torino, venisse egli obbligato a pronunciarsi in favore di alcuno, non mai questi sarebbe il Peyrone, e troverebbe meglio conveniente scegliere il pro­fessore fra i tre suggeriti dai signori Cannizzaro e Piazza.

Il consigliere Ugdulena nota che e dalla udita relazione, e dalla esposizio­ne delle cose fatta dal comm. Brioschi, apparisce che il risultato del concor­so è stato nullo per colpa della commissione esaminatrice, sia per avere se­guita una norma contraria alla parola ed allo spirito della legge, con giudica­re la idoneità dei concorrenti all'insegnamento generale della chimica e non per quello speciale della chimica organica, la cui cattedra vacante in Torino era a provvedersi; e per non aver proceduto allo stabilimento della classifi­cazione del merito relativo de' candidati con votazione segreta. Che però,

92 Fonti per la storia della scuola

non scorgendo come si possa prendere a riguardo di tanta importante fac­cenda alcuna risoluzione definitiva, gli sembra regolare di aversi a rimanda­re alla stessa commissione gli atti del concorso, perché rifacesse il giudizio, giusta le prescrizioni di legge. Quanto all'appunto della mancanza di segreto nella votazione viene eliminato dalle ragioni che in sostegno dell'operato della giunta sono messe innanzi dai consiglieri Brioschi, Musmeci, Coppino e Villari, i quali osservano, fra le altre cose, che la legge non impone quel se­greto.

A riguardo poscia della massima fissata per giudicare del merito dei can­didati, dopo il consigliere Ugdulena, prende la parola il consigliere Matteuc­ci per dire che avrebbe amato meglio che la commissione, discutendo l'eleg­gibilità dei concorrenti, avesse preso di mira che il concorso era per una cat­tedra di chimica organica, e non per un insegnamento chimico in generale. Ma ciò che gli sembra più grave nel rapporto della commissione è il non es­sere stato stabilito da un voto esplicito e valido quale era delle due liste mes­se innanzi in cui sono distribuiti per merito scientifico i concorrenti quella che aveva ottenuto la maggiorità dei voti. E a questo risultato si sarebbe giunto, se il presidente della commissione, che in Consiglio disse di acco­starsi e di prescegliere una di quelle liste, avesse espresso il suo voto in com­missione come gli altri. Né la dichiarazione che ne sarebbe così risultata che i tre concorrenti Naquet, Rossi e Schiff avevano merito eguale e maggiore agli altri concorrenti volea dire che la commissione invitava il ministro 1 a scegliere il professore fra questi tre candidati: poteva e doveva anzi, a senso del consigliere Matteucci, la commissione dichiarare che malgrado il merito molto maggiore di questi tre rispetto agli altri concorrenti, tuttavia non cre­deva che vi fosse fra essi uno da nominare subito professore ordinario . Così facendo, si metteva il ministro in grado di nominare uno di essi a professore straordinario, e si rendeva giustizia al loro merito senza averli lasciati tutti eleggibili e di un merito che si direbbe giudicato uguale. Né questo impedi­va, esso conclude, dal dover dichiarare che il risultato del concorso fu nul­lo , o non condusse a poter proporre uno dei concorrenti per la cattedra, e dal dover invitare quindi il ministro a riaprire più tardi il concorso, abban­donando una volta il solo concorso per titoli e facendo una commissione composta di più di cinque membri, secondo permette la legge.

Il consigliere Prati aggiunge che il presidente della commissione avrebbe dovuto ai membri della medesima manifestare la idea che aveva di proporre nessuno per la nomina alla cattedra, e non fare che il giudizio rimanesse nul­lo per mancanza del proprio voto.

Ed anche il consigliere Cipriani esprime il suo avviso di non potersi il Consiglio superiore decidere in favore di alcuno dei concorrenti, per essere illegale l'operato della commissione nel giudicare la eleggibilità loro in gene-

1 Domenico Berti.

Sezione I- L 'attività consultiva e pro positiva 93

rale rispetto all'insegnamento chimico , e non per la specialità della cattedra messa a concorso . Però egli dice, essendo nullo il concorso eseguito, non si ha che a rimandare al ministro senza alcun parere gli atti e la relazione del concorso stesso.

Ma il consigliere Coppino invece trova che sia necessario di prendere una risoluzione con la quale si proponga al Ministero di non tener conto del concorso ora fatto, e formula un progetto di deliberazione, che messo ai vo­ti è approvato, nei seguenti termini:

« Non risultando dalle operazioni della commissione che alcuno dei con­correnti abbia ottenuta la maggioranza assoluta dei voti voluta dalla legge, il Consiglio superiore non può proporre alcuno dei candidati alla scelta del ministro, e crede che il concorso debba essere rifatto e rimandato ad altro tempo provvedendo intanto con un surrogante all'insegnamento della catte­dra di chimica organica vacante nella Regia università di Torino » .

Esaurito con ciò l'ordine del giorno la seduta si leva che sono le ore 3 pomeridiane.

Firenze dicembre 1866

Il segretario Volpicella

Il vicepresidente 1

Doc. K) annesso al processo verbale della tornata del dì 30 novembre 1866.

Concorso per la cattedra di chimica organica della Regia università di Torino. Relazione della commissione.

La commissione incaricata dal signor ministro della Pubblica istruzione di esaminare e riferire sui titoli dei concorrenti alla cattedra di chimica orga­nica della Regia università di Torino e composta dal comm. Francesco Brio­schi presidente e dei signori prof. comm. Stanislao Cannizzaro, comm. Asca­nio Sobrero, Paolo Tassinari e Pietro Piazza, era stata invitata dal signor pre­sidente pel giorno 1 6 novembre, che venne impiegato in operazioni prepa­ratorie; dessa ha tenute le sue adunanze in una sala della Regia università di Torino.

Nella seduta del giorno 17 il signor presidente comincia dal partecipare una lettera 29 maggio 1 866 qui allegata del prof. Missaghi, che in esso di­chiara intendere di concorrere per soli titoli ed altresì comunicazione di al­tra lettera 18 novembre 1 866, qui unita, del prof. Chiappero e colla quale esso pure fa uguale comunicazione. Inoltre si dà lettura di altra lettera 8 no­vembre 1 866, qui pure allegata del signor prof. Schiff, colla quale chiede di

1 Il verbale non è firmato.

94 Fonti per la storia della scuola

essere ammesso al concorso per esame al solo fine di mostrare la sua capaci­tà di insegnare in lingua italiana.

La commissione, considerati l'art. 5 9 della legge 13 novembre 1859 e gli artt. 1 14 e 1 1 5 del regolamento 1 , che fissano i termini in cui devesi di chi a­rare la forma di concorso prescelta da ciascun concorrente, delibera non po­ter accogliere la precitata domanda del signor Schiff.

Il signor presidente presentò in riguardo del signor Schiff una lettera del direttore dell'istruzione pubblica del cantone di Berna 2 e inviata dal nostro Ministero dell'istruzione pubblica come documento prodotto dal signor Schiff per comprovare la sua qualità d'insegnante nell'Università di Berna.

Il prelodato signor presidente partecipa anche una lettera ministeriale, qui allegata, inviatagli dall'illustrissimo signor rettore della Regia università di Torino, cav. prof. Bruno, e riguardante la nomina dei signori cavalieri Valerico Caneda e Luigi Mosca a supplenti nella commissione d'esame pel concorso alla cattedra di chimica organica nella Regia università di Torino.

In seguito, dietro inchiesta del signor presidente, tutti i membri della commissione, dichiarano di aver presa conoscenza dei titoli presentati dai singoli concorrenti.

Dopo tutto questo la commissione nomina a suo relatore il prof. Piazza uno dei membri di essa.

Siccome poi nessuno dei candidati concorre per esame, così la commis­sione stabilisce di tenere due o più sedute giornaliere fino all'esaurimento del proprio mandato; sedute che hanno avuto luogo dal giorno 17 al 24 in­cluso il di cui risultato viene riferito come segue.

Comincia il prof. Sobrero per fare alcune osservazioni generali. Pare a lui, che l'ammissione degli stranieri ai concorsi per cattedre in condizioni perfettamente uguali ai nazionali avrebbe per effetto di scoraggiare i giovani italiani i quali volessero avviarsi alla carriera scientifica. Osserva che gli scienziati italiani non trovano nelle legislazioni straniere reciprocanza a que­sto riguardo. Per effetto di tale disuguaglianza agli scienziati francesi per esempio è aperta la carriera dell'insegnamento, non solo in Francia, ma al­tresì nel regno italiano; mentre gli italiani avviati negli studi non possono aspirare che alle cattedre delle nostre università e debbono disputare il con­seguimento di tale meta dei loro sforzi cogli stranieri, i quali, senza aver fat­to carriera scientifica nel paese e prestati i loro servigi nei vari gradi d'inse­gnamento, si presentano soltanto per i posti più elevati nella gerarchia degli insegnanti. Ed a questo proposito insiste sul gran conto che deve farsi dei servigi prestati nella carriera dell'insegnamento per conferire posti di ordine superiore.

Trova giusto ed utile all'incoraggiamento dei giovani studiosi che code-

1 Regolamento del 14 set. 1862, n. 842. 2 La lettera del direttore dell'istruzione pubblica del cantone di Berna Samuel Lehman al prof.

Schiff, del 16 maggio 1862, è contenuta iri ACS, MPI, Personale (1860-1880), " Ugo Schifi».

Sezione l- L 'attività consultiva e propositiva 95

sti posti elevati si diano in parte come ricompensa ai servigi anteriori, e di­ventino così lo scopo a cui ragionevolmente debbono tendere gli sforzi dei giovani che si posero nella carriera scientifica; tanto più che la carriera cat­tedratica è l'unica per ora che sia aperta agli studiosi delle chimiche discipli­ne, non essendo d'importanza veruna l'impiego ch'essi possono sperare nel­l'industria.

Il presidente legge l'art. 166 cap. XI pagina 1939 della legge 13 novem­bre 1859 che non fa alcuna differenza fra i nazionali e gli stranieri per con­corsi alle cattedre.

Il prof. Sobrero allora dichiara, che a fronte di una disposizione esplicita della legge non intende più insistere su questo argomento nel caso del pre­sente concorso.

Il prof. Cannizzaro per tutti gli effetti a cui potrebbe dar luogo la discus­sione avvenuta in seno a questa commissione in riguardo all'ammissione de­gli stranieri alle cattedre universitarie, giudica opportuno manifestare anche la propria opinione su tale proposito . Egli non crede che sarebbe onorevole pel regno italiano ed utile al progresso degli studi in esso, cancellare dal suo codice le disposizioni che ammettono gli stranieri allo insegnamento. Egli opina, che non solo dovrebbe essere lasciata intatta la facoltà concessa al ministro dall'art. 69 della legge in virtù della quale possono essere chiamati illustri stranieri prescindendo da ogni concorso, ed il cui uso è stato fatto si­nora con tanto giudizio e tanto frutto per alcuni rami di alto insegnamento; ma dovrebbe altresì lasciarsi aperta la via dei concorsi agli scienziati fore­stieri che aspirassero alle cattedre universitarie, poiché ciò gioverebbe sem­pre a mantenere ad una certa altezza la misura del merito richiesto per la no­mina di un professore. Tutto al più pare a lui potrebbe essere imposta agli stranieri nel solo caso del concorso una delle seguenti condizioni; o avere insegnato nel regno per un dato tempo, o covertovi un ufficio scientifico qualsiasi, o dimoratovi coltivando gli studi e contribuendo con iscritti italia­ni alla loro diffusione ed allo incremento della letteratura nazionale. Nel ca­so speciale di questo concorso, quand'anche tale limitazione fosse stata già imposta, non avrebbe escluso i due stranieri Naquet e Schiff, poiché il primo fu per due anni professore nell'istituto tecnico di Palermo con nomina go­vernativa; il secondo fu prima preparatore nel laboratorio di Pisa e poi, do­miciliatosi in Firenze, ha lavorato nel laboratorio di quell'istituto tecnico e pubblicati i suoi scritti in italiano, contribuendo così all'accrescimento della nostra letteratura scientifica.

Il prof. Cannizzaro proseguendo, coglie l'occasione delle ultime osserva­zioni fatte dal prof. Sobrero per esprimere fin d'ora la sua opinione, intorno al valore da accordarsi ai servigi prestati, come titoli nei concorsi alle catte­dre universitarie. Egli espone quanto segue. Il regolamento universitario in conformità alla legge dispone all'art. 1 16, che le commissioni esaminatrici dei concorsi per cattedra debbono pronunciare il loro giudizio soltanto sulle

96 Fonti per la storia della scuola

due cose seguenti: I. merito scientifico di ciascun candidato; II. abilità od al­meno attitudine cattedratica di lui. Né la legge né il regolamento pronuncia­no giammai la parola di servizi prestati. Dunque le nomine precedenti, i ser­vigi prestati non debbono per loro stessi avere alcun valore, possono soltan­to servire a dimostrare o il merito scientifico, o l'abilità cattedratica. Ma perché dimostrino ciò bisogna porre in evidenza che l'insegnante nel tempo della sua carriera abbia dato prova di zelo e di operosità scientifica. Le no­mine ottenute nella carriera dell'insegnamento, specialmente nelle scienze progressive come la chimica organica, sono favori che agevolano il lavoro scientifico, e perciò ne impongono l'obbligo. Invece dunque di dare dei di­ritti, specie di titoli di credito verso lo Stato da essere scontati con altre no­mine, impongono doveri, e il non averli o saputo, o voluto, o potuto adem­piere, costituiscono dei titoli negativi, delle prove di capacità fallite. È dove­re di un professore dedicare il suo tempo non solo a dettare lezioni, ma al­tresì a coltivare la scienza che professa e cooperare cogli scritti alla diffusio­ne e all'avanzamento di essa. Questi due compiti del professore si coadjuva­no e si compiono reciprocamente. Chi non prende viva parte al progresso della scienza non potrà insegnarla con amore e zelo e non saprà apprezzare l'importanza relativa delle varie parti che la compiono, epperò non saprà scegliere né ordine, né metodo di esposizione nell'insegnamento. Perciò nel caso di un provetto professore che si esponesse ad un concorso , non si do­vrebbe dare valore alcuno ai vari decreti di nomina che potesse presentare; ma invece gli si dovrebbe chiedere conto come ha speso i vari anni della sua carriera d'insegnamento, e quali sono i frutti che ne hanno ricavato la scien­za o la letteratura scientifica del paese.

Se le prove che ha fatte del suo valore scientifico non sono proporziona­te al numero d'anni in cui avrebbe dovuto coltivare la scienza si dovrebbe considerare il suo merito come inferiore a quello di un giovane che in pochi anni e senza aver coverto alcun posto nell'insegnamento fosse riuscito a da­re cogli scritti o con lavori sperimentali migliori prove della sua capacità e della sua operosità scientifica. Ciò è conforme al dettato della legge ed utile all'avvenire degli studi, poiché col professore provetto, da più anni disav­vezzo al movimento delle idee e che ha perduto persino le emozioni che tra­scinano alle penose ricerche e le coronano, si ha immancabilmente il succes­sivo decadimento dello insegnamento; mentre che col giovine, che si è mes­so bene nella via scientifica, vi è da sperare un graduale miglioramento.

Il signor Cannizzaro conchiude di aver voluto esporre queste massime come quelle che lo guideranno nei suoi giudizi intorno ai vari candidati, e che egli desidererebbe fossero adottate in tutte le promozioni o altre incom­benze da accordarsi agli insegnanti.

Il prof. Sobrero, non negando l'importanza dei lavori scientifici per giu­dicare del merito relativo dei vari candidati, crede però, che la carriera per­corsa nell'insegnamento debba anch'essa essere valutata. Osserva come

Sezione I - L 'attività consultiva e pro positiva 97

spesso il tempo e le cure spesi nell'adempimento degli obblighi d'insegnante e nelle molteplici incombenze, che di sovente dal governo si affidano ai pro­fessori, estranee all'insegnamento, il difetto di mezzi ed altre cause acciden­tali abbiano potuto impedire che un chimico, non astante che fornito di do­ti intellettuali, di attitudine e pratica sperimentale, non che di zelo per gli studi, sia riescito a contribuire all'avanzamento della scienza o con ricerche originali, o con altri lavori intenti alla diffusione di essa.

Codeste considerazioni chiariranno la norma che il prof. Sobrero seguirà nel comparare il valore relativo dei vari concorrenti.

Il prof. Piazza appoggia le massime espresse dal prof. Cannizzaro. Il professore Tassinari in ordine all'ammessibilità degli stranieri ai posti

governativi della pubblica istruzione si pronuncia recisamente contrario al­l' opinione espressa dal pro f. Cannizzaro ed appoggia quella emessa dal pro f. Sobrero; al quale proposito fa osservare che, avuto riguardo all'epoca nella quale fu fatta quella legge (novembre 1859), venne forse così concepita per favorire ragionevolmente gli italiani delle provincie che allora non facevano parte del regno. Egli dice che, qualora anche si potesse ottenere assoluta re­ciprocanza dai paesi stranieri, ne risulterebbe sempre un danno gravissimo allo sviluppo scientifico nazionale, specialmente per le scienze fisico-chimi­che. Per avere distinti chimici e fisici, occorre che molti si dedicano a questi studi; e per ottenere questo risultato fa d'uopo, è vero, che vi siano buonis­sime scuole, ma questo non è il solo bisogno; è necessario soprattutto che vi siena molte carriere aperte per occupare coloro che non raggiungessero un grado elevato d'istruzione, senza di che qualunque scuola anche la più .ele­vata non avrebbe allievi. Le industrie chimiche in Italia non esistono ancora per così dire, o almeno sono così meschine, che non domandano l'opera né del chimico, né del fisico. All'estero la cosa è ben altrimenti, e perciò il n.u­mero di quelli che si dedicano allo studio della chimica è molto più grande, e fra questi molti sono, che raggiungono naturalmente una distinta capacità scientifica. Ora se fossero accettati ai nostri concorsi gli esteri ad uguale condizione dei nazionali, col tempo il numero degli studiosi della chimica diventerebbe sempre più meschino, perché i posti da occupare sarebbero sempre più scarsi ed insufficienti per premiare l'ingegno, lo studio e la so­lerzia di un professore di liceo per esempio, il quale tuttoché di capacità scientifica non dubbia, occupato alla scuola non ha il tempo da eseguire molti lavori per presentarsi con buon numero di questi a competere con uno straniero ad un concorso universitario. E finalmente fa la domanda; e quando noi avremo riempito le nostre università di stranieri siena pure al­trettante celebrità avremo per questo rialzato il nome italiano nella scienza? Nessuno potrebbe affermarlo . Finalmente fa osservare che è solo da pochi anni che furono aperti i laboratori delle università nostre a quei giovani che volessero studiare praticamente le scienze sperimentali; che questi stessi la­boratori cominciano ad essere frequentati e se ne ha realmente un vero pro-

l 1 1 1 1T1 T l TTTTT l I l l j l i i l l I l l l i l J j l l l l i f l l ' i I l l ,

98 Fonti per la storia della scuola

fitto nella coltura. Soggiunge che è pure da pochi anni che si premia lo stu­dio di queste scienze coll'inviare all'estero i nostri giovani a compiere studi speciali.

Ma se poi non si favorisce l'impiego utile di questi giovani, per i quali lo Stato ha speso tanto, il fine proposto non sarebbe raggiunto, e più non si troverebbe chi si dedicasse a questi studi per abbandonarne altri che condu­cono a carriere molto più rapide e molto più sicure . Ripete: coll'introdurre gli stranieri alla pari dei nazionali ai nostri concorsi non ne può venire che lo scoraggiamento e l'abbandono dello studio .

Non approva neppure il parere del Cannizzaro, che vorrebbe che una commissione considerasse alla pari un provetto professore che non potesse presentare che decreti di nomina ed un giovane che in pochi anni e senza aver coverto alcun posto nello insegnamento fosse riescito a dare cogli scrit­ti o con lavori sperimentali migliori prove della sua capacità e della sua ope­rosità.

Egli non sa ammettere che i vari decreti di nomina, che un provetto pro­fessore può presentare a titoli di concorso, debbano per nulla essere consi­derati, non tanto per se stessi, quanto come un attestato dell'autorità scola­stica del buon disimpegno degli incarichi precedentemente avuti e special­mente se questi decreti sono progressivi nella loro importanza. Il parere del Carutizzaro non potrebbe accettarsi che al posto di ammettere che le nomi­ne senza preliminare concorso fossero tutte fatte dall'autorità scolastica sen­z'alcuna ponderazione e senz'avere per nulla considerata la coltura e la ca­pacità del nominato .

Dopo alcune osservazioni e schiarimenti ricambiati tra i vari membri del­la commissione, si conviene di non prendere alcuna deliberazione sull'argo­mento discusso in ordine al valore da assegnarsi ai servigi prestati, e di pas­sare senza altro alla rassegna dei vari titoli dei concorrenti, ove si offrirebbe meglio l'occasione di porre in evidenza le norme che dirigeranno la com­missione nei suoi giudizi.

Signor Antonio Rossi. Conseguentemente a quest'ultima deliberazione si entra direttamente

nell'esame dei titoli di ogni singolo concorrente, e così s 'incontincia da quelli del signor Antonio Rossi, del quale a prova diretta di merito scientifi­co stanno i seguenti documenti:

l o . Sull'alcole cuminico e sui tre alcaloidi che ne derivano; 2 o . Sull'acido omologo superiore all'acido cuminico; 3 ° . I radicali dell'alcole benzoico, dell'alcole cuminico, e dell'alcole ani­

sico; lavoro fatto in unione al prof. Cannizzaro; 4 o . Sulla metamorfosi dell'acido caproico artificiale.

Da tutti questi lavori emergono indubitatamente una grande destrezza esattezza e precisione sperimentali.

ua c z z a sta : a a : : a : z a

Sezione I - L 'attività consultiva e pro positiva 99

Nell'ultimo lavoro sopra le metamorfosi dell'acido caproico artificiale, il Rossi ha certamente vinto dal lato sperimentale grandi difficoltà con lode­volissima pazienza e perseveranza. Il lavoro poi è diretto a risolvere una im­portante questione generale che era sorta nella scienza dopo la trasformazio­ne osservatasi nei cianuri dei radicali alcolici aromatici. Egli ha chlara intelli­genza del quesito, dell'importanza di risolverlo e sa scegliere la via più con­venevole per giungere a tal fine. Il Rossi vince tutti i giovani chintici italiani per il pregio di codesti lavori sperimentali già pubblicati; il che parla molto in di lui favore considerando che egli entrò come allievo nel laboratorio del prof. Piria 1 soltanto nell'anno 1857.

Riguardo all'attitudine cattedratica del Rossi la commissione, non aven­do avanti a sé prove decisive, incarica il presidente di prendere diligenti in­formazioni sul risultato delle lezioni date dal Rossi in questa università. Il qual presidente comunicò poi la seguente lettera del signor rettore 2 :

« Torino 18 novembre 1866. Ho l'onore di trasmetterle i due acclusi. Il signor dott. A. Rossi non diede in tutto che da quaranta a quarantacin­

que lezioni di chimica organica, e sarebbe conseguentemente difficile il giu­dicare in modo preciso della sua abilità cattedratica. Frattanto però e per quanto mi consta da informazioni che devo credere coscienziose ed illumi­nate, egli avrebbe lasciato desiderio di sé pel modo ordinato lucido e facile col quale svolgeva la scienza ai suoi uditori » .

Fanno inoltre sperare una felice riescita del concorrente signor Rossi nel­l'insegnamento gli argomenti seguenti:

l o . L'ardore col quale ha coltivato la chimica organica. 2 o . La chiarezza delle idee scientifiche di cui fanno testimonianza i mem­

bri stessi della commissione e le memorie da lui pubblicate. 3 o . Il seguente attestato del signor pro f. Piria che fa parte dei suoi docu­

menti:

« Torino 28 ottobre 1864 . Attestasi dal sottoscritto essere pretta verità quanto il signor A. Rossi as­

serisce nella sua istanza indirizzata al signor ministro di Pubblica istruzione per essere abilitato a divenire privato insegnante, e riconosce in lui tutti i re­quisiti per cui può adempiere a tale ufficio con plauso e profitto degli al­lievi» .

Professore Giovanni Bizio . La commissione passa all'esame dei titoli del pro f. Giò Bizio indicati nel­

l'acclusa sua dimanda.

1 Piria era direttore del laboratorio di chimica generale. 2 Pro f. Bruno Lorenzo .

1 00 Fonti per la storia della scuola

Dai lavori da lui pubblicati emerge una grande abilità pratica e diligenza; ma pare che il prof. Bizio abbia diretto i suoi studi di preferenza alla chimica inorganica ed analitica, anziché alla chimica organica propriamente detta. Le memorie riguardanti questa specialità da lui scritte dimostrano, che an­che in essa il professore Bizio porterebbe la diligenza pratica acquistata nella chimica analitica, ma non danno però prove dirette dell'insieme delle sue cognizioni intorno alla specialità per cui è stato aperto questo concorso.

Intorno poi alla sua abilità cattedratica alcuni membri della commissio­ne, i quali hanno udito una lezione da lui fatta per altro concorso ed hanno preso informazioni sul di lui insegnamento in Venezia certificano che espo­ne con ordine chiarezza ed eleganza le cose che sa.

Il prof. Tassinari fa conoscere, come il Bizio, appena ottenuta la laurea chimica nell'università di Padova, vincesse al concorso un posto di studio a Vienna, ove si applicò specialmente e per più anni allo studio della chimica nel laboratorio del signor prof. Redtenbacher 1 , che dopo fu a Monaco, indi ad Heidelberg, ove si fermò a lavorare nel laboratorio di Bunsen 2 , e final­mente come da più anni sia professore nell'istituto tecnico superiore di Ve­nezia, nel quale con molta lode professa la chimica generale ed ha laborato­rio pratico frequentato da giovani che si preparano alla carriera dell'inse­gnamento nelle scuole reali (tecniche).

Prof. Peyrone. Si discute sui titoli del prof. Peyrone. Il prof. Cannizzaro osserva, che le

prove del di lui merito scientifico non si riducono che alla Memorie sopra gli Isomeri del sale verde di Magnus 3 ; lavori intrapresi nel laboratorio di Liebig 4 e compiti in Italia.

Rammenta che i risultati di tale studio hanno perduto molto della loro importanza dopo alcune determinazioni cristallografiche del Sella 5 . Ma sie­na pure provati ed ammessi nella scienza i fatti scoperti dal Peyrone nell'in­cominciamento della sua carriera scientifica, non si può negare che da quel momento in poi non diede più alcun segno della sua attività nelle ricerche in guisa, che non lascia sperare, che ora maturo d'anni, disavezzo dai lavori sperimentali, si rimetta nella vita operosa del laboratorio .

Inoltre il prof. Peyrone non ha pubblicato alcun libro che provi almeno lo zelo, col quale ha seguito il progresso della chimica organica. Le prolusio-

1 }oseph Redtenbacher, nato a Kirchdorf (Austria) il 1 2 marzo 1810 , morì a Vienna il 5 mar­zo 1870. Ordinario di chimica nell'università di Vienna.

2 Robert Wilhelm von Bunsen insegnò ad Heidelberg dal 1852 al 1889. 3 Heinrich Gustav Magnus, fisico e chin!ico tedesco (Berlino, 1802-1870), autore di impor­

tanti ricerche nel campo della chimica organica e inorganica. 4 Justus von Liebig, ordinario a Giessen nel 1876, creò un laboratorio che divenne tra i più

celebri del mondo. Nel 1852 passò all'Università di Monaco. 5 Quintino Sella era professore di geometria nell'Istituto tecnico di Torino, trasformatosi

poi in Scuola di applicazione degli ingegneri.

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Sezione I - L 'attività consultiva e propositiva 1 0 1

ni , le memorie di chimica agraria non valgono a ciò. In questo riguardo non gli si potrebbe tener conto d'altro che della distinzione delle sostanze orga­niche in fermentali o putrescibili, se tal idea da lui esposta avesse contribui­to al successivo progresso della scienza.

Il prof. Cannizzaro perciò conchiude, che fedele alle massime già da lui manifestate, ritiene il merito scientifico del Peyrone inferiore a quello del Rossi e di Bizio precedentemente discussi.

Il prof. Sobrero prendendo la parola espone in ordine al candidato prof. Peyrone il proprio pensiero.

Non dissentendo dai suoi colleghi che questo candidato ha presentato uno scarso numero di lavori suoi propri diretti a ricerche scientifiche, repu­ta tuttavia che questi siano bastevole argomento per paterne dedurre che egli pure attese alla parte pratica della chimica e saprebbe pure all'occorren­za insegnare altrui il modo di condurre le ricerche.

Ne sono garanti d'altronde i buoni studi, ai quali egli attese prima della sua carriera insegnante nelle scuole di Francia e di Germania.

Riflette inoltre che il potere in un tempo determinato produrre più o meno di memorie e lavori scientifici non è un'esatta misura dell'istruzione e della capacità di un cultore di una scienza, non essendo raro il caso che talu­no inviato in una serie d'indagini ed avendo già impiegato buona parte del suo tempo, o si trovi da circostanze imprevedute costretto a sospenderle o nel momento di pubblicarne i risultati sia preceduto da altri, che, a sua insa­puta, trattò lo stesso argomento, e prima di lui proclama i risultati ottenuti, i medesimi che egli aveva con molto lavoro cercato di conseguire.

Aggiunge il prof. Sobrero, che se dei soli lavori scientifici si dovesse te­ner conto per calcolare i meriti dei concorrenti si correrebbe rischio di attri­buire a merito personale ciò che fu effetto di circostanze speciali favorevoli a questo, sfavorevoli a quell'altro concorrente. E ciò vale specialmente quando si vengono a paragonare due scienziati dei quali uno non abbia in­combenze d'ufficio ed incarichi governativi, e sia libero di disporre a pro­prio talento del suo tempo e delle forze del suo ingegno, e l'altro abbia ac­cettato incarichi nella carriera d.ell'insegnamento e per questo fatto siasi tro­vato obbligato a dirigere le sue forze le sue facoltà al coscienzioso disimpe­gno delle sue incombenze. Che poi un professore di chimica sia spesso inca­ricato di lavori ordinati dalle autorità superiori e che quantunque riflettenti la scienza che egli professa, lo distraggono dai suoi propri lavori che gli pro­curerebbero fama di scienziato, è cosa che niuno di noi può ignorare.

Trattandosi di un concorrente che da più di venti anni è addetto all'inse­gnamento universitario, crede il prof. Sobrero, che sarebbe ingiusto il porre in non cale l'onorevole e lungo suo ufficio , che anzi debbasi calcolare la sua lunga carriera come un titolo scientifico; poiché e col fatto stesso dell'inse­gnare ha contribuito alla diffusione del sapere; e dall'altra parte non avrebbe potuto continuare nel suo ufficio, se non si fosse tenuto al corrente dei pro-

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1 02 Fonti per la storia della scuola

gressi della scienza; ed inoltre l'ufficio medesimo non gli si sarebbe più vol­te confermato, se egli si fosse mostrato inferiore all'aspettazione, sia degli studiosi, sia di chi veglia alla buona direzione e alla efficacia degli insegna­menti universitari.

Che poi chi è addetto ad uno od a più rami d' insegnamento non abbia più guari tempo per dedicarsi ai suoi propri lavori, il sanno tutti coloro che occupano attualmente cattedre universitarie.

Osserva inoltre il prof. Sobrero che nella lunga carriera di professore di chimica il Peyrone ha dovuto insegnare la chimica organica nell'Università di Genova, che poi questo insegnamento stesso gli fu affidato nell'Universi­tà di Torino, che non consta, che in queste incombenze egli non abbia com­piuto a dovere la sua missione. L'essersi occupato il prof. Peyrone di chimi­ca agraria non prova che non abbia coltivata e studiata l'organica; che anzi dimostrerebbe il contrario; e ciò pei legami che uniscono la prima colla se­conda.

Il Peyrone insegnò inoltre la chimica applicata alla fisiologia, che in es­senza è applicazione della chimica organica. Per tutte queste ragioni il prof. Sobrero reputa, che a mal grado della scarsezza dei lavori presentati versanti specialmente sulla chimica organica, il Peyrone debba ritenersi munito di ti­toli più che sufficienti perché si giudichi atto a coprire la cattedra che è ora posta al concorso .

Prof. Chiappero. Si discutono i titoli del concorrente prof. Chiappero. Il prof. Sobrero rammenta il grado di professore universitario di cui il

Chiappero è rivestito nella scuola veterinaria; gli incarichi più volte affidati­gli di dettare chimica organica in questa università. Egli aggiunge che dalle informazioni ricevute risulta avere il Chiappero nell'insegnamento affidato­gli corrisposto alla fiducia in lui riposta.

Riguardo ai lavori scientifici la commissione dà poca importanza alla prolusione presentata dal prof. Chiappero; però conviene, che i fatti ram­mentati dal prof. Sobrero intorno a questo concorrente impediscono che gli si neghi l'idoneità nell'insegnamento universitario .

Prof. Naquet. Si discutono i titoli del prof. Naquet indicati nella domanda qui allegata. Si osserva:

l o . Che le prove da lui sostenute per riportare l'aggregazione alla facoltà medica di Parigi dimostrano gli ottimi studi da lui fatti in chimica e scienze affini e l'abilità di esporre in pubblica lezione;

2 o • Che i di lui lavori sperimentali se non hanno portato a nuove conclu­sioni di grande importanza, pur dimostrano la di lui attitudine nel condurre le ricerche e il di lui amore nell'intraprenderle;

Sezione I- L 'attività consultiva e propositiva 103

3 o . I suoi scritti teoretici e specialmente il suo trattato elementare di chi­mica (contenente anche l 'organica) rivelano in lui un non comune merito scientifico ed assicurano che ha pieno possesso di tutta la materia che do­vrebbe insegnare se gli fosse affidato un corso di chimica organica.

Il prof. Cannizzaro aggiunge constargli il buon risultato dell'insegnamen­to da lui fatto per due anni nell'Istituto tecnico di Palermo, ed essere stato informato avere il Naquet nell'anno scolastico testè decorso dato a Parigi un corso di chimica organica con un ottimo effetto. Perciò il prof. Cannizzaro è convinto, che il prof. Naquet è dotato di non comune abilità cattedratica, oltre delle altre doti messe in evidenza dai suoi scritti.

Prof. Ugo Schiff. Si passa all'esame dei titoli del signor Ugo Schiff. Si legge la lunghissima lista qui allegata delle memorie da lui pubblicate

dal 1853 fino ad oggi. Il prof. Cannizzaro esprime il seguente suo giudizio sui titoli di questo concorrente.

La numerosa serie degli scritti e lavori sperimentali dello Schiff dimo­strano in lui grande operosità scientifica e piena coscienza di tutti i progres­si della chimica organica e della relativa letteratura.

Può dirsi che, non appena un nuovo campo si è aperto alle ricerche in questo ramo di scienza, lo Schiff si è affrettato a coltivarlo tra i primi. La sua attività nello indagare non si è mai fermata in un solo soggetto ma si è rivol­ta ora all'uno ora all'altro argomento; scorrendo in molti di essi fatti, se non impreveduti, certamente nuovi ed importanti per la luce che hanno sparsa sovra questioni generali poste all'ordine del giorno.

Perciò il nome dello Schiff è uno di quelli tessuti nella storia dello svi­luppo di una parte della chimica in questi ultimi anni. Non si può negare, prosegue il signor Cannizzaro, che in tanta copia di lavori da lui pubblicati ve ne ha qualcuno le cui conclusioni sono state corrette da ricerche poste­riori. Intorno a ciò il Cannizzaro rammenta che perfino il Liebig pubblicò nei primi anni della sua carriera luminosa cose che furono più tardi corrette e che inoltre lo Schiff ha date prove di progredire sempre più nella diligenza sperimentale.

Riguardo all'attitudine cattedratica di questo concorrente Cannizzaro conviene che non esistono prove dirette, ma dallo insieme degli scritti dello Schiff egli ha ricavato il convincimento, che a questo concorrente non man­cherebbe né la materia da insegnare, né il discernimento per sceglierla ed ordinaria nell'esposizione.

Prof. Giuseppe Missaghi. Si passa da ultimo ad esaminare i titoli del prof. Missaghi indicati nella di

lui dimanda qui allegata. Si conviene unanimemente dalla commissione che per la scuola alla qua-

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1 04 Fonti per la storia della scuola

le fu educato (Piria), pei lavori fatti, per la carriera percorsa nel pubblico in­segnamento, pell'intelligenza e la cura poste da lui nel buon disimpegno del­le sue funzioni e per la facilità di chiaro ed ordinato eloquio il Missaghi è certamente meritevole di considerazione.

Compiuta la discussione sui titoli dei concorrenti il presidente in esecu­zione dell'art. 1 16 del regolamento universitario invita la commissione a vo­tare l'eleggibilità di ciascun candidato e procedere poscia alla classificazione di quelli dichiarati eleggibili.

Si fanno alcune osservazioni sul valore che in questo caso si vuoi attri­buire alla dichiarazione di eleggibilità.

Deve limitarsi tale dichiarazione soltanto in favore di coloro che si cre­dono già degni di essere nominati professori ordinari ad una cattedra specia­le di chimica organica in una università di primo ordine, o estendersi a tutti coloro che si credono idonei allo insegnamento universitario della chimica?

La commissione dopo maturo esame si accorda per dare nel caso presen­te alla dichiarazione di eleggibilità il senso d'idoneità ad un insegnamento chimico universitario senza tenere conto_ rigoroso della specialità della cat­tedra in concorso .

Dopo questa dichiarazione convenuta tra i membri della commissione ed accettata dal presidente sono ad unanimità di voti dichiarati eleggibili i se­guenti concorrenti: Naquet Alfredo, Schiff Ugo, Bizio Giovanni, Peyrone cav. Michele, Rossi Antonio, Missaghi Giuseppe, Chiappero Franco.

Dopo ciò si passa a discutere la classificazione degli eleggibili. Il prof. Cannizzaro propone la seguente classificazione:

In primo ordine e ad ugual grado: Naquet - Rossi - Schiff.

·

In secondo ordine ed a ugual grado: Bizio - Peyrone.

In terzo ordine ed a ugual grado: Chiappero - Missaghi.

Intorno a tale proposta aggiu�ge le spiegazioni seguenti: Furono da lui proposti il Bizio e il Peyt·one in secondo ordine, avuto ri­

guardo alla specialità della cattedra per cui è aperto il concorso; poiché ove si fosse trattato di un insegnamento comprendente oltre la chimica organica anche l'inorganica e l'analisi minerale, egli avrebbe assegnato al Bizio un po­sto superiore nella classificazione. Riguardo ai tre concorrenti da lui propo­sti ad ugual grado in primo ordine manifesta il proprio convincimento che tutti e tre questi giovani chimici riescirebbero bene nell'insegnamento della chimica organica sia sulla cattedra, sia nel laboratorio e tutti e tre prometto­no grande operosità nel coltivare la scienza.

Non saprebbe senza altra prova stabilire tra loro una graduazione, poiché

Sezione I- L 'attività consultiva e pro positiva 1 05

ciascuno, oltre alla somma comune delle qualità richieste per un buon pro­fessore, ha doti intellettuali, meriti e titoli speciali dei quali non si può pre­cisare il valore relativo.

Esprime infine il proprio rincrescimento che la legge non abbia autoriz­zato la commissione ad invitare almeno i tre suddetti concorrenti a prove per esame, in modo da poter meglio paragonare la loro attitudine cattedrati­ca, il che avrebbe potuto introdurre un ordine nella loro classificazione.

Il prof. Piazza appoggia e fa anche sua la classificazione proposta dal Cannizzaro.

Il prof. Sobrero invitato a dare il suo parere intorno alla classificazione dei concorrenti in ordine al loro merito relativo reputa che essi debbano ve­nire disposti nell'ordine seguente:

1 o . Peyrone 2 o . Rossi, Naquet, Schiff, ex aequo 3 o . Bizio 4 o . Chiappero, Missaghi, ex aequo.

Intorno al merito relativo dei sei concorrenti compresi sotto i numeri 2 , 3 , 4 egli non entra in alcune ulteriori discussioni, accordandos_i coi suoi col­leghi (Cmnizzaro e Piazza) nell'apprezzamento dei loro titoli scientifici e della loro attitudine cattedratica.

La proposta di porre in primo ordine tra i concorrenti il prof. Peyrone viene dal Sobrero appoggiata dalle seguenti osservazioni.

Coerentemente alle sue precedenti riflessioni egli reputa che una carriera scientifica nell'insegnamento della chimica nei vari suoi rami, ed anche in quello speciale della chimica organica debba tenersi in calcolo d'un titolo scientifico e di un diritto di preferenza in confronto di chi poco o nulla in­segnò nel paese.

Nella condizione dell'insegnante egli ravvisa non solo la qualità dello scienziato ma quella ancora di chi ad ogni anno che egli impiega nel suo uf­ficio acquista una nuova benemerenza. Ora tra i concorrenti nessuno può vantare così lunghi servigi come il Peyrone.

Sono infatti quasi venti anni che egli è professore universitario e si ado­pera nell'insegnare la chimica generale inorganica, organica, fisiologica, mentre gli altri concorrenti hanno date poche lezioni o non ne hanno date punto in paese. Per lui adunque il Peyrone è quello che ha più diritto al po­sto che è al concorso .

La condizione del prof. Peyrone è ora nell'Università di Torino quella di professore universitario di diritto, se non lo è di fatto cioè per circostanze tutte eccezionali che gli si fecero nel traslocamento da Genova.

Il chiamare un altro che gli si sostituisca sarebbe uno sfregio che egli non ha meritato.

Quanto alla preferenza che s 'intenderebbe di dare a qualunque dei due candidati non italiani (Naquet e Schiff) tuttoché rispettabili per prove di sa-

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106 Fonti per la storia della scuola

pere e pèr amore della scienza egli la crede perniciosa ed a suo senso non accettabile, riferendosi per questo riguardo a quanto egli disse in proposito nella prima riunione.

Essendosi da alcuni dei membri della commissione osservato che dal me­rito proveniente dalla carriera percorsa è giudice il ministro, il prof. Sobrero soggiunge che quando nella votazione gli si togliesse la facoltà di dedurre da questa fonte una parte del concetto che egli si fa dei meriti relativi dei con­correnti egli si asterrebbe dal votare non potendo in verun modo fare questa astrazione che non è conforme alla sua convinzione e non volendo con un suo voto nuocere ad un co

.llega che pel lavoro e pei servigi prestati nell'in­

segnamento ha, a suo senso, più che gli altri diritto di essere chiamato alla cattedra posta a concorso.

Il signor prof. Tassinari propone questa classificazione:

l o . Peyrone 2 ° . Bizio 3 ° . Rossi 4 o . Naquet e Schiff 5 o . Missaghi e Chiappero .

Il prof. Tassinari per motivare questa sua proposta fa osservare come la lunga carriera percorsa dal Peyrone non possa valutarsi unicamente per an­zianità di servizio pura e semplice come vorrebbe il prof. Cannizzaro.

A tale scopo rammenta come il Peyrone studiasse per più anni nel labo­ratorio della Sorbonne a Parigi e poscia a Giessen, nel laboratorio di Liebig. Che, ritornato, coprì, nel · 1846, come disse anche il Sobrero la cattedra di chimica applicata alle arti nell'Istituto superiore di Genova, e indi nel 1847 fu nominato professore ordinario di chimica inorganica ed organica nella Regia università di Genova, da dove passò a Torino professore di chimica agraria nell'Istituto tecnico superiore e nello stesso tempo intraprese a det­tare in questa università un corso speciale di chimica organica applicata alla fisiologia. Fu poscia vice-direttore della Scuola pratica di chimica e profes­sore straordinario di chimica inorganica nella stessa università. Una tale pro­gressiva carriera, dice il Tassinari, non può valutarsi da nessuno come una semplice anzianità di servizio, ma sibbene come una prova di fatto che il Peyrone ha continuamente atteso allo sviluppo della scienza e si è occupato costantemente alla sua diffusione offrendo nello stesso tempo prove certe e sicure della capacità cattedratica.

Egli è perciò che per tali requisiti e per i lavori importanti fatti dallo stes­so Peyrone i quali dimostrano la sua abilità nelle ricerche chimiche non esita il Tassinari a riconoscere nel prof. Peyrone quello fra i vari concorrenti che offre le migliori e più sicure guarentigie per proporle alla cattedra di chimi­ca organica nella Regia università di Torino. Considera in seguito il Bizio più meritevole e offerente maggiori garanzie del resto dei concorrenti:

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Sezione I - L 'attività consultiva e propositi va 107

l o . Perché i suoi lavori lo dimostrano valente chimico. 2 o . Per l'esito dello esperimento che lo stesso diede a Torino pel concor­

so della cattedra di chimica organica nella Regia università di Napoli, pel qua­le esperimento fu dichiarato il più capace e meritevole fra quei concorrenti.

3 o . Finalmente per la prova di fatto che offre, giornalmente a Venezia, dove con tanta lode e profitto dei suoi allievi risponde al suo mandato di professore di chimica organica ed inorganica.

Nei giovani Rossi, Naquet, Schiff conviene col Cannizzaro di metterli a pari merito scientifico, ma ne differisce perché li pone dopo il Peyrone e dopo il Bizio: e ciò fa per mancargli specialmente per Naquet e Schiff, dei dati positivi e sicuri per apprezzare la loro capacità cattedratica. E, benché ritenuti pari di merito scientifico, vede una differenza per Rossi che lo inal­zerebbe sugli altri due tanto da metterlo prima di loro nella classificazione. Il Rossi è già conosciuto nelle nostre scuole e si hanno prove della sua atti­tudine e capacità cattedratiche, e ritenendolo pure uguale agli altri due in tutto, il Tassinari non può [fare] a meno di preferire a due stranieri un italia­no, allievo d'italiani e come quelli che esce dalle nostre scuole pratiche, in­stituite appena in quest'ultimo decennio avendo raggiunto il merito scienti­fico che la commissione unanime ha già dichiarato .

S i accorda colla commissione nel classificare il Missaghi ed il Chiappero relativamente agli altri concorrenti ed in ordine al presente concorso . Vor­rebbe però che per questi due concorrenti fosse dato più valore all'amore ed alla cura speciale che mettono nel pubblico insegnamento : e non fosse loro fatto un addebito se nella loro breve carriera non hanno prodotto lavo­ri di grande rilievo e numerosi. Talvolta, ed è il caso di questi due concor­renti, l'operosità dell'insegnante è tutta rivolta alla ricerca ed allo studio della forma pratica dell'insegnamento: forse taluno per tali vie rende grandi e meritevoli servigi quanto l'investigatore e lo scopritore di un nuovo fatto.

Il signor Cannizzaro aggiunge le seguenti sue opinioni intorno alle ra­gioni che hanno inspirato le classificazioni proposte dai professori Sobrero e Tassinari. Pare a lui che i servizi prestati dal Peyrone sarebbero abbastanza valutati ponendolo fra gli eleggibili e non nell'ultima categoria, ave egli l'a­vrebbe collocato se avesse tenuto conto soltanto dei pochi lavori scientifici fatti. Non può però consentire di parlo alla pari e molto meno al disopra dello Schiff, Naquet e Rossi, poiché così facendo si darebbe: all'anzianità un valore molto superiore a quello dato alle prove dirette del merito scientifi­co. Egli soggiunge non avere mai udito per esempio che in un'università te­desca siasi chiamato da un'altra università un professore per il solo fatto di aver insegnato per molti anni senza gloria né infamia.

Riguardo alla preferenza da accordare ai nazionali, alla quale hanno ac­cennato i professori Sobrero e Tassinari il Cannizzaro ricorda che la legge non additando altra norma per la classificazione degli eleggibili che il merito scientifico, la commissione non dovrebbe introdurre negli elementi di tale giudizio considerazioni estranee a tale merito . Egli apina che un vantaggio

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108 Fonti per la storia della scuola

godono già in tali concorsi i nazionali per le agevolezze maggiori che hanno di fare conoscere il loro merito, la loro attitudine e far valere come titoli fin le lontane speranze che danno.

Trova di ciò una prova nel fatto avvenuto in questo stesso concorso in favore del signor Rossi. Il valore elle si è dato alle testimonianze del fu prof. Piria e del rettore di questa università è un vantaggio che non sarebbe stato goduto dal Rossi se avesse studiato ed insegnato all'estero, ed in tal caso il Cannizzaro conchiude che non l'avrebbe posto alla pari con Schiff e Naquet, i quali pei loro scritti si sono già elevati ad una maggiore riputazione.

·

Il Tassinari insiste di non potere chiamare la carriera percorsa dal Peyro­ne pura e semplice anzianità di servizio come pare faccia il Cannizzaro .

Riguardo alla preferenza che egli accorda ad un nazionale a fronte di due stranieri dichiara, che dà una tale preferenza soltanto dopo che fu ricono­sciuto .che per questi concorrenti, Rossi, .Naquet, Schiff, il merito scientifico è perfettamente uguale, non avendo per· tale giudizio teimto calcolo della nazionalità.

Perciò essere fuori della critica mossagli da Cannizzaro . Non avendo i membri della commissione nulla da aggiungere in appog­

gio delle loro proposte, non rimarrebbe che passare alla votazione; ma il si­gnor presidente dichiara di astenersene. Perciò, essendo stato da ciascuno dei componenti della commissione stessa chiarito il voto secondo il dispo­sto dell'art. 1 18 del regolamento e risultando che nessuna delle fatte propo­ste potrebbe ottenere la maggioranza richiesta dall'art. 140 del regolamento medesimo il signor presidente dichiara chiuse le sessioni della commissione.

F .to Pietro Piazza (segretario) » A[scanio] Sobrero » S[tanislao] Cannizzaro » Paolo Tassinari » F[rancesco]Brioschi presidente

Per copia conforme Il segretario del Consiglio superiore

Volpicella

3

Regolamento speciale per la facoltà di lettere e filosofia.

Adunanza plenaria del 1 3 maggio 1905 1

1 Sono presenti il vicepresidente Senise e i consiglieri Antonélli- Arcoleo Banti Camerano Canavari; Cannizzaro, Caruso, Cerruti, Chironi, Cocchia, Dall:t,Ved�va, De Àmicis,

'Dini, Failla:

Sezione I - L 'attività consultiva e propositi va 109

MPI, CSPI, Processi verbali, 1905, vol. I, pp. 255-266, ms. con firma autografa.

Cocchia relatore, a nome della commissione, legge la relazione nella quale sono accennati i criterii, cui la commissione stessa s 'è inspirata nel proporre il suo schema di regolamento.

Mazzoni dichiara di parlare sulla parte generale del regolamènto. Nella commissione egli si staccò dalle conclusioni dei suoi colleghi sopra un pun­to sostanziale; ed espone ora le ragioni del suo dissenso, dichiarando che è incoraggiato a parlare dal fatto che sa la sua opinione essere- anche quella di molti altri colleghi e di alcune facoltà.

La maggioranza della commissione ha ritenuto debba giovare agli studi ed ai giovani il tripartire la laurea in lettere; è vero che il progetto di regola­mento parla piuttosto di gruppi, ma sostanzialmente si tratta di tre diplomi di laurea speciali nei quali la laurea in lettere viene ripartita. Ora egli è con­vinto che a questo procedimento si oppongano ragioni d'indole legali, d'in­dole didattica e d'indole scientifica. Sul primo punto osserva che la legge Casati prevede e consente per la facoltà di lettere e filosofia due diplomi di laurea corrispondenti al nome che la legge stessa dà alla facoltà; può ritener­si conforme a legge questa moltiplicazione o ripartizione 'di lauree per un complesso di studi che è unico nel concetto della legge?

Quanto alle ragioni didattiche, egli deve o�servarè che la scuola seconda­ria classica, come è ora ordinata, ha bisogno eli insegnanti che possano nei ginnasi inferiori e nei superiori insegnare c<;mtemporaneamente l'italiano, il latino, il greco, la storia e la geografia. Quando avJ;ew.,o specificate le lauree, in quali condizioni si troveranno nei concorsi ·gli ìnsegnanti provvisti di uno piuttosto che dell'altro diploma? Non certamente in condizioni uguali; né, per la specializzazione da essi seguita, ugualmente in grado tutti di insegnare tutte le materie per le quali è richiesta l'opera loro e bandito il concorso . Il progetto di regolamento vuole prevenire una riforma dell'ordinamento del­la scuola classica: certo è contrario a quello presente, ed anche sotto questo aspetto non può dirsi legale.

Quanto al lato scientifico, egli ritiene dannoso scindere quello che deve essere l'insegnamento storico-filologico; come si può pretendere la specia­lizzazione se questi insegnamenti sono strettamente legati tra di loro? Tanto è vero che la stessa commissione, ad esempio, per la laurea in lettere italiane ha dovuto prescrivere per lo stesso periodo di anni i corsi di latino, di gre­co, di filologia ecc . ? E come possono entrare in queste tassative divisioni tutte le altre eventuali specializzazioni, non meno importanti, che può se­guire lo studente? Dovranno ritenersi per questo impossibili? E dovrà rite-

Fogazzaro, Martinetti, Mazzoni, Mortara, Nitti, Pullè, Roiti, Schupfer, Scialoja, Serafini, Sergi, Stampini e Vinciguerra.

1 10 Fonti per la storia della scuola

nersi anche impossibile il conseguimento di una laurea unica in lettere, sen­za obbligare lo studente a prolungare il numero degli anni di studio?

Egli si dichiara quindi contrario a questo punto sostanziale della propo­sta riforma.

Dini rammenta che la questione fu altra volta discussa al Consiglio e ven­ne risolta nel senso della specializzazione delle lauree con un solo voto di maggioranza. Allora egli combatté nel senso propugnato oggi dal consigliere Mazzoni ed ora torna a dichiarare che la ripartizione proposta è contraria al­la legge Casati, per la quale non possono esistere che due lauree, quella in fi­losofia e quella in lettere. Quest'ultima comprende tutto, e specializzando i diplomi, la si menoma. La specializzazione si può lasciare a corsi di perfezio­namento dopo la laurea o alla scuola di magistero, ma la laurea deve essere soltanto una. Presenta il seguente ordine del giorno: « Considerando che la legge stabilisce soltanto una laurea in lettere, senza suddividerla in altre, co­me verrebbe a farsi introducendo i varii certificati, il Consiglio superiore ri­tiene che i certificati devono essere rilasciati soltanto ai giovani che escano dalla scuola di magistero dopo aver conseguita la laurea» .

Sergi s i dichiara sostanzialmente d'accordo coi precedenti oratori e vuo­le fare una speciale osservazione sul gruppo di storia e geografia. Sembra che nel concetto della commissione ogni gruppo debba avere uno speciale svolgimento, perché è rinforzato con l'aumentare il numero di anni delle materie che caratterizzano il gruppo stesso. Così si è fatto per la geografia in questo gruppo speciale; ma egli osserva che il corso di geografia che si dà nella facoltà di lettere non ha carattere scientifico; il regolamento non pre­scrive insegnamenti di geografia fisica, di matematica e via dicendo, per questo speciale diploma, così che il corso triennale che si darà non sarà che un ampliamento del corso annuale. Ed è giusto ciò quando si tratti di rila­sciare un apposito diploma? Di più nella sua relazione la commissione pare accenni ad una specie di progresso negli studii della filosofia, ma egli ha ve­duto che il regolamento non introduce nessuna novità, nessun nuovo inse­gnamento scientifico; v'è, è vero, la fisiologia, ma come corso annuale; e così isolato, senza sussidio di altri rami di scienza, è pressoché inutile.

Pullè per esperienza personale ha veduto come ormai sia necessario che gli studii si specifichino, senza di che non si può dare cultura solida ai giova­ni. Di fatto, senza che lo prevedano i regolamenti, ma per opera delle facol­tà, dei gruppi di insegnamenti si sono già determinati. Perché non si deve consacrare apertamente questo stato di fatto, che risponde ad una necessità della cultura, nel regolamento? Sarebbe certamente ideale una facoltà unica come la facoltà filosofica tedesca; ma lo scopo di questa è diverso, essa mira a dare l'alta cultura, mentre la facoltà di lettere e filosofia in Italia ha anche l'altro scopo, quello di preparare all'esercizio professionale. Ora, gli inse­gnanti che mandiamo al liceo hanno bisogno di avere specificati gli studii, perché speciali sono le cattedre dei concorsi. Specificare non vuoi dire me-

Sezione I- L'attività consultiva e pmpositiva 1 1 1

nomazione, perché mentre si restringe il campo di una materia, si allarga quello delle altre. Si deve rispettare la legge che vuole una laurea sola, ma nell'interesse della cultura si deve anche specializzare; e ciò non è contrario alla legge, specialmente nel modo proposto dalla commissione, e può esser fatto col regolamento.

Dalla Vedova è d'accordo col consigliere Pullè nelle sue considerazioni. sembragli che gli oppositori vogliano sacrificare alla forma la sostanza. Le scuole secondarie domandano alle università insegnanti enciclopedici nei primi gradi, ma specializzàti nei gradi superiori; a questo corrisponde e pre­vede il regolamento perché la specializzazione non è fatta subito, ma solo al terzo anno; nel primo biennio tutti i corsi sono uguali per tutti e basta que­sta preparazione generica per gli insegnanti di classe, e non di materie, dei gradi inferiori.

Risponde al consigliere Sergi circa l'insegnamento della geografia che non si tratta di un diploma speciale, ma di un insegnamento che deve essere di sussidio alla storia, come dichiara l'intitolazione del gruppo; non sono quindi necessarie quelle speciali materie di indole scientifica che ha citate i� consigliere Sergi. Fa osservare infine al consigliere Dini che nelle scuole d1 magistero non vi sono corsi, ma esercitazioni pratiche, e male si può dire che i giovani debbano e possano specializzarsi in queste scuole.

Stampini fa un'osservazione di fatto. La legge non parla affatto di un nu­mero di lauree: il regolamento Bonghi 1 stabiliva una sola laurea, unica per le lettere e la filosofia e nessuno lo ritenne contro la legge. Del resto la com­missione non ha voluto più di una laurea; solo si disse che accanto alla lau­rea si rilasciassero certificati speciali; le materie fondamentali per ogni grup­po sono comuni, quindi la laurea in lettere rimane, in fondo, una.

. Chironi, nella legge non è detto che una sola debba essere la laurea; anz1

all'art. 1 26 è detto che la laurea sarà conferita agli studenti che superino la prova degli esami speciali e generali richiesti per questo grado accademico. Spetta ai regolamenti determinare questi esami e niente vieta che nei regola­menti si aggruppino o si tengano divisi gl'insegnamenti e gli esami.

Antonelli invece, confrontando l'art. 5 1 della legge dove sono indicati gl'insegnamenti delle facoltà, con l'art. 130 osserva che se gli esami speciali sono quelli segnati all'art. 5 1 , la laurea per legge è unica. Ora, perché la spe­cializzazione, se si vuol fare, non si prescrive sia fatta in istituti speciali, co­me gli istituti delle facoltà mediche o i seminari?

Dini vuole fare un caso pratico; un giovane s'inscrive nell'università per il diploma speciale di storia e geografia; e nella scuola di magistero si vuole invece inscrivere per il certificato di filologia. Si può impedirglielo? Data la specializzazione degli studi all'università, si deve rispondere affermativa­mente; eppure egli ha il diritto di farlo, perché glielo consente il regolamen-

1 R.d. 1 1 ott. 1875, n. 2743.

1 1 2 Fonti per la storia della scuola

to delle scuole di magistero 1• Bisognerebbe quindi mutare questo regola­mento.

Mazzoni risponde agli oppositori dichiarando che non astante le osserva­zioni del collega Chironi, gli rimane il dubbio circa la questione legale. La commissione ha voluto sfuggirla, non parlando di lauree, e stabilendo inve­ce dei gruppi; ma sostanzialmente si tratta sempre di scissioni di un unico diploma. Insiste nelle sue precedenti considerazioni sulla parte didattica, domandando, per di più, come si potrà regolare un giovane il quale voglia conseguire quella laurea in lettere che la commissione dice sostanzialmente conservata senza gruppi di sorta. Si può legalmente negargliela? E se un gio­vane vuol conseguire più di un certificato? Lo può fare? Certamente sì; ma, dovendo seguire per un dato numero di anni certi corsi speciali ad un dato gruppo, dovrà compiere un quinto anno di studi, sebbene si tratti sempre di laurea in lettere. La divisione in gruppi è inopportuna quando specialmente si pensi che il giovane, quando esce dal liceo, non è ancora maturo per la specializzazione degli studi. La facoltà può consigliare la divisione, ma non imporla; deve il giovane liberamente scegliere il ramo di studio che sente di dovere più specialmente seguire, ma non si può obbligarlo a stare per forza entro certe limitazioni, quasi in determinate cassette, le quali non possono consentire specializzazioni in tanti rami di studi che il giovane può diversa­mente preferire; perché, ad esempio, chi volesse specializzarsi in storia del­l'arte come potrebbe farlo?

Roiti ritiene che si possa venire ad un accomodamento e ad un accordo sul punto fondamentale. Nessuno in sostanza nega l'opportunità della spe­cializzazione, ma la maggioranza della commissione ha voluto fare delle di­visioni precise, mentre la minoranza vorrebbe lasciare libertà allo studente di specializzarsi. Il dissidio potrebbe comporsi dividendo i corsi della facol­tà in due categorie, comprendendo nella prima quelli indispensabili a tutti, nella seconda quelli che possono essere scelti per specializzarsi, fissando per ciascuna il numero .

Quanto ai certificati, ricorda che anche ora, oltre al diploma di laurea, si rilascia allo studente un così detto specchietto con l'indicazione dei corsi se­guiti e dell'esito dell'esame, che è obbligatorio presentare insieme col diplo­ma, quando si intenda prendere parte a un concorso . La specializzazione de­gli studi fatta dallo studente risulta quindi da questi specchietti, nei quali si potrebbe anche aggiungere, a fianco dell'indicazione dell'esito dell'esame di laurea, l'argomento della tesi svolta dal candidato e delle tesi orali.

Cerruti per lunga esperienza è contrario alla divisione dei diplomi, tanto che è contrario alla stessa divisione di ingegneri civili e industriali. La prepa­razione deve essere comune; è la vita che specializza o la tendenza dell'inge­gno del giovane.

1 R. d. 1 3 mar. 1 902, n. 70.

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Sezione I - L 'attività consultiva e propositiva 1 1 3

Il presidente mette ai voti la chiusura della discussione, la quale è appro­vata; e dà la parola al relatore.

Cocchia non sa comprendere come l'opposizione d'indole legale sia ve­nuta da membri delle facoltà di scienze dove esistono per regolamento vere e proprie lauree speciali; eppure anche per la facoltà di scienze la laurea, per la legge, dovrebbe essere una sola. Osserva anzi che i gruppi non sono con­trarii alla legge e che nemmeno contrario alla legge sarebbe il regolamento, se anche avesse parlato di lauree, e lo dimostra basandosi sulla disposizione dell'art. 52 della legge Casati, il quale per la facoltà di lettere e filosofia par­la di gradi accademici e ne prevede quindi più d'uno. Più grave sembragli l'obiezione d'indole didattica, specialmente per quanto riferiscesi alla posi­zione dei giovani forniti di certificati diversi di fronte ai concorsi; ma devesi ricordare che la facoltà non serve solo a preparare insegnanti per le scuole classiche, ma anche per le altre scuole medie, le tecniche e le normali, dove le cattedre sono da tempo divise. Perché poi preoccuparsi solo di una parte relativa ai ginnasii, quando la specializzazione già si verifica anche nei gin­nasii inferiori? Anche qui la divisione si farà necessariamente tra breve. La specializzazione non fa violenza, come si vuol dire, alla tendenza di un gio­vane ad un dato ramo di studii, ma la regola e la disciplina. Se si vogliono ri­portare i giovani in grembo alla legge Casati, come si potranno trovare gli insegnamenti speciali di cui i giovani hanno bisogno? La riforma proposta dalla commissione contempera il rispetto alla legge con le necessità della cultura, ed è tale che, a suo credere, merita l'approvazione del Consiglio su­periore.

Passando alla votazione, Dini dichiara di ritirare il suo ordine del giorno. Si mette quindi a partito il seguente ordine del giorno del relatore: « <l

Consiglio approva la proposta della sezione letteraria filosofica che il diplo­ma unico della laurea in lettere sia specializzato col certificato dei varii gradi di studio che vi si possono conferire» .

Scialoja dichiara che, venuto tardi, non ha potuto seguire la discussione, ma che voterà contro, perché non sembragli amministrativamente ordinata la riforma.

L'ordine del giorno del relatore consegue voti favorevoli 10, contrari 13 .

Cocchia, in seguito all'esito della votazione, dichiara che deve ritirare il regolamento, per studiarlo nuovamente coi colleghi della commissione.

Mazzoni crede che, togliendo poche cose, il regolamento può sussistere, partendo dal concetto della laurea unica.

Stampini dichiara che, essendo state spezzate le linee fondamentali e mu­tati i concetti informatori dell'intero sistema, non può più partecipare ad ul­teriore discussione sul regolamento.

Fogazzaro ritiene necessario si sospenda la seduta perché la commissione si aduni per deliberare sul da farsi .

1 14 Fonti per la storia della scuola

Pullè, poiché si respinse tutto l'ordinamento degli studi, la commissione non ha più nulla da fare, né può rifare in due o tre giorni il regolamento con altri criteri.

Chironi dichiara che il regolamento deve essere fatto ad ogni costo. Le dimissioni della commissione non si possono ammettere. Il ministro ha dato incarico al Consiglio di preparare il regolamento, e il Consiglio non può la­sciare da parte quello della facoltà di lettere .

Il Presidente, accogliendo la proposta del consigliere Fogazzaro, sospen­de la seduta. La commissione si ritira per deliberare.

Ripresa poco dopo la seduta, il relatore Cocchia annuncia che la com­missione ha deliberato di non abbandonare il regolamento, ma prega le sia concesso fino a domani il tempo necessario per presentare il nuovo schema.

Il Consiglio approva, e il presidente ringrazia la commissione [ . . . ] La seduta è tolta alle ore 19 t . Il segretario M[anfredo] Tovajera

Allegato al verbale dell'adunanza del 1 3 maggio 1905 .

Il presidente Senise

Progetto di regolamento per la facoltà di filosofia e lettere preparato dal­la sotto-commissione del Consiglio superiore.

MPI, CSPI, Processi verbali, 1905, vol. l, a stampa.

Art. l . La facoltà di filosofia e lettere ha per fine di mantenere ed accrescere la coltura filosofica, storica e letteraria della nazione:

a) fornendo gli insegnamenti filosofici, storici e letterari; b) preparando al conseguimento delle lauree e di diplomi speciali.

Art. 2 . Nella facoltà di filosofia e lettere sono dati i seguenti insegnamen-ti obbligatori:

l . filosofia teoretica 2 . filosofia morale 3 . pedagogia 4. storia della filosofia 5 . letteratura italiana 6 . letteratura latina 7 . letteratura greca 8 . archeologia 9. storia comparata delle lingue indo-greco-italiche

10. storia comparata delle lingue e letterature neo-latine 1 1 . storia antica

Sezione I- L 'attività consultiva e propositiva 1 1 5

1 2 . storia moderna 1 3 . geografia.

Art. 3. Tenendo conto delle leggi speciali che governano i vari istituti universitari e dei particolari bisogni delle facoltà si possono impartire, su proposta della facoltà e udito il parere del Consiglio superiore, oltre agli in­segnamenti indicati nel precedente articolo, anche insegnamenti comple­mentari, come ad es . quelli di psicologia sperimentale, storia delle religioni, storia dell'arte medioevale e moderna, sanscrito , grammatica greca e latina, paleografia e diplomatica, stilistica italiana, antichità classiche ed epigrafia, lingue e letterature semitiche, germaniche, slave ed altri.

Art. 4. Lo studio della facoltà di filosofia e lettere dura quattro anni ed è diviso in due bienni.

Art. 5 . La facoltà di filosofia e lettere conferisce due lauree: l'una per gli studi filosofici e l'altra per gli studi letterari.

Gli studi letterari sono divisi in tre gruppi: l . Filologia classica 2 . Lettere italiane 3 . Storia e geografia

Art. 6. Per ottenere il diploma di laurea in filosofia lo studente deve aver superati gli esami di:

l . un corso triennale di filosofia teoretica 2 . un corso triennale di filosofia morale 3 . un corso triennale di storia della filosofia 4 . un corso biennale di pedagogia 5 . un corso biennale di letteratura latina 6 . un corso biennale di letteratura greca 7 . un corso biennale di letteratura italiana 8. un corso annuale di fisiologia 9. un corso annuale di geografia

1 0 . tre corsi complementari a scelta. Nelle università in cui esiste l'inse­gnamento della psicologia sperimentale, questa dovrà tener luogo di uno dei tre corsi sperimentali.

Art. 7. Per ottenere il diploma di laurea in lettere, col certificato del gruppo di filologia classica, lo studente deve aver superati gli esami di:

l . un corso triennale di letteratura latina 2 . un corso triennale di letteratura greca 3 . un corso triennale di storia antica 4. un corso biennale di letteratura italiana 5 . un corso biennale di archeologia 6. un corso biennale di storia comparata delle lingue indo-greco-ita­

liche

1 16 Fonti per la storia della scuola

7 . un corso biennale di grammatica greca e latina 8. un corso annuale di geografia 9. un corso annuale di pedagogia

10 . un corso annuale di filosofia, a libera scelta del candidato tra gli in­segnamenti filosofici della facoltà

1 1 . due corsi complementari a scelta.

Art. 8. Per ottenere il diploma di laurea in lettere, col certificato del gruppo di lettere italiane, lo studente deve aver superati gli esami di:

l . un corso triennale di letteratura italiana 2 . un corso triennale di letteratura latina 3 . un corso triennale di letteratura greca 4. un corso biennale di storia moderna 5 . un corso biennale di storia comparata delle lingue e letterature neo­

latine 6. un corso annuale di storia comparata delle lingue indo-greco-ita-

liche 7. un corso annuale di geografia 8 . un corso annuale di pedagogia 9 . un corso annuale di filosofia, a libera scelta del candidato tra gli in­

segnamenti filosofici della facoltà l O . tre corsi complementari a scelta.

Art . 9. Per ottenere il diploma di laurea in lettere, col certificato del gruppo di storia e geografia, lo studente deve aver superato gli esami di:

l . un corso triennale di storia antica 2 . un corso triennale di storia moderna 3 . un corso triennale di geografia 4 . un corso biennale di letteratura italiana 5 . un corso biennale di letteratura latina 6 . un corso biennale di letteratura greca 7 . un corso biennale di archeologia 8 . un corso annuale di pedagogia 9 . un corso annuale di filosofia, a libera scelta del candidato tra gli in­

segnamenti filosofici della facoltà 10 . tre corsi complementari a scelta.

Art. 10 . Dove trovansi distinti i due insegnamenti di archeologia e di an­tichità, entrambe queste discipline formano oggetto di esame. L'esame sarà unico e dato su programma comune.

Dove poi non esista il corso di archeologia, ne fa le veci il corso di anti­chità.

Art. 1 1 . Nelle università dove l'insegnamento della storia comparata del­le lingue classiche (indo-greco-italiche) è unito a quello delle lingue neo-lati­ne, l'esame dovrà essere unico ed esteso a tutta la materia.

Sezione I- L 'attività consultiva e propositi va

Art. l 2 . Nella facoltà di filosofia e lettere si danno tre specie di esami: l . esami speciali 2 . esame di licenza 3 . esame di laurea.

1 17

Art . l3 . Gli esanii speciali versano sopra una sola disciplina e compren­dono tutto il programma approvato a principio dell'anno dalla facoltà.

Se la materia è ripartita in più anni, l'esame sarà dato alla fine della trat­tazione di essa, ed avrà una durata proporzionale agli anni d'insegnamento .

Per quelle materie però, la cui trattazione dura più di un anno, ma le cui singole parti possono considerarsi come distinti corpi di dottrina, l'esame, su parere conforme della facoltà, potrà essere dato dallo studente alla fine di ciascun anno.

In quest'ultimo caso, la ripetizione dell'esame non importa il pagamento della sopratassa prescritta, salvo che si tratti dell'esame finale della materia.

Art. 14. All'esame di licenza non potrà presentarsi chi non abbia superati sei dei dodici esami indicati nell'articolo seguente .

L'esame di licenza è obbligatorio per l'ammissione al secondo biennio; e consiste in una versione dall'italiano in latino, in una versione dal greco in italiano e nella discussione di un lavoro di ricerca relativo e proporzionato agli studi già fatti.

La discussione suddetta si farà innanzi ad una commissione composta di tre membri, designati dalla facoltà.

Il grado, che si consegue coll'esame di licenza, non abilita all'insegna­mento.

Art . 1 5 . Gli esami speciali, necessari a ciascuno studente per essere am­messo all'esame di laurea, sono dodici, e debbono riferirsi a dodici differen­ti materie.

Gli studenti hanno libertà di compiere questo numero con insegnamenti complementari, scelti nell'elenco dei corsi liberi, di cui all'art. 65 del rego­lamento generale universitario 1 .

Art. 16. Oltre ai dodici esami, indicati nell'articolo precedente, lo stu­dente deve aver superato, per essere ammesso all'esame di laurea, una prova pratica di lingua francese ed una di lingua inglese o tedesca, a scelta, ave queste due lingue siano insegnate nell'università.

La prova consiste nella lettura e traduzione estemporanea di un brano di autore, che tratti di una delle materie fondamentali del gruppo, a cui è in­scritto il candidato.

Le commissioni per tali prove sono costituite a norma dell'art. 33 del re-

1 R.d. 26 ott. 1 903, n. 465 .

l l f I i l 1 1 1 i l l l i I l i l i I � -----------

1 1 8 Fonti per la storia della scuola

golamento generale universitario, e devono essere sempre presiedute da un professore della facoltà.

Art. 17 . Per essere ammesso all'esame di laurea, lo studente deve aver superato, in conformità all'articolo 128 della legge 13 novembre 1859 una prova scritta. Essa consiste in una composizione sopra una delle materie fondamentali del gruppo, al quale è inscritto il candidato.

Per il gruppo della filologia classica, la composizione deve essere scritta in latino.

Art. 18 . L'esame di laurea consiste nella discussione di una dissertazione scritta e di tre tesi orali.

La dissertazione sarà svolta liberamente dal candidato sopra argomenti relativi al gruppo, al quale egli è inscritto. Essa dovrà essere depositata nella segreteria della facoltà, insieme all'indicazione di tre tesi orali, almeno un mese prima del giorno fissato per l'esame, in conformità dell'art. 38 del re­golamento generale universitario.

La dissertazione deve essere esaminata da una commissione di tre mem­bri di cui faccia sempre parte il professore ufficiale della materia, a cui essa si riferisce.

La discussione sulla dissertazione scritta e sopra due almeno delle tre tesi orali, presentate dal candidato, durerà non meno di quaranta minuti e non più di un' ora.

Art. 19 . I laureati in lettere, che vogliono ottenere anche la laurea in filo­sofia, e i laureati in filosofia che aspirano alla laurea in lettere per uno dei tre gruppi, debbono inscriversi al terzo anno del rispettivo corso di studi e superare gli esami che saranno indicati dalla facoltà caso per caso.

.I laureati in un gruppo letterario potranno conseguire il certificato anche in un altro, purché si iscrivano ad un nuovo anno di corso e superino gli esami necessari a completare gli studi relativi, secondo che sarà indicato dalla facoltà caso per caso. I laureati in giurisprudenza, che aspirano alla lau­rea in lettere o in filosofia, possono essere inscritti al secondo anno di corso alle condizioni indicate dalla facoltà.

Gli studenti di scienze naturali, che abbiano compiuto il primo biennio di studi presso la loro facoltà ed abbiano ottenuta la licenza relativa, e gli studenti di medicina, che abbiano superati gli esami del secondo biennio della facoltà medica, possono essere inscritti al terzo anno della facoltà di fi­losofia e lettere e conseguire la laurea in filosofia, alle condizioni che saran­no fissate dalla facoltà caso per caso. Il numero degli esami speciali, a cui sa­ranno obbligati, non potrà in nessun caso essere inferiore a sei.

Art. 20. Alle facoltà di filosofia e lettere sono annesse le scuole di magi­stero, ordinate secondo un regolamento speciale.

Art. 2 1 . Gli insegnamenti di materie affini possono essere ordinati in isti-

Sezione I- L 'attività consultiva e pro positiva 1 19

tuti o scuole e integrati con insegnamenti di altre facoltà, secondo norme

speciali da approvarsi dal Ministero, udito il parer.e del Consigli� s_up��iore .

. Presso le facoltà di filosofia e lettere possono moltre essere 1st1tmt1 semt­

nari filosofici, storici e filologici, colle norme anzidette.

Diplomi speciali non possono essere conferiti se non ai giovani che ab­

biano frequentato l'università e conseguita una laurea.

Agli effetti delle tasse, gli aspiranti a diplomi speciali saranno considerati

come uditori. Articolo transitorio. Questo regolamento non si applica agli studenti già

inscritti alle università, all'atto della sua promulgazione, salvo che ne faccia­

no speciale domanda.

Adunanza plenaria del 14 maggio 1905 1

MPI, CSPI, Processi verbali, 1905, vol. I, pp. 272-280, ms. con firma autografa.

[ . . . ] Cocchia relatore propone al Consiglio il nuovo schema di rego�a­mento che la commissione, dopo il voto di ieri, ha preparato, e del quale m­comincia la lettura.

Si approva senza discussione l'art. l . All'art. 2 il relatore avverte che tra le materie obbligatorie la commissione ha creduto necessario di aggiungere, dopo il n. 7 , la grammatica greca e latina, che prima era compresa nelle complementari e che si insegna già in tutte le facoltà. L'art. 2 è quindi ap­provato con questa aggiunta.

L'art. 3 si approva nel nuovo testo della commissione, cioè sopprimendo la esemplificazione degli insegnamenti complementari contenuta nel primi­tivo schema, ed aggiungendo, su proposta del consigliere Dini, un richiamo all'art. 92 del regolamento generale universale, come si è fatto negli altri re­golamenti.

Si approva quindi anche l'art. 4, che nel nuovo testo redatto dalla com-

missione è così concepito: «Il corso della facoltà di filosofia e lettere dura quattro anni. Per esservi am­

messo, lo studente deve aver conseguito la licenza liceale» .

Nitti rammenta che la questione sul titolo d'ammissione alle facoltà è

rinviata, ma non risoluta dal Consiglio . Con questa riserva ha votato l'arti­

colo .

1 Sono presenti il vicepresidente Senise e i consiglieri Antonelli, Arcoleo, Banti, Camerano, Canavari, Caruso, Cerruti, Chironi, Cocchia, Dalla Vedova, De Amicis, Dini, Failla, Lustig, Mar­tinetti, Mazzoni, Mortara, Nitti, Pullè, Roiti, Schupfer, Scialoja, Serafini, Sergi, Stampini e Vinci­guerra. Per il nuovo regolamento delle facoltà di lettere e filosofia si vedano i rr.dd. 1 7 mag. 1906, n. 409, e S lug. 1906, n. 410 .

l

1 20 Fonti per la storia della scuola

L'art. 5 è approvato senza osservazioni, senza la divisione in gruppi della laurea in lettere che era proposta nel primo schema.

Il testo dell'art. 6 proposto dalla commissione è il seguente: « Per essere ammesso alla laurea in filosofia o in lettere lo studente deve aver superato quindici esami speciali, dei quali dieci obbligatorii sopra materie fondamen­tali indicate dalla facoltà e cinque liberi sopra materie affini o complementa­ri scelte tra gli insegnamenti costitutivi e tra i corsi affini o complementari della facoltà di filosofia e lettere e di altre facoltà universitarie. Tra i dieci insegnamenti obbligatorii per la laurea in filosofia deve essere sempre compreso un corso di fisiologia e, dove esista, un corso di psicolo­gia sperimentale. Tra i dieci insegnamenti obbligatorii per la laurea in lettere deve essere sem­pre compreso un corso di pedagogia o di altra materia filosofica» .

Stampini crede sia necessario determinare la durata di certi corsi obbliga­todi per le due lauree. Propone quindi un articolo aggiuntivo, che potrebbe redigersi press'a poco così: « Per la laurea in filosofia sono triennali i corsi di filosofia teoretica, filosofia morale e storia della filosofia, e biennali i corsi di letteratura italiana, latina e greca. Per la laurea in lettere devono essere triennali i corsi di letteratura italiana, latina e greca e biennali quelli di storia antica e moderna» .

Chironi è di parere che sia grave cosa lasciare in balia della facoltà stabi­lire i corsi obbligatorii e di lasciare in pari tempo in balìa degli studenti la scelta degli altri. La disposizione sembragli contenga un pericoloso principio di disorganizzazione. La determinazione di questi corsi obbligatorii non può, di fatto, non essere causa di dissidii tra gl'insegnanti della facoltà; e poiché manca una norma comune, e i criterii seguiti nella scelta da una fa­coltà saranno diversi da quelli tenuti presenti da un'altra, saranno resi diffi­cili e imbrogliati i passaggi degli studenti da un'università all'altra.

Dini comprende le difficoltà accennate dal consigliere Chironi, ma crede che le facoltà sapranno rimediare agl'inconvenienti, perché, in fondo, sono le stesse materie quelle che si impongono e la determinazione dei corsi ob­bligatorii non potrà di fatto variare troppo da un'università all'altra.

Schupfer ritiene invece che il consigliere Chitoni abbia ragione. Fa poi notare che ieri il Consiglio combatté soltanto il concetto di dividere la lau­rea in lettere, ma non più: non si pronunciò sulla sostanza delle proposte fatte dalla commissione. Non si può quindi dire che questa sia stata obbligata dal voto del Consiglio ad abbandonare l'idea di fissare i corsi e la durata di essi; e perché ha voluto ora abbandonare quel criterio che aveva prima ritenuto giusto perché aveva precisamente indicati, nel primo progetto, i corsi obbligatorii per i diversi diplomi di laurea?

Cocchia risponde che la portata del voto di ieri del Consiglio non è solo quella attinente alla forma, come crede il consigliere Schupfer. La commis-

Sezione I - L 'attività consultiva e propositiva 1 2 1

sione, dovendo restare nel concetto di una unica laurea in lettere, racco­gliendo le materie che nello schema primitivo erano comuni ai tre gruppi, venne a trovarne solamente cinque. Poteva essa, dopo quel voto, stabilirne altre come obbligatorie senza urtare contro quel diritto di specializzazione in cui jeri tutti convennero? La libertà lasciata alla facoltà è però ristretta in certi confini, in quanto che già cinque delle dieci materie obbligatorie che essa deve stabilire sono comuni a tutte le specializzazioni, e per il resto è be­ne che ad essa sia lasciata la possibilità di una speciale selezione, secondo le condizioni locali della facoltà in quel dato momento .

Schupfer non è d'accordo col relatore. Non vede vi sia alcuna difficoltà a che il regolamento stabilisca con norma uniforme le materie obbligatorie. Per la laurea in filosofia, esse erano già indicate dalla commissione nel pri­mo schema; per la laurea in lettere si possono stabilire come obbligatorie quelle che nel primo schema erano ritenute insegnamenti comuni ai tre gruppi. Si potrebbe quindi aggiungere un articolo così formulato: « Per otte­nere il diploma di laurea in lettere lo studente dovrà aver superato gli esami di letteratura italiana, latina e greca, di storia antica e moderna, di geografia, di pedagogia, più un corso di filosofia a scelta e altri tre scelti pure libera­mente dallo studente secondo le sue speciali inclinazioni tra i corsi costituti­vi della facoltà di lettere o anche di altre e tra quelli complementari. I Consi­gli di facoltà potranno designare all'uopo i corsi che crederanno più oppor­tuni nei vari rami di scienze e cioè: I. in quello di filologia classica, II. in quello di lettere italiane, III. in quello della storia e geografia» .

Scialoja è d'accordo col consigliere Schupfer sulla opportunità di una di­sposizione comune a tutte le facoltà. Lasciare alle facoltà la libertà di deter­minare gli insegnamenti obbligatorii darà luogo ad inconvenienti pratici ine­vitabili, come fu già dimostrato. Teme poi che il numero di quindici stabili­to per le materie obbligatorie sia un po' eccessivo, perché bisogna tener conto non degli esami, ma dei corsi da frequentare, e poiché alcuni sono triennali e biennali, i corsi non sono più quindici ma ventidue o ventitre.

Roiti, fatto il computo delle ore settimanali di lezione che importerebbe l'inscrizione ai corsi delle quindici materie obbligatorie e notato che si trat­terebbe di tre ore al giorno, non ritiene eccessivo il numero stabilito dalla commissione, tanto più che gli studenti di lettere non hanno esercizi pratici di laboratorio .

Mortara crede di dover accennare ad una questione generale. Le facoltà di lettere, di tutti gli organismi univetsitarii, sono quelle che hanno più ur­gente bisogno di riforme sostanziali che le mettano più in contatto con le moderne esigenze della vita sociale, perché sono quelle che hanno forse la maggiore influenza sulla cu�tura. Da ciò dipende anzi essenzialmente la solu­zione del problema dell'istruzione secondaria, nella quale, per l'appunto, si lamenta la mancanza di insegnanti che rispondano alle necessità della cultu­ra moderna nei rapporti dei bisogni della vita sociale. Ora, nessuna innova-

122 Fonti per la storia della scuola

zio ne si porta con questo regolamento all'organismo della facoltà di lettere come organo d'istruzione superiore. Si lasci almeno, sia pure nella indeter­minatezza con cui è formulata, la proposta della commissione, la quale, per via indiretta, col lasciare alle facoltà di fissare gli insegnamenti e di variarli secondo le condizioni speciali dell'ambiente e del momento, permetterà che un po' di questo soffio moderno penetri nelle facoltà di lettere, e segna un piccolo passo sulla via e nel senso delle riforme di cui si sente il bisogno.

Mazzoni appoggia e svolge il concetto del consigliere Mortara e chiede che si lasci fare l'esperimento prima di dire che la libertà sia licenza, e si la­sci agire il senso pratico delle facoltà, di fronte ai bisogni speciali della cul­tura e delle condizioni dei diversi ambienti.

Scialoja ritiene che piuttosto che frasi generali sia necessario fare propo­ste concrete. Insiste nei concetti già svolti anche da altri consiglieri, e crede che ad organismi non buoni come sono le facoltà di lettere non sia opportu­no lasciare questa ampia libertà che si vuole, sostituendo una coazione loca­le alla coazione di una norma generale. Se una proposta concreta si vuoi fa­re, nel senso di una riforma che risponda ai concetti del consigliere Mortara, cioè cercando di allargare l'ambito della cultura per gli studenti di lettere, si stabilisca piuttosto l'obbligatorietà di scegliere alcuni corsi, due o tre, fra quelli di altre facoltà, che potrebbero essere ad esempio, quella di scienze per gli studenti di filosofia e quella di giurisprudenza per gli studenti di let­tere. Propone un emendamento all'articolo in questo senso.

Nitti approva la proposta del consigliere Scialoja, accettando la quale si farebbe un passo largo e sicuro. Notando poi una lacuna nel regolamento per quanto riguarda la cultura moderna, propone un articolo aggiuntivo del seguente tenore: « Nelle facoltà più importanti per numero di studenti e in quelle dove ne sia più vivo il bisogno, possono essere istituiti, udito il Con­siglio superiore di pubblica istruzione, sezioni di filologia moderna, con in­segnamenti speciali delle principali letterature moderne. La materia dei pro­grammi degli esami e dei diplomi di tali sezioni sarà disciplinata in uno spe­ciale regolamento » .

