Gli istituti femminili di educazione e di istruzione...

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PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATO FONTI XLIV ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO FONTI PER LA STORIA DELLA SCUOLA VII Gli istituti femminili di educazione e di istruzione (1861 - 1910) a cura di SILVIA FRANCHINI eP AOLA PUZZUOLI MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI DIPARTIMENTO PER I BENI ARCHIVISTICI E LIBRARI DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI 2005

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PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATO

FONTI XLIV

ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO

FONTI PER LA STORIA DELLA SCUOLA

VII

Gli istituti femminilidi educazione e di istruzione

(1861 - 1910)

a cura di

SILVIA FRANCHINI e PAOLA PUZZUOLI

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALIDIPARTIMENTO PER I BENI ARCHIVISTICI E LIBRARI

DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI2005

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DIPARTIMENTO PER I BENI ARCHIVISTICI E LIBRARIDIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI

Capo del Dipartimento per i beni archivistici e librari: Salvatore ItaliaDirettore generale per gli archivi: Maurizio Fallace

©2005 Ministero per i beni e le attività culturaliDipartimento per i beni archivistici e librari

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Stampato da Tipografia Mura - Via Palestro 28/A - 00185 Roma

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FONTI PER LA STORIA DELLA SCUOLA

Piano dell’opera

I. L’istruzione normale dalla legge Casati all’età giolittianaII. Il Consiglio superiore della pubblica istruzione (1847-1928)III. L’istruzione classica (1860-1910)IV. L’inchiesta Scialoja sulla istruzione secondaria maschile e femminile

(1872-1875)V. L’istruzione universitaria (1859-1915)VI. L’istruzione agraria (1861-1928)VII. Gli istituti femminili di educazione e di istruzione (1861-1910)

Direzione scientifica: Antonio Dentoni-Litta, Aldo G. Ricci, Giuseppe TalamoComitato di consulenza: Anna Pia Bidolli, Gaetano Bonetta, Gabriella Ciampi,Carmela Covato, Ester De Fort, Gigliola Fioravanti, Silvia Franchini, Guido Melis,Luisa Montevecchi, Mauro Moretti, Ilaria Porciani, Paola Puzzuoli, ClaudioSantangeli, Simonetta Soldani, Anna Maria Sorge, Giovanna TosattiSegreteria tecnica: Giovanna TosattiTrascrizione dei documenti: Grazia Fantetti, Marisa SantoniCura redazionale: Raffaella Barbacini

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SOMMARIO

PREMESSA

INTRODUZIONE

I. Educandati, conservatori, istituti di beneficenza femminili: ildifficile compito del Ministero della pubblica istruzione, di SilviaFranchini

II. Il Ministero della pubblica istruzione e gli istituti femminilidi educazione e di istruzione: la documentazione dell’Archiviocentrale dello Stato, di Paola Puzzuoli

Avvertenza

SEZIONE I. UN PATRIMONIO DA RICONQUISTARE: GLI EDUCANDATI GOVER-NATIVI E REGI E L’EDUCAZIONE DELLE ÉLITE

1. Relazione di Luigi Settembrini sui tre Educandati regi diNapoli [1861].

2. Rapporto al ministro del delegato straordinario per laPubblica istruzione nelle province napoletane, Luigi Settembrini,sul Primo e sul Secondo reale educandato di Napoli (1862).

3. Rapporto al ministro del vicepresidente della sezione diNapoli del Consiglio superiore della pubblica istruzioneSalvatore De Renzi sul Terzo reale educandato (1862).

4. Relazione di Giuseppe Pelli-Fabbroni e Niccolò Ridolfi aldelegato straordinario di Pubblica istruzione a Firenze GirolamoBuonazia sull’ispezione compiuta nell’Istituto della Ss.Annunziata [1862].

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5. Relazione del prof. Agostino Lace al segretario generale delDicastero dell’istruzione pubblica per la luogotenenza generaledel re nelle province siciliane, Federico Napoli, sull’EducandatoCarolino di Palermo, poi Educandato Maria Adelaide (1861).

6. Verbali delle adunanze del Consiglio di vigilanza dell’Educan-dato Maria Adelaide di Palermo del 13 e del 20 maggio 1863.

7. Lettera della direttrice dell’Educandato Maria Adelaide diPalermo Clotilde Ferrari Bravo sulle condizioni dell’istituto (1863).

8. Relazione di Aleardo Aleardi sul Reale collegio femminile“agli Angeli” di Verona [1867].

SEZIONE II. I CONSERVATORI DELLA TOSCANA: TRADIZIONI E NOTABILATO LOCALE

9. Relazione al ministro del direttore dell’Ufficio centrale dellapubblica istruzione in Toscana Marco Tabarrini sui conservatoriper l’educazione e l’istruzione femminile (1861).

10. Comunicazione del prefetto di Firenze Girolamo Cantelli alMinistero di grazia e giustizia e dei culti sui conservatori dellaprovincia di Firenze (1866).

11. Considerazioni dell’ispettore delle scuole della provincia diFirenze Domenico Carbonati sulle condizioni dei conservatori edegli educandati della provincia (1866).

12. Elenco dei conservatori femminili della Toscana dipendentidal Ministero della pubblica istruzione secondo le indicazionidel Ministero di grazia e giustizia e dei culti (1867).

13. Rapporto riservato del sottoprefetto del circondario di Pistoiaal ministro della Pubblica istruzione sui conservatori per l’educa-zione e l’istruzione femminile (1870).

SEZIONE III. L’ISTRUZIONE FEMMINILE IN SICILIA E I COLLEGI DI MARIA

14. Relazione al ministro del provveditore agli studi della pro-vincia di Caltanissetta Giuseppe Tigri sui Collegi di Maria di

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Sommario

Serradifalco e di S. Cataldo (1864).

15. Relazione «riservatissima» di Pier Felice Balduzzi al ministrosugli effetti della circolare n. 296 del 30 dicembre 1870 (1871).

16. Relazione «riservata» al ministro di Luigi Mercantini, reggente ilProvveditorato agli studi della provincia di Palermo, sull’opposizio-ne dei Collegi di Maria all’azione dei commissari governativi (1871).

17. Relazione al ministro del provveditore agli studi della pro-vincia di Palermo sul Collegio di Maria di Carini (1875).

18. Deliberazione adottata dal Consiglio provinciale scolastico diPalermo nella seduta del 2 aprile 1879 sui Collegi di Maria dellaSicilia (1879).

19. Relazione dell’ispettrice governativa Antonietta Montrasi sulCollegio di Maria di Sambuca Zabut (1879).

SEZIONE IV. UN’ISTRUZIONE SUPERIORE ALL’ELEMENTARE: EDUCANDATI E

NUOVE SCUOLE A CONFRONTO

20. La circolare 9 luglio 1869 sulle scuole superiori femminili e ilReale Collegio di S. Caterina di Reggio Emilia.

a. Risposta alla circolare del prefetto presidente delConsiglio provinciale scolastico di Reggio Emilia,Giacinto Scelsi (1869).

b. Lettera del segretario generale Pasquale Villari al senatoreLuigi Chiesi (1869).

c. Nuove osservazioni di Pasquale Villari in risposta a LuigiChiesi (1869).

21. Verbali delle deposizioni di Paolo Emilio Imbriani nellesedute di Napoli del 24 e 25 febbraio 1873, tenute dallaCommissione d’inchiesta sulla istruzione secondaria maschile efemminile.

a. Seduta di Napoli del 24 febbraio 1873.b. Seduta di Napoli del 25 febbraio 1873.

22. Verbale della deposizione di Gioacchino Rasponi nella sedu-

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Sommario

ta di Ravenna del 7 aprile 1873 tenuta dalla Commissione d’in-chiesta sulla istruzione secondaria maschile e femminile (1873).

23. Relazione dell’ispettrice governativa Marietta Guerrini sullascuola superiore femminile di Venezia (1878).

SEZIONE V. ALLA SCOPERTA DELL’UNIVERSO DEGLI ISTITUTI FEMMINILI: LE

ISPETTRICI GOVERNATIVE

24. Nomina di Caterina Percoto a ispettrice straordinaria degliistituti femminili veneti di educazione e di carità.

a. Lettera del ministro Cesare Correnti a Caterina Percoto(1871).

b. Risposta di Caterina Percoto al ministro Cesare Correnti(1871).

25. Lettera dell’ispettrice governativa Felicita Morandi ad AristideGabelli, direttore capo della Divisione per l’istruzione primaria epopolare (1881).

26. Promemoria dell’ispettrice governativa Felicita Morandi sulregolamento per il servizio delle ispettrici governative [1881].

27. Nota del direttore capo della Divisione per l’istruzione pri-maria e popolare al capo di gabinetto del ministro sulle riformeproposte dall’ispettrice Felicita Morandi per il servizio delleispettrici governative (1882).

28. Lettera dell’ispettrice governativa Felicita Morandi ad AristideGabelli con allegate le «Proposte di alcuni articoli pel regolamen-to dell’Ufficio delle ispettrici governative» (1882).

29. Richiesta di parere al presidente del Consiglio di Stato daparte del ministro della Pubblica istruzione sul disegno di rego-lamento per le visite delle ispettrici governative agli istituti fem-minili di educazione e di istruzione (1882).

30. Verbale dell’adunanza del 25 novembre 1882 del Consigliodi Stato, sezione dell’interno (1882).

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Sommario

31. Regolamento per le visite delle ispettrici governative aglieducatori ed altri istituti femminili del Regno approvato con r.d.4 gennaio 1883 n. 1224 (1883).

32. Osservazioni dell’ispettrice governativa Marietta Guerrini sulregolamento per le visite negli istituti femminili di educazione edi istruzione (1889).

SEZIONE VI. GLI EDUCATORI DELLE RELIGIOSE NEGLI INTERVENTI DEL

GOVERNO: RESISTENZE E OPPOSIZIONI ALL’AUTORITÀ STATALE

33. L’educatorio delle Convittrici di Ascoli Piceno.a. Relazione dell’ispettore per gli studi primari della provin-

cia di Ascoli Piceno sulle visite all’educatorio tenuto dalla«Congregazione delle Convittrici» (1863).

b. Lettera della superiora delle Convittrici all’ispettore per glistudi primari (1863).

c. Ulteriori informazioni sull’educatorio delle Convittriciindirizzate al ministro dall’ispettore per gli studi primari(1863).

34. Relazione dell’ispettore per gli studi primari Enrico Carragliasull’educatorio del convento di S. Ilario di Reggio Emilia direttodalle Agostiniane (1865).

35. L’educatorio delle Salesiane di Padova.a. Lettera al ministro del prefetto presidente del Consiglio

provinciale scolastico di Padova Nicola Bruni Grimaldi(1872).

b. Relazione della commissione nominata dal Consiglio pro-vinciale scolastico di Padova (1872).

c. Deliberazione del Consiglio provinciale scolastico diPadova (1872).

d. Richiesta di parere al Consiglio superiore della pubblicaistruzione sulla chiusura dell’istituto (1872).

e. Parere del Consiglio superiore della pubblica istruzione(1872).

f. Decreto ministeriale di chiusura dell’istituto (1872).g. Rapporto al ministro del prefetto presidente del Consiglio

provinciale scolastico di Padova (1872).

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Sommario

h. Osservazioni del prefetto presidente del Consiglio provin-ciale scolastico di Padova sul ricorso inoltrato al Ministerodella pubblica istruzione dal sacerdote Giovanni Biondiniper la riapertura dell’istituto (1872).

i. Richiesta di parere al Consiglio superiore della pubblicaistruzione sull’istanza per la riapertura dell’istituto (1872).

l. Parere del Consiglio superiore della pubblica istruzione(1873).

SEZIONE VII. ISPEZIONI MINISTERIALI, ISTITUTI DI CLAUSURA E TRADIZIONI

FAMILIARI

36. Gli educatori dei monasteri di S. Pietro Nuovo e di S. Mariadelle Vergini e il Conservatorio detto “delle Martiri” di Bitonto.

a. Verbale della seduta del Consiglio provinciale scolasticodi Terra di Bari del 21 dicembre 1880 riguardante gli edu-catori di S. Pietro Nuovo e di S. Maria delle Vergini e ilConservatorio delle Martiri di Bitonto (1880).

b. Lettera di Giuseppe Lioy al segretario generale dellaPubblica istruzione Settimio Costantini (1881).

c. Esposto di alcuni padri di famiglia al vescovo di Ruvo eBitonto, Francesco Vitagliano (1880).

d. Relazione dell’ispettrice governativa Marietta Guerrini sul-l’educatorio di S. Pietro Nuovo di Bitonto (1881).

e. Appunto a firma di Federico Ferraris, segretario nellaDivisione per l’istruzione primaria e popolare, sul parereespresso dall’ispettrice governativa Marietta Guerrini [1881].

37. Lettera al ministro del prefetto presidente del Consiglio pro-vinciale scolastico di Bergamo sull’educatorio delle Salesiane diAlzano Maggiore (1885).

38. Relazione dell’ispettrice governativa Ernesta Sali Maturi sul-l’educatorio del monastero di S. Caterina da Siena a Montefusco(Avellino) (1892).

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Sommario

SEZIONE VIII. LA VIGILANZA SU OPERE PIE, SCUOLE E ISTITUTI DI BENEFI-CENZA PRIVATI

39. Relazione dell’ispettrice governativa Paolina Lomazzi sullescuole gratuite delle Figlie della Carità Canossiane a Milano (1876).

40. Relazione dell’ispettrice governativa Antonietta Montrasisull’Orfanotrofio Schifano di Girgenti diretto dalle Figlie dellaCarità (1879).

41. Relazione dell’ispettrice governativa Marietta Guerrini sulConservatorio dell’Addolorata di Chieti (1886).

42. Il Conservatorio Fieschi di Genova.a. Relazione dell’«ispettrice-aiuto» Giselda Fojanesi Rapisardi

sulla visita al Conservatorio Fieschi di Genova (1888).b. Comunicazione del ministro al prefetto di Genova, Carlo

Municchi (1889).c. Risposta del prefetto di Genova al ministro sui migliora-

menti da apportare all’ordinamento disciplinare e didatti-co del conservatorio (1889).

d. Risposta del ministro al prefetto di Genova in merito allacomunicazione ricevuta sul conservatorio (1889).

43. I Pii istituti educativi di Bologna.a. Lettera dell’ispettrice governativa Marietta Guerrini a

Carlo Gioda, direttore capo della Divisione per l’istruzio-ne primaria e popolare, sulle visite agli istituti educatividelle Opere pie di Bologna (1889).

b. Lettera del presidente dei Pii istituti educativi di BolognaMatteo Pedrini a Marietta Guerrini (1889).

c. Lettera del prefetto presidente del Consiglio provincialescolastico di Bologna, Giacinto Scelsi, al presidente deiPii istituti educativi (1889).

d. Istruzioni del ministro al prefetto presidente del Consiglioprovinciale scolastico circa le visite dell’ispettrice gover-nativa ai Pii istituti educativi di Bologna (1889).

e. Rapporto al ministro del direttore capo della Divisioneper l’istruzione primaria e popolare Carlo Gioda sullevisite alle scuole e ai convitti delle Opere pie (1889).

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Sommario

44. Relazione dell’ispettrice governativa Ernesta Sali Maturi sul-l’orfanotrofio privato delle Suore Stimmatine ad Avellino (1893).

SEZIONE IX. IL CONTRASTATO PROCESSO DI LAICIZZAZIONE

45. Il Conservatorio di S. Bartolomeo di S. Sepolcro.a. Lettera al ministro della direttrice del Conservatorio di S.

Bartolomeo di S. Sepolcro, Adele Caccia (1883).b. Disposizioni del ministro all’operaio del Conservatorio di

S. Bartolomeo circa le attribuzioni della direttrice (1883).c. Esposto al ministro della superiora del conservatorio

(1884).

46. Il Collegio femminile di S. Benedetto di Montagnana el’Istituto educativo delle Figlie del Sacro Cuore a Este.

a. Richiesta indirizzata al ministero dal presidente dellacommissione amministrativa del Collegio di S. Benedettodi Montagnana per la sollecita nomina di una direttrice(1885).

b. Istruzioni del ministro al presidente della commissioneamministrativa del Collegio di S. Benedetto di Montagnana(1885).

c. Relazione al ministro della direttrice del “S. Benedetto”(1885).

d. Relazione «riservata» del prefetto presidente del Consiglioprovinciale scolastico di Padova al ministro sull’Istitutodelle Figlie del Sacro Cuore a Este (1886).

e. Risposta del ministro al prefetto presidente del Consiglioprovinciale scolastico di Padova (1886).

47. Relazione dell’ispettrice governativa Marietta Guerrini suiconservatori della Toscana indirizzata al direttore della Divisioneper l’istruzione primaria e popolare (1888).

48. Comunicazione al ministro del provveditore agli studi dellaprovincia di Firenze Ernesto Masi sull’educatorio delleMantellate di Firenze (1890).

49. Istruzioni del ministro al prefetto presidente del Consiglioprovinciale scolastico di Firenze sulla questione dell’ammissione

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Sommario

di nuove oblate nel Conservatorio della Ss. Annunziata diEmpoli (1892).

SEZIONE X. GLI ISTITUTI EDUCATIVI DELLE RELIGIOSE TRA CONTROLLO STA-TALE ED ESIGENZE DI ESPANSIONE

50. L’apertura di nuove scuole ed educandati privati.a. Lettera del provveditore agli studi della provincia di

Bologna Ernesto Masi al ministro, a proposito della richie-sta di apertura di un educandato delle Suore della Carità diS. Vincenzo de’ Paoli con annesse scuole private (1875).

b. Istruzioni del ministro al provveditore agli studi della pro-vincia di Bologna circa l’apertura di istituti privati (1875).

51. Rapporto del prefetto presidente del Consiglio provincialescolastico di Bologna Efisio Salaris al ministro sull’educatoriodelle Dorotee (1884).

52. Relazione dell’ispettrice governativa Marietta Guerrinisull’Educatorio provinciale Vittorio Emanuele di Lecce (1887).

53. Relazione dell’ispettrice governativa Marietta Guerrini sulConservatorio della Ss. Annunziata di Empoli (1889).

54. Relazione dell’ispettrice governativa Marietta Guerrini sulcollegio tenuto dalle Dame del Sacro Cuore a Firenze (1890).

55. Statuto organico dell’Istituto delle Marcelline (s.d.).

SEZIONE XI. LA RIFORMA DI UN’ISTRUZIONE PUBBLICA DI ÉLITE: STUDI E

UTENZA DEGLI EDUCANDATI REGI DI NAPOLI

56. Comunicazione al ministro sulla proposta di modifiche allostatuto organico deliberata dal Consiglio direttivo dei Reali edu-candati di Napoli, a firma del presidente Giuseppe Rega (1882).

57. Istruzioni del ministro al presidente del Consiglio direttivodei Reali educandati di Napoli circa le variazioni allo statutoorganico (1883).

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Sommario

58. Trasmissione al ministro della relazione del Consiglio diretti-vo dei Reali educandati di Napoli sulla riforma del Terzo edu-candato (1886).

59. Lettera dell’ispettrice governativa Marietta Guerrini al mini-stro sull’indirizzo del Terzo educandato di Napoli (1886).

60. Relazione del presidente Giuseppe Rega al Consiglio diretti-vo sulla riforma dei Reali educandati di Napoli (1887).

61. Informativa diretta al ministro dal provveditore agli studidella provincia di Napoli, Luigi Palmucci, riguardante alcuneproposte per la riforma dei Reali educandati (1887).

62. Relazione degli ispettori centrali Francesco Torraca eGianjacopo Agostini sugli esami finali nel Primo e nel Secondoeducandato di Napoli (1891).

SEZIONE XII. CRISI E TRASFORMAZIONE DEI CONSERVATORI DELLA

TOSCANA

63. Relazione generale dell’ispettrice governativa MariettaGuerrini sugli istituti visitati nell’anno scolastico 1892-93 (1893).

64. Parere della Giunta del Consiglio superiore della pubblicaistruzione, a firma del vicepresidente Angelo Bargoni, sulla ridu-zione del corso di studi nel Conservatorio degli Angiolini diFirenze (1895).

65. Il Conservatorio delle Mantellate di Firenze e il valore legaledel diploma.

a. Lettera dell’operaio del Conservatorio delle Mantellate diFirenze, Guido Parigi, al provveditore agli studi della pro-vincia Ernesto Masi (1899).

b. Istruzioni del ministro al provveditore agli studi della pro-vincia di Firenze sul diploma da rilasciarsi alle alunne delConservatorio delle Mantellate (1899).

66. Relazione di Giovanni Pascoli sull’ispezione al Conservatoriodi S. Elisabetta a Barga indirizzata al provveditore agli studi della

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Sommario

provincia di Lucca (1901).

67. Relazione dell’ispettrice governativa Marietta Guerrini sulConservatorio di S. Elisabetta a Barga (1902).

68. Relazione di Dora Melegari al ministro sui conservatori diFirenze (1907).

69. Rapporto al prefetto di Arezzo del commissario prefettiziodel Conservatorio di S. Caterina (1907).

70. Relazione al ministro di Emma Calvo, ispettrice del convittodell’Istituto superiore di magistero femminile in Monticelli, sull’i-spezione condotta nel Conservatorio di S. Chiara di CastiglionFiorentino (1909).

SEZIONE XIII. L’ISTRUZIONE PROFESSIONALE: MODELLI E SPERIMENTAZIONI

71. Promemoria della commissione promotrice dell’Istitutonazionale per le figlie dei militari italiani di Torino sul progettodi una scuola professionale femminile da aprirsi nell’ambito del-l’istituto, a firma di Tommaso Villa (1867).

72. Ordinamento della scuola professionale dell’Istituto SuorOrsola Benincasa di Napoli, a firma dell’ispettrice Adelaide DelBalzo Pignatelli principessa di Strongoli e della direttrice MariaAntonietta Pagliara (1892).

73. Relazione generale dell’ispettrice governativa MariettaGuerrini sugli istituti visitati nell’anno scolastico 1893-94 (1894).

74. Considerazioni e proposte di Ernestina Dal Co Viganò sull’i-struzione professionale femminile (1907).

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Nella non ricca letteratura di storia dell’istruzione manca una qualcheraccolta di fonti documentarie, già scarsamente edite o del tutto inedite, checostituiscono la base per ogni ricerca che non voglia limitarsi a una rassegnadel dibattito pedagogico ma voglia misurarsi da vicino con i nodi istituzionali,sociali e culturali che si riflettono e si intrecciano nella storia della scuola.

Senza poter avere - per ragioni oggettive relative all’attuale condizione deglistudi oltre che per ragioni di spese - l’ambizione di dar vita a una serie di volumiche, come un secolo fa i Monumenta Germaniae paedagogica, spaziasse per i secoli,per le diverse tradizioni locali, per gli ordini religiosi ecc., abbiamo voluto, per ora,offrire agli studiosi una raccolta di documenti, in più volumi, che servissero almenoad offrire un più modesto sussidio agli studiosi di storia della scuola nell’Italia unita.

Lieti se in un prossimo futuro altri potrà allargare lo spettro di una siffattaricerca (sia risalendo ai tempi anteriori all’unità nazionale, sia esaminando lenumerose fonti documentarie disperse negli Archivi di Stato periferici, negliarchivi degli enti locali, di istituzioni private, religiose ecc.), per ora ci siamolimitati alla presentazione di documenti conservati all’Archivio centrale delloStato (con la sola eccezione dei verbali del Consiglio superiore della pubblicaistruzione depositati presso il ministero omonimo) e relativi alla realtà scolasti-ca e universitaria del Regno d’Italia. I documenti presi in considerazione, ingenere, si collocano tra la legge Casati del 1859 e la legge Gentile del 1923.

I singoli volumi della collana sono curati in stretta collaborazione da unostudioso di storia e da un funzionario dell’Archivio centrale dello Stato: essihanno, in un comune lavoro, scelto i documenti a loro avviso più significativida una ampia serie di buste e filze fino ad ora scarsamente esaminate, nehanno curato la trascrizione, hanno provveduto a predisporre un sobrio appa-rato di note, ed hanno ad ogni volume premesso una introduzione illustrativaarticolata in una parte storica e in una parte più strettamente archivistica.

I volumi, che entreranno a far parte della collana Fonti curata dall’Ufficiocentrale per i beni archivistici, saranno raggruppati in due serie distinte: unaprima serie istituzionale che esaminerà i vari ordini di scuola (elementare,

PREMESSA

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Fonti per la storia della scuola

classica ecc.) o le varie istituzioni (Consiglio superiore, amministrazione centra-le ecc.); una seconda, monografica, che offrirà i documenti relativi a questioni eepisodi particolari ma significativi (inchieste, libri di testo ecc.).

La documentazione offerta dai singoli volumi è, per ragioni evidenti dispazi e di costi, antologica: in tal senso, oltre ad offrire una prima base docu-mentaria per gli studiosi, essa intende altresì fornire lo stimolo per più ampie edettagliate ricerche e per la predisposizione di inventari più dettagliati dei fondidisponibili. Va infine richiamata l’attenzione dei lettori sul fatto che la docu-mentazione versata presso l’Archivio centrale dello Stato, per la non regolaritàdei versamenti o in seguito a dispersioni, per lo più causate da eventi bellici, pre-senta vuoti e lacune che non possono non rispecchiarsi nella scelta dei docu-menti per i singoli volumi.

Ma il significato di questa iniziativa ci sembra vada al di là della stessa uti-lità che potranno trarne gli studi sulla storia della scuola in Italia per costruireun esempio della necessaria collaborazione fra il mondo degli studi e della ricer-ca e le istituzioni archivistiche, nel rispetto dei diversi ruoli e nella consapevolez-za di un possibile lavoro comune.

aprile 1994La direzione scientifica

La Premessa, apparsa dal 1994 nei volumi di questa collana di Fonti per lastoria della scuola, apparirà ancora sui volumi previsti che man mano vedrannola luce. Le poche cose che vogliamo aggiungere non intendono, infatti, modifica-re il piano originario dell’opera quale venne fissato allora dalla Direzione scien-tifica (Antonio Dentoni-Litta, Marino Raicich, Mario Serio, Giuseppe Talamo),ma svilupparlo secondo linee già concordate con Marino Raicich, che questa col-lana curò fino alla Sua scomparsa, il 7 giugno del 1996, con l’impegno, la com-petenza e la dottrina che ci hanno fatto sentire sempre più il grande vuoto cheha lasciato.

Come già previsto nella Premessa del 1994, contiamo negli anni futuri, con-servando le caratteristiche universalmente apprezzate della collana, di allargarelo spettro della ricerca: da un lato il termine ad quem si sposterà dalla primaguerra mondiale agli anni Sessanta/Settanta del Novecento, dall’altro si risaliràai tempi anteriori all’unità nazionale, facendo capo anzitutto agli Archivi diStato periferici, e poi agli archivi degli enti locali e di istituzioni religiose o private.

gennaio 2000La direzione scientifica

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INTRODUZIONE

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I. EDUCANDATI, CONSERVATORI, ISTITUTI DI BENEFICENZA FEMMINILI: IL DIFFICILE

COMPITO DEL MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE

Tra chiusi e privati “recinti” e nuova dimensione della realtà statuale

Non si può certo dire che, nel primo quarantennio postunitario, gli organi digoverno della scuola siano stati solleciti nello stimolare e promuovere la crescitadi un’istruzione femminile secondaria e superiore “parallela” o tanto meno pari –come siamo da tempo assuefatti a pensarla – a quella riservata agli uomini; qual-cosa che in realtà gli stessi intellettuali favorevoli allo sviluppo della cultura delledonne, e attenti alle esperienze realizzate all’estero, stentarono a intravedere e adefinire con la lungimiranza dimostrata in altri campi di interesse. In Italia leidee più avanzate del credo laico e liberal-moderato su natura, cultura e ruolifemminili, aggredite peraltro da clericali, moderati, conservatori e reazionari,assunsero anzi sul piano legislativo forme e valenze tanto deboli da non riuscirea produrre – a differenza, ad esempio, di quanto avvenne in Francia – risultatiincisivi1. Sintomatica appare la totale mancanza di progettualità sull’istruzionesecondaria femminile già più volte rilevata nella legge 13 novembre 1859(Casati)2. Inchieste e dibattiti parlamentari – compresa la stessa inchiesta del1872-75 legata al nome del ministro Scialoja, che pure promuoveva ufficialmente

1 Sulla storia – esemplare in tal senso – delle origini e dello sviluppo degli Istituti superioridi magistero femminile di Roma e di Firenze cfr. G. DI BELLO, L’Istituto Superiore di MagisteroFemminile nell’Ottocento, in Documenti e ricerche per la storia del Magistero, a cura di G. DI

BELLO - A. MANNUCCI - A. SANTONI RUGIU, Firenze, Manzuoli, 1980, pp. 23-75. Per la vicenda dellecosiddette scuole superiori femminili si veda più avanti. Per un parallelo tra Italia e Francia ealcune interessanti riflessioni su quelli che si possono a ragione definire i vantaggi dell’arretra-tezza italiana – nel nostro paese non si giunse mai, come in Francia, alla creazione di licei fem-minili con programmi diversi da quelli adottati nei licei maschili – cfr. M. RAICICH, Liceo, uni-versità, professioni: un percorso difficile, in L’educazione delle donne. Scuole e modelli di vitafemminile nell’Italia dell’Ottocento, a cura di S. SOLDANI, Milano, Angeli, 1989, pp. 147-181, e inparticolare pp. 162-164. Sulla storia dell’istruzione femminile in Francia e la legge Camille Séeper la creazione dei licei femminili, cfr. F. MAYEUR, L’enseignement secondaire des jeunes fillessous la Troisième République, Paris, Presses de la Fondation nationale des sciences politiques,1977; ID., L’éducation des filles en France au XIXe siècle, Paris, Hachette, 1979.

2 La legge Casati, nell’ordinamento della scuola elementare, riconosceva il principio dellaparità dei sessi, mentre, al di là dell’istruzione elementare, prefigurava per le donne solo la viadella scuola normale, a fini professionali, con un approccio alla questione dell’istruzione fem-minile di cui sono evidenti al tempo stesso aperture e limiti; cfr. E. DE FORT, La scuola elemen-tare dall’Unità alla caduta del fascismo, Bologna, il Mulino, 1996, p. 56 e seguenti.

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un’indagine sulla «istruzione secondaria maschile e femminile»1 – offrirebberoripetute e chiare conferme dell’incapacità di allargare e ridefinire dinamicamenteil campo dell’istruzione femminile superiore all’elementare come valore in sé(quindi, andando oltre la funzione professionale della scuola normale).

A fronte della carenza di iniziative innovatrici, notevole fu, al contrario, l’atten-zione rivolta dagli organi direttivi della Pubblica istruzione alla situazione di edu-candati, conservatori, Opere pie, deputati, da un capo all’altro del paese, prima edopo l’Unità, ad educare, istruire, tutelare bambine ed adolescenti. Lo rivelaappieno proprio il tormentato, faticoso iter di affermazione dell’autorità statale,fatto di tentativi di stabilire regole, procedure e modalità di controllo e di introdur-re riforme, sia pure parziali e frammentarie, che i fondi che ci si accinge a presen-tare documentano ampiamente; e con una ricchezza e vivacità di voci e prese diposizione che sembra, quasi paradossalmente, direttamente proporzionale allamarginalità di tali istituti nella costruzione del sistema di istruzione nazionale.

Effetto di una “rimozione” del problema? Quello, cioè, della mancata riela-borazione del concetto di istruzione femminile alla luce di nuovi parametri, edell’assenza di sbocchi sul piano legislativo2 delle questioni che tale carenza sol-levava? In realtà, gli educandati riempirono per tutto il primo quarantenniopostunitario un vero e proprio vuoto istituzionale, e la loro vicenda, registratadalle carte che si conservano nei fondi del Ministero della pubblica istruzione,permette di osservare sia le inevitabili difficoltà, sia le contraddizioni emerse dalconfronto dello Stato unitario con realtà ancora fortemente radicate nel presente,e non con un semplice residuo del passato: era di solito agli educandati – equasi sempre, per forza di cose, agli innumerevoli educandati condotti da reli-giose – che i membri della nuova classe dirigente pensavano in quei decenniquando facevano riferimento alla formazione delle proprie figlie. Se poi giunge-vano a toccare il tema del disciplinamento o degli orari di scuola e di lavorodelle ragazze ricoverate nelle Opere pie, sapevano di sollevare questioni delica-te e di non poco conto, che interferivano con interessi e rapporti di potere con-solidati in seno al notabilato locale. Ed è inoltre proprio guardando agli istitutipreesistenti caratterizzati dalla presenza dell’internato – seppure comunemente

Fonti per la storia della scuola22

1 Cfr. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, L’inchiesta Scialoja sulla istruzione secondariamaschile e femminile (1872-1875), a cura di L. MONTEVECCHI e M. RAICICH, Roma, Ministero peri beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1995. Per le finalità dell’in-chiesta, caratterizzata da un’impostazione fortemente politica, si veda anche P. MACRY, La que-stione scolastica: controllo, conoscenza, consenso (1860-1872), in «Quaderni storici», 1980,45, pp. 867-893, e in particolare pp. 881-885.

2 Su tali aspetti – sul piano legislativo, la questione dei collegi-convitti femminili è una sto-ria di riforme discusse e annunciate, ma ben raramente giunte in porto o concretamente e coe-rentemente applicate – si veda il saggio di Paola Puzzuoli in questo stesso volume.

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accompagnato da scuole separate per esterne – che si colgono le radici sociali epolitiche della complessità della questione dell’istruzione femminile, nelle pie-ghe delle stratificazioni profonde di quelle forme di educazione di genere,comunemente impartita da suore o oblate, su cui si erano imperniati nel passatoregole di condotta e programmi di studio o di lavoro in seno a educatori per“signorine” o a istituti assistenziali per ragazze povere e «pericolanti».

Si trattava, come vedremo meglio in seguito, di un disparato coacervo di strut-ture educative e assistenziali che allora non si poteva né intendeva sostituire coninnovazioni istituzionali, e che non sarebbe stato facile lasciarsi rapidamente allespalle, né, tanto meno, liquidare in tempi brevi. Non c’è bisogno di insistere inquesta sede sul fatto che altre furono le nuove strade maestre che portarono allacrescita dell’alfabetizzazione femminile, o all’avvicinamento e all’accesso delledonne all’istruzione secondaria e aprirono per loro una stagione di emancipazionenel campo dell’insegnamento1. Quell’antico patrimonio di collegi-convitti, conser-vatori e ricoveri, con la sua corposa consistenza, con le sue particolari e moltepliciconfigurazioni giuridiche che avrebbero contribuito fortemente alla frammentazio-ne e al rallentamento degli interventi ministeriali, con ordinamenti disciplinari e

Introduzione 23

1 Molte le analisi oggi disponibili per illuminare questo difficile e accidentato percorso. Perun panorama generale attento allo studio del versante femminile basti qui citare: sulle dinami-che dell’alfabetizzazione G. VIGO, Istruzione e sviluppo economico in Italia nel secolo XIX,Torino, ILTE, 1971; L. FACCINI - R. GRAGLIA - G. RICUPERATI, Analfabetismo e scolarizzazione, inStoria d’Italia, VI, Atlante, Torino, Einaudi, 1976, pp. 756-781; D. MARCHESINI, L’analfabetismofemminile nell’Italia dell’Ottocento: caratteristiche e dinamiche, in L’educazione delle donne...cit., pp. 37-56. Si sofferma anche sull’andamento e sul peso della scuola privata X. TOSCANI,Alfabetismo e scolarizzazione dall’Unità alla guerra mondiale, in Cattolici, educazione e tra-sformazioni socio-culturali in Italia tra Otto e Novecento, a cura di L. PAZZAGLIA, Brescia, LaScuola, 1999, pp. 283-340. Sulla scuola normale, ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, L’istruzionenormale dalla legge Casati all’età giolittiana, a cura di C. COVATO e A.M. SORGE, Roma,Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1994; sullafigura e il ruolo della maestra elementare nell’Italia unita cfr. S. SOLDANI, Nascita della maestraelementare, in Fare gli italiani. Scuola e cultura nell’Italia contemporanea, a cura di S.SOLDANI e G. TURI, I, La nascita dello Stato nazionale, Bologna, il Mulino, 1993, pp. 67-129; ID.,Maestre d’Italia, in Il lavoro delle donne, a cura di A. GROPPI, Roma-Bari, Laterza, 1996, pp.368-397; C. COVATO, Un’identità divisa. Diventare maestra in Italia fra Otto e Novecento,Roma, Archivio Guido Izzi, 1996 e, per tutti i temi cui si è accennato, Le donne a scuola.L’educazione femminile nell’Italia dell’Ottocento, Catalogo della mostra documentaria e icono-grafica, Siena, febbraio-aprile 1987, Firenze, «Il Sedicesimo», 1987. Infine, oltre a M. RAICICH,Liceo, università, professioni... cit., sull’accesso delle donne all’istruzione secondaria e superio-re e sulla loro emancipazione sul terreno dell’insegnamento nella scuola pubblica e laica sivedano in particolare S. SOLDANI, Lo Stato e il lavoro delle donne nell’Italia liberale, in «Passatoe presente», 1990, 24, pp. 23-71 e i nuovi percorsi di ricerca aperti da Rosanna Basso con i suoirecenti volumi: R. BASSO, Stili di emancipazione. Donne nelle professioni nel Salento di iniziosecolo, Lecce, Argo, 1999 e ID., Donne in provincia. Percorsi di emancipazione attraverso lascuola nel Salento tra Otto e Novecento, Milano, Angeli, 2000.

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programmi di studio arretrati – non ultimo diretto o indiretto lascito dei governirestaurati – e con tutte le sue molteplici caratterizzazioni locali, nelle aree profon-damente diverse di un paese lontano da un’effettiva unificazione, premeva alleporte del Ministero della pubblica istruzione con una miriade di problemi delicatie scottanti; ma la stragrande maggioranza degli educatori non rientrava tra quellidipendenti dal ministero o da enti locali. Era composta invece di istituti privati eretti da associazioni religiose, che allora attraversavano una fase acuta di scontro –dichiarato o latente – nei confronti dell’ordine costituito. Ed era proprio in largaparte al loro interno che, fino ad allora, si erano forgiati e continuamente rimodel-lati, nel loro concreto operare, regole e metodi didattici e comportamentali, attra-verso un’interazione con la domanda sociale di educazione e istruzione femminilee sotto le spinte delle specifiche richieste avanzate dall’utenza.

Tentare di rispondere alle domande poste da una situazione così intricata ecomplessa rappresentava quindi un passo obbligato anche per chi, a capo delgoverno della pubblica istruzione, convinto dell’importanza di praticare le stradedella scuola elementare e normale laica, avesse voluto sfuggirvi; tanto più in unaprolungata assenza di canali predisposti dallo Stato per l’istruzione superioreall’elementare delle ragazze della borghesia – ormai considerata un bene neces-sario – da contrapporre agli istituti clericali. Il pur prestigioso lascito di educan-dati regi e governativi passato dai governi degli Stati preunitari allo Stato nazio-nale pareva una goccia nel grande pelago degli istituti di educazione e di istru-zione femminile. Fu necessario varare il processo di laicizzazione degli istituti dicui i passati governi avevano definito il carattere laico inquadrandoli nell’ordina-mento dell’istruzione pubblica, come nel caso dei conservatori della Toscana,gestiti da oblate; di altri – come i Collegi di Maria della Sicilia – chiarire la confi-gurazione giuridica per appurarne la dipendenza dal Ministero della pubblicaistruzione o da quello degli Interni rappresentò, per così dire, un percorso adostacoli, con esiti spesso poco felici per il governo della scuola.

Rispetto al complesso di questi istituti, gli educatori privati diretti da asso-ciazioni religiose potevano vantare una schiacciante superiorità numerica, asso-ciata a una differenziazione dell’offerta che li rendeva economicamente accessi-bili alle varie stratificazioni dei ceti medi. Secondo i dati che emergono dallastatistica presentata nel 1900 al ministro Nicolò Gallo dal capo divisioneGiuseppe Castelli, gli istituti femminili di educazione e di istruzione censitiassommavano in tutta Italia a un totale di 1429. Quelli definiti pubblici ed edu-cativi (educandati comunali e provinciali compresi) a fine secolo risultavano 86.Dei 515 istituti di educazione privati, 471 erano religiosi e solo 44 laici. Altri 615istituti, di cui 445 religiosi e 170 laici, venivano raggruppati tra le Opere pie,mentre su 173 istituti privati di beneficenza, non eretti in ente morale, 159 risul-tavano sorti ad opera di ecclesiastici o di associazioni religiose, specialmente

Fonti per la storia della scuola24

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nell’ultimo quarantennio1. Per decenni, di un numero elevato di istituti retti dareligiose si era ignorata non di rado persino l’esistenza. I “censimenti” che neavevano segnalato la presenza nelle varie province2, infatti, erano stati a lungolacunosi, ma lo sforzo conoscitivo di un intero quarantennio permise alle indagi-ni di fine Ottocento di ricostruirne una mappa attendibile, per quanto ancoraincompleta e imperfetta, come la definiva Castelli3.

In effetti, ciò che colpisce nella vasta documentazione qui esaminata è, inprimo luogo, proprio il progetto ministeriale di acquisire informazioni e, al tempostesso, controllo sugli istituti diretti da associazioni religiose: un progetto che ladirezione della pubblica istruzione perseguì con fatica ma con costanza dall’Unitàalla fine del secolo – seppure non senza contraddizioni, e inadeguatezza di mezzinell’opera di rilevazione dei dati – appellandosi innanzitutto al diritto di vigilanzasu scuole e istituti privati stabilito dalla legge Casati quanto ai punti fondamentali«della morale, dell’igiene, delle istituzioni dello Stato e dell’ordine pubblico» (art.3). Di qui, l’ampiezza della prospettiva e del raggio di indagine, e la straordinariamesse di documentazione, legata in gran parte proprio all’esercizio dei compiti divigilanza sugli innumerevoli educatori privati, in Italia, tradizionalmente, religiosi.

Non è difficile fornire una prima spiegazione generale di questa linea dipolitica scolastica. Per il governo centrale della pubblica istruzione e i suoi rap-presentanti periferici, la questione degli educandati femminili che, in larga parteretti o gestiti da religiose, costituivano il canale privilegiato per l’educazionedelle ragazze di «civile condizione», ebbe una forte valenza politica nei decenniin cui si cercò di gettare le basi dell’identità e della cultura nazionale rivolgendo-si, in primo luogo, proprio a quei ceti medi da acculturare che venivano consi-derati il fondamentale anello della grande operazione pedagogica promossadalle classi dirigenti, l’insostituibile cerniera tra «le due nazioni». Inscrivere nellepieghe del processo di formazione della nuova classe dirigente un progetto di

Introduzione 25

1 A tutti questi istituti se ne aggiungevano infine 40 privati definiti misti (con «il doppiocarattere di quelli educativi e di quelli di beneficenza»), di cui 39 religiosi; cfr. MINISTERO DELLA

PUBBLICA ISTRUZIONE, Relazione presentata a S.E. il Ministro della Pubblica Istruzione Prof.Comm. Nicolò Gallo sugli istituti femminili di educazione e di istruzione in Italia dal DirettoreCapo di Divisione Prof. Comm. Giuseppe Castelli, Roma, Tip. Ditta Ludovico Cecchini, 1900.

2 Sulle vicende della statistica scolastica nel primo quarantennio postunitario cfr. P. MACRY,La questione scolastica... cit.; E. DE FORT, Scuola e analfabetismo nell’Italia del ‘900, Bologna,il Mulino, 1995, p.11 e sgg.; per un inquadramento generale, D. MARUCCO, L’amministrazionedella statistica nell’Italia unita, Roma-Bari, Laterza, 1996. Per questo tema, ma anche per unarassegna delle inchieste statistiche che in quei decenni presero in considerazione educandati,conservatori e istituti di beneficenza femminili pubblici e privati, si veda l’introduzione di PaolaPuzzuoli al presente volume.

3 Cfr. Archivio centrale dello Stato [d’ora in poi ACS], Ministero della pubblica istruzione[d’ora in poi MPI], Dir. gen. istruzione primaria e popolare, 1897-1910, b. 289, fasc. «1900.Istituti femminili. Notizie», il direttore generale G. Castelli al ministro, settembre 1900.

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recupero ai valori laici e nazionali delle «donzelle italiane», sottratte «all’azionediretta del potere civile a cui [era] commessa l’educazione pubblica»1 rappresen-tava una necessità politica. L’azione svolta dal governo in direzione della secola-rizzazione, che fu portata sul terreno degli istituti gestiti o retti da religiose, ebbetuttavia esiti alterni, non sempre coerenti con gli intenti riformatori, anche se laSinistra, verso l’inizio degli anni Ottanta, sotto le pressioni della massoneria, siimpegnò in modo ben più determinato su questo versante della battaglia per lalaicizzazione. A frenare l’azione riformatrice contribuì l’esigenza di nonapprofondire la rottura con la Chiesa e di cercare il consenso sia di oligarchielocali che coltivavano un rapporto di intesa e di collaborazione col clero, sia diceti medi fortemente regionalizzati e poco propensi a una cultura moderna, leune e gli altri favorevoli in genere a confidare l’educazione delle ragazze a suoree oblate. Grazie alle tradizionali garanzie che si pensava venissero offerte dall’e-ducazione confessionale per la formazione morale delle giovani, a rette relativa-mente basse e al ruolo di primo piano assegnato ai lavori d’ago e di ricamo –unico ma apprezzato patrimonio “tecnologico” delle monache – le associazionireligiose godevano di un’ottima reputazione.

D’altro lato, le stesse contraddizioni sulla riforma dell’educazione femminilein seno alla Destra e alla Sinistra (massoneria compresa) nascondevano unadebolezza di fondo: la sfiducia, se non la paura, nei confronti di una formazionemorale laica delle donne e la propensione a incardinarne saldamente etica eregole di vita alla religione e alle pratiche di pietà, diffusissima anche presso leclassi dirigenti liberali, orientate a un semplice e cauto aggiornamento e non auna trasformazione dei parametri di un’educazione “di genere”. Non a caso ladocumentazione ottocentesca su educandati, conservatori, istituti di beneficenzaconservata presso l’Archivio centrale dello Stato non è attraversata dalle polemi-che sull’insegnamento della religione che accompagnarono tutta la storia dellascuola italiana, e che, nel periodo qui considerato, furono particolarmente acce-se. L’istruzione religiosa, comunemente giudicata essenziale per la formazione diragazzi e ragazze non educati in ambito familiare, e ritenuta il cardine del disci-plinamento morale delle donne, richiesta dalle famiglie in tutti gli educandati,rivestì un ruolo indiscusso anche in quelli pubblici e laici2. Anche per l’intima

1 Così si esprimeva Girolamo Buonazia nell’introduzione alla Statistica delle scuole femmini-li normali, magistrali, superiori, complementari e degli istituti femminili d’istruzione seconda-ria, in Atti Parlamentari [d’ora in poi AP], Camera dei deputati, legislatura XIII, sessione del 1878-1879, Documenti, n. 216, Disegno di legge per l’istruzione secondaria classica presentato dalministro dell’istruzione pubblica (Coppino) nella tornata del 5 maggio 1879, all. 14 bis, p. 83.

2 Un caso tanto burrascoso quanto raro è quello delle polemiche scoppiate in occasionedella visita dell’ispettrice governativa Felicita Morandi all’orfanotrofio femminile di Cremona,dove erano state ridotte le abbondanti pratiche di pietà e dove, in base alla legge 15 luglio

Fonti per la storia della scuola26

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debolezza di queste posizioni, e per l’indifferenza al valore autonomo dell’iden-tità e della cultura femminili, la questione della laicizzazione di educandati e con-servatori acquistò visibilità soprattutto a livello locale diventando occasione diturbolenti scontri politici sul controllo degli istituti, ma solo saltuariamente giunsea divenire argomento di dibattiti di rilievo nazionale.

È vero però che, se sul versante dell’universo femminile uno dei tratti fonda-mentali della «transizione alla contemporaneità» fu «l’infittirsi dei suoi rapporti –diretti e mediati, volontari e involontari – con lo Stato, con le sue strutture e i suoipoteri, con le sue norme e la sua autorità, con le sue iniziative e le sue classi diri-genti»1, per tutte le categorie di istituti, ma specialmente nel caso di quelli direttida religiose, l’azione del ministero, introducendo elementi dissonanti col caratterestrettamente privato di spazi e modalità formative tradizionali dell’educazionefemminile, tendeva ad accorciare la distanza da una dimensione pubblica dell’e-ducare e dell’istruire e a contrastare, non soltanto le posizioni dell’agguerrito edampio schieramento clericale, ma anche quelle di varie aree dell’opinione pubbli-ca laica, orientate a mantenere la formazione delle donne nel suo ambito privile-giato, cioè entro la sfera del privato, in base al principio della loro “naturale” ecompleta estraneità alla sfera esterna alla casa e alla famiglia. Non poca rispon-denza trovava, nelle prassi consolidate dall’uso e dalla tradizione, la linea estre-mizzata dalla «Civiltà Cattolica», secondo la quale lo Stato non poteva vantarealcun diritto di ingerenza sulla sfera che circoscriveva l’esistenza femminile, nonessendo le donne destinate alla vita pubblica2. Così, se la battaglia dell’intransi-

Introduzione 27

1877 che l’aboliva implicitamente, l’istruzione religiosa, con una modifica del regolamentodell’istituto approvato nel 1878 dalla Deputazione provinciale, era stata sostituita dall’insegna-mento delle «prime nozioni dei doveri dell’uomo e del cittadino», ovvero da «lezioni di mora-le». La Morandi, nel suo rapporto al ministro del 1° maggio 1883, aveva rilevato la gravità diquell’assenza, giudicando l’insegnamento religioso «doppiamente» indispensabile a rafforzareil «sentimento morale» per «le povere figlie del popolo»; cfr. ACS, MPI, Div. scuole primarie enormali, 1860-1896, b. 208, fasc. «Tit. 27. Cremona. 12». Sulla tendenza di alcuni comuni adabolire l’insegnamento religioso nelle scuole elementari, manifestatasi verso la fine degli anniSessanta in città delle province settentrionali dell’ex Stato pontificio, ed estesasi poi ad altricentri, tra i quali, appunto, Cremona, cfr. G. VERUCCI, L’Italia laica prima e dopo l’Unità,Roma-Bari, Laterza, 1981, pp. 145-146; G. BONETTA, Scuola e socializzazione fra ‘800 e ‘900,Milano, Angeli, 1989, pp. 133-135; C. BETTI, La religione a scuola tra obbligo e facoltatività(1859-1923), Firenze, Manzuoli, 1989, pp. 19-23 e passim; S. PIVATO, Pane e grammatica.L’istruzione elementare in Romagna alla fine dell’800, Milano, Angeli, 1983, pp. 83-84.

1 Come è stato giustamente rilevato da Simonetta Soldani in Lo Stato e il lavoro delledonne... cit., p. 23.

2 Secondo la rivista dei gesuiti lo Stato avrebbe dovuto limitarsi a favorire «gli educatoriiche più sono in voga», notoriamente in larga maggioranza diretti da religiose, come affermaGiovanni Giuseppe Franco, per la direzione della rivista, nella sua risposta ai quesiti dell’in-chiesta Scialoja, datata 6 marzo 1873, in ACS, MPI, Div. scuole medie, 1860-1896, b. 9, fasc. 68,

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Fonti per la storia della scuola

gentismo cattolico contro l’introduzione della legge sull’obbligo scolastico indi-viduò nella famiglia non solo il luogo educativo originario, consacrato all’educa-zione cristiana dei figli, ma anche, e soprattutto, «un luogo di resistenza alla pre-tesa educativa dello Stato liberale»1, condannare quell’inedita profanazione dellasacralità del focolare domestico da parte dello Stato significò anche rielaborare econsolidare un messaggio antico, dotato di forte presa sulla società.

L’intervento del ministero poneva dunque in rapporto due poli ritenuti anti-tetici: “il femminile” e lo Stato, favorendo, almeno in linea di principio, processidi modernizzazione diretti a interferire persino con i destini delle ragazze poste«in educazione» nei monasteri di clausura, oppure all’interno delle Opere pie,dipendenti dal Ministero degli interni, ma vigilate da quello della pubblica istru-zione per controllare il rispetto dell’obbligo scolastico, là dove il duro lavoro ela preghiera imposti alle ricoverate lasciavano ben poco tempo alla scuola.

Per l’età moderna e fino alla Restaurazione, come luoghi di ritiro e di reclu-sione dove la formazione delle giovani ruotava sostanzialmente attorno allepratiche religiose e ai lavori muliebri, gli istituti femminili educativi e assisten-ziali sono stati al centro di studi di storia sociale di notevole ricchezza e com-plessità2. Per il periodo postunitario, invece, sotto il profilo istituzionale, essen-ziale per comprendere le dinamiche di un’estensione dell’autorità statale chemirava a toccare in profondità usi e costumi dell’educazione femminile, il temaha finora meritato ben poche ricerche di ampio respiro3. Per i disomogeneiambiti istituzionali circoscritti dalla documentazione qui presa in esame, quasicompletamente dimenticati dalla storiografia sulla scuola fino alla metà degli

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edita in ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, L’inchiesta Scialoja... cit., pp. 476-477. 1 A. ACERBI, Educazione, famiglia e società nel magistero pontificio, in Cattolici, educa-

zione e trasformazioni socio-culturali... cit., p. 44.2 Tra gli studi che hanno privilegiato la storia di genere inscritta negli istituti assistenziali

femminili, penso, ad esempio, ai lavori di Sandra Cavallo, Luisa Ciammitti, Angela Groppi,Laura Guidi, Lucia Ferrante, Daniela Lombardi, Daniela Maldini, Lucia Valenzi; ma il rimando èpuramente indicativo.

3 Per una visione dei problemi emersi da vari sondaggi compiuti sui fondi del Ministerodella pubblica istruzione riguardanti gli educatori femminili nel primo quarantennio postunita-rio, rimando ad alcuni miei saggi che preludono a questo studio: S. FRANCHINI, L’istruzione fem-minile in Italia dopo l’Unità: percorsi di una ricerca sugli educandati pubblici di élite, in«Passato e presente», 1986, 10, pp. 53-94; ID., Gli educandati nell’Italia postunitaria, inL’educazione delle donne... cit., pp. 57-86; ID., Élites ed educazione femminile nella costruzio-ne del sistema di istruzione nazionale: i confini delle riforme, in Le Italie dei notabili: il puntodella situazione. Atti del Convegno, Pescara, 5-8 marzo 1998, a cura di L. PONZIANI, in «Abruzzocontemporaneo», 2000, 10-11, pp. 129-147. Per quanto riguarda la documentazione relativa aicollegi-convitti femminili depositata presso l’Archivio centrale dello Stato, occorre poi citarealcune presentazioni di fonti che si concentrano su uno dei fondi archivistici qui considerati(Direzione generale per l’istruzione primaria e popolare, Istituti femminili, Ispezioni e relazio-

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Introduzione

anni Ottanta1, mancano persino studi sugli aspetti normativi, e tanto più se nerileva la carenza per quanto attiene alla fase dell’applicazione, che degli inter-venti normativi di vario tipo ha spesso modificato la portata, gli effetti, per nonparlare del reale impatto. A maggior ragione, l’introduzione storica dovrà,necessariamente, limitarsi ad una presentazione delle questioni e dei nodi pro-blematici principali, trascurando non pochi temi, pur di grande interesse, di cuisolo indagini successive potranno sondare tutto lo spessore. Si cercherà di farlo,anche attraverso qualche significativa esemplificazione, sia soffermandosi sullediverse tipologie di istituti per chiarirne storia, fisionomia e natura delle relazio-ni con le autorità scolastiche, sia individuando i fili conduttori che percorrono ilvasto patrimonio documentario sugli istituti di educazione e di istruzione fem-minile conservato, appunto, presso l’Archivio centrale dello Stato.

È un fatto che, specialmente negli istituti retti o gestiti da religiose, l’impat-to con lo Stato unitario fu drammatico, e non solo negli anni immediatamentesuccessivi all’unificazione. Ma, al di qua e prima di tale forte dissidio, collegi,conservatori, istituti di beneficenza, avevano tuttavia costituito dei microcosmidi vita e di educazione femminile, con una propria storia e proprie tradizioni2. Idocumenti ce ne presentano uno spaccato che, passando per tutti i gradi inter-medi, va dai prestigiosi educandati governativi, o da quelli altrettanto elitaridelle Dame inglesi di Lodi o di Vicenza, al più miserabile e sudicio ricovero

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ni, 1884-1902) e che ne hanno messo in luce la ricchezza, legata al rilevante ruolo svolto dalleispettrici governative, nuove figure create nel 1875 per la visita dei collegi-convitti femminili: inun’ottica di storia locale, E. DE FORT, Istituti femminili di educazione e d’assistenza a Torinonel secondo Ottocento, in Dal Piemonte all’Italia. Studi in onore di Narciso Nada nel suo set-tantesimo compleanno, a cura di U. LEVRA e N. TRANFAGLIA, Torino, Comitato di Torinodell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 1995, pp. 297-312; si inserisce invece nell’am-bito degli studi sulla storia delle religiose una pubblicazione di fonti riservata alle relazioni ispet-tive sugli istituti delle Figlie di Maria Ausiliatrice (alle quali l’autrice ha dedicato uno studiomonografico): G. LOPARCO, L’attività educativa delle Figlie di Maria ausiliatrice in Italia attra-verso le ispezioni governative (1884-1902), in «Ricerche storiche salesiane», 2002, 1, pp. 49-106.

1 Tra le poche eccezioni va ricordata, in particolare, la sensibilità dimostrata da DinaBertoni Jovine nell’inserire questo tema all’interno della storia della scuola e dell’istruzione.Cfr. D. BERTONI JOVINE, Funzione emancipatrice della scuola e contributo della donna all’atti-vità educativa, in L’emancipazione femminile in Italia. Un secolo di discussioni, Firenze, LaNuova Italia, 1963, pp. 223-269.

2 Vale la pena di osservare in proposito che nuove prospettive per la storia di genere sisono aperte a partire dalla fine degli anni Novanta con l’avvio di una serie di sondaggi sullescritture femminili nascoste e “intessute” tra quelle maschili nelle carte d’archivio; dei primi,parziali censimenti, nati da un approccio che sembra rivelarsi assai fertile, non pochi riguarda-no le carte di conservatori e monasteri femminili, microcosmi finora in ombra di religiose ed“educande”. Per alcune premesse di metodo e prime proposte si vedano Donne a Roma.Ruoli sociali, presenze pubbliche e vite private. Atti del Convegno di Studi, Roma 1-2 dicem-bre 1999, in «Rivista storica del Lazio», 2000/2001, 13-14; Scritture femminili e Storia, a cura di

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Fonti per la storia della scuola

dove talvolta, negli stessi locali, alle giovani si mescolavano donne ormai vec-chie, private di dignità umana e di speranze. Infatti, come mostra con chiarezzal’introduzione allo studio dei fondi sotto il profilo archivistico, i nuclei princi-pali della documentazione si strutturarono sostanzialmente attorno ad alcunecoordinate essenziali: innanzitutto, la presenza costante dell’internato (puraccompagnato da scuole per esterne), che rimandava a spazi chiusi, anche semai ermeticamente, all’esterno, tipici dei costumi e delle tradizioni educative odi tutela quando i soggetti in causa erano bambine, adolescenti e giovanidonne. In base alla destinazione femminile si giustificava poi in quei decenni,ai fini dell’amministrazione scolastica, l’aggregazione degli educatori al ramodelle scuole in cui si impartiva l’istruzione primaria; cosa quasi scontata, all’e-poca, e che non implicava giudizi negativi sullo status dell’utenza degli edu-candati di élite. Prima che la forza trainante della scuola normale1 agisse da sti-molo anche per gli educandati, questi erano comunemente dotati, oltre che delcorso elementare, tutt’al più degli ambìti, ma in realtà spesso assai modesti eabborracciati, corsi «perfettivi», oscillanti tra studi «ornamentali» (musica strumen-tale, disegno di paesaggio e di figura, danza, portamento, lavori d’ago e ricamo«di lusso») e «lavori donneschi». Ma, specialmente negli istituti di beneficenza,per lo più si impartiva soltanto l’istruzione elementare obbligatoria, limitata alcorso inferiore, consentendo alle «ricoverate» di andare poco oltre le prime erudimentali tecniche nel maneggio dell’alfabeto.

Sebbene sia necessario analizzare storicamente le demarcazioni tra le variecategorie di collegi-convitti o tra le diverse sezioni di una stessa struttura quandosono destinate ad aree di utenza diverse, grazie a questa organizzazione “in ver-ticale” del materiale documentario una visione complessiva dei fondi permettedunque di individuare gli aspetti che collegano, con un filo più o meno sotterra-neo, le norme e le prassi educative registrate, le zone di confine tra di esse, icomplessi intrecci tra genere e classe sociale di appartenenza e le modalità dellaloro evoluzione nel tempo. Da tale punto di vista, le fonti mostrano anzi unastraordinaria, inesauribile ricchezza.

Certo, il materiale consultabile nei fondi del Ministero della pubblica istru-zione presso l’Archivio centrale dello Stato, a differenza degli archivi delle singo-

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L. GUIDI, Università degli Studi di Napoli Federico II, Napoli, ClioPress - Dipartimento diDiscipline storiche “Ettore Lepore”, 2004; Carte di donne. Per un censimento regionale dellascrittura delle donne dal XVI al XX secolo, a cura di A. CONTINI e A. SCATTIGNO, Roma, Edizionidi Storia e Letteratura, 2005.

1 Sulla duplice funzione di scuole professionali e di scuole di istruzione secondaria femmi-nile svolta di fatto dalle normali si sofferma in particolare T. BERTILOTTI, Tra offerta istituziona-le e domanda sociale: le scuole normali dall’Unità alla «crisi magistrale», in «Annali di storia

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Introduzione

le istituzioni, che talvolta sono stati conservati, ne documenta solo rapsodica-mente la vita interna. Quando però i fascicoli riguardano gli educatori dipenden-ti dal ministero, gettano su di essa fasci di luce intensa tramite i rapporti su que-stioni che si distaccano dalla normale routine, ma che tuttavia ricorrono periodi-camente, come quelle riguardanti il personale e la gestione dei bilanci. In parti-colare, le relazioni ispettive che, anche grazie all’accentuato centralismo delministero, tendono a “fotografare” la vita interna degli istituti e la loro collocazio-ne nel contesto locale, permettono di cogliere elementi chiave e preziosi dettagliche bastano già a comporre un primo quadro d’insieme assai articolato. D’altrolato, il ministero o le autorità scolastiche locali non sono gli unici attori di questiscenari, ancora tutti da ricostruire; anche la direzione e la gestione di educatori e«ricoveri» e gli stessi interni dove le ragazze vivevano con le loro educatrici sipossono guardare da varie diverse angolature. Se, poi, in ultima istanza, l’otticaprivilegiata è quella, duplice, della conoscenza e del controllo da parte dell’auto-rità statale, studiare queste istituzioni guardando sia alla complessità della lorostruttura sia al loro stesso impatto sociale e alle forze centrifughe tra cui eranocontese – aspetti, questi, ampiamente documentati – aiuta, a sua volta, a sondaregli interventi del governo sul terreno sul quale si dovevano effettivamente misu-rare, anche ai fini di una valutazione della linea dell’accentramento e del poten-ziamento delle attribuzioni statali prevalsa a breve distanza dall’Unità1.

Una messe di informazioni qualitativamente più modesta viene necessaria-mente trasmessa dalla pur abbondantissima documentazione che concerne gliistituti privati, per lo più retti da religiose. Ai monasteri di clausura, che conti-

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dell’educazione e delle istituzioni scolastiche», 1995, 2, pp. 379-392.1 È perseguendo una politica di estensione e accentramento del controllo sulle istituzioni

educative che lo Stato entrò inevitabilmente in conflitto con la Chiesa. Sul faticoso processo diseparazione dei poteri tra Stato e Chiesa, che coinvolse tutti gli schieramenti politici, fonda-mentale appare l’analisi di lungo periodo di Carmen Betti (La religione a scuola... citata). Perquanto riguarda l’età della Destra storica cfr. S. SOLDANI, The Conflict between Church andState in Italy on Primary Education in the period following Unification (1860-1877), inL’offre d’école au XIXe siècle / The Supply of Schooling in the XIXth Century, a cura di W.FRIJHOFF, Publications de la Sorbonne, Institut national de recherche pédagogique, Paris, 1983,pp. 97-110. Per un panorama delle forze laiche fra il 1848 e il 1876, dei loro limiti e contraddi-zioni interne e al tempo stesso del loro contributo a una crescita della coscienza civile, cfr. G.VERUCCI, L’Italia laica... citata. Sul tema del conflitto tra Stato e Chiesa, oltre a noti studi cui perbrevità basta accennare (Bertoni Jovine, Scoppola, Talamanca, Tomasi), sono da segnalareanche diversi e più recenti filoni di ricerca, direttamente o indirettamente collegati alla storiadella scuola e dell’educazione, che mostrano la necessità di valutare il ruolo svolto dalle con-gregazioni religiose e dal fiorire di nuove forme di spiritualità e di aggregazione dei cattolici,oppure quella di porre al centro gli elementi di continuità rispetto all’Italia preunitaria, ladimensione locale e sociale dei problemi e l’analisi quantitativa, per giungere poi a ricostruzio-ni complessive di più ampio respiro; questi alcuni dei contributi principali, ad esempio, di

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Fonti per la storia della scuola

nuano ad accogliere, come in passato, un ristretto numero di educande1, perdecenni è difficile accedere; ma anche quando la visita è facilmente consentita,le informazioni raccolte provengono da fonti per lo più ostili, e in larga parteindirette. Le ispettrici governative propongono temi e interrogazioni in classe,tentano di vincere timidezze, ritrosie o ostinati silenzi di alunne e maestre, dimodificare i percorsi di visite tendenzialmente pilotate dalle suore; osservano iquadri alle pareti (ci sono effigi del re accanto alle tante immagini sacre e a quel-le del pontefice?), le cappelle e gli altarini disseminati negli edifici, la pulizia el’ordine dei locali e del vestiario. Ma le informazioni sulla frequenza delle prati-che religiose e sull’igiene personale, sulle prassi disciplinari, sullo svolgimentodei programmi, sugli orari di scuola e di lavoro, sono largamente “manipolate”dalle suore; per quanto possibile, vanno verificate, e non di rado le ispettriciconservano l’impressione di qualcosa che è rimasto in ombra. Tanto che diventaabituale usare nelle relazioni espressioni prudenziali («Mi è stato assicuratoche...»), intercalate ad altre fortemente dubitative quando le realtà indagateappaiono particolarmente opache. E tuttavia la conduzione delle indagini – sep-pure almeno fino alla metà degli anni Settanta non molto accurata nella ricostru-zione dei singoli tasselli dell’universo di ordini e congregazioni religiose chiama-ti di volta in volta in causa – mostra di frequente, oltre a una forte determinazio-ne, una notevole padronanza dei termini della questione, raggiungendo spessoesiti tutt’altro che trascurabili nella raccolta e nell’opera di comparazione e diverifica “incrociata” di dati e elementi di giudizio.

Come si accennava, i documenti suggeriscono molteplici piani di lettura, esarebbe opportuno tentare di analizzare, anche in quanto tali, le rappresentazio-ni di questi “recinti” di educatrici ed educande, per mettere in luce il peso delleideologie e quello delle convenzioni e degli stereotipi mentali cristallizzati nel

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Chiesa e prospettive educative in Italia tra Restaurazione e Unificazione, a cura di L.PAZZAGLIA, Brescia, La Scuola, 1994. Muovendo invece da altre angolature e ipotesi di ricerca,sono state ridimensionate le tesi che insistevano sull’orientamento «statocentrico» della classedirigente liberale, per privilegiare piuttosto, in base ad approfondite ricerche sui gruppi giàsocialmente egemoni all’interno degli Stati preunitari, il tema della prolungata perduranza diun modello politico oligarchico, favorevole al mantenimento delle «libertà cetuali», con le con-seguenze che questo comportava sul piano delle riforme, in particolare, in un settore delicatocome quello della gestione della scuola e degli istituti educativi tradizionalmente legati alleélite. Per una recente messa a punto delle problematiche relative all’enuclearsi di un ceto nota-biliare che, nell’Italia postunitaria, entra in rapporto con lo Stato e con la complessità dei suoicompiti e delle sue prerogative rimando a Le Italie dei notabili... citata.

1 Per uno sguardo agli spazi riservati alle «educande» in monasteri, collegi e conservatoriin epoca post-tridentina cfr. G. ZARRI, Le istituzioni dell’educazione femminile (1987), oraampliato e arricchito di apparato bibliografico in ID., Recinti. Donne, clausura e matrimonionella prima età moderna, Bologna, il Mulino, 2000, pp. 145-200.

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Introduzione

linguaggio, pesantissimi in materia di donne e di educazione femminile, ma pursempre in lenta e non lineare evoluzione: quando si irrigidiscono e quando, alcontrario, cominciano a muoversi in “zone franche”, diventando più flessibili eaprendo così spazi per nuove definizioni della cultura e del comportamentodelle donne?

La molteplicità delle voci in campo rende difficile e complessa tale operazio-ne, che si rivela comunque opportuna per comprendere a fondo il gioco delleparti in uno scenario dominato da forti contrapposizioni; e questo anche quandola controparte del ministero non è rappresentata da ordini e congregazioni religio-se, ma dai notabili locali che amministrano gli istituti, spesso, però, in sintonia consuore e oblate, come nel caso dei conservatori della Toscana. Anche qui, il con-fronto che si apre dopo l’Unità sulla gestione dei conservatori giunge a esprimerepunte di elevata conflittualità, facendo uscire allo scoperto posizioni inconciliabilie accesi dissidi sulla gestione dell’educazione e degli stessi destini femminili.