Pullè domanda la chiusura della discussione, che è approvata. Il presidente dà quindi la parola al relatore, il quale risponde specificata­

mente alle principali obbiezioni mosse all'articolo proposto dalla commis­sione e conclude dicendo che questa non può accettare l'emendamento del consigliere Scialoja. Accetta invece l'articolo aggiuntivo del consigliere Nitti e quello del consigliere Stampini, quest'ultimo però alquanto modificato.

Dopo breve discussione sull'ordine della votazione, il presidente mette a partito l'emendamento del consigliere Scialoja, il quale propone di soppri­mere l'inciso indicate dalla facoltà e di rimettere alla commissione la de­terminazione del gruppo delle materie obbligatorie per la laurea.

L'esito della votazione è il seguente: favorevoli otto, contrari undici. Si mettono quindi ai voti un secondo e un terzo emendamento dello

Sezione I- L 'attività consultiva e propositiva 123

stesso consigliere Scialoja, col primo dei quali si propone di sopprimere la menzione fatta nell'articolo di alcune materie obbligatorie estranee alla fa­coltà (fisiologia, psicologia sperimentale) e col secondo che si imponga l'ob­bligo di dare due o tre esami di materie estranee alla facoltà da scegliersi li­beramente dagli studenti in un elenco indicato dalla facoltà.

La votazione di questi due emendamenti connessi tra loro è fatta in una sol volta; e dà i seguenti risultati: favorevoli nove, contrari dieci.

Il presidente pone quindi ai voti un altro emendamento proposto dal consigliere Sergi, il quale propone che invece di fisiologia si prescriva la psicologia sperimentale e un corso di scienze naturali. Votano in favore so­lo tre consiglieri.

Si mette quindi ai voti l'articolo proposto dalla commissione che risulta approvato con tredici voti favorevoli.

Si passa alla votazione dell'articolo aggiuntivo del consigliere Nitti, che si conviene debba inserirsi dopo l'art. 3, e che è approvato a grandissima maggioranza.

Cocchia relatore, chiede quindi che si metta ai voti l'articolo aggiuntivo del consigliere Stampini, modificato nel modo seguente: « La durata di cia­scun insegnamento obbligatorio sarà fissata dalla facoltà. Per la laurea in fi­losofia sono triennali i corsi di filosofia teoretica, di filosofia morale e storia della filosofia; per la laurea in lettere sono triennali i corsi di letteratura ita­liana latina e greca» .

Anche questo articolo risulta approvato. Proseguendo nella discussione del regolamento, soppressi gli artt. 6, 7 ,

8, 9, 10, ed 1 1 , s i approva l'art. 1 2 e l'art. 1 3 senza osservazioni. L 'art. 14 è anche approvato, modificando il numero degli esami, cioè sostituendo il 7 e il 1 5 rispettivamente al 6 e al 12 dello schema primitivo di regolamento. Soppressi gli artt. 16 e 17, si approva l'art. 18 con l'aggiunta di questo com­ma finale: «Nello specchietto degli esami speciali che va annesso al diploma di laurea, si terrà nota del titolo della dissertazione presentata per l'esame di laurea e per quello di licenZa» .

·

L'art. 19 è approvato con la soppressione del secondo comma e modifi­cando da sette ad otto il numero degli esami speciali obbligatorii per gli stu­denti provenienti dal primo biennio di scienze naturali.

Si approva quindi l'art. 20 e si approva infine l'art. 2 1 , tolto il secondo comma e l'ultimo ed aggiungendo al terzo comma, su proposta del consi­gliere Dini, in questa o in altra facoltà. La disposizione transitoria non si approva perché rinviata dopo la discussione di tutti i regolamenti di facoltà. L'intero regolamento, messo ai voti è approvato.

[ . . . ] La seduta è tolta alle ore 12 .

I l segretario M[anfredo] Tovajera

Il presidente Senise

..

1 24 Fonti per la storia della scuola

4

Conferimento di lauree scientifiche.

Adunanza plenaria del 1 5 giugno 1 9 1 7 1

MPI, CSPI, Processi verbali, 191 7, pp. 102-1 19, ms. con firma autografa.

[ . . . ] Riferisce dopociò il consigliere Ranelletti, anche a nome dei consi­glieri chiamati dal presidente a formare la commissione speciale per l'esame delle proposte ministeriali circa il conferimento di lauree scientifiche e ri­corda come il ministro abbia accennato esplicitamente a questo progetto nel discorso inaugurale della presente sessione 2• Informa che la commissione speciale ha studiato ampiamente e minutamente il problema, venendo nella determinazione di formulare uno schema proprio di disposizioni.

Il relatore rammenta che la proposta ministeriale risponde nel suo insie­me al voto di parecchi congressi universitari, specialmente a quelli del 1 9 1 2 e del 19 16 . Attualmente le facoltà universitarie sono ordinate da regolamen­ti precisi, i quali fissano schemi ben determinati di studi, disponendo che i giovani debbano seguire i corsi prescritti per il conseguimento delle rispetti­ve lauree; e queste hanno un doppio ufficio, quello di preparare all'esercizio professionale e quello di conseguire l'elevazione scientifica della cultura su-

1 Sono presenti il vicepresidente Dini e i consiglieri Bocci, Canevazzi, Capaldo, Cervello, Cirmeni, Dalla Vedova, Finocchiaro, Gentile, Guidi, Marchesini, Mariotti, Mosca, Nasini, Pa­scal, Parona, Ferrando, Pietravalle, Puntoni, Ranelletti, Scherillo, Simonetta, Stappato, Torri­gialli .

2 Il ministro Francesco Ruffini aprì i lavori del Consiglio superiore, partecipàndo all'adu­nanza del 9 giugno 1917. In quell'occasione così aveva dichiarato:

"Ricorda la vivace tendenza manifestatasi a costituire un'intesa intellettuale e di cultura tra i paesi ora uniti dall'alleanza politica per il trionfo della civiltà, e gli è grato dichiarare che le in­sistenze e gli inviti stranieri verso di noi sono stati più grandi che non i nostri verso gli stranie­ri, il che dimostra quanto la nostra azione militare e politica abbia contribuito ad accrescere le attrattive della cultura italiana, a far meglio valutare le nostre attitudini e il nostro genio, a fare più compiutamente riconoscere il valore del nostro valore scientifico. A questo argomento si ricollega uno schema di proposta che egli sottopone all'esame del Consiglio superiore, quello relativo alla concessione di lauree puramente scientifiche, schema di cui riassume i punti fon­damentali. Rileva però che il Ministero si è energicamente rifiutato di proporre l'abolizione di un articolo della legge fondamentale nella pubblica istruzione, quello che consente agli stranie­ri di salire le nostre cattedre universitarie, senza rinunciare alla loro nazionalità, e ciò quantun­que voci autorevoli premessero in tal senso. Quest'articolo è la perla della nostra legislazione scolastica ed ha importanza pari a quella dell'art. 3 del Codice civile, con cui riconoscenno, primo nel mondo, i diritti civili agli stranieri» : MPI, CSPI., Processi verbali, 191 7, pp. 10-1 1 .

a a a a i l l 1 • 1 r1

Sezione I - L 'attività consultiva e propositi va 125

periore; il secondo di essi, come ognuno sa, è uno scopo immanente e dà senza alcun dubbio alle lauree attuali carattere scientifico. Ora, si sono da tempo lamentati gl'inconvenienti che porta con sé l'attuale divisione degli studi superiori in facoltà distinte e separate, rilevandosi come gruppi di di­scipline, aventi indubbiamente un nesso comune siano ora distribuite tra fa­coltà diverse, sicché i giovani che volessero acquistare, ad esempio, una spe­ciale e completa cultura negli studi filosofici o storici o geografici o biologi­ci, o economici o statistici e via dicendo dovrebbero o conseguire più lau­ree, disperdendo la loro attività in studi superflui per lo scopo che si pro­pongono, senza ottenere la necessaria coordinazione rispetto a quelli che al detto scopo sono diretti, oppure sacrificare una parte degli studi prediletti senza raggiungere interamente lo scopo stesso. Si è pertanto da tempo invo­cata la completa rottura delle barriere, che dividono facoltà da facoltà, per fini scientifici, così che sia possibile affratellare scienze fra loro affini, il che consentirà anche di dare a talune discipline oggi trascurate il necessario ri­lievo .

La proposta ministeriale, intesa precisamente all'istituzione di speciali lauree in gruppi di discipline oggi sparpagliate fra le varie facoltà, ha per fi­ne di dar modo ai laureati di perfezionarsi nelle specialità che essi prediligo­no e a coloro i quali non vogliano conseguire una delle nostre lauree, per­ché non intendono di esercitare una speciale professione, di darsi ad un ra­mo di studi superiori per formarsi una propria particolare cultura scientifica e di ottenere il riconoscimento ufficiale di questa. Il provvedimento, poi, gioverebbe ad attirare nelle nostre università studenti stranieri, che possono essere più facilmente indotti a desiderare l'acquisto della superiore cultura scientifica nelle nostre università se non saranno costretti ad adattarsi a schemi di studi prestabiliti e immutabili, tant'è vero che non pochi stranieri, trovandosi di fronte ai detti schemi, hanno abbandonato il proposito che avevano di attingere alla nostra istruzione superiore. La necessità di evitare questo danno è poi specialmente sentita nei riguardi degli inglesi, tanto più in vista delle intese in corso con l' Inghilterra, come del resto anche con gli altri nostri alleati ed amici, per agevolare la diffusione nel mondo della cul­tura italiana. Nota poi il relatore, in modo particolare, che l'istituzione delle nuove lauree non tocca minimamente le lauree attuali, non ne diminuisce il valore intrinseco né l'efficacia, sicché il provvedimento che si propone non è inteso a riformare in qualche guisa l 'ordinamento esistente, bensì ad ag­giungere ad esso qualche cosa. La commissione speciale ha accettato in mas­sima il concetto ed è passata alla estrinsecazione di esso in disposizioni con­crete, allontanandosi in vari punti dal progetto ministeriale. Crede il relato­re che, dopo aver accennato, dove occorra, ai punti stessi e spiegate le ra­gioni dei mutamenti apportati allo schema del ministero, possa senz'altro la discussione, per brevità, aver luogo sullo schema della commissione.

Il relatore dà lettura delle singole disposizioni proposte, via via illustran-

126 Fonti per la storia della scuola

dole con diffusi chiarimenti e nota anzitutto che si è abbandonata la qualifi­cazione di scientifica alla nuova laurea, per non svalutare le lauree attuali, e la si è chiamata: laurea speciale a titolo di particolare cultura scientifica. A giudizio della commissione anche un'altra finalità la laurea speciale può avere, quella di dare una completa cultura superiore in quelle discipline, che hanno bensì un contenuto altamente scientifico, ma anche uno scopo prati­co applicativo, rispondente ai grandi progressi industriali del tempo nostro, senza però corrispondere ad alcuna delle professioni disciplinate in modo preciso dallo Stato. Ora, se per queste ultime le nuove lauree non hanno e non devono avere efficacia alcuna, una, e grandissima, devono averne per queste libere vie alla pratica attività, che si sono via via aperte all'ingegno umano. Un corollario, poi, della non validità delle nuove lauree per le pro­fessioni oggi regolate dallo Stato è la non validità di esse come titoli per l'ammissione ai pubblici concorsi, il che certo non vieterà ad aziende priva­te di dar loro efficacia per i proprii fini.

Il nuovo titolo si consegue in base a studi liberamente scelti dallo stu­dente; a questo proposito il Ministero non poneva nessun limite, ma la com­missione ha ritenuto che ciò sia esorbitante e possa portare ad inconvenienti gravi; essa ammette pertanto siffatta libertà di scelta, ma stabilisce, ad un certo punto, il controllo di professori, ossia della facoltà, se la disciplina per cui la laurea è domandata comprende materie appartenenti solo a quella fa­coltà, e, in caso diverso, da una commissione formata degli elementi compe­tenti delle varie facoltà, scelti da questa su invito del rettore. Un'altra diver­genza con lo schema ministeriale consiste in ciò, che questo ammetteva co­me validi, per dar adito alle nuove lauree, gli studi fatti nelle università stra­niere, senza limitazioni, mentre la commissione crede che ciò sia troppo, mentre abbiamo l'art. 96 del Testo unico \ che disciplina molto bene il va­lore di questi studi. Si propone pertanto che si mantenga ferma questa nor­ma. Lo schema ministeriale poi, ammette la possibilità di seguire i corsi sin­goli anche nelle università libere, e qui il problema è assai delicato. La com­missione ha riconosciuto e riconosce le grandi benemerenze di tali universi­tà, che costituiscono i9 parte il seminario dei professori che aspirano ad in­segnare nelle università regie; ma ha notato come in esse insegnino per lo più giovani esordienti, ed ha ritenuto pertanto che non sia il caso di ammet­tere i giovani a conseguire un perfezionamento scientifico presso istituti, i quali già funzionano da scuola di perfezionamento per i rispettivi professo­ri. Si ammette invece, con un'opportuna limitazione numerica, che una par­te dei corsi possa esser seguita presso liberi docenti, senza distinzioni fra corsi pareggiati, complementari e parziali, tanto più che specialmente le ul­time due categorie si prestano ad offrir materia per il perfezionamento scientifico.

1 R.d. 9 ago. 1 9 10, n. 795 : T.U. delle leggi sull'istruzione superiore.

Sezione I - L'attività consultiva e propositi va 1 27

Il relatore accenna quindi alle ulteriori disposizioni relative al minimo di anni di studio e di corsi fissato, alla ammissione alla laurea, alla dissertazio­ne a stampa, alla formazione della commissione esaminatrice, alle prove sin­gole dell'esame di laurea, al conseguimento di una laurea speciale da parte di chi possieda già una laurea, speciale o no, facendo rilevare in particolare che per tutto il resto, e quindi anche per gli esami speciali, debbono valere interamente le norme attuali, fatta eccezione per le iscrizioni, che non pos­sono più essere ad una determinata facoltà, ma a corsi singoli. Rimaneva la questione delle tasse da imporsi agli studenti aspiranti alle lauree speciali, ma la commissione, riconoscendo che provvedimenti a tal scopo sono ne­cessari, in vista della frequente diversità di tasse tra facoltà e facoltà, ha rite­nuto che il compito relativo spetti ad una legge speciale. Infine, sempre a chiarimento delle norme proposte, il relatore osserva che, per evitare i gravi inconvenienti a cui dà luogo la facilità veramente soverchia nella concessio­ne delle così dette equipollenze, conviene escludere senz'altro ogni equipol­lenza della laurea speciale alle lauree attuali.

Riguardo poi all'applicazione dell'art. 67 del regolamento generale uni­versitario 1 è chiaro che, ammettendo tale articolo qualunque dottorato, la detta esclusione non pregiudicherà l'ammissibilità al conseguimento della li­bera docenza di chi sia fornito della laurea speciale anziché di una delle al­tre, poiché è chiaro che l'esclusione della equipollenza riguarda particolar­mente i fini professionali della laurea. Crede infine che debbano valere le norme attuali circa l'esclusione della immatricolazione contemporanea per il conseguimento di una laurea speciale e di una di quelle attuali, ma se si ri­tenesse necessaria una disposizione esplicita non avrebbe difficoltà ad accet­tarlo .

Il consigliere Bocci teme che il prescrivere che alla fine del terzo anno lo studente debba dichiarare il fine che persegue sia portare un po' troppo in là la dichiarazione stessa, poiché lo studente può aver errato nel coordinare fra loro precedentemente i suoi studi e aver perduto un tempo prezioso . A suo giudizio, tale dichiarazione dovrebbe essere richiesta prima, tanto più nei primi anni dell'applicazione delle nuove norme. Nota poi che il lasciare alle facoltà la determinazione degli studi fa nascere il timore che, essendo diversi i giudizi delle varie facoltà del regno, si determinino particolari cor­renti verso quelle fra esse che siano ritenute più corrive, ossia meno rigo­rose.

Il consigliere Pietravalle si sente perplesso, di fronte ad un argomento, il cui studio richiederebbe adeguata preparazione. Non intende però assumersi la responsabilità di una proposta sospensiva. Crede che il ministro meriti il più vivo plauso perché, rompendo quello che purtroppo era diventata una consuetudine di trascuranza verso il Consiglio, ha voluto interrogare l'alto

1 R.d. 9 ago. 1910, n. 796.

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128 Fonti per la storia della scuola

consesso su un problema di tanta gravità. A suo giudizio, la proposta mini­steriale merita approvazione nel suo insieme, come quella che segue giusta­mente una via media nell'annoso dibattito fra i sostenitori dello scopo pro­fessionale e quelli dello scopo puramente scientifico dell'istruzione superio­re, del sistema della libertà assoluta degli studi e di quello dei molteplici vin­coli di riconoscimenti ufficiali. Giustamente il ministro riconosce che l'uni­versità italiana sia perfettamente in grado di perseguire entrambi gli scopi, di armonizzare entrambi i sistemi, e solo le dà modo, con un ulteriore perfe­zionamento degli schemi attuali, di accentuare uno dei suoi fini. Domanda tuttavia, sul terreno pratico, se non sia il caso di limitare alle università che posseggono tutt'e quattro le facoltà il potere di rilasciare le nuove lauree; se non sia opportuno, ad evitare condiscendenze facili a verificarsi, prescrive­re per tali lauree che esse si conseguano in università diversa da quella in cui si sia conseguita la laurea ordinaria, oppure accentrare il potere di conferirle in alcune università soltanto, costituendo una specie di esame di Stato, tanto più che nei concorsi la laurea scientifica dovrà pur avere il suo valore, sic­ché appare prudente circondarne di opportune garanzié'ìf'"çonferimento. In­fine, crede che sarebbe bene fosse esplicitamente vietata là doppia immatri­colazione.

Il consigliere Mosca non vede ben chiari i fini della proposta. Attualmen­te vi sono materie di puro contenutp scientifico, come ad esempio l'econo­mia politica, ma altre molte hanno i caratteri professionale e scientifico così strettamente uniti, che sembra difficile distinguerli ai fini della nuova laurea che si vuole istituire. Ad ogni modo, non gli sembra che la proposta sia completa, in quanto essa non contiene la determinazione almeno generale dei gruppi di discipline a cui le nuove lauree possono riferirsi. Si darà una laurea unica? E allora si arriverebbe all'assurdo di voler imparare tutto lo scibile; o si daranno lauree distinte? E allora un criterio discretivo deve pur esserci, altrimenti, a suo giudizio, il Consiglio fa opera vana e il ministro può dispensarsi dal sentirne il parere. Nega poi che le lamentate barriere tra facoltà esistano realmente, poiché anche le norme attuali consentono allo studente di iscriversi ai corsi di tutte le facoltà.

Il consigliere Torrigiani spiega gli scopi a cui è informata la proposta e mette particolarmente in rilievo quello di realizzare l'unione intima, tanto auspicata, fra scienza e pratica, rivelatasi più che mai necessaria, nei campi più diversi e più impreveduti. Dubita però che sia conveniente chiamar lau­rea il nuovo titolo, temendo che da ciò appunto possa derivare confusione e incertezza.

Il consigliere Cirmeni plaude anch'egli al ministro per aver voluto inter­rogare il Consiglio su questo argomento, ma non crede che questo possa es­sere convenientemente studiato in uno scorcio di seduta, attesa la sua com­plessità. È d'avviso che un così grave progetto di riforma dell'ordinamento attuale debba essere ben ponderato e che si dovrebbe rinviarne la discussio­ne; che, se ciò il Consiglio non crederà di fare, egli si asterrà dal voto.

Sezione I- L 'attività consultiva e pmpositiva 1 29

Il consigliere Bocci si oppone all'idea dell'esame di Stato, notando come questo non vi sia neppure per le lauree professionali, per cui potrebbe aver ben maggiore giustificazione; e si oppone del pari alla limitazione ad alcune università soltanto della facoltà di conferire le lauree speciali, il che deter­minerebbe un focolaio di proteste e non sarebbe neppure giusto, poiché non è detto che le università non complete non possano dare alcune, se non tutte le lauree speciali. Eliminate queste due questioni, si associa al collega Mosca nell'esprimere il desiderio che siano determinati i gruppi di materie.

Il consigliere Pascal approva la proposta, che è a suo giudizio un primo tentativo per dare agli studi un respiro più libero e per togliere quelle barrie­re fra le facoltà, che rispondono ad una ragione tradizionale, ma non certo a ragioni scientifiche. Non crede tuttavia conveniente una preventiva deter­minazione di gruppi di materie, poiché ciò nasconde il pericolo di creare nuove facoltà. Tale determinazione è bene sia lasciata da un lato alla libera inclinazione dei giovani e dall'altro alle facoltà, in omaggio a quell'autono­mia universitaria, di cui tanto volentieri si parla e che poi, in fatto, viene co­sì poco incoraggiata.

Il consigliere Scherillo domanda se non convenga determinare il minimo di cultura da richiedersi per consentire l'inizio degli studi per il consegui­mento della laurea speciale, e se proprio sia giustificato l'intervento ad un certo punto di speciali commissioni universitarie, mentre parrebbe meglio lasciare al candidato stesso libertà completa di scegliere le materie, prescri­vendo solo un numero minimo. È poi d'accordo col collega Torrigiani nel­l'augurare che si escogiti un nome diverso da quello di laurea, che, senza volerlo, svaluta le lauree attuali, e specialmente quelle della facoltà di filoso­fia e lettere, le quali in realtà sono anche oggi puramente scientifiche, e che, inoltre, può essere fonte di fastidi, come lo è stato il nome di università da­to all'Università Bocconi 1 , e porterà fatalmente un giorno o l'altro a quelle equipollenze, che oggi si vogliono escludere.

Il consigliere Ranelletti, rispondendo ai vari oratori, osserva che non si tratta di una riforma che sconvolga gli attuali ordinamenti, bensì di una semplice aggiunta a questi ultimi, che però non li tocca minimamente. Non crede poi che la sospensiva chiesta dal collega Cirmeni sia giustificata; il progetto è venuto all'esame del Consiglio nelle forme consuete di tutti gli affari e del resto la discussione già fatta e in seno al Consiglio e in seno alla commissione, che ha approfondito l'argomento in tutte le sue parti e che è pronta a fornire tutti i chiarimenti che le saranno richiesti, dimostra che il Consiglio stesso è sufficientemente preparato per adottare una risoluzione. Al collega Mosca osserva che è bensì vero che il sistema attuale consente al­lo studente di iscriversi anche a corsi di altre facoltà, ma lo obbliga tuttavia a conseguire una laurea, che ha anche quegl'intenti professionali di cui egli

1 R. d. 29 set. 1 902, n. CCCLXV.

f1 1 i i l l 1 1 1 E

1 30 Fonti per la storia della scuola

può non aver affatto desiderio e a volgere la sua attività a materie che sono inutili per il fine che egli può voler perseguire; dunque col sistema attuale non è affatto agevole una speciale intensificazione di studi in una determina­ta branca, i cui elementi costitutivi siano sparpagliati in facoltà diverse. Né, a suo giudizio, conviene predeterminare gruppi di materie, non solo per le ragioni ottimamente esposte dal consigliere Pascal, ma anche perché ciò fa­rebbe venir meno la ragione stessa della riforma, che si fonda sulla libertà dello studente di indirizzare come meglio crede i suoi studi. Al consigliere Scherillo risponde che il giovane deve iniziare gli studi nel modo consueto e offrendo le consuete garanzie, che sono la licenza da scuola secondaria per gl'italiani e i titoli voluti dall'art. 99 del regolamento generale universitario per gli stranieri. Si associa poi alle considerazioni del collega Torrigiani cir­ca gli scopi delle nuove lauree, disposto anche ad accettare quella qualun­que altra denominazione, che si ritenesse conveniente, però dichiarando che altri non è riuscito a trovarne, che meglio corrispondano alla natura del titolo. Al consigliere Pietravalle osserva che non è sembrato possibile alla commissione istituire distinzioni fra università, che tutte sono uguali fra lo­ro, e nota che non potranno evidentemente in esse venir concesse quelle lauree scientifiche le quali richiedano studi che nelle università medesime eventualmente non esistano. Non si sofferma sul timore del collega Bocci che possa formarsi la persuasione di una maggior facilità a conseguire una data laurea speciale in una università piuttosto che in un'altra, poiché l'in­conveniente non è superabile, dipendendo esso dall'imperfezione inevitabi­le di tutte le cose umane. Nega che l'esame di Stato sia una garanzia, poiché, avendo lo Stato bisogno ogni anno di un certo numero di professionisti, de­ve pur cercarli dove e come li trova, sicché l'esame di Stato crea il pericolo, purtroppo già verificatosi, come nel caso dei concorsi per la magistratura e per gli uffici amministrativi, di un abbassamento del livello di cultura. Del resto, si tratta di un problema assai grave, che non ha attinenza coll'argo­mento in discussione e da cui quindi si può prescindere. Neppure crede pos­sibile lo spostamento dello studente da una ad altra università, per ragioni intuitive. A suo giudizio, è ben giusto che la laurea speciale abbia nei con­corsi una particolare valutazione, ma come qualunque pubblicazione scienti­fica. Ai consiglieri Bocci e Scherillo fa rilevare che il giovane può non segui­re i consigli che certamente gli daranno i suoi professori ed è bene, quindi, che ad un certo punto, quando cioè può presumersi che la sua precisa voca­zione, da principio naturalmente incerta, si sia definitivamente orientata in un dato senso, intervenga un arresto, un giudizio di controllo, per impedire gli eccessi della libertà.

n consigliere Mosca dichiara di essere impreparato a pronunziarsi, tanto più che non conosce neppure il progetto ministeriale; non crede poi che la riforma sia strettamente necessaria, poiché chi aspira alla cultura per la cul­tura può raggiungere il suo fine anche col sistema attuale; in ogni modo insi-

Sezione I - L'attività consultiva e propositi va 1 3 1

ste nel ritenere grave lacuna la mancanza della determinazione dei gruppi di materie.

n consigliere Cirmeni fa rilevare, a proposito del desiderio di richiamare stranieri in Italia, che gli avvenimenti di questi ultimi due anni hanno fatto sorgere la persuasione che troppo l'Italia sia stata larga verso di essi, apren­do loro incondizionatamente le porte delle sue università e chiamandoli an­che ad insegnare in esse senza pretendere che rinunziassero alla loro nazio­nalità. A siffatta persuasione contrasta stranamente il desiderio ora manife­stato. E si è sicuri poi che nei paesi stranieri si faccia altrettanto verso di noi? Per queste ragioni darà voto contrario alla proposta.

Il consigliere Perrando fa osservare che, almeno per quanto riguarda la medicina, già esiste la possibilità di raggruppare materie affini, anche di fa­coltà diverse, per il conseguimento di speciali diplomi.

Il consigliere Gentile ha l'impressione che ci si sia voluti mettere sulla via della libertà e poi di questa stessa libertà si abbia avuto paura; a suo giu­dizio, poiché in realtà il numero dei gruppi di materie non si può estendere all'infinito, tanto varrebbe determinarli senz'altro. Se si ammette un con­trollo, è chiaro che questo non può esercitarsi se non sul fondamento di ag­gruppamenti e affinità già esistenti; dunque è possibile determinarli senz'al­tro. E se ciò non si vuol fare, si deve esser logici e lasciare la libertà assoluta, tanto più che intervenire alla fine del terzo anno significa intervenire quan­do la cultura del giovane si è già formata e si è già orientato in un indirizzo ben preciso. Crede anch'egli che dopo i regolamenti del 1 9 10 le pretese bar­riere tra facoltà non esistano più, sicché si potrebbe facilmente arrivare allo stesso scopo anche con un semplice ritocco alle norme vigenti, ma ammet­tendo un controllo al principio, non oltre la metà degli studi.

Il consigliere Ranelletti, relatore, crede che la libertà completa sia una idealità ammirabile, ma non opportuna nella pratica e di ciò è una ben chia­ra dimostrazione l'istituto della libera docenza, che dovrebbe essere una prova veramente scientifica e troppo spesso non è, poiché in pratica si cede, col sistema di aspettare a giudicare solo all'esame finale. Dunque è necessa­rio che il controllo abbia luogo prima; né può essere fatto in principio, quando la vocazione del giovane non si è ancora affermata. Al consigliere Perrando osserva che gli istituti speciali, la cui creazione è ammessa dai re­golamenti speciali di facoltà, servono anzitutto per i fini specifici delle fa­coltà stesse e poi sono unicamente destinati ai già laureati; essi quindi hanno uno scopo diversissimo. Al consigliere Cirmeni rileva che oggi giustamente ci lamentiamo dell'invasione di stranieri, e più precisamente di una catego­ria di stranieri, perché essi erano divenuti i nostri dominatori, specialmente nel campo economico; ma qui si tratta del rovescio; noi vogliamo chiamarli perché apprendano da noi e portino il nostro nome e la nostra cultura nei loro paesi, non come dominatori, ma come dominati.

A questo punto, essendo l'ora tarda, il presidente, osservato che la di-

l l l l l I l l l l l l l l l l l l l l J l l l l i l l 1 i

132 Fonti per la sto1·ia della scuola

scussione generale ha avuto ormai ampio svolgimento, chiede al Consiglio se intenda dichiararla chiusa e il Consiglio consente. Viene quindi posto ai voti il quesito se in massima il Consiglio intenda di approvare, in massima, l'istituzione proposta di lauree speciali a titolo di particolare cultura scienti­fica, riservando ogni decisione sulla denominazione precisa da attribuire alle medesime e il Consiglio, dopo prova e controprova esprime a grandissima maggioranza, e cioè con due soli voti contrari, astenuto il consigliere Mosca, parere affermativo.

A questo punto il presidente rinvia il proseguimento della discussione al­l'adunanza di domani e toglie la seduta. Sono le ore 19 .00 .

Il segretario Giani

Il presidente U[lisse] Dini

Adunanza plenaria del 16 giugno 1917 1

MPI, CSPI, Processi vm·bali, 191 7, pp. 123-129, ms . con firma autografa.

[ . . . ] Letto ed approvato il processo verbale dell'adunanza di ieri, si pro­segue nella trattazione del progetto relativo al Conferimento di lauree scientifiche (lauree speciali a titolo di particolare cultura scientifica).

La discussione ha luogo, su proposta del relatore consigliere Ranelletti, sopra lo schema formulato dalla commissione, che il relatore stesso illustra, rilevandone le differenze rispetto allo schema ministeriale.

Senza opposizione è approvato l'art. l , così formulato: « Oltre alle lauree attuali, per le quali nulla è innovato, le università regie

possono rilasciare, così agli italiani come agli stranieri, lauree speciali a tito­lo di particolare cultura scientifica, senza effetto per l'abilitazione professio­nale e per l'ammissione ai pubblici concorsi, sulla base di studi da essi libe­ramente scelti, a norma degli articoli seguenti» .

S i dà quindi lettura dell'art. 2 , così formulato: « Gli studi per il conseguimento delle lauree speciali dovranno avere una

durata minima di quattro anni e comprendere almeno dodici iscrizioni a corsi scelti dallo studente anche in diverse facoltà o scuole .

Saranno computate come iscrizioni diverse anche quelle prese nella stes­sa materia, sia contemporaneamente presso diversi insegnanti, sia successi­vamente nei diversi anni presso lo stesso insegnante, purché lo svolgimento della materia, nella sostanza o nell'indirizzo, sia diverso.

Sono computati gli anni e i corsi seguiti presso le università straniere, se-

1 Sono presenti il vicepresidente Dini e i consiglieri Bocci, Canevazzi, Capaldo, Cervello, Cirmeni, Dalla Vedova, Finocchiaro, Guidi, Marchesini, Mariotti, Mosca, Nasini, Parona, Per­rando, Pietravalle, Puntoni, Ranelletti, Scherillo, Simonetta, Stappato, Torrigiani.

Sezione I - L 'attività consultiva e propositiva 133

condo le norme dell'art. 96 del Testo unico delle leggi sull'istruzione supe­riore 9 agosto 1910 n. 795; e sono altresì computate, per un quarto dei cor­si seguiti, le iscrizioni ai corsi dei liberi docenti, quando il programma e lo svolgimento siano giudicati rispondenti ai fini delle lauree, a norma dell'ar­ticolo seguente» .

Si discute lungamente e in vario senso intorno alla durata degli studi e al numero delle iscrizioni, e il consigliere Mosca propone si stabilisca che la prima debba essere di soli tre anni e il secondo di soli nove corsi. Il consi­gliere Cirmeni scenderebbe anche a cifre minori. Il consigliere Guidi osserva che per certe materie il numero di anni proposto è eccessivo. Il consigliere Nasini obietta che nelle materie della sua facoltà 1 non si può ragionevol­mente scendere al di sotto dei quattro anni. Il consigliere Cervello è d'avvi­so che, fermo il numero di quattro anni, si possa lasciare alla facoltà o alla commissione di stabilire il numero delle iscrizioni.

A tutti risponde il relatore Ranelletti, dimostrando, in base alle conside­razioni già svolte ieri e che illustra nuovamente, l'opportunità della propo­sta della commissione speciale, la quale pertanto è contraria all'emendamen­to Mosca.

L'emendamento stesso è messo a partito, ma risulta respinto, avendo vo­tato in favore tre soli consiglieri.

Si approva quindi l'intero art. 2 com'è sopra formulato, e, dopo chiari­menti forniti dal relatore, si approvano del pari gli articoli dal terzo al setti­mo, così formulati:

Art. 3: « Non più tardi della fine del terzo anno di studi, lo studente deve indicare la disciplina nella quale intende conseguire la laurea, i corsi seguiti e quelli che intende seguire negli anni successivi. La facoltà, alla quale la di­sciplina appartiene, dovrà giudicare se i corsi frequentati e da frequentare siano sufficienti per l'ammissione all'esame di laurea. Quando la disciplina comprende materie appartenenti a più facoltà o scuole, tale giudizio sarà pronunciato da una speciale commissione formata dal rettore dell'universi­tà, su proposta delle rispettive facoltà o scuole» .

Art. 4 : « Lo studente, che abbia compiuto i suoi studi a norma degli arti­coli precedenti, può essere ammesso all'esame di laurea. La domanda deve essere accompagnata da una dissertazione a stampa.

La commissione giudicatrice sarà formata dal rettore dell'università se­condo le norme del regolamento generale universitario, su proposta delle facoltà o scuole cui appartiene la disciplina che è oggetto della laurea e con riguardo particolare alle materie c0mprese nelle discipline stesse.

La commissione sarà presieduta dal professore ufficiale più anziano " .

Art. 5 : «L'esame di laurea consiste: a) in una discussione sulla dissertazione;

1 Nasini insegnava chimica generale nella Scuola di farmacia all'Università di Pisa.

1 34 Fonti per la storia della scuola

b) in una conferenza sulla disciplina, che è oggetto della laurea e sui me­todi relativi di ricerca;

c) in una prova pratica se la laurea ha per oggetto discipline sperimen­tali» .

Art. 6 : « Lo studente che abbia ottenuto una laurea, potrà conseguire una laurea a titolo di particolare cultura scientifica con un anno di studio e con almeno tre iscrizioni, presentando una nuova dissertazione e facendo un nuovo esame di laurea nei modi stabiliti negli articoli precedenti. Sulla suffi­cienza della durata degli studi e del numero e qualità dei corsi per l'ammis­sione al nuovo esame di laurea, giudicherà la facoltà o commissione specia­le, a norma dell'art. 9 ».

Art. 7 : « Per tutto quanto non è regolato dagli articoli precedenti varran­no le norme vigenti per gli studi universitari, tranne che per le tasse. L'iscri­zione, però, dello studente, che aspira al conseguimento di una laurea spe­ciale, sarà fatta solo ai corsi speciali che egli chiederà di seguire.

Per gli studenti forniti di licenza di istituto tecnico (sezione fisicomate­matica) il Consiglio accademico deciderà se il loro titolo di studi sia suffi­ciente per le iscrizioni da essi chieste fuori della facoltà di scienze fisiche, matematiche e naturali, e della scuola di farmacia. Il rettore trasmetterà le relative deliberazioni al Ministero, a norma dell'ultimo comma dell'art. 95 del regolamento generale universitario » .

Sull'art. 8, che il relatore propone sia formulato nel modo seguente:

Art. 8: << È esclusa ogni equipollenza della laurea speciale, di cui agli arti­coli precedenti, alle lauree attuali» .

s i discute brevemente, ritenendo il consigliere Stoppato che la formula proposta possa far dubitare che le nuove lauree speciali abbiano lo stesso va­lore accademico delle altre. Infine si delibera di fondere la disposizione del­l'art. 8, che pertanto rimane soppresso, in quelle dell'art. l , il quale risulta definitivamente così formulato :

Art. 1 : << Oltre alle lauree attuali, per le quali nulla è innovato, le universi­tà regie possono rilasciare, così agli italiani come agli stranieri, lauree spe­ciali a titolo di particolare cultura scientifica, sulla base di studi da essi libe­ramente scelti, a norma degli articoli seguenti.

Tali lauree speciali non avranno effetto, neppure a titolo di equipollen­za, per l'abilitazione professionale e per l'ammissione ai pubblici concorsi» .

[ . . . ] I l presidente, constatato che l'ordine del giorno è esaurito, dichiara chiusa la presente sessione ordinaria e toglie la seduta alle ore 1 2 . 20 .

Il segretario Il presidente 1 Giani

1 Non c'è la firma del vicepresidente. La proposta divenne operativa con il r .d 28 ott. 1917 , n. 1 905.

Sezione I - L 'attività consultiva e propositiva 1 35

5

Partecipazione degli studenti al governo delle università.

Adunanza del 16 giugno 1922 1

MPI, CSPI, Processi verbali, 1922, pp. 86-96, ms . con firma autografa.

[ . . . ] Il consigliere Severi riferisce sulla proposta del ministro 2 di consen­tire agli studenti la partecipazione al governo delle università. La proposta ministeriale è concretata in due articoli del regolamento che il relatore legge al Consiglio 3, illustrandoli poscia sulla scorta della relazione ministeriale, la

1 Sono presenti il vicepresidente Credaro e i consiglieri Alessandri, Cesareo, Fedozzi, Fer­rai, Festa, Gentile, Golgi, Guidi, Lori, Luiggi, Mariotti, Masoni, Miranda, Morisani, Nasini, Pa­scal, Pascale, Pietravalle, Severi, Solmi, Stanziate, Tarozzi, Trambusti, Torrigiani.

z Antonino Anile. 3 n testo ministeriale così recitava: «Art. l. A far parte del Consiglio accademico e dei Consigli di facoltà sono chiamati, con

voto deliberativo, i rappresentanti degli studenti eletti con le norme di cui all'articolo se­guente.

Essi parteciperanno a tutte le adunanze di detti Consigli fatta eccezione per quelle nelle qua­li trattasi argomenti che riguardano il personale insegnante.

Art. 2 . Gli studenti di ognuna delle quattro facoltà comprese nell'insegnamento superiore nominano all'inizio di ogni anno scolastico e per la durata di esso, tre loro rappresentanti nei Consigli delle rispettive facoltà scelti fra gli studenti regolarmente inscritti.

A tal fine tutti gli studenti divisi per facoltà, sono convocati in adunanza con avviso da pub­blicarsi dal rettore nell'albo universitario .

Gli studenti della scuola di farmacia e quelli di medicina veterinaria appartenenti alle uni­versità partecipano all'adunanza degli studenti di medicina; gli studenti delle scuole di applica­zione e delle scuole superiori di agraria annessi alle università, a quella degli studenti delle fa­coltà di scienze matematiche, fisiche e naturali.

L 'adunanze degli studenti così convocate, sono valide qualunque sia il numero degli inter­venuti, non possono occuparsi sotto pena di nullità di qualsiasi altro oggetto e vengono presie­dute da uno studente designato a tale ufficio dall'adunanza stessa fra i presenti. Il presidente nominerà due scrutatori che lo· coadiuveranno nelle operazioni di scrutinio.

La designazione dei rappresentanti degli studenti nei Consigli di facoltà viene fatta mediante votazione con scheda segreta.

Ogni votante non potrà scrivere nella sua scheda più di tre nomi e prima di deporre la sche­da dovrà dimostrare il suo diritto al voto mediante esibizione al presidente del libretto d'iscri­zione e della tessera d'immatricolazione.

L'elezione ha luogo a maggioranza relativa. Il processo verbale, sottoscritto dal presidente e da due scrutatori è rimesso al rettore il

quale, verificatone la regolarità, pubblica nell'albo universitario il nome degli eletti, ne dà par­tecipazione ai presidi delle facoltà alle quali l'elezione si riferisce e ne informa il ministro.

Gli studenti nominati a far parte del Consiglio di facoltà nominano uno di loro a rappresen-

1 36 Fonti per la storia della scuola

quale ricordato i precedenti storici delle università medioevali ed accennato alla odierna costituzione delle università d'Inghilterra e d'America e della

tare gli studenti della facoltà del Consiglio accademico. Di tale nomina è data partecipazione al rettore che ne informa il Consiglio accademico ed il ministro.

Gli studenti nominati come sopra nei Consigli di facoltà e nel Consiglio accademico, cesse­ranno da tali uffici qualora, durante l'anno scolastico, perdessero la qualità di studenti della fa­coltà del cui Consiglio fanno parte.

Verificandosi per qualsiasi motivo una vacanza nel numero dei rappresentanti degli studenti nel Consiglio di facoltà, si provvederà alla sostituzione con la nomina dello studente che dopo gli eletti ha riportato più voti nell'assemblea degli studenti della facoltà».

Il testo redatto dai consiglieri Severi e Solmi, a sua volta, era così formulato: «Art. l. È costituita presso ogni facoltà o scuola una commissione consultiva presieduta dal

preside della facoltà e direttore della scuola e composta di due professori ordinari o straordina­ri eletti dalla facoltà, colle presenze e col voto anche degli incaricati e di tre studenti eletti colle norme di cui all'articolo seguente.

La commissione esaminerà e farà proposte al Consiglio della facoltà o della scuola sui se­guenti oggetti:

a) ordine degli studi con eventuali proposte d'istituzione di nuovi corsi d'insegnamento e di esercitazione;

b) orario dei corsi; c) diari degli esami; d) rapporti degli studenti colle autorità e cogli uffici universitari. Art. 2. Gli studenti di ognuna delle quattro facoltà comprese nell'insegnamento superiore e

delle scuole ingegneri nominano, all'inizio di ogni anno scolastico e per la durata di esso, tre loro rappresentanti nella commissione consultiva delle rispettive facoltà e scuole scelti fra gli studenti regolarmente inscritti.

A tal fine tutti gli studenti divisi per facoltà e scuole, sono convocati in adunanza con avvi­so da pubblicarsi dal rettore nell'albo universitario.

Gli studenti della scuola di farmacia e quelli di medicina veterinaria appartenenti alle uni­versità partecipano all'adunanza degli studenti di medicina; gli studenti delle scuole superiori di agraria annesse alle università, a quella degli studenti delle facoltà di scienze matematiche, fi­siche e naturali.

Le adunanze degli studenti, così convocate, sono valide qualunque sia il numero degli inter­venuti; non possono occuparsi sotto pena di nullità di qualsiasi altro oggetto e vengono presie­dute da uno studente designato a tale ufficio dall'adunanza stessa fra i presenti. Il presidente nominerà due scrutatori che lo coadiuveranno nelle operazioni di scrutinio.

La designazione dei rappresentanti degli studenti viene fatta mediante votazione con scheda segreta.

Ogni votante non potrà scrivere nella sua scheda più di tre nomi e prima di deporre la sche­da dovrà dimostrare il suo diritto al voto mediante esibizione al presidente del libretto d'iscri­zione e della tessera d'immatricolazione.

L'elezione ha luogo a maggioranza relativa. Il processo verbale, sottoscritto dal presidente e da due scrutatori è rimesso al rettore il

quale, verificatone la regolarità, pubblica nell'albo universitario il nome degli eletti, ne dà par­tecipazione ai presidi delle facoltà o direttori di scuole alle quali l'elezione si riferisce e ne in­forma il ministro.

Verificandosi per qualsiasi motivo una vacanza nel numero dei rappresentanti degli studenti nella commissione consultiva si provvederà alla sostituzione con la nomina dello studente che dopo gli eletti ha riportato più voti nell'assemblea degli studenti della facoltà o scuola »: in ACS, MPI, CSPI (1905-1938), 1922, pos. 6, n. 1 5 5 .

Sezione I - L'attività consultiva e propositi va 137

stessa Università di Ferrara, reca le ragioni giustificatrici della proposta. Sul valore dei precedenti storici relativi alle università medioevali il relatore, annunzia, sarà detto dal consigliere Solmi. Egli osserva in primo luogo che se si volesse accettare la proposta del ministro così come è formulata sareb­be dubbio che potesse farsi con norme regolamentari. Sembra infatti neces­saria una disposizione legislativa. In verità nel Testo unico delle leggi sull'i­struzione superiore 1 non è alcuna norma la quale accenni in modo esplicito alla composizione dei Consigli di facoltà mentre questa materia è rimandata al regolamento; cosicché da un punto di vista strettamente formale si può sostenere che la modificazione desiderata dal ministro può introdursi me­diante riforma regolamentare. Ma l'oratore non crede che un istituto così antico come è quello delle facoltà universitarie abbia una vita e fisonomia propria per ciò solo che è stabilito in disposizioni legislative. Il carattere di tali istituti è anche determinato dalla tradizione o consuetudine, avente, co­me si sa, valore di legge. Nessuno ha mai pensato parlando di facoltà univer­sitarie se non a suddivisioni del corpo accademico e come debba essere co­stituito il corpo accademico è detto espressamente dal Testo unico: dai pro­fessori ordinari e straordinari e dai dottori aggregati laddove vi sono. Ad ogni modo noi sentiamo, dice l'oratore, così profonda la modificazione che anche quando essa non toccasse formalmente alcuna disposizione di legge scritta, bisognerebbe pure ricorrere ad una nuova legge data la profondità della innovazione, la quale non potrebbe farsi correttamente in sede regola­mentare.

Il ministro, dice l'oratore, per giustificare questa sua proposta accenna ai chiari segni di una coscienza di classe che si avvertirebbe fra gli studenti; ma anche coloro i quali non hanno alcuna difficoltà a riconoscere che la società moderna si organizza attraverso a queste esigenze di classe non sono dispo­sti a riconoscere interessi di classe che tengano riuniti gli studenti. Non si può parlare di coscienza di classe per cercare di rendere favorevoli alla pro­posta coloro che simpatizzano per determinate concezioni ed indirizzi poli­tici.

Gli esempi e le analogie citate nella relazione ministeriale non fanno al caso. Nelle università americane esiste un Consiglio di amministrazione, che non è costituito dai professori; i professori vi hanno la loro rappresentanza e null'altro. È un Consiglio di amministrazione che teoricamente si occupa anche di questioni di ordine didattico teoricamente perché in realtà in tale materia non fa che accogliere le proposte e i suggerimenti dei professori. Questo Consiglio di amministrazione è costituito principalmente di persone cospicue nel mondo industriale le quali valgono ad attrarre all'università ablazioni e doni di ogni specie. In questo Consiglio di amministrazione, il quale nei riguardi amministrativi ha poteri completamente dittatoriali, sono

1 R.d. 9 ago. 1910, n. 795.

1 38 Fonti per la storia della scuola

rappresentati anche gli studenti. Essi pertanto non hanno nessuna ingerenza nel governo didattico e disciplinare dell'università. La costituzione della università inglese non è molto dissimile. Quanto poi all'Università libera di Ferrara l'oratore dice che vi ha un Consiglio universitario ed una Deputazio­ne. Nel Consiglio universitario che è un consiglio di amministrazione della università sono due rappresentanti degli studenti; ma nella Deputazione uni­versitaria che ha attribuzioni analoghe a quelle del nostro Consiglio accade­mico i rappresentanti degli studenti non ci sono .

Tuttavia l'oratore ritiene d'accordo con il collega Salmi, correlatore del­la proposta, che qualche cosa agli studenti bisogna pur concedere non tanto per non deludere la loro aspettazione, quanto nell'interesse stesso della uni­versità. L'oratore propone che si costituisca per ogni facoltà una commissio­ne consultiva formata da tre studenti eletti con modalità da determinarsi, correggendo in parte quelle di cui al testo ministeriale, presieduta dal presi­de e completata da due professori universitari eletti dalla facoltà. Questa commissione si dovrebbe occupare di oggetti di carattere ben determinato: ordine degli studi con eventuale proposta di istituzione di nuovi corsi, orari dei corsi, diarii degli esami, rapporti degli studenti con gli uffici amministra­tivi della università. Questa commissione si limiterebbe a fare delle propo­ste, ma la deliberazione spetterebbe sempre al Consiglio della facoltà e al Consiglio accademico. L'oratore si sofferma a dimostrare che in molte uni­versità e scuole questa collaborazione degli studenti è stata alcune volte ri­chiesta ed utilizzata con vantaggio del funzionamento dell'università.

Il consigliere Trambusti non vede che vi siano inconvenienti ammetten­do gli studenti nel Consiglio di facoltà; egli vorrebbe però che il numero dei rappresentanti degli studenti fosse messo in correlazione con il numero dei componenti i Consigli di facoltà, che in alcune piccole università italiane so­no composti di due o tre professori.

Il consigliere Salmi, altro relatore, ritiene che chiamare gli studenti al governo delle università nel momento attuale significherebbe mettere in im­barazzo gli studenti stessi. Le giustificazioni addotte nella relazione ministe­riale sono in gran parte erronee; esse rivelano una inesatta visione delle co­se. Nelle università inglesi gli studenti hanno proprie corporazioni, ricono­sciute dalla legge, e attraverso le proprie corporazioni gli studenti fanno sentire i loro desiderati. L'esempio della università medioevale è pure fuori di posto. È vero che nella università medievale, tipo bolognese, gli studenti assunsero il governo della università, il rettore era nominato dagli studenti e gli studenti partecipavano ai consigli deliberativi delle facoltà, ma non biso­gna dimenticare che le università erano pure organizzazioni studentesche e che nascevano, come quella di Bologna, in un momento in cui mancava l'autorità dello Stato. Gli studenti si trovavano allora di fronte ad una orga­nizzazione comunale che aveva soltanto interessi locali epperciò si com­prende come essi tenessero in mano il governo dell'università. Essi inoltre

Sezione I - L'attività consultiva e propositi va 1 39

non volevano essere giudicati dalla autorità comunale; pretendevano di es­sere giudicati da una associazione eletta da loro medesimi la quale desse ga-

- ranzia di applicare non già le norme dello statuto locale ma i principii fon­damentali del diritto comune. A Parigi dove l'autorità dello Stato era effi­ciente il governo dell'università non era in mano degli studenti ma esclusi­vamente dei professori. Ma oggi noi ci troviamo di fronte allo Stato, dice il relatore, ad una costituzione pubblica affatto diversa, a una tradizione molte volte secolare. Ciò che del progetto ministeriale si può accogliere è questo concetto: che può essere utile ascoltare_ la voce degli studenti su determina­te questioni relative al funzionamento della università, ma per ottener que­sto non è necessario rovesciare a sistema soviettistico l'università italiana.

Il consigliere Torrigiani dichiara avere il collega Severi largamente dimo­strato che la proposta riforma esorbita dalla facoltà regolamentare e che per introdurla sarebbe assolutamente necessario un disegno di legge. L'oratore vorrebbe che si rispondesse al ministro che il Consiglio non passa a giudica­re il merito della proposta, ritenendo che essa debba essere sottoposta al po­tere legislativo. Passando a parlare della proposta dei relatori il consigliere Torrigiani dice che essa non è né un emendamento né un controprogetto e pertanto dubita che possa essere discusso.

Il consigliere Gentile riconosce che la proposta ministeriale apporta un radicale mutamento dell'ordinamento delle nostre facoltà. Tuttavia egli non ritiene illegittimo provvedere mediante regolamento se in passato pure con regolamento fu legittimamente disposta una modificazione non lieve del­l'ordinamento dei Consigli di facoltà allorché si ammisero a farne parte i li­beri docenti.

L'oratore riterrebbe opportuno che si sospendesse la presente discussio­ne per riprenderla in una delle successive sedute. Frattanto si potrebbero di­stribuire a tutti i consiglieri così una copia del testo ministeriale, come una copia del testo dei relatori. L'oratore non si è ancora fatta una ferma opinio­ne sull'argomento perché non si sente bene informato della questione. Tut­tavia un'osservazione gli sembra opportuna, che non fu fatta dai precedenti oratori, che cioè la proposta ministeriale tende ad avvicinare, come da tutti è desiderato, lo studente al professore.

Il consigliere Mariotti ritiene fuor di luogo il fermarsi a discutere se per attuare la riforma proposta dal ministro occorra un regolamento o piuttosto un disegno di legge. Quello che il Consiglio nella sua alta competenza è invi­tato a dichiarare è se la proposta ministeriale in sé, nella sua sostanza, quale sarà per essere la sua forma, è buona o cattiva, da accettarsi o da respingersi, giovevole o dannosa al buon funzionamento della università italiana.

L'oratore dichiara di aver udito finora molti argomenti dai suoi autore­voli colleghi, ma di non aver udito ancora quell'argomento che a lui pare il più importante . Nel medievo gli studenti governavano l'università e il retto­re dell'università era uno studente. Ma la spiegazione di ciò va trovata nel

140 Fonti per la storia della scuola

fatto che l'università la pagavano gli studenti: erano gli studenti che chiama­vano i professori e corrispondevano loro uno stipendio. Ora gli studenti d'oggi tornano ad essere un poco quello che erano gli studenti del medioe­vo perché a furia di tasse e sopratasse, di tasse d'esame e di contributi di la­boratorio essi stanno per pagare integralmente il costo dell'università. Se questo è vero, perché negar loro il diritto di entrare nei Consigli di facoltà?

L'Università di Parigi, osserva l'oratore al collega Salmi, aveva un ordi­namento diverso dall'università italiana del medioevo per questa ragione principale che era università teologica e come tale era amministrata dal ve­scovo. Se si vuole un più utile confronto può farsi con la Università di Na­poli, perché l'Università di Napoli a differenza di quella di Bologna non è sorta per libera volontà degli studenti ma sibbene per decreto di un re. Al governo di questa facoltà gli studenti non partecipavano ma è anche vero che essi non pagavano nulla: lo Stato provvedeva a pagare i professori per gli studenti.

Oggi invece che gli studenti non fanno che pagare e sostengono diretta­mente il maggior onere finanziario della università sarebbe ingiusto negar lo­ro l'accesso nei Consigli di facoltà. Per l'oratore la proposta del ministro ha del buono e con qualche piccola modificazione, come quella accennata dal collega Trambusti, potrà arrecare sensibili vantaggi alle università italiane.

Il presidente mette in votazione a questo punto la proposta del consiglie­re Gentile, che il Consiglio accoglie all'unanimità.

Dopo di che la seduta è tolta: sono le ore 19,30.

Il segretario del consiglio Severi

c) Istruzione secondaria

Patenti per titoli e pareggiamenti.

6

Il vicepresidente Credaro

Adunanza della Giunta del 18 aprile 1884 1

MPI, CSPI, Processi verbali, 1884, vol. I, ms . con firma autografa.

[ . . . ] Il presidente invita il consigliere Gabelli a dar lettura dell'ordine del

1 Sono presenti il vicepresidente Mamiani e i consiglieri Barberis, Brioschi, Cabella, Fabret­ti, Gabelli, Govi, Lignana, Protonotari, Richiardi, Serafini, Striiver, Vallauri.

Sezione I - L 'attività consultiva e pro positiva 141

giorno della cui compilazione fu ieri incaricato 1 , e riguardante la concessio­ne delle patenti e dei pareggiamenti.

Gabelli legge l'ordine del giorno. Lignana, udita la lettura fatta dal consigliere Gabelli, fa alcune osserva­

zioni sulla proposta di stabilire delle sessioni d'esami pel conferimento delle patenti. Dice che nell'anno scorso la Giunta fece pratiche perché il r .d . 1 0 maggio 1 877 2 non fosse prorogato; non crede che ora convenga di propor­re nuovamente gli esami per le patenti secondarie. Soggiunge che l'insegna­mento secondario non ha raggiunto quel grado che sarebbe desiderabile, ma che tuttavia ha molto progredito. Egli incominciò ad ispezionare ginnasi e licei nel 186 1 , e facendo il confronto fra le condizioni di allora e quelle di oggi trova un progresso didattico nelle scuole secondarie abbastanza senti­to 3 . Il dire che l'insegnamento secondario è in decadimento non è confor­me a quanto egli ha veduto nelle ispezioni fatte.

Vallauri si dichiara contrario alla proposta di ristabilire anche per poco gli esami per le patenti secondarie; dice ch'egli fece parte per qualche tem­po delle commissioni esaminatrici, e dovette constatare che gli esami erano dati senza severità per parte delle commissioni.

Il conte Mamiani, vicepresidente, esce dalla sala, ed assume la presidenza il consigliere Brioschi.

Gabelli dice che se non si vorrà stabilire una sessione di esami si conce­deranno col tempo le patenti per titoli agli insegnanti che ne sono sprovvi­sti. Col sistema degli esami saranno obbligati a studiare seriamente almeno per qualche anno e sarà tanto di guadagnato. Crede sia questo l'unico modo per poter dire che non si daranno più patenti per titoli, o almeno soltanto in casi eccezionali.

Richiardi parla in favore della proposta di stabilire una sessione di esami ed aggiunge che gl'insegnanti sprovvisti di patente cercano di attenerla per titoli, ma non ebbero l'ardire di presentarsi agli esami quando era in vigore il r .d. 1 0 maggio 1877. Ciò prova evidentemente ch'essi danno importanza a quell'esame, e perciò, essendo obbligati a sottoporvisi, faranno il possibile per aumentare la loro coltura.

Barberis appoggia la proposta degli esami ma vorrebbe che fosse limitata alla patente per le scuole tecniche e normali e pel ginnasio inferiore.

Gabelli non crede che la proposta degli esami possa essere limitata ad una sola parte delle scuole secondarie. Osserva che sarà sempre meglio ac-

1 Si riferisce alla adunanza della Giunta del 17 aprile 1884, allorché Gabelli era stato incari­cato da Mamiani di « formulare un ordine del giorno per stabilire le norme alle quali la Giunta dovrà attenersi nelle concessioni delle patenti, e di formulare anche le proposte da farsi a S.E. il ministro intorno alle condizioni da imporsi, prima di accordare il pareggiamento degli istituti ai governativi», in MPI, CSPI, Processi verbali, 1884, I. 2 R. d. n. 3855 col quale si danno disposizioni per gli esami di abilitazione all'insegnamento nelle scuole secondarie.

3 Aggiunta a matita la parola: notevolissimo.

142 Fonti per la storia della scuola

�ordare le patenti per mezzo dell'esame che sulla relazione di un ispettore, 11 quale spesso è indotto dalla pietà a non fare una relazione sfavorevole.

Lignana dice che col sistema degli esami non si proverà che coloro che vi si presentano hanno la coltura che si richiede a coloro che seguono i corsi universitari per ottenere lo stesso scopo, ma tutto al più che conoscono la materia che debbono insegnare. Con tal sistema s'introdurrà nelle scuole una classe di insegnanti che impedirà di molto il progredire dell'istruzione secondaria e specialmente classica.

L'idea del consigliere Barberis di limitare gli esami al solo ginnasio infe­riore, avrà anch'essa il suo inconveniente nella dissonanza che vi sarà fra gli insegnanti del ginnasio inferiore e quelli del ginnasio superiore.

Richiardi dice che gl'inconvenienti che il consigliere Lignana vede negli esami, non si creano cogli esami stessi ma esistono già. Se si eccitano gli in­segnanti sprovvisti di patente a studiare per uno o due anni gl'inconvenienti lamentati saranno minori, altrimenti le cose resteranno quali sono oggi.

Gabelli insiste nella proposta degli esami ch'egli ritiene unico mezzo per uscire dalle condizioni attuali. Riconosce che questo unico mezzo non è mol­to buono, ma esso preparerà almeno un migliore avvenire, poiché chiuse le sessioni d'esame, allora si potrà non accordare più patenti per titoli, e chi vorrà darsi all'insegnamento secondario sarà obbligato a seguire la via delle università. Aggiunge che potrà darsi maggiore importanza a questi esami con lo stabilire maggiori rigori di quelli che fossero stabiliti dal r .d. 10 maggio 1877.

Brioschi crede quello proposto dal consigliere Gabelli il sistema meno cattivo poiché vi è la possibilità di preparare qualche cosa per l'avvenire. Aggiunge che quando S.E. il ministro 1 avesse accettata in massima la propo­sta, la Giunta stessa potrebbe fare una proposta di regolamento per gli esami di patente, allo scopo di rendere questi più serii.

Gabelli, dopo la lunga discussione avvenuta, prega la Giunta di sospen­dere ogni votazione desiderando di modificare in qualche parte l'ordine del giorno del quale dette lettura.

La Giunta approva. [ . . . ] La seduta è levata alle ore 6 pomeridiane.

Per il segretario A verardo Casaglia

Il vicepresidente Terenzio Mamiani

Adunanza della Giunta del 19 aprile 1884 2

MPI, CSPI, Processi verbali, 1884, vol. I, ms. con firma autografa.

1 Michele Coppino. 2 Sono presenti il vicepresidente Mamiani e i consiglieri Barberis, Brioschi, Cabella, Fabret­

ti, Gabelli, Govi, Lignana, Protonotari, Richiardi, Striiver, Vallauri. Con il r.d. 1 1 gen. 1885, n. 2910, furono varate «disposizioni concernenti le sessioni straordinarie di esami per il conferi­mento dei diplmni di abilitazione all'insegnamento secondario ».

Sezione I- L'attività consultiva e propositi va 143

[ . . . ] Il consigliere Gabelli legge il seguente ordine del giorno sulle patenti per titoli e sui pareggiamenti discusso nella precedente seduta:

" Considerato che il numero delle domande di patente per titoli va di continuo crescendo in misura che questo modo di conseguire la patente, di una eccezione che avrebbe dovuto rimanere minaccia di çiiventare la regola;

Considerato che il fare come s 'è usato fino a qui dell'insegnamento im­partito senza patente un titolo per conseguirla, non riesce facilmente conci­liabile colla legge, la quale richiede invece la patente per esercitare l 'inse­gnamento;

Considerato che il formare dei professori per mezzo dell'esercizio e sen-za studi preparatori fa sì che un numero considerevole di persone si dedichi a insegnare, non solo prima di aver ottenuto l'autorizzazione, ma anche pri­ma di avere imparato, mentre non sono frequentate come dovrebbero le fa­coltà di filosofia e lettere delle università e le scuole di magistero, istituite principalmente al fine di preparare i professori delle scuole secondarie;

Considerato che questo andamento di cose non potrebbe non conferire col tempo al decadere degli studi, massime che nel nostro paese sono nume­rosissimi gli istituti vescovili, quelli delle fondazioni, i comunali e i privati, i quali insieme istruiscono ben due terzi del numero totale degli alunni delle scuole secondarie, e sono pur quelli per mezzo dei quali si avviano all'inse­gnamento le persone non autorizzate;

Considerato che la vigilanza del governo su questi istituti va diventando di mano in mano più debole, in quanto non pochi di questi di anno in anno giungono a ottenere il pareggiamento agli istituti governativi, al quale va congiunta la facoltà di dar gli esami, ed essendo per varie ragioni considera­ti come indipendenti e lasciati in balia di se stessi, affidano poi di frequente l'istruzione a insegnanti non patentati;

Considerato che per questa ragione e per la non rara incapacità degli enti minori a provvedere ai costosi mezzi di insegnamento, anche il crescere in­definito dei pareggiamenti può diventare un'altra causa di decadenza degli studi, disperdendo fra questi enti stessi l'autorità del governo, e deludendo le provvide disposizioni di legge che vollero raccolta in lui la suprema dire­zione dell'istruzione;

Considerato che, quantunque il governo accetti e provochi con disposi­zioni liberali la concorrenza degli enti minori, tuttavia per riconoscere gli studi che si fanno negli istituti loro pari a quelli degli istituti suoi propri, non può non esigere che questi loro istituti sieno per tutte le condizioni eguali ai suoi;

Considerato che, sebbene la parità di certe condizioni sia richiesta dalle circolari ministeriali, pure in queste non si fa parola di una principalissima, per cui gl'insegnanti degli istituti pareggiati vengono a trovarsi in condizioni di gran lunga inferiori a quelli del governo, ed è il diritto alla pensione;

La Giunta del Consiglio superiore, impensierita dalle condizioni d'oggi,

144 Fonti per la storia della scuola

ma anche più preoccupata dalle presumibili future ove con temperati ma ef­ficaci provvedimenti non si facesse opportuno riparo a cause evidenti di si­curo danno,

delibera

I. Di restringere la concessione delle patenti per l'insegnamento secon­dario, e segnatamente per il classico, ai casi di una coltura posta fuori di dubbio possibilmente da pubblicazioni di valore o da altre prove sicure di sufficienti studi preparatori, considerando l'insegnamento anziché come il mezzo di provare la coltura, come quello di riconoscere l'abilità didattica dell'insegnante.

II. Di inviare una rimostranza a S .E . il ministro manifestandogli il giudi­zio suo sugli effetti delle disposizioni che governano la concessione delle patenti per titoli e dell'aumento dei pareggiamenti, e conchiudendo col pre­garlo :

(a) di bandire un'ultima e definitiva sessione di esami, che non abbia a durare più di due anni, cominciando dal 1 885 , e di cui si garantisca la serie­tà e l' efficacia colle disposizioni suggerite dall'esperienza delle sessioni pas­sate, avvertendo in pari tempo gli insegnanti che dopo di questa si richiede­rà, per l'insegnamento nelle scuole secondarie l'istruzione universitaria, e non si accondiscenderà se non in casi del tutto eccezionali a domande di pa­tente per titoli;

(b) di ordinare delle ispezioni agli istituti pareggiati nell' intento princi­palmente di riconoscere s 'essi si trovino tuttavia nelle condizioni in cui era­no quando ottennero il pareggiamento, salvo il deliberare poi sulla confer­ma o nella perdita di questo giusta la circolare ecc . ;

(c) di provvedere a che i l pareggiamento degli istituti non governativi a quelli dello Stato diventi effettivo e intero, ordinando, nel modo che crede­rà più opportuno, ma di preferenza coll'istituzione del Monte delle pensio­ni, che agli insegnanti degli istituti pareggiati sia assicurato il diritto a pen­sione sotto le condizioni e nella misura di quelli del governo » .

Messe ai voti le quattro proposte contenute nell' ordine del giorno for­mulato dal consigliere Gabelli, la prima è approvata all'unanimità, e le altre tre all'unanimità meno un voto .

Dopo ciò il consigliere Gabelli è incaricato di formulare la rimostranza a S.E. il ministro.

[ . . . ] La seduta è levata alle ore 6 1/2 pomeridiane.

Per il segretario A verardo Casaglia

Il vicepresidente Terenzio Mamiani

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Sezione I - L 'attività consultiva e pro positiva 145

7

Riforma del regolamento per gli esami di licenza liceale.

Adunanza plenaria del 2 1 aprile 1888 1

MPI, CSPI, Processi verbali, 1888, vol. I, ms . con firma autografa.

[ . . . ] Villari informa il Consiglio dello stato della questione, dice che pre­sentemente la licenza liceale è una sola, ma secondo il progetto ministeriale sarebbero istituite due licenze: licenza letteraria e licenza letterario-scientifi­ca. Si vorrebbe che dopo il secondo anno di liceo si fermasse il procedimen­to complessivo degli studi, e che nell'ultimo anno si dividessero le materie secondo che lo studente voglia andare alla facoltà di filosofia e lettere o di giurisprudenza, ovvero alla facoltà di scienze matematiche o di medicina. Osserva che da questo nuovo sistema nascono varie questioni, e che biso­gnerebbe anche cambiare i programmi attualmente in vigore; il suo parere è che si mantenga l'unità degli studi liceali, non parendogli opportuno questo frazionamento.

Brioschi. Conviene col consigliere Villari. Zumbini. È contrario al progetto; però pregherebbe il Consiglio di ri­

mandare a domani la discussione di esso, essendo necessario che il Consi­glio prenda piena cognizione del progetto. Crederebbe opportuno che in­tanto si desse lettura del rapporto a stampa fatto al ministro 2 intorno al pro­getto e inserito nella lettera ministeriale .

Villari. Invitato dal vicepresidente dà lettura del rapporto a stampa 3

' Sono presenti il vicepresidente Messedaglia, e i consiglieri Amari, Ascoli, Barberis, Bertol­di, Blaserna, Brioschi, Buonazia,. Cocconi, Cassa, Cremona, De Giovanni, Ferri, Gabelli, Gandi­no, Golgi, Mattirolo, Mosso, Palma, Passerini, Paternò, Piccolomini, Schupfer, Serafini, Trirl­chese, Villari, Zumbini.

2 Paolo Boselli. 3 «Riforma degli esami di licenza liceale proposta a S.E. il ministro comm. Paolo Boselli n,

formulata dal direttore dell'istruzione secondaria classica Giovanni Mestica, il 15 aprile 1888. Ne riportiamo alcuni passaggi: « Raccogliendo qui le osservazioni sull'ordinamento attuale del­l'istruzione classica, in quanto può essere ritoccato e perfezionato con provvedimenti del pote­re esecutivo allo scopo particolare della riforma della licenza liceale, per tale irltento, fra le va­rie correzioni e miglioramenti, a mio avviso, primeggiano questi: la sostituzione dell'insegna­mento per materie a quello per classi, già proposta da una commissione s�ec.ial� e co.nva�?ata dal voto favorevole del Collegio degli esaminatori: la ripartizione delle disCipline scientifiche dell'irltero istituto classico fra due professori soltanto, secondo la proposta unanime del Colle­gio medesimo subordirlata all'aumento degli stipendi che a quelli diano agio di mantenersi con

146 Fonti per la storia della scuola

Terminata questa lettura, il consigliere Gandino dice che nel rapporto comunicato dal ministro si parla come di cosa possibile, dell'insegnamento

le proprie famiglie senza dover cercare una seconda cattedra e dover snervare le forze sotto il peso d'improbi orari: la modificazione dei programmi delle materie d'insegnamento, soprattut­to col proposito di levar via in alcuni il soverchio: qualche riduzione negli orari di quasi tutte le classi ginnasiali e liceali, consigliata da ragioni didattiche ed igieniche insieme. Le quali mo­dificazioni, presso che tutte, solo o meglio potrebbero effettuarsi dove al liceo è unito il gin­nasio.

Non sembra però che degl'insegnamenti, che ora costituiscono tutta l 'istruzione classica, se ne possa toglier via alcuno senza recare offesa al carattere e menomare l'importanza di essa. A tale conseguenza si verrebbe, per esempio, col rendere pienamente facoltativo l'insegnamento del greco. Perocché non si troverebbe quasi alcuno studente, che fin dalle classi ginnasiali, es­sendo tuttora quasi fanciullo e occupato nella moltiplicità delle discipline obbligatorie, si risol­vesse a seguirne anche una facoltativa. Onde con tale disposizione quella disciplina, senza la quale l'istruzione classica viene a mancare di uno dei suoi elementi costitutivi, resterebbe in ef­fetto quasi che abolita. E ne deriverebbe un male praticamente anche maggiore. ,

[ . . . ] Si può tuttavia trovar modo di rendere anche lo studio del greco meno gravoso e più proficuo affidandolo a un sol professore, ed inoltre a corso molto avanzato render facoltativo per gli studenti non solo questo insegnamento, ma con esso più altri. L 'esperienza ha dimostra­to che il giovane obbligato a seguire tutte le materie d'insegnamento fino alla fine del corso triennale del liceo, per la loro moltiplicità e per l'aggravio soverchio che complessivamente gliene deriva, non può ritrarne un profitto bene adeguato. Oltre di che, la coltura così ammas­sata per essi (fatta eccezione dei forti ed eletti ingegni, che sono sempre pochi) rimane alquanto indigesta. I perfezionamenti dovrebbero consistere soprattutto nel rendere l'istruzione classica più succosa e più soda. Per tale intento sembra opportuno stabilire una sosta al procedimento complessivo di essa al termine del secondo anno liceale.

L'alunno, promosso al terzo anno, continuando a studiare tutte le discipline non può fare in ciascuna progressi molto notevoli. Il tempo dato a tutte si assottiglia per ognuna di esse; e il giovane si sente preso da una certa stanchezza verso quelle che sa di non dover studiare nell'u­niversità, di cui è alle porte. Che, invero, sarebbe assai difficile, trovare uno studente liceale di terzo anno, che non abbia già deliberato a quale carriera appigliarsi nel corso degli studi supe­riori.

Per tutte queste ragioni una divisione delle materie nell'ultimo anno degli studi liceali si presenta come assai ragionevole ed opportuna; e, fatta a questo punto, avrebbe anche il vantag­gio di non spezzare (che sarebbe gran danno) l'unità complessiva della cultura classica. Questa cultura difatti per le discipline, che alle speciali carriere universitarie non servono direttamen­te, al termine del secondo anno liceale può dirsi già esplicata abbastanza, e meglio potrà riuscir tale, mercè la modificazione de' programmi, che l'effettuazione della proposta renderà necessa­rie; le quali poi, fatte con discernimento, non che turbare l'ordinamento degli studi classici lo renderanno .anche più efficace.

La licenza liceale, considerata in relazione con gli studi superiori a cui apre la via, può rite­nersi che conduca dall'una parte alle facoltà di filosofia e lettere e di giurisprudenza, dall'altra alle facoltà di fisico-matematica e di medicina. Nel primo caso lo studente liceale alla fine del secondo anno può senza inconvenienti porre termine alla matematica, alla fisica e chimica e al­la storia naturale, nel secondo caso alla lingua greca, alla storia e geografia e alla filosofia. Così nell'uno come nell'altro caso l'esame di promozione al terzo anno in queste materie sarà defini­tivo, e per esse terrà luogo l'esame di licenza. Che se qualche giovane

.volesse quindi nel corso

universitario passare dall'una delle due facoltà, per le quali serve più specialmente la sua licen­za, a una delle altre due, in queste contingenze che del resto sogliono essere bene infrequenti, dovrebbe dare un esame d'integramento su le discipline abbandonate alla fine del secondo an­no del corso liceale.

Sezione I - L'attività consultiva e propositi va 147

facoltativo del greco. Gli pare che respingendo le proposte modificazioni della licenza liceale, il Consiglio dovrebbe, a scanso d'ogni equivoco, di­chiarare se intenda di approvare un eventuale provvedimento che rendesse facoltativo l'insegnamento del greco . Quanto a lui dichiara fin d'ora che ri­tiene come dannoso alla cultura nazionale siffatto provvedimento e del tut­to contrario al carattere dell'istituto classico del quale l'insegnamento del greco è parte essenziale.

Schupfer. A lui pare che il progetto tende a ridurre a sette anni il corso

A chi dubitasse che l'eliminazione della storia dal corso letterario-scientifico del terzo anno possa render monca per gli studenti che seguono quel corso una cultura che ha pure grande im­portanza per l 'educazione civile della gioventù, è facile toglier via ogni sospetto. Si attribuisca al primo e al secondo anno liceale tutta la storia medioevale e moderna assegnata presentemen­te al secondo e al terzo, e si trasporti in questo la parte del programma data ora al primo anno e consistente in un'ampia ripetizione della storia antica studiata già nel ginnasio. Questa parte, al­largata nel terzo anno a una ripetizione sintetica e comparativa di tutte le età storiche antiche e moderne, riuscirà ben più piena e più fruttuosa per i giovani che nell'università dovranno dedi­carsi agli studi di filosofia e lettere e giurisprudenza: né si può dir necessaria ai giovani che vo­gliono imprendere quelli di fisico-matematica e di medicina. Tale invertimento del programma di storia gioverebbe altresì a ristabilire l'armonia, ora spezzata, dello studio di essa con quello delle nozioni storiche della letteratura italiana, che si espongono pur nel liceo.

Alleviato il giovane, a qualunque delle due parti si volga, di parecchie discipline e di un buon terzo dell'orario settimanale, potrà, durante l'ultimo anno di liceo, dare maggior tempo e nella scuola e in casa a quelle che gli sono più strettamente necessarie per gli studi superiori a cui aspira, e, approfondendole meglio, riportarne un segnalato profitto. L'orario di esse verreb­be proporzionalmente accresciuto; ma non tanto che nel complesso quello della terza classe pa­reggi l'attuale, sembrando opportuno, come già si è accennato, ridurre di alquanto quasi tutti gli orari settimanali degli otto corsi in cui si svolge l'istruzione del ginnasio e del liceo. Tale ri­duzione nei corsi liceali inferiori varrebbe altresì a mantenere entro giusti limiti il lavoro totale dei professori, il cui orario per gl'insegnamenti rispettivi verrebbe con la proposta riforma ac­cresciuto nel terzo anno.

La diminuzione dell'orario nella terza classe per l'uno e l'altro corso darebbe modo d'intro­durre in essa, come accessibile a tutti e facoltativo, lo studio di una lingua straniera moderna. Gli alunni liceali, già forniti di larga coltura e addestrati nelle lingue classiche e nella nazionale, facilmente apprenderebbero in un anno, anche con breve orario, una lingua straniera, quanto basti a farne poi uso per gli studi superiori. Ai giovani italiani, che entrano nell'università, oggi­dì manca appunto questo necessario istrumento per attingere direttamente alla scienza che pro­gredisce nelle altre sezioni; e pochi di essi hanno quindi agio a procurarselo.

Dalla designazione, fatta più sopra, delle discipline il cui insegnamento, sia per quelli che vogliono seguire il corso puramente letterario, sia per quelli che vogliono seguire il corso lette­rario scientifico, verrebbe a cessare alla fine del secondo anno, risulta che lo studio dell'italiano e del latino deve continuare nel terzo anno indistintamente per tutti. L 'istruzione classica è es­senzialmente letteraria: questo carattere deve conservarlo nel terzo anno anche pel corso a cui sono assegnate le discipline scientifiche; di guisa che in esso l'orario complessivo dell'italiano e del latino, a tutti comuni, non debba essere inferiore all'orario complessivo di quelle; altrimen­ti, non vi sarebbe più ragione di tener distinta l'istruzione classica da quella degl'istituti tecnici, dove la coltura scientifica è prevalente. Oltre di che, in Italia non dobbiamo dimenticare che la letteratura latina e la letteratura italiana sono le più pure e splendide glorie dell'Italia antica e moderna e la gran voce del popolo che ha tanto contribuito e contribuisce alla civiltà umana »: in ACS, MPI, CSPI (1849-1903), b. 239, fase. 329, s . fase. 35.

148 Fonti per la storia della scuola

degli studi secondari classici e a stabilire un anno di più efficace preparazio­ne alla università.

Brioschi. Si dichiara fin d'ora non favorevole al progetto. Del resto do­vendosi rispondere al signor ministro, converrà o nominare una commissio­ne che lo studi e faccia le sue osservazioni, ovvero incaricare di ciò il sena­tore Villari.

Il Consiglio incarica il consigliere Villari di fare egli stesso una relazione su questo argomento da discutersi nella seduta di domani.

La seduta è levata alle ore 6 pomeridiane.

Il segretario Tiratelli

Il vicepresidente Messedaglia

Adunanza plenaria del giorno 23 aprile 1 888 1

MPI, CSPI, Processi verbali, 1888, vol. I, ms. con firma autografa.

[ . . . ] Villari. Legge la relazione 2 che dal Consigllo ebbe incarico di fare su tale argomento . In essa espone innanzitutto il concetto fondamentale della riforma proposta dal ministro . La licenza liceale dovrebbe essere di due forme:

licenza liceale sezione letteraria; licenza liceale sezione letterario scientifica. L'una e l'altra conducono al­

l'università; la prima alla facoltà di filosofia e lettere e di giurisprudenza, la seconda alla facoltà di scienze fisiche e matematiche e di medicina. Qualun­que delle due licenze dovrebbe attenersi mediante due esami da sostenersi parte alla fine del secondo anno liceale, parte alla fine del terzo. Per gli ap­provati nel primo esame cessa nel terzo anno lo studio delle discipline che furono materia dello esame stesso. Espone quali sono secondo il progetto le materie del primo esame per l'una e l'altra licenza. Crede che apparisca agli occhi di tutti la gravità di questa riforma, e la gravità sta nel fatto che per es­sa si viene a distruggere la unità organica e necessaria degli studi secondari classici e degli esami, e si reca di necessità un mutamento inevitabile in tutti gli studi con molti danni e senza alcun vantaggio. Fa un lungo ragionamento e adduce molti argomenti per dimostrare l'inopportunità di questo fraziona­mento negli studi secondari, e conclude dicendo esser egli d'avviso che non

1 Sono presenti il vicepresidente Messedaglia, e i consiglieri Amari, Ascoli, Barberis, Bertol­di, Blaserna, Boccardo, Brioschi, Buonazia, Cocconi, Cremona, De Giovanni, Ferri, Gabelli, Gandino, Golgi, Moleschott, Palma, Passerini, Paternò, Piccolomini, Schupfer, Trinchese, Villa­d, Zumbini.

2 Il testo della relazione si trova in ACS, MPI, CSPI (1849-1903), b. 239, fase. 329, s. fase. 35 .

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Sezione I - L 'attività consultiva e propositiva 149

si debba accogliere il concetto della doppia licenza e della divisione degli studi del terzo anno di liceo come pure non crede che si debba accogliere l'insegnamento facoltativo del greco accennato come provvedimento even­tuale nel rapporto a S .E. il ministro e del quale il signor ministro ha trasmes­so copia al Consiglio.

Blaserna. Conviene pienamente col relatore. Fa un'osservazione a con­forto di quanto egli ha detto. Parrebbe che con questa riforma, uno degl'in­tendimenti del ministro fosse di rendere meno gravosi gli studi liceali. . Ora egli non può tacere che il Collegio degli esaminatori 1, il quale ebbe l'incari­co di rivedere i programmi, fu di unanime avviso che si dovrebbero ridurre. Trova strano che quando si viene a dire al Consiglio di alleggerire gli studi liceali non si tenga alcun conto delle osservazioni e proposte fatte dal Colle­gio degli esaminatori. Dice che nel mese di novembre anno 1 886 quando il Collegio si riunì, insistette appunto sulla necessità di alleggerire il corso li­ceale, nel quale per altro il Collegio rilevò che in questi ultimi anni vi è stato un graduale miglioramento.

Bertoldi. Appoggia il Blaserna, e vorrebbe che il Consiglio raccomandas­se al ministro che le proposte che hanno in mira di modificare gli studi e gli esami liceali partissero da quelle fatte dal Collegio degli esaminatori. Quanto alle modificazioni che il ministro vorrebbe introdurre nell'attuale regola­mento egli non è ad esse totalmente contrario . Per quanto riguarda il greco è d'avviso 2 che questa lingua si debba insegnare nel ginnasio cominciando dal primo o secondo anno. Nel liceo lo vorrebbe facoltativo.

Zumbini. Fa due osservazioni. Vorrebbe che nella relazione letta dal con­sigliere Villari si accennasse più precisamente alle proposte fatte dal mini­stro. Nota che la divisione delle materie nelle proposte ministeriali si riferi­sce alla sola terza classe, mentre la relazione del consigliere Villari e gli argo­menti giustissimi da lui addotti per combattere questa divisione parlando in genere di divisione di materie etc. tende, a parer suo, ad esagerare alquanto le proposte ministeriali. Soggiunge il consigliere Zumbini che sarebbe op­portuno di far sentire in modo particolare al ministro il danno gravissimo che produrrebbe il rendere facoltativo il greco nei licei.

Amari. Dichiara che egli è contro il greco facoltativo, poiché il greco de­ve far parte di quella coltura generale che si acquista nei licei.

Bertoldi. Osserva che di tanti professori chiamati ad insegnare nei licei, un terzo appena è in grado di rendere proficuo questo insegnamento e dare agli alunni quella istruzione richiesta dai programmi liceali. Rendendolo fa-

1 Il Collegio degli esaminatori, composto di professori universitari e di persone « di cono­sciuta esperienza nelle discipline che s'insegnano nei ginnasi e nei licei», fu istituito col r.d. 16 apr. 1885, n. 3254.

2 A margine, è annotata a matita la seguente frase: «e ciò lo esprime come un'opinione sua particolare e solo per giustificare l'approvazione ch'egli così sarebbe contrario di dare al pro­getto ministeriale ,, .

150 Fonti per la storia della scuola

coltativo si diminuirebbe il numero degli studenti, e i professori potrebbero così rendere più proficuo il loro insegnamento.

Piccolomini. Anch'egli crede dannoso rendere il greco facoltativo. Gandino. A parer suo converrebbe, nel respingere la riforma della licen­

za liceale, dire al ministro che il Consiglio si dichiara fin d'ora contrario al greco facoltativo.

Trinchese. Ha dovuto notare che gli studenti di medicina che si iscrivo­no all'università sono mal preparati, e gli parrebbe che si dovesse segnalare questo difetto al ministro.

Schupfer. Crede necessario il greco, non solo per gli studenti della facol­tà di lettere, ma anche per quelli di giurisprudenza. Fa molte considerazioni per dimostrare che non si può esser buon romanista senza conoscere il gre­co. Conviene col Trinchese che molti studenti vanno all'università mal pre­parati.

Brioschi. Crede che bisognerà esaminare partitamente il progetto, e nella relazione da mandarsi al ministro, oltre le ragioni generali addotte dal rela­tore bisognerebbe, a parer suo, aggiungere anche delle ragioni speciali. Cre­de che si debba tener conto delle proposte fatte dal Collegio degli esamina­tori, i quali se hanno trovato dei difetti nell'attuale sistema, hanno però di­chiarato che negli studi si va sempre progredendo, progresso che potrebbe esser interrotto da un nuovo ordinamento.

Moleschott. È contrario al progetto. La bipartizione di cui parla il proget­to non può recar vantaggio . La maggioranza dei giovani è titubante per deci­dersi ad uno o ad un altro studio, e quanto più sarà ritardata, più ponderata sarà e più sicura la decisione. Crede che la maggior parte dei giovanetti alla età di sedici o diciassette anni non è abbastanza matura per darsi con frutto agli studi superiori. Anche per quelli che si dedicano agli studi positivi, vor­rebbe che nel liceo non si trascurasse l'insegnamento letterario . A conferma di questa sua opinione cita le seguenti parole del Goethe: «<l danno inflitto ai giovani spingendoli troppo in certi insegnamenti, si è manifestato più chiaramente quando si cominciò a menomare gli esercizi di lingua, e la se­rietà degli studi preparativi, sottraendo ad essi tempo e raccoglimento per dedicarli a cosiddetti studi reali, i quali servono più a distrarre che a coltiva­re la mente, se non si conducono con metodo e compimento " .

Nota che l'insegnamento del greco nei nostri licei è incompleto, ed infe­riore a quello che si dà all'estero. Non ha conosciuto uomo superiore il qua­le, avendo goduto l'istruzione classica, non trovi in essa il nerbo del suo svi­luppo intellettuale.

Villari. Osserva che la sua relazione non ha altro scopo che far conoscere al Consiglio il concetto fondamentale del progetto. Conviene che la relazio­ne è alquanto generica, ma oltre che mancava il tempo di entrare nei parti­colari, nota che il Consiglio doveva solo deliberare sull'idea generale, la­sciando poi delegazione alla Giunta di rispondere dettagliatamente e fare proposte.

Sezione I- L 'attività consultiva e propositi va 1 5 1

Ferri. Si associa a quanto fu detto dal relatore e dai precedenti oratori. come componente il Collegio degli esaminatori conferma il carattere classi­co del liceo, e crede non debba compromettersene l'unità con nuovi ordina­menti che la spezzerebbero.

Cremona. Osserva che, secondo l'esperienza da lui fatta per una larga se­rie di anni, sugli studi superiori della matematica e delle altre scienze positi­ve fanno ordinariamente miglior prova gli studenti usciti dai licei in con­fronto di quelli provenienti dagli istituti tecnici, sebbene questi avessero ri­cevuti una istruzione più estesa appunto nelle scienze sopradette. Ciò prova, secondo lui, che qualora una biforcazione negli studi secondari dovesse aver luogo (egli non la vorrebbe in alcun modo nei licei) sarebbe da farsi a rove­scio della proposta ministeriale.

La matematica e la fisica nel liceo sono meno necessarie a coloro che stu­dieranno poi queste scienze nell'università; e analogamente si dica di altre materie. Ciò che il liceo deve dare adunque non è una maggiore o minor somma di cognizioni reali in questa o quella disciplina, ma piuttosto la edu­cazione armonica di tutte le facoltà mentali, educazione che la esperienza ha insegnato non potersi altrimenti ottenere meglio che nell'attuale scuola clas­sica. Per le stesse considerazioni bisognerebbe che i professori universitari non esigessero dal liceo una troppo grande istruzione degli allievi che devo­no ricevere, e non rifuggissero dal dare essi gli elementi delle scienze, ac­contentandosi di trovare nei detti allievi la preparazione formale che è il fi­ne precipuo del liceo. Allora i professori liceali, liberati dall'incubo delle esigenze talvolta eccessive dell'università, dedicherebbero tutti i loro sforzi al vero loro ufficio che è di educare e preparare la mente de' loro alunni in un indirizzo generale ed educativo.

Barberis. Secondo il parer suo se il Consiglio crede che la Giunta debba studiar questo argomento, deve dare ad essa un mandato preciso. Vorrebbe che lasciando da parte il progetto ministeriale, la Giunta vedesse come si potrebbero modificare i programmi e l'orario dei licei alleggerendo gli studi e tenendo conto delle proposte del Consiglio degli esaminatori.

Brioschi. Bisogna venire a un risultato pratico e dare agli insegnamenti delle scienze quel carattere che avesse per base il sistema intuitivo. L'educa­zione ai giovani non si potrebbe oggi dare come si dava ottanta anni fa al tempo di Goethe. Crede poi che il danno dell'istruzione stia nei professori i quali talvolta vanno più in là del loro compito.

Moleschott. Osserva che nella relazione ministeriale si mostra grande im­pazienza di attuare il nuovo progetto. Non gli pare che con un semplice de­creto si possa distruggere tutto quello che ora è stabilito intorno agli studi li­ceali e al conseguimento della licenza.

Boccardo. Osserva che in Italia vi sono due ordini di studi; studi classici e studi tecnici. Chi desidera dedicarsi agli studi scientifici piuttosto che ai soli letterari ha modo di soddisfare questo suo desiderio molto meglio di

1 5 2 Fonti per la storia della scuola

quello che accadrebbe in qualunque altro paese; quindi, non vede la necessi­tà di questi continui e profondi cambiamenti nell'ordinamento degli studi classici, né saprebbe darsi sufficiente ragione della proposta bipartizione.

Villari. Dà lettura di un ordine del giorno che si delibera di dividere in due parti, la prima è così concepita: Il Consiglio non accoglie il concetto della doppia licenza e della divisione degli studi nel terzo anno di liceo, né accoglie il concetto del greco facoltativo di cui si parla come di un provve­dimento eventuale nella relazione al signor ministro.

Messa ai voti questa prima parte è approvata ad unanimità. Villari. Legge la seconda parte che è di rinviare i provvedimenti messi

ora innanzi dal ministro alla Giunta perché essa, tenendo conto dei suggeri­menti dati dal Collegio degli esaminatori e dalla discussione fatta in Consi­glio , proponga le riforme degli ordinamenti degli studi secondari classici senza alterarne il carattere generale che ha ora e che dovrebbe continuare ad avere.

Dopo la lettura di questa seconda parte, nasce in alcuni consiglieri il dubbio se si possa o no votare, mancando al Consiglio ogni comunicazione officiale che dichiari che il ministro ha intenzione sia interrogata la Giunta. Di più non conoscendosi ufficialmente le proposte del Collegio degli esami­natori.

Il vicepresidente dietro suggerimento del Consiglio, si reca dal signor ministro per chiedergli se, respinto il progetto ministeriale, ha egli altri in­carichi da dare al Consiglio. Dopo dieci minuti ritorna il vicepresidente e si­gnifica al Consiglio avergli detto S.E. che qualora il Consiglio non creda di accettare la proposta riforma, potrà dire quali provvedimenti crederebbe es­so di poter prendere per raggiunger lo scopo a cui mira il Ministero.

Essendo l'ora tarda, il seguito della discussione è rimandato a domani. La seduta è levata alle ore 6 t . Il Segretario Tiratelli

Il Vice Presidente Messedaglia

Adunanza plenaria del 25 aprile 1 888 1 MPI, CSPI, Processi verbali, 1888, vol. I , ms. con firma autografa.

[ . . . ] Villari (relatore). Legge una lunga relazione 2• Espone quali sono le ri­forme proposte dal ministro negli esami di licenza e ripete quanto ebbe a di-

1 Sono presenti il vicepresidente Messedaglia, e i consiglieri Amari, Ascoli, Barberis, Bertol­di, Blaserna, Boccardo, Brioschi, Bonacossa, Cocconi, Cremona, Ferri, Gabelli, Gandino, Mole­schott, Palma, Passerini, Piccolomini, Schupfer, Trinchese, Villari, Zumbini.

2 ACS, MPI, CSPI (1849-1903), b. 239, fase. 329, s .fasc. 35 . Con il r .d . 27 mag. 1888, n. 5417, e il r.d. 24 ott. 1888, n. 5745, furono apportate modifi­

che al regolamento e ai programmi d'insegnamento nei licei.

Sezione I - L 'attività consultiva e propositiva 153

re su tale argomento nella discussione tenuta nella seduta del 23 scorso. Non crede si debba accogliere il concetto della doppia licenza e della divi­sione degli studi nel terzo anno di liceo come pure non crede si debba acco­gliere il concetto del greco facoltativo di cui il ministro parla come di prov­vedimento eventuale. Espone le varie considerazioni per le quali il Consiglio nella discussione tenuta il 23 fu d'avviso di non poter dare il suo voto per l'attuazione del progetto ministeriale e conclude coll'esprimere i concetti principali che secondo gl'intendimenti manifestati dal Consiglio potrebbero servire di guida ad una eventuale riforma della istruzione secondaria e che sono:

1 o • Riformare le scuole di magistero in modo da distinguerle veramente dalle facoltà e renderle più pratiche facendole meglio servire allo scopo cui sono ordinate di formai-e gl'insegnanti delle scuole secondarie. A ciò po­trebpe giovare il metterle in relazione coi ginnasi e licei nei quali gli alunni potrebbero vedere come s'insegna, e qualche volta esercitarsi essi stessi ad insegnanti.

2 o . Modificare gli orari che per alcune materie sono eccessivi, e insuffi­cienti per altre: semplificare e sfrondare i programmi e coordinarli fra loro curando che questo coordinamento sia in pratica sempre osservato.

3 o . Migliorare le condizioni economiche degli insegnanti in modo che non siano per vivere costretti a cercare lezioni private, e non siano sempre stimolati a lasciare al più presto possibile il liceo.

Ascoli. Dice che nella relazione si accenna ad una possibile riforma delle scuole di magistero. In questo caso crederebbe che si ricordasse al ministro l'ordine del giorno proposto già in una adunanza del Consiglio plenario da lui e dal senatore Cremona circa la istituzione di un' alunnato. Osserva che i quattro anni della scuola di magistero bastano appena al giovane studente per raccogliervi la suppellettile scientifica, ma non già per farlo diventare professore. È necessario che egli assista per un dato tempo un professore provetto e valente e allora potrà divenire anch'egli un buon professore.

Il consigliere Villari non trova difficoltà di fare una piccola aggiunta alla sua relazione accennando al detto ordine del giorno, e il Consiglio vi accon­sente, approvando tutta la relazione del consigliere Villari e deliberando che sia trasmessa testualmente al signor ministro.

Il consigliere Amari osserva che l'insegnamento del greeo prende molto posto nel ginnasio e molto posto nel liceo. Vorrebbe che si sopprimesse nel ginnasio e se ne mettesse quel poco che è necessario nel liceo . Osserva che quelli che dal liceo vanno alla facoltà di lettere sono pochissimi, né crede che per questi si debba aggravare gli altri. Propone di sopprimere l'insegna­mento del greco nel ginnasio e trasportarlo nel liceo nella proporzione che si dà nel ginnasio .

Messedaglia vicepresidente. Dice che non essendovi tempo di fare su ciò una discussione formale si prende atto della proposta.

1 54 Fonti per la storia della scuola

[ . . . ] Il vicepresidente ringrazia e dichiara chiusa la sessione di aprile.

8

Il vicepresidente L[uigi] Cremona 1

Parere sull'unificazione del primo grado della scuola secondaria.

Adunanza plenaria del 14 febbraio 1898 2

MPI, CSPI, Processi verbali, 1898, vol. I, ms. con firma autografa.

[ . . . ] Entra nell'aula S.E. il ministro della pubblica istruzione 3, il quale as­sume la presidenza, ed inaugura la sessione straordinaria mandando un cal­do saluto agli intervenuti, verso i quali ha sincera e dovuta deferenza. Non farà un discorso, si limiterà a chiedere l'illuminato parere del Consiglio so­pra tre gravi questioni 4 .

[ . . . ] Il terzo quesito riguarda le scuole secondarie. Il suo precedessore, on. Codronchi, aveva presentato un disegno per la

fusione del ginnasio e della scuola tecnica in una scuola unica con un corso di tre anni.

Nel 1887 e 1888 era stato anche egli partigiano della unificazione; ora le sue idee si sono modificate. Divide la questione in astratta e concreta. Chie­de al Consiglio: si deve accettare l'unione delle due scuole? Se sì, si deve istituirne un'altra d'indole popolare? Ma dovendosi sostituire qualcosa alla scuola tecnica, non vale meglio !asciarla? o non si potrebbe rinforzare la scuola ginnasiale e indirizzar la tecnica a indole più popolare o complemen­tare? Una debolezza della scuola classica è la molteplicità d'insegnanti e

1 Il verbale, essendo stato redatto successivamente alla data della seduta alla quale si fa rife­rimento (25 aprile), porta la firma di Luigi Cremona, subentrato al Messedaglia nella carica di vicepresidente dal l o maggio 1888.

2 Sessione straordinaria. Sono presenti il vicepresidente Bargoni e i consiglieri Antonelli, Ascoli, Bardelli, Beltrami, Boccardo, Brusa, Cammarata, Cannizzaro, Cremona, Dalla Vedova, Del Giudice, D'Ovidio, Giada, Golgi, Lioy, Maragliano, Marchiafava, Miraglia, Richiardi, Sali­nas, Schron, Schupfer, Scialoja, Senise, Striiver e Vitelli.

3 Niccolò Gallo. 4 Gli altri due quesiti erano i seguenti: «Parere sul maggior sviluppo da dare all'educazione

fisica »; «Parere sulle modifiche alla legge sull'insegnamento superiore e precisamente sulla libe­ra docenza, sulla nomina degli insegnanti e sugli esami>>.

Sezione I - L 'attività consultiva e propositiva 155

d'insegnamenti, e ove il Consiglio opinasse di lasciare le due scuole, s i po­trebbe semplificarle e alleggerir l'orario lasciando una buona parte all'edu­cazione fisica. Così si potrebbero forse aumentar gli stipendi come era stato stabilito dalla legge del 1892 1 • Quando il Consiglio avrà deliberato, egli po­trà redigere un disegno di legge che sottoporrà al parere dello stesso Consi­glio prima di presentarlo alla Camera.

Detto ciò S .E . il ministro saluta con calde parole i consiglieri, verso i quali esprime intiera la sua fiducia. _

Il vice presidente a nome del Consiglio ringrazia con effusione S.E. il mi­nistro per l'atto di fiducia e di deferenza da lui dimostrate verso l'alto con­sesso, e lo assicura che il Consiglio porrà tutta l'amorosa sua sollecitudine nello studio degli importanti quesiti che S.E. il ministro ha sottoposti al suo esame.

S .E. il ministro lascia l'aula e la seduta è sospesa. La seduta è riaperta sotto la presidenza del vice presidente, il quale fa da­

re lettura delle relazioni sui tre articoli inscritti, per iniziativa di S.E. il mini­stro, nell'ordine del giorno della sessione straordinaria del Consiglio (vedi allegati A,B, C) 2 •

[ . . . ] 3 . Parere sulla unificazione del primo grado della scuola secondaria. Nel caso che il Consiglio si pronunzi per la unificazione, esprimere an­

che parere sulla opportunità di sostituire alla scuola tecnica una scuola popolare.

Nel caso che si pronunzi contrario alla unificazione, esprimere il pare­re sulla trasformazione della scuola tecnica e sopra una possibile riforma dell'insegnamento secondario classico.

Boccardo non crede che il quesito sia stato posto innanzi tanto nitida­mente da poter raggiungere qualche cosa di utile studiandone la soluzione. Ben pochi ora in Italia portano la loro attenzione sul problema della scuola unica, formante una coacervazione di maestri e di studii ginnasiali e tecnici.

Ma dato che si debba stabilire la fusione, che, e come si dovrebbe fare? Il ministro dice che la scuola tecnica non dà buoni risultati, ma ciò è causa del personale, credendosi che nel ginnasio ci sia la parte eletta ed aristocratica dell'insegnamento.

C'è poi un'altra causa ed è il duplice scopo che si volle dare alla scuola tecnica; da una parte dovrebbe essere fine a se stessa, dall'altra è scuola di preparazione agli istituti tecnici. Non poteva essere popolare perché vi si opponeva l'indole preparatoria. Il ministro dice che si potrebbe ridurre a popolare o complementare: ciò potrà essere utile ma non sarà più un primo grado di studio che dà accesso al secondo. E perciò si potrebbe nominare una commissione che studiasse se rinforzando da una parte il ginnasio, dal-

1 L. 25 feb. 1892, n. 7 1 . 2 Gli allegati A , B, C sono acclusi al verbale dell'adunanza. D i essi riportiamo solo l'allegato B relativo al quesito sull'unificazione del primo grado dell'istruzione secondaria.

1 56 Fonti per la storia della scuola

l'altra la scuola tecnica, che dia il passaggio agli istituti, sia il caso di istituire una scuola popolare.

Cannizzaro ricorda che quando le scuole e gl'istituti tecnici dipendevano dal Ministero d'agricoltura e commercio, si discusse su tale argomento. Nel­le grandi città il personale insegnante ha migliorato e tutto dipende da esso.

Senise si associa alla proposta Boccardo. Per aggiudicare concorsi a posti si chiede dovunque almeno la licenza liceale, ed ecco un affollamento di scolari nei ginnasi e nei licei. Bisognerebbe vedere se tra l'istituto tecnico ed il liceo si possa istituire una scuola intermedia il cui diploma abbia qualche valore per dare impieghi.

Bardelli è decisamente contrario alla fusione delle due scuole. Anni sono fece parte di una commissione per la riforma dell'insegnamento tecnico, ed ebbe a concludere che quando la scuola è bene ordinata soddisfa allo scopo per cui è stata istituita.

Giada è d'avviso che la fusione delle due scuole sarebbe un salto nel buio. Le scuole tecniche danno qualche buon risultato; il male è che le ab­biamo poco curate . Le scuole sono molte ed assai affollate, dunque vuoi di­re, che rispondono a un bisogno della popolazione. Vi si potrebbe apportare qualche riforma e migliorarne il personale insegnante.

Miraglia dice che l'idea della scuola unica fa cammino nella coscienza popolare e cita esempi della Francia e della Germania. Da noi il ministro Bo­selli 1 espose il concetto della scuola unica.

Il ministro ora ha chiesto se si è favorevoli alla scuola unica, ed allora ci vorrà una scuola popolare; se no, converrà vedere come possa essere tra­sformata la scuola tecnica. Molti adesso la frequentano, ma è una folla di cui nemmeno la metà passa poi agli istituti.

Lioy ricorda che la questione della scuola unica è stata già scartata, quin­di conviene abbandonarla di nuovo in modo che non risorga più. Le scuole tecniche, dove trovarono terreno fecondo, non fecero cattiva prova, ed an­che i ginnasi in alcuni luoghi vanno bene, in altri no. Desidererebbe che lo studio del latino cominciasse nel secondo anno del ginnasio .

Bardelli dice che un'altra causa di debolezza delle scuole tecniche pro­viene perché esse dipendono in parte dal governo, in parte dai comuni, e per la diversità di provenienza e di studi degli alunni. Circa al quarto anno di scuola, essa è stata una prova non riuscita, perché i certificati, che si rila­sciavano, non avevano valore legale.

Cremona è d'accordo col consigliere Boccardo . Una scuola non può pro­cedere bene quando deve seguire più scopi, e perciò è contrario alla fusione della scuola tecnica col ginnasio. In fatto di scuola è conservatore e non ama grandi modificazioni. Se si trattasse di crear tutto ex nova allora egli sa-

1 Paolo Boselli fu ministro della pubblica istruzione dal 1 7 febbraio 1888 al 9 febbraio 1 89 1 .

Sezione I - L 'attività consultiva e propositi va 1 57

rebbe per le grandi innovazioni. In Germania vi sono diversi tipi di scuola e potremmo fare altrettanto anche noi. Si conservino le due scuole tecniche e ginnasiali; e per la prima si potrebbe modellarne alcune che fossero fine a se stesse, e le altre che fossero di prosecuzione agli istituti. Propone intanto che si voti il primo quesito: se si voglia, cioè, la fusione delle due scuole.

D'Ovidio ricorda che la idea della scuola unica scaturì dal Consiglio su­periore per opera del consigliere Bertini. Il Consiglio non ne voleva sapere, ma il pro f. Bertini riuscì a strappare una debole maggioranza 1 . Quanto alla proposta di ritardare di un anno lo studio del latino nel ginnasio, egli non l'accetta perché sarebbe un ritardare lo sviluppo delle più elette facoltà del­l'animo. Chiede eh� la discussione sia rinviata ad altra seduta.

Cannizzaro si associa a quanto ha detto il consigliere Cremona. Non vuo­le la fusione; acconsente che in qualche istituto si faccia esperimento su di­verso ordinamento di studii.

Scialoja è di parere che sia prematuro il venire a una votazione se si deve nominare una commissione. Si potrà votare dopo lungo e ragionato esame della relazione che essa presenterà.

Il presidente osserva che si può sempre votare per la nomina di una commissione dopo avere in certo modo determinati i confini del mandato al quale deve attenersi.

Schron chiede che prima di venire a una votazione si attenda che tutti abbiano espresso il loro pensiero . Egli per esempio è favorevole alla scuola unica su base classica. Esporrà domani le ragioni in sostegno della sua idea.

La seduta è levata alle ore 19.

Il segretario Lotti

[ . . . ] Allegato B

Al vicepresidente del Consiglio superiore

Il presidente A[ngelo] Bargoni

Già nell'ordine del giorno ho enunziato, sebbene sommariamente, la questione gravissima sulla quale richiamo l'attenzione dell'alto consesso e ne invoco i consigli.

Svolgerò un po' più largamente le mie idee. Oramai è vecchia la questio­ne della riforma del nostro insegnamento secondario, ma la sua soluzione, per le difficoltà non poche e non lievi che incontra, si fa ancora aspettare . Le opinioni le quali s i contendono il campo nella polemica possono riassu-

1 Si riferisce alla relazione Bertini sull'istruzione secondaria, compresa nella Relazione quinquennale redatta dal Consiglio superiore nel 1 865, che venne approvata nelle sedute del 23 giugno, 6 luglio e 9 luglio 1865 .

158 Fonti per la storia della scuola

mersi in due. Vi hanno coloro che credono che debbano fondersi i due isti­tuti secondari di grado inferiore, cioè il ginnasio e la scuola tecnica in una scuola unica che serva di mezzo per raggiungere il liceo e l'istituto tecnico. Vi ha invece chi crede che al ginnasio debba essere conservata la sua origi­naria fisionomia di scuola classica di primo grado ed alla scuola tecnica la sua primitiva figura di scuola popolare. Ma e gli uni e gli altri sono d'accor­do nel giudicare che entrambe le forme d'insegnamento secondario dovreb­bero essere riformate.

Io ho trovato un disegno di legge preparato dal mio precedessore, e già annunziato nella esposizione finanziaria dal Ministero del tesoro, che unifica il ginnasio e la scuola tecnica, creando un istituto di primo grado unico, col­la soppressione del latino che serva di scala comune al liceo ed all'istituto tecnico.

Ho avuto sempre ed ho gran paura delle riforme fatte a scopo finanzia­rio, specialmente nell'insegnamento. Ho messo perciò in disparte il disegno di legge e ho creduto conveniente interpellare il Consiglio superiore sulla ri­forma che io reputo più che radicale, ardita, specialmente che nulla sostitui­sce - e qui starebbe l'economia - alla scuola tecnica. La prima tesi adunque, sulla quale invoco l'attenzione del Consiglio superiore, è questa: è utile sop­primere la scuola tecnica e fonderla col ginnasio, creando un istituto unico di tre o quattro anni, togliendo al ginnasio la forma d'istituto classico, e to­gliendo alla scuola tecnica la forma di scuola speciale?

A me sembra che e istituti classici e scuola tecnica abbiano bisogno di utili e prudenti riforme, ma che non si possa né si debba assumere la respon­sabilità di confondere la scuola di coltura generale con quella di coltura spe­ciale, correndo il pericolo di non avere, con un eclettismo infausto, e forse con un sincretismo dannoso, né una scuola classica né una scuola popolare. A me pare invece più utile che sulla base degli organismi attuali si modifichi­no, più conformemente alle esigenze dei tempi e delle varie forme di coltura necessarie alle diverse classi sociali, le loro funzioni.

Ridurre veramente popolare la scuola tecnica e veramente classica la scuola ginnasiale e liceale mi parrebbe cosa più opportuna e pratica.

Qualunque possa essere però il mio giudizio io chieggo all'alto consesso che mi illumini su tutte le quistioni subordinate . Laonde se il Consiglio su­periore credesse che la unificazione delle due scuole di primo grado sia uti­le, desidererei conoscere se questa scuola unica debba rimanere la sola scuo­la di tutte le classi sociali, dalla più alta che cerca la coltura per la coltura o per l'esercizio di una nobile professione, alla più bassa che cerca una mezza­na o dimezzata coltura coi fini precisi ed immediati della sussistenza. O se invece non debba a questa scuola andar congiunta un'altra modesta scuola popolare o complementare dei bisogni delle basse classi sociali, nel quale ca­so tanto varrebbe unificare le due scuole di primo grado, quanto trasfor­mandole entrambe, lasciando al ginnasio il vero e genuino contenuto di una

Sezione I - L 'attività consultiva e propositiva 159

scuola classica e dando alla scuola tecnica più vero e genuino contenuto di una scuola popolare per le classi meno abbienti.

Nel caso poi che l'eminente consesso si dichiarasse contrario alla unifica­zione, desidererei il suo sapiente avviso sopra le riforme da proporsi per le due scuole, cioè se crede che materie d'insegnamento ed anni di corso, pro­grammi ed orari debbano restare immutati o invece non si debba procedere ad una sana e prudente riforma con pochi ritocchi.

E perché abbia il Consiglio qualche accenno delle riforme che io intendo proporre ne accennerò qualcuna.

Ho sempre opinato che le materie d'insegnamento e gli insegnanti sono esuberanti. Il sovraccarico intellettuale degli alunni delle scuole secondarie classiche è enorme e produce effetti disastrosi sulla salute e sulla educazione dei giovani. Forse più che la moltiplicità degl'insegnamenti il sovraccarico è da attribuirsi alla moltiplicità degli insegnanti, i quali richiedono dagli scola­ri per ogni materia una esuberante quantità di ore di studio e di lavoro. Li­mitando il numero degl'insegnanti e l'intensità degl'insegnamenti, e perciò semplificando gl'insegnamenti e cumulandone nello stesso insegnante, per ragioni di affinità, due, si avrebbero un minore lavoro ed un maggiore pro­fitto .

Di più, l 'educazione fisica - della quale mi occuperò con altra separata relazione - potrebbe da buoni insegnanti esser data quotidianamente e come riposo all'educazione intellettuale anzi quasi come una ricreazione.

Siffatta semplificazione, oltre lo scopo di non aggravare tanto le giovani menti, potrebbe produrre altro effetto, quello di mettere il governo colla di­minuzione del numero degl'insegnanti, nella condizione di procedere final­mente all'aumento dello stipendio di quegl'insegnanti che, non ostante la disposizione della legge del 1892, lo attendono ancora dopo tanto tempo, e senza molto aggravio del bilancio dello Stato.

Siffatta riforma per tutte le scuole secondarie andrebbe accompagnata a quella della scuola tecnica specialmente, la quale dovrebbe diventare la vera scuola popolare di complemento delle scuole elementari per coloro che aspirano ad una modesta posizione sociale.

Comprenderà l'alto consesso che queste poche idee non bastano a dare un concetto adeguato della riforma dell'insegnamento secondario: ma non è un progetto di riforma che io sommetto all'alta sapienza del Consiglio supe­riore: sono poche questioni fondamentali, risolute le quali, poi si affronte­ranno tutte le altre e si redigerà un disegno di legge organico e completo che io sottoporrò anche al Consiglio.

Il mio programma è questo : per ora io credo che si debbano tracciare le grandi linee del quadro; poi si scenderà ai particolari. h1 un'opera così im­portante io non voglio esser privo dei suggerimenti del Consiglio superiore; mi esprima per ora il parere sulla unificazione delle due scuole di primo gra­do; mi esprima il parere, nella ipotesi della unificazione sul se si debba op-

160 Fonti per la storia della scuola

pur no sostituire altro istituto alla scuola tecnica, e, nell'ipotesi di conserva­re le due scuole, se debbano trasformarsi nel senso da me vagamente indi­cato.

Quando avrò poi il responso dell'alto consesso sarà mia cura di concre­tare il programma in un disegno di legge che sommetterò anche al parere del Consiglio superiore.

(Firmato) Gallo

Adunanza plenaria del 1 5 febbraio 1898 1

MPI, CSPI, Processi verbali, 1898, vol. I, ms . con firma autografa.

[ . . . ] Il segretario legge il verbale della seduta precedente. Cannizzaro domanda che nel processo verbale sia riferito per intiero

quanto espose il consigliere Cremona intorno alla scuola unica o divisa, per avere così una guida sicura nelle discussioni venture, e chiede al consigliere Cremona che egli stesso ne detti il testo.

Cremona acconsente ben volentieri a scrivedo (Vedi alla fine del pre­sente verbale) . Il verbale viene approvato.

Il presidente avverte il Consiglio che i colleghi Murri e Gamberale non possono intervenire alle sedute per causa di malattia, e che il consigliere Cantoni, mancante anch'egli per malattia, spera d'intervenire prima che la sessione sia chiusa.

Dà quindi la parola al consigliere Schron, che alla fine della passata sedu­ta si riservò di sostenere il suo concetto favorevole alla scuola unica.

Schron espone un programma completo di studii cominciando da quelli delle scuole elementari, che dovrebbero essere comuni e obbligatori per tut­ti i cittadini. Dopo ci dovrebbero essere studii di arte ed industria per quelli che vogliono dedicarsi a un mestiere poco elevato; e per l'istruzione più alta ci sarebbe il ginnasio con sei anni di corso con lo studio della lingua italiana soprattutto, della greca e latina, della storia antica e moderna, della geogra­fia e della matematica. Lingue moderne dovrebbero studiarsi privatamente. Per quanto si sia escogitato nulla si trovò finora da poter sostituire agli studi greci e latini non solo per la lingua e per la mente, ma anche per la forma­zione del carattere e del cuore. Ma in una scuola non si può insegnare più di quattro ore al giorno; il resto della giornata deve essere lasciata libera ai gio­vani per la educazione fisica, per le lingue moderne e per altri studi geniali.

1 Sessione straordinaria. Sono presenti il vicepresidente Bargoni e i consiglieri Antonelli, Ascoli, Bardelli, Beltrami, Boccardo, Brusa, Cammarota, Cannizzaro, Cremona, Dalla Vedova, Del Giudice, D'Ovidio, Gioda, Golgi, Lioy, Maragliano, Marchiafava, Miraglia, Richiardi, Sali­nas, Schron, Schupfer, Scialoja, Senise, Striiver e Vitelli.

Sezione I- L 'attività consultiva e propositi va 161

Gran difetto degli attuali ordinamenti è che s 'insegna per troppe ore e manca il tempo a studiare. L'educazione fisica avvia allo scioglimento della questione della Nazione armata. Lo studio del greco e del latino dovrebbe giungere soltanto al punto di poter tradurre coll'aiuto del dizionario . Se tut­to si vuoi chiedere dalla scuola non si avrà nulla: lo Stato deve pretendere il meno possibile.

Dopo il ginnasio si avranno due anni di scienze naturali, che sono indi­spensabili a molti rami di sapere, e perfino alle stesse religioni contenendole nei limiti di fede non contrari alla ragione. Molti sentono il bisogno di una fede, ma nei limiti assegnati dalla scienza. Dopo i due anni di scienze natura­li l'alunno si avvierebbe o al Policlinico o agli altri studi universitari evitan­do la produzione di tanti spostati e malcontenti.

Un alto consesso come il Consiglio superiore non deve occuparsi soltan­to dell'attualità, ma anche dell'avvenire. Anche lo stesso oratore credeva, vent'anni sono, che si dovessero istituire scuole reali, anziché ginnasi classi­ci. Anche in Germania però si è fatta strada la convinzione che sia migliore la coltura classica.

Un impiegato delle ferrovie in Baviera lo assicurò che correva gran diffe­renza tra i rapporti scritti di funzionari usciti dalle scuole reali, e quelli li­cenziati dalle classiche.

E un vecchio generale prussiano lo assicurò che il miglior tirocinio per le scuole militari è lo studio del ginnasio, poi delle scienze naturali e infine due anni di università.

Per tutte le ragioni sopra dette egli si dichiara caldo fautore della scuola unica a tipo classico.

Vitelli considerando che se le riforme presentate dal ministro Codronchi dovessero esser state consigliate da vere esigenze manifestatesi nella pubbli­ca opinione, qualcuno in Consiglio sarebbe sorto a difenderle. Tutti invece sono di accordo, tranne il consigliere Schron a voler conservare distinte le due scuole, la classica e la tecnica. È convinto che gli studii classici diano il miglior fondamento di coltura, ma qui non si tratta di istituire nuovi ordina­menti scolastici. Egli vorrebbe una scuola popolare ed una classica che por­tasse alle università. Ma la più utile delle riforme sarebbe che per dieci anni almeno non si toccassero gli attuali ordinamenti scolastici.

Le scuole che si propongono fini diversi non approdano a bene. È d'ac­cordo col consigliere Miraglia che il Consiglio non deve limitarsi ad espri­mere la sua disapprovazione del progetto Codronchi, ma che le ragioni si debbano consegnare in una relazione in modo da non dovere tornarci più sopra. Non vorrebbe poi che si credesse che anche fuori d'Italia si volle isti­tuire una scuola unica sul tipo proposto dal ministro Codronchi. Gli esperi­menti fatti all'estero sono stati fatti in altro modo e più serio. Il tipo unico proposto per l'Italia è una scuola monstre, anzi omnibus, quale non era sta­ta mai immaginata. Belle sono le considerazioni del consigliere Boccardo,

1 62 Fonti pe1· la storia della scuola

ma non interamente esatte, coll'affermare che solo il Codronchi ebbe tale idea.

Boccardo interrompe per affermare che in oggi il solo Codronchi caldeg­gia la scuola unica.

Vitelli continua narrando che il ministro del tesoro 1 affermò essere il progetto della scuola unica il non plus ultra perché dava un risparmio di un milione e realizzava il sogno di tutti i pedagogisti. Viceversa l'oratore ebbe ad interrogare molti della materia e nessuno aveva mai ideata tale scuola. Il consigliere Miraglia afferma che l'idea della scuola unica è un portato della democrazia.

È più esatto forse il dire che in Italia si vuole spianata, anzi levigata la via che conduce alle università. E perciò si è incominciato coll'istituire gli isti­tuti tecnici, sembrando troppo difficili gli studii classici e poi si diminuirono gli insegnamenti tecnici nei licei. È dovere del governo opporsi a tale ten­denza.

È più difficile il passaggio dalle scuole tecniche al ginnasio, che vicever- · sa. Nelle tecniche si mettono molti alunni che non hanno intenzione di en­trare nelle università, ma poi per una ragione o per l'altra vorrebbero acce­dervi. La scuola unica con tutti i fini che si propone è mostruosa. Quali inse­gnanti dovrebbe avere? Alcuni di ginnasio, altri di scuola tecnica, e non è of­fesa il dire che la coltura di questi ultimi è scarsa. Valga il ricordare che la Giunta in moltissimi casi nega abilitazioni per il ginnasio e le accorda per le scuole tecniche. La qualità degli insegnanti nelle classiche vuoi dir molto; valga l'esempio che negli istituti tecnici s 'insegna l'italiano quanto se non più che nei licei e ciò nonostante gli alunni degli istituti non hanno quel fondamento e quella sicurezza che si riscontrano negli alunni dei licei.

Il consigliere Lioy dice che si è fatto il processo alle scuole tecniche e non ai ginnasi . Anche in essi vi sono inconvenienti, ma dipendono dalla de­bolezza dei ministri, che concedono sempre nuove agevolazioni.

Conclude coll'affermarsi contrario all'idea della scuola unica. Cannizzaro è di avviso che il Consiglio non debba limitarsi a rispondere

semplicemente con un sì o un no alla domanda fatta dal ministro e siccome il suo concetto è precisamente eguale a quello svolto dal consigliere Cremo­na, così lo riassume: se si trattasse d'impiantare un nuovo ordinamento di studii si potrebbe accettarne un'ampia discussione. Ma una volta che abbia­mo un ordinamento avviato e che vige da molti anni, sarebbe dannoso il mutarlo .

Perciò raccomanda alla commissione che sarà nominata di essere unani­me nel non voler mutare ciò che esiste, ma circa il sistema da adottare per tentare altri tipi di scuola si lasci libertà di opinione. Nello stato attuale si

1 Luigi Luzzatti. Si veda il suo intervento su questo punto alla Camera dei deputati il l o di­cembre 1897 in AP, Camera dei deputati, legislatura XX, I sessione (1897-98), Discussioni, IV, tornata del l o dicembre 1897, p. 368 1 .

Sezione I- L 'attività consultiva e propositiva 163

può accettare la proposta Cremona, alcune scuole tecniche cioè siano ordi­nate in modo da essere fine a loro stesse, altre siano di preparazione a corsi superiori.

Ascoli è assolutamente contrario alla scuola unica. Una sua vecchia lette­ra, che trattava di tal materia, viene stampata in questi giorni 1• Plaude al suggerimento dato dai consiglieri Miraglia e Scialoja che la votazione non si faccia a precipizio, ma sia preceduta dalla relazione di una commissione. Gli sembra che le ragioni addotte dagli avversari degli studii classici siano trop­po vilipese: esse non partono da considerazioni tutte volgari, ma da ragioni d'ordine pratico. Basta accennarle. Prima il latino era come il passaporto della gente civile; le condizioni sono ora ben diverse, e perciò le famiglie non sentono più l'importanza di tale studio. Per quanto si attiene alla coltu­ra odierna lo scibile è molto esteso e non si può quindi dare come prima lar­go campo allo studio del latino. Il collega Vitelli vorrebbe affinare l'intelli­genza dando largo studio classico nei licei, ma ciò è forse una esagerazione perché ad esempio lo studio della storia è assai più esteso di prima, così quello della geografia e delle scienze naturali. Il saper molto di greco e di la­tino non è oggi coltura sufficiente per la vita.

Dunque scuola unica no, ma nemmeno l'eccesso opposto. L'on. Martini gli disse un giorno seriamente che, volendo mantenere l'insegnamento del greco si rischiava di far votare anche l'abolizione del latino. E pel greco in­fatti si potrebbe fare qualche concessione. La relazione della commissione deve tener conto delle ragioni valide degli oppositori agli insegnamenti clas­sici.

D'Ovidio constata che si è d'accordo circa il disegno della scuola unica; le ragioni finanziarie poste innanzi sono illusorie. Ginnasio e scuole tecni­che si moltiplicano anche con le sezioni aggiunte. Che avverrebbe con la scuola unica? Si abbasserebbe il ginnasio alla scuola tecnica, che verrebbe a moltiplicarsi a scapito dell'altro.

Disse ieri che quanto a riforme ci sarebbe molto da fare: negli istituti classici si lamenta il sopraccarico, il surménage francese. Ma di ciò si lamen­tano più che tutti i capi scarichi e quindi i loro padri. Ci sono invece bravi giovani che giungono a studiare ugualmente tutte le materie con qualche sforzo è vero; ma è giusto considerare che è sforzo necessario perché soltan­to l'eletta dei giovani possano entrare nelle università. La gravità degli studi è uno dei mezzi migliori per respingere chi non ha voglia e ingegno. Si ina­spriscono le tasse per sfollare, ma il mezzo è più crudele e meno adatto . Usando invece facilitazioni di studii le università diventano sempre più af­follate, turbolente e poco studiose. Il male del nostro insegnamento classico non consiste tanto nel numero delle materie, quanto nel modo di insegnarle

1 Si riferiva a: Il professore socialista. Lettera a Arturo Graf, Milano, Carlo Aliprandi, [1897].

164 Fonti per la storia della scuola

e nella disciplina. La maggior parte dei professori non si attiene al libro di testo, ma vuol far la sua lezione, quindi gli alunni sono costretti a prendere appunti, che debbono poi sviluppare a casa con loro grave fatica. Il ministro Bonghi rilevò con una circolare 1 tale inconveniente, ma né egli né altri riu­scì a qualcosa. I presidi sopraintendono con troppa burocrazia, punto occu­pandosi del coordinamento degli studii. Si pensò di toglier nei licei l'inse­gnamento per materie e metterlo per classi, ma il professore di liceo non può bastare per tutte le materie. Ogni materia deve essere debitamente inse­gnata e a ciò deve attendere il ministro, il Consiglio superiore e quello scola­stico. Quanto alle scuole tecniche c'è da badare oltre che al grado di coltura degli insegnanti, alla qualità degli alunni, che vi entrano rozzi e di poca ca­pacità intellettuale. Si potrebbe fare il tentativo della Germania: tenere l'i­struzione classica e la reale - forse questo sarebbe un modo di sfollare la pri­ma. Quanto a condensare, come propone il consigliere Schron, lo studio in sei anni di ginnasio e due di scienze naturali, un consimile esperimento si è fatto in passato, ma la distribuzione dell'insegnamento attuale dei nostri li­cei è migliore. Forse la parte scientifica assorbisce troppo di orario . Certe fa­coltà intellettuali se non sono esercitate, irrugginiscono. Il nostro ordina­mento scolastico in generale è buono; è questione di sfollarlo rifiutandone con maggior vigore la licenza ai non meritevoli.

Vitelli rispondendo al consigliere Ascoli, dichiara che non ha esagerato nel suo concetto di scuola classica col volerne togliere le materie scientifi­che. Quanto a ciò che riguarda l'insegnamento del greco se ne potrà discor­rere a tempo più opportuno .

Cannizzaro non conviene nella idea della fusione delle due scuole per le ragioni sopraindicate. Il consigliere D'Ovidio ha accennato alla smania di dare troppi componimenti, ciò che è contrario all'igiene cerebrale. Questo è il vero sopraccarico . Un ispettore tedesco che venne a studiare l' ordinamen­to dei nostri due insegnamenti disse che anche colà c'era lo stesso guaio cir­ca la diversa coltura del personale insegnante del ginnasio e della scuola tec­nica. Il problema principale consiste nel miglioramento dell'insegnante. Di­mostra poi che l'insegnamemento della fisica e della matematica sarebbe be­ne affidarlo ad una sola persona.

Il presidente chiede al Consiglio se non sia il caso di venire alla votazio­ne della prima dichiarazione:

Il Consiglio superiore esprime parere contrario alla unificazione del primo grado delle scuole secondarie.

Schron può votare con la dichiarazione che essendo impossibile ora una riforma completa, recede dalle idee prima espresse.

Il Consiglio approva all'unanimità il quesito.

1 Circ. del 24 feb. 1875, n. 442, in «Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istru­zione », 1875, 5 , pp. 307-309.

Sezione I- L 'attività consultiva e propositiva 165

Il presidente propone la seconda dichiarazione: Il Consiglio superiore deferisce ad una propria commissione il formu­

lare concrete proposte intorno ad una eventuale trasformazione della scuola tecnica e ad una possibile riforma dell'insegnamento secondario classico, riservandosi di discutere e di deliberare sulle proposte medesime in altra seduta.

A varie osservazioni di consiglieri il presidente risponde che S.E. il mini­stro era persuaso che sarebbe difficile il risolvere anche la questione delle scuole secondarie nella presente sessione straordinaria quando si avesse già deliberato intorno al quesito dell'educazione fisica e a quello dell'istruzione superiore.

Cannizzaro vorrebbe intendersi prima sulla questione di massima. Lioy dice che la commissione da nominarsi presenterà le proposte della

maggioranza. Bardelli osserva che un partito sarebbe per la riforma della scuola tecni­

ca, un altro per un nuovo tipo di scuola. Là dove non c'è l'istituto tecnico, la scuola tecnica dovrebbe essere nominata in un modo diverso , tenuto con­to dei bisogni locali; il problema è grave e sarebbe forse da rimettersi ad al­tra sessione.

Ascoli chiede se è stato stabilito di redigere una relazione che respinge l'idea di una scuola unica.

Il presidente risponde che la proposta non è stata ancora messa ai voti. Cammarata ricorda che altre volte si è tentato di istituire vari ordini di

scuole tecniche. Miraglia desidera accordarsi intorno alle conclusioni della relazione. Il

consigliere Schron vuole un tipo unico, il consigliere Vitelli chiama un espe­diente l'istituzione delle scuole tecniche. Qui siamo amici tutti del classici­smo. Le scuole tecniche che hanno due finalità, possono raggiungerle tutte e due? I consiglieri Cremona e Bardelli vorrebbero due tipi di scuola tecnica. Egli vorrebbe anche due tipi, uno con lavoro professionale e che è fine a se stesso e l'altro che mette agli istituti tecnici.

Senise fa notare al Consiglio che il ministro ha convocato una sessione straordinaria per l'urgenza della cosa.

Il primo quesito è stato votato, quanto al secondo problema si potrebbe accettare il concetto dell'indole professionale secondo le località e l'altro pei grandi centri con prosecuzione di studii agli istituti tecnici.

Dopo questa discussione viene posto ai voti e approvato all'unanimità il secondo quesito.

Il presidente dichiara che se c'è la convinzione di poter far tutto entro la settimana, si può nominare una numerosa commissione. Se ciò non è possi­bile la commissione potrà esser composta di consiglieri residenti in Roma, e quelli lontani dovrebbero mandare in tempo le loro osservazioni per poter poi redigere la relazione.

166 Fonti per la storia della scuola

Cammarota osserva che il ministro vuole dichiarazioni di principio . Per il primo e il secondo quesito si è d'accordo, anche per il resto si potrà discu­tere e sottoporre al ministro le proprie osservazioni.

Senise per guadagnar tempo, propone che invece di presentare una rela­zione, si presenti al ministro una deliberazione motivata.

[ . . . ] La seduta è tolta alle ore 18 .

I l segretario Lotti

Il presidente A[ngelo] Bargoni

Testo del discorso del consigliere Cremona sulla unificazione del primo grado dell'istruzione secondaria.

Io sono d'accordo col collega Boccardo nel credere che una scuola bene ordinata non deve condurre a due fini diversi. Per tale convinzione sono de­cisamente contrario alla proposta fusione del ginnasio colla scuola tecnica poiché la scuola unica che ne risulterebbe dovrebbe condurre a un tempo ai fini prefissati al ginnasio ed a quelli ai quali conduce la scuola tecnica.

Ma sono contrario alla fusione anche per un'altra ragione: perché, in fat­to di scuole almeno, mi sento tenace conservatore. Se si trattasse di ordinare l'istruzione in una città di nuova fondazione, come ne sorgono ancora in America, si potrebbero prescegliere i sistemi rappresentanti gli ultimi pro­gressi e i tipi teoricamente giudicati i più perfetti. Ma l'Italia possiede invece da quasi quarant'anni un ordinamento scolastico che ha messo profonde ra­dici e che nessun uomo savio vorrà sconvolgere con mutamenti radicali. Quand'anche si potesse dimostrare che un tipo nuovamente immaginato fosse migliore dei tipi esistenti, sarebbe funesto il volerlo applicare a tutte quante le nostre scuole. Sarebbe più savio procedere sperimentalmente: os­sia introdurre i nuovi tipi in alcune scuole destinate a saggiare i metodi pro­posti. Potremo allora avere qualche liceo senza greco o col greco libero; qualche istituto tecnico col latino; qualche ginnasio più o meno avvicinato alla scuola tecnica. Il risultato di queste esperienze potrà a poco a poco con­durre il nostro paese a possedere una maggiore varietà di scuole secondarie, come lo ha la Germania e come converrebbe ad una maggiore libertà di scel­ta offerta alle famiglie ed agli studiosi. Ritornando alle scuole tecniche ripe­to che sono del parere del consigliere Boccardo aver nuociuto ad esse la du­plicità dello scopo a cui debbono servire . Perciò bisognerebbe sdoppiare co­desto scopo e distinguere assolutamente le scuole conducenti all'istituto tec­nico da quelle che sono fine a se stesse.

per copia conforme Il segretario del consiglio

Lotti

Sezione I- L 'attività consultiva e propositi va 167

Seduta plenaria del 19 febbraio 1 898 1

MPI, CSPI, Processi verbali, 1898, vol. l, ms. con firma autografa.

[ . . . ] Il presidente invita il consigliere D'Ovidio a leggere la relazione del­

la commissione incaricata di studiare il secondo quesito proposto da S.E. il

ministro, e riguardànte l' insegnamento di primo grado nelle scuole seconda-

rie 2 • D'Ovidio, relatore, premesso che venne efficacemente aiutato nella

compilazione del suo lavoro dal consigliere Vitelli, legge la relazione da lui

compilata in parte, !asciandone l'altra parte che venne dettata dal consiglie­

re Bardelli e che riguarda principalmente l'insegnamento tecnico (allegato

A). Bardelli, relatore, legge l'altra parte della relazione (allegato B).

Il presidente fa notare che la prima parte della relazione, compilata dal

consigliere D'Ovidio, è una eloquente illustrazione del voto dato dal Consi­

glio per la divisione dei due rami d'insegnamento e per ciò che riguarda l'in­

segnamento classico e che l'altra parte, redatta dal consigliere Bardelli inter­

preta anch'essa esattamente il voto dei colleghi.

Cannizzaro propone che il Consiglio faccia sue le due parti della relazio-

ne senza bisogno di discutere. Ascoli dà plauso vivissimo ai due relatori, ma la commissione si è astenu­

ta dal fare particolari proposte, ed egli a queste non intenderebbe rinun-

ciarvi. Cannizzaro ringrazia di nuovo la commissione per aver tenuto conto del

concetto svolto dal consigliere Cremona e da lui circa l'applicazione di qual­

che nuovo tipo di scuola tecnica. Il presidente pone ai voti l'adozione delle due relazioni, che viene ap-

provata all'unanimità con lodi e ringraziamenti ai relatori.

[ . . . ] La seduta è tolta alle ore 17 .

Il segretario C[arlo] Lotti

Il presidente A[ngelo] Bargoni

1 Sessione straordinaria. Sono presenti il vicepresidente Bargoni e i consiglieri Antonelli, Ascoli Bardelli Beltrami Boccardo Brusa, Cammarata, Cannizzaro, Cremona, Dalla Vedova, Del Gludice, D :Ovidio, Gioda, Gol�i, Lioy, Marchiafava, Richiardi, Salinas, Schron, Schupfer, Scialoja, Senise e Vitelli.

2 La commissione era così composta: Bardelli, Cammarata, Cannizzaro, D'Ovidio, Gioda, Miraglia, Vitelli. Il vicepresidente ne curò la composizione, comunicandola al Consiglio nella seduta del 1 6 febbraio 1898 . ·

168 Fonti per la storia della scuola

Allegato A Roma, addì 19 febbraio 1 898

Relazione prima

I

La proposta d'unificare il ginnasio inferiore e la scuola tecnica in un solo istituto secondario di primo grado non è recente. Già nella relazione quin­quennale che fu la prima ed è rimasta l'unica, presentata dal Consiglio supe­riore al ministro nel 1865 1 su tutti i gradi dell' istruzione pubblica, il consi­gliere ch' ebbe a riferir sull' istruzione secondaria 2 metteva innanzi con gran fede quella proposta. Manifestamente però i colleghi suoi vi avevano dato un assenso non unanime né fervoroso, e, ad ogni modo, il disegno restò pri­vo d'effetto; o forse ebbe questo effetto solo, di far di tanto in tanto ripullu­lare in altri il desiderio e il proposito di tentare una riforma di tal natura.

Allora, come oggi, essa pareva confortata, oltreché da altre ragioni, dalla speranza pure della diminuzione delle spese che ne sarebbe conseguita. Se non che dall'un lato, come bene avverte S .E. il ministro nella lettera testè in­viata al Consiglio, è cosa per sé sospetta ogni tentativo di riforma didattica che abbia per fine il risparmio; e dall'altro, se un risparmio poteva sperarsi nel 1865 quando le scuole eran poco frequentate e scarseggiavano di mae­stri, sarebbe più che mai inattuabile e illusorio oggi che le scuole così tecni­che come ginnasiali, ad eccezione di poche, rigurgitano tanto d'alunni che in molte di esse conviene aprir di continuo sezioni aggiunte, ed una falange d'insegnanti numerosissima non potrebbe essere bruscamente diradata. Si unificherebbe il tipo delle scuole, ma il numero non ne scemerebbe ed il bi­lancio dello Stato e degli enti locali non ne avrebbero alcun beneficio .

Ma, prescindendo dalle considerazioni finanziarie, delle quali qui non è propriamente il luogo, un grave e certo danno recherebbe subito e irrepara­bilmente alla coltura nazionale la miscela, ancora d'aftri tre anni protratta, di discepoli ben differenti tra loro per le attitudini e per il fine ultimo a cui mirano.

In massima la popolazione scolastica suole bipartirsi, subito dopo la scuola elementare, per ragioni così naturali ed efficaci, che la bipartizione s 'intravede già nella scuola elementare medesima.

Le qualità dell' ingegno, la coltura e l'agiatezza della famiglia conducono necessariamente alcuni alle scuole classiche e alle professioni liberali; come le condizioni opposte avviano altri senza esitanza alla istruzione che si dice

1 Giuseppe Natali. 2 Giovanni Maria Bertini.

Sezione I- L'attività consultiva e propositi va 169

tecnica. Non mancano le condizioni intermedie, che gli ondeggiamenti delle vocazioni, i casi particolari di alunni che si volgono alle scuole tecniche sol dopo aver provato la loro poco attitudine agli studii classici. Ma non è né giusto né utile il conformare a cotesto tipo mediano e mediocre di alunni il tipo della scuola, costringendo ad una convivenza stentata ed innaturale tut­ti coloro che hanno già prestabilita la meta, e ritardando ai migliori l'inizio degli studi a ciascuno più confacenti. Poiché, non v'è dubbio o cotesta scuo­la si fa senza latino, ed è un condannare alla scuola tecnica, ad una specie di prosecuzione tardiva della scuola elementare, i giovanetti nati o predestinati per l'alta coltura; o si fa col latino, ed è un condannare ad uno sforzo non necessario coloro che s 'indirizzano a cose più tecniche o più modeste. Anzi al latino i più di costoro, si può metter pegno, non si piegherebbero affatto, ed altro non farebbero che impacciar la via ai futuri alunni dell'istituto clas­sico. Né per la stessa lingua nazionale la commistione di una così varia sco­laresca riuscirebbe innocua, poiché ben differente è la raffinatezza a cui può giungere l'insegnamento dell'italiano secondo il grado e la qualità della col­tura che il fanciullo porta seco dalla famiglia, e secondo ch'egli possa o no intraprendere subito lo studio del latino e la lettura dei classici italiani dei primi secoli. Che una materia sia comune a due scuole, che anche vi s'inse­gni con programmi press'a poco identici, non importa per sé che torni in­differente il confondere gli alunni, giacché la stessa materia e lo stesso pro­gramma dan luogo ad un metodo essenzialmente diverso a seconda della va­ria disposizione con cui quelli vengono alla scuola e della diversa scuola in cui dopo entreranno.

Si lamentano da molti le condizioni delle scuole ginnasiali e da più altri ancora le imperfezioni delle tecniche. Or lasciando stare quel che vi possa essere di esagerato, specie per ciò che riguarda il ginnasio, in simili lamenti, il vero è che sarebbe una maniera assai singolare di rimediare ai mali, che più o meno travagliano le scuole, l'incominciare dall'accozzare quei mali in­sieme, accomunando due schiere di discepoli molto diverse e due categorie d'insegnanti anch'esse così disparate. Il miscuglio riuscirebbe assai torbido, e già il solo spezzarsi della tradizione recherebbe sgomento, confusione, lan­guore. Giacché non è a dimenticare che le scuole vivono soprattutto di tra­dizione, e, se ciò non è una buona ragione per escludere ogni savia riforma ed ogni spirito nuovo che le ravvivi, è però una ragione validissima e quasi un'obiezione pregiudiziale contro ogni mutamento troppo radicale, troppo violento, non giustificato da una convenienza evidente, incerto o periglioso ne' suoi effetti. Qui non si tratta di un popolo che sia all'esordio della sua civiltà e voglia gettar le prime fondamenta dei suoi ordini scolastici, sicché possa quadrargli di cimentarsi a prove che teoricamente appariscano in qualche modo legittime; bensì si tratta dell'Italia, che dopo una secolare ci­viltà e una lunga tradizione scolastica e una decadenza miseranda riformò quattro decennii or sono le scuole sue, valendosi degli esempii delle altre

1 70 Fonti per la storia della scuola

nazioni civili, e, se pentimento può avere , egli è che in questi decennii abbia già troppo di frequente e impazientemente stancato organismi così delicati, quali sono le scuole, or con inunature novità, or con rapidi ritorni verso il passato. Ebbene, l' istituzione di codesta scuola unica che l'Italia dovrebb 'es­sere la prima a saggiare fra le nazioni civili, non giovandosi dell'esperienza di queste, ma dando a queste il vantaggio come d'una esperienza in c01pore

vili, sarebbe un salto nel buja; o meglio, in un fuoco di luce sinistra prenun­ziatrice di nuova consunzione della coltura italiana, che con tanto sforzo avevam riaccostato alla grande coltura europea e risospinta verso un'età no­stra più gloriosa. Se si vuol proprio fare l'esperimento di un altro tipo di scuola secondaria, di un ginnasio cioè cui lo studio del latino sia alquanto ri­tardato e fatto precedere dall'apprendimento di una lingua moderna, come la francese, si faccia tutt'al più in qualche singolo istituto di una grande cit­tà. Alla fin fine le vocazioni individuali son varie e talvolta hanno una piega eccezionale, e la società moderna ha bisogni molteplici e una cotale irre­quietezza che la spinge a voler cercare mezzi nuovi e vie diverse dalle con­suete. Ma, se tutto ciò può render leciti gli esperimenti particolari, ben cir­coscritti e non compromettenti in alcun modo l'avvenire, non basta né pun­to né poco a coonestare una mutazione generale, che distrugga tutto per tut­to ricostruire, e da cui non sarebbe più possibile o sarebbe sommamente dif­ficile il tornare indietro , non appena ci avvedessimo come di certo ci avve­dremmo, d'aver preso un cammino fallace. Se nei ginnasii e nelle scuole tec­niche vi son vizii da correggere, la prima condizione dell'emenda, sarà di se­guitare a tener nettamente distinti gli uni dalle altre .

II

Quanto ad una possibile riforma delle scuole classiche, il Consiglio si ri­serva di venire ad osservazioni più concrete e minute, quando gli fosse dato di esaminare su ciò un preciso disegno . Per oggi deve contentarsi di consi­derazioni alquanto generali. Si sente da molti deplorare il così detto soprac­carico mentale che le troppe materie rechino agli alunni dei ginnasii e dei li­cei . Or non si vuol negare che le materie sien molte e non lievi. Anche in al­tri paesi colti di Europa lo stesso rammarico ogni tanto si fa; senza però, si badi, che in pratica se ne cavino subito quelle conseguenze precipitose che presso noi si minacciano di continuo. D 'altra parte, un rammarico non me­no insistente, e di gran lunga più giusto, si sente pur qui, circa il soverchio numero degli alunni che si affollano alle scuole classiche e di quelli che ne passano all'università e di quelli che infine escono dalle università con un diploma, sì da eccedere di molto, in quasi tutte le professioni liberali, il bi­sogno che il paese abbia di nuovi laureati e la possibilità del loro colloca­mento . Si è più volte ventilato di scemare codesta calca con l'aggravar le tasse scolastiche; e fino ad un certo punto il rimedio , per quanto crudele,

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Sezione I - L 'attività consultiva e pro positiva 1 7 1

potrà avere una tal quale efficacia. Ma non è questo il rimedio più diret­to, più appropriato , e più equo e decoroso .

Se l e condizioni economiche sono in u n certo senso causa ed ajuto ad una coltura più alta, la cernita qui non è , in fin dei conti, né deve essere tra

ricchi e poveri, ma tra forti e deboli intellettualmente e moralmente parlan­do . E la gravità degli studii classici è appunto lo strumento migliore per quella cernita. Chi si duole che all'università giungano troppi aspiranti alle

lauree, e nello stesso tempo s ' intenerisce pei poveri alunni delle scuole clas­siche costretti ad imparar tante e così varie cose, non s 'accorge della contra­

dizione solenne in cui cade. L 'austerità degli studii e la severità degli esami è minata ogni giorno dagli sdilinquimenti d'una fiacca pedagogia, dalla sover­chia pubblicità delle dispute sulla inutilità di questo o quell' insegnamento, dalle priviligiate dispense concesse a questo o a quel candidato o schiere di candidati, dalle improvvide circolari raccomandatrici d'indulgenze , dalla più improvvida promessa di futuri alleviamenti, che screditano intanto certi studii ancorché l'abolizione o la riduzione effettivamente non segua. Gl'in­segnanti si sentono sempre più disarmati verso l' ignavia dei giovani, e gli esaminatori sempre più timidi verso la tracotanza dei candidati o le preten­sioni delle famiglie, sempre più incerti del premio del loro zelo ed esortati alla rilassatezza. Così entrano nelle scuole classiche, e ne escono muniti di licenza, molti giovani che non son fatti pegli alti studi, e la voluta incapacità a tollerare il gran peso di questi diventa vera per ciò solo che agl' incapaci s 'è aperta e spianata la via.

E un altro male è che codesta via sia imposta anche a molti che non aspi­rano agli studii universitari o ad una istruzione solida che sia fine a se stessa, bensì tendono ad impieghi più o meno modesti pei quali la coltura classica non è necessaria. Intanto è curioso il fatto, notissimo a quanti conoscono largamente e seriamente le scuole classiche, che i giovani migliori, salvo le eccezioni inevitabili in ogni cosa di tal genere, sogliano attendere tranquilli a tutte le materie d'insegnamento senza dolersi della mole e del numero di queste , e quelli che invece si lagnano del carico son piuttosto coloro che a buon conto lo scuotono dal loro dosso non istudiandone alcuna, e facendo assegnamento per la promozione sopra tutt'altri mezzi che lo studio assiduo e la diligenza.

Tuttavia non si vuol negare che un certo sopraccarico si abbia reso quasi fatalmente inevitabile dalle gravi esigenze della coltura moderna e dai nobili esempii delle nazioni più progredite; ma giova subito avvertire che il peso, più ancora che dal numero e dalla durata delle materie, nasce spesso dal mo­do come sono insegnate, dagli abiti non buoni di molti insegnanti, dalla po­ca vigoria di chi dovrebbe dirigerli e coordinarne l 'opera. Un vezzo terribil­mente dannoso, che una bella circolare del ministro Bonghi mise in rilievo, ma che nessuno è riuscito ad estirpare, è di prescindere in tutto o in parte dai libri di testo, che pur s ' impongono in gran numero e si cambiano con

172 Fonti per la storia della scuola

gran volubilità, e di esporre cattedraticamente anche quelle discipline che più richiedono il libro di testo, e insegnate con esso riuscirebbero facili e di­lettevoli. Gli alunni son costretti a prendere in iscuola gli appunti che poi a casa ricopiano con gran perdita di tempo e vano esercizio di materiale lavo­rio. Ciò toglie l'agio a lavori più utili, agli svaghi dell'animo e agli esercizii del corpo, alle letture geniali; e abitua ad un sapere ristretto e pedantesco moltiplicando gli errori, i malintesi e le inutili difficoltà. È questa forse la maggior piaga dello insegnamento secondario, che da sé solo basta a spiega­re i più dei suoi mali. E un'altra piaga è che quasi dappertutto ciascun pro­fessore impone compiti e lavori per la disciplina sua senza preoccuparsi o nemmen sapere di quello che negli stessi giorni impongono i suoi colleghi. Qui dovrebbe intervenire l'opera assidua dei presidi e direttori, il cui ufficio non s'avrebbe a limitare, come quasi sempre si limita, a funzioni ammini­strative e disciplinari; tanto più che oggi abbondano, meglio che nei primi anni della costituzione del regno, i presidi e direttori che hanno effettiva­mente insegnato e sono stati promossi a quel grado per le loro benemerenze didattiche. Sarebbe anche da vedere se non convenga istituire l'ufficio di di­rettore di classe, che ha fatto tanto buona prova in altri paesi, cioè l'incarico dato ad uno dei professori che insegnano in una classe di reggere e contene­re nei giusti limiti l'opera di tutti. Si è talvolta pensato se un buon riparo non fosse di estendere anche al liceo l'aggruppamento delle materie che ha luogo nel ginnasio, dove un solo maestro, per esempio, insegna e italiano e latino e greco e storia. Ma nelle condizioni presenti un provvedimento cosif­fatto, che del resto sarebbe il preciso contrario di quello a cui si attengono i paesi ove l'istruzione classica è più in fiore, condurrebbe al discapito di quelle discipline a cui ciascun insegnante si senta men disposto, impedireb­be a ciascun di toccare quella relativa eccellenza che l'insegnamento per ma­terie consente ora di conseguire, e porterebbe una disuguaglianza penosa da classe a classe. Né dall'aggruppamento per classe anziché per materia si avrebbe forse alcuna diminuzione nel numero degl'insegnanti o risparmio di spese, se pur non fosse da tener presente anche qui la giusta osservazione già citata dianzi, di S.E. il ministro, come sia sospetta ogni innovazione di­dattica che miri a una diminuzione di spese. Quel che davvero importa è che l'insegnanti non vadano ognuno per conto suo, si affiatino bene, e siano efficacemente diretti. La direzione dovrebbe esercitarsi anche in ciò, che i compiti sieno sempre corretti e i temi sieno sempre appropriati all'età e alle cognizioni degli alunni, mentre ora avviene spesso dall'un lato che i compiti non sieno riveduti e dall'altro che i temi trascendano in singolar modo la ca­pacità di quelli che li devono svolgere. La sobrietà in ogni cosa, la coerenza e l'accordo, è quel che soprattutto manca alle nostre scuole, e la cui man­canza sperpera la forza dei giovani e dìssipa l'opera dei maestri. I quali an­che riescono meno efficaci sia per l'attendere che fanno molti di loro all' in­segnamento privato, costrettivi in parte dalla tenuità dei loro stipendii, e

Sezione I - L'attività consultiva e pro positiva 173

sia perché i progressi nella carriera sono troppo collegati al passaggio da una scuola ad un'altra superiore. Se un professore di prima ginnasiale potesse pervenire ai maggiori emolumenti possibili nella scuola secondaria, senza la­sciar la classe a cui forse è più adatto che ad ogni altra, i mutamenti sarebbe­ro più rari e l'insegnamento procederebbe in modo più sicuro e più s 'avvan­taggerebbe della consumata esperienza.

S 'è detto più su del pessimo vezzo delle lezioni cattedratiche che metto­no da parte il libro di testo e rendono necessarii i quaderni d'appunti, vana e faticosa attenuazione del libro di testo; ora a questo s'aggiunge e connette un altro vezzo, d'abbandonare lungamente a sé l'alunno interrogandolo di rado, permettendogli di rimanersene coi suoi dubbii ed errori o nella sua sonnolenta indifferenza. Oggi in ispecie che le scuole son quasi tutte affolla­tissime, capita a molti alunni di non essere interrogati se non una volta ogni bimestre per la necessità della media bimestrale. I maestri migliori restano fidi all'antica e sana consuetudine di chiamare più d'un alunno per giorno a ripetere la lezione quotidiana e di tener desti tutti gli altri con interrogazioni su qualche punto speciale della lezione o su questioni repentinamente sorte, o con repentino invito a correggere l'errore in cui sia caduto l'alunno prin­cipalmente interrogato. Ma i maestri più inesperti, che parlano a distesa e per più lezioni spiegano la materia senza accertarsi che i discepoli intendano o imparino giorno per giorno, nessuno li richi.ama a un metodo più ragione­vole, più prudente e più vivace.

In conclusione il pondo dell'insegnamento ginnasiale e liceale non è lie­ve, ma non eccede la capacità media degli alunni chiamati agli alti studii,e, se pare eccederlo, è soprattutto perché troppi presumono di addirvisi e non sono generalmente felici i metodi che si tengono, coi quali anche la soppres­sione di qualche materia delle più difficili non muterebbe la sostanza delle cose.

(firmato) D'Ovidio Per copia conforme Il segretario del Consiglio

Allegato B Roma, addì 19 febbraio 1 898

Relazione seconda

Eventuale trasformazione delle scuole tecniche

Non accettata la scuola unica, rimane a dire di un nuovo ordinamento che, conseguentemente converrebbe darsi alle scuole tecniche.

174 Fonti per la stot·ia della scuola

Notasi innanzi tutto che la qualifica ed il carattere di scuola popolare, che il signor ministro le vorrebbe imprimere, essa li possiede già, sia come scuola di coltura generale e complementare, che accoglie un numero sem­pre crescente di alunni, che escono dalla elementare, sia pel numero e per la indole degli insegnamenti che vi si impartiscono, i quali poco o punto po­trebbero differire dagli attuali, qualunque riforma della scuola tecnica si vo­lesse attuare.

Ma, si ripete insistentemente e da tempo, la scuola tecnica dovendo adempiere a due scopi, cioè di preparazione all'istituto tecnico e di fine a se stessa, finisce per non raggiungere, né l'uno, né l'altro scopo. Questa osser­vazione ha in sé certamente del vero, ma credesi che se ne sia esagerata la portata.

Molto spesso si discorre degli scopi professionali della istruzione tecnica di primo grado, ma raramente essi vengono ben esaminati né alla domanda quale possa essere il fine in sé della scuola tecnica, si dando risposte adegua� te e soddisfacenti. Il campo è assai più limitato di quello che comunemente si crede, e cognizioni speciali, nonché tecniche,non si richieggono ai licen­ziati delle scuole tecniche, né, s'anca fosse possibile che le acquistassero, sa­rebbero essi in grado poi di mettere a profitto, per ragioni principalmente della loro età, che è in generale tra i quattordici ed i quindici anni. Se la leg­ge organica del 1859 avesse designato con nome più adatto le scuole di cui si tratta, le quali nulla hanno di tecnico , nel vero senso della parola, né pos­sono avere se non tramutandosi in scuole d'arti e mestieri; se le si fossero chiamate scuole reali inferiori, e considerate quindi di preparazione alle su­periori ordinate secondo il tipo che si aveva nel Lombardo-Veneto prima del 1860, è possibile che la quistione dei due fini della scuola tecnica forse non sarebbesi neppure posta. Ed in vero in quelle città dove una scuola rea­le completa ebbe vita per molti anni, quella quistione, specie della scuola fi­ne a sé, non consta che siasi mai agitata, sebbene anche gli alunni che termi­navano il triennio dalla scuola reale inferiore si dividessero in due gruppi, di quelli cioè che proseguivano alla scuola superiore, e di coloro che si appli­cavano a modesti uffid del commercio . Separati i due gradi della istruzione reale, cangiati i nomi, e le dipendenze dalle autorità scolastiche, nonché le competenze passive, diversamente distribuite, a secondo che trattisi delle scuole o degli istituti tecnici, le competenze passive tra governo, provincia e comuni, si aprirono le discussioni sulla scuola tecnica fine a se stessa le quali traevano origine, più che altro, dalla forma anziché dalla sostanza del­le cose, perocché le nostre scuole tecniche pochissimo differiscono nel loro aspetto dalle scuole reali inferiori preaccennate.

Per giudicare della efficacia di una scuola professionale della adatta pre­parazione che vi ricevono gli allievi, è d'uopo prendere questi nei primi due anni al più da che ne uscirono; considerare i loro immediati collocamenti, perocché un maggiore lasso di tempo fornisce loro la opportunità di procac-

Sezione I- L'attività consultiva e propositiva 175

ciarsi, in impieghi, siena pure i più umili, o coi corsi serali o coll'insegna­mento privato, quelle cognizioni teoriche e pratiche indispensabili pei nuo­vi uffid in cui li troviamo a diciotto o più anni d' età. Onde il loro colloca­mento è da ripetersi, se non in tutto, in gran parte da coteste nuove circo­stanze, congiunte alla maggiore maturità della mente, e la scuola tecnica non vi ha nel maggior numero dei casi che uno scarso merito .

I giovinetti di quella età sono quasi esclusivamente adoperati come fatto­rini nei negozii, nei fondaci, nel minuto commercio e solo dopo un tiroci­nio di tre o quattro anni almeno, col quale abbiano acquistato cognizioni pratiche speciali a ciascun genere di commercio, e che nessuna scuola di coltura potrà mai fornire, divengono veri commessi di negozio o di banca, possono iniziarsi ai viaggi commerciali ed essere adoperati in qualche mis­sione di fiducia dai loro principali, e presentarsi ai concorsi per posti presso uffici postali e telegrafici. In quelle prime e vere umili occupazioni, più che un corredo di svariate cognizioni, è soprattutto necessario che i licenziati della scuola tenica vi portino l'uso corretto della lingua, facilità e chiarezza nello scrivere, pratica sicura e famigliare del conteggio, le prime nozioni di lingua francese, il disegno ornamentale a mano libera ed una buona calligra­fia. Specialmente poi importa che la scuola e lo studio ne abbiano, per quan­to è possibile in quella età, resa la intelligenza agile e pronta, e siena stati bene predisposti, colla applicazione continuata, relativamente intensa, alla vita attiva degli affari ed all'abitudine al lavoro. Più che a tenere qualche corrispondenza, d'ordinario in lingua italiana, a copiare lettere, a stendere fatture, a prendere note sul giornale, e principalmente a portare ordini ed ambasciate ai clienti od ai corrispondenti, è assai raro che essi possano usare delle cognizioni stesse di computisteria avute nella scuola tecnica, quelle al­meno che eccedono i limiti della più comune aritmetica commerciale. Se ciò avverrà dovranno passare alcuni anni, nei quali, se occorre, di quelle cogni­zioni ben poche saranno rimaste nel giovinetto, essendo a lui mancate le oc­casioni di applicarle, ché, in generale, i commercianti sono punto facili a concedere fiducia a giovinetti inesperti, ed incaricarli di mansioni che essi ritengono tra le più delicate e gelose della loro azienda.

Ogni volta che, nel ripetersi dei numerosi tentativi di miglioramento nel­l'aspetto della scuola tecnica, soprattutto nel più studiato dei progetti di ri­forma quello approvato col decreto reale del 2 1 giugno 1885 1 , non si intese provvedere alla scuola come fine a sé, non si ebbero di mira mansioni, a cui i licenziati potessero aspirare, diverse di quelle ora indicate. Onde non si trovò di meglio né di più che da aggiungere agli insegnamenti riconosciuti indispensabili per la preparazione all'istituto tecnico, le nozioni di computi­steria e di scienze naturali. Le quali due discipline, quando fossero contenu-

1 R.d. n. 3 4 1 3 che approva i regolamenti per le scuole tecniche e per gli istituti tecnici e nautici. Si veda anche il r.d. 2 1 giu. 1 885, n. 3459, che approva i programmi di insegnamento e le disposizioni regolamentari didattiche per le scuole tecniche e per gli istituti tecnici.

1 76 Fonti per la storia della scuola

te in giusti confini, non v'è ragione perché non abbiano a riuscire, se non necessarii, utili, anche a coloro che proseguono agli studi di secondo grado . Certo egli è, che, quando si pensa all'uno ed all'altro dei due scopi, sorge tosto la quistione del diverso metodo col quale le cognizioni debbono essere svolte - che la quistione del metodo non va però esagerata, e se ha valore per talune discipline, può averne pochissimo per altre, ed essa si collega di­rettamente, più ai programmi ed alle istruzioni pel loro svolgimento, coll'al­tra più grave del personale insegnante, dalla scelta del quale principalmente deriva la bontà della scuola.

Coll'ordinamento del 1 885 erasi poi creduto di risolvere completamente il problema del duplice scopo mediante la riforma del terzo corso di studi; ma è pur noto che quella riforma non ebbe vita che per pochi anni, e che per motivi di varia natura, amministrativi e didattici, vi si dovette rinunzia­re 1 .

Il proporre di ritornarvi parrebbe cosa vana dopo la prova fatta; piutto­sto sarebbe ancora da studiarsi se i licenziati dalla scuola tecnica non avesse­ro a sottoporsi ad un esame di ammissione sulle principali materie (lingua italiana, matematiche, lingua francese e disegno) per accertare la loro matu­rità a proseguire all'istituto tecnico, il che non si può dire che sia egualmen­te e per tutte le scuole tecniche, tanto disfarmi tra loro, venga attestato dal certificato di licenza.

La esperienza ormai non breve degli anni che la divisione del terzo corso di scuola tecnica fu soppresso, ha non pertanto provato che, soprattutto nelle principali città, dove le scuole stesse furono meglio curate, gli effetti che se ne ebbero in riguardo alla preparazione allo istituto tecnico, come al­le successive professioni, se non interamente soddisfacenti, si possono ac­cettare per discreti, e certo risultati vieppiù migliori saranno da attendersi quando anche lo insegnamento tecnico di secondo grado verrà in ogni sua parte perfezionato.

Dalle cose dette, che, se la ristrettezza del tempo non l'avesse impedito, avrebbero certamente richiesto un più ampio svolgimento, deducesi il se­guente parere :

« Quando la scuola tecnica fosse così ordinata da soddisfare bene all'im­portante scopo di preparare all'istituto tecnico, ed a ciò dovrebbero princi­palmente essere rivolte le cure del governo, essa adempirebbe del pari, ed in più che sufficiente misura allo scopo di avviare ad ogni modesto ufficio, so­prattutto nel piccolo commercio, a cui alcuni di età in generale non maggio­re di anni quindici, possono aspirare " .

S e non che, nulla vieta, anzi è desiderabile , che accanto alla scuola tecni­ca quale fu sin qui considerata, talune ne sorgano di tipi speciali. La legge

1 R. d. 8 nov. 1888, n. 5826, che abolisce la divisione della terza classe delle scuole tecniche nelle due sezioni di licenza e avviamento all'istituto tecnico ed approva i programmi d'insegna­mento e l'orario per le classi medesime.

Sezione I- L'attività consultiva e pmpositiva 1 77

1 3 1 novembre 1859 avendo chiamato i comuni al maggior contributo di spesa nel mantenimento delle scuole tecniche, ha a queste riconosciuto piuttosto carattere professionale, che di scuole di coltura generale, suscetti­bili quindi di essere, entro certi limiti, differentemente ordinate, a seconda dei bisogni locali.

Ciò equivale a ritenere che quel fine a sé della scuola tecnica, di cui co­munemente si parla e si scrive, non è da intendersi unico, sì bene che possa concepirsi anche vario, diverso da luogo a luogo. Onde conviensi in que­st'altro parere:

" Quando le rappresentanze locali, principalmente dei piccoli centri dove abbiasi una sola scuola tecnica e non esista istituto tecnico, ed anche delle grandi città, dove si hanno più scuole tecniche oltre all'istituto, chiedessero di ordinare quella scuola od alcune di queste con intenti esclusivamente professionali corrispondenti agli speciali bisogni del luogo, che si possa ciò concedere dal governo, sotto determinate condizioni, tra le quali ritenute necesssarie le seguenti: che i licenziati di cosifatte scuole tecniche speciali non possano inscriversi all'istituto tecnico senza un esame di ammissione, e che l'assetto delle medesime non sia tale da tramutare in scuola di arti e me­stieri, le quali sono alla dipendenza del Ministero di agricoltura industria e commercio " .

(firmato) G[iuseppe] Bardelli per copia conforme il segretario del Consiglio

d) Istruzione primaria

9

Esame dei libri scolastici.

Adunanza del 1 8 marzo 1 860 2

MPI, CSPI, Processi verbali, 1860, vol. I, pp. 184-189, ms . con firma autografa.

[ . . . ] Poscia il consigliere Coppino legge il rapporto della commissione in-

1 Nel testo appare la data erronea 12 novembre. 2 Sono presenti il vicepresidente Moris e i consiglieri Gioja, Riberi, De Filippi, Albini, Piria,

Tomati, Ricotti, Pateri, Parato, Bonacossa, Coppino.

178 Fonti per la storia della scuola

stituita nell'adunanza del 1 5 gennaio p .o p .o per lo studio e per la proposta delle norme a seguirsi dal Consiglio nell'esame delle domande per approva­zione di libri ad uso delle scuole.

Il rapporto annesso al processo verbale (doc. A) 1 termina colle seguenti proposte:

Art . 1 : « <l Consiglio esamina solo libri stampati e tali da poter servire di testo per i diversi insegnamenti delle scuole secondarie e primarie.

Tenuto conto dei riflessi per cui la commissione convenne in questa pro­posta e che sono riferiti nel rapporto, il Consiglio approva senza osservazio­ni la proposta medesima» .

Art. 2 : «Nomina (il Consiglio) una giunta di tre membri, uno dei quali de­ve sempre appartenere al Consiglio perché faccia la sua proposta di appro­vazione o di rejezione.

Questa giunta pregherà l'ispettore generale che è sopra gli studi ai quali si riferisce il libro esaminando, d'intervenire alle sue sedute» .

Il consigliere De Filippi dopo di aver fatto notare che il Consiglio è nu­meroso e che i diversi rami dell'istruzione vi sono ben rappresentati, non vede la convenienza di stabilire con regolamento che la giunta debba essere composta di tre membri e che dei tre commissarj un solo abbia ad apparte­nere al Consiglio. Quando la giunta fosse composta di soli membri del Con­siglio nulla vieta, quando così le piaccia, di giovarsi dei lumi di persone estranee. Fa poi ancora osservare lo stesso signor consigliere De Filippi che l'avviso della giunta è poi sempre o quasi sempre adottato dal Consiglio. Ora se la maggioranza dei membri della giunta è estranea al Consiglio non si vede come per siffatto modo si possa soddisfare il voto ossia la prescrizione della legge la quale incarica il Consiglio di esaminare e proporre all'approva­zione del ministro i libri e i trattati destinati alle pubbliche scuole (art. 10 della legge 1 3 novembre 1859).

Il signor relatore risponde che le parole: Nomina (il Consiglio) una giunta di tre membri, uno dei quali dee sempre appartenere al Consiglio, non vogliono già dire che due dei membri della giunta debbano essere estra­nei al Consiglio, ma semplicemente che possano esserlo . Il tenore della pro­posta lascia facoltà al Consiglio di scegliere anche tutti i membri della giunta nel suo seno, quando lo creda, e tende unicamente ad impedire la composi­zione di una giunta composta per intiero di persone estranee al Consiglio .

Quanto all' idea manifestata dal preopinante di non ammettere estranei al Consiglio a far parte della giunta e di lasciare che la giunta composta di soli consiglieri si giovi, quando le paja e piaccia dei lumi di persone estranee, si muovono contro una tale idea le seguenti difficoltà.

Si osserva dal signor comm. Moris che per alcune materie, come sarebbe­ro la zoologia, la chimica, la botanica, il Consiglio non ha che un solo rap-

1 MPI, CSPI, Processi verbali, 1860, l, pp. 1 9 1-193 .

Sezione I - L 'attività consultiva e pmpositiva 1 79

presentante, e non si potrebbe per conseguenza, trattandosi di esaminare li­bri sulle anzi dette materie, formare una giunta senza chiamarvi degli estra­nei al Consiglio .

Dal cav. Ricotti si fa quest'altra osservazione, che la maggior parte dei li­bri che si presenteranno all'esame del Consiglio, trattando di lettere e filoso­fia la nomina dei membri della giunta cadrà sempre sugli stessi consiglieri rappresentanti le lettere e la filosofia, e, a parte il peso del lavoro, gli stessi consiglieri conosciuti dai postulanti come membri nati della giunta, saranno esposti a tutte quelle noje e molestie che il Consiglio può di leggieri immagi­nare. Avvenendo poi, come potrà succedere anche troppo facilmente, che questi commissarj nati o per altri lavori di cui fossero già incaricati, o per in­disposizione di salute non potessero occuparsi dell'es;tme dei libri, allora se non sarà lecito di chiamare qualche estraneo a far parte della giunta sotto la presidenza d'un consigliere, non si potrà più comporre la giunta.

Poscia il relatore rispondendo al riflesso del cav. De Filippi che i consi­glieri componenti la giunta potranno, ove il credano, giovarsi dei lumi di persone estranee al Consiglio, osserva che altra cosa è l'essere chiamato dal Consiglio a far parte di una giunta ed altra cosa l'essere richiesto privata­mente d'un avviso. Nella prima ipotesi si accetta facilmente l'onorevole in­carico ufficiale e il chiamato si accinge all'opera con quello impegno che si merita la fiducia in lui riposta dal Consiglio, ed emette nettamente il suo av­viso. Nella seconda ipotesi invece, difficilmente si accetta un invito privato che potrebbe riuscire odioso quando cioè l'avviso fosse sfavorevole e venis­se per avventura a sapersi il nome dell' officioso consultore dalle parti inte­ressate.

Il Consiglio accetta la prima parte dell'articolo secondo nei termini in cui è proposta.

Sulla seconda parte dello stesso articolo ove è detto che la giunta invite­rà alle sue adunanze l'ispettore generale degli studi ai quali si riferisce il li­bro esaminando, il consigliere Ricotti membro della commissione osserva che questa ha veramente così deliberato , ma che dopo sciolta l'adunanza es­so commissario Ricotti ed altri membri della commissione hanno riflettuto che qualche volta potrebbe non essere necessario l'intervento dell'ispettore.

Osservandosi dal relatore consigliere Coppino che le giunte esaminatrici dei libri abbisognano di dati positivi che solo il rispettivo ispettore generale può darli, il consigliere Ricotti ne conviene ma osserva che qualche volta cessa anche il menzionato bisogno come nel caso dell'esame di due opere sulla stessa materia. Una volta che la giunta abbia avuto dall'ispettore i dati positivi sulla materia, non le occorre più di farseli ripetere in un altro esame sulla stessa materia. E quando non è necessario l'intervento degli ispettori è

· meglio per la soddisfazione degli autori dei libri che nella giunta vi sia il so­lo elemento scientifico .

Il comm. Gioja propone che s i aggiungano le parole quando il creda.

180 Fonti per la storia della scuola

Si accetta la proposta e si approva la seconda parte dell'articolo secondo così modificata:

« Questa giunta pregherà, quando il creda l'ispettore generale che è sopra gli studi ai quali si riferisce il libro esaminando, d'intervenire alle sue se­dute » .

Art. 3 : «<l giudizio del Consiglio superiore determina solo l'approvazio­ne o il rigetto del libro ».

È approvato senza osservazioni. Dopo di ciò la seduta è levata essendo le ore 3 1/4 .

Gallo segretario Il vice presidente G[iuseppe] Moris

Adunanza del 15 novembre 1 862 1

MPI, CSPI, Processi verbali, 1862, vol. I, pp. 1 1 39-1 146, ms. con firma autografa. '

[ . . . ] Dopo di ciò il consigliere Albini chiama l'attenzione del Consiglio sopra un decreto reale in data 2 novembre 1862 2 col quale fu istituita una commissione, come ivi è detto, per la scelta dei libri da approvarsi per le scuole elementari e secondarie e ricordando che l'articolo decimo della leg­ge 1 3 novembre 1859 affidò questo stesso ufficio al Consiglio superiore de­sidererebbe di sapere come il signor ministro 3, il quale si suppone che non abbia voluto derogare alla legge, abbia inteso, sottoponendo alla firma reale l'accennato decreto, di conciliare la disposizione della legge colla disposi­zione del decreto reale. Crede che uno schiarimento in proposito sarebbe tanto più necessario in quanto che, come il segretario riferì al Consiglio nel­la precedente adunanza, il ministro si sarebbe già fatto rimettere tutti i libri colle domande di approvazione che si erano trasmessi al Consiglio e che il Consiglio col diritto aveva pur anco il dovere di esaminare esso stesso per mandato della legge (vedi il citato decreto reale 2 novembre 1862 annesso al processo verbale doc. C) 4 •

Il vice presidente cav. De Filippi dice che il decreto in corso fece a lui pu­re molta impressione e che chieste privatamente spiegazioni gli fu osservato

1 Sono presenti i consiglieri De Filippi, Rayneri, Albini, Botto, Piria, Pateri, Parato, Dema­ria, Berruti, Genocchi, Prati, Bonacossa, Coppino. Funge da presidente il consigliere anziano De Filippi. Parzialmente pubblicato in G. CIAMPI, Il governo della scuola . . . cit. , pp. 163-165.

2 R.d. n. 939. 3 Carlo Matteucci. 4 MPI, CSPI, Processi verbali, 1862, I, pp. 1 16 1 - 1 1 63 .

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Sezione I- L 'attività consultiva e pro positiva 1 8 1

da un superiore impiegato che s i trattava di libri per le scuole ove non vige la legge Casati.

Il consigliere Albini osserva ancora che si sarebbe potuto trovare molto facilmente il modo di conciliare le esigenze della legge colle condizioni ec­cezionali di qualche provincia dello Stato.

Il consigliere Rayneri risponde ai dubbi enunciati dal cav. Albini notando come esso consigliere Rayneri, in qualità di rappresentante, che in allora era, del Consiglio superiore avesse creduto di pregare un alto ufficiale di vo­lergli dichiarare come la nomina delle due commissioni per l'esame dei libri scolastici si conciliasse coll'art. 10 della legge 13 novembre 1 859, e che quel personaggio, colla gentilezza che lo distingue, gli fece notare primieramente come il provvedimento di cui si tratta debba valere ed estendersi per tutte le provincie dello Stato cioè anche per quelle ove non fu promulgata la legge Casati e dove sono pure istituiti altri Consigli superiori che hanno le stesse attribuzioni che quello di Torino.

In secondo luogo notava che il ministro come presidente del Consiglio poteva nominare commissioni affine di preparare il lavoro da compiersi e sancirsi dal Consiglio, come fa appunto pei concorsi alle cattedre.

E finalmente crede il consigliere Rayneri che per riguardo a questo supe­riore Consiglio, il signor ministro abbia nominato a membri delle due com­missioni lui stesso ed il suo collega Bertini, i quali essendo i soli che risiedo­no in Torino sono naturalmente incaricati dell'ordine e delle distribuzioni dei lavori delle commissioni.