Si può comprendere dunque, come mai, tra le fonti esaminate, le analisisugli studi postelementari delle donne occupino, almeno fino agli anni Ottantadell’Ottocento, un posto sostanzialmente secondario, sospesi come sono tra latradizione delle arts d’agrément e la proposta, peraltro ancora debole, di nuovescienze femminili funzionali alla gestione della famiglia e della casa (igiene, eco-nomia e contabilità domestica), e rigidamente separati dal campo degli studimaschili. Lo statuto dell’istruzione secondaria femminile stentava, insomma, avenire definito, e i fiumi d’inchiostro che, nella pubblicistica ottocentesca, sisprecarono sulla missione della donna come sposa e madre spesso non aiutaro-no a chiarire e a precisare gli orientamenti sull’organamento e l’articolazione deiprogrammi, che tuttavia inevitabilmente affioravano in superficie, in modo vagoe frammentario, tra uno stereotipo e l’altro, dal discorso su una cultura di generediffuso a vari livelli, e non di rado assai contraddittorio. D’altra parte, almeno neiprimi decenni postunitari, le note dominanti che si rintracciano nei documentisono essenzialmente altre: le preoccupazioni delle autorità scolastiche per inva-denze clericali vecchie e nuove e, innanzitutto, la volontà di normalizzare, con-tro ostinate resistenze, ordinamenti amministrativi e disciplinari e norme com-portamentali di tipo prettamente monastico, che apparivano ormai alla streguadi residui tanto anacronistici, quanto fortemente condizionanti per la vita delledonne, della società, dell’intera nazione.

Non si potrà invece mai insistere abbastanza sul fatto che gli orientamentisui curricula si incardinarono, ancora maggiormente – se possibile – nel caso dieducatori e di «reclusori» femminili, su un principio basilare del sistema pedago-gico, accettato ovunque, ma dalla nuova classe dirigente rimesso a punto, fattoproprio e temperato solo nelle sue punte più dure e nelle contraddizioni più stri-denti: il rispetto assoluto, da parte delle istituzioni scolastiche, con la loro preci-

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Fonti per la storia della scuola

sa fisionomia e i loro indirizzi di studio, dell’ordine stabilito dalle gerarchiesociali dominanti nell’Italia liberale, basato sul primato del censo (e non dellanobiltà titolata, come avveniva in passato, in istituti laici e religiosi)1. Un ordinescandito ossessivamente, come un monito doveroso, indispensabile ad evitareinutili sciagure; quasi un’ansia di puro, perfetto, rispecchiamento dello statusquo postunitario, che, se non ammetteva privilegi aristocratici, tentava di etichet-tare, incasellare, bloccare sul nascere ogni aspirazione di promozione socialedegli strati inferiori dei ceti medi e della massa della popolazione, anche, e conparticolare durezza, sul non meno decisivo versante dell’istruzione e dell’educa-zione femminile.

Eredità preunitarie e «nuovo ordine di cose»

A breve distanza dall’Unità, furono i vari e ramificati interessi locali che sischierarono a favore della conservazione degli educandati governativi e regi apremere in direzione di una loro rilegittimazione di fatto da parte dello Stato: inpratica si faceva pressione perché, valutandone positivamente i fini educativi,modulati sul carattere elitario degli istituti, il governo riconoscesse pienamentela validità e quindi la continuità degli ambìti collegi all’interno della nuova realtàstatuale, addossandosene il carico finanziario. Si trattava dei pochi istituti la cuidipendenza dal Ministero della pubblica istruzione era indiscussa: i tre educan-dati governativi di Milano, Firenze e Palermo – cui dopo la guerra del 1866 siaggiunse quello di Verona – e il Primo e il Secondo educandato regio di Napoli2.Collegi di élite che potevano venire offerti come un prodotto di lusso ad usodelle famiglie più ragguardevoli del nuovo Regno, in primo piano, dopo l’Unità,nella direzione della cosa pubblica e nei gruppi di potere regionali.

In effetti, la generosità dei finanziamenti dello Stato a questi educandati simisurò sulle istanze di un sistema sociale oligarchico, robusto e fondamentalefilo di connessione tra passato e presente, permettendo di saldare così le esigen-ze di autorevoli gruppi del notabilato locale con quelle degli organi centrali delgoverno. Ma favorire gli interessi delle élite acquistò allora, per il governo, una

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1 La documentazione esaminata sembra confermare che, dopo l’Unità, le forme di separa-zione tra nobili e non nobili negli istituti educativi femminili stavano ormai scomparendo. Ilministero si affrettò comunque a censurarne severamente le tracce, come appare ad esempiodagli interventi che fecero seguito a un’ispezione all’istituto delle Dorotee di Bologna; v. docu-mento 51. Sulle Dorotee di Bologna cfr. C. GHIZZONI, Educazione e scuola nella Bologna preu-nitaria, in Chiesa e prospettive educative... cit., pp. 784-786; cfr. anche L. CAIMI, L’opera educa-tiva delle suore Dorotee nelle regioni del Lombardo-Veneto, ibid., pp. 355-394.

2 Cfr. S. FRANCHINI, L’istruzione femminile in Italia dopo l’Unità... cit., pp. 58-83.

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Introduzione

nuova funzione e un nuovo peso: quello cioè di proporre l’immagine di unaclasse dirigente che sceglieva gli educandati dello Stato e non disdegnava i valo-ri della formazione che vi veniva impartita, e al tempo stesso contribuire a inse-rirla in una prospettiva nazionale. Un progetto perseguito con cura e con un’at-tenzione mirata, in diversa misura, al singolo educandato regio o governativo e,si potrebbe dire anche, a vari dei nomi che spiccavano nella sua clientela. E nonsorprende: l’afflusso delle ragazze delle famiglie più altolocate verso lussuosiistituti retti da associazioni religiose rimase un problema aperto per tutto il perio-do in cui gli educandati costituirono il canale privilegiato di formazione per lefiglie delle élite. Il fenomeno, anzi, si sarebbe verificato in modo preoccupantenel caso dell’aristocrazia napoletana.

Al momento dell’unificazione, gli educandati di Napoli e di Firenze non ave-vano però le carte in regola, visto che parte del personale interno, sobillato daipreti insediati negli istituti per il «servizio spirituale» di alunne e maestre, rimane-va legato ai sovrani spodestati e rifiutava di riconoscere legittimità al nuovoassetto statuale prestando il giuramento di fedeltà al re e allo Statuto richiestoagli impiegati dello Stato. Erano gli ultimi sussulti di un vecchio ordine, che siappoggiava al potere teocratico della Chiesa, e sconvolgeva nella sua caduta lavita di quegli istituti e delle loro comunità interne. A Napoli, nonostante il tenta-tivo di De Sanctis di sopire scandali ed evitare fratture politiche, l’atteggiamentodi Paolo Emilio Imbriani e Luigi Settembrini non rivelò incertezze nel tentativo difar cessare le sopravvivenze di un regime che aveva lasciato tracce profondenelle istituzioni e nella realtà politico-sociale1. Imbriani, quando nel 1861 eraconsigliere della Luogotenenza per la pubblica istruzione a Napoli, sostenneanzi la necessità di fornire alla parte più retriva della cittadinanza vigorosi e tan-gibili segnali di questo taglio chirurgico col passato, sostituendo nomi e simbolinuovi a quelli che rimandavano alla fedeltà alla dinastia borbonica.

Non meno drammatica fu la transizione ai «tempi nuovi» dell’Istituto dellaSs. Annunziata di Firenze. I moderati che si occuparono dell’educandato si con-centrarono sulla conservazione dell’autonomia e della fama delle loro istituzionie, tentando di garantire alle tradizioni della «Ss. Annunziata» quella continuitàche nell’ex capitale del granducato si indicava come l’obiettivo primario e irri-nunciabile, furono propensi a usare una tolleranza eccessiva nei confronti delleforze clericali più reazionarie, con l’effetto di dilazionare nel tempo la soluzionedella crisi, che giunse soltanto nel febbraio del 1863. Le linee di frattura che ave-vano diviso i moderati toscani dall’establishment granducale non erano maturated’altronde sulle posizioni che in altre aree regionali, come la Lombardia, aveva-

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1 V. documenti 1 e 2.

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no contribuito ad alimentare i grandi miti e le idee-forza del moto nazionale. AFirenze, la questione della «Ss. Annunziata» era stata impostata, piuttosto, nei ter-mini del dissidio tra libertà di gestione toscana e regolamentazione piemontese1.Sotto l’egida di Lambruschini – a capo della Delegazione straordinaria della pub-blica istruzione a Firenze – gli sforzi si erano indirizzati così, soprattutto, versol’individuazione di figure e di forme di mediazione che assicurassero un passag-gio non traumatico alla nuova gestione, senza riuscire peraltro a evitare che l’in-tervento del ministro Matteucci, deciso a respingere invadenze clericali e reazio-narie sul terreno di un educandato governativo, provocasse infine recise e visibi-li rotture2.

Quello che interessa tuttavia è guardare se, una volta chiuse queste trava-gliatissime fasi di passaggio, alla fedeltà politica al «nuovo ordine di cose» siaccompagnò la volontà di mettere radicalmente in discussione i vecchi sistemieducativi e didattici, come proposero alcuni degli illustri personaggi chiamati apronunciarsi sul riordinamento degli istituti. Nelle loro relazioni, Settembrini pergli educandati regi napoletani, Aleardi per il Collegio «agli Angeli» di Verona,Agostino Lace per l’Educandario Carolino di Palermo, muovevano da unaprofonda convinzione: se le prassi trovate in uso al momento delle loro ispezio-ni sembravano invertire i principi di un buon assetto istituzionale o, come nelcaso del collegio veronese e di quelli napoletani, riflettevano una degenerazionedegli impianti originari di matrice napoleonica3, in atto da tempo nei metodidisciplinari e didattici, con l’Unità le sconcezze e le assurdità del vecchio regimenon potevano più essere tollerate. Si era finalmente voltato pagina4.

Nel momento in cui i problemi posti dall’unificazione nazionale richiedeva-no una profonda rielaborazione dei concetti di pubblico e privato e la costruzio-ne di un nuovo modello di società civile, il discorso sulla riforma degli educan-dati governativi rimase per lo più, comunque, sospeso tra la gelosa difesa dellapropria autonomia da parte di singoli collegi, l’esigenza di contrastare il mono-polio clericale nell’ambito dei sistemi formativi delle ragazze delle élite, la con-correnza dell’apprezzato e consolidato modello degli istituti religiosi e, infine, la

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1 Cfr. M. RAICICH, Introduzione a ID., Scuola, cultura e politica da De Sanctis a Gentile,Pisa, Nistri-Lischi, 1981.

2 Cfr. S. FRANCHINI, Élites ed educazione femminile nell’Italia dell’Ottocento. L’Istituto dellaSs. Annunziata di Firenze, Firenze, Olschki, 1993, pp. 319-357.

3 Cfr. C. DEJOB, L’instruction publique en France et en Italie au dixneuvième siècle, Paris,Armand Colin, s.d. [ma 1894]; S. BUCCI, La scuola italiana nell’età napoleonica. Il sistema educati-vo e scolastico francese nel Regno d’Italia, Roma, Bulzoni, 1976; A. BIANCHI, Alle origini di un’isti-tuzione scolastica moderna: le case d’educazione per fanciulle durante il Regno Italico (1805-1814), in «Annali di storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche», 1997, 4, pp. 195–229.

4 V. documenti 1, 5, 8.

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Introduzione

ripresa di metodi educativi garantiti da una lunga sperimentazione che, in mate-ria così delicata da coinvolgere strategie e reputazione delle famiglie, vennero ingenere solo in parte modificati e corretti, senza definire invece, se non moltovagamente, gli oggetti e i limiti degli studi delle donne o ridiscuterne le finalità.

Per l’Istituto della Ss. Annunziata di Firenze, tutta la ricca documentazioneconsultabile presso l’Archivio centrale dello Stato e presso quello dell’educanda-to attesta, da una parte l’effettuata normalizzazione postunitaria, dall’altra l’as-senza, nella direzione dell’istituto, di forti tensioni riformatrici, che rallentò l’evo-luzione dell’ordinamento nel primo ventennio postunitario. Vi contribuirono l’i-nadeguatezza delle tradizioni pedagogiche toscane a fronte delle esigenze diuna politica scolastica complessa e articolata, estesa a tutto il territorio nazionale,e la rivendicazione di un primato culturale che, sostenuta dall’appoggio dellaconsorteria dei moderati toscani, si trasformava di fatto in difesa di posizioni diprivilegio. Tale immobilismo fu spezzato solo quando, dopo l’avvento dellaSinistra al potere, il ministero, all’inizio degli anni Ottanta, indirizzò l’educandatoverso un rapido processo di modernizzazione con un brusco mutamento digestione.

Soltanto per quanto riguarda il Collegio reale delle Fanciulle di Milano, giàdal 1860, invece, si nota traccia di un’impostazione di maggior respiro, capace dipartire da definizioni generali e di entrare nel merito dei piani di studio e deiprogrammi, prescindendo in prima istanza dalle specifiche esigenze dell’edu-candato. Un’impostazione attestata dalle successive riforme e favorita dall’artico-lazione e dal dinamismo di una vita civile assai più propensa che altrove a valo-rizzare l’istruzione femminile: il decreto di emanazione dello statuto organico,che porta la data del 22 marzo 1861, previde l’istituzione di un Consiglio di vigi-lanza, che di fatto fungeva da tramite tra il collegio e le realtà scolastiche piùvive della moderna città di Milano. Ne facevano parte l’ispettore degli studisuperiori di Milano, il provveditore agli studi, l’ispettore provinciale delle scuoleprimarie, un consigliere provinciale, un consigliere comunale e due membrieletti dal Ministero della pubblica istruzione1.

Tormentato, in particolare, l’iter delle riforme dei tre educandati regi diNapoli. Sul piano degli ordinamenti disciplinari e didattici, nel Primo e nelSecondo educandato napoletano i risultati sarebbero apparsi scarsi e insoddisfa-centi ancora nell’ultimo decennio del secolo. Imbriani, che non amava mezzemisure e reticenze, davanti ai membri della commissione dell’inchiesta Scialoja,

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1 Cfr. ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali, 1860-1896, b. 73, fasc. «Tit. 16. Milano. R.Collegio delle Fanciulle», per le dettagliate ed ampie relazioni redatte nel 1860 dalla commis-sione incaricata di effettuare la revisione dei regolamenti subito dopo l’Unità.

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nel febbraio 1873, volle risalire alle radici del problema mostrando come la sot-tovalutazione dell’istruzione femminile fosse così diffusa a Napoli da far sì che,persino nel caso di questi due istituti, gli stessi rapidi contatti delle educandecon le famiglie nelle sale del parlatorio fossero sufficienti a riconfermare pregiu-dizi radicati e a sconvolgere l’azione formativa. Ma sottolineò anche le sue radi-cali divergenze con i colleghi del Consiglio direttivo degli educandati regi sulmodo di concepire e impartire l’istruzione alle donne1.

Il Primo e il Secondo educandato, inoltre, dopo un incauto processo diequiparazione, negli anni Ottanta tornarono a dibattersi tra le dinamiche di unadifferenziazione di programmi di studio e moduli educativi che, sul versantedella clientela, assumeva ormai come punto di riferimento non i titoli nobiliari,ma il censo. Tale parametro, adottato già da vari decenni presso l’Istituto dellaSs. Annunziata di Firenze, venne temperato però per concedere favori, tramite iposti gratuiti e semigratuiti, al funzionariato, alla borghesia meritevole per i ser-vigi resi alla patria, alla nobiltà decaduta. A Napoli, in realtà, mentre l’aristocraziacittadina subiva le attrattive dei rinomati educatori fiorentini, o dei lussuosi istitu-ti femminili tenuti da associazioni religiose, era diventato sempre più difficileridisegnare a tavolino due educandati pubblici differenziati per due diverse tipo-logie di utenza di alto livello, ciascuna delle quali composta da una giusta maparticolare miscela tra clientela «naturale» (determinata unicamente dal censo) eclientela creata «artificialmente» con l’assegnazione dei posti gratuiti o semigra-tuiti2. Tanto più che l’applicazione del criterio delle nuove fedeltà politico-dina-stiche che, già subito dopo l’Unità, aveva spinto in questa seconda direzione –riconfermando le tradizioni di “generose” elargizioni di «posti di grazia» sovranaprima sotto i napoleonidi e poi sotto i Borboni – trovava un ostacolo nell’imper-versare della polemica sulla creazione di «spostate»; giovani destinate, secondouno slogan martellante e diffusissimo nella pubblicistica dell’epoca, a un’infeli-

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1 V. documenti 21a e 21b. Sul settore dell’inchiesta riguardante l’istruzione «secondaria»femminile, cfr. S. FRANCHINI, Le origini dell’istruzione secondaria femminile in Italia e l’inchie-sta Scialoja, negli atti del convegno «La passione della democrazia: Franca Pieroni Bortolotti eil movimento femminile dalle origini al ‘900», Roma, Istituto Alcide Cervi, 9 dicembre 1986, in«Quaderni di storia delle donne comuniste», 1987, 1, pp. 35-46.

2 Il Terzo educandato, che disponeva di un patrimonio assai meno cospicuo, continuò aoscillare tra due diversi ordini di progetti: da un lato se ne proponeva la destinazione a scuolanormale; dall’altro, lo si voleva convertire in canale per la formazione di istitutrici per le caseprivate e gli educandati, con grave danno per la stabilità dell’istituzione. La sua alterna vicendaevidenzia ancora una volta l’inadeguatezza dell’approccio con cui si affrontava un problemache stava divenendo sempre più pressante per le famiglie dei ceti medi, quello della povertà disbocchi professionali per ragazze di «condizione civile» ma modesta prefigurati dalla scuola e

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Introduzione

cità duratura, perché incapaci di reinserirsi nella classe sociale di appartenenza,dopo aver intravisto, in questo caso all’interno di educandati di lusso, sfere easpirazioni inaccessibili alla loro famiglia di origine.

A Palermo, infine, la stessa sede dell’ex Educandario Carolino (divenutoallora Educandato Maria Adelaide) rimase per alcuni decenni insufficiente eindecorosa, perché nella parte migliore dei locali si erano ritirate le monachedell’ordine di Sales (cui le alunne erano state affidate fino alla separazione del-l’educandato dal monastero, effettuata alla metà degli anni Quaranta)1, protette efavorite dalle loro nobili parentele. Si tenga presente, del resto, che le élite sici-liane più moderne e interessate ai nuovi modelli comportamentali borghesi ten-devano a mandare le proprie figlie sul continente, e in particolare nei più presti-giosi istituti fiorentini, per offrire loro una formazione adeguata prima di immet-terle sul mercato matrimoniale. Il «Maria Adelaide», privato dell’appoggio neces-sario a riacquistare il decoro che ad esso competeva come educandato governa-tivo dell’isola, veniva di fatto screditato, così, dalla sua stessa sede2. Ma non sitrattava di un fatto isolato; si inseriva, piuttosto, in un quadro desolante per l’i-struzione femminile, caratterizzato dalla precarietà e dalla pochezza delle strut-ture scolastiche pubbliche in Sicilia, e fortemente condizionato dal fitto intrecciodi rapporti familiari e clientelari tra clero e notabilato.

È all’interno di un contesto ben poco propizio alle innovazioni nel settoredell’istruzione femminile e generalmente ostile alla linea del controllo e dellaregolamentazione statale che si devono interpretare i ritardi e le innegabili debo-lezze dell’intervento del ministero. Quello dell’istruzione delle ragazze di condi-zione agiata fu uno dei settori scolastici più soggetti a spinte e controspinte nonprovenienti dall’autorità statale, e spesso ad essa direttamente contrapposte.Estremamente indicativo, da tale punto di vista, il caso dei conservatori dellaToscana, il gruppo di istituti educativi più documentato nei fondi dell’Archiviocentrale dello Stato e uno dei più nutriti ereditati dal Regno d’Italia, passato allafine del 1866 dalle dipendenze del Ministero di grazia e giustizia (a sua volta

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dagli istituti educativi. Cfr. ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali, 1860-1896, b. 185, fasc.«1883. 27. Napoli. 17»; ibid., b. 305, fasc. «28. 1888. N. 8». Per alcuni dei documenti più signifi-cativi v. sezione XI.

1 Cfr. G. ROCCA, Conservatorio ed educandato nell’Ottocento italiano, in «Annali di storiadell’educazione e delle istituzioni scolastiche», 1995, 2, p. 94.

2 Cfr. ACS, MPI, Div. scuole medie, 1860-1896, b. 9, fasc. 68, risposta ai quesiti del provve-ditore agli studi di Palermo Salvatore Calvino; ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali, b.456, fasc. «1892. 27. Palermo. 11», e in particolare la Relazione intorno alla necessità di annet-tere all’Educatorio i locali delle Salesiane datata 13 dicembre 1887, indirizzata dalla direttriceErminia Bordiga al prefetto di Palermo e da questi trasmessa al ministero.

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Fonti per la storia della scuola

subentrato a quello granducale degli Affari ecclesiastici) a quelle del Ministerodella pubblica istruzione1.

Già le prime indagini avviate subito dopo l’Unità dal Ministero di grazia egiustizia e da quello della pubblica istruzione avevano insistito sulla natura «lai-cale» di semplici ritiri di donne, chiamate oblate, che, secondo il regolamentoemanato da Pietro Leopoldo nel 17852, non professavano voti ed erano libere, selo volevano, di abbandonare il conservatorio. D’altra parte, i conservatori dellaToscana, che con l’Unità sembrano aver ormai abbandonato una delle funzioniessenziali previste dal regolamento leopoldino, quella di accogliere vedove e«mal maritate», mantenevano il ruolo di educatorio/«serbo» per le interne, conti-nuando a offrire inoltre scuole separate per alunne esterne3. Localmente si sotto-lineava l’opportunità che il governo non privasse dei fondi ad esse destinati que-ste istituzioni, considerate, nei piccoli centri, quasi un patrimonio di tutta la col-lettività, sia perché i conservatori attiravano da altre aree d’Italia clientela che,per accompagnare e visitare le ragazze, si tratteneva nel luogo, sia perché offri-vano lavoro anche là dove l’economia locale era pressoché stagnante. Nel

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1 Degli istituti che, alla fine del 1866, passarono alle dipendenze del Ministero della pub-blica istruzione era stata esclusa, infatti, sia la natura ecclesiastica che quella essenzialmenteassistenziale e caritativa, che li avrebbero fatti ricadere la prima sotto la legge del 7 luglio 1866sulla soppressione delle corporazioni religiose, la seconda sotto la legge del 3 agosto 1862sulle Opere pie; v. doc. 12.

2 A parte il moltiplicarsi, nel corso degli ultimi decenni, di indagini di ambito locale, indicedi un rinnovato interesse per lo studio della storia dei conservatori anche da parte delle istitu-zioni che ne conservano e ne curano gli archivi, tra i lavori che hanno proposto nuove pro-spettive di ricerca e quelli d’insieme (che tuttavia non giungono oltre le soglie dell’Unità) siricordano C. FANTAPPIÈ, I conservatori toscani nell’età di Pietro Leopoldo: genesi e significatodell’istituto, in «Annali di storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche», 1995, 2, pp. 39-57; ID, Riforme ecclesiastiche e resistenze sociali: la sperimentazione istituzionale nella dioce-si di Prato alla fine dell’Antico Regime, Bologna, il Mulino, 1986, pp. 238-245; M. VERGA, Per«uno stato terzo delle dame». Alcune considerazioni sul dibattito politico e culturale e le rifor-me ecclesiastiche nella Toscana del Settecento, in Storia religiosa dell’Austria, a cura di F.CITTERIO e L. VACCARO, Milano, Centro Ambrosiano Paolo VI, 1997, pp. 253-294; M. PIERONI

FRANCINI, L’istruzione femminile nella Toscana di Pietro Leopoldo, in «Dimensioni e problemidella ricerca storica», 1991, 2, pp. 7-24, dove si veda anche M. STANGHELLINI BERNARDINI, Le origi-ni del Conservatorio di S. Michele di Pescia (XVIII sec.), pp. 25-41; F. SANI, Collegi, seminari econservatori nella Toscana di Pietro Leopoldo. Tra progetto pedagogico e governo dellasocietà, Brescia, La Scuola, 2001, pp. 216-244; O. FANTOZZI MICALI - P. ROSELLI, Le soppressionidei conventi a Firenze. Riuso e trasformazioni dal sec. XVIII in poi, Firenze, L.E.F., 1980, conappendice di documenti; S.S. MACCHIETTI, Proposte educative della Chiesa in Toscana: espe-rienze di educazione femminile, in Chiesa e prospettive educative... cit., pp. 613-643.

3 Per il delinearsi, nei conservatori fiorentini, del ruolo più moderno di educatorio rispetto aquello di «serbo» di fanciulle, cfr. S. FRANCHINI, Scuola, conservatorio, educandato e tradizionifamiliari: l’istruzione femminile a Firenze verso la metà dell’Ottocento, in «Annali di storia del-l’educazione e delle istituzioni scolastiche», 1998, 5, pp. 165-182, e in particolare pp. 176-179.

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Introduzione

campo dell’istruzione popolare, con le loro scuole gratuite per esterne, i conser-vatori furono deputati poi ad esercitare un ruolo integrativo o sostitutivo di quellodella scuola comunale, in quanto vari municipi tesero a fare assegnamento suicorsi per esterne tenuti dalle oblate più che ad aprire in proprio scuole elementarifemminili. Non a caso, nel 1871, un ministro che, come Cesare Correnti, nel pro-cesso di civilizzazione e nella costruzione dell’identità nazionale assegnava unafunzione chiave allo sviluppo dell’alfabetizzazione e della scolarizzazione femmi-nile1, si propose di riformare «il più che si possa utilmente» le scuole esterne deiconservatori, partendo da quelle che alle «fanciulle popolane del luogo in cuihanno vita codesti pubblici istituti educativi» impartivano l’istruzione obbligatoria,composta di due corsi. Correnti intendeva ottenere che le due prime classi ele-mentari fossero assegnate, in locali separati, a maestre patentate, e affidava a talfine le prime indagini sul campo all’ispettrice straordinaria Carlotta Ferrario2.

In vari paesi di piccole o medie dimensioni della Toscana, dunque – comealtrove avvenne con gli istituti retti da associazioni religiose – i comuni puntaro-no a lungo sulle scuole gratuite dei conservatori, cui, con parchi assegni, delega-rono l’istruzione elementare, lesinando sulle spese a favore dell’istruzione fem-minile. Nel 1893, per un raggio di oltre due miglia dal Conservatorio di S. Mariadella Neve di Acquadalto, uno dei più isolati, si sarebbero potute vedere affluirea frotte le ragazzine di Palazzolo e delle frazioni circostanti, e nell’inverno datutti questi piccoli centri abitati si aprivano nella neve dei passaggi per permette-re alle bambine di recarsi alla scuola elementare del conservatorio. Le educande,in costante diminuzione, erano quell’anno soltanto 8, ma ben 106 alunne fre-quentavano le scuole per esterne3. A contare però furono piuttosto, nei più

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1 Ai fini del riordinamento degli istituti educativi femminili gestiti da suore o oblate noncolpiti dalla legge di soppressione del 7 luglio 1866 e passati alle dipendenze del Ministerodella pubblica istruzione, Cesare Correnti indirizzò ai prefetti la circolare n. 296 del 30 dicem-bre 1870, espressione del suo forte impegno nella battaglia per la laicizzazione dell’educazionee dell’istruzione femminile. Con questo intervento, il ministro si proponeva di investire iConsigli provinciali scolastici dell’arduo incarico di studiare e predisporre rigorose riforme.Sulla divaricazione tra le posizioni di Correnti e quelle espresse dalla Destra storica sul terrenodella laicizzazione della scuola, cfr. B. PISA, Cesare Correnti e il dibattito sulla laicità dell’inse-gnamento, in «Rassegna storica del Risorgimento», 1975, 2, pp. 212-229.

2 ACS, MPI, Personale 1860-1880, b. 695, fasc. «Ferrario Carlotta». Milanese, nata nel giu-gno del 1837, Carlotta Ferrario, di famiglia «distinta», ma non agiata, aveva avuto da Correntil’incarico «straordinario» di ispezionare i conservatori della Toscana, e in particolare le scuoleper alunne esterne; l’incarico sembra fosse stato esteso nel 1871 ad alcune categorie di scuolefemminili della Sicilia, o almeno della provincia di Catania. Nel 1875 entrò in servizio in qualitàdi ispettrice governativa, ricoprendo l’ufficio istituito con il r.d. del 21 marzo di quell’anno.

3 Cfr. ACS, MPI, Dir. gen. istruzione primaria e popolare, Istituti femminili, Ispezioni erelazioni, 1884-1902, b. 22, fasc. 49, relazione dell’ispettrice governativa Marietta Guerrinidatata 30 settembre 1893.

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importanti centri urbani, i conservatori in cui era l’internato a concentrare su disé le maggiori attenzioni per le attrattive esercitate già negli anni preunitari suuna agiata clientela proveniente da varie aree regionali. Su questi educatori –ancora assai richiesti verso la fine dell’Ottocento – si accentravano le ambizionidei notabili locali, che, a difesa delle proprie posizioni di prestigio, si richiama-vano a quella riforma leopoldina dell’ormai lontano 1785, di cui, al contrario, nel1866 il prefetto di Firenze Girolamo Cantelli non aveva esitato a mettere in lucela parziale, incompleta attuazione1.

Il regolamento per i conservatori della Toscana, approvato con r.d. 6 ottobre1867, a firma di Coppino, fissò i punti cardinali della riforma: una commissione,composta da un Operaio e due consiglieri, doveva dirigere e amministrare ilconservatorio per la parte economica e finanziaria sottoponendo annualmente ibilanci all’approvazione del prefetto, soprintendere all’ordinamento interno, alconvitto e alle scuole, e preparare entro due mesi dalla nomina un regolamentointerno, che doveva venire approvato dal Ministero della pubblica istruzione. Siaffrontava poi il problema cruciale della secolarizzazione degli istituti. Le oblatevenivano considerate soltanto in qualità di maestre: quelle comprese nell’elencocompilato a tal fine dalla commissione dovevano occuparsi dell’educatorio emunirsi dei titoli legali per l’insegnamento e non potevano vestire l’abito mona-cale. Le altre conservavano il diritto di vivere nel conservatorio, ma dovevanorispettare le norme stabilite per l’ordine e la disciplina dell’educatorio ed entra-vano a far parte, per così dire, di un ruolo ad esaurimento. Diveniva essenziale,quindi, accogliere solo «aspiranti» fornite dei titoli richiesti e mantenere il nume-ro delle oblate entro i limiti determinati dalle esigenze del convitto e delle scuo-le. Questo, però, implicava che la «famiglia» delle oblate rinunciasse all’eserciziodelle sue forme di autogoverno e a far prevalere le finalità della comunità reli-giosa su quelle di un istituto di istruzione, persino nel caso dell’ammissione delle«aspiranti», indispensabile al mantenimento o alla crescita del vecchio tipo diconservatorio. Le nuove norme non tardarono a suscitare in varie province tena-ci opposizioni; tanto più che spesso le commissioni non si curarono di applicareil regolamento generale o di farlo applicare, oppure fecero approvare regola-menti interni assai favorevoli alla conservazione delle vecchie tradizioni, chelasciavano ben pochi appigli concreti al processo di secolarizzazione. Lo stessoresiduo margine di ambiguità del termine «aspiranti» (ad essere ammesse nella«famiglia» delle oblate?) fu sfruttato dalle commissioni per avallare interpretazio-

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1 V. doc. 10. Sul «vero e proprio culto» che il moderatismo toscano tributò a PietroLeopoldo, leggendo il presente in base alle lezioni di un passato ormai remoto, cfr. S. SOLDANI,I moderati toscani dalla Restaurazione alla caduta della Destra storica, in AA.VV., Lezioni distoria toscana, Firenze, Le Monnier, 1981, pp. 40-91.

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Introduzione

ni contrarie agli intendimenti del ministero, che vennero recepite dai regolamen-ti interni di vari conservatori. Il mantenimento dell’abito monacale, inoltre, osta-colò i controlli delle autorità scolastiche, non consentendo di distinguere facil-mente il gruppo delle addette all’educatorio – comprese quelle ammesse irrego-larmente dopo il decreto del 1867 – da coloro che non ne facevano parte.

Osservava l’ispettrice governativa Marietta Guerrini che la mancata applica-zione del regolamento del 1867 in varie province toscane aveva finito per inde-bolire il processo di laicizzazione un po’ in tutta la regione1. Per la provincia diFirenze, una di quelle in cui l’opposizione alla riforma fu più tenace e organizza-ta, affiancare alla documentazione consultabile presso l’Archivio centrale delloStato quella conservata in fondi archivistici relativi ai singoli conservatori, spec-chio delle spinte e delle tensioni che nacquero dall’interno dell’istituzione, forni-sce nuovi e importanti elementi di giudizio, chiarendo alcune delle dinamichedei rapporti di Operai e consiglieri con la «famiglia» delle oblate e i suoi supportiesterni.

Ampiamente documentata dalle Carte di Cesare Guasti è, ad esempio, lastoria della mancata applicazione del regolamento del 1867 al «S. Niccolò» diPrato. Qui le posizioni retrograde e passatiste dell’Operaio allora in carica,Ranieri Buonamici, estraneo alla nuova sensibilità per l’istruzione femminile chestava maturando nei primi decenni postunitari, vennero definitivamente sconfit-te alla fine del 1868. Ma subito, tra Cesare Guasti, chiamato a prenderne il posto,e favorevole a fare larghe concessioni alle suore in nome del liberalismo, e ilconsigliere Pietro Dazzi, orientato invece a convertire il conservatorio in un pub-blico istituto di istruzione femminile secondo le direttive ministeriali, emerserodivergenze che ebbero per oggetto proprio i punti nodali del regolamento del1867. Tutti i principali termini della questione, nonché l’ostilità nutrita dal nuovoOperaio nei confronti di Girolamo Buonazia, che, in qualità di provveditore cen-trale per l’istruzione primaria e popolare, rivestì un ruolo chiave nelle trattativecon le commissioni dei conservatori, riaffiorano a più riprese negli epistolari diGuasti e vengono richiamati con puntigliosa vivacità nei suoi ricordi2.

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1 Marietta Guerrini, che, in diverse fasi di una lunga ed intensa esperienza di ispettricegovernativa, aveva visitato i conservatori della Toscana, fece a più riprese, nelle sue relazioni,una lucida cronistoria di questa vicenda. Si veda ad esempio il documento 47.

2 Così Guasti registrava ad esempio gli esiti di due incontri avuti il 5 e il 9 febbraio 1869 conDazzi sull’assetto da dare al «S. Niccolò»: «Egli ha ceduto sempre terreno. Egli voleva e vorrebbefar due famiglie: una di oblate smesse, a cui lasciar portare l’abito domenicano, cantare i vespri ele compiete ecc.; un’altra di maestre e istitutrici di nuovo stampo. Ho opposto virilmente; e cre-derei d’aver vinto. Anche sul direttore spirituale, egli pensava che l’elezione dovesse dipenderedalla commissione. Ho tenuto fermo per il regolamento leopoldino. Finalmente ho conchiusoche è meglio attenersi a quello che è stato fatto o sarà per farsi per i conservatori di Firenze. Mi

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Fonti per la storia della scuola

Guasti, grazie al ruolo decisivo svolto come Operaio in seno alla commissio-ne e alle sue simpatie clericali, che lo rendevano particolarmente gradito allesuore, dovette avere la meglio, se nel maggio 1882 Settimio Costantini, prossimoa gettare il proprio peso politico di segretario generale in una dura battaglia suiconservatori anche sul difficile terreno della provincia di Firenze, comunicava alprefetto a nome del ministro Baccelli che da un’ispezione condotta al «S. Niccolò»di Prato erano emerse «gravi irregolarità nell’andamento amministrativo di quel-l’azienda», denotate da una sproporzione tra il personale interno (32 persone traoblate e inservienti) e il numero delle educande (23) e dovute anche al «crescerelento ma continuo della famiglia delle ex oblate». Altro sintomo inequivocabile:le alte spese per chiesa e sagrestia, catechista, cappellano, confessore e chierico.Inoltre, le maestre vestivano sempre l’abito religioso, si imponevano alle alunneeccessive pratiche di pietà e non veniva rispettato il calendario scolastico néinsegnata la ginnastica, già inserita da De Sanctis nel 1878 nei programmi dellescuole di ogni ordine e grado1. Si sottolineava quindi «il bisogno che la direzionedell’istituto» sfuggisse «all’influenza della tradizione monastica», che creava attor-no alle bambine «una atmosfera artefatta», crescendole «in uno sterile ascetismo»e trascurando di coltivarne l’educazione civile e nazionale2. La risposta della

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ha risposto che le idee mie non sono approvate dal ministero (cioè dal Sig. Bonazia) [sic ], e chenon sono nei regolamenti per Firenze ecc. Ho insistito di sì – e siamo rimasti di buon accordo,che ci ripenseremo [...]. Il dì 9 febbraio. Stamattina è tornato il Dazzi per dirmi che, avendo parla-to col Bonazia (o Malazia), ha inteso che i regolamenti per i conservatori fiorentini non sonoapprovati definitivamente; e che il ministero (cioè lui Malazia) non lascerà mai alle famiglie delleoblate la elezione della direttrice o superiora. Gli ho risposto, che farà molto male; e che questonon è un operare [?] da liberali»; BIBLIOTECA RONCIONIANA, Prato, Carte di Cesare Guasti, b. 167,Miei ricordi, c. 4. Si tratta di appunti di Cesare Guasti sui primi contatti avuti con Pietro Dazzi eGiovanni Arrivabene (consiglieri), dopo la nomina a operaio (30 gennaio - 23 febbraio 1969). Inquello stesso periodo Dazzi cercò anche, ma senza successo, di affrontare con Guasti il problemacostituito dalle eccessive pratiche religiose imposte alle educande.

1 Dopo il 1878, la mancanza dell’insegnamento della ginnastica venne riscontrata spessonegli istituti gestiti o diretti da religiose, tanto che si poté parlare di un’«invincibile ripugnanza»delle religiose alla ginnastica femminile, insegnamento che stentò ad affermarsi, peraltro,anche presso le scuole laiche, sia per la mancanza di attrezzature adeguate, sia per l’avversioneche suscitava presso l’opinione pubblica clericale e conservatrice. A partire da questo momen-to, comunque, a norma di legge le maestre, religiose comprese, avrebbero dovuto munirsi diuna speciale patente per l’insegnamento della ginnastica. Cfr. G. BONETTA, Corpo e nazione.L’educazione ginnastica, igienica e sessuale nell’Italia liberale, Milano, Angeli, 1990; ID.,Igiene e ginnastica femminile nell’Italia liberale, in L’educazione delle donne... cit., pp. 273-294; Sparsa di tanti triboli: la carriera della maestra, a cura di I. PORCIANI, in Le donne a scuo-la... cit., pp. 179-180; G. ROCCA, La formazione delle religiose insegnanti tra Otto e Novecento,in Cattolici, educazione e trasformazioni socio-culturali... cit., p. 425 e seguenti.

2 Cfr. BIBLIOTECA RONCIONIANA, Prato, Carte di Cesare Guasti, b. 166, fasc. 21, cc. 18-20, rap-porti del maggio 1882 a firma del segretario generale Settimio Costantini indirizzati al prefetto

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Introduzione

commissione fu improntata a un deciso rifiuto delle censure ministeriali1.Per quanto riguarda Firenze, per il prestigioso educatorio delle Signore

Montalve a S. Jacopo di Ripoli, nel marzo 1875 venne emanato un regolamentointerno che costituiva il frutto di una attenta opera di mediazione condotta daBuonazia nelle trattative con l’Operaio per ridurre, rispetto al regolamentoapprovato nel 1868, gli spazi di autogoverno delle Montalve2. A uno scontroaperto, ben documentato nei suoi riflessi politici da un altro importante fondoarchivistico, le Carte Galeotti, si giunse ancora una volta nel 1882-83. Costantini,da una parte cercando, d’accordo col prefetto Clemente Corte, di riordinare unavolta per tutte i conservatori fiorentini sotto il profilo amministrativo e, dall’altra,di imprimere una spinta vigorosa al processo di laicizzazione e alla riorganizza-zione didattica, intervenne anche sugli istituti di élite che costituivano una sortadi fiore all’occhiello dei moderati toscani e delle loro tradizioni educative. Fuallora che, andando al di là delle prerogative che gli erano concesse dal regola-mento del 1875, il ministero impose imprudentemente alle Montalve di Ripoliuna direttrice laica, suscitando una reazione esasperata, ma organizzata e bencoordinata, di tutti i sostenitori dell’istituto in nome dei principi del liberalismo,del gruppo parlamentare toscano e dell’unico patrimonio che, dicevano i mode-rati, fosse rimasto alla città di Firenze per affermare la sua supremazia, quellodella lingua. In primo piano, naturalmente, in quella contesa, i conservatori, cheimpartivano alle donne una formazione morale fondata soprattutto sulla religio-ne e sull’ampia delega dei moderati toscani a suore e oblate, supportata da unamalcelata diffidenza verso le maestre uscite dalle normali, portatrici, al contrario,di morale e stili comportamentali laici. Il ministero ne riportò, nell’immediato,una cocente sconfitta3.

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presidente del Consiglio provinciale scolastico, e comunicati alla commissione delConservatorio di S. Niccolò in data 16 giugno 1882.

1 Ibid., cc. 30-32, risposta al ministero della commissione del conservatorio, datata 30 giu-gno 1882.

2 Cfr. ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali, 1860-1896, b. 65, fasc. «Tit. 16. Firenze(città). M», dove, tra la corrispondenza relativa all’elaborazione del nuovo regolamento, sivedano, in particolare, le lettere del 12 febbraio e 2 marzo 1875 indirizzate da Buonazia, inqualità di provveditore centrale per l’istruzione primaria e popolare, al marchese Matteo Ricci,Operaio del Conservatorio delle Montalve a Ripoli, e quelle del 22 febbraio e 11 marzo 1875 diRicci a Buonazia. Per il regolamento interno dell’istituto, approvato dal ministero il 22 marzo1875, cfr. Regolamento interno per il R. Conservatorio femminile Montalvo in Ripoli diFirenze, Firenze, Tip. della Pia Casa di patronato pei minorenni, 1883.

3 Cfr. BIBLIOTECA RICCARDIANA, Firenze, Carte Galeotti, cass. 7 e 9, dove, per «l’affare di Ripoli»,si vedano in particolare le lettere di Ubaldino Peruzzi e di Giuseppe Mantellini a LeopoldoGaleotti, e la corrispondenza tra Mantellini e Clemente Corte (novembre 1882 - luglio 1883).

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Fonti per la storia della scuola

Una meditata illustrazione di un percorso così travagliato in direzione delleriforme – ossia dei compromessi di fondo e dell’inazione dei governi dellaDestra, che non aveva usato gli strumenti legislativi di cui pure disponeva – e altempo stesso una prima avvisaglia di provvedimenti ministeriali assai più deter-minati, era venuta, tra il novembre e il dicembre 1879, dal Ministero della pub-blica istruzione. Rispondendo a una lettera riservata del prefetto di FirenzeClemente Corte, che sollecitava un riesame della situazione amministrativa deiconservatori da parte di una commissione, il ministero – dove si insediava alloraFrancesco De Sanctis – chiariva tra l’altro in quell’occasione:

Il governo [...] ha in poter suo i mezzi legali per ridurre ad uno stato normale codestieducatori, così sotto l’aspetto didattico come sotto l’aspetto amministrativo. Questi mezzi,pur troppo, non si sono adoperati da più anni per una serie di circostanze che non è quinecessario né tornerebbe utile ridire,

proseguendo, in un passo poi espunto,

ma soprattutto poi perché al governo e all’amministrazione dei conservatorii inFirenze (salve alcune onorevoli eccezioni) fu, per consiglio di cotesto ufficio, chiamatoun alto ordine di persone che assunse un così grave ufficio solo pro forma, o che nonintendeva bene lo spirito dei nuovi tempi e delle nuove istituzioni, oppure che, intenden-dolo, si argomentava, certo in buona fede, di far camminare gl’istituti a ritroso delle istitu-zioni e dei tempi.

E anche a ciò il regolamento avrebbe porto un rimedio nel rimutar le commissioniamministrative che (art.° 3) durano in ufficio cinque anni.

Ma neppure questo rimedio fu adoperato, talché gli Operai ed i consiglieri, o si sonoa lungo andare stancati dell’opera loro, ed hanno lasciato fare a chi non sapeva o nonvoleva far bene; ovvero han finito per credersi indipendenti affatto, ed arbitri assoluti d’o-gni cosa, ed hanno fatto e disfatto a loro posta, senza dar modo di conoscere, non che disanare i loro errori alle potestà locali ed a questo ministero1.

Come non individuare in quell’«alto ordine di persone» il gruppo di potere

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1 ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali, 1860-1896, b. 165, fasc. «1882. 27. Firenze. 7»,il ministro al prefetto di Firenze, s.d. [ma in risposta alla lettera del 17 novembre 1879], minuta.Per questa risposta fu sentito il parere di Buonazia. Come si apprende dalla documentazioneconservata nello stesso fascicolo, nel gennaio 1880 De Sanctis affidò l’incarico straordinario divisitare i conservatori fiorentini per esaminarne lo stato dell’amministrazione, l’indirizzo educa-tivo e disciplinare e l’ordinamento didattico a una commissione da lui nominata, composta, tragli altri, da Carlo Alfieri di Sostegno (presidente), Piero Guicciardini, Domenico Carbone,Augusto Conti, Piero Corsini. I lavori della commissione si conclusero soltanto nel marzo 1882,ma secondo il prefetto non conseguirono esiti soddisfacenti. Già il 30 gennaio il provveditore

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Introduzione

dei moderati toscani, uno dei più compatti e influenti, fino alla caduta dellaDestra, e fra i più disinvolti nello sfruttare a proprio vantaggio le angustie dellavita politica italiana? La mediazione del governo nei confronti della deputazionetoscana, che godeva di notevoli spazi di contrattazione sia su scala locale sia nelrapporto con le istituzioni centrali, aveva dunque avuto sotto la Destra storicaeffetti quasi paralizzanti in questo ambito del processo di laicizzazione.

La questione era essenzialmente politica; sotto la pressione di una nuovaoffensiva della massoneria1, alla fine del 1882 il ministero emanava una circolare,a firma di Costantini2, sferrando un attacco diretto alle commissioni, e con esse aimoderati toscani, che – come risulta palese dalle Carte Galeotti – colpiti ora apiù riprese per la loro tradizionale politica di accordo col clero locale nel campodella scuola, accusavano il ministro Baccelli di essere manovrato dai framassoni.Il segretario generale, affermando di sgombrare il terreno dalle interpretazionierrate del decreto del 1867, puntava il dito contro le commissioni, che spessoavevano trascurato di farsi carico della «liquidazione d’un passato, che se lascia-va tracce non doveva lasciare addentellato». Ma, intervenendo più decisamentedel regolamento del 1867 sul problema della sopravvivenza della «famiglia» delleoblate, la circolare prescriveva che, una volta venute a mancare una o più «ex-religiose», esse non avrebbero dovuto essere sostituite, qualora insegnassero, senon da maestre laiche, e che inoltre non avrebbero potuto essere nominate dallacommissione, ma solo da questa proposte per la nomina al ministero; né, tantomeno, sarebbe stato loro consentito di entrare a far parte dell’«antica famiglia»3.

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agli studi di Firenze Francesco Bolasco chiese al ministero di inviare un ispettore centrale cheportasse soprattutto «il verbo ministeriale e il tesoro della sua esperienza», promettendo unconcreto appoggio per la conduzione di quel delicato intervento. Infatti, chiariva, «né io né ilprefetto possiamo fare proposte radicali senza entrare in diffidenza presso questa gente, e per-dere la forza di operare nell’interesse del pubblico servizio». Sul duplice ruolo dei prefetti, nonsolo elemento di trasmissione di un potere che emanava dal centro verso la periferia, ma «pra-ticamente “costretti” a cercare un modo di “dialogare” con le forze locali», cfr. ad esempio S.SEPE, Amministrazione e «nazionalizzazione». Il ruolo della burocrazia statale nella costru-zione dello Stato unitario (1861-1900), in Dalla città alla nazione. Borghesie ottocentesche inItalia e in Germania, a cura di M. MERIGGI e P. SCHIERA, Bologna, il Mulino, 1993, pp. 329-335(per la citazione, p. 331).

1 Cfr. C. BETTI, La religione a scuola... cit., pp. 124-125.2 Circ. n. 694 del 27 dic. 1882, Istruzioni relative ai Conservatori femminili della Toscana,

in «Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istruzione», dic. 1882, pp. 1013-1014.3 Proponendo un raffronto efficace e calzante tra i regolamenti sui conservatori emanati

prima, nel 1785, da Pietro Leopoldo, poi, nel 1867, dal governo italiano e, infine, dalla Sinistratramite la circolare del 1882, Mantellini scrisse a Galeotti il 28 gennaio 1883 che la circolare del27 dicembre 1882 «liquida[va] la famiglia, fatta laica dalla riforma del 1785 e messa a riposodalla riforma del 1867»; BIBLIOTECA RICCARDIANA, Firenze, Carte Galeotti, cass. 7, 453.

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Fonti per la storia della scuola

Infine, si sollecitavano i Consigli provinciali scolastici ad impedire alle commis-sioni di «violare la lettera e lo spirito delle provvisioni emanate nel 1867», sia«con provvedimenti speciali, sia coll’esame intelligente dei bilanci», che andavainteso «come esame d’indirizzo amministrativo, anziché di una legale e sempliceapprovazione di spesa». Vari operai reagirono con estrema vivacità, trincerandosidietro i regolamenti interni approvati per i rispettivi istituti1; d’altra parte, eralecito dubitare che essi potessero venire cancellati da una semplice circolare.Non stupisce che al ministero in quel momento si avvertisse sempre più urgente-mente il bisogno di un provvedimento legislativo che servisse a vincere le formedi resistenza poste in atto a sbarrare il passo al processo di laicizzazione.

L’anno successivo, col regio decreto del 29 giugno venivano dichiarati istitutipubblici educativi dipendenti dal Ministero della pubblica istruzione tutti gli istitutifemminili di natura «laicale» non aventi carattere di Opera pia o di privata istituzio-ne2. Il decreto valorizzava la figura della direttrice, nominata con decreto reale, allaquale si affidava il governo di tutto ciò che concerneva l’ordinamento degli studi el’indirizzo educativo e disciplinare, mentre la commissione si doveva occuparedella direzione dell’azienda patrimoniale. Non a caso Cesare Guasti osservò consdegno che il regio decreto del 29 giugno 1883, per quanto riguardava i conserva-tori della Toscana, convertiva «in amministrative le commissioni direttive ealtera[va] il disposto del decreto r. 6 ottobre 1867»3. Di fatto, la laicizzazione degliistituti di educazione femminile dipendenti dal ministero stava passando attraversouna fase cruciale: la sostituzione di direttrici laiche alle superiore-direttrici, che,insieme all’avvicendamento di maestre secolari a suore e oblate anziane o sfornitedei titoli legali, quando venne superata l’opposizione della vecchia «famiglia»,funse da leva nell’arduo processo di secolarizzazione avviato negli ultimi duedecenni del secolo. Ma, per nullificare l’autorità della direttrice laica, le commissio-ni dei conservatori toscani, d’accordo con le oblate, poterono invocare in propriofavore il regolamento del 1867, mai abrogato, tanto da sollevare dubbi sull’appli-cabilità del decreto del 1883 agli istituti regolati da quello del 1867.

Ancora più grave si presentò la situazione dei Collegi di Maria della Sicilia.Esemplate sul modello di convitto o conservatorio progettato e sperimentato aSezze verso gli inizi del Settecento dal cardinale Pietro Marcello Corradini eintrodotto fin dall’inizio degli anni Venti del secolo in Sicilia, queste istituzioni

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1 Cfr. BIBLIOTECA RONCIONIANA, Prato, Carte di Cesare Guasti, b. 170, cc. 6-7, lettera diBaldassarre Paoli, Operaio del Conservatorio delle Giovacchine di Firenze, a Cesare Guasti, 20gennaio 1883.

2 R.d. 29 giu. 1883, in «Gazzetta ufficiale del Regno d’Italia», 4 ago. 1883.3 BIBLIOTECA RONCIONIANA, Prato, Carte di Cesare Guasti, b. 166, fasc. 22, anno 1883, c. 6.

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Introduzione

avevano conosciuto nell’isola una straordinaria fortuna1. Nella seconda metàdell’Ottocento, i Collegi di Maria, con la crescente difficoltà a coniugare insiemequella molteplicità di funzioni che aveva favorito il loro inserimento nella vitadelle comunità urbane (comunità religiose, istituti di istruzione e di formazionecristiana per le ragazze del popolo, educandati, scuole di lavori femminili),erano ormai entrati in una fase di irreversibile decadenza, che non solo li rende-va inadeguati a diffondere l’istruzione di base, ma, nel diverso contesto dell’Italiapostunitaria, ne fece, agli occhi delle autorità scolastiche locali più impegnate,strumenti intollerabili d’incultura e di reazione.

Per il letterato acese Lionardo Vigo, noto liberale e sostenitore di un pro-gramma che puntava alla realizzazione del progetto autonomistico, senza con-trastare però l’adesione dell’isola al movimento nazionale e a un’identità cultura-le italiana2, l’educazione impartita da orfanotrofi e Collegi di Maria contribuivaad approfondire la divaricazione politica e culturale che travagliava il paese e lastessa Sicilia. Per Vigo, che nei primi anni Sessanta fu ispettore scolastico del cir-condario di Acireale, le ragazze poste in quei «reclusori» venivano ridotte a «talestato d’ignoranza e di selvatichezza e d’istinti retrivi, da sembrare di apparteneread un altro secolo, ad un altro popolo»: senza un forte impegno del ministeroper uniformare la loro formazione a quella delle coetanee educate nel rispettodella legge, che da un proficuo e più libero rapporto con l’istituzione scolastica

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1 L’orientamento del governo borbonico fu quello di inquadrare i Collegi di Maria tra glistabilimenti di beneficenza e i luoghi pii laicali, pur lasciandoli sotto la vigilanza dei vescovi.Un decreto del luglio 1834 li distinse poi in due categorie, quelli retti dalle regole corradiniane,dipendenti dai vescovi, e quelli di altra regola, da sottoporsi direttamente all’amministrazioneregia, ma i vescovi tesero ad accentuarne la struttura di comunità religiosa per ricondurli tuttisotto il proprio controllo diretto. Per un inquadramento complessivo dell’intricata vicenda deiCollegi di Maria sotto la legislazione borbonica, cfr. C. NARO, I Collegi di Maria in Sicilia, inChiesa e prospettive educative... cit., pp. 891-904; A. CRIMI, Teoria educativa e scuola popolarein Sicilia nel tempo dei Borboni, Acireale, Accademia di scienze, lettere e belle arti degliZelanti e dei Dafnici, 1978; ID., L’istruzione femminile tra il Sette e l’Ottocento in Sicilia, in«Nuovi Quaderni del Meridione», 84 (1983), pp. 465-471; I. FAZIO, Istruzione e educazionedelle donne nella Sicilia Borbonica, in Contributi per un bilancio del Regno Borbonico,Palermo, Fondazione culturale Lauro Chiazzese, 1990, pp. 117-135; ID., La Signora dell’Oro,Palermo, La Luna, 1987, sull’importanza attribuita a queste istituzioni educative nella Siciliaborbonica, analizzata attraverso uno studio della “rete di relazioni” formatasi intorno alCollegio di Maria di Capizzi. Si veda anche la voce «Collegio di Maria» a cura di FrancescoScaduto, ridotta e aggiornata da Arnaldo Bertola, in Novissimo digesto italiano, diretto da A.AZARA e E. EULA, 3a ed., Torino, Utet, 1957.

2 Su Lionardo Vigo, presidente della Accademia Dafnica di lettere e belle arti di Acireale,appassionato celebratore della cultura siciliana, corrispondente di uomini illustri italiani e stra-nieri, e noto liberale fin dai tempi della rivoluzione del 1848, si veda l’introduzione di LucianaPasquini a L. CAPUANA, Lettere inedite a Lionardo Vigo (1857-1875), Roma, Bulzoni, 2002, pp.11-31 e L. CAPUANA, Ricordo di Lionardo Vigo (1879), ibid., pp. 179-188.

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uscivano «ricche di belle cognizioni, di utili ammaestramenti, con il cuore e lamente caldi di sensi italiani», egli scrive al ministro della pubblica istruzione,l’Italia avrebbe avuto «due generazioni contemporanee, l’una che al secolo deci-monono appartiene, l’altra a’ tempi de’ maggiori furori e stupidità dell’Inqui-sizione»1.

I documenti del ministero registrano anche, in Sicilia come in altre aree del-l’ex Regno borbonico, alcuni tentativi delle monache di indurre forzatamente legiovani a vestire l’abito religioso; casi certo poco chiari in base al sempliceesame di queste carte, ma probabilmente solo in parte equiparabili alle monaca-zioni coatte, ormai in calo – che, del resto, più difficilmente emergevano allaluce del sole, grazie alla complicità dei genitori – e legati anche a nuove dinami-che, come, ad esempio, secondo la prefettura di Palermo, le forti pressioni eser-citate dalle monache del Collegio di Maria di Carini su una giovane maestra laicadimorante all’interno per farle vestire l’abito, quasi la patente voluta dal ministe-ro rappresentasse ormai un titolo preferibile alla stessa dote richiesta per l’in-gresso nella «famiglia» delle collegine2. In Sicilia, infatti, le maestre locali prepara-te e munite dei titoli legali erano, ancora alla fine degli anni Sessanta, in numeroenormemente inferiore al bisogno, cosa che rappresentava un forte ostacolo allaregolarizzazione di scuole e istituti d’istruzione e al miglioramento delle gravicondizioni in cui versava l’istruzione delle donne3. Basti pensare al tasso di anal-fabetismo femminile registrato dal censimento del 1871 (91%), che mette a nudol’estraneità della quasi totalità delle donne dell’isola all’uso dei primi e più ele-mentari strumenti culturali. Le maestre continentali, del resto, anche senza tenerconto dei rimborsi per il viaggio e delle indennità d’alloggio, costavano assai dipiù delle maestre del posto, cui i comuni assegnavano retribuzioni bassissime;inoltre, difficilmente riuscivano ad adattarsi alle usanze dell’isola, che limitavanola libertà di movimento delle donne sequestrandole gelosamente in casa e sepa-randole dal consorzio civile.

Nei Collegi di Maria, monache ignoranti e superstiziose, che talvolta si limita-vano ad insegnare alle loro alunne i «lavori donneschi», trascurando persino l’in-segnamento della lettura e della scrittura, avrebbero dovuto venire urgentemente

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1 Cfr. ACS, MPI, Div. scuole primarie normali, 1860-1896, b. 62, fasc. «Tit. 16. Catania.18», l’ispettore circondariale di Acireale Lionardo Vigo al ministro, 8 agosto 1861.

2 Cfr. ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali, 1860-1896, b. 79, fasc. «Palermo(Provincia). A-Par. 54», la prefettura della provincia di Palermo al Ministero della pubblicaistruzione, 16 aprile 1875.

3 Cfr. G. BONETTA, Istruzione e società nella Sicilia dell’Ottocento, Palermo, Sellerio, 1981 eS.A. COSTA, La scuola e la grande scala. Vita e costume nella scuola siciliana dal 1860 agliinizi del Novecento, Palermo, Sellerio, 1990.

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Introduzione

sostituite da maestre laiche o sottoporsi ad esame per ottenere la patente1.Urgenti e radicali riforme invocava anche lo stato dei locali, spesso sporchi ecadenti, e privi di arredi e di sussidi didattici. Un riordinamento di questi istituti,avviato con il regio decreto del 20 giugno 1871, venne tuttavia bloccato quandomolti di essi, dopo essersi sottratti alla legge sulla soppressione delle corporazio-ni religiose rivendicando – come già avevano fatto in passato – un carattere «lai-cale», intentarono causa al Ministero della pubblica istruzione per sfuggire allasua diretta dipendenza (e quindi al controllo dei Consigli provinciali scolastici)sostenendo di essere, giuridicamente, Opere pie, poste sotto la tutela delleDeputazioni provinciali, e non istituti educativi.

Già nel settembre 1871, cioè non appena cominciarono a delinearsi le rea-zioni al r.d. approvato il 20 giugno, Luigi Mercantini – allora reggente il provve-ditorato agli studi di Palermo – tracciava un quadro ben poco rassicurante dellasituazione dei Collegi di Maria della provincia2. Nel gennaio 1873 poi, quandoormai erano chiare le misure adottate dalle collegine per sottrarsi alla dipenden-za dal ministero, Salvatore Calvino, patriota ed ex garibaldino, succeduto aMercantini, sentì il dovere di lanciare più volte grida di allarme, osando anziavanzare esplicitamente l’ipotesi che il ministero potesse essere «non esattamen-te informato da chi si fa[ceva] protettore di siffatti istituti»3 e sottovalutasse il peri-colo in cui versava l’educazione femminile nella provincia e in particolare nellacittà di Palermo, dove i Collegi di Maria erano dei «veri monasteri», di fatto sottoil controllo dell’arcivescovo, «a capo di una latente ma decisa reazione contro ilgoverno»4. Certo è che i rapporti al ministero lasciati da Calvino, più di tanti altri

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1 Lo stesso Girolamo Buonazia, inviato in Sicilia come delegato straordinario del governoper il riordinamento dei ginnasi e delle scuole tecniche, si premurò di appoggiare presso ilministero una deliberazione adottata dal Consiglio provinciale scolastico di Catania nella sedu-ta del 24 novembre 1863, cui era intervenuto, per sottolineare la gravità della situazione deiCollegi di Maria in tutta l’isola e la necessità di destinare valenti maestre a riordinarne l’istruzio-ne; cfr. ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali, 1860-1896, b. 56, fasc. «Tit. 16. Pratica gene-rale. Anno 1867 e precedenti. Collegi di Maria in Sicilia. Notizie ed elenchi», G. Buonazia alministro, 10 gennaio 1864. Si veda anche il rapporto al ministro sul «riordinamento dei Collegidi Maria della provincia di Palermo», a firma del provveditore agli studi Girolamo Nisio, datato23 gennaio 1870 (ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali, 1860-1896, b. 78, fasc. «Tit. 16.Pratica generale e Palermo città. Collegi di Maria. 52»).

2 V. doc. 16. 3 La citazione è tratta dalla risposta di Salvatore Calvino del 24 gennaio 1873 al dispaccio

ministeriale del 14 dicembre 1872, riportata in V. CALVINO MANACORDA, Testimonianze di un prov-veditore agli studi sull’educazione femminile nel Mezzogiorno, in L’educazione delle donne...cit., p. 262. Al saggio di Valeria Calvino Manacorda rimando per una ricostruzione – ricca di pre-ziose testimonianze – della figura, nonché dell’esperienza siciliana di questo provveditore.

4 Cfr. ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali, 1860-1896, b. 78, fasc. «Tit. 16, Praticagenerale e Palermo città. Collegi di Maria. 52», il provveditore agli studi della provincia diPalermo Salvatore Calvino al Ministero della pubblica istruzione, 21 febbraio 1873.

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Fonti per la storia della scuola

funzionari sensibile alle carenze e alle storture che affliggevano l’istruzione fem-minile, mostrano che il suo lavoro venne fortemente impedito, oltre che dalladifficile situazione del provveditore in seno al Consiglio provinciale scolastico,presieduto dal prefetto, dalla povertà dei mezzi e dalla scarsità di personale dicui poteva disporre, ancora più paralizzanti per le gravi inadeguatezze del tessu-to scolastico dell’isola. La corrispondenza privata di Calvino denuncia peròanche lo scarso appoggio di un ministero troppo distante, lento nell’effettuare ecoordinare i propri interventi, debole e poco incisivo di fronte all’invadenza cle-ricale e alle pressioni di interessi e camarille locali.

Del resto, tutta la tormentata vicenda successiva dei Collegi di Maria sembradar ragione alle previsioni più pessimistiche. Secondo i dati forniti dal ministroBoselli nel febbraio 1890 nella presentazione del suo disegno di legge sui Collegidi Maria della Sicilia, 23 di essi erano stati inclusi nella categoria delle Opere pie e40 dichiarati pubblici istituti educativi, mentre altri 45 rimanevano «in una condi-zione indeterminata» ed erano «governati da ecclesiastici, come se nel paesenostro non ci fosse civil reggimento»1. Tra l’ultimo decennio dell’Ottocento e gliinizi del secolo successivo, anche altri Collegi riuscirono a ottenere dai tribunalisentenze favorevoli e a farsi riconoscere come Opere pie. Il disegno di leggeBoselli, che rispondeva all’esigenza di un provvedimento legislativo che ponessei Collegi di Maria alle dipendenze dirette del Ministero della pubblica istruzione,non fu discusso per la chiusura della sessione, né miglior sorte ebbero i due dise-gni di legge presentati entro la fine del secolo2. Nel 1906 – ricordava in un dispac-cio al ministro il provveditore agli studi di Palermo – i Collegi di Maria della pro-vincia – il cui esempio non mancò di essere seguito da altri dell’isola – erano stati,per la maggior parte, dichiarati Opere pie per sentenza del tribunale, confermatapoi dalla corte d’appello e dalla Cassazione, e, pur avendo il Consiglio provincia-le scolastico svolto i suoi compiti di vigilanza sull’istruzione impartita nelle Operepie, non aveva potuto non solo adottare misure per porre riparo ai vari inconve-nienti segnalati dagli ispettori, poiché i provvedimenti di ordine amministrativosulle Opere pie dovevano essere emessi dall’autorità tutoria amministrativa, maneppure prendere visione delle copie dei bilanci per formulare proposte per ilmiglioramento delle condizioni igieniche e del materiale didattico delle scuole, esi trovava di fatto con le mani legate3.

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1 Così Boselli nel presentare alla Camera, il 3 febbraio 1890, il disegno di legge sui Collegidi Maria della Sicilia; cfr. AP, Camera dei deputati, legislatura XVII, Documenti, seduta del 20gennaio 1891, all. 1, p. 9.

2 Cfr. MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, Relazione presentata a S.E. il Ministro dellaPubblica Istruzione Prof. Comm. Nicolò Gallo... cit., pp. XXV-XXVI.

3 Cfr. ACS, MPI, Dir. gen. istruzione media, 1897-1910, b. 350, fasc. «Notizie sui Collegi diMaria», risposta al dispaccio ministeriale del 6 agosto 1906 del provveditore agli studi di

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Introduzione

A fronte di un’eredità tanto gravosa poche paiono in effetti, come si è giàanticipato, le alternative messe a punto nei primi decenni successivi all’unifica-zione, con l’appoggio dello Stato o di enti pubblici, per modificare quel quadroistituzionale. Tra queste vanno menzionate innanzitutto le scuole superiori fem-minili, fondate da alcuni comuni, tra i quali quelli di Milano, Torino, Asti,Padova, Venezia, Firenze, Roma, e sussidiate dal governo secondo le disposizio-ni della circolare Bargoni del 9 luglio 1869, in larga parte frutto della collabora-zione e dell’interesse di Pasquale Villari, allora segretario generale, per la que-stione dell’istruzione secondaria femminile1. Anche se, nei fondi archivistici quiesaminati, la consistenza della documentazione che concerne le nuove scuolerisulta quantitativamente assai esigua, l’innovazione rappresentata dalle scuolesuperiori femminili interessa in questa sede proprio in quanto si definì in con-trapposizione alla formula tradizionale del collegio-convitto, e le difficoltà cheincontrò sul suo percorso furono dovute in larga parte al fatto che, per le fami-glie di agiate condizioni, l’educandato continuò a costituire per vari decenni,tranne forse che nei maggiori e più moderni centri urbani, il punto di riferimentoe il termine di raffronto su cui misurare vantaggi e inconvenienti delle soluzionialternative2.

Di fronte al sistema segregante dell’educatorio, le scuole superiori femminilioffrivano la possibilità di non interrompere il legame delle ragazze con la fami-glia, anzi di instaurare finalmente anche per loro, oltre che per i maschi, unanuova e moderna relazione tra casa e scuola, alterando inoltre, a tutto vantaggiodi una formazione intellettuale più vivace e aggiornata ai tempi, il consueto rap-porto educazione/istruzione inscritto nella storia dei saperi da impartire alledonne, decisamente sbilanciato a favore del primo termine del binomio3. Il caso

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Palermo Girolamo De Luca-Aprile, datata 19 agosto 1906. Si vedano oltre, in questa introduzio-ne, i cenni dedicati ai modesti esiti ottenuti dalla legge del 17 luglio 1890 sulle Opere pie,nonostante il carattere innovativo della riforma.

1 Cfr. M. MORETTI, Pasquale Villari e l’istruzione femminile: dibattiti di opinione e iniziati-ve di riforma, in L’educazione delle donne... cit., pp. 508-514; S. ULIVIERI, Scuole superiori fem-minili provinciali e comunali nell’Italia postunitaria (1860-1900), in CIRSE, Problemi emomenti di storia della scuola e dell’educazione, Atti del 1° Convegno nazionale, Parma, 23-24 ottobre 1981, Pisa, ETS, 1982, pp. 167-173 e S. FRANCHINI, Le origini dell’istruzione seconda-ria femminile... cit., cui rimando.

2 V. docc. 20 e 23.3 A tale preciso indirizzo, proposto già dal 1861 dalla scuola superiore femminile di

Milano, Aristide Gabelli dedicò a più riprese parole di apprezzamento. Si vedano le sue osser-vazioni sui Saggi di componimenti delle alunne della Civica scuola superiore femminile diMilano, Milano, 1872, in «Nuova Antologia», XXIV, novembre 1873, pp. 666-675 e il suo impor-tante intervento su L’Italia e l’istruzione femminile, in «Nuova Antologia», XV, settembre 1870,pp. 153-154.

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più significativo fu rappresentato dall’esperienza avviata a Milano già nel 1861per iniziativa di Carlo Tenca. La scuola – «prediletta» dal municipio e «entrata ingrazia alla cittadinanza», come disse con compiacimento il provveditore aglistudi Carlo Gioda, chiamato a deporre davanti alla commissione dell’inchiestaScialoja1 – era destinata principalmente alle figlie di avvocati, notai, ingegneri,medici, impiegati, commercianti, cioè alle ragazze appartenenti a quegli stratidei ceti medi la cui domanda di istruzione femminile di livello postelementare, aMilano, contribuì fortemente a far assumere alla nuova istituzione la sua benprecisa fisionomia2. I programmi, infatti, venivano formulati soprattutto perrispondere alle esigenze «di quelle buone famiglie civili, che non hanno mezzodi pagare i professori per istruirle, o che non vogliono mandarle in convitto,mentre possono tenerle a casa»3. Si trattava dunque di un canale di formazioneidealmente distinto sia dai corsi «perfettivi» degli educandati sia dalla scuola nor-male o da altri corsi di tipo professionale.