Osservazioni storiche sull'esame dei libri per parte del Consiglio .

Il segretario ricorda come sia succeduto il fatto della sospensione, per parte del Consiglio , dell'esame dei libri.

Il Consiglio, dice egli, dalla sua istituzione sino alla fine del 1859 esami­nò le domande di appr�vazione dei libri che gli erano trasmesse. Le doman­de si andavano moltiplicando oltre misura. I consiglieri anziani debbono ben ricordarsene e sopra tutti l'on. signor consigliere Bertini che si recava alle adunanze quasi sempre colle tasche piene di libri e che quasi avesse ver­gogna di annojare il Consiglio colle sue relazioni, aspettava il momento che gli paresse più propizio, per solito dopo terminate le altre relazioni di mag­giore interesse, tirava fuori i suoi libri, due, tre ed anche più volumi per vol­ta e leggeva li suoi bei rapporti nei quali egli, come pure facevano gli altri consiglieri relatori di libri, con pazienza mirabile e spesso ammirata dal Con­siglio si erano notati gli errori di ortografia, di grammatica, talvolta di buon senso in cui erano incorsi gli autori, come altresì le parti buone che avevano i libri e la conclusione era poi quasi sempre la medesima cioè rejezione della domanda. Pochissimi furono i libri approvati dal Consiglio dal 1849 al 1 859 e quei pochi dovettero essere corretti e quasi rifatti dai consiglieri relatori o dalle commisssioni centrali del Consiglio mentre le domande salirono a mol-

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1 82 Fonti per la storia della scuola

te centinaja. In questi due ultimi anni e come risulta dalla nota trasmessa al signor segretario generale 1 colla consegna dei libri le domande salirono al numero di 1 2 5 .

I postulanti qualche volta non s i tenevano soddisfatti d'una decisione del Consiglio. Tornavano alla carica con una nuova edizione del loro libro o vo­levano sapere perché il Consiglio non l'aveva approvato, e si offrivano pronti a fare tutte le correzioni, sottrazioni, aggiunte che al Consiglio fosse­ro piaciute ed avesse indicato. Si pretendeva ad ogni modo l'approvazione del libro che riusciva un buon affare per chi l 'avesse ottenuta.

Un giorno (era il 13 novembre 1859) il signor consigliere generale Mena­brea dopo aver riferito per la quinta volta sopra uno stesso libro, credette che la pazienza ed il decoro del Consiglio che si voleva convertire in un'a­genzia per lo smercio librario, dovessero avere un limite, svelò con molta energia gli sconci del sistema fino allora tollerato ed il Consiglio con voto unanime adottò una proposta formolata dal consigliere comm. De Ferrari nel senso che si avesse a sospendere l'esame ulteriore delle domande di ap­provazioni di libri e che si avesse ad istituire una commissione la quale colla scorta del passato e della nuova legislazione che stava per emanare propo­nesse le norme a seguirsi in proposito.

Il 18 marzo del 1860 il Consiglio udiva già il rapporto della sua commis­sione, ne discusse le proposte e trasmise le sue deliberazioni al signor mini­stro per l'approvazione.

Durante l 'anno 1860 non si fece nulla in aspettazione del regolamento delle scuole che si stava preparando dal signor ministro conte Mamiani e non conoscendosi i programmi d'insegnamento, il Consiglio non poteva giudicare se un libro era o non conforme al programma per poter essere ap­provato.

Venne il 1 86 1 . Li nuovi regolamenti per le scuole erano usciti 2 • Ma addì 6 di febbraio il ministro conte Mamiani indirizzava una nota al Consiglio colla quale si proponeva l'esclusione di libri di testo per l 'insegnamento su­periore e mezzano e l'ammessione dei libri di testo solamente per le scuole elementari 3 .

Il Consiglio rappresentava al signor ministro che la proposta non era am­missibile a termini dell'art. 10 della legge 1 3 novembre 1 859 che non faceva distinzione tra scuola e scuola. Lo stesso Consiglio rassegnava quindi al mi­nistro varie proposte intorno ai libri.

Intanto i libri non potevano venir esaminati finché fossero risolte le qui­stioni di massima pendenti.

Addì 7 giugno stesso anno 186 1 si fece al Consiglio una risposta dal mi­nistro De Sanctis succeduto al conte Mamiani.

1 Urbano Rattazzi. 2 R.d. 1 5 set. 1860, n. 4336, «Regolamento per l 'istruzione elementare ». 3 MPI, CSPI, Processi verbali, 1861 , I, pp. 2 15-2 16.

Sezione I- L 'attività consultiva e propositiva 183

Il nuovo ministro conveniva col Consiglio sul disposto dell'art. 10 della legge. In allora il Consiglio si propose di addivenire all'esame dei libri. Ma siccome lo Stato era accresciuto colle annessioni, il Consiglio propose al mi­nistro che gli fossero comunicati i libri in uso nelle scuole delle provincie annesse per poter fare un esame comparato, scegliere i migliori ovunque si trovassero, preparando per tal modo la uniformità dell'insegnamento nello stesso Stato come il governo già si sforzava di promuovere l'unità di regime e di legislazione; e per altra parte il lavoro del Consiglio avrebbe dovuto ri­farsi di lì a poco se si fosse solamente occupato dei libri per le scuole delle antiche provincie.

Le osservazioni e la proposta del Consiglio si erano riconosciute giuste dal signor ministro il quale fece la richiesta dei libri.

Addì 25 agosto 1 861 , mentre il Consiglio stava aspettando i libri, com­parve un decreto reale il cui terzo articolo diceva che sarebbe appartenuto ai regi provveditori l'approvazione degli orarj delle scuole . . . dei temi per gli esami di licenza e dei libri scelti dai professori per testo delle loro scuo­le 1 •

Cotale disposizione fece nascere i l dubbio se al Consiglio superiore rima­nesse ancora il diritto ed il dovere di esaminare e di proporre l'approvazio­ne dei libri.

Nell'adunanza del 3 1 ottobre 1861 pervennero delle spiegazioni al Con­siglio nel senso che col decreto del 25 agosto si era inteso semplicemente di far approvare dai provveditori la scelta che fossero per fare i professori fra i libri debitamente approvati a termini della legge.

Eliminati questi dubbi, rimaneva ancora per adddivenire all'esame dei li­bri la trasmissione al Consiglio dei libri chiesti come sovra.

La trasmissione non avendo mai avuto luogo, l'esame rimase tuttora dif­ferito .

Il Consiglio, udite le osservazioni del suo segretario delibera che siano consegnate nel processo verbale .

Dopo del che la seduta è levata essendo le ore l O t . Gallo segretario Il vicepresidente

C[ arlo] Matteucci 2

Adunanza del l o luglio 1869 3

MPI, CSPI, Processi verbali, 1869, vol. ll, pp. 1431-1432, 1438, ms. con firma autografa.

1 D.m. 25 ago. 1 86 1 , n. 197. 2 Il verbale porta la firma di Matteucci, che in realtà diventò consigliere e vicepresidente

nel 1864. 3 Sono presenti il vicepresidente Mamiani ed i consiglieri Bufalini, Bertoldi, Betti, Prati, Bonghi, Amari, Duprè, Tenca, Giorgini e Felici.

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184 Fonti per la storia della scuola

[ . . . ] In seguito lo stesso consigliere Tenca prende la parola per informare il consesso che la commissione per l'esame dei libri di testo, della quale era presidente il nominato consigliere Villari, ha notato che per l'art. 2 1 del re­golamento intorno all'amministrazione scolastica provinciale approvato con r.d. 20 ottobre 1867 1 è commesso ai consiglieri provinciali scolastici il for­mare gli elenchi dei libri appropriati alle scuole, per lo che il mandato del Consiglio superiore se non si restringesse alla revisione di questi elenchi a fin di eliminarne qualche opera pregiudizievole all'insegnamento ed alla educazione morale dei giovanetti, ovvero all'approvazione di pochi libri sotto ogni aspetto commendevoli, diverrebbe una penosissima ed inutile ri­petizione di lavoro, e servirebbe solo a favorire non l'istruzione, sibbene al­cune speciali speculazioni librarie.

In conseguenza la commissione sarebbe d'avviso doversi tralasciare l'e­same dei libri finora ricevuti, ed invece ingiungere ai Consigli provinciali di formare con sollecitudine e trasmettere gli elenchi da essi formati ai sensi del sopracitato art. 2 1 del regolamento, indicando quei pochissimi, se ve ne sono, che credano poter meritare una particolare approvazione del Consi­glio superiore, acciò da questo consesso si possa fare in tempo la revisione degl'indicati elenchi e procedere all'esame solamente dei libri dall'autorità provinciale raccomandati.

Questa proposta è accolta con favore, ma dà luogo ad una discussione se possa la cosa porsi in atto senza un'apposita disposizione di legge che modifi­chi il disposto dell'art. IO di quella del 13 novembre 1859, ritenendola come questione di semplice applicazione, per la quale il Consiglio superiore stabili­sca di esercitare la sua attribuzione di esaminare ed approvare i libri di testo per l'istruzione secondaria e primaria sopra la proposta dei Consigli provin­ciali scolastici e non più sulle istanze degli autori o editori delle opere.

Intanto a tale discussione non si dà altro seguito perché si osserva essere inopportuna innanzi di conoscere se dal Ministero sia accettata la massima proposta dalla commissione; ed il vicepresidente mette a partito l'indicata massima che viene approvata.

[ . . . ] Quindi la tornata si scioglie alle ore 3 pomeridiane. Firenze 3 luglio 1869.

Il segretario Volpicella

Il vicepresidente Terenzio Mamiani

Adunanza del 2 luglio 1874 2 MPI, CSPI, Processi verbali, 1874, vol. II, pp. 1617- 1627, ms. con firma autografa.

1 R.d. n. 4008. 2 Sono presenti il vicepresidente Mamiani e i consiglieri Prati, Villari, Aleardi, Bonghi, Spa­

venta, Tenca, Cantoni, Amari, Cannizzaro.

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Sezione I - L 'attività consultiva e pro positiva 185

Aperta la tornata tre quarti dopo il mezzogiorno,il consigliere Amari rammenta che nell'adunanza del giorno 2 di maggio ultimo egli riferì al Consiglio sulla pubblicazione del nuovo Catechismo religioso fatto dall'arci­vescovo di Torino \ e sui dubbi promossi da quel Consiglio scolastico se do­vesse, cioè, consentirsene o pur no, l'insegnamento nelle scuole elementari. Ed il Consiglio, senza pronunciarsi intorno al merito del detto Catechismo, ma avvertendo solo che l'arcivescovo non aveva chiesto il regio exequatur, deliberò che conformemente a quanto si era deciso riguardo all'arcivescovo di Genova 2, la pubblicazione del suo Catechismo essendo fatta da un'autori­tà ecclesiastica non riconosciuta dal governo, si avesse da ritenere come non avvenuta; e quindi non essere i comuni di quella provincia legalmente tenuti a servirsene per le proprie scuole elementari.

Ora, dice il relatore, essendosi quell'arcivescovo provveduto del regio exequatur, ed essendo quindi cessata la causa per cui non si permise l 'inse­gnamento di quel Catechismo, il Consiglio scolastico domanda nuove istru­zioni in proposito. Stante la deliberazione già presa, il relatore non vede quale altro temperamento sia da proporre, fino a che questo consesso non avrà preso una risoluzione di massima generale per tutti i Catechismi dioce­sani.

Il vicepresidente mette in rilievo la grave importanza della presente qui­stione. Imperocché una delle massime fondamentali alle quali s 'informa il Catechismo religioso nuovamente pubblicato è quella dell'infallibilità perso­nale del papa, che vuol dire infallibilità del Sillabo degli 8 dicembre del 1864, e di tutti quei principi ond'esso non pure ha dichiarato aperta guerra ad ogni progresso della odierna civiltà, ma segnatamente combatte la pote­stà civile, attaccando le fondamenta su cui poggiano le istituzioni dello Sta­to. È necessario che il Consiglio, preoccupandosi di siffatte condizioni, adotti un partito da suggerire al Ministero, perché senza offesa dei principi di libertà, sia guarentito da qualunque attacco la suprema autorità del potere civile.

Il relatore condivide le opinioni del vicepresidente, e dichiara che, con­formemente all'impegno già preso , egli si riserba di presentare al Consiglio una relazione su tutti i Catechismi, affinché possa indi farsi una proposta di massima al Ministero.

I l consigliere Tenca osserva che finora nelle scuole elementari furono in­segnati i vecchi Catechismi, nei quali non sono contenuti precetti contrari all'autorità del potere civile. E poiché la introduzione dei nuovi Catechismi è tutt'opera dei vescovi di nuova nomina, dovrebbesi consentire per le scuole elementari solo l 'insegnamento dei primi, tanto più che già furono approvati dal Ministero.

1 Lorenzo Gastaldi. 2 Salvatore Magnasco.

186 Fonti per la storia della scuola

Ma il consigliere Bonghi riflette che col divieto del nuovo Catechismo verrebbe a proibirsi lo insegnamento dei dommi nel medesimo contenuti. La qual cosa non pure è in contraddizione della massima che riconosce la libera Chiesa in libero Stato, ma troverebbe ostacolo nello spirito e nella lettera della legge sulle guarentigie della Chiesa.

Il vicepresidente rende omaggio al principio della libertà ecclesiastica guarentita dalle nostre leggi, e osserva che finché i vescovi si valgono della facoltà di stampare Catechismi, di predicare nuovi dommi, di esortare i gio­vanetti alla frequenza della chiesa per lo adempimento delle pratiche religio­se, non vede alcun motivo di porre ostacolo all'esercizio del loro mandato. Ma non può ammettere che si contesti al governo il diritto d'impedire nelle scuole lo insegnamento di Catechismi che condannano le istituzioni e le leg­gi nazionali. Con le dottrine del Sillaba, egli dice, lungi dall'avere buoni ed utili cittadini, avremo una generazione d'ipocriti e di neghittosi.

Il consigliere Amari prende motivo dalle osservazioni del preopinante per far avvertire quali sono le massime contenute nel nuovo Catechismo, e legge all'uopo quella parte di esso che si riferisce alla infallibilità personale del papa.

A questo punto della discussione il consigliere Tenca fa rilevare come senza punto ledere la libertà di coscienza e le guarentigie sancite in favore della Chiesa, havvi nelle nostre stesse leggi un mezzo con cui tutelare da ogni attacco i diritti supremi dello Stato . Avvegnaché con l'art. 2 del regola­mento del dì 1 5 settembre del 1860 \ è disposto che le parti del Catechismo religioso, le quali a termini dell'art. 3 1 5 della legge Casati, debbono inse­gnarsi nelle scuole elementari, saranno determinate dai Consigli provinciali scolastici, e distribuite per guisa che in due o tre anni, i fanciulli possano imparare le parti più importanti della dottrina cristiana. All'appoggio di que­ste disposizioni, crede l'oratore, che sarebbe rimossa ogni difficoltà, qualora i Consigli provinciali scolastici nel determinare i programmi dello insegna­mento religioso, non comprendessero fra le parti più importanti di esso, tut­te quelle massime che sono in opposizione colle leggi e con gli ordinamenti dello Stato .

Il consigliere Cannizzaro aderisce alla suesposta idea, e vorrebbe che nel dare le relative istruzioni ai Consigli scolastici si dicesse loro esplicitamente di far insegnare soltanto quelle parti che non si oppongono alle nostre isti­tuzioni.

Il consigliere Amari stima opportuno che le norme da seguire vengano comunicate ai Consigli scolastici di tutte le province del regno.

Ma il consigliere Villari è di avviso essere più conveniente il rimettere al­la prudenza dei Consigli scolastici la scelta delle parti da insegnare. In tal

1 R. d. n. 4336 che approva il regolamento per l'istruzione elementare .

Sezione I- L 'attività consultiva e pro positiva 187

modo egli dice si osserverebbe strettamente il disposto della legge, e si avrebbe in pari tempo sicurezza sulla bontà della scelta.

Imperocché, trovandosi i Consigli scolastici posti sotto la presidenza del prefetto, questo come rappresentante del governo sarà interessato a farne ri­spettare le istituzioni. Ed in ogni caso , quand'anche la scelta non fosse sod­disfacente, il governo senza prendere diretta ingerenza nella formazione del programma religioso, avrà sempre maniera di farne avvertire le inesattezze al Consiglio scolastico.

Il �o?-siglie�e Amari propone che si richiami l'attenzione dei Consigli scolastiCI sul disposto dal citato articolo di regolamento, e che nel tempo stesso, mediante una circolare riservata ai prefetti, si diano le istruzioni atti­nenti alla compilazione del programma.

Ma il consigliere Bonghi, escludendo l'idea di una circolare riservata sti­ma più conveniente che si dichiari espressamente nulla ostare allo inse�na­mento del Catechismo vescovile, ma dovere il medesimo attenersi sopratut­to alla parte morale ed educativa.

Il con�igl�ere Villari però fa notare che secondo il concetto del consiglie­re Bonghi, SI escluderebbe la parte dommatica, e poiché questa costituisce appun�o la essenza della religione, non vi sarebbe più scopo d'insegnare un catechismo, dal quale fosse eliminata la dottrina dei dommi.

Il consigliere Prati, nel mentre accetta l'idea di escludere dallo insegna­mento religioso tutto ciò che possa ledere le ragioni del potere civile, avver­te la difficoltà di formolare il programma secondo i suespressi concetti. Im­perocché, dovendo a termini dello stesso articolo secondo del citato regola­mento, essere consultati in proposito i direttori spirituali, non si può essere sicuri che questi siano sempre favorevoli. Dopo breve discussione, alla qua­le prendono parte diversi consiglieri, il consigliere Bonghi riassumendo la quistione propone:

l o . Che non sia prudente emanare alcuna circolare riservata ma che il Ministero adotti queste norme pel caso di Torino, ed occorrendo

'se ne giovi

per altri casi che passino avvenire; 2 o . Che lo Stato sia riconosciuto giusta l'art. 2 del regolamento del

1860 nel diritto di scegliere il Catechismo che crede meglio conveniente fra quelli approvati dalla Chiesa, e preferibilmente vorrebbe adottato quello del Rosmini;

3 o . Che si adottino quelle parti specialmente del Catechismo che hanno una influenza educativa cioè che riflettano la essenza della religione e la mo­rale cristiana.

Il consigliere Tenca accetta in massima i concetti del preopinante; ma osserva che non si può scegliere il Catechismo che si vuole, e devesi accetta­re quello dal vescovo di ciascuna diocesi pubblicato; ed a rimediare al pre­giudizio che i giovinetti avessero fra le mani le parti del libro contrarie alle nostre istituzioni, vorrebbe l'aggiunta che rimanendo al Consiglio scolastico

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1 88 Fonti per la storia della scuola

il diritto di stampare le parti ritenute più importanti per lo insegnamento re­ligioso, le stesse debbano essere identiche a quelle del Catechismo da cui fu­rono trascelte.

E il Consiglio ritenendo non opportuno l'emanare una circolare di massi­ma in proposito, né il dare ai Consigli provinciali il diritto, che potrebbe es­sere in opposizione alle leggi sulla proprietà letteraria, di ristampare le parti del Catechismo che debbono essere insegnate nelle scuole, accetta la propo­sta del consigliere Tenca di aversi a seguire nelle consimili questioni il di­sposto dell'art. 2 del regolamento 1 5 settembre 1 860, richiamando alla esat­ta osservanza di esso i Consigli provinciali scolastici secondo se ne presenta l'occasione, e si rimette al relatore consigliere Amari per esprimere conve­nevolmente questa determinazione.

Dopo ciò la tornata è sciolta ad ore 2 pomeridiane. Roma addì 3 luglio 1 874.

Il segretario Volpicella

Il vicepresidente Terenzio Mamiani

Adunanza del 3 1 gennaio 1875 1

MPI, CSPI, Processi verbali, 1875, vol. I, pp. 5 1-52, 54, ms. con firma autografa.

[ . . . ] Dopo di ciò il signor ministro 2 richiama l'attenzione del Consiglio sul grave argomento dei libri di testo per le scuole elementari. Avverte il grave inconveniente che nei rispettivi elenchi compilati dai Consigli provin­ciali, per difetto di persone competenti a giudicare di siffatte materie, sono compresi libri di nessun pregio e talvolta nocivi.

Raccomanda perciò che si dia opera urgentemente alla revisione di detti elenchi. E poiché riconosce la non lieve fatica a cui si dovrà sottostare per cotesta disamina, il ministro dà facoltà al Consiglio di nominare all'uopo, se crede, una speciale commissione composta di persone estranee e presieduta da uno dei suoi membri.

Il consesso prende atto della suesposta comunicazione. Dopo di che, S .E. si ritira dall'adunanza.

[ . . . ] Dopodiché la tornata è sciolta ad ore 4 pomeridiane. Roma addì 26 febbraio 1875 .

Il segretario Volpicella

Per il vicepresidente M[ichele] Amari

1 Sono presenti i consiglieri Bertoldi, Betti, Villari, Aleardi, Spaventa, Cipriani, Messedaglia, Tenca, Cantoni, Anrari, Maggiorani, Giorgini, Coppino, De Sanctis, Cannizzaro, Luzzatti, Brio­schi e Tommasi-Crudeli.

2 Ruggero Bonghi.

Sezione I - L 'attività consultiva e pro positiva 1 89

Adunanza del 1 febbraio 1 875 1

MPI, CSPI, Processi verbali, 1875, vol. I, pp. 69-73 , 87, ms . con firma autografa.

[ . . . ] Prende di poi la parola S .E. il ministro e richiama l'attenzione del Consiglio sulle cose accennate e brevemente discusse nella tornata di jeri in­torno ai libri di testo che si adoperano nelle scuole primarie. Fa dare apposi­tamente lettura della nota ministeriale del dì 30 gennajo ultimo 2; e dopo avere svolto con altri particolari le cose in quella enunciate, mette in consi­derazione i gravi inconvenienti che derivano dall'uso dei cattivi libri appro­vati dai Consigli provinciali scolastici; ed affine di recarvi pronto ed efficace rimedio rinnova al consesso la raccomandazione di mettersi urgentemente all'opera di rivedere ed esaminare le liste dei libri approvate dai Consigli suddetti. E poiché con la citata nota si concede al Consiglio superiore la fa­coltà di nominare a tal' effetto una commissione di persone estranee sotto la presidenza d'uno dei suoi componenti, S.E. domanda che gli siano al più presto designati i membri di detta commissione.

Il consigliere Villari spiegando i concetti che guidarono il Consiglio nel trattare questa delicata materia dimostra con diverse ragioni, che il mezzo più efficace per far introdurre buoni libri nelle scuole si è quello di promuo­vere la concorrenza fra gli autori dei medesimi; e segnatamente fa notare che i libri di lettura non possono essere uniformi in tutte le province dello Stato, ma conviene adattarli alle svariate consuetudini locali. Cita il metodo che si osserva in Inghilterra per l'esame dei libri di lettura. E dopo alcune al­tre considerazioni di ordine didattico, conchiude che per guarentire la liber­tà della scelta e promuovere la concorrenza degli autori la disamina dei libri di testo dovrebbe essere diretta non ad approvare i buoni, ma sibbene ad escludere quelli che si reputeranno imperfetti e nocivi. Quando poi si ravvi­si che qualche libro abbia doti e pregi straordinari potrebbesi proporre al ministro di premiarne l'autore.

Il ministro ammette la bontà e la giustezza delle osservazioni esposte dal preopinante, che non si discostano dalle idee svolte nella nota ministeriale. Poiché lo scopo a cui si mira è appunto quello di escludere i cattivi libri abu­sivamente approvati dai Consigli scolastici, accettando solo quelli che sono utili allo insegnamento . Ed a questo compito S .E . ha fiducia che saprà egre­giamente corrispondere una commissione composta di persone competenti della materia. Soggiunge che limitando per ora quest'opera di revisione ai soli libri per le scuole elementari, si riserva di far conoscere in seguito le sue

1 Sono presenti il ministro Bonghi, il vicepresidente Mamiani e i consiglieri Bertoldi, Betti, Villari, Aleardi, Spaventa, Cipriani, Messedaglia, Tenca, Cantoni, Anrari, Maggiorani, Giorgini, Coppino, De Sanctis, Cannizzaro, Luzzatti, Brioschi, Tommasi-Crudeli, Prati.

2 « Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istruzione n , 1 875, 4, pp. 262-264, circo­lare n. 868.

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190 Fonti per la storia della scuola

istruzioni rispetto alla disamina dei libri che si adoperano per le scuole se­condarie.

Il consigliere Amari, dimostrato che l'antico sistema riuscì piuttosto dan­noso, ed esposte le cause che finora impedirono di attuare quello della revi­sione delle liste compilate dai Consigli scolastici, riconosce la necessità di prendere una decisione su questo grave argomento, e si associa al concetto ministeriale di nominarsi una commissione di persone estranee presieduta da un membro del Consiglio.

[ . . . ] Dopodiché la tornata è sciolta ad ore 3 1/4 pomeridiane. Roma addì 27 febbraio 1875 .

Il segretario Volpicella

Il vicepresidente Terenzio Mamiani

Adunanza del 4 febbraio 1 875 1

MPI, CSPI, Processi verbali, 1875, vol. I, pp. 183-185, ms. con firma autografa.

Giunta per l'esame di libri di testo.

Aperta la tornata al mezzodì, viene eletto a presidente della Giunta il consigliere Villari.

Indi si dà lettura della nota ministeriale del dì 30 dello scorso mese, con la quale si commette al Consiglio superiore di fare con urgenza la disamina dei libri attualmente adoperati come testi nelle scuole elementari delle di­verse province del regno, i quali sono 446 distinti in otto categorie, autoriz­zandolo a farsi coadiuvare da persone estranee al consesso, ed invitandolo a proporre al Ministero i nomi di esse.

La Giunta elogia cotesta disposizione del ministro, senza della quale non mai si potrebbe venire a capo di compiere l'importante e grave mandato di quella disamina. E giudica essere necessario eleggere per ciascuna categoria di libri due o tre persone le quali sotto la direzione di un membro della Giunta ne facciano l'esame e compilino una relazione ragionata da presen­tarsi, dopo discussa dalla Giunta, al Consiglio superiore.

Se non che si osserva che la designazione di tali persone non conviene fare senza essere sicuri ch'esse accettino l' incarico, onde bisogna che i com­ponenti la Giunta abbiano facoltà di prendere con le medesime opportuni accordi.

Si osserva ancora che non si può dalla Giunta venire a trattative con al­cuno senza essere facoltata a promettere a coloro che si sobbarcheranno al

1 Sono presenti i consiglieri Spaventa, Tenca e Villari.

l

Sezione I- L 'attività consultiva e p m positiva 1 9 1

difficile lavoro una competente rimunerazione, la quale calcolandola ap­prossimativamente a due o trecento lire per ciascuno, potrebbe importare la spesa di due o al più tremila lire.

E si decide di sospendere qualunque discorso sulle persone cui affidare l'esame di quei libri, e sulle norme da tener presenti in questo lavoro, e di far intanto note a S.E. il ministro le sopraindicate osservazioni, pregandolo a compiacersi di manifestare quali determinazioni stima dover prendere in proposito, acciò la Giunta sia messa in grado di dar principio al grave com­pito affidatole.

Dopodiché l'adunanza è sciolta alle ore l pomeridiane. Roma addì 10 marzo 1 875 .

Il segretario Volpicella

Il presidente P[asquale] Villari

Adunanza del 17 marzo 1875 1 MPI, CSPI, Processi verbali, 1875, vol. I, pp. 444-446, 450, ms. con firma autografa.

[ . . . ] Dipoi il consigliere Villari, nella sua qualità di presidente la Giunta pei libri di testo comunica le seguenti risoluzioni prese dalla medesima nel­l'adunanza del giorno lO di questo mese 2, salvo � promuoverne l'approva­zione del Consiglio superiore:

l o . Che innanzi di compiere la revisione, testè cominciata degli elenchi redatti dai Consigli provinciali scolastici, non sia conveniente prendere in considerazione la proposta inoltrata dal Consiglio sopra le scuole della pro­vincia di Milano, per modificare l'art. 2 1 del regolamento dei 2 1 di novem­bre 1 867 3, richiamando al Consiglio superiore l'attribuzione di esaminare e di approvare i libri da usare nelle scuole elementari e secondarie.

2 o • Che essendo necessario di mantenere il più scrupoloso segreto sulle nomine delle persone estranee da adoperare nella revisione dei libri attual­mente in uso nelle scuole elementari, ed essendo stata la Giunta facoltata dal Consiglio a comunicarle direttamente al Ministero; la relativa scelta, stata già fatta, venne partecipata oralmente a S.E. per guisa che le persone elette saranno dai membri della Giunta invitate in modo confidenziale e riservato ad accettare l'incarico. In pari tempo si dà contezza delle norme e dei criteri che fu stabilito doversi osservare nella esecuzione del lavoro.

1 Sono presenti i consiglieri Bertoldi, Betti, Villari, Aleardi, Spaventa, Messedaglia, Tenca, Cantoni, Amari, Maggiorani, De Sanctis, Cannizzaro, Luzzatti e Tommasi-Crudeli. Presiede Amari.

2 Il verbale della Giunta per l'esame dei libri di testo del 1 0 marzo 1875 si trova in MPI, CSPI, Processi verbali, 1875, I , pp. 4 3 1 -438.

3 R.d. n. 4050.

192 Fonti per la storia della scuola

3 o • Che a tenore della massima approvata col dispaccio ministeriale del dì 20 luglio 1 869, dovendo i libri di testo essere disaminati prima dai Consi­gli provinciali scolastici, non può accogliersi l'istanza presentata dal signor Cesare Cantù affinché sei operette di lettura da lui pubblicate vengano in primo esame sottoposte al Consiglio superiore. Per il che sono da restituire al Ministero non solo i libri del signor Cantù, ma ben anche altre ventisette opere state trasmesse, nel fine medesimo, a questo Consiglio dal 1 870 in poi.

Sono approvati senza discussione i divisamenti della Giunta rispetto al primo ed al terzo degli affari surriferiti.

Riguardo poi alle persone da adoperarsi nella disamina dei libri, si rico­nosce la necessità e la convenienza di osservare il più scrupoloso segreto sulla nomina di esse; epperò si lascia alla Giunta la responsabilità della scelta relativa.

Queste considerazioni vengono accettate dal relatore, che ad invito del consigliere Amari formola per iscritto le seguenti conchiusioni.

«La commissione pei libri di testo crede di cominciare per ora il suo la­voro, stando ferma alle massime già votate dal Consiglio, facendosi coadiu­vare da persone di sua fiducia, e pigliando essa stessa la responsabilità del giudizio » .

Dopo di che il Consiglio aderisce alle conchiusioni della Giunta.

[ . . . ] Indi la tornata è sciolta alle ore 2 pomeridiane. Roma addì 19 aprile 1875 . Il segretario Volpicella

Legge sull'obbligo dell'istruzione.

1 0

Il vicepresidente Terenzio Mamiani

Adunanza del l o · dicembre 1 876 1

MPI, CSPI, Processi verbali, 1876, vol. III, pp. 1848-1852, ms. con firma autografa.

[ . . . ] Dopo ciò il signor ministro 2 invita il Consiglio a prendere in esame

1 Sono presenti il vicepresidente Mamiani e i consiglieri Cantoni, Amari, Maggiorani, Bon­

ghi, De Sanctis, Luzzatti, Brioschi, Tommasi-Crudeli, Berti, Burresi.

2 Michele Coppino.

Sezione I- L'attività consultiva e propositi va 193

il progetto di legge sull'obbligo dell'istruzione 1 . Si legge l'articolo primo

1 Non è stato possibile reperire il testo sottoposto dal ministro Coppino all'esame del Con­siglio superiore. Diamo qui di seguito il testo che Coppino presentò alla Camera dei deputati il 16 dicembre 1876:

«Art. l. I fanciulli e le fanciulle che abbiano compita l'età di sei anni, e ai quali i genitori o i tutori non procaccino la necessaria istruzione o per mezzo di scuole private o coll'insegnamen­to in famiglia, dovranno essere inviati alla scuola elementare del comune.

L'istruzione prjvata si prova davanti all'autorità municipale, colla presentazione al sindaco del registro della scuola, e la paterna colle dichiarazioni del padre di famiglia o chi ne tiene le veci, colle quali si giustifichino i mezzi dell'insegnamento.

Art. 2 . Fino a nuova disposizione l 'obbligo di frequentare la scuola o di giustificare l'istru­zione altrimenti procacciata ai figli o ai pupilli rimane limitato al corso elementare inferiore fi­no all'età di nove anni. L'obbligo dura di regola fino agli anni nove. Tuttavia se l'alunno abbia sostenuto con buon esito un pubblico esame intorno alle prime nozioni della morale e alle altre materie prescritte per il passaggio al corso elementare superiore, l 'obbligo può cessare prima dei nove anni, o in caso diverso protrarsi fino agli anni dieci compiti.

Art. 3 . Il sindaco avrà cura di far compilare per mezzo del segretario comunale o di una commissione speciale, d'anno in anno, e almeno un mese prima della riapertura delle scuole, l'elenco dei fanciulli per ragione di età obbligati a frequentarle, aggiundendovi l'indicazione dei capi di famiglia che ne rispondono o di chi ne fa le veci. Questo elenco, riscontrato poscia col registro dei fanciulli inscritti nelle scuole, servirà a riconoscere i mancanti.

I capi di famiglia o quelli che ne tengono il luogo saranno quindi invitati dal medesimo a compiere il loro dovere. Se o non compariscano all'ufficio municipale, o non giustifichino (con l'istruzione procacciata altrimenti, con motivi di salute) l'assenza dei loro figli o pupilli, o non li presentino entro una settimana dopo l'ammonizione alla scuola, incorreranno nella pena del­l'ammenda.

I sussidi delle congregazioni di carità non possono essere goduti dai capi di quelle famiglie i cui figlioli non adempiono l'obbligo dell'istruzione.

Art. 4. L'ammenda è di centesimi SO, ma dopo di essere stata applicata inutilmente due vol­te può elevarsi a lire 3, e da lire 3 a lire 6, fino al massimo di lire 10, a seconda della continuata renitenza.

L'ammenda potrà essere applicata in tutti i suoi gradi fino all'ultimo nel corso di un anno, ma non potrà ripetersi se non nell'anno successivo ricominciando dal primo.

Essa viene inflitta dalla giunta a maggioranza di voti, e si riscuote nei modi in uso per le al-tre ammende municipali.

Contro l'ammenda c'è l'appello al pretore. È diritto delle autorità scolastiche promuovere le ammonizioni e le ammende. Un regolamento stabilirà le norme per l'applicazione e la riscossione dell'ammenda. Art. S . L'ammenda sarà inflitta tanto per la trascuranza dell'iscrizione quanto per le man­

canze abituali, quando non siano giustificate. A questo scopo il maestro notificherà al municipio di mese in mese i mancanti abitual­

mente. La mancanza si riterrà abituale quando le assenze non giustificate giungano al terzo delle le­

zioni nel mese. Art. 6. Metà della somma riscossa per le ammende sarà impiegata dal municipio per indenni­

tà ai segretari, l'altra a fornire gratuitamente di libri e oggetti scolastici gli alunni poveri delle sue scuole. Disposizioni transitorie.

Art. 7. La presente legge andrà in vigore due mesi dopo la sua pubblicazione: a) nei comuni di popolazione al disotto di S .OOO anime, quando abbiano almeno un inse­

gnante pubblico di grado inferiore ogni 800 abitanti;

·- - · ·

194 Fonti per la storia della scuola

della legge, sul quale chiede di parlare il consigliere Berti. Egli teme che l'obbligo dell'esame al termine di ciascun anno scemi efficacia all'insegna­mento domestico . Nelle famiglie la prima maestra è la madre; ma il suo inse­gnamento non si può costringere dentro i limiti del programma, dal quale san regolati gli esami. Con ciò si offende nella sua origine la libertà d'inse­gnare.

Il vice-presidente fa osservare in contrario che la legge deve esigere che ogni insegnamento sia notorio, e ciò non si ottiene se non per l'esame. Se vogliamo veramente conseguire l'intento, cioè di rendere l'istruzione un ob­bligo per tutti, non dobbiamo arrestarci dinnanzi a qualche disciplina al­quanto molesta.

Fra queste due opinioni il consigliere Giorgini propone un termine di conciliazione; quello cioè di lasciare in arbitrio dell'autorità scolastica il do­mandare o no la prova dell'esame secondo che a questa parrà o no necessa­ria, giudicandone dalla condizione delle famiglie.

I consiglieri Tenca e Amari sostengono anche l'obbligo dell'esame. Il pri-

b) nei comuni che vanno da 5 .000 a 20.000 anime, quando abbiano almeno un insegnante dello stesso grado ogni 1 .000 abitanti;

c) nei comuni maggiori quando abbiano almeno un insegnante per 1 .200 abitanti. In tutti gli altri comuni la legge sarà applicata gradatamente secondo che le scuole raggiungeranno le con­dizioni sopraindicate.

Art. 8. Il Consiglio scolastico farà ogni anno, e al più tardi un mese prima dell'apertura delle scuole, la classificazione dei comuni nei quali si riscontrano le condizioni volute per l'applica­zione di questa legge e ne pubblicherà i nomi nei modi in uso per le altre pubblicazioni ufficiali.

Art. 9. Nei comuni nei quali l'applicazione di questa legge rimane sospesa, ogni cura sarà ri­volta ad aumentare il numero delle scuole, ad ampliarne e migliorarne i locali, a fornirgli degli arredi necessari ad accrescere il numero dei maestri.

n Consiglio scolastico richiamerà i municipi all'adempimento di quanto è prescritto dalle leggi vigenti circa l'obbligo d'istituire e di mantenere le scuole, invitando al bisogno la deputa­zione provinciale ad impostare d'ufficio la spesa necessaria nei bilanci comunali secondo il di­sposto dagli artt. 1 16 e 1 4 1 della legge comunale e dal titolo V della legge 1 3 novembre 1859, n. 3725.

Alla fine di ciascun anno il provveditore agli studi invierà al Ministero e alla deputazione provinciale una relazione sulle disposizioni date e sugli effetti ottenuti.

Per i maestri il Ministero aprirà, dove se ne manifesti il bisogno, scuole magistrali di due an­ni o nel capoluogo della provincia o in taluno di quelli dei circondari », in « Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istruzione», luglio-agosto 1877, pp. 548-549.

Nella relazione introduttiva Coppino ricordava: « Il presente progetto si divide in due parti: la prima, dall'articolo l al 6 inclusivamente, contiene le disposizioni permanenti, determina l'entità e la durata dell'obbligo, stabilisce la pena e le condizioni e i modi della sua applicazio­ne; la seconda dall'articolo 7 al 9, abbraccia le disposizioni transitorie. Le prime furono già di­scusse e votate dalla Camera nel 1874 e io mi limito a riprodurle con leggiere mutazioni, delle quali renderò conto, ben lieto di appoggiarmi alla sua autorità. Quanto alle altre dirò subito che io credo provvedere ad una maggiore utilità ed efficacia di questa legge proponendo che essa venga applicata non in tratto, ma successivamente ne' comuni del regno secondo la loro prepa­razione ,, ibid., p. 53 7. Coppino ripercorreva gli antecedenti della sua proposta ma non faceva cenno al parere del Consiglio superiore della pubblica istruzione. Il progetto diventò legge il 1 5 lug. 1 877, n . 396 1 .

l

Sezione I- L 'attività consultiva e propositiva 195

mo vede piuttosto una difficoltà nel soverchio numero dei fanciulli che si presenteranno per sostenere le prove; perciò propone che anche le scuole private con l'intervento di qualche persona delegata dal governo possano dare gli esami ai propri alunni.

Il consigliere Berti insiste nella sua opinione. Al quale risponde il signor ministro, che la legge fissando il termine minimo della istruzione che tutti i fanciulli devono ricevere, non esclude la varietà dei metodi e delle cognizio­ni, quindi non è offesa la libertà dell'insegnamento. L'istruzione istrumenta­le, per chiamarla così, è una sola o venga data nelle scuole del governo, o venga data dalla madre, la quale certo non potrà non insegnare il leggere, lo scrivere e il far di conti.

Il consigliere Giorgini raccomanda di nuovo la sua proposta. Lasciando giudice della necessità dell'esame l'autorità scolastica si raggiunge lo scopo della legge, e si levano via le inutili molestie. E non si deve contare per poco anche il vantaggio di assottigliare l'affollamento dei ragazzi che si presenta­no all'esame.

Parlano ancora i consiglieri Bonghi, Berti e Giorgini, quest'ultimo intor­no al limite dell'età di sei anni come principio dell'obbligo d'inviare i ragaz­zi alla scuola, il qual limite vorrebbe protratto fino agli anni otto. Al che si oppone il consigliere Bonghi e poi il ministro considerando che allargandosi il limite si porterebbe una troppo grande disparità nell'età degli alunni: oltre che ne sarebbe scemata la frequenza; perocché le povere famiglie mano ma­no che i ragazzi crescono negli anni, li pongono a qualche lucrosa occupa­zione. Di più sarebbe gran danno togliere il vincolo che lega la scuola all'a­silo.

Infine si consente in questo, che l'istruzione per mezzo dell'insegnamen­to paterno sarà provata o con l'attestazione d'un maestro patentato o con una dichiarazione del sindaco: quella dell'insegnamento privato coi registri della scuola.

Articolo 2

Passando all'esame dell'articolo secondo, si determina d'informarlo a questo concetto, cioè che l'obbligo della scuola cesserà in due maniere, o per l'età dell'alunno o per l'esame sostenuto felicemente. L'età resta fissata agli anni undici.

Si discute poi intorno al secondo comma del detto articolo che riguarda ai ragazzi, i quali lavorano nelle officine. Poscia si determina di cassare il comma, considerando che per dare intorno a questa materia disposizioni ef­ficaci è necessaria la legge sul lavoro dei fanciulli.

Articolo 3

L'articolo terzo pare al consigliere Tenca pericoloso, poiché potrà dar pretesto ai comuni più grossi di scemare il numero delle scuole di grado su­periore, e però si delibera di cassarlo .

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196 Fonti per la storia della scuola

Articolo 4

Nell'articolo quarto si porrà come sanzione, oltre all'ammenda la priva­zione dei sussidi delle Congregazioni di carità o altre Opere pie.

Si discute intorno al modo di compilare l'elenco dei fanciulli obbligati a frequentare le scuole. Questa cura, invece che ai segretari, sarà commessa ai sindaci, i quali potranno, occorrendo il bisogno, giovarsi di speciali com­missari.

Articolo 5

L'articolo quinto dà luogo ad una lunga discussione per determinare il miglior modo di applicare l'ammenda. Si approvano infine questi tempera­menti: che l'ammenda sia pronunciata dal sindaco; che vi sia appello al pretore; che in caso di trascuratezza da parte del sindaco, l'autorità scolastica possa chiederne l 'applicazione.

Dopo ciò si pone termine alla seduta alle ore 5 p . m. Domani sarà conti-nuato l'esame della presente legge.

Il segretario F[rancesco] Bolasco

Il vice presidente Terenzio Mamiani

Adunanza del 2 dicembre 1876 1

MPI, CSPI, Processi verbali, 1876, vol. III, pp. 1857-1858, 1866, ms. con firma au­tografa.

[ . . . ] Si riprende l'esame della legge sull'obbligo dell'istruzione. Il consigliere Maggiorani, che s 'era assentato per poco ieri quando si di­

scusse l'articolo quattro, chiede facoltà di fare sul medesimo alcune osserva­zioni. Egli dice che fra i motivi per giustificare l'assenza non vorrebbe che si scrivessero i difetti fisici, la quale espressione si adatta a coprire molte frodi. Il Consiglio accetta la sua proposta, che si tolga questo motivo d'impedi­mento, e si scriva soltanto l'obbligo della giustificazione in genere.

Si approvano poi gli articoli sei e sette. Nel settimo si dica che la metà della somma riscossa per le ammende servirà a pagare le spese di segreteria.

Il consigliere Giorgini fa notare che l'ammenda è troppo tenue, quindi poco efficace. Ma viene dal ministro osservato in contrario che alla gente

1 Sono presenti il vicepresidente Mamiani e i consiglieri Bertoldi, Betti, Prati, Aleardi, Spa­venta, Messedaglia, Tenca, Cantoni, Amari, Maggiorani, Giorgini, Bonghi, De Sanctis, Luzzatti, Brioschi, To=asi-Crudeli, Burresi.

Sezione I - L'attività consultiva e propositiva 197

povera è grave il danno anche di soli 50 centesimi. Risponde il Giorgini che ad ogni modo l'ammenda farà frutto soltanto nei comuni agglomerati, men­t:e n�ll� camJ?a�ne si dovranno ammettere in troppo gran numero le giusti­flcazwm. Egli ncorda le disposizioni d'una legge ch'era stata immaginata per �a Toscana. �uest� legge prometteva un premio di circa 7 lire per ogni fan

_cmllo, che altn, chmnque si fosse, avesse ammaestrato nel leggere e nello

scnvere. Con questo sistema le scuole penetrano dapertutto, anche nei luo­ghi più remoti.

Il ministro risponde che un tal sistema, bello a guardarsi da un lato solo , avrebbe per effetto di far chiudere molte piccole scuole che i comuni rurali ma�tengono nelle borgate o frazioni di comune. Non crede che sia opportu­no mtrodurlo nella legge. In ogni caso per via di regolamento o altrimenti si potranno assegnare premi come si fa per gli adulti.

Articoli 8 e 9

Si approvano poi con brevi osservazioni gli articoli otto e nove del .pro­getto .

Articolo 10

Si discute brevemente intorno all'articolo dieci, e il consigliere Tenca ne prende occasione per raccomandare al ministro che si disponga con questa legge la pubblicazione in tutto lo Stato del titolo V della legge del 1 3 novem­bre 1859.

Il signor ministro risponde che terrà conto della raccomandazione. [ . . . ]

Il segretario F[rancesco] Bolasco

1 1

Disegno di legge sull'istruzione primaria.

Il Vice Presidente Terenzio Mamiani

Adunanza plenaria del lO novembre 1900 1

MPI, CSPI, Processi verbali, 1900, vol. IV, ms. con firma autografa.

� Sono presenti il vicepresidente Villari e i consiglieri Bardelli, Boccardo,Carnmarota, Can­toru, Carle, Cerruti, Cremona, De Renzi, D'Ovidio, Ferraris Foà Fraccaroli Gabba Gandino Golgi, Laudisi, Luciani, Maggi, Miraglia, Nisio, Persico, Roiti,

' Schdpfer, ScialoJa, Siac�i, Squitti.

'

i

-..

198 Fonti per la storia della scuola

[ . . . ] Entra nell'aula S .E. il ministro Gallo, il quale assume la presidenza. [ . . . ] Dichiara aperta la discussione sul disegno di legge intorno all'istru-

zione primaria 1 .

1 Il testo del disegno di legge presentato dal ministro Gallo così recitava: "Il progetto di legge sull'istruzione primaria che intendo presentare al Parlamento è informato ai seguenti con­cetti fondamentali:

l . Dopo i primi tre anni, che costituiscono il corso elementare inferiore, la scuola primaria deve dividersi in due rami: l'istruzione elementare di grado superiore, che comprende un corso di due anni, per coloro che intendono avviarsi alle scuole secondarie, e la scuola popolare complementare, che comprende un corso di tre anni, per coloro che abbandoneranno invece gli studi per dedicarsi all'officina ed ai campi. La scuola complementare popolare - la quale de­ve avere per iscopo di rafforzare, completandoli, gli studi fatti nel corso inferiore con un indi­rizzo eminentemente pratico - è obbligatoria per tutti gli alunni che hanno compiuto il corso elementare inferiore, a meno che seguano gli studi della quarta e quinta classe elementare.

Nei comuni ove vi sono due o più corsi elementari completi, le classi superiori saranno di­vise in sezioni, di cui alcune serviranno di preparazione agli studi secondari, le altre saranno ordinate al fine della educazione popolare, aggiungendosi poi a queste ultime solo un terzo cor­so serale e festivo. Negli altri comuni gli insegnamenti della scuola popolare complementare sa­ranno impartiti per mezzo di scuole serali e festive, durante tre anni di corso della durata ognu­no di dieci mesi. A ciscuno dei due rami di studio, corrisponderà naturalmente un diverso cer­tificato di licenza, e gli alunni delle scuole private o paterne dovranno superare o l'uno o l'altro dei relativi esami per essere prosciolti dall'obbligo dell'istruzione.

L'insegnamento nelle scuole complementari sarà impartito dagli stessi maestri elementari del comune, i quali saranno ricompensati dallo Stato in ragione del numero degli alunni e del profitto che ne ricavano. Inoltre il Ministero, per mezzo dei sussidi, verrà in aiuto dei comuni più poveri anche per le maggiori spese di illuminazione, di riscaldamento e di materiale scola­stico.

2. Oltre alla facoltà che hanno i comuni di istituire scuole elementari a pagamento, quando abbiano ottemperato alla legge sull'istruzione obbligatoria, essi sono altresì autorizzati ad im­porre una tassa di lire 5 per gli alunni della quarta e quinta elementare, e lo Stato è autorizzato ad imporre una tassa di lire 10 per la licenza elementare, dalla quale tassa però saranno esenti i fanciulli appartenenti a famiglie povere.

3. La nomina dei maestri è deferita al Consiglio provinciale scolastico, salvoché per quei co­muni che corrispondono ai propri insegnanti uno stipendio superiore di due decimi al minimo legale, o che provvedono ad una speciale pensione di riposo per i propri insegnanti. La nomina è fatta per concorso, bandito dai Consigli scolastici o dai comuni che ne hanno la facoltà.

4. I maestri nominati per la prima volta devono compiere un periodo di prova di 2 anni, dopo di che, se la prova è stata lodevole, sono confermati stabilmente. Il Consiglio scolastico però può prorogare la prova di uno o due anni prima di conferire la nomina stabile. Ottenuta questa, i maestri non possono più essere né sospesi né rimossi dal loro ufficio se non per gravi e determinati motivi, e dopo sentite le loro difese.

5 . Il Consiglio provinciale scolastico può, per gravi ragioni di servizio o su domanda, trasfe­rire i maestri da comune a comune, e negli stessi casi può farsi luogo, con l'accordo dei rispet­tivi Consigli scolastici, al trasferimento da una provincia ad un'altra.

6. Gli stipendi degli insegnanti elementari rimangono nella misura stabilita dalla tabella an­nessa alla legge 1 1 aprile 1886, come rimane ai maestri il diritto di conseguire gli aumenti ses­sennali nei comuni presso i quali siano nominati, trasferiti o promossi. Sono poi stabilite mag­giori garanzie legali per assicurare il puntuale pagamento degli stipendi.

7 . Viene aperta ai maestri una carriera. I Consigli provinciali scolastici, tenuto conto del merito e dell'anzianità promuovono gli insegnanti di categoria, di grado e di classe.

8. È obbligatoria la nomina dei direttori didattici nei comuni che hanno numerose scuole,

Sezione I- L 'attività consultiva e propositiva 199

Nisio . Dalla lucida esposizione che S.E. il ministro fece dei concetti che informano il disegno di legge sull' istruzione primaria, contenente i rimedi da prestare intorno ai più urgenti mali dell'istruzione stessa, trae argomento per esporre da uomo pratico alcune considerazioni. Notò giustamente il si­gnor ministro che uno dei grandi guai dell'istruzione primaria è la mancanza della desiderata diffusione di essa nel popolo e dell'efficacia che dovrebbe avere. Disse bene che l'obbligo dell'istruzione dura poco, sicché poche trae­de lascia l'istruzione nella mente del fanciullo per il resto della vita. Dà la più grande lode al ministro per avere esteso l' obbligo sino a sei anni. Ciò varrà a porci a meno grande distanza da altri Stati che giungono sino a tredi­ci anni.

Un'altra causa della poca diffusione dell'istruzione elementare deriva dalla forte proporzione della popolazione sparsa: che è del 20% della popo­lazione totale. In altri luoghi, come in Svezia e Norvegia, si rimedia a ciò, avvicinando la scuola alla casa, mercè l'utile istituzione dei maestri ambu­lanti, che sarebbe grandemente utile imitare anche in Italia. Inoltre l' obbligo dell'istruzione non è osservato da chi potrebbe farlo . Gli iscritti nelle classi inferiori giungono a due milioni: quelli della terza classe sono soltanto tre­centomila. Il che prova che nel passaggio dalla seconda alla terza si perdono molti alunni, senza dire che molti anche lasciano la terza classe prima che termini il corso e non si presentano all'esame di proscioglimento. Vorrebbe pregare il ministro di vedere nella sua prudenza se sia possibile trovar modo di rendere più efficace l' obbligo dell' istruzione, aggravandone le sanzioni.

Finché manchi nella scuola costanza e perseveranza, è inutile sperare nella sua efficacia morale e istruttiva.

Considera la scuola complementare rispetto ai comuni rurali, in cui non è il corso elementare di grado superiore . In ottomila e più comuni son ben seimila quelli in cui è il solo corso elementare inferiore, che è fatto da tre, da due e il più spesso da un solo insegnante nella scuola unica, e talora mi­sta. Ora la scuola complementare, serale e festiva, è affidata a questi stessi maestri, che a parer suo sono già troppo aggravati.

Nei comuni ove sono due o più corsi elementari completi, vi ha divisio­ne delle classi superiori in sezioni di cui alcune serviranno di preparazione agli studi secondari, le altre ordinate al fine della educazione popolare ag­giungendovi poi a queste un terzo anno di studio serale e festivo. Ora questa divisione va contro i dettami dei più grandi pedagogisti e l'esempio che è dato da altre nazioni. La scuola popolare deve essere fine a se stessa. Quelli che vanno nelle scuole secondarie devono lasciare la scuola elementare sen-

mentre i comuni minori provvedono alla direzione delle loro scuole mediante consorzi pure obbligatori. I direttori didattici sono scelti fra i maestri provvisti del titolo, e che sono ritenuti più meritevoli.

9. Metà dei posti di ispettore scolastico è riservata ai direttori scolastici e viene conferita lo­ro mediante concorso>>: in ACS, MPI, CSPI (1849-1903), b.430, fase. 533.

200 Fonti per la storia della scuola

za finire 'tutto il corso. D'altra parte dove è un solo corso superiore, l'inse­

gnamento sarà diretto a preparare alle scuole secondarie e sarà trascurato il fine çlsJl'istruzione popolare. Quelli che non andranno alle scuole seconda­rie avranno il corso serale: ma questo non sarà f1·equentato che sino a mag­gio. Rimane il dubbio come si provvederà all'istruzione della donna.

Il lato educativo della scuola dipende in gran parte dai maestri. Approva le maggiori garanzie date ad essi. Vorrebbe però pregare il signor ministro di considerare che gli stipendi sono troppo scarsi. Se potesse portare gli sti­pendi almeno delle ultime classi a una più ragionevole misura renderebbe un gran servigio alla scuola popolare. Chi vive continuamente nella miseria, nelle difficoltà economiche avvelena continuamente la vita del fanciullo con le sue querimonie contro la società. Il gran beneficio che è da attendersi dal deferire ai Consigli scolastici la nomina dei maestri potrebbe venire meno­mato dalla eccezione a favore dei comuni che paghino due decimi di più di stipendio. Certo è difficile togliere ai comuni un diritto che esercitano da tanto tempo.

Quanto al puntuale pagamento degli stipendi, ritiene che finché i muni­cipi non saranno dichiarati debitori verso lo Stato di quanto spendono per l 'istruzione elementare non si avrà modo di risolvere la questione.

Infine esprime il voto che il Consiglio scolastico sia costituito altrin1enti. Cantoni. Il disegno di legge parte da una giusta intuizione delle condizio­

ni dei comuni rurali e risolve molto felicemente la questione della scuola complementare. Se la riforma sarà attuata renderà ai comuni rurali dei bene­fici maggiori che non l'istruzione principale : quella elementare di grado in­feriore. Fin dai nove anni i ragazzi abbandonano la scuola diurna in marzo o aprile, per attendere ai campi. È codesta una necessità economica contro la quale si infrangono gli sforzi del legislatore. Alla scuola serale e festiva non mancherà invece la frequenza.

La questione del miglioramento della condizione economica dei maestri è risolta felicemente. La tenuità degli stipendi di essi non è maggiore, in pro­porzione, di quella degli altri insegnanti non esclusi quelli degli istituti supe­riori.

Contrario all'avocazione delle scuole elementari allo Stato, ritiene che la proposta del ministro rechi tutti i vantaggi che idealmente l'avocazione po­trebbe recare ed eviti gli inconvenienti.

Crede si debba fare che il Consiglio scolastico sia formato in modo di­verso, mentre ora, e più in seguito, costituirebbe una nuova sopraffazione della città sulla campagna.

È contrario al trasferimento dei maestri da un comune a un altro . Molti maestri preferirebbero perdere piuttosto la metà dello stipendio, che essere allontanati. Alle nomine cattive si potrà rimediare con altri espedienti: pri­mo con l'essere più rigidi nel conferimento delle patenti, secondo rendere più facili le remozioni, aumentare la vigilanza degli ispettori ecc . ; terzo ri-

Sezione I- L'attività consultiva e propositiva 2 0 1

medio è fornito dallo stesso disegno d i legge. Potrà non affidarsi ai maestri meno buoni il corso complementare, privarli così della rimunerazione . . .

Farà un'ultima osservazione. Conviene che il governo italiano abbia l'ar­dimento di toccare l'insegnamento religioso. Crede che si debba dalle scuole bandire il catechismo. L'insegnamento religioso è necessario; ma deve esse­re dato senza offendere alcuna religione positiva e in modo da rispettare i principii di libertà, di tolleranza.

·

Laudisi. Per la lunga pratica che ha acquistato della scuola ha esaminato il disegno di legge ed applaude al ministro di avere pensato alla risoluzione dei gravi problemi attinenti all'istruzione popolare.

Crede difficile che i maestri, sopratutto nelle scuole uniche, dopo il fati­coso lavoro diurno possano anche fare la scuola serale. Converrebbe in mol­ti casi provvedere con un sottomaestro.

Ritiene che nella prima età l'istruzione debba essere comune a tutti e quindi proporrebbe di far rimanere l'istruzione elementare quale è, di tre classi inferiori e di due classi superiori. Dopo la quinta elementare cominci la scuola complementare: così si fa in vari Stati come l'Inghilterra la Germa­nia, dove l'obbligo si protrae per parecchi anni.

Il disegno pare si riferisca alla scuola maschile, perché alle femmine con­viene provvedere in modo diverso .

Crede che il Consigio scolastico acquistando nuove attribuzioni e venen­do a perdere quelle riguardanti le scuole secondarie debba essere modifica­to. Perdendo i capi degli istituti d'istruzione secondaria, dovrebbero entrare a farne parte gli ispettori circondariali, e una maggiore rappresentanza degli enti locali sarebbe bene introdurvi.

La presidenza al prefetto fu data a causa dell'autorità che il prefetto può esercitare sui comuni. Sottratta ai comuni la nomina dei maestri, vien meno questo bisogno e la presidenza più convenientemente potrà essere tenuta dal provveditore agli studi. Potrà un rappresentante della prefettura far par­te del Consiglio scolastico ma la presidenza deve tornare al regio provvedi­tore.

Osserva che lo stipendio delle maestre dovrebbe logicamente pareggiarsi sempre a quello dei maestri.

Agli effetti scolastici la legge divide i comuni in urbani e rurali; senonché vi sono comuni rurali che hanno più popolazione, e posseggono di più dei primi. Pensa che i comuni si dovrebbero dividere, secondo l'agiatezza e la popolazione, in più classi con l'obbligo di stabilire stipendi pei maestri pro­porzionatamente maggiori e così i maestri potrebbero far carriera passando da un comune a un altro .

Crede che i maestri debbano dipendere o tutti dal Consiglio scolastico o tutti dai comuni. La sua esperienza gli insegna che non meno dei comuni piccoli, quelli grandi possono perseguitare i maestri a causa del contrasto delle passioni politiche e amministrative.

.-. ..

202 Fonti per la storia della scuola

Miraglia. È pienamente d'accordo con il ministro sulla distinzione fra scuola elementare e popolare, questa fine a se stessa, quella di preparazione alle scuole secondarie. Ammessa la distinzione era naturale che, stabiliti i primi tre anni comuni, si dividesse, dove era possibile, il corso elementare superiore in modo da avere il doppio tipo di scuole. Così si rimedierà a tanti deplorati inconvenienti. Il far pagare una tassa agli alunni della quarta e quinta elementare gli pare un accorto espediente per trattenere fin da prin­cipio quelli che sarebbero tentati di frequentare la scuola di preparazione, anziché la scuola popolare, quantunque sia loro più particolarmente indi­cata.

Per ragioni sociali ed economiche soprattutto, l'obbligo dell'istruzione si è pochissirùo osservato. Non è possibile ottenere una grande e continua fre­quenza nelle scuole diurne: ottimo partito è quindi stato quello di non estendere l' obbligo oltre i sei anni e insieme di costituire l'istruzione com-plementare, serale e festiva.

. Egli vorrebbe anche delle scuole a tempo ridotto, come se ne hanno m Germania, adatte alla condizione varia dei luoghi e degli abitanti. Se ne po­trebbe stabilire l'esistenza, in principio, nella legge, rimettendone al regola­mento la determinazione dei particolari.

Anche rispetto alle nomine dei maestri consente nell'opinione del mini­stro. Così si toglierà via tanta causa di discordie.

I precedenti oratori hanno voluto accennare alla composizione del Con-siglio scolastico provinciale.

. . Egli desidera che l'elemento elettivo non abbia la prevalenza, altnmentl alcuni buoni effetti della riforma della scuola potrebbero rimanere compro­messi.

Cammarata. Approva il disegno di legge in quanto dà buone garanzie ai maestri. I consigli comunali non solo fanno spesso delle nomine cattive ma adoperano qualunque mezzo, anche la calunniosa diffamazione, per impedi­re che i maestri e le maestre alla fine della conferma sessennale ottengano dal Consiglio scolastico l'attestato di lodevole servizio .

Ha dei dubbi sulla efficacia delle disposizioni estendenti l'obbligo dell'i­struzione fino ai sei anni, rispetto a certi comuni con popolazione sparsa, posti in luoglù alpestri, i cui bambini nell'inverno per la neve non possono frequentare la scuola. Rammenta egli pure gli esempi delle scuole a tempo ridotto, come si avevano nel Piemonte.

Boccardo. Vorrebbe toccare brevemente due punti. La nostra istruzione elementare va male. Le cause sono molte, ma principali queste. Il personale insegnante non è generalmente pari alla sua alta missione. Coll'aumentare gli stipendi o col dar modo ai maestri di migliorare la loro condizione eco­nomica, come propone il disegno di legge, si potrebbe, poi essere più esi­genti circa le condizioni da richledere. Una causa della poca diffusione del� l'istruzione elementare è che fin dalle origini, che è quanto dire dal 1 848, s1

Sezione I- L'attività consultiva e propositi va 203

è fatta la scuola elementare da servire a tutti, anche per quelli per i quali do­vrebbe essere un primo gradino rispetto alla ulteriore istruzione della scuola secondaria. Ne è venuto che non potendo raggiungersi due fini con uno stesso mezzo, la scuola ha male risposto ai bisogni dei cittadini. Il signor mi­nistro ha avuto dinanzi agli occhl la necessità di riparare a questo inconve­niente, quando molto opportunamente ha escogitato un sistema che per i primi tre anni adegua al bisogno comune di scuola elementare istituita per tutti e poi biforca questa scuola, nella parte superiore del tronco e da un la­to con la scuola complementare rafforza e completa l'istruzione di grado in­feriore, dall'altra con la scuola elementare superiore propriamente detta prepara e avvia all'istruzione secondaria.

Pensa che questa continua e progressiva democratizzazione di tutti gli istituti sociali abbia dei vantaggi, ai quali però fan riscontro degli inconve­nienti gravi. Così non crede opera buona accomunare negli stessi banchi, ol­tre i primi tre anni d'istruzione, i giovani di tutte le classi sociali, il che de­sta dei desideri malsani o eccessivi e riduce in ultimo le scuole a una peren­ne fabbrica di spostati.

A diradare la iscrizione alle scuole di ragazzi che non dovrebbero fre­quentare gioverà il pagamento. Gli inglesi credono, e credono il vero, che gli uomini annettano più valore ai beni della vita, quanto più sentono di pa­garli. Il fine che il ministro si è proposto di rendere più efficace l'istruzione sarà più agevolmente raggiunto se si porranno tasse e non lievi, anche nella scuola popolare, a quelli, s 'intende, che possono pagarle. Chi ha i mezzi de­ve pagare, in un grado relativamente elevato, l'istruzione dei propri figli. In tal modo si potrebbero aumentare gli stipendi dei maestri. La scuola deve formare il cittadino a quelle funzioni che daranno alla patria prosperità e pa­ce. Occorre che i maestri siena degni del loro alto compito. Se a ciò si pen­si, non accorreranno molti programmi relativi all'insegnamento perché la scuola prima, elementare e popolare, sia quel che deve essere in una società civile.

Bardelli. Consente che si estenda oltre i tre anni l'obbligo dell'istruzione. Ritiene però che l'obbligo riuscirà più efficace, se l'istruzione sarà meglio apprezzata dalle leggi e dall'azione del governo. Così i diritti elettorali non dovrebbero conferirsi a chi sa fare appena la propria firma. Gli uffici, anche i più umili, dovrebbero essere dati a chi provi di avere adempiuto l'obbligo dell'istruzione, e a chi presenti l 'attestato di proscioglimento si potrebbe concedere il passaggio dalla seconda alla terza classe di leva ecc.

I maestri elementari dei grandi centri sono pagati largamente e tuttavia in gran parte non se ne hanno buoni risultati. N'è motivo la lue politica che si introduce nelle istituzioni scolastiche; il freno potrà essere il trasferimen­to dei maestri da un comune a un altro . Gioverebbe stabilire e favorire i consorzi dei piccoli comuni per il raggiungimento dei fini scolastici.

Vorrebbe che la scuola complementare seguisse i due anni del corso ele-

204 Fonti per la storia della scuola

mentare superiore. La biforcazione dopo i tre primi anni gli pare urti contro il principio della scuola unica secondaria e non tenga conto abbastanza che è difficile fare una scelta fra i vari ordini di scuole in un'età troppo imma­tura.

Boccardo. Aggiungerà un'altra osservazione a quelle già esposte. Quando si scrisse nella legge l'obbligo dell'istruzione, si è creduto in Ita­

lia, come accade spesso, che bastasse l'affermazione di questo precetto per­ché fosse adempiuto. Invece alla sua attuazione occorre far convergere tutte le forze della società e in particolar modo quelle delle varie amministrazio­ni. Raccomanda al signor ministro di volersi intendere con tutti i suoi colle­ghi perché, avendone modo, qualsiasi ufficio per quanto umile non sia con­cesso se non a chi presenti il certificato del proscioglimento dall'obbligo dell'istruzione.

Ministro. Ringrazia il Consiglio , che ha voluto occuparsi con tanta lar­ghezza di vedute delle sue proposte.

È vano diss'ìmularlo: le idee consacrate nel disegno di legge non sono ra­dicali, ma sono nuove e in Italia si ha paura del nuovo. Egli invece ritiene che vi sia bisogno di rifare. È un sincero conservatore ma vuole rifare per avere appunto qualche cosa da conservare. Si è molto disfatto ma si è rifatto poco . Nel lavoro di ricostruzione l'ardimento è necessario, e non è molto grande, del resto, l'ardimento adoperato nel presente progetto . Tuttavia per metterlo insieme, e per far sì che fosse approvato dai colleghi, in ispecial modo per gli effetti finanziari, vi ha impiegato tutti i possibili accorgimenti. Risponderà innanzitutto alle obiezioni accessorie.

All'istruzione delle donne è provveduto diversamente . La scuola com­plementare per le donne sarà festiva e di giovedì. Quella serale è solo per i maschi.

Una disposizione del progetto è consacrata ai maestri ambulanti. Ne avranno giovamento nei limiti del possibile le popolazioni sparse, secondo i desideri manifestati anche dai consiglieri Nisio e Cammarata.

L'estensione dell'obbligo riguarda il corso complementare e non il corso elementare superiore. E la ragione sarà senza replica, quando si rifletta che senza aggravare grandemente i bilanci dei comuni o quello dello Stato non si potrebbe imporre l'obbligo di frequentare il corso elementare superiore e costringere in pari tempo tutti i comuni a istituirlo .

Si è obiettato alla divisione di scuola elementare superiore, che prepara agli studi secondari e scuola popolare che sia fine a se stessa. Si è detto che la biforcazione è prematura, che contrasta al concetto della scuola seconda­ria unica. Dimostra che queste obiezioni sono infondate.

Si è chiesto come sarà costituito il Consiglio scolastico provinciale. Per l'accresciuta importanza delle sue funzioni sarà modificato. Non può entrare in particolari, perché il relativo regolamento non ha avuto ancora l'appro­vazione del Consiglio dei ministri. Dirà soltanto, avendo inteso opinioni fa-

Sezione I- L 'attività consultiva e propositiva 205

vorevoli all'elemento elettivo e opinioni contrarie, che reputa pericolosa una larga rappresentanza nel Consiglio scolastico degli elementi elettivi.

Non può essere d'accordo con il consigliere Cantoni nel ritenere danno­so togliere ai comuni la nomina dei maestri. Dopo quaranta anni di espe­rienza dell'uso fatto dai comuni del loro diritto di nomina, non ha il corag­gio di continuare nel doloroso esperimento. Le lotte amministrative nei pic­coli comuni sono più violente e pericolose di quelle dei partiti politici sov­versivi: assumono un carattere quasi feroce. Chi è stato ministro della pub­blica istruzione non ignora di quali atti siena capaci i comuni contro i mae­stri e anche questi contro i comuni.

Un'idea pratica eccellente è quella messa innanzi dal consigliere Boccar­do relativa ad alcuni equipollenti alle vecchie sanzioni dell'obbligo. Egli non mancherà d'intendersi con i suoi colleghi, perché nelle varie amministrazio­ni dello Stato sia consacrato meglio l'impero dell'istruzione.

Occorre però che nel paese penetri il concetto della necessità dell'istru­zione: che tale idea diventi sangue del suo sangue. Alla mancanza di questa persuasione corrisponde la mancanza dell'iniziativa privata, di che sono prova, salvo onorevoli eccezioni, il difetto o il languore dei patronati scola­stici e degli educatori e ricercatori nelle varie parti d'Italia. Occorre pensare alla buona preparazione de' maestri. La scuola normale è stata fortemente costituita e solo giova rendere più efficace la licenza della scuola normale, abolendo le recenti facilitazioni agli esami. A ciò ha egli provveduto in que­sti giorni. Non comprende la distinzione fra materie principali e secondarie: tutte le materie, essendo obbligatorie, devono essere studiate bene. Ai cadu­ti anche in una sola materia della licenza normale ha negato la facoltà di co­minciare il tirocinio.

Certo è cosa diversa l'insegnamento che si riceve e quello che si dà. Il maestro quand'anche sia stato buon scolaro, può fare non buona prova. Non vi sono rimedi assoluti.

Il consigliere Cantoni ha toccato la questione religiosa. È questione gra­vissima. Non ne ha fatto oggetto di disposizioni nel suo disegno di legge. Ammette che all'educazione sia necessaria l'istruzione religiosa. Ma come impartirla? E quale deve essere il genere d'istruzione? Una istruzione religio­sa che non sia istruzione intorno a una data religione positiva egli non inten­de. Non crede che l'inconoscibile spenceriano possa insegnarsi nella scuola elementare. Dovrà darsi l'istruzione religiosa cattolica. E qui si presenta il problema dell'intervento del sacerdote nella scuola. Dati i rapporti fra la Chiesa e lo Stato in Italia, l 'idea di questo intervento necessario deve essere assolutamente messa da parte come pericolosa. Egli nel 1 898 aveva pensato come espediente più adatto a far dare l'istruzione religiosa dalla donna. Pen­sa ora di mantenere le cose come sono regolate dal regolamento 9 ottobre 1 89 5 . l

1 R.d. 9 ott. 1895, n. 632, che approva il regolamento generale per l'istruzione elementare.

206 Fonti per la storia della scuola

Il consigliere Nisio gli ha raccomandato di volere assicurare il puntuale pagamento degli stipendi. Se sapesse il Consiglio quanto ho lottato per otte­nere che i comuni dovessero versare nelle tesorerie dello Stato l 'importo de­gli stipendi dovuti ai maestri! Ma poiché in tal modo il debito dei comuni verso i maestri sarebbe diventato debito dello Stato, il ministro del tesoro 1 gli ha fatto osservare che i comuni sono già debitori verso lo Stato di cento milioni e che d'altrettanto si sarebbe ingrossata questa somma qualora fosse stata attuata la riforma. Si è dovuto contentare di disposizioni meno radicali ma che gioveranno meglio di quelle ora in vigore.

Il consigliere Boccardo ha domandato tasse forti per ogni ordine di scuo­le. Il progetto di legge propone una tassa di L. 5 che i comuni possono im­porre e una tassa di licenza di L . 10 . Questo però vale solo per il corso ele­mentare superiore facoltativo. Non gli pare possibile, almeno per il presente momento, imporre una tassa come conseguenza dell'adempimento di un ob­bligo imposto dallo Stato. Il corso complementare sarà quindi gratuito .

Un giudizio più favorevole si darebbe al suo progetto se lo si potesse ve­dere attraverso il prisma degli atti, che oserebbe chiamare eroici, mediante i quali ha potuto mettere insieme questo suo disegno. Narra le molte difficol­tà che ha dovuto superare, a quali ingegnosi espedienti abbia dovuto ricor­rere per mettere insieme la somma necessaria per istituire i nuovi corsi. La sua riforma può sembrare un mezzo termine; ma ricorda che il mezzo termi­ne può essere l'ultimo grado o un grado per salire più in alto . Ha dovuto usare dell'accorgimento politico: se avesse tolto a tutti i comuni il diritto di nomina e non lo avesse lasciato a quelli che sono in grado e vogliono pagar meglio i maestri, avrebbe avuto opposizioni da ogni parte e dagli stessi mae­stri che ne sarebbero stati danneggiati. Il suo eclettismo rispetto alla nomina degli insegnanti non rappresenta due regole diverse ma una regola e una ec­cezione: la regola è la nomina da parte dei Consigli scolastici, la eccezione è la nomina lasciata ad alcuni comuni.

In molti altri paesi l 'obbligo dell'istruzione va oltre il limite di sei anni di durata, ma essi si trovano in ben altre condizioni sociali ed economiche.

Ha dovuto combattere una lotta continua per ottenere aumenti di bilan­cio necessari ed ha ottenuto infatti che il suo bilancio sia portato a quaran­totto milioni. Per fare qualcosa di veramente buono converrebbe si arrivasse a settanta milioni. Ha fatto quel che ha potuto.

Il discorso di S.E. il ministro ha fine fra gli applausi generali. La seduta è tolta alle ore 1 8 .

I l segretario L[uigi] Cristofanetti

1 Giulio Rubini.

Il vicepresidente Pasquale Villari

SEZIONE II

L'ATTIVITÀ DISCIPLINARE

Per la peculiarità delle competenze disciplinari proprie del Consiglio su­periore della pubblica istruzione, che ne· fanno un tribunale a tutti gli effetti, si è prodotta una documentazione atta ad illustrare, oltre alle modalità pro­cedurali, alcuni elementi propri del rapporto fra docente, amministrazione e Stato .

Il confronto fra libertà d'insegnamento e compiti istituzionali del docen­te è alla base del dibattito che si sviluppa dialetticamente in seno al Consi­glio superiore: il confine fra libertà di ricerca e di pensiero e libertà indivi­duali, quale appunto la scelta di un impegno politico attivo, diventa una netta linea di demarcazione allorché quell' impegno politico risulti contrario ai presupposti dello Stato liberale di cui il docente è servitore. Con altrettan­ta coerenza si persegue una rigida linea di comportamento anche per il cor­po studentesco.

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2 10 Fonti per la storia della scuola

1 2

Procedimento contro alcuni professori dell'Università di Bologna.

MPI, CSPI, Processi verbali, 1867-1868, vol. I, pp. 1037- 1074, ms. con firma auto­grafa.

Adunanza straordinaria 8 aprile 1868 1

[ . . . ] Dopo che ciascuno ha occupato il posto assegnatogli, s�condo er� stabilito nelle norme fissate nel procedimento a tenere contro 1 professon

ordinari della Regia università di Bologna, stati accusati di mancamenti per i

quali già erano stati sospesi per due mesi 2; il vicepresidente annunzia eh� dei tre professori accusati due hanno per lettere fatto sapere che non sareb­

bero venuti, cioè i signori Ceneri e Carducci, e che solo il prof. Piazza si è

presentato. Questa mancanza di presenza dei nominati due professori, di­

chiara il vicepresidente, non deve pregiudicarli , né farli ritenere quali con­

tumaci; poiché la legge pone in facoltà degl'incolpati di produrre le proprie

difese· a voce od in iscritto. Quindi si leggeranno le difese inviate e si proce­

derà come se fossero presenti. Intanto il vicepresidente soggiunge che, poi­

ché l'interrogatorio dell'unico che si è presentato potrà dare degli schiarì­

menti importanti sui fatti che sono stati addebitati ad essi imputati, e può

per conseguenza influire sul giudizio a pronunziare anche rispetto agli altri

due, egli crede che s 'abbia a cominciare il procedimento dal dott. Pietro

Piazza professore di chimica organica nella detta università. Lette le lettere con cui i professori Ceneri e Carducci dichiarano di non

1 Sono presenti il vicepresidente Matteucci e i consiglieri Bufalini, Bertoldi, Betti, Bri�schi: Prati, Villari, Aleardi, Bonghi, Spaventa, Carcano, Amari, Cipriani, Duprè, Tenca e Coppmo; 1 due delegati della facoltà medica di Bologna professori Federico Bos� e Fra�c�sco Se�i; i� con­sultore legale del ministero avv. Giuseppe Perona. Funge da relatore il cons1gliere Bnoschr.

2 I decreti di sospensione erano stati adottati dal ministro Broglio con r.d. del 19 mar. 1868.

Il ministro, già nel dicembre 1867, aveva sollecitato il Consiglio superiore ad esprimersi su eventuali misure da adottare contro i professori Carducci, Piazza, Ceneri e Giani, tutti docenti dell'Università di Bologna, e contro il docente privato Filopanti che si erano « m?st�at! osteg­giatori sistematici del governo con scandalo della popolazione e. con dann? della drsetplina sco� lastica». Il Consiglio aveva invitato il ministro ad adottare le nnsure prevrste dalla legge Casati suggerendo altresì di ordinare un'inchiesta disciplinare sull'Università di Bolog�a: M�I, CSPI, Processi verbali, 1867-68, vol. I, p. 12, adunanza del 3 dicembre 1867, ora pubblicato m G. PE­TROCCHI Carducci alla sbarra (con documenti inediti), in « Studi e problemi di critica testua­le», 198Z , 25, pp. 142- 1 43; si veda la recente ricostruzione di S. POLENGHI, La politica univer­sitaria . . . cit . , pp. 345-364.

Sezione II- L'attività disciplinare 2 1 1

voler venire, si fa introdurre nella sala il prof. Piazza, il quale occupa il po­sto a lui destinato, di faccia al seggio presidenziale.

Il vicepresidente poi invita il consultore legale a dar lettura dell'atto d'accusa all'incolpato, e quindi a questi dà la parola perché esponga le pro­prie difese.

Il prof. Piazza comincia dal respingere recisamente il primo capo d'accu­sa, dell'abituale e cospicua partecipazione ad associazioni politiche d'in­tenti notoriamente demagogici, perché immeritata. Egli dice che ha fatto parte dell'Unione liberale, ed ora non si trova ascritto che al Club felsineo ed all'Associazione democratica, nella quale ultima entrò perché gli statuti ed il programma di essa erano stati presentati preventivamente al prefetto, onde la credette costituita con l 'approvazione superiore del governo. Di­chiara che se avesse altrimenti supposto, non vi sarebbe mai entrato , e se avesse in seguito potuto scorgere in quell'associazione degli intenti sovver­sivi, da uomo onesto, o se ne sarebbe ritirato, ovvero si sarebbe dimesso dall'ufficio di professore. Spiega i diversi scopi cui quell'associazione mira, e fra gli altri di promuovere nel popolo l'istruzione, il lavoro, e la cura della sanità. Aggiunge che in essa società egli non rappresentava che la semplice parte del socio , ed era nel comitato di protettorato d'istruzione e di medici­na nello speciale intento di sovvenire i bisogni dei popolani per quanto po­teva rendersi, per i propri studi, utile.

Respinge pure il secondo capo d'accusa della pubblica manifestazione di opinioni di costante ed esaltata opposizione agli atti ed alle tendenze del governo, nonché il terzo capo d'accusa sulla condotta manifestamente contraria ai propri doveri. Egli assicura non aver mai scritto articoli di giornali, non aver arringato mai il popolo, non aver assistito o preso parte a qualsiasi meeting per materie politiche. Egli dice che non si è mai d'altro cu­rato che della scienza a cui si è dedicato interamente, che adempie conscien­ziosamente i doveri d'insegnante non parlando agli scolari che di scienza e senza verona allusione sia politica che religiosa. Descrive la sua vita che pas­sa tutta dedita allo studio, solo permettendosi di andare a trattenersi con ri­spettabili amici qualche ora, appena terminato il pranzo, al caffè delle scien­ze. Ed in prova di quanto asserisce e della sua condotta, cita la pubblicazio­ne ora fatta del primo libro della sua opera sulla chimica organica 1 , opera che mancava tuttora nelle scuole quantunque se ne sentisse il bisogno, e che è stata accolta con favore ed elogiata anche da dotti professori stranieri; opera che è stata ed è lo scopo della sua vita, e che non avrebbe potuto con­durre a termine se si fosse immischiato in faccende di partiti politici.

Mentre accetta poi d'aver apposta la propria firma ad un indirizzo fatto a Giuseppe Mazzini in occasione del diciannovesimo anniversario della pro-

1 P. PIAZZA, Lezioni di chimica organica generale e chimica animale, I, Disp. l, 2, Bolo­gna, Monti, 1868. Piazza era professore di chimica organica.

2 1 2 Fonti per la storia della scuola

clamazione della repubblica romana del 1 849 , respinge affatto il capo quar­to dell'accusa intorno ai voti in esso espressi pel trionfo d'una causa e d'un principio in aperta contraddizione con la presente costituzione civile del­lo Stato. Egli dichiara m era calunnia l'esistenza in quello scritto di aspirazio­ni in senso sovversivo, scritto che, essendo egli impiegato del governo, si vergognerebbe d'aver firmato ove fosse stato del tenore che gli è attribuito. Egli non rammenta precisamente le parole di quell'indirizzo , ma assicura che il medesimo si riduceva ad un semplice concetto e ricordo storico. Ed infine dice che ben si conosce da tutti come egli è intieramente dedito all'a­dempimento dei doveri d'insegnante, e che mai sempre è stato ed è esatto osservatore della legge.

E dopo aver chiesto scusa del troppo calore messo in difendersi da ca­lunniose accuse di cui si sente pienamente innocente, a riguardo del manca­mento attribuitogli a promesse fatte alle autorità scolastiche superiori, dice che non mai fu chiamato per essere di nulla ammonito né dal mini�tro, né dal reggente l'università 1, e che egli ha solo discorso privatamente con i membri della Commissione d'inchiesta ivi mandata; onde non possono esi­stere prove di sue formali promesse per le quali si possa ammettere quest'ul­timo capo d'accusa.

Terminata con ciò l'esposizione delle difese del prof. Piazza, il vicepresi­dente invita il relatore a volgere all'accusato alcune domande per meglio chiarire i fatti di cui si parla, e prega il prof. Piazza a voler dare le analoghe risposte a fine d'illuminare pienamente il Consiglio sui fatti stessi, acciò pos­sa emettere un coscienzioso giudizio.

Il relatore quindi, dopo aver avuto la formale affermazione dell'incolpa­to d'essere stato presente al banchetto del dì 9 febbraio ultimo e di aver fir­mato l'indirizzo, gli domanda se l'indirizzo era concepito ne' seguenti termi­ni stati riferiti al Ministero:

« Oggi, 9 febbraio, alcuni patriotti riuniti a fraternevole banchetto si ri­cordano a voi in tal giorno appunto che rammenta un'epoca felice, quella della nostra romana repubblica, e fanno aspirazione perché ritorni al più presto nuova repubblica italiana, che voi, apostolo dell'idea, propugnate » .

I l prof. Piazza respinge affatto questa dizione, che dichiara falsa i n tutte le sue parti, aggiungendo che egli sa chi lo distese, e che quegli usò tale cir­cospezione nel dettarlo, da evitare qualsiasi lontana allusione repubblicana gli si volesse poi dare .

Richiesto se poteva ricordarsi delle parole di quell'indirizzo, il prof. Piazza risponde, che il concetto di esso era che: alcuni patriotti, raccolti a banchetto, vollero, commemorando il fatto storico della repubblica romana, ricordarsi che Giuseppe Mazzini fu l'iniziatore dei principi dell'unità, libertà

1 Antonio Montanari.

Sezione II - L'attività disciplinaTe 2 1 3

ed indipendenza italiana; ma senza alcuna aspirazione o parola di Repubbli­ca italiana.

Gli si dà lettura dell'articolo pubblicato nel numero 4 1 , del giornale «L'amico del popolo " \ nel quale dicesi che: La festa si sciolse con un voto che compendia le vere aspirazioni della vera democrazia italiana.

Il prof. Piazza trova che fu azione imprudente o capricciosa il parlare co­sì di un fatto privatissimo e accusa l'autore dell'articolo come poco caritate­vole. Egli non può dire quali furono le aspirazioni di cui parla l'articolo, poiché, dovendo recarsi a teatro con la propria famiglia, andò via prima che l'adunanza si sciogliesse. Ma per l'estrema calma con cui procedettero le co­se finché egli fu presente, e per la semplicità delle parole adoperate nell'in­dirizzo a Mazzini, ha fondata ragione di credere che l'aspirazione indicata non fu fatta, ovvero non con idea sovversiva. Prosegue che, per quanto avesse cercato, non gli è riuscito di conoscere l'autore di quell'articolo, e che si era recato alla redazione del giornale per imporli che cessasse di par­lare di loro, ché altrimenti egli protesterebbe su altri giornali.

Domandato perché non avesse subito smentita l'asserzione di quell'arti­colo, risponde che gli sembrava inutile, trattandosi di fatto compiuto, e che questo gli servirebbe per lezione e per esempio del come regolarsi in avve­nire.

Il relatore gli osserva che, mentre egli ha detto che non era nel direttorio dell'Associazione democratica, si rinviene nel volume dei processi verbali delle adunanze di quella società, che egli accettò di far parte della presiden­za dell'Associazione il 2 3 aprile 1 867 e sedette al banco del direttorio fino al 29 giugno 2 •

Il prof. Piazza risponde che egli non ha appartenuto in vero che al comi­tato medico di quella società, e che il fatto citato avvenne per impedire lo scioglimento della società appena costituita, essendosi in quella sera dimes­so il direttorio . Egli ricusava l'ufficio; ma fu forza accettarlo come tempera­mento provvisorio fino alla nuova costituzione della società, la quale avven­ne appena i soci raggiunsero il numero di duecento. Dichiarata costituita l'Associazione, egli si dimise, e per impedire che nell'elezione novella della presidenza e del direttorio potesse egli venire rinominato, pose nella sala delle riunioni due cartelli con dichiarazione che non avrebbe accettato al­cun ufficio.