Tuttavia, la scarsa sensibilità verso la novità rappresentata da scuole che, inuna prospettiva di sviluppo dell’istruzione “secondaria” femminile, si propone-vano come alternativa all’internato senza però poter vantare consolidate tradi-zioni, le resistenze dei comuni a stanziare fondi per la loro apertura, o il tentati-vo di far convergere gli sforzi, piuttosto, in direzione degli educandati più affer-mati4, giocarono a sfavore del propagarsi della nuova istituzione. In realtà, lescuole superiori femminili vennero da più parti deputate a colmare, in variomodo, a seconda delle situazioni locali, il vuoto lasciato dalla carenza di progettiarticolati e puntuali in un settore di cui la Chiesa deteneva il monopolio5, e in cuil’iniziativa privata – istitutrici domestiche, scuole e convitti aperti da privati nellecittà – non era adeguata o accessibile, per i suoi alti costi, alle nuove esigenzedelle famiglie delle varie stratificazioni dei ceti medi. Di qui il carattere speri-mentale e fluido delle forme in cui si concretizzò l’operato di una decina dimunicipi, che non mancò di riflettersi nella molteplicità ma anche nell’incertezza

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1 ACS, MPI, Div. scuole medie, 1860-1896, b. 6 bis, fasc. 40, seduta di Milano del 4 novem-bre 1873.

2 Cfr. COMUNE DI MILANO. RIPARTIZIONE EDUCAZIONE, I 100 anni della «Manzoni». Nel I cente-nario della fondazione della civica scuola superiore femminile «Alessandro Manzoni»,Quaderni della «Città di Milano», 14, 1962.

3 ACS, MPI, Div. scuole medie, 1860-1896, b. 6 bis, fasc. 41, seduta di Milano del 5 novem-bre 1873, deposizione di Giovanni Rizzi, professore di lingua e letteratura italiana alla scuolasuperiore femminile di Milano, edita in ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, L’inchiesta Scialoja...cit., pp. 400-405 (per la citazione, p. 401).

4 Come era orientato a fare, ad esempio, il Consiglio provinciale scolastico di ReggioEmilia; v. docc. 20a-20c.

5 V. doc. 22.

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Introduzione

degli ordinamenti e degli indirizzi degli studi1, come confermano varie testimo-nianze registrate dalla documentazione raccolta nell’inchiesta Scialoja, dove lediverse e confuse aspettative nutrite sulle finalità delle scuole superiori femminilisono colte proprio nella breve fase in cui quelle iniziative parevano indicare unavia praticabile per la creazione di un’istruzione secondaria femminile.

Riproponevano invece l’impianto della struttura dotata di internato, a partireperò da un’impostazione assai più moderna, alcuni istituti fondati e diretti dastranieri per offrire a figlie di forestieri residenti in Italia una formazione più ade-rente ai modelli educativi dei loro paesi di origine e più rispondente ai loro biso-gni anche sul piano della libertà di culto. A lungo, nel corso dell’Ottocento, lareligione cattolica fu l’unica ammessa, il più delle volte anche negli stessi edu-candati pubblici e governativi. L’ammirazione dell’ispettrice governativa ErnestaSali Maturi per la modernità del rinomato Istituto Mackean, riservato, a Napoli,alle ragazze della “buona società” internazionale, evidenzia il divario rispettoalle esperienze italiane constatato da un’“esperta”, pur perplessa di fronte al«miscuglio di tante religioni» professate dalle ragazze, assolutamente insolitonegli educandati italiani2. Disciplina meno austera e soffocante, spazi di libertà edi gioco, responsabilizzazione delle giovani, organizzazione didattica più duttile,come quelle ammirate dall’ispettrice presso il «Mackean», entreranno a far partedei metodi educativi di analoghi istituti di élite italiani soltanto a partire dai primidecenni del secolo successivo3.

Presenza anch’essa marginale nei fondi archivistici del Ministero della pub-blica istruzione, ma non certo priva di interesse, è poi quella di istituti fondati osovvenzionati da stranieri in Italia per l’educazione popolare e legati al froebeli-

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1 Cfr. ad esempio L’istruzione femminile in Torino dall’anno 1848 all’anno 1873, Torino,Botta, 1873, pp. 7-38 e La scuola superiore femminile di Venezia, Venezia, Tip. Antonelli,1873. V. anche doc. 23.

2 Il «Mackean», fondato a Napoli nel 1869 dalla scozzese da cui aveva preso il nome, eaperto a alunne interne ed esterne, per lo più figlie di banchieri e ricchi commercianti stranieri,fu visitato dall’ispettrice governativa Ernesta Sali Maturi, che vi si soffermò in alcune relazionigenerali, come quella relativa all’anno scolastico 1892-93, da cui è tratta la citazione (ACS, MPI,Dir. gen. istruzione primaria e popolare, Istituti femminili, Ispezioni e relazioni, 1884-1902,b. 64, fasc. 137, s.fasc. 10). Sull’Istituto Mackean si veda anche la nota biografica dedicata daLela Gatteschi ad Alice Maude Gardner – appartenente a una ricca famiglia dell’alta borghesiacosmopolita innestata in Sicilia – che vi fu educata per nove anni, dal 1893 al 1902, in Monrêve, Fondo foto/grafico di Alice Maude Gardner 1860-1920, Catalogo a cura di G. BONINI e E.MUCCI, Firenze, Vallecchi, 1981.

3 Per l’Istituto della Ss. Annunziata di Firenze, un’interessante raccolta di ricordi e testimo-nianze di ex alunne permette di seguire, sul lungo periodo, il variare dei metodi disciplinari edei modelli comportamentali proposti dall’educandato: Parole sul Poggio. Testimonianze ericordi della vita quotidiana nell’Istituto della Ss. Annunziata di Firenze 1830-2001, a cura diU. PORTA, Firenze, Pegaso, 2002.

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Fonti per la storia della scuola

smo, favorito dal clima positivista e dalle tendenze liberali: un mondo di iniziati-ve sperimentali in cui prevalentemente operavano donne, in genere straniere,protestanti o ebree, critiche nei confronti degli asili e delle istituzioni scolastichedel tempo e desiderose di sottrarre l’educazione dell’infanzia ai pesanti influssiclericali. Significativo ad esempio il caso dell’orfanotrofio femminile evangelicodi Firenze, verso il quale Villari, attento alle iniziative promosse in campo educa-tivo da esponenti della colonia anglosassone della città, si mostrò particolarmen-te sollecito1; per non parlare dell’Istituto di Giulia Salis Schwabe a Napoli, natonel 1873 all’insegna di un progetto di rigenerazione e reintegrazione socialedelle plebi meridionali e sviluppato, a vari livelli, dalla vulcanica attività dellasua fondatrice. Intellettuali al governo della scuola come Pasquale Villari,Aristide Gabelli, Girolamo Buonazia, attivamente interessati ad affrontare, daun’ottica laica e liberale, il problema dell’istruzione e dell’educazione al lavorodei bambini del popolo, in particolare nel Sud Italia, apprezzarono e sostennerol’attività educativa della Schwabe2.

A progetti diversi, distanti dalla modernità e dal carattere arditamente speri-mentale di queste esperienze straniere, si ispirano i due soli collegi-convitti dirilievo nazionale fondati ex novo dopo l’unificazione, per proporre un modello

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1 Fondato da Salvatore Ferretti, che ne pose le basi a Londra a partire dal 1852, durante unesilio iniziato dieci anni prima, l’orfanotrofio femminile evangelico venne trapiantato a Firenzenel 1862, poco dopo il ritorno in patria del Ferretti. Qui, intorno alla fine degli anni Sessanta,era sostenuto e sovvenzionato da un comitato di signore quasi tutte appartenenti alla coloniaanglosassone della città, ma ne faceva parte anche, a Roma, l’«evangelista» americana EmilyBliss Gould, che nel 1871 avrebbe aperto nella capitale un giardino d’infanzia secondo il siste-ma di Fröbel. L’obiettivo del comitato era quello di aiutare le figlie (orfane e non) di italiani incondizioni disagiate e di religione protestante a diventare istitutrici o ad apprendere un mestie-re, anche grazie all’introduzione di attrezzature per la meccanizzazione del lavoro manuale.Nel 1870 l’americana Caroline Marsh, allora attivamente impegnata in seno al comitato, ottennedal Ministero della pubblica istruzione, grazie all’intervento di Pasquale Villari, un sussidio perla realizzazione del giardino d’infanzia; cfr. ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali, 1860-1896, b. 66, fasc. «Firenze (città). S», s.fasc. «Comune di Firenze. Orfanotrofio della Societàamericana», lettere di Caroline Marsh a Pasquale Villari del 14 febbraio e 11 marzo 1870; rispo-sta del 17 febbraio 1870, a firma di Villari (per il ministro), alla lettera della Marsh del 14 feb-braio; Female Orphan Asylum at Florence, Florence, Claudian Press, 1868. Sull’orfanotrofio esull’Istituto evangelico italiano cfr. Cento anni di vita dell’Istituto Evangelico FemminileItaliano di Firenze 1862-1962, Tip. B. Coppini & C., Firenze, s.d. [1963?] e A. MANNUCCI,Educazione e scuola protestante, Firenze, Manzuoli, 1989, p. 216 e seguenti.

2 Sulle educatrici straniere legate al froebelismo, osteggiato dai clericali, cfr. C. BARBARULLI,Dalla tradizione all’innovazione. «La ricerca straordinaria» di Elena Raffalovich Comparetti,in L’educazione delle donne... cit., pp. 425-443. Dall’istituto di Giulia Salis Schwabe nacque,nel 1887, l’Istituto froebeliano Vittorio Emanuele II, con scuole per alunne e alunni esterni,sostenuto con la rendita di un capitale costituito dalla Schwabe per atto di donazione, confondi stanziati nel bilancio del Ministero della pubblica istruzione, con assegni e sussidi delcomune di Napoli, della provincia e di altre istituzioni locali.

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Introduzione

“forte” di educazione femminile voluta dallo Stato. L’esemplare studio dedicatoda Silvano Montaldo all’Istituto nazionale per le figlie dei militari italiani diTorino nell’ambito del suo volume su Tommaso Villa1 ha posto pienamente inluce le motivazioni e il significato politico dell’iniziativa, diretta a far sorgere nelclima politico-culturale torinese – secondo molti osservatori contemporanei,assai più impregnato che altrove di alte idealità civili e nazionali2 – un vero eproprio «monumento vivente» alla nazione unita. Villa, al timone della commis-sione promotrice, intendeva rifondare l’identità femminile sui valori della patria,della civiltà e del progresso scartando l’ipotesi dell’educandato di élite, e sce-gliendo di far nascere l’istituto da un coinvolgimento collettivo che, oltre a facili-tare la raccolta di capitali, sancisse “democraticamente”, sotto le insegne monar-chiche, la sacralità di una inedita concordia di intenti. Ma se l’iniziativa, sorta colpatrocinio del sovrano per celebrarne le glorie militari, doveva favorire l’amalga-ma di giovani provenienti da tutte le aree del paese, l’unità morale della grandecostruzione patriottica si spezzò nella struttura tripartita assunta dall’istituzione.Con il Collegio della Villa della Regina (1869), la Casa magistrale (1876) e la Casaprofessionale (1868), l’istituto si inserì infatti in una tradizione consolidata nelmondo della scuola e ancor più in quello del collegio-convitto, ribadendo ledistanze socio-culturali nonché la separazione spaziale tra le tre diverse “tipolo-gie” di allieve invece di tendere a riassorbirle. Gli aspetti innovativi si smorzava-no poi sul piano delle norme disciplinari e delle pratiche religiose, sulle qualinon vi era accordo neppure tra laici e massoni all’interno del consiglio direttivo,nonostante, tramite Villa, il contributo delle idee della massoneria su ruoli eidentità femminili non fosse stato trascurabile. Con la Casa per le fanciulle dicondizione disagiata, che si ispirava a esperienze realizzate in Svizzera, Francia eGermania, benché i risultati pratici fossero inferiori a quelli sperati, si riuscì tutta-via a contrapporre alla prassi del lavoro servile o alla “cieca” schiavitù del telaioimposte negli istituti di beneficenza, una delle proposte più precoci di professio-nalizzazione dell’istruzione femminile.

Nel diverso clima politico della fine degli anni Ottanta, affrontò invece unproblema sociale sempre più critico e temibile, quello dell’infelice condizionedei maestri elementari, il Collegio Regina Margherita di Anagni, nato col concor-so del governo, del sovrano, del comune e del sindaco di Anagni e degli inse-gnanti elementari. Istituito nel 1888, per impulso di Ruggero Bonghi, veniva

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1 S. MONTALDO, Patria e affari. Tommaso Villa e la costruzione del consenso tra Unità egrande guerra, Torino, Comitato di Torino dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano,[Roma] Carocci, 1999, pp. 179-249.

2 Cfr. U. LEVRA, Fare gli italiani. Memoria e celebrazione del Risorgimento, Torino,Comitato di Torino dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 1992.

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infatti in soccorso alle orfane dei maestri – come si era inteso fare nel 1875 pergli orfani col Collegio Principe di Napoli ad Assisi – per evitare, come si sostene-va, che cadessero vittime di un tragico “sradicamento” dalla vita economica eintellettuale del paese, cioè per educarle “italianamente”, riconquistando alloStato la fiducia e il consenso del corpo magistrale. Ma i costi di grandi collegiallestiti secondo moderni criteri educativi e didattici erano, per ovvii motivi,estremamente onerosi. Scossa e contestata per l’urgenza di gravi problemi finan-ziari, la nuova istituzione consente di leggere, nella storia del travagliato rappor-to tra il disertato indirizzo “professionale” e l’affollato indirizzo magistrale – chesi cercava invano di disincentivare invertendo la rotta delle scelte delle famiglie– il tentativo di dare una risposta a esigenze di consenso, vigilanza e controllosempre più avvertite; ma in realtà la creazione di una pur grande impresa benefi-ca ben difficilmente poteva offrire soluzioni costruttive per il futuro delle nuovegenerazioni, in assenza di maggiore flessibilità e apertura verso la questionesociale.

L’estensione del controllo statale

È all’esigenza di acquisire, innanzitutto, conoscenze meno lacunose di quelleraccolte nel primo decennio postunitario proprio sulla svariata moltitudine dieducatori privati che sfuggivano maggiormente allo sguardo delle autorità scola-stiche che si può ricollegare la creazione dell’ufficio delle ispettrici «governative»,figure completamente nuove deputate alla visita degli istituti femminili di educa-zione, di istruzione e di beneficenza pubblici e privati. Già dallo scarso aiuto cheprovveditori e prefetti furono in grado di dare quando le ispettrici chiesero lorogli elenchi degli istituti compresi nelle rispettive province, apparve chiaro cheuno dei primi compiti delle nuove emissarie del ministero sarebbe consistito pro-prio nel costruire e tenere aggiornata, anche grazie alla rete di informazioni e dicontatti attivati sul posto, una mappa il più possibile completa ed esatta non soloe non tanto dei pochi e noti educatori pubblici, ma, soprattutto, della schiera diquelli privati e religiosi1. Di questi istituti, le indagini periodiche e accurate delle

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1 Oltre alle pagine che vi dedica in questo volume Paola Puzzuoli nella sua introduzione,sulle ispettrici governative si veda, per un esame delle relazioni sugli istituti torinesi, E. DE

FORT, Istituti femminili di educazione e d’assistenza a Torino nel secondo Ottocento, in DalPiemonte all’Italia… cit., pp. 297-312. Sul ruolo assegnato a queste nuove rappresentanti del«verbo ministeriale» e sulle loro condizioni di lavoro, S. FRANCHINI, Le ispettrici «governative»:l’autorappresentazione di due delle prime emissarie del Ministero della pubblica istruzione, inScritture di desiderio e di ricordo. Autobiografie, diari, memorie tra Settecento e Novecento, acura di M.L. BETRI e D. MALDINI CHIARITO, Milano, Angeli, 2002, pp. 254-275.

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Introduzione

ispettrici dovevano riuscire a far emergere non solo l’organizzazione didattica, maanche i metodi educativi e le prassi disciplinari, sui quali si riteneva gravasse, informe difficilmente verificabili dall’esterno, il peso delle pratiche ascetiche e deicondizionamenti di varia natura esercitati da associazioni religiose. Più adatte diprovveditori, prefetti, sottoprefetti, ispettori, già assorbiti inoltre da altre graviincombenze, apparvero delle figure femminili, in grado di gettare uno sguardonei penetrali del «chiostro» e attente a cogliere l’incidenza delle norme e delleprassi quotidiane «là donde appunto muove l’intima educazione d’una fanciulla»1.

Fu Cesare Correnti a sostenere per la prima volta in qualità di ministro lanecessità della collaborazione dell’intellettualità femminile di sicura fede laica enazionale, che avrebbe così potuto partecipare attivamente all’impresa di risolle-vare le sorti delle donne italiane al livello di quelle dei paesi più civili e progre-diti tramite la diffusione dell’istruzione vigilata dallo Stato. Nel 1870-71 Correntionorava infatti l’intelligenza, la passione civile e lo spirito d’iniziativa di alcuneintellettuali e patriote di chiara fama, come Caterina Percoto2, Brigida TanariFava Ghislieri, Giannina Milli ed Erminia Fuà Fusinato con incarichi speciali difiducia, assegnando loro un ruolo nell’inchiesta sulle condizioni dell’istruzioneelementare promossa dal Senato3, e confidando nel loro coinvolgimento perso-nale nella lotta contro quei numerosi fattori che consegnavano le donne di tutti iceti sociali a una dolorosa e profonda subalternità civile e culturale: ignoranza,superstizione, tradizioni educative di stampo monacale, gelosa reclusione impo-sta da genitori e parenti, avarizia dei comuni nel provvedere all’istruzione fem-minile, conflitti di potere locali che si accentravano attorno agli educatori femmi-nili. Correnti curò personalmente i rapporti con queste ispettrici «straordinarie» epredispose che le loro relazioni potessero venire pubblicate nei Documenti sul-l’istruzione elementare, ad arricchire gli esiti dell’inchiesta, come avvenne adesempio per alcune relazioni di Brigida Tanari4 sugli istituti bolognesi.

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1 R.d. 21 mar. 1875, in «Gazzetta ufficiale del Regno d’Italia», 17 apr. 1875.2 V. docc. 24a e 24b. 3 Sull’inchiesta, condotta negli anni 1868-72, cfr. E. DE FORT, Storia della scuola elementare

in Italia, Milano, Feltrinelli, 1979, pp. 57-63. Il settore dei «convitti femminili» venne preso inesame e illustrato pubblicando una selezione dei documenti più significativi. Cfr. Documentisulla istruzione elementare nel Regno d’Italia, Appendice alla parte III, Roma, Tip. Eredi Botta,1873, dove, da uno specchio statistico, articolato per province (ad esclusione di quella diRoma, recentemente riunita al Regno d’Italia) risulta un totale di 570 istituti censiti, pubblici eprivati (pp. 164-166).

4 Brigida Fava Ghislieri (Bologna, 1802-1877), di famiglia patrizia bolognese, sposata almarchese Giuseppe Tanari e dotata di una raffinata cultura, fu incaricata di visitare in qualità diispettrice straordinaria prima gli istituti femminili di educazione e di carità di Bologna e quindiquelli di Milano e della sua provincia. Era ben nota negli ambienti ministeriali per l’impegnospiegato durante i moti del ‘31 e del ‘48 e l’appoggio prestato con la famiglia alla causa nazio-

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Nel 1875 Ruggero Bonghi, con il r.d. del 21 marzo, istituzionalizzò l’ufficiodelle ispettrici degli istituti femminili di educazione e di beneficenza, conferendocosì all’attività ispettiva quella strutturazione e quella periodicità che costituiva-no l’essenza del ruolo. Il rilievo e la delicatezza dell’ufficio derivavano soprattut-to dal fatto che l’incarico – informare in modo da proporre all’attenzione delministero i problemi più urgenti – era di natura essenzialmente politica. Le dotidi cui le ispettrici ebbero maggiormente bisogno, e per cui vennero più apprez-zate dai funzionari ministeriali, furono l’avvedutezza e la perspicacia nell’inserir-si senza clamore, ma con fermezza, negli intricati e precari equilibri di potere traprefetti, provveditori, consiglieri provinciali, notabili locali, vescovi, ordini econgregazioni religiose. E nonostante fosse loro richiesta una notevole dose diflessibilità, neppure nelle situazioni più critiche si dovevano piegare a soluzionidi basso profilo. Era essenziale infatti che in ogni momento sapessero operare emediare con intelligenza mantenendo alta la dignità e l’autorità della funzioneche rivestivano: quella di emissarie dirette del governo1.

Il regolamento per le visite ispettive fu approvato però soltanto nel gennaio1883, ma vari punti dovettero essere rivisti2, e venne modificato con il r.d. del 21marzo 1889. Alle quattro ispettrici nominate nel 1875 – a ciascuna delle quali eraassegnata una circoscrizione (o «circolo») corrispondente a una delle quattroaree in cui era stato diviso l’intero territorio nazionale – vennero affiancate varianni più tardi quattro ispettrici ausiliarie, ma i posti in organico raggiunsero ilnumero di sei soltanto nel 1891 e di otto nel 1893. L’istituzione dell’ufficio nonaveva significato tuttavia per le nuove reclute il raggiungimento di una posizioneinvidiabile, come avrebbe fatto supporre la difficoltà dell’incarico. Lanciate nellecontese più aspre sugli istituti di educazione femminile tra suore, oblate e vesco-vi, clericali e laici, lasciate per otto anni senza un regolamento specifico, calibra-

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nale; cfr. G. R. [ROCCHI], Di una illustre donna bolognese, in «Nuova Antologia», XXXVI, settem-bre 1877, pp. 180-189 e la relativa voce biografica, a cura di F. CANTONI, in Dizionario delRisorgimento Nazionale, diretto da M. Rosi, Milano, Vallardi, 1930-1937, IV.

1 Fra le ispettrici più stimate presso il Ministero della pubblica istruzione va citata innanzi-tutto Marietta Guerrini (per cui v. nota 1 al doc. 23), della quale si pubblicano qui numeroserelazioni. Esercitò l’ufficio di ispettrice governativa ininterrottamente per quasi un trentennio, apartire dal 1875. Al ministero, per far tesoro della sua sicura capacità di giudizio e della suaautorevolezza, le si assegnò come residenza la capitale, distaccandola di tanto in tanto daRoma in particolari contingenze. Una nota ministeriale non firmata e non datata (ma attribuibi-le agli anni Novanta) contenente sintetici profili delle ispettrici governative ad uso interno, pre-cisava: «È la più antica e la più provetta delle ispettrici; giova al Ministero averla vicina, pernotizie, per provvedimenti urgenti, per lavori di commissioni»; ACS, MPI, Dir. gen. per l’istru-zione primaria e popolare, Istituti femminili, Ispezioni e relazioni (1884-1902), b. 63, fasc.136.

2 V. docc. 25-32.

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Introduzione

to sui loro particolari ambiti di intervento, perennemente preoccupate dal timoredi perdere nell’attività ispettiva e nelle relazioni sociali, anche a causa di unaretribuzione e di una diaria largamente inferiori al bisogno, il decoro richiestodal ruolo di rappresentanti dirette del governo, queste ispettrici, con esperienzepiene di spiacevoli imprevisti e un carico eccessivo di lavoro, rientrano certo trale figure che possono far riflettere sul cattivo trattamento e lo spreco di energiecui il Ministero della pubblica istruzione condannò frequentemente i suoi fun-zionari. Tanto più che, nel secondo Ottocento, per donne di «civile condizione»,continui viaggi e soggiorni sia nelle città che nelle località più sperdute e difficil-mente raggiungibili del paese avrebbero richiesto spese e attenzioni aggiuntiverispetto a quelle necessarie a un uomo di pari condizione e status sociale.

Eppure è proprio alle ispettrici governative che – fino al 1904, quando l’uffi-cio venne soppresso – si deve, per gli istituti femminili di educazione e di bene-ficenza, la raccolta, in genere piuttosto scrupolosa per quanto consentivano lefonti disponibili, della maggior quantità di informazioni, dettagliate e aggiornate,su origini, vicende storiche, direzione, organizzazione didattica, svolgimento deiprogrammi e testi adottati, insegnanti e loro titoli di studio, disciplina, pratichereligiose, locali, vitto, igiene, orari quotidiani delle alunne1. Ma la raccolta diinformazioni andava di pari passo all’esercizio del controllo, e non ci si stupisceche l’esposizione dei dati, come del resto avveniva nelle relazioni di ispettori,provveditori, prefetti, sia non di rado fortemente intessuta di giudizi. Questerelazioni ispettive rivestono quindi per lo storico un duplice interesse.L’abbondantissimo materiale lasciato dalle ispettrici costituisce, infatti, anche unosservatorio ideale per studiare, in innumerevoli varianti e sfumature diverse, lacostruzione del discorso laico e nazionale su una formazione di genere calata inrealtà istituzionali complesse e preesistenti all’unificazione, che portavano consé definizioni dell’identità femminile e del suo rapporto con l’entità statuale.

Uno dei primi problemi che le autorità scolastiche dovettero affrontare vennedal rifiuto delle ispezioni stesse da parte dei vescovi e delle badesse dei monaste-ri di clausura. Le superiore erano disposte ad ammettere ispezioni nella sola areadel parlatorio, vale a dire al di qua delle grate, non essendovi di solito, nei mona-

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1 Secondo il regolamento del 1883 le ispettrici governative avrebbero dovuto visitare nel-l’arco di un biennio ogni istituto compreso nel «circolo» loro assegnato, anche se rispettare talefrequenza non fu possibile per l’alto numero di istituti compresi nelle circoscrizioni territoriali,come lamentava ancora nel 1889 Marietta Guerrini (v. doc. 32). Si tenga conto inoltre dellacomplessità dei compiti ispettivi: per gli educandati governativi o sussidiati in qualche formadal governo le ispettrici, oltre a tracciare un quadro preciso dell’andamento disciplinare edidattico, dovevano raccogliere informazioni sull’amministrazione e i bilanci. Anche per gli isti-tuti già visitati, poi, non dovevano limitarsi a notare le variazioni rispetto a quanto osservatonel corso della visita precedente, ma erano tenute a redigere una relazione ampia ed esaustiva.

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Fonti per la storia della scuola

steri, una separazione tra i locali adibiti all’educatorio e quelli in cui vivevano lemonache. Ma accettare questa limitazione avrebbe reso praticamente illusoria lavigilanza, da esercitarsi a norma dell’articolo 5 della legge Casati1, e il ministero suquesto punto non si mostrò disponibile a transazioni, mantenendo fermo il suodiritto di far ispezionare tutti gli istituti pubblici e privati, italiani e stranieri apertisul territorio nazionale che ospitavano bambine in età scolare.

Sta di fatto che a questo problema si associava quello dell’estensione dellaclausura alle educande, che alle autorità scolastiche appariva un’espressione, disapore «medievale», del carattere sommerso di modalità conventuali perdurantinell’educazione femminile, sottratta alla vigilanza dell’autorità costituita e a pae-saggi laici e più aperti e vivibili. Si sosteneva infatti che quella rigida reclusionemonacale era nociva alla salute delle ragazze e causava l’indebolirsi dei legamifamiliari, essenziali nella formazione di future spose e madri; ma dietro a questeaffermazioni stava anche la convinzione che il completo isolamento dalla societàle rendesse più facilmente preda di sterili «ascetismi». Alla prima accusa le mona-che – secondo il testo delle loro stesse dichiarazioni o la sintesi fornita dalleispettrici – ribattevano che dell’«igiene» si preoccupavano costantemente e che lepasseggiate nel chiostro o nell’orto rispondevano in pieno alla necessità di motoall’aria aperta delle giovani. Un caso di umorismo involontario emerge da unacuriosa variazione sul tema nella relazione dell’ispettrice Maria Conti Jonnisull’Educandato della S. Umiltà di Faenza: «La superiora mi assicura che per unavolta al giorno essa obbliga le educande a fare tanti giri nell’orto quanti corri-spondono a due chilometri e mezzo»2. D’altro canto c’è da rilevare che le uscitenei centri abitati – naturalmente “sotto scorta” – erano particolarmente osteggiatenel Sud anche dai genitori e dai parenti, che talvolta si accordarono per indiriz-zare lettere di protesta al ministero, minacciando di ritirare le figlie qualora le«passeggiate» fossero state rese obbligatorie3.

Al contrario, soprattutto nel Nord, i rigori claustrali imposti dalle regole diClarisse, Benedettine, Agostiniane, Salesiane, Orsoline cominciavano a veniresempre meno tollerati dai genitori, costretti a una completa, lunga separazionedalle figlie, con le quali non potevano neppure scambiare liberamente segnid’affetto: tra le doppie grate del parlatorio a stento si riusciva a far passare unamano. E nonostante alcuni monasteri, dietro autorizzazione dell’autorità eccle-siastica, avessero temperato questo rigore, dapprima permettendo ai genitori di

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1 Per il testo dell’articolo 5, v. nota 1 a p. 91 dell’introduzione di Paola Puzzuoli a questovolume.

2 ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali, 1860-1896, b. 626, fasc. «Tit. 27. Ravenna.25», relazione datata giugno 1895.

3 V. doc. 36c.

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Introduzione

avvicinare le figlie, specialmente in caso di malattia1, poi in forme che consenti-vano di non violare la clausura (ad esempio concedendo alle alunne di tornarein famiglia per brevi periodi)2, negli ultimi decenni del secolo gli educatori tenutida ordini monastici cominciarono a spopolarsi, anche per effetto della concor-renza degli istituti femminili d’istruzione diretti dalle più moderne congregazionireligiose, che avevano rivendicato davanti alle stesse gerarchie ecclesiastiche illoro carattere non claustrale.

Si tenga conto inoltre che, in base alla legge sulla soppressione delle corpo-razioni religiose, le monache (fino a quando non fossero ridotte al numero disei)3 potevano rimanere nei monasteri soppressi, ma che esse in realtà, special-mente nel Sud, continuavano ad accogliere ancora alcune educande, per lo piùposte per vari anni nella cella delle zie, sotto la loro tutela, o lasciate anche inetà adulta nel «chiostro» in attesa di una sistemazione matrimoniale che potevanon giungere mai. E le monache, per parentela o per simpatie «di casta», conta-vano su aderenze e protezioni da parte dei personaggi più autorevoli e influentidel luogo. Il permanere di quell’antico costume4 pose dunque non pochi proble-mi a prefetti, provveditori, ispettori e ispettrici, che, nei casi di resistenza all’ispe-zione, dovevano contrastare, oltre alla volontà di vescovi e superiore, anchequella di altolocate famiglie, appoggiata talvolta dai meno auspicabili difensori.A torto le badesse protestavano che i loro non erano istituti educativi – si trovò asostenere Marietta Guerrini in frangenti molto difficili – poiché questi monasteri,accogliendo, di fatto, alcune “educande” e influenzandone la formazione, rien-travano nel novero degli istituti da ispezionare per legge. Nel 1886, nel casodelle Benedettine di S. Giovanni Evangelista di Lecce, l’ispettrice dovette tenertesta all’opposizione non solo del vescovo, ma anche del deputato localeGiuseppe Eugenio Balsamo e, almeno inizialmente, del magistrato di origine lec-cese Luigi Giuseppe De Simone, liberale moderato, intellettuale e storico dinotevole spessore che al monastero affidò per vari anni le sue cinque figlie,ponendole presso la zia; una scelta almeno apparentemente tanto tradizionalistada stupire anche chi, oggi, è abituato a ritrovare, nella documentazione storica,

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1 Cfr. G. ROCCA, Donne religiose. Contributo a una storia della condizione femminile inItalia nei secoli XIX-XX, Roma, 1992, estratto da «Claretianum», 1992, 32, pp. 115-118. Il mini-stero richiese talvolta di operare l’adeguamento dei locali con parziali ristrutturazioni che limi-tassero le forme di vita comune di monache ed educande separando l’educatorio dal resto del-l’edificio.

2 V. doc. 37. 3 Per diritto di abitazione concesso in via transitoria, in base all’art. 6 della legge del 7 lug. 1866.4 Cfr. G. ZARRI, Monasteri femminili e città (secoli XV-XVIII), in Storia d’Italia. Annali, IX,

La Chiesa e il potere politico dal Medioevo all’età contemporanea, a cura di G. CHITTOLINI e G.MICCOLI, Torino, Einaudi, 1986, pp. 359-429 (ora in ID., Recinti... citata).

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Fonti per la storia della scuola

continue tracce delle forti ambiguità e contraddizioni dei liberali e degli stessianticlericali quando era in gioco l’educazione delle figlie1. All’ispettrice nonerano ignoti altri esempi di bambine che, come in quel caso, venivano sistematenelle celle «a una a due colle zie, o colle non zie monache»2 – pur in assenza distrutture che assomigliassero a quelle di un educatorio – avendone potuto pren-dere atto, specialmente nel Sud, nel corso della sua più che decennale esperien-za. Ma la indignarono e la irritarono soprattutto, oltre alle tergiversazioni delvescovo, il mancato appoggio del prefetto, il sordo ostruzionismo del deputato el’ambigua posizione iniziale del magistrato, che le sembrarono «tutti e tre d’ac-cordo per impedire che si eseguisca la legge». E, riuscita nel suo intento grazie auna buona dose di fermezza e di insistenza, indirizzò al ministro una Relazionestraordinaria sulle difficoltà di penetrare nei conventi di clausura e se vera-mente vanno o no visitati 3.

Per problemi di tale natura, si rendevano opportuni contatti tra il Ministerodella pubblica istruzione e quello di grazia e giustizia. Qualunque fossero leforme di mediazione adottate nel procedere all’ispezione, comunque, superare ilperimetro della clausura era indispensabile: occorreva oltrepassare la barrieradelle grate e tentare di penetrare la fitta oscurità in cui rimaneva avvolto il mona-stero per i suoi “nemici” esterni per andare al di là delle dichiarazioni difensivedelle superiore e raccogliere informazioni sull’eventuale presenza e sul numerosia delle “educande” sia delle giovani che, infrangendo la legge, avevano recen-temente preso il velo nei monasteri soppressi4.

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1 Si vedano in proposito le riflessioni di R. BASSO, Donne in provincia... cit., pp. 50-54,sulla scelta operata per tutte le figlie di Luigi De Simone e di Francesca Paladini, e in particola-re sul caso di Annina De Simone-Paladini (il magistrato volle che il cognome della moglie, dinobile casato, si affiancasse al suo), entrata a quattro anni al «S. Giovanni Evangelista», peruscirne nel 1890, ormai sedicenne.

2 Tale situazione era irregolare anche secondo le norme fissate dalla Antiqua formula perl’accettazione delle educande, che vennero riprese con varianti nelle costituzioni dei monaste-ri. Si veda in proposito l’introduzione di Giancarlo Rocca a Regolamenti di educandati e istitu-ti religiosi in Italia dagli inizi dell’Ottocento al 1861, a cura di G. ROCCA, in «Rivista di scienzedell’educazione», 1998, 2, in particolare pp. 162-164.

3 Cfr. ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali, 1860-1896, b. 252, fasc. «27. 1886. Lecce.13». La «relazione straordinaria» della Guerrini, da cui sono tratte le due precedenti citazioni, ècomposta di una parte stesa in medias res e datata 4 giugno 1886 e di una seconda parte, scrit-ta due giorni dopo e subito inviata, anche per farla giungere al ministero prima di eventualiinterventi del deputato Balsamo.

4 Sulla linea di condotta adottata dal Ministero di grazia e giustizia e dal Fondo per il cultosull’accettazione illegale di novizie e sull’elusione della vigilanza governativa da parte dellereligiose, cfr. G. MARTINA, La situazione degli istituti religiosi in Italia intorno al 1870, inChiesa e religiosità in Italia dopo l’Unità (1861-1878). Atti del quarto Convegno di Storiadella Chiesa, La Mendola 31 agosto - 5 settembre 1971, Relazioni, I, Milano, Vita e pensiero.Pubblicazioni dell’Università Cattolica, 1973, pp. 237-239.

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Introduzione

La maggiore quantità di informazioni di cui si dispone sui casi più critici nondeve certo far dimenticare che un rispetto puramente formale delle principalinorme previste dai regolamenti scolastici aveva cominciato a diffondersi già neiprimi decenni postunitari presso gli istituti sorti nel Lombardo-Veneto e nelRegno di Sardegna. Ma è anche vero che il rifiuto dell’ispezione – che fossemotivato dalla clausura o in modi del tutto pretestuosi – poteva nascondere veree proprie forme di opposizione all’autorità statale. Si rendeva dunque indispen-sabile verificare attentamente il tipo di educazione e di insegnamento impartiti, atutela «delle istituzioni dello Stato e dell’ordine pubblico», come esplicitamenteprevisto dall’articolo 3 della legge Casati. La documentazione proveniente dalMinistero della pubblica istruzione o dal Consiglio superiore sembra attestareche, una volta eseguita l’ispezione, a far scattare e sanzionare provvedimenti dichiusura furono proprio manifestazioni palesi di avversione alle istituzioni delloStato e, all’esterno degli istituti, motivi di ordine pubblico legati alla forza difazioni reazionarie locali che si aggregavano attorno alla difesa delle suore,tenendo in scacco il Consiglio provinciale scolastico. A Venosa, quando nel 1872le monache dei conventi di S. Benedetto e di S. Maria della Scala si opposeroall’ispezione, esortate dal vescovo, era ancora vivo il ricordo delle festose acco-glienze riservate nel 1861 al capo brigante Crocco da buona parte dei maggio-renti e della popolazione locale e – a quanto sosteneva l’ispettore scolastico delcircondario di Potenza e Melfi – da quelle stesse monache1.

Come è facile aspettarsi, gli anni immediatamente successivi all’unificazionee poi alla presa di Roma risultano particolarmente critici, specialmente nell’exRegno borbonico e nell’ex Stato pontificio. Dopo il 1870, le domande sulla capi-tale d’Italia, nelle interrogazioni dirette alle alunne, furono anzi largamente usatedurante le ispezioni per verificare il tenore dell’insegnamento impartito e cataliz-zarono quelle espressioni esplicite di rifiuto e di ostilità verso lo Stato liberale2

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1 Cfr. ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali, 1860-1896, b. 84, fasc. «Potenza. 64»,s.fasc. «Comune di Venosa. Educandati di S. Benedetto e di S. Maria della Scala».

2 Le manifestazioni di avversione allo Stato nazionale esplicitate da superiore, suore edalunne, a quanto riferiscono le relazioni ispettive, si esprimevano nel rifiuto di riconoscere iltitolo di re d’Italia a Vittorio Emanuele, giudicato un usurpatore, e nell’affermazione della fedenella ormai prossima e provvidenziale catastrofe del Regno d’Italia; motivi questi che si inne-stavano sia sull’antico filone del profetismo apocalittico sia sul più recente modello di devozio-ne alla Santa Sede; per questi temi cfr. P.G. CAMAIANI, Il diavolo, Roma e la rivoluzione, in«Rivista di storia e letteratura religiosa», 1972, 3, pp. 485-516 e in particolare ID., Castighi di Dioe trionfo della Chiesa. Mentalità e polemiche dei cattolici temporalisti nell’età di Pio IX, in«Rivista storica italiana», 1976, 4, pp. 708-744. Sulla stretta associazione tra temporalismo e lottaper la riconquista cattolica della società cfr. ID., Motivi e riflessi religiosi della questione roma-na, in Chiesa e religiosità in Italia... cit., Relazioni, II, pp. 65-128.

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che spinsero prefetti, provveditori, ministero e Consiglio superiore ad orientarsi,dopo ripetute verifiche, verso la chiusura di istituti ritenuti fomite di sentimentiantinazionali o di disordini. Come avvenne per la scuola privata tenuta dalle«monache francesi» a Monte Porzio Catone, presso Frascati, chiusa nel 1874. Lascuola dipendeva, ed era sovvenzionata, dal principe Marcantonio Borghese1, trai maggiori esponenti dell’aristocrazia nera, che dopo il 1871 si era rifugiato, contutta la famiglia, appunto, presso Frascati, «come Noè nell’arca»2. Un caso forseancora più interessante, in quanto permette di cogliere alcune delle prime atti-vità delle associazioni dell’intransigentismo cattolico in campo educativo, è rap-presentato dalla chiusura, disposta su parere del Consiglio superiore (luglio-ago-sto 1872), del convitto femminile abusivo aperto presso il soppresso monasterodi S. Chiara di Macerata Feltria: la prefettura di Urbino, l’ispettore e il Consiglioprovinciale scolastico avevano potuto confermare pienamente le informazionifornite da un assessore municipale, secondo le quali la Società per gli interessicattolici3, infiltratasi nel Consiglio comunale, cercava di ottenere che le scuole

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1 Cfr. ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali, 1860-1896, b. 86, fasc. «Roma (provincia).69», s.fasc. «Roma. Comune di Monte Porzio e Nettuno. Istituti diretti da monache francesi»; datale fonte risulta che il Consiglio provinciale scolastico di Roma nell’ottobre 1873 aveva delibe-rato di proporre al ministro la chiusura in via ordinaria della scuola, tenuta dalle Figlie dellaCroce, in base alla mancata osservanza dei regolamenti scolastici e alle informazioni fornitedalla questura. Il ministro, nel febbraio dell’anno successivo, tenuto conto di queste motivazio-ni, confermò la chiusura decretata per urgenza dal prefetto a causa di una «radunata tumultua-ria di popolo» animata da sentimenti ostili alle istituzioni dello Stato avvenuta alla fine di otto-bre nei pressi di Monte Porzio, cui si riteneva avessero manifestamente contribuito gli insegna-menti impartiti da quelle monache.

2 P. VASILI, Roma umbertina (La Société de Rome, Paris, 1887), Milano, Edizioni delBorghese, 1968, p. 323. Secondo quanto riferisce Gino Borghezio, era stata Adele deRochefoucauld, moglie di Francesco Borghese e madre di Marcantonio, ad aprire scuole popo-lari nelle località in cui i Borghese avevano dei beni, chiamandovi come maestre ed educatricisuore delle congregazioni francesi delle Figlie della Carità e delle Figlie della Croce; cfr. G.BORGHEZIO, I Borghese, Roma, Istituto di studi romani, 1954, p. 51. Sulle Figlie della Croce,nome con cui sono conosciute diverse congregazioni religiose le cui origini risalgono al secoloXVII, cfr. Dizionario degli istituti di perfezione, diretto da G. PELLICCIA (1962-1968) e G. ROCCA

(1969- ), Roma, Edizioni Paoline 1974-2004, III.3 Sulla rete di società cattoliche, sorte sull’onda della reazione allo Stato liberale, in parti-

colare dopo il 1870, cfr. A. BASCHIROTTO, Delle associazioni cattoliche in Italia. Riassunto stori-co, in Primo Congresso Cattolico Italiano tenutosi in Venezia dal 12 al 16 giugno 1874, II,Documenti, Bologna, 1875, dove si vedano in particolare le pagine dedicate alla Società prima-ria romana per gli interessi cattolici, il cui statuto venne approvato dalle autorità ecclesiastichenel gennaio 1871 e che già l’anno successivo contava «oltre 1100 soci attivi, migliaia di aderen-ti, e di questi molti cospicui personaggi del clero e del patriziato». La Società primaria romana,il cui organo era la «Voce della Verità», fondata nel 1871, si occupava di «tutti gli oggetti cheriguarda[va]no in qualunque modo la fede e la morale cattolica» (p. 87). Cfr. anche G.SPADOLINI, L’opposizione cattolica da Porta Pia al ‘98, 3a ed., Firenze, Vallecchi, 1955, passim.

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Introduzione

elementari pubbliche fossero affidate alle monache, che già aveva indotto adaprire un convitto, senza chiederne licenza, presso il soppresso monastero1. Néfu quella l’unica denuncia del coinvolgimento di una locale Società degli interes-si cattolici nel settore dell’educazione femminile, fronte particolarmente propizioper la diffusione di un clima di crociata in difesa del papa e contro gli istituti d’i-struzione laici, dichiarati «semenzai di eresia, di antipapismo, di corruzione»2.

Del resto, anche dove le religiose si mostravano rispettose nei confrontidelle autorità scolastiche, come nelle aree già dominate dall’Austria, la loro rela-tiva docilità nell’accogliere ispezioni e consigli diretti a un graduale migliora-mento dell’indirizzo educativo cambiò facilmente di segno, come avvenne aVenezia subito dopo il Primo congresso cattolico italiano, tenuto nella città lagu-nare nel giugno 1874. Ricordandolo, il provveditore Antonio Cima coglie l’inci-denza avuta localmente, ma anche a più largo raggio, dalla nascita del movimen-to cattolico intransigente3. L’Opera dei congressi, proprio mentre si avviava afare della libertà d’insegnamento la sua bandiera, fu categorica nel bollare l’istru-zione obbligatoria e l’intervento statale nella scuola: un programma sostenuto inbase alla convinzione, largamente diffusa nell’intransigentismo, che solo allaChiesa spettasse la potestà infallibile d’insegnare4. E le congregazioni religiosefemminili allora in espansione, che si erano distaccate dalla tradizionale espe-rienza monastica e che modernamente si dedicavano alla vita attiva, rappresen-tavano, almeno nel Nord e nel Centro, il vero e proprio “braccio secolare” per ladiffusione di un’istruzione prettamente confessionale.

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1 ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali, 1860-1896, b. 83, fasc. «60. Pesaro», s.fasc.«Comune di Macerata Feltria. Istituto delle ex-monache di S. Chiara». In base all’art. 160 delregolamento 15 settembre 1860, ricordava il Consiglio superiore, «trattandosi di un istituto ille-galmente aperto, cioè senza averne ottenuto il permesso o data partecipazione di sorta all’au-torità competente e poiché non si è adempiuto per esso a nessuna delle condizioni richiestedalla legge, la chiusura poteva essere ordinata dall’ispettore scolastico del circondario senzabisogno dell’intervento d’altra autorità».

2 Così denunciava il ruolo svolto localmente dalla Società senese per gl’interessi cattolici,in una lettera riservata al ministro Coppino del 3 giugno 1877, l’avvocato Federico Comini,membro dell’Associazione progressista senese, ex sindaco e assessore municipale; cfr. ACS,MPI, Div. scuole primarie e normali, 1860-1896, b. 378, fasc. «Tit. 28. 1890. 2. M-V».

3 Cfr. ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali, 1860-1896, b. 90, fasc. «Venezia. 82»,Relazione del R. provveditore agli studi intorno agli istituti caritativi femminili della città diVenezia, a firma del provveditore A. Cima, datata ottobre 1874 e indirizzata al ministro con let-tera del 6 marzo 1875.

4 Sulle battaglie scolastiche del movimento cattolico intransigente cfr. C. BETTI, La religionea scuola... cit., p. 61 e sgg.; L. PAZZAGLIA, Educazione e scuola nel programma dell’Opera deicongressi 1874-1904 (1981), ora in Scuola e società nell’Italia unita. Dalla Legge Casati alCentro-Sinistra, a cura di L. PAZZAGLIA e R. SANI, Brescia, La Scuola, 2001, pp. 87-126. Cfr. ancheR. SANI, I periodici scolastici dell’intransigentismo cattolico (1879-1904), ibid., pp. 127-169.

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Fonti per la storia della scuola

Così, poste le basi per contrastare l’educazione «medievale» delle monache,le cui regole di vita diventavano sempre più anacronistiche nel campo della for-mazione della gioventù, gli uomini alla guida della scuola si trovarono a fronteg-giare la controparte più vitale, sottovalutata nelle prime indagini ministeriali, edemersa alla luce a partire dalle inchieste degli inizi degli anni Settanta1. Le con-gregazioni religiose femminili ebbero un basso tasso di crescita fino al 1830,aumentando in seguito, specialmente nel Regno di Sardegna e nel Lombardo-Veneto, anche se in misura minore che in Francia2, mentre il Sud rimase a lungoprevalentemente legato alle antiche forme di vita religiosa. Degli oltre 120 istitutifemminili nati tra il 1800 e il 1860, con una diversa consistenza e distribuzionenelle varie aree del paese, circa 2/3 avevano attività attinenti l’educazione dellagioventù3. Tra il 1866/1873 (nel 1873 le soppressioni vennero estese a Roma e

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1 Come risulta ad esempio dalla documentazione dell’inchiesta Scialoja, o dalle preoccu-pazioni espresse nella Relazione a S.E. il Ministro dell’Istruzione Pubblica sulle scuole elemen-tari del Regno d’Italia nel 1872, presentata da Buonazia al ministro Scialoja commentando gliesiti dell’inchiesta sull’istruzione elementare degli anni 1868-72 (in Documenti sull’istruzioneelementare nel Regno d’Italia, Appendice alla parte III, cit., pp. 38-39). Una parte di questarelazione di Buonazia venne pubblicata dall’organo più rappresentativo della cultura italianaliberal-moderata sotto il titolo, già di per sé sintomatico di un approccio dichiaratamente “poli-tico”, Le scuole e il chiostro ; cfr. «Nuova Antologia», XXII, aprile 1873, pp. 862-889.

2 In Francia, infatti, il ritmo di crescita delle congregazioni religiose femminili era già assaisostenuto intorno al 1820, e toccò il suo apogeo tra il 1820 e il 1860; dopo il 1860, iniziò la fasedel declino. Cfr. C. LANGLOIS, Le catholicisme au féminin. Les congrégations françaises à supé-rieure générale au XIXe siècle, Paris, Cerf, 1984.

3 Cfr. G. ROCCA, Aspetti istituzionali e linee operative nell’attività dei nuovi istituti religiosi,in Chiesa e prospettive educative... cit., p. 173. Sulle congregazioni religiose femminili ottocente-sche, «ormai oggetto riconosciuto della storiografia delle donne», come ribadisce Paola GaiottiDe Biase (P. GAIOTTI, Donne, fede e modernità. L’asimmetria di genere nei processi di secola-rizzazione, in «“Bailamme”. Rivista di spiritualità e politica», n.s., 2001, 27, p. 97), basti qui citarealcuni studi di inquadramento generale: L. SCARAFFIA, Passaggi nascosti. Tre generazioni di reli-giose fra ‘800 e ‘900, ibid., 1996, n. 18-19, pp. 95-117; ID., «Il Cristianesimo l’ha fatta libera,collocandola nella famiglia accanto all’uomo» (dal 1850 alla «Mulieris dignitatem»), in Donnee fede. Santità e vita religiosa in Italia, a cura di L. SCARAFFIA e G. ZARRI, Roma-Bari, Laterza,1994, pp. 456-467; ID., Fondatrici e imprenditrici, in Santi, culti, simboli nell’età della secola-rizzazione (1815-1915), a cura di E. FATTORINI, Torino, Rosenberg & Sellier, 1997, pp. 479-493,sulle capacità amministrative e imprenditoriali delle fondatrici di nuove congregazioni religiosefemminili; G. ROCCA, Le nuove fondazioni religiose femminili in Italia dal 1800 al 1860, inProblemi di storia della Chiesa. Dalla Restaurazione all’Unità d’Italia, Napoli, EdizioniDehoniane, 1985, pp. 107-192; ID., Il nuovo modello di impegno religioso e sociale delle congre-gazioni religiose dell’Ottocento in area lombarda, in L’opera di don Luigi Guanella. Le originie gli sviluppi nell’area lombarda, Como, Amministrazione provinciale, 1988, pp. 19-59; M.MARCOCCHI, Indirizzi di spiritualità ed esigenze educative nella società post-rivoluzionariadell’Italia settentrionale, in Chiesa e prospettive educative... cit., pp. 83-122; G. LOPARCO, Gli isti-tuti religiosi femminili e l’educazione delle donne in Italia tra Otto e Novecento, in«Seminarium», 2004, 1-2, pp. 209-258. Sulle congregazioni religiose e i loro ruoli educativi, vistiin rapporto all’evoluzione della cultura civile del clero, cfr. F. DE GIORGI, Le congregazioni reli-

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Introduzione

provincia) e la fine del secolo1, le religiose degli istituti di nuovo tipo – caratte-rizzati dalla centralizzazione, con superiora generale, superiore provinciali ecase filiali – con una crescita notevole che interessò il Nord e il Centro, conqui-starono il primato su quelle degli istituti monastici, il che indica che su tale fasedi espansione le leggi di soppressione non incisero significativamente2. Infatti,con la legge del 7 luglio 1866, che colpì la potenza della Chiesa come corpo pri-vilegiato regolato da norme in larga misura di carattere feudale, non venne limi-tato il diritto di associazione3, e le corporazioni religiose cui era negata la perso-nalità giuridica poterono sussistere, ed espandersi, come libere associazioni difatto4. Inoltre, l’interpretazione restrittiva dei due elementi che dovevano con-traddistinguere conservatori e ritiri da sottoporre a soppressione – «vita comune»e «carattere ecclesiastico» – permise che non venissero colpiti istituti consideratidal governo «laicali» e operanti in campo educativo5.

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giose dell’Ottocento e il problema dell’educazione nel processo di modernizzazione in Italia, in«Annali di storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche», 1994, 1, pp. 169-205.

1 Per alcune valutazioni sui dati che emergono dagli specchi statistici riguardanti la città diRoma inviati dalla prefettura al Ministero degli interni, nell’ambito dell’inchiesta ordinata daCrispi nel 1895 sulle corporazioni religiose e sulle associazioni cattoliche esistenti nel Regno,cfr. M. CASELLA, Ordini religiosi, scuole e associazioni cattoliche a Roma in una inchiestagovernativa del 1895, in Ricerche per la storia religiosa di Roma, Roma, Edizioni di storia eletteratura, 1977, pp. 257-300.

2 Cfr. G. ROCCA, Donne religiose... cit., parte I. 3 A ciò si aggiunga che in Lombardia gli istituti non più riconosciuti come corporazioni

religiose dopo la legge del 7 luglio 1866 poterono conservare i propri beni a norma del trattatodi Zurigo del 1859, in cui era stato inserito un articolo che salvaguardava i beni di queste cor-porazioni nell’imminenza del passaggio della Lombardia sotto un regime politico loro menofavorevole di quello dell’Austria (per prevenire cioè gli effetti di leggi analoghe a quelle ema-nate nel Regno di Sardegna nel 1848 e nel 1855); cfr. G. ROCCA, Riorganizzazione e sviluppodegli istituti religiosi in Italia dalla soppressione del 1866 a Pio XII (1939-58), in Problemi distoria della Chiesa. Dal Vaticano I al Vaticano II, Roma, Edizioni Dehoniane, 1988, p. 247.

4 Sulla legge di soppressione delle corporazioni religiose del 7 luglio 1866, oggetto di studiche muovono da diverse angolature (dibattiti, interpretazione, applicazione, vita della Chiesa,rapporti Stato-Chiesa), cfr. G. ROCCA, Riorganizzazione e sviluppo... cit., e in particolare pp.239-264; G. MARTINA, La situazione degli istituti religiosi ... cit., pp. 194-289; G. D’AMELIO, Statoe Chiesa. La legislazione ecclesiastica fino al 1867, Milano, Giuffrè, 1961, pp. 16-36 e 428-537;F. MARGIOTTA BROGLIO, Legislazione italiana e vita della Chiesa (1861-1878), in Chiesa e reli-giosità in Italia... cit., Relazioni, I, pp. 101-146; F. DE GIORGI, Le congregazioni religiosedell’Ottocento nei processi di modernizzazione delle strutture statali, in Chiesa e prospettiveeducative... cit., pp. 123-149, dove le congregazioni religiose sono collocate nel contesto delprocesso di modernizzazione del sistema dei rapporti tra Stato e Chiesa, per approdare a unadefinizione del modello di laicizzazione piemontese-italiano, con particolare riguardo al setto-re cruciale dell’istruzione.

5 Nicola Raponi ha suggerito ipotesi interpretative, da verificare attentamente sulle fonti,che tendono a far emergere la «funzione equilibratrice» giocata dal Consiglio di Stato nei con-fronti dei consigli provinciali scolastici, del Ministero e del Consiglio superiore della pubblica

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Fonti per la storia della scuola

Sottolineando gli esiti positivi che la legislazione dello Stato liberale avevaavuto per la vita degli istituti religiosi di nuovo tipo, moltiplicatisi negli ultimidecenni, a fine secolo, nel saggio introduttivo alla statistica presentata al ministroGallo da Giuseppe Castelli nel 1900, si affermava:

La rivoluzione italiana, che ha fatto capo alla unità non ha inceppato menomamente ilcammino e l’opera delle associazioni religiose, che si sono messe sulla via della propa-ganda religiosa con la creazione di nuovi istituti a scopo di educazione, bensì li ha enor-memente favoriti e i risultati di quest’ultimo quarantennio ne fanno indiscutibile testimo-nianza. Difatti, se nei primi sessant’anni di questo secolo poco più di 100 furono le casedi educazione femminili istituite da ordini religiosi, in questi ultimi quaranta tale numerosi è più che duplicato1.

Avvantaggiate fortemente dalla loro struttura centralizzata, le congregazionireligiose femminili dedite all’attività educativa, e secondo molti osservatori con-temporanei ben più invadenti e pericolose degli antichi ordini monastici, decre-tarono anzi la fine di molti piccoli istituti privati laici, sorti a partire dall’età napo-leonica in alcune città di grandi e medie dimensioni per l’istruzione delle ragaz-ze di «civile condizione». Una caratteristica che ne favorì lo sviluppo fu poi latendenza ad aprire e gestire vari tipi di scuole e istituti d’istruzione, spessoaffiancandoli, in diverse combinazioni: educandati, scuole a pagamento per«signorine», scuole elementari gratuite, anche gestite a sgravio totale o parzialedei comuni, scuole festive, asili e ricoveri per l’infanzia bisognosa, scuole dicarità2 e di lavoro per povere, che accoglievano bambine non ammesse nellescuole comunali, ad esempio perché sfornite di vestiti decenti e di scarpe. Nellasola Milano, le Figlie della Carità Canossiane – che impersonarono il tipo dellasuora benefica per eccellenza – tenevano, oltre a un convitto per le giovani sor-domute povere, cinque scuole di carità3. Nella stessa città, che alla fine del seco-lo per numero di istituti educativi retti da associazioni religiose (34) era seconda

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istruzione; cfr. N. RAPONI, Legislazione, politica scolastica e scuola privata cattolica nell’Italialiberale. Il ruolo del Consiglio di Stato, in Cattolici, educazione e trasformazioni socio-cultu-rali... cit., pp. 341-374.

1 MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, Relazione presentata a S.E. il Ministro dellaPubblica Istruzione Prof. Comm. Nicolò Gallo... cit., p. XCII. Secondo Giancarlo Rocca, lalegge del 1866, «dando a tutti i religiosi la possibilità di vivere in comune sotto forma di libereassociazioni, ne moltiplicò il numero e per di più ne favorì l’aggiornamento alle nuove condi-zioni di vIta»; G. ROCCA, Riorganizzazione e sviluppo... cit., p. 263.

2 Sulla fisionomia di queste scuole gratuite per le «povere», cfr. G. ROCCA, Aspetti istituzio-nali... cit., pp. 179-180.

3 V. doc. 39.

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Introduzione

solo a Roma1, le Marcelline, munite di regolari patenti inferiori e superiori e didiplomi universitari2, erano attivissime, specialmente nel settore dell’educazionedelle ragazze della borghesia, con educandati, scuole per esterne a pagamento,corsi elementari, perfettivi, complementari e normali.

Ben poco accette al ministero e ai suoi funzionari furono le congregazionireligiose francesi, ma tra di esse le più invise erano, per il loro legame con iGesuiti, le Dame del Sacro Cuore, che si indirizzavano innanzitutto alle élite3,anche se i loro educandati erano affiancati da scuole a pagamento e gratuite peresterne. Se ne evidenziava la dipendenza dalla casa generalizia in Francia, l’in-fluenza esercitata dall’elemento straniero su quello italiano nel personale inter-no, l’aggiramento delle leggi dello Stato rappresentato dalla sostituzione di unasuperiora puramente nominale di nazionalità italiana a una suora straniera, chedi fatto ne esercitava le funzioni4, la stessa organizzazione didattica calcata forte-mente su un modello estero, anche grazie allo spazio assegnato alla lingua fran-cese, come si sosteneva con argomentazioni allora assai diffuse sull’importanzadella lingua nella formazione del sentimento e della cultura nazionale.Provveditori, ispettori e ispettrici guardavano poi con sospetto, nel corso delleloro visite, all’inquadramento delle ragazze tra le giovani reclute delle Pie unionidelle Figlie di Maria, e al ruolo militante di questa nuova forma di associazioni-

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1 Cfr. MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, Relazione presentata a S.E. il Ministro dellaPubblica Istruzione Prof. Comm. Nicolò Gallo... cit., p. XCV. Per un quadro degli istituti educa-tivi femminili pubblici e privati di Milano e delle province lombarde cfr. S. FRANCHINI, Gli edu-candati in Lombardia nell’Ottocento: fonti e temi per una ricerca, in Donna lombarda 1860-1945, a cura di A. GIGLI MARCHETTI e N. TORCELLAN, Milano, Angeli, 1992, pp. 423-446.

2 Cfr. G. ROCCA, La formazione delle religiose insegnanti... cit., in particolare pp. 426-427.3 Per la situazione di Roma, dove non esistevano collegi femminili di élite laici e dove

anche figlie di deputati, senatori e ministri venivano educate nel prestigioso educandato delleDame del Sacro Cuore a Trinità dei Monti, cfr. C. GIODA, Per un collegio femminile in Roma, in«Nuova Antologia», LXXIX, 1° febbraio 1899, pp. 464-85. Alcune note sugli educandati direttida religiose dove, nella capitale, si compivano gli studi di ragazze dell’aristocrazia e dell’emer-gente borghesia romana, in C. DAU NOVELLI, Donne d’élite: identità religiosa e coscienza civile,in Donne a Roma… cit., pp. 241-250.

4 La cittadinanza italiana era requisito sine qua non per «tenere in proprio nome» un istitu-to privato d’istruzione, «salvo il produrre all’Ispettore provinciale gli altri titoli comprovanti lacapacità legale e la moralità». Così recitava il titolo V della legge Casati all’art. 355. Secondo unparere espresso nel dicembre 1873 dal Consiglio superiore della pubblica istruzione, in disac-cordo col ministero, il requisito della cittadinanza avrebbe dovuto ritenersi vincolante per glistessi insegnanti, anche in base agli art. 150 e 151 del regolamento per l’istruzione elementaredel 15 settembre 1860; cfr. ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali, 1860-1896, b. 86, fasc.«Roma (Provincia). 69», s.fasc. «Roma. Comune di Monte Porzio e Nettuno. Istituti diretti damonache francesi». Il ministero, a quanto risulta dai fondi consultati, non lo richiese alle mae-stre delle scuole tenute da religiose, e la componente di insegnanti straniere continuò ad esse-re presente presso gli educatori di varie congregazioni.

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Fonti per la storia della scuola

smo femminile nel vasto progetto di riconquista cattolica della società1. Per i corsi elementari, il ministero imponeva il rispetto dell’ordinamento sco-

lastico stabilito per legge, e raccomandava a prefetti e provveditori una partico-lare attenzione nel vagliare la documentazione richiesta per l’apertura di nuovescuole ed educandati privati diretti da religiose. Si rese anche necessario verifica-re la regolarità delle patenti per cercare di impedire una circolazione di docu-menti autentici ma non corrispondenti al nominativo delle maestre che li esibi-vano2. Negli istituti già aperti, pur insistendo sulla necessità che suore e oblate simettessero al più presto in regola con le leggi sulla pubblica istruzione3, le auto-rità scolastiche concessero le deroghe previste per consentire alle insegnanti chene erano prive di munirsi dei titoli legali4. In caso di ripetute inadempienze, tut-tavia, la tendenza fu prevalentemente quella di intervenire con energia soltantoin contesti politici destabilizzanti e in caso di resistenze tali da minare l’autoritàdel consiglio provinciale scolastico.

Su metodi didattici ed educativi, orari e libri di testo, ispettori e ispettrici

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1 Cfr. Enciclopedia cattolica, Ente per l’Enciclopedia cattolica e per il libro cattolico, Cittàdel Vaticano, Firenze, Sansoni, 1948-1954, alla voce «Figlie di Maria». Sul moltiplicarsi di devo-zioni particolari, come quelle mariane e cristologiche (in particolare al Sacro Cuore), e sulla lorocentralità nella femminilizzazione della pratica religiosa, in funzione delle strategie della restau-razione cattolica, cfr. M. CAFFIERO, Dall’esplosione mistica tardo-barocca all’apostolato sociale(1650-1850), in Donne e fede... cit., pp. 363-369; D. MENOZZI, Sacro Cuore. Un culto tra devo-zione interiore e restaurazione cattolica, Roma, Viella, 2002. Il fenomeno emerge anche da unostudio sulla proliferazione dei libri di pietà; cfr. A. DORDONI, I libri di devozione dell’Ottocento(con particolare riferimento alla produzione milanese): proposte per una lettura critica, in«Annali di storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche», 1994, 1, pp. 59-102.

2 V. docc. 50a e 50b.3 Un problema di un certo rilievo fu costituito dalla mancata estensione integrale della

legge Casati a tutta l’Italia, come avvenne in Toscana e nelle province napoletane. In Toscana,ad esempio, a dettare le norme sulla vigilanza da esercitarsi sulle scuole private era ancora lalegge granducale del 30 giugno 1852, che non richiedeva il possesso del titolo legale a chivolesse ottenere l’autorizzazione per aprire una nuova scuola. Non a caso, la delicata questio-ne del controllo sugli istituti delle religiose fu sollevata proprio a questo proposito (ad esem-pio, nel 1873-74 per la scuola delle Stimmatine di Santa Fiora, in provincia di Grosseto, e pergli istituti non dipendenti dal Ministero della pubblica istruzione della provincia di Lucca) e ilproblema rimase aperto fino a quando, pochi anni più tardi, la legge Casati non venne formal-mente estesa a tutto il Regno in ogni sua parte; cfr. ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali,1860-1896, b. 70, fasc. «Tit. 16. Grosseto. 35», e ibid., b. 71, fasc. «Tit. 16. Lucca. 38».

4 Per la regolarizzazione dei titoli di idoneità all’insegnamento furono istituite, anche pres-so gli stessi conservatori, conferenze magistrali e pedagogiche. Cfr. A.M. SORGE, L’evoluzionedell’istruzione normale e la documentazione conservata nell’Archivio centrale dello Stato, inARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, L’istruzione normale... cit., p. 44. In realtà, anche sotto tale pro-filo, le difficoltà sollevate dalle religiose a fronte delle norme previste dalla legge non eranofacilmente superabili, essendo i loro fini mal conciliabili con quelli dello Stato; cfr. G. ROCCA,La formazione delle religiose insegnanti... citata.

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Introduzione

dovevano però limitarsi a suggerimenti e raccomandazioni1, pur essendo benlontani dall’approvare tutto quello che constatavano o di cui giungevano a cono-scenza, come il frequente eccesso delle pratiche religiose, l’uso di testi ritenutitendenziosi, riguardanti, in particolare, la storia d’Italia2 o lo studio della storiaecclesiastica presso i più prestigiosi educatori delle Dame del Sacro Cuore3.

Verso la fine del secolo, comunque, un rispetto formale delle principalinorme previste dai regolamenti scolastici da parte delle associazioni religiosecominciava ad estendersi anche per quanto riguarda il punto cruciale dell’acqui-sizione dei titoli legali di abilitazione all’insegnamento; ma a tale forma di ade-guamento alla normativa scolastica non era certo estranea la volontà di conti-nuare ad alimentare e diffondere un’educazione confessionale da contrapporrea quella laica. Di qui, la diffusa convinzione, nutrita ed esplicitata a più ripreseda autorità scolastiche centrali e periferiche, che chiunque avesse parlato a pro-posito degli istituti delle religiose di un insegnamento pienamente conforme aidesideri del governo non poteva che essere in cattiva fede. In tale situazione, laposizione mantenuta fermamente dal ministero nei confronti degli istituti privatifu quella di puntare sulla frequenza e l’accuratezza delle ispezioni, l’unico stru-mento che permetteva di accertare irregolarità, bloccare tendenze avverse agliordinamenti dello Stato e avviare verso una progressiva normalizzazione. Ilministero, in armonia con l’interpretazione data alla legge del 7 luglio 1866, rico-nosceva infatti la legittimità dell’insegnamento privato e confessionale; su diesso lo Stato, governatore e promotore dell’istruzione pubblica, esercitava unavigilanza attenta a mantenersi entro i limiti stabiliti dalla legge, nonostante iltimore delle nuove mire dei cattolici, che cominciavano a far sentire sempre dipiù la loro presenza, stimolasse talvolta l’entrata in campo di forze più accesa-mente interventiste.

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1 V. doc. 30.2 V. doc. 54. Sul problema del controllo ministeriale sui libri di testo cfr. I. PORCIANI,

Improvvisazione pedagogica e controllo del sapere: i libri di testo per le elementari nei primidue decenni postunitari, in «Educazione oggi», 1981, 12-13, pp. 90-111. Cfr. anche M. RAICICH, Ilibri per le scuole e gli editori fiorentini del secondo Ottocento (1983), in ID., Di grammatica inretorica. Lingua, scuola, editoria nella Terza Italia, Roma, Archivio Guido Izzi, 1996, passim.

3 Sul modello educativo delle Dame del Sacro Cuore, posto a confronto con quello assaidiverso delle Suore della Carità fondate a Lovere da Bartolomea Capitanio e Vincenza Gerosa,impegnate soprattutto nell’educazione dei ceti subalterni, cfr. F. DE GIORGI, Le congregazionireligiose dell’Ottocento e il problema dell’educazione... cit., pp. 200-205 e, sulla proposta diuna ratio studiorum per educande del ceto aristocratico ed alto-borghese da parte delle Damedel Sacro Cuore, cfr. R. SANI, Nuovi istituti religiosi femminili ed educazione delle fanciullenobili nella Roma dell’Ottocento: i collegi della Società del Sacro Cuore di Madeleine SophieBarat, in Educare la nobiltà, a cura di G. TORTORELLI, Bologna, Pendragon, 2005, opera cui, piùin generale, si rimanda per il mutamento degli stili educativi della nobiltà in Italia tra Sette eOttocento.

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Si cercò, infine, di estendere il controllo diretto dello Stato a istituti la cui sto-ria era legata a ordini religiosi, ma in cui non si ravvisarono i caratteri né di entiecclesiastici, né di educatori privati né di Opere pie, tentando di procedere poial loro riordinamento. Tali interventi, cui occorrerebbe dedicare specifiche ricer-che, e che spesso ebbero un esito negativo, furono operati di volta in volta condecreti reali, specialmente negli anni Settanta e Ottanta1. Certo è che il contrastotra l’elemento religioso e quello laico (maestre e, specialmente, direttrice), con-trapposto al primo per condurre la secolarizzazione dall’interno, in questi casi fuassai aspro, e giunse a coinvolgere le educande, le loro famiglie e il tessutosociale in cui si inserivano gli educatori2.