Il relatore gli chiede poscia quale relazione esisteva fra le due società, la

1 « L'amico del popolo », I l feb . 1868. Il giornale riferiva che alla riunione, presieduta dal gen. Galletti, avevano partecipato Filopanti, Pietramellara, Tanari, Ceneri, Carducci, Piazza « e altri insignì patrioti. Si fecero continui brindisi alla libertà d'Italia dal Galletti, dal Ceneri, dal Caldesi, dal Pais e da altri» .

2 « Programma e statuto della Unione democratica residente in Bologna », Bologna, 1867, in ACS, MPI, CSPI (1848-1903), b. 46, fase. 47, s. fase. 1 .

2 14 Fonti per la storia della scuola

democratica e l'universitaria, e come si riunirono insieme in occasione del giorno onomastico di Garibaldi e Mazzini.

A ciò risponde che non può conoscere quali rapporti esistono fra le due società, non facendo parte del direttorio . Sa solo che gli studenti domanda­rono una sala nell'università che loro venne negata dalla reggenza, e crede che allora si videro forzati di rivolgersi alla società operaia, la quale ha in quella ricorrenza prestata la sua sala a tutte due le sopraddette associazioni. In quanto a lui, ripete, non prende parte alla società democratica né alle di­scussioni che si fanno nelle sue tornate. Solo è esatto a compiere l'obbligo del socio nel pagamento di dieci soldi al mese. Egli ha ben da lungo tempo dimostrato co' fatti quanto sia uomo onesto, e non abbia mai avuto altro scopo che lo studio della scienza cui si è dedicato, perché si possa dubitare che s ' immischi in faccende di partiti politici 1 .

Il consultore legale a questo punto crede che sia conveniente richiedere l 'accusato se sa della risposta data da Giuseppe Mazzini all'indirizzo inviato­gli dai patriotti di Bologna, e della prefazione a quella lettera messa innanzi dal giornale «L'amico del popolo » nel n ° . 77 (17 marzo) di cui si dà let­tura 2 •

A tale interrogazione, risponde il prof. Piazza che gli è nuova affatto questa pubblicazione, non leggendo né incaricandosi molto di fogli politici, e poi come uomo di scienza non pone mente alle imprudenze de' giornali.

Un consigliere 3 interroga l'incolpato perché non protestò, sia per mezzo della stampa sia scrivendo al Ministero allorché lesse sul giornale « L 'amico del popolo » una relazione del banchetto contraria alla verità dei fatti.

Risponde che credette più savio avviso non mettersi in pettegolezzi con giornali, tanto più che in quell'articolo non seppe scorgere spirito sovversi­vo. Respinge l'asserzione d'essere stati i tre professori universitari, secondo è detto nel giornale, i primi a sottoscrivere l'indirizzo. Dichiara che primi ad apporvi la propria segnatura furono Galletti, Filopanti, e Caldesi, che milita­rono in Roma, poi si andò per giro, come si trovavano seduti intorno alla ta­vola, ed egli fu il ventiquattresimo, a firmarlo . Dichiara pure che non si ri­fiutò a sottoscrivere l'indirizzo perché sapeva che la cosa non era contraria allo Statuto 4 .

Dal consultore legale si fa volgere al Piazza un'altra domanda, cioè se sa­peva che il giornale « L'amico del popolo » era l'organo della società demo­cratica che aveva preso un'azione al giornale stesso di lire 100 in seguito ad apposita deliberazione del dì 1 7 luglio, della quale il relatore dà lettura.

1 È cancellata nel testo questa frase: «E d'altra parte avendo egli, appena compiuto il corso universitario, rifiutata una cattedra per poter meglio istruirsi, quantunque si trovasse assai scar­so in beni di fortuna >>.

2 « L'amico del popolo " • 17 mar. 1868. 3 È cancellato nel testo: « Il consigliere Amari, per mezzo del vicepresidente, fa interro­

gare » . 4 È cancellato nel testo: « Si trovava nella cerchia dello Statuto».

Sezione II- L'attività disciplinare 2 1 5

Risponde il prof. Piazza non saperne nulla. Un consigliere 1 mostra desiderio di sapere il perché non abbiano il prof.

Piazza e gli altri suoi colleghi pubblicato il testo vero dell' indirizzo spedito a Mazzini, dopo che era stato annunziato dal giornale, non secondo fu conce­pito .

A simile domanda il Piazza dice che non l'aveva creduto opportuno, trat­tandosi di cosa tutto affatto privata, e che non giovava a nulla quando l'au­torità aveva già pronunziato la loro sospensione 2•

Indi il vicepresidente, visto che niun altro de' componenti il Consiglio voleva volgere altre domande all'accusato, si fa egli per proprio conto ad in­terrogarlo . E primamente gli chiede se può affermare di non aver mai preso parte attiva alla Società democratica. E sulla risposta negativa che ne riceve, abbietta che pure dal febbraio al giugno dello scorso anno egli era membro del comitato provvisorio direttivo della medesima ed incaricato della firma de' suoi atti.

Il prof. Piazza risponde che in sul nascere di una società, il cui program­ma era stato visto dall'autorità, non poteva ritenere che poi avesse a venire in tanta disistima del governo, come in questo momento apprende essere venuta.

Dopo ciò, fatto ritirare l'accusato, il vicepresidente invita il consultore legale a voler esporre al consesso le sue definitive conclusioni al suo atto d'accusa, rispetto al prof. Piazza, di cui ha udite le difese. E questi formala le conclusioni ne' seguenti termini :

-Doversi i l prof. Piazza dichiarare convinto pel primo capo d'accusa; doversi dichiarare non constare d'essere reo per gli altri, e doversi sospen­dere dalla cattedra per sei mesi.

Posto termine alla prima parte di questo giudizio, il vicepresidente ne sospende per il momento il seguito, per compiere innanzi tutto l'istruzione del processo per tutti tre gl'incolpati, e per procedere poscia alle relative di­scussioni onde pronunziare le decisioni finali che il Consiglio deve dare.

Quindi alle ore 1 1 t , si ritirano i delegati della facoltà medica sopra no­minati, e sono introdotti nella sala i professori, cav. Oreste Regnoli ed avv. Costanzo Giani, delegati della facoltà di giurisprudenza, per assistere e pren­dere parte al giudizio contro il cav. Giuseppe Ceneri, professore ordinario di diritto romano nell'Università di Bologna.

Dopo che questi hanno occupato il loro posto, il vicepresidente ripete la dichiarazione che, quantunque l'accusato non si sia presentato, non sarà per questo ritenuto come contumace, poiché si è valso del diritto che concede la legge d'inviare in iscritto le proprie difese, secondo che ha dichiarato con

1 È cancellato: « Il consigliere Carcano ». 2 È cancellato nel testo: «N'era finito il bisogno una volta che l'autorità l'aveva già giudica­

to sovversivo ».

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2 1 6 Fonti per la storia della scuola

la lettera allo stesso signor vicepresidente diretta in data 4 corrente mese, di cui si dà lettura.

Il consultore legale poscia legge l'atto d'accusa, meno il capo V, che non riguarda il prof. Ceneri, ed il relatore le due lettere del cennato professore in cui sono esposte le difese di lui: l'una in data 2 6 marzo ultimo diretta al reggente dell'Università di Bologna, e l 'altra in data del 7 di questo mese di­retta al vicepresidente del Consiglio superiore.

Nel primo scritto il cav. Ceneri, attaccando come illegale l'atto governa­tivo con il quale venne sospeso, non sconfessa d'aver fatto quello che gli si addebita; ma dice che fino a quando dalla cattedra non insegna idee e prin­cipi sovversivi, il governo non ha il diritto di sindacare la vita di un profes­sore come cittadino. Egualmente col secondo scritto accetta per vere tutte le cose asserite nei cinque capi d'accusa; se non che tenta dimostrare che, come libero cittadino, era in diritto di agire come ha fatto; che come profes­sore ha adempiuto ai propri obblighi con condotta irreprensibile; e che si sia data un'interpretazione non vera alle cose avvenute, onde non sa vedere in che siasi reso meritevole d'alcuna pena. Dichiara inoltre che egli non rinne­gherà le idee ed i principi da lui propugnati nel Congresso della pace in Gi­nevra 1 • E conchiude sì nell'uno che nell'altro scritto, dicendo che ove si vo­glia per i professori un diritto politico eccezionale, onde fuori della cattedra non sieno liberi cittadini retti dal solo diritto comune, non gli resterebbe al­tro partito a prendere per conservare la dignità d'uomo onesto, che di rasse­gnare le sue dimissioni dall'ufficio che occupa.

Quindi il vicepresidente invita il consultore legale a formolare le definiti­ve conclusioni al suo atto d'accusa contro il prof. Ceneri, del quale ha udito a leggere le difese.

Ed il consultore legale richiede doversi «il cav. prof. Ceneri dichiarare convinto del primo, secondo, terzo e sesto capo d'accusa, e doversi punire con la sospensione dalla cattedra per un anno » .

Finita con ciò la prima parte del procedimento a riguardo del Ceneri, il vicepresidente ne sospende pel momento il seguito, per passare al giudizio contro il prof. Carducci.

A mezzodì si ritirano i delegati della facoltà di leggi e sono introdotti nella sala i professori, cav. Giovanni Battista Gandino e Francesco Fiorenti­no, delegati della Facoltà di filosofia e lettere dell'Università di Bologna per assistere e prendere parte al giudizio iniziato contro il professore ordinario di letteratura italiana cav. Giosuè Carducci.

Appena questi delegati hanno occupati i posti loro assegnati, il vicepresi­dente, fatta leggere la lettera dell'accusato con cui il medesimo, valendosi della libertà accordatagli dalla legge d'inviare in iscritto le proprie difese in­vece che di venirle a sostenere a voce, trasmette alcune note di risposta ai

1 Il Congresso ebbe luogo nel settembre 1867.

Sezione II- L'attività disciplinare 2 17

capi d'accusa intimatigli; rinnova la dichiarazione che non s'intenderà di procedere al giudizio in contumacia, ed invita il consultore legale a dar let­tura del relativo atto d'accusa.

Il consultore legale legge i cinque capi d'accusa che riflettono il prof. Carducci; e poi il relatore si fa a leggere due documenti di esso professore.

Il primo si è una lettera da lui diretta al signor ministro in data 30 no­vembre 1867, con la quale, dolendosi d'aver saputo che era accusato di qualche cosa e che qualche cosa in lui dispiace all'autorità, afferma da one­st'uomo che non gli pesa nulla il promettere che d'ora in poi si raccogliereb­be intieramente ne' suoi studi: lo che gli è necessario fare per dovere d'inse­gnante e per gl'impegni che ha con qualche editore. Aggiunge che ciò gli è anche grato, perché, che che possano aver detto, egli ama la solitudine e la vita di famiglia. E termina con osservare che lo aveva già deliberato, tanto è vero che, sono oramai tre settimane, egli dette le sue dimissioni dal comita­to direttivo di una società politica 1 •

Il secondo documento consiste nelle note di risposta ai capi d'accusa in­timatigli, le quali si trovano unite al presente processo verbale .

Dopo tale lettura il consultore legale, invitatone dal vicepresidente, for­mala nei seguenti termini le sue definitive conclusioni:

«Doversi il cav. prof. Carducci dichiarare convinto del capo primo d'ac­cusa e del quinto, e doversi punire colla sospensione dalla cattedra per sei mesi» .

Compiuto con ciò, mezz'ora dopo il mezzodì la prima parte del giudizio per tutti tre i sopra nominati professori, il consultore legale si ritira; ed il Consiglio, prima di sospendere la seduta, delibera di aversi a riunire nuova­mente alle ore due pomeridiane di questo stesso giorno, per dar principio alle discussioni convenienti, e che a queste discussioni si proceda col se­guente ordine, prima pel Ceneri, poi pel Carducci, e infine per Piazza.

Prese queste deliberazioni, l'adunanza è sciolta. Firenze l giugno 1868 .

Il segretario C[esare] Volpicella

11 vicepresidente q arlo] Matteucci

Continuazione della tornata straordinaria del dì 8 aprile 1 868: tenuta per dar giudizio sulle accuse mosse contro il prof. cav. Giuseppe Ceneri.

La tornata è di nuovo riunita alle ore due pomeridiane. Sono presenti tutti i membri del Consiglio superiore sopra nominati 2, e i delegati della Fa-

1 Carducci aveva fatto parte con Ceneri e Piazza della Commissione provvisoria dell'Unio­ne democratica a Bologna, nell'aprile 1867.

2 Vedi nota 1 a p . 2 10.

2 18 Fonti per la storia della scuola

coltà di leggi dell'Università di Bologna, professori Giani e Regnoli. La di­scussione si apre sui vari capi d'accusa.

I delegati Giani e Regnoli dichiarano che essi credono avere ricevuto dal­la facoltà un mandato determinato e limitato al solo fatto del banchetto e dell'indirizzo a Mazzini, su cui il decreto di sospensione è , secondo essi, uni­camente fondato. Non credono di dover entrare a discutere altri fatti, non avendo prima saputo che questi formavano parte dell'accusa a carico del professar Ceneri, e non credono neppure che il Consiglio sia chiamato a di­scuterli. In ogni caso dichiarano che, avendo accettato un mandato determi­nato non sono disposti ora ad accettarne un altro . Si appoggiano anche alle dichiarazioni fatte dal ministro alla Camera 1 .

I l vicepresidente, il relatore, ed altri consiglieri fanno notare che le di­chiarazioni del ministro alla Camera non possono essere citate in questa oc­casione, e che il decreto di sospensione non si fonda sul solo fatto del ban­chetto e dell'indirizzo; ma sull'art. 1 07 della legge 13 novembre 1859, e quindi su tutti i fatti noti a cui la legge può riferirsi. Essa determina quali so­no le attribuzioni e i doveri dei delegati, i quali non vengono in virtù di un mandato speciale, ma sono inviati dalla facoltà, secondo la legge, la quale dà loro in questa tornata e per questo affare, i diritti e i doveri di consiglieri. Non sono né difensori né mandatari, ma membri del Consiglio , il quale non è un tribunale ordinario; ma un consesso che giudica in questo momento la condotta dei professori secondo norme determinate da una legge speciale.

I due delegati, pure insistendo nel loro avviso, accettano il mandato, sot­toponendosi a questa che essi non credono chiara interpretazione della leg­ge. Trovano ancora a ridire sulla procedura stabilita dal Consiglio, e vorreb­bero che il giudizio fosse pubblico . Uno dei delegati più specialmente insiste su questa pubblicità che egli dice voluta dalle norme dell'odierno progresso legislativo.

Alcuni consiglieri rispondono che il segreto voluto dalle norme di proce­dura si riferisce al tempo in cui pende il processo . Del resto il giudizio deve essere a scrutinio segreto . Vari consiglieri avrebbero desiderato un voto pa­lese; ma la legge vi si oppone. La pubblicità di tutto il processo non è cosa che possa ora decidersi dal Consiglio , ma dipende, secondo i regolamenti, da una deliberazione da prendersi più tardi.

I delegati desiderano che nei motivi della sentenza sia fatto cenno che essi ritengono sempre d'aver ricevuto un mandato speciale dalla facoltà, e che il Consiglio non dovesse esaminare altri fatti oltre quelli del banchetto e dell'indirizzo, e che hanno accettato gli obblighi imposti loro dalla legge, sebbene non li avessero prima conosciuti, né ora fossero del tutto persuasi.

Questa quistione è rimessa alla fine del giudizio , non senza dichiarare ai

1 AP, Camera dei deputati, legislazione X, I sessione ( 1867 - 1869), Discussioni, V, tornata del 25 marzo 1868, pp. 5 1 80-5 1 8 1 , tornata del 1 7 aprile 1868, pp. 5527-5528, tornata 27 apri­le 1868, pp. 5 6 15-5620.

Sezione II- L'attività disciplinare 2 19

delegati essere stato già discusso nel Consiglio se poteva o no farsi precede­re la sentenza da alcuni considerando o motivi, ed essere stato deciso di no a maggioranza di voti.

Si comincia quindi la discussione sulle accuse, e prima sul fatto del ban­chetto, dando via via lettura di vari documenti.

Uno dei delegati dice non esservi legge che determini gli obblighi del professore fuori dell'università. Ma il vicepresidente, il relatore ed altri con­siglieri gli notano che ora si tratta di determinare solo il fatto del banchetto.

I delegati dicono allora di credere che il ministro abbia operato fondan­dosi �opra un fatto riferito solo da un giornale che è scritto da giovani ine­sperti. I banchetti tenuti il 9 febbraio hanno l�ogo ogni anno in Romagna per celebrare la decadenza del poter temporale, e la resistenza fatta dai Ro­ma� contro lo straniero. La repubblica fu proclamata allora perché, caccia­to il papa, non restava alcun governo, e non v'era né ragione né modo di creare un altro principe. Lo stesso si fece a Venezia, cacciati gli stranieri. L'indirizz� fu

_ firmato prima dai signori generale Galletti, Caldesi e Filopanti,

secondo l articolo stesso del citato giornale, che neppure parla della firma dei professori Ceneri, Carducci e Piazza.

Il decreto del ministro dice di avere proceduto secondo l'avviso del Consiglio superiore, il quale, però, ha detto, siccome si legge nel processo verbale: Verificati i fatti e la gravità attribuita ad essi. Questa lodevole prudenza del Consiglio non è stata imitata dal ministro, che altrimenti avrebbe visto che questa gravità mancava, e che i fatti non erano nella più gran parte né provati né veri. La lettera del prefetto 1 che trovasi fra i vari documenti e di cui il relatore ha dato lettura parla di notizie verbali ricevute da un tale; e lo stesso prefetto dice che crede di sapere presso a poco il te­nore dell'indirizzo. Su ciò non si può fondare una condanna.

Alcuni consiglieri però leggono il decreto, dal quale apparisce che il mi­�st�o non si è fondato solo sul giornale «L'amico del popolo » , né sopra dei s1 d1ce; ma ha avute altre informazioni, e da più parti. A Bologna vi è stata anche un'inchiesta ordinata dal Consiglio e fatta da tre suoi membri 2• n mi­nistro ha avuta la relazione d'inchiesta e quelle delle autorità locali. I fatti noti sono molti, e i mezzi con cui furono verificati e provati furono anch'es­si molti e molto ponderati. I documenti relativi all'accusa sono tutti sul ta-

1 Il prefetto di Bologna Giuseppe Cornero il 1 8 marzo 1868 comunicava il testo dell'indi­riz�o , grazie alla testimonianza di una «persona sicura che era presente al banchetto »; esso così reCitava: « Oggi 9 febbrajo alcuni patriotti riuniti a fraternevole banchetto si ricordano a voi in tal giorno appunto che rammemora tm'epoca felice, quella della nostra Romana repubblica e fanno aspirazioni perché ritorni al più presto nuova repubblica italiana che Voi apostolo dell'i­dea propugnate »: ACS, MPI, CSPI (1848-1903), b. 46, fase. 47.

2 La commissione d'inchiesta era composta dei consiglieri Matteucci Amari Brioschi Villa-ri: MPI, CSPI, Processi verbali, 1867-1868, I, adunanza del 3 dicembre 1

,867.

' '

La commissione presentò i suoi lavori al Consiglio superiore che li prese in esame nell'adunan­za del 5 marzo 1868.

2 20 Fonti per la storia della scuola

volo del Consiglio superiore, che li ha già esaminati e li ha messi a disposi­zione dei delegati. lvi si possono vedere quali e quanto gravi siena le accuse e le prove.

Rispondono di nuovo i delegati che i fatti su cui si fonda un'accusa e una condanna non si presumono; si provano legalmente. Il prefetto dice presso a poco quale era, secondo lui, l 'indirizzo. Colui, che ha riferito al prefetto ciò che dice essere avvenuto nel banchetto, era uno che denunziava fatti privati, e non meritava perciò fiducia né stima alcuna. Le sue parole non so­no autorevoli né costituiscono prove di sorta.

Si risponde che il banchetto non fu un fatto privato, ma un fatto noto­rio: che, trattandosi d'un atto contrario ai principii fondamentali dello Sta­to, chi lo riferiva poteva ben essere un amico del presente ordine di cose, un onesto cittadino. I professori sono liberi sulla cattedra e fuori; ma debbo­no pure serbare una condotta temperata ed autorevole. Il firmare un indiriz­zo a Mazzini nel momento in cui esso rialza la bandiera repubblicana è un esempio funesto alla gioventù, che il governo non può tollerare senza man­care ai suoi doveri.

Uno dei consiglieri aggiunge: ma se è vero che i fatti non esistono o fu­rono falsamente interpretati, resta vero che dai discorsi, dagli scritti e dalla condotta del prof. Ceneri è nata nel pubblico l'opinione che egli e i suoi col­leghi avevano firmato un indirizzo contrario alle nostre istituzioni. La stam­pa lo ha detto, il governo ed una parte del pubblico lo han creduto, molti se ne sono preoccupati, un effetto doveva ciò produrre sulla gioventù. Il prof. Ceneri, se era innocente di tutto ciò, poteva con un solo verso smentire tut­to e far conoscere la verità, e forse impedire che avesse luogo il processo medesimo. Perché non lo ha fatto?

Uno dei delegati nega che la stampa abbia detto ciò esplicitamente, e non crede che il prof. Ceneri avesse obbligo di smentirla. Il Ceneri non di­sconfessa di aver firmato l'indirizzo. Quanto al suo contenuto, la stampa lo ignorava, egli non era tenuto a rivelarlo.

Un consigliere osserva che il modo con cui gl'imputati hanno agito pro­va che sono uomini accorti. Essi hanno serbato, secondo è stato detto da uno di essi, la minuta originale dell'indirizzo, per non essere poi presi in fal­lo . Dunque sapevano quel che facevano e come dovevano farlo per non es­sere incolpati legalmente. I partiti hanno bisogno col loro linguaggio di con­tentar molti per tirarli alle loro opinioni; usano per ciò un linguaggio che si presta a gusti diversi. Ciò non vuol dire che questo linguaggio sia necessaria­mente incriminabile dai tribunali ordinari. I partiti fanno quello che ogni giorno fa Mazzini, il quale riesce a pubblicare i suoi articoli repubblicani sen­za farli condannare dai liberali. Ma se un tale linguaggio non è condannabile dai tribunali ordinari, niuno può negare che il prof. Ceneri e i suoi colleghi avrebbero con una esplicita dichiarazione dei loro principii potuto e dovuto mettersi in una posizione chiara.

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Sezione II- L'attività disciplinm·e 2 2 1

Il prof. Ceneri dunque, ripiglia un altro consigliere, ha tenuto un lin­guaggio che per essere simile a quello tenuto da Mazzini si presta alle mede­sime interpretazioni, ed è stato nello stesso modo interpretato , e quest' in­terpretazione non è stata smentita. Ma tale linguaggio, quando veramente non fosse incriminabile innanzi ai tribunali ordinari, sarebbe pure soggetto ad una grave disapprovazione del Consiglio, perché dovrebbe avere un ef­fetto funesto sulla gioventù e sulla disciplina universitaria. Il silenzio del­l'imputati aggrava la loro posizione rispetto al governo. E ciò senza tener conto di fatti assai gravi che dalla lettura dei documenti risultano circa il ca­rattere dell'associazione che il prof. Ceneri dirige e a cui gli altri due colle­ghi pigliano parte.

Un delegato ripete che «<l Dovere» \ giornale repubblicano, riferisce i fatti, e dice che il generale Galletti corresse nell' indirizzo qualche parola, appunto perché poteva prestarsi a false interpretazioni. Ciò prova che nulla vi fu nell'indirizzo di legalmente condannabile.

La discussione procede in tal modo per lungo tempo. Si leggono docu­menti a stampa e manoscritti che vengono commentati, e finalmente si pro­cede alla votazione dei vari capi d'accusa formolati dal vicepresidente, dal relatore e dal Consiglio , che sono i seguenti:

l o . Crede il Consiglio superiore provato il fatto asserito dal giornale «L'amico del popolo », no 4 1 , 1 1 febbraio 1 868, che cioè il prof. Ceneri ab­bia firmato l'indirizzo a Mazzini e a Garibaldi?

Votanti, diciotto : affermativi diciassette; pel no, uno. Approvato. 2 o . Crede il Consiglio superiore che quell'indirizzo sia in termini identi­

ci a quelli citati in una comunicazione fatta al Consiglio e che fa parte del procedimento?

Votanti, diciassette (uno astenuto) : affermativi, tre; pel no, quattordici. Respinto.

3 o . Crede il Consiglio che quell'indirizzo sia in termini equivalenti a quelli della comunicazione citata nella questione seconda?

Votanti, diciassette (uno astenuto): affermativi, dodici; pel no, cinque. Approvato.

Innanzi di venire alla votazione del quarto quesito si dà lettura di alcuni brani d'un discorso del professar Ceneri al Congresso della pace tenuto a Ginevra 2, e, dopo discussione, prevale nei più l'avviso che in esso vi sia la espressione dei medesimi principii dell'indirizzo con la medesima cautela ed accortezza esposti.

1 << Il Dovere », 12 feb. 1868. 2 <<Relazione sul Congresso della pace tenutosi in Ginevra letta da Giuseppe Ceneri all'Unio­

ne democratica di Bologna e da questa unanimamente approvata nella pubblica adunanza del 2 1 settembre 1867. Vi fa seguito il testo del discorso proferito dallo stesso Ceneri al Congres­so ", Bologna 1867: ACS, MPI, CSPI (1848-1903), b. 46, fasc.47.

- --·

222 Fonti per la storia della scuola

Si pongono quindi ai voti i seguenti quesiti:

4 o . Crede il Consiglio che i passi del discorso del pro f. Ceneri al con­gresso tenuto a Ginevra, quali furono letti al Consiglio, significhino princi­pii e dottrine direttamente avverse alla monarchia costituzionale?

Votanti, sedici (due astenuti): affermativi, sei; pel no, dieci. Respinto . 5 o . Crede il Consiglio che il pro f. Ceneri abbia preso parte principale ed

efficace nella società dell'Unione democratica di Bologna? Votanti, sedici (due astenuti): affermativi, quindici; pel no, uno. Appro­

vato. 6. Crede il Consiglio che il prof. Ceneri per la sua condotta, quale risul­

ta dai fatti sopra esaminati, abbia mancato a' suoi doveri di pubblico ufficia­le e d'insegnante?

Votanti, sedici (due astenuti): affermativi, quindici; pel no, uno. Appro­vato.

7 o . Crede il Consiglio che i mancamenti di cui sopra possano essere compresi fra quelli di cui si parla nell'art. 106 della legge 1 3 novembre 1859?

Votanti, diciotto: affermativi, quattordici; pel no, quattro. Approvato . Si viene quindi a formulare la proposta per la pena da applicare al prof.

Ceneri, secondo l'art. 106 della legge. Uno dei delegati propone che sia messa ai voti la semplice ammonizione.

Dopo breve discussione si pone ai voti l'ottavo quesito, cioè: 8 o . Crede il Consiglio che sia pena sufficiente la ammonizione? Votanti, diciotto: affermativi, tre; pel no, quindici. Respinto. Allora si viene a discutere sopra una pena maggiore. Dopo varie altre

proposte, uno dei consiglieri sostiene una sospensione di soli quattro mesi, dicendo che non importa dare una pena grave, ma importa invece stabilire che la condotta dei professori era condannabile, ed essere poi uniti nell'ap­plicazione della pena. È quindi messo ai voti il quesito nono.

9 o . Crede il Consiglio che la pena debba essere di quattro mesi di so-spensione, a datare dal 19 marzo di quest'anno?

·

Votanti, diciotto: affermativi, undici; pel no, sette. Approvato. Dopo di ciò resta approvato dal Consiglio che si debba proporre al mini­

stro che al prof. Ceneri venga inflitta, secondo l'art. 106 della legge 1 3 no­vembre 1 859, una sospensione di quattro mesi, a datare dal dì 19 marzo di questo anno.

I delegati ritornano sulla domanda già fatta, che la sentenza debba essere motivata, e nei motivi espresso anche il parere da essi manifestato intorno al carattere del loro mandato circa i fatti relativi a questo giudizio non accen­nati nel decreto.

Questa quistione è rimessa alla tornata di domani. Terminata alle ore 6 t pomeridiane questa discussione, è stato chiamato

nella sala il segretario del Consiglio per sottoscrivere l'atto della votazione, e si è sciolta l'adunanza.

Sezione II- L'attività disciplinare 223

Firenze l giugno 1 868.

Il segretario C[esare] Volpicella

Il vicepresidente C[arlo] Matteucci

Continuazione della tornata straordinaria del dì 8 aprile 1 868, tenuta per dar giudizio sulle accuse contro il pro f. cav. Giosuè Carducci 1 •

Il Consiglio superiore s i riunisce nuovamente il mattino del 9 aprile 1868, alle ore 10 e minuti 20.

Sono presenti tutti i consiglieri sopra menzionati 2 , e i professori Fioren­tino e Gandino, delegati dalla Facoltà di lettere di Bologna.

Si comincia col mettere ai voti il primo quesito , sul quale non cade di­scussione, che è il seguente:

l o . Crede il Consiglio superiore provato il fatto asserito nel giornale «L'amico del popolo » , che cioè il prof. Carducci abbia firmato l'indirizzo a Mazzini e a Garibaldi?

Votanti, diciotto: affermativi, diciotto. Approvato. Uno dei delegati fa osservare che il professore Carducci aveva fatto pub­

blicare una lettera ne «L'amico del popolo » , in cui determinava il valore che voleva dare al banchetto e all'indirizzo.

I l relatore legge la lettera, che però è scritta dopo il decreto di sospen­sione. In essa il prof. Carducci aderisce a quella già pubblicata dal Ceneri e indirizzata al reggente dell'università di Bologna.

Si pone ai voti il secondo quesito . 2 o . Crede il Consiglio superiore che quell'indirizzo sia in termini identi­

ci a quelli citati in una comunicazione fatta al Consiglio e che fa parte del procedimento?

Votanti diciassette (uno astenuto): voti pel no, diciassette. Respinto. Si procede alla discussione del terzo quesito. I delegati affermano non

esservi nell'indirizzo neppure una volta la parola repubblica. Essi sono in grado di farne conoscere al Consiglio il contenuto esatto, e danno intorno al medesimo notizie precise. Dopo di che si viene alla votazione dei seguenti quesiti:

3 o . Crede il Consiglio che quell'indirizzo sia in termini equivalenti a quelli della comunicazione citata nella questione seconda?

Votanti, diciassette (uno astenuto) : affermativi, quattordici; pel no, tre. Approvato.

4 o . Crede il Consiglio che il pro f. Carducci abbia presa una parte note­vole nella società dell'Unione democratica di Bologna?

Su questo quarto quesito si discute in vario senso, notando alcuni come

1 Già pubblicato in G. PETROCCHI, Carducci alla sbarra . . . cit., pp. 148-150 . 2 Vedi nota 1 a p . 2 10.

224 Fonti per la storia della scuola

il Carducci fosse stato piuttosto trascinato da amici e compagni, e non aves­

se avuto una vera iniziativa. Non potersi negare che la parte da lui presa era

notoria, ma notevole non fu, se con ciò si vuoi dire efficace. È quindi deciso

di votare prima sul quesito come è sopra espresso, e poi mutare la parola

notevole in efficace, e votare di nuovo, dividendo il quesito in due. Messa ai

voti la prima redazione del quesito risulta:

Votanti, diciotto : affermativi, nove; pel no, nove. Respinto. Allora si pone ai voti l'altro quesito . 5 o . Crede il Consiglio che il pro f. Carducci abbia presa una parte effica-

ce nella società dell'Unione democratica di Bologna? Votanti, diciotto: affermativi, cinque; pel no, tredici. Respinto . Si procede al sesto quesito. 6 o . Crede il Consiglio che il prof. Carducci abbia mancato alla promessa

data all'autorità scolastica superiore con sua lettera del 30 novembre 1867 di volersi raccogliere interamente ne' suoi studi?

Il relatore legge la lettera con cui il Carducci fa la promessa al Ministero, e la lettera dal Carducci stesso diretta al Consiglio. In questa egli dice che il banchetto era un fatto privato, ed assistendovi non ha creduto mancare alla promessa data.

Uno dei consiglieri desidera una diversa redazione del quesito . A lui sembra che la promessa di mutar vita è qualche volta in parte almeno indi­pendente dalla volontà di chi promette, e non si può credere che vi sia dav­vero volontario mancamento di fede, specialmente quando si sa che il Car­ducci era andato al banchetto, senza neppur sapere precisamente quale ne fosse il carattere, e quale il numero dei convitati. Egli per ciò non vorrebbe che si ponesse un quesito formolato in :modo da poter portare una condan­na sul carattere stesso di un professore.

Uno dei delegati soggiunge, appoggiando le parole del preopinante, che il Carducci fu invitato mentre studiava, e non sapeva quale fosse il vero ca­rattere del banchetto .

Il quesito non astante fu messo ai voti nella forma precedente, perché si risponde da alcuni che mancare su una promessa non è lo stesso che manca­re alla parola data.

Votanti, diciassette (uno astenuto) : affermativi, quindici; pel no, due. Approvato.

Si procede alla votazione degli altri quesiti: 7 o . Crede il Consiglio che il pro f. Carducci per la sua condotta, come ri­

sulta dai fatti sopra esaminati, abbia mancato ai suoi doveri di pubblico uffi­ciale e d'insegnante?

Votanti, diciotto: affermativi sedici; pel no, due. Approvato . 8 o . Crede il Consiglio che i mancamenti di cui sopra possano essere

compresi in quelli di cui si parla all'art. 106 della legge 1 3 novembre 1859? Votanti, diciotto: affermativi, sedici; pel no, due. Approvato.

Sezione II- L 'attività disciplinare 225

Si propone da alcuni la pena di tre mesi di sospensione, a decorrere dal 19 marzo ultimo, ma uno dei delegati prega il Consiglio di diminuire una tal pena, perché il Carducci veramente non è andato al banchetto credendo di mancare alla promessa fatta, e perché una tal pena sarebbe a lui gravissima per ogni riguardo .

Uno _dei consiglieri propone allora due mesi solamente; ma ad alcuni par

poco, ad altri sembra che ciò sia un tenersi solo alla sospensione già data dal ministro, e quasi un sembrare di voler assolvere il Carducci, dopo aver vota­to che aveva mancato alla promessa.

Si propongono finalmente due mesi e quindici giorni, cioè: 9 o . Crede il Consiglio che sia pena sufficiente due mesi e mezzo di so­

spensione, a datare dal giorno 19 marzo 1 868? Votanti, diciotto : affermativi, quattordici; pel no, quattro. Approvato. Terminata al mezzodì questa votazione, è stato chiamato nella sala il se­

gretario del Consiglio per sottoscrivere l'atto della votazione, e si è sciolta l'adunanza.

Firenze l giugno 1868.

Il segretario C[esare] Volpicella

Il vicepresidente C[ arlo] Matteucci

Continuazione della tornata straordinaria dei dì 8 aprile 1 868, tenuta per dare giudizio sulle accuse mosse contro il prof. dott. Pietro Piazza.

Il Consiglio è di nuovo adunato alle ore l t pomeridiane del 9 aprile 1868. Sono presenti tutti i consiglieri sopra nominati \ e i professori Selmi e Basi delegati della Facoltà di scienze naturali in Bologna.

Si pone ai voti il primo quesito, cioè:

l o . Crede il Consiglio superiore che il prof. Piazza abbia firmato l'indi-rizzo a Mazzini?

I delegati notano che l'indirizzo non era contrario allo Statuto. Votanti, diciotto : affermativi, diciotto. Approvato. Si pone ai voti il secondo quesito . 2 o . Crede il Consiglio superiore che l'indirizzo sia in termini identici a

quelli riferiti dal relatore citando il documento comunicato al Consiglio? Un delegato nota che l'indirizzo aveva un valore storico e non contene­

va affermazione né aspirazione alla repubblica. Il prof. Piazza quando fu chiamato al banchetto aveva già promesso di andare ad un altro ritrovo con la famiglia, e fu chiamato ad ora tarda e in fretta. Andò verso l'ultimo del banchetto; fu dolentissimo quando i giornali ne parlarono, e ne fece rimpro­vero all'editore. Non protestò sulle interpretazioni e i commenti fatti per

1 Vedi no.ta l a p. 2 10.

226 Fonti per la storia della scuola

non dare pubblicità maggiore alla cosa. Affermò più volte agli amici che nel­l'indirizzo non v'era nulla di repubblica. Lo ripeté a memoria agli amici per sentire il loro parere, ed essi furono tranquilli nel sentirlo riferito da lui. Fu il ventesimo nel firmarlo: non fu dei primi, come venne asserito .

Si osserva che l'indirizzo andò in giro e che si firmò secondo si era sedu­ti. Nel banchetto v'erano sessanta persone. Se il Piazza fu il ventesimo, non fu degli ultimi. In ogni caso, questo fatto non ha valore. Quanto poi al con­tenuto dell'indirizzo, il Consiglio è stato abbastanza illuminato dalla lettura dei documenti e dalle più esatte e precise notizie già avute.

Votanti, diciassette (uno si astiene): pel no, diciassette. Respinto. 3 o . Crede il Consiglio che quell'indirizzo sia in termini equivalenti a

quelli del documento citato nel quesito secondo? Votanti, diciassette (uno si astiene): affermativi, quindici; pel no, due.

Approvato . Prima di venire agli altd quesiti s i discute intorno al valore delle afferma­

zioni fatte a voce dal prof. Piazza innanzi al Consiglio, alcune delle quali sembravano a qualche consigliere avere piuttosto aggravato la sua posizio­ne. Altri osserva invece che il Piazza aveva detto d'aver preso parte all'Unio­ne democratica come medico, e quindi ciò rendeva la cosa meno grave per lui. Si oppone però che tutte le società democratiche s 'occupano di scuole e beneficenza, perché così fanno tutte le associazioni politiche d'ogni colore, e perché ciò è anche un mezzo di attirare più gente, e può, quando occorra, servire a nascondere i proprii fini. Ma ciò non toglie ad esse il loro carattere particolare. Il Piazza d'altronde ha detto che fu presidente della società quando essa pericolava, e la fece rivivere raccogliendo duecentocinquanta soci, come del resto apparisce dai documenti.

Si nota da un delegato che esso però fu presidente, quando la società aveva un carattere diverso assai da quello che prese dopo.

Si discute per ciò intorno al modo di formulare il quarto quesito . Alcuni vogliono chiedere se il Piazza ha preso una parte notevole nel­

l'andamento della società; altri dicono che fu notevole senza dubbio, ma bi­sogna chiedere se l'ha presa nell'andamento politico presente, o solo nel primo che fu assai diverso.

Vengono quindi formulati e votati i seguenti quesiti: 4 o . Crede il Consiglio che il pro f. Piazza abbia presa una parte notevole

nell'andamento politico della società dell'Unione democratica di Bologna? Votanti, diciotto: affermativi, tre; pel no, quindici. Respinto. 5 o . Crede il Consiglio che il pro f. Piazza, per la sua condotta, come ap­

parisce dai fatti sopra nominati, abbia mancato ai suoi doveri di pubblico uf­ficiale e come insegnante?

Votanti, diciotto : affermativi, quindici; pel no, tre. Approvato. 6 o . Crede il Consiglio che i mancamenti accennati di sopra possano rite­

nersi fra quelli compresi nell'art. 106 della legge 1 3 novembre 1 859?

Sezione II- L'attività disciplinare 227

Votanti, diciassette (uno astenuto) : affermativi, sedici; pel no, uno. Ap­provato.

7 o . Crede il Consiglio che sia il caso di considerare come circostanze at­tenuanti le dichiarazioni fatte dal prof. Piazza nel suo interrogatorio?

Votanti, diciotto : affermativi, tredici; pel no, cinque. Approvato. Dopo ciò si propone da alcuni la sospensione di due mesi e da altri di

due mesi e mezzo. Pure si vorrebbe dare al prof. Piazza una pena minore di quella data al Carducci, il quale ha fatto una promessa non attenuta, mentre il Piazza non aveva promesso, ed è poi venuto innanzi al Consiglio, ove ha fatto esplicite dichiarazioni, dicendo che egli si tiene legato dal giuramento e dal carattere del suo ufficio, e ha formalmente dichiarato di sentirsi obbli­gato a non fare nulla contro lo Statuto e i principii fondamentali dello Stato.

Alcuni consiglieri vorrebbero perciò una pena minore dei due mesi. Sorge quindi la quistione se il Consiglio possa o no diminuire la pena già

data col decreto 19 marzo. Un consigliere crede che si possa, perché, se il ministro ha dalla legge fa­

coltà di sospendere per due mesi, ciò non toglie che il Consiglio esprima il suo avviso, e lasci al ministro valersi, se vuole, della facoltà che gli dà la legge.

Aggiungono altri, che il Consiglio non deve tenersi in questo vincolato dal decreto già firmato; essere anzi bene che dimostri la sua autorità per quanto la legge glielo consente.

Il relatore crede che il Consiglio debba giudicare anche sui due mesi. Il ministro deve, secondo la legge, portare l'affare innanzi al Consiglio, perché si esprima se vi sia luogo ad una pena qualunque, altrimenti si dovrebbe am­mettere nel ministro la facoltà di sospendere di due mesi in due mesi ogni professore. _

Questa discussione si prolunga, prendendovi parte vari consiglieri e si conclude che il Consiglio possa deliberare se vi sia luogo ad una pena qua­

_lunque, e quindi di minuire, ove lo creda opportuno, la pena già inflitta col decreto 19 marzo.

Si pone ai voti la sospensione di un mese e quindici giorni, cioè: 8 o . Crede il Consiglio che si debba applicare al pro f. Piazza la pena della

sospensione di un mese e mezzo, a datare dal giorno 19 marzo 1 868? Votanti, diciotto: affermativi, dodici; pel no, sei. Approvato. Si ritirano i delegati e si discute dal Consiglio sul modo in cui debba pro­

cedersi nel deliberare intorno al modo di pubblicare la sentenza. Alcuni dicono che bisogna introdurre nel Consiglio tutti i delegati, per­

ché è cosa che riguarda tutti gl'imputati. Altri non vorrebbero alcuno dei delegati, perché è cosa che spetta al solo Consiglio. Pure, essendosi già inyi­tati i professori Regnoli e Giani, si crede doverli chiamare, e vengono di nuovo in Consiglio alle ore 3 t pomeridiane.

Uno dei delegati propone che la sentenza sia motivata, come si fa da tutti

228 Fonti per la storia della scuola

i tribunali. L'aspettazione è grande, egli dice; si tratta dell'indipendenza del

corpo insegnante: è utile, è necessario , egli crede, dichiarare e formolare il

principio che si vuole sanzionare. Una motivazione toglierebbe ogni dubbio.

Domanda pure che s 'indichi come la sentenza fu presa, a maggioranza e non

ad unanimità. Se poi il Consiglio non volesse in alcun modo motivare la sen­

tenza, potrebbe accompagnarla con una relazione o una lettera del vicepre­

sidente, colla quale si potrebbero esprimere i principii che hanno informato

il giudizio . Su questo argomento le opinioni sono molto diverse. Sembra ad alcuno

impossibile motivare una sentenza data ·a scrutinio segreto; altri credono il

giudizio già finito e ogni discussione fuori di luogo. Alcuni desiderano una

relazione che accompagni la sentenza. E anche i delegati esprimono questo

desiderio . Uno dei consiglieri crede utile la relazione per determinare gli obblighi

del professore fuori dell'università, e dichiarare se esso è sottoposto al solo

diritto comune, o se egli è vincolato da altri obblighi, e quali, anche fuori.

Questa è una quistione che il Consiglio potrebbe autorevolmente decidere,

ed è bene che decida. Finora si è proceduto nel giudizio con alcuni principii

che però, o non sono stati formulati o non furono formulati esplicitamente,

sebbene fossero sempre sottintesi. Si risponde da altri che la quistione della libertà d'insegnamento non è

neppur venuta in discussione, anzi non si è discussa alcuna quistione d'inse­

gnamento. Una discussione di principii è ora inopportuna. E, l 'ora essendo

tarda, è chiamato nella sala il segretario del Consiglio perché sottoscriva

l'atto della votazione avvenuta; dopo di che il vicepresidente scioglie l'adu­

nanza, alle ore quattro pomeridiane. Firenze l giugno 1 868.

Il segretario C[esare] Volpicella

Il vicepresidente q arlo] Matteucci

Adunanza del lO aprile 1 868 1

MPI, CSPI, Processi verbali, 1867-1868, vol. I, p. 1075-1079, ms. con firma autografa.

[ . . . ] Quindi il signor vicepresidente fa noto al consesso che ieri sera, ap­pena sciolto il Consiglio, inviava al ministro il risultato dei tre giudizi com­piti intorno ai mancamenti addebitati ai professori Ceneri, Carducci e Piaz­za, accompagnando i corrispondenti resoconti delle prese deliberazioni con una semplice lettera di trasmissione del tenore seguente:

«<l sottoscritto si affretta a trasmettere a V.E. la parte deliberativa del

1 sono presenti il vicepresidente Matteucci e i consiglieri Bertoldi, Betti, Brioschi, Prati, Villari, Aleardi, Bonghi, Spaventa, Carcano, Amari, Cipriani, Tenca e Coppino.

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Sezione II- L'attività disciplinare 229

giudizio pronunziato dal Consiglio superiore costituito coi delegati delle fa­coltà rispettive com'è prescritto dall'art. 107 della legge 1 3 novembre 1 859, cioè le quistioni poste in ognuno dei tre giudizi e i risultati de' scruttini cor­rispondenti, ognuno dei quali vuol'essere interpretato come affermativo o contrario secondo la maggioranza dei voti.

Lo scrivente crede opportuno avvertire che alcuno de' consiglieri aven­do sollevato preliminarmente il dubbio se il giudizio doveva estendersi oltre il fatto di cui si parla nel decreto del 19 marzo, il Consiglio ha deliberato che il giudizio stesso dovesse avere tutta l'estensione voluta dagli artt. 105 , 106, 107 , e 108 della legge suddetta, i quali stabiliscono le facoltà giudicanti del Consiglio, e ne determinano le forme e i confini» .

Egli poi aggiunge che stima conveniente non aversi a formolare una mo­tivazione del dato giudizio, poiché non è possibile di motivare un giudizio reso per isquittinio segreto; e crede miglior consiglio all'esposizione dei mo­tivi che hanno deciso il Consiglio , sostituire una relazione o aggiungere qualche periodo alla lettera già mandata in cui siena esposti i principi che hanno regolato il Consiglio nell'adempimento del gravissimo ed alto ufficio di giudicare i membri del corpo accademico , impostogli dalla legge. Nella quale relazione dovrebbesi in ispecialità solennemente dichiarare che il Con­siglio ha riconosciuto come suo precipuo dovere il curare che sia mantenuto intero il principio di libertà nell'insegnamento e non offesa la tutela e la di­gnità del corpo insegnante, lasciando che il risultato numerico dei voti di­mostrasse chiaramente quale sia stato l'avviso del Consiglio sul fatto parti­colare sottomesso al suo giudizio.

In fine esprime l'avviso che tale relazione debba accompagnare i proces­si verbali delle relative tornate, della cui redazione è incaricato il consiglier Villari, il quale anche potrebbe dettare la relazione.

Questa proposta del vicepresidente è accolta con favore, se non che al­cuni consiglieri osservano che la esposizione dei principi generali, che il consesso ha tenuto presenti nel dar esecuzione al giudizio commessogli, sa­rebbe fatta nota al ministro ed al pubblico molto tempo dopo che è stato co­nosciuto il risultato del giudizio stesso, qualora si volesse attendere la riu­nione del consesso nel venturo mese, allorché potranno que' processi ver­bali e la relazione essere letti ed approvati. Importante sarebbe che tale esposizione avesse accompagnato i resoconti del procedimento, onde nel momento stesso che si conosca l'esito del giudizio si sappia il principio fon­damentale su cui il medesimo è stato pronunziato, anche perché questo principio venga sanzionato come norma stabile della giurisprudenza del Consesso " .

Aderendo tutti nell'opportunità di questa osservazione, il signor vicepre­sidente propone di formolarsi dal Consiglio, seduta stante, un paragrafo ri­flettente l'esposizione del detto principio, da aggiungere alla lettera inviata ieri al ministro, quale lettera verrebbe ritirata per apporvi il detto paragrafo.

230 Fonti per la storia della scuola

Approvata questa proposta si leggono diversi disegni di tale aggiunta far­molati da vari consiglieri, e, quindi discussili, si viene in accordo di doversi inserire in fine della nota sopradetta i seguenti due paragrafi:

«<l Consiglio superiore, nel procedere a questo giudizio, sentiva il debito di voler tutelare la dignità del corpo insegnante, conservandogli intera la li­bertà che vuole la scienza, e che il professore deve esercitare con quella leal­tà e coscienza, che lo rendono autorevole presso la scolaresca, e reputato fra i cittadini.

Il Consiglio superiore ritiene fermamente che il professore ha, come ogni altro cittadino, l'uso di tutti quanti i diritti che lo Statuto garantisce; ma ritiene pure che l'ufficio conferitogli dallo Stato è così alto, ed accompa­gnato da tanta autorità, da dover esercitare sulla gioventù a cui deve inse­gnare con intera libertà di giudizio e di dottrina, un'influenza sana e mode­ratrice, per ciò adatta a confermare le fondamenta stesse dello Stato, il quale gli affida le sorti della generazione futura» .

[ . . . ] Firenze 3 maggio 1 868.

Il segretario C[esare] Volpicella

1 3

Il vicepresidente Broglio 1

Torino - Disordini avvenuti in quella università nella solenne apertura dell'anno accademico.

MPI, CSPI, Processi verbali, 1869, vol. II, pp. 2876-2882; 2884, ms. con firma auto­grafa.

Adunanza del 20 novembre 1869 2

[ . . . ] Adottato questo avviso, S.E. il ministro 3 entra nella sala ed occupa il seggio presidenziale.

Gravissimo affare, egli prende a dire, lo ha mosso a venire di persona a consultare l'onorevole Consiglio. I disordini avvenuti in Torino nella occa­sione della solenne apertura della università, egli crede non debbano lasciar-

1 Broglio è il ministro della pubblica istruzione. 2 Sono presenti il vicepresidente Mamiani e i consiglieri, Bufalini, Bertoldi, Betti, Brioschi,

Prati, Aleardi, Carcano, Duprè, Messedaglia, Tenca, Giorgini. 3 Angelo Bargoni.

Sezione II - L 'attività disciplinare 2 3 1

si impuniti acciò non servino di triste esempio alla scolaresca delle altre uni­versità, e vorrebbe che prendendo da ciò argomento si stabilissero norme generali di condotta anche per l'avvenire sui provvedimenti disciplinari da usare in casi simili. Trova che essendo in sul cominciare dell'anno scolastico sia urgente ed indispensabile mostrare una giusta severità, a fin di dare un prudente avvertimento agli studenti ed evitare che simili scandalose scene si riproducano. Lamenta l'uso invalso di traviare la gioventù ch'esser dee dedi­ta agli studi, e servirsene per dimostrazioni politiche, facendone uno stru­mento di disordine. Dà lettura di tutta la corrispondenza all'oggetto tenuta col rettore 1 dalla quale si ricava che non molti erano gli studenti che pro­dussero lo scandalo, mescolati con gente estranea all'università, e chç quasi tutti erano giovani inscritti ai corsi di medicina e di farmacia. Che la più gran parte degli studenti, segnatamente quelli del corso legale non vi prese parte; ed anzi altamente ha poi protestato contro il fatto . Che dal rettore e dai professori della università si aveva già da qualche giorno innanzi sentore della cosa, ma non vi si prestò fede, onde non fu adottato alcun tempera­mento per prevenire ed evitare lo scandalo. Che il rettore aveva creduto so­spendere il principio delle lezioni annunziando che di quanti giorni si sareb­be ritardata l'apertura dei corsi, di tanto se ne sarebbe protratto il termine in fin di anno. Che il Ministero nell'approvare questa misura, aveva determina­to che la sospensione durasse fino alla fine del corrente mese, e che fosse in­tanto eseguita una inchiesta da una commissione eletta nel seno del Consi­glio superiore. Che il rettore avrebbe amato ridurre di cinque giorni la so­spensione delle lezioni per impedire che i giovani lasciassero Torino e faces­sero ritorno alle proprie famiglie. Sopra tutte le cose esposte il signor mini­stro domanda un avviso del consesso.

Il vicepresidente ed il consigliere Giorgini sono d'opinione d'aversi a te­ner fermo alle risoluzioni prese dal Ministero, che non sono eccessive tanto verso i giovani che si sono permessi di fare lo scandalo, quanto verso gli al­tri che non han cercato di opporvisi, essendo gravissima la colpa dell'inerzia in coloro che dichiarandosi onesti lasciano libero campo agli altri di com­mettere disordini. Maggiormente stimano di non dovere recedere dalla seve­rità perché l'università sappia come qui s'intende la disciplina abbastanza se­riamente, onde non si abbia a fare assegnamento sopra una pregiudizievole impunità; e perché se la difficoltà messa innanzi dal rettore per ridurre il termine della sospensione al 25 in luogo dell'ultimo dì del mese è di poco peso, è di peso gravissimo la ristrettezza del tempo a compiere l'ordinata in­chiesta, la quale dovrebbe essere fatta prima che si riaprino i corsi.

Ma il consigliere Brioschi si manifesta contrario a questo avviso. Egli vorrebbe che si seguisse la proposta del rettore, dubitando che poi in fine di anno non si terrebbe fermo alla disposizione di prolungarlo in corrispon-

1 Michele Coppino.

232 Fonti per la storia della scuola

denza del tempo che si è ritardato a cominciarlo. Egli trova che non sarebbe in tal caso un castigo il lasciare ora senza lezione i giovani, sibbene sarebbe un danno alla loro istruzione con diminuire i giorni stabiliti per dare conve­niente svolgimento ai diversi corsi.

Il signor ministro risponde al preopinante, che dopo fatti sì gravi si ren­de necessario di constatare le cose pria di riaprire l'università, segnatamente se si ha speranza di conoscere alcuno dei promotori di quegli scandali. A questi, ove si scovrisse, egli ha in animo non solo di far perdere l'anno, ma di ordinare ancora la espulsione di lui da tutte le università.

Dal consigliere Prati si stima conveniente di far avvertire che quantun­que egli in simili occasioni non proporrebbe certo misure miti, evvi nel fat­to di cui si discorre una considerazione politica da tener presente, per la quale forse potrebbe essere prudente di regolarsi con maggiore mitezza. Pa­re a lui che lo usare molto rigore per la prima volta in Torino, mentre negli ultimi fatti avvenuti in Napoli si è usata indulgenza 1, potrebbe quantunque non leggera differenza si scorgesse nei due scandali e per le grida emesse nell'uno o nell'altro e per il momento in cui ebbero .effetto esacerbare viep­più gli animi delle provincie piemontesi ed impedire la conciliazione che si desidera far esistere tra le diverse regioni costituiscono il regno d'Italia.

A ciò risponde il ministro che essendo principio dell'anno scolastico, e l'università di Torino unico luogo ove siano avvenuti gli scandali, non può stabilirsi alcun confronto da portare conseguenze di rivalità locali e che d'al­tra parte alla considerazione politica accennata dal consigliere Prati si avrà a por mente dopo appurati i fatti per mezzo dell'inchiesta, allorché dovranno adottarsi provvedimenti definitivi.

Anche il vicepresidente è di parere di non recedere dalle disposizioni da­te, poiché se i trascorsi nella Università di Napoli potevano scusarsi come un primo atto irregolare, ora che si tratta di rinnovazione di scandali si ren­dono necessarie misure di disciplina più gravi.

Dopo di che rimane assodato doversi mantenere la chiusura delle scuole universitarie di Torino fino a tutto il mese di novembre, e si passa a discor­rere della inchiesta.

Varie sono le opinioni intorno alla utilità dell'inchiesta e al modo di ese­guirla. La poca speranza di utile risultato che sogliono dare le inchieste fa proporre al consigliere Brioschi di non farla fare e d'incaricare invece il Consiglio accademico a provvedere esso a quanto occorra ingiungendogli di dichiarare che riaperta la università, verrebbe poi immediatamente richiusa per tutto l'anno, ove nuovi disordini si verificassero.

Altri consiglieri sostengon,o la convenienza di farsi l'inchiesta, ma dissen­tono nel modo come debba essere eseguita. V'è chi la vorrebbe affidata al

1 Si riferisce ai disordini studenteschi avvenuti l'anno precedente nell'Università di Napoli.

T •n & I I I I I I I I l l l I 1 1 1 1 1 1 1 I 1 1.11-----------

Sezione II- L 'attività disciplinare 233

solo Consiglio accademico per rispetto a quel corpo e perché riesca meno rigorosa e quasi paterna. V'è chi la vorrebbe eseguita da commissari inviati dall'autorità superiore, poiché affidandola all'autorità locale verrebbe a si­gnificare essere stato, nel fatto che si ricerca, già pronunziato un giudizio fa­vorevole sulla condotta dei professori, mentre se la commissione è ministe­riale può prendere ad esame anche i professori stessi i quali potrebbero esse­re stati oscitanti nel non prevenire lo scandalo. V'è finalmente chi la vorreb­be affidata a qualche ufficiale del Ministero meglio che ai membri del Consi­glio superiore, trattandosi di cose riguardanti l'amministrazione cui incom­be il mantenimento della disciplina, e non l' insegnamento cui questo con­sesso deve provvedere.

A conciliare i diversi pareri, non offendere il decoro del corpo accademi­co con sottometterlo all' ispezione di un semplice funzionario amministrativo e con escluderlo dal prendere parte alle operazioni della inchiesta, dare alla stessa una solennità assai vantaggiosa per l'effetto morale, e non recedere dal­le disposizioni già partecipate per telegramma dello invio di una commissione scelta nel seno del Consiglio, si propone che si proceda alla inchiesta per mezzo del Collegio accademico assistito da due membri di questo consesso.

Approvato questo temperamento si diviene alla scelta dei due delegati mercè votazione segreta per mezzo di schede, il cui squittinio dà il seguente risultato. Betti voti 9 Bertoldi voti 5 Tenca voti 4 C arcano voti 3 Messedaglia voti l M ami ani voti l Aleardi voti l

Restano quindi eletti i consiglieri Betti e Bertoldi, ai quali il signor mini­stro consegna le carte riflettenti i disordini avvenuti nella università di Tori­no, e quindi si ritira dalla sala del Consiglio.

[ . . . ] Indi si scioglie l'adunanza alle ore l t pomeridiane. Firenze 2 1 novembre 1 869

Il segretario C[esare] Volpicella

Il vicepresidente Terenzio Mamiani

Adunanza del l o dicembre 1 869 1

MPI, CSPI, Processi verbali, 1869, vol. II, pp. 3 1 06-3 1 10; 3 1 13 ; 3 1 17-3 1 57, ms. con firma autografa.

1 Sono presenti il vicepresidente Mamiani, e i consiglieri Bufalini, Bertoldi, Betti, Brioschi, Prati, Aleardi, Cipriani, Duprè, Messedaglia, Tenca, Giorgini, Felici.

---....

234 Fonti per la storia della scuola

[ . . . ] In seguito il consigliere Bertoldi si fa a riferire intorno all'esito del­l'inchiesta eseguita in Torino per mandato di questo consesso dal Consiglio accademico di quella università con l'assistenza di lui e del consiglier Betti, a ciò specialmente delegati nella tornata del 20 dello scorso novembre. Egli dice che mentre si temeva qualche movimento nella scolaresca piemontese in occasione degli esami per la licenza liceale, le cose passarono quietamen­te, onde non si aveva niuna prevenzione del fatto che poi ebbe luogo nella solenne apertura della università, il quale fu occasionato improvvisamente per la notizia giunta la mattina stessa della decisione del processo Lobbia 1 .

Che quantunque sia stato uno scandalo cagionato da ragioni politiche, e da pochi studenti, pure non lascia di essere riprovevole e tale da non rima­nerlo incurato, per ricondurre fra i giovani la disciplina scolastica e l'amore allo studio. Che non si è potuto venire a capo di provare la colpabilità di al­cuno in maniera da esserne legalmente certi, sicché è stato forza contentarsi di assodare che tre giovani erano stati notati e riconosciuti fra i promotori dello scandalo . Un tal Appendini che varie volte espostosi all'esame di licen­za liceale n'era stato sempre rimandato. Un Armissoglio da Torino studente del quarto anno di legge. Ed uno studente di matematiche Braggiani da Ales­sandria. Riguardo al primo non appartenendo all'università non vi è certo alcun provvedimento da prendere, e riguardo agli altri due la commissione d'inchiesta non credette suggerire nulla, contentandosi di riferirne i nomi perché il Ministero vegga se sia da adottare qualche misura speciale nel loro interesse. Infine la commissione dopo aver accennato ad alcune idee intor­no alle ragioni della rilasciatezza della disciplina tra la scolaresca, è venuta nella conclusione di proporre che, nel riaprirsi la università, venga dichiara­to che nel caso di nuovi disordini sarebbe poi richiusa definitivamente per tutto il rimanente dell'anno scolastico con la perdita dell'anno stesso per gli studenti. Aggiunge il relatore che dovendosi per questa mane riaprire l'uni­versità il rettore ha già con suo ufficio informato il ministro della corrispon­dente risoluzione adottata dalla commissione, per potere a tempo dare gli ordini opportuni.

Terminata questa esposizione, si dà lettura della corrispondente relazio­ne 2 e si apre la discussione in proposito. Si osserva che questa relazione contiene tre parti distinte, cioè quella che riflette la riapertura dell'universi­tà; l'altra che ha di mira gli ordinamenti scolastici per ravvivare la discipli­na; e l'ultima che riguarda gli studenti che sono stati designati come princi­pali promotori del disordine.

Quanto alla prima, come urgentissima, si pone a voti la relativa conclu-

1 Cristiano Lobbia, deputato di sinistra, fu aggredito e ferito con tre pugnalate il 15 giugno 1868, in seguito al processo di diffamazione a carico del « Gazzettino rosa» intentato dal depu­tato di destra, Civinini, accusato dal giornale radicale milanese di essersi fatto corrompere dai banchieri interessati alla Regia cointeressata dei tabacchi.

2 Vedi allegato B, p. 236.

Sezione II- L 'attività disciplinare 235

sione senza pregiudizio delle considerazioni che si riferiscono agli altri par­ticolari del rapporto, e viene all'unanimità approvata.

Rispetto alla seconda si considera che in tre gruppi possono distinguersi le ragioni della poca disciplina che si verifica negli ordinamenti scolastici. La non esatta esecuzione dei regolamenti, la mancanza di alcune apposite di­sposizioni regolamentari, e la esistenza della classe degli uditori. Cose tutte importantissime da prendere in accurato esame per progettare opportuni ri­medi, ma non sì urgenti da dover essere risoluti in sul momento senza pro­cedere ad uno studio preliminare. Però si commette ai due consiglieri Ber­toldi e Betti di discutere insieme al consigliere Brioschi queste questioni, e presentare nelle tornate del prossimo gennajo le analoghe proposte.

Intorno ai temperamenti da adottare verso i promotori degli avvenuti scandali si discute se convenga dare da ora un parere al Ministero, od atten­dere di esserne specialmente incaricati. E convenuto che sia di dovere il pre­sentare al ministro una proposta definita e non una questione a risolvere in conseguenza della compiuta inchiesta, si decide che gli stessi tre nominati consiglieri nella terza tornata di questo mese facciano all'oggetto conve­niente rapporto.

Alla occasione di questa relazione il consigliere Prati domanda la parola per osservare che la commissione della inchiesta fatta a nome del Consiglio superiore sia stata presieduta dal rettore della università. Egli trova che per mantenere nello alto grado che si merita l'autorità di questo supremo con­sesso, uno de' suoi membri deve sempre avere la presidenza delle commis­sioni incaricate di cose che concernino l'insegnamento e gl'istituti d'istru­zione superiore, e non mai contentarsi di unirsi alle stesse per prendere semplicemente parte ai lavori delle medesime. Onde ad evitare che ciò mai più accada propone stabilire con una solenne deliberazione la massima di doversi sempre deferire la presidenza delle commissioni in cui il Consiglio superiore viene rappresentato ad un membro del medesimo.

Dal consigliere Bertoldi gli si risponde che quantunque egli ed il consi­gliere Betti fossero della stessa opinione del preopinante, non credettero nel fatto speciale far questione intorno a cui spettasse il presiedere la commis­sione in Torino per tre motivi; l'uno perché il voto del Consiglio superiore stesso domandava l'incarico al Consiglio accademico della università assisti­to da due suoi delegati; il secondo perché il rettore natural presidente del medesimo è pur membro di questo consesso; e l'ultimo che non sarebbe sta­to prudente il dare troppo grave apparato alla delicata missione ricevuta, stante l'esaltazione degli animi degli studenti.

Ma ad onta di queste osservazioni, e di quelle che fanno altri consiglieri, i quali, convenendo tutti nella necessità di far presiedere le commissioni dai membri del Consiglio superiore per rialzarne l'autorità, non trovano oppor­tuno il venire ad una apposita deliberazione di massima, potendosi anche a ciò provvedere con indicare volta a volta chi si abbia ad essere presidente: il

236 Fonti per la storia della scuola

consigliere Prati insiste nella sua proposta, la quale messa a partito non ri­sulta approvata.

[ . . . ] Indi stabilita per domani la seconda tornata del mese, l'adunanza è sciolta alle ore 3 t pomeridiane.

Firenze 2 dicembre 1869

Il segretario C[esare] Volpicella

Allegato B

Il vicepresidente Terenzio Mamiani

Relazione della commzsstone d'inchiesta sui fatti avvenuti nella Regia università degli studii il 1 6 novembre 1869 destinato alla solenne inaugu-razione degli studi.

·

Adunanza del l o dicembre 1 869

Per raggiungere lo scopo che S.E. il ministro di pubblica istruzione ed il Consiglio superiore si sono prefissi costituendo in commissione d'inchiesta il Consiglio accademico assistito dai due membri del Consiglio superiore a ciò delegati d'uopo è che in questa relazione preceda la narrazione dei fatti, quali essi risultarono dalle varie relazioni e dai seguiti interrogatorii.

Alcuni giorni prima del 1 6 corrente sorse qualche vago timore che la so­lenne inaugurazione degli studii potesse essere turbata per mali umori svi­luppatisi tra gli studenti a cagione l o . dell'insuccesso degli esami liceali 2 o . del breve tempo stabilito per gli esami speciali da subirsi in novembre 3 o . del disposto del reale decreto 5 settembre 1 869 1 il quale prescrive che i te­mi per le dissertazioni in iscritto negli esami di laurea rimangano segreti.

Queste notizie pervennero al signor rettore ed anche al prof. Buniva in­caricato di leggere l'orazione inaugurale e questi ne tenne parola al signor rettore.

Inoltre il rettore seppe che qualche giorno prima alcuni studenti discor­rendo dell'orazione inaugurale dissero: «il discorso inaugurale non è per an­co letto . . . » .

E pendente la inchiesta per riscontri che la commissione cercò ed ebbe dalla polizia municipale si seppe che nel caffè delle Arti riunite in Borgo nuovo dove usano convenire molti studenti si fosse presa qualche intelligen­za per fare una dimostrazione, piuttosto però esclusiva in favore del Lobbia e fuori del recinto dell'università.

1 R. d. n. 5266 che contiene alcune disposizioni concernenti i temi per le dissertazioni degli esami di laurea.

Sezione II - L'attività disciplinare 237

Malgrado le accennate voci ogni timore di disordini era svanito perché sostanzialmente il Ministero della pubblica istruzione aveva fatte concessio­ni agli studenti sul termine degli esami speciali e sul risultato degli esami li­ceali, e perché non si aveva ragione di temere che tumultuassero pel motivo della secretezza dei temi di laurea stabilito dal decreto sovra mentovato.

Il martedì mattina 1 6 giorno appunto del riaprimento dell'ateneo la «Gazzetta del popolo » 1 la quale si distribuisce in Torino molto per tempo, recò il telegramma che riferì la condanna del deputato Lobbia.

Immantinente sotto i portici dell'università si affisse ad un pilastro ester­no il seguente avviso: gli studenti debbono energicamente protestare con­tro la sentenza che condanna il Lobbia.

E perciò (sic) sono pregati di trovarsi questa sera al Palazzo di città. Alle ore 7 scritto a matita viva Garibaldi.

Il portinajo dell'università Vigliacco Matteo depose che sebbene non sappia chi affisse quel biglietto pure è probabile che gli autori dell'affissione siano alcuni lustrascarpe pagati poiché se ne fuggirono di là quando esso di­staccò l'affisso: alle 7 t del mattino quell'invito era già pubblicato: che tra coloro i quali si accostavano a leggerlo molti lo disapprovavano ma nessuno dava mano a levarlo di là.

Appena il rettore fu avvertito dell'esistenza del detto invito cioè alle die­ci ordinò si dovesse levare; ed il medesimo portinajo Vigliacco Matteo de­pose che eseguì quest'ordine senza che alcuno tentasse di opporglisi.

Verso le l O t si riunirono in numero considerevole gli studenti nel corti­le e sotto i portici interni dell'università e poco prima delle 1 1 si cominciò a cantare il miserere. Lo attestò il cav. Marsengo Giovanni economo della Re­gia università il quale era collocato all'entrata riservata al corpo accademico ed agli invitati per vegliare al buon andamento della funzione. Queste sono le sue parole: si cantava proprio il miserere ed il cav. Cravosio L. Vittorio segretario dell'università il quale si trovava col cav. Marsengo ma soprafatto dalla folla irrompente disse pure che sentì salmodiare senza accennare spe­cialmente al canto del miserere.

Dal loggiato superiore uscì il grido «abbasso il Ministero » non ripetuto nel cortile dove frammezzo a molto strepito e schiamazzo si andarono ripe­tendo le grida di «viva Lobbia abbasso la camorra» .

Qualche fischio accompagnava queste grida. Approssimandosi il momento della funzione e continuando gli schiamaz­

zi, le grida, e i fischi fu forzata la porta riservata all'entrata del Consiglio e degli invitati nel modo che emerge dalla deposizione del cav. Marsengo.

Questi (così depose) ajutato da alcuni impiegati e da alcuni studenti delle diverse facoltà dal signor rettore destinati a ricevere gli invitati procurò di impedire l'entrata al pubblico per la porta or mentovata e coll'ajuto sudetto

1 « Gazzetta del popolo », 16 nov. 1869.

--· ·

238 Fonti per la storia della scuola

stette fermo sinché ha potuto. Ma la ressa si fece grandissima, e mentre un individuo sventolava di tratto in tratto nel cortile la sua cravatta rossa attac­cata ad una mazza e attorno a lui si gridava «viva Lobbia, abbasso la camor­ra» si forzò la porta, egli ed altri impiegati e studenti furono respinti nell'an­golo dell'entrata e dietro la porta stessa.

Stando ancora sul limitare della sala il cav.Marsengo, un individuo dal cortile gettò una mannata di pietruzze specialmente contro il detto cav. Marsengo, ma ciò non ebbe conseguenza perché fu colpito di fianco sul viso .

Di quel pugno di pietruzze qualcuna toccò pure a qualche giovane vicino al cav. Marsengo.

La verità di questi fatti viene anche confermata dai detti del cav. Cravo­sio Luigi Vittorio e dal signor geometra Cairola addetto alla segreteria dell'u­niversità.

Il Massaza Domenico destinato a guardia della porta che direttamente mette nell'aula magna depose che presso alle 1 1 una gran folla gli si faceva contro e pretendeva che aprisse la porta, al che si rifiutò come cosa contra­ria agli ordini ricevuti. Allorché vide aperta l'altra porta dove si trovava il cav. Marsengo aprì alla sua volta, ma l'aula era già gremita di gente entrata per la porta riservata.

Il Consiglio accademico non poté entrare per la consueta porta e quando giunse entrando pel vestibolo dei professori nella sala l'agitazione era più grande. L'oratore preceduto dal bidello di leggi Garrone Giovanni aiutato da altre persone attraversò con mille stenti una folla compattissima che si rac­coglieva sin sotto la cattedra e la serrava tanto che fu difficilissimo aprirne lo sportello .

Lo schiamazzo quando l'oratore 1 fu sulla cattedra crebbe a dismisura. Questi accennò di voler parlare ed in effetto fece con brevi parole notare

che nel domicilio delle scienze non vi debb'esser lotta o partito, che vi deve regnare la calma e la serenità necessaria agli studi. Ma la sua voce fu coperta dallo schiamazzo.

Il signor rettore levatosi dal suo seggio e salito sul primo gradino del tro­no volle prendere la parola ma non ottenendo il silenzio - anche perché apertasi improvvisamente verso la corte una finestra si sentiva il frastuono del cortile - rinunciò a parlare.

Avvenne in quel punto che l'ultima finestra verso l'angolo del cortile a ponente fu scavalcata da parecchl, che in tal guisa riuscirono ad entrare nel­l'aula. Taluni di essi rimasero poi sul muro della finestra stessa.

Allora il rettore dopo avere fatto scusa al prefetto 2 accennò all'oratore

I Giuseppe Buniva. 2 Costantino Radicati Talice di Passerano.

Sezione II- L 'attività disciplinare 239

che scioglieva la seduta, ed il corpo accademico e gli invitati abbandonaro­no la sala.

Le grida che dominavano nella sala pendente il disordine erano queste: «Viva Lobbia; abbasso la camorra: vogliamo i temi liberi - abbasso il regola­mento Broglio \ abbasso' la consorteria» . n cav. Marsengo come il Massaza ed il bidello Garro ne sono espliciti nei loro detti a questo riguardo .

La voce sparsa che si fosse gridato viva la repubblica è smentita dal det­to unanime di tutti i testimoni.

Dalle deposizioni dei testi ora citati confermate da quelle del cav. Cravo­sio e dal cav. Precerutti Vincenzo si può con sufficiente certezza raccogliere che gli schiamazzatori si componevano certamente di studenti di varie facol­tà, ma che la prevalenza in numero sia stata dagli alunni liceali, specialmen­te di quelli che fecero cattiva prova negli esami e dei giovani aspiranti al pri­mo anno di farmacia. E qui rileva notare che alcuni di questi giovani nei giorni avanti avevano già tenuto un assembramento per domandare nuove concessioni circa gli esami di licenza.

Quando poi si volesse stabilire se il numero di quelli che raccolti nell'au­la presero parte al disordine, sia o no considerevole, ponendo mente che al­meno settecento persone erano presenti, che quanti stavano verso levante si tennero affatto tranquilli, che le voci uscivano da pochi punti specialmente dall'angolo deli'ultima finestra verso ponente ed il cortile della regia univer­sità ma uscivano da voci impetuose e di gente ben determinata a fare scom­piglio e baccano, bisogna veramente dire che gli autori del disordine furono relativamente pochi.

È qui doveroso il soggiungere che risultano i tentativi di alcuni buoni per impedire le scene deplorabili di quel momento, ciò attesta il cav. Marsengo il quale rammenta specialmente alcuni studenti del sesto anno di medicina.

Alcune voci che tentavano di imporre il silenzio si udirono ed è argo­mento per credere a questo buon tentativo la circostanza ben accertata che moltissimi studenti dopo il fatto dissero parole di dispiacere e di indegna­zione anche nell'aula stessa, che quelli del quinto anno di leggi e del sesto di medicina protestarono contro i disordini avvenuti onde è probabile che an­che pendente lo schiamazzo siansi adoperati pel bene ma inutilmente perché l'audacia di una minoranza di perturbatori ben decisi vince quasi sempre i tranquilli di indole e di portamento sebbene maggiori in numero .

Altri fatti successero nell'aula. Salendo l'oratore sulla cattedra la trovò spogliata del cuscino e degli ornamenti che le si fanno per la solennità.

Il cav. Marsengo venuto in timore che dopo la funzione succedessero guasti mandò subito il Massaza Domenico ed il tappezziere Col perché ve­gliassero.

Essi hanno veduto il seggiolone del trono e molte altre sedie rovesciate

I Si riferisce al già citato regolamento del 5 settembre 1869, emanato in realtà quando il mi­nistro era già Bargoni.

240 Fonti per la storia della scuola

sebbene non danneggiate e s 'accorsero che alcuni stavano isdrajati sul gradi­no del trono cantando.

Dai detti del Massaza risulta che quegli individui sdrajati sul gradino rim� brottati con molto calore da uno studente del sesto anno di medicina disse­ro fra sé: dà due pugni sul grugno di quel sospetto.

Dalle riferite deposizioni sembra pure risulti che alcuni divisassero di at­terrare la cattedra il che però non avvenne, specialmente perché gli inser­vienti invigilarono bene.

Dopo questi disordini che non si possono abbastanza deplorare il Consi­glio accademico ordinò la sospensione dei corsi, ed il rettore con telegram­mi e con dettagliato rapporto informò, lo stesso giorno 16, d'ogni cosa S .E . il ministro sopra la pubblica istruzione.

Nella sera del 16 (giorno di scioperi avvenuti nella città) ebbe luogo un assembramento in Torino dove si pronunciarono le solite grida: ma gli stu­denti vi erano in ben poco numero ed i due individui che vi furono arrestati non appartengono a veruna classe di essi.

Dalle relazioni poi che ebbe il signor rettore coll'autorità superiore am­ministrativa non gli riescì di avere veruna utile informativa allegando l'auto­rità di pubblica sicurezza di ignorare ogni cosa.

Il mattino del 17 il Consiglio accademico di cui fanno parte i presidi pro­posti dalle facoltà al ministro per la nomina opinò che al 25 i corsi dovesse­ro riaprirsi e di ciò il ministro venne informato .

Il mattino del 18 avanti l'università si affisse il seguente «Avviso importante. « Gli studenti sono pregati di trovarsi questa sera alle ore 8 pomeridiane

in faccia alla regia università per protestare contro gli arresti illegali di ieri sera.

Accorrete numerosi ed uniti faremo prevalere i nostri diritti? ! ! Viva Garibaldi viva Lobbia» . Questa riunione non ebbe più luogo. Due affissi ebbero ancora luogo avanti l'università il giorno 20 e sono

del tenore seguente (vedi allegati). Il signor rettore con apposito proclama avvertiva gli studenti del perico­

lo che correvano lasciandosi trarre a disordini. Quindi con altro proclama in data 20 novembre rese noto il provvedi­

mento dato da S.E. il ministro con cui i corsi furono sospesi fino a tutto no­vembre e si nominò una commissione d'inchiesta.

Questo proclama con gravi e solenni parole di ammonimento li richiama ad una condotta regolare, ordinata e studiosa.

A compimento della esposizione del fatto si dovrà notare che nello stes­so giorno del 23 corrente un affisso venne posto al solito luogo davanti alla università come attesta il portinajo Chiantore Michele.

Ma essendo stato tutto impastato quindi essendo stato raschiato inconta­nente si distrusse affatto.

l

Sezione II - L'attività disciplinare 24 1

Sovra questi fatti esposti nel loro ordine cronologico e come risultarono alla commissione portò dessa la sua attenzione in tre sedute del 23, 24 e 25 corrente mese e procedette nei suoi lavori di apprezzamento giusta il se­guente ordine di idee.

Essa cioè prese ad indagare: l o . L' origine e la natura dei fatti avvenuti nella regia università il 16

corrente. 2 o . Se gli elementi dei passati turbamenti si debbano rintracciare sola­

mente fra gli studenti ovvero anche tra persone estranee ai medesimi. 3 o . Finalmente se si possa accertare la colpevolezza di qualche indivi­

duo in guisa da poter essere sottoposto a qualche provvedimento ammini­strativo.

Per ciò che spetta al primo punto prefisso alle indagini della commissio­ne si pone per base quanto alle cause onde si originarono i disordini del giorno 16 che altre sono lontane, generali e permanenti, altre sono prossime e dovute a circostanze presenti.

Fra le prime la commissione riconosce unanime una grande rilassatezza di disciplina negli ordini della scolaresca.

Secondo i congregati non è sorta oggi solo questa pausa di disturbo delle nostre scuole ma dura da molti anni, dacché cioè si diminuì molto l'impor­tanza alle regole disciplinari ed i giovani entrarono in una via di eccessiva li­bertà.

La soverchia mutabilità degli ordini scolastici li screditò non poco e la troppa facilità con cui si fece buon viso a molte domande degli studenti in derogazione ai regolamenti, mentre tolse ogni prestigio alle discipline scola­stiche ed alle autorità destinate a farle eseguire, favorì la negligenza procu­rando sempre la diminuzione di doveri negli studenti e li incoraggiò a chie­der sempre nuovi favori a scapito dei buoni studi.

I membri della Commissione convennero in questo generale concetto, ed alcuni lo svilupparono poi mercè considerazioni speciali.

Un membro osservò che la rilassatezza si appalesa in molti studenti dalla nissuna premura nel subire gli esami ed accenna ad un corso nel quale appe­na la metà degli alunni fece le sue prove. Molti poi furono i rimandati. Cote­storo diventano indisciplinati e non è a dubitare che abbiano essi sommini­strato il loro contingente ai perturbatori del giorno 16.

Secondo l'avviso di un altro commissario è da credersi che i numerosi al­lievi degli istituti privati d'istruzione secondaria sopra i quali i loro superiori hanno poca influenza educativa attesa la condizione loro eccezionale accre­scano gli elementi dell'indisciplina.

Altri commissari deplorano che secondo l'attuale ordinamento degli stu­di mentre sta scritto nel regolamento universitario 1 che la scuola è obbliga-

1 R. d. 6 ott. 1868, n. 4638, col quale è approvato il regolamento generale per le università del Regno.

242 Fonti per la storia della scuola

toria, questo poi sia lettera morta della legge dappoiché i professori manca­no di mezzi per ottenere la frequentazione dei corsi e non v'ha veramente efficace sanzione contro chi non frequenta le lezioni.

Unanimi i membri della commissione notano gli inconvenienti della leg­ge che ammette alle scuole gli uditori.

Questo sistema è riconosciuto troppo acconcio per incoraggiare e favori­re i negligenti.

Che cosa altro infatti sono gli uditori salvo giovani che non superano l'e­same dell'anno antecedente? E perché senza scapito della carriera è fatta lo­ro facoltà di entrare nel corso superiore pareggiandoli ai diligenti che ven­nero approvati all'esame? Questo non è uguaglianza in faccia alla legge, è un favore indebitamente concesso.

Le conseguenze sono note. Coloro che profittarono di questa legge e ri­masero uditori sono in numero considerevole. Essi lasciano accumulare gli esami e si impigliano in difficoltà che non sanno e non possono più supe­rare.

Ponendo che frequentino le scuole certo è in molte di esse non possono intendere le materie che vi si spiegano e non riescono a nulla. L'indisciplina è dunque dal sistema predetto evidentemente favorita.

La facoltà di ripetere gli esami di infelice successo senza onere alcuno quante volte aggrada allo studente rimandato è, secondo l'avviso di un membro, pure essa una causa gravissima alla dissipazione di molti dei nostri giovani. Quando dopo due, o tre prove un giovane non riesce si fa per sé chiaro come, o non vuole progredire, o non lo sorreggono i mezzi d'inge­gno. Lasci dunque le scuole; rimanendoci è questo causa ed esempio di indi­sciplina.

Né sfuggì alla commissione l'abuso di quei giovani spesse volte impunito i quali non si curano di presentarsi al giorno fissato per l'esame e disprez­zando le leggi possono così agevolmente mancare di riguardo alle commis­sioni esaminatrici.

La commissione ha poi dovuto tener conto di quanto le venne a risultare dalla audizione dei testimoni (ed era d'altronde a lei già ben noto) sul porta­mento della scolaresca.

Dal complesso delle deposizioni fatte dai signori vicesegretarii cav. Mar­sengo e vicesegretarii avv. Re, cav. Cravosio e cav. Precerutti sui portamenti dei giovani e sulle loro rispettive relazioni coi medesimi molti fra essi da al­cuni anni a questa parte spingono tropp'oltre le loro esigenze e talvolta di­ventano scortesi ed inurbani ed affettano una specie di padronanza; e si no­tò specialmente che i giovani uscenti dalle scuole liceali si mostrano per lo più bene educati e di buone maniere mentre accade al rovescio quanto a quelli che seguirono i corsi degli istituti tecnici e dalle scuole tecniche.

Ad esempio la commissione ricorda il seguente fatto affermato da un commissario, ed è, che in una sala degli esami si commette lo scandalo pen­dente gli esami di tenersi gli studenti coperto il capo col sigaro in bocca.

Sezione II- L 'attività disciplinare 243

È poi cosa nota come nelle segreterie si soffermino liberamente e lunga­mente coperto il capo, e come bene spesso manchino ai superiori delle più volgari regole di convenienza.

Poste queste risultanze di fatto si spiega facilmente quella facilità colla quale si abbandonano alle tumultuose dimostrazioni le quali pur troppo si sono ripetute appena una qualche occasione si è presentata negli ultimi anni trascorsi.

Risultò d'altra parte come molti alunni siano buoni d'indole e che si re­golano decorosamente da soli ma non hanno più forza da resistere nelle riu­nioni all'audacia dei turbolenti.

La commissione per le conoscenze proprie e per le più precise informa­zioni avute è in debito di dichiarare che nell'ateneo di Torino la gran mag­gioranza degli studenti si compone pur sempre di giovani che attendono se­riamente allo studio e seguono una buona condotta.

Passando la commissione dall'esame delle cause remote alle prossime dei lamentati disordini fu necessariamente condotta ad esaminare se si congiun­gano con qualche fatto universitario e ne dipendano, ovvero se abbia loro dato luogo alcuno di quegli elementi politici per i quali ad ogni istante so­gliano i giovani appassionarsi .

Un commissario crede che i due elementi abbiano trascinati molti giova­ni sulla via che conosciamo ma che sia assai difficile lo stabilire quale dei due elementi abbia meglio influito a generare il disordine.

La commissione però senza niegare l'influenza dei fatti speciali relativi agli studj ed alle domande degli studenti divise l'opinione che gli avveni­menti pubblici dei nostri giorni abbiano avuta la prevalenza nell' efferve­scenza giovanile che trascese poi ogni onesto confine.

I fatti lo dimostrano. Le preoccupazioni degli studenti quanto alle fatte domande il l S erano in gran parte cessate per le cause già discorse.

La scintilla onde la fiamma s'accese fu la notizia della condanna del Lob­bia per cui nelle nostre provincie ed in ispecie tra i giovani si suscitarono tante passioni.

Di più la notizia che si ebbe di qualche previo concerto tra giovani ac­cenna ad una dimostrazione politica ne manco designata a farsi all'ateneo.

Badando poi alle grida e del cortile e dell'aula magna si vedrà che hanno tutte il carattere ad evidenza politico.

Il grido: «vogliamo i temi liberi» d'indole universitario venne dopo gli altri. La dimostrazione politica è stata la occasione di quel grido: ed in so­stanza se avesse ritardato il telegramma Lobbia è quasi certo che non si avrebbero avuti disordini a deplorare.

Arroge il tenore delle fatte affissioni le quali tutte presentano parole de­cise di forte opposizione al Ministero e non rimarrà dubbiosa la prevalenza dell'elemento politico nei fatti tumultuosi che cangiarono un giorno di so­lennità dell'ateneo in iscene di gravi disordini.

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244 Fonti per la storia della scuola

Esaurita la prima questione e passando alla seconda che versa sul punto se gli elementi dei passati disordini si debbano rintracciare solo tra gli stu­denti oppure anche tra persone ad essi estranee la commissione dichiara che non consta che persona estranea alla scolaresca abbia organizzato, diretto, o preso parte attiva al tumulto del giorno 16.

Certamente negli affissi si parla di unione agli operai per venire ad atti ri­voluzionarii. Ma questi appariscono fatti isolati. La redazione degli affissi può essere opera d'un solo individuo né ciò costituisce la dimostrazione che operai della città od altri siano venuti a mescolarsi ai giovani tumultuanti.

Facendo poi finalmente passo alla terza questione se dall' inchiesta sia ri­sultata la prova di colpevolezza di qualche individuo per cui si possa contro di esso provvedere in via amministrativa si pongono in evidenza i seguenti fatti.

Il cav. Marsengo depone come gli sia stato riferito che disturbatore e schiamazzatore più degli altri distinto fosse un giovane per nome Appendini alto di statura, smingherlino, liceale, non promosso, che si copre con cap­pello alla Lobbia, soggiunse come il portinajo Chiantore abbia discoperto il nome dell'Appendini. Il testo predetto segnalò pure come gridatore robusto un altro giovane basso di statura piuttosto tarchiato e secondo gli si disse questo sarebbe quello che sollevava di tanto in tanto una cravatta rossa mes­sa a forma di bandiera. Di lui non seppe il nome.

Il portiere Vigliacco accenna esso pure all'Appendini dicendo che gli fu mostrato tra i perturbatori: lo descrive magro, grande, che non è studente di alcuna facoltà, ma liceale, cui tocca ancora di subire gli esami: disse che lo avrebbe conosciuto se il vedesse perché il teste Massaza glielo indicò. Egli soggiunge che porta una cravatta rossa e che alcun giorno dopo lo vide con un cane alla corda bazzicare nel cortile dell'università.

Chiaro nella sua deposizione al riguardo fu il teste Massaza che asserì avere segnalato due fra i gridatori, uno basso di statura grasso colla cravatta rossa, l'altro alto di statura, smingherlino, col cappello alla Lobbia di anni diciassette o diciotto che conduce alla corda un cane e che convertì la sua cravatta rossa nella bandiera. Questi è evidentemente l'Appendini.

Chiantore disse la stessa cosa circa l'Appendini aggiungendo che gliene disse il nome uno studente e che egli stesso lo vide a girare nel cortile ed è allora che avendolo specialmente notato ne chiese il nome. Dell'altro giova­ne sovra indicato non sa nulla.

Il cav. Cravosio non informato degli atti dell'Appendini del giorno 16 di­ce però che il nome di questo giovane è conosciuto tra i negligenti.

Venne diffatto a risultare alla commissione che nelle prove liceali venne già varie volte rimandato e che ora ricorse di nuovo per ripetere l'esame e che la sua domanda fu rigettata il 7 corrente.

Un altro nome venne a galla, quello dello studente di legge del quarto anno Armissoglio da Torino.

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Sezione II - L 'attività disciplinaTe 245

Bargagno Matteo aiutante del bidello di leggi che sentì dire come l' Ar­missoglio avesse preso parte nel chiasso avvenuto all'ateneo, e come dopo lo scioglimento della seduta solenne se ne compiacesse e ridesse. Sul modo di regolarsi di questo giovane soggiunse: «per far chiasso è dei primi» , di­chiarò però esplicitamente di nulla avere veduto direttamente .

L'avv. Re segretario per la facoltà legale depose che gli fu riferito come l' Armissoglio fu notato tra i perturbatori.

Il teste Talpone Giuseppe mentre indica tra i perturbatori uno magro colla cravatta rossa che sembrerebbe l'Appendini afferma poi che gli denun­ziarono fra gli schiamazzatori nei torbidi avvenuti lo studente di matematica Braggiani da Alessandria sovrannominato duchino. Risulta al teste che nella scuola si tiene calmo ma che è trascurato negli esami tant'è che gli ebbe a di­re che aveva ancora un esame da prendere ma che lo rimetteva al 30 no­vembre.

Il teste afferma che gli ebbe più volte a dire: « Ella cui incombe ancora di subire la prova farebbe molto bene a governarsi con prudenza» .

Dal complesso s i deve argomentare che questo studente voleva lo schia­mazzo con la speranza di nuovo tempo utile per subire l'esame.

La commissione sovra questa terza questione dopo seria e lunga discus­sione non credendo poter rinvenire altri mezzi che portino maggior luce si limita a rassegnare il risultato delle fatte indagini a S.E. il signor ministro e al Consiglio superiore per quelle determinazioni che crederanno opportune.

Dando così compimento al mandato che le fu conferito la commissione non dubita punto che il ministro della pubblica istruzione riconoscerà tutta l'importanza delle osservazioni che si contengono nella presente relazione. Elle furono suggerite dalla esperienza dei congregati i quali avendo trascorsa gran parte della loro vita tra gli studenti ed essendo stati chiamati all'appli­cazione di leggi molte e varie sulla pubblica istruzione hanno potuto formar­si dei criterii della cui esattezza hanno l'intima convinzione.

Vedrà il ministro se non sia il caso di prendere a nuovo esame le leggi vi­genti sulla pubblica istruzione, e quali siano i provvedimenti coi quali si pos­sa giungere a rialzare la disciplina ed a far sì che l'istruzione così ampiamen­te e generosamente largita dallo Stato produca frutti migliori.

La commissione perciò si permette di richiamare l'attenzione del gover­no su quest'oggetto del quale non sa se per l'avvenire del nostro paese altro vi sia che presenti maggiore importanza.

Intanto si limita la commissione ad una sola proposta già per deliberazio­ne trasmessa al ministro ed è che S.E. il ministro prima del riaprimento del­l'università e con apposita pubblicazione voglia dichiarare che rinnovandosi disordini nella Regia università degli studj di Torino per parte degli studenti sarebbe chiusa irrevocabilmente l'università con perdita dell'anno scolastico a tutti gli studenti.

M[ichele] Coppino

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246 Fonti per la storia della scuola

Enrico Betti G[iuseppe] Bertoldi

F[elice] Parato F[rancesco] Barone

Pateri Filiberto T[ommaso] Vallauri

G[iovanni]B[attista]Peyretti G[ioacchino] Fiorito

Gius[eppe] Bart[olomeo] Erba Borsarelli P[ietro]A[ntonio] G[iuseppe] Buniva relatore

Adunanza del 4 dicembre 1869 1

MPI, CSPI, Processi verbali, 1869, vol. II, pp. 3287-3288; 3290, 3 3 1 1-33 1 3 , ms . con firma autografa.

[ . . . ] Il consiglier Brioschi poi dà lettura della relazione 2 da lui compilata assieme ai consiglieri Bertoldi e Betti, in adempimento dell'incarico ai me­desimi affidato nella tornata del dì l o di questo mese in occasione del rap­porto della commissione d'inchiesta sui disordini avvenuti ultimamente nel­la Università di Torino. In essa relazione discorse le cause del presente stato di rilassatezza nella disciplina, si fa notare che la maggior parte di esse trag­gono origine da non precisa e giusta interpretazione data ai regolamenti, on­de si propone di consigliare il ministro a volere con una circolare e con un regio decreto charire le disposizioni regolamentari non bene interpretate che dan motivo agli abusi che si lamentano e che sono grandemente pregiu­dizievoli al progresso degli studi. In fra le altre cose si nota il danno che re­ca la trascuratezza dei giovani a frequentare i corsi ed a presentarsi agli esa­mi speciali durante l'estiva sessione, la colpevole costumanza introdotta nel­l' ateneo torinese che i giovani possano non fare l'esame nel giorno in cui si sono presentati ove loro non accomodi trattare del tema da essi estratto , e la libertà ai medesimi concessa di alternare l'iscrizione or come studenti ora come uditori sempre che loro piaccia.

La commissione riserbandosi a proporre qualche temperamento rispetto agli uditori dopo aver raccolte ulteriori opportune informazioni, indica le disposizioni da dare riguardo le altre osservate irregolarità sia per circolare sia per regio decreto; e passa a parlare dell'ultima parte del ricevuto incari-

1 Sono presenti il vicepresidente Mamiani e i consiglieri Bufalini, Bertoldi, Betti, Brioschi, Prati, Aleardi, Cipriani, Amari, Duprè, Messedaglia, Tenca, Giorgini.

2 Vedi allegato B, p. 236.

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Sezione II - L 'attività disciplinare 247

co, riflettente i tre giovani indicati come partecipanti ai tumulti avvenuti nella università e propone d'invitare il rettore a continuare nelle indagini ed a dare i provvedimenti meglio valevoli a prevenire altri disordini ed a rialza­re la disciplina universitaria.

[ . . . ] Si scioglie la tornata alle ore 2 pomeridiane. Firenze 1 2 gennajo 1870.

Il segretario C[esare] Volpicella

Doc. I

Adunanza del 4 dicembre 1 869

Il vicepresidente Terenzio Mamiani

La commissione rispetto al primo punto della relazione della commissio­ne d'inchiesta ha distinto le cause d'indisciplina in tre gruppi; e cioè:

l o • quelle per le quali è già provveduto nella legge o nei regolamenti in vigore

2 o . quelle delle quali può provvedersi con modificazioni del regola­mento

3 o . infine quelle per cui potrebbe esservi necessità di una legge.

Tra le prime si annoverano: la mancanza nella frequentazione ai corsi. La commissione crede che gli artt. 29, 30 del regolamento 1868 1 diano al corpo insegnante ed alla autorità scolastica mezzi sufficientemente efficaci per l'adempimento di questi doveri per parte degli allievi.

La noncuranza di presentarsi nel tempo prescritto per gli esami. Anche a questo riguardo crede la commissione provveda l'art. 60 del citato regola­mento e perciò la commissione crede debba il Consiglio superiore proporre al ministro di richiamare con apposita circolare le università all'esatto adempimento delle suddette prescrizioni; facendo nello stesso tempo senti­re al Ministero la necessità di mantener fermi i provvedimenti che le autori­tà locali avessero creduto di dare in proposito. Nella circolare si potrà ram­mentare che per l'effetto dell'art. 60 si dÒvrà ritenere riscontrante l'esame colla estrazione.

Cause della seconda specie sarebbero: a) il soverchio numero degli allie­vi che si presentano alla seconda sessione degli esami speciali. La commis­sione è d'avviso che la breve durata della seconda sessione rispetto alla pri­ma stabilita nell'articolo secondo del regolamento universitario indichi già per sé il carattere della seconda sessione, la quale non deve esser considera-

1 Vedi nota l a p. 24 1 .

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248 Fonti per la storia della scuola

ta se non come una sessione suppletiva per coloro i quali fallirono in qual­che prova nella prima sessione, o non poterono presentarsi per malattia o per altri gravi motivi da giustificarsi. Tuttavia riconosce che sia perché il re­golamento non è esplicito sopra questo punto, sia per l'abuso prevalso con manifesto scapito della disciplina convenga anche per decreto reale di pro­muovere qualche disposizione in proposito. Sarebbe opportuno di verificare se dalle università non siena state proposte altre modificazioni o dubbi ri­spetto al regolamento del 1 868; b) la facoltà lasciata agli allievi di ripete­re gli esami un numero qualsivoglia·di volte senza onere di sorta. Pare alla commissione che allorquando si renda più conforme alla legge di quello che si ridusse attualmente ad essere la condizione degli uditori (come si dirà pel terzo gruppo), si provvederà nello stesso tempo a togliere questa causa d'in­disciplina.

3 o . Pare alla commissione che la posizione fatta oggi agli uditori nelle nostre università non sia perfettamente conforme al disposto degli artt. 1 14 , 1 1 5 della legge 1 3 novembre 1 859; sul qual punto però si riserva di ri­ferire nuovamente al Consiglio allorquando avrà raccolte tutte le disposizio­ni emanate dal Ministero dopo il 1859 sopra questo argomento.

Rispetto al terzo punto del rapporto della commmissione d'inchiesta che si riferisce ai tre giovani ivi nominati ed indicati come partecipanti ai tumul­ti avvenuti, la commmissione è d'avviso che il Consiglio proponga al signor ministro di scrivere al rettore invitando a continuare nelle indagini per ap­purare e conoscere il fondamento e la gravità della imputazione ad essi fa t­ta; ed a dare quei provvedimenti chç egli ritenga più valevoli a prevenire al­tri disordini ed a rialzare la disciplina universitaria.

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F[rancesco] Brioschi Bertoldi

Betti

Procedimento disciplinare a carico del prof Pizzorno.

MPI, CSPI, Processi verbali, 1897, vol. II, ms . con firma autografa.

Adunanza della Giunta del 6 luglio 1 897 1

1 Sono presenti il vicepresidente Bargoni e .i consiglieri, Boccardo, Brioschi, Cammarata, D'Ovidio, Maragliano, Richiardi, Schupfer, Striiver e Vitelli.

Sezione II- L 'attività disciplinare 249

[ . . . ] Il presidente invita quindi il consultore legale 1 a leggere l'atto di ac­cusa a carico del prof. Pizzorno.

Il consultore legale legge l'atto di accusa contro il detto professore. Appena pochi mesi dalla sua nomina nel ginnasio di Tortona il prof. Piz­

zorno solleva contro di sé le più vive censure del pubblico e dell'autorità scolastica; per il modo col quale intende ed esercita il suo ufficio d'inse­gnante. L'autorità scolastica conferma che il prof. Pizzorno nella scuola di­scorre inopportunamente di religione e di politica e biasima gli ordinamenti scolastici e sociali dello Stato . Ammonito, continua in pubblico e in iscuola nella sua propaganda sovvertitrice .

Trasferito da Tortona a Ceva non muta condotta e anche in pubblici ban­chetti tiene discorsi socialistici, così da mettersi in contravvenzione colla legge e da provocare l'azione dell'autorità giudiziaria. Il suo contegno in iscuola non è migliore così che parecchi padri di famiglia e le autorità del luogo insistono presso il Ministero, perché allontani da Ceva e dalla scuola il prof. Pizzorno, divenuto occasione di scandalo e fattosi coi suoi consigli ed incitamenti perturbatore audace delle famiglie. Egli trascura intanto i suoi doveri d'insegnante non correggendo i compiti de' suoi scolari e tenendo in disordine il registro della scuola.

Una inchiesta ordinata dal Ministero su detto insegnante riuscì a lui pie­namente sfavorevole.

Trasferito in seguito da Ceva ad Oristano in meno di un mese dà tali pro­ve di sé che l'autorità lo denunzia al Ministero per la sua riprovevole agita­zione sovvertitrice. Giunta la notizia dell'attentato al re 2, il prof. Pizzorno stampa e firma una lettera nella quale affermandosi socialista, pubblicamen­te rifiuta la sua compartecipazione ad un telegramma di riverente omaggio inviato dai colleghi suoi al capo dello Stato per lo scampato pericolo .

Per le suddette ragioni, più ampiamente svolte nell'atto di accusa, il con­sultore legale, d'ordine di S .E . il ministro 3, chiede all'onorevole Giunta del Consiglio superiore, che voglia pronunziare contro il prof. Pizzorno l'accu­sa di condotta irregolare e conseguentemente promuovere a carico di lui l'a­zione disciplinare.

Il consigliere Brioschi muove tre domande per sapere. l o . Se e quando il prof. Pizzorno fu sospeso dall'ufficio. 2 o . Quale insegnamento gli era affidato. 3 o . Quali studi ha egli percorso. I l consultore legale risponde a queste tre domande del consigliere Brio­

schi. Il consigliere Boccardo, relatore, dice che ha dato soltanto un primo

' Achille Pognini. Per gli atti del processo si vedano anche le carte conservate in ACS, MPI, CSPI (1849-1903), b. 385, fase. 484.

2 Si riferisce all'attentato Acciarito contro Umberto I , avvenuto il 22 aprile 1897. 3 Emanuele Gianturco.

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250 Fonti per la storia della scuola

sguardo agli atti relativi al procedimento a carico del prof. Pizzorno; ma os­serva in tesi generale che a lui pare che i reggitori di uno Stato non dovreb­bero permettere che professori di scuole governative bandissero dalla catte­dra o in pubbliche adunanze delle dottrine contrarie alle istituzioni dello Stato medesimo. Può essere che sia in errore, ma tale è la sua convinzione. Ammette che un socialista insegni la matematica od altra scienza, ma non può ammettere che si serva della cattedra per fare propaganda di idee con­trarie alle istituzioni del governo. Questa è la sua convinzione, riguardo al prof. Pizzorno si rimette volentieri al parere della Giunta.

Il presidente osserva che dalle parole del consigliere Boccardo risulta chiaro che egli è di avviso che vi sia materia a procedere contro il prof. Piz­zorno e pone ai voti la presa in considerazione dell'atto di accusa.

È approvata. [ . . . ] La seduta è levata alle ore 18 .

Il segretario F[elice] Valletti

Il presidente A[ngelo] Bargoni

Adunanza della Giunta del 28 settembre 1 897 1

MPI, CSPI, Processi verbali, 189 7, vol. II, ms. con firma autografa.

[ . . . ] Il presidente avverte che il pro f. Pizzorno ebbe a tempo debito co­municazione così dell'atto di accusa come del giorno in cui il procedimento avrebbe avuto luogo dinanzi alla Giunta. Il prof. Pizzorno inviò la sua difesa scritta e con recente cartolina, di cui il signor presidente dà lettura, informa la Giunta che le sue condizioni economiche non gli permettono di venire a Roma ma che in vece sua verrebbe a sostenere la difesa un deputato sociali­sta. Questi però non s 'è presentato.

Dà in seguito la parola al consultore legale, il quale legge l'atto di accusa. Invita poscia il segretario a dar lettura della difesa del prof. Pizzorno. La let­tura ha luogo e da essa emerge quanto segue:

il prof. Pizzorno conferma le dichiarazioni trasmesse al Ministero nel maggio scorso per mezzo del provveditore agli studi di Cagliari 2• Dice che le accuse contro di lui vennero da parenti di alunni ai quali egli con giusta severità aveva negato la promozione. Accenna alla ispezione compiuta nella sua scuola dal prof. Casini e dal provveditore Pratesi, a lui favorevoli, ed al­la dichiarazione del direttore del ginnasio di Tortona 3 unita in originale alla

1 Sono presenti il vicepresidente Bargoni e i consiglieri Boccardo, Brioschi, Cammarata, D 'Ovidio, Giada, Lioy, Maragliano, Miraglia, Richiardi, Schupfer e Vitelli.

2 Plinio Pratesi. 3 Emilio Bertagna.

Sezione II- L 'attività disciplinare 25 1

sua difesa scritta. Conferma di essere socialista, ma respinge l'accusa di aver fatto propaganda socialista nella scuola. Riferendosi all'annullamento degli esami di due alunni Cedinovi e Allegrina ed alla classificazione insufficiente da lui data al figlio del delegato di P .S . Falchi intende di dimostrare la sua regolare condotta come insegnante. Aggiunge che rimproverò un alunno il quale gli scrisse una lettera professando in essa idee socialiste credendo con ciò di cattivarsi la benevolenza di lui. Durante la scuola serale da lui fondata in Ceva fu bensì accusato di diffondere idee contrarie alle istituzioni, ma fu prosciolto dall'accusa per inesistenza di reato. Narra alcuni fatti per giustifi­care la sua condotta verso il direttore 1 , che secondo lui, gli faceva la guerra, nonché verso l'autorità comunale di Ceva.

Dice che per i suoi principi socialisti preferisce la compagnia dei conta­dini a quella di coloro che siedono in alto.

Nega nel modo più assoluto di aver mai contribuito a seminare dissensi tra padri e figli per ragioni politiche, e se diede a leggere a due giovani il li­bro del Ferri intitolato Socialismo e scienza positiva 2 è da considerare che questi due giovani oltrepassavano i venti anni e provenivano da studi supe­riori fatti in Torino.

Venendo al fatto del telegramma a S .M. il re dice che il suo nome fu ag­giunto al telegramma senza il suo consenso e che, il telegramma col suo no­me essendo stato pubblicato nel giornale repubblicano «La Nuova Sarde­gna» 3 egli credette di dover rettificare la cosa affinché il pubblico non fosse ingannato sui suoi principi di socialista dichiarato. Con ciò egli non intese menomamente di fare l'apologia del regicidio, né di mancare di riverenza al capo dello Stato. Conclude riferendo alcuni fatti coi quali vorrebbe dimo­strare la parzialità del provveditore agli studi, del direttore e del prof. Cabiz­za nel promuovere alcuni alunni da quest'ultimo preparati privatamente agli esami. Crede infine che tutta la sua condotta sia sempre stata, prima e dopo i fatti suaccennati, da uomo di carattere. Spera che la Giunta del Consiglio superiore gli renderà giustizia; in caso contrario egli la chiederà al tribunale infallibile della pubblica opinione.

Dopo ciò il presidente dà la parola al consultore legale, il quale osserva: non si tratta in questo caso di una delle solite mancanze, bensì di una

condizione di cose che dura da molto tempo e che non può troncarsi se non in un sol modo. La difesa è fondata nella persuasione di essere nel vero e l'accusato nega di aver fatto propaganda nella scuola; ma si può opporre an-

1 Alfonso Fossarelli. 2 Edito a Roma dalla Casa editrice italiana nel l 894. 3 Sul giornale « La Nuova Sardegna» del l o maggio 1897 apparve questa notizia: «<l diretto­

re del ginnasio prof. Mocci in occasione dell'attentato contro il re Umberto spedì a nome del collegio dei professori e del ginnasio un telegramma al quale rispose ringraziando il ministro della Real Casa gen. Ponzio Vaglia». Sul giornale succitato non fu pertanto pubblicato il testo del telegramma inviato al re, né apparvero le firme dei singoli docenti.

252 Fonti per la storia della scuola

zitutto che esce dai confini del proprio dovere colui che eccede quelli impo­sti all'educatore, e in secondo luogo che la legge avendo voluto punire la propaganda contro l'ordine delle istituzioni non ha inteso solo parlare di propaganda nella scuola ma anche di quella fatta fuor di essa. Sta in fatto pe­rò che anche nella scuola l'imputato ha parlato delle sue opinioni politiche e ne è prova uno dei temi che egli ha dato a svolgere. Negli atti si trova: una protesta di padri di famiglia i quali dicono anche che il Pizzorno fa propa­ganda nella scuola e fuori di essa; si trova la prova che non tiene in regola i registri e non corregge i lavori; si trova che frequenta compagnie formate di persone poco dabbene; si trova che anche il direttore della scuola e le auto­rità locali fanno voti perché il prof. Pizzorno sia allontanato da quella scuo­la; si trova infine la prova che il Pizzorno in qualche caso eccitò i figli con­tro i padri.

Legge poi numerose testimonianze di persone autorevoli sulle qualità ed abitudini del Pizzorno.

Conclude proponendo la pena della remozione. Prese le sue conclusioni il consultore legale esce dall'aula.

Allora il presidente dà la parola al relatore consigliere Boccardo. Questi dice che crede inutile entrare nei particolari della questione: esa­

minerà piuttosto la condotta e il carattere del prof. Pizzorno in relazione al suo ufficio di pubblico educatore.

Legge una lettera del prefetto della provincia 1 da cui appare che il Piz­zorno era considerato come un perturbatore; legge pure le note caratteristi­che di lui ed una lettera del direttore del ginnasio di Tortona nella quale è detto che il Pizzorno non faceva propaganda nella scuola; legge la protesta di sette padri di famiglia contro detto professore.

Secondo lui i fatti a carico del prof. Pizzorno si possono riassumere nei tre seguenti:

l o . Quello che riguarda il telegramma a S.M. il re. 2 o . L'avere indotto i figli del notaio Roatta a ribellarsi alla volontà del

padre. 3 o • La propaganda socialista da lui fatta nella scuola e fuori.

Per lui quest'ultimo fatto è gravissimo, perché crede si debba ritenere come pubblico nemico chi scalza i principì della vera libertà. Nell'insegna­mento superiore si possono tollerare dei socialisti quando si tratta di cultori di scienze positive; ma nelle scuole secondarie e primarie in ispecie, dove si gettano e si coltivano nell'animo dei fanciulli e dei giovanetti i primi germi del carattere una tale tolleranza non è possibile. I professori che intendono farsi apostoli del socialismo debbono cercare altro campo e non chiedere stipendi al governo.

Il caso Pizzorno va appunto considerato sotto questo aspetto, cioè che

' Emilio Bedendo.

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Sezione II- L 'attività disciplinare 253

egli ha tentato di scalzare i principì che reggono le nostre istituzionì; e per­ciò conclude proponendo col consultore legale che il prof. Pizzorno sia ri­mosso.

Il consigliere Giada domanda quali studi abbia fatto il Pizzorno e quando abbia cominciato ad insegnare.

Il consigliere Boccardo relatore, risponde: che il Pizzorno ottenne la lau­rea in lettere nel 1892 nell'Università di Torino e cominciò ad insegnare nel 1 890.

Il consigliere Giada fa notare che gli ispettori governativi i quali visitaro­no la scuola del Pizzorno non ebbero che parole di lode. Dunque: o gli ispettori non videro bene o egli cominciò a professare il socialismo dopo il 1894 . Comunque sia le dottrine professate dal Pizzorno sono causa di scan­dalo e tutto il linguaggio della sua difesa è sconveniente. Aderisce alla pro­posta fatta a carico dell'imputato.

Il consigliere Maragliano desidera sapere se il Pizzorno ebbe mai ammo­nizioni dal Ministero. Crede che il trasferimento ad Oristano sia stata una punizione troppo mite. Dimostra essere pericoloso mantenere nell'insegna­mento simili professori e vorrebbe che ciò fosse esplicitamente espresso al ministro, avvertendo pure che anche nei concorsi universitari i professori socialisti sono generalmente i più favoriti.

Il consigliere Brioschi non dà soverchia importanza ai fatti speciali; ma la stessa professione di fede fatta dal Pizzorno nella sua difesa è sufficiente per indurre la Giunta a proporre il suo allontanamento dalla scuola. Ne sono prove sufficienti le dichiarazioni fatte dai padri di famiglia, fra i quali vi so­no persone rispettabili.

Il consigliere Vitelli vorrebbe che al signor ministro si dicesse che si pro­pone la rimozione del prof. Pizzorno non per le definizioni che del sociali­smo si possono dare, ma perché il socialismo mira a sovvertire l'attuale or­dine di cose e quindi non si può tollerare chi nelle scuole ne fa propaganda. Circa la coltura del Pizzorno, giudicandola dall'opuscolo in lingua greca da lui scorso, si può dire che egli abbia una coltura classica abbastanza vasta.

Il consigliere Miraglia crede che si debba prescindere da ogni discussione sul valore della parola socialismo e circa la convenienza di suggerire al si­gnor ministro di tenere o no nell'insegnamento chi professa il socialismo. Crede che la Giunta debba limitarsi all'applicazione dell'art. 106. Nel caso presente si può dare un esempio colla punizione del Pizzorno, ma si deve farlo coll'applicazione dell'articolo predetto . Questo articolo non è applica­bile nelle prime due parti ma lo è nella terza, perché il Pizzorno ha coll'inse­gnamento cercato di scalzare i principì sui quali riposano le nostre istituzio­ni; e a provare ciò basta la protesta dei padri di famiglia. Ogni considerando che uscisse fuori dalla specie sarebbe a suo avviso fuori della legge.

Il consigliere Brioschi è di opinione contraria a quella del consigliere Mi­raglia. Un uomo che si dichiari socialista è per ciò solo punibile a termini dell'art. 106.

254 Fonti per la storia della scuola

Il consigliere Gioda vorrebbe che nella deliberazione da mandarsi al mi­nistro tutti i fatti imputabili al prof. Pizzorno fossero accennati. Ciò non è fuori della legge. Crede che si debba dire che si propone la rimozione del Pizzorno perché egli professa dottrine le quali sono sovvertitrici dell'attuale ordine di cose. Non è d'accordo col consigliere Brioschi sulla poca impor­tanza che egli vuoi dare al fatto dell'intromissione del Pizzorno tra il Roatta e i figli di lui, né è pienamente d'accordo col consigliere Vitelli perché non si può non tener conto di che cosa sia socialismo. I professori socialisti sono la rovina delle scuole, e conforta questa sua affermazione con alcuni esempi tratti dalle scuole di Torino.

I consiglieri D'Ovidio e Lioy ritenendo sufficiente la discussione fatta chiedono al relatore una mozione sulla quale si possa votare.

Il consigliere Boccardo propone la seguente deliberazione: La Giunta, ritenuto che dagli atti del processo risulta che il prof. Pizzor­

no ha nella scuola e fuori tentato scalzare i principi e le guarentigie che sono posti a fondamento della costituzione civile dello Stato; ritenuto che delle dottrine sovversive dell'ordine sociale il prof. Pizzorno s 'è dichiarato for­malmente e replicatamente fautore anche nella memoria presentata in pro­pria difesa alla Giunta; ritenuto che tale condotta, secondo l'art. 106 della legge 13 novembre 1859, costituisce una delle cause che possono dar luogo alla rimozione dell'insegnante;

delibera di proporre al signor ministro che il prof. Pizzorno venga ri-mosso.

Datane lettura alla Giunta, il presidente la mette in votazione. Si vota per ischede segrete per sì e per no. Votanti dodici. Risultato delle votazione: dodici sì. La Giunta approva ad unanimità la deliberazione proposta dal relatore. [ . . . ] La seduta è tolta alle ore 19 .

I l segretario F[elice] Valletti

Il presidente A[ngelo] Bargoni

APPENDICE

��� ............................ ..

I . I MEMBRI DEL CONSIGLIO SUPERIORE

a) Note biografiche.

Sono riportati nell'unito elenco, in ordine alfabetico, i membri del Consiglio superiore della pubblica istruzione a partire· dalla sua costituzione, avvenuta il 30 novembre 1 847, sino al 3 1 dicembre 1928. Sono stati altresì inclusi, fa� cendone specifica menzione, anche i componenti dei Consigli superiori isti� tuiti a Palermo con la legge 17 ottobre 1 860 ed a Napoli con la legge 16 feb� braio 1 86 1 .

Ciascuna scheda riporta le tappe della « carriera» come consigliere, de­sunte dai decreti di nomina o di cessazione. Nei pochissimi casi nei quali la ricerca abbia dato esito negativo o dubbio, soprattutto in riferimento alla se­conda metà del periodo considerato, è stato effettuato un ulteriore riscon­tro sulle tabelle mensili di indennità riguardanti i membri del Consiglio e della Giunta. Si ricorda inoltre che per i membri rappresentanti dei due rami del Parlamento, intervenuti in base alla legge n. 496 del 19 luglio 1909, la nomina veniva formalizzata attraverso comunicazione ufficiale degli eletti al Consiglio superiore da parte della presidenza di Camera o Senato. Si ram­menta altresì che per i componenti entrati nel Consiglio durante la riforma del ministro Berti del 6 dicembre 1 866 è stato anche specificato a quale dei tre comitati corrispondenti ai tre rami dell'istruzione fossero stati assegnati.

Si segnala infine che nel redigere l'unito elenco non si è tenuto conto delle sezioni di Giunta del Consiglio superiore per l'istruzione media ed ele­mentare, previste dalle leggi 8 apr. 1906, n. 1 4 1 , e 4 giu . 19 1 1 , n. 487, in quanto non coinvolte nei lavori del Consiglio plenario.

Di ogni nominativo sono stati anche indicati:

- il ruolo professionale al momento della prima nomina nel Consiglio; - la carriera politica a livello nazionale.

È stata qui considerata anche la carica (derivante da quella di primo uffi­ciale) di segretario generale dei ministeri che, seppur di carattere prettamen­te burocratico, era retta di frequente da eminenti personalità del mondo po­litico, venendo così ad assumere, col tempo, una valenza assai più vicina a quest'ultimo. Per uno studio analitico sulla figura e sul ruolo del segretario generale si rinvia poi al volume di S. RuDATIS, I segretari generali dei mini­steri: amministrazione e politica (1848-1888), Milano, Giuffrè, 1 986.

Si indicano infine le principali pubblicazioni consultate per la ricostru­zione della carriera politica dei singoli consiglieri:

Indice generale degli atti parlamentari. Storia dei collegi elettorali (1848-1897), a cura della CAMERA DEI DEPUTATI, Roma 1 898; I senatori del Regno

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258 Fonti per la storia della scuola

dal 1848 al l o gennaio 1941. Elenchi storici e statistici, a cura del SEGRE­

TARIATO GENERALE DEL SENATO, Roma 194 1 ; A. MOSCATI, I ministri del '48, Napoli, Edizioni del Comitato napoletano dell'Istituto per la storia del Risor­gimento italiano, 1948; I deputati e senatori del primo Parlamento repub­blicano, Roma, La Navicella, 1949; A. MoscATI, I ministri del Piemonte do­po Novara, Napoli, Edizioni del Comitato napoletano dell'Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 1952 ; I deputati e senatori del secondo Parlamento repubblicano, Roma, La Navicella, 1954; A. MoscATI, I mini­stri del regno d'Italia, I: dalle annessioni ad Aspromonte, Napoli, Edizioni del Comitato napoletano dell'Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 195 5 ; F . BARTOLOTTA, Parlamenti e governi d'Italia dal 1848 al 1970, Ro­ma, Vito Bianco, 197 1 , voll. 2 ; M. MISSORI, Governi, alte cariche dello Sta­to, alti magistrati e prefetti del regno d'Italia, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1989.

ALBANESE ENRICO.

Nato a Palermo 1' 1 1 marzo 1834. Membro per elezione dal l o maggio 1884 al 19 giugno 1887. Membro di proposta ministeriale dal l o maggio 1888; re­sta in carica fino alla morte, avvenuta il 5 maggio 1889. Professore di clinica chirurgica nell'Università di Palermo.

ALBERTONI PIETRO.

Nato a Gazzoldo degli Ippoliti (Mantova) il 22 settembre 1849. Membro del Consiglio dal l o luglio 19 1 1 al 30 giugno 19 1 5 . Ordinario di fisiologia speri­mentale nell'Università di Bologna. Deputato nella XVIII, XX, XXI legislatu­ra. Nominato senatore il l7 marzo 1912 .

ALBERTOTTI GIUSEPPE.

Nato a Calamandrana (allora in provincia di Alessandria, ora di Asti) il 24 lu­glio 185 1 . Membro del Consiglio dal 1 5 ottobre 1914 al 30 giugno 1 9 1 5 . Ordinario di clinica oculistica nell'Università di Padova.

ALBINI PIETRO LUIGI.

Nato a Vigevano (allora parte del Regno di Sardegna, ora in provincia di Pa­via) il 15 giugno 1 807. Membro straordinario dal 25 dicembre 1 85 1 al di­cembre 1 854; nominato membro ordinario il 3 gennaio 1 858; resta in carica fino alla morte, avvenuta il 1 8 marzo 1 863. Professore di principi razionali del diritto nell'Università di Torino. Deputato nella I legislatura.

ALEARDI ALEARDO, vero nome Gaetano Maria. Nato a Verona il 4 novembre 1812 . Nominato membro ordinario il 1 5 otto­bre 1 865; entra quindi, il 20 gennaio 1 867, nel Comitato per l'istruzione primaria come membro straordinario; il 2 novembre 1867 è nominato mem­bro ordinario nel ricostituito Consiglio superiore. Resta in carica fino alla morte, avvenuta il 17 luglio 1878. Professore di estetica nell'Accademia del­le arti del disegno di Firenze. Deputato nella VII legislatura. Nominato sena­tore il 6 novembre 1 873 .

Appendice - I membri del Consiglio superiore 259

ALESSANDRI ROBERTO.

Nato a Civitavecchia (Roma) il l o dicembre 1 867 . Membro del Consiglio e della Giunta dal l o luglio 1919 al 3 1 agosto 1923. Ordinario di patologia speciale chirurgica dimostrativa nell'Università di Roma. Nominato senatore il 1 3 giugno 1939.

AMARI EMERICO.

Nato a Palermo il 10 maggio 1810 . Il 23 ottobre 1 860 è nominato presiden­te del Consiglio superiore in Palermo. Cessa dall'ufficio, per dimissioni, il 1 2 novembre dello stesso anno. Professore di filosofia della :otoria nell'Isti­tuto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze. Deputato nel­l'VIII e X legislatura.

AMARI MICHELE.

Nato a Palermo 1'8 luglio 1 806. Membro straordinario dal 6 aprile al 7 di­cembre 1862, allorché diventa ministro della pubblica istruzione. È t).omina­to nuovamente membro straordinario il 20 ottobre 1867; diventa membro ordinario il 6 dicembre 1 87 1 . Mantiene l'incarico fino al 1 2 maggio 1 88 1 , allorché è nominato membro per elezione. Il 1 3 maggio entra nella Giunta, da cui si dimette il 2 1 giugno. Cessa dall'ufficio il 20 maggio 1 886. Di nuo­vo membro, per elezione, dal 19 giugno 1887. Si dimette, per motivi di sa­lute, il l o marzo 1 889. Professore di lingua e letteratura araba nell' Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze. Nominato senato­re il 20 gennaio 186 1 . Ministro della pubblica istruzione dall'8 dicembre 1 862 al 27 settembre 1864 .

ANTONELLI GIOVANNI.

Nato ad Aquila degli Abruzzi (ora L'Aquila) il 1 5 marzo 1838. Membro per elezione dal l o luglio 1 896 al 30 giugno 1900 . Nominato di nuovo, dal l o luglio 1904 al 30 giugno 1908, membro del Consiglio e della Giunta. Ordi­nario di anatomia umana nell'Università di Napoli.

ARCOLEO GIORGIO .

Nato a Caltagirone (Catania) il 1 5 agosto 1850. Membro di proposta ministe­riale dal l o luglio 1904, entra nella Giunta il l o luglio 1905 . Cessa dall'uffi­cio il 30 giugno 1908. Ordinario di diritto costituzionale nell' Università di Napoli. Deputato nelle legislature XV-XX. Nominato senatore il 25 novem­bre 1902. Sottosegretario nel Ministero di agricoltura industria e commercio dal 1 9 aprile 189 1 al l O maggio 1 892; poi nel Ministero delle finanze dal 30 marzo 1 896 al 1 8 gennaio 1 898; quindi nel Ministero dell'interno dal 18 gennaio al 29 giugno 1898.

ARMANNI LUCIANO.

Nato a Napoli il 7 marzo 1 839. Membro per elezione dal l o giugno 1 890 al 3 1 maggio 1 894. Professore di istologia patologica nell'Università di Napoli.

ASCOLI GRAZIADIO ISAIA.

Nato a Gorizia il 1 6 luglio 1 829. Membro per elezione dal 19 marzo 1 882 al

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260 Fonti per la storia della scuola

lO maggio 1883. Di nuovo membro, di proposta ministeriale, dal l o giugno 1885 al 30 giugno 1 889. Professore di linguistica nell'Accademia scientifico­letteraria di Milano. Nominato senatore il 26 gennaio 1889.

AVOGADRO DI QUAREGNA AMEDEO.

Nato a Torino il 9 agosto 1776. Nominato membro straordinario il 30 otto­bre 1848, passa ad ordinario il 26 agosto 1850. Resta in carica fino alla mor­te, avvenuta il 9 luglio 1856. Professore emerito di fisica sublime nell'Uni­versità di Torino. Mastro uditore nella Camera dei conti.

BALDACCHINI GARGANO MICHELE.

Nato a Barletta (Bari) l' 1 1 febbraio 1803. Membro straordinario· del Consi­

glio superiore di Napoli dal 28 febbraio o 10 aprile 1861 al 1 5 ottobre 1 865 . Letterato.

BANTI ANGELO.

Nato a Orbetello (Grosseto) nel 1859. Membro di proposta ministeriale dal l o luglio 1903, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1907. Libero docente di elettrotecnica nell'Università di Roma.

BARBERIS GIUSEPPE.

Nato a Poirino (Torino) nel settembre 182 1 . Membro ordinario del Comita­to per l'istruzione primaria dal 30 dicembre 1866 al settembre 1867 . Mem­bro di proposta ministeriale dal 12 maggio 1 88 1 , il 1 3 maggio entra nella Giunta; cessa dall'ufficio il 20 maggio 1 886. Di nuovo membro, di proposta ministeriale, dal 19 giugno 1887, il 14 luglio entra nella Giunta. Cessa dal­l'ufficio il 30 giugno 189 1 . Nominato di nuovo, su proposta ministeriale, il l o luglio 1892; il l o giugno 1893 entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 3 1 maggio 1894. Ancora membro di proposta ministeriale dal l o luglio 1 895 , lo stesso giorno entra nella Giunta. Resta in carica fino alla morte, avvenuta il 29 gennaio 1 896. Ispettore delle scuole secondarie presso il Ministero del­la pubblica istruzione.

BARDELLI GIUSEPPE .

Nato a Sedriano (Milano) 1'8 aprile 1837 . Membro di proposta ministeriale dal l o giugno 1 897 al 3 1 maggio 190 1 . Straordinario di meccanica razionale nell'Istituto tecnico superiore di Milano.

BARGONI ANGELO .

Nato a Cremona il 26 maggio 1829. Membro di proposta ministeriale dal l o giugno 1894, lo stesso giorno entra nella Giunta e viene nominato vicepresi­dente. Cessa dall'ufficio e dalla vicepresidenza il 3 1 maggio 1898. Consiglie­re di Stato. Deputato nelle legislature VIII-XI. Nominato senatore il 16 no­vembre 1876. Ministro della pubblica istruzione dal 13 maggio al 14 dicem­bre 1 869; poi del tesoro dal 26 dicembre 1877 al 24 marzo 1878.

Appendice - I membri del Consiglio superiore 261

BARUCCHI FRANCESCO.

Nato a Briga (Nizza) il 6 settembre 1 80 1 . Nominato membro ordinario il 30 ottobre 1848, il 3 gennaio 1858 diventa membro onorario . Professore di storia antica ed archeologia nell'Università di Torino .

BARZELLOTTI GIACOMO.

Nato a Firenze il 7 luglio 1 844. Membro di proposta ministeriale dal l o lu­glio 1892, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1896. Ordinario di filosofia morale e pedagogia nell'Università di Napoli. Nominato senatore il 3 giugno 1908.

BASSINI EDOARDO.

Nato a Pavia il 14 aprile 1846. Membro per elezione dal l o giugno 1898 al 3 1 maggio 1902 . Ordinario di clinica chirurgica nell'Università di Padova. Nominato senatore il 15 maggio 1904.

BATTAGLINI GIUSEPPE.

Nato a Napoli 1' 1 1 gennaio 1826. Membro per elezione dal l o giugno 1 889. Entra nella Giunta il l o giugno 1890 e rinuncia all'incarico in Giunta dal l o luglio 189 1 . Si dimette, per motivi di salute, il l o aprile 1 892. Professore di analisi superiore nell'Università di Napoli.

BATTELLI ANGELO.

Nato a Macerata Feltria (Pesaro) il 28 marzo 1 862. Membro per elezione dal l o luglio 1907 al 30 giugno 191 1 . Ordinario di fisica sperimentale nell'Uni­versità di Pisa. Deputato nelle legislature XXI-XXIV.

BELLAVITIS GIUSTO.

Nato a Bassano del Grappa (Vicenza) il 22 novembre 1803. Membro del Co­mitato per l'istruzione universitaria dal 27 dicembre 1 866 al settembre 1867 . Rettore dell'Università di Padova, professore di geometria descrittiva. Nominato senatore il 5 novembre 1866.

BELTRAMI EUGENIO .

Nato a Cremona il 16 novembre 1 835 . Membro per elezione dal 10 maggio 1883 al 19 giugno 1887 e dal l o luglio 1 892 al 30 giugno 1 896. Di nuovo membro, sempre per elezione, dal l o giugno 1 897, entra in Giunta il 16 gennaio 1898 . Resta in carica fino alla morte, avvenuta il 18 febbraio 1900. Professore di fisica e matematica nell'Università di Pavia. Nominato senato­re il 4 giugno 1899.

BERRUTI SECONDO.

Nato ad Asti il 20 settembre 1796. Membro ordinario dal 24 settembre 1 86 1 al dicembre 1866. Professore emerito di fisiologia nell'Università di Torino.

BERTI DOMENICO .

Nato a Cumiana (Torino) il 17 dicembre 1820. Membro straordinario dal 17 ottobre 1874 al gennaio 1 88 1 . Professore di storia della filosofia nell'Uni-

262 Fonti per la storia della scuola

versità di Roma. Deputato nella IV, V, VII-XVIII legislatura. Nominato sena­tore il 18 gennaio 1895, muore prima della prestazione del giuramento (22 aprile 1897) . Segretario generale nel Ministero di agricoltura industria e commercio dal 9 marzo al 1 3 dicembre 1 862. Ministro della pubblica istru­zione dal 3 1 dicembre 1865 al 1 7 febbraio 1 867; poi di agricoltura, indu­stria e commercio dal 24 maggio 1881 al 30 marzo 1 884.

BERTINI BERNARDINO .

Nato a Barge (Cuneo). Membro straordinario dal 30 ottobre 1 848 al 1 7 di­cembre 185 1 . Dottore collegiato in medicina. Deputato dalla II alla V legi­slatura.

BERTINI GIOVANNI MARIA.

Nato a Pancalieri (Torino) il 3 agosto 1 8 18 . Membro straordinario dal 17 di­cembre 185 1 al 1 8 novembre 1 852 allorché è dispensato, dietro sua doman­da, in seguito alla nomina a membro del Consiglio generale per le scuole ele­mentari. Il 29 settembre 1855 è nominato di nuovo membro straordinario; il 3 gennaio 1 858 passa ad ordinario . Cessa dall'ufficio nel dicembre 1 866. Professore di storia della filosofia nell'Università di Torino . Deputato nella II legislatura.

BERTOLDI GIUSEPPE .

Nato a Fubine (Alessandria) il 25 luglio 1 82 1 . Il 30 dicembre 1866 è nomina­to vicepresidente del Comitato per l'istruzione secondaria. Membro ordina­rio nel ricostituito Consiglio superiore dal 20 ottobre 1867 al febbraio 1 88 1 . D i nuovo membro, di proposta ministeriale, dal 1 3 maggio 1884 al 3 0 aprile 1 888. Dottore aggregato, già ispettore generale degli studi secondari classici presso il Ministero della pubblica istruzione. Deputato nella V e VI legislatu­ra.

BETTI ENRICO .

Nato a Pistoia il 2 1 ottobre 1 823. Membro ordinario dal 20 ottobre 1 867 al 1 2 maggio 1 88 1 , allorché è nominato membro per elezione. Dal l o giugno 1 885 entra nella Giunta. Il 14 luglio dello stesso anno diventa vicepresiden­te . Cessa dall'ufficio il 20 maggio 1886. Membro per elezione dal l o maggio 1 888 al 30 aprile 1892. Professore di geometria superiore e fisica matemati­ca nell'Università di Pisa. Deputato nella VIII, IX, XII legislatura. Nominato senatore il 26 novembre 1884. Segretario generale nel Ministero della pub­blica istruzione dal 14 ottobre 1874 al 3 1 marzo 1876.

BIANCHI FRANCESCO.

Nato a Piacenza il 23 novembre 1 827. Membro di proposta ministeriale dal l o luglio 1 89 1 . Cessa dall'ufficio , per rinuncia, il l o febbraio 1 894. Consi­gliere di Stato . Nominato senatore il 2 1 novembre 1892.

Appendice - I membri del Consiglio superiot·e 263

BIANCHI LEONARDO .

Nato a Sannita di San Bartolomeo in Galdo (Benevento) il 5 aprile 1848. Membro del Consiglio dal l o luglio 1903, il l o luglio 1906 entra nella Giun­ta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1907. Nominato di nuovo per elezione dal 1 o luglio 1908, il 1 o marzo 1910 entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1 9 1 3 . Rettore dell'Università di Napoli; ordinario di psichiatria e cli­nica pschiatrica e di neuropatologia. Deputato nelle legislature XVIII e XX­XXIV. Nominato senatore il 6 ottobre 1 9 19 . Ministro della pubblica istruzio­ne dal 28 marzo al 24 dicembre 1905 . Ministro senza portafoglio dal 19 giu­gno 1916 al 30 ottobre 1 9 1 7 .

BIANCHI LUIGI.

Nato a Parma il 1 8 gennaio 1 856. Membro del Consiglio dal l o settembre 1923 al 10 febbraio 1926. Ordinario di geometria analitica nell'Università di Pisa. Nominato senatore il 1 8 settembre 1924.

BIANCHI NICOMEDE.

Nato a Reggio Emilia il 19 settembre 1818 . Membro straord�nari� dal 30 d�­cembre 1 865 al dicembre 1 866. Preside del liceo Cavour d1 Tonno. Noml­nato senatore il 1 2 giugno 188 1 . Segretario generale nel Ministero della pub­blica istruzione dal l o novembre 1 864 al 6 febbraio 1 866.

BIZZOZERO CARLO. Nato a Varese nell'ottobre 1 854. Membro eletto dalla Camera dei deputati dall' H marzo 19 1 1 all'aprile 1916 . Avvocato . Deputato nelle legislature XXII-XXIII.

BIZZOZERO GIULIO .

Nato a Varese il 20 marzo 1 846. Membro per elezione dal 30 aprile 1882 al 1 o giugno 1 885 . Professore di patologia generale nell'Università di Torino. Nominato senatore il 4 dicembre 1890.

BLASERNA PIETRO.

Nato a Fiumicello, ora Aquileia (illiria, ora provincia di Udine) il 29 gennaio 1 836. Nominato membro di proposta ministeriale il 20 maggio 1 886, entra nella Giunta il 27 maggio dello stesso anno. Cessa dall'ufficio il 3 1 maggio 1890. Professore di fisica sperimentale nell'Università di Roma. Nominato senatore il 4 dicembre 1 890.

BOCCARDO GEROLAMO.

Nato a Genova il 16 marzo 1 829. Membro ordinario dal 1 5 ottobre 1865 al dicembre 1866. Membro di proposta ministeriale dal 12 maggio 1 88 1 , il 1 3 maggio entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 10 maggio 1 883 . Di nuovo membro, di proposta ministeriale, dal 1 3 maggio 1 884, il 16 maggio entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 aprile 1888. Nominato ancora, di pro­posta ministeriale, il 1 o gennaio 1894, 1'8 febbraio entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1 896. Di nuovo consigliere dal l o giugno 1897, lo

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264 Fonti per la storia della scuola

stesso mese entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 190 1 . Profes­sore di economia politica nell'Università di Genova. Nominato senatore il 3 1 maggio 1 877.

BOCCI BALDUINO.

Nato a Potenza Picena (Macerata) l' l l luglio 1852 . Membro di proposta mi­nisteriale dal l o luglio 1915 al 30 giugno 1919. Ordinario di fisiologia uma­na nell'Università di Siena.

BONA BARTOLOMEO.

Nato a Nizza Monferrato (Asti) il 10 marzo 1810 . Nominato membro straor­dinario il 3 1 dicembre 1853; cessa dall'ufficio, per dimissioni, il 29 settem­bre 1855 . Professore di grammatica greca e grammatica generale nell'Uni­versità di Torino. Deputato nella VII legislatura.

BONACOSSA GIOVANNI STEFANO .

Nato a Casalgrasso (Cuneo) 1'8 giugno 1804. Membro straordinario dal 3 gennaio 1858 al 19 novembre 1865 . Primario del r. manicomio di Torino, incaricato della clinica delle malattie mentali nell'Università di Torino.

BONASI ADEODATO.

Nato a San Felice sul Panaro (Modena) il 25 marzo 1838. Membro, eletto dal Senato, dal l o marzo 191 O al 30 giugno 19 1 1 . Eletto di nuovo dal Senato dal l o luglio 1 9 1 3 , entra contemporaneamente nella Giunta. Con r.d. 1 5 ott. 1 9 1 4 viene nominato vicepresidente fino al 3 0 giugno 1 9 1 5 . Cessa dal­l'ufficio il 30 giugno 19 17. Consigliere di Stato . Deputato nelle legislature XVI-XVIII. Nominato senatore il 25 ottobre 1 896. Ministro di grazia e giusti­zia e dei culti dal 14 maggio 1899 al 24 giugno 1900. Presidente del Senato dal l 8 novembre 1918 al 29 settembre 1919 .

BONFANTE PIETRO .

Nato a Poggio Mirteto (Rieti) il 29 giugno 1 864 . Membro per elezione dal l o luglio 1908. Entra nella Giunta dal l o aprile 1912 . Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1 9 1 3 . Eletto di nuovo dal l o luglio 1917 , viene contemporaneamen­te nominato membro della Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1919 . Or­dinario di diritto romano nell'Università di Pavia.

BONGHI RUGGIERO .

Nato a Napoli il 2 1 marzo 1 826. Membro ordinario dal 1 5 ottobre 1 865 al dicembre 1866. Nominato nuovamente ordinario il 2 novembre 1867. Cessa dall'ufficio il 27 settembre 1 874 allorché diventa ministro della pubblica istruzione. Al termine del mandato governativo rientra nel Consiglio il 30 marzo 1876, come membro straordinario; si dimette nel gennaio 188 1 . Pro­fessore di lingua e letteratura latina nell'Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze. Deputato nella VII, VIII, X-XIX legislatura. Mi­nistro della pubblica istruzione dal 27 settembre 1874 al 25 marzo 1 876.

Appendice - I membri del Consiglio superiom 265

BONINO GIAN GIACOMO.

Nato a Torino nel 179 1 . Membro straordinario dal 25 settembre 1856 alla fi­ne del 1857. Preside del Collegio medico-chirurgico dell'Università di To­rino.

BoTTAZZI FILIPPO.

Nato a Diso (Lecce) il 23 dicembre 1 867. Membro del Consiglio dal 15 feb­braio 1926 a tutto il 1928. Rettore dell'Università di Napoli, ordinario di fi­siologia sperimentale.

BOTTO GIUSEPPE DOMENICO.

Nato a Moneglia (Genova) il 4 aprile 179 1 . Membro ordinario dal 29 gen­naio 1858. Resta in carica fino alla morte, avvenuta il 20 marzo 1 865 . Pro­fessore emerito di fisica generale e sperimentale nell'Università di Torino.

BOVIO GIOVANNI.

Nato a Trani (Bari) il 6 febbraio 1 837. Membro di proposta ministeriale dal 1 o luglio 1901 , lo stesso giorno entra nella Giunta. Resta in carica fino alla morte, avvenuta il 1 5 aprile 1903 . Ordinario di diritto pubblico comparato nell'Università di Napoli. Deputato nelle legislature XIII-XXI.

BRINI GIUSEPPE.

Nato a Bologna il 26 settembre 1857. Membro di proposta ministeriale dal 1 o luglio 1908 al 30 giugno 1913 . Ordinario di diritto romano nell'Universi­tà di Bologna.

BRIOSCHI FRANCESCO.

Nato a Milano il 22 dicembre 1 824. Nominato membro straordinario il 1 5 ottobre 1 865, entra nel Comitato per l'istruzione universitaria il 2 7 dicem­bre 1 866. Nominato membro ordinario del ricostituito Consiglio superiore il 20 ottobre 1867; si dimette il 6 dicembre 187 1 . Rientra come membro straordinario il 26 marzo 1873, e mantiene l'incarico fino al 1 2 maggio 188 1 , allorché è nominato membro per elezione ed entra nella Giunta (13 maggio). Nominato vicepresidente nel maggio 1884, cessa dall'ufficio e dal­la vicepresidenza il l o giugno 1 885. Riceve un nuovo mandato, sempre per elezione, il 20 maggio 1886 ed entra nella Giunta (27 maggio). Cessa dall'uf­ficio il 3 1 maggio 1 890. Nominato di nuovo membro, per elezione, il l o lu­glio 1 89 1 , entra in Giunta nello stesso giorno; cessa dall'ufficio il 30 giugno 1 895 . Nominato ancora membro per elezione il l o luglio 1 896, lo stesso giorno entra nella Giunta. Resta in carica fino alla morte, avvenuta il 1 3 di­cembre 1897. Direttore dell'Istituto tecnico superiore di Milano e presiden­te dell'Accademia scientifico-letteraria di Milano. Deputato nell'VIII legisla­tura. Nominato senatore 1'8 ottobre 1 865 . Segretario generale nel Ministero della pubblica istruzione dal l o luglio 1 86 1 al 17 gennaio 1863.

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266 Fonti per la storia della scuola

BRONDI VITTORIO.

Nato ad Altare (allora in provincia di Genova, ora di Savona) il 2 aprile 1 863. Membro di proposta ministeriale dal l o luglio 1917 al 30 giugno 192 1 . Di nuovo membro dal l o luglio 1924 a tutto il 1928. Vicepresidente dallo stesso l o luglio 1924 al lO febbraio 1926. Ordinario di diritto ammini­strativo e scienza dell'amministrazione nell'Università di Torino. Nominato senatore il l 6 ottobre 1922.

BRUNO LORENZO.

Nato a Murazzano (Cuneo) il 26 aprile 1 82 1 . Membro del Comitato per l'i­struzione universitaria dal 27 dicembre 1 866 al settembre 1 867 . Rettore del­l'Università di Torino, professore di medicina operativa e clinica chirurgica. Nominato senatore il l6 novembre 1876.

BRUSA EMILIO.

Nato a Ternate (Varese) il 9 settembre 1 843 . Membro per elezione dal 1 o lu­glio 1 896 al 30 giugno 1900 . Ordinario di diritto e procedura penale nell'U­niversità di Torino. Nominato senatore il 2 1 gennaio 1906.

BUFALINI MAURIZIO .

Nato a Cesena (Forlì) il 4 giugno 1 787. Nominato membro del Comitato per l'istruzione universitaria il 27 dicembre 1 866; membro ordinario del ricosti­tuito Consiglio superiore dal 20 ottobre 1 867 all' 1 1 dicembre 1 870, allor­ché si dimette ed è nominato membro onorario. Sovrintendente dell' Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze e professore di cli­nica medica. Nominato senatore il l 8 marzo 1 860.

BUONAZIA GIROLAMO .

Nato a Sinalunga (Siena) il 1 3 novembre 1 822. Membro ordinario del Comi­tato per l'istruzione primaria dal 30 dicembre 1866 al settembre 1 867. No­minato membro di proposta ministeriale dal l o giugno 1 885 , lo stesso gior­no entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 3 1 maggio 1889. Ispettore delle scuole secondarie e tecniche presso il Ministero della pubblica istruzione.

BURCI ENRICO.

Nato a Firenze il 26 maggio 1862 . Membro per elezione dal l o luglio 1 9 1 5 . Membro della Giunta dal l o luglio 1917 . Cessa dall'ufficio il 3 0 giugno 1919 . Ordinario di clinica generale chirurgica e medicina operatoria nell'I­stituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze.

BURRESI PIETRO.

Nato a Poggibonsi (Siena) il 22 marzo 1 822. Membro del Comitato per l'i­struzione universitaria dal 27 dicembre 1866 al settembre 1867. Nominato membro straordinario il 28 novembre 1875, cessa dall'ufficio alla fine del 1 880. Rettore dell'Università di Siena, professore di patologia speciale me­dica.

Appendice - I membri del Consiglio superiore 267

CABELLA CESARE.

Nato a Genova il 2 febbraio 1807. Nominato membro per elezione il 1 2 maggio 188 1 , il 1 3 maggio entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il l o giugno 1 885. Professore di diritto civile nell'Università di Genova. Deputato dalla I alla V e nella VII legislatura. Nominato senatore il 6 febbraio 1 870.

CACOPARDO SALVATORE.

Nato a Gallodoro (Messina) il 6 gennaio 1 8 1 5 . Membro del Consiglio supe­riore di Palermo dal 23 ottobre 1860 al 1 5 ottobre 1 865. Professore di igie­ne e di medicina legale nell'Università di Palermo.

CALISSE CARLO.

Nato a Civitavecchia (Roma) il 29 gennaio 1 859. Membro del Consiglio dal 1 5 febbraio 1926 a tutto il 1928. Consigliere di Stato. Deputato nelle legisla­ture XXIII-XXIV. Nominato senatore il 6 ottobre 19 19.

CALLAMARO ANTONIO.

Nato a Carignano (Torino). Membro straordinario dal 24 gennaio 1 86 1 al di­cembre 1866. Dottore aggregato nella facoltà di legge dell'Università di To­rino.

CAMERANO LORENZO.

Nato a Biella (allora in provincia di Novara, ora capoluogo di provincia) il 9 aprile 1 856. Membro del Consiglio dal 2 luglio 1903 al 30 giugno 1905 . No­minato di nuovo di proposta ministeriale dal l o luglio 1906, lo stesso gior­no entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 19 1 1 . Ordinario di zoo­logia nell'Università di Torino. Nominato senatore il 4 aprile 1909.

CAMMAROTA GAETANO .

Nato a Napoli nel 1 828. Membro ordinario del Comitato per l'istruzione pri­maria e popolare dal 30 dicembre 1 866 al settembre 1867. Nominato mem­bro di proposta ministeriale il l o giugno 1 897, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 3 1 maggio 190 1 . Ispettore per le scuole primarie presso il Ministero della pubblica istruzione.

CANALIS PIETRO.

Nato a Osilo (Sassari) il 27 ottobre 1 856. Membro per elezione dal l o luglio 1919 al 3 1 agosto 1923 . Ordinario d'igiene sperimentale nell'Università di Genova.

CANAVARI MARIO. Nato a Camerino (Macerata) il 27 aprile 1855 . Membro del Consiglio dal 2 luglio 1903 al 30 giugno 1905 . Ordinario di geologia e paleontologia nell'U­niversità di Pisa.

CANEVAZZI SILVIO.

Nato a Saliceto San Giuliano (frazione di Modena) il 16 marzo 1852. Mem-

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268 Fonti per la storia della scuola

bro del Consiglio e della Giunta dal l o luglio 1 9 1 5 . Resta in carica fino alla morte avvenuta il 1 3 marzo 1918 . Ordinario di ponti e costruzioni idrauli­che nella Scuola di applicazione per gli ingegneri di Bologna.

CANNIZZARO STANISLAO.

Nato a Palermo il 20 luglio 1826. Membro del Consiglio superiore di Paler­mo dal 23 ottobre 1860 al 2 1 marzo 1862 1 • Partecipa dal 27 dicembre 1866 al settembre 1867 al Comitato per l'istruzione universitaria. Membro straor­dinario dal 6 dicembre 1 87 1 al 28 novembre 1 875 quando è nominato ordi­nario. Mantiene l'incarico fino al l 2 maggio 1881 allorché è nominato mem­bro per elezione. Cessa dall'ufficio il 4 maggio 1 884 . Nominato membro di proposta ministeriale il l o maggio 1 888, lo stesso giorno entra nella Giunta dove resta fino al l o agosto 1 889, quando si dimette. Decade dall'ufficio il 30 aprile 1892 . Nominato membro per elezione il l o giugno 1894, cessa dall'ufficio il 3 1 maggio 1898. Di nuovo membro per elezione il l o giugno 1902, entra nella Giunta. Vicepresidente dal l o luglio 1902 al 12 ottobre 1903, allorché rinuncia all'incarico. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1906. Professore di chimica generale nell'Università di Palermo. Nominato senato­re il l 5 novembre 187 1 .

CANTANI ARNALDO.

Nato a Kainsbach (Germania) il 14 febbraio 1837. Membro per elezione dal 10 maggio 1883 al 20 maggio 1886. Professore di clinica medica nell'Uni­versità di Napoli. Nominato senatore il 26 gennaio 1889.

CANTONI CARLO.

Nato a Gropello (allora parte del Regno di Sardegna, ora in provincia di Pa­via) il 20 novembre 1840. Nominato membro di proposta ministeriale il 1 2 maggio 188 1 , entra il 2 1 giugno nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 2 0 maggio 1 883 . Membro per elezione dal l o maggio 1888, entra in Giunta nello stesso giorno. Cessa dall'ufficio il 30 aprile 1892. Di nuovo membro per elezione dal l o giugno 1897 al 3 1 maggio 190 1 . Professore di filosofia teoretica nel­l'Università di Pavia. Nominato senatore il 17 novembre 1898.

CANTONI GIOVANNI.

Nato a Milano il 3 1 dicembre 1818 . Membro del Comitato per l'istruzione universitaria dal 27 dicembre 1866 al settembre 1867. Nominato membro straordinario il 13 novembre 1 870, passa ad ordinario il 23 settembre 187 1 . Mantiene l'incarico fino alla nomina per elezione del 1 2 maggio 188 1 . Il 1 3 maggio entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 10 maggio 1 883 . Rettore del-

1 Cannizzaro prestò giuramento solo il l o dicembre 186 1 , all'indomani della sua chiamata all'Università di Palermo come professore di chimica organica e inorganica. Essendo però sca­duto il termine utile per l'accettazione della nomina (quaranta giorni dal decreto prodittatoria­le), egli fu invitato a lasciare il mandato, come appunto fece. Cfr. ACS, MPI, Personale (1860-1880), « Stanislao Cannizzaro ''.

Appendice - I membri del Consiglio superiore 269

l'Università di Pavia, professore di fisica. Deputato nella X e Xl legislatura. Nominato senatore il l6 marzo 1 879. Segretario generale nel Ministero della pubblica istruzione dal l 7 marzo 1 870 al l7 maggio 1872 .

CAPALDO LUIGI.

Nato a Bisaccia (Avellino) il 29 gennaio 185 5 . Membro eletto dalla Camera dei deputati dall'8 aprile 1916 al 30 giugno 1919 . Avvocato. Deputato nell� legislature XVIII-XXIV. Sottosegretario nel Ministero delle poste e telegraf1 dal 1 o luglio 1898 al 17 maggio 1 899; poi nel Ministero di agricoltura indu­stria e commercio dal 2 aprile 191 1 al 2 1 marzo 1914 .

CAPECELATRO ALFONSO.

Nato a Marsiglia (Francia) il 5 febbraio 1824. Nominato membro straordina­rio del Consiglio superiore di Napoli il 28 febbraio o 10 aprile 186 1 . Cessa dall'ufficio, per dimissioni, il 16 aprile 1 86 1 . Padre dell'Oratorio de' Gero­lamini.

CAPELLINA DOMENICO.

Nato a Vercelli nel 1819 . Nominato membro straordinario il 3 gennaio 1858. Resta in carica fino alla morte, avvenuta il l 2 novembre 1860. Profes­sore reggente la cattedra di eloquenza italiana nell'Università di Torino . De­putato dalla Il alla IV legislatura.

CAPPELLI EMIDIO.

Nato a San Demetrio nei Vestini (L'Aquila) il 29 settembre 1 806. Nominato

membro straordinario del Consiglio superiore di Napoli il 28 febbraio o 10

aprile 1 861 ; si dimette nell'ottobre dello stesso anno. Deputato nell'VIII le-

gislatura.

CAPUANO LUIGI.

Nato a Baselice (Benevento) il l 8 settembre 182 1 . Membro straordinario del

Consiglio superiore di Napoli dal 28 febbraio o l O aprile 1861 al 1 5 ottobre

1865 . Giudice; professore incaricato di diritto pubblico interno e compara­

to nell'Università di Napoli.

CARCANO GIULIO.

Nato a Milano il 7 agosto 1 8 1 2 . Membro dei Comitati per l'istruzione uni­

versitaria e secondaria dal dicembre 1 866 al settembre 1867 . Nominato

membro straordinario il 14 novembre 1867 nel ricostituito Consiglio supe­

riore, passa ordinario il 22 marzo 1868 . Si dim�tt� il 23 gennaio 18!3 · .Prov­

veditore agli studi di Milano e presidente dell Istltuto lombardo d1 se1enze,

lettere ed arti di Milano. Nominato senatore il l 5 maggio 1876.

CARDARELLI ANTONIO.

Nato a Civitanova del Sannio (Campobasso) il 29 marzo 1832. Membro di

proposta ministeriale dal l o giugno 1 898 al 31 maggio 190� . Ordinario di cli­

nica medica nell'Università di Napoli. Deputato nelle leg1slature XIV-XVIII.

Nominato senatore il 25 ottobre 1896.

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270 Fonti per la storia della scuola

CARDUCCI GIOSUÈ .

N.ato a Pie

.trasanta �allora parte del Granducato di Toscana, ora in provincia

d1 Lucca) 11 27 lugho 1835 . Membro di proposta ministeriale dal 12 maggio 1 88 1 , e�tra nella Giunta dal l o giugno 1 885 . Cessa dall'ufficio il 20 maggio 1 886. D1 �uovo membro di proposta ministeriale dal l o maggio 1888, entra lo stesso gwrno nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 aprile 1892. Nominato ancora di proposta ministeriale 1'8 giugno 1 893 , entra nella Giunta il 1 o lu­glio 1895. Cessa dall'ufficio il 3 1 maggio 1897. Professore di letteratura ita­liana nell'Università di Bologna. Deputato nella XIII legislatura. Nominato senatore il 4 dicembre 1 890.

CARLE GIUSEPPE.

Nato a Chiusa di Pesio (Cuneo) il 2 1 giugno 1 845 . Membro per elezione dal l o giugno 1 893 . Dal l o luglio 1896 entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 3 1 maggio 1897. Nominato di nuovo di proposta ministeriale dal 1 o luglio 1900, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1904. Ordinario di filosofia del diritto nell'Università di Torino. Nominato senatore il 1 7 novembre 1898.

CARRARA FRANCESCO.

Nato a Lucca il 18 settembre 1805 . Membro di proposta ministeriale dal 1 2 maggio 1 8 8 1 al 2 0 maggio 1886. Professore di diritto e procedura penale nell'Università di Pisa. Deputato nella IX e X legislatura. Nominato senatore il 1 5 maggio 1 876.

CARUSO GIROLAMO .

Nato ad Alcamo (Trapani) il 18 settembre 1 842. Membro di proposta mini­steriale dal l o luglio 1901 al 30 giugno 1905 . Ordinario di agronomia, agri­coltura ed economia rurale nell'Università di Pisa.

CASANA SEVERINO.

Nato a Torino il 23 ottobre 1842. Membro, eletto dal Senato, dal 1 o marzo 1910, lo stesso giorno entra nella Giunta. Resta in carica fino alla morte av­venuta il 9 ottobre 1912 . Ingegnere. Deputato nelle legislature XVI-XX. No­minato senatore il l o maggio 1898. Ministro della guerra dal 29 dicembre 1907 al 4 aprile 1909.

CASATI ALESSANDRO.

Nato a Milano il 5 marzo 188 1 . Membro del Consiglio dal 1 o settembre 1923. Lo stesso giorno viene nominato vicepresidente. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1924. Dottore in lettere. Senatore del Regno dal 1 o marzo 1923 . Consultore nazionale. Senatore di diritto (III disposizione transitoria della Costituzione) nella I legislatura repubblicana. Ministro della pubblica istru­zione dal l o luglio 1924 al 5 gennaio 1925, poi della guerra dal 18 giugno 1944 al 2 1 giugno 1945.

Appendice - I membri del Consiglio superiore 27 1

CERRUTI VALENTINO.

Nato a Croce di Mosso, ora Valle Mosso (provincia di Novara, ora di Biella) il 14 febbraio 1 850. Membro per elezione dal l o luglio 1 899, lo stesso gior­no entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1903. Nominato di nuovo per elezione dal l o luglio 1904, entra contemporaneamente nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1908. Ordinario di meccanica razio­nale nell'Università di Roma. Nominato senatore il 2 1 novembre 190 1 .

CERVELLO VINCENZO.

Nato a Palermo il 1 3 marzo 1 854. Membro per elezione dal l o luglio 1906 al 30 giugno 191 1 . Nominato di nuovo per elezione dal l o luglio 1913 , lo stes­so giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1917 . Ordinario di materia medica e farmacologia sperimentale nell'Università di Palermo.

CESANO GASPARE.

Nato a Bricherasio (Torino) il 14 agosto 1 808. Membro straordinario dal 24 dicembre 1 854 al 29 agosto 1857. Professore di codice civile nell'Università di Torino. Deputato nella IV legislatura.

CESAREO GIOVANNI ALFREDO.

Nato a Messina il 24 gennaio 1860. Membro del consiglio dal l o luglio 1919 al 31 agosto 1923 . Ordinario di letteratura italiana nell'Università di Paler­mo. Nominato senatore il 18 settembre 1924.

CHIOVENDA GIUSEPPE.

Nato a Premosello (Novara) il 2 febbraio 1872. Membro del Consiglio dal l o settembre 1923 al lO febbraio 1926. Ordinario di procedura civile e ordina­mento giudiziario nell'Università di Roma.

CHIRONI GIAMPIETRO.

Nato a Nuoro il 5 ottobre 1855 . Membro per elezione dal l o luglio 1901 al 30 giugno 1905 . Nominato di nuovo per elezione dal l o luglio 1906, il l o luglio 1908 entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 191 1 . Ordina­rio di diritto civile nell'Università di Torino. Deputato nella XVIII legislatu­ra. Nominato senatore il 3 giugno 1908.

CIPRIANI PIETRO.

Nato a San Piero a Sieve (Firenze) l' 1 1 dicembre 1 810. Membro straordina­rio dal 1 5 ottobre 1865 al dicembre 1 866; nominato di nuovo straordinario il 20 ottobre 1867, passa ad ordinario il 20 luglio 1 868. Rinunzia all'incari­co il 14 novembre 1875 . Professore di clinica generale medica nell'Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze. Nominato senato­re il 6 febbraio 1 870.

CTIUMENI BENEDETTO.

Nato a Mineo (Catania) il 23 agosto 1 854. Membro eletto dalla Camera dei deputati dal l o giugno 1914 al 30 giugno 1917 . Giornalista. Deputato nelle

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272 Fonti per la storia della scuola

legislature XVIII-XXIV. NominatQ senatore il 3 ottobre 1920. Sottosegreta­rio nel Ministero della pubblica istruzione dal 3 1 dicembre 1905 al 1 3 feb­braio 1906.

CIUFFELLI AUGUSTO.

Nato a Massa Martana (Perugia) il 23 novembre 1856. Membro eletto dalla Camera dei deputati dal l o marzo 191 O , lascia l'incarico il 3 1 marzo dello stesso anno in seguito alla nomina a ministro delle poste e telecomunicazio­ni. Di nuovo membro dal l o luglio 1913 al 30 giugno 1917 . Già consigliere di Stato. Deputato nelle legislature XXII-XXV. Sottosegretario nel Ministero della pubblica istruzione dal 5 giugno 1906 all' l i dicembre 1909. Ministro delle poste e telegrafi dal 3 1 marzo 1910 al 30 marzo 191 1 . Ministro dei la­vori pubblici dal 2 1 marzo 1914 al 1 9 giugno 1916, poi dell'industria, com­mercio e lavoro dal 30 ottobre 1917 al 2 3 giugno 19 19.

COCCHIA ENRICO. . Nato ad Avellino il 6 giugno 1859. Membro per elezione dal l o luglio 1901 al 30 giugno 1905. Nominato di nuovo per elezione dal l o luglio 1906, dal l o marzo 1910 entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 191 1 . Or­dinario di letteratura latina nell'Università di Napoli. Nominato senatore il 24 novembre 1913 .

COCCONI GffiOLAMO .

Nato a Parma il 6 luglio 1822. Nominato membro di proposta ministeriale il 20 maggio 1 886, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 3 1 maggio 1890. Professore di igiene e materia medica veterinaria nella Scuola superiore di medicina veterinaria dell'Università di Bologna.

CODACCI PISANELLI ALFREDO.

Nato a Firenze il 7 agosto 186 1 . Membro del Consiglio e della Giunta dal l o settembre 1923 al 10 febbraio 1926. Ordinario di scienza dell'amministra­zione nell'Università di Roma. Deputato nelle legislature XX-XXVII. Sotto­segretario nel Ministero del tesoro dal 28 novembre 1904 al 3 1 marzo 1905 e dall'8 febbraio al l o giugno 1906, poi nel Ministero di agricoltura, indu­stria e commercio dal l4 dicembre 1909 al 3 1 marzo 1910.

CODIGNOLA ERNESTO .

Nato a Genova il 23 giugno 1885 . Membro del Consiglio dal 1 5 febbraio 1926 a tutto il 1928. Direttore dell' Istituto superiore di magistero di Fi­renze.

COGNETTI DE MARTIIS SALVATORE.

Nato a Bari il 19 gennaio 1844. Membro di proposta ministeriale dal l o maggio 1888, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 aprile 1892. Professore di economia politica nell'Università di Torino.

Appendice - I membri del Consiglio superiore 273

COLOMBO GIUSEPPE.

Nato a Milano il 18 dicembre 1836. Membro del Consiglio dal l o luglio 1 9 1 1 al 30 giugno 1 9 1 5 . Ordinario di meccanica industriale nell'Istituto tec­nico superiore di Milano . Deputato nelle legislature XVI-XX. Nominato se­natore l' l i novembre 1900 . Presidente della Camera dei deputati dal l4 no­vembre 1899 al 17 maggio 1900. Ministro delle finanze dal 9 febbraio 189 1 al 22 aprile 1892 , poi del tesoro dal l O marzo al 14 luglio 1896.

COLUMBA GAETANO MARio . Nato a Sortino (Siracusa) il 7 dicembre 186 1 . Membro del Consiglio dal 16 febbraio 1927 a tutto il 1928. Ordinario di storia antica nell'Università di Palermo . Nominato senatore il l 3 giugno 1939.

COMPARETTI DOMENICO .

Nato a Roma il 7 luglio 183 5 . Nominato membro per elezione il 10 maggio 1883, entra nella Giunta il 1 5 maggio . Cessa dall'ufficio il 19 giugno 1887. Professore di lingua e letteratura greca nell'Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze. Nominato senatore il 20 novembre 189 1 .

CONESTABILE DELLA STAFFA GIAN CARLO.

Nato a Perugia il 2 gennaio 1824. Nominato membro ordinario il 23 gennaio 1873. Cessa dall'ufficio, per dimissioni, il 29 agosto 1874 . Direttore del Ga­binetto archeologico dell'Università libera di Perugia.

CONTI AUGUSTO .

Nato a San Miniato (Pisa) i l 6 dicembre 1822. Membro straordinario del Co­mitato per l'istruzione secondaria dal 13 febbraio al settembre 1867 . Profes­sore di filosofia nell'Università di Pisa. Deputato nella IX e X legislatura.

COPPINO MICHELE.

Nato ad Alba (Cuneo) il l o aprile 1822. Nominato membro straordinario il 1 o gennaio 1860, il 22 luglio passa ad ordinario; si dimette il 7 aprile 186 1 . Nominato membro straordinario il 2 8 aprile 186 1 , resta in carica fino al di­cembre 1866. Di nuovo membro straordinario il l 5 dicembre 1867, resta in carica fino al 25 marzo 1876, allorché riceve la nomina a ministro della pub­blica istruzione. Il 3 1 marzo 1878 è nominato ancora una volta membro straordinario, ma si dimette il 27 settembre dello stesso anno. Professore di retorica nel Collegio nazionale di Torino e dottore aggregato del Collegio di lettere e filosofia nell'Università di Torino. Deputato dalla VII alla XXI legi­slatura. Ministro della pubblica istruzione dal 10 aprile al 27 ottobre 1867; dal 25 marzo 1876 al 24 marzo 1878; dal 19 dicembre 1878 al 14 luglio 1879; dal 30 marzo 1884 al 17 febbraio 1888.

CORRADI ALFONSO.

Nato a Bologna il 6 marzo 1833. Membro per elezione dal 12 maggio 188 1 al 4 maggio 1884 . Professore di materia medica e farmacologia sperimentale nell'Università di Pavia.

274 Fonti per la storia della scuola

CORRADI GIUSEPPE .

Nato a Bevagna (Perugia) il 21 ottobre 1830. Membro per elezione dal l o maggio 1888 al 30 aprile 1 892. Ordinario di clinica chirurgica nell'Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze .

COSSA ALFONSO.

Nato a Milano il 3 novembre 1833. Membro di proposta ministeriale dal l o giugno 1890, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 3 1 maggio 1894. Professore di chimica docimastica nella Scuola di applicazione per gli ingegneri di Torino.

COSSA LUIGI.

Nato a Milano il 27 maggio 1 83 1 . Membro per elezio�e dal 19 marzo 1 882 al lO maggio 1883; eletto nuovamente il l o maggio 1 884, cessa dall'ufficio il 30 aprile 1 888. Di nuovo membro per elezione dal l o giugno 1889 al 3 1 maggio 1893 . Professore di economia politica nell'Università di Pavia.

CREDARO LUIGI.

Nato a Sondrio il 15 gennaio 1860. Membro di proposta ministeriale dal 1 o luglio 1917, lo stesso giorno entra nella Giunta e viene nominato vicepresi­dente. Confermato nel Consiglio e nella carica di vicepresidente dal 1 o lu­glio 192 1 , decade il 3 1 agosto 1923 . Ordinario di pedagogia nell'Università di Roma. Deputato nelle legislature XIX-XXIV. Nominato senatore il 6 otto­bre 19 19. Sottosegretario nel Ministero della pubblica istruzione dal 1 3 feb­braio al l o giugno 1906; poi ministro nello stesso dicastero dal 3 1 marzo 1 9 1 0 al 2 1 marzo 19 14.

CREMONA LUIGI.

Nato a Pavia il 7 dicembre 1830. Nominato membro di proposta ministeriale il 1 2 maggio 188 1 , entra nella Giunta (13 maggio); si dimette il 2 o 4 ottobre o 6 novembre 188 1 . Di nuovo membro, sempre di proposta ministeriale, dal l o giugno 1885, dal l o maggio 1888 entra nella Giunta ed è nominato vicepresidente. Cessa dall'ufficio il 3 1 maggio 1 889. Nominato membro per elezione il l o giugno 1 890, lo stesso giorno entra nella Giunta ed è nomina­to vicepresidente . Cessa dall'ufficio il 3 1 maggio 1894. Ancora membro per elezione dal l o luglio 1 895, entra lo stesso giorno nella Giunta. Cessa dal­l'ufficio il 30 giugno 1899. Riceve un ultimo mandato, di nomina elettiva, il l o luglio 1900. Il l o luglio 1901 entra nella Giunta. Resta in carica fino alla morte avvenuta il 10 giugno 1903. Professore di matematiche superiori nel­l'Università di Roma. Nominato senatore il 1 6 marzo 1 879. Ministro della pubblica istruzione dal l o al 29 giugno 1 898.

CRISPOLTI FILIPPO .

Nato a Rieti il 25 aprile 1857. Membro del Consiglio dal l o settembre 1923, cessa per dimissioni dal l 3 agosto 1924. Giornalista. Deputato nella XXV le­gislatura. Nominato senatore il l6 ottobre 1922.

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Appendice - I membri del Consiglio superiore 275

CRIVELLUCCI AMEDEO.

Nato ad Acquaviva Picena (Ascoli Piceno) il 20 aprile 1850. Membro per ele­zione dal l o luglio 1913 ; resta in carica fino alla morte, avvenuta l' 1 1 no­vembre 1914 . Ordinario di storia moderna nell'Università di Roma.

D 'ACHIARDI GIOVANNI.

Nato a Pisa il 25 aprile 1 872 . Membro del Consiglio dal 1 5 febbraio 1926 a tutto il 1928. Ordinario di mineralogia nell'Università di Pisa. Nominato se­natore il 23 gennaio 1934.

DAITA GAETANO.

Palermitano. Vicepresidente del Consiglio superiore di Palermo dal 23 otto­bre 1 860 al l 5 ottobre 1 865 .

DALLA VEDOVA GIUSEPPE.

Nato a Padova il 29 gennaio 1 834. Membro di proposta ministeriale dal l o luglio 1896, dal 16 gennaio 1 898 entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1900. Nominato di nuovo per elezione dal l o luglio 1902 al 30 giu­gno 1906. Membro, eletto dal Senato, dal 7 aprile 1916 al 30 giugno 1919 . Rettore dell'Università di Roma, ordinario di geografia. Nominato senatore il 4 aprile 1909.

D 'ANCONA ALESSANDRO.

Nato a Pisa il 20 febbraio 1835 . Nominato membro per elezione dal l o giu­gno 1885 , cessa dall'ufficio il 3 1 maggio 1889. Nominato membro per ele­zione il l o giugno 1890, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'uffi­cio il 3 1 maggio 1 894. Professore di letteratura italiana nell'Università di Pi­sa. Nominato senatore il 4 marzo 1904 .

D 'ANDREA CARLO .

Nato a L'Aquila il 3 settembre 1802. Membro ordinario del Consiglio supe­riore di Napoli dal 28 febbraio o 10 aprile 1861 al 1 5 ottobre 1 865 . Profes­sore di meccanica razionale nell'Università di Napoli.

DE AMICIS EDMONDO.

Nato a Oneglia (Imperia) il 21 ottobre 1 846. Membro di proposta ministeria­le dal l o luglio 1904 . Resta in carica fino alla morte avvenuta 1' 1 1 marzo 1908. Scrittore. Annullata la sua elezione a deputato nella XX legislatura.

DE CARLO AGOSTINO .

Nominato membro ordinario del Consiglio superiore di Napoli il 28 feb­braio o 10 aprile 186 1 . Cessa dall'ufficio, per dimissioni, il 30 gennaio 1 862.

DE CRESCENZIO NICOLA.

Nato a Terlizzi (Bari) il l 7 maggio 1832. Membro per elezione dal l o maggio 1 888 al 30 aprile 1 892 . Professore di diritto romano nell'Università di Na­poli.

276 Fonti per la storia della scuola

DE FERRARI DOMENICO.

Nato a Genova il 21 marzo 1804. Membro ordinario dal 30 ottobre 1848 all'8 marzo 1849, allorché è nominato ministro degli esteri. Il 27 luglio 1849 è confermato ordinario. Cessa dall'ufficio, per dimissioni, il 29 feb­braio 1860. Consigliere del Magistrato di Cassazione. Deputato nella II legi­slatura. Annullata la sua elezione a deputato nella I legislatura. Nominato se­natore il iO luglio 1849. Ministro degli affari esteri dall'8 al 27 marzo 1849.

DE FILIPPI FILIPPO .

Nato a Milano il 22 aprile 1814 . Not;ninato membro straordinario il 24 di­cembre 1854, passa ad ordinario il 3 gennaio 1858. Rinuncia all'incarico il 14 dicembre 1865 . Professore di zoologia nell'Università di Torino.

DE FILIPPO GENNARO .

Nato a Napoli il 9 febbraio 18 16. Membro straordinario del Consiglio supe­riore di Napoli dal 26 aprile 1861 al 1 5 ottobre 1865 . Consigliere di Stato. Deputato dalla VIII alla XI legislatura. Nominato senatore il 9 novembre 1872. Ministro di grazia e giustizia e dei culti dal 5 gennaio 1868 al 26 mag­gio 1869.

DE FRANCISCI PIETRO .

Nato a Roma il 18 dicembre 1883 . Membro del Consiglio, e della Giunta, dal 1 5 febbraio 1926 a tutto il 1928. Ordinario di storia del diritto romano nel­l'Università di Roma. Deputato nelle legislature XXVIII-XXIX, poi consiglie­re nazionale. Ministro di grazia e giustizia dal 20 luglio 1932 al 24 gennaio 1935 .

DE GIOVANNI ACHILLE .

Nato a Sabbioneta (Mantova) il 29 settembre 1838. Nominato membro per elezione il 19 giugno 1887, il 1 5 luglio entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 189 1 . Professore di clinica medica nell'Università di Padova. Nominato senatore il 25 novembre 1902 .

DEL GIUDICE PASQUALE.

Nato a Venosa (Potenza) il l4 febbraio 1842. Membro per elezione dal i o lu­glio 1895 al 30 giugno 1898. Eletto di nuovo come rappresentante del Sena­to dal l o luglio 1917 al 30 giugno 192 1 . Ordinario di storia del diritto italia­no nell'Università di Pavia. Nominato senatore il 25 novembre 1902 .

DEL GROSSO REMIGIO.