Un fenomeno analogo si verificò in seno ai conservatori della Toscana. Nellaricchissima documentazione dell’Archivio centrale dello Stato che ne registral’andamento amministrativo, disciplinare e didattico, gli sconvolgimenti portatidalla nomina delle direttrici laiche, dagli anni Settanta alla fine del secolo3, sono

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1 Come si è visto, il decreto del 29 giugno 1883, considerati gli istituti «congeneri» agli edu-catori contemplati dai decreti del 6 ottobre 1867 e del 20 giugno 1871 «e che per manco di ana-loghe disposizioni» erano ancora «governati in modo difforme ed incompatibile con le giusteesigenze dello Stato», dichiarò pubblici istituti educativi gli istituti «laicali» che non avesserocarattere privato o di Opera pia. Vari provvedimenti risalgono però ad anni precedenti, e ven-nero emanati nei confronti di istituti con origini ed indole assai varia; per cui si può dire chetale capitolo della storia degli interventi ministeriali sia ancora tutto da esplorare e approfondi-re con ricerche specifiche sui singoli istituti coinvolti e sui criteri di volta in volta adottati. Nel1900 si contavano 18 istituti femminili dichiarati pubblici educativi a partire dal 1860, ciascunocon uno specifico decreto reale (cfr. MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, Relazione presentataa S.E. il Ministro della Pubblica Istruzione Prof. Comm. Nicolò Gallo... cit., pp. LXX-LXXIII). Ildato statistico tuttavia non poteva includere gli istituti per cui il relativo decreto era già statoabrogato in base a sentenze favorevoli ai ricorsi presentati dalle religiose. Si pensi per esempioal caso del Collegio di Sant’Orsola di Parma, dichiarato pubblico istituto educativo con r.d. 26agosto 1873 (cfr. COLLEGIO REALE DI SANT’ORSOLA IN PARMA, Decreti e Regolamento organico,Parma, Premiato Stabilimento Tipografico di Pietro Grazioli, 1874). La superiora del collegiointentò causa contro il Ministero della pubblica istruzione, ottenendo che dal tribunale diParma con sentenza 21 maggio - 6 giugno 1898 l’istituto venisse dichiarato «laicale» educativo,ma fondazione privata. In esecuzione di tale sentenza, con r.d. 28 agosto 1898 promosso dalMinistero della pubblica istruzione, veniva abrogato il decreto del 1873. Cfr. ACS, MPI, Div.scuole primarie e normali, 1860-1896, b. 81, fasc. «56. Parma», e ibid., Dir. gen. istruzioneprimaria e popolare, 1897-1910, b. 294, fasc. «1901. 27. PAR». Altri ricorsi sarebbero statiaccolti di lì a poco, in un periodo in cui l’impulso impresso all’opera di laicizzazione dopo l’av-vento della Sinistra al potere si stava notevolmente smorzando. Vanno poi ricordate le sconfitteriportate dalla Pubblica istruzione nell’arduo tentativo di ricondurre sotto il proprio controllo iCollegi di Maria, che, come si è ricordato, riuscirono in gran parte a sottrarsi alle dipendenzedel Ministero della pubblica istruzione facendosi riconoscere come Opere pie.

2 V. docc. 46a-46e. 3 Su questa fase del processo di laicizzazione dei conservatori, la «Rassegna nazionale»,

aspramente critica nei confronti dell’indirizzo seguito dal riformismo laico nel campo dellascuola, interveniva con l’anonimo articolo apparso sotto il titolo I conservatori femminili

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Introduzione

“narrati”, nelle relazioni ispettive, senza sacrificarne i risvolti sociali ed umani. Lavicenda delle oblate, la cui tranquillità veniva turbata da un’incomprensibileintrusione, apre squarci di grande interesse sulla condizione femminile deltempo all’interno dei conservatori. Giungendo dopo più di un decennio di man-cata osservanza del decreto del 1867, l’introduzione, accanto alla superiora, delladirettrice laica, posta a soprintendere sull’organizzazione didattica e sull’indiriz-zo educativo e disciplinare, spesso creava un dualismo che diveniva fonte diprofondi rancori e di lotte intestine. Con la conseguenza, grazie all’opposizionedelle oblate, di spopolare l’educatorio e di aumentare così i deficit di bilancio giàcreati nel passato da cattive amministrazioni. Integrare una parte delle oblatenelle strutture della scuola pubblica combattendo le tradizioni monacali, regola-rizzare i programmi e l’organizzazione degli studi nell’educandato e nelle scuoleesterne, sostituire personale laico più preparato e munito di patente a oblate chene erano sfornite, e che non potevano comprendere e apprezzare la funzionecivile acquisita dall’istruzione femminile per la nuova patria degli italiani, eranocomunque per il governo passaggi obbligati per conservare in vita questi istituti,dipendenti e sovvenzionati dal ministero, e già assediati dalla concorrenza discuole e educatori privati di recente fondazione diretti da religiose.

Un significativo tentativo di estensione dell’autorità statale nel settore dell’e-ducazione e dell’istruzione è quello rappresentato dall’ingerenza del Ministerodella pubblica istruzione sulle Opere pie che ospitavano ragazze in età scolare.La legge 3 agosto 1862, che regolava l’attività delle Opere pie, dipendenti dalMinistero degli interni, dava alle istituzioni caritative la più ampia libertà, ridu-cendo al minimo l’intervento statale1. La scelta contraria all’impegno diretto delloStato operata dai gruppi dirigenti liberal-moderati era connessa alla volontà dellaDestra storica di cercare un accordo con le élite locali, ben presenti negli organi

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(1890, 2, siglato «X.», pp. 383-388), sul quale si veda la scheda a cura di S. FRANCHINI, inInternato ed educazione per “signorine”… cit., pp. 100-102.

1 Cfr. M. PICCIALUTI CAPRIOLI, Opere pie e beneficenza pubblica: aspetti della legislazionepiemontese da Carlo Alberto all’unificazione amministrativa, in «Rivista trimestrale di dirittopubblico», 1980, 3, pp. 963-1051; ID., Lo Stato liberale e la beneficenza pubblica. A propositodelle Opere pie romane dopo il 1870, in Istituzioni e borghesie locali nell’Italia liberale, a curadi M. BIGARAN, Milano, Angeli, 1986, pp. 176-193; S. SEPE, Per una storia dell’attività dell’am-ministrazione statale nel settore dell’assistenza. Ipotesi di lavoro, ibid., pp. 127-145; ID., Stato eOpere pie: la beneficenza pubblica da Minghetti a Depretis (1873-1878), in «Quaderni sardi distoria», 1983-1984, 4, pp. 179-205; ID., Amministrazione e storia. Problemi della evoluzionedegli apparati statali dall’Unità ai nostri giorni, Rimini, Maggioli, 1995, pp. 67-75; ID., Leamministrazioni della sicurezza sociale nell’Italia unita 1861-1998, Milano, Giuffrè, 1999; S.LEPRE, Le difficoltà dell’assistenza. Le Opere pie in Italia fra ‘800 e ‘900, Roma, Bulzoni, 1988;F. DELLA PERUTA, Le opere pie dall’Unità alle legge Crispi, in «Il Risorgimento», 1991, 2-3, pp.173-213; G. FARRELL-VINAY, Povertà e politica nell’Ottocento: le opere pie nello Stato liberale,Torino, Scriptorium, 1997.

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Fonti per la storia della scuola

direttivi degli istituti assistenziali, e al tempo stesso di «non allargare ulteriormen-te il terreno di scontro con la Chiesa, aprendo un nuovo fronte del contenziosocon il clero in un momento assai delicato per il consolidamento dello Stato uni-tario»1, ed ebbe l’effetto di incentivare il disinteresse degli istituti a mettersi inregola con la legge e quello delle deputazioni provinciali a esercitare la funzionedi tutela loro spettante, impedendo ogni seria azione di vigilanza. Le resistenzedegli organi direttivi degli istituti e la latitanza delle deputazioni provincialiemergevano, a maggior ragione, quando entrava in gioco il Ministero della pub-blica istruzione, che intendeva esercitare il controllo previsto dalla legge peraccertare il rispetto dell’obbligo scolastico (legge Casati, art. 327, e legge 15luglio 1877, che prese il nome dal ministro Coppino, art. 1), nonché vigilare atutela dell’igiene, della morale e delle istituzioni dello Stato.

Si confrontavano in questo caso concezioni politiche e “filosofie” ammini-strative assai diverse. Da un lato, nel vastissimo e disomogeneo campo dellabeneficenza, una scelta privatistica che esimeva il potere pubblico dall’interveni-re direttamente, poiché l’assistenza, intesa nell’accezione cattolica di carità, nonveniva riconosciuta come funzione pubblica da svolgersi da parte del potere sta-tale, ma era definita pubblica, piuttosto, in quanto rivolta alla generalità deipoveri come forma di liberalità volontaria dei ceti abbienti. Dall’altro, lo svilup-po accentrato del Ministero della pubblica istruzione, con un ministro dotato dipoteri di controllo diretto su un terreno relativamente nuovo, riconosciuto pie-namente come competenza dello Stato2.

La resistenza (attiva o passiva) opposta dagli organi direttivi delle istituzionicaritative all’ingerenza del Ministero della pubblica istruzione sorprese e scon-certò le autorità scolastiche forse ancora di più di quella, almeno in parte sconta-ta, incontrata da parte di associazioni religiose. Nel giugno del 1869, il ministerointervenne nel settore delle Opere pie con una circolare, a firma di Villari, in cui,sulla base di un accordo tra il Ministero degli interni e quello della pubblicaistruzione, si invitavano i prefetti a far compiere accurate ispezioni negli istituti«nei quali per qualsiasi titolo sono raccolti fanciulli e fanciulle poveri»3. Nonsarebbero cessati però i tentativi di respingere le ispezioni da parte degli organidirettivi delle Opere pie4.

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1 F. DELLA PERUTA, Le opere pie... cit., p. 193.2 Cfr. D. RAGAZZINI, L’amministrazione della scuola, in La scuola italiana dall’Unità ai

nostri giorni, a cura di G. CIVES, Firenze, La Nuova Italia, 1990, pp. 263-284.3 La circolare sulla Istruzione maschile e femminile negl’istituti di carità, datata 21 giugno 1869,

fu emanata nella fase del segretariato villariano in cui era ministro Angelo Bargoni, come ha oppor-tunamente sottolineato M. MORETTI, Pasquale Villari e l’istruzione femminile... cit., pp. 505-506.

4 Nel giugno 1889, pochi mesi dopo che Crispi aveva presentato alla Camera il progetto diriforma organica della legge del 3 agosto 1862 che, con marginali modifiche, avrebbe avuto la

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Introduzione

È principalmente alle ispettrici governative che spettò la registrazione nonsolo delle gravi irregolarità riscontrate in orfanotrofi, ritiri, conservatori perragazze povere, «pericolanti» e «traviate», ma di fenomeni di degrado dovuti allaconservazione di costumi arcaici, cui si legava l’internamento (definitivo o tem-poraneo) di donne che non riuscivano a trovare una collocazione stabile nellasocietà. Il potere delle Opere pie e l’estraneità dello Stato alla gestione dell’atti-vità assistenziale impedirono a lungo, infatti, la modernizzazione del settore.Certe raggelate e scarnificate descrizioni di scene di monacale reclusione, didisordinata convivenza di ricoverate di generazioni diverse, di squallore e disporcizia, e persino d’inedia e di follia, strapparono esclamazioni di orrore aglistessi funzionari ministeriali che annotavano i propri commenti a margine deipunti più salienti delle relazioni.

Una costante di queste istituzioni era rappresentata dalla funzione moralizza-trice e disciplinante assegnata al lavoro1. Non meraviglia che, alternandole allepratiche religiose, si potessero imporre faticose corvée scandite da gesti macchi-nali e ripetitivi. Pratiche su cui pesavano gli antichi metodi del sistema caritativopreunitario, non finalizzate all’apprendimento di un mestiere, indifferenti al livel-lo tecnologico di un’arte, anche se non alle urgenze del lavoro su commissione –come notavano le ispettrici – visto che vari istituti si sostenevano con il fruttodella produttività delle ricoverate, a favore delle quali veniva accantonata solouna parte del ricavato (dalla metà fino a percentuali quasi irrisorie). Pratiche,dunque, estranee a un tentativo di professionalizzazione dei «lavori donneschi»,se neppure le molte Opere pie che si potevano definire «semenzai di serve» sirivelavano in realtà funzionali a quello scopo, come osservava l’ispettrice MariaConti Jonni: la monotona routine di fatiche imposte dalle monache non puntavaal dirozzamento e alla specializzazione richiesti dalle case borghesi2.

Già tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi degli anni Settanta, mentre, met-tendo in discussione la politica scolastica della Destra, si puntava a rafforzare ipoteri dell’amministrazione e a rivendicare, attraverso l’istruzione obbligatoria, il

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sanzione del re il 17 luglio 1890, l’opposizione del presidente dei Pii istituti educativi diBologna – uno dei maggiori gruppi di Opere pie, affidato a un’unica amministrazione – e l’insi-stenza di Marietta Guerrini, appoggiata dal prefetto Giacinto Scelsi, per essere ammessa a visi-tarli nella sua veste ufficiale di ispettrice, costituirono per il capo della Divisione per l’istruzio-ne primaria Carlo Gioda un’ottima occasione per intervenire presso il ministro Boselli chieden-do che la legge allora in discussione al parlamento fosse esplicita sull’ingerenza spettante alMinistero della pubblica istruzione; v. docc. 43a-43e.

1 Cfr. R. BASSO, La pietà secolarizzata. Pauperismo e beneficenza pubblica nella culturariformista salentina, Galatina (Lecce), Congedo Editore, 1993.

2 Cfr. M. CONTI JONNI, L’educazione femminile in Italia. Studi e proposte, Roma, Tip. diPacifico Antonini, 1896, pp. 6-12.

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Fonti per la storia della scuola

ruolo spettante allo Stato1, era venuta maturando la consapevolezza della neces-sità di irrobustire e regolarizzare la larva di istruzione impartita nelle Opere piecon criteri del tutto arbitrari ed orari ridottissimi, imponendo almeno il corso ele-mentare obbligatorio. Soprattutto, là dove il lavoro manuale era stato inteso intermini di disciplinamento, o di severo regolatore del tempo dell’espiazione,appariva necessario legare la scuola alla preparazione professionale rovesciandoil tradizionale approccio monacale per fare dei reclusori femminili luoghi di for-mazione e di preparazione alla vita esterna. Come concludeva un dispaccioministeriale del luglio 1872 che affrontava la questione delle Opere pie dove sidava «troppo piccolo tempo» alla istruzione: «la carità che comporta l’ignoranzanon può dirsi di certo carità feconda»2.

Alla realizzazione dello scopo ostavano tuttavia non solo le peculiarità di untessuto sociale e produttivo ancora scarsamente evoluto, ma anche gli ampispazi conquistati dal clero nel settore degli istituti caritativi, e ritornava in primopiano il problema della mancanza di personale religioso preparato e fornito diregolare titolo di abilitazione all’insegnamento o quello della sostituzione dimaestre laiche patentate alle suore e, con esso, il tema della secolarizzazione.

Ancora una decina di anni dopo appariva chiaro che le Opere pie venivanoriformate troppo lentamente rispetto al contesto dell’evoluzione dei rapportisociali, e si poteva facilmente ipotizzare che ancora varie altre generazioni diragazze avrebbero dovuto soffrire delle estreme difficoltà e dei ritardi nell’ade-guare gli istituti alle nuove esigenze. In molti di essi, poi, l’apertura, da parte diassociazioni religiose, di educandati a pagamento a fianco degli antichi ricoveri,spostava il centro gravitazionale dell’istituzione, a scapito delle destinatarie origi-narie3. Inoltre, anche a causa delle enormi disuguaglianze distributive delle risor-se della carità sul territorio nazionale, ancora verso la fine del secolo negli istitutipiù miseri le ragazze portavano sul proprio corpo le stigmate della povertà origi-naria, non corrette da una dieta e da un trattamento sanitario adeguato. Per que-sti squallidi ricoveri le ispettrici, a margine delle loro relazioni, si soffermavanoad auspicare alcune essenziali riforme. E ciò, nonostante in genere apprezzasse-ro i vantaggi di un’austera disciplina per le ragazze tratte dalla strada, prossime a«cadere nel peccato», e sottolineassero che non conveniva far godere loro como-dità di cui non avrebbero potuto usufruire in seguito: la maggior parte di loro,

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1 Cfr. E. DE FORT, La scuola elementare... cit., cap. I.2 ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali, 1860-1896, b. 83, fasc. «Pesaro. 60», dispaccio

ministeriale al prefetto di Pesaro, a firma del segretario generale Giulio Rezasco, 18 luglio 1872.3 Sull’iter di trasformazione che aveva già da tempo investito la composizione sociale delle

giovani ospitate dai reclusori, inducendo ad ammettervi convittrici a pagamento, cfr. A. GROPPI,I conservatori della virtù. Donne recluse nella Roma dei Papi, Roma-Bari, Laterza, 1994.

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Introduzione

infatti, condivideva il progetto pedagogico-morale in forza del quale ogni istitutoeducativo doveva restituire i suoi alunni al ceto dal quale li aveva tratti.

La legge Crispi del 17 luglio 1890 – che tuttavia non produsse effetti ammini-strativi nemmeno lontanamente comparabili con il suo carattere innovativo1 –segnò un’inversione di tendenza rispetto al periodo precedente, rafforzando icontrolli pubblici, precisando le responsabilità degli amministratori delle Operepie e affrontando la complessa questione della loro trasformazione, che la nor-mativa del 1862 aveva rigidamente limitato2. Non è possibile valutare tuttavia, inassenza di ricerche specifiche in materia, se, secondo quanto prevedevano lenorme del regolamento applicativo, la legge diede risultati sul piano dell’intesadel Ministero degli interni con altri ministeri – e quindi anche con il Ministerodella pubblica istruzione, – che avevano ingerenza in Opere pie soggette a«leggi speciali»3 (come la legge sull’obbligo scolastico). Si può dire però che l’in-tento politico della legge Crispi di razionalizzare e laicizzare il settore degli istitu-ti di beneficenza riconducendolo sotto l’egida del potere pubblico andava nelsenso della modernizzazione dell’educazione e dell’istruzione femminile tantevolte caldeggiata nei decenni precedenti dal Ministero della pubblica istruzione,indubbiamente da una posizione ben più debole rispetto a quello degli interni.Certo è che il varo della legge e la sua attuazione rappresentarono una sfida chel’Opera dei congressi non poteva ignorare; la reazione fu violenta e una dellestrade indicate fu quella di conquistare le amministrazioni locali per acquisire ilcontrollo delle congregazioni di carità4.

Crisi e trasformazioni

Vista la difficoltà di trasformare e riordinare le Opere pie, non sorprende

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1 Cfr. S. SEPE, L’esercizio del controllo in applicazione della legge 17 luglio 1890, n. 6972,in ISTITUTO PER LA SCIENZA DELL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA, Le riforme crispine , IV,Amministrazione sociale, Milano, Giuffrè, 1990, pp. 149-228 (Archivio ISAP, n.s., 6).

2 A Napoli, tuttavia, a causa della tenace avversione a qualunque intervento di riforma daparte della locale congregazione di carità e della schiera delle Opere pie della città, si resenecessario (come per Roma) emanare una legge speciale (l. 2 ago. 1897 n. 348), che prevedevavari raggruppamenti di conservatori, ritiri, ospedali, anche per colpire istituti che rinchiudeva-no a vita tante giovani senza fornire loro un’istruzione professionale che le mettesse in gradodi lavorare all’uscita dal ritiro. Un quadro agghiacciante della situazione degli istituti di benefi-cenza femminili napoletani prima del loro raggruppamento, e un rapporto sui primi esiti del-l’operazione, in REALE COMMISSIONE D’INCHIESTA PER NAPOLI, Relazione sulle istituzioni pubblichedi beneficenza di Napoli, Roma, Bertero, 1903, vol. I.

3 Art. 1 (titolo I) e art. 80 (titolo V) del Regolamento amministrativo approvato in applica-zione della legge del 17 luglio 1890, in «Gazzetta ufficiale del Regno d’Italia», 11 marzo 1891.

4 G. FARRELL-VINAY, Povertà e politica... cit., pp. 295-300.

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Fonti per la storia della scuola

quindi che, alla fine degli anni Novanta, le critiche delle ispettrici che visitavanogli istituti di beneficenza si appuntassero ancora di frequente sui loro antichi vizid’origine, che allora il mutamento della mentalità e degli stili di vita rendevasempre più inaccettabili. Dalla scarsa cura per l’igiene e la salute delle ricoverate– oggetto della vasta campagna igienico-sanitaria lanciata tra ‘800 e ‘900 – alcarattere invasivo e meccanico delle pratiche religiose, per sottolineare, infine, ilpunto più dolente: la mancanza di preparazione professionale, che lasciava leragazze orfane e povere, all’uscita dagli istituti, prive di risorse e indifese di fron-te agli adescamenti del vizio e della corruzione. Senza curarsi di impartire se nonuna rudimentale istruzione, impiantare all’interno degli istituti laboratori neiquali le giovani potessero acquisire una preparazione professionale, sotto ladirezione di maestre del mestiere, o inviare le ragazze, quando era possibile, allepiù vicine scuole professionali, suore o oblate e amministratori di Opere piecontinuavano in genere a far eseguire loro ricami a mano su commissione chenon avrebbero potuto rappresentare in futuro una ragionevole fonte di reddito,anche perché disancorati dallo studio del disegno1.

Si può comprendere perché Aurelia Cimino Folliero De Luna, direttrice di«Cornelia» – come alcune delle intellettuali che individuavano nella questione dellavoro un passaggio obbligato del progetto emancipazionista – avesse scelto diimpegnarsi sul terreno dell’istruzione professionale. In particolare, la Folliero DeLuna si era interessata alle principali iniziative sperimentali promosse in Francia,Svizzera, Danimarca, Svezia e Scandinavia in fattorie e piccole industrie rurali basa-te sull’impiego di manodopera femminile, e a tale scopo nel gennaio 1878 avevasollecitato il ministro Coppino a inviarla in missione all’esposizione universale diParigi2. Nella sua relazione, dedicata alle esperienze di cui era venuta a conoscenzaall’esposizione e in viaggi che l’avevano condotta fino in Svizzera3, si soffermava in

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1 Per un documentato panorama dell’istruzione “professionale” femminile nelle scuole, neiconservatori e negli istituti di beneficenza dall’Unità alla fine del secolo, rimando in particolarea S. SOLDANI, Il libro e la matassa. Scuole per «lavori donneschi» nell’Italia da costruire, inL’educazione delle donne... cit., pp. 87-129; cfr. anche ID., Scuole femminili per il lavoro, acura di S. SOLDANI, in Le donne a scuola... cit., pp. 130-158.

2 Per l’interessamento di Coppino cfr. ACS, MPI, Personale 1860-1880, b. 597, fasc.«Cimino Folliero De Luna Aurelia». Per Aurelia Cimino Folliero, scrittrice e giornalista vissuta alungo a Parigi, negli ambienti intellettuali coltivati dalla madre Cecilia De Luna e poi, col mari-to, in Inghilterra, cfr. Dizionario biografico degli italiani, voce di V. Coen; M. RASCAGLIA, Damadre a figlia: percorsi ottocenteschi del sapere di genere, in Scritture femminili e Storia…cit., pp. 173-190 e M. PACINI, Giornali femminili toscani dell’Ottocento: presenze, scritture emodelli, ibid., pp. 129-132.

3 Tale relazione fu poi fatta pubblicare dalla Folliero De Luna col titolo Stabilimenti agrarifemminili e lavori industriali delle donne all’Esposizione di Parigi, con prefazione di Dorad’Istria, 2a ed., Firenze, Tipografia Cooperativa, 1879. Nell’ottobre del 1879 «Cornelia» informava

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Introduzione

particolare sull’Atelier-Refuge visitato presso Rouen, da lei ritratto come una colo-nia agraria modello: nata in campagna, lontano dal clima mefitico delle Opere pie,«luoghi di dolore e d’immoralità»1, poteva rappresentare una vittoria dell’attività edell’impegno sulla languida indolenza di tante giovani, condannate dagli istituti dibeneficenza a vegetare come «piante parassite, di peso a sé e ad altri», ma eraanche una conquista di spazi di dignità e responsabilità per le donne2.

Significativamente, dopo una ripresa del dibattito sull’istruzione professiona-le segnata dal varo della legge del 17 luglio 18903, nel primo decennio delNovecento si ritornò a parlare di istruzione professionale e agraria femminileanche a proposito della crisi e delle ipotesi di trasformazione dei conservatoridella Toscana, il gruppo più consistente di istituti che il ministero aveva cercatodi laicizzare e di integrare nell’ordinamento della pubblica istruzione. I conser-vatori di livello medio, infatti, specialmente se situati in centri minori, dove nongiungeva la ferrovia, si spopolavano per effetto della diffusione dell’istruzioneelementare obbligatoria, del moltiplicarsi delle scuole e dei convitti normali e,inoltre, degli istituti privati diretti da religiose, che agli orfanotrofi accostavanospesso il piccolo educandato per signorine. Le forti spese per tenere aperto uninternato per poche ragazze delle famiglie più abbienti del posto cominciaronodunque ad apparire del tutto sproporzionate.

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la sue lettrici che il volumetto della direttrice aveva avuto ottima accoglienza presso alcuni deiprincipali giornali emancipazionisti inglesi ed americani (cui la rivista della Folliero De Lunaguardava, a sua volta, con grande interesse); cfr. «Cornelia», 16 ottobre 1879. «Cornelia»(Firenze, 1872-1880), organo, insieme a «La Donna» di Gualberta Alaide Beccari, dell’emancipa-zionismo italiano più avanzato, si era già pronunziata a favore dell’istituzione di scuole agrariefemminili; cfr. E. NAPOLLON MARGARITA, La donna e l’agricoltura, in «Cornelia», 1° maggio 1875,pp. 81-83.

1 A. CIMINO FOLLIERO DE LUNA, Stabilimenti agrari femminili... cit., p. 21. 2 Come ricorda Simonetta Soldani, l’istruzione agraria ebbe in Italia una caratterizzazione

nettamente maschile; ancora agli inizi del Novecento l’esempio delle scuole femminili per lepiccole industrie rurali sorte in vari paesi del centro-nord dell’Europa era rimasto lettera morta;cfr. S. SOLDANI, A scuola di agricoltura, in ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, L’istruzione agraria(1861-1928), a cura di A.P. BIDOLLI e S. SOLDANI, Roma, Ministero per i beni e le attività cultura-li, Direzione generale per gli archivi, 2001, pp. 50-51. È interessante notare che, nei primidecenni del Novecento, l’idea della colonia agricola, radicata nel «ruralismo» diffuso pressovari ambienti dell’intellettualità progressista ed anche in alcuni settori della cultura socialista,fece parte dei sogni irrealizzati di Ersilia Majno e delle dirigenti dell’Asilo Mariuccia, desiderose– come scriveva la Majno – di «creare delle piccole colonie agricole per togliere completamen-te dal corrotto ambiente in cui vissero le fanciulle che ne furono maggiormente guaste nel fisi-co e nel morale»; cfr. A. BUTTAFUOCO, Le Mariuccine. Storia di un’istituzione laica. L’AsiloMariuccia, Milano, Angeli, 1985, pp. 56-58 (per la citazione, p. 57).

3 Cfr. C. GIGLIOLI CASELLA, La questione delle scuole professionali al Congresso delle OperePie tenuto in Firenze nell’anno 1894, Estratto del resoconto stenografico del Congresso,Firenze, Tip. di M. Ricci, 1896.

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Fonti per la storia della scuola

L’orientamento ministeriale fu chiaro e definito almeno su un punto: nonattivare all’interno dei conservatori nuovi corsi modellati sul tipo della scuolanormale come quelli che erano proliferati negli ultimi decenni e che, spessoorganizzati con insegnanti sfornite dei titoli legali e con scarse attrezzature, nonoffrivano garanzie sufficienti per la preparazione delle educatrici delle nuovegenerazioni. D’altro lato, era diffusa la convinzione che questi corsi contribuisse-ro a convogliare verso una scuola che allora veniva sempre più concepita comestrumento di controllo sociale non solo allieve dotate di diverse e dubbie formedi preparazione, ma anche schiere di aspiranti maestre di troppo varia estrazionesociale. Astiose note polemiche sulle figlie di operai, artigiani, portinaie, che, sidiceva, ostentavano poco decorosamente il loro nuovo status di maestrine, sirintracciano ad abundantiam nella pubblicistica degli ultimi decenni del secolo.Meglio allora sembrò ridimensionare le ambizioni di alcuni conservatori, chetentavano di richiamare alunne mediante l’istituzione di corsi di indirizzo norma-le, insistendo sull’opportunità di mantenere la specificità degli istituti, per ricon-durli alla consolidata formula della preparazione delle ragazze al loro destino dimogli e madri1.

Proprio agli inizi del Novecento, del resto, profeti e profetesse di un nuovo,duro antiemancipazionismo clerico-moderato, come Caterina Pigorini Beri cheebbe dal ministro Nasi incarichi ispettivi straordinari, si affannavano a spiegareche l’eccesso di istruzione femminile (individuato dalla Pigorini persino nel casodelle Opere pie in cui era stato attivato il corso elementare completo!) alimenta-va la piaga delle «spostate», quando non aveva, con l’ingresso delle ragazze nellascuola secondaria, l’effetto di snaturare i rapporti tra i sessi creando tra di essi unpericoloso «dualismo»2. Indicazioni queste, in armonia con l’impegno spiegatoverso la fine del secolo, nelle direttive ministeriali, a favore di una scuola «educa-tiva»3 che, nel tentativo di imbrigliare e rallentare nuove dinamiche sociali, rilan-ciava, anche nel campo dell’istruzione femminile, viete formule pedagogiche, incontrasto con l’esigenza di innovazione e di sviluppo ormai distintamente sentitadai ceti medi.

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1 In tal senso si pronunciò esplicitamente la circolare n. 59 del 14 settembre 1897 emanatadal ministro Gianturco su L’educazione negl’istituti femminili; cfr. «Bollettino ufficiale delMinistero della pubblica istruzione», 23-30 settembre 1897, pp. 1510-1511.

2 Cfr. ACS, MPI, Dir. gen. istruzione media, 1897-1910, b. 301, fasc. «6. Pratica collettiva.Ispezione agli istituti di beneficenza della capitale. Incarico alla Pigorini Beri», Relazione afirma di Caterina Pigorini Beri datata 30 aprile 1902, edita in «Bollettino ufficiale del Ministerodella pubblica istruzione», 27 novembre 1902, pp. 2097-2133; CATERINA PIGORINI BERI, Gli istitutimonastici di Torino. Relazione a S.E. il Ministro, ibid., 23 luglio 1903, pp. 1161-1213; ID.,Attraverso gli educandati femminili, in «Nuova Antologia», CXI, 16 maggio 1904, pp. 296-305.

3 Cfr. E. DE FORT, La scuola elementare... cit., p. 152 e seguenti.

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Introduzione

Di fronte al calare e all’esaurirsi della funzione dell’internato in tanti conser-vatori della provincia, ispettrici, ispettori, provveditori oscillarono tra soluzionidiverse legate alle situazioni locali: per conservatori alla ricerca di una nuovaidentità, ostinati a rimanere in vita, e ritenuti utili soprattutto alla numerosaschiera di alunne esterne, figlie di commercianti e piccoli proprietari, si progettòl’istituzione di corsi di istruzione tecnica, commerciale, professionale; alcunirisultano aperti, ai primi del Novecento, negli istituti secolarizzati1, in cui inse-gnamento e studi di livello secondario avevano ormai fatto il loro ingresso. Nonmancano poi, nella documentazione sull’evoluzione di conservatori e educanda-ti, analisi di ampio respiro, dove la consapevolezza delle profonde trasformazio-ni della cultura e del comportamento delle donne ha fatto emergere e spinto aproporre all’attenzione delle autorità scolastiche, forse per la prima volta dopol’Unità, un’esigenza di ripensamento e di ridefinizione del valore, degli ambiti edelle finalità dell’istruzione femminile2.

Più spesso però, nelle proposte di riforma, si possono individuare ritardi edebolezze. Partendo dalle antiche e ingenerose gabbie di un’educazione digenere “per ceti”, dall’avarizia dello Stato, degli enti pubblici e dei pii ammini-stratori, là dove l’imitazione su scala minore del modello “alto” dell’educandatoaveva indotto a privilegiare formule di istruzione che dichiaratamente ripudiava-no l’idea del lavoro al di fuori dell’ambiente domestico, il tentativo di prefigurarenuove professionalità difficilmente poteva abbandonare la strada dei suggeri-menti spiccioli o, peggio, degli inviti alla riforma morale e domestica “delladonna”.

Nell’ambito degli istituti direttamente dipendenti dal Ministero della pubblicaistruzione, si profilava intanto più distintamente, nell’ultimo decennio del seco-lo, la modernizzazione dell’ordinamento didattico ed educativo dei quattro edu-candati governativi, cui si era aggiunto quello, più modesto, di S. Benedetto diMontagnana (Padova)3. Riordinati gli studi, si era puntato in particolare a stimo-

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1 Alcune delle migliori scuole professionali femminili aperte presso orfanotrofi e conservato-ri con laboratori di sartoria, trine e rammendi, tessitura, confezione di biancheria, ricamo in seta ein oro, sono segnalate, per i primi anni del Novecento, da G. CASTELLI, L’Italia giovane avviataalle carriere agrarie, industriali, commerciali. Guida pratica per le scuole professionali, per lefamiglie dabbene e previdenti in patria e nelle colonie, Firenze, Barbèra, 1914, pp. 101-175.

2 Si veda in proposito la relazione di Dora Melegari sui conservatori ed educandati diFirenze (doc. 68).

3 Le riforme dell’ultimo decennio del secolo non posero fine, invece, alla crisi degli edu-candati reali di Napoli, che si accentuò anzi nel primo decennio del Novecento. Faceva ilpunto della situazione, avanzando proposte di trasformazione degli istituti, un editoriale della«Rivista pedagogica», diretta da Luigi Credaro, che era stato di recente relatore di un disegno dilegge presentato alla Camera riguardante il Secondo Educandato; cfr. I Reali educandati fem-minili di Napoli, in «Rivista pedagogica», settembre-ottobre 1908, pp. 99-103.

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Fonti per la storia della scuola

lare la socializzazione e l’inserimento attivo delle alunne nella vita dell’educan-dato, ad accrescerne le curiosità intellettuali e la conoscenza del mondo esternocon attività culturali e ricreative guidate, si era tutelato il segreto epistolare nei rap-porti con i genitori, e aumentato, sebbene con estrema prudenza e parsimonia, ilnumero delle uscite e delle vacanze con la famiglia1. È del 1895 un altro segno delmutamento dei tempi, il conferimento del valore legale al diploma ottenuto dallealunne degli educandati governativi alla fine del curriculum2, dopo che la richie-sta formulata in tal senso da alcuni genitori era stata fatta propria dai consigli divigilanza degli istituti. Per la prima volta una formazione femminile prestigiosa sifregiava di un diploma che poteva anche diventare qualcosa di diverso da unabella pagina dell’album di famiglia, proprio mentre questi educandati, con tuttiquelli più lussuosi, religiosi e laici, modernizzandosi e acquistando nuovo smalto,accentuavano il proprio ruolo di canali formativi per le figlie delle élite.

A partire dai primi del Novecento, la documentazione sugli istituti femminilidi istruzione rintracciabile presso l’Archivio centrale dello Stato, occupandosipressoché esclusivamente degli educatori dipendenti dal Ministero della pubbli-ca istruzione, e ruotando in prevalenza attorno ad alcuni affari di carattereamministrativo, si presenta assai meno ricca e articolata. Soprattutto, rispetto aifondi archivistici relativi a tutto il periodo precedente, si nota l’assenza degli isti-tuti privati, da collegare indirettamente alla soppressione, avvenuta alla fine del1904, di quell’ufficio di ispettrice creato nel 1875 che aveva offerto il maggiorecontributo alla conoscenza della galassia degli educatori delle religiose. Alcunedelle ex ispettrici, in seguito a giudizio formulato da una commissione apposita-mente istituita, passarono al ruolo unico degli ispettori scolastici, con funzioniestese «a tutti gli istituti d’istruzione elementare e sub-elementare pubblici e pri-vati della circoscrizione loro affidata» (r.d. 19 aprile 1906, che approva il regola-mento per l’ispezione degli istituti pubblici e privati d’istruzione elementare, art.11). Gli educandati e i collegi femminili diventavano perciò soltanto una dellecategorie di istituti – tutt’altro che uniforme e poco consistente! – da visitare econtrollare da parte delle ispettrici, anch’essi limitatamente all’istruzione elemen-tare e sub-elementare femminile o mista, nonché all’andamento interno; siaggiungevano così a asili e giardini d’infanzia, scuole elementari femminili,scuole festive femminili, scuole miste e maschili rette da donne, proprio mentrela legislazione di inizio secolo, sancendo l’aumento degli oneri e dell’ingerenza

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1 Qualche cenno alle principali riforme promosse negli educandati governativi in unadelle fasi decisive della loro modernizzazione si rintraccia in D. FAILLA, Cenni sui principali attie provvedimenti del Ministero dell’istruzione dal 17 febbraio 1888 agli 8 febbraio 1891 essen-do ministro l’onorevole Boselli. Note e ricordi, in P. BOSELLI, Discorsi e scritti, I, Torino, Tip.Baravalle e Falconieri, 1915, pp. 40-41.

2 V. la prima nota al doc. 65a e doc. 68.

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Introduzione

dello Stato sull’istruzione elementare, riversava uno straordinario carico di lavo-ro sull’amministrazione della pubblica istruzione1.

Lo scenario che la documentazione relativa al primo decennio delNovecento, per le caratteristiche cui si è appena accennato, non può aiutare aricostruire nemmeno nelle sue linee essenziali appare comunque profondamen-te mutato. Mentre le forze progressiste avvertivano il delinearsi dell’intesa cleri-co-moderata, l’eco degli avvenimenti francesi – la lotta contro le congregazionireligiose iniziata da Waldeck-Rousseau e proseguita con maggior vigore daCombes – si faceva fortemente sentire sugli ambienti anticlericali2. Dalla masso-neria venne l’invito a vigilare per respingere la minacciata invasione delle con-gregazioni in fuga dalla Francia, e da parte radicale si sottolineò l’esigenza dipromuovere un’effettiva laicizzazione della scuola e di dare un’applicazione“reale” alla legge di soppressione delle corporazioni religiose.

È in questo clima che vennero pubblicate alcune analisi che insistevano sullento ma costante aumento del numero degli istituti educativi maschili e femminiliprivati e dei loro alunni, riscontrabile nelle più recenti statistiche. Il lombardoAmato Amati, autore di una serie di circostanziati interventi destinati ad illustrare le«cause della preponderanza clericale in campo educativo»3, accusava il governo diaver condotto per la laicizzazione della scuola una battaglia inefficace e viziata datroppi compromessi, permettendo alle congregazioni religiose insegnanti di cre-scere e di occupare sempre nuovi spazi: per quanto riguardava la Lombardia, lastessa statistica generale presentata da Castelli nel 1900 al ministro Gallo, nono-

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1 Cfr. E. DE FORT, La legislazione sull’obbligo scolastico nell’Italia giolittiana e i problemidella sua applicazione amministrativa, in «Jahrbuch für europäische Verwaltungsgeschichte»,1993, pp. 233-268.

2 Cfr. E. DECLEVA, Anticlericalismo e lotta politica nell’Italia giolittiana. I: L’«esempio dellaFrancia» e i partiti popolari (1901-1904), in «Nuova rivista storica», 1968, 3-4, pp. 291-354.

3 Cfr. A. AMATI, I nostri collegi di educazione. Dati statistici, in «Rendiconti del RealeIstituto Lombardo di Scienze e Lettere», serie II, XXXIV, 1901, pp. 1045-1052; ID., L’azione delgoverno sugli istituti privati di istruzione e di educazione, I, ibid., pp. 1272-1278; II, ibid.,XXXV, 1902, pp. 146-158; ID., Proposta di una statistica ufficiale degli istituti privati di educa-zione e di istruzione, ibid., XXXVI, 1903, I, pp. 338-350; II, ibid., pp. 404-416; ID., Gli educan-dati di Milano. Dati statistici, ibid., XXXVII, 1904, pp. 314-327. Oltre alla Relazione presentatada Castelli al ministro Gallo nel 1900, lo studioso prese in esame i dati statistici sui convitti fem-minili pubblicati a partire dal 1887 a cura della Direzione generale della statistica del Ministerodi Agricoltura, industria e commercio. Per la prima fase dell’attività di Amato Amati (Monza1831 - Roma 1904), storico e geografo, insegnante, direttore di vari istituti di istruzione e prov-veditore agli studi, socio corrispondente del Reale Istituto lombardo di scienze e lettere, impe-gnato attivamente nella battaglia per la laicità su vari fronti (scuola, biblioteche popolari, cam-pagna a favore della cremazione delle salme), cfr. Dizionario biografico degli scrittori contem-poranei, diretto da A. DE GUBERNATIS, Firenze, Le Monnier, 1879.

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Fonti per la storia della scuola

stante alcune lacune, evidenziava il primato che la regione poteva vantare in tuttaItalia per numero di istituti femminili di educazione e di istruzione privati: 123, dicui 101 religiosi. A questi interventi fece eco «Il Tempo», l’organo dei Gruppi socia-listi milanesi, indirizzandosi «a quelli che dubitano della urgenza di affrontare unacampagna a sostegno della scuola laica contro l’invadenza nera»1.

Nel paese saliva il livello dello scontro sulla laicità, terreno d’incontro privi-legiato dei partiti democratici2, il cui progetto politico puntava a interrompere lamarcia di avvicinamento tra liberal-moderati e clericali, ormai in atto almeno apartire dalle elezioni del 1904. Mentre, alla fine del 1906, l’Estrema chiedeva l’a-vocazione della scuola elementare allo Stato, alla Camera veniva annunciata lamozione Bissolati per l’abolizione completa dell’insegnamento della religione.Toccava così il suo acme anche la battaglia sulla laicizzazione monca dei «pub-blici istituti educativi» femminili, e tra questi, in prima fila, i conservatori dellaToscana. Esemplare del clima di acceso scontro in atto nel paese, la vicenda delConservatorio di S. Giovanni Valdarno: tra l’ottobre e il novembre 1907 le asso-ciazioni radicali, repubblicane e socialiste locali protestarono contro la sanatoriaconcessa dal ministero alle irregolarità in cui era incorsa la commissione del con-servatorio – dove le suore non formavano affatto una «ex-famiglia, ma una fami-glia nuova ripullulata in ispregio alla legge» – e denunciarono la violazione dellalegge Coppino del 1877, che implicitamente aveva abolito l’insegnamento dellareligione nella scuola elementare obbligatoria3.

La statistica degli istituti femminili in Italia presentata da Castelli nel 1900

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1 I convitti clericali in Milano, in «Il Tempo», 13 maggio 1904, p. 2. Cfr. anche La scuolalaica, ibid., 11 maggio 1904, resoconto di una conferenza tenuta dalla professoressa ErnestaDal Co presso il Liceo Beccaria di Milano sull’insegnamento della religione nella scuola e sul-l’invadenza degli istituti clericali.

2 Per lo scontro sulla laicità dello Stato e della società civile che si combatté sul terrenodella scuola, cfr. C. BETTI, La religione a scuola... cit., pp. 196-250; E. DE FORT, La scuola ele-mentare... cit., pp. 233-252; L. PAZZAGLIA, La scuola fra Stato e società negli anni dell’età giolit-tiana, ora in Scuola e società nell’Italia unita... cit., pp. 171-211; ID., Stato laico e insegna-mento della religione in alcuni dibattiti del primo Novecento (1902-1908), in Cultura, scuolae società nel cattolicesimo lombardo del primo Novecento, Atti del Convegno di studio, Brescia24-25 novembre 1979, Brescia, Cedoc, 1981, pp. 63-121; M.L. CICALESE, Socialisti e liberali difronte al problema della scuola nel primo Novecento, ibid., pp. 133-161; A. AQUARONE, Lo Statocatechista, Firenze, Parenti, 1961; G. BONETTA, Scuola e socializzazione... cit., pp. 143-177.

3 Pro laicità Conservatorio della SS. Annunziata in S. Giovanni Valdarno, S. GiovanniValdarno, Tip. di Ettore Pulini, 1907, p. 5. L’indirizzo al sindaco, datato 27 ottobre 1907, e ilsuccessivo appello ai cittadini di S. Giovanni Valdarno, datato 24 novembre, erano sottoscrittidal Circolo anticlericale Giuseppe Garibaldi, il Circolo anticlericale Giordano Bruno, il Circolosocialista, il Circolo giovanile socialista, il Gruppo repubblicano, il Gruppo socialista autono-mo. Le irregolarità denunciate da radicali, repubblicani e socialisti trovano conferma nella rico-struzione di B. FALSINI, La scuola nel Valdarno. Profilo storico della Scuola Cattolica, Quadernidel Centro culturale cattolico di Fiesole, Fiesole, 1982, p. 68.

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Introduzione

doveva ancora una volta essere chiamata in causa nel vivo di un dibattito politi-co. Dopo la sconfitta della mozione Bissolati, che non era riuscita a produrrel’auspicata incrinatura dell’asse clerico-moderato, nel giugno 1908, a breve distan-za dalla fine dei lavori del Primo congresso nazionale delle donne italiane1, «Criticasociale» contestò aspramente la rivendicazione del suffragio alle donne sostenutain quella sede, in quanto in Italia «nel disinteresse quasi completo dello Stato», l’e-ducazione femminile si sarebbe trovata «ancora pressoché in balia degli ordini reli-giosi e del confessionalismo»2, come avrebbero dimostrato, senza ombra di dub-bio, i dati della statistica ministeriale. L’articolo, nel puntare i suoi strali controquello che definiva «un Congresso della fine fleur delle donne italiane, nobili eborghesi», sospettate di mirare esclusivamente al voto limitato per censo, finiva peraprire una polemica almeno in parte viziata da una visuale appiattita sulla situazio-ne degli educandati: anche se è vero che in Italia agli inizi del secolo, tabelle stati-stiche alla mano, «il collegio e l’educatorio» potevano venire ancora identificati con«la istituzione educativa più accetta alle famiglie e più largamente estesa»3, prende-re posizione politica sulle prospettive dell’istruzione femminile avrebbe richiesto,invece, di vedere le “donne a scuola” – anche quelle di estrazione borghese –all’interno di un campo molto più vasto e movimentato, non sottovalutando la cre-scita della scuola elementare pubblica, l’afflusso di alunne verso le scuole comple-mentari e le normali – che avevano svolto di fatto la funzione di scuola secondariafemminile – poi verso le scuole tecniche e i ginnasi, e infine la direzione indicatadal primo ingresso di studentesse nei licei e nelle università4.

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1 Sul Primo congresso nazionale delle donne italiane cfr. A. BUTTAFUOCO, Condizione delledonne e movimento di emancipazione femminile, in Storia della società italiana, XX, L’Italiadi Giolitti, Milano, Teti, 1981, pp. 173-180.

2 D. SPADONI, Una lacuna dell’educazione in Italia. I collegi femminili, in «Critica sociale»,1° giugno 1908, pp. 175-176. Per le posizioni del Partito socialista sulla questione del suffragiofemminile cfr. A. BUTTAFUOCO, Cronache femminili. Temi e momenti della stampa emancipa-zionista in Italia dall’Unità al fascismo, Dipartimento di studi storico-sociali e filosofici,Università degli studi di Siena, 1988, p. 210 e sgg. e M. CASALINI, La signora del socialismo ita-liano. Vita di Anna Kuliscioff, Roma, Editori Riuniti, 1987, in particolare pp. 223-226.

3 G. NISIO, Dell’istruzione e educazione della donna, in «Bollettino ufficiale del Ministerodella pubblica istruzione», 10 marzo 1900, suppl. al n. 10, p. 486.

4 Nelle Notizie compilate per l’esposizione universale di Parigi del 1900, dopo aver preso lemosse dalla riforma degli educandati pubblici e governativi, Girolamo Nisio, nell’intento di valo-rizzare l’opera riformatrice del Ministero della pubblica istruzione, attribuiva ad essa probabil-mente meriti molto maggiori di quanto non le spettassero. L’autore di queste note, infatti, passatiin rassegna i dati sulla consistente presenza femminile in scuole complementari, normali, tecni-che, ginnasi, e sui piccoli drappelli di studentesse di licei e università, concludeva che il ministe-ro aveva provveduto «non solo a colmare la lacuna lasciata dalla Legge 13 novembre 1859 nel-l’ordinamento pubblico della istruzione e educazione della donna, ma ancora a stabilire un ordi-

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Fonti per la storia della scuola88

Benché, nella citata Relazione presentata da Castelli, il numero di alunnedegli istituti di educazione e di beneficenza tenuti da associazioni religiose risul-tasse straordinariamente più elevato (37.765 alunne interne e 46.372 alunne ester-ne) di quello delle alunne degli «istituti pubblici educativi» (parte dei quali gestitida oblate, con 2455 alunne interne e 6940 esterne) o degli istituti privati laici(8457 alunne interne e 5867 esterne, la maggior parte delle quali in istituti dibeneficenza)1, fenomeni iniziati con la diffusione della scolarizzazione e l’“esplo-sione” della scuola normale femminile o con l’avvicinamento delle donne, per vietraverse, all’insegnamento secondario, erano destinati a far sì che i collegi-convit-ti, accanto all’educazione domestica, cessassero di costituire il principale canaleformativo per le ragazze della borghesia, come si sarebbe visto di lì a pochi anni2.

La necessità di investire risorse nella creazione di educandati pubblici e laiciche si contrapponessero a quelli religiosi, più volte sottolineata nei decenni prece-denti dai sostenitori della diffusione di un’istruzione femminile laica ad uso dellefamiglie della borghesia, veniva superata dagli eventi. Ma se cominciava ad esaurir-si la vecchia funzione degli educatori femminili, il non indifferente peso della scuo-la privata3, la parziale riconversione degli educandati delle religiose in convitti perle alunne delle scuole normali, la ripresa di mai sopite rivendicazioni autonomisti-che avverse alle riforme nel settore degli educandati pubblici4 e, infine, il lentomodificarsi del costume in vaste aree del paese, lasciavano alla scuola confessiona-

namento scolastico» che offriva «il mezzo di soddisfare tutte le tendenze della donna moderna etutti i bisogni della vita»; cfr. G. NISIO, Dell’istruzione e educazione della donna cit., p. 485.

1 Cfr. MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, Relazione presentata a S.E. il Ministro dellaPubblica istruzione Prof. Comm. Nicolò Gallo... cit. (quadro riassuntivo).

2 Cfr. MINISTERO PER IL LAVORO E LA PREVIDENZA SOCIALE. UFFICIO CENTRALE DI STATISTICA, Gli isti-tuti per la istruzione media e normale e la loro popolazione scolastica negli anni 1911-12 a1916-17, Roma, Società anonima poligrafica italiana, 1921.

3 Cfr. X. TOSCANI, Alfabetismo e scolarizzazione... cit., pp. 304-306.4 Per quanto riguarda i conservatori della Toscana, ad esempio, la «Rassegna nazionale»

nel 1911 alimentava le polemiche sulle «solite regole uniformi a pialla livellatrice» adottate dalgoverno, intendendo combattere qualsiasi riforma che potesse alterare il «primitivo carattere»degli istituti, ai quali attribuiva una supposta «natura autonoma e quasi privata». A tale scopo larivista rispolverava anzi una serie di scritti pubblicati dall’avvocato fiorentino OttavioAndreucci negli anni Sessanta e nei primi anni Settanta dell’Ottocento nel corso della battagliaingaggiata per preservare i conservatori dalle ingerenze e dall’opera di laicizzazione del gover-no; cfr. G. DE LORENZO, I Conservatori educativi femminili toscani, in «Rassegna nazionale», 1°gennaio 1911, pp. 141-147.

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Introduzione

le spazi non indifferenti, proprio mentre si consolidava l’alleanza clerico-moderata,e i cattolici, che stavano ormai per entrare sulla scena politica, si mobilitavano1.

SILVIA FRANCHINI

Università di Firenze

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1 Cfr. C. BETTI, La religione a scuola… cit.; ID., Religione e patria. Cattolici e scuola nel-l’età giolittiana, Firenze, Centro editoriale toscano, 1994; ID., Sapienza e timor di Dio. La reli-gione a scuola nel nostro secolo, Firenze, La Nuova Italia, 1992, cap. I; L. PAZZAGLIA, La scuolafra Stato e società negli anni dell’età giolittiana, citata.

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II. IL MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE E GLI ISTITUTI FEMMINILI DI EDUCAZIO-NE E DI ISTRUZIONE: LA DOCUMENTAZIONE DELL’ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO

Nella legge Casati, che lo Stato unitario ereditò dal Regno di Sardegna comelegge fondamentale dell’istruzione scolastica, non si faceva alcun cenno all’istru-zione femminile come campo a sé stante, né veniva per altro presa in considera-zione una istruzione per le donne che non coincidesse con quella primaria, nellaquale i corsi femminili e i corsi maschili erano ordinati allo stesso modo, o conquella normale, l’unica per la quale fosse contemplata la frequenza anche daparte delle donne e il cui sbocco era esclusivamente professionale. Non venneprevisto nessun articolo sull’accesso anche femminile agli studi di istruzionesecondaria, classica o tecnica, né venne in alcun modo riconosciuto l’unicoambito allora esistente, nel Regno sardo nella fattispecie ma anche negli altriStati preunitari, nel quale fosse possibile un’istruzione femminile non esclusiva-mente elementare: quello cioè costituito dagli educandati e dagli istituti femmi-nili di educazione e di istruzione, della più varia natura, aventi fini diversificati edotati di differenti indoli giuridiche.

Tuttavia la stessa legge Casati, a fronte di questo vuoto, offriva anche gliunici strumenti1 che poi nella realtà il Ministero della pubblica istruzione ebbeper esercitare il controllo sul multiforme e in gran parte ancora sconosciuto uni-verso degli istituti femminili, e sui quali fondò la sua azione soprattutto nel tenta-tivo di contrastare la forza di espansione della Chiesa e dei corpi morali.

Il Regno d’Italia, all’indomani dell’Unità, ereditava quelle che erano le realtàscolastiche degli Stati preunitari. Di fatto, subito dopo l’unificazione, dipendeva-no direttamente dal Ministero della pubblica istruzione solo i tre educandatigovernativi, mantenuti sul bilancio dello Stato ed ereditati dai governi preunitari,di Milano, Firenze e Palermo; i Reali educandati di Napoli, pur considerati allastregua dei governativi, erano retti a patrimonio misto. Degli altri istituti che poisarebbero passati, sia pure con alterne vicende, alla dipendenza del Ministerodella pubblica istruzione, i conservatori della Toscana dipendevano dal

1 Cfr. art. 3 della l. 13 nov. 1859 n. 3725: «Il ministro della pubblica istruzione governa l’in-segnamento pubblico in tutti i rami e ne promuove l’incremento: sopravveglia il privato a tute-la della morale, dell’igiene, delle istituzioni dello Stato e dell’ordine pubblico», e art. 5: «vigilainoltre col mezzo de’ suoi ufficiali o di altre persone appositamente da lui delegate, le scuole egli istituti privati d’istruzione e d’educazione, e qualora i direttori di tali istituti ricusino diconformarsi alle leggi, può ordinarne il chiudimento, previo il parere del Consiglio superiore».

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Ministero di grazia e giustizia, mentre i Collegi di Maria della Sicilia facevanocapo all’autorità ecclesiastica. C’erano poi le Opere pie di dipendenza delMinistero dell’interno che avevano quasi sempre delle scuole almeno a livelloelementare. Tutto il resto si perdeva nella massa degli istituti privati sia di benefi-cenza sia specificamente di istruzione e degli educandati tenuti presso i conventidalle varie associazioni e ordini religiosi.

Sarà nei confronti di questo universo magmatico che si dispiegherà l’azionedel ministero, in un intento conoscitivo prima di tutto e poi normalizzatore, conesiti differenziati nel tempo e nel territorio.

L’azione dello Stato si esplicherà attraverso vari modi e canali: in sede legi-slativa con l’approvazione di alcuni decreti fondamentali per la riorganizzazionedi particolari aree dell’istruzione femminile o attraverso la presentazione di pro-getti di legge, a volte solo annunciati e di rado pervenuti almeno alla discussionein aula; in sede di discussione parlamentare, soprattutto in occasione dell’appro-vazione del bilancio del ministero; in ambito più generalmente normativo, conl’assunzione di provvedimenti volti, soprattutto nei primi anni, ad assumere glistrumenti necessari all’esercizio del controllo governativo, e con l’emanazione divolta in volta sia di decreti di riordinamento, sia di decreti di avocazione al mini-stero di singoli istituti; in sede amministrativa, con il perfezionamento del siste-ma delle ispezioni e con la progressiva razionalizzazione della prassi.

La storia legislativa dei convitti femminili è una storia di riforme sempreannunciate e auspicate ed in concreto non realizzate. Al posto di una riformagenerale che interessasse la globalità degli istituti, individuabili come categoriadefinita, sia dal punto di vista dell’istruzione che dal punto di vista dell’ammini-strazione e della dipendenza ministeriale, abbiamo nella realtà alcuni decreti chetentano di regolare ora una parte ora l’altra della materia, e una serie quasi infi-nita di decreti di riforma di regolamenti interni e di statuti organici relativi ai sin-goli istituti, nella successione dei quali si può leggere la storia del faticoso tenta-tivo di sciogliere e dirimere i nodi della complessa vicenda. Come affermavaGiuseppe Saredo nell’introduzione al suo Codice delle amministrazioni degliuffici e delle giurisdizioni centrali, facendo riferimento alla situazione generale,il nuovo Stato italiano era uno «Stato laboriosamente formato di sette Stati, cia-scuno dei quali aveva tradizioni, leggi, tendenze, condizioni civili ed economi-che proprie [...]. Se esteriormente l’amministrazione era una nei titoli, ne’ suoiorgani, nelle sue forme, nella sua azione, presentava però interiormente le piùsingolari difformità: uno stesso nome coperse le cose più disparate»1.

Quella della mancanza di regolamenti generali ben coordinati e, nello speci-

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1 Cfr. Codice delle amministrazioni degli uffici e delle giurisdizioni centrali ordinato acura di Giuseppe Saredo, Torino, Unione tipografico-editrice, 1895, pp. V-VI.

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Introduzione

fico, nell’ambito dell’istruzione femminile, era una realtà riconosciuta già nelRegno di Sardegna. Presentando l’8 maggio 1850 alla Camera subalpina unapposito disegno di legge, l’allora ministro dell’Istruzione pubblica Mameliintendeva porre un rimedio nel campo tanto importante quanto «negletto» dell’i-struzione femminile, la quale, priva di regolamenti organici, appariva già alloramolto chiaramente «abbandonata piuttosto al buon senso dei direttori e dellemonastiche congregazioni»1.

Il primo regolamento organico sarà quello approvato con r.d. 6 ottobre 1867n. 1941 sui conservatori della Toscana. Tale decreto rimase un punto di riferi-mento costante per i provvedimenti successivi. Tuttavia, dato il suo carattere pursempre parziale, non risolse il problema posto dalla necessità di una regolamen-tazione complessiva e organica e dai connotati chiaramente laici, argomentoquesto che periodicamente costituì il nocciolo delle discussioni sull’istruzionefemminile sollevate in sede parlamentare per tutto il quarantennio postunitario.

Già due mesi dopo la pubblicazione del decreto, nella tornata del 14 dicem-bre al Senato, durante la discussione del progetto di legge per l’insegnamentosecondario, Imbriani, aprendo la discussione sull’articolo che sanciva il passag-gio alle province dei licei, ginnasi, scuole tecniche e collegi-convitti maschili efemminili mantenuti o sussidiati dallo Stato non compresi tra i licei governativi,stigmatizzava l’abdicazione da parte dello Stato al diritto-dovere di insegnamen-to governativo nel campo dell’istruzione della donna. In conseguenza di talearticolo infatti sarebbero passati alle province anche quei pochi educandati fem-minili vigilati dallo Stato e sarebbe venuta del tutto a mancare la possibilità ditrasmettere almeno a questi ultimi quel necessario spirito di unità generatoappunto dalla «uniformità di intenti e di metodi»2. Nella discussione che seguìsulla lettera e sullo spirito dell’articolo venne ribadita per l’istruzione femminile,e quindi anche per la questione del riordinamento dei collegi-convitti femminili,la necessità di un apposito disegno di legge.

Gli educandati erano intanto emersi come argomento, sia pure in senso“negativo”, in occasione della discussione del progetto di legge per il riordina-mento delle scuole normali e magistrali, presentato al Senato dal ministroCoppino nella tornata del 5 giugno 1867. Il disegno di legge, che si poneva loscopo, come affermava il ministro nella sua relazione, di «provvedere più larga-mente, e con minor dispendio, a formare maestre per l’insegnamento inferiore;

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1 Atti del Parlamento subalpino, legislatura IV, sessione del 1850, Documenti, Relazione alprogetto di legge sull’istruzione femminile presentato alla Camera l’8 maggio 1850 dal mini-stro per l’istruzione pubblica, p. 635 e seguenti.

2 AP, Senato del Regno, legislatura X, sessione del 1867-1868, Discussioni, II, tornata del 14dicembre 1867, p. 556.

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[...] rendere più compita e più salda l’istruzione femminile superiore, e prepararel’insegnamento professionale per la donna»1, stabiliva di convertire venticinqueeducatori femminili esistenti, tra quelli aventi patrimonio proprio, in istituti postisotto la vigilanza del Ministero della pubblica istruzione nei quali si potesseroformare non solo buone madri di famiglia, ma anche allieve maestre per l’inse-gnamento elementare inferiore. Questo progetto di legge considerava l’istruzio-ne femminile eminentemente sotto l’aspetto funzionale della preparazione diallieve maestre, operazione reputata un investimento per la formazione dellefuture generazioni femminili, soprattutto nell’ambito delle classi popolari. Nellafattispecie gli educatori femminili, per i quali si riconosceva l’assoluta necessitàdi una riforma tale da sottrarli alle «antiche abitudini», non venivano consideraticome dotati di una identità propria, ma solo come anello debole di un progettoche identificava l’istruzione femminile con l’istruzione magistrale.

Il progetto fu attentamente esaminato da una apposita commissione delSenato che lo riscrisse modificandolo completamente nello spirito e consideran-do separatamente le due questioni del riordinamento delle scuole normali edella trasformazione degli educandati2. Oltre a porre l’accento sul problemacostituito dalla scarsa attendibilità se non assenza di informazioni statistiche esat-te e continuative, indispensabili per operare una riforma seria, veniva approfon-dito in particolare il discorso riguardante gli educandati, ai quali in sostanza sirestituiva una dignità di identità propria, ancorché largamente carente: la man-canza di una istruzione seria, l’essere questi istituti «covi di superstizione», lanecessità assoluta di uno studio sulle loro condizioni di esistenza, propedeuticoall’avvio di una qualsiasi riforma in qualsiasi senso, erano considerati problemiineludibili e da risolvere in senso globale prima di poter pensare a una eventua-le riconversione a più specifici fini. Questa più attenta considerazione degli edu-candati era del resto favorita dalla contemporanea approvazione del decreto del1867 sul riordinamento dei conservatori della Toscana, le cui disposizioni siauspicava fossero estese per legge a tutti gli educatori del Regno.

Nel complesso, in sede parlamentare, nonostante siano frequenti i voti perun provvedimento di carattere generale e risolutivo, ben poche, per non direnulle, sono in realtà le iniziative che coinvolgano in modo serio l’istruzione fem-minile.

Nel 1879, in appendice al disegno di legge per l’istruzione secondaria classi-

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1 AP, Senato del Regno, legislatura X, I sessione (1867-1869), Documenti, n. 26-A,Riordinamento delle scuole normali e magistrali.

2 AP, Senato del Regno, legislatura X, I sessione (1867-1869), Documenti, n. 26-B, Relazionedella commissione composta dai senatori Matteucci, Amari, Brioschi, Mamiani, Cibrario,Sagredo e Lambruschini sul progetto di legge pel riordinamento delle scuole normali e magi-strali femminili. Il disegno di legge, ampiamente discusso al Senato, non fu poi approvato.

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Introduzione

ca proposto dal ministro Coppino1, fu pubblicata un’importante statistica delle«scuole e degli istituti femminili nei quali sotto vario nome si impartisce unaistruzione che oltrepassa quella della scuola elementare»2. Per il resto, se si esclu-de il disegno di legge specifico sui Collegi di Maria della Sicilia presentato daBoselli il 3 febbraio 18903, ma non approvato per chiusura della sessione, ripre-sentato una seconda volta con lo stesso esito il 20 gennaio 1891, e riassorbito inseguito, con qualche modifica, all’interno del disegno Gianturco del 1897 sulle«Fondazioni a favore della pubblica istruzione»4, bisognerà aspettare l’inizio delnuovo secolo per trovare un progetto di legge sugli istituti femminili, questavolta di iniziativa parlamentare. Il progetto di legge, presentato alla Camera il 12giugno 1902 dal deputato Cimati, e poi svolto nella seduta del 5 febbraio 1904,prevedeva una riforma degli istituti e educandati femminili qualificati come «nonaventi qualità di opera pia o di privata istituzione»5. Il progetto di riforma, che siriferiva in sostanza agli istituti già dipendenti dal Ministero della pubblica istru-zione, consisteva nel creare una amministrazione dei convitti nazionali femminilisul modello di quella esistente per i convitti maschili, prevedendo l’abolizione etrasformazione di tutti i patrimoni privati, l’uniformità dell’indirizzo disciplinare edidattico e dei ruoli, un diploma finale «speciale» equiparato agli effetti legali allalicenza delle scuole normali.

Più che in ambito parlamentare dunque, teatro piuttosto di discussioni dicarattere generale e di principio che non sede di provvedimenti concreti, e dovedel resto ricorre spesso l’espressione di una cattiva coscienza nei confronti delpoco fatto dallo Stato per l’istruzione femminile, gli unici effettivi tentativi diriforma furono quelli intrapresi in sede governativa e amministrativa.

Sul piano esecutivo all’indomani dell’Unità gli sforzi del ministero furonoavviati immediatamente in due precise direzioni: da una parte il riordinamentodegli educandati reali, di fondazione napoleonica, che erano passati dagli Statipreunitari alla diretta dipendenza governativa e, di pari passo, la soluzione della

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1 Presentato alla Camera nella tornata del 5 maggio 1879, prevedeva l’istituzione di ginnasie scuole superiori femminili in diversi comuni e province.

2 AP, Camera dei deputati, legislatura XIII, sessione del 1878-1879, Documenti, n. 216, all.14bis, cit., p. 81. La statistica era a cura di Girolamo Buonazia, allora provveditore capo per l’i-struzione primaria e popolare.

3 AP, Camera dei deputati, legislatura XVI, IV sessione (1889-1890), Documenti, n. 106,Sui Collegi di Maria della Sicilia.

4 Progetto di legge presentato dal ministro per l’Istruzione pubblica Gianturco di concertocol presidente del consiglio, ministro dell’Interno di Rudinì, e col ministro del Tesoro Luzzatti,nella tornata dell’8 gennaio 1897. AP, Senato del Regno, legislatura XIX, I sessione (1895-1897),Documenti, n. 259, Fondazioni a favore della pubblica istruzione.

5 Cfr. art. 1 del progetto di legge: AP, Camera dei deputati, legislatura XXI, II sessione(1902-1904), Documenti, n. 471, Riforma degli istituti ed educandati femminili.

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questione della dipendenza amministrativa degli altri tipi di istituti di educazionee istruzione femminile parimenti ereditati dagli Stati preunitari, come i conserva-tori della Toscana e i Collegi di Maria della Sicilia; dall’altra il raggiungimento diuna soddisfacente conoscenza dei numerosissimi istituti femminili, diffusi sulterritorio nazionale, esistenti sotto le più diverse specie, attraverso censimenti eindagini conoscitive a largo raggio.

Dal 1861 in avanti vennero riformati in rapida successione gli statuti organicie approvati i nuovi regolamenti interni del R. Collegio delle fanciulle di Milano,dell’Educandato Maria Adelaide di Palermo, dell’Istituto della Ss. Annunziata diFirenze e dei Reali educandati di Napoli. Contemporaneamente fu affrontato ilproblema del riordinamento dei conservatori della Toscana e dei Collegi diMaria della Sicilia. Per questi istituti, che rappresentavano nel panorama degliistituti femminili di educazione e di istruzione, educandati governativi a parte, gliunici casi di organismi dotati di una identificabile origine e organizzazione nor-mativa, il problema della dipendenza amministrativa si presentò immediatamen-te e con particolare chiarezza, coinvolgendo i ministeri ai quali variamente gliistituti facevano capo.

I conservatori della Toscana, che dipendevano nel Granducato di Toscanadal Ministero degli affari ecclesiastici, con l’unificazione erano passati automati-camente al Ministero di grazia e giustizia e dei culti. I passi nei confronti delMinistero di grazia e giustizia per il trasferimento alla pubblica istruzione furonocompiuti fin da subito: fin dal 1860 si era tra l’altro creata una situazione dispariin quanto, pur conservando il Ministero di grazia e giustizia le attribuzioni sulcontrollo e l’amministrazione dei conservatori, dai regolamenti disciplinari allenomine degli Operai1, gli assegni degli istituti gravanti l’erario dello Stato per ilconferimento dei posti gratuiti erano passati invece nel bilancio del Ministerodella pubblica istruzione.

Già nel 1861 il ministro De Sanctis aveva sollecitato al ministro di Grazia egiustizia il passaggio dei conservatori al Ministero della pubblica istruzione2,richiamando l’attenzione sul fatto che il ministero era nell’impossibilità, allo statodelle cose, di imprimere la necessaria regolarità e uniformità di indirizzo all’istru-zione. Il problema poi era reso più grave dal fatto che agli ispettori scolasticiveniva impedito l’accesso ai conservatori e quindi sottratta ogni possibilità dicontrollo. Il Ministero di grazia e giustizia e dei culti da parte sua, non ritenendodi poter considerare i conservatori come istituti «laici nel più esteso significato

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1 Nella legislazione ecclesiastica toscana il termine indicava il laico preposto alla sorve-glianza amministrativa di questo tipo di istituzioni.