Nato a Colle Sannita (Benevento) il 18 maggio 1 8 1 3 . Membro straordinario del Consiglio superiore di Napoli dal 28 febbraio o I O aprile 1861 al 1 5 ot­tobre 1865 . Professore di meccanica celeste nell'Università di Napoli.

DEL LUNGO ISIDORO.

Nato a Montevarchi (Arezzo) il 20 dicembre 184 1 . Membro in rappresentan­za del Senato dal 28 febbraio 1918 al 30 giugno 19 19. Letterato e scrittore. Nominato senatore il 2 1 gennaio 1906.

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Appendice - I membri del Consiglio superiore 277

DE LOLLIS CESARE.

Nato a Casalincontrada (Chieti) il 14 settembre 1863 . Membro del Consiglio dal 1 o settembre 1923. Cessa dall'ufficio, per dimissioni, il 16 gennaio 1925 . Ordinario di storia comparata delle lingue e letterature neo-latine nel­l'Università di Roma.

DEL PEZZO PASQUALE.

Nato a Berlino il 2 maggio 1859. Membro di proposta ministeriale dal l o lu­glio 1905 al 28 febbraio 1910 . Ordinario di geometria superiore nell'Univer­sità di Napoli. Nominato senatore il 6 ottobre 1919.

DE LUCA GIUSEPPE.

Nato a Cardinale (Catanzaro) il 2 maggio 1823 . Membro straordinario del Consiglio superiore di Napoli dal 28 febbraio o I O aprile 1861 al 1 5 ottobre 1865 . Professore di geografia e statistica nell'Università di Napoli.

DE MARCHI LUIGI.

Nato a Milano il 16 maggio 1857. Membro del Consiglio dal l o luglio 191 1 al 30 giugno 1915 . Ordinario di geografia fisica nell'Università di Padova. Nominato senatore il 24 febbraio 1934.

DEMARIA CARLO. Nato a Rivarolo Canavese (Torino) il 25 agosto 18 10. Membro ordinario dall' l l aprile 186 1 al dicembre 1866. Professore di medicina legale nell'U­niversità di Torino. Deputato nelle legislature III-VII e IX. DE MARTINO ANTONIO.

Nato ·a Palma Campania (Napoli) il 25 febbraio 1 8 1 5 . Nominato membro straordinario del Consiglio superiore di Napoli il 18 ottobre 1861 , cessa dal­l'ufficio il 1 5 ottobre 1865 . Professore di patologia nell'Università di Napo­li. Nominato senatore il 12 giugno 188 1 .

DE MEIS ANGELO CAMILLO.

Nato a Bucchianico (Chieti) il 14 luglio 1817 . Nominato membro straordina­rio del Consiglio superiore di Napoli il 28 febbraio o IO aprile 186 1 . Cessa dall'ufficio, per dimissioni, nell'ottobre dello stesso anno. Preside del Colle­gio medico-chirurgico dell'Università di Napoli. Annullata la sua elezione a deputato nella VIII e IX legislatura.

DE RENZI ENRICO.

Nato a Napoli il 12 settembre 1839. Nominato membro per elezione il 1 2 maggio 188 1 ; il l 3 maggio entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il iO maggio 1883. Membro di proposta ministeriale dal l o luglio 1900, entra lo stesso giorno nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1904. Professore di clini­ca medica e patologia speciale medica nell'Università di Genova. Deputato nella XVI e XVII legislatura. Nominato senatore il 17 novembre 1898.

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278 Fonti per la storia della scuola

DE RENZI SALVATORE.

Nato a Paterno ora Paternopoli (prov. di Principato Ultra, ora di Avellino) il 19 gennaio 1 799. Nominato vicepresidente del Consiglio superiore di Napo­li il 28 febbraio o 10 aprile 1861 ; il 1 5 ottobre 1 865 diventa membro ordi­nario del Consiglio superiore unico istituito a Firenze, fino al dicembre 1 866. Professore di storia della medicina nell'Università di Napoli.

DE RUGGERO ETTORE.

Nato a Napoli il 20 agosto 1 839. Membro per elezione dal l o luglio 1 892 al 30 giugno 1896. Ordinario di antichità greche e romane nell'Università di Roma.

DE SANCTIS FRANCESCO.

Nato a Morra Irpino, ora Morra De Sanctis (Avellino) il 28 marzo 1817 . No­minato membro ordinario il 19 ottobre 1 865, rinunzia il 14 dicembre dello stesso anno. Membro straordinario dal 23 settembre 187 1 al 24 marzo 1878, allorché diventa ministro della pubblica istruzione. Di nuovo membro straordinario dal 1 2 gennaio 1 879 al 25 novembre dello stesso anno, quan­do riceve il secondo mandato ministeriale. Professore di letteratura compa­rata nell'Università di Napoli. Deputato dalla VIII alla XV legislatura. Mini­stro della pubblica istruzione dal 22 marzo 1861 al 3 marzo 1 862; dal 24 marzo al l9 dicembre 1878 e dal 25 novembre 1879 al 2 gennaio 1 88 1 .

DE SANCTIS GAETANO.

Nato a Roma il 1 5 ottobre 1870. Membro del Consiglio dal l o novembre 1924 al I O febbraio 1926. Ordinario di storia antica nell'Università di Tori­no . Nominato senatore a vita il l o dicembre 1950.

DE STEFANI ALBERTO.

Nato a Verona il 6 ottobre 1879. Membro del Consiglio dal l o settembre 1923, è dichiarato decaduto dal l o luglio 1927 per non essere intervenuto, senza giustificato motivo, a cinque sedute consecutive del Consiglio 1• Libe­ro docente di economia politica nell'Università di Padova. Deputato nelle legislature XXVI-XXVIII. Ministro delle finanze dal 3 1 ottobre 1922 al l O lu­glio 1925 .

DINI ULISSE.

Nato a Pisa il 14 novembre 1845. Membro per elezione dal l o giugno 1893 al 31 maggio 1897. Nominato di nuovo dal l o giugno 1898 al 30 giugno 1900. Ridetto dal l o luglio 190 1 , entra nella Giunta dal l o luglio 1902. Ces­sa dall'ufficio il 30 giugno 1905. Rientra nel Consiglio, sempre per elezione, e nella Giunta, dal l o luglio 1906. Nominato vicepresidente dal l o luglio 1908. Cessa dall'ufficio e dalla vicepresidenza il 30 giugno 19 1 1 . Nominato

1 Lettera del ministro della pubblica istruzione Pietro Fedele al vicepresidente del Consiglio superiore della pubblica istruzione, in ACS, MPI, CSPI (1905-1938), a. 1927, pos. l .

Appendice - I membri del Consiglio superiore 279

ancora per elezione dal l o luglio 1913 , entra lo stesso giorno nella Giunta. Vicepresidente dal l o luglio 1 9 1 5 , il 30 giugno 1917 cessa dall'ufficio e dal­la vicepresidenza. Ordinario di analisi superiore nell'Università di Pisa. De­putato nelle legislature XIV-XVII. Nominato senatore il iO ottobre 1 892.

DI ROVASENDA ALESSANDRO.

Nato a Torino il 1 3 febbraio 1 858. Membro, eletto dalla Camera dei deputa­ti, dall' 1 1 marzo 19 1 1 all'aprile 1916. Avvocato. Deputato nelle legislature XIX-XXIII. Nominato senatore il 30 dicembre 1914 .

DONATI MARIO.

Nato a Modena il 24 febbraio 1879. Membro del Consiglio dal l o settembre 1923, e della Giunta dal 1 5 febbraio 1926, sino a tutto il 1928. Ordinario di clinica chirurgica nell'Università di Padova.

DORIA GIACOMO.

Nato a La Spezia il l o novembre 1 840. Membro di proposta ministeriale dal 1 o giugno 1 889 al 3 1 maggio 1 893. Direttore del Museo civico di storia na­turale di Genova. Nominato senatore il 4 dicembre 1 890.

D 'OVIDIO ENRICO.

Nato a Campobasso 1' 1 1 agosto 1 843. Membro per elezione dal l o luglio 1 892 al 3 1 maggio 1 893. Nominato di nuovo, sempre per elezione, dal l o luglio 1905, il l o luglio 1908 entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 28 feb­braio 191 O. Ordinario di algebra complementare e geometria analitica nel­l'Università di Torino. Nominato senatore il 4 marzo 1905.

D ' OVIDIO FRANCESCO.

Nato a Campobasso il 5 dicembre 1 849. Membro per elezione dal l o giugno 1 889, dal l o agosto entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 3 1 maggio 1 893. Nominato di nuovo, sempre per elezione, dal l o luglio 1 895, lo stesso gior­no entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1 899. Ancora membro del Consiglio, di nomina elettiva, dal l o luglio 1900 al 30 giugno 1904. Pro­fessore di storia comparata delle letterature neolatine nell'Università di Na­poli. Nominato senatore il 3 dicembre 1905.

DUPRE' GIOVANNI.

Nato a Siena il l o marzo 1 8 17. Membro straordinario dal 20 ottobre 1 867; cessa dall'ufficio, per rinunzia, l' 1 1 dicembre 1 870. Professore di scultura nell'Accademia delle arti del disegno di Firenze.

DURANTE FRANCESCO.

Nato a Letojanni Gallodoro (Messina) il 29 giugno 1 844. Membro di propo­

sta ministeriale dal 1 o giugno 1 889 al 3 1 maggio 1 893 . Professore di clinica

chirurgica nell'Università di Roma. Annullata la sua elezione a deputato nel­

la XV legislatura. Nominato senatore il 26 gennaio 1 889.

280 Fonti per la storia della scuola

ERCOLANI GIOVANNI BATTISTA.

Nato a Bologna il 27 dicembre 1817 . Nominato membro per elezione il IO maggio 1883. Resta in carica fino alla morte avvenuta il 1 6 novembre dello stesso anno. Direttore della Scuola superiore di medicina veterinaria dell'U­niversità di Bologna. Deputato nella VII, IX, XIV legislatura.

FABRETTI ARIODANTE.

Nato a Perugia il l o ottobre 1 8 1 6. Nominato membro di proposta ministe­riale il 12 maggio 188 1 ; il 27 novembre 1 882 entra nella Giunta. Cessa dal­l'ufficio il 4 maggio 1 884. Professore di archeologia nell'Università di Tori­no. Deputato nella XIII legislatura. Nominato senatore il 26 gennaio 1 889.

FADDA CARLO .

Nato a Cagliari il 4 novembre 185 3 . Membro per elezione dal I o luglio 1 9 1 3 , lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1917 . Ordinario di diritto romano nell'Un1versità di Napoli. Nominato sena­tore il 7 marzo 1912 .

FAILLA DOMENICO.

Nato a Rocca Imperiale (Cosenza) il 6 gennaio 1836. Membro del Consiglio dal l o luglio 1903, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1907. Provveditore agli studi della provincia di Reggio Calabria.

FARINI LUIGI CARLO.

Nato a Russi (Ravenna) il 22 ottobre 1 8 1 2 . Nominato membro ordinario il 3 gennaio 1858, il 29 gennaio rinuncia all'incarico. Medico. Deputato dalla IV alla VIII legislatura. Ministro dell'istruzione pubblica dal 19 ottobre 185 1 al 2 1 maggio 1 852; poi dell'interno dal 24 marzo al 29 settembre 1 860. Presi­dente del Consiglio dei ministri dall'8 dicembre 1862 al 22 marzo 1863.

FAVA ANGELO .

Nato a Chioggia (Venezia) 1'8 aprile 1808. Membro straordinario dal 1 3 no­vembre 1870; cessa dall'ufficio, per dimissioni, il 20 dicembre 1872. Refe­rendario al Consiglio di Stato.

FEDERICI CESARE.

. Nato a Serravalle, ora Serravalle di Chienti (Macerata) il 9 febbraio 1838. Membro di proposta ministeriale dal l o giugno 1890. Resta in carica fino al­la morte avvenuta il 29 maggio 1 892. Preside della sezione di medicina e chirurgia nell' Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Fi­renze, ordinario di clinica medica generale.

FEDOZZI PROSPERO.

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Nato a Matera il 1 2 luglio 1 872. Membro per elezione dal I o luglio 1919 al 3 1 agosto 1923. Ordinario di diritto internazionale nell'Università di Geno­va, rettore della stessa.

Appendice - I membri del Consiglio superiore 281

FELICI RICCARDO.

Nato a Parma il IO giugno 1819 . Membro straordinario dal 19 novembre 1 868 al 28 ottobre 1 87 1 . Professore di fisica nell'Università di Pisa.

FERRAI CARLO.

Nato a Firenze il 4 ottobre 1 875 . Membro per elezione dal l o luglio 192 1 , decade il 3 1 agosto 1923 . Ordinario di medicina legale nell'Università di Pisa.

FERRARA FRANCESCO.

Nato a Palermo il 7 dicembre 18 10 . Membro di proposta ministeriale dal 1 2 maggio 1 88 1 al l o giugno 1 885 . Direttore della Scuola superiore d i com­mercio in Venezia. Deputato dalla X alla XIII legislatura. Annullata la sua elezione a deputato nell'VIII legislatura. Nominato senatore il 1 2 giugno 1 88 1 . Ministro delle finanze dal l O aprile al 4 luglio 1 867 .

FERRARI GIUSEPPE. Nato a Milano il 6 marzo 18 1 1 . Nominato membro straordinario il 6 novem­bre 1 864, passa ad ordinario il 6 dicembre 1 865 . Mantiene l'incarico fino al dicembre 1866. Professore di filosofia della storia nell'Istituto di studi supe­riori pratici e di perfezionamento di Firenze. Deputato dalla VII alla XII legi­slatura. Nominato senatore il 1 5 maggio 1876.

FERRARIS CARLO FRANCESCO.

Nato a Moncalvo (Asti) il 1 5 agosto 1 850. Membro di proposta ministeriale dal I o giugno 1 893, il l o giugno 1 894 entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 3 1 maggio 1 897. Nominato di nuovo per elezione dal l o giugno 1898, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 3 1 maggio 1902 . Mem­bro, ancora di nomina elettiva, dal l o luglio 1903, il l o luglio 1906 entra nella Giunta. Cessa il 30 giugno 1 907 . Di nuovo consigliere di proposta mi­ilisteriale, e membro della Giunta, dal l o luglio 1908 al 30 giugno 1 9 1 3 . Rettore dell'Università di Padova, ordinario di statistica. Deputato nelle le­gislature XVI e XXII-XXIII. Nominato senatore il 24 novembre 19 1 3 . Mini­stro dei lavori pubblici dal 28 marzo al 24 dicembre 1905 .

FERRI LUIGI. Nato a Bologna il 15 giugno 1826. Nominato membro per elezione il l o maggio 1 884, dal I o giugno dell'anno successivo entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 aprile 1888. Professore di filosofia teoretica nell'Università di Roma.

FESTA NICOLA.

Nato a Matera il 16 novembre 1 866. Membro per elezione dal l o luglio 192 1 , dal 23 novembre 1922 entra nella Giunta. Decade il 3 1 agosto 1923 . Ordinario di lingua e letteratura greca· nell'Università di Roma. Nominato senatore il 1 3 giugno 1939.

282 Fonti per la storia della scuola

FINOCCHIARO-APRILE ANDREA.

Nato a Palermo il 26 giugno 1878. Membro, eletto dalla Camera dei deputa­ti, dall'8 aprile 1916 al 30 giugno 1919 . Avvocato. Deputato nelle legislatu­re XXIV-XXVI e nell'Assemblea costituente. Sottosegretario nel Ministero della guerra dal 23 giugno 1919 al 14 marzo 1920, poi nel Ministero del te­soro dal 1 5 marzo al 22 maggio 1920.

FLAMINI FRANCESCO.

Nato a Bergamo il 24 maggio 1868. Membro di proposta ministeriale dal 1 o luglio 19 19. Resta in carica fino alla morte avvenuta il 1 7 marzo 1922. Ordi­nario di letteratura italiana nell'Università di Pisa.

FoA' Pro. Nato a Sabbioneta (Mantova) il 26 gennaio 1 848. Membro per elezione dal l o luglio 189 1 al 30 giugno 1895; e ancora, sempre per elezione, dal 1 o lu­glio 1900 al 30 giugno 1904 . Professore di anatomia patologica nell'Univer­sità di Torino . Nominato senatore il 3 giugno 1908.

FOGAZZARO ANTONIO.

Nato a Vicenza il 25 marzo 1 842. Membro di proposta ministeriale dal 1 o lu­glio 1904 al 30 giugno 1908. Romanziere. Nominato senatore il 14 giugno 1 900.

FORLANINI CARLO.

Nato a Milano l' 1 1 giugno 1 847. Membro di proposta ministeriale dal 1 o lu­glio 1913 al 30 giugno 1917 . Ordinario di clinica medica nell'Università di Pavia. Nominato senatore il 24 novembre 1 9 1 3 .

FORNARI VITO.

Nato a Molfetta (Bari) il lO marzo 1 82 1 . Membro straordinario del Consiglio superiore di Napoli dal 28 febbraio 1861 al 15 ottobre 1865 . Di1:ettore della Biblioteca nazionale di Napoli.

FRACCAROLI GIUSEPPE.

Nato a Verona il 5 maggio 1 849. Membro per elezione dal l o luglio 1 899 al 30 giugno 1903. Ordinario di letteratura greca nell'Università di Torino .

FUSINATO GUIDO.

Nato a Castelfranco Veneto (Treviso) il 16 febbraio 1860. Membro, eletto dalla Camera dei deputati, dal l o marzo 1910 al 30 giugno 191 1 . Nominato di nuovo dal l o luglio 1913 , lo stesso giorno entra nella Giunta ed assume la vicepresidenza del Consiglio . Resta in carica fino alla morte avvenuta il 23 settembre 19 14 . Consigliere di Stato. Deputato dalla XVIII alla XXIV legisla­tura. Sottosegretario nel Ministero degli affari esteri dal 1 7 maggio 1899 al 1 7 febbraio 190 1 e dal 10 novembre 1903 al 30 dicembre 1905. Ministro della pubblica istruzione dal 29 maggio al 2 agosto 1906.

Appendice - I membri del Consiglio superiore 283

GABBA CARLO FRANCESCO.

Nato a Lodi (Milano) il 14 aprile 1 838. Membro di proposta ministeriale dal l o giugno 1 898 al 3 1 maggio 1902 . Ordinario di diritto civile nell'Universi­tà di Pisa. Nominato senatore il 14 giugno 1900.

GABELLI ARISTIDE .

Nato a Belluno il 22 m,arzo 1 830. Nominato membro di proposta ministeria­le il 25 dicembre 1 88 1 , il 26 dicembre entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il l o giugno 1 885 . Il 20 maggio 1 886 riceve un secondo mandato, sempre su proposta ministeriale, ed entra di nuovo nella Giunta (27 maggio). Cessa dall'ufficio il 3 1 maggio 1 890. Ex capo di divisione al Ministero della pub­blica istruzione. Deputato nella XVI e XVII legislatura.

GAMBERALE LUIGI.

Nato in Agnone (allora in provincia di Campobasso, ora di Isernia) il 1 2 gen­naio 1 840. Membro di proposta ministeriale dal l o luglio 1896 al 30 giugno 1900. Preside del liceo Bonghi di Lucera, rettore del locale convitto nazio­nale.

GANDINO GIOVANNI BATTISTA.

Nato a Bra (Cuneo) il 23 agosto 1827. Nominato membro di proposta mini­steriale il 1 3 maggio 1884, il 16 maggio entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 aprile 1 888. Nominato di nuovo membro per elezione il l o luglio 1 89 1 , lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1 895. Di nuovo membro, di proposta ministeriale, e componente della Giunta, dal l o luglio 1900, cessa dall'ufficio il 30 giugno 1904 . Professore di letteratura latina nell'Università di Bologna.

GEMELLI AGOSTINO.

Nato a Milano il 18 gennaio 1878. Membro del Consiglio dal 15 febbraio 1926 a tutto il 1928. Rettore dell'Università cattolica del Sacro Cuore di Mi­lano.

GENOCCHI ANGELO.

Nato a Piacenza il 5 marzo 1 8 17. Nominato membro ordinario il 6 aprile 1 862 . Cessa dall'ufficio, per dimissioni, il 3 1 dicembre 1863. Professore d'a­nalisi superiore nell'Università di Torino. Nominato senatore il 7 giugno 1886, muore prima della prestazione del giuramento (Torino 7 marzo 1 889).

GENTILE GIOVANNI.

Nato a Castelvetrano (Trapani) il 30 maggio 1 875 . Membro di proposta mi­nisteriale dal l o luglio 19 1 5 , dal l o luglio 1917 entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1919 . Nominato di nuovo dal l o luglio 192 1 , lo stesso giorno entra nella Giunta. Decade, per dimissioni, dal 23 novembre 1922. Nominato ancora consigliere (con r.d. 1 1 settembre 1924) dal 1 3 ago­sto 1924. Successivamente questo decreto viene revocato e dichiarato di

284 Fonti per la storia della scuola

nessun effetto (con r.d. 7 dicembre 1924), per incompatibilità della carica di consigliere superiore con quella di membro di commissione per libera do­cenza in storia della filosofia e in filosofia 1 . Di nuovo membro del Consi­glio, e vicepresidente, dal 15 febbraio 1926 a tutto il 1928. Ordinario di fi­losofia teoretica nell'Università di Pisa. Nominato senatore il 5 novembre 1922. Ministro della pubblica istruzione dal 3 1 ottobre 1922 al 1 o luglio 1924.

GHERARDI SILVESTRO.

Nato a Lugo (Ravenna) il 17 dicembre 1802. Membro straordinario dal 24 gennaio 1861 al 5 ottobre 1862 . Professore emerito di fisica generale e spe­rimentale nell'Università di Torino. Deputato nella VII e VIII legislatura.

GHIRINGHELLO GIUSEPPE.

Nato a Torino il 18 aprile 1807. Membro ordinario dal 30 ottobre 1848 al 3 gennaio 1858, allorché è nominato membro onorario. Teologo collegiato, professore di sacra scrittura nell'Università di Torino .

GIACOSA PIERO .

Nato a Colleretto Parella, ora Colleretto Giacosa (Torino) il 4 luglio 1853 . Membro di nomina governativa dal l o luglio 1917, dal l o luglio 1919 entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 192 1 . Ordinario di materia me­dica e farmacologia sperimentale nell'Università di Torino .

GIODA CARLO .

Nato a Ceresole (Cuneo) il 16 maggio 1835 . Membro di proposta ministeria­le dal l o aprile 189 1 , lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 3 1 maggio 1 894 . Di nuovo membro, nel Consiglio e nella Giunta, dal 1 o feb�raio 1896 al 30 giugno 1899. Direttore del Servizio dell' istruzione pri­mana e popolare presso il Ministero della pubblica istruzione.

GIOJA PIETRO .

Na.to a Piacenza il 22 ottobre 1795 . Nominato membro ordinario il 29 gen­

n�w 1858. Cessa dall'ufficio, per dimissioni, nell'agosto 1 860. Consigliere d1 Stato. Deputato nella I e IV legislatura. Annullata la sua elezione a deputa­to n�lla II le

.gislatura. Nominato senatore il 22 marzo 1850. Ministro per gli

affan ecclesiastici, di grazia e giustizia dal 27 luglio al 15 agosto 1 848, poi dell'istruzione pubblica dal l O novembre 1850 al 19 ottobre 1 85 1 .

GIORGINI GIOVAN BATTISTA.

Nato a Lucca il 1 3 maggio 1818 . Nominato membro ordinario il 1 5 ottobre 1 865 ; membro straordinario del Comitato per l'istruzione primaria dal 27 gennaio al settembre 1867 . Il 22 marzo 1 868 riceve la nomina a membro

1 La corrispondenza relativa a tale problema si trova in ACS, MPI, CSPI (1905-1938), a. 1924, pos. l .

Appendice - I membri del Consiglio superiore 285

straordinario del ricostituito Consiglio superiore. li 17 ottobre 1874 diventa ordinario. Mantiene la carica fino all'entrata in vigore della legge 1 7 feb­braio 1 88 1 . Professore di storia del diritto nell'Università di Pisa. Deputato nella VII, VIII, X e XI legislatura. Nominato senatore il 9 novembre 1872.

GIULIO CARLO IGNAZIO.

Nato a Torino 1' 1 1 agosto 1 803. Nominato consigliere con r. brevetto 27 di­cembre 1847, con l'entrata in vigore della legge Bon Compagni passa a membro ordinario . Si dimette nel giugno 1 850. Professore di meccanica nel­l'Università di Torino. Nominato senatore il 3 aprile 1848.

GOLGI CAMILLO . Nato a Corteno (Brescia) il 7 luglio 1 843 . Membro per elezione dal 20 mag­gio 1886 al 3 1 maggio 1890 . Nominato membro di proposta ministeriale il l o luglio 1 89 1 ; lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il l o luglio 1895 . Di nuovo membro per elezione dal l o giugno 1897; cessa dal­l'ufficio il 3 1 maggio 190 1 . Membro, eletto dal Senato, dal 28 giugno 192 1 , cessa dall'ufficio il 3 1 agosto 1923 . Professore di patologia generale nell'U­niversità di Pavia. Nominato senatore il l4 giugno 1900.

GOVI GILBERTO.

Nato a Mantova il 21 settembre 1826. Nominato membro di proposta mini­steriale il 12 maggio 188 1 , il l 3 maggio entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 20 maggio 1 886. Professore di fisica sperimentale nell'Università di Napo­li. Deputato nella XV legislatura.

GRASSI GillDO.

Nato a Milano il 28 maggio 1 85 1 . Membro del Consiglio dal l o luglio 19 1 1 , dal l o novembre 1912 entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1 9 1 5 . Ordinario di elettrotecnica nel Politecnico di Torino.

GRIPPO PASQUALE.

Nato a Potenza il 12 settembre 1845 . Membro, eletto dalla Camera dei depu­tati, dal l o marzo 1 9 10 al 30 giugno 1 9 1 3 . Libero docente di diritto costitu­zionale nell'Università di Napoli. Deputato dalla XVII alla XXIV legislatura. Nominato senatore il 6 ottobre 1919. Ministro della pubblica istruzione dal 5 novembre 1 9 14 al l9 giugno 1916 .

Gmm IGNAZIO.

Nato a Roma il 3 1 luglio 1 844. Membro per elezione dal 25 aprile 1 9 1 5 al 30 giugno 1917 . Di nuovo membro, eletto dal Senato, dal 28 giugno 192 1 al 3 1 agosto 1923. Ordinario di ebraico e lingue semitiche comparate nell'Uni­versità di Roma. Nominato senatore il 30 dicembre 19 14.

INAMA VIGILIO.

Nato a Trento il 2 dicembre 1 835 . Membro di proposta ministeriale dal l o luglio 1 89 1 , lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giu­gno 1 895. Preside dell'Accademia scientifico-letteraria di Milano.

286 Fonti per la storia della scuola

INZANI GIOVANNI. Nato a Parma il 2 agosto 1827. Membro per elezione dal 12 maggio 188 1 ; cessa dall'ufficio, per dimissioni, il 16 novembre 1 882. Professore d i anato­mia patologica nell'Università di Parma.

LAMBRUSCHINI RAFFAELE. Nato a Genova il 14 agosto 1 788. Vicepresidente del Comitato per l'istru­zione primaria e popolare dal 30 dicembre 1866 al settembre 1867. Ex ispettore generale delle scuole primarie presso il Ministero della pubblica istruzione. Annullata la sua elezione a deputato nell'VIII legislatura. Nomi­nato senatore il 23 marzo 1860.

LA ROSA MICHELE. Nato a Palermo il 26 giugno 1 880. Membro del Consiglio dal 1 o settembre 1923 al lO febbraio 1926. Ordinario di fisica sperimentale nell'Università di Palermo.

LAUDISI GIUSEPPE. Nato a Bitonto (Bari) il 17 marzo 1 836. Membro di proposta ministeriale dal l o luglio 1899 al 30 giugno 1903. Commissario per i monumenti e gli scavi di antichità della provincia di Bari. Deputato nella XX e XXI legislatura.

LESSONA MICHELE. Nato a Venaria Reale (Torino) il 20 settembre 182 3 . Nominato membro di proposta ministeriale il 1 2 maggio 188 1 , e della Giunta il 1 3 maggio, si di­mette da quest'ultima il 27 novembre 1882. Cessa dall'ufficio il 1 o giugno 1885 . Professore di zoologia, anatomia e fisiologia comparata nell'Universi­tà di Torino. Nominato senatore il 2 1 novembre 1 892.

LIGNANA GIACOMO. Nato a Tronzano (allora in provincia di Novara , ora di Vercelli) il 24 dicem­bre 1829. Membro straordinario del Consiglio superiore di Napoli dal l8 ot­tobre 1861 al 1 5 ottobre 1865 . Nominato membro di proposta ministeriale il 1 2 maggio 1 88 1 , il 1 3 maggio entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 4 maggio 1 884. Professore di filologia classica nell'Università di Napoli. De­putato nella VII e X legislatura. Annullata la sua elezione a deputato nella VI legislatura.

LIOY PAOLO. Nato a Vicenza il 3 l luglio 1834. Membro di proposta ministeriale dal l o lu­glio 1896, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1900. Provveditore agli studi della provincia di Vicenza. Deputato nella IX e XI-XVI legislatura. Nominato senatore il 4 marzo 1905 .

LORI FERDINANDO. Nato a Macerata il 28 settembre 1 869. Membro del Consiglio e della Giunta dal l o luglio 1921 a tutto il 1928. Ordinario di elettrotecnica nella Scuola d'ingegneria di Padova.

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Appendice - I membri del Consiglio superiore 287

LUCCA PIERO. Nato a Casale Monferrato (Alessandria) il 10 maggio 1 850. Membro, eletto dal Senato, dal 7 aprile 191 1 all'aprile 19 16 . Ingegnere. Deputato dalla XV alla XXII legislatura. Nominato senatore il 4 aprile 1909. Sottosegretario nel Ministero dell'interno dal 10 febbraio 1 89 1 al 25 aprile 1 892.

LUCIANI LIDGI. Nato ad Ascoli Piceno il 23 novembre 1842. Membro per elezione dal l o lu­glio 1892, il l o luglio 1 895 entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giu­gno 1896. Nominato di nuovo, sempre per elezione, dal l o luglio 1 899, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1903. Ordi­nario di fisiologia nell'Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze. Nominato senatore il 4 marzo 1904 .

LIDGGI LIDGI. Nato a Genova il 3 agosto 1 856. Membro di proposta ministeriale dal l o lu­glio 1907 al 30 giugno 1 9 1 3 . Di nuovo membro, eletto dalla Camera dei de­putati, dal 5 agosto 192 1 al 3 1 agosto 1923. Incaricato di costruzioni marit­time nella Scuola d'applicazione per gli ingegneri di Roma. Deputato nella XXVI legislatura. Nominato senatore il l 8 settembre 1924.

LUSTIG PIACEZZI ALESSANDRO. Nato a Trieste il 5 maggio 1857. Membro per elezione dal l o giugno 1902, dal l o luglio 1903 entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1906. Di nuovo membro, sempre per elezione, dal l o luglio 1907, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 191 1 . Ordimirio di patolo­gia generale nell'Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze. Nominato senatore il 3 giugno 19 1 1 .

LUZZATTI LIDGI. Nato a Venezia il l o marzo 1 84 1 . Nominato membro straordinario il 22 di­cembre 1 872. Cessa dall'incarico con l'entrata in vigore della legge 17 feb­braio 1 88 1 . Professore di diritto costituzionale nell'Università di Padova. Deputato dalla XI alla XXV legislatura. Nominato senatore il l O aprile 192 1 . Segretario generale nel Ministero di agricoltura industria e commercio dal 30 maggio al 28 novembre 1 869 e dal 19 febbraio 187 1 al 30 giugno 1873 . Ministro del tesoro dal 9 febbraio 1 89 1 al 1 5 maggio 1892; dal 14 luglio 1 896 al 29 giugno

. 1 898; dal 3 novembre 1903 al 28 marzo 1905; dall'8 feb­

braio al 29 maggio 1 906. Ministro di agricoltura industria e commercio dall' l i dicembre 1909 al 3 1 marzo 1910 . Presidente del Consiglio dei mini­stri dal 3 1 marzo 1 9 10 al 30 marzo 19 1 1 . Di nuovo ministro del tesoro dal 14 marzo al 22 maggio 1920.

MAGGI LEOPOLDO. Nato a Rancio Valcuvia (Varese) il l 5 maggio 1 840. Membro per elezione dal 1 o luglio 1900 al 30 giugno 190 1 . Ordinario di anatomia e fisiologia compa­rate nell'Università di Pavia.

288 Fonti per la storia della scuola

MAGGIORANI CARLO .

Nato a Campagnano (Roma) il 18 dicembre 1 800. Nominato membro straor­dinario 1' 1 1 dicembre 1 870; passa ad ordinario il 29 agosto 1874 e conserva il mandato fino all'entrata in vigore della legge 17 febbraio 188 1 . Professore di clinica medica nell'Università di Roma. Nominato senatore il 15 novem­bre 1 87 1 .

MAGNI FRANCESCO.

Nato a Porta al Borgo (Pistoia) il 15 luglio 1828. Nominato membro di pro­posta ministeriale il l o maggio 1883, lo stesso giorno entra nella Giunta. Re­sta in carica fino alla morte avvenuta il 2 febbraio 1887. Professore di oftal­moiatria e clinica oculistica nell'Università di Bologna. Nominato senatore il 16 novembre 1876.

MAJORANA QUIRINO.

Nato a Catania il 28 ottobre 187 1 . Membro del Consiglio dal l o luglio 1927 a tutto il 1928. Ordinario di fisica sperimentale nell'Università di Bologna.

MALFATTI BARTOLOMEO.

Nato a Mori (Trento) il 23 febbraio 1828. Membro di proposta ministeriale dal l o luglio 189 1 ; resta in carica fino alla morte avvenuta il 1 5 gennaio 1 893 . Professore di geografia ed etnografia nell' Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze.

MALVEZZI DE' MEDICI NERIO.

Nato a Bologna il 2 ottobre 1856. Membro, eletto dal Senato, dal 26 feb­braio 1912 al 30 giugno 1913 ; e ancora dal 7 aprile 1916 al 30 giugno 1917 . Consigliere direttivo e membro emerito della Deputazione di storia patria di Bologna. Deputato nelle legislature XXI e XXII. Nominato senatore il 4 apri­le 1909. Ministro di agricoltura industria e commercio dal 26 dicembre 1905 all'8 febbraio 1906.

MAMELI CRISTOFORO.

Nato a Lanusei (Nuoro) il 5 febbraio 1795 . Membro ordinario dal 3 gennaio 1858 all'agosto 1 860, allorché si dimette. Consigliere di Stato. Deputato nella I, III, IV, V legislatura. Non convalidata la sua elezione nella II legisla­tura per lo scioglimento della Camera. Nominato senatore il 26 novembre 1 854. Ministro dell'istruzione pubblica dal 7 maggio 1849 al 9 novembre 1 850.

MAMIANI DELLA ROVERE TERENZIO . Nato a Pesaro il 2 7 settembre 1799 . Nominato membro ordinario e vicepre­sidente dal 7 luglio 1868 resta in carica fino al 7 aprile 1 88 1 , allorché è no­minato membro di proposta ministeriale e vicepresidente. Il 1 3 maggio 1881 entra nella Giunta. Mantiene tali incarichi fino al 4 maggio 1 884 . Pro­fessore. Consigliere di Stato . Deputato dalla V alla VIII legislatura. Non con­validata la sua elezione nella III legislatura per lo scioglimento della Ca-

Appendice - I membri del Consiglio superiore 289

mera; annullata la sua elezione nella IV. Nominato senatore il 13 marzo 1864 . Ministro dell'istruzione pubblica dal 2 1 gennaio 1860 al 23 marzo 1 86 1 .

MANGIAGALLI LUIGI .

Nato a Mortara (Pavia) il 16 giugno 1850. Membro per elezione dal l o luglio 190 1 , cessa dall'ufficio per dimissioni il 7 maggio 1902 . Ordinario di oste­tricia e clinica ostetrica e ginecologica nell'Università di Pavia. Deputato nella legislatura XXI. Nominato senatore il 4•marzo 1905 .

MARAGLIANO EDOARDO .

Nato a Genova il l o giugno 1 849. Membro di proposta ministeriale dal l o giugno 1894 , il l o luglio 1895 entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 3 1 maggio 1898. Ordinario di clinica generale medica nell'Università di Geno­va. Nominato senatore il 14 giugno 1900 .

MARCHESINI GIOVANNI.

Nato a Noventa Vicentina (Vicenza) il 18 settembre 1868. Membro di propo­sta ministeriale dal l o luglio 1913 , dal l o luglio 1915 entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1917 . Ordinario di filosofia morale nell'Uni­versità di Padova.

MARCHIAFAVA ETTORE.

Nato a Roma il 3 gennaio 1 847 . Membro per elezione dal l o luglio 1895, con d.m. 8 giugno 1898 entra nella giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1 899. Ordinario di anatomia patologica nell'Università di Roma. Nominato senatore il 24 novembre 1 9 1 3 .

MARGHIERI ALBERTO.

Nato a Napoli il 12 giugno 1852 . Membro di proposta ministeriale dal l o lu­glio 1915 al 30 giugno 1919 . Ordinario di diritto commerciale nell'Universi­tà di Napoli. Deputato nella legislatura XXII. Annullata la sua elezione a de­putato nella XXIII legislatura. Nominato senatore il l 8 settembre 1924 .

MARIOTTI FILIPPO.

Nato ad Apiro (Macerata) il 6 settembre 1833 . Membro, eletto dal Senato, dal l o marzo 1910; resta in carica fino alla morte, avvenuta il 25 giugno 19 1 1 . Avvocato. Deputato nelle legislature X-XVII. Nominato senatore il 10 ottobre 1892. Segretario generale nel Ministero della pubblica istruzione dal 14 aprile 1887 al 29 febbraio 1 888; poi sottosegretario, sempre nello stesso dicastero, dal l o marzo 1888 al 6 febbraio 189 1 .

MARIOTTI GIOVANNI.

Nato a Parma il l o maggio 1 850. Membro, eletto dal Senato, dal l o marzo 1 9 10 al 30 giugno 1 9 1 1 . Eletto di nuovo il 27 maggio 1 9 1 3 , sempre tra i se­natori, dal 4 novembre 1914 entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giu­gno 1917 . Membro del Consiglio, ancora come rappresentante del Senato,

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290 Fonti per la storia della scuola

dal 24 luglio 1919 al 3 1 agosto 1923. Sovrintendente agli scavi ed ai musei archeologici per le provincie di Parma e Piacenza. Deputato nella legislatura XV. Nominato senatore il 2 1 novembre 190 1 .

MARTINETTI VITTORIO .

Nato a Scorzarolo (frazione di Marcaria, ora di Borgoforte, in provincia di Mantova) 1' 1 1 agosto 1859. Membro di proposta ministeriale dal l o luglio 1904 al 30 giugno 1908 . Ordinario di geometria descrittiva e proiettiva con disegno nell'Università di Messina, rettore della stessa.

MASCI FILIPPO.

Nato a Francavilla al Mare (Chieti) il 29 settembre 1844. Membro per elezio­ne dal l o luglio 1905, il l o luglio 1906 entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 28 febbraio 19 10. Ordinario di filosofia teoretica nell'Università di Napo­li, rettore della stessa. Deputato nella XIX e XX legislatura. Nominato sena­tore il l6 ottobre 1 9 1 3 .

MASONI UDALRIGO.

Nato a Napoli 1' 1 1 luglio 1860. Membro per elezione dal l o luglio 1 9 1 5 al 30 giugno 1917 . Nominato di nuovo, sempre per elezione, dal l o dicembre 19 19, cessa dall'ufficio il 3 1 agosto 1923 . Ordinario di idraulica teorica e pratica nella Scuola superiore politecnica di Napoli. Deputato nella XXII e XXIII legislatura.

MASSARANI TULLO.

Nato a Mantova il 3 febbraio 1 829. Membro di proposta ministeriale dal 1 2 maggio 1 88 1 al 6 novembre dello stesso anno, allorché s i dimette. Letterato. Deputato dalla VII alla X legislatura. Nominato senatore il l 5 maggio 1 876.

MATTEUCCI CARLO .

Nato a Forlì il 20 giugno 18 1 1 . Nominato membro ordinario e vicepresiden­te il 6 novembre 1864; il 27 dicembre 1866 entra nel Comitato per l'istru­zione universitaria. Nominato di nuovo membro ordinario e vicepresidente del ricostituito Consiglio superiore il 20 ottobre 1867, resta in carica fino al­la morte, avvenuta il 25 giugno 1868. Professore emerito di fisica nell'Uni­versità di Pisa. Nominato senatore il 1 8 marzo 1 860. Ministro della pubblica istruzione dal 3 1 marzo all'8 dicembre 1 862.

MATTIROLO LUIGI.

Nato a Torino il 26 luglio 1838. Nominato membro di proposta ministeriale il 1 9 giugno 1887; cessa dall'ufficio il 30 giugno 1 89 1 . Professore di proce­dura civile e ordinamento giudiziario nell'Università di Torino .

MAURIZI LUIGI.

Nato a Bolognola (Macerata) il 28 agosto 1836. Membro di proposta ministe­riale dal l o giugno 1 894, lo stesso giorno entra nella Giunta. Resta in carica fino alla morte avvenuta 1' 1 1 dicembre 1897. Ordinario di diritto commer­ciale nell'Università di Roma, rettore della stessa.

Appendice - I membri del Consiglio superiore 291

MAZZIOTTI MATTEO.

Nato a Napoli il 17 giugno 185 1 . Membro, eletto dal Senato, dal 20 dicem­bre 1 9 1 2 al 30 giugno 1 9 1 3 . Di nuovo consigliere, sempre in rappresentan­za del Senato, dal 1 5 luglio 19 1 7; cessa dall'ufficio, per dimissioni, il 24 feb­braio 1918. Avvocato. Deputato nelle legislature XV-XXII. Nominato sena­tore il 14 aprile 1909. Sottosegretario nel Ministero delle poste e telegrafi dall' 1 1 marzo 1896 al 3 giugno 1898; poi nel Ministero delle finanze dal 1 8 febbraio 1 9 0 1 al 10 novembre 1903.

MAzZONI GUIDO.

Nato a Firenze il 1 2 giugno 1 859. Membro del Consiglio dal l o luglio 1903, il l a luglio 1904 entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1906. No­minato di nuovo di proposta ministeriale dal l o luglio 1908, lo stesso gior­no entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1 9 1 3 . Ordinario di let­teratura italiana nell'Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze. Nominato senatore il 26 gennaio 1910 .

MAZZUOLI FAUSTO.

Nato a Pereta (Grosseto) il 6 novembre 1 8 1 1 . Membro del Comitato per l'i­struzione universitaria dal 27 dicembre 1 866 al settembre 1 867. Rettore del­l'Università di Pisa, professore di codice civile.

MEDA FILIPPO .

Nato a Milano il l o gennaio 1869. Membro eletto dalla Camera dei deputati dal 19 dicembre 19 19, il 20 dicembre entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 3 1 agosto 1923. Avvocato. Deputato nelle legislature XXIII-XXVI. Ministro delle finanze dal 19 giugno 19 16 al 23 giugno 1919; poi del tesoro dal 16 giugno 1920 al 2 aprile 192 1 .

MENABREA DI VAL DORA LUIGI FEDERICO .

Nato a Chambéry (Savoia) il 4 settembre 1 809. Membro straordinario dal 30 ottobre 1848 al 1 7 dicembre 185 1 . Nominato, sempre come straordinario, il 3 gennaio 1 858, si dimette nel giugno 1 86 1 . Professore di costruzione nel­l'Università di Torino. Deputato dalla I alla VI legislatura. Nominato senato­re il 29 febbraio 1 860. Ministro della marina dal 12 giugno 1 86 1 al 3 marzo 1 862, poi dei lavori pubblici dall'8 dicembre 1 862 al 27 settembre 1 864. Presidente del Consiglio dei ministri e titolare del dicastero degli affari este­ri dal 27 ottobre 1 867 al l4 dicembre 1 869.

MENEGHINI GIUSEPPE ANDREA.

Nato a Padova il 30 luglio 1 8 1 1 . Nominato membro per elezione dal l o giu­gno 1 885 . Resta in carica fino alla morte avvenuta il 29 gennaio 1889 . Pro­fessore di geologia e geografia fisica nell'Università di Pisa. Nominato sena­tore il 7 giugno 1886.

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292 Fonti per la storia della scuola

MESSEDAGLIA ANGELO. Nato a Villafranca (Verona) il 2 novembre 1 820. Nominato membro straor­dinario 1'8 dicembre 1867, passa ad ordinario il 13 novembre 1870. Mantie­ne l'incarico fino all'entrata in vigore della legge 17 febbraio 188 1 . Nomina­to membro di proposta ministeriale il 1 3 maggio 1884, entra nella Giunta il 27 maggio 1886 e ricopre anche la carica di vicepresidente . Cessa dall'uffi­cio il 30 aprile 1888 . Professore di economia politica nell'Università di Pa­dova. Deputato dalla IX alla XV legislatura.Nominato senatore il 10 maggio 1884.

MESTICA GIOVANNI. Nato ad Apiro (Macerata) il 29 dicembre 1838. Membro di proposta ministe­riale dal l o luglio 190 l , lo stesso giorno entra nella Giunta. Resta in carica fino alla morte avvenuta il 24 giugno 1902. Professore onorario , già ordina­rio di letteratura italiana nell'Università di Palermo. Deputato nelle legisla­ture XVII-XXI.

MINERVINI GIULIO . Nato a Napoli il 9 agosto 1819 . Membro del Comitato per l'istruzione uni­versitaria dal 27 dicembre 1 866 al settembre 1867 . Presidente della Società reale di Napoli.

MIRAGLIA LUIGI.

Nato a Reggio Calabria il 3 1 maggio 1 846. Membro di proposta ministeriale dal l o giugno 1 897, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 3 1 maggio 190 1 . Ordinario di filosofia del diritto nell'Università di Napoli, rettore della stessa. Nominato senatore il 14 giugno 1900.

MIRANDA GIOVANNI. Nato a Napoli il 6 dicembre 1865 . Membro per elezione dal l o luglio 192 1 ; cessa dall'ufficio il 3 1 agosto 1923 . Ordinario di clinica ostetrico-ginecolo­gica nell'Università di Napoìi , rettore della stessa.

MITCHELL RICCARDO .

Nato a Messina il 20 settembre 1 8 1 5 . Membro del Comitato per l' istruzione universitaria dal 27 dicembre 1866 al settembre 1 867. Rettore dell'Universi­tà di Messina, professore di estetica.

MOLESCHOTT }AKOB . Nato a Bois Le Due (Olanda) il 9 agosto 1822. Nominato membro per elezio­ne il l o maggio 1884, entra nella Giunta 1' 1 1 giugno o 24 luglio 1 885 . Cessa dall'ufficio il 30 aprile 1888. Professore di fisiologia umana nell'Università di Roma. Nominato senatore il l6 novembre 1876.

MOLMENTI POMPEO. Nato a Venezia il l o settembre 1852 . Membro, eletto dal Senato, dal l o giu­gno 1917 al 30 giugno 192 1 . Scrittore e storico. Deputato nelle legislature XVII e XIX-XXII. Nominato senatore il 4 aprile 1909. Sottosegretario nel

Appendice - I membri del Consiglio superiore 293

Ministero della pubblica istruzione dal 24 novembre 1919 al 22 maggio 1920.

MONACI ERNESTO.

Nato a Soriano nel Cimino (Viterbo) il 20 febbraio 1 844 . Membro del Consi­glio dal l o giugno 1894 al 3 1 maggio 1895 . Ordinario di storia comparata delle ìingue e letterature neolatine nell'Università di Roma.

MONTANARI ANTONIO.

Nato a Meldola (Forlì) il 24 ottobre 18 1 1 . Membro del Comitato per l'istru­zione universitaria dal 27 dicembre 1866 al settembre 1867 . Rettore dell'U­niversità di Bologna, professore di filosofia della storia. Nominato senatore il 18 marzo 1 860.

MONTI ACHILLE.

Nato ad Arcisate (Varese) il 16 ottobre 1 863. Membro del Consiglio e della Giunta dal l o luglio 1 9 1 1 al 30 giugno 1915 ; e ancora, per elezione, dal l o luglio 1917 al 30 giugno 192 1 . Ordinario di anatomia patologica nell'Uni­versità di Pavia.

MORELLI-GUALTIEROTTI GISMONDO.

Nato a Borgo San Lorenzo (Firenze) il 29 luglio 1849. Membro, eletto dalla Camera dei deputati, dal l o marzo 19 10, il l o luglio 19 1 1 entra nella Giun­ta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1 9 1 3 . Avvocato. Deputato nelle legislature XVII-XXIV. Sottosegretario nel Ministero delle poste e telegrafi dal 26 no­vembre 1903 al 28 marzo 1 905; poi ministro, nello stesso dicastero, dal 28 marzo al 24 dicembre 1905 .

MORIS GIUSEPPE.

Nato a Orbassano (Torino) il 25 aprile 1796. Nominato membro ordinario il 30 ottobre 1848; il 3 gennaio 1858 diventa vicepresidente. Si dimette il 1 7 luglio 186 1 . Professore di botanica nell'Università di Torino. Nominato se­natore il 3 maggio 1848 .

MORISANI TEODORO.

Nato a Napoli il l o febbraio 1874 . Membro, eletto dalla Camera dei deputa­ti, dal 30 luglio 1921 al 3 1 agosto 1923 . Libero docente di ginecologia, oste­tricia e clinica relativa nell'Università di Napoli. Deputato nelle legislature XXIV-XXVI. Nominato senatore 1 '8 aprile 1939.

MORTARA LODOVICO.

Nato a Mantova il 16 aprile 1855 . Membro del Consiglio e della Giunta dal l o luglio 1903; lascia quest'ultima, per dimissioni, il l o luglio 1906. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1907 . Avvocato, professore onorario nell'Università di Pisa. Nominato senatore il 26 gennaio 1910 . Ministro di grazia e giustizia e dei culti (poi giustizia e affari di culto) dal 23 giugno 1 9 19 al 22 maggio 1920.

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294 Fonti per la storia della scuola

MOSCA GAETANO.

Nato a Palermo il l o aprile 1 858 . Membro di proposta ministeriale dal l o lu­glio 1906 al 30 giugno 19 1 1 . Nominato di nuovo, per elezione, dal l o luglio 1 9 1 3 al 30 giugno 1917 . Ordinario di diritto costituzionale nell'Università di Torino. Deputato nelle legislature XXIII e XXIV. Nominato senatore il 6 ottobre 1919 . Sottosegretario nel Ministero delle colonie dal 23 marzo al 19 giugno 1916 .

MOSSO ANGELO .

Nato a Torino il 3 1 maggio 1 846. Nominato membro per elezione dal l o giugno 1885 . Cessa dall'ufficio il 3 1 maggio 1 889. Professore di fisiologia umana nell'Università di Torino. Nominato senatore il 4 marzo 1904.

MURRI AUGUSTO.

Nato a Fermo (Ascoli Piceno) 1'8 settembre 1 84 1 . Membro per elezione dal l o giugno 1 889 al 3 1 maggio 1893; e ancora, sempre per elezione, dal l o giugno 1894 al 3 1 maggio 1 898. Professore di clinica medica nell'Università di Bologna. Deputato nella XVII legislatura.

MUSMECI NICCOLÒ.

Nato ad Acireale (Catania) il 1 7 febbraio 1 8 19 . Membro ordinario dal 1 5 ot­tobre 1 865 al dicembre 1866. Professore di diritto marittimo e commerciale nell'Università di Palermo. Deputato nella VIII e IX legislatura.

NALLINO CARLO ALFONSO .

Nato a Torino il 16 febbraio 1 872. Membro del Consiglio e della Giunta dal l o settembre 1923 a tutto il 1928. Ordinario di storia ed istituzioni musul­mane nell'Università di Roma.

NAPOLI FEDERICO.

Nato a Palermo 1' 1 1 febbraio 1819 . Membro del Consiglio superiore di Pa­lermo dal 23 ottobre 1 860 al 1 5 ottobre 1865 . Professore di calcolo diffe­renziale e integrale nell'Università di Palermo . Deputato nella IX e X legisla­tura. Segretario generale nel Ministero della pubblica istruzione dal 6 gen­naio 1866 al 1 5 maggio 1869.

NASINI RAFFAELLO.

Nato a Siena 1' 1 1 agosto 1854. Membro per elezione dal l o luglio 1 9 1 5 , lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 3 1 agosto 1923 . Ordi­nario di chimica generale nell'Università di Pisa. Nominato senatore il 22 di­cembre 1928.

NISIO GEROLAMO.

Nato a Molfetta (Bari) il 6 maggio 1 827. Membro di proposta ministeriale dal l o luglio 1899, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1903. Nominato di nuovo, sempre di proposta ministeriale, dal l o lu-

Appendice - I membri del Consiglio superiore 295

glio 1905, nel Consiglio e nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1906. Pedagogista.

NITTI FRANCESCO SAVERIO .

Nato a Melfi (Potenza) il 20 luglio 1868. Membro di proposta ministeriale dal l o giugno 1902, il l o luglio entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1906. Nominato di nuovo, per elezione, dal l o luglio 1907, entra lo stesso giorno nella Giunta. Il l o aprile 1913 cessa dalla Giunta (per dimissio­ni); il 30 giugno dello stesso anno decade dall'ufficio. Ordinario di scienza della finanza e diritto finanziario nell'Università di Napoli. Deputato nelle legislature XXII-XXVI, Consulta nazionale, Assemblea costituente. Senatore di diritto (III disposizione transitoria della Costituzione) nella I legislatura repubblicana. Ministro di agricoltura, industria e commercio dal 30 marzo 1 9 1 1 al 2 1 marzo 1914; poi del tesoro dal 30 ottobre 1917 al 1 8 gennaio 1 9 19. Presidente del consiglio dei ministri dal 23 giugno 1919 al 16 giugno 1920.

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NOVARO GIACOMO FILIPPO .

Nato a Diano Calderina, ora Diano Marina (Imperia) il 2 maggio 1 843. Mem­bro per elezione dal l o giugno 1 893 al 3 1 maggio 1 897. Nominato di nuovo con r.d. 2 luglio 1903, cessa dall'ufficio il 30 giugno 1905 . Ordinario di cli­nica chirurgica nell'Università di Bologna. Nominato senatore il 3 giugno 1908.

NOVELLI ETTORE.

Nato a Velletri (Roma) il 16 settembre 1 82 1 . Membro di proposta ministeria­le dal l o agosto 1 883 al l9 giugno 1887. Poeta.

0CCIONI ONORATO .

Nato a Venezia il 29 marzo 1830. Membro di proposta ministeriale dal l o giugno 1 890, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il l o giu­gno 1 894 . Professore di letteratura latina nell'Università di Roma.

0PPICI PAOLO .

Nato in Polesine (Parma) il 1 8 febbraio 1 799. Membro del Comitato per l'i­struzione universitaria dal 27 dicembre 1 866 al settembre 1 867. Rettore del­l'Università di Parma.

PADULA FORTUNATO .

Nato a Napoli i l 4 dicembre 1 816. Membro del Comitato per l'istruzione universitaria dal 27 dicembre 1 866 al settembre 1867 . Direttore della Scuola d'applicazione per gli ingegneri di Napoli. Nominato senatore il 6 febbraio 1 870.

P AGLIANI LUIGI.

Nato a Genola (Cuneo) il 9 aprile 1 848. Membro per elezione dal l o luglio 1 905 al 28 febbraio 1910; e ancora dal l o luglio 1917 al 30 giugno 1919 . Ordinario d'igiene sperimentale nell'Università di Torino.

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296 Fonti per la storia della scuola

P AIS ETTORE.

Nato a Borgo San Dalmazzo (Cuneo) il 27 luglio 1856. Membro del Consi­glio dal l o luglio 1 9 1 1 al 30 giugno 1 9 1 5 . Di nuovo membro, per elezione, dal l o luglio 1917 al 30 giugno 1919 . Ordinario di storia antica nell'Univer­sità di Napoli. Nominato senatore il 16 ottobre 1922.

P ALADINO GIOVANNI.

Nato a Potenza il 26 aprile 1842 . Membro di proposta ministeriale dal l o �u­glio 1905 al 28 febbraio 1910 . Ordinario di istologia e fisiologia generale nell'Università di Napoli. Nominato senatore il 3 giugno 1908 .

PALASCIANO FERDINANDO.

Nato a Capua (Caserta) il 1 3 giugno 1 8 1 5 . Nominato membro di proposta ministeriale il 6 novembre 188 1 ; cessa dall'ufficio il 10 maggio 1883 . Pro­fessore onorario nella facoltà di medicina dell'Università di Napoli. Deputa­to dalla X alla XII legislatura. Nominato senatore il 15 maggio 1876.

P ALMA LUIGI.

Nato a Corigliano Calabro (Cosenza) il 19 luglio 1837. Nominato membro per elezione il 20 maggio 1886. Cessa dall'ufficio il 3 1 maggio 1890. Profes­sore di diritto costituzionale nell'Università di Roma.

PANZACCHI ENRICO .

Nato a Ozzano nell'Emilia (Bologna) il 16 dicembre 1840. Membro di propo­sta ministeriale dal l o luglio 1899 al 30 giugno 1903 . Ordinario di estetica e di storia dell'arte moderna nell'Università di Bologna. Deputato nella XX e XXI legislatura. Annullata la sua elezione a deputato nella XV legislatura. Sottosegretario nel Ministero della pubblica istruzione dal 28 giugno 1900 al 17 febbraio 190 l .

PARATO FELICE.

Nato a Sommariva del Bosco (Cuneo) il 28 novembre 1792 . Nominato mem­bro straordinario il 3 gennaio 1858, passa ad ordinario il 22 luglio 1860. Cessa dall'ufficio, per dimissioni, il 15 ottobre 1865 . Professore di teologia nell'Università di Torino .

P ARA VIA PIER ALESSANDRO.

Nato a Zara (Dalmazia) il 15 luglio 1797 . Membro straordinario dal 30 otto­bre 1848 al 17 dicembre 185 1 . Professore di letteratura italiana nell'Univer­sità di Torino.

PARONA CORRADO.

Nato a Corteolona (Pavia) il 12 giugno 1848 . Membro di proposta ministe­riale dal l o luglio 1913 al 30 giugno 1917 . Ordinario di zoologia nell'Uni­versità di Genova.

Appendice - I membri del Consiglio superiore 297

P ARRA V ANO NICOLA.

Nato a Fontana Liri (allora in provincia di Caserta, ora di Frosinone) il 2 l lu­glio 1883 . Membro del Consiglio dal 1 5 febbraio 1926 a tutto il 1928. Ordi­nario di chimica inorganica nell'Università di Roma.

P ASCAL CARLO. Nato a Napoli il 21 ottobre 1866. Membro di proposta ministeriale dal l o lu­glio 1 9 1 5 , dal l o luglio 1917 entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giu­gno 1919 . Nominato di nuovo dal l o aprile 1922, decade il 3 1 agosto 1923 . Ordinario di letteratura latina nell'Università di Pavia.

P ASCALE GIOVANNI.

Nato a Faicchio (Benevento) il 19 marzo 1859 . Membro per elezione dal l o luglio 1919, cessa dall'ufficio il 3 1 agosto 1923 . Di nuovo membro dal 1 5 febbraio 1926 a tutto i l 1928. Ordinario di clinica chirurgica nell'Università di Napoli. Nominato senatore il 6 ottobre 1919.

PASQUALI GIORGIO .

Nato a Roma il 29 aprile 1885 . Membro del Consiglio dal l o settembre 1923 al 10 febbraio 1926. Straordinario di letteratura greca nell' Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze.

PASSERINI GIOVANNI.

Nato a Pieve di Guastalla (allora parte del Ducato di Parma, ora in provincia di Reggio Emilia) il 16 giugno 1816. Nominato membro di proposta ministe­riale il 19 giugno 1887 . Cessa dall'ufficio il 30 giugno 189 1 . Professore di botanica nell'Università di Parma.

PATERI ILARIO FILIBERTO.

Nato a Torino il 12 maggio 1807 . Nominato membro straordinario il 3 gen­naio 1858, passa ad ordinario il 7 marzo 1860 . Conserva il mandato fino al dicembre 1866. Professore di diritto ecclesiastico nell'Università di Torino. Deputato dalla II alla VII legislatura.

PATERNO' DI SESSA EMANUELE.

Nato a Palermo il 12 dicembre 1847. Nominato membro per elezione il l o maggio 1884; cessa dall'ufficio il 30 aprile 1888. Membro di proposta mini­steriale dal l o giugno 1898; il l o luglio 1899 entra nella Giunta. Cessa dal­l'ufficio il 3 1 maggio 1902 . Di nuovo consigliere, di proposta ministeriale, dal l o luglio 1906; entra nella Giunta il l o luglio 1907. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1 9 1 1 . Professore di chimica generale nell'Università di Palermo. Nominato senatore il 4 dicembre 1890.

PENDE NICOLA.

Nato a Noicattaro (Bari) il 2 1 aprile 1880. Membro del Consiglio dal 1 5 feb­braio 1926 a tutto il 1928. Ordinario di clinica medica generale nell'Univer­sità di Genova. Nominato senatore il 9 dicembre 1933 .

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298 Fonti per la storia della scuola

PEREZ FRANCESCO PAOLO .

Nato a Palermo il 10 marzo 1812 . Membro del Consiglio superiore di Paler­mo dal 23 ottobre 1860 al 1 5 ottobre 1 865 . Consigliere della Corte dei con­ti. Nominato senatore il 15 novembre 1 87 1 . Ministro dei lavori pubblici dal 26 dicembre 1 877 al 24 marzo 1878, poi della pubblica istruzione dal 14 lu­glio al 25 novembre 1879.

FERRANDO GIANGIACOMO.

Nato a Sassello (Genova) il 19 marzo 1 865 . Membro per elezione dal l o lu­glio 1915 al 30 giugno 1917 . Ordinario di medicina legale nell'Università di Genova.

PERSICO FEDERICO.

Nato a Napoli il 7 aprile 1829. Membro per elezione dal l o luglio 1900 al 30 giugno 1904. Ordinario di diritto amministrativo nell'Università di Napoli.

PESSINA ENRICO .

Nato a Napoli il 17 ottobre 1 828. Nominato membro per elezione il l O mag­gio 1 883, cessa dall'ufficio il 19 giugno 1 887. Professore di diritto e proce­dura penale nell'Università di Napoli. Deputato nella VIII, X, XIII legislatu­ra. Nominato senatore il 16 marzo 1 879. Ministro di agricoltura industria e commercio dall' 1 1 novembre al 19 dicembre 1 878; poi di grazia e giustizia e dei culti dal 24 novembre 1 884 al 29 giugno 1 885 .

PESTALOZZA UBERTO.

Nato a Milano il 19 settembre 1872. Membro del Consiglio e della Giunta dal l o settembre 1923 al 10 febbraio 1926. Libero docente di antichità clas­siche e storia delle religioni nell'Accademia scientifico-letteraria di Milano.

PEYRON AMEDEO.

Nato a Torino il 2 ottobre 1785 . Nominato consigliere col r. brevetto 27 di­cembre 1 847, cessa dall'ufficio con l'entrata in vigore della legge Bon Com­pagni. Teologo collegiato. Nominato senatore il 3 aprile 1 848.

PICCOLOMINI ENEA.

Nato a Siena il l 8 gennaio 1844. Nominato membro di proposta ministeriale il 19 giugno 1887, entra nella Giunta il 1 5 luglio dello stesso anno. Si dimet­te il l o ottobre 1 889. Professore di letteratura greca nell'Università di Pisa.

PIETRA VALLE MICHELE.

Nato a Salcito (Campobasso) il 3 1 ottobre 1858. Membro, eletto dalla Came­ra dei deputati, dal l o luglio 1913 , il l o luglio 1 9 1 5 entra nella Giunta. Ces­sa dall'ufficio il 30 giugno 1917. Nominato di nuovo, sempre in rappresen­tanza della Camera, dal l7 dicembre 1919 , decade il 3 1 agosto 1923 . Libero docente d'igiene nell'Università di Napoli. Deputato nelle legislature XXIII­XXVI.

Appendice - I membri del Consiglio superiore 299

PINCHERLE SALVATORE.

Nato a Trieste 1' 1 1 marzo 1853 . Membro per elezione dal l o luglio 1917 , con d.m. 1 8 aprile 1918 entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 192 1 . Ordinario di calcolo infinitesimale nell'Università di Bologna.

PIRIA RAFFAELE .

Nato a Scilla (Reggio Calabria) il 22 agosto 1814 . Membro ordinario dal l o gennaio 1 860. Resta in carica fino alla morte avvenuta il 18 luglio 1 865 . Professore di chimica generale nell'Università di Torino. Deputato nell'VIII legislatura. Nominato senatore il 1 5 maggio 1862 .

PIROLI GIUSEPPE.

Nato a Busseto (Parma) il l 6 febbraio 1 8 1 5 . Membro straordinario dal 1 5 ot­tobre 1 865 al dicembre 1 866. Consigliere di Stato. Deputato dalla VII alla XII legislatura. Nominato senatore il 26 novembre 1 884.

PIROTTA ROMUALDO .

Nato a Pavia il 7 febbraio 1853 . Membro per elezione dal l o luglio 1908, il l o luglio 19 1 1 entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1913 . Ordi­nario di botanica nell'Università di Roma.

PISTELLI ERMENEGILDO .

Nato a Camaiore (Lucca) il 1 5 febbraio 1 862 . Membro del Consiglio dal 1 5 febbraio 1926; resta in carica fino alla morte avvenuta il 1 4 gennaio 1927. Stabile di filologia classica nell'Università di Firenze.

PLANA GIOVANNI ANTONIO AMEDEO.

Nato a Voghera (allora parte del Regno di Sardegna, ora in provincia di Pa­via) 1'8 novembre 178 1 . Nominato membro ordinario e vicepresidente il 30 ottobre 1 848. Il 3 gennaio 1 858 è nominato vicepresidente onorario . Si di­mette il 29 gennaio 1858. Professore d'analisi matematica nell'Università di Torino. Nominato senatore il 3 aprile 1848.

POLACCO VITTORIO .

Nato a Padova il 10 maggio 1 859. Membro del Consiglio con r .d. 24 ottobre 1 908, cessa dall'ufficio il 30 giugno 19 1 1 . Ordinario di diritto civile nell'U­niversità di Padova. Nominato senatore il 26 gennaio 1910 .

POLLONE IGNAZIO.

Nato a San Maurizio (Torino) il 3 ottobre 1803. Membro straordinario dal 25 settembre 1 856 alla fine del 1 857 . Professore di analisi algebrica nell'Uni­versità di Torino. Segretario generale nel Ministero della pubblica istruzione negli anni 1 854 e 1 855 .

POZZI DOMENICO.

Nato a Pavia il 9 marzo 1 846. Membro, eletto dalla Camera dei deputati, dall ' 1 1 marzo 19 1 1 , cessa dall'ufficio nell'aprile 19 16 . Avvocato. Deputato nelle legislature XIX-XXIV. Annullata la sua elezione a deputato nella XVIII

300 Fonti per la storia della scuola

legislatura. Sottosegretario nel Ministero dei lavori pubblici dal 10 novem­bre 1903 al 30 dicembre 1905 .

PRATI GIOVANNI.

Nato a Dasindo, ora Sténico (Trento), il 27 gennaio 1814 . Nominato mem­bro ordinario il 6 aprile 1862 , mantiene l'incarico fino al dicembre 1866. Di nuovo membro ordinario dal 20 ottobre 1 867 fino al 12 maggio 188 1 , allor­ché è nominato membro di proposta ministeriale ed entra nella Giunta (13 maggio). Cessa dall'ufficio il 10 maggio 1883 . Poeta. Annullata la sua elezio­ne a deputato nell'VIII legislatura. Nominato senatore il 1 5 maggio 1876.

PROMIS CARLO .

Nato a Torino il 18 febbraio 1808 . Nominato membro straordinario il 1 7 di­cembre 185 1 , si dimette il 25 dicembre dello stesso anno. Professore di ar­chitettura civile nell'Università di Torino. Deputato nella III legislatura.

PROTONOTARI FRANCESCO.

Nato a Santa Sofia (allora parte del Granducato di Toscana, ora in provincia di Forlì) il 28 agosto 1 832. Nominato membro di proposta ministeriale il 12 maggio 188 1 , il 1 3 maggio entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 4 maggio 1 884. Professore di economia politica nell'Università di Roma.

PROVANA DEL SABBIONE LUIGI.

Nato a Torino il 29 dicembre 1 786. Nominato consigliere col r. brevetto 27 dicembre 1847, diventa membro ordinario con l'entrata in vigore della leg­ge Bon Compagni. Mantiene l'incarico fino alla morte, avvenuta il 27 luglio 1 856. Membro della r. Accademia delle scienze e della Commissione provin­ciale di revisione. Nominato senatore il 1 8 dicembre 1849 .

PULLÈ FRANCESCO LORENZO.

Nato a Modena il 17 maggio 1 850 . Membro di proposta ministeriale dal 1 o giugno 1902 , il l o luglio 1903 entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1906. Nominato di nuovo, per elezione, dal l o luglio 1907, decade il 30 giugno 1913 . Ordinario di filologia indo-europea nell'Università di Bo­logna. Nominato senatore il 24 novembre 19 1 3 .

PULLÈ LEOPOLDO.

Nato a Verona il 17 aprile 1835 . Membro, eletto dal Senato, dal 1 o marzo 19 10, cessa dall'ufficio il 30 giugno 1 9 1 3 . Letterato. Deputato nelle legisla­ture XIV-XXI. Nominato senatore il 4 marzo 1905 . Sottosegretario nel Mini­stero della pubblica istruzione dal 26 febbraio 1891 al 10 maggio 1892 .

PUNTONI VITTORIO.

Nato a Pisa il 24 giugno 1859. Membro di proposta ministeriale dal l o luglio 1905, il l o luglio 1907 entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 28 febbraio 19 10. Nominato di nuovo, per elezione, dal l o luglio 1 9 1 3 , entra nella Giunta il l o luglio 1915 . Decade il 30 giugno 1917 . Ordinario di letteratura greca nell'Università di Bologna. Nominato senatore il 16 ottobre 1922.

Appendice - I membri del Consiglio superiore 301

RAFFAELE FEDERICO.

Nato a Napoli il 4 giugno 1862. Membro del Consiglio dal l o settembre 1923, decade il 10 febbraio 1926. Ordinario di zoologia nell'Università di Roma.

RAIBAUDI MICHELANGELO .

Nato a Palermo il 2 1 novembre 1 8 1 1 . Membro del Consiglio superiore di Pa­lermo dal 23 ottobre 1860 al 1 5 ottobre 1865 . Professore di filosofia del di­ritto nell'Università di Palermo.

RAJNA PIO. Nato a Sondrio 1'8 luglio 1 847 . Membro per elezione dal l o giugno 1893 al 3 1 maggio 1 897 . Nominato di nuovo, di proposta ministeriale, dal l o luglio 1913; con successivo decreto (r.d. I l agosto 1913) viene revocata quest'ul­tima nomina. Ordinario di lingue e letterature neolatine nell'Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze. Nominato senatore il 16 ottobre 1922.

RAMORINO FELICE.

Nato a Mondovì (Cuneo) il 14 maggio 1852. Membro del Consiglio dal l o luglio 191 1 , lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giu­gno 1 9 1 5 . Ordinario di letteratura latina nell'Istituto di studi superiori prati­ci e di perfezionamento di Firenze.

RANALLI FERDINANDO .

Nato a Nereto (Teramo) il 2 febbraio 1 8 1 3 . Membro ordinario dal 1 5 ottobre 1 865 al dicembre 1866. Professore di storia antica e moderna nell'Universi­tà di Pisa. Deputato nella X legislatura.

RANELLETTI 0RESTE.

Nato a Celano (L'Aquila) il 27 gennaio 1868. Membro di proposta ministe­riale dal 1 o luglio 1915 , lo stesso giorno entra nella Giunta. Confermato dal l o luglio 1919, cessa dall'ufficio il 3 1 agosto 1923 . Ordinario di diritto am­ministrativo nell'Università di Pavia.

RAYNERI GIOVANNI ANTONIO.

Nato a Carmagnola (Torino) il 2 marzo 1 8 10 . Membro ordinario dal 3 gen­naio 1858 al dicembre 1 866. Professore di metodo superiore nell'Università di Torino.

RE FELICE.

Piemontese. Membro del Consiglio dal 27 dicembre 1847. Resta in carica fi­no alla morte avvenuta nel 1855. Avvocato collegiato e censore nell'Univer­sità di Torino.

REVIGLIO MAURIZIO.

Nato a Caselette (Torino) il 23 luglio 1 807. Membro del Comitato per l'istru-

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302 Fonti per la storia della scuola

zione universitaria dal 27 dicembre 1866 al settembre 1867. Rettore dell'U­niversità di Sassari, professore di materia medica e terapeutica.

RIBERI ALESSANDRO . Nato a Stroppo (Cuneo) il 24 aprile 1794. Nominato il 6 novembre 1848 consigliere di S.M. col diritto d' intervenire ai lavori del Consiglio superiore, per affari concernenti la facoltà di medicina. Il 27 settembre 1 850 diventa membro straordinario ed il 29 agosto 1 856 passa ad ordinario . Mantiene l' incarico fino alla morte avvenuta il 18 novembre 186 1 . Professore di ope­razioni chirurgiche nell'Università di Torino. Presidente del Consiglio supe­riore militare di sanità. Deputato nella I legislatura. Nominato senatore il 10 luglio 1849.

R!CCOBONO SALVATORE. Nato a San Giuseppe Jato (Palermo) il 3 1 gennaio 1 864 . Membro del Consi­glio dal l o settembre 1923, decade il 10 febbraio 1926. Ordinario di istitu­zioni di diritto romano nell'Università di Palermo.

R!CHELMY PROSPERO . Nato a Torino il 28 luglio 1 8 1 3 . Membro straordinario dal 2 1 novembre 1852 fino alla fine del 1 856. Il 27 dicembre 1 866 entra nel Comitato per l'i­struzione universitaria, dove resta fino al settembre 1 867 . Professore d'i­draulica nell'Università di Torino.

R!CHIARDI SEBASTIANO. Nato a Lanzo Torinese (Torino) il 26 febbraio 1834. Nominato membro di proposta ministeriale il 1 8 maggio 1 883, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 19 giugno 1887. Membro di proposta ministeriale dal l o giugno 1894, entra contemporaneamente nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 3 1 maggio 1898. Professore di zoologia e fisiologia comparata nell'Universi­tà di Pisa.

RICOTTI ERCOLE.

Nato a Voghera (allora parte del Regno di Sardegna, ora in provincia di Pa­via) il 14 ottobre 1 8 16. Membro straordinario dal 1 7 dicembre 1 85 1 alla fi­ne del 1 854. Dal l o gennaio 1860 è membro ordinario, e conserva l' incari­co fino al dicembre 1866. Professore di storia moderna nell'Università di Torino. Deputato nella I e IV legislatura. Nominato senatore il 1 6 novembre 1862.

ROBECCHI GIUSEPPE.

Nato a Gambolò (allora parte del Regno di Sardegna, ora in provincia di Pa­via) il 15 settembre 1805. Membro straordinario dal 7 marzo 1 860 al 16 aprile 186 1 , allorché si dimette. Deputato dalla IV alla VIII legislatura. No­minato senatore 1'8 ottobre 1 865 .

Appendice - I membri del Consiglio superiore 303

Rocco ARTURO . Nato a Napoli il 23 dicembre 1 876. Membro del Consiglio e della Giunta dal 1 o settembre 1923 a tutto il 1928. Ordinario di diritto e procedura penale nell'Università di Napoli.

ROITI ANTONIO. Nato ad Argenta (Ferrara) il 26 maggio 1 843. Membro di proposta ministe­riale dal 1 o luglio 1 892 al 30 giugno 1896. Nominato di nuovo, per elezio­ne, dal 1 o giugno 1 898 al 3 1 maggio 1902. Ancora consigliere, sempre di nomina elettiva, dal 1 o luglio 1903, il l o luglio 1906 entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1907 . Riceve un ultimo mandato, per il Consi­glio e per la Giunta, dal l o luglio 1 9 1 1 al 30 giugno 1 9 1 5 . Ordinario di fisi­ca nell'Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze.

ROMANO SANTI. Nato a Palermo il 3 1 gennaio 1 875 . Membro per elezione dal l o luglio 1917 , lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 192 1 . Or­dinario di diritto costituzionale nell'Università di Pisa. Nominato senatore il 6 aprile 1934.

ROSEI NICOLA. Nato ad Amatrice (allora parte del Regno delle Due Sicilie, ora in provincia di Rieti) il 29 dicembre 1 8 1 8 . Nominato membro ordinario del Comitato per l'istruzione secondaria il 30 dicembre 1 866. Muore il 2 settembre 1 867 . Di­rettore capo di divisione di prima classe nel Ministero della pubblica istru­zione.

ROSSI VITTORIO. Nato a Venezia il 3 settembre 1 865 . Membro per elezione dal l o luglio 1908 al 30 giugno 19 1 3 . Di nuovo consigliere dal 16 gennaio 1925 , e membro della Giunta dal 1 5 febbraio 1 926, sino a tutto il 1928. Ordinario di lettera­tura italiana nell'Università di Pavia.

ROTH ANGELO . Nato ad Alghero (Sassari) il l o gennaio 1 855 . Membro di proposta ministe­riale dal 1 o luglio 1905 . Cessa dall'ufficio per dimissioni il l o luglio 1909. Nominato di nuovo dal 1 o luglio 19 1 1 , lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1 9 1 5 . Ordinario di patologia speciale chirur­gica e clinica chirurgica nell'Università di Sassari. Deputato nella XXIII e XXIV legislatura. Sottosegretario nel Ministero della pubblica istruzione dal 19 giugno 1 9 16 al 23 giugno 1919 .

RUFFINI FRANCESCO . Nato a Lessolo (Torino) il 10 aprile 1 863. Membro di proposta ministeriale dal 1 o luglio 1 9 1 3 , lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio in seguito alla nomina a ministro della pubblica istruzione (18 giugno 19 16). Ordinario di diritto ecclesiastico nell'Università di Torino. Nominato serra-

304 Fonti per la storia della scuola

tore il 30 dicembre 1914 . Ministro della pubblica istruzione dal 19 giugno 1916 al 30 ottobre 1917 .

RUMMO GAETANO. Nato a Benevento il 6 luglio 1853 . Membro per elezione dal l o luglio 1915 , lo stesso giorno entra nella Giunta. Resta in carica fino alla morte avvenuta 1' 1 1 maggio 1917 . Ordinario di clinica medica nell'Università di Napoli. De­putato nelle legislature XIX e XXII.

SACCARDO PIER ANDREA. Nato a Treviso il 23 aprile 184 5 . Membro di proposta ministeriale dal l o lu­glio 1892, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1895 . Ordinario di botanica nell'Università di Napoli.

SALEMI-PACE GIOVANNI . Nato a Montemaggiore Belsito (Palermo) il 7 ottobre 1842 . Membro per ele­zione dal l o luglio 1917 al 30 giugno 192 1 . Ordinario di meccanica applica­ta alle costruzioni nell'Università di Palermo.

SALINAS ANTONIO. Nato a Palermo il 23 novembre 184 1 . Membro per elezione dal l o giugno 1894 al 3 1 maggio 1898. Ordinario di archeologia nell'Università di Pa­lermo .

SANGUINETTI APOLLO. Nato a Cairo Montenotte (Savona) il 2 ottobre 1822. Membro straordinario del Comitato per l'istruzione primaria dal 10 febbraio al settembre 1867. Deputato dalla VII alla X legislatura.

SANNIA ACHILLE. Nato a Campobasso il 22 aprile 1823. Membro straordinario del Consiglio superiore di Napoli dal 28 febbraio o 10 aprile 1861 al 1 5 ottobre 1865 . Professore di geometria descrittiva nella Scuola d'applicazione di ponti e strade in Napoli. Deputato nella XIII e XVI legislatura. Nominato senatore il 4 dicembre 1890.

SCACCHI ARCANGELO. Nato a Gravina in Puglia (Bari) il 10 febbraio 1810 . Membro del Comitato per l'istruzione universitaria dal 27 dicembre 1866 al settembre 1867. Ret­tore dell'Università di Napoli, professore di mineralogia. Nominato senatore il 20 gennaio 186 1 .

SCALORI UGO . Nato a Mantova il 25 giugno 187 1 . Membro, eletto dalla Camera dei deputa­ti, dal l o luglio 1917 al 30 giugno 192 1 . Studioso di economia. Deputato nella XXIII e XXIV legislatura. Nominato senatore il 3 ottobre 1920. Sotto­segretario nel Ministero per l'assistenza militare e le pensioni di guerra dal 19 gennaio al 23 giugno 1919.

Appendice - I membri del Consiglio superiore 305

SCAVIA GIOVANNI . Piemontese, nato nel 182 1 . Nominato membro ordinario del Consiglio su­periore di Napoli il 28 febbraio o 10 aprile 186 1 , lascia l'incarico nell'otto­bre dello stesso anno. Direttore generale per le scuole normali, magistrali e tecniche in Napoli.

SCHERILLO MICHELE. Nato a Napoli il 26 settembre 1860. Membro di proposta ministeriale dal l o luglio 1913 , lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giu­gno 1917 . Ordinario di letteratura italiana nell'Accademia scientifico-lette­raria di Milano. Nominato senatore il l o marzo 1923 .

SCHIAPARELLI GIOVANNI VIRGINIO. Nato a Savigliano (Cuneo) il l4 marzo 1835 . Membro di proposta ministeria­le (e della Giunta) dal l o giugno 1885 al 3 1 maggio 1889. Direttore dell'os­servatorio astronomico di Brera. Nominato senatore il 26 gennaio 1889.

VON SCHRON OTTO. Nato in Hof (Baviera) il 7 settembre 1837. Membro di proposta ministeriale dal l o luglio 1895 al 30 giugno 1899. Ordinario di anatomia patologica nel­l'Università di Napoli.

SCHUPFER FRANCESCO. Nato a Chioggia (Venezia) il 5 gennaio 1833 . Nominato membro per elezio­ne il 12 maggio 1881 , entra nella Giunta il 16 maggio 1884; cessa dall'uffi­cio il 20 maggio 1886. Di nuovo membro per elezione dal l9 giugno 1887 al 26 maggio 189 1 ; e ancora dal l o luglio 1892 . Il l o giugno 1894 entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1896. Riceve un ulteriore mandato, sempre di nomina elettiva, il l o giugno 1897, e il 28 giugi:w entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 190 l . Eletto ancora, per l'ultima vol­ta, dal l o giugno 1902 al 30 giugno 1906. Professore di storia del diritto nell'Università di. Roma. Nominato senatore il 17 novembre 1898.

SCIALOJA VITTORIO. Nato a Torino il 24 aprile 1856. Membro per elezione dal l o giugno 1894 al 3 1 maggio 1898; e ancora, sempre per elezione, dal l o luglio 1899 al 30 giugno 1903 . Di nuovo consigliere, di nomina elettiva, dal l o luglio 1904, dal l o luglio 1906 entra nella Giunta ed è nominato vicepresidente. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1908. Riceve un ultimo mandato, per il Consiglio e per la sua vicepresidenza, dal l o luglio 191 1 . Lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio, per dimissioni, il l o luglio 1913 . Ordinario di di­ritto romano nell' Università di Roina. Nominato senatore il 4 marzo 1904 . Ministro di grazia e giustizia e dei culti dall' 1 1 dicembre 1909 al 3 1 marzo 1910 . Ministro senza portafoglio nel ministero Boselli, dal 19 giugno 1916 al 30 ottobre 1917; poi degli affari esteri dal 26 novembre 1919 al 16 giu­gno 1920.

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306 Fonti per la storia della scuola

SCLOPIS DI SALERANO FEDERIGO . Nato a Torino il 10 gennaio 1798. Vicepresidente del Comitato per l'istru­zione universitaria dal 27 dicembre 1 866 al settembre 1 867. Presidente del­l'Accademia delle scienze di Torino. Deputato nella I legislatura. Nominato senatore il 1 0 luglio 1849. Presidente del Senato dal 25 maggio 1 863 al 24 ottobre 1864 . Ministro per gli affari ecclesiastici, di grazia e giustizia dal 16 marzo .�1 27 luglio 1 848

SCOLARI SAVERIO. Nato a Belluno il 6 marzo 183 1 . Membro di proposta ministeriale dal l o lu­glio 1 892; resta in carica fino alla morte, avvenuta il 27 dicembre 1 893 . Or­dinario di diritto costituzionale nell'Università di Roma. Deputato nella IX e XV legislatura.

SCORZA GAETANO. Nato a Morano Calabro (Cosenza) il 29 settembre 1 876. Membro del Consi­glio e della Giunta dal l o settembre 1923 a tutto il 1928. Ordinario di geo­metria analitica nell'Università di Napoli.

SECONDI RICCARDO . Nato a Casalmaiocco (Milano) il 23 ottobre 1832. Membro di proposta mini­steriale dal l o giugno 1 889 al 3 1 maggio 1 893 . Ordinario di clinica oculisti­ca nell'Università di Genova, rettore della stessa. Nominato senatore il 1 2 giugno 1 88 1 .

SELLA QUINTINO . Nato a Sella di Mosso (Biella) il 7 luglio 1 827. Dal l o gennaio 1860 è mem­bro ordinario. Si dimette nel gennaio 186 1 . Ritorna come membro straordi­nario il 23 giugno 186 1 ; si dimette il 3 marzo 1 862 perché nominato mini­stro delle finanze. Professore di geometria nell'Istituto tecnico di Torino . Deputato dalla VII alla XV legislatura. Segretario generale nel Ministero del­la pubblica istruzione dal 3 1 marzo al 23 giugno 1 86 1 . Ministro delle finan­ze dal 3 marzo all'8 dicembre 1862; dal 27 settembre 1 864 al 3 1 dicembre 1 865; dal 14 dicembre 1 869 al 10 luglio 1 873 . Dal 1 7 maggio al 5 agosto 1 872 riceve l'interim del Ministero della pubblica istruzione.

SENISE TOMMASO. Nato a Corleto Perticara (Potenza) il 2 febbraio 1 848 . Membro di proposta ministeriale dal l o luglio 1 896, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1900. Nominato di nuovo, sempre di proposta mini­steriale, dal l o giugno 1902 , il l o luglio 1903 entra nella Giunta. Dal 1 2 ot­tobre 1903 viene nominato vicepresidente. Cessa dall'ufficio e dalla vice­presidenza il 30 giugno 1906. Riceve un ultimo mandato, analogo ai prece­denti, dal l o luglio 1907. Il l o luglio 1908 entra nella Giunta. Cessa dall' in­carico il 30 giugno 1913 . Libero docente di patologia medica, propedeutica e clinica medica nell'Università di Napoli. Deputato nelle legislature XVI-XVII

Appendice - I membri del Consiglio superiore 307

e XIX-XX. Annullata la sua elezione a deputato nella XVIII legislatura. No­minato senatore il 21 novembre 190 1 .

SERAFINI ENRICO. Nato a Pavia il 25 novembre 1 863. Membro del Consiglio dal l o giugno 1 902, cessa dall'ufficio per rinuncia il l o luglio 1905 . Ordinario di diritto romano nell'Università di Modena.