2 Cfr. ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali, 1860-1896, b. 64, fasc. «Tit. 16. Firenze(città) 26», s.fasc. «Pratica generale e collettiva», lettera del 25 settembre 1861.

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della parola»1, era piuttosto favorevole a una collaborazione tra i due ministeri,fatte salve le proprie competenze sull’amministrazione e sulla direzione spiritua-le degli istituti.

La questione della dipendenza amministrativa rimase quiescente per unquinquennio circa, fino a quando l’approvazione della legge 7 luglio 1866 sullasoppressione delle corporazioni religiose non le impresse una nuova accelera-zione, rendendo prima di tutto attuale la necessità di una definizione della realenatura, laica o religiosa, dei conservatori2 e riaprendo di conseguenza anche ilproblema della dipendenza amministrativa più idonea.

Stabilita quest’ultima sulla scorta delle conclusioni di una commissione inter-ministeriale appositamente nominata nel giugno del 18663, una seconda com-missione, nominata dal ministro Berti e presieduta da Raffaello Lambruschini4,ricevette l’incarico di procedere alla riforma degli istituti e di definirne la posizio-ne nel contesto del Ministero della pubblica istruzione.

Nell’ottobre del 1867 fu emanato il nuovo regolamento sui conservatori dellaToscana. Approvato con r.d. 6 ottobre 1867 n. 1941, rimase a lungo il punto diriferimento per la successiva normativa. Stabiliva la dipendenza degli istituti dalMinistero della pubblica istruzione e alcuni obiettivi fondamentali: il riordina-mento dell’amministrazione degli istituti, al cui vertice veniva posta una commis-sione composta dall’operaio e da due consiglieri nominati dal ministero e sceltitra il notabilato locale; la riconsiderazione delle funzioni e dei compiti delleoblate; la riorganizzazione degli studi, dal corso elementare e quello perfettivo,sulla base della cui presenza o meno vennero classificati i conservatori. Tra i

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1 Ibid., lettera del ministro di Grazia e giustizia e affari ecclesiastici al ministro dellaPubblica istruzione dell’11 luglio 1861.

2 La legge del 1866 toglieva agli «ordini, corporazioni e congregazioni religiose regolari esecolari, conservatori e ritiri, i quali importino vita comune ed abbiano carattere ecclesiastico»,ogni riconoscimento da parte dello Stato, al quale era devoluto il patrimonio degli enti soppres-si. Sul carattere di ambiguità rivestito dalla natura dei conservatori e in genere degli istituti rettida associazioni religiose consacrate all’istruzione e all’educazione femminile, derivante diretta-mente dall’incertezza del diritto canonico, cfr. G. MARTINA, La situazione degli istituti … citata.

3 Nel giugno 1866 venne incaricata di esaminare l’effettiva natura dei conservatori unacommissione composta da tre delegati, uno per il Ministero di grazia e giustizia e dei culti, unoper il Ministero della pubblica istruzione e uno anche per il Ministero dell’interno per quegliistituti che avessero potuto rivelare il carattere di opera pia (cfr. ACS, MPI, Div. scuole primariee normali, 1860-1896, b. 56, fasc. «Tit. 16. Pratica generale e collettiva» e ACS, Ministero del-l’interno [d’ora in poi MI], Direzione generale degli affari di culto, 1861-1954, b. 50, fasc. 69).La commissione doveva quindi operare un doppio discrimine: accertare che i conservatoridella Toscana non ricadessero nell’ambito della legge 1866 di soppressione delle corporazionireligiose e stabilire quindi da quale ministero dovessero dipendere.

4 ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali, 1860-1896, b. 56, fasc. «Tit. 16. Pratica gene-rale e collettiva».

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compiti della commissione amministrativa veniva inoltre stabilito quello di vara-re entro due mesi un nuovo regolamento interno da sottoporre all’approvazionedel Ministero della pubblica istruzione.

La stessa opera di riforma operata nei confronti dei conservatori dellaToscana fu intrapresa anche per i Collegi di Maria della Sicilia, ma in questo casola situazione si presentava ben più intricata e il tentativo di stabilire un controlloe di dotare gli istituti di una regola uniforme ebbe un esito ben diverso e percor-se una strada accidentata, disseminata di ostacoli frapposti all’autorità statale daivari poteri locali, e consistenti nelle continue cause giudiziarie intentate dalleamministrazioni dei collegi per sottrarsi alla tutela del Ministero della pubblicaistruzione. I Collegi di Maria presentavano in effetti una situazione non omoge-nea caratterizzata già sotto il regime borbonico da una alternanza e disparità didipendenza tra l’autorità ecclesiastica e l’autorità statale/laica – i Consigli degliospizi – a seconda che gli istituti fossero o meno governati secondo le cosiddetteregole corradiniane1.

Anche in questo caso le leggi di soppressione del 1866 e 1867 costituirono ilterreno sul quale il Ministero della pubblica istruzione tentò di inserirsi per avo-care a sé l’amministrazione completa dei Collegi di Maria, in prima battuta conalcune circolari e alcuni decreti di riordinamento all’indirizzo di singoli istituti, equindi con il r.d. 20 giugno 1871 n. 313 con il quale si disponeva che tutti iCollegi di Maria che non erano stati colpiti dalla legge 7 luglio 1866 e che nonavevano il carattere di Opera pia passassero sotto la diretta dipendenza delMinistero della pubblica istruzione. Il decreto, che si richiamava esplicitamente aquello del 6 ottobre 1867 sui conservatori della Toscana, stabiliva che gli istitutifossero governati da una commissione composta da un presidente e da due con-siglieri nominati dal Ministero della pubblica istruzione: al presidente era affidatal’amministrazione e il governo dell’istituto, mentre ai due consiglieri competevatutto quanto riguardava l’educazione e l’istruzione. La commissione aveva inol-

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1 Il cardinale Pietro Marcellino Corradini aveva fondato a Sezze, nel Lazio, all’inizio del‘700, un istituito femminile con fini educativi, sul quale si conformarono molti istituti dellaSicilia, diventando così corpi morali ecclesiastici sotto la completa dipendenza dell’autoritàvescovile. In virtù di queste regole corradiniane la congregazione si intendeva costituita alloscopo «non solo di procurare alle componenti l’acquisto della perfezione e della salute con l’e-sercizio della pietà, ma più per provvedere al bene delle persone del loro sesso, educandole,istruendole, mercè le scuole pubbliche, al fine di istruire coi lavori e con la pietà tutte le fan-ciulle le quali pei pochi mezzi o per altro non potessero entrare in luoghi di educazione»: i pro-blemi sorsero poi nella interpretazione della prevalenza del carattere educativo di questi istitutisu quello di beneficenza e viceversa. Per una ricostruzione del percorso dei Collegi di Maria v.la relazione al disegno di legge Boselli del 3 febbraio 1890, AP, Camera dei deputati, legislatu-ra XVI, IV sessione (1889-1890), Documenti, n. 106, citata. Per la storia dell’istruzione femmini-le in Sicilia e dei Collegi di Maria cfr. G. BONETTA, Istruzione e società… citata.

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tre il compito di preparare, entro due mesi dalla nomina, un regolamento inter-no dell’istituto per il quale doveva conformarsi a quanto già disposto dal regola-mento 6 ottobre 1867 per i conservatori della Toscana. Nella realtà i regolamentiinterni non furono pronti né entro i due mesi stabiliti dal decreto, né dopo. Siaprì invece una diatriba tra il Ministero della pubblica istruzione e le amministra-zioni dei Collegi di Maria intorno alla prevalenza dello scopo educativo o dibeneficenza e quindi sulla diretta dipendenza o meno dal ministero, diatribacaratterizzata da continue citazioni presso la magistratura ordinaria.

L’opportunità di estendere le disposizioni dei due decreti del 1867 e del 1871a tutti gli istituti similari esistenti nel Regno, ma governati «in modo difforme eincompatibile con le giuste esigenze dello Stato», portò all’approvazione nel 1883del r.d. 26 giugno n. 1514, che avocava alla dipendenza del Ministero della pub-blica istruzione i collegi o educandati femminili non aventi carattere di opera piao di ente ecclesiastico o di istruzione privata. Si trattava di un provvedimento diprincipio e di carattere generale, essendo poi necessari dei provvedimenti parti-colari di avocazione al ministero e di riordinamento di quegli istituti nei quali sifosse ravvisato via via il carattere pubblico e laico identificato dall’enunciato deldecreto. Sull’ordinamento amministrativo stabilito dal decreto del 1883 continue-ranno a fondarsi – sempre ad eccezione degli educandati governativi – tutti gliistituti pubblici femminili dipendenti dal ministero fino agli inizi degli anni Trentadel Novecento, quando la materia verrà di nuovo e integralmente riordinata1.

Se d’altra parte lo Stato poté acquisire al suo attivo dei risultati concreti, siapure a volte parziali o provvisori, nell’opera di riorganizzazione e riforma degliistituti femminili, ciò fu reso possibile anche dal parallelo sforzo conoscitivomesso in campo fin dall’inizio, subito all’indomani dell’Unità, nei confronti diuna realtà della quale appariva urgente poter stabilire almeno i connotati essen-ziali. Una conoscenza sufficientemente ampia e articolata dell’universo degli isti-tuti femminili potrà per altro essere raggiunta solo alla fine del secolo, quandol’amministrazione sarà in grado di raccogliere i frutti degli sforzi compiuti lungol’intero quarantennio postunitario, in un percorso caratterizzato da un andamen-to irregolare negli anni e nel territorio.

Le strade percorse per il conseguimento di tali obiettivi furono: la via ordina-ria delle visite ispettive effettuate dai provveditori agli studi e dagli ispettori sco-lastici della scuola primaria, nel cui ambito ricaddero inizialmente anche gli isti-tuti femminili; i censimenti su particolari tipologie di istituti, richiesti, soprattuttonel primo decennio, attraverso le circolari ministeriali; il perfezionamento del

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1 Cfr. r.d. 23 dic. 1929 n. 2392 sul riordinamento degli istituti pubblici di educazione fem-minile, e r.d. 1 ott. 1931 n. 1312, approvazione di norme modificative, integrative ed interpreta-tive del r.d. 23 dic. 1929, n. 2392.

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sistema ispettivo grazie all’istituzione dell’ufficio delle ispettrici governative. Irisultati raggiunti troveranno forma compiuta anche in alcune statistiche, elabo-rate dapprima dallo stesso Ministero della pubblica istruzione1: tali statistiche,anche se riconosciute incomplete dalla stessa amministrazione, furono di fattofondamentali per costruire la piattaforma sulla quale il ministero poté poi con-durre un’azione minimamente efficace.

Di queste indagini conoscitive la legge Casati, pur nella sua avarizia, offrivala pietra angolare, rappresentata dall’art. 3 sul controllo sugli istituti privati. Suquesta premessa si fondarono le circolari emanate dal ministero sulle visiteispettive ad opera degli ispettori delle scuole primarie.

La prima, del 1862 e riguardante le attribuzioni degli ispettori per le scuoleprimarie2, fissò le modalità delle visite ispettive dando anche precise normeriguardo ai punti da illustrare nella stesura della relazione finale e riguardo allacompilazione dei quadri statistici3. Un anno dopo si richiamava nuovamente l’at-tenzione sulla vigilanza da esercitarsi su quegli istituti che, retti da corpi morali oda privati, e non dipendendo quindi direttamente dal Ministero della pubblicaistruzione, sfuggivano facilmente a qualsiasi controllo4. Lo stesso ministero dove-

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1 All’inizio il Ministero della pubblica istruzione rimane al di fuori del circuito istituzionaledella statistica nazionale. Per le sue statistiche, compilate «saltuariamente, a intervalli disugualidi tempo e per oggetti speciali di volta in volta» (cfr. A. GABELLI, in Atti della Giunta centrale distatistica. 1875. Seduta del primo giugno, in Annali di statistica, Serie I, VI, 2a ed., Roma 1880,p. 1 e sgg.), si serve della propria rete ultracapillare di canali informativi ed elabora in proprio irisultati. Nel 1864 in effetti il r.d. n. 2028 del 28 novembre aveva stabilito il passaggio dellacompilazione della statistica della pubblica istruzione alla Direzione di statistica generale delMinistero di agricoltura industria e commercio, la quale avrebbe dovuto elaborarla sui dati rac-colti e comunicati dal Ministero della pubblica istruzione; in realtà questa disposizione nonebbe applicazione pratica. Statistiche e censimenti dal carattere più o meno parziale, episodicoe lacunoso continueranno ad essere fatti ad opera del ministero che li pubblicherà in partenell’«Annuario della istruzione pubblica del Regno d’Italia» e poi nel «Bollettino Ufficiale». Solodal 1878, con il decreto dell’8 settembre n. 4498 il servizio della statistica venne effettivamenteaccentrato nella Direzione generale di statistica definitivamente stabilita nel Ministero di agri-coltura industria e commercio, la quale doveva operare «di concerto con gli altri ministeri nelleparti spettanti a ciascuno di essi». Con decreto dell’8 agosto 1881 il Ministero della pubblicaistruzione trasferì completamente alla Direzione generale della statistica le statistiche sull’istru-zione. Cfr. D. MARUCCO, L’amministrazione della statistica… cit.; P. MACRY, La questione scola-stica… cit.; ISTITUTO CENTRALE DI STATISTICA, Dal censimento dell’Unità ai censimenti del cente-nario. Un secolo di vita della statistica italiana (1861-1961), Roma, s.d.

2 Circ. 28 feb. 1862 n. 79, in «Collezione celerifera delle leggi, delle circolari e dei decreti»,1862, p. 1249.

3 Un «foglio o registro» apposito per le notizie statistiche era previsto «per le scuole e i con-vitti femminili privati».

4 La circolare del 15 maggio 1863 n. 133 relativa alla Vigilanza sugli istituti scolastici nongovernativi, richiamando testualmente le disposizioni della legge Casati sulla tutela della mora-le, dell’igiene e delle leggi e istituzioni dello Stato, raccomandava alle autorità scolastiche pro-

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Introduzione

va tuttavia constatare la difficoltà dell’impresa se, nel 1865, in un’ulteriore circo-lare sulle ispezioni e sulle statistiche dell’istruzione primaria1, rilevava le inesat-tezze e le lacune delle tabelle inviate al ministero, dovute anche, nonostante lariconosciuta «solerzia» degli ispettori nelle loro visite, alla reale «difficoltà dipenetrare negli istituti privati e di ottenere i ragguagli richiesti».

In questi primi anni l’indagine scolastica si servì non solo degli strumentipropri dell’amministrazione, come le ispezioni ordinarie e straordinarie, maassunse anche proporzioni di più vasta portata coinvolgendo l’ambito parlamen-tare. È il caso della commissione nominata con r.d. 22 marzo 1863 n.1179 e inca-ricata «di studiare e riferire sulle condizioni dell’istruzione pubblica in Italia e diproporre i modi per migliorarla», la cui costituzione fu deliberata dalla Cameradei deputati nella tornata del 14 marzo 1863. La commissione avrebbe dovutocompiere i suoi studi e presentare la relazione finale e le proposte entro la finedell’anno in corso. Nella realtà non si arrivò a nessuna relazione conclusiva2, tut-tavia si procedette nei lavori e furono elaborati dei quesiti sui diversi settori del-l’istruzione, dei quali rimane interessante traccia nella documentazione d’archi-vio. Ventidue di questi riguardavano gli educandati, che erano dunque indivi-duati in modo specifico all’interno di un’inchiesta di portata generale3.

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vinciali di procurarsi, per il settore di loro competenza, «un esatto elenco degli istituti nongovernativi, nel quale [fossero] indicati l’indole di essi, l’epoca della fondazione, gli statuti spe-ciali onde si governano, le persone addette alla direzione, all’amministrazione e all’insegna-mento, le classi di studio e la frequenza della scolaresca» (in «Collezione celerifera delle leggi,delle circolari e dei decreti», 1863, p. 1655).

1 Circ. n. 183 del 12 dicembre 1865, Ispezioni sulle scuole elementari. Statistiche sull’istru-zione primaria, in «Collezione celerifera delle leggi, delle circolari e dei decreti», 1866, p. 186.

2 Cfr. P. MACRY, La questione scolastica... cit., p. 877.3 ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali, 1860-1896, b. 3, fasc. «Tit. 5. Quesiti. 1863.

Commissione sulla pubblica istruzione: quesiti. Pratica generale». Il testo dei quesiti, trasmessoa tutti gli ispettori delle scuole primarie con lettera circolare del 2 luglio 1863, era il seguente:«1) Quanti educandati femminili sono nel Regno? 2) Che cosa si insegna in ciascuno di essi? 3)Quanti maestri e maestre vi sono, e come sono diretti? 4) Da chi sono amministrati? 5) Quantisono governativi, e quanti provinciali e comunali? 6) Si mantengono con rendite proprie o rice-vono sussidi dallo Stato e dalle province? 7) Che rendita ha ciascuno di essi? 8) Quanti postigratuiti vi sono? 9) Che sussidi ricevono? 10) Come si assegnano i posti gratuiti? 11) Quanti annisi può stare nell’educandato? 12) Qual è lo stipendio di ciascuna insegnante? 13) Da qualeautorità sono principalmente vigilati tali istituti? 14) Quale pensione mensile vi si paga? 15) Siricevono persone di ogni condizione? 16) Quale disciplina vi si mantiene? 17) Qual è il numerodelle alunne in ciascun istituto? 18) Che somma si spende in media per il mantenimento di cia-scuna alunna? 19) Vi sono istituti di tal genere retti da congregazioni religiose? 20) Che istruzio-ne si dà […] nei conservatori di orfane, di povere, ed altre di simil genere? 21) In quali lavorisono queste principalmente esercitate? 22) Si potrebbe senza aumento di spesa convertirle inscuole normali? 23) Si vorrebbe conoscere l’età delle istitutrici degli educandati femminili e qualnumero fra queste sia passato immediatamente dallo stato di educanda a quello di istitutrice».

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Fonti per la storia della scuola

A fronte del grande sforzo conoscitivo posto in atto dall’amministrazione, inquesti anni prendono forma alcuni risultati concreti. Nel 1865 e 1866 vengonopubblicate due statistiche di carattere generale sull’istruzione pubblica e privatanel Regno. Se nella prima1 non si parla di educandati o convitti, ma solo di scuo-le elementari femminili, nella seconda2 ai convitti femminili, inclusi tra gli istitutiche provvedono all’istruzione primaria, è dedicato un intero paragrafo. Ne sonocensiti 551, dei quali 86 considerati pubblici e 465 privati; di questi ultimi, affida-ti in maggioranza a corporazioni religiose, la statistica è ritenuta «sommariamen-te incompleta» a causa delle difficoltà «gravissime» incontrate nelle ispezionigovernative, suonando queste, per la maggior parte degli istituti privati, comeuna violazione del domicilio e della libertà individuale3.

Per altro, del fatto che le cognizioni sugli istituti femminili fossero aleatorie siha un riscontro anche nelle discontinuità e nelle oscillazioni con cui tali notizievennero pubblicate, a partire dal 1860 fino a metà degli anni Settanta circa,sull’«Annuario» del Ministero della pubblica istruzione. Non solo di anno in annomuta il criterio di raggruppamento, ora per provincia ora per categoria, degli isti-tuti, ma alcuni di essi scompaiono per poi ricomparire successivamente; si notainoltre l’assenza di un criterio univoco nel presentarli o di un semplice tentativodi coordinamento e raffronto dei dati da un anno all’altro, come è palese l’incer-tezza del ministero nel qualificare gli istituti che non siano chiaramente governa-tivi o mantenuti da sussidi dello Stato.

La prima statistica importante e di carattere nazionale sui convitti femminili fuquella effettuata nell’ambito dell’inchiesta parlamentare sullo stato dell’istruzioneelementare del Regno, deliberata dal Senato con ordine del giorno del 22 giugno1868. Presentata nel 1873 al ministro Scialoja da Girolamo Buonazia, segretariodella commissione, la statistica dava conto di 570 convitti femminili, indicando tratutti gli istituti una netta prevalenza di quelli retti da ordini e associazioni religiose4.

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1 Statistica del Regno d’Italia. Istruzione pubblica e privata. Anno scolastico 1862-1863.Parte I, Istruzione primaria, Torino, Dalmazzo, 1865.

2 Statistica del Regno d’Italia. Istruzione pubblica e privata. Istruzione primaria. Annoscolastico 1863-1864, Firenze, Tofani, 1866.

3 I dati, aggregati per provincia e per compartimenti-regioni, vengono forniti sia in numeritotali che in percentuale in rapporto a diversi elementi: alunne interne ed esterne, rette, mae-stre (laiche e religiose), spese e proventi degli istituti. Nel 1865 viene pubblicata anche una sta-tistica specifica sulle scuole tenute da corporazioni religiose (Statistica del Regno d’Italia.Istruzione primaria e secondaria data da corporazioni religiose. Anno scolastico 1863-64,Firenze, Tofani, 1865). Anche di questa viene ufficialmente ammessa «l’imperfezione» e «l’in-completezza» in quanto «non si è tenuto conto dei conservatori di carità».

4 Relazione a S.E. il ministro dell’I.P. sulle scuole elementari… citata. Cfr. S. FRANCHINI,L’istruzione femminile… cit. e ID., Gli educandati nell’Italia postunitaria, in L’educazione delledonne… citata. Dalla statistica rimaneva esclusa la provincia di Roma, annessa di recente.

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Introduzione

Nel 1872 inoltre, con l’inchiesta sull’istruzione secondaria maschile e femmi-nile promossa dal ministro Scialoja1, era stata per la prima volta presa esplicita-mente in considerazione l’istruzione femminile superiore all’elementare. Tuttaviasolo qualche anno dopo si poté disporre di una statistica vera e propria riguar-dante i convitti femminili che impartissero una istruzione secondaria: anch’essaopera di Buonazia, fu effettuata in concomitanza con la presentazione del pro-getto di legge Coppino sulla istruzione secondaria (5 maggio 1879)2.

Nell’ultimo decennio del secolo infine vedono la luce due fondamentalilavori. Il primo è il Rapporto sui collegi-convitti di educazione femminile inItalia3, elaborato nel 1889 dall’allora reggente la Divisione per l’istruzione prima-ria e popolare Carlo Gioda. Muovendo dalla constatazione dell’incompletezzadei dati a disposizione del ministero, della latitanza di intere province inverosi-milmente prive di istituti femminili di qualsiasi genere, della disparità esistentetra la gran massa di relazioni delle ispettrici pervenute fino allora al ministero el’insufficiente lavoro di lettura, esame e vaglio delle informazioni, Gioda si pro-pone, dando un deciso e concreto impulso all’opera di ricerca, analisi e classifi-cazione, di arrivare a «conoscere quanti in realtà fossero gli istituti femminili edu-cativi». La classificazione elaborata si basa sul tipo di soggetto fondatore e sulpatrimonio, distinguendo cinque categorie di istituti4 e arrivando alla cifra di1584 istituti censiti.

Sulla stessa traccia si pone la successiva relazione sugli istituti femminili dieducazione e di istruzione a cura di Giuseppe Castelli5 che, pubblicata nel set-tembre del 1900, si presenta con altre ambizioni di completezza e complessità econ un più alto grado di elaborazione dei dati.

Destinata all’Esposizione universale di Parigi, scopo in seguito venuto menoper ragioni contingenti, la pubblicazione, a detta dello stesso Castelli6, trovava la

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1 La commissione fu nominata con r.d. 29 set. 1872 n. 1016. Sull’inchiesta Scialoja cfr.ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, L’inchiesta Scialoja... citata.

2 AP, Camera dei deputati, legislatura XIII, sessione del 1878-1879, Documenti, n. 216, all.14 bis, citata.

3 MINISTERO DELL’ISTRUZIONE PUBBLICA, I collegi-convitti di educazione femminile in Italia.Rapporto all’On. Ministro per la Pubblica Istruzione P. Boselli, a cura di C. GIODA, Roma,Botta, 1889.

4 Istituti governativi, ovvero a carico del bilancio statale; istituti educativi di fondazionegovernativa o a patrimonio misto; istituti di fondazione delle province e dei comuni; istituti difondazione per opera di associazioni o privati, aventi il carattere di Opere pie; istituti di educa-zione privati (nella grandissima maggioranza tenuti da associazioni religiose, pochissimi,soprattutto al nord, quelli a conduzione laica).

5 MINISTERO DELL’ISTRUZIONE PUBBLICA, Relazione presentata a S.E. il Ministro della PubblicaIstruzione Prof. Comm. Nicolò Gallo… citata.

6 ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione primaria e popolare, 1897-1910, b. 289, fasc. «1900. Istitutifemminili. Notizie»: il direttore generale G. Castelli al ministro, s. d (minuta «copiata 18-9-900»).

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Fonti per la storia della scuola

sua intrinseca giustificazione nell’intenzione di «soddisfare al bisogno d’una stati-stica generale per quanto fosse possibile completa» degli istituti femminili efinalmente dava una forma compiuta e ufficiale alla preziosa mole di notizie finoallora raccolte, ma tuttavia «rimaste infruttuose e attardate nei registri» ad usointerno d’ufficio, prive di una elaborazione ragionata e scientifica. I dati, le cuifasi di raccolta si possono seguire nella documentazione d’archivio, vengonoorganizzati negli specchi statistici1 dei quali l’autore, nella sua corposissima rela-zione introduttiva, offre una lettura ragionata, fornendo anche dei raffronti eindicando collegamenti tra differenti categorie di istituti, utenza e distribuzionesul territorio. La relazione di Castelli si pone dunque come momento conclusivoe culminante in cui è possibile cogliere i frutti di un quarantennio di visite ispet-tive che hanno ridisegnato la mappa del territorio del nuovo Stato, in una pro-gressiva presa di contatto con realtà anche marginali quando non addiritturasommerse.

L’amministrazione e gli archivi

La materia relativa agli istituti femminili è rappresentata e illustrata in modocompleto, esauriente e articolato, per tutto il cinquantennio postunitario preso inconsiderazione, dalle serie archivistiche del Ministero della pubblica istruzioneconservate presso l’Archivio centrale dello Stato, facenti capo alla Direzionegenerale per l’istruzione primaria e popolare e, in parte, alla Direzione generaleper l’istruzione media. Fino ai primi del ‘900 infatti gli istituti di educazione eistruzione femminile ricadono nell’ambito dell’istruzione primaria. Solo nel 1913le competenze che li riguardano confluiranno, insieme a quelle dell’istruzionenormale, nella Direzione generale per l’istruzione media.

All’indomani dell’Unità la struttura dell’amministrazione scolastica stabilitadalla legge Casati prevedeva a livello centrale, come vertice di governo dellascuola, l’organo eminentemente tecnico dell’Ispettorato, composto da tre ispet-tori generali per i tre ordini di scuole (superiore, secondaria e tecnica, primaria enormale). Anche se non esplicitato dall’enunciato legislativo che non fa alcun

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1 I dati registrano: denominazione e sede dell’istituto; notizie sulla fondazione; data dellostatuto organico e del regolamento in vigore; stato patrimoniale; assegni fissi dello Stato, provin-ce, comuni, altri enti o privati; bilancio; tipo di scuole; insegnamenti facoltativi; alunne interne eesterne, personale dirigente e insegnante (laici e religiosi); stato del locale e del materiale didat-tico; posti di favore, autorità che li conferisce. Gli istituti censiti ammontano a 1429. Cfr. anche laserie MPI, Dir. gen. per l’istruzione primaria e popolare, Istituti femminili, Notizie storico-stati-stiche, 1897-1899.

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Introduzione

cenno agli istituti e convitti femminili, questi vengono de plano assimilati allescuole primarie e rientrano quindi nell’ambito delle competenze dell’ispettoregenerale degli studi tecnici e primari e delle scuole normali.

Affiancano l’organo direttivo tecnico le Divisioni, cui è demandato l’aspettopiù propriamente amministrativo. Alla quarta sono attribuite, insieme a quellesugli istituti e sulle scuole tecniche, le competenze sugli «stabilimenti di educa-zione femminile». Dal 1863 al 1866 i «collegi e educandati femminili» si trovanoinvece, nell’ambito della Divisione III, poi V, insieme alle scuole normali, magi-strali ed elementari e al personale degli uffici degli ispettorati provinciali e di cir-condario1.

Dopo la breve parentesi della riforma Berti del 1866 (r.d. 6 dicembre 1866 n.3382), con cui i poteri di direzione della scuola vengono concentrati nei trecomitati per l’istruzione superiore, per l’istruzione secondaria e per l’istruzioneprimaria e popolare, con la riforma Coppino, approvata con r.d. 22 settembre1867 n. 3956, viene creato il Provveditorato centrale per l’istruzione secondaria eper quella primaria. Il Provveditorato assomma alla forte capacità di direzioneuna altrettanto forte caratterizzazione tecnica: gli educandati femminili rientranocosì sotto la direzione del Provveditorato centrale per l’istruzione primaria epopolare insieme all’istruzione normale e magistrale.

Un rafforzamento dell’amministrazione si ha anche a livello periferico doveviene ripristinata, con r.d. 20 ottobre 1867 n. 40082, la struttura del Consiglio pro-vinciale scolastico così come era stata concepita dalla legge Casati, con la novitàsignificativa, in armonia del resto con la legge di unificazione provinciale del1865, della presidenza affidata al prefetto in quanto maggiormente dotato dipotere amministrativo e facoltà di intervento rispetto al provveditore agli studi. Aquest’ultimo vengono invece attribuiti i compiti di soprintendenza sull’istruzioneelementare e sugli educandati fino allora appannaggio del regio ispettore pro-vinciale.

Sullo stesso solco si pone il successivo regolamento di riordinamento del-l’amministrazione provinciale del 1877 (r.d. 3 novembre n. 4152) in cui la ribadi-ta attribuzione al prefetto della presidenza del Consiglio provinciale scolasticotrova un nesso logico con la legge Coppino del 1877 sull’obbligo scolastico, equindi con il controllo prefettizio sulla scuola e sull’osservanza dell’obbligo diistruzione da parte dei corpi morali e degli enti di beneficenza.

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1 Cfr. «Calendario generale del Regno d’Italia» e «Annuario del Ministero della pubblicaistruzione», sub anno.

2 R.d. 20 ott. 1867 n. 4008 che approva i regolamenti del Consiglio superiore di pubblicaistruzione, del Provveditorato centrale per gli studi secondari e primari, e dell’amministrazioneprovinciale scolastica.

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Fonti per la storia della scuola

Il Consiglio provinciale scolastico nel suo complesso risulta quindi rafforza-to, almeno in base alla lettera della legge, quanto a capacità di intervento a livel-lo locale: secondo l’art. 11 «cura l’osservanza delle leggi e dei regolamenti nellescuole e nei convitti così pubblici come privati posti sotto la sua giurisdizione».La sua sfera d’azione viene ridefinita puntualmente: relativamente al campodegli istituti, nella fattispecie femminili, ha compiti di intervento diretto per l’a-spetto disciplinare1, di vigilanza in merito all’aspetto didattico2, di esame e con-trollo per quel che riguarda l’aspetto contabile3.

Due anni prima la vigilanza sugli istituti femminili era stata oggetto di unimportante provvedimento, fortemente innovatore rispetto alle ispezioni adopera degli ispettori scolastici e dei provveditori, concepite per una conoscenzadell’andamento scolastico tout-court, ma deficitarie se l’intento era quello dipenetrare più in profondità nella sfera propriamente educativa e formativa degliistituti, e in particolar modo di quelli retti dalle corporazioni religiose. Condecreto del 21 marzo 1875 n. 2434, presentato dal ministro della Pubblica istru-zione Bonghi, venivano istituiti quattro posti di ispettrice governativa. Il decretorendeva in un certo senso definitivo l’esperimento effettuato dal ministroCorrenti nell’ambito dell’inchiesta parlamentare sull’istruzione elementare deglianni 1868-72 con la nomina di ispettrici straordinarie per le visite agli istituti fem-minili. Il numero delle ispettrici, rivelatosi ben presto insufficiente, veniva pro-gressivamente aumentato fino ad otto, dapprima attraverso l’affiancamento diaiuto-ispettrici alle titolari e poi con il regolare aumento dei posti in organico4.Anche i quattro circoli di ispezione in cui venne divisa l’Italia e ad ognuno deiquali fu preposta un’ispettrice5 subirono parallelamente degli aumenti di numeroe delle modifiche di confini, oscillando tra soluzioni rigide e meno rigide, fruttodel tentativo di contemperare diverse esigenze e segno della reale difficoltà didominare sia il numero degli istituti esistenti che la vastità del territorio6.

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1 Art. 14: «In caso di irregolarità, di abusi o disordini in qualsivoglia scuola o istituto, ordi-na visite straordinarie dandone prima notizia al ministero; nei casi d’urgenza fa chiudere tem-poraneamente quegli istituti e ne riferisce al ministero per le disposizioni definitive».

2 Art. 16: «Invigila [...] sui collegi ed educatori o conservatori femminili, e sull’andamentodelle scuole tutte appartenenti ad Opere pie, e per mezzo del provveditore dà conto al mini-stero del modo con cui sono condotte».

3 Art. 17: «Esamina [...] i bilanci e i rendiconti dei convitti nazionali, dei collegi maschili efemminili e degli altri istituti educativi che siano a carico in qualche modo del bilancio delloStato» e art. 18: «Richiede i bilanci preventivi e i consuntivi degli istituti d’istruzione e di educa-zione provinciali, comunali e di enti morali che non hanno sussidio sul bilancio dello Stato».

4 I rr. dd. del 14 lug. 1891 n. 472 e del 18 lug. 1893 n. 428 aggiungono ognuno due posti inorganico.

5 Regolamento per il servizio delle ispettrici approvato con r.d. 4 gen. 1883 n. 1224.6 Con r.d. 4 ago. 1892 n. 499, r.d. 21 apr. 1894 n. 190, r.d. 13 ott. 1897 n. 451, r.d. 12 nov.

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Introduzione

Sul versante dell’amministrazione centrale l’assetto stabilito nel 1867 ha unalunga tenuta nel tempo. Esso subisce una nuova riforma solo nel 1881 ad operadel ministro Baccelli1. Il provveditorato centrale viene soppresso e al suo postovengono ricostituiti da una parte un corpo di ispettori centrali con compiti didat-tici e scientifici, e dall’altra le divisioni amministrative. Le competenze sugli edu-candati femminili sono esercitate dalla Divisione per l’istruzione primaria epopolare, poi Divisione per l’istruzione primaria e normale. Nel 1895 poi, con ilr.d. 16 maggio n. 328, tutto il ministero viene riorganizzato in quattro direzionigenerali. Nell’ambito della Direzione generale per l’istruzione primaria e norma-le, nel 1897 viene costituita una Divisione per l’istruzione normale, educandati ecollegi e le competenze su questi ultimi vengono affidate a una sezione specifi-ca, la seconda.

All’inizio del nuovo secolo questo assetto viene nuovamente modificato: ledirezioni generali (ad eccezione di quella per le antichità e belle arti) vengonoabolite dal ministro Nasi, come pure quel che era sopravvissuto dell’originarioispettorato centrale2, e il ministero viene riorganizzato in dieci divisioni.

L’obbiettivo era quello di semplificare l’ordinamento del ministero, renden-dolo più snello e duttile attraverso «la distinzione degli istituti scolastici in sepa-rati gruppi» che permettessero una restrizione del numero dei servizi3. Il riordi-namento del personale e la ripartizione degli uffici del ministero furono definiticon r.d. 8 novembre 1901 n. 467. Gli istituti femminili vennero posti nell’ambitodella Divisione VII Educazione fisica e morale. Nell’intento di garantire «l’unitàdi indirizzo» necessaria ai «bisogni dell’educazione fisica e morale», furono infat-ti riuniti sotto «una medesima direzione» i convitti nazionali, tutti gli istituti edu-cativi in genere, nonché gli uffici sovrintendenti all’igiene scolastica e alla gin-nastica.

Con lo stesso decreto inoltre si istituirono tre commissioni permanenti acarattere consultivo e di coordinamento rispettivamente per le scuole seconda-rie, per l’istruzione primaria e normale e per gli istituti femminili, delle quali sistabilì composizione e attribuzioni con successivo decreto ministeriale dell’11gennaio 1903. Per quanto riguarda gli istituti femminili la commissione aveva, tra

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1898 n. 462 furono alternativamente stabilite: circoscrizioni definite e obbligo per le ispettricidi risiedere nella città di residenza ufficiale, circoli di ispezione determinabili di volta in voltasecondo le esigenze di servizio, circoscrizioni definite e facoltà di risiedere in città diverse dallaresidenza ufficiale.

1 R.d. 6 mar. 1881 n. 97 che approva i ruoli organici per il personale del Ministero dell’i-struzione pubblica e delle amministrazioni dipendenti.

2 R.d. 15 lug. 1901 n. 330, ruolo organico del Ministero dell’istruzione pubblica.3 Relazione a S. M. il Re e R. Decreto n. 467 sul personale dell’amministrazione centrale,

in «Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istruzione», 1901, p. 1884.

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Fonti per la storia della scuola

le altre, le seguenti attribuzioni: studiare e proporre al ministro riforme relativeall’ordinamento, ai programmi di studio e ai regolamenti degli istituti; esaminarele relazioni finali dei direttori; proporre le ispezioni da farsi ogni anno; esamina-re le proposte di acquisto di libri e materiale scientifico; esaminare le relazionidelle ispettrici per gli istituti di educazione femminile. La commissione dovevapoi presentare al ministro alla fine di ogni anno una relazione finale. Nella realtànon è dato sapere se la commissione funzionò davvero e in quale misura, per-ché negli archivi del ministero non si è conservata nessuna documentazione alriguardo. La commissione non risulta comunque molto vitale e longeva. Dueanni dopo la sua costituzione, infatti, ne scompare ogni traccia anche dal«Calendario generale del Regno».

Una seconda commissione con l’incarico di studiare le riforme da introdurrenegli istituti femminili pubblici di educazione venne in seguito costituita dalministro Orlando

1. Di questa commissione, che avrebbe dovuto poi tradurre la

riforma in un disegno di legge, rimane solo una scarna testimonianza nell’archi-vio del ministero

2.

Nel corso del decennio 1900-1910 l’assetto conferito all’amministrazione coldecreto del 1901 non subisce riforme di carattere generale, ma modifiche successi-ve che comportano la graduale ricostituzione delle direzioni generali. Questeinnovazioni non coinvolgono comunque la Divisione degli istituti di educazioneche continua a conservare una sua posizione autonoma nell’ambito del ministero.

Tale situazione rimane invariata fino al 1911 quando una ordinanza ministeria-le del 28 dicembre riorganizza la Direzione generale per l’istruzione primaria epopolare, già ricostituita nel 19053. Questa acquisisce le competenze sugli istitutifemminili insieme a quelle sull’istruzione magistrale, assumendo la nuova denomi-nazione di Direzione generale per l’istruzione primaria popolare e magistrale. Taleassetto segna solo una temporanea fase di passaggio alla successiva riorganizza-zione dei servizi dell’amministrazione centrale con la quale gli istituti femminili diistruzione e educazione vedono riconosciuta la loro identità di istituti di istruzioneanche secondaria ed entrano in via definitiva nell’ambito dell’istruzione media4.

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1 Con d.m. 1 dic. 1904. Un successivo decreto del 27 gennaio 1905 approvava la nomina dinuovi membri.

2 Cfr. ACS, MPI, Dir. gen. istruzione media, 1897-1910, b. 344, fasc. «1905. 19. P.G.». Nelfascicolo sono conservate le minute dei decreti di nomina e il carteggio intercorso tra il mini-stro Orlando e i membri della commissione, ma la documentazione relativa ai lavori, daglistudi preparatori alle relazioni e ai verbali delle adunanze, cui pure si fa riferimento nella corri-spondenza, non è conservata né risulta essere passata ad altre posizioni.

3 Con r.d. 1 gen. 1905 n. 21.4 Con una nuova ordinanza ministeriale del 20 giugno 1913 infatti «La Divisione IV della

Direzione generale della istruzione primaria, popolare e magistrale (istruzione magistrale - isti-

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Introduzione

Gli archivi del Ministero della pubblica istruzione che coprono il campodegli istituti femminili sono, come abbiamo detto, quelli pertinenti alla Direzionegenerale per l’istruzione primaria e popolare e alla Direzione generale per l’i-struzione media.

La documentazione contenuta in queste serie percorre la storia degli istitutiquasi senza lacune, e nella struttura, nel tipo variamente differenziato delle prati-che e degli affari man mano trattati, nella ricca e multiforme tipologia, rispecchiafedelmente l’ampliarsi o restringersi del raggio d’azione dello Stato e del control-lo amministrativo.

Più precisamente, per quanto riguarda la Direzione generale per l’istruzioneprimaria e popolare, la documentazione concernente gli istituti femminili è daricercarsi nelle due grandi serie relative agli anni 1860-1896 e 1897-1910, riguar-danti l’intero complesso degli affari trattati dai diversi uffici del ministero in suc-cessione preposti all’istruzione primaria e a quella normale. Accanto a questedue grandi serie di carattere generale sono di importanza fondamentale altre treserie pure facenti capo alla Direzione generale per l’istruzione primaria e popo-lare, ma specificamente pertinenti agli istituti femminili e relative complessiva-mente agli anni dal 1881 al 1902. Infine, per il primo decennio del ‘900, la docu-mentazione è da ricercarsi nell’archivio della Direzione generale per l’istruzionemedia.

La Direzione generale per l’istruzione primaria e popolare

La serie di maggior peso per consistenza quantitativa e di contenuti è quelladella Direzione generale per l’istruzione primaria e popolare relativa agli anni1860-1896, serie tradizionalmente conosciuta con la denominazione Divisionescuole primarie e normali 1, riconducibile all’ufficio produttore della documenta-zione all’epoca in cui questa passò all’archivio di deposito del ministero e quindiall’Archivio di Stato di Roma - Archivio del Regno.

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tuzioni ausiliarie dell’istruzione magistrale - educatorii - conservatorii - collegi e convitti femmi-nili per l’istruzione elementare e magistrale), cessa di far parte di detta Direzione generale ed èannessa alla Direzione generale per l’istruzione media col titolo di Divisione III» (cfr.«Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istruzione», 1913, p. 1798).

1 Questa denominazione, riportata nell’indicazione della segnatura archivistica dei docu-menti selezionati nell’antologia e nelle citazioni del presente volume, non è stata mantenutanella nuova redazione della Guida ai fondi dell’Archivio Centrale dello Stato. Aggiornamentoal giugno 2004, a cura di PAOLA CARUCCI (cfr. Avvertenza a p. 131, alla quale si rimanda per ladenominazione completa).

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Fonti per la storia della scuola

La serie, ancora perfettamente consultabile attraverso l’inventario sommarioredatto a suo tempo dall’Archivio di Stato di Roma, riguarda globalmente tutti icampi e le materie ricadenti nell’ambito dell’istruzione primaria e dell’istruzionenormale per gli anni dal 1860 al 1896.

La documentazione presenta una cesura nella sua organizzazione complessi-va corrispondente all’anno 1881. Per il primo periodo 1860-1880 l’archivio è strut-turato in settori corrispondenti alle diverse materie trattate, ai vari tipi di scuola oai campi di intervento dell’amministrazione, identificati ognuno da un titolo diclassificazione: all’interno di questi settori gli atti sono suddivisi in fascicoli relativiall’intero periodo, intestati ai capoluoghi di provincia e disposti alfabeticamente.La documentazione che riguarda gli istituti femminili è individuata dal titolo XVI,descritto nell’inventario dalla dicitura Educandati - collegi - istituti - scuole pie.

Dal 1881 l’organizzazione dell’archivio cambia. I fascicoli diventano annuali:per ogni anno si ripete la sequenza dei titoli di classificazione, rimanendocostante all’interno di ogni classe l’ordine geografico territoriale dei fascicoliintestati alle province. Inoltre si verifica un cambiamento nel titolario. Le materiee gli affari secondo cui viene classificata la documentazione sono individuati daposizioni diverse da quelle del precedente periodo 1860-1880. Nel caso deglieducandati e degli istituti femminili in genere, i titoli che li identificano sono il27 e il 28, verificandosi tuttavia nel corso degli anni una certa oscillazione nell’u-so delle segnature archivistiche.

L’archivio, soprattutto per la prima parte relativa agli anni 1860-1880, è unafonte ricchissima per quanto riguarda la storia degli interventi ministeriali nelprimo periodo dello Stato unitario: la tipologia della documentazione si collegaalle diverse iniziative poste in campo dall’autorità centrale nel tentativo prima ditutto di conoscere e poi di risolvere le difficoltà che derivavano dalla disparità disituazioni ereditate dalle realtà preunitarie. Ciò si manifesta sia attraverso inter-venti di controllo e riforma nei confronti dei pochi istituti dipendenti dal ministe-ro, come gli educandati governativi o i conservatori della Toscana, sia, ed è que-sto l’aspetto rappresentato in modo preponderante nella documentazione, attra-verso un’azione determinata a conoscere, a modificare e ad assoggettare alledirettive centrali le variegate forme di istituti non governativi, in primo luogoquelli appartenenti o diretti dall’autorità religiosa, universo a parte caratterizzatoda stilemi di vita inconciliabili con i principi del nuovo Stato laico.

La polimorfa documentazione presente nei fascicoli ci offre uno spaccatodel modo di lavorare al ministero nei primi anni dopo l’Unità, quando una strut-tura ancora agile e relativamente ridotta permetteva che tutti i minuti e nuovissi-mi problemi che si presentavano quotidianamente giungessero direttamente alministro e fossero trattati in un fitto scambio di corrispondenza che legava inmodo immediato il centro alla periferia e la periferia al centro, in una circolarità

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Introduzione

che ancora non conosceva interruzioni o dispersioni.I canali informativi lungo i quali viaggiava questa larga messe di notizie

erano costituiti dagli ispettori centrali e dalla fitta rete degli ispettori scolastici edei provveditori agli studi cui erano affidati i compiti di indagine conoscitiva e divigilanza disciplinare e didattica. La documentazione riflette questa inesaustaattività ispettiva che per tutto il primo decennio e oltre si svolge sia nella formadell’attività ordinaria, sia nella forma di ispezioni straordinarie, sia perché solle-citata dai frequenti richiami dell’amministrazione e dall’impulso esercitato dallecircolari di richiesta di notizie e di censimenti degli istituti non dipendenti dalministero. Tutti i fascicoli di questa prima parte relativa agli anni 1860-1880 siaprono di norma con una pratica generale e collettiva nella quale si trovano lerelazioni periodiche degli ispettori e dei provveditori agli studi o quelle inviatein risposta alle circolari ministeriali. Queste ultime si susseguono fittamentesoprattutto dalla metà degli anni Sessanta, in seguito alle leggi di soppressionedel 1866, fino alla metà degli anni Settanta, e sono volte a fare luce sulla realtàrappresentata dalle Opere pie e dagli istituti retti da associazioni religiose, neltentativo di regolarne l’attività educativa e didattica.

Ai prefetti, che fungono da filtro con i sindaci dei comuni, con le ammini-strazioni delle Opere pie e, nella veste di presidenti del Consiglio provincialescolastico, con le autorità scolastiche periferiche, vengono indirizzate richieste dinotizie con particolare riferimento al numero, alla denominazione e all’originedegli istituti, agli obblighi imposti dai fondatori, alla dipendenza amministrativa,agli insegnamenti e uffici, al numero delle alunne. I dati raccolti portano in talu-ni casi alla pubblicazione delle statistiche ufficiali, delle quali si può dunqueseguire nella documentazione il percorso formativo. Sulla base delle risposte deiprefetti il ministero compila degli specchi riassuntivi, non trascurando di rendereconto anche delle risposte negative, che sono tali non per mancanza assoluta diistituti da censire, si sottolinea, ma per carenza di mezzi.

Le risposte dalla periferia non hanno un andamento costante. Se ad esem-pio, nel 1869, alla circolare che chiedeva notizie sull’istruzione negli istituti dicarità1 risponde soltanto la metà delle prefetture, tre anni dopo, in occasione diuna nuova indagine di carattere generale su tutti gli istituti femminili non dipen-denti dal ministero2, praticamente quasi tutte le prefetture rispondono positiva-mente, inviando le relazioni cumulative e gli specchi statistici e riassuntivi.

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1 Circ. 21 giu. 1869 n. 248, Istruzione maschile e femminile negli istituti di carità, in ACS,MPI, Div. scuole primarie e normali 1860-1896, b. 56, fasc. «Titolo 16. Pratica gen.le e collettiva».

2 Circ. 1 apr. 1872 n. 343, Richiesta di notizie sugli istituti femminili non dipendenti dalMinistero della pubblica istruzione.

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Fonti per la storia della scuola

La documentazione contenuta nei fascicoli ci consente di entrare nei com-plessi rapporti che quotidianamente andavano configurandosi tra il centro e lamultiforme periferia, come pure di seguire i mutamenti e i ripensamenti checaratterizzano la formazione delle circolari ministeriali che poi saranno pubblica-te: le diverse stesure successive che possiamo trovare nei fascicoli ci permettonodi cogliere la ricerca del difficile equilibrio tra le opposte esigenze che spessostava dietro la redazione di un testo.

Dopo il 1870 le relazioni degli ispettori e dei provveditori lasciano il posto aquelle delle ispettrici. Per gli anni 1870-1872 sono presenti nei fascicoli le relazionisulle visite delle prime ispettrici straordinarie nominate dal ministro Correnti, edopo il 1875 cominciano ad affluire regolarmente agli uffici del ministero le rela-zioni delle ispettrici governative, il cui ufficio viene istituito con r.d. 21 marzo 1875.Con la nuova maggiore capacità di accesso all’interno degli educandati si amplia esi approfondisce il quadro che viene via via tracciandosi della varietà dei tipi diistituti esistenti e delle multiformi realtà locali, con affondi di grande acutezza sottol’aspetto psicologico, del costume e dell’ambiente sociale. Emergono condizioni divita soffocanti e retrive, situazioni di generale abbandono dell’istruzione, ambientidominati dai conflitti tra partiti laici e partiti clericali. Le relazioni sono fonte dinotizie sull’ambiente e sulla politica locale, sugli usi, sul costume, sulle caratteristi-che dei vari ordini religiosi, sull’arretratezza dei molti ancora caratterizzati dallaclausura o sulla modernità di altri che cercano di adeguarsi alle richieste governati-ve, ovvero sulle resistenze opposte dalle radicate realtà particolari ai tentativi dicambiamento. Queste relazioni, con i loro frammenti di vita vissuta, ci restituisco-no con l’immediatezza della cronaca tutta la varietà degli ambienti sociali e tutte ledisparità geografiche e di tradizioni storiche esistenti.

Le questioni fondamentali affrontate in questi anni dal ministero dal punto divista normativo e amministrativo trovano espressione e rilevanza nella stessaorganizzazione delle carte. Fascicoli specifici, o sottofascicoli individuati all’in-terno delle cosiddette pratiche generali, sono dedicati ai problemi di fondo costi-tuiti dalla riforma amministrativa dei conservatori della Toscana nel 1866-1867 edei Collegi di Maria nel 1871. Più tardi altre questioni, come l’approvazione delregolamento per il servizio delle ispettrici governative del 1883, costituisconoaltrettanti nuclei documentari bene individuati.

Ben rappresentato è il momento di passaggio nell’organizzazione dei con-servatori della Toscana in seguito al decreto del 1867, dalla nomina delle com-missioni amministrative all’approvazione dei nuovi regolamenti: il cambio diregime produce scompensi all’interno degli istituti e attriti con l’autorità religiosae con i consolidati equilibri politici locali, e trova continui ostacoli sulla strada diuna sua concreta applicazione, tutti aspetti che danno vita a un corposo carteg-gio tra l’amministrazione centrale e le direzioni degli istituti.

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Introduzione

Altre questioni ricorrenti che danno origine a cospicue corrispondenze delMinistero della pubblica istruzione con il Ministero di grazia e giustizia e con quel-lo dell’interno da una parte, e con le autorità periferiche dall’altra, sono legate alproblema dell’accertamento della reale indole giuridica di istituti retti da associa-zioni religiose o caratterizzati da una fisionomia sospesa tra l’Opera pia e l’istitutoeducativo. L’operazione, che ha per obbiettivo la sottrazione di tali istituti alla sferaprivata e la loro definitiva attribuzione amministrativa, si colloca sotto il segno diun processo di laicizzazione intrapreso con alterne fortune dal governo. In seguitoalla legge del 1866 e sull’onda dei due decreti del 1867 e del 1871 furono approva-ti diversi decreti di dichiarazione di pubblico istituto educativo nei confronti di isti-tuti per i quali furono ravvisate caratteristiche – in primo luogo l’originario e preva-lente scopo di educazione e di istruzione – tali da assimilarli ai conservatori dellaToscana, ponendoli così alla dipendenza del Ministero della pubblica istruzione.

Negli anni Settanta e Ottanta non pochi istituti vengono dichiarati, in seguitoa tali accertamenti, istituti pubblici educativi o enti morali dipendenti dalMinistero della pubblica istruzione. La documentazione ci dice anche che spessoper il ministero si tratta di un successo momentaneo. La dichiarazione del carat-tere pubblico e la dipendenza dal Ministero della pubblica istruzione fu infattioggetto di contestazione da parte degli istituti, Collegi di Maria in testa, i quali,per rivendicare la loro natura privata o di Opera pia, intentarono delle cause giu-diziarie che si protrassero negli anni. Se si scorrono i fascicoli della successivaserie della Direzione generale per l’istruzione primaria e popolare relativa aglianni 1897-1910 o della Direzione generale per l’istruzione media 1897-1910,come pure la raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti, si vedrà come alla con-centrazione di dichiarazioni di pubblici istituti educativi, verificatasi negli anniSettanta e Ottanta, in cui è più intensa la battaglia di laicizzazione condotta dalgoverno, corrisponda nel periodo a cavallo del ‘900 quasi un’altrettanta mole didecreti di revoca che restituiscono ai privati l’amministrazione degli istituti, oriconoscono a questi ultimi i caratteri dell’Opera pia.

Costituiscono necessariamente un cospicuo interesse per il ministero glieducandati governativi e regi ereditati dagli Stati preunitari. Questi istituti sonotitolari di corposi fascicoli articolati sistematicamente in sottofascicoli, a volteulteriormente suddivisi in sottounità relative a problemi specifici, secondo unoschema che si ripete in modo più o meno uniforme per tutti gli educandati. Gliargomenti posti in evidenza sono relativi alle leggi e ai regolamenti, all’ammini-strazione, al personale, all’ordinamento scolastico e disciplinare. Già dunquel’articolazione della documentazione secondo categorie configurate sta ad indi-care l’importanza che per ovvie ragioni si annetteva alla gestione degli unici isti-tuti direttamente dipendenti dallo Stato e il cui mantenimento gravava pratica-mente per intero sul bilancio del ministero. Per averne un’idea basta del resto

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Fonti per la storia della scuola

considerare la levatura di alcune delle personalità che furono coinvolte peraffrontare questioni fondamentali, come le riforme degli statuti organici e deiregolamenti, o per effettuare delle ispezioni straordinarie. Corposi sono i sottofa-scicoli relativi alla parte puramente amministrativa e economica, i quali possonoincludere problemi non secondari sulle condizioni fisiche dei locali. Larga partedel carteggio presente nei fascicoli tra ministero, presidenti dei consigli di vigi-lanza, prefetti, provveditori agli studi e consigli provinciali scolastici è consacra-to alle riforme e all’approvazione dei nuovi regolamenti, al conferimento deiposti gratuiti, alle nomine dei membri dei consigli di vigilanza, alla correttagestione finanziaria, al tentativo di introdurre un giusto equilibrio nel numerodel personale interno e un corretto impiego dei fondi a disposizione. La corri-spondenza e le relazioni presenti danno un quadro immediato dell’impatto avolte violento con le diverse realtà locali. Dalla lettura delle carte emerge adesempio la conflittualità quasi permanente tra amministrazione centrale e consi-gli di vigilanza, soprattutto per quanto riguarda il Meridione con gli educandatidi Napoli e di Palermo, per la retta amministrazione dei quali si invoca spesso eda più parti una maggiore e più diretta ingerenza dell’autorità governativa.

Nella seconda parte della serie che stiamo considerando, relativa al periodo1881-1896, cambiano in parte i contenuti della documentazione. L’esame dell’in-ventario rivela comunque anche per questa seconda parte l’emergere di alcunisnodi cruciali, come quello rappresentato dall’approvazione del regolamentoper il servizio delle ispettrici governative.

Dopo il 1885 diminuiscono notevolmente le relazioni delle ispettrici, d’ora inpoi presenti nei fascicoli per lo più solo se inserite in una pratica relativa a qual-che grosso problema di ordine amministrativo. A partire da questo anno circa lerelazioni sono infatti conservate per la quasi totalità nella serie degli istituti fem-minili di cui parleremo più avanti.

Molto rappresentata invece è tutta la sfera relativa alla trattazione degli affariamministrativi e del personale degli istituti direttamente dipendenti dal ministero,aspetto che trova del resto un riscontro anche dal punto di vista prettamentearchivistico, essendo riservato a questo settore un titolo di classifica apposito, il28, che circoscrive appunto gli affari relativi al personale rispetto alla totalità delladocumentazione concernente il settore degli educandati, identificata dal titolo 27.Alla posizione 28, originariamente riservata al personale e all’amministrazionedegli educandati governativi, furono ricondotti, a partire dagli anni Novanta,anche gli atti relativi al personale dei conservatori della Toscana e degli altri pochieducatori regi, coerentemente a quel processo di normalizzazione che nel corsodi quegli anni progressivamente andò a interessare tutti gli istituti più o menodirettamente dipendenti dal ministero e che individuava nella gestione del perso-nale uno degli elementi fondamentali dell’esigenza di funzionalità amministrativa.

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Introduzione

A partire dal 1897 la documentazione relativa agli educandati è da ricercarsinella serie della Direzione generale per l’istruzione primaria e popolare, relativaagli anni 1897-19101. Per quanto riguarda gli istituti femminili, la documentazio-ne ad essi relativa è presente solo fino al 1901. Per il periodo successivo dovràinvece essere ricercata, come vedremo, nella Direzione generale per l’istruzionemedia che nel 1913 assorbì le competenze sugli educandati.

Nella sostanza poco o nulla è cambiato riguardo alla struttura dell’archivio eai contenuti della documentazione rispetto agli ultimi anni della serie preceden-te. I fascicoli continuano ad essere annuali e la classifica in uso è sempre la stes-sa, senza apparente soluzione di continuità; se mai si sono accentuate alcunetendenze già in atto dalla prima metà degli anni Novanta, come la prevalenzadella documentazione relativa al personale e alla gestione economica e finanzia-ria degli istituti dipendenti dal ministero, non pochi dei quali vengono commis-sariati nel tentativo di risanarne le condizioni, o la presenza nei fascicoli intestatialle province siciliane di grossi incartamenti riguardanti le vertenze giudiziariecon i Collegi di Maria, vertenze che, come abbiamo visto, finiscono per lo piùper concludersi nello scorcio del secolo con una sconfitta del ministero e con ilriconoscimento degli istituti come Opere pie.

Le serie archivistiche degli istituti femminili

Una fisionomia assolutamente specifica presenta invece l’altra serie archivi-stica fondamentale nell’ambito delle fonti per gli istituti di educazione e di istru-zione: si tratta della serie, sempre afferente alla Direzione generale per l’istruzio-ne primaria e popolare, denominata Istituti femminili, Ispezioni e relazioni, lacui documentazione, relativa agli anni 1884-1902, fu versata all’Archivio di Statodi Roma - Archivio del Regno nel 1918 insieme ad altre due serie strettamentecollegate, Statuti e regolamenti e Notizie storico-statistiche.

La serie Istituti femminili, Ispezioni e relazioni è stata a lungo consultabile,prima che ne fosse fatta una inventariazione più analitica2, attraverso l’elencoredatto all’epoca del versamento. La fisionomia di questo complesso documen-tario è notevolmente interessante per diverse ragioni, che investono la sua gene-si e ragion d’essere e i modi con cui si connette alle altre serie dell’istruzione pri-maria che abbiamo sopra considerato.

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1 Per la denominazione completa della serie, v. Avvertenza a p. 131.2 La redazione del nuovo inventario, a cura di A.M. Sorge e D. Loyola, è del 2000: la docu-

mentazione è stata ricondizionata e la serie consta attualmente di 64 buste.

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Fonti per la storia della scuola

La costituzione della serie è connessa con l’esistenza e con le funzioni chevenne acquisendo, nell’ambito del ministero, l’Ispettorato centrale. La documen-tazione è infatti costituita dalle relazioni delle ispettrici governative che da uncerto momento in poi vennero trasmesse dalla Divisione per l’istruzione prima-ria e normale, poi Divisione per l’istruzione normale, gli educandati e i collegi,per essere esaminate dagli ispettori centrali.

Già nel 1881, col ruolo organico approvato con r.d. del 6 marzo n. 97, erastato creato dal ministro Baccelli un corpo di ispettori centrali. Questo prevedevaun ispettore generale e alcuni ispettori, il cui numero subì delle oscillazioni da unanno all’altro, dipendenti direttamente dal ministro e dal segretario generale.

L’ispettorato fu completamente ristrutturato nel 1893 ad opera del ministroMartini, con il r.d. 6 luglio n. 465 che approvava il nuovo ruolo organico e con ilregolamento 6 agosto n. 568 dello stesso anno. L’Ispettorato generale dell’istru-zione pubblica ebbe larghissimi poteri. Fu dotato di un proprio ufficio di segre-teria con un certo numero di impiegati e con un proprio archivio: l’art. 12 delregolamento recitava: «In quest’ufficio saranno ordinatamente conservati i regi-stri delle deliberazioni dell’Ispettorato, le relazioni degli ispettori e delle autoritàprovinciali, gli stati di servizio che l’Ispettorato verrà raccogliendo di tutto il per-sonale soggetto alla sua vigilanza e le carte relative, e i documenti e gli studi peri provvedimenti di ordine generale». In questo regolamento gli educandati fem-minili sono espressamente menzionati al comma E dell’art. 15, in cui sono elen-cate le competenze dell’ispettore capo: «[l’ispettore] regola secondo gli ordini delministro o in seguito al parere dell’ispettorato l’opera delle ispettrici per gli edu-candati femminili, e sopra le loro relazioni promuove i provvedimenti opportuninell’interesse di questi istituti».

L’Ispettorato generale ebbe appena il tempo di costituirsi che già il ministroBaccelli, con r.d. 18 gennaio 1894 n. 36, ne ridimensionava la portata.

Anche nel decreto del 1894 le ispettrici degli istituti femminili sono espressa-mente nominate, sia pure in una posizione non esclusiva: agli ispettori centrali,dipendenti direttamente dal ministro e dal sottosegretario di Stato, competeva tral’altro, singolarmente e collettivamente, «di esaminare le relazioni finali dei capidegli istituti, per tutto ciò che riguarda l’andamento generale e disciplinare degliistituti medesimi, e le relazioni degli ispettori scolastici circondariali e delle ispet-trici dei collegi femminili, raccogliendo in un sunto i provvedimenti più impor-tanti e più urgenti da comunicare al direttore capo della divisione da cui dipen-dono le scuole e i collegi visitati» (art. 8, punto d).

Poco tempo dopo il nuovo ruolo organico del 16 maggio 1895 n. 328 dellostesso ministro Baccelli aboliva anche questo regolamento. Il decreto stabilivainoltre (art. 4): «Gli ispettori saranno all’immediata disposizione del ministro chedeterminerà le loro attribuzioni presso i vari uffici». Alcuni ispettori centrali rima-

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Introduzione

sero dunque con mansioni diverse al ministero1. Per quanto emerge dalle cartedella serie Ispezioni e relazioni, la funzione di supervisione e di filtro esercitatanei confronti delle ispezioni negli istituti femminili andò via via consolidandosi,risultando anzi incanalata, sullo scorcio del secolo, in una precisa proceduraamministrativa2.

Mentre nei primi anni del loro ufficio, dunque, la corrispondenza delle ispet-trici intercorreva direttamente e autorevolmente con i ministri e con i capi-divi-sione, di norma si può affermare che, soprattutto nel pieno degli anni Novanta,il passaggio delle relazioni all’esame degli ispettori centrali sia ormai una proce-dura acquisita. Le relazioni delle ispettrici sono regolarmente visionate e vistatedagli ispettori centrali, come risulta dalle annotazioni autografe apposte a margi-ne delle relazioni stesse. Tracce del fitto passaggio di carte dalla divisione all’i-spettorato e viceversa rimangono nella corrispondenza d’ufficio: in genere ildirettore-capo invia l’incartamento all’ispettore centrale, la relazione e gli atti chela accompagnano vengono esaminati e valutati, e le lettere di risposta («in minu-ta e in copia») rinviate all’ufficio di provenienza per la firma3.

A questa fase di supervisione sistematica delle ispezioni agli istituti femminilicorrisponde inoltre una progressiva normalizzazione delle modalità delle visiteispettive e della redazione delle relazioni attraverso regolamenti e circolari.

Quando vennero chiamate dal ministro Correnti, alle prime ispettrici straor-dinarie furono consegnate, come unica falsariga da seguire per la loro opera divigilanza, le istruzioni agli ispettori scolastici delle scuole primarie del 28 feb-braio 18624.

Bisognerà aspettare il 1883, otto anni dopo l’istituzione dell’ufficio delle

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1 Per un rapido excursus sulle vicende dell’ispettorato cfr. la relazione al disegno di leggepresentato alla Camera dei deputati dal ministro Rava nella seduta del 2 febbraio 1907,Ispezioni didattiche e disciplinari nelle scuole medie, in «Bollettino ufficiale della pubblicaistruzione», 1907, pp. 3410-3417.

2 Dal 1898 d’altra parte risulta attribuito all’«ispettorato» un archivio-copisteria con un impie-gato addetto, ufficio che nel 1901, appena prima della soppressione dell’ispettorato, si trasfor-merà in una vera e propria segreteria. Cfr. «Annuario del Ministero della pubblica istruzione»,1898, p. 3; ibid., 1901, p. 2.

3 Dal 1896 circa appare anche un apposito modulo a stampa di accompagno ad ogni rela-zione, intestato alla Divisione per l’istruzione normale, gli educandati e i collegi e recante ladicitura «Elenco delle carte che si trasmettono all’Ispettorato centrale» con l’indicazione dellaposizione archivistica, della provincia, del numero di protocollo, della data e del numero dipartenza del documento. Segue quindi lo spazio per i dati relativi alla «descrizione delle carte»(data e numero progressivo delle relazioni secondo l’ordine di arrivo al ministero, il nome del-l’ispettrice governativa e il circolo di appartenenza, nome e sede dell’istituto visitato), la ragio-ne della trasmissione dei documenti («per esame e parere»), eventuali osservazioni.

4 Cfr. lettera di Cesare Correnti a Caterina Percoto del 5 aprile 1871, in ACS, MPI,Personale, 1860-1880, b. 1606, fasc. « Percoto Caterina » (doc. 24a).

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Fonti per la storia della scuola

ispettrici governative, per avere il primo regolamento specifico1 per le visiteispettive agli educatori e istituti femminili del Regno. Il regolamento del 1883venne a disciplinare con norme precise la procedura da osservarsi nei confrontidell’autorità scolastica centrale e periferica, gli elementi da considerare sotto ilprofilo dell’istruzione, dell’educazione, dell’igiene, quelli da accertare in occa-sione della visita, come le condizioni economiche dell’istituto, la sua natura giu-ridica, lo stato del personale. Per quanto riguarda più propriamente le relazioni,il regolamento si limitava a indicare l’obbligo della stesura di un rapporto perogni istituto, di un rapporto complessivo annuale e dell’indicazione di determi-nati dati di carattere statistico.

Il regolamento del 1883 era stato tuttavia preceduto da una lettera circolaredel 9 gennaio 1882 indirizzata alle ispettrici governative2 in cui quest’ultimoaspetto veniva più dettagliatamente definito. La circolare insisteva soprattutto sullato dell’utilità pratica delle relazioni. Il ministro raccomandava infatti prima ditutto che, per risultare «praticamente utili», le relazioni dovessero essere redattecon «la maggiore possibile sobrietà di parole». Quindi si invitava a esaminare inpari grado l’aspetto dell’educazione come quello dell’istruzione e si definivano ipunti da toccare nello specchio dimostrativo da unire alle relazioni: stato dellocale; idoneità delle maestre, considerando separatamente l’aspetto dell’educa-zione da quello dell’istruzione; stato del materiale scolastico, scientifico e nonscientifico; stato sanitario generale delle alunne e media delle malattie prevalentiecc. Il fine di utilità pratica veniva ribadito anche per i rimedi da proporre nelcaso di situazioni particolarmente infelici ed era sotteso alla raccomandazione dicompilare una relazione per ogni singola visita ispettiva e sempre in ogni casoprima di lasciare il luogo dell’ispezione, per conservare «viva e distinta l’impres-sione delle cose osservate».

La materia venne nuovamente affrontata nel 1889 con un regolamento3 chein parte riconfermava e in parte ridefiniva i vari punti di quello del 1883. Rispettoal precedente il regolamento del 1889 individuava poi con maggiore certezza,includendoli tutti nell’ambito dell’attività di controllo delle ispettrici, la variegatatipologia degli istituti femminili sottoposti alla vigilanza del Ministero della pub-blica istruzione («orfanatrofi, ricoveri, pie case, famiglie, collegi, educatori, con-servatori, ritiri, istituti, regi educandati e convitti annessi alle scuole normali») e

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1 Regolamento per la visita delle ispettrici governative negli educatori ed altri istituti fem-minili approvato con r.d. 4 gen. 1883 n. 1224.

2 Della circolare esiste un esemplare manoscritto conservato in ACS, MPI, Div. scuole pri-marie e normali, 1860-1896, b. 184, fasc. «1883. 27. Pratica generale. 1»; non risulta pubblicatanel Bollettino ufficiale del ministero.

3 Regolamento per le visite ai convitti femminili aventi scopo educativo approvato con r.d.21 mar. 1889 n. 6045.

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Introduzione

la loro appartenenza giuridica (Stato, province, comuni, enti morali, privati).In questo periodo, a cavallo degli anni Ottanta e Novanta, il ministero porta

dunque avanti un’azione rivolta a una normalizzazione generale, che si manife-sta, oltre che nella regolamentazione del sistema delle ispezioni – e nel corsodegli anni Novanta saranno frequenti i richiami, attraverso varie circolari, allascrupolosa osservanza delle regole – anche stabilendo una regolare comunica-zione con il centro sull’andamento dei vari istituti dipendenti dal ministero, tra-mite l’invio delle relazioni annuali delle direttrici e dei presidenti delle commis-sioni amministrative e dei consigli di vigilanza e tramite il passaggio delle stesseal filtro dell’ispettorato centrale. Nella serie Ispezioni e relazioni sono infatti rac-colte anche le relazioni finali delle direttrici degli educandati pervenute in gene-re regolarmente per tutti gli istituti dipendenti dal ministero dal 1889 al 18991.

Nei fascicoli, insieme alle relazioni delle direttrici, si trovano talvolta allegatianche i programmi d’esame, i verbali delle sedute con i titoli dei temi svolti e irisultati delle prove sostenute. Sono inoltre presenti saltuariamente anche le rela-zioni del medico provinciale, a riprova della crescente importanza che vieneassumendo nell’ambito dell’istruzione pubblica l’aspetto dell’igiene scolastica edella salute: notevole l’attenzione prestata alla corretta disposizione e organizza-zione dei locali secondo la funzione e lo scopo, alla giusta alternanza delle ore distudio e di lavoro con quelle di riposo e di ricreazione, al moto e alla ginnastica.

Sono tuttavia proprio le relazioni delle ispettrici governative che costituisco-no la parte più rappresentativa della serie che stiamo considerando. Accanto allerelazioni sulle singole ispezioni, sono presenti anche le relazioni finali che leispettrici erano tenute a compilare in base al regolamento, alla fine di ogni annoscolastico, traendo le fila del giro di visite nel suo complesso e cercando di dareun quadro sintetico delle condizioni e dello stato degli istituti femminili di ogniprovincia, dei problemi fondamentali emergenti e delle linee di sviluppo daseguire. Con tale disposizione il ministero aveva inteso conferire «una finalità piùlarga», come ricordava una circolare del 19 luglio 18932, all’opera delle ispettrici.

Dal complesso della documentazione emergono i rapporti tra l’amministrazio-ne centrale, le ispettrici e l’autorità scolastica periferica e i modi con cui viene inconcreto svolto il lavoro delle ispettrici stesse. In base al regolamento, questedevono all’inizio di ogni anno scolastico presentare al ministero, insieme al pro-spetto di quelli ispezionati l’anno precedente, l’elenco degli istituti che intendono

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1 L’invio di relazioni finali al ministero era già stato stabilito dal r.d. del 16 ott. 1867 perquanto riguardava le commissioni amministrative dei conservatori della Toscana e quindi erastato esteso a tutti gli istituti femminili di istruzione e educazione dipendenti direttamente dalMinistero della pubblica istruzione con il decreto del 29 giugno 1883 n. 1514.

2 Circ. 19 lug. 1893 n. 88, Relazione annuale sulle ispezioni eseguite negli educandatifemminili, in «Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istruzione», 1893, p. 1379.

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visitare all’interno della propria circoscrizione. Trapela spesso la carenza di noti-zie basilari e la difficoltà di avere una buona circolarità delle informazioni. Leispettrici spesso si lamentano di non poter disporre di elenchi realmente com-pleti di tutti gli istituti presenti nella loro circoscrizione, per poter poi in seguitostabilire con cognizione di causa le priorità e la frequenza delle visite. È spessoinfatti il provveditore agli studi, il quale dovrebbe fornire le informazioni alleispettrici, il primo a non possedere, per le note difficoltà di controllare e percor-rere tutti i canali conoscitivi, un quadro completo della situazione esistente nellapropria provincia.

Nello stabilire le mete e le priorità delle loro visite le ispettrici hanno comun-que una certa discrezionalità nell’ambito delle indicazioni di massima stabilitedal ministero. Questa si fonda non solo sul loro giudizio personale in merito allanecessità di un istituto di essere visitato e alla frequenza da osservare nelle ispe-zioni, anche perché di rado le condizioni sono tali da poter consentire dei pro-grammi basati su una razionale disamina delle necessità reali. Spesso acquistanoun peso anche motivi di ordine meramente pratico: le ispettrici cercano adesempio di stabilire i giri di visite organizzando le trasferte nei mesi più propiziai viaggi e conservando per gli altri mesi i collegi situati nella propria residenza;oppure compiono un’ispezione, se è nella propria residenza, a più ripresedurante l’anno, tenendo conto dei bisogni locali e del tempo lasciato libero daigiri nelle altre province. Il tempo mediamente impiegato per un’ispezione è didue giorni circa, ma ci sono casi in cui un’ispettrice dedica ad un particolare isti-tuto fino a dieci giorni di tempo; le ispezioni vengono effettuate in linea di prin-cipio a intervalli regolari, ogni due o tre anni, ma il tempo stabilito in teoria dalministero per compiere il giro completo di un intero circondario si rivela a voltesufficiente per una sola provincia. Alcune ispettrici compiono inoltre di propriainiziativa visite anche al di fuori e in più rispetto al giro regolare di ispezione sta-bilito dal ministero, oppure, oltre ai giri ispettivi, svolgono un’attività ordinarianel luogo di residenza, come assistenza agli esami in qualche scuola, partecipa-zioni a commissioni di concorso, sorveglianza quasi giornaliera esercitata su alcu-ni importanti istituti, lavoro quest’ultimo che, come si preoccupano di far sapereal ministero, non emerge, non traducendosi mai concretamente in relazioni.

Le relazioni vengono attentamente lette dai funzionari e dagli ispettori cen-trali, come risulta dalle frequenti annotazioni a margine. Sono appunti presi suqualche passo saliente, sui quali costruire poi la risposta all’ispettrice o la letteracon le istruzioni da inviare al prefetto, o commenti, ora più articolati, ora lapida-ri, suscitati dalle notizie fornite dalle ispettrici, o dalle loro personali riflessioni inmerito a qualche problema. Sono comunque notazioni che restituiscono conimmediatezza proprio la prima impressione suscitata dall’atto della lettura, che sipuò quindi quasi cogliere in contemporanea, e che svela altresì quello che è l’at-

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Introduzione

teggiamento anche psicologico del funzionario, le sue opinioni personali e i suoigiudizi sul valore o meno dell’ispettrice. A volte alcune vengono richiamate auna più scrupolosa osservanza dei dettami ministeriali nello stendere le relazionio nel fornire tutti i dati richiesti o, di fronte a relazioni ritenute troppo telegrafi-che o ripetitive, vengono invitate a uno sforzo di maggiore approfondimento.Altre, invece, tenute in maggior considerazione per la capacità di giudizio,diventano col tempo un punto di riferimento costante e privilegiato.

Le raccomandazioni degli ispettori, quali emergono dalla corrispondenzad’ufficio, riguardano in primo luogo l’osservanza delle disposizioni ministerialiper l’insegnamento elementare e la conformità dei programmi di studio all’ordi-namento dell’istruzione pubblica. Altrettanta importanza viene attribuita all’indi-rizzo educativo vero e proprio, in quanto considerato lo scopo specifico e giusti-ficativo dell’esistenza degli educandati. In merito a ciò, con l’avanzare del secolosi intensificano le voci a favore di quello che viene definito l’avviamento a «unsano indirizzo della vita», dando a questa espressione un’accezione principal-mente di carattere pratico e «casalingo», con l’invito quindi a sviluppare maggior-mente lo studio della pedagogia e dell’economia domestica1. Con tali circolari ilministero intendeva richiamare l’attenzione sul carattere distintivo dei convittifemminili2, ponendo l’accento sulla loro funzione di sostituti delle famiglie delleeducande e quindi sul loro fine eminentemente educativo «nel più largo e com-pleto significato della parola». Alla fine del secolo la preoccupazione del ministe-ro sembra essere quella, dettata anche dalla concorrenza dei nuovamente vitaliistituti religiosi, di ricondurre l’istruzione femminile impartita negli educandatientro confini più accessibili alle diverse condizioni sociali dell’utenza, e in gene-re ad una più rassicurante fisionomia domestica3.

Parallelamente appare sempre crescente l’attenzione del ministero alla tuteladella salute delle educande sia sotto il profilo delle condizioni prettamente ambien-tali e igieniche dei locali, sia attraverso l’esercizio della ginnastica, vista quest’ultimanon solo sotto l’aspetto medico e curativo, ma sotto quello più genericamente edu-cativo, atto a controbilanciare «un talvolta troppo intenso [...] lavoro intellettuale»

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1 Cfr. la circ. n. 59 del 14 set. 1897 ai provveditori agli studi, ai presidenti delle commissioniamministrative degli educatori e conservatori femminili, alle ispettrici governative suL’educazione negl’istituti femminili, in cui tra l’altro si esprime «vivo rincrescimento» per il fattoche «gl’istituti destinati alle giovinette male adempiano il proprio compito proponendo quasiunica meta alle occupazioni e ai desideri di esse il diploma d’abilitazione all’insegnamento ele-mentare», in «Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istruzione», 1897, citata.

2 Vedi in particolare la circ. 1 gen. 1899 n. 8, Azione delle ispettrici governative negli educa-tori femminili, in «Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istruzione», 1899, pp. 73-74.

3 Cfr. ad esempio la circ. 12 set. 1898 n. 75 del ministro Boselli su Il lavoro educativo, in«Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istruzione», 1898, pp. 1683-1690.

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considerato particolarmente nocivo per l’armonico sviluppo della donna1.Osservanza dei programmi di studio governativi; conseguimento del giusto

equilibrio tra studio, lavoro, riposo; rispetto dell’igiene ambientale e personale;cura della salute fisica e morale; inibizione delle tendenze ascetiche in non pochicasi ancora imperanti e viceversa incoraggiamento per uno stile di vita dal carat-tere più pratico e concreto: sono questi dunque i campi in cui si manifestano leintenzioni ministeriali. Quando le relazioni delle ispettrici offrono motivi di allar-me l’azione si esplica decisamente attraverso il ricorso all’autorità scolastica peri-ferica: il ministero decide se ordinare ispezioni supplementari da parte dei prov-veditori agli studi, generalmente per quanto riguarda l’aspetto esclusivamentedello studio, oppure, nei casi più gravi, si rivolge direttamente al prefetto per gliopportuni provvedimenti amministrativi e per interventi diretti in merito alle con-dizioni igieniche, morali e disciplinari. In questi casi quello che viene ribadito,soprattutto nei confronti dei consigli direttivi e delle commissioni amministrativedegli istituti, è la volontà del governo di non «abdicare alla suprema vigilanza sututti gli istituti educativi pubblici e privati e di qualunque natura sieno»2.

Nel suo complesso la serie Ispezioni e relazioni è una serie di particolareinteresse per le innumerevoli occasioni di studio e ricerca che offre. Un insiemecosì omogeneo di documenti sotto l’aspetto tipologico, dell’occasione che lo haprodotto, della struttura stessa, e nello stesso tempo così articolato nella sogget-tività che esprime, presenta una messe infinita di letture da diverse angolazioni.Se infatti il punto di vista è quello particolare e autorevole dell’apparato ammini-strativo centrale, attraverso le voci dei suoi funzionari, nella fattispecie le ispettri-ci governative, tuttavia l’universo scolastico al quale si rivolge lo sguardo è estre-mamente variegato, complesso, multiforme nelle sue numerosissime realtà localie specifiche, e la maniera stessa di guardare muta poi da soggetto a soggetto,contribuendo il tutto a dar vita a quel mosaico di microcosmi che scaturisce dal-l’intero corpus delle relazioni ispettive.

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1 Circolare ai provveditori agli studi e alle direzioni dei regi convitti ed educatori femminilia firma del ministro Boselli, Della ginnastica curativa nei convitti ed educatori femminili, in«Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istruzione», 1888, pp. 385-386. Per quantoriguarda in particolare gli istituti di beneficenza, in cui è preminente la parte consacrata al lavo-ro, si raccomanda per l’insegnamento l’orario voluto dai regolamenti, in adempimento dellalegge 15 luglio 1877 sull’istruzione elementare: la circ. 20 feb. 1889 n. 878, Modalità relative airegolamenti e programmi dei convitti di educazione femminile, vietava, per il periodo di istru-zione obbligatoria, di «occupare le fanciulle in lavori muliebri o professionali allo scopo dilucro, sia per conto proprio, sia a vantaggio dell’istituto» (cfr. «Bollettino ufficiale del Ministerodella pubblica istruzione», 1889, pp. 199-201).

2 Cfr. ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione primaria e popolare, Istituti femminili, Ispezionie relazioni, 1884-1902, b. 51, fasc. 104, lettera del ministro al prefetto di Reggio Calabria, 1°settembre 1892.

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La seconda serie pertinente agli istituti femminili di istruzione è quella deno-minata Statuti e regolamenti. Si tratta di una serie di 39 buste, in sé omogenea,relativa agli anni 1881-1902, formatasi in seguito a una precisa occasione: unarichiesta del ministero agli istituti educativi e di istruzione di trasmettere unacopia dello statuto organico e del regolamento interno in vigore. La circolare,inviata dalla Direzione generale per l’istruzione primaria e normale nel maggio1899 a tutti indistintamente gli istituti, collegi e convitti di conoscenza del mini-stero, a prescindere dalla categoria, rivestiva carattere di urgenza, come si dedu-ce dal tono delle risposte pervenute. Si può supporre che tale carattere di parti-colare urgenza fosse dovuto alla necessità, da parte dell’amministrazione, dientrare in possesso di elementi il più possibile recenti e aggiornati in vista del-l’ampia indagine, allora in atto, che avrebbe portato alla prossima pubblicazionedella statistica sugli istituti femminili a cura dell’allora direttore capo dellaDivisione per l’istruzione normale, gli educandati e i collegi Giuseppe Castelli.

La richiesta venne indirizzata a tutti gli istituti la cui esistenza era nota alministero grazie alle notizie raccolte nell’arco di quarant’anni di visite ispettive.Per ogni istituto che rispose alla circolare fu creato un fascicolo apposito: oltreagli educandati governativi e agli istituti dipendenti dal ministero come i conser-vatori della Toscana e i Collegi di Maria, sono presenti nella serie tutti i tipi diistituto: Opere pie e istituti privati, istituti laici e istituti religiosi, educandati, orfa-notrofi e ritiri, istituti professionali. La serie include anche i convitti annessi allescuole normali.

I fascicoli sono ordinati alfabeticamente non, come di consueto, in base allaprovincia, ma secondo il comune sede dell’istituto. All’interno la corrispondenzaè praticamente assente; solo saltuariamente è presente la lettera di trasmissionedello statuto o del regolamento. Nei casi degli educatori governativi o dei con-servatori della Toscana i fascicoli sono più corposi, contenendo le copie dei varistatuti e regolamenti succedutisi negli anni, già in possesso dell’amministrazione;in qualche caso inoltre sono presenti prospetti del personale interno, corrispon-denza relativa all’approvazione dei regolamenti, fogli e ritagli di giornali locali.Per la miriade degli altri istituti invece, il regolamento, lo statuto o più spesso ilprogramma presente in questa serie è l’unico elemento che ne attesta l’esistenzae connota in qualche modo la fisionomia.

La tipologia dei documenti è dunque rappresentata da statuti organici, rego-lamenti interni a stampa o manoscritti, estratti e copie autentiche delle tavole difondazione, notizie e programmi illustrativi, a stampa o manoscritti, destinatiprincipalmente all’utenza. Si può dire che, in genere, mentre le Opere pie risul-tano quasi sempre in grado di esibire uno statuto o un regolamento interno astampa, approvato regolarmente dalla Deputazione provinciale o dal Ministerodell’interno, per gli istituti privati laici e gli educandati tenuti da associazioni

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religiose questi documenti mancano quasi sempre, oppure si fa riferimento aun regolamento comune per tutte le case appartenenti all’ordine. Al loro postovengono spesso inviati dei documenti ibridi, che mescolano indifferentementedisposizioni statutarie e regolamentari, o dei «programmi», come sono intitolatio definiti nelle lettere di accompagno, per mezzo dei quali vengono fornitenotizie e informazioni tali da poter orientare favorevolmente il giudizio e lescelte del pubblico.

Tali programmi, sulla cui totale affidabilità dunque è lecita qualche riserva,possono essere sia a stampa che manoscritti. Spesso privi di data, sono per lopiù costruiti secondo uno schema ricorrente che prevede un cappello introdut-tivo di presentazione della località e illustrativo dello scopo dell’istituzione edegli obiettivi che si intendono perseguire. Ai fini generici di fare delle giova-nette buone spose e buone madri di famiglia a volte si sommano obiettivi piùambiziosi, anche se non meno vaghi: come «informare il cuore e la mente alculto della virtù e della scienza», o istradare «le fanciulle nella via del vero, delbuono e del bello», con frequenti richiami alla necessità per la donna, «neitempi attuali», di essere utile alla famiglia e alla società. Seguono in genere deiparagrafi relativi ai programmi di insegnamento, alle regole di ammissione, altrattamento e al corredo. Essendo questi programmi quasi tutti della fine deglianni Novanta, alcuni elementi fondamentali sono ormai pressoché universal-mente accolti: i programmi di studio si conformano tutti a quelli governativi perle scuole elementari, molti corsi perfettivi «sono modellati su quelli delle scuolepreparatorie alle normali» e, se non sono presenti in alcuni casi corsi normaliregolarmente autorizzati, spesso si sottolinea che le allieve vengono preparate asostenere gli esami di patente elementare. Non si parla più solo di lavori don-neschi, ma di corsi di economia domestica. Una certa enfasi inoltre viene postasull’aspetto igienico-sanitario, con riferimenti alla salubrità del luogo, alla razio-nalità e modernità dei locali, alla pratica abituale della ginnastica e alla frequen-za delle passeggiate all’aria aperta. Viene sempre fornita l’indicazione dei corsifacoltativi di ornamento, degli orari, delle vacanze.

La terza serie riguardante gli istituti femminili di istruzione è denominatacon il titolo Notizie storico statistiche, così come indicato nell’elenco di versa-mento. Si tratta complessivamente di 16 volumi: i primi dieci, intitolati Notiziesugli istituti femminili, costituiscono la raccolta dei moduli che furono inviatidal ministero, attraverso la mediazione dei prefetti e dei sindaci, ai vari istitutinel 1896, e da questi restituiti aggiornati al 18971. A questi primi dieci volumi

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1 I moduli, intestati Notizie sugli istituti femminili di educazione, con annesso convitto(Educandati, conservatori, orfanatrofi, istituti per le cieche e le sordomute) e firmati dal presi-

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della serie fanno da corredo altri tre volumi, costituiti da fogli sciolti, che rac-colgono i dati riassuntivi degli istituti per ogni provincia sulla base delle noti-zie pervenute al ministero. I dati rilevati sono aggiornati al 1899 per gli statutiorganici e i regolamenti interni. L’insieme di tutti questi volumi costituisce ilmateriale utilizzato per la pubblicazione della statistica del Castelli nel 1900.

Gli ultimi tre registri, invece, sembrano piuttosto pensati per rispondere aibisogni interni d’ufficio e sono da ricollegarsi più direttamente alla serieIspezioni e relazioni sopra considerata. I tre volumi sono in realtà compilati soloin minima parte e solo per poche province: le notizie riportate sono relative allevisite ispettive compiute nel periodo 1892-1898. La percentuale degli istituti con-siderati è così ridotta che questi registri non consentono di trarre indicazioni sul-l’andamento delle visite, né per altro è dato sapere quando le lacune sono dovu-te a effettiva mancanza di ispezioni e quando al mancato lavoro di trascrizionedei dati. Oltre ai dati sintetici relativi al contenuto delle relazioni delle ispettrici,sono riportati in taluni casi i riferimenti alla corrispondenza intercorsa con lestesse ispettrici o, più spesso, con il provveditore della provincia o con il prefet-to sui provvedimenti da prendere in relazione alle notizie pervenute sugli istituti.Si tratta quindi di registri concepiti ad uso interno dell’ufficio, come raccolta didati che servono all’amministrazione relativamente ai propri provvedimenti1.

La Direzione generale per l’istruzione media

Per il primo decennio del 1900 infine la documentazione relativa agli istitutifemminili è contenuta nella serie della Direzione generale per l’istruzione mediarelativa al periodo 1897-19102. Gli anni effettivi di apertura e di chiusura delladocumentazione che ci interessa sono in realtà il 1901 e il 1910 e circoscrivono

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dente della commissione amministrativa, o dalla direttrice dell’istituto, e dal provveditore aglistudi della provincia, riportano dati riguardanti: un aspetto anagrafico (denominazione e sededell’istituto, notizie sulla sua fondazione, dipendenza dell’istituto per la parte amministrativa,data dello statuto organico e del regolamento), un aspetto economico (stato patrimoniale del-l’istituto, assegni fissi - dello Stato, della provincia, del comune, di enti o di privati, bilancio atti-vo e passivo, posti di favore) e un aspetto più propriamente didattico (scuole, insegnamentifacoltativi, numero delle alunne iscritte, interne e esterne, personale dirigente e insegnante,ecclesiastico e laico, stato del locale e del materiale didattico).

1 Ricordiamo che presso l’Archivio centrale sono conservati anche alcuni volumi conte-nenti i decreti del personale degli istituti femminili relativamente a determinati anni: Decretidel personale dei conservatori femminili (1896); Decreti del personale degli istituti femminili(1898-1900); Decreti del personale degli educatori femminili (1909-1910); Decreti del perso-nale del Collegio-convitto di Anagni (1899-1913).

2 Per la denominazione completa della serie, v. Avvertenza a p. 131.

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dunque il periodo in cui le competenze sugli istituti di educazione, e in particola-re sugli istituti femminili, furono trattate, in seguito alla soppressione delle direzio-ni generali nel 1901 ad opera del ministro Nasi, dalla Divisione VII (Educazionefisica e morale) fino al 1904 e poi dalla Divisione VIII (Istituti di educazione). LaDivisione VIII continuò ad avere una propria autonomia e un archivio proprioanche dopo che furono ricostituite le tre direzioni generali per l’istruzione supe-riore, media e primaria. Nel 1913, dopo un rapido transito nella Direzione genera-le per l’istruzione primaria e magistrale, le competenze sugli istituti femminili,accorpate con quelle sulla scuola normale, passarono alla Direzione generale del-l’istruzione media, che raccolse le attribuzioni su tutte le scuole postelementari.

La serie fu versata all’Archivio di Stato di Roma - Archivio del Regno nel1927, come attesta l’elenco di versamento che allora fu compilato. Si tratta di 481buste in totale, comprendenti documentazione relativa a tutti i tipi di scuolasecondaria, dall’istruzione classica a quella normale, dagli istituti tecnici e nauticiai convitti nazionali. L’organizzazione delle carte è piuttosto articolata e rispec-chia i mutamenti istituzionali di quegli anni nell’amministrazione centrale. Latrattazione degli affari è annuale o per gruppi di anni. Per quanto riguarda glieducandati i fascicoli (contenuti in 78 buste) sono intestati, come di consueto,alla provincia e, nel caso degli educandati governativi, anche all’istituto. I fasci-coli sono a loro volta ordinati alfabeticamente secondo un triennio iniziale 1900-1903, quindi per anno e infine per il quadriennio 1906-1910. Questa particolaredivisione per anni e gruppi di anni non è casuale, ma segue i mutamenti e i pas-saggi delle competenze relative agli istituti femminili. In parallelo cambia infattianche il sistema di classificazione1.

Per quanto riguarda i contenuti della documentazione, questi si sono ormaiprecisati intorno ad aspetti di carattere chiaramente amministrativo e di gestionedegli istituti e del personale: siamo lontani da quella varietà e ricchezza di argo-menti e di situazioni caratteristica degli archivi della Direzione generale per l’i-

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1 Per il triennio 1901-1903 le competenze relative agli istituti femminili di istruzione vengo-no trattate, insieme a quelle dei convitti nazionali e dei convitti in genere, dalla sezione II dellaDivisione VII - Educazione fisica e morale: la classificazione prevede un titolo unico (Tit. 6) pertutti i tipi di istituto, a volte con una specifica attributiva riferita, secondo i casi, a scuole, perso-nale, concorsi, posti gratuiti. Dal 1904-1905 l’attribuzione delle competenze sugli educandatidiventa esclusiva di una sezione nell’ambito della Divisione VIII, alla quale erano passate lecompetenze sugli istituti di educazione, e il sistema di classificazione si ridefinisce con unaserie di titoli specifici per le diverse tipologie di istituti trattati dal ministero: una posizionecomune ai conservatori della Toscana e a tutti gli altri istituti dipendenti direttamente dal mini-stero, e una posizione specifica per ogni educandato governativo. A partire dal 1906 inoltrevengono indicati singolarmente con una posizione propria anche alcuni istituti ai quali erastato nel frattempo riconosciuto lo stato giuridico di istituti pubblici educativi.

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struzione primaria e popolare e delle serie degli Istituti femminili. Scorrendo gliincartamenti si nota un progressivo specializzarsi degli affari trattati intorno adalcuni argomenti principali e soprattutto ad un certo tipo di istituti. Sono presentiinfatti pratiche relative in primo luogo ai conservatori della Toscana, agli istitutipubblici educativi che sono via via rientrati sotto la dipendenza del Ministerodella pubblica istruzione, e in misura minore agli educandati governativi. Scarsase non nulla invece la documentazione riguardante gli educandati tenuti daassociazioni religiose o da Opere pie. È questo il segno che ormai i tempi sonocambiati. Del resto si è ormai trasformato anche il sistema delle ispezioni.

Con la legge n. 689 del 24 dicembre 1904 viene infatti soppresso l’ufficio diispettrice per gli istituti di educazione femminile ed approvato un ruolo unicodegli ispettori scolastici. In base all’art. 3, ora «le donne possono essere nomina-te ispettrici scolastiche con le stesse norme e con le stesse funzioni degli ispetto-ri occupando il loro posto nel nuovo ruolo organico». Per le ex ispettrici gover-native viene ammessa la possibilità di passare nel nuovo ruolo degli ispettoriscolastici se «riconosciute, per la capacità, l’attitudine e i risultati del servizio pre-stato, idonee al nuovo ufficio» (art. 7). Rispetto alla precedente posizione la figu-ra dell’ispettrice subisce quindi, con questo passaggio nel nuovo ruolo organicocomune, un ridimensionamento in quanto vede limitata d’ora in poi la sua sferad’azione alle sole classi elementari. È quanto stabilisce chiaramente il successivoregolamento d’applicazione, approvato con r.d. 19 aprile 1906 n. 350, il quale –introducendo per altro l’obbligo del concorso per esami e titoli per l’accesso neiruoli – tra le altre attribuzioni demanda espressamente alle ispettrici la visitadegli «educandati e collegi femminili limitatamente all’istruzione elementare esubelementare e all’andamento interno».

Questi cambiamenti si rispecchiano puntualmente nella documentazionearchivistica. Le poche relazioni di visite ispettive che si trovano nella serie dellaDirezione generale dell’istruzione media si concentrano negli anni iniziali 1901-1903 e sono relative quasi esclusivamente ai conservatori della Toscana, spessodi commento alle relazioni delle direttrici degli istituti. L’ultima relazione redattada un’ispettrice governativa, e unica per quell’anno, è del 1904. Per gli anni suc-cessivi mancano pressoché totalmente. I casi invece in cui si hanno relazioni piùcomplesse e articolate sfuggono all’amministrazione ordinaria e sono il risultatodi incarichi straordinari affidati individualmente1.

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1 È il caso dell’ispezione straordinaria compiuta nel biennio 1901-1902 da Caterina Pigorini-Beri sugli istituti di beneficenza di Torino e di Roma (cfr. ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzionemedia, 1897-1910, b. 301, fasc. «6. Collettive. Scuole. Ispezioni agli istituti di beneficenza dellacapitale e Torino»; la relazione sugli istituti di Torino venne pubblicata nel «Bollettino ufficialedel Ministero dell’istruzione pubblica», 23 luglio 1903, n. 30, pp. 1161-1213), e di quelle più tardeaffidate a Dora Melegari, ad Emma Calvo e ad Ernesta Dal Co Viganò (v. docc. 68, 70 e 74).

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Fonti per la storia della scuola

Maggiore attenzione che in precedenza viene inoltre dedicata dall’ammini-strazione all’istruzione di carattere professionale. Ciò trova del resto riscontroanche a livello legislativo. Con legge 25 maggio 1913 n. 517, concernente la tra-sformazione di istituti di istruzione e educazione, viene infatti prevista la possibi-lità di «trasformazione totale o parziale in scuole complementari e normali conconvitto o no, dei collegi, conservatori, educatori e di altri istituti di istruzione edi educazione forniti di personalità giuridica…» (art. 1). Quegli istituti per i qualinon si fosse invece rivelata «possibile o conveniente» la trasformazione previstadall’art. 1, potevano, «tenuto conto delle condizioni speciali dei luoghi nei qualisi trova[va]no, e per quanto possibile anche delle tavole di fondazione, esseretrasformati [...] anche in altri Istituti speciali di istruzione e educazione o profes-sionali femminili con o senza convitto» (art. 6).

Nel suo complesso la documentazione rispecchia le mutate competenze delministero in relazione al cambiamento dei tempi. Mentre, infatti, l’archivio dellaDirezione generale per l’istruzione primaria e popolare, 1860-1896 (giàDivisione scuole primarie e normali), soprattutto nella sua prima parte, riflettevala temperie politica dell’epoca, con tutte le problematiche che andavano dalcontrasto con il clero alla definizione giuridica degli istituti e ai tentativi dimodernizzazione, in una documentazione quanto mai densa e fertile, specchiodi un dinamismo tipico di tempi pionieristici, e mentre la serie delle Ispezioni erelazioni rappresentava lo stabilizzarsi di una situazione fino a poco tempoprima ancora in formazione, l’archivio della Direzione generale per l’istruzionemedia ci rimanda invece l’immagine di un’amministrazione per così dire “ristret-ta” entro più ridotti confini, limitantesi a conservare e ad amministrare quantoricade nell’ambito della sua diretta giurisdizione. Scompare infatti la congerie diistituti che aveva abitato la documentazione più antica: la miriade di istituti reli-giosi, privati o di beneficenza, che avevano trovato un fugace riscontro dellaloro esistenza in una nota ministeriale, in una casella di modulo per la statistica,quando non in una relazione ispettiva, torna ad essere ora nuovamente inghiot-tita, almeno dall’osservatorio ministeriale, in quell’insieme dal quale aveva cerca-to di trarla l’azione conoscitiva dell’amministrazione. Dal 1900 circa in poi nonc’è più traccia della molteplicità di questi istituti nelle carte del ministero.

Altri archivi

Oltre alle serie sopra descritte, che rappresentano dunque il nucleo, o inuclei costitutivi della documentazione riguardante gli istituti femminili, altreserie archivistiche del Ministero della pubblica istruzione conservate pressol’Archivio centrale dello Stato contribuiscono ad arricchire la messe di informa-

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Introduzione

zioni per il periodo considerato dal piano del volume. Si ricordano in primo luogo le carte prodotte dalla Commissione d’inchiesta

per l’istruzione secondaria maschile e femminile, costituita con r.d. 29 settembre1872 n. 1016, comunemente nota come inchiesta Scialoja1. La documentazione,contenuta in 11 buste, fa parte dell’archivio della Direzione generale per l’istruzio-ne media, 1860-1896 ed è caratterizzata dai verbali degli interrogatori compiutinelle città visitate dalla commissione e dalle risposte scritte al questionario inviatoalle autorità scolastiche. Al di là del suo intrinseco valore, questa serie è importan-te perché costituisce la testimonianza del primo caso in cui venga esplicitamenteaffrontata a livello ufficiale la questione dell’istruzione secondaria femminile.

Di singolare importanza, per gli spunti offerti, è la serie denominataPersonale, relativa ai soli anni 1860-1880. Non si tratta di un vero e proprioarchivio del personale, ma di un insieme di pratiche (insieme cospicuo, ben2314 buste) trattate dal Gabinetto, dalla Divisione I e dal Segretariato generale, econtenenti non solo il carteggio intercorso tra il ministero e i propri dipendenti –docenti, ispettori, impiegati – ma anche la corrispondenza intrattenuta con per-sonalità per vari motivi venute in contatto con l’amministrazione.

Al limite del periodo considerato nel presente volume si colloca l’archiviodella Regia commissione d’inchiesta per la pubblica istruzione (1908-1911). Lacommissione, nominata con r.d. 8 mar. 1908 n. 97, era stata costituita con il man-dato di esaminare le condizioni di tutti i servizi del ministero e proporre opportuniprovvedimenti sia riguardo alle persone sia riguardo ad eventuali riforme organi-che. La documentazione, contenuta in 60 buste, è caratterizzata da denunce edesposti, verbali, relazioni. Gli atti vennero acquisiti attraverso richieste mirate dinotizie, interrogatori, questionari. L’inchiesta coinvolse tutti i rami del ministero e,nell’ambito del settore scolastico, riguardò anche gli istituti femminili di istruzione.Le notizie raccolte videro la luce in una Relazione sulle condizioni dei convittinazionali, degli educatori governativi, degli istituti e convitti tenuti da privati, daenti morali o da associazioni civili o religiose e delle fondazioni scolastiche, giu-sta i rapporti dei provveditori agli studi 2, dalla quale emerge un panorama nonmolto confortante, soprattutto per quel che riguarda l’involuzione della vigilanzagovernativa sugli istituti tenuti da privati, da associazioni religiose o da Opere pie.

Anche se riguardano anni al di fuori del periodo cronologico trattato dal pre-sente volume, accenniamo infine per ragioni di completezza ad altre due seriearchivistiche concernenti gli educandati e istituti femminili, prodotte dallaDirezione generale per l’istruzione classica scientifica e magistrale e relativerispettivamente al 1900-1945 e al 1929-1959.

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1 Cfr. nota 1 a p. 103.2 ACS, MPI, R. commissione d’inchiesta per la pubblica istruzione (1908-1911), b. 52.

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Fonti per la storia della scuola

La prima in particolare1 costituisce una eccezione nella situazione degli archividel Ministero della pubblica istruzione che, per il periodo dagli anni Dieci a tuttigli anni Quaranta, è caratterizzata da una vistosa lacuna nella documentazione2.Costituita da 166 buste, riguarda i «convitti nazionali e gli istituti pubblici e privatidi educazione maschili e femminili», essenzialmente nel periodo del Ministerodell’educazione nazionale, con precedenti che risalgono fino all’inizio del ‘900.

Per quanto riguarda invece serie archivistiche non appartenenti al Ministerodella pubblica istruzione, ma che possono contribuire all’approfondimento dialcuni aspetti della materia trattata nel presente volume, si segnalano: la seriedelle Opere pie del Ministero dell’interno3, contenente documentazione dal 1861al 1873, la quale può fornire elementi sull’organizzazione dei singoli istituti, suglistatuti e sui regolamenti; esclusivamente per quanto concerne i Collegi di Maria,i conservatori della Toscana e qualche istituto religioso subito dopo l’Unità, laserie della Direzione degli affari di culto del Ministero di grazia e giustizia e deiculti, poi confluita nel Ministero dell’interno4.

La documentazione contenuta in questi archivi naturalmente non puòriguardare l’aspetto dell’istruzione, ma, considerata la complessa natura degliistituti in questione, contribuisce comunque a ricrearne la fisionomia. Si conside-ri inoltre il fatto che, essendo il Ministero dell’interno e il Ministero di grazia egiustizia gli interlocutori abituali del Ministero della pubblica istruzione per leannose vicende riguardanti la definizione dell’indole giuridica di queste tipolo-gie di istituti, le carte contenute in tali serie possono costituire per determinatiaspetti un’integrazione di quelle della pubblica istruzione, almeno relativamenteai primi anni dello Stato unitario.

PAOLA PUZZUOLI

Archivio centrale dello Stato

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1 La denominazione completa è: MPI, Direzione generale per l’istruzione classica scienti-fica e magistrale, Divisione quinta, Convitti nazionali, istituti pubblici e privati di educazio-ne (1900-1945).

2 Cfr. in proposito G. FIORAVANTI, Introduzione, in L’istruzione universitaria (1859-1915) acura di G. FIORAVANTI - M. MORETTI - I. PORCIANI, Roma, Ministero per i beni e le attività culturali,Ufficio centrale per i beni archivistici, 2000, pp. 83-86; e L. MONTEVECCHI, Storie di carte: qual-che riflessione a proposito di un elenco di scarto di atti d’archivio, in «Le carte e la storia.Bollettino semestrale della Società per gli studi di storia delle istituzioni», 1996, 2, pp. 49-52.

3 ACS, MI, Dir. gen. amministrazione civile, Divisione terza per l’assistenza e beneficenzapubblica, Opere pie (1861-1873). Per gli anni dal 1874 al 1903 non esiste documentazione, cheriprende invece dal 1904: cfr. ACS, MI, Dir. gen. amministrazione civile, Divisione terza perl’assistenza e beneficenza pubblica., Istituti di beneficenza (1904-1942).

4 ACS, MI, Dir. gen. affari di culto, Archivio generale (1861-1954).

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AVVERTENZA

La denominazione delle seguenti serie archivistiche, usata nelle citazioni enella segnatura dei documenti dell’antologia, è la stessa presente negli altri volu-mi della collana, ma si discosta dalla forma adottata nella nuova redazione dellaGuida ai fondi dell’Archivio Centrale dello Stato. Aggiornamento al giugno2004, a cura di Paola Carucci1.

Si dà qui di seguito la tavola di raffronto:

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896)v. ACS, MPI, Direzione generale per l’istruzione primaria e popolare,

Archivio generale, Leggi, decreti e regolamenti scolastici, ordinamento scolasticoe disciplinare, relazioni, libri di testo, istituzione e classificazione di scuole eaffari diversi (1860-1896)

ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione primaria e popolare (1897-1910)v. ACS, MPI, Direzione generale per l’istruzione primaria e popolare,

Archivio generale, Leggi e regolamenti, direttori didattici e ispettori, scuole nor-mali, lasciti e fondazioni, assegni per benemerenze, concorsi e altro (1897-1910)

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896)v. ACS, MPI, Direzione generale per l’istruzione media, Archivio generale,

Progetti di legge, regolamenti, programmi, inchieste, relazioni e ispezioni, con-vitti, libri di testo e affari diversi (1860-1896)

ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione media (1897-1910)v. ACS, MPI, Direzione generale per l’istruzione media, Archivio generale,

Regolamenti, programmi, relazioni e ispezioni, esami, libri di testo e affari diver-si (1897-1910)

1 Consultabile su Internet sul sito:http://www.archivi.beniculturali.it/ACS/Guidafrazionata/Start.htm>.

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SEZIONE I

UN PATRIMONIO DA RICONQUISTARE: GLI EDUCANDATIGOVERNATIVI E REGI E L’EDUCAZIONE DELLE ÉLITE

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1

Relazione di Luigi Settembrini 1 sui tre Educandati regi di Napoli.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 74, fasc. «Tit.16. Napoli, Ip.te. R.R. Educandati (Riordinamento). 46», ms. non firmato.

Intorno i tre Educandati in Napoli

Relazione e proposta

1. Origini

Sul cominciare di questo secolo, scacciati via di Napoli i Borboni ed i frati, fupensiero del nuovo governo stabilire in ogni provincia un collegio maschile eduno femminile pei fanciulli e le fanciulle di civil condizione, destinando a questofine le rendite dei conventi aboliti. Un decreto del 30 maggio 1807 annunziavaquesto pensiero, e tosto si videro collegi maschili in ogni provincia: dei femmini-li ne fu stabilito uno solo in Napoli, e fu dato a governare a monache2.

1 Luigi Settembrini era stato nominato ispettore generale degli studi nelle province napole-tane con decreto luogotenenziale del 1° gennaio 1861, e quindi delegato straordinario per lapubblica istruzione nelle province napoletane, in seguito al r.d. 25 lug. 1861 n. 124 che avoca-va al ministero le attribuzioni prima affidate alla Segreteria generale della pubblica istruzionein Napoli. In questa doppia veste, e come presidente del Consiglio direttivo degli educandatinapoletani, incarico che resse fino all’aprile del 1862, Settembrini dedicò non poche energie alriordinamento degli educandati. La relazione che qui si presenta (non firmata e non datata nel-l’originale conservato in ACS) è stata già pubblicata in L. SETTEMBRINI, Lettere edite e inedite1860-1876 a cura di A. PESSINA, Napoli, Società editrice napoletana, 1983, senza la parte relati-va all’elenco delle materie di insegnamento di cui ai punti 12 e 13, mancanti nel testo (su cui sibasa quell’edizione) conservato tra le carte Pessina della Biblioteca Nazionale di Napoli. Ildocumento è probabilmente databile al luglio 1861, come si deduce dalla lettera scritta da S. adAdelaide Capece Minutolo, ispettrice dei Reali educandati, l’11 luglio 1861 (pubblicata nelvolume citato sopra).

2 Sulle origini e la vicenda del Primo e del Secondo educatorio regio di Napoli, aperti inseguito a decreti emanati da Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat tra il 1807 e il 1811, e sulTerzo educandato, istituito nel 1850, cfr. A. ZAZO, L’istruzione pubblica e privata nelNapoletano (1767-1860), Città di Castello, Il Solco, 1927, pp. 101-103 e 126-129; G. NISIO,Della istruzione pubblica e privata in Napoli dal 1806 sino al 1871, Napoli, Testa, 1871, pp.

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Fonti per la storia della scuola

Ma un altro decreto del dì 11 agosto 1807 stabiliva in Aversa un collegio pereducarvi gratuitamente cento fanciulle appartenenti ad alte e nobili famigliebenemerite dello Stato e lo dotava d’una rendita di 24 mila denari. Il collegio sichiamò Istituzione reale : era sotto la protezione della Regina, e veniva ammini-strato da un consiglio cui presedeva un segretario di Stato: cinque dame ne rego-lavano la educazione e due ne avevano la suprema vigilanza. Si volle farne uncollegio nobile e superiore a tutti gli altri. Dei sedici1 posti gratuiti sedici poteva-no essere occupati dalle fanciulle, che più si distinguevano nei collegi provincia-li. Le fanciulle che v’entravano a pagamento, pagavano una pensione di dugen-to ducati l’anno oltre 120 ducati per la prima spesa del corredo nell’entrare.Nell’uscirne ciascuna donzella a 18 anni aveva una pensione di ducati cento:passando a marito mille ducati per dote.

Nel 1809 l’Istituzione reale fu trasferita da Aversa in Napoli nel Convento deiMiracoli, dove ancora è, e donde trasse il suo nome.

Il Secondo educandato, stabilito anch’esso nel 1807 per le fanciulle apparte-nenti a famiglie civili, ma meno agiate e non nobili, era, come dicemmo, regola-to dalle monache di S. Marcellino in Napoli2: ed era inferiore al primo per l’istru-zione che si dava alle fanciulle e pel modo onde erano trattate. Nel 1829 lasignora Prota3 che aveva un privato istituto femminile di buona fama, fu messa agovernare questo collegio.

Da quel tempo l’Educandato de’ Miracoli, e quello di S. Marcellino, furonosotto il protettorato della Regina, che sovranamente li governava, nominava iprofessori, i maestri, le direttrici, il soprintendente, ne approvava lo stato discus-so: onde furono nominati Primo e Secondo R.le educandato Regina IsabellaBorbone.

Il Terzo educandato, inferiore al primo ed al secondo, ebbe origine per unlegato pio. Nel 1848 fu fabbricata una casa presso il ritiro dell’Immacolata a S.Efremo nuovo, e dopo alcuni anni vi fu messo un collegio sotto la protezionespeciale della Regina Maria Teresa, e fu chiamato Terzo educandato MariaTeresa.

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8-23; M. RADOGNA, L’abolito monastero dei SS. Marcellino e Festo e l’educatorio Regina MariaPia, 2a ed., Napoli, Tip. dei Classici Italiani, 1875; G. CECI, I Reali Educandati femminili diNapoli, 2a ed., Napoli, Tip. Vecchi, 1900.

1 Da intendersi: cento.2 L’edificio di S. Marcellino era stato concesso alle monache dell’Ordine della Visitazione,

protette da Napoleone e da Murat.3 La francese Rosalia d’Arbouet, già nota come educatrice, a Napoli, dove si era trasferita,

aveva sposato il maestro di musica Gabriele Prota. Fu legata da una cordiale amicizia a JosephDe Gérando; con questo pensatore e filantropo francese, interessato ai problemi dell’educazio-ne, intrattenne una corrispondenza, per la quale si veda G. CECI, I Reali Educandati… cit., pp.59-65 e appendice, p. 101 e seguenti.

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Sezione I - Un patrimonio da riconquistare: gli educandati governativi e regi

2. Governo

La Regina governava il tutto: il Re non si mescolava di nulla: il ministrodell’Interno e dell’Istruzione pubblica accettava gli ordini della Regina, e a Leiproponeva ciò che gli pareva espediente.

Un sovrintendente badava più da vicino alla amministrazione, e spediva lefaccende particolari. Egli aveva uffizio gratuito, ma riceveva e riceve ancora 40ducati al mese per spese di carrozze.

Un’ispettrice generale, che doveva fare il suo ufficio gratuitamente, ed oraha 75 ducati il mese anche per spese di carrozze, vegliava pel buon ordinamentodegl’istituti.

Ciascuno dei due primi educandati è regolato da una direttrice, una vice-direttrice, due assistenti al parlatorio, una depositaria, un’economa, molte mae-strine, o vogliam dire istitutrici.

Il Terzo educandato è affidato a nove suore della Carità.

3. Pensioni, posti gratuiti

Nel 1° si paga la pensione di 200 ducati l’anno, oltre la prima spesa di corre-do. Le fanciulle sono fornite di tutto dalla camicia alle scarpe ed ai guanti: hannolibri, carta, ogni cosa insomma dallo stabilimento e le famiglie non hanno aspendervi più un soldo.

Nel 2° si paga la pensione di 120 ducati l’anno oltre la prima spesa del corre-do. Lo stabilimento dà libri e carte: tutt’altro è fornito dalle famiglie.

Nel 3° si paga la pensione di 72 ducati l’anno, oltre la prima spesa del corre-do. E come nel 2° si dà libri e carte: ma le vesti e tutt’altro è fornito dalla famiglia.

Nel 1° educandato sono 100 posti, o dugento mezzi posti gratuiti, i quali a200 ducati l’uno costano al governo 20 mila ducati.

Nel 2° ve ne sono 52, o 104 mezzi, che costano 6240 ducati.Nel 3° ve ne sono 25, o 50 mezzi, che costano 1500 ducati.Parrebbe dovesse essere il rovescio. Nel primo dove entrano fanciulle di

nobili e ricche famiglie esservi il minimo de’ posti gratuiti da darsi per ispecialiconsiderazioni a talune fanciulle. Nel terzo, che raccoglie fanciulle apparte-nenti a modeste e talor povere famiglie, le agevolezze dovrebbero essere mag-giori.

E questa osservazione è confermata da un fatto, che nel primo non ci sonomai cento fanciulle a posto gratuito, o dugento a mezzo posto: mentre che nelterzo i mezzi posti sono sempre più dei cinquanta, e quei posti di più sonopagati con gli avanzi ed i risparmi che si fanno.

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Fonti per la storia della scuola

4. Amministrazione

Il Primo educandato ha una rendita di ducati 53.749dei quali dà al 3° educandato ducati 3.184sicché la rendita sua netta è di D. 50.565

In questa rendita sono comprese le pensioni delle alunne.La rendita [proviene] da censi, da capitali, da fondi rustici, da fondi urbani,

da iscrizioni sul Gran Libro e da pensioni delle alunne. Sicché il collegio deveamministrare, e come tutti i corpi morali amministra male: deve avere un nume-ro d’impiegati, i quali sono otto e costano D. 1.368 l’anno. Oltre di questi ha treavvocati, due patrocinatori, un notaio stipendiati.

Il Secondo educandato ha 31.149 ducati di rendita che viene da assegni sui fondi provinciali, da iscrizioni sul Gran Libro, da pensioni delle alunne e dapochi fondi urbani. E sebbene l’amministrazione di questo educandato sia piùsemplice, pure ha i suoi sei impiegati e si spende per essi 972 ducati l’anno.

Il terzo ha la rendita di D. 17.971,20 proveniente dalla Tesoreria generale,dal 1° Educandato, da alcuni fondi urbani, e dalle pensioni delle alunne. Spendeper l’amministrazione 786 ducati l’anno. Questo terzo e modesto istituto non hadebiti, anzi ha un supero di cassa di poche centinaia.

Adunque la renditadel 1° è di D. 50.565del 2° “ “ 31.149del 3° “ “ 17.971,20 =In uno D. 99.685,20

E le alunne sononel 1° “ 128nel 2° “ 152nel 3° “ 95

375

Ma con ottantadue mila ducati di rendita i due primi educandati al principiodi questo anno avevano un disavanzo il primo di D. 6.041,85ed il secondo di 2.558,98

8.600,83

ed avevano urgente bisogno di fare alcune fabbriche e riattazioni agli edifizi.Onde fu stringente necessità se non si voleva chiudere i due educandati di pren-dere in prestito dalla Cassa di Sconto quindicimila ducati, rimborsabili a mille

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Sezione I - Un patrimonio da riconquistare: gli educandati governativi e regi

ducati l’anno che si spera risparmiare con una più regolare amministrazione.Le cagioni di questo disavanzo sono un’amministrazione poco esatta ed un

numero soverchio di persone addette a questi due educandati, specialmente alprimo che è più antico e più ricco. I sovrintendenti, che sono stati sempre nobilisignori, poco avvezzi alle faccende, hanno lasciata l’amministrazione tutta nellemani di bassi impiegati: e si crede pubblicamente che costoro negoziassero lerendite dello stabilimento. Inoltre la maggior parte delle fanciulle che vi sonoeducate gratuitamente, giunto [sic] ai diciotto anni non escono di collegio, siaperché orfane, sia perché curate poco dai parenti: onde per pietà o per favorerimangono nel collegio nutrite e vestite come prima, e fanno ufficio di maestrineo educatrici, e dopo qualche tempo ci hanno anche uno stipendio.

Sicché i due istituti non erano più collegi per educazione di fanciulle, macase di ritiro per donne. Queste maestrine nel 1° Educandato al cominciare diquesto anno erano 32: i posti gratuiti occupati sono 68: eccovi dunque i centoposti destinati al Primo educandato. Un terzo di questi posti erano occupati avita da alcune donne, non erano più destinati all’educazione ma al favore.

Se a queste maestrine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32aggiungete una direttrice, una vice direttrice, due assistenti al parlatorio, una depositaria, una bibliotecaria, una guardaroba, una dispensiera . . . . . . . . . . 8e persone di servizio che hanno vitto ed alloggio . . . . . . . . . . . 68avrete persone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108

che stanno addosso a 128 fanciulle, abbarbicate come edera ad un tronco.

Le alunne del 1° sono 128 delle quali pagano l’intera pensione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22pagano mezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76 ossia 38 posti interihanno posto gratuito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30 . . . . . . . . 30

128 68

A questo numero di persone che hanno vitto e stipendio e sono dentro, siaggiungono altre che sono di fuori

stipendioProfessori di lettere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3Maestri di belle arti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19Un avvocato consulente, due avvocati,un patrocinatore, un notaio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 . . . . . . D. 154Un architetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1Tre medici, un chirurgo, un salassatore,

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Fonti per la storia della scuola

un dentista, un infermiere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 . . . . . . D. 582Impiegati ritirati con l’intero soldo . . . . . . . . . . . . 12 . . . . . . D. 1042Preti addetti al culto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 . . . . . . D. 1162Spese pel culto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . D. 1030Impiegati amministrativi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 . . . . . . D. 1368

Spese religiose1° Educ.to stipendio ai preti . . . . . . . . . . . 1162

spese pel culto . . . . . . . . . . . . 10302° Educ.to stipendio ai preti . . . . . . . . . . . . 653

spese pel culto . . . . . . . . . . . . . 6683° Educ.to stipendio ai preti . . . . . . . . . . . . 408

spese pel culto . . . . . . . . . . . . . 600D. 4521

e questi bei ducati si spendono per fare udire la messa e la predica, e far confes-sare tutte le 375 fanciulle che sono nei tre educandati.

Ecco dunque la cagione del disavanzo.Ma oggi le maestrine del 1° Educandato da trentadue sono ridotte a 12, e

quelle del secondo che erano 27 anche a dodici. Le persone di servizio sonostate ridotte a numero ragionevole. Il resto si farà quando i tre collegi sarannointeramente e radicalmente riordinati.

5. Educazione

Questi collegi femminili essendo sotto la cura immediata del governo, epieni di fanciulle e donne appartenenti a famiglie devote al governo, e dalgoverno favorite, hanno tutti i vizi di quel governo.

Il costume è buono, ed in nulla da riprendere: ma invece di religione v’èsuperstizione e bacchettoneria.

L’usanza che si messe da prima, e che ancora dura nel solo Primo educanda-to, che le fanciulle abbiano dal collegio le vesti, la biancheria, i libri ed ognicosa, è stata di grave danno all’educazione ed alla istruzione quantunque paiauna grande agevolezza per le famiglie, che pagano la pensione e non s’impac-ciano d’altro, e se hanno il favore di non pagare la pensione, non pensano piùaffatto alle fanciulle. Imperocché non essendovi più necessità di comunicazionefra fanciulle e famiglia, nasce freddezza d’affetto, e spesso anche dimenticanza.E poi la fanciulla che da sei a diciotto anni si è abituata a non possedere nulladel suo, a trascurare e strapazzare le vesti, gli arnesi e tutte le robe dello stabili-mento, esce nel mondo senza amore alla proprietà che pure è la gran molla che

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muove il mondo, non si cura di quel che possiede e tratta la roba di casa comequella del collegio. Quindi nasce quel difetto che tutti han sempre notato nelledonne educate ne’ Miracoli, che esse non si curano dell’economia domestica. Lamasserizia, ch’è virtù di tutte le donne di ogni condizione, quivi non si apprendené si conosce. Né giovano consigli, ammonizioni e castighi per fare che le alun-ne conservino e curino quello che non è loro proprio. Questa usanza nuoceancora alla istruzione come vedremo appresso; perché il collegio ha fornitosempre e fornisce pochi e cattivi libri e di pessime edizioni per fare risparmio: ele fanciulle curano questi libri quanto le scarpe. E invece di libri stampati le fan-ciulle sono obbligate di copiare certi manoscritti di storia, geografia, mitologia,rettorica, ed impararli a mente.

L’amministrazione poi è più difficile: e dovendo provvedere a tante cose esvariate non sempre va esente da frodi: e poi si sciupa gran danari perché laroba non è curata, e si consuma subito. Onde questa usanza per ogni verso ècattiva e va corretta subito.

La nettezza ed il garbo della persona non è troppo curato per bacchettoneria.Le maniere ed il parlare hanno molta goffaggine. Le fanciulle non escono mai, e imaestri ch’esse vedono non hanno educazione troppo gentile. Ho veduto un mae-stro che mentre io lodavo una fanciulla che mi aveva risposto bene, egli l’accusavacon collera villana: e mentre io dimandava certa cosa ad un’altra fanciulla, egli conle mani con gli occhi e con le labbra cercava di suggerirle la risposta senza che iome ne avvedessi: sicché il buon maestro insegnava a tutte la bugia e la finzione.

Il non uscir mai le rende inerti e lente, né usano altra ginnastica che il ballo equalche salto quando hanno ricreazione.

6. Istruzione

Istruzione letteraria. In ciascuno degli educandati le fanciulle sono divisein cinque classi: in ogni classe si sta per due anni. Di tutte le fanciulle e giova-nette, anche di diciotto anni, nessuna sa scrivere senza errori di ortografia. Ioho visitate tutte le classi: ho dato a ciascuna classe un tema: hanno scritto, ed ioserbo le carte. Nelle quali, se da una parte vedo l’ingegno naturale di cui nonmancano le fanciulle, dall’altra vedo l’imperdonabile colpa dei maestri, che indieci anni non han saputo insegnare alle allieve l’ortografia. Visitando le classiinferiori io primamente volli udire le fanciulle leggere qualche libro, e mi fupresentato il Taverna1, che le fanciulle usano non per leggere ma per farvi l’ana-

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1 Presumibilmente le Prime letture dei fanciulli, di Giuseppe Taverna. Settembrini nonmanca di registrare, e addebitare al maestro, il cattivo uso del testo, in cui Taverna aveva fattoleva sul linguaggio proprio per favorire l’educazione intellettuale dei bambini.

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Fonti per la storia della scuola

lisi grammaticale. Lessero male, mangiando le sillabe, raggruppando le parole;dimandai il senso di quel che avevano letto, non seppero dirlo; dimandai ilsignificato delle parole, che volesse dire plenilunio, e non seppero rispondere.Il professore Pasquale Adone mezzo in collera mi disse proprio queste parole:che egli non insegna leggere, né è obbligato spiegare il significato delle parole:che la lettura materiale si fa nella prima classe, e che la lettura a senso non puòfarsi se non quando si sono compiuti gli studi, perché solamente allora, per lecognizioni acquistate, si capisce bene. Sicché le fanciulle per due anni han tramani il Taverna e non lo intendono né lo leggono.

Ad alcune fanciulle che imparano storia greca dimandai quale fu la guerrapiù celebre che i greci sostennero contro i barbari: mi risposero la guerra delPeloponneso, e la guerra di Maratona. E né le alunne né il maestro distingueva-no guerra da battaglia.

Giovanette di diciotto anni che studiano cosmografia mi ripeterono uno peruno i nomi di tutti i 64 pianeti che nemmeno il de Gasperis1 li sa così per filo. Iodimandai loro: avete voi qualche ragione che vi persuada che la terra è roton-da? Il maestro mi rispose: non la sanno perché non è nel libro.

Di libri buoni non v’è altro che le letture del Taverna per le classi inferiori el’antologia del Fornaciari2 per le superiori, e poi nessun altro. Invece di libri visono de’ manoscritti, di storia, di geografia, di rettorica, di storia letteraria, chele alunne sono obbligate copiare ed imparare a verbo. Gli stessi professori midicevano essere povere sciocche e false compilazioni. Oltre di questi libri emanoscritti le fanciulle non ne hanno altri, non leggono altro. Nel 1°Educandato una sola ha il Giannetto3 donatole dalla sua famiglia, e nel 2° duefanciulle soltanto hanno avuto questo dono rarissimo.

L’istruzione adunque è interamente nulla e conviene non pure riformarla macrearla da capo. Dei maestri nessuno mi pare atto ad insegnare massime a fanciulle:son preti villani, che non han modi da gentiluomini, e sono burberi come tra semi-naristi. Non han coscienza del loro uffizio, non hanno amore alla loro professione.

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1 Annibale De Gasperis (1819-1892), astronomo dell’osservatorio di Capodimonte, delquale divenne direttore nel 1864, e professore di matematica, geodesia e astronomiaall’Università di Napoli. Fu nominato senatore del Regno nel 1861 per gli alti meriti scientifici.

2 Gli Esempi di bello scrivere, di Luigi Fornaciari, di cui furono stampate diverse edizioni.L’opera si era già da tempo affermata e si sarebbe imposta ancora a lungo, tra le letture scola-stiche, grazie al perdurante favore incontrato dal purismo.

3 Il Giannetto di Luigi Alessandro Parravicini, premiato dalla Società d’istruzione elementa-re di Firenze al concorso bandito nel 1835 presso il Gabinetto Vieusseux per un libro di letturaper la gioventù, ebbe un grande numero di ristampe, divenendo il prototipo del genere peda-gogico-morale destinato sia al mercato scolastico sia a quello extrascolastico; cfr. M. RAICICH, Ilibri per le scuole e gli editori fiorentini del secondo Ottocento, in ID., Di grammatica in retori-ca… cit., pp. 71-73.

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Si fa sciupo di tempo. La scuola letteraria comincia alle 10 del mattino, e finoa quest’ora non si fa nulla, o si balla. E siccome alcuni professori hanno dueclassi che stanno in due stanze diverse, così spesso la seconda classe comincia lesue lezioni a mezzo giorno, dopo la noia, la stanchezza e il caldo di lunghe orepassate nell’ozio. Bisogna stabilire un orario ragionevole per impedire tantosciupio di tempo prezioso.

Arti. Una cosa sanno tutte, scrivere con bella mano: pregio comune a fan-ciulle. Alla musica, al ballo attendono tutte ed al disegno. Nel Terzo educandatosi attende a lavori domestici più che nel 2°, e più ancora che nel 1° dove di cuci-re si sa poco, di rimendare niente, soltanto ricamare fiori.

Proposta

1 - I tre Educandati in Napoli non avranno altro nome che Primo, Secondo, eTerzo Reale educandato1.

2 - Un Consiglio, che si chiamerà Consiglio de’ Reali Educandati, composto diun consigliere provinciale, un consigliere municipale, scelti dal municipio,due distinti cittadini, scelti dal governo2 e l’autorità preposta all’istruzionepubblica in Napoli, abbia la vigilanza su l’istruzione, l’educazione, e l’ammi-nistrazione di tutti e tre gli educandati.

3 - Gli uffizi di soprintendente e d’ispettrice generale sono aboliti.4 - Ogni educandato avrà una direttrice, che ne regolerà il buono andamento e

avrà le stesse attribuzioni dei direttori de’ collegi maschili; avrà una vicedirettrice, un’economa, un direttore spirituale, e tante maestrine o istitutriciquante bastino che ciascuna prenda cura di non più che dodici alunne.

5 - Il 3° Educandato sia tolto dalle Suore della Carità3, le quali avversano il pre-sente ordine politico: sia affidato ad una direttrice, ed ordinato per modoche vi si dia l’insegnamento d’una scuola normale.

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1 Sia Luigi Settembrini che Paolo Emilio Imbriani si adoperarono per cancellare ogni trac-cia dello stretto legame di questi istituti con i Borboni. Secondo quanto riferisce Imbriani, fu luia proporre, già in qualità di consigliere della Luogotenenza per la pubblica istruzione a Napoli,che gli educandati regi si fregiassero del nome di tre principesse di Casa Savoia (PrincipessaMaria Clotilde, Principessa Maria Pia e Principessa Margherita), seppellendo così sotto le nuovedenominazioni, presto entrate in uso, il «nome osceno ed abborrito» della regina Isabella diBorbone; cfr. ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali 1860-1896, b. 74, fasc. «Tit. 16. NapoliI p.te. RR. Educandati (Riordinamento). 46», Paolo Emilio Imbriani al ministro della Pubblicaistruzione, 13 aprile 1864.

2 Nota al testo: «Fra questi l’Imbriani».3 Vedi doc. 3 di questa stessa sezione.

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Fonti per la storia della scuola

6 - La pensione sarà

pel 1° Educandato . . . D. 12 mensualipel 2° . . . . . . . . . . . . D. 10pel 3° . . . . . . . . . . . . D. 6

Il corredo, le vesti, le biancherie, i libri, le carte e quanto altro occorre saràfornito a spese delle famiglie.

7 - I posti gratuiti saranno

nel 1° 25 o 50 mezzi postinel 2° 60 o 120 mezzi postinel 3° 100 o 200 mezzi posti

Le alunne che al presente godono di posti o mezzi posti gratuiti ne continue-ranno a godere finché, compiuta l’età di diciotto anni, usciranno dall’edu-candato.Dai fondi assegnati ai posti gratuiti nel 1° Educandato, si torrà quanto bastiai venticinque posti assegnati ad esso, ed il resto passerà al 3° Educandatoed al secondo.

Posizione presente

1° Educand. posti 100 pens.i 200 ducati annui fondi D. 20.0002° Educand. posti 52 pens.i 120 ducati “ “ D. 6.2403° Educand. posti 25 pens.i 72 ducati “ “ D. 1.800

D. 28.040Proposta

1° Educand. posti 25 pens.i 144 ducati annui fondi D. 3.5002° Educand. posti 60 pens.i 120 ducati “ “ “ 7.2003° Educand. posti 100 pens.i 72 ducati “ “ “ 7.200

D. 17.900

Sicché il 3° che n’ha . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.800riceverebbe dal 1° . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.400

D. 7.200

Il 2° che n’ha . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6.240riceverebbe dal 1° . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 960

D. 7.200

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E dai 28.040 ducati, tolti ciò che si darebbe al 2° ed al 3°, il rimanente reste-rebbe al primo, o se ne farebbe altro uso secondo il giudizio del Consiglio.

8 - Il Consiglio venderà i censi, i fondi urbani e rustici appartenenti al 1° e 2°Educandato e convertirà tutti i capitali in rendita iscritta sul Gran Libro. Essoformerà lo stato discusso di ciascuno educandato, ridurrà le spese del culto etutte le altre che crederà necessarie, accrescendo quelle per l’istruzione e l’e-ducazione delle alunne.

9 - Tutto il personale direttivo, amministrativo ed insegnante è sciolto, e messoal ritiro. Nondimeno ciascuno degl’impiegati rimanga al suo posto, ed abbialo stipendio fino al 1° novembre di questo anno. Dalla pubblicazione deldecreto di scioglimento è aperto concorso per tutti gli uffizi direttivi, insegna-tivi ed amministrativi, ed i concorrenti presenteranno fedi di nascita, di buonacondotta attestata dal sindaco, e titoli di requisiti per l’ufficio, a cui ciascunopretende. Gl’impiegati presenti sono ammessi a far valere i loro titoli.

10- Lo stipendio dei professori sarà di lire 1500 l’anno. Essi dovranno avere nonmeno di 40 anni, specchiata morale, maniere garbate, e dimostrata praticad’insegnamento.

11- L’insegnamento sarà di quattro classi elementari, cinque ginnasiali, ed una diperfezionamento.Le quattro elementari saranno affidate a maestre interne: le ginnasiali e diperfezionamento a professori, che per ora potrebbero essere tre e di manoin mano giungere a sei.

12- Le materie da insegnarsi saranno: 1 Religione, catechismo, storia sacra, storia ecclesiastica.2 Lingua e letteratura italiana. Grammatica, arte del dire in prosa, poetica,

storia della letteratura italiana, componimenti graduati, letture.3 Storia. Storia d’Italia, romana, greca, antica, medio evo, moderna.

Cronologia. Mitologia.4 Geografia. Corso graduato, geografia fisica, astronomia storica.5 Scienze naturali. Elementi primi di storia naturale, di fisica, di chimica, di

botanica.6 Aritmetica, geometria, disegno lineare.7 Doveri. Doveri sociali. Doveri della donna.8 Lingua e letteratura francese.9 Lingua e letteratura inglese.

10 Calligrafia.11 Disegno.12 Musica e canto.13 Ballo.14 Lavori. Cucire, rimendare, ricamare.

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Fonti per la storia della scuola

15 Economia domestica.16 Ginnastica graduata per tutte le classi.

13 -La distribuzione di queste materie in ciascuna classe è la seguente

1a Classe elementare

Religione - Lezioni orali sul catechismo e brevi racconti di storia sacra.Lingua italiana - Lettura graduata, corrente e con buona pronunzia.Nomenclatura degli oggetti più familiari, traducendo in italiano le voci deldialetto.Scrittura.Aritmetica - Numerazione, addizione, sottrazione fino a cento.Esercizi di memoria.Calligrafia, ballo, cucire, ginnastica.

2a Classe elementare

Religione - Catechismo: storia sacra letta dal maestro e ripetuta dalle fan-ciulle.Lingua italiana - Lettura spedita. Spiegazione de’ vocaboli e del concetto diciò che si legge. Continuazione della traduzione dal dialetto in italiano.Scrittura - Dettatura, e buone imitazioni.Gramm. - Distinguere ciascuna delle parti del discorso e darne definizione.Conjugazione de’ verbi.Aritmetica - Le quattro operazioni de’ numeri semplici.Esercizi di memoria.Calligrafia, ballo, cucire, ginnastica.Pratica di lingua francese.

3a Classe elementare

Religione - Tutto il catechismo. Vecchio Testamento.Lingua ital. - Lettura - Spiegazione di ogni voce non ben conosciuta -Grammatica - Etimologia: analisi - Componimenti per imitazione, brevi favo-lette.Aritmetica, decimali e frazioni - Nomenclatura geometrica, de’ corpi solidi,rotondi, piani, angoli ecc.Geografia - Nomenclatura geografica. Esercizi di memoria.

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Calligrafia, ballo, cucire, ginnastica.Pratica di lingua francese.

4a Classe elementare

Religione. Tutto il catechismo. Antico e Nuovo Testamento.Lingua ital. - Lettura - Componimento della grammatica - Analisi grammatica-le e logica. Componimenti, favole, racconti, lettere.Aritmetica - Regola del tre semplice e composta. Prime nozioni geometriche.Geografia - Prime nozioni - Divisione del globo. Europa, Italia in generale.Esercizi di memoria - Calligrafia, ballo, cucire, ricamare. Ginnastica.Lettura ed elem. di gramm. francese.

1a Classe ginnasiale

Religione - Storia sacra del Farini1.Lingua ital. - Grammatica superiore; applicazioni delle regole ed un classicodel ‘300. Recita di prose e poesie. Componimenti.Storia d’Italia - Sunto.Geografia - Europa ed Italia in particolare.Tutta l’aritmetica.Doveri sociali, verso la famiglia, la patria.Calligrafia, ballo, cucire, ricamare, disegno, ginnastica.Lettura e gramm. francese.Prime nozioni di storia naturale.Geometria - Disegno lineare.

2a Classe ginnasiale

Religione - Nuovo Testamento del Farini.Lingua ital. - Analisi logica d’un classico del ‘500 - Recita di prose e poesie -Componimenti. Storia romana del Farini - Cronologia.Geografia - Asia, Africa, America ecc. - Disegno di carte geografiche.

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1 Pellegrino Farini (1776-1849), professore di eloquenza e retorica nel seminario diRavenna (cfr. Enciclopedia Biografica e Bibliografica “Italiana”, diretta da A. RIBERA, SerieXXXVIII: Pedagogisti ed educatori, diretta da E. CODIGNOLA, Istituto editoriale italiano B.C. Tosi,Milano, 1939). I suoi testi di storia sacra e di storia romana a partire dagli anni Quarantadell’Ottocento vennero frequentemente riediti in versioni ridotte ad uso della gioventù.

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Fonti per la storia della scuola

Doveri dell’uomo e del cittadino, massime verso lo Statuto del Regno.Calligrafia, ballo, cucire, ricamare, disegno, ginnastica.Traduz. d’italiano in francese e viceversa.Zoologia - Geometria - Disegno lineare.

3a Classe ginnasiale

Religione - Vita di G.C. ed atti degli Apostoli.Lingua ital. - Applicazione di tutta la grammatica ai classici - Recita di prose,componimenti.Storia greca - Mitologia.Geografia antica - disegno di carte geografiche.Doveri della donna - Catechismo.Ballo, cucire, ricamare, rimendare, ginnastica.Pratica d’inglese e prime letture.Storia naturale - vegetabili - minerali.

4a Classe ginnasiale

Religione - Primi secoli del Cristianesimo.Arte del dire in prosa - Recita - Componimenti.Storia antica.Geografia fisica.Botanica.Inglese - Doveri della donna.