SERAFINI FILIPPO. Nato a Preore, ora Ragoli (Trento), il lO aprile 1 83 1 . Nominato membro per elezione il 30 aprile 1882, entra nella Giunta il l o maggio 1883. Cessa dal­l'ufficio il 4 maggio 1884 . Nominato una seconda volta, sempre per elezio­ne, dal l o giugno 1885 , cessa dall'ufficio il 3 1 maggio 1889. Riceve un ulti­mo mandato analogo ai precedenti dal l o luglio 189 1 , e lo stesso giorno en­tra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1895. Professore di diritto romano nell'Università di Pisa. Nominato senatore il 2 1 novembre 1 892.

SERGI GIUSEPPE. Nato a Messina il 20 marzo 184 1 . Membro del Consiglio dal l o luglio 1903, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1907 . Or­dinario di antropologia nell'Università di Roma.

SEVERI FRANCESCO . Nato ad Arezzo il 1 3 aprile 1 879. Membro per elezione dal l o luglio 192 1 , lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 3 1 agosto 1923 . Or­dinario di analisi algebrica nell'Università di Roma.

SlACCI FRANCESCO. Nato a Roma il 20 aprile 1 839. Membro di proposta ministeriale dal l o lu­glio 1900, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1 904. Ordinario di meccanica razionale nell'Università di Napoli. Deputato nella XVI e XVII legislatura. Nominato senatore il l O ottobre 1892.

SIMONETTA LUIGI. Nato a Milano il l O luglio 1 86 1 . Membro di proposta ministeriale dal l o lu­glio 1906, il l o luglio 1907 entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giu­gno 19 1 1 . Nominato di nuovo, sempre di proposta ministeriale, dal l o lu­glio 1913 , lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1917 . Di nuovo membro, del Consiglio e della Giunta, dal l o settembre 1923 a tutto il 1928. Libero docente d'igiene nell'Università di Siena. Nomi­nato senatore il 18 settembre 1924 .

OLMI ARRIGO. Nato a Finale Emilia (Modena) il 27 gennaio 1 873 . Membro per elezione dal l o luglio 192 1 , lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 3 1 agosto 1923. Ordinario di storia del diritto italiano nell'Università di Pavia .

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308 Fonti per la storia della scuola

Deputato nelle legislature XXVII-XXIX, poi consigliere nazionale. Nominato senatore il 1 2 luglio 1939. Sottosegretario nel Ministero dell'educazione na­zionale dal 20 luglio 1932 al 24 gennaio 1935 . Ministro di grazia e giustizia dal 24 gennaio 1935 al 1 2 luglio 1939.

SOMIGLIANA CARLO. Nato a Como il 2 settembre 1860. Membro del Consiglio dal l o luglio 19 1 1 , lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1 9 1 5 . Or­dinario di fisica matematica nell'Università di Torino.

SPANO GIOVANNI. Nato a Ploaghe (Sassari) 1'8 marzo 1803 . Membro del Comitato per l'istru­zione universitaria dal 27 dicembre 1 866 al settembre 1867. Rettore dell'U­niversità di Sassari, professore emerito di sacra scrittura e lingue orientali. Nominato senatore il 1 5 novembre 1 87 1 , muore prima della prestazione del giuramento (Cagliari 3 aprile 1878).

SPAVENTA BERTRANDO. Nato a Bomba (Chieti) il 26 giugno 1817 . Membro ordinario del Consiglio superiore di Napoli dal 28 febbraio o 10 aprile 186 1 al 1 5 ottobre 1 865 . Il 1 5 dicembre 1 865 è nominato membro ordinario del Consiglio superiore unico in Firenze e mantiene l'incarico fino al dicembre 1 866. Il 24 novem­bre 1 867 è nominato nuovamente membro ordinario , e mantiene tale incari­co fino al 12 maggio 188 1 , allorché è nominato membro per elezione. Resta in carica fino alla morte avvenuta il 2 1 febbraio 1883. Professore di filosofia razionale nell'Università di Napoli. Deputato nella X, XI e XII legislatura. Annullata la sua elezione a deputato nell'VIII legislatura.

SPERINO CASIMIRO . Nato a Scarnafigi Ruffia (Cuneo) il 3 1 agosto 1 8 1 2 . Membro straordinario dal l ogennaio 1 860 al novembre 1 863. Professore di oculistica nell'Univer­sità di Torino. Deputato nella VII, XIII, XIV e XV legislatura. Nominato se­natore il 25 novembre 1 883.

SQUITTI BALDASSARRE. Nato a Maida (Catanzaro) il l o agosto 1 858 . Membro di proposta ministeria­le dal l o luglio 1 899, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1903. Libero docente di diritto romano e di istituzioni di diritto romano nell'Università di Napoli. Deputato nelle legislature XVII-XXIII e XXV-XXVI. Sottosegretario nel Ministero delle poste e telegrafi dal 6 agosto 190 1 all'8 novembre 1903.

STAMPINI ETTORE. Nato a Fenestrelle (Torino) il 29 maggio 1855 . Membro elettivo dal l o luglio 1904, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1908. Ordinario di letteratura latina nell'Università di Torino.

Appendice - I membri del Consiglio superiore 309

STANZIALE RODOLFO. Nato a Napoli il 15 agosto 1 866. Membro di proposta ministeriale dal l o lu­glio 1908 al 30 giugno 1 9 1 3 . Nominato di nuovo dal l o luglio 192 1 , cessa dall'ufficio il 3 1 agosto 1923. Libero docente di patologia e clinica dermosi­filopatica nell'Università di Napoli.

STOPPATO ALESSANDRO. Nato a Cavarzere (Venezia) il 3 1 dicembre 1858. Membro di proposta mini­steriale dal l o luglio 19 1 5 al 30 giugno 1919. Ordinario di diritto e procedu­ra penale nell'Università di Bologna. Deputato nelle legislature XXII-XXIV. Nominato senatore il 3 ottobre 1920.

STRUVER }OHANN. Nato a Brunswick (Germania) il 23 gennaio 1 842. Nominato membro di pro­posta ministeriale il 1 2 maggio 188 1 , il 1 3 maggio entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il l o giugno 1 885 . Di nuovo membro di proposta ministeriale dal 1 o luglio 1 895 , lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 1 899. Professore di mineralogia nell'Università di Roma.

TAMASSIA GIOVANNI. Nato a Revere (Mantova) il l o dicembre 1860. Membro per elezione dal l o dicembre 1905 al 28 febbraio 1910 . Ordinario di storia del diritto italiano nell'Università di Padova.

TARDY PLACIDO. Nato a Messina il 23 ottobre 1816 . Membro del Comitato per l'istruzione universitaria dal 27 dicembre 1 866 al settembre 1867 . Rettore dell'Universi­tà di Genova, professore di calcolo differenziale ed integrale.

TAROZZI GIUSEPPE. Nato a Torino il 24 marzo 1 866. Membro per elezione dal l o luglio 1919, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 3 1 agosto 1923 . Ordi­nario di filosofia morale nell'Università di Bologna.

TENCA CARLO . Nato a Milano il l9 ottobre 1 8 16. Membro straordinario dal l 5 ottobre 1 865 al dicembre 1 866. Nominato nuovamente membro straordinario 1'8 dicem­bre 1867, passa ad ordinario il 10 novembre 1 870. Mantiene l'incarico fino all'entrata in vigore della legge 17 febbraio 1 88 1 . Letterato. Deputato dalla VII alla XIII legislatura.

TEZA EMILIO. Nato a Venezia il 14 settembre 1 83 1 . Membro di proposta ministeriale dal 1 o giugno 1889, il 30 giugno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 3 1 mag­gio 1893 . Professore di sanscrito , lingue classiche comparate, lingue roman­ze nell'Università di Pisa.

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3 10 Fonti per la storia della scuola

Tocco FELICE. Nato a

_ Catanzaro il 12 settembre 1845 . Membro del Consiglio dal l o giugno

1 889, 11 l o ottobre entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giugno 189 1 . Ordinario di storia della filosofia nell'Istituto di studi superiore pratici e di perfezionamento di Firenze.

TOLOMEI GIAMPAOLO. Nato a Loreggia (Padova) il lO dicembre 1 8 14 . Membro di proposta ministe­riale dal l o giugno 1889 al 30 aprile 1892. Ordinario di diritto e procedura penale nell'Università di Padova. Annullata la sua elezione a deputato nella X legislatura. Nominato senatore il 4 dicembre 1890.

TOMATI CRISTOFORO. Nato a Genova il 10 settembre 1 8 10. Nominato membro ordinario dal 1 o gennaio 1860. Si dimette il 30 agosto 1 865 . Professore di anatomia nell'Uni­versità di Torino. Deputato nella VII e XIII legislatura.

TOMMASI CRUDELI CORRADO. Nato a Pieve Santo Stefano (Arezzo) il 3 febbraio 1 834. Membro straordina­rio dal 6 dicembre 1871 al 1 7 gennaio 1873, allorché si dimette. Di nuovo memb�o straordinario dal 29 agosto 1 874 all'entrata in vigore della legge 17 febbra10 188 1 . Membro di proposta ministeriale dall'8 giugno 1893 al 3 1 maggio 1897, e di nuovo dal l o giugno 1 898 fino alla morte, avvenuta il 30 maggio 1900. Professore di anatomia patologica nell'Università di Roma. Deputato nella XII e dalla XV alla XVII legislatura. Nominato senatore il 10 ottobre 1892 .

TOMMASINI 0RESTE. Nato a Roma 1'8 luglio 1844. Membro, eletto dal Senato, dal 7 aprile 1 9 1 1 all'aprile 1916 . Storico . Nominato senatore il 4 marzo 1905.

TONELLO MICHELANGELO . Nato a San Secondo (Torino) il 29 maggio 1 800. Membro straordinario dal 17 dicembre 1 85 1 alla fine del 1854. Professore di legge nell'Università di Torino e consigliere di Stato . Deputato nella I, VII e VIII legislatura. Nomi­nato senatore il 12 marzo 1868.

TORRACA FRANCESCO . Nato a Pietrapertosa (Potenza) il 1 8 febbraio 1 8 5 3 . Membro di proposta mi­nisteriale dal l o luglio 1907, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dal­l'ufficio il 30 giugno 191 1 . Nominato di nuovo sempre di proposta ministe­riale, nel Consiglio e nella Giunta, dal l o luglio 1917 al 30 giugno 192 1 . Or­dinario di letteratura italiana nell'Università di Napoli. Nominato senatore il 3 ottobre 1920.

ToRRE ANDREA. Nato a Torchiara (Salerno) il 5 aprile 1 866. Membro, eletto dalla Camera dei

Appendice - I membri del Consiglio superio1·e 3 1 1

deputati, dal l o marzo 1910 al 30 giugno 1 9 1 3 . Giornalista. Deputato nelle legislature XXIII-XXVII. Nominato senatore il 24 gennaio 1929. Ministro della pubblica istruzione dal 14 marzo al 16 giugno 1920.

TORRIGIANI FILIPPO. Nato a Firenze il 19 marzo 185 1 . Membro, eletto dal Senato, dal l o marzo 1910 al 30 giugno 191 1 . Di nuovo consigliere dal l o luglio 1 9 1 3 al 30 giu­gno 1917 e dal l o luglio 1 9 1 9 al 3 1 agosto 1923 , sempre in rappresentanza del Senato. Membro del Consiglio direttivo dell'Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze. Deputato nelle legislature XV-XXII. Nominato senatore il 4 aprile 1909.

TRAMBUSTI ARNALDO. Nato a Campiglia Marittima (allora in provincia di Pisa, ora di Livorno) il 3 febbraio 1863. Membro per elezione dal l o luglio 1917 al 30 giugno 192 1 . Confermato dal l o luglio 192 1 , entra lo stesso giorno nella Giunta. Cessa dall'ufficio il lO febbraio 1926. Ordinario di patologia generale nell'Univer­sità di Genova.

TRINCHESE SALVATORE. Nato a Martano (Lecce) il 4 aprile 1836. Nominato membro per elezione il 19 giugno 1887, il 1 5 luglio entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giu­gno 1 89 1 . Nominato membro di proposta ministeriale il l o giugno 1893, lo stesso giorno entra nella Giunta. Resta in carica fino alla morte avvenuta l' 1 1 febbraio 1 897. Professore di anatomia e fisiologia comparata nell'Uni­versità di Napoli.

TURAZZA DOMENICO. Nato a Malcesine (Verona) il 30 luglio 1 8 1 3 . Membro del Comitato per l'i­struzione universitaria dal 27 dicembre 1 866 al settembre 1 867. Preside del­l'Istituto di scienze, lettere ed arti di Venezia, professore di matematica nel­l'Università di Padova. Nominato senatore il 4 dicembre 1890.

UGDULENA GREGORIO. Nato a Termini Imerese (Palermo) il 20 aprile 1 8 1 5 . Nominato membro straordinario il 6 novembre 1 864, passa ad ordinario il 1 5 ottobre 1865 . Cessa dall'ufficio nel dicembre 1 866. Professore di scrittura sacra e lingua ebraica nell'Università di P�lermo. Deputato nelle legislature VIII e XI. An­nullata la sua elezione a deputato nella X legislatura.

VACCÀ LillGI. Nato a Massa Carrara il 20 agosto 1814 . Membro del Comitato per l'istruzio­ne universitaria dal 27 dicembre 1 866 al settembre 1867. Rettore dell'Uni­versità di Modena, professore di materia medica e terapeutica.

VACHINO GIOVANNI FRANCESCO. Nato a Settimo Rottaro (Torino) il 12 aprile 1798. Membro straordinario dal

.........

3 1 2 Fonti per la storia della scuola

30 ottobre 1848 al 17 dicembre 185 1 , e dal 25 agosto 1860 al dicembre 1866. Professore di legge nell'Università di Torino. Annullata la sua elezio­ne a deputato nella I legislatura.

VALLAURI TOMMASO. Nato a Chiusa di Pesio (Cuneo) il 25 gennaio 1805 . Nominato membro di proposta ministeriale il l o maggio 1883, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 19 giugno 1887. Professore di letteratura latina nell'Uni­versità di Torino. Deputato nella VI legislatura. Nominato senatore il 16 no­vembre 1882 .

VALLI EUGENIO. Nato a Stienta (Rovigo) il l7 giugno 1853 . Membro, eletto dalla Camera dei deputati, dal l o marzo 1910 al 30 giugno 19 1 1 . Di nuovo consigliere, sem­pre in rappresentanza della Camera, dal l o luglio 1913 . Cessa dall'ufficio, per dimissioni, il 13 novembre 1914 . Avvocato . Deputato nelle legislature XVII-XXIII. Nominato senatore il 16 ottobre 1 9 1 3 .

VALVASSORI PERONI ANGELO. Nato a Carpiano (Milano) il 6 aprile 1870. Membro, eletto dalla Camera dei deputati, dal l o luglio 1917 al 30 giugno 192 1 . Avvocato. Deputato nella XXIII e XXIV legislatura. Nominato senatore il 3 ottobre 1920. Sottosegreta­rio nel Ministero degli affari esteri dal 27 agosto 192 1 al 26 febbraio 1922. ·

VIDARI ERCOLE. Nato a Pavia il 22 dicembre 1836. Membro per elezione dal l o giugno 1890 al 3 1 maggio 1 894. Ordinario di diritto commerciale nell'Università di Pa­via. Nominato senatore il 4 marzo 1904 .

VIGNALI GIOVANNI. Nato a Napoli. Membro ordinario del Consiglio superiore di Napoli dal 28 febbraio o 10 aprile 186 1 al 1 5 ottobre 1865 . Membro del Consiglio ammi­nistrativo di Napoli.

VILLAR! PASQUALE. Nato a Napoli il 3 ottobre 1827. Nominato membro ordinario il 1 5 ottobre 1865; il 30 dicembre 1866 entra nel Comitato per l'istruzione secondaria come membro straordinario. Il 20 ottobre 1867 è nominato membro ordi­nario del ricostituito Consiglio e resta in carica fino all'entrata in vigore del­la legge 17 febbraio 188 1 . Nominato membro per elezione il 19 marzo 1882, entra nella Giunta il 16 maggio 1884. Cessa dall'ufficio il l o giugno 1885 . Riceve un secondo mandato, sempre per elezione, il 20 maggio 1886 ed entra nella Giunta (27 maggio). Il l o giugno 1889 viene nominato vice­presidente. Cessa dall'ufficio il 3 1 maggio 1890. Nominato su proposta mi­nisteriale il l o luglio 1892, entra lo stesso giorno nella Giunta (ove resta fi­no al l o dicembre 1894, quando rinuncia all'incarico). Cessa dall'ufficio il

Appendice - I membri del Consiglio superiore 3 1 3

30 giugno 1896. D i nuovo consigliere, sempre per elezione, dal l o giugno 1898, entra lo stesso giorno nella Giunta ed è nominato vicepresidente . Ces­sa dall'ufficio il 3 1 maggio 1902. Professore di storia d'Italia nell'Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze. Deputato nella XI, XII, XIV legislatura. Annullata la sua elezione a deputato nella X legislatura. Nominato senatore il 26 novembre 1884. Segretario generale nel Ministero della pubblica istruzione dal 16 maggio al 10 dicembre 1869 e dal 1 5 gen­naio al 17 marzo 1870. Ministro nello stesso dicastero dal 9 febbraio 1891 al 1 5 maggio 1892.

VINCIGUERRA DECIO. Nato a Genova il 23 maggio 1856. Membro di proposta ministeriale dal l o luglio 190 1 , lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giu­gno 1905 . Libero docente di zoologia nell'Univeristà di Roma.

VIOLA GIACINTO. Nato a Carignano (Torino) il 20 marzo 1870. Membro del Consiglio dal l o settembre 1923 al 10 febbraio 1926. Ordinario di clinica medica nell'Uni­versità di Bologna. Nominato senatore il 2 marzo 1929.

VITELLI GIROLAMO. Nato a Santa Croce del Sannio (Benevento) il 28 luglio 1849. Membro di proposta ministeriale dal l o ottobre 1889 al 30 giugno 189 1 . Nominato di nuovo, per elezione, dal l o luglio 1896, lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giungo 1900. Ordinario di lingua greca e latina, e di letteratura greca, nell' Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze. Nominato senatore il 3 ottobre 1920.

VOLPE GIOACCHINO . Nato a Paganica (L'Aquila) il 16 febbraio 1876. Membro del Consiglio dal 23 novembre 1922 a tutto il 1928. Ordinario di storia moderna nell'Accademia scientifico-letteraria di Milano. Deputato nella XXVII legislatura.

ZANICHELLI DOMENICO. Nato a Modena nel 1858. Membro di proposta ministeriale dal l o luglio 1907, lo stesso giorno entra nella Giunta. Resta in carica fino alla morte av­venuta il 30 luglio 1908 . Ordinario di diritto costituzionale nell'Università di Pisa.

ZUCCANTE GIUSEPPE. Nato a Grancona (Vicenza) 1'8 gennaio 1857. Membro del Consiglio dal l o luglio 191 1 , lo stesso giorno entra nella Giunta. Cessa dall'ufficio il 30 giu­gno 1 9 1 5 . Nominato di nuovo, per elezione, dal l o luglio 1917 al 30 giugno 192 1 . Ordinario di storia della filosofia nell'Accademia scientifico-letteraria di Milano .

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3 14 Fonti per la storia della scuola

ZUMBINI BONAVENTURA. Nato a Pietrafitta (Cosenza) il lO maggio 1 836. Nominato membro di propo­sta ministeriale il 20 maggio 1 886, entra nella Giunta (27 maggio); cessa dal­l'ufficio il 3 1 maggio 1 890. Eletto dal Senato il 7 aprile 19 1 1 , si dimette il 4 giugno 1912 . 11 12 giugno 1912 è eletto nuovamente dal Senato. Resta in ca­rica fino alla morte, avvenuta nel 1916 . Professore di letteratura italiana nel­l'Università di Napoli. Nominato senatore il 4 marzo 1905 .

ZURRIA GIUSEPPE. Nato a Catania il 25 febbraio 1810 . Membro del Comitato per l'istruzione universitaria dal 27 dicembre 1866 al settembre 1867 . Rettore dell'Universi­tà di Catania, professore di calcolo differenziale ed integrale.

I VICEPRESIDENTI DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE DALL'ORI­GINE AL 1928.

Plana Giovanni Antonio Amedeo (30 ottobre 1 848-3 gennaio 1858)

Moris Giuseppe (3 gennaio 1858 - 17 luglio 1 861)

N .N. (17 luglio 1 86 1 - 6 novembre 1864)

Matteucci Carlo (6 novembre 1864 - 26 dicembre 1 866; 20 ottobre 1 867 -1 8 marzo 1868)

Mamiani della Rovere Terenzio (7 luglio 1 868 - 4 maggio 1884)

Brioschi Francesco (4 maggio 1884 - 1 1 giugno 1885)

Betti Enrico (14 luglio 1 885 - 20 maggio 1 886)

Messedaglia Angelo ( 27 maggio 1886 - 30 aprile 1888)

Cremona Luigi (l o maggio 1888 - 3 1 maggio 1 889)

Villari Pasquale (l o giugno 1889 - 3 1 maggio 1 890)

Cremona Luigi (l o giugno 1890 - 3 1 maggio 1 894)

Bargoni Angelo (l o giugno 1894 - 3 1 maggio 1 898)

Villari Pasquale (l o giugno 1898 - 3 1 maggio 1902)

Cannizzaro Stanislao (l o luglio 1902 - 12 ottobre 1903)

Senise Tommaso (12 ottobre 1903 - 30 giugno 1906)

Scialoja Vittorio (l o luglio 1906 - 30 giugno 1908)

Dini Ulisse (l o luglio 1908 - 30 giugno 19 1 1)

Appendice - I membri del Consiglio superiore

Scialoja Vittorio (l o luglio 19 1 1 - l o luglio 1913)

Fusinato Guido (l o luglio 1 9 1 3 - 23 settembre 19 14)

Borrasi Adeodato (15 ottobre 1914 - 30 giugno 1 9 1 5)

Dini Ulisse (l o luglio 1 9 1 5 - 30 giugno 1917)

Credaro Luigi (l o luglio 1 9 17 - 3 1 agosto 1923)

Casati Alessandro (l o settembre 1923 - 30 giugno 1924)

Brondi Vittorio (l o luglio 1924 - 10 febbraio 1926)

Gentile Giovanni (15 febbraio 1926 - 3 1 dicembre 1928)

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UJ N VI

II. LEGGI E DECRETI SUL CONSIGLIO SUPERIORE

Vengono indicate, nell'unito elenco, le disposizioni normative che più direttamente riguardano e coinvolgono il Consiglio superiore della pubblica istruzione, dalla sua costituzione nel 1847 a tutto il 1 928.

Si è tenuto altresì conto, in quest'elencazione, dei provvedimenti riguar­danti i Consigli superiori (poi sezioni staccate) di Napoli e Palermo, nel bre­ve lasso di tempo della loro esistenza, dal 1 860- '61 al 1865 .

Rr. 11. pp. 30 nov. 1 847, n. 652 , con le quali si crea un apposito Dicastero per la suprema direzione degli studi col titolo di Regia Segreteria di Stato per l 'istruzione pubblica, abolendo così il Magistrato ed i Consigli di rifor­ma, la Deputazione agli studi di Genova ed i Magistrati sopra gli studi dell'I­sola di Sardegna.

R. brevetto 27 dic. 1847, n. 662 , col quale sono chiamati a far parte del Consiglio superiore di pubblica istruzione i cavalieri Amedeo Peyron, Felice Re, Ignazio Giulio e Luigi Provana del Sabbione; si conferiscono loro il gra­do e le onorificenze di consiglieri regi; si determinano in modo provvisorio le attribuzioni del Consiglio medesimo, quelle del segretario dell'Università, dell'ufficio del censore, degli attuali Riformatori e Delegati della riforma, dei capi dei già Consigli di riforma di Chambéry e di Nizza; e si stabilisce quale debba essere l 'indirizzo della corrispondenza relativa alle Università, alle Scuole, ed al Protomedicato .

L . 4 ott. 1848, n. 8 1 8, di riordino dell 'amministrazione della pubblica istru­zione nel Regno.

L. 22 giu . 1857, n. 2328, di riordino dell'amministrazione della pubblica istruzione nel Regno .

R.d. 30 giu. 1 857, n. 2329, che approva il regolamento per il Consiglio su­periore di pubblica istruzione, per il Consultore legale, per gli Ispettori ge­nerali e per gli Ispettori delle scuole secondarie.

L. 1 3 nov. 1 859, n. 3725, sull'amministrazione della pubblica istruzione nel Regno .

R.d. 23 dic. 1859, n. 3807, che approva il regolamento per l'amministrazio­ne centrale e locale dell'istruzione pubblica nel Regno.

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328 Fonti per la storia della scuola

D. prodittatoriale 17 ott. 1860, n. 263 , con il quale si adotta in Sicilia con talune modificazioni la legge sulla istruzione pubblica promulgata in Torino il 1 3 novembre 1859.

D.lgt. 16 feb. 186 1 , n. 208, contenente provvedimenti organici sul Consi­glio superiore di pubblica istruzione nelle provincie meridionali.

R.d. 25 lug. 186 1 , n. 124, col quale è soppressa la Segreteria generale della pubblica istruzione in Napoli.

R.d. 12 set. 186 1 , n. 242 , per la corrispondenza diretta delle autorità prepo­ste alla pubblica istruzione nelle province siciliane col governo centrale.

R.d. 6 feb. 1862, n. 454, che determina le attribuzioni del governo centrale circa la pubblica istruzione in Sicilia, ed i suoi rapporti colle autorità locali.

R.d. 1 o set. 1865, n. 2495 , col quale sono chiamate alla sede del governo in Firenze le tre sezioni del Consiglio superiore di pubblica istruzione, che at­tualmente siedono in Napoli, Palermo e Torino.

D .m. 2 1 nov. 1865 , n. 2689, che approva un nuovo regolamento per il Con­siglio superiore della pubblica istruzione.

R.d. 6 dic . 1866, n. 3382, concernente il nuovo ordinamento della Ammini­strazione centrale della pubblica istruzione, e degli uffici dipendenti.

R.d. 22 set. 1867, n. 3956, che approva l'ordinamento dell'amministrazione della pubblica istruzione.

R.d. 20 ott. 1867, n. 4008, che approva i regolamenti del Consiglio superio­re di pubblica istruzione, del Provveditorato centrale per gli studi secondari e primari, e dell'Amministrazione provinciale scolastica.

R.d. 29 nov. 1874, n. 2299, col quale è approvato il regolamento del Consi­glio superiore di pubblica istruzione.

R.d. 10 dic. 1874, n. 2300, col quale è approvato il regolamento per l'eser­cizio delle attribuzioni disciplinari del Consiglio superiore di pubblica istru­zione.

L. 17 feb. 188 1 , n. 5 1 , che modifica l'altra legge del 13 novembre 1 859 con­cernente il Consiglio superiore della pubblica istruzione.

R.d. 10 mar. 188 1 , n. 87, col quale sono approvate le norme per l'esecuzio­ne della legge 17 febbraio 188 1 , numero 5 1 , relative al Consiglio superiore di pubblica istruzione.

R.d. 3 apr. 188 1 , n. 159, che abroga alcuni regolamenti e disposizioni con­cernenti il Consiglio superiore di pubblica istruzione.

Appendice - Leggi e decreti 329

R.d. 12 mag. 188 1 , n. 238, che stabilisce la retribuzione annua assegnata ai membri del Consiglio superiore di pubblica istruzione.

R.d. 9 giu. 188 1 , n. 259, concernente le indennità da corrispondersi ai membri del Consiglio superiore di pubblica istruzione.

R.d. 2 gen. 1882, n. 659, che approva il regolamento per il Consiglio supe­riore di pubblica istruzione.

R.d. 9 apr. 1899, n. 163, col quale si approvano alcune modificazioni ed ag­giunte al regolamento per il Consiglio superiore di pubblica istruzione.

R.d. 12 nov. 1899, n. 4 1 3 , portante la sostituzione dell'art. 3 del r. d. 9 apr. 1899, n. 163, relativo al Consiglio superiore di pubblica istruzione.

R.d. 3 1 dic . 1905, n. 65 3 , che approva il regolamento per il Consiglio supe­riore di pubblica istruzione.

L. 8 apr. 1906, n. 141 , sullo stato giuridico degl'insegnanti delle scuole me­die, regie e pareggiate.

R.d. 3 ago. 1908, n. 623, che approva il regolamento per l' esecuzione delle leggi sullo stato giuridico degli insegnanti delle scuole medie regie e pareg­giate e sugli stipendi e sulla carriera del personale delle scuole medie gover­native.

L. 19 lug. 1 909, n. 496, che stabilisce provvedimenti per la istruzione supe­riore.

R.d. 20 ago . 1 909, n. 686, che approva il regolamento sul Consiglio supe­riore della pubblica istruzione.

R.d. 9 ago. 1910 , n. 795 , che approva il testo unico delle leggi sull'istruzio­ne superiore.

R.d. 5 feb. 191 1 , n. 129, che riguarda le indennità dovute ai professori di università e d'istituti e ai membri del Consiglio superiore di pubblica istru­zione chiamati a far parte di commissioni giudicatrici.

R.d. 4 mag. 191 1 , n. 424, che approva il regolamento per il Consiglio supe­riore della pubblica istruzione.

L. 4 giu . 1 9 1 1 , n. 487, riguardante provvedimenti per la istruzione elemen­tare e popolare.

R.d. 25 set. 1 9 1 1 , n. 1 142 , che approva le norme concernenti la sezione per l'istruzione primaria e popolare, istituita nella Giunta del consiglio superio­re della pubblica istruzione.

330 Fonti per la storia della scuola

R.d. 1 1 gen. 1912 , n. 166, contenente disposizioni circa determinate ind�n­nità e gettoni di presenza ai membri del Consiglio superiore della pubblica istruzione.

R.d . 24 ott. 1912 , n. 1 1 86, concernente i gettoni di presenza a favore dei membri del Consiglio superiore della pubblica istruzione.

R. d. 1 1 feb. 1 9 1 5 , n. 159, che modifica l'articolo 25 del regolamento appro­vato con r .d. 4 mag. 191 1 , n. 424, sul Consiglio superiore della pubblica istruzione.

D . l .lgt. 18 nov. 1915 , n. 1625, che stabilisce economie nelle spese delle va­rie amministrazioni dello Stato .

D . lgt. 3 1 dic. 1 9 1 5 , n. 1957, che apporta modificazioni al regolamento del Consiglio superiore della pubblica istruzione, approvato con r .d. 4 mag. 191 1 , n. 424.

D .lgt. 31 dic. 1 9 1 5 , n. 1958, che apporta modificazioni al testo unico delle leggi sull'istruzione superiore, approvato con r .d . 9 ago . 1910 , n. 795 .

D .l .lgt. 5 gen. 1919, n. 82, che istituisce nella Giu�ta ?�l Consigli? su.perio�

re della pubblica istruzione una sezione per le relazwm mtellettuall co1 Paes1 esteri, determinandone la composizione e le attribuzioni.

D .l .lgt. 1 3 apr . 1919, n. 610 , che modifica l'ordinamento e il f�nzioname�:­to del Consiglio superiore della pubblica istruzione e della sezwne per l i­struzione media costituita in seno al Consiglio medesimo .

D .lgt. 29 giu. 1919, n. 1 1 17, che approva il regol�mento �er l'applica�ione del d.lgt. 5 gen. 1919, n. 82, circa l' istituzione d1 una sez1�ne

.n_ella Gmnt�

del Consiglio superiore della pubblica istruzione per le relazwm mtellettuall con i Paesi esteri.

D . lgt. 29 giu . 1919, n. 1 1 1 8, che approva il regolamento per l'ap?licazione dell'art. 1 del d.l . lgt. 13 apr . 1919, n. 610, relativamente alla nomma od ele­zione dei membri del Consiglio superiore della pubblica istruzione e della sezione per l' istruzione media.

R.d. 27 lug. 1919, n. 1798, che proroga il termine di decadenza dalla carica dei membri del Consiglio superiore della pubblica istruzione e del rappre­sentante dei capi di istituto e degli insegnanti delle scuole pareggiate nella sezione della Giunta per l'istruzione media.

R.d . 6 ott. 1919, n. 2 175 , che modifica il regolamento 3 1 dic. 1 9 1 5 , �L 19 57, relativamente alle indennità spettanti al vicepresidente �el

. Consiglw

superiore della pubblica istruzione, nonché ai membri del Cons1gl10 stesso e della Giunta.

Appendice - Leggi e decreti 331

R. d . 7 nov. 1920, n. 1683 , che detta l e norme per il pagamento dei gettoni, delle indennità e delle diarie ai membri del Consiglio superiore della pubbli­ca istruzione e della Giunta e sezioni di Giunta di detto Consiglio .

R .d .l . 5 dic . 1920, n. 1929, che abroga il d.lgt. 5 gen. 1919, n. 82 , relativa­mente alla istituzione nella Giunta del Consiglio superiore della pubblica istruzione di una sezione per le relazioni intellettuali coi paesi esteri.

R.d. 12 dic. 1920, n. 1910, che abroga quello 6 ott. 1919, n. 2 175, e modifi­ca il d.lgt. 3 1 dic. 1915 , n. 1957, relativamente alle indennità spettanti ai membri del Consiglio superiore della pubblica istruzione e della Giunta del Consiglio stesso.

R .d . 20 mar. 192 1 , n. 580, concernente le retribuzioni per i corsi di eserci­tazioni presso le regie Università e gli Istituti di istruzione superiore, agli in­segnanti membri del Consiglio superiore della pubblica istruzione, della Giunta del Consiglio e delle sezioni della Giunta stessa, nonché agli inse­gnanti assenti dalla sede del rispettivo Istituto per incarichi speciali loro affi­dati dal governo.

R. d . 16 nov. 1922, n. 1736, che modifica il 2 o comma dell'art. 1 1 del rego­lamento per il Consiglio superiore di pubblica istruzione approvato con r .d . 4 mag. 191 1 , n. 424.

R.d . 16 lug. 1923 , n. 175 3 , concernente ordinamento e attribuzioni del Mi­nistero della pubblica istruzione e dei suoi corpi consultivi.

R.d.l . 4 feb. 1926, n. 1 19, contenente disposizioni sul Consiglio superiore della pubblica istruzione ed altri provvedimenti sulla istruzione superiore.

R .d .l . 27 ott. 1926, n. 1933, contenente disposizioni concernenti l' istruzio­ne superiore.

L. 9 dic. 1926, n. 2230. Conversione in legge del r. d.l. 4 feb. 1926, n. 1 19, contenente disposizioni sul Consiglio superiore della pubblica istruzione ed altri provvedimenti sull'istruzione superiore.

R .d . 3 1 mar. 1927, n. 742 , concernente l'approvazione del regolamento per il Consiglio superiore della pubblica istruzione.

R .d . 29 nov. 1928, n. 275 1 , contenente disposizioni concernenti il Consi­glio superiore della pubblica istruzione ed il Consiglio superiore delle anti­chità e belle arti.

R.d. 31 dic . 1928, n. 3216, concernente l 'approvazione del regolamento per il Consiglio superiore della pubblica istruzione e per il Consiglio superiore delle- antichità e belle arti.

INDICE DEI NOMI

Acciarito Pietro, 249n Albanese Enrico, 258, 3 16 Albertoni Pietro, 258, 3 16 Albertotti Giuseppe, 258, 3 16 Albini Pietro Luigi, 177n, 1 80 e n,

1 8 1 , 258, 3 16 Aleardi Aleardo, 1 84n, 1 88n, 189n,

19 1n, 196n, 2 1 0n, 228n, 230n, 233 e n, 246n, 258, 3 16

Alessandri Roberto, 1 35n, 259, 3 1 6 Alessio Giulio, 2 1 n Allegrina, 25 1 Amari Emerico, 259, 3 1 6 Amari Michele, 33 , 34, 145n, 148n,

149, 1 52n, 1 5 3 , 1 83n, 184n, 185 , 186, 187, 188, 189n, 190, 19 1 n, 192 e n, 194, 196n, 2 1 0n, 2 14n, 2 19n, 228n, 246n, 259, 3 16

Ambrosoli Luigi, 30n Anile Antonino, 1 35n Antonelli Giovanni, l 08n, 1 1 1 ,

1 19n, 154n, 160n, 167n, 259, 3 1 6

Appendini, 234, 244, 245 Aquarone Alberto, 28n Arcoleo Giorgio, 35, 108n, 1 19n,

259, 3 16 Are Giuseppe, 1 8n Aristotele, 63 Armanni Luciano, 259, 3 1 6 Armissoglio, 234, 244, 245 Ascoli Graziadio Isaia, 145n, 148n,

152n, 153 , 1 54n, 160n, 163, 164, 165 , 167 e n, 259, 316

Avogadro di Quaregna Amedeo, 260, 3 16

Baccelli Guido, 26 e n, 33n, 38, 39, 46, 47, 49n

Balboni Enzo, l ln Baldacchini Gargano Michele, 260,

3 1 6 Banti Angelo, 108n, 1 19n, 260, 3 16 Barberis Giuseppe, 34, 140n, 1 4 1 ,

142 e n, 145n, 148n, 1 5 1 , 152n, 260, 3 16

Bardelli Giuseppe, 154n, 1 56, 1 60n, 165 , 167 e n, 177, 197n, 203 , 260, 3 16

Bargagno Matteo, 245 Bargoni Angelo, 48, 49 e n, 1 54n,

157, 160n, 1 66, 167 e n, 230n, 239n, 248n, 250 e n, 254, 260, 3 14 , 3 16

Barilli Giuseppe (pseud. Filopanti Quirico), 2 1 0n, 2 1 3n, 2 14 , 219

Barone Francesco, 246 Bartolotta Francesco, 258 Barucchi Francesco, 26 1 , 3 1 6 Barzelletti Giacomo, 26 1 , 3 16 Bassini Edoardo, 261 , 3 16 Battaglini Giuseppe, 26 1 , 3 1 6 Battelli Angelo, 261 , 3 1 6 Bedendo Emilio, 252n Bellavitis Giusto, 26 1 , 3 16 Belluigi Arnaldo, 54n Beltrami Eugenio, 1 54n, 160n,

1 67n, 26 1 , 3 1 6

•W·-

334 Fonti per la storia della scuola

Berardi Roberto, 14n Berruti Secondo, 90n, 180n, 26 1 ,

3 1 6 Bertagna Emilio, 250n Berti Domenico, 17, 18 e n, 32, 33 ,

34n, 43, 92n, 192n, 194, 195 , 257, 261 , 316

Bertini Bernardino, 262, 316 Bertini Giovanni Maria, 157 e n ,

168n, 1 8 1 , 262 , 316 Bertoldi Giuseppe, 33n, 145n, 148n,

149, 152n, 183n, 188n, 189n, 19 1n, 196n, 2 10n, 228n, 230n, 233 e n, 234, 235 , 246 e n, 248, 262, 3 16

Betti Enrico, 33 , 183n, 188n, 189n, 191n, 196n, 2 10n, 228n, 230n, 233 e n, 234, 235 , 246 e n, 248, 262, 3 14, 316

Bianchi Francesco, 262, 316 Bianchi Leonardo, 22n, 263, 316 Bianchi Luigi, 263 , 316 Bianchi Nicomede, 263, 3 1 6 Bizio Giovanni, 90, 99, 100, 10 1 ,

104, 105 , 106, 107 Bizzozero Carlo, 263, 316 Bizzozero Giulio, 263, 3 16 Blaserna Pietro, 145n, 148n, 149,

152n, 263, 3 1 6 Boccardo Gerolamo, 34, 64 e n ,

148n, 1 5 1 , 152n, 1 54n, 155 , 1 56, 160n, 161 , 162, 166, 167n, 197n, 202, 204, 205, 206, 248n, 249, 250 e n, 252, 253 , 254, 263 , 316

Bocci Balduino, 124n, 127 , 129, 1 30, 132n, 264 , 316

Bocconi Luigi, 129 Bolasco Francesco, 196, 197 Bona Bartolomeo, 264, 317 Bonacossa Giovanni Stefano, 152n,

177n, 180n, 264, 317 Bonasi Adeodato, 264, 3 1 5 , 317

Bo n Compagni di Mombello Carlo, 14, 17 , 32 , 38, 40, 64, 67, 72, 285, 298, 300

Bonetta Gaetano, 23n Bonfante Pietro, 264, 3 17 Bonghi Ruggero , 1 8 , 33 , 34 , 4 3 ,

4 5 e n , 48, 90n, 1 1 1 , 164, 1 7 1 , 183n, 184n, 186, 187, 188n, 189n, 192n, 195 , 196n, 2 1 0n, 228n, 264, 3 1 7

Borrino Gian Giacomo, 265, 317 Borsarelli Pietro Antonio, 246 Boselli Paolo, 145n, 156 e n Bosi Federico, 2 10n, 225 Bottai Giuseppe, 20 Bottazzi Filippo, 265, 3 17 Botto Giuseppe Domenico, 180n,

265 , 3 17 Bo vi o Giovanni, 265, 3 17 Braggiani (studente), 234, 245 Brini Giuseppe, 265 , 3 1 7 Brioschi Francesco, 33 , 34, 90 e n,

9 1 , 92, 93, 108, 140n, 14 1 , 142 e n, 145 e n, 148 e n, 150, 1 5 1 , 1 52n, 188n, 189n, 192n, 196n, 2 10n, 2 1 9n, 228n, 230n, 2 3 1 , 232, 233n, 235 , 246 e n , 248 e n, 249, 250n, 253 , 254, 265 , 3 14, 3 1 7

Broglio Emilio, 2 10n, 2 3 0 e n , 239 Brondi Vittorio, 266, 3 1 5 , 317 Bruno Lorenzo, 94, 99n, 266, 3 17 Brusa Emilio, 1 54n, 160n, 167n, -

266, 3 17 Bufalini Maurizio, 183n, 2 10n,

230n, 233n, 246n, 266, 3 17 Buniva Giuseppe, 236, 238n, 246 Bunsen Robert Wilhelm von, l 00 e n Buonazia Girolamo, 145n, 148n,

266, 3 1 7 Burci Enrico, 266, 317 Burresi Pietro, 192n, 196n, 266,

317

Indice dei nomi 335

Cabella Cesare, 140n, 142n, 267, 317

Cabizza Giovanni, 25 1 Cacopardo Salvatore, 267, 3 17 Cairola Giovanni, 238 Cairoli Benedetto, 46 Caldesi Vincenzo, 2 1 3n, 2 14 , 2 1 9 Calisse Carlo, 267, 3 1 7 Callamaro Antonio, 267 , 3 1 7 Camerano Lorenzo, 108n, 1 19n,

267, 3 17 Ca�arota Gaetano, 1 54n, 160n,

165, 166, 167n, 197n, 202, 204, 248n, 250n, 267, 3 17

Canalis Pietro, 267 , 3 17 Canavati Mario, 108n, 1 19n, 267,

317 Canavero Alfredo, 1 1 n Caneda Valerico, 94 Canestri Giorgio, 13n Canevazzi Silvio, 124n, 132n, 267,

317 Cannizzaro Stanislao, 32n, 33 , 90,

9 1 , 93 , 95, 96, 97, 98, 100, 10 1 , 103, 104, 105 , 106, 107, 108 e n, 154n, 156, 157, 160 e n, 162 , 164, 165 , 167 e n, 184n, 186, 188n, 189n, 19 1n, 268 e n, 3 14, 317

Cantani Arnaldo, 268, 3 1 7 Cantoni Carlo, 22n, 160, 197n, 200,

205 , 268, 3 17 Cantoni Giovanni, 33, 184n, 188n,

189n, 191n, 192n, 196n, 268, 317

Cantù Cesare, 192 Capaldo Luigi, 124n, 132n, 269,

317 Capecelatro Alfonso, 269, 3 1 7 Capellina Domenico, 269, 3 17 Cappelli Emidio, 269 , 317 Capuano Luigi, 269, 3 17 Caracciolo Alberto, 1 1 e n, 1 5n, 17n

Carcano Giulio, 2 1 0n, 2 1 5n, 228n, 230n, 233 , 269, 317

Cardani Pietro, 2 1n Cardarelli Antonio, 269, 3 1 7 Carducci Giosuè, 2 10 e n , 2 1 3n,

2 16, 217 e n, 2 19, 223, 224, 225 , 227, 228, 270, 317

Cade Giuseppe, 197n, 270, 3 1 7 Carlo Alberto, re di Sardegna, 38 Carrara Francesco, 270, 318 Caruso Girolamo, 108n, 1 19n, 270,

3 1 8 Casaglia Averardo, 142, 144 Casana Severino, 270, 3 18 Casati Alessandro, 54, 270, 3 1 5 , 3 18 Casati Gabrio, 7, 12n, 13 e n, 14 e n,

16 e n, 17 , 18, 19, 27n, 29, 33 , 38, 40, 4 1 , 42, 43 , 47, 5 3 , 62, 63, 64, 66, 67, 68, 69, 71 , 72, 76, 80, 81, 82, 84, 109, 1 10 , 1 1 3, 1 8 1 , 186, 2 10n

Casini Tommaso, 250 Cassese Sabino, 20n Cavasola Giannetta, 27 Cedinovi (studente), 25 1 Ceneri Giuseppe, 2 1 0 e n, 2 1 3n,

2 1 5 , 2 16, 2 17 e n, 2 1 8, 2 1 9, 220, 221 e n, 222, 223, 228

Cerruti Valentino, 108n, 1 1 2 , 1 19n, 197n, 27 1 , 3 1 8

Cervello Vincenzo, 124n, 132n, 133 , 271 , 318

Cesano Gaspare, 271 , 3 1 8 Cesareo Giovanni Alfredo, 135n,

271 , 3 1 8 Chiantore Michele, 240, 244 Chiappero Franco, 90, 93 , 102, 104,

105 , 106, 107 Chiasso Giorgio, 30n Chiovenda Giuseppe, 271 , 3 1 8 Chitoni Giampietro 108n 1 1 1

1 1 2 , 1 14 , 1 19n, L�O, 27 1 ,,3 1 8

,

Ciampi Gabriella, 1 1n, 1 5n, 18n, 19n, 3Jn, 38n, 39n, 180n

3 3 6 Fonti per la storia della scuola

Cibrario Luigi, 1 6n Ciccarone Francesco, 2 1n Ciccotti Ettore, 27n Cipriani Pietro, 90n, 9 2 ,

1 89n, 2 1 On, 228n, 233n, 27 1 , 3 1 8

188n, 246n,

Cirmeni Benedetto, 1 24n, 1 2 8 , 129 , 1 3 1 , 1 3 2n, 1 3 3 , 2 7 1 , 3 1 8

Ciuffelli Augusto, 272, 3 1 8 Civinini Giuseppe, 2 34n Cocchia Enrico, 1 08n, 109, 1 1 3 ,

1 14 , 1 1 9 e n, 120 , 1 2 3 , 272, 3 1 8 Cocconi Girolamo, 145n, 148n,

1 5 2n, 272, 3 1 8 Codacci Pisanelli Alfredo, 272, 3 1 8 Codignola Ernesto, 30n, 272 , 3 18 Codronchi Argeli Giovanni , 1 5 4 ,

1 6 1 , 1 62 Cognetti de Martiis Salvatore, 272,

3 1 8 Col, 239 Colombo Giuseppe, 273, 3 18 Colombo Paolo, 1 1n Columba Gaetano Mario , 273 , 3 1 8 Comparetti Domenico, 273 , 3 1 8 Conestabile della Staffa Gian Carlo ,

273 , 3 18 Conti Augusto, 273 , 3 1 8 Coppino Michele , 1 8 , 1 9n, 3 3n, 43 ,

4 5 , 90n, 9 2 , 9 3 , 142n, 177 e n , 179 , 1 80n, 1 88n, 1 89n, 1 92n, 1 93n, 194n, 2 10n, 228n, 2 3 1n, 245 , 273 , 3 1 8

Cornero Giuseppe, 2 19n Corradi Alfonso, 273 , 3 1 8 Corradi Giuseppe, 274, 3 1 8 Cortese Giacomo, 2 1n Cossa Alfonso, 274 , 3 1 8 Cossa Luigi, 3 5 , 1 45n, 274, 3 1 8 Cravosio Luigi Vittorio, 2 3 7 , 238 ,

239 , 242 , 244 Credaro Luigi , 2 1 , 24 , 25 e n, 5 8 ,

1 3511 , 1 4 0 , 274 , 3 1 5 , 3 1 8

Cremona Luigi , 34 , 1 45n, 148n, 1 5 1 , 1 52n, 1 5 3 , 1 54 e n, 1 56 , 1 5 7 , 1 60 e n , 1 62 , 1 6 3 , 1 6 5 , 1 66, 1 67 e n, 1 97n, 274 , 3 1 4, 3 1 8

Crispolti Filippo, 274, 3 1 8 Cristofanetti Luigi, 206 Crivellucci Amedeo, 275 , 3 1 8

D 'Achiardi Giovanni, 275 , 3 1 8 Daita Gaetano, 275 , 3 1 8 Dalla Vedova Giuseppe, 1 08n, 1 1 1 ,

1 19n, 1 24n, 1 3 2n, 1 5 4n, 1 60n, 1 67n, 275 , 3 18

D 'Ancona Alessandro , 275 , 3 1 8 D'Andrea Carlo, 275 , 3 1 8 Daneo Edoardo, 2 2 , 2 3 , 25 De Amicis Edmondo, 1 08n, 1 1 9n,

275 , 3 18 De Carlo Agostino, 275 , 3 1 8 De Crescenzio Nicola, 275 , 3 1 8 De Ferrari Domenico, 1 82 , 276, 3 19 De Filippi Filippo, 177n, 178, 179 ,

1 80 e n, 276, 3 1 9 De Filippo Gennaro, 276, 3 19 De Francisci Pietro , 276, 3 1 9 De Giovanni Achille , 145n, 148n,

276, 3 1 9 Del Giudice Pasquale, 22n, 1 54n,

1 60n, 1 67n, 276, 3 19 Del Grosso Remigio, 276, 3 19 Del Lungo Isidoro, 276, 3 1 9 D e Lollis Cesare, 277, 3 19 Del Pezzo Pasquale, 277, 3 1 9 De Luca Giuseppe, 277, 3 19 De Marchi Luigi, 277, 3 19 Demaria Carlo, 1 80n, 277, 3 19 De Martino Antonio, 277, 3 1 9 De Meis Angelo Camillo , 277, 3 1 9 Depretis Agostino , 1 1n , 38n De Renzi Enrico, 197n, 277, 3 1 9 De Renzi Salvatore, 32n, 42n, 4 3 ,

278 , 3 1 9 De Ruggero Ettore, 278, 3 19

Indice dei nomi 3 3 7

De Sanctis Francesco, 17 e n , 42n, 4 5 , 62n, 182n, 1 88n, 1 89n, 1 9 1n, 1 92n, 1 96n, 278, 3 1 9

De Sanctis Gaetano, 278, 3 19 De Stefani Alberto, 5 5 , 278 , 3 19 Dini Ulisse, 22n, 34 , 3 5 e n, 5 1 ,

1 08n, 1 1 0 , 1 1 1 , 1 1 3 , 1 1 9 e n, 1 20 , 1 2 3 , 1 24n, 1 32 e n, 278, 3 1 4 , 3 1 5 , 3 1 9

Di Poi Redi Sante, 30n Di Rovasenda Alessandro, 279, 3 19 Di Stefano Napolitani Giuseppe, 2 l n Donati Mario, 279, 3 19 Doria Giacomo, 279 , 3 1 9 D 'Ovidio Enrico, 279, 3 19 D 'Ovidio Francesco, 1 54n, 157 ,

1 60n, 1 63 , 1 64, 1 67 e n , 173 , 1 97n, 248n, 2 50n, 254 , 279 , 3 1 9

Duprè Giovanni, 1 83n, 2 1 0n, 230n, 2 3 3n, 246n, 279, 3 1 9

Durante Francesco, 279, 3 1 9

Erba Giuseppe Bartolomeo, 246 Ercolani Giovanni Battista, 280, 3 1 9

Fabretti Ariodante, 1 40n, 142n, 280, 3 1 9

Fadda Carlo, 280, 3 19 Failla Domenico, 108n, 1 1 9n, 280 ,

3 1 9 Falchi Paolina, 25 1 Farini Luigi Carlo , 280, 3 1 9 Fava Angelo , 280, 3 1 9 Fedele Pietro , 5 4 , 278n Federici Cesare, 280, 3 19 Fedozzi Prospero, 1 35n, 280, 3 19 Felici Riccardo, 1 83n, 2 3 3n, 2 8 1 ,

3 1 9 Ferrai Carlo , 1 35n, 2 8 1 , 3 19 Ferrara Francesco, 28 1 , 3 1 9 Ferrara Patrizia, 35n Ferrari Giuseppe, 47n Ferrari Giuseppe, 28 1 , 320

Ferraris Carlo Francesco , 2 ln, 28n, 34, 35 e n, 1 97n, 28 1 , 320

Ferri Enrico, 25 1 Ferri Luigi, 145n, 148n, 1 5 1 , 1 5 2n,

2 8 1 Festa Nicola, 1 3 5n, 28 1 , 3 2 0 Filopanti Quirico, vedi Barilli Giu­

seppe Finocchiaro-Aprile Andrea, 1 24n,

1 32n, 282, 320 Fiorentino Francesco, 2 1 6, 223 Fiori Antonio, 1 ln Fiorito Gioacchino, 246 Flamini Francesco, 282, 3 20 Foà Pio , 197n, 282, 320 Fogazzaro Antonio , 109n, 1 1 3 , 1 14 ,

282 , 320 Forlanini Carlo , 282 , 320 Fornari Vito, 282 , 320 Fossarelli Alfonso , 25 1n Fraccaroli Giuseppe, 1 97n, 282 , 320 Francesco I , imperatore d'Austria,

67 Franchi Luigi, 1 6n Furnari Santi, 2 ln Fusinato Guido, 282 , 3 1 5 , 320

Gabba Carlo Francesco, 1 97n, 283, 320

Gabelli Aristide, 140 e n, 141 e n, 142 e n, 143, 144 , 145n, 148n, 1 5 2n, 283 , 320

Gadda Giuseppe, 44 Galletti Giuseppe, 2 1 3n, 2 14 , 2 1 9 ,

2 2 1 Gallo Niccolò, 1 5 4n, 160 , 198 Gallo Vincenzo, 1 80 , 183 Gamberale Luigi, 4 8 , 49 e n, 160 ,

283 , 320 Gandino Giovanni Battista, 145n,

146, 148n, 1 5 0 , 1 5 2n, 197n, 2 1 6 , 223 , 283 , 320

Garibaldi Giuseppe, 2 14 , 22 1 , 2 2 3 , 2 3 7 , 240

3 38 Fonti per la storia della scuola

Garrone Giovanni, 238 , 239 Gastaldi Lorenzo, 185n Gemelli Agostino , 283 , 320 Genocchi Angclo , 1 80n, 283 , 320 Gentile Giovanni, 7 , 1 3 , 1 4 , 17n,

20, 29 e n, 30 e n, 32, 34n, 5 3 , 5 4 , 1 24n, 1 3 1 , 1 3 5n, 1 39 , 140 , 283, 3 1 5 , 320

Gentili Rino , 30n Gherardi Silvestro , 284, 320 Ghiringhello Giuseppe, 284, 3 20 Ghisalberti Carlo , 1 6n Giacosa Piero, 284 , 3 20 Giani Costanzo, 2 1 0n, 2 1 5 , 2 1 8 ,

227 Giani Giuseppe, 1 32 , 1 34 Giannetta Marina, 35n Gianturco Emanuele, 249n Gigante Marina, 1 3n, 28n, 43n Giada Carlo, 1 54n, 1 5 6 , 1 60n,

1 67n, 250n, 2 5 3 , 254 , 284, 320 Gioja Pietro, 1 77n, 1 79 , 284, 320 Giolitti Giovanni, 1 2n Giorgini Giovan Battista, 4 3 , 183n,

1 88n, 1 89n, 194, 1 95 , 196 e n, 197 , 2 30n, 23 1 , 2 3 3n, 246n, 284, 320

Giulio Carlo Ignazio, 285, 320, 327 Giuva Linda, 35n Goethe Johann Wolfgang von, 1 5 0 ,

1 5 1 Golgi Camillo , 34 , 1 35n, 14Sn,

148n, 1 5 4n, 1 60n, 1 67n, 197n, 285 , 320

Gavi Gilberto , 1 40n, 142n, 285 , 320

Gozzi Gustavo, 28n Graf Arturo, 1 63n Grassi Guido, 285 , 320 Grippo Pasquale , 28, 285 , 320 Guercio Maria, 35n Guidi Ignazio, 1 24n, 1 32n, 1 33 ,

1 3 5 n, 285 , 320

Inama Vigilia, 285 , 320 Inzani Giovanni , 286, 320 Inzerillo Giuseppe, 1 3n

Johnson Riccardo, 1 1n

Lacaita Carlo, 1 8n Lambruschini Raffaele, 286, 320 Lanza Giovanni, 1 5 , 16 , 32 , 40, 64 ,

67 La Rosa Michele, 286, 320 Laudisi Giuseppe, 197n, 20 l , 286,

320 Lehman Samuel, 94n Lessona Michcle, 286, 320 Liebig Justus von, l OO e n, 1 0 3 , 106 Lignana Giacomo, 32n, 1 40n, 14 1 ,

1 4 2 e n, 286, 320 Lioy Paolo, 1 54n, 1 5 6 , 1 60n, 162 ,

1 6 5 , 1 67n, 250n, 254 , 286 , 320 Lobbia Cristiano , 234 e n , 236, 237 ,

238 , 239 , 240, 243 , 244 Lari Ferdinando, 1 35n, 286, 320 Lotti Carlo , 157 , 1 66, 1 67 Lucca Piero, 287, 32 1 Luciani Lu�i, 1 97n, 287, 3 2 1 Luiggi Luigi, 1 3 5n, 287, 3 2 1 Lustig Piacezzi Alessandro, 1 19n,

287, 3 2 1 Luzzatti Luigi, 3 5 e n , 5 8 , 1 62n,

1 88n, 1 89n, 1 9 ln, 1 92n, 1 96n, 287, 3 2 1

Macry Paolo, 12n Maggi Leopoldo, 1 97n, 287, 32 1 Maggiorani Carlo, 1 88n, 1 89n,

1 9 ln, 1 92n, 196 e n, 288, 3 2 1 Magnasco Salvatore, 185n Magni Francesco, 288 , 3 2 1 Magnus Heinrich Gustav, 1 00 e n Majorana Quirino, 288, 3 2 1 Malatesta Maria, l ln Malfatti Bartolomeo, 288, 3 2 1 Malvezzi de' Medici Nerio, 288, 3 2 1

Indice dei nomi 3 3 9

Mameli Cristoforo, 288 , 3 2 1 Mamiani della Rovere Terenzio, 1 4 ,

32n, 3 3n, 34 , 4 5n, 48 , 6 9 e n , 70, 8 1 , 140n, 141 e n, 1 42 e n, 144, 182 , 183n, 1 84 e n, 188 , 189n, 190, 192 e n, 196 e n, 197 , 2 30n, 233 e n, 236 , 246n, 247, 288, 3 14 , 3 2 1

Mangiagalli Luigi, 289, 3 2 1 Manna Gennaro, 26n Maragliano Edoardo, 1 54n, 1 60n,

248n, 250n, 2 5 3 , 289, 3 2 1 Marchesini Giovanni, 1 24n, 1 32n,

289 , 32 1 Marchiafava Ettore, 1 54n, 1 60n,

1 67n, 289, 3 2 1 Marghieri Alberto, 289, 3 2 1 Mariotti Filippo , 289, 32 1 Mariotti Giovanni, 1 24n, 1 32n,

1 3 5n, 1 39 , 289, 3 2 1 Marsengo Giovanni, 2 3 7 , 2 3 8 , 239 ,

242, 244 Martinetti Vittorio, l 09n, 1 19n,

290, 3 2 1 Martinez Giuseppe, 1 3n Martini Ferdinando , 163 Marucco Dora, 1 1n, 1 2n, 35 Masci Filippo , 290 , 321 Masoni Udalrigo, 1 3 5n, 290 , 3 2 1 Massarani Tullo, 290, 32 1 Massaza Domenico, 238, 239 , 240,

244 Matteucci Carlo, 1 8n, 3 1 e n, 90n,

92, 1 80n, 183 e n, 2 1 0n, 2 1 7 , 2 1 9n, 2 2 3 , 225 , 228 e n, 290, 3 14 , 3 2 1

Mattirolo Luigi, 1 45n, 290, 3 2 1 Maurizi Luigi, 290, 3 2 1 Mazzini Giuseppe, 2 1 1 , 2 1 2 , 2 1 3 ,

2 14 , 2 1 5 , 2 1 8 , 220 , 2 2 1 , 223 , 225

Mazziotti Matteo , 29 1 , 3 2 1 Mazzoni Guido, 1 0 9 e n , 1 1 0 , 1 1 2 ,

1 1 3 , 1 1 9n, 122 , 29 1 , 3 2 1

Mazzuoli Fausto, 29 1 , 3 2 1 Meda Filippo, 29 1 , 3 2 1 Melis Guido, 30n, 3Sn Menabrea di Val Dora Luigi Federi­

co, 182 , 29 1 , 3 2 1 Meneghini Giuseppe Andrea, 29 1 ,

3 2 1 Messedaglia Angelo , 32n, 3 3n, 145n,

148 e n, 1 5 2 e n, 1 5 3 , 1 54n, 1 88n, 1 89n, 1 9 1 n, 1 96n, 2 30n, 233 e n, 246n, 292, 3 14 , 32 1

Mestica Giovanni, 1 45n, 292 , 3 2 1 Minervini Giulio, 292, 3 2 1 Miraglia Luigi, 1 54n, 1 56 , 160n,

1 6 1 , 162 , 163 , 1 6 5 , 1 67n, 1 97n, 202 , 250n, 2 5 3 , 292, 3 2 1

Miranda Giovanni, 1 3 5n, 292 , 3 2 1 Missaghi Giuseppe, 9 0 , 9 3 , 103 ,

1 04 , 105 , 1 06 , 1 07 Missori Mario, 258 Mitchell Riccardo, 292 , 321 Mocci Antonio, 2 5 1 n Moleschott Jakob, 1 48n, 1 5 0 , 1 5 1 ,

1 5 2n, 292, 322 Molmenti Pompeo, 292, 322 Monaci Ernesto, 293 , 322 Montanari Antonio, 2 1 2n, 293 , 322 Monti Achille, 293 , 322 Morandi Luigi, 22n Morelli-Gualtierotti Gismondo, 293 ,

322 Moris Giuseppe, 1 77n, 178 , 180 ,

293 , 3 14 , 322 Morisani Teodoro, 1 3 5n, 293 , 322 Mortara Lodovico , 1 09n, 1 19n, 1 2 1 ,

1 22 , 293 , 322 Mosca Gaetano, 27, 1 24n, 128 , 1 29 ,

1 30 , 1 32 e n, 1 3 3 , 294 , 322 Mosca Luigi, 94 Moscati Amedeo, 258 Mosso Angelo , 1 45n, 294 , 322 Mozzarelli Cesare, 1 ln, 20n Murri Augusto, 1 60, 294, 322

340 Fonti per la storia della scuola

Musmeci Niccolò, 90n, 92, 294 , 322 Mussolini Benito, 1 1n, 1 2n, 30, 5 3

Nallino Carlo Alfonso, 294, 3 2 2 Namias Amerigo , 1 2n Napoli Federico , 294, 322 Naquet Alfred-Joseph, 90, 9 1 , 92 ,

9 5 , 102, 1 0 3 , 1 04 , 105, 106, 107, 108

Nasini Raffaello, 1 24n, 1 32n, 133 e n, 1 3 5n, 294, 322

Natali Giuseppe, 4 3 , 1 68n Nisio Gerolamo , 197n, 199 , 204,

206, 294, 322 Nitti Francesco Saverio, 2 1 , 35 e n,

58, 109n, 1 1 9 e n, 1 2 2 , 1 2 3 , 295 , 322

Novara Giacomo Filippo, 295 , 322 Novelli Ettore, 35 , 295, 322

Occioni Onorato , 295 , 322 Oppici Paolo, 295 , 322 Orlando Vittorio Emanuele , 1 2n, 20 Ornaghi Lorenzo, 1 1 n Ostenc Michel, 30n

Padula Fortunato, 295 , 322 Pagliani Luigi, 295 , 322 Pais Ettore , 296, 322 Pais Francesco, 2 1 3n Paladino Giovanni, 296, 322 Palasciano Ferdinando, 296, 322 Palma Luigi, 1 2n, 145n, 148n, 1 52n,

296, 322 Panzacchi Enrico, 296, 322 Parato Felice, 177n, 1 80n, 246, 296,

322 Paravia Pier Alessandro, 296, 322 Parona Corrado, 1 24n, 1 3 2n, 296,

322 Parravano Nicola, 297, 322 Pascal Carlo, 1 24n, 1 29 , 1 30 , 1 3 5n,

297 , 322 Pascale Giovanni, 1 3 5n, 297 , 322

Pasquali Giorgio, 297 , 322 Passerini Giovanni, 1 45n, 148n,

1 5 2n, 297, 322 Pateri Ilario Filiberto, 1 77n, 1 80n,

246, 297, 322 Paternò di Sessa Emanuele, 22n,

145n, 148n, 297, 322 Pazzaglia Luciano, 30n Pellegrini Giancarlo , 1 1n Pellegrini Vincenzo, 35n Pende Nicola, 297, 323 Perez Francesco Paolo, 298, 3 23 Perona Giuseppe, 2 1 0n Ferrando Giangiacomo , 1 24n, 1 3 1 ,

1 32n, 298, 323 Persico Federico, 197n, 298 , 323 Pessina Enrico, 298 , 323 Pestalozza Uberto, 298, 323 Petrocchi Giorgio , 2 10n, 223n Peyretti Giovanni Battista, 246 Peyron Amedeo , 298, 3 2 3 , 327 Peyrone Michele, 90, 9 1 , 100 , 1 0 1 ,

1 0 2 , 104 , 1 0 5 , 1 06, 1 07 , 108 Piazza Pietro , 90, 93 , 94, 97 , 105 ,

108 , 210 e n, 2 1 1 e n, 2 1 2 , 2 1 3 e n, 2 14 , 2 1 5 , 2 17 e n, 2 1 9 , 2 2 5 , 2 2 6 , 2 2 7 , 228

Picco Idea, 1 4n Piccolomini Enea, 145n, 1 48n, 1 50 ,

1 5 2n, 298 , 3 2 3 Pietramellara Lodovico, 2 1 3n Pietravalle Michele, 1 24n, 1 27 , 1 30,

1 32n, 1 3 5n, 298, 323 Pincherle Salvatore, 299, 323 Piria Raffaele, 73, 99 e n, 104 , 108 ,

1 77n, 1 80n, 299, 323 Piroli Giuseppe, 90n, 299, 323 Pirotta Romualdo, 299 , 323 Pistelli Ermenegildo, 299, 323 Pizzorno Angelo , 248, 249, 250 ,

252 , 253 , 254 Plana Giovanni Antonio Amedeo ,

299 , 3 1 4 , 323

Indice dei nomi 34 1

Pognini Achille, 249n Polacco Vittorio, 299 , 323 Polenghi Simonetta, 1 3n, 21 O n Pollone Ignazio , 299, 323 Pozzi Domenico, 299 , 323 Pratesi Plinio , 2 5 0 e n Prati Giovanni, 3 3n, 90n, 92 , 1 80n,

1 83n, 1 84n, 187, 1 89n, 1 96n, 2 10n, 228n, 230n, 232 , 2 3 3n, 235 , 236, 246n, 300, 323

Precerutti Vincenzo, 239 , 242 Promis Carlo, 300, 32 3 Protonotari Francesco, 1 40n, 142n,

300, 323 Provana del Sabbione Luigi, 300,

323, 327 Pullè Francesco Lorenzo, 1 09n, 1 1 0 ,

1 1 1 , 1 14 , 1 1 9n, 1 2 2 , 300 , 323 Pullè Leopoldo, 300 , 323 Puntoni Vittorio, 1 24n, 1 32n, 300,

323

Quazza Guido, 1 3n

Radicati Talice di Passerano Costan-tino , 238n

Raffaele Federico, 3 0 1 , 323 Ragazzini Dario, 1 2n, 1 3n Raibaudi Michelangelo , 3 O l , 3 2 3 Raicich Marino , 1 7n Rajna Pio, 3 0 1 , 323 Ramorino Felice, 30 l , 323 Rampoldi Roberto , 2 1 Ranalli Ferdinando, 90n, 3 0 l , 323 Ranelletti Oreste, 1 24 e n, 1 29 , 1 3 1 ,

1 3 2 e n, 1 3 3 , 30 1 , 323 Rattazzi Urbano, 63n, 1 82n Rava Luigi, 25, 26 Rayneri Giovanni Antonio, 87,

180n, 1 8 1 , 30 1 , 323 Re Felice, 30 1 , 323 , 327 Re Vincenzo, 242 , 245 Redtenbacher ]oseph, 100 e n

Regnoli Oreste, 2 1 5 , 2 1 8 , 227 Reviglio Maurizio, 30 1 , 323 Riberi Alessandro, 177n, 302, 323 Riccobono Salvatore, 302, 323 Richehny Prospero, 302, 323 Richiardi Sebastiano, 1 40n, 1 4 1 ,

142 e n , 1 54n, 1 60n, 1 67n, 248n, 2 50n, 302, 323

Ricotti Ercole, 1 77n, 179 , 302 , 323 Ricuperati Giuseppe, 1 3n, 20n Roatta Alessandro, 252 , 254 Robbiati Angelo , l l n Robecchi Giuseppe, 302 , 324 Rocco Arturo, 303 , 324 Roiti Antonio, 34 , 109n, 1 1 2 , 1 1 9n,

1 2 1 , 1 97n, 303 , 3 24 Romano Santi, 303 , 3 24 Romizi Augusto , 12n Rosei Nicola, 303 , 3 24 Rosmini Serbati Antonio, 1 87 Rossi Antonio, 90, 9 1 , 92 , 98, 99,

1 0 1 , 104, 106, 107, 1 08 Rossi Vittorio , 303, 324 Roth Angelo , 303 , 324 Rubini Giulio, 206n Rudatis Stefania, 257 Ruffini Francesco , 1 24n, 303 , 324 Rummo Gaetano, 304, 3 24

Saccardo Pier Andrea, 304, 324 Salemi-Pace Giovanni, 304, 324 Salinas Antonio , 1 54n, 1 60n, 1 67n,

304, 3 24 Sanguinetti Apollo , 304, 324 Sannia Achille, 304, 324 Santella Franco, 56n Saredo Giuseppe, 1 2n Scacchi Arcangelo, 304, 324 Scalori Ugo, 304, 324 Scavia Giovanni, 305 , 324 Scherillo Michele, 1 24n, 1 29 , 1 30 ,

1 3 2n, 305 , 324 Schiaparelli Giovanni Virginio, 305 ,

324

342 Fonti per la storia della scuola

Schiff Ugo, 90, 9 1 , 92, 93 , 94 e n, 95, 103 , 1 04, I O S , 106, 107 , 1 08

Schron Otto von, 1 S4n, I S 7, 160 e n, 1 6 1 , 1 64, 165 , I67n, 305 , 324

Schupfer Francesco , 34, 109n, 1 1 9n, 1 20, 1 2 1 , 14Sn, 147, 148n, I S O , 1 52n, I S4n, I 60n, 167n, 197n, 248n, 2S0n, 30S , 324

Scialoja Vittorio, 22, 27, 30, 34, SO , 56, 1 09n, 1 1 3 , 1 19n, 1 2 1 , 122 , 1 23 , 1 54n, I S7, 1 60n, 163, 167n, 197n, 305, 3 14, 3 1 5 , 324

Sclopis di Salerano Federigo, 306, 324

Scolari Saverio, 306, 324 Scorza Gaetano, 306, 324 Secondi Riccardo, 306, 324 Sella Quintino, 1 00 e n, 306, 324 Selmi Francesco, 2 1 0n, 225 Senise Tommaso, 1 09n, 1 14 , 1 1 9n,

1 2 3, 1 54n, 1 S6, 160n, 16S , 166, 167n, 306, 3 14, 324

Sepe Stefano, l ln, 20n, 25 e n Serafini Enrico, 1 09n, 1 1 9n, 307,

324 Serafini Filippo, 140n, 145n, 307,

324 Sergi Giuseppe, 1 09n, 1 1 0, 1 1 1 ,

1 19n, 1 23 , 307, 324 Settembrini Domenico, 29n Severi Francesco, 1 3S e n, 1 36n,

1 39, 140, 307, 324 Siacci Francesco, 197n, 307, 324 Simonetta Luigi, 5 1 , 124n, 13 2n,

307, 324 Sobrero Ascanio, 90, 9 1 , 93, 94, 9S,

96, 97, 1 0 1 , 102, IOS, 1 06, 107, 1 08

Soldani Simonetta, 1 3n Salmi Arrigo, 1 35n, 1 36n, 1 37, 1 38,

140, 307, 324 Somigliana Carlo , 308, 324 Sonnino Sidney, 23 e n, 24, 2S

Spano Giovanni, 308, 324 Spaventa Bertrando, 32n, 33, 1 84n,

1 88n, 1 89n, 190n, 19ln, 196n, 2 1 0n, 228n, 308, 324

Sperino Casimiro, 308, 324 Squitti Baldassarre, 1 97n, 308, 325 Stampini Ettore, 109n, 1 1 3 , 1 1 9n,

1 20, 1 22, 123 , 308, 32S Stanziale Rodolfo, 1 3 Sn, 309, 32S Stappato Alessandro, 1 24n, 1 32n,

1 34, 309, 32S Striiver Johann, 140n, 142n, 1 54n,

1 60n, 248n, 309, 32S

Talamo Giuseppe, 1 2 e n, 1 3n, I6n, 1 7n, 3 l n

Talpone Giuseppe, 245 Tamassia Giovanni, 309, 32S Tanari Sebastiano, 2 1 3n Tardy Placido, 309 , 32S Tarozzi Giuseppe, 1 3 Sn, 309, 32S Tassinari Paolo, 90, 91 , 93 , 97, 1 00,

1 06, 1 07, 108 Tenca Carlo, 183n, 1 84 e n, 18S ,

1 86, 1 87, 188 e n , 1 89n, 190n, 1 9 l n, 194, 195 , 1 96n, 1 97, 2 1 0n, 228n, 230n, 233 e n, 246n, 309, 32S

Tesorio Mario, 56n Teza Emilio, 309, 32S Tiratelli Antonio, 148, 1S2 Tocco Felice, 3 1 0, 325 Tolomei Giampaolo, 3 1 0 , 32S Tomasi Tina, 1 3n Tornati Cristoforo, 1 77n, 3 10, 32S Tommasi-Crudeli Corrado , 1 88n,

189n, 19 ln, 192n, 196n, 3 1 0, 325

Tommasini Oreste, 3 1 0 , 325 Tonello Michelangelo, 3 1 0, 325 Toniolo Gianni, 18n Torraca Francesco, 3 10 , 325 Torre Andrea, 3 1 0, 32S

Indice dei nomi 343

Torrigiani Filippo, 124n, 128, 129, 1 30, 1 32n, 1 35n, 1 39, 3 1 1 , 32S

Tosatti Giovanna, 35n Tovajera Manfredo, 1 14, 1 23 Trabucco Carlo , 30n Trambusti Arnaldo, 1 3Sn, 1 38, 140,

3 1 1 , 32S Trinchese Salvatore, 14Sn, 148n,

I SO, 152n, 3 1 1 , 32S Turazza Domenico, 3 1 1 , 325 Turi Gabriele, 1 3n

Ugdulena Gregorio, 90n, 9 1 , 92 , 3 1 1 , 32S

Ugolini Romano, 3Sn Umberto I, re d'Italia, 249n

Vaccà Luigi, 3 1 1 , 32S Vachino Giovanni Francesco, 3 1 1 ,

32S Vaglia Ponzio, 25ln Valeri Domenico, 2ln V alla uri Tommaso, 140n, 14 1 ,

I42n, 246, 3 1 2, 32S Valletti Felice, 250, 254 Valli Eugenio, 3 1 2, 325 Valvassori Peroni Angelo, 3 1 2, 32S Vecchio Giorgio, l l n Veneruso Danilo, l ln Vidari Ercole, 3 1 2, 32S Vigliacco Matteo, 237, 244

Vignali Giovanni, 3 1 2 , 3 2 S Vigo Giovanni, 1 8n Villari Pasquale, 33 e n, 34n, 90n,

92 , 14S e n, 148 e n, 149, 1 50, IS2 e n, I S 3 , 1 84 e n, 186, 187, 188n, 1 89 e n, 190 e n, 1 9 1 e n, 197n, 206, 2 1 0n, 2 1 9n, 228n, 229 , 3 1 2, 3 1 4, 325

Vinciguerra Decio, l 09n, 1 1 9n, 3 1 3, 32S

Viola Giacinto, 3 1 3, 32S Virgilii Filippo, 1 2n Vita Levi Marco, 1 2n Vitelli Girolamo, I S4n, I 60n, 1 6 1 ,

1 62, 1 63, 164, I6S , 1 67 e n, 248n, 25 0n, 2S3 , 2S4, 3 1 3 , 32S

Volpe Gioacchino, 3 1 3 , 32S Volpicella Cesare, 43, 4S , 93, 108,

1 84, 1 88, 190, 1 9 1 , 192, 2 1 7, 223, 22S, 228, 230, 233, 236, 247

Volpicelli Luigi, 1 3n

Wedekind Roberto, 44

Zamagni Vera, 18n Zanichelli Domenico, 3 1 3 , 3 2 S Zuccante Giuseppe, 3 1 3, 325 Zumbini Bonaventura, 145 e n,

148n, 149, I S2n, 3 14, 325 Zurria Giuseppe, 3 14, 32S

Le pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

L 'Ufficio centrale per i beni archivistici, Divisione studi e pubblicazioni cura l 'edizione di un periodico (Rassegna degli Archivi di Stato) e di cinque colla­ne (Strumenti, Saggi, Fonti, Sussidi, Quaderni della Rassegna degli Archivi di Stato) e di volumi fuori collana. Tali pubblicazioni sono in vendita presso l ' Istituto poligrafico e Zecca dello Stato , Libreria dello Stato. Altre opere vengono affidate a editori privati. Il catalogo completo delle pubblicazioni è disponibile presso la Divisione studi e pubblicazioni dell'Ufficio centrale per i beni archivistici, via Palestro 1 1 - 00185 Roma.

« RASSEGNA DEGLI ARCHIVI DI STATO "

Rivista quaclrimestrale dell 'Amministrazione degli Archivi di Stato. Nata nel 1 94 1 come « Notizie degli Archivi eli Stato " , ha assunto l'attuale denomina­zione nel 1 9 5 5 .

L 'ultimo fascicolo pubblicato è il n . LIII/1 (gennaio-aprile 1 993).

STRUMENTI

CXVI. Archivio Turati. Inventario, a cura di At'ITONIO DENTONI-LITTA,

Roma 1 99 2 , pp . xn , 4 5 2 , tavv . 1 0 , L. 26.000.

CXVII. ARCHIVIO DI STATO DI MANTOVA , Anticbi inventari dell 'Archivio

Gonzaga, a cura eli AXEL BEHNE, Roma 1993, pp. 302, L. 3 2 .000 .

CXVIII . Gli archivi Pallavicini di Genova. Archivi propri. Inventario, a cura eli MARCO BOLOGNA, Roma 1 994, pp. 430 .

SAGGI

2 1 . L 'ordine di Santo Stefano nella Toscana dei L01·ena. Atti del conve­

gno di studi, Pisa 19-20 maggio 1989, Roma 1 992, pp. 338 , L . 29 .000.

2 2 . Roma e lo Studium Urbis. Spazio urbano e cultura dal Quattro al

Le pubblicazioni degli A rchivi di Stato italiani

Seicento. Atti del convegno, Roma, 7-1 0 giugno 1989, Roma 1992, tavv. 77, pp. 554 , L . 34 .000.

2 3 . Gli archivi e la memoria del presente. Atti dei semJnari di Rimini,

19-21 maggio 1988, e di Torino, 1 7 e 29 marzo, 4 e 25 maggio

1989, Roma 1 992 , pp . 308, L . 20 .000.

24. L 'archivistica alle soglie del 2000. Atti della conferenza inte1·nazio­

nale, Macerata, 3-8 settembre 1990, Roma 1992, pp. 354 (il volume è stato edito a spese dell 'Università di Macerata) .

2 5 . Le fonti per la storia militare italiana in età contemporanea. Atti

del III seminario, Roma, 16-1 7 dicembre 1988, Roma 1993 , pp. 496, L . 26.000.

26 . Italia ]udaica. Gli ebrei nell'Italia unita, 1870-1945. Atti del IV

convegno internazionale, Siena 12-16 giugno 1989, Roma 1 99 3 , pp. 564, L . 5 2 . 000 .

27 . L 'Archivio centrale dello Stato (1953-1993), a cura di MARIO SERIO,

Roma 1 993 , pp. 6 1 2 , L. 48 .000.

XII.

XIII.

XIV.

XV.

XVI.

XVII.

FONTI

I Libri iurium della Repubblica di Genova. Introduzione, a cura di DINO PUNCUH e ANTONELLA ROVERE, Roma 1992, pp . 4 1 3 , L .

30 .000.

I Libri iurium della Repubblica di Genova, 1/1 , a cura di ANTO­

NELLA ROVERE, Roma 1992 , pp. XVI, 408, L. 34 .000 .

ARCHIVIO D I STATO DI MANTOVA , Giulio Romano. Repertorio di

fonti documentarie, a cura di DANIELA FERRARI, introduzione di ANDREA BELLUZZI, tt . 2 , Roma 1992, pp . LIV, 1 302, L. 66.000.

Le pergamene del Convento di S. Francesco in Lucca (secc. XII­

XIX), a cura di VITO TIRELLI e MATILDE TIRELLI CARLI, Roma 1 99 3 , pp . CXL, 5 24, L . 109 . 000.

ELENA AGA Rossr , L 'inganno reciproco. L 'armistizio tra l'Italia e

gli angloamericani del settembre 1943, Roma 1993 , pp. XVI,

476, L. 6 2 . 000.

ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Fonti per la storia della scuola.

I. La scuola normale dalla legge Casati all'età giolittiana, a cu­ra di CARMELA COVATO e ANNA MARIA SORGE, Roma 1994, pp . 336 .

L e pubblicazioni degli Archivi di Stato italiani

SUSSIDI

5 . ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE , I blasoni delle famiglie toscane conser­vati nella raccolta Ceramelli-Papiani. Repertorio, a cura di PIERO

MARCHI, Roma 1992 , tavv. 4, pp . XXII, 580, L. 70 .000.

6 . ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Bibliografia. Le fonti documentarie nelle pubblicazioni dal 1979 al 1985, Roma 1 992 , pp . XXVI, 542 , L . 44 .000.

QUADERNI DELLA " RASSEGNA DEGLI ARCHIVI DI STATO ,

64 . Bibliografia di Cesare Guasti, a cura di FRANCESCO DE FEo , Roma 1992, pp. 282 , L. 2 3 . 000.

6 5 . Archivio Galimberti. Inventario, a cura di EMMA MANA, Roma 1992, pp . XLIV, 200, L . 1 5 .000.

66. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO , Archivio Vittorio Bodini. Inventa­rio, a cura di PAOLA CAGIANO DE AZEVEDO , MARGHERITA MARTELLI e RITA

NOTARIANNI, Roma 1992, pp . 1 5 6 , L . 1 1 .000.

67. FIORENZA GEMINI, Due parrocchie romane nel Settecento: aspetti di

storia demografica e sociale, Roma 1 992 , pp. 168 , L . 1 7 . 000 .

68. COMUNE DI SAN MINIATO , Guida generale dell'archivio storico , a cura di LUIGINA CARRATORI, ROBERTO CERRI, MARILENA LOMBARDI, GIANCARLO

NANNI, SILVIA NANNIPIERI, ARIANNA 0RLANDI e IVO REGOLI, Roma 1992, pp. 160, L . 8 . 000 .

69. ELEONORA SIMI BONINI, Il fondo musicale dell'Arciconfraternita di S. Girolamo della Carità, Roma 1992, pp. 230 , L . 1 9 . 000.

70 . Fonti per la storia della popolazione. 2 . Scritture parrocchiali della Diocesi di Trento, Roma 1992, pp . 206, L . 26 .000.

7 1 . UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVISTICI, Fonti orali. Censimento degli

istituti di conservazione, a cura di GIULIA BARRERA, ALFREDO MARTIN!

e ANTONELLA MULÈ, prefazione di PAOLA CARUCCI, Roma 1993 , pp . 226, L . 36.000.

72 . GEHUM TABAK, I colori della città eterna. L e tinteggiature dei palazzi romani nei documenti d 'archivio (secc. XVII-XIX), Roma 1993 , pp. 1 20 , L. 1 5 .000.

7 3 . ANTONELLA PAMPALONE, L a cappella della famiglia Spada nella Chie­sa Nuova. Testimonianze documentarie, Roma 1 99 3 , pp. 142 , L .

22 .000 .

74 . ASSOCIAZIONE ARCHIVISTICA ECCLESIASTICA, Guida degli Archivi dioce­

sani d 'Italia, Il, a cura di VINCENZO MONACHINO , EIVIANUELE BOAGA, LU­

CIANO 0SBAT, SALVATORE PALESE, Roma 1994, pp. 3 1 2 .

Le pubblicazioni degli Arcbivi di Stato italiani

PUBBLICAZIONI FUORI COLLANA

ARCHIVIO DI STATO DI GENOVA, Inventario dell 'Archivio del Banco di S.

Giorgio (140 7-1805), sotto la direzione e a cura di GIUSEPPE FELLONI, III , Banchi e tesoreria, Roma 1 990, t. l o , pp . 406; Roma 199 1 , t . 2 ° , pp . 382 , L . 2 3 . 000; t . 3 ° , pp . 382 , L . 24 .000; t . 4 ° , pp . 382, L . 24 .000; Roma 1 992 , t . s o , pp . 382, L . 24 .000; Roma 1993 , t . 6 ° , pp . 396, L . 25 .000; IV, Debito

pubblico, Roma 1 989, t . l o , pp. 450 , t . 2 o , pp . 436 , L . 26.000; Roma 1 994, t . 3 ° , pp . 380.

Les archives et les archivistes au service de la protection du patrimoine

culture! et nature l. Actes de la vingt-siptiènze Conférence internationale de

la Table ronde des archives, Dresde 1990 l Archives and Archivists serving

the protection of the Cultura! and Natura! Heritages. Proceedings of the

twenty-seventh International Conference of the Round Table on Archi ves,

Dresden 1990, Roma 1 99 3 , pp . 186, L . 1 7 . 000 .

AL TRE PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATO

I seguenti volumi sono stati pubblicati e diffusi per conto dell'Ufficio cen­trale per i betti archivistici da case editrici private .

CAMILLO CAVOUR, Epistolario, 1856 (gennaio-maggio), XIII, a cura di CARLO

PISCHEDDA e MARIA SARCINELLI, Firenze, Olschki, 1 992 , tt . 2 , pp . X, 1026 .

UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVISTICI, L 'Archivio d i Stato d i JV!ilano, a cu­ra di GABIUELLA CAGLIARI POLI, Firenze , Nardini, 1992 , pp . 2 5 2 , tavole.

UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVISTICI, L 'Archivio di Stato di Roma, a cura di Lucro LUJ\'lE, Firenze, Nardini, 1992 , pp . 284 , tavole.

UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVISTICI, Il viaggio di Enrico VII in Italia,

Città di Castello , Edimond, 1993 .