5a Classe ginnasiale

Religione - Seguito della storia del Cristianesimo.Poetica - Spiega della Divina Commedia - Altri poeti - ComponimentoStoria del medio evo.Geografia comparata.Storia naturale - Nozioni di fisica.Ballo, cucire, ricamare, ginnastica.Inglese - Economia domestica.

Ultima scuola di perfezionamento

Riassunto della storia del Cristianesimo.Storia della Letteratura - Componimento.

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Sezione I - Un patrimonio da riconquistare: gli educandati governativi e regi

Storia moderna.Prime nozioni di filosofia razionale.Nozioni di fisica e chimica.Economia domestica.Inglese.

Il canto si apprenderà all’età conveniente: la musica anderà unita a tutte leclassi.

14 - I libri saranno stabiliti dal Consiglio de’ professori e dall’ispettore g.le delle scuole.15 - L’orario sarà stabilito dalla direttrice di ciascun educandato, udito il

Consiglio de’ professori, e sarà approvato dal Consiglio degli educandati.Si dovrà ritenere per massima:Dopo il levarsi della mattina un’ora di studio; nel dopo pranzo un’ora lastate; due ore la sera nel verno.Le lezioni letterarie cominciare non più tardi dell’8 e mezzo e durare al piùdue ore.Le lezioni di arti e lingue forestiere il dopo pranzo.Non far passare mai le alunne dallo studio alle lezioni o da una lezione adun’altra senza almeno un quarto d’ora di ricreazione.Il giovedì e la domenica una rivista generale delle biancherie, degli abiti diciascuna alunna, per vedere come ciascuna mantiene il suo corredo e lezionidi ginnastica.

16 - L’istruzione nel 1° Educandato sarà compiuta secondo la proposta.Nel 2° Educandato vi sarà di meno lo studio dell’inglese e la classe di perfe-zionamento.Nel terzo vi sarà il programma delle scuole normali.

2

Rapporto al ministro del delegato straordinario per la Pubblica istruzione nelleprovince napoletane, Luigi Settembrini, sul Primo e sul Secondo reale educan-dato di Napoli 1.

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1 Subito dopo l’unificazione, il Primo e il Secondo educandato regio di Napoli attraversaronouna grave crisi determinata dal forzato abbandono degli assetti stabiliti dalla dinastia borbonica,cui gli istituti erano strettamente legati. Le resistenze del personale interno si espressero nel rifiu-to di prestare il giuramento di fedeltà al re e allo Statuto richiesto agli impiegati dello Stato.

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Fonti per la storia della scuola

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860 - 1896), b. 75, fasc. «Tit. 16. Napoli,II p.te. RR. Educandati (amministrazione, personale e ordinamento scolastico). 47»,ms. con firma autografa.

Napoli, 15 gennaio 1862

Sento il dovere d’informare V.S. Ill.ma di quanto ha operato ultimamente ilConsiglio direttivo de’ due Reali educandati femminili in Napoli.

La maggior parte delle istitutrici, nominate con decreto ministeriale del 26dicembre, non hanno voluto prestare il giuramento prescritto dalla legge. I mem-bri del Consiglio hanno adoperato tutte le garbatezze, tutte le cortesi parole e imodi gentili a persuaderle: ma tutto è stato vano. Essendosi consigliate coi loroconfessori, ed avendo avuto risposta da taluni pel sì, e da taluni pel no, si sonorivolte al canonico Tipaldi, provicario della Curia arcivescovile in Napoli, il qualeha dato loro ad intendere di aver ricevuto da Roma un breve che vieta sotto penadi scomunica di prestare giuramento al Re d’Italia. Il Consiglio diede loro tempo ariflettere, fece loro intendere che chi non presta giuramento non ha uffizio.

Il giorno sette dopo il dispaccio di V.S. Ill.ma che approva l’operato delConsiglio, furono chiamate le istitutrici del 1° Educandato se volevano giurare:alcune giurarono, altre dissero di no. Come queste ultime tornaro dentro, susci-tarono una rivoluzione: molti oggetti e mobili furono rotti, i ritratti del re fatti apezzi, le alunne gridavano scomunica, e scomunicato il Consiglio, scomunicatala direttrice, la vice-direttrice, le istitutrici che avevano giurato. Lo scandalo finìdopo un’ora. Intanto le istitutrici dissidenti dichiararono di non volere uscire,dicendo che Ferdinando 2° le aveva poste lì, e soltanto Francesco 2° potevamandarle via. Allora il Consiglio credette rivolgersi al sig. prefetto La Marmora1,ed al questore, il quale mandò il delegato Emmanuele de’ Nobili, fratello di unadi queste istitutrici, con alcune guardie di pubblica sicurezza che rimasero giùnel cortile. Così le istitutrici furono dal delegato invitate ad uscire ed uscirono.

Lo scandalo era stato troppo: e le giurate e le non giurate non potevano piùrimanere insieme senza pericolo.

Uscite le signore, tornò l’ordine e la tranquillità: e le rimaste fanno il lorouffizio con zelo e quasi moltiplicandosi.

Il giorno 8 il Consiglio andò nel 2° Educandato: ivi neppure si volle giurareda molte: ma non ci fu disordine affatto, le alunne rimasero liete: le istitutriciuscirono il giorno appresso con tutta decenza.

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1 Alfonso La Marmora, nominato prefetto di Napoli e al tempo stesso comandante del VICorpo d’armata, in una situazione che vide la sistematica ingerenza nel Sud delle autorità mili-tari in settori usualmente affidati al controllo delle autorità civili.

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Il Consiglio è persuaso che le signore che sono uscite non erano mosse sol-tanto da scrupolo religioso, ma ancora da segreta avversione al novello ordine dicose: e che però la loro uscita sia un bene per gli educandati, e che nessuna diesse per qualunque siasi ragione dovrà mai essere riammessa. Sarebbe non puredebolezza ma ingiustizia ancora verso le altre che hanno giurato.

Intanto io ho creduto mio dovere informare dell’avvenuto il procuratoregen.le del re presso la G.C. Criminale, perché il fatto del can.o Tipaldi, che senzaaver pietà della condizione infelice di alcune di quelle donne, ne fa delle martirid’uno scrupolo, mi pare che offenda non pure la morale, ma lo Stato, e debbaessere conosciuto dalla giustizia. Il procuratore gen.le mi ha scritto di aver com-messo l’affare al giudice istruttore. Intanto eccole i nomi delle giurate e non giu-rate.

Nel 1° non han giurato, e sono uscite le sig.re. Aurora Caravita Sirignano,Giovanna de’ Nobili, Gaetana Montemayor, Cristina Ruitz, Flora Mussi, MariaCenni, Errichetta Tellini, Bianca Dusmet, Teresa Acquaviva, Maddalena Carrillo.Le Sig.re Carolina Stevenson, e Barbara de Silva non han giurato, né vogliono;ma perché ammalate non sono uscite ancora.

Hanno giurato la direttrice Martini, la vice-direttrice Paolina Canger, la vice-direttrice Giuseppina Albano, le istitutrici Adele Palumbo, Teresa Palumbo,Vittoria Colonna, Chiara Sbarra, Elena Billi, Luisa Fanghella; e le maestre ele-mentari sig.re Clelia Carrillo, Luigia Pesce, Teresa Attanasio, Isolina Bozzi.

Nel 2° Educandato non han giurato, e sono uscite le istitutrici Luisa Frigeri,Maria Carpentieri, Vincenza Mayer, Michelina Mensinger, Emilia Mensinger,Concetta Durelli, Clotilde Paisler, Margherita Salatino, Giulia de Liguoro, MariaAmidei.

Non han giurato, né vogliono le istitutrici Ottavia Baer, Giulia Belfiore; masono rimaste perché ammalate.

Hanno giurato la vice direttrice Caterina Tucci, le istitutrici Giulia Rodati,Carolina Benoit, Amalia Poulet, Elisabetta Arrigoni, Letizia Messeri, GiuliaGiuliani, Raffaela Pezzuti: e le maestre elementari Eloisa Ruta, Giulia Colombo,Eleonora Cammarano1.

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1 L’opera di epurazione destò grande scalpore e De Sanctis fu subito chiamato a risponde-re, in qualità di ministro della pubblica istruzione, a un’interrogazione parlamentare rivolta alpresidente del Consiglio e ministro dell’Interno Ricasoli dal deputato di Bitonto GiacomoLacaita. Il ministro sostenne l’operato del governo affermando che, «trattandosi di donne», siera agito «con grande moderazione» stabilendo di procedere, come voleva la legge, alle nuovenomine di tutto il personale, ivi incluse le maestre appartenenti al «partito, chiamato borboni-co, di donne e di preti insediati da lungo tempo colà». Ma dato che queste ultime si erano osti-natamente rifiutate di prestare il prescritto giuramento, nonostante i ripetuti inviti delle direzio-ni e le preghiere di alcuni padri delle alunne, la loro nomina era stata annullata; cfr. AP,

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Debbo infine fare osservare a V.S. Ill.ma che l’usanza di scegliere le istitutricidalle alunne ha fatto invecchiare l’uno e l’altro educandato, non essendovisi maiintrodotte persone nuove: sicché gli antichi pregiudizi non si sono mai corretti.Ora il Consiglio, cogliendo questa occasione per rinsanguinare i due istituti, diaccordo con le direttrici attende a scegliere signore colte, morali, e distinte permaniere e poiché le avrà provate, ne sarà fatta regolare proposta a V.S. Ill.ma.

Il delegato di NapoliL[uigi] Settembrini

3

Rapporto al ministro del vicepresidente della sezione di Napoli del Consiglio supe-riore della pubblica istruzione Salvatore De Renzi 1 sul Terzo reale educandato.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860 - 1896), b. 74, fasc. «Tit. 16. Napoli,I p.te, RR. Educandati (Riordinamento). 46», ms.

Napoli, 8 giugno 1862

Ill.mo e chiar.mo sig. ministroAdempio al dovere di darle conto di ciò che si è fatto pel Terzo educandato.

Arrivata la prescrizione del 4 giugno di porre quell’educandato sul piedestesso degli altri, mi portai dalle Suore della Carità2, e ricordando gli ultimi fatti,

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Camera dei deputati, legislatura VIII, Discussioni, 18 gennaio 1862, pp. 721-723. Si veda inproposito la diversa versione dei fatti offerta dalla «Civiltà Cattolica», che parla di un’espulsionebarbara e violenta (XIII, 1862, 1, pp. 742-743).

1 Per Salvatore De Renzi, poi membro ordinario del Consiglio superiore unico istituito aFirenze e succeduto al Settembrini nella carica di presidente del Consiglio direttivo degliEducandati regi napoletani, cfr. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Il Consiglio superiore della pub-blica istruzione 1847-1928, a cura di G. CIAMPI e C. SANTANGELI, Ministero per i beni culturali eambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, Roma, 1994, p. 278.

2 Secondo quanto ricorda Giuseppe Ceci (I Reali Educandati femminili di Napoli, cit., p.94), «due Suore della Carità di Regina Coeli» vennero chiamate a dirigere questo educandato,istituito nel 1850. Sulle congregazioni religiose francesi che si erano maggiormente diffuse nelSud Italia nella prima metà dell’Ottocento, le Figlie (o Suore) della Carità di S. Vincenzo de’Paoli e le Suore di Carità di Giovanna Antida Thouret, cfr. G. ROCCA, Donne religiose… cit., pp.106-107 e 170-171.

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le pregava di non dissolvere senza ragione quell’istituto, dimostrando essere piùconveniente operare di accordo, ove per avventura il facessero col disegno dilasciarlo. Mi risposero negando i fatti. Accolsi la dichiarazione senza opposizio-ne alcuna, e soggiunsi che si sarebbe tosto provveduto al nuovo ordinamento,cominciando, come era giusto, dal giuramento al re ed allo Statuto. Declinaronoil giuramento per le sorelle, ed alle mie ragioni non avendo altro a rispondereconchiusero voler vedere la formola del giuramento.

Spedii loro il dì 5 la formola del giuramento, e la sera del dì 6 mi rescrissero:reggersi il loro istituto con proprie norme che non potevansi modificare, nonaver mai prestato giuramento ad alcun governo; non essere le suore investitedella qualità d’impiegati che personalmente si obblighino al servizio; non poterdipendere da altri che dal ministro generale dell’Ordine, e che per un atto estra-neo all’istituto il Consiglio direttivo dovesse indirizzarsi alla superiora residente aLa Fleche in Francia.

Lessi il dì seguente tale lettera al Consiglio direttivo, il quale venne nellaseguente deliberazione:

«Il Consiglio direttivo de’ Reali Educandati ha letto la dichiarazione di SuoraAssuntina sorella della Carità preposta alla direzione del 3° Educandato.

Ha rilevato da tale dichiarazione che l’istituto delle Suore della Carità findalla sua fondazione non è stato mai soggetto ad altre regole, e che in virtù ditali regole le suore non sono investite della qualità d’impiegati che personalmen-te si obblighino al servizio, e che debbono dipendere da un ministro generale eda una superiora che risiede in paese straniero.

Considerando avere il Consiglio direttivo l’obbligo di mettere il 3° Educandatosul piede stesso degli altri, secondo la disposizione ministeriale del dì 4 giugnocomunicata alla delegazione;

Considerando che il regolamento del 25 novembre 1861 richiamato in vigoreanche pel 3° Educandato dal real decreto del dì maggio 18621, esige che la diret-trice la vice direttrice i maestri le maestre e tutti siano riguardati come personelegali direttamente risponsabili;

Considerando che la educazione la istruzione la disciplina di una Casa man-tenuta dallo Stato non possano essere sottoposte ad uno statuto con cui si reggeuna istituzione religiosa; la quale per doveri della istituzione stessa, e per le pro-

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1 Il r.d. 9 mag. 1862 n. 352 revocava le disposizioni contenute in quello del 12 set. 1861 n.99, col quale l’Educandato dell’Immacolata Concezione era stato convertito in convitto conscuola normale femminile, e dichiarava l’educandato medesimo «3° Reale educandato femmi-nile» affidandone l’amministrazione al Consiglio direttivo degli altri due educandati reali. AlTerzo educandato venivano contemporaneamente estese le disposizioni contenute nello statu-to organico per i Reali educandati femminili annesso al r.d. 12 set. 1861 n. 99 e nel relativoregolamento del 25 novembre.

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prie norme, si trova frequentemente in disaccordo con le prescrizioni dello sta-tuto generale degli educandati sancito dai poteri politici.

Il Consiglio ha deliberato doversi le Suore della Carità ringraziare dell’uffizioche ora prestano nel 3° Educandato, e pregarle di far conoscere il giorno in cuipotranno lasciarlo per ordinarvi il servizio di direzione e di amministrazionesecondo le norme del real decreto del dì 12 settembre 1861, e del regolamentodel dì 25 novembre dello stesso anno.»

Io ho comunicato quest’oggi la deliberazione alle suore, e ne aspetto larisposta. Intanto altri fatti sono avvenuti di provocato dissolvimento. Del risulta-mento finale sarà avvertita la Sig. V.ra Ch.ma

Il vice-presidente del Consiglio superiore di P.I.Salvatore de Renzi

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Relazione 1 di Giuseppe Pelli-Fabbroni e Niccolò Ridolfi al delegato straordina-rio di Pubblica istruzione a Firenze Girolamo Buonazia 2 sull’ispezione com-piuta nell’Istituto della Ss. Annunziata.

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1 Per la “Ss. Annunziata” di Firenze la fase di transizione dalla gestione preunitaria a quellache doveva permettere all’istituto di offrire un modello nazionale di educazione e di istruzionepubblica e laica per le figlie delle élite fu lunga e travagliata. I patteggiamenti che si ebberoallora sulla formula del giuramento di fedeltà al re e allo statuto, e il rifiuto di una parte delpersonale interno – analogo a quello che già era stato all’origine della drammatica secessioneavvenuta nel Primo e nel Secondo educandato regio di Napoli – furono il segno del perduraredel legame con il vecchio “ordine di cose” e di dolorose crisi di coscienza, alimentate da rap-presentanti del clero reazionario in servizio presso l’educandato.

2 Docente di matematica al collegio Cicognini di Prato e poi presso l’Istituto tecnico tosca-no, collaboratore del Lambruschini, nel 1861-62 ebbe un ruolo non secondario nelle trattativecon i piemontesi nella difesa delle tesi autonomistiche sostenute dal gruppo toscano in quelmomento cruciale per la definizione dell’ordinamento complessivo del sistema scolastico. Benpresto però le sue esperienze, e in particolare l’impatto con la realtà meridionale – nel 1863-64si recò in Sicilia come delegato straordinario del governo per il riordinamento dei ginnasi edelle scuole tecniche – lo indussero ad abbandonare le sue posizioni precedenti; cfr. S.SOLDANI, Scuola e lavoro: De Sanctis e l’istruzione tecnico-professionale, in Francesco DeSanctis nella storia della cultura, a cura di C. MUSCETTA, Bari, Laterza, 1984, II, pp. 473-474.Durante tutta la sua lunga e operosa carriera di funzionario ministeriale, Buonazia si occupòattivamente, e con grande interesse e intelligenza, delle questioni relative all’istruzione femmi-nile popolare e di élite.

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ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860 - 1896), b. 66, fasc. «Tit.16. Firenze(Città). P-Z. 28», s.fasc. «Firenze. R. Istituto della Ss.ma Annunziata», ms. con firmeautografe.

[giugno 1862]

SignoreIl 10 giugno, il giorno stesso nel quale ci veniva partecipata dalla delegazio-

ne straordinaria di Pubblica istruzione in Firenze la nostra nomina a deputati delRegio istituto della Ss. Annunziata, ci portammo presso quella signora ispettricef. f.ni di direttrice alla quale il precedente dì tre eravamo stati dall’ispettor gene-rale senator Lambruschini presentati1.[...]

Chiedemmo di esser guidati a visitare tutto lo stabilimento.Ne ammirammo la vastità, la eccellente distribuzione del locale sommamen-

te aereato fornito di abbondantissima copia di acque, convenientemente situatotra giardini spaziosi sul confine della città2, fornito di lunghi asciuttissimi corridojguarniti di vetrate, di un solo vastissimo dormentorio, di un solo vastissimo refet-torio, di un vasto locale da bagni naturali e medicati, di adatte stanze per lelezioni, per la guardaroba, per la cucina. In ogni parte trovammo una lindura euna esattezza perfetta. Le persone di servizio ci apparvero tutte rispettose, pulitee di bel garbo. Fummo contenti di veder tutte le signorine di lieto, florido aspet-to, nessuna né ammalata né incomodata.

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1 Si dovette principalmente a Raffaello Lambruschini, posto a capo della Delegazionestraordinaria della pubblica istruzione a Firenze, la nomina delle nuove figure che diederoal governo dell’educandato l’impronta del vecchio nucleo moderato. Nel corso delle lorodue prime visite, i due notabili locali preposti alla cura della “Ss. Annunziata”, GiuseppePelli-Fabbroni e Niccolò Ridolfi, presero in esame soprattutto due problemi: in primo luogole posizioni assunte da Adele Toscanelli, che fungeva da direttrice dopo la morte di JennyPlundre Marion, avvenuta nell’aprile ‘61; quindi, gli spazi occupati all’interno rispettivamen-te dal direttore spirituale e catechista, Lorenzo Vettori, noto codino, e da Bartolomeo DalCorona, che nell’educandato fungeva da primo cappellano, maestro di aritmetica e parroco,occupandosi inoltre dell’amministrazione, vero “padre” onnipresente e continuamente con-sultato sia fuori che dentro il confessionale. Si noti la moderazione con cui, nel loro rappor-to, i due deputati cercano di preparare la strada a un’opera di mediazione, sdrammatizzan-do la gravità della situazione, che era destinata invece a precipitare, e avrebbe richiesto la“epurazione” di tutto il personale contrario a recidere i vincoli con i vecchi padroni dell’isti-tuto. Cfr. S. FRANCHINI, Élites ed educazione femminile… cit., capp. VI e VII.

2 Dal momento della sua apertura (1825), l’istituto aveva avuto sede nell’ex monasterodella Ss. Concezione di via della Scala detto Monaster Nuovo (quartiere di S. Maria Novella),completamente ristrutturato dall’architetto Giuseppe Martelli per ospitarlo. Nel 1865, con il tra-sferimento della capitale a Firenze, all’educandato sarebbe stata assegnata come sede la Villadel Poggio Imperiale.

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Fonti per la storia della scuola

Ci è sembrata ben distribuita in tre separate ore del giorno la ricreazione,sufficienti le ore del sonno (9 ore), abbastanza frequente e sano il cibo nonsignorile anzi casalingo. La sorveglianza giorno e notte continua.

Così finimmo la prima visita, impegnandoci per due giorni dopo ad unaseconda collo scopo precipuo di conoscere il personale tutto dello stabilimento(eccetto il servizio) che avevamo veduto.

Al catechista e confessore nient’altro chiedemmo che se si valeva del corsodi catechismo del già vescovo Bronzuoli1 essendo che questo sia il più usitato,non volemmo entrare in alcun dettaglio come che del modo di contenersi cogliecclesiastici addetti allo stabilimento volessimo andar in perfetto accordocoll’Ab. senator Lambruschini.

Al primo cappellano Ab. Bartolommeo Del Corona chiedemmo se altri ufficiioltre quello di cappellano e di maestro di aritmetica disimpegnasse, e ciò facem-mo per assicurarci se l’accusa contro di lui lanciata di tutto fare, e tutto a vogliasua disporre nello stabilimento in senso assolutamente retrivo (siccome fuoridicevasi) avesse per base una frequente pratica nello stabilimento stesso più chenol comportassero gli ufficii suddetti e perciò non giustificata da legittime cause.Sapemmo che esso teneva luogo di parroco, essendoché quello stabilimentocostituisca una parrocchia di famiglia e perciò abbia l’obbligo della dimora nellanotte. Sapemmo che le riforme economiche introdotte nel 1848 sopraccaricasse-ro l’ufficio della sig.a camarlinga per modo che per la responsabilità che le neveniva non si sentisse da tanto da andar certa de’ suoi conteggi, e che della di leigestione essendosi voluta garante la sig.a direttrice, questa ottenesse e i direttoridel luogo ordinassero o consentissero che il sig. Del Corona, istrutto com’è nelcalcolo e obbligato a dimorar nello stabilimento nel quale si trova addetto sinodalla sua fondazione, potesse senza suo troppo aggravio nell’interesse dello sta-bilimento assistere la sig.a camarlinga.

Gli chiedemmo poi come fosser distribuiti gli ufficj sacri della domenica esapemmo che tra la messa, la spiegazione del Vangelo e le altre preci ordinarie estraordinarie occupano un’ora la mattina, un’ora dopo la colazione e mezz’ora lasera. Che gli altri giorni ascoltano la sola messa e che funzioni sacre straordinarienon se ne fanno salvo quella della Ss. Annunziata.

Al secondo cappellano non indirizzammo particolare domanda non avendoaltro ufficio che di celebrare la messa. Di volo a questi tre ecclesiastici accen-

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1 Le Istituzioni Cattoliche per uso di catechismo delle Nobili Alunne dell’I. e R. Istitutodella Ss. Annunziata in Firenze (Firenze, Stamperia di N. Fabbrini, 1844) di FrancescoBronzuoli, vicario generale e poi vescovo della diocesi di Fiesole, che aveva rivestito l’incaricodi direttore spirituale e catechista delle alunne dal 1840 alla morte, avvenuta nel 1856; cfr. lascheda 55, di Silvia Franchini, in Internato ed educazione per “signorine”… cit., p. 107.

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nammo come essi, nell’essere dipendenti dai loro superiori ecclesiastici, lo fos-sero però solamente per tutto quello che a quel carattere si riferisce, che eraimprescindibile necessità però che non scordassero come essi fossero pur citta-dini e perciò con doveri egualmente sacri, ben con gli altri conciliabili, e comestipendiati e preposti ad un ufficio governativo esser loro obbligo di coscienza ilsodisfarvi con tutta la devozione sincera al governo del re eletto dalla nazione.

Non attendemmo risposta a questo discorso bastandoci per quella volta get-tare netta e senza ambagi quella idea per poi, come si è detto, intendersi ariguardo loro col sig. ispettore senatore Lambruschini.

Ai maestri chiedemmo qual si fosse il sistema adottato pel passaggio alleclassi e fummo assicurati dalle loro risposte che i passaggi sono determinati dalrisultato della media de’ punti di merito da ciascuna educanda ottenuti nell’an-no, e dietro i concerti tra i maestri stessi e la direttrice. Al maestro di storia e digeografia dicemmo il pensier nostro (che facilmente esso intese essendo impie-gato governativo saviamente ora preposto all’ispezione delle scuole minori)relativamente alla estensione degli insegnamenti fino ai tempi attuali; e presentela f.f.ni di direttrice ebbe da noi incarico di immediatamente scrivere sul sistemastesso col quale è scritto il libro che serve di testo all’insegnamento storico, lacronaca del tempo corso dal 1814 al 18611 e siamo certi che nel corrente annoscolastico il corso di storia si chiuderà coll’insegnamento insino al 1861. Cosìpure la geografia dell’Italia sarà dettata siccome è l’Italia attualmente. E poichél’insegnamento storico si fa con sistema sincrono tenendo per base la storia diFrancia2 ed anno per anno o tempo per tempo ricordando la storia degli altripaesi, abbiamo stabilito che pel prossimo anno sarà la istoria d’Italia tenuta perbase dell’insegnamento e a questa sarà raffrontata la storia degli altri paesi.

Assistemmo a tutte le classi di varie lezioni e dobbiamo citare con lode il

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1 Maestro di storia e geografia era Tito Montelatici (1805-1877), già collegato al gruppo chesi raccoglieva intorno al Vieusseux, al Ridolfi e al Lambruschini, e che subito dopo l’Unità eradivenuto ispettore delle scuole elementari. Nel 1860-61 aveva avuto dei contrasti con la diret-trice dell’istituto, Jenny Plundre Marion, definita da «La Nazione» «austriaca di natali e d’animo»,a proposito della censura sulle stampe o gli scritti che entravano nell’educandato, accusandoladi controllare i libri da lui usati in classe. Del Compendio di Storia Moderna di CelestinoBianchi, cui qui si allude, apparso nel 1851-53 in due volumi ad uso delle alunne dell’istituto,erano uscite presso l’editore Barbèra varie altre edizioni destinate agli istituti di educazione ealle scuole, di cui l’ultima aggiornata al 1861. L’ipotesi di riadattare la parte finale di tale edizio-ne, che si concludeva col «voto dell’acquisto di Roma», fu esaminata con cautela dal PelliFabbroni e dal Ridolfi col Montelatici nel settembre di quell’anno; cfr. S. FRANCHINI, Élites ededucazione femminile… cit., pp. 311-313, 355-357.

2 Secondo le tradizioni introdotte nell’istituto, impiantato su un modello di derivazionenapoleonica dalla prima direttrice, Camille Eenens, già inspectrice della parigina MaisonRoyale di S. Denis.

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sistema d’istruzione adattato, la premura e la capacità delle signorine, lo zelo deimaestri; ma su ciò ci riserbammo a più preciso studio siccome pure a vedere sela distribuzione di tutte le lezioni sia sotto ogni rapporto la migliore perchéabbiano preferenza gli studj che più debbono aversi a cura per le educande.

In una quarta visita ci occupammo del sistema d’amministrazione e davveronon trovammo che osservare sia per la garanzia sia per lo spirito di ben intesaeconomia. Avemmo in questa occasione nuovo colloquio colla sig.a f.f.ni didirettrice nel quale ci eravamo prefissi di assicurarci a che si estendesse, checomprendesse l’ordine tenuto sin qui di parlar mai di cose politiche.

Esponemmo così il nostro concetto: dicemmo per primo esser impossibileche le educande non giungano a sapere prima o poi quanto accade od è acca-duto trattandosi, come per noi italiani si tratta, di avvenimenti tanto importanti;esser poi un fatto che esse ne debbono per necessità venire informate dallesignorine che a mano a mano sopravvengono, e per esempio non può a menoche tutto il convitto non sia istruito degli avvenimenti accaduti sino al 1860 e1861 dalle molte signorine, entrate sul cadere di detto anno e nel successivo1861, appartenenti a tutte le provincie d’Italia: 3 alle antiche provincie (IsabellaRattazzi, Virginia Faa di Bruno, Anna Vitale) 2 della Lombardia (Lucia Arese eCarolina Tosi1) 5 di Sicilia e le altre 12 Toscane. È poi certo che per la giovineloro età e per la grandezza dei fatti recentemente consumati debbono facilmentele educande esser tratte in qualche errore, non tanto sulla verità intiera degliavvenimenti quanto sullo scopo loro e sulle loro conseguenze: e concludemmoche un assoluto silenzio che con esse si tenga è una omissione in quanto restimonca una parte d’istruzione, ed una grave colpa in quanto mantenga nelle loromenti quegli errori, dai quali gravissimo danno deriva, perché è dal carattere cheuno si forma degli avvenimenti (come i nostri ultimi) generatori di una rivoluzio-ne nazionale che dipende il vero concetto intimo individuale che è base alnuovo viver civile degli italiani.

In conseguenza se per il passato il sistema fu il silenzio assoluto, oggi non losi poteva ammettere senza farci rimproverabili e gravemente responsabili.

La sig.a f.f.ni di direttrice ci rispose che non era vero che nella proibizione diparlar di politica s’intendesse proibito che le signorine parlassero delle cose cheo sentono nel parlatorio o delle quali esse stesse sono state testimonj né proibitoloro di far domande su quelle alla loro superiora: mai alle signorine è stato proi-

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1 L’istituto ospitava le figlie delle famiglie «più ragguardevoli» del nuovo regno. Tra quellericordate qui si segnalano in particolare Lucia del conte Francesco Arese, Isabella Rattazzi, diTorino, sorella di Urbano, detto Urbanino, ministro di Casa reale e nipote dell’omonimo presi-dente del Consiglio, e Virginia Faà di Bruno, proveniente da una ricca e illustre famiglia del-l’antica nobiltà di Alessandria e figlia di Emilio, che sarebbe morto a Lissa.

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bito tutto questo né mai è stato risposto loro quando l’occasione lo abbia portatose non nel senso nazionale delle cose nostre, mai è stato loro fatta parola di cen-sura o di indifferenza agli atti del governo; ciò che si è creduto bene fatto è statodi non trattenerle su quelle materie onde non divagarle più di quello che di fattinon lo sono, per conservarle nella quiete necessaria onde traggano il maggiorprofitto possibile dai loro studj; che esse conoscono tutti i fatti avvenuti, sannobene de’ principi decaduti, del come si è formato l’attuale Regno d’Italia, che ilnostro re è Vittorio Emmanuele etc. etc. etc.; che tutt’altro poi che retrivo è lospirito loro le quali hanno persino assunto (simulando azioni drammatiche) ilnome e del re e de’ principi di Savoia e degli uomini più preclari che hanno illu-strata la storia di questi ultimi anni; che perciò quando di ciò che tiene alla storiale alunne ricevano dal professore le notizie tutte sino ai tempi nostri, quando de’più moderni avvenimenti ricevano istruzioni e spiegazioni come oggetto di stu-dio in lezione, sarebbe raggiunto lo scopo voluto, e non si verificherebbe gliinconvenienti cui indubitatamente dà luogo il permettere che delle giovanimenti, ed in specie di ragazze, sieno occupate in materie così difficili senza lascorta di chi possa convenientemente guidarle.

[...]

G[iuseppe] Pelli-Fabbroni dep[utato]Niccolò Ridolfi dep[utato]

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Relazione del prof. Agostino Lace 1 al segretario generale del Dicastero dell’istruzio-ne pubblica per la luogotenenza generale del re nelle province siciliane, FedericoNapoli 2, sull’Educandato Carolino di Palermo, poi Educandato Maria Adelaide.

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1 Agostino Lace, r. provveditore agli studi in Ancona, venne posto dall’ottobre 1861all’«immediazione» del Segretario generale per la pubblica istruzione presso la Luogotenenzadel Re in Sicilia con l’incarico di collaborare all’ordinamento delle scuole dell’isola. Fu nomina-to in seguito, con decreto reale del 13 febbraio 1862, delegato straordinario della pubblicaistruzione per le province di Catania, Caltanissetta e Noto. Due mesi dopo venne richiamato alprecedente ufficio di provveditore in Ancona (ACS, MPI, Personale 1860-1880, b. 1123, fasc.«Lace Agostino»).

2 Federico Napoli fu nominato segretario generale per il dicastero dell’istruzione pubblica

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Fonti per la storia della scuola

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 78 bis, fasc. «Tit. 16.Palermo (città). 53», s.fasc. «Anno 1860-1880, Palermo, Collegio femminile MariaAdelaide - titolo 1° - Leggi, regolamenti, statuti riordinamento del collegio, affarigenerali e diversi», ms. autografo.

Palermo, 24 dicembre 1861

Ill.mo sig. seg.io generale

Per riferire intorno all’Educandario Carolino1, secondo i desiderii di V.S., per viadell’esame delle carte ch’ella si piacque comunicarmi, non ho che a far capo al rap-porto trasmesso già alla S.V. che fa parte de’ documenti ch’io m’ebbi tra le mani.

Indi chiaro risulta il modo niente affatto consentaneo ai tempi nostri, colquale viene diretto quest’educandario, e niuna meraviglia che non dia que’ risul-tamenti che a buon diritto si possono aspettare i genitori delle alunne, lo Stato.

E, di vero, dove diasi un’occhiata all’elenco degl’insegnanti adoperati in que-st’istituto, si potrebbe credere ch’esso sia destinato ad essere un conservatorio di

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in Sicilia nell’aprile del 1861. Resse tale incarico, da lui stesso definito in una lettera al ministro DeSanctis «assai difficile [...], in un paese dove le condizioni dell’istruzione pubblica sono così deplo-rabili, che la realtà potrà sembrare una esagerazione» (ACS, MPI, Personale, 1860-1880, b. 1456,fasc. «Napoli Federico»), fino al novembre del 1862, rivolgendo le sue energie in special modo alriordinamento della scuola secondaria e al riassetto delle cattedre universitarie. Professore di cal-colo differenziale e integrale, nel 1860 era stato reintegrato nella cattedra dell’Università diPalermo che aveva dovuto lasciare nel 1849, costretto all’esilio dal restaurato governo napoletanoin Sicilia. Fu membro del Consiglio superiore della pubblica istruzione a Palermo dall’ottobre del1860 all’ottobre del 1865, deputato nella IX e X legislatura eletto nel collegio di Corleone, segreta-rio generale del Ministero della pubblica istruzione dal 1866 al 1869, anno in cui fu collocato ariposo. Nel 1872 rispose ai quesiti dell’inchiesta Scialoja dedicando spazio alla questione degli isti-tuti femminili («la parte più difettosa della nostra istruzione secondaria», cfr. ARCHIVIO CENTRALE

DELLO STATO, L’inchiesta Scialoja... cit., p. 531), che per altro conosceva bene e dall’interno peressere stato nominato nel 1863, dopo l’approvazione del nuovo regolamento, membro delConsiglio di vigilanza dell’Educandato Maria Adelaide di Palermo.

1 Il Real Educandario Carolino di Palermo era stato aperto nel 1783 da Ferdinando III diBorbone, re di Sicilia, nel Monastero della Visitazione di S. Francesco di Sales ed affidato allemonache con lo scopo di educare «nobili donzelle». Nel 1840 ne erano stati ordinati dal gover-no la separazione dalle istituzioni salesiane e il riordinamento (cfr. MINISTERO DELLA PUBBLICA

ISTRUZIONE, Relazione presentata a S. E. il Ministro della Pubblica Istruzione Prof. Comm.Nicolò Gallo… cit., pp. XXVII-XXXI). Tuttavia il monastero di S. Francesco di Sales continuò adoccupare larga parte dell’edificio, dove era ancora installato nel 1861. La mancanza di una sedeadeguata dovette contribuire non poco a determinare le carenze che continuavano a travaglia-re la vita dell’istituto, sempre attuali nel 1873 e ‘74 e denunciate con vigore dal provveditoreagli studi di Palermo Salvatore Calvino; cfr. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, L’inchiestaScialoja… cit., pp. 463-464 e inoltre ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali, b. 78, fasc. «Tit.16. Palermo (città).53», S. Calvino al ministro della Pubblica istruzione, 22 aprile 1874.

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musica, anziché ad un luogo dove si procuri una soda e progressiva istruzionescientifico-letteraria.

Invano dall’elenco sopradetto, che qui si unisce, si tenterebbe di scoprirecome siano ordinate le cinque classi in cui diconsi divise le alunne, come lorosia compartita l’istruzione, e quale sia l’attitudine e la capacità degl’insegnanti;infine a quale scopo con questi mezzi si venga a riuscire.

Tre insegnanti di lingue straniere.Tre di matematiche - uno per l’aritmetica semplice, il secondo per l’aritmeti-

ca suprema, e calligrafia, il terzo per l’algebra e geometria.Quattro maestri di musica col loro direttore; per la parte spirituale – un con-

fessore – un catechista – alcuni predicatori della buona morte.Per l’istruzione di lingua e lettere nazionali due maestri soltanto.Uno di storia e geografia ed etica!Una maestrina sola pei lavori donneschi.Di qui chiaramente si comprende l’opportunità urgente dell’accettazione e

dell’applicazione del regolamento proposto alla S.V. Ill.ma modellato sul regola-mento del real collegio femminile di Milano1.

Che se vogliamo far posto alla parte economica io osservo, nello stato divariazione ultimamente approvato, che la pensione la quale si pagava dallealunne era per l’anno di D. 138, e che venne aumentata sino a D. 150, a cagionedel caro che si fece maggiore de’ viveri, non ostante che nello stesso anno venis-se l’educandario a percepire per decreto prodittatorio D. 600 in più degli annipassati, talché l’attivo, comprese le intiere pensioni di 22 alunne e le mezze di 8,presenta un’entrata di D. 9154.16. Il passivo presunto, compresi tutti gli stipendi,sussidii, le pensioni ecc. ecc. 9056.41 con un residuo dall’attivo di D. 97.75 cheviene destinato alle spese imprevedute. Di modo che tra le 30 alunne e tuttigl’impiegati per esse si viene a pareggiare l’entrata con l’uscita.

Tutto questo è quanto si è potuto da me raccogliere dalle carte esaminate,per le quali io ho dovuto persuadermi che quando venisse accettato e conscien-ziosamente applicato il regolamento proposto alla S.V. si verrebbe ad un miglio-re risultamento morale, intellettuale ed economico che non s’arrivi ora pel modocol quale sono al presente dirette, ammaestrate ed educate le alunnenell’Educandario Carolino.

Prof. A[gostino] Lace

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1 Il nuovo regolamento organico venne approvato solo con r.d. 12 feb. 1863 n. 671, con ilquale l’educandato Carolino assumeva il nuovo nome di Educandato femminile MariaAdelaide. Successivamente, con r.d. 3 mar. 1864 n.1109, fu stabilita la nuova pianta organicadel personale.

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Elenco di tutti gli stipendiati dall’Educandario Carolino

Insegnanti

1 Maestra di lingua francese: trattamento interno2 Maestrina id. id.3 M.o d’inglese4 M.o d’aritmetica semplice!5 M.o di aritmetica suprema! e di calligrafia6 M.o d’algebra e geometria7 1° M.o di musica e direttore8 2° id. id.9 3° id. id.

10 4° id. id.11 M.o di disegno12 M.o di ballo13 Prof. di violino14 Cembalaro15 Un confessore16 Un catechista17 Predicatori della buona morte18 M.o di storia, geografia ed etica? [sic ]19 M.o di lingua italiana20 M.o di belle lettere21 Maestrina di ricamo e di cucitura [...]1

Altr’impiegati per la direzione ed altri uffizi e pel servizio22 Razionale23 Patrocinatore24 Architetto25 Medico fisico e chirurgo26 Dentista27 Orologiaio28 Compratore ed ambasciadore29 Direttrice a trattamento interno30 Vice direttrice id.31 Sorvegliatrice al parlatorio id.

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1 Illeggibile.

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32 Dispensiera depositaria id.33 Portinaia id.34 Cuoca id.35 Sottocuoca id.36 Donna al parlatorio id.37 Facchino 38 Cassiere39 Fontaniere per cura dell’acqua40 Giardiniere per la cura de’ fiori41 Ortolano per gli ortaggi42 Sagrestano43 Quattro cameriere47 Cinque aiutanti di camera

Da quest’elenco risulterebbe che per 30 alunne si avrebbero nell’istituto 51stipendiati oltre al trattamento di cui godono alcuni, senza contare i sussidii, lepensioni che si pagano ad altri stipendiati che sono inetti a più prestare il loroservizio.

6

Verbali delle adunanze del Consiglio di vigilanza dell’Educandato MariaAdelaide di Palermo del 13 e del 20 maggio 1863.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 78 bis, fasc. «Tit. 16.Palermo (città). 53», s.fasc. «Anno 1860-1880, Palermo, Collegio femminile MariaAdelaide - titolo 1° - Leggi e regolamenti, statuti riordinamento del collegio, affarigenerali e diversi». Verbali trasmessi al ministro dal presidente del Consiglio di vigi-lanza Nicolò Musmeci con lettera del 25 maggio 1863, ms.

Prima tornata del Consiglio di vigilanza preposto all’amministrazione e direzionedel Collegio Maria Adelaide.

Addì 13 maggio, ed alle ore 12 meridiane nella sala di ufficio del rettoredella Università in Palermo si è radunato il Consiglio di vigilanza prepostoall’amministrazione e direzione del Collegio Maria Adelaide, presenti i sig.i pro-

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fessor Nicolò Musmeci1 rettore dell’Università, presidente, sig. avvocato ViolaEmanuele cons.re prov.le, sig. cav.re Ciotti Giuseppe cons.re municipale, sig.commendatore Napoli Federico e l’ispettore A. de Gioannis.

Il sig. presidente invita il consiglio a prendere quelle deliberazioni, chesarebbero d’urgenza ed attuabili immediatamente per iniziare nell’educandatoquel riordinamento invocato dalla condizione de’ tempi, richiesto dall’indoledell’istituto, voluto dal r. decreto 12 febb. 1863, tanto in ordine alle modificazionida dover portare nella parte materiale dell’educandato, e nella destinazione diuso delle diverse parti del medesimo, quanto in ordine al personale interno diri-gente ed insegnante, alle alunne che vi stanno a convitto, ed alla riforma deglistudi nelle scuole ivi stabilite.

Il Consiglio, che mezz’ora pria che convenisse in questa sala avea eseguitodi persona una scrupolosa visita d’ispezione della parte materiale dell’educanda-to, conosciuti i dati sullo stato finanziario del medesimo, presa cognizione delregolamento interno, e dell’orario finora in uso, della qualità, coordinazione, edindirizzo degli studi, cui finora hanno applicato le alunne convittrici, delibera adunanimità:1° di ridurre l’interno del pian terreno dell’educandato a forme convenienti ad

un collegio convitto d’istruzione ed educazione femminile sociale, facendoscomparire le forme di un claustro severamente monacale, indecente, e pertaluni particolari ineducativo. In esso pian terreno vi sono di presente lecamere assegnate alle diverse classi per le ore delle lezioni, la camera desti-nata al desinare, quella denominata il parlatorio, la cucina, la camera delbucato, e quella destinata all’uso de’ bagni.

2° di ridurre (per stibj intermedi non più alti di met. 2) a piccole camere tutti icameroni del 1° piano, sì e come trovasi ripartito il 1° camerone di esso stes-so piano, che finora fu destinato ad infermeria, e ciò per istabilirvi il dormi-torio comune, e di dare assetto a tutti gli oggetti di uso, appartenenti a cia-scun’alunna, nella rispettiva camera che le verrà assegnata.

3° di duplicare in detto 1° piano i camerini de’ cessi, facendoli costrurre in quel

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1 Niccolò Musmeci (Acireale, Catania, 17 febbraio 1819 - 22 giugno 1870), professore didiritto marittimo e commerciale nell’università di Palermo. Resse la carica di rettore dell’univer-sità dall’ottobre 1862 fino all’ottobre 1865, quando si dimise per presentarsi alle elezioni politi-che. Fu deputato nella VIII e IX legislatura e membro ordinario del Consiglio superiore dellapubblica istruzione dall’ottobre 1865 al dicembre 1866. Dal 1863 al 1865 ricoprì la carica dipresidente del Consiglio di vigilanza dell’Educandato Maria Adelaide, secondo quanto stabilitodal nuovo regolamento approvato con r.d. 12 feb. 1863 che attribuiva la presidenza del consi-glio di vigilanza al rettore dell’università.

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modo migliore, che la domestica igiene richiede, incaricandone l’architettodello stabilimento.

4° di trasportare le scuole dal pian terreno inadatto, eccessivamente umido,mancante della luce e della ventilazione necessaria alle ampie camere del 2°piano, assegnandone una per l’eseguimento de’ lavori donneschi in comune.

5° di pregare il r. ispettore, membro del consiglio, a voler convocare gl’inse-gnanti dell’educandato a speciale conferenza per venire in cognizione delvero stato dell’istruzione in quelle scuole, autorizzandolo a stabilire quellaclassificazione delle alunne, che verrà richiesta dalla loro idoneità, e di pre-scrivere agl’insegnanti quelle norme e quei programmi d’insegnamento chestimerà del caso, in via però temporanea come preparazione a potere stabili-re l’insegnamento richiesto dal r. decreto 1863.

6° di fissare la colezione antimeridiana delle alunne dalle ore 8 1/2 fino alle 9.antimeridiane, ed il pranzo dalle ore 3 alle 4 pomeridiane.

7° di assegnare per le lezioni, e per gli esercizi scolastici sotto la direzionedegl’insegnanti le ore interposte tra le 9 antimeridiane e le 3 pomeridiane.

8° di pregare il sig. ministro della Pubblica istruzione perché si compiacciainterporre i suoi uffici presso il sig. ispettore generale Lambruschini adoggetto di volere indicare a questo Consiglio di vigilanza una direttrice, e ledue maestre per l’insegnamento elementare superiore, se è possibile tosca-ne, le quali amassero recarsi in questa città, e che fossero veramente idoneea poter eseguire il loro rispettivo incarico.

9° d’iniziare le pratiche per la elezione delle due maestre delle elementari infe-riori, e delle istitutrici, che sarà agevole di rinvenire in Palermo.

10° di rivolgersi al sig. ministro della Pubblica istruzione perché in via di urgen-za venga concessa al Consiglio di vigilanza la somma di £ 6000 per eseguirele modificazioni riconosciute indispensabili nella parte materiale dell’Istituto,e per provvedere le scuole di tutto l’arredamento scientifico e non scientifi-co, del quale di presente difettano interamente.

Dopo di che il sig. presidente sciolse la seduta.

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2a Tornata

Addì 20 maggio 1863, ed alle ore 2 pomeridiane nella sala di ufficio del ret-tore dell’Università in Palermo si è radunato il Consiglio di vigilanza, presenti isig.i prof. Musmeci Nicolò, rettore dell’Università presidente, cav.re CiottiGiuseppe cons.re municipale, commendatore prof. Napoli Federico, r. isp.e aglistudi A. de Gioannis.

Letto il processo verbale della presente tornata, è approvato.Il sig. r. ispettore dichiara di avere eseguito, presente il sig. presid.te del

Consiglio, nel giorno, immediatamente successivo a quello, in che gli fu datol’incarico, la speciale conferenza cogl’insegnanti dell’educandato, di avere esa-minato le alunne, di averle quindi classificate giusta il grado d’idoneità, e diavere prescritto agli insegnanti quelle norme e quei programmi di insegnamentotemporaneo, e di preparazione a potere stabilire l’insegnamento, com’è richiestodal r. decreto 12 febb. 1863.

Dalla particolareggiata relazione fatta dal r. ispettore risulta al consiglio chea) le alunne dell’educandato sono di presente 28 divise in cinque classi: vale a

dire n° 6 alla classe infima, 9 alla 1a grammatica, 7 alla 2a grammatica, 4 allaclasse d’umanità, e 2 alla rettorica;

b) l’insegnamento, che loro si è dato finora, si riconosce insufficiente, materia-le, non graduato, non coordinato, non opportuno, non diretto allo scopodella speciale missione della donna.Insufficiente, per la ristrettezza delle lezioni su talune materie d’insegnamen-

to, e per la mancanza assoluta di lezioni su materie indispensabili. Nella infimaclasse non si son date lezioni di aritmetica; nella 1a e 2a grammatica si fecero soloesercizi di addizione e sottrazione scritta; nell’umanità e nella rettorica esercizidelle quattro operazioni fondamentali. Furono omessi gli esercizi dell’aritmeticamentale in tutte le classi; gli esercizi nell’aritmetica scritta furono eseguiti informa astratta, e tutto l’insegnamento dell’aritmetica pendente il corso intero del-l’istituto, ristretto entro i limiti delle quattro elementari e fondamentali operazio-ni. La lingua italiana entro ristrettissimi limiti studiata.

Mancarono affatto le lezioni sull’economia domestica, sulla igiene, suidoveri speciali della donna nelle diverse condizioni sociali, sulle nozioni ele-mentari di chimica applicata alla economia domestica, sulle nozioni elementaridella fisica ecc.

Materiale, perché ridotto presso che tutto l’insegnamento a esercizi mnemo-nici, a ripetizioni di parole. La geografia senza il corredo delle carte necessarie.La storia naturale senza l’ajuto delle tavole e delle immagini in mancanza deglioggetti naturali.

Non graduato, poiché le lezioni sulle diverse materie d’insegnamento che si

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danno nell’infima classe non sono di base a quelle che si danno nella 1a gram-matica, né quelle di questa sono preparatorie alle lezioni della 2a; o per dire inbreve, le lezioni, che sulle diverse materie si danno nelle classi, non sieguono ilprogressivo e graduato sviluppo da somministrare alle alunne un complessoordinato di cognizioni.

Non coordinato, poiché le lezioni su i diversi rami d’insegnamento non sidanno nell’intendimento e coll’indirizzo che le une servano alle altre o di mate-ria, o di appoggio, o di schiarimento, o di conferma, o di applicazione, o diornamento, e via dicendo.

Non opportuno, perché data una larghissima parte nell’insegnamento allapoesia, ossia allo studio delle poesie più appassionate, ed alla composizione dicomponimenti, così detti poetici.

Non diretto allo scopo della speciale missione della donna, perché oltre ladeficienza dello insegnamento speciale per le donne, sono date le lezioni collostesso indirizzo che si danno ai maschi, senza punto considerare che uno stessoargomento di lezione ha da avere il suo determinato sviluppo, il suo determinatoindirizzo, il suo determinato lato di applicazione pei maschi, ben diverso daquello per le femine.

Dopo la predetta relazione riconoscendo il Consiglio la urgenza di passarealla riforma degli studi, giusta il disposto del r. decreto 12 febb.o 1863, e ritenen-do per altra parte cosa impossibile di presente il passare alla nomina degli inse-gnanti per mancanza del r. decreto, di cui è cenno nell’art. 79 del precitato r.decreto, il Consiglio ad unanimità delibera di rivolgersi al sig. ministro diPubblica istruzione con preghiera di volere fare rimessa del decreto concernenteil numero degli insegnanti colla indicazione degli stipendi, di cui saranno prov-visti nel caso sia esso pubblicato, oppure di far conoscere il sunto di esso decre-to per norma nell’eseguire al più presto possibile il riordinamento dell’educan-dato.

Lo stesso Consiglio, riconosciuta la mancanza nelle scuole dell’educandatodelle carte murali di nomenclatura geografica e di cosmografia, delle carte geo-grafiche murali, dei corpi solidi geometrici, dei quadri iconografici e geologico,dei globi celeste e terrestre, della sfera planetaria, del gran quadro murale delsistema metrico decimale, delibera di passare all’acquisto del detto materialescientifico.[...]

Per copia conforme ad uso amministrativo[Niccolò] Musmeci

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Fonti per la storia della scuola

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Lettera della direttrice dell’Educandato Maria Adelaide di Palermo ClotildeFerrari Bravo 1 sulle condizioni dell’istituto.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860 - 1896), b. 78 bis, fasc. «Tit. 16.Palermo (città). 53», s.fasc. «Anno 1860-1880, Palermo, Collegio femminile MariaAdelaide - Titolo 1° - Leggi, regolamenti, statuti riordinamento del collegio, affarigenerali e diversi», ms. autografo.

Palermo, 1 dicembre 1863

Signor Cavaliere stimatissimo2

Eccomi ad approfittare, o meglio ad abusare della sua bontà, e della gentilis-sima offerta della sua influente prestazione.

S’io volessi dipingerle lo stato genuino dello educandato che sono venuta adassumere in direzione, e la condizione dell’animo mio, lei avrebbe già perduta lapazienza di leggermi, ch’io non avrei che cominciato a narrarle!

Dalla carta d’Italia che le unisco, e che io ho colle mie mani strappata dallatabella della scuola, da cui pendeva, a rossore di quante persone presiedevanoalla cura dello stabilimento, Ella può avere un piccolo ma sufficiente saggio ditutto il resto3.

Io non ho trovato nemmeno una stanza che mi ospitasse! ed ho dormito laprima notte del mio ingresso, in un recinto di tavole imbianchite, portate a poco piùd’altezza della metà del muro della stanza da cui fu tagliato questo mio ricovero!

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1 Clotilde Ferrari Bravo tenne la direzione dell’Educandato Maria Adelaide dall’ottobre1863 al novembre del 1865. Con r.d. 22 agosto 1866 fu trasferita al III Educandato di Napoli,ufficio che non assunse mai di fatto e al quale rinunciò formalmente nel dicembre 1866 (ACS,MPI, Personale 1860-1880, b. 840, fasc. «Ferrari Bravo Clotilde»).

2 Probabilmente Gaetano Cammarota, all’epoca ispettore centrale delle scuole primarie.3 La «Carta stradale e postale dell’Italia rappresentata secondo le più recenti notizie nelle attua-

li sue divisioni politiche e amministrative esposte nel compendio di geografia di Adriano Balbi,Palermo, presso Decio Sandron, 1841», è conservata insieme alla relazione nello stesso fascicolo.

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Senza l’interessamento di questo signor presidente1, non avrei trovato né illetto, né la biancheria, né tante altre prime necessità, a cui egli gentilmente haprovveduto, come meglio da lui si poté, non già in guisa analoga ai bisogni dellamia condizione, e del mio posto attuale.

Il più povero degli ospizi di carità dell’ultima delle nostre provincie, è unareggia in paragone dell’indecente mobigliatura, dell’incompatibile nudità, del-l’impossibile sudicieria di questo Reale Educandato!!!

Cominciando dalla mancanza dell’arma della Real Casa sulla porta d’entratacon l’iscrizione indicante lo scopo di quest’asilo (per ora inqualificabile), nullacorrisponde nell’interno ai più urgenti e vitali bisogni.

Non guardaroba, non infermeria, non stanza di ricevimento, non apparta-mento per la direttrice. Nessun luogo per radunare il Consiglio di vigilanza, chenon ancora conosco! Non cancelleria, non libri, non carta, non dizionarj. Nonpersonale di educatrici, e maestre. Tre buone istitutrici che a mala pena soddi-sfar possono l’ufficio di sorveglianti, e sono sopraccaricate del dover insegnare ilavori donneschi, assistere alle lezioni dei maestri esterni, e via così.

Scarso il numero delle inservienti, una delle quali sottrae alle sue incomben-ze qualche minuto, onde spenderlo al mio personale servizio; e per conto deldisimpegno generale loro affidato, mancanti dell’indispensabile.

Cavaliere stimatissimo! troppo m’allungo, eppur nulla le dico! Per grandeessa fosse la mia buona volontà nel corrispondere con ogni sforzo alla fiduciadel ministero che mi ha eletta, e soddisfare le giuste esigenze degli isolani, devopur confessarle che a stento non soccombo allo scoraggiamento che mi assaleda tutte parti, ed in tutti i sensi tenta d’impadronirsi dell’animo mio.

Prima di darmi per vinta a Lei ricorro che nel rapido tempo di nostra cono-scenza buono tanto, e tanto generoso mi fu, onde implorare dalla sua gentilezzail consiglio più opportuno alla mia imbarazzatissima posizione!

Io non mi sento la forza d’addossarmi una responsabilità così grave di facciaal paese, che da me attende questi indispensabili, e generali miglioramenti, senon sono a ciò fare coadiuvata dalla pronta assistenza del ministero!

Senza uno straordinario provvedimento è assolutamente impossibile di ripa-rare ai gravi disordini materiali ed alle più interessanti necessità dell’educandato.

Senza le nomine dei maestri, maestre, e di una vice-direttrice, non si riesceper isforzi a porre un freno all’anarchia che vi regna, e molto meno si può modi-ficare e far prosperare l’educazione morale di queste povere giovanette chehanno d’altronde in se stesse, tutte, ed intelligenza, e fertilità d’immaginazione, elo slancio generoso del cuore privilegiato da Dio, nella felice natura di questaridentissima terra.

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1 Niccolò Musmeci (cfr. nota 1 del doc. 6).

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Fonti per la storia della scuola

Faccia, ne la scongiuro Cavaliere, faccia col suo più caldo linguaggio unadettagliata pittura di quanto fin qui le ho detto al signor ministro di P. I. e miottenga quanto prima una risorsa, onde io non venga meno all’impegno deldover mio!

I regolamenti che mi sono stati comunicati mancano di certi articoli nonavvertiti, e che la pratica giornaliera mi fa cadere in osservazione, e questoaumenta l’imbarazzo della mia posizione. Prego Cavaliere la sua gentilezza d’ot-tenermi almeno il diritto di mettere in esecuzione le regole poste già in attivitàdall’Educandato di Milano, e la facoltà di trovarmi una cameriera esclusiva almio servizio, e tutti quei poteri relativi all’interno dei quali manco fin’ora assolu-tamente, avendo tutto dipeso pel passato dal buon sig. presidente, al qualesarebbe tempo di levare la briga troppo disturbosa di sopraintendere a tutti i fattidomestici, ed essere per conseguenza seccato, annojato dai pettegolezzi ch’o-gnuno va a gara di empirgli gli orecchi.

Mi ricordi umilmente al ministro, e gli faccia, la prego, da parte mia l’avver-tenza, che piuttosto di non poter, per mancanza di mezzi, sortire un esito felicedel mio assunto, ho troppo amor proprio, per non cimentarmi a fare una cadutasì antecipatamente preveduta.

A lei, mille e mille scuse di tante noje e disturbi, le mie proteste di stima e diriconoscenza, la mia servitù

Clotilde Ferrari Bravo

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Relazione di Aleardo Aleardi 1 sul Reale collegio femminile “agli Angeli” diVerona.

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1 Aleardo Aleardi era all’epoca professore di estetica nell’Accademia delle arti del disegnodi Firenze e consigliere straordinario nel Comitato per l’istruzione primaria e popolare.Nell’aprile del 1867 venne incaricato di visitare gli istituti femminili esistenti nelle province diVerona, Vicenza e Lodi al fine di «conoscerne con esattezza le attuali condizioni morali emateriali», essendo intenzione del ministero di procedere al loro riordinamento. Il Collegio“agli Angeli” di Verona fu oggetto di speciale attenzione: con lettera del 22 febbraio 1868l’Aleardi richiese una copia degli statuti del Collegio delle Fanciulle di Milano e dell’Istitutodella Ss. Annunziata di Firenze, coi loro programmi di studi, giudicando il regolamento del1867 per i conservatori della Toscana, evidentemente l’unico fornitogli dal ministero, del tuttoinadeguato a servire da modello a un istituto governativo (ACS, MPI, Personale 1860-1880,b.29, fasc. «Aleardi Aleardo»).

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Sezione I - Un patrimonio da riconquistare: gli educandati governativi e regi

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 91, fasc. «Tit. 16. Verona.83», s.fasc. «Verona, Reale Collegio femminile. Titolo 1° - Leggi, regolamenti, statutiecc.», ms.

Firenze, 6 maggio [1867]

Relazione sul Collegio femminiledegli Angeli in Verona

I

La città di Verona, dopo Venezia la più importante delle altre venete, à sem-pre portato il vanto di possedere numerosi istituti di educazione sia maschili, siafemminili. Alcuni di essi sono governativi, ma i più vengono sostenuti o dallaoperosa carità dei privati o da confraternite religiose. Fra i primi si contava ilCollegio dei Fanciulli detto di Santa Anastasia, che fondato sotto il primo imperonapoleonico ebbe fama del migliore che fosse nell’Alta Italia, ed era popolato daun centinajo di convittori, molti dei quali proprio nella vita privata e nella pub-blica diedero risultati ottimi, e talvolta splendidi. Ora questo, chiuso per capric-cio austriaco, non venne più riaperto1.

Sussiste tuttavia il Collegio delle Fanciulle chiamato degli Angeli, cheanch’esso ebbe fama di buono, dove accorsero, e sempre accorrono, fanciulledelle famiglie più distinte vuoi fra le patrizie, vuoi della grassa cittadinanza cosìdi Verona, come delle vicine provincie.

Esso ebbe origine da un decreto di Napoleone I datato da Milano l’8 febb. 1812,e venne aperto il 3 settembre dello stesso anno. Fu poscia conservato a stabilimentoordinato dal cessato governo austriaco con Risoluzione Sovrana del 21 nov. 1823,comunicata dalla I. R. Commissione Aulica degli Studii nel dicembre stesso anno2.

171

1 Il Collegio dei Fanciulli detto di S. Anastasia fondato sotto il primo impero napoleonico echiuso successivamente dagli austriaci è probabilmente da identificare con il convitto annessoal Liceo statale istituito con decreto del 14 marzo 1807 e chiuso nel 1860, come scrive TULLIO

RONCONI, Le origini del R. Liceo Ginnasio S. Maffei di Verona, in ID., Studi maffeiani, Torino,Bocca, 1909, pp. 118 e seguenti.

2 La fondazione del Reale Collegio femminile di Verona detto “agli Angeli” era seguita aquella del Collegio reale delle Fanciulle di Milano, istituito da Napoleone I con decreto del 19settembre 1808 e aperto tra la fine del 1810 e l’inizio del 1811. Sul regolamento napoleonicodel 1812 emanato per il Collegio femminile di Verona il governo austriaco intervenne con suc-cessive modifiche, fino al Regolamento generale e disciplinare sancito con le Sovrane risolu-zioni del 13 luglio 1836 e 28 febbraio 1837. Tale regolamento stabiliva definitivamente la con-servazione del collegio «colla stabile organizzazione fissata con Sovrana risoluzione del 21novembre 1823». “Anima” del Consiglio d’amministrazione divenne il curatore, un punto di

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Fonti per la storia della scuola

Scopo di tale istituzione (come di tutte le altre consimili) fu quello di darealle fanciulle una educazione morale ed utile e ornata di quella coltura, che afamiglie bennate si conviene.

Per offerire poi commodità alla gente non ricca, o per premiare i padri cheavessero per ragione di magistratura, d’insegnamento o di milizia bene meritatodello Stato, si istituirono 25 posti gratuiti, e altri 25 semigratuiti, che si ottengonomediante concorso le cui norme son fissate nel regolamento che si unisce allapresente relazione sotto A.

Il collegio non possiede nessuna sostanza stabile. I suoi provventi consisto-no nelle rette delle educande a intero o a mezzo pagamento, e nel sussidio che ilgoverno largisce supplendo a tutte le altre spese secondo i preventivi annuali.

Sotto la ditta r. governo usufruttuario e provincia di Verona proprietaria, sitrova allibrata in censo la rendita di Aus. £ 141.50 attribuita al locale di questostabilimento. E siccome in esso non potrebbero capire, senza disagio, più di uncentinajo di fanciulle, la rendita del collegio sarebbe costituita dalla retta delle 50paganti e dalla mezza-retta delle altre venticinque.

Codesta retta in sul principio stabilita in Aus. £ 800 per le prime, e in 400per le seconde, venne elevata (con ministeriale dispaccio 17 marzo 1865) adIta. £ 814.80 e a 407.40.

Per il corredo corre obbligo a tutte indistintamente di contribuire entrando£ 328.40.

La direttrice ha la intera sopraintendenza del collegio, e la piena responsabi-lità. Una maestra è incaricata della interna economia sotto la ispezione di lei; unaistitutrice, destinata dal Consiglio di amministrazione, assiste codesta maestra,ove fosse chiamata a supplire la direttrice, o assente o malata.

Il ragioniere economo, ajutato da uno scrittore […]1, tiene i libri e i conti, à ilmaneggio e la responsabilità della cassa; ma non può fare né riscossione, népagamento senza ordine della direttrice. Le altre funzioni della economia vengo-no, come di solito, esercitate dalla guardarobiera e dalla infermiera.

La direttrice presenta al Consiglio d’amministrazione, nel febbrajo il preven-tivo, nel dicembre il consuntivo per l’anno, il quale ultimo viene riveduto dallacontabilità di Stato.

Niuna spesa ordinaria si può fare se prima non figuri nel preventivo; per lestraordinarie occorre sempre l’approvazione superiore.

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riferimento di particolare importanza per il governo, cui doveva la sua nomina, poiché aveva ilcompito di esercitare una diretta sorveglianza sull’amministrazione e sull’andamento dell’istitu-to. Cfr. Reale Collegio femminile in Verona, Verona, Stab. Tip. di G. Franchini, 1873 e C.BELLOTTI, Brevi cenni storici sul Reale Collegio femminile agli Angeli in Verona 1812-1912,Verona, Officine Grafiche G. Franchini, 1912.

1 Illeggibile.

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Sezione I - Un patrimonio da riconquistare: gli educandati governativi e regi

La sopraintendenza generale del collegio è affidata ad un Consiglio d’ammi-nistrazione che si compone del r. delegato (ora del prefetto), dello ispettore pro-vinciale delle scuole, della direttrice, e di un probo e distinto cittadino, il qualeassume il nome di curatore ed è eletto dal governo.

Il Consiglio si raduna ogni tre mesi, e più spesso, se occorre, ove il prefettocreda opportuno convocarlo. Il Consiglio fa le sue ispezioni con frequenza allacassa, ai registri, ai depositi di generi. L’anima però del Consiglio è sempre ilcuratore, che sarebbe come a dire qua l’operajo.

Il locale, che un tempo, se non erro, serviva a convento di Benedettine, èvastissimo.

Vi ànno degli ampi cortili ricinti da chiostri, dove poteva in tempo di verno odi piova passeggiare commodamente e giuocare. Vi à uno spazioso brolo di 7campi veronesi (che sarebbero a dire 22 pertiche censuarie1) il quale scusa lepasseggiate fuor dal collegio che non si costumano fare se non due o tre volte ilmese appunto per questa comodità.

Anzi, per recente disposizione, non è accordato alle alunne di uscire dalconvitto per andar alle loro case, fuorché per malattia dei genitori, essendosiosservato che tornavano troppo sviate e distratte, e duravan fatica a ripigliare leabitudini della disciplina. Le camerate sono la più parte ampie e visitate dal sole:sane e capaci le scuole, nelle quali si è dovuto fare solamente qualche osserva-zione sulla forma non del tutto opportuna delle panche.

V’è un magnifico refettorio; ottime le cantine, come erano per consuetoquelle dei conventi; alquanto ristrette per altro, cucina e dispensa.

V’à una specie di ampio anfiteatro girato da colonne, dove si danno le solen-nità dei saggi ne’ quali si fa mostra dei lavori; e nel carnovale, delle festine daballo; e dove si dovrebbero dare delle rappresentazioni drammatiche per avvez-zare le fanciulle alla declamazione, alla facilità del dialogo, al portamento, aldisinvolto contegno della società.

La pulizia è inemmendabile per tutto. Vi sono quattro vasche di marmo perbagni alle quali altre di mobili se ne aggiungono la state.

L’aria è buona, ottima l’acqua, sano il vitto e sufficientissimo. Tre pasti ilgiorno. Al mattino caffè e latte, o cioccolata; a pranzo, minestra, due piatti, efrutta, pane e vino; la sera zuppa, frutta, pane e vino.

Anche per lo innanzi ci era sempre una maestra di ballo: ma di ginnastica ilcessato governo non volea punto saperne; e le fanciulle anche nel grande brolo

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1 Cioè di circa 13.200 mq. (poiché la pertica equivaleva, come misura di superficie, a circa600 mq.); benché tenuto «a prato selvatico» e quindi poco ombreggiato – come precisal’Aleardi in un passo della sua relazione che qui è stato espunto – secondo la mentalità deltempo si adattava bene alle ricreazioni delle alunne perché protetto da un alto muro di cinta.

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doveano andarsene in drappelli ordinati a due a due come fossero al passeggiopubblico. Ora invece saltano e corrono a lor talento; e qualche giuoco ginnasti-co lo fanno, la state all’aperto, sotto i chiostri l’inverno, mercè la cura dell’ope-rajo, che lo poté introdurre. Ma insegnata dalla maestra stessa di ballo, codestaginnastica è poca cosa.

Come negli altri educandati anche qua si insegna, o meglio si dovrebbe insegna-re, le solite materie. Religione e morale, economia domestica, lingua italiana, france-se e tedesca, geografia, storia, aritmetica, disegno, ballo, lavori femminili, tutto quel-lo infine che dovrebbe formare una madre di famiglia e una donna istrutta.

Le alunne attualmente son divise in 4 classi, senza visibile distinzione di colorinella cintura o nelle cigne1: ogni classe è suddivisa in 2 sezioni. Esterne non vi sono.

V’à tre istitutrici per classe, le quali, con ottimo avviso, fanno contempora-neamente anche da maestre, insegnando lettura, calligrafia, geografia, aritmetica.Gli altri insegnamenti sono porti da un catechista, da un direttore spirituale, daun maestro di grammatica, col suo assistente, da un maestro di lettere e di storia,da maestri di lingua tedesca, di cembalo, e di disegno.

Una istitutrice à lo incarico di insegnare la lingua francese.[...]

III

Tre, dallo aprirsi dell’istituto, furono le direttrici:In prima certa Guazza, buona donna, che lo resse per lunghissimi anni, e fu

repugnante ad ogni novità: poi venne la sig.a Alfieri: finalmente, dopo tre annidi interregno, l’attuale2.

La soddisfazione delle convittrici, delle loro famiglie, del Consiglio d’ammi-nistrazione, del governo, fanno testimonianza, che la scelta fu eccellente.

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1 Sembra quindi che nel collegio di Verona fosse ormai stato abbandonato l’uso di indicarela suddivisione delle alunne in classi con i diversi colori delle cinture; di origine francese, dalleMaisons Impériales tale uso era passato al Collegio Reale delle Fanciulle di Milano: «Les classesseront distinguées par la couleur de la ceinture» recitava l’art. 18 del Règlement général provi-soire du Collège Royal des Demoiselles de Milan del 17 dicembre 1810 (in ASM, Fondo Studi, p.m., b. 131, Collegio Reale delle Fanciulle). La tradizione era stata seguita anche presso l’Istitutodella Ss. Annunziata di Firenze.

2 Amalia Guazza ricoprì l’incarico di direttrice dalla fondazione del collegio alla morte,avvenuta nel 1854. Le succedette Amalia Alfieri, milanese, che lasciò il posto per rinuncia nel‘61 per non continuare a subire nell’esercizio del suo ufficio i condizionamenti delle direttivedell’Austria, divenendo nel 1862 ispettrice e quindi direttrice dell’Istituto della Ss. Annunziatadi Firenze. Nel 1867 la direttrice del Collegio “agli Angeli” era Caterina Brunat, nominata a rico-prire tale incarico nel 1864, dopo tre anni di direzione provvisoria tenuta dalla maestra econo-ma Anna Moretti.

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Sezione I - Un patrimonio da riconquistare: gli educandati governativi e regi

Figlia di padre francese, nata a Milano, ella stette alcuni anni nella severa emodesta corte del viceré Ranieri d’Austria: colta senza ostentazione conosce varielingue; rigorosa coi soggetti; vigilante senza pedanteria; cortese e alla mano; affet-tuosa colle alunne, pietosa verso le malate, si fa amare e rispettare ad un tempoda tutti serbando sempre l’aria rigidetta e aristocratica della antica dama.

Quella che, ove bisogni, ne fa le veci, è la maestra economa, abbastanzaintelligente, antica del luogo, e un po’ forse troppo indulgente. Il drappello delleistitutrici è buono, e nei modi gentile. Fanno lietamente il lor debito; ed oraqualche volta, sospinte dal curatore, più di quello che prima solevan fare.

Il curatore è uomo nobilissimo e ricco, considerato nel paese più per labontà, che per la mente; è religioso ma non bigotto; non punto pedante: amaquelle fanciulle, come fosser sue; ed esse, a quanto ho visto, lo riamano, e gliànno confidenza. Egli s’industriò sempre a cercar miglioramenti, secondo gliragionava la non larga intelligenza, e gli permetteva una guardinga opposizioneal cessato governo: e ne trasse difatto qualche buon risultato, essendo che a luisi debba quel po’ di ginnastica, e di storia italiana, e quel pochissimo di notiziefisiche, che ivi si insegnano. Altri se ne potrebbero trovar più capaci, ma non piùamorosi. Ogni buona novità sarebbe per lui accettata1.

La concordia regna nel luogo, dove spira un’aria sana di moralità.Le pratiche religiose non soverchiano. Messa e orazioni giornaliere; confes-

sione una volta il mese, ma senza obbligo: spiegazione del Vangelo, la festa.Si pensa abbastanza a educare il cuore.Non c’è quello ascetico odor di convento, che spesso attrae le giovani imagi-

nazioni: ma pure le alunne si affezionano al luogo. Prova ne sia il vedere, comele fanciulle ivi educate, diventate madri, volontieri alla lor volta vi affidino lefigliuole; e prova se n’ebbe anche poco fa, quando per lo scoppiar dell’ultimaguerra, essendone uscite molte, anche le grandi che avevano assaporata l’ariadesiderata della libertà, con amore spontaneo vi rientrarono.

IV

Del governo della famiglia poco si intendono le istitutrici, e pochissimoquindi le alunne. Non si pratica mai di farle capaci delle cure e delle faccendedomestiche; di iniziarle alla tenuta dei libri; ai conti delle provvisioni; alle operedella cucina.

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1 Il conte Antonio Pompei, che, con la collaborazione della direttrice Caterina Brunat,aveva cautamente introdotto alcune innovazioni nell’ordinamento didattico. Nel ‘68-69, conAleardo Aleardi e il prefetto Antonio Allievi, fece parte della commissione nominata per elabo-rare il progetto del nuovo statuto organico, approvato con il decreto del 21 luglio 1870.

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Fonti per la storia della scuola

Quello poi dove occorre mettere pronto rimedio è il modo vecchio e lainsufficienza dell’istruzione. La grammatica sola è insegnata con qualche cura:ma sopra di essa troppo lungamente si tengono occupate le alunne, invadendogli anni, che dovrebbero essere consacrati alla composizione e alla letteratura.

Divisione d’insegnamento, come nelle nostre elementari, di inferiore e supe-riore, non c’è.

In questo collegio non s’è mai potuto parlare di geografia antica, di geogra-fia fisica, di scienze naturali, di principj di fisica, e di geometria.

Ora il maestro di grammatica porge alla classe delle grandi qualche notiziadi cose naturali, ch’egli stesso ignora, senza né ordine, né principj. Sono fattistaccati messi dinnanzi, così per isvago, come se uno raccontasse dell’aria, deltermometro, dell’acqua, e via discorrendo, senza badare che cosa gli uditoricomprendano.

L’aritmetica si porta fino alle frazioni e poco più in là. Si è cominciato a darequalche elementarissima nozione sulle prime figure geometriche, ma si vede chela istitutrice incaricata di ciò si industria d’insegnare quello che essa stessa àimparato la vigilia, senza sicurezza del fatto suo, senza proprietà di parola.

L’insegnamento della lingua tedesca c’è bensì sul regolamento, ma in fattonon sussiste più, perché il maestro seguitò i suoi compaesani oltre Alpe; sarebbequindi necessario eleggerne un altro, a meno che non si credesse di fare appren-dere invece della tedesca (che era obbligatoria) la lingua inglese; un maestrodella quale, a ogni modo, ci avrebbe ad essere, come c’è negli altri educatorigovernativi d’Italia.

La lingua francese, insegnata da istitutrice italiana, viene pronunziata inmodo quasi veneto. Esaminate le alunne non solo non potevano dallo italianotradurre nel francese, ma erano molto incerte nel volgere il francese nella nostralingua. I loro compiti non andavano esenti da errori di ortografia, e non aveano,il più delle volte, sapore di francese.

E qui, a proposito di pronunzia cade opportuno l’osservare che, se non siobbligheranno gli istituti a pigliare una maestra francese, o per molto temporimasta in Francia, non otterremo mai ragionevole pronunzia di questa lingua.Come (specialmente nel Veneto i cui dialetti ripugnano a battere le consonantidoppie, e sbagliano sovente nella larghezza dell’E e dell’O) se non si manderàuna romana o una fiorentina, non avremo alunne che pronunzino bene néanche la nostra lingua. Non parlo poi della inglese.

Ho osservato, ad esempio, in alcune composizioncelle italiane, riccorreresempre, in tutte, gli stessi errori di ortografia: ed era cosa naturalissima, giacchéscolare, maestre e maestri pronunziavano tutti a quel modo.

I principj della religione sono insegnati come va: ma troppo eccessivo svi-luppo si dà alla storia sacra, la quale poi, anche per le classi superiori, consiste

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Sezione I - Un patrimonio da riconquistare: gli educandati governativi e regi

tutta nella ripetizione di fatterelli appresi a memoria, senza né gusto, né criterio,che le piccole basterebbero a ben impararli.

Quanto a geografia, come dissi, poco si insegna: di cosmografia nulla; nulladi geografia antica, o di geografia fisica. Vi troveranno le città capitali; vi dirannola divisione degli Stati; e dei mari: ma addentrarsi in cose meno elementari nonsanno.

Dove finalmente lo insegnamento è ancor più imperfetto, è quando dovreb-be essere perfettivo.

Quivi s’insegna come insegnavano un secolo fa. Tutta la lor letteratura consi-ste in qualche fattura di lettera mal cucita, e senza venustà di lingua: in qualchedescrizione declamatoria, falsa, o arcadica di cose che non conoscono, o nonhanno veduto (come m’è toccato sentire la descrizione di Gerusalemme, e quel-la del sole); si ignora il vero, lo schietto, il naturale: non si insegna a pensare, adesprimere il sentimento che s’à dentro; non si dà un’idea dello stile, della poesia,del bello.

Qualche meschino brandello di Dante, o di Petrarca, appreso a memoria, ètutta la lor coltura. Che se chiami le alunne a commentar quel che dissero, o avolgere in prosa naturale que’ versi, perdono subitamente la bussola.

La storia viene insegnata come nel più infimo dei seminarii, sa soltanto direligioso: è la storia di cento anni fa. Tutti i nuovi campi in cui ella oggi s’aggira;gli splendidi indirizzi, che le furon dati; le conquiste che à fatte; le verità che àmesse in sodo sono cose del tutto sconosciute a quel pregiudicato maestro.

Due parole sulle antichissime monarchie dell’Oriente, basate per intero sullaBibbia; quattro parole sulla storia greca; un po’ più diffusa la romana; molto con-fusa quella del Medio Evo; e fino all’anno passato largamente trattata la storiaaustriaca, sono il sapere istorico di quelle fanciulle.

Di storia d’Italia, della quale prima non se ne voleva sapere, ora s’è comin-ciato a dir qualche cosa: ma poco o nulla ne sanno le alunne, e poco, pare,anche il maestro. E anche su quello che appresero, e che dovrebbero sapere,rispondono incerte, e inciampano spesso, come chi à imparato a mente, e nonha digerito dentro di sé le cognizioni.

Di storia letteraria italiana, e molto meno francese, non se ne parla né anche.I libri di testo, che adoperano anche le classi superiori, sono elementari e

monchi, fatti ad uso dell’Austria e dei seminarii.Toltone qualche carta geografica, non c’è nulla di quanto bisogni; né carte

murali; né di geografia fisica; né oggetti di storia naturale, né macchine di fisica,né altre simili cose indispensabili.

Biblioteca non c’è, né ce n’è mai stata né anche l’ombra.Il maestro di disegno riesce in otto anni a far imbastire i contorni d’un ornato

o d’un fiore: mai un’intera macchia, né un principio di figura, né un tocco di

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colore, né un segno di paese, né una linea di prospettiva.Egli è uomo, a quel che dicono, capace; ma ruvido di modi, inerte d’indole,

senza nessun amore per l’arte sua. Il maestro di cembalo (fra i tanti valenti di cui va ricca Verona) è tale che non

osa oltrepassare la linea di Zingarelli1 e di Cimarosa. Usa esercizi antiquati; nonispira il più piccolo sentimento d’arte; non riesce a nulla.

Cosicché non è da tanto tempo uscita di quell’istituto fanciulla, che valessequalche cosa né in musica né in disegno.

È cosa dura, ma è forza dirlo: l’insegnamento del Convitto degli Angeli èquasi del tutto a rifare; e la piaga maggiore sono i metodi rancidi; e la medio-crità, per usare parola cortese, degli insegnanti. Nella quale opinione la stessadirettrice e il curatore furono costretti lor malgrado a convenire.

I maestri son vecchi del luogo; alcuni, appunto perché inetti, bisognosi; nonsi à coraggio di allontanarli; e così per non li danneggiare si va ogni giorno piùdanneggiando la fama del collegio, l’educazione delle fanciulle, e l’avveniredelle famiglie.

V

Da quanto si venne esponendo torna facile rilevare gl’opportuni rimedii.Essi, quanto al locale, consisterebbero nello innalzamento dei 4 soppalchi

dei dormitorj, e nello incanalamento almeno parziale delle acque.Quanto alla istruzione occorrerà provvedere l’istituto di una serie di carte

geografiche, di sfere, di quadri di storia naturale, delle prime macchinette di fisi-ca, e di un poco di biblioteca.

Occorrerà inviarvi buoni libri di testo: e ingiungere ai maestri che vi si atten-gano, e che spingano gli studii fino al livello cui son giunti negli altri collegi.

Si potrebbe anche inviar loro un pajo dei migliori giornali che si ànno d’i-struzione primaria, acciò possano meglio comprendano [sic ] i metodi da usarsi.

Fatta per un anno la prova sulle istitutrici e sui maestri, ove, come è probabi-le, questa non riesca, consigliare specialmente alcuni di questi ultimi a chiederela loro pensione, e supplirvi poi con gente nova, meglio se laica, o almeno conqualche sacerdote morale, valente, e liberale, di cui Verona non manca.

Consigliare a chiedere il suo riposo al maestro di musica, e anche a quel di

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1 Con il riferimento a Domenico Cimarosa e a Nicola Antonio Zingarelli, compositoreanch’esso assai stimato ai suoi tempi, l’Aleardi insiste sul carattere antiquato della didatticaimpartita presso l’educandato, sottolineando, nel caso dell’insegnamento musicale, tutt’altroche trascurabile presso gli istituti per ragazze di agiata condizione, la distanza del maestro dainuovi gusti musicali ottocenteschi.

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Sezione I - Un patrimonio da riconquistare: gli educandati governativi e regi

disegno, ove questi non voglia stimolare la sua operosità ad insegnare, se sa, dipiù.

Eleggere un maestro di lingua tedesca; cercare per la francese, una donna diFrancia; porre tra il numero delle istitutrici una toscana; mettere un insegnamen-to di lingua inglese; e un maestro di ginnastica.

Con tali miglioramenti, e con tali aggiunte, il vostro relatore è d’opinione chein qualche anno il Collegio degli Angeli in Verona potrà riacquistare l’antica suafama, e porsi a livello dello insegnamento che i tempi nuovi richiedono.

E siccome questo gli è il solo governativo della provincia veneta, nel qualevi siano posti gratuiti, o semi-gratuiti; e quindi sia accessibile alle famiglie malprovviste dei beni di fortuna; così si potrebbe aggiungere al corso un altro annodi scuola normale; compiuto il quale, e dati con soddisfazione gli esami, le gio-vani, con poca spesa dello Stato, potessero conseguire una patente che le abili-tasse allo insegnamento elementare; e le ponesse in grado di assumere un postodi istitutrice in case signorili, le quali finora con nostro danno e vergogna le chia-mano sempre dall’estero.

Aleardo Aleardi

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SEZIONE II

I CONSERVATORI DELLA TOSCANATRADIZIONI E NOTABILATO LOCALE

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Relazione al ministro del direttore dell’Ufficio centrale della pubblica istruzionein Toscana Marco Tabarrini 1 sui conservatori per l’educazione e l’istruzionefemminile.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 64, fasc. «Tit. 16. Firenze(città). 26», s.fasc. «Pratica generale e collettiva», ms. con firma autografa.

Firenze, 20 maggio 1861

Per provvedere alla istruzione femminile in Toscana, furono istituiti fino dalsecolo passato dal governo del granduca Pietro Leopoldo sodalizi femminili,aventi patrimonio proprio o proveniente da lasciti pii, o da altre fondazioni chesi amministrano sotto la dipendenza del Dicastero degli affari ecclesiastici2.Questi sodalizi non sono stretti da alcun voto religioso per la massima parte, esolo vestono abito monacale uniforme, hanno per iscopo la educazione dellesignorine e sono sparsi in copia per tutte le città e per alcune terre dellaToscana. La cultura delle giovanette che escono di convento (come suol dirsi) fasovente onore al luogo dove sono state educate, e suole limitarsi agli elementi digrammatica e di letteratura, alla declamazione, alla musica, al ballo, ai lavorifemminili più scelti. Gli insegnamenti sono dati da maestri scelti tra preti e seco-lari e dalle maestre che dirigono il luogo di educazione; ma il Ministero della

1 Marco Tabarrini (1818-1898), esponente del liberalismo toscano moderato e cattolico, trail 1859 e il ‘60 chiamato a collaborare, sotto la direzione di Ricasoli, all’unione della Toscana alPiemonte, in qualità di direttore dell’Ufficio centrale della pubblica istruzione del governodelle province toscane traccia un primo quadro della situazione dei conservatori femminili,sottoposti nel granducato, nell’ultimo decennio preunitario, al Ministero degli affari ecclesiasti-ci, e sollecita il Ministero della pubblica istruzione ad avviare le pratiche per farli passare sottola sua giurisdizione. Su Marco Tabarrini cfr. l’introduzione di Sergio Camerani a M. TABARRINI,Diario 1859-1860, a cura di A. PANELLA, Firenze, Le Monnier, 1959 (rist. anast. Firenze, Cassa diRisparmio di Firenze, s.d.).

2I conservatori, infatti, seguendo le sorti degli istituti sottoposti al controllo della

Segreteria della regia giurisdizione o del regio diritto, nel 1848, con la cessazione di questa,erano passati alle dipendenze del Ministero degli affari ecclesiastici, rimanendo distinti dagliistituti entrati nella sfera di competenza del Ministero della pubblica istruzione granducale.

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pubblica istruzione non ha ingerenza alcuna nella scelta dei maestri e neppure ilMinistero degli affari ecclesiastici dal quale dipendono direttamente. Così laistruzione cammina a caso il più delle volte, ed è stimolo a bene solo la maggio-re o minor riputazione che gode l’un conservatorio in paragone dell’altro.

È vero che un operaio laico nominato dal Ministero degli affari ecclesiasticipresiede alla amministrazione delle rendite di quei luoghi di educazione; ma,salve molte onorevoli eccezioni da farsi per i conservatori posti nelle città piùgrandi e più colte, nei minori centri il più delle volte egli non si occupa né benené male di ciò che è educazione ed istruzione. Queste istituzioni di educazionee di istruzione dipendenti interamente dal governo meglio sarebbero regolatesotto il governo del Ministero della pubblica istruzione, che sotto quello degliaffari ecclesiastici, e però quest’uffizio centrale sollecita cotesto ministero a vole-re aprire le pratiche occorrenti a regolare la cosa.

Avverte inoltre che gli ispettori delle scuole incaricati di redigere i quadri sta-tistici richiesti da cotesto r. ministero, chieggono di intendersi con gli operai pre-posti ai conservatori, che sono tanta parte della istruzione femminile, ed aspetta-no le superiori disposizioni per ciò che riguarda al modo in cui debbono conte-nersi nelle ricerche relative a questi istituti.[...]

Il direttoreM[arco] Tabarrini

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Comunicazione del prefetto di Firenze Girolamo Cantelli al Ministero di graziae giustizia e dei culti sui conservatori della provincia di Firenze 1.

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1 Dopo l’abolizione degli educatori annessi ai conventi (legge del 7 luglio 1866 per la sop-pressione delle corporazioni religiose), i conservatori, separati dagli istituti aventi indole diOpera pia, sarebbero passati alle dipendenze del Ministero della pubblica istruzione. Questacomunicazione di Cantelli si rivela di particolare interesse per il giudizio espresso sul regola-mento leopoldino del 6 settembre 1785, sul quale si erano retti i conservatori, e sulle sue suc-cessive applicazioni, dimostrando una nuova sensibilità politica per la centralità e l’urgenza deiproblemi dell’educazione femminile. A differenza dei moderati toscani, che anche in seguito simantennero legati a una visione essenzialmente statica delle riforme leopoldine – ben prestocalate dalle loro poco solide impalcature perché osteggiate da resistenze e difficoltà di ognisorta e prive di un effettivo radicamento sociale – il prefetto di Firenze non esita a mettere in

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Sezione II - I conservatori della Toscana: tradizioni e notabilato locale

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 64, fasc. «Tit. 16. Firenze(città). 26», s.fasc. «Pratica generale e collettiva», ms.

Firenze, 4 settembre 1866

L’unito prospetto dei conservatorj esistenti in questa provincia risponde aiquesiti contenuti nella nota controsegnata, e lo scrivente trasmettendolo a cote-sto ministero deve notare come il ritardo della compilazione di questo ha causada alcuni operaj ai quali è occorso rinnuovare sollecitazioni, e ritornare ancora iprospetti erronei o incompleti trasmessi.

Tranne i due conservatorj di Ripoli e della Quiete1, fondati a scopo di educa-zione ed istruzione delle fanciulle italiane, rileverà il ministero come gli altri 16sono monasteri claustrali trasformati per effetto delle leggi leopoldine, ai qualimanca qualsiasi carattere di corporazione religiosa. Difatti niuno di essi ha rego-la monastica, ed in tutti si osserva invece il regolamento del 6 settembre 1785; leoblate non professano voti religiosi, e conservano la loro personalità civile.

Se rimane escluso che tali stabilimenti possano considerarsi quali corpora-zioni religiose, non può disconoscersi però che gli rimane tuttora una improntamonastica, per effetto del regolamento 1785, che conviene far cessare affattonell’interesse della buona educazione ed istruzione delle fanciulle che vi concor-rono da ogni parte d’Italia.

La trasformazione operata nel 1785 non fu completa, e conservandosi le tra-dizioni dell’antico ordine cui apparteneva il monastero e l’abito dell’ordine stes-so, e rilasciando all’ordinario diocesano la scelta del confessore, si lasciò unaddentellato di monachismo, ed aperto il campo alla influenza clericale, la qualenon si è trattenuta dal valersene. Le oblate infatti impiegano nelle pratiche didevozione un tempo molto maggiore di quello sia necessario per sodisfare aidoveri di religione, a scapito della istruzione, ed educano le fanciulle ad unbigottismo punto confacente alla posizione sociale alla quale sono chiamate.Tali inconvenienti d’altronde non si verificano nell’Istituto della Ss. Annunziata

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luce gli effetti negativi di quegli aspetti del regolamento del 1785 che, lasciando aperti dei var-chi all’influenza clericale, invasiva nel campo dei conservatori femminili, impediscono, a suoparere, la laicizzazione di questi istituti.

1 Si tratta dei Conservatori delle Signore Montalve, “La Quiete” e S. Jacopo di Ripoli, sui qualisi vedano le schede di Anna Scattigno in Internato ed educazione per “signorine”, a cura di S.FRANCHINI, in Le donne a scuola… cit., pp. 122-129; S. PUCCETTI, Gli archivi delle signore Montalve:fonti per la storia dell’educazione e dell’istruzione in Toscana, in «Annali di storia dell’educazionee delle istituzioni scolastiche» 1998, 5, pp. 69-93 e S.S. MACCHIETTI, Eleonora Ramirez Montalvo peril rinnovamento dell’educazione femminile nel ‘600, in Educazione, scuola e formazione docen-te. Studi in onore di Enzo Petrini, Udine, Del Bianco, 1994, pp. 201-212.

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Fonti per la storia della scuola

che ha una origine più recente, 18221, ed una costituzione diversa. Ravvisa quin-di necessario lo scrivente che in questo rapporto l’ordinamento di quei stabili-menti sia variato per modo che, senza trascurare la educazione ed istruzionereligiosa delle fanciulle, perdano ogni impronta monastica.

Tanto meno ritiene che i notati conservatorj possano considerarsi comeOpere pie poiché non servono a favore esclusivo e gratuito delle classi menoagiate, ed anzi non possono profittare che a quelle classi che vivono in una ele-vata e comoda posizione sociale, da permettere la non tenue spesa del manteni-mento delle fanciulle. In questo concetto scese cotesto ministero e quello delloInterno nel 1864 quando occorse risolvere la questione proposta sulla natura ditali conservatorj, e che fu definita in senso conforme alla ufficiale di questo uffi-zio del 16 decembre 1864.

Pochi sono gli atti di fondazione che si conservano in quelli stabilimenti eche lo scrivente ha potuto procurarsi dagli operaj, i quali si sono limitati a farnenelle loro officiali la storia che in compendio è riportata nel prospetto. Si unisco-no pertanto n. 10 allegati alcuni dei quali non sono che i regolamenti per l’am-missione delle fanciulle, ed i programmi della educazione ed istruzione loroimpartita. Pur tuttavolta che il ministero lo desideri sarà a trasmettergli ad ognirichiesta le officiali degli operaj.

Il prefettofirmato G[irolamo] Cantelli2

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1 L’impianto dell’educandato venne accuratamente progettato in base a una rielaborazionedel modello di origine napoleonica. L’atto di fondazione fu emanato da Ferdinando III il 20novembre 1823; cfr. S. FRANCHINI, Élites ed educazione femminile… cit., parte I.

2 Girolamo Cantelli, conte di Rubbiano (Parma 22 giugno 1815 - 7 dicembre 1884) ressel’incarico della prefettura di Firenze dal settembre 1864 all’ottobre del 1867. Deputato per ilcollegio di Parma nella VII e VIII legislatura, nel 1865 venne nominato senatore del regno. Fuministro dei Lavori pubblici e ministro dell’Interno nel primo e nel secondo ministeroMenabrea. Entrò di nuovo a far parte dell’ultimo governo della destra come ministrodell’Interno nel gabinetto Minghetti (con l’interim della Pubblica istruzione dal 6 febbraio al 27settembre 1874). Nel 1872 fu chiamato da Antonio Scialoja, che allora reggeva il dicastero dellaPubblica istruzione nel ministero Lanza, a presiedere la Commissione d’inchiesta sull’istruzionesecondaria maschile e femminile (cfr. in questa stessa collana ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO,L’inchiesta Scialoja… citata).

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Sezione II - I conservatori della Toscana: tradizioni e notabilato locale

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Considerazioni dell’ispettore delle scuole della provincia di Firenze DomenicoCarbonati 1 sulle condizioni dei conservatori e degli educandati della provincia.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 64, fasc. «Tit. 16. Firenze

(città). 26», s.fasc. «Pratica generale e collettiva», ms. con firma autografa.

Firenze, 15 novembre 1866

La città e provincia di Firenze sono fra le più ricche d’Italia per numero erendite considerevoli degli educandati e conservatori, i quali devono la loro ori-gine alla sapienza riformatrice di Pietro Leopoldo, che in questi trasformò nel1785 i soppressi conventi e monasteri erogandone in loro pro il patrimonio.

Considerati i tempi della loro primitiva instituzione, ed esaminati i principiifondamentali che informano il loro primo ordinamento, si può asserire esserquelli fra le migliori opere del generoso Principe riformatore. Ma in progresso ditempo, in luogo di migliorare secondo le esigenze de’ nuovi tempi e le condizio-ni della presente civiltà, pare che siano andati quasi sempre peggiorando. Così,sebbene per divieto fatto nel regolamento non possono essere le maestre vinco-late da voti monastici, nel fatto però vestono, vivono e danno educazione deltutto monacale. La religione è tutta riposta nelle pratiche esteriori e nella fedecieca. Le materie d’insegnamento non sono ben determinate, né tutte conve-nienti ai bisogni delle famiglie e alle condizioni dei tempi. Le alunne certo nonsono avviate a divenire buone madri di famiglia. Compiuta la loro educazione sitrovano in una società nuova affatto differente da quella che fu loro falsamente

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1 Domenico Carbonati (21 maggio 1830 - 15 settembre 1873), dopo aver insegnato per undecennio lettere e pedagogia nelle scuole normali e magistrali, era stato nominato nel 1865ispettore delle scuole elementari per la provincia di Firenze con l’incarico anche di provvedito-re. Fu successivamente provveditore agli studi nelle province di Udine e Belluno e quindi diSiena e Grosseto. Come provveditore di Siena rispose ai quesiti della Commissione d’inchiestaper l’istruzione secondaria maschile e femminile, non tralasciando quelli relativi agli educanda-ti femminili: facendo riferimento nella fattispecie ai conservatori della Toscana, giudicò questotipo di istituti in modo decisamente negativo soprattutto a causa dell’ancora imperante «spiritomonastico» (ACS, MPI, Div. scuole medie, 1860-1896, b. 9, fasc. 68).

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rappresentata. Si trovano quindi di necessità in lotta colla medesima, o ne diven-gono vittime innocenti.

È assolutamente necessaria una radicale riforma, non solo riguardo allematerie d’insegnamento, al sistema d’istruzione, ma più rispetto all’educazionemorale e civile.

Ma per riuscire in modo efficace e duraturo, sarebbe molto miglior sistemadi toglierli all’azione diretta del governo affidandoli a quella dei municipii piùimmediatamente interessati, che siano obbligati a riformarli con nuovi regola-menti dal governo approvati.

E se il governo non deve impadronirsi della proprietà e della rendita di taliistituti, ha pur dovere di rifiutare per l’avvenire ogni sorta di sussidio tolto dallaborsa dei contribuenti per benefizio della classe più agiata della società a dannodel popolo minuto, a cui fa ancora quasi generale difetto una conveniente eopportuna istruzione.

Non è egli ingiusto ed immorale che si spendano trentamila lire annue persussidiare l’aristocratico Istituto della Ss. Annunziata, mentre con queste sipotrebbero fornire mezzi pronti e sicuri per promuovere la prima istruzionepopolana in molti poveri paesi di campagna, dove quasi nessuno degli abitantisa leggere e scrivere1?

La vera libertà d’insegnamento pare debba incominciare dal trarre ogni sortadi privilegio alle classi più favorite dalla fortuna. A me pare cosa strana altresìche il governo concorra a mantenere un istituto dove le convittrici pagano laretta annua di lire 1200. Così dicasi degli altri delle varie provincie italiane2.Quante case ad esempio si potrebbero far costruire per iscuole elementari, sola-mente colla somma risparmiata dal sussidio tolto a tutti gl’instituti educativi perle classi agiate? Parlando solo della città e provincia di Firenze, sono tanti glieducandati e conservatori che dispongono di mezzi assai considerevoli3, da non

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1 Con queste considerazioni, l’ispettore Carbonati si riallacciava a una polemica aperta dalquotidiano fiorentino «La Nazione» nel 1861 e ripresa dal giornale nel ‘65. In particolare, in unarticolo apparso nel numero del 19 gennaio 1865 si era chiesto di porre tutti gli oneri dellacostosa educazione impartita alla “Ss. Annunziata” di Firenze a carico dell’utenza elevando laretta da 1200 a 1800 lire, per evitare al pubblico erario il dispendio di 30.000 lire annue. Suquesta polemica giornalistica del ‘65, dagli accenti dichiaratamente e provocatoriamente pro-gressisti, e sulla necessità politica, sottolineata dalla classe dirigente liberal-moderata, di nonfavorire l’afflusso delle élite verso gli istituti tenuti da ordini e congregazioni religiose, cfr. S.FRANCHINI, Élites ed educazione femminile… cit., pp. 335-339.

2 Si allude qui specialmente agli altri educandati governativi, largamente finanziati dalloStato, che erano allora il Collegio Reale delle Fanciulle di Milano, il Reale Collegio femminile diVerona detto “agli Angeli” e il Reale Educatorio Maria Adelaide di Palermo.

3 Tra i conservatori più ricchi della provincia di Firenze si annoveravano alcuni di quellisituati nell’ex capitale del granducato, e in particolare gli istituti delle signore Montalve.

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Sezione II - I conservatori della Toscana: tradizioni e notabilato locale

occorrere che il governo spenda la menoma somma per favorire l’educazionedelle signorine, lasciando nella più deplorabile e vergognosa ignoranza le ragaz-ze popolane.

Il r. ispettore delle scuoleprof.e [Domenico] Carbonati

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Elenco dei conservatori femminili della Toscana dipendenti dal Ministero dellapubblica istruzione secondo le indicazioni del Ministero di grazia e giustizia edei culti.

ACS, MPI, Div. Scuole primarie e normali (1860-1896), b. 64, fasc. «Tit. 16. Firenze(città). 26», s.fasc. «Pratica generale e collettiva», ms.

26 febbraio 1867

Conservatori femminili della Toscanadipendenti dal Ministero della pubblica istruzione

secondo le indicazioni date dal Ministero di grazia e giustizia e dei culti.

Provincia di Firenze

S. Maria degli Angeli in Firenze - Strozzi Alamanni operajoLe Mantellate ivi - Ginori Lisci id.Montalve di S. Jacopo di Ripoli ivi - Simone duca di S. Clemente id.Le Giovacchine ivi - Masetti id.S. Francesco di Sales o Conventino ivi - Carlo Vaj da Verrazzano id.S. Pietro a Monticelli - Zanobi Pasqui id.Montalve alla Quiete - F. Antinori id.SS. Annunziata in Empoli - Saverio Bini id.S. Chiara in S. Miniato - L. Bertacchi id.S. Marta in Montopoli - Lorenzo Piccardi id.S. Giovanni Battista in Pistoja - Giovanni Cucchi id.S. Nicolò in Prato - Ranieri Buonamici id.

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Fonti per la storia della scuola

S. Caterina in S. Marcello1 - Ignazio Lazzerini id.S. Domenico a Popiglio - P. Coli sig. Pietro id.S. Maria della Neve in Quadalto2 - Antonio ing.e Mughini id.S. Maria del Giglio alla Sambuca3 - (n.b. l’operajo De Rossi cav.e Gerolamo nonrispose peranco alla circolare di questo ministero)S. Maria della Neve al Portico4

Provincia di Siena

S. Maria Maddalena in Siena - sig. Riccomanni Cesare operajoS. Raimondo del Refugio in Siena - Palmieri Vincenzo (n.b. l’operajo non risposeper anco alla circolare di questo ministero)S. Pietro in Colle di Val d’Elsa - Francesco avv. Ceramelli operajoS. Chiara in S. Gimignano - (n.b. l’operajo N. Moggi non rispose per anco allacircolare di questo ministero)S. Caterina in Montalcino - D. Brigidi operajoS. Girolamo in Montepulciano - (n.b. l’operajo non rispose per anco alla circola-re di questo ministero)S. Stefano in Chiusi - Angelo Nardi-DeiS. Carlo Borromeo in Pienza - Pietro Faenzi operajo

Provincia d’Arezzo

S. Caterina in Arezzo - sig. Falciai Angelo (n.b. l’operajo non rispose per ancoalla circolare di questo ministero)S. Andrea in Bibbiena - Alessio Marcacci operajoS. Chiara in Castiglion Fiorentino - Giuseppe Tavanti id.S. Bartolommeo in San Sepolcro - Lattanzio Pichi id.SS. Annunziata in S. Gio. di Valdarno - Antonio Rossi id.S. Francesco in Lucignano - Giuseppe Griffoli id.

Provincia di Lucca

S. Michele Arcangelo in Pescia - Gambarini C.o Raffaele operajoS. Elisabetta in Barga - A. Cardosi-Carrara id.

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1 S. Marcello Pistoiese.2 Acquadalto.3 Sambuca Pistoiese.4 Oggi Portico di Romagna.

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Sezione II - I conservatori della Toscana: tradizioni e notabilato locale

S. Leone in Pietrasanta - Orazio Serneri id.

Provincia di Pisa

S. Anna in Pisa - Paolo Folini operajoS. Lino in Volterra - Luigi Verdiani id.

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Rapporto riservato del sottoprefetto del circondario di Pistoia al ministro dellaPubblica istruzione sui conservatori per l’educazione e l’istruzione femminile 1.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 67, fasc. «Tit. 16. Firenze(provincia). G-Pis. 29», s.fasc. «Comune di Pistoia. Conservatorio di S. Gio. Battista»,ms. con firma autografa.

[Pistoia], 7 maggio 1870

La S.V. Ill.ma sarà certamente informata della situazione anormale in che sitrova il R. Conservatorio di S. Giovanni Battista in Pistoia, per l’attrito che daqualche tempo si è manifestato fra la commissione, l’operajo e la direttrice diquello stabilimento; non mi sembra perciò opportuno che io riferisca su questoincidente, tanto più che, così facendo, invaderei le competenze dell’autorità sco-lastica preposta ed incaricata della sorveglianza su tali istituti; chiedo però il per-messo alla S.V. Ill.ma di sottoporre alla di Lei saviezza alcune generali osserva-zioni in ordine ai conservatorii di questo circondario, i quali mi sembra nonsieno regolati come forse il governo desidera.

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1 Il documento si segnala tra gli altri per la lucidità dell’analisi sui dissidi che travagliaronoa lungo la gestione dei conservatori della Toscana ostacolando o impedendo lo svolgimentodei loro compiti istituzionali. Formulando una tesi ampiamente convalidata dalla ricca docu-mentazione sui conservatori, il sottoprefetto del circondario di Pistoia ne attribuisce la causa,soprattutto nei centri di provincia, ai contrapposti schieramenti dei notabili chiamati a far partedelle commissioni preposte all’amministrazione di questi istituti, che in genere cumulavano sudi sé una serie di incarichi nel consiglio comunale e in altre amministrazioni locali: i dissidi tral’elemento laico e quello clericale nella gestione interna dei conservatori tendevano così a usci-re al di fuori delle loro mura di cinta, trasformandosi in arroventate questioni politiche.

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Fonti per la storia della scuola

Savissimo fu certamente l’intendimento del Gran-Duca Pietro Leopoldo nelcreare i conservatorii per l’educazione femminile destinando alla loro dotazionetaluni beni delle corporazioni religiose soppresse, e le norme dettate da quelprincipe per regolare l’andamento degli istituti di che si ragiona sono una nondubbia prova di una mente illuminata, di uno spirito filantropico e liberale. Lalegge 6 ottobre 1867 ha giustamente coordinato quei regolamenti colla modernaciviltà e coi principii che informano l’attuale nostro regime politico; ciò malgra-do però, per quanto riguarda almeno i conservatorii di questo circondario, èforza il dirlo, questi non corrispondono all’aspettativa, né danno quei risultatiche forse dalla predetta legge 6 ottobre 1867 si era in diritto di attendere.

Preoccupandomi di questo stato di cose, ho voluto indagare quali sieno lecause che impediscono, malgrado le opportune disposizioni della più voltemenzionata legge 6 ottobre, lo sviluppo di questi conservatorii.

Secondo il mio remissivo parere la ragione principale dei disguidi che in essisi verificano consiste nella etereogeneità degli elementi che sono preposti alladirezione e sorveglianza amministrativa ed educativa dei medesimi; fra questidevono porsi in prima linea gli elementi secolare e monastico, composto ilprimo della direttrice maestra o maestri esterni, ed il secondo dalle oblate, chepure sempre, ad onta delle vigenti disposizioni governative, esistono col lorocarattere religioso. Evidentemente diversi sono i principi che informano lo spiri-to di queste persone, come diverso è lo scopo che queste si propongono di otte-nere nello sviluppare la mente ed il cuore delle bambine sottoposte alle lorocure. Dalla presenza di questi due elementi nascono quelle gare, quei conflitti,che ora sotto un aspetto, ora sotto un altro, di frequenti si verificano negli stabili-menti di cui si ragiona; conflitti ed attriti che disturbano grandemente gli studi el’educazione delle fanciulle e ne sovvertono la disciplina. Difficilmente accadeche una perfetta armonia tenga concordemente uniti questi due elementi, e sepur ciò avviene è sempre con pregiudizio e a detrimento dell’istruzione ed edu-cazione civile; è vero che la legge, forse nella previsione di questi inconvenienti,ha stabilito che un operaio, coadiuvato da due consiglieri, diriga ed amministriogni conservatorio, ma pur troppo, per quanto almeno mi risulta, queste com-missioni non danno quei pratici risultati che la legge stessa si ripromise.

Quando gli operai e le commissioni si occupano seriamente dei rispettiviconservatori (ciò che però non accade ordinariamente) è difficile che nell’eserci-zio delle loro funzioni non abbiano talvolta a censurare ora la direttrice e gl’inse-gnanti, ora le oblate; e siccome sia le une che gli altri hanno relazioni ed amici-zie fuori dello stabilimento, avviene (come pur troppo si verifica in oggi inPistoia) che questioni di regolamento interno o di disciplina trapelino dalle suemura, entro cui dovrebbero soltanto svilupparsi e risolversi, e diventino quistionidi ordine pubblico.

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Sezione II - I conservatori della Toscana: tradizioni e notabilato locale

Occorre a questo proposito il riflettere ancora che nella scelta dei consiglieriil governo naturalmente preferisce coloro fra i cittadini, i quali per attività ecapacità più sieno distinti. Ora nelle città di mezzana importanza coloro chesono nominati a quelle funzioni, per solito ricuoprono altri impieghi pubblici onel consiglio municipale od in altre amministrazioni cittadine, e quel che è peg-gio appartengono all’uno dei partiti i quali, parlando generalmente, nelle nostrecittà si contendono la supremazia; perciò quando un operajo, una commissionevuol riformare il conservatorio, togliere gli abusi che vi riscontra, o vuol propor-re l’allontanamento di chi ne pregiudica il servizio interno, vede rizzarglisi con-tro non solo le persone interessate, ma tutto intiero il partito politico e ammini-strativo che gli è contrario.

Facilmente si comprende che in questi casi la mano ferma ed imparziale delgoverno debba intervenire e provvedere. Però non rimedia al male in modoassoluto, poiché qualunque misura egli adotti, se gioverà al migliore andamentodello stabilimento, difficilmente potrà impedire che le conseguenze di quegliurti, di quegli attriti non si riperquotano [sic ] nella città per le ragioni suddette.

Sembra a me di poter dire che se nei conservatori, come sono in oggi costi-tuiti, tutto procede tranquillo senza dar luogo o a dissensi o a disguidi o peggio,non sia ciò indizio di regolare andamento, ma piuttosto dipenda da che né l’o-peraio né la commissione se ne occupano, e da che l’elemento monastico vi sitrova o isolato o preponderante.

Nell’esporre questi brevi cenni, mi giova l’osservare che io mi sono permes-so di richiamare l’attenzione della S.V. Ill.ma sull’articolo dei conservatori nontanto per segnalare taluni inconvenienti che mi è sembrato riscontrare in essi,quanto perché il partito clericale la cui influenza sordamente si estende in questipaesi non possa dimostrare ai cittadini che l’istruzione e l’educazione nelle manidel governo non dà risultati sodisfacenti, ed allontanare così viemaggiormente igiovani e le fanciulle appartenenti alla classe media ed agiata dagli istituti gover-nativi, siccome già si sta verificando in Pistoia, ove il seminario vescovile, oltre igiovani che si dedicano al sacerdozio, ha ben 150 allievi, ed il monastero delleex Salesiane, nel suo educatorio, raccoglie un numero non piccolo di fanciulle,tanto interne che esterne.

Il sotto prefettoE[doardo] Bermondi1

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1 Sottoprefetto nel circondario di Pistoia dal 1869 al 1871. Nel 1879 fu nominato prefetto.

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SEZIONE III

L’ISTRUZIONE FEMMINILE IN SICILIAE I COLLEGI DI MARIA

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Relazione 1 al ministro del provveditore agli studi della provincia diCaltanissetta Giuseppe Tigri 2 sui Collegi di Maria di Serradifalco e di S. Cataldo.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1880), b. 62, fasc. «Tit. 16. Catania»,s.fasc. «Pratica generale e collettiva», ms. con firma autografa.

Caltanissetta, 25 maggio 1864

Inviando a cotesto ministero lo specchio statistico de’ Collegi di Maria diquesta provincia con nota del 1mo aprile ultimo scorso, il sottoscritto non lasciavadi far osservare come tali stabilimenti, posti sotto la regola del cardinalCorradini, in vece d’influire al miglioramento dell’istruzione femminile, arrechi-no grave danno alla medesima in que’ comuni dove trovansi eretti.

Un collegio di Maria che sorge in un piccolo comune e che si ha lo specialeincarico del pubblico insegnamento femminile, fa naturalmente supporre un suf-ficiente numero di monache intelligenti, e capaci di avviare le fanciulle del paesene’ principii del corretto parlare e scrivere nella patria lingua, oltre al far di contoed ai lavori donneschi. E si crede quindi che un istituto di tal natura non debbache tornare di grande utilità, segnatamente in que’ luoghi, dove scuole comunalifemminili non trovansi aperte.

È spiacevole però che la realtà de’ fatti dimostri tutt’altro.Quattro o tre, e spesso anco due monache costituiscono un collegio di

1 Negli anni Sessanta i Collegi di Maria della Sicilia erano già entrati in una fase di inarre-stabile decadenza. Vi contribuiva in misura non indifferente la totale inadeguatezza delle colle-gine – sprovviste di patente, spesso in età avanzata e prive di ricambio generazionale – agarantire persino i più bassi livelli d’istruzione. Iniziò allora un lungo e tormentato conflitto traqueste istituzioni e il Ministero della pubblica istruzione, mentre gli ambienti politici e intellet-tuali più vivi dell’isola non tardarono a individuare la necessità di spezzare lo stretto legameche univa i Collegi di Maria alle forze della reazione clericale.

2 Già sottoispettore del circondario di Pistoia, poi ispettore straordinario in Sardegna per lescuole secondarie, nel gennaio del 1864 venne destinato a Caltanissetta in qualità di reggente ilprovveditorato e l’ispettorato delle scuole della provincia. Nell’ottobre dello stesso anno otten-ne il trasferimento a Pistoia.

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Fonti per la storia della scuola

Maria: non una maestra abile; e quindi un insegnamento che si limita a’ soli lavo-ri di cucito; di leggere e scrivere, poco o nulla; non un cenno di aritmetica; edinoltre, stanze non adatte allo insegnamento perché anguste ed umide; gli arrediscolastici mancanti del tutto; cosicché ne discapitano ad un tempo l’istruzione el’igiene; e le allieve, che sono in sufficiente numero, non ritraggono quindi ilmenomo profitto, e corrono anzi pericolo di soffrire nella salute.

Non ostante ciò i comuni, ne’ quali i Collegi di Maria esistono, trovano ne’medesimi un pretesto per esimersi dall’obbligo d’istituire scuole comunali fem-minili. Tornano pertanto inutili le raccomandazioni dell’autorità scolastica; inutilile promesse di sussidii; e l’istruzione delle fanciulle, affidata alle monache, rima-ne sempre in una condizione pur troppo meschina.

Facendosi ad eseguire l’ordinario giro di visita presso i comuni di questo 1°circondario, il sottoscritto si proponeva di osservare precipuamente i Collegi diMaria per poter provocare dal ministero gli opportuni provvedimenti in vantaggiodello insegnamento femminile. Dopo di essersi trasferito ne’ comuni diSerradifalco e S. Cataldo, ne’ quali vien fatta l’istruzione femminile ne’ Collegi diMaria, chi scrive reputa suo debito manifestare all’E.V. quanto appresso:

Il parroco Don Francesco Lio fondava in Serradifalco un collegio di Mariacon l’annua rendita di D. 144 pari a £ 612 sotto la regola del cardinal Corradini,come agli atti di notar Eugenio Dimarco 22 agosto 1814 e di notar Michele Crinò6 marzo 1876. Con r. rescritto del 7 febbraio 1817 il detto collegio riceveva ilRegio Placito, con la condizione di doversi il medesimo riguardare come Operapia pubblica laicale, e quindi soggetto pel temporale alla secolare giurisdizione,e per lo spirituale all’ordinario.

Il collegio non ha oggi che due monache, una delle quali è ottuagenaria. Èvero che vi convivono altre tre donne, ma una di esse non è che semplice serva;e le altre non appartengono a quello stabilimento.

L’attuale maestra, che ha 30 allieve circa, è del tutto incapace: non intende enon parla che il dialetto anche con le alunne, e per questo usa il catechismo insiciliano. È facil cosa comprendere quanto ciò sia irregolare. Angusta ed umida èla stanza, ove si fa lo insegnamento; e gli arredi del tutto mancano.

È posto il collegio in un vasto edificio, nel quale potrebbero agevolmenteaprirsi le scuole femminili da un lato, dall’altro le scuole maschili inferiori esuperiori, e un asilo infantile, essendovi anco un giardinetto, ove poter mandarea diporto i fanciulli. Oltre alle scuole ed allo asilo, potrebbero altresì trovarvistanza gli uffizii pubblici della segreteria mandamentale e della delegazione: ciòche tornerebbe a grande utilità del municipio, il quale difettando di tai locali, èobbligato, benché molto povero, a pagare annualmente una pigione di circa1000 lire senza trovare la decenza e lo spazio sufficiente che otterrebbe, con unalieve spesa di riattamento, nell’edificio sovraccennato.

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Sezione III - L’istruzione femminile in Sicilia e i Collegi di Maria

Premesso tutto ciò, il sottoscritto prega l’E.V. affinché si compiaccia iniziarele convenienti pratiche per la soppressione del detto collegio di Maria che sicompone di due sole monache, le quali potrebbero essere altrove collocate.Così quel vasto edificio, come si è detto, servirebbe per le scuole maschili infe-riori e superiori, per le scuole femminili, per lo asilo infantile e per gli uffiziipubblici della segreteria mandamentale e della delegazione; e nello stessotempo la rendita del collegio in £ 612 annue, e l’annua pigione di £ 1000 chepaga il municipio per gli uffizii anzidetti, nonché l’annue £ 306 che il municipiomedesimo corrisponde a quelle monache per l’insegnamento femminile, e lesomme derivanti dallo affitto di altre case annesse a quello stabilimento, s’impie-gherebbero fruttuosamente in pro dell’istruzione pubblica di quel paese.

Il Collegio di Maria di S. Cataldo è quasi in condizioni uguali. Son quattro lemonache; delle quali due ammalate, e due di cagionevole salute; sei le convittri-ci, e due le serve. Le allieve, in numero di 40, sono affidate ad una monaca dimalferma salute, e poco istruita per adempire il programma governativo: essanon insegna che qualche lavoro donnesco, giacché manca della qualità richiestaal completo insegnamento di leggere e scrivere, e far di conto. Indecente esenz’arredamento è la stanza che serve per l’istruzione; e non è atta a contenereche forse 30 alunne. Però vasto è quell’edificio nel quale potrebbero stabilirsi lescuole femminili, affidandosi a mastre abili e patentate; e vi si potrebbe aprirealtresì un asilo, tanto necessario in un comune che conta quasi 13.000 abitanti.

E pertanto il sottoscritto è di avviso che utile provvedimento sarebbe anco lasoppressione di questo collegio, passandosi altrove le quattro monache che alpresente vi si trovano, e destinandosi la rendita alla istituzione delle scuole fem-minili, ed al primo impianto di un asilo.

Eccellenza, chi scrive non lascia di ripetere che i Collegi di Maria, ai quali icomuni affidano l’educazione e l’istruzione delle fanciulle, sono qui di forteinciampo alla istituzione di regolari scuole; cosicché tale importante insegna-mento rimarrà soltanto un desiderio, finché il governo non emetterà su questoproposito gli opportuni provvedimenti; grave ragione che ha fatto determinarelo scrivente a sommettere il fin qui detto, acciocché cotesto ministero possa inparticolar modo occuparsene pel bene dell’istruzione femminile di questa popo-losa provincia.

Il r. provveditoreGius[epp]e Tigri

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Fonti per la storia della scuola

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Relazione «riservatissima» di Pier Felice Balduzzi 1 al ministro sugli effetti dellacircolare n. 296 del 30 dicembre 1870.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 78, fasc. «Tit. 16. Praticagenerale e Palermo città. Collegi di Maria. 52», ms. autografo.

Palermo, 30 gennaio 1871

La circolare dell’E.V. del 30 dicembre u.s. n. 296 intorno ai Collegi di Maria2

contiene così savie ed opportune proposte che venne qui accolta con grandefavore da quanti amano il progresso dell’istruzione. Il Consiglio scolastico haprontamente nominato la commissione che deve studiare le condizioni di ogniistituto e proporne il regolamento. Ma la deputazione provinciale, credendo lesii suoi diritti, nella seduta del 18 corrente ha protestato contro la circolaredell’E.V.; e i Collegi di Maria si rifiutano di riconoscere altra ingerenza che delladeputazione non sia.

Ora giova che l’E.V. sappia che la recente protesta della deputazione non habuon fondamento né in fatto né in diritto.

Non in fatto; perché i Collegi di Maria di questa provincia da tempo imme-

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1 All’epoca preside incaricato del liceo e rettore del Convitto nazionale Vittorio Emanueledi Palermo, consigliere scolastico e membro della commissione per il riordinamento degli isti-tuti femminili della provincia di Palermo. Nel 1872 fu trasferito a Roma come preside del liceoEnnio Quirino Visconti: in questa veste fu ascoltato dalla Commissione d’inchiesta Scialoja sul-l’istruzione secondaria nella seduta dell’11 febbraio 1873 (cfr. in questa stessa collana ARCHIVIO

CENTRALE DELLO STATO, L’inchiesta Scialoja… citata). Terminò la carriera come provveditore aglistudi per la provincia di Alessandria.

2 La circolare 30 dic. 1870 n. 296 sugli istituti femminili di educazione era stata emanata dalministero coll’intento di fornire chiarimenti e direttive per il riordinamento di quegli istitutieducativi, retti da suore ed oblate, che non erano stati colpiti dalla legge di soppressione dellecorporazioni religiose del 7 luglio 1866. Prevedeva come primo passo la costituzione di com-missioni locali composte da «uomini per ogni verso autorevoli» designati dal consiglio scolasti-co e presiedute dal prefetto, che avrebbero dovuto studiare le condizioni particolari di ogniistituto per poi formulare un regolamento interno da sottoporsi all’approvazione ministeriale.

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Sezione III - L’istruzione femminile in Sicilia e i Collegi di Maria

morabile furono sempre riguardati come collegi di educazione e di istruzione; ehanno sempre simulato di occuparsene. A questo fine vi sono lasciti e renditeparticolari, e perciò non è esatto quanto la deputazione provinciale affermaintorno alla natura di tali istituti. E sebbene in origine alcuno dei collegi attualisia forse stato fondato con altro fine, pure per legittimare in qualche modo la suaesistenza si occupò presto d’istruzione femminile.

Quanto poi riguarda il diritto della deputazione, esso non è né può essere senon di tutela; e il suo sindacato dev’essere rivolto a questo, che le rendite deicollegi siano rivolte a vantaggio dell’istruzione, ma non ad impedire quelle rifor-me che, secondo i nuovi tempi, il real governo crede opportuno d’introdurre.

Importa pertanto che l’E.V. provveda efficacemente all’esecuzione della cir-colare facendo, ove occorra, definire la vertenza dal Consiglio di Stato; poichédalla deputazione non è da attendersi nulla di buono. Essa afferma che le modi-ficazioni più fulminanti (sic) sono state già da tempo introdotte in molti deiCollegi di Maria. Questo non è conforme al vero. Dalla deputazione nessunautile riforma è partita; e se riforma vi fosse stata, io, per obbligo d’ufficio, dovreipure conoscerla poiché è dal 1869 che ho sempre assistito a tutte le sedute deiconsigli provinciali scolastici.

Il fatto si è che quando si tratta di amministrazioni qui non si ha il coraggiodi affrontare le difficoltà, e qualche volta si ha interesse di non mutare le cose.

Ove si eccettui alcuno dei Collegi di Maria di Palermo, in cui si fa un po’ discuola coi sussidi del municipio e del governo, negli altri non si fa nulla, o si famale. Anni sono per delegazione del Consiglio scolastico visitai quello diBagheria, bella città a dieci miglia di Palermo; trovai raccolte un centinaio di fan-ciulle che dicevano le litanie o il rosario e facevano la calza. Non una di essesapeva leggere o scrivere né anche mediocremente. Alla mia meraviglia la supe-riora rispose: oh! che siamo in Palermo che le ragazze di qui abbiano a saperesiffatte cose? E le cose siffatte erano il leggere e lo scrivere. Né creda l’E.V. che ilcollegio di Bagheria sia il solo.

Talvolta il consiglio scolastico mandò una maestra patentata ad insegnaredentro il collegio. Che ne avvenne? Che le monache (che tali sono e tali si credo-no, e come tali si vogliono conservare) le facevano così cruda guerra di spilli edi punture, che la poveretta doveva alla fine uscirne. Perciò se vuolsi ricavarequalche vantaggio da tali collegi l’E.V. faccia eseguire le riforme proposte, chemai non se ne diedero di così utili e provvide.

Ora non mi resta che a pregare l’E.V. di perdonarmi la lunghezza di questalettera; la quale non viene apportatrice di consigli a Lei così dotto, ché non è inme tanta presunzione; ma viene a confermare l’E.V. nel giusto ed esatto giudizioche intorno ai Collegi di Maria si è formato. Come consigliere scolastico, senzaessere timido amico al vero, io devo pure usare della parola con molti riguardi a

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Fonti per la storia della scuola

difesa del governo, e perciò ho creduto mio debito in cosa di tanta importanzadi scriverle direttamente.

Sono con profonda stima e pari rispettodell’E.V.

ubbidientissimo servitoreP[ier] F[elice] Balduzzi

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Relazione «riservata» al ministro di Luigi Mercantini 1, reggente il Provveditoratoagli studi della provincia di Palermo, sull’opposizione dei Collegi di Mariaall’azione dei commissari governativi.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 78, fasc. «Tit. 16. Praticagenerale e Palermo città. Collegi di Maria. 52», ms. con firma autografa.

Palermo, 12 settembre 1871

Appena giunto il decreto ministeriale con le prime nomine dei commissarii

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1 Luigi Mercantini (Ripatransone, 20 settembre 1821 - Palermo, 17 novembre 1872), patrio-ta, letterato e poeta, esponente della lirica risorgimentale. Nel 1849 andò in esilio in Grecia persottrarsi a temute persecuzioni austriache. Tornato in Italia nel 1852, diresse a Genova ilCollegio femminile delle Peschiere e nel 1857 assunse la direzione, lasciata da Angelo Bargoni,della rivista «La Donna». Dopo l’annessione delle Marche al Regno d’Italia nel settembre del1860 assolse le funzioni di segretario particolare del commissario straordinario LorenzoValerio. Due anni dopo ebbe l’incarico dell’insegnamento di storia moderna all’Università diBologna e nel 1865 ottenne la cattedra di professore ordinario di letteratura italianaall’Università di Palermo. A Palermo, dal 1869, tenne anche per due anni lezioni di lingua e let-teratura italiana nel corso perfettivo dell’Educandato Maria Adelaide. Nel 1871 fu incaricato direggere il provveditorato agli studi. A proposito dell’istruzione popolare in Sicilia e in partico-lare di quella femminile, così si espresse in una lettera indirizzata nel 1870 al ministro dellapubblica istruzione: «Bisogna soprattutto secolarizzare davvero l’insegnamento; e io ho subitopotuto vedere col fatto che questi così detti Collegi di Maria sono in gran parte nidi di reazioneclericale, in taluni dei quali si cospira sfacciatamente, con l’educazione stessa delle donne,contro le nostre istituzioni». La sua presa di posizione contro il partito clericale, soprattuttodalle pagine del giornale «La Luce» di cui fu collaboratore, gli procurò d’altra parte non pocheostilità che lo spinsero a chiedere più volte, senza esito, il trasferimento dalla Sicilia (ACS, MPI,Personale, 1860 -1880, b. 1360, fasc. «Mercantini Luigi»).

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straordinari1 il sottoscritto nello stesso tempo che comunicò le nomine ai com-missarii, scrisse alle superiore dei collegi la lettera di cui si trasmette copiaall’E.V. perché veda la delicatezza usata nel modo. Il primo a rispondere tra que-sti di Palermo fu il Collegio del Gisino, la cui superiora è l’amministratrice delpatrimonio. La sua risposta era una violenta protesta, con cui rifiutavasi a qua-lunque consegna, minacciando di rivolgersi ai tribunali. E alla minaccia seguitòsubito il fatto: perché appunto due dì dopo, per mano del solito usciere, fu con-segnata all’ufficio del sottoscritto una carta colla quale il gen. Medici2 come pre-fetto, e il prof. Mercantini come provveditore sono citati dalle superiore dei cin-que collegi del Gisino, del Borgo, del Carmine, del Capo, e della Sapienza acomparire pel dì 15 corrente avanti il Tribunale civile e correzionale ecc. peroffesa e lesione ai diritti dei collegi. Come vede l’E.V., tra le citanti manca lasuperiora del Collegio dell’Olivella, la quale, insino a questo punto, è meritevoledi ogni lode, perché ha fatto buonissima accoglienza al fortunato commissariosig. cav. Trigona Mandrascate, a cui ha consegnato tutto ciò che riguarda l’ammi-nistrazione.

La citazione dei cinque collegi non impedirà che i commissari non adempia-no il loro incarico: naturalmente si dee prevedere qualche scandalo clamorosoperché l’appoggio principale dei collegi ribelli è questo esiziale municipio, di cuil’E.V. conosce anche a questo proposito le reazionarie intenzioni. Il sottoscrittonon vuole aggiungere altri giudizi che potrebbero parere sospetti, se in questigiorni non si vedesse come l’autorità giudiziaria si valga qui di ogni mezzo percombattere l’autorità politica amministrativa.

Intanto è da notare che mentre pubblicamente e, per così dire, legalmentequesti collegi di Palermo con singolare audacia resistono alle disposizioni delministro, qualche superiora di quei collegi fa di soppiatto sapere al provveditoreche quelle proteste e quelle citazioni sono una formalità consigliata principal-mente dai deputati clericali e dagli avvocati (e da tutti coloro che mangiano suquei patrimoni); ma che esse sono dispostissime a ricevere i commissari.

E questa è la più fina ipocrisia. Il Collegio del Capo ricevette anch’esso gen-tilmente il commissario marchese Stazzone; e si accordarono che il tal giorno la

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1 I commissari straordinari di nomina ministeriale, previsti dal r.d. 20 giu. 1871 n. 313 sulriordinamento dei Collegi di Maria, avevano il compito di rilevare l’amministrazione di ognicollegio e di stabilirne lo stato patrimoniale prima dell’insediamento della regolare commissio-ne amministrativa prevista dallo stesso decreto. Questa avrebbe dovuto poi preparare un rego-lamento interno sulla base di quanto già stabilito per i conservatori della Toscana con r.d. 6 ott.1867.

2 Giacomo Medici, marchese del Vascello, era dal 1866 comandante generale delle truppein Sicilia. Fu prefetto di Palermo dal 25 giugno 1868 al 13 ottobre 1873.

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superiora avrebbe consegnato la tavola di fondazione, i titoli ecc. Il dì doposcrisse al commissario che non poteva più consegnar nulla perché il parroco sig.Lello (fratello del commissario del Collegio della Sapienza) si opponeva ad ognicosto. Ma il sottoscritto farà eseguire gli ordini del ministero anche con la forza;poiché questa è la risposta che si ebbe dall’E.V. quando si annunziò per tele-grafo la resistenza del Collegio di Misilmeri. Il quale ha poi ceduto; e quel com-missario informò l’altro ieri il sottoscritto che era già entrato nel collegio (dovetrovò giovani monache recentemente consagrate) e prese possesso. Il Collegiodi Maria dove prima di ogni altro si potrà incominciare il riordinamento, è quellodi Partinico: il commissario sino dal cinque corr. scrisse che quelle monachesono pronte a far tutto quello che il commissario vuole, e non sono più dipen-denti dal vescovo né dal suo incaricato. Oltrediché il commissario invitò il sotto-scritto a voler andare per qualche giorno in Partinico per aiutarlo a incominciareseriamente le necessarie riforme. Al sottoscritto parrebbe opportuno di coglierel’occasione, poiché ella si porge da sé, e se si potesse incominciare a ordinaresubito uno di questi collegi, sarebbe un gran bene; ma, senza l’approvazionedell’E.V. il sottoscritto non farà nulla di proprio arbitrio.

In questo affare dei Collegi di Maria la difficoltà è più terribile che non sipossa pensare e bisogna esser qui per credere a questo.

Ma non si deve esitare. Bisogna togliere il dubbio se siano Opere pie o no1.Sono monasteri belli e buoni, e niente altro; la scuola è un belletto di cui si val-gono per cuoprire la monacale decrepitezza. Del resto la relazione storico-giuri-

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1 In realtà, quindi, come appare già da questo documento e come dichiarò ancora piùesplicitamente il segretario generale Giovanni Cantoni in una lettera del 16 gennaio 1872 alprefetto di Catania, il compito principale assegnato ai commissari straordinari nominati dalMinistero della pubblica istruzione in base al r.d. 20 giu. 1871 era quello di assumere provviso-riamente l’amministrazione dei Collegi di Maria, come uomini di fiducia del governo, per averela possibilità di raccogliere direttamente la documentazione relativa a quegli istituti, e permet-tere così di chiarire lo scopo educativo o quello caritativo che si erano proposti i fondatori ocoloro che li avevano sostenuti e incrementati con dei lasciti. «Ciò posto – aggiungeva – è evi-dente che il nominare i commissari governativi per i Collegi di Maria di natura incerta, non pre-giudica punto la questione della dipendenza di essi in avvenire, poiché questa verrà determi-nata secondo che ciascuno sarà dall’esame dei rispettivi documenti riconosciuto come Operapia, o come pubblico istituto educativo. In siffatta massima, tanto chiara quanto semplice, sonogià venuti di buon accordo i due ministeri dell’Interno e della Pubblica istruzione, avendo essiconsiderato come, in casi straordinari simili a questo, l’opera assidua di una sola persona sceltaa dovere nel luogo stesso in cui sorgono i collegi torni più spedita assai e più efficace di quelladel Consiglio scolastico o della Deputazione provinciale, che per radunare all’uopo i necessarielementi dovrebbero valersi di una corrispondenza epistolare coi municipi o con gli odierniamministratori di ogni istituto» (ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali 1860-1896, b. 62,fasc. «Catania», s.fasc. «Pratica generale e collettiva»).

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Sezione III - L’istruzione femminile in Sicilia e i Collegi di Maria

dica della commissione1, mandata già al ministero, dice chiaro ciò che essi sono,e per questi specialmente di Palermo il giudizio del contenzioso amministrativoè finale sentenza. È necessario adunque che non ci sia più nessun dubbio se adessi debba o no essere applicato il r. decreto del 20 giugno2; né il Consiglio diStato dovrebbe lasciarsi più sospendere da nessuna insidia; se no è meglio dilasciarli quali sono, abbandonarli a sé stessi e ai loro protettori, finché una leggedel Parlamento non li distrugga per sempre. E questo sarebbe il meglio.

Il provv[editore] rps[reggente il provveditorato agli studi]L[uigi] Mercantini

P.S. Scritta appena questa lettera giunse al sottoscritto anche la citazione delCollegio dell’Olivella, firmata dalla superiora e dal deputato Ecc. Aliata dei duchidi Saponara. E così va bene.

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Relazione al ministro del provveditore agli studi della provincia di Palermo sulCollegio di Maria di Carini.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b.79, fasc. «Tit.16. Palermo(provincia). A - Par. 54», s.fasc. «Comune di Carini. Collegio di Maria», ms. con firmaautografa.

Palermo, 16 aprile 1875

Il 21 gennajo ultimo scorso con rapporto di n. 515 il provveditore, che mi

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1 La commissione per il riordinamento degli istituti femminili della provincia di Palermo,nominata in conformità a quanto disposto dalla circolare 30 dic. 1870 n. 296 sugli Istituti femmi-nili di educazione, e presieduta dallo stesso Mercantini. La relazione storico-giuridica cui siaccenna, trasmessa al ministero da Mercantini a nome della commissione con lettera del 29 mag-gio 1871 – conservata in ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 78, fasc. «Tit.16. Palermo (città). Pratica generale e collegi di Maria. 52» – venne pubblicata in Documenti sullaistruzione elementare nel Regno d’Italia, Parte III, Roma, Botta, 1872, pp. 191-196.

2 Il r.d. 20 giu. 1871 n. 313 stabiliva il passaggio dei Collegi di Maria della Sicilia alle dipenden-ze del Ministero della pubblica istruzione in quanto enti laicali non aventi carattere di Opera pia.

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precesse1, inviava alla E.V. una relazione dello ispettore scolastico del circonda-rio di Palermo2, riflettente le scuole elementari dei comuni del circondario mede-simo, ove, fra l’altre, nell’accennare alle scuole femminili del Collegio di Maria diCarini, faceasi rilevare come le poche vecchie monache dimoranti nell’istitutopredetto mal soffrivano che le insegnanti laiche alloggiassero in quel luogo, tal-ché a liberarsi di queste malgradite ospiti nessun mezzo lasciarono intentato, manon vi sono mai potute riuscire, poiché l’autorità scolastica ha provveduto inmodo da obbligarle ad alloggiare colà le maestre nominate, e mentre negli altrianni sola una dimorò nel collegio, ora sono aumentate a tre, essendovi la inse-gnante di 3a e 4a e quelle della prima classe inferiore e superiore.

Aggiunse lo ispettore in quella sua relazione che tutte le maestre, che daparecchi anni hanno colà dimorato, hanno ricevuto dei maltrattamenti e strapaz-zi, tanto che più di una ne dovette fuggire.

Dal giorno, in cui fu inviata la relazione, le condizioni morali dell’istitutosono sempre peggiorate, e prova ne sia il fatto che vengo qui appresso a narrare.

La giovinetta insegnante delle classi superiori, quando al cominciar dell’an-no scolastico in corso recavasi in Carini per prendere alloggio nel collegio, fudalle monache, loro malgrado, ricevuta e poco convenientemente trattata, tantoche le venne assegnata una stanza al pian terreno umida e mal condizionata. Néciò solo, perocché sulle prime le collegine, presi forse gli accordi con i preti chevi esercitano la loro influenza, cominciarono dall’un canto a spaventare la giova-ne maestra con volerle far credere che un bel giorno si sarebbe trovata coicapelli tagliati, con mostrarle dei teschi umani e con altri simili spauracchi, dal-l’altro non mancavano di carezzarla e farle delle promesse per indurla a farsimonaca; e financo le facevano comprendere che con la sola patente elementaresuperiore poteva costei essere accolta nel collegio e fatta monaca, senza bisognodi dote ed altro.

Queste notizie si ebbero per una lettera della giovine medesima a nomeIuva Concetta indirizzata alla di lei zia nel novembre dello anno scorso, dallaquale chiaro si rileva che costei era tutt’altro che disposta a seguire i consiglidelle monache.

Ma le male arti delle medesime, non disgiunte di quelle usate dal prete con-

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1 Giuseppe Guerzoni (Castel Goffredo, Matera, 27 febbraio 1835 - Montichiari, 25 novem-bre 1886), professore straordinario di letteratura italiana all’Università di Palermo. Resse ilprovveditorato agli studi dal marzo 1874 al febbraio 1875, quando dovette lasciare l’incarico inseguito alle polemiche suscitate dalla pubblicazione del suo libro sulla vita di Nino Bixio.Nominato poi professore ordinario, ottenne nel 1876 il trasferimento all’Università di Padova(ACS, MPI, Personale, 1860-1880, b. 1081, fasc. «Guerzoni Giuseppe»).

2 Giuseppe Spallicci, ispettore scolastico del circondario di Palermo dal marzo 1871 almarzo 1875.

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Sezione III - L’istruzione femminile in Sicilia e i Collegi di Maria

fessore, non tardarono a farsi strada nell’animo della minorenne maestra, la qualeor sono pochi giorni dirigeva una lettera al confessore della zia, affine di indurlaad acconsentire alle sue brame e permettere che si monacasse, dichiarando chemalgrado il divieto della zia e tutrice avrebbe preso ad ogni modo il velo.

Le due lettere della maestra ed il ricorso della zia si trasmettono qui insieme,e provano ad evidenza come i mezzi usati con quella insistenza, che è propria digente siffatta, non siano andati perduti; se non che l’ultima lettera darebbe anchea sospettare che fosse stata dettata dal prete confessore. Scopo di queste prati-che sarebbe stata quella di avere nel collegio una giovine svelta ed intelligente,quale è la Concettina Iuva, la quale facendola anche da maestra a due o tre delleignorantissime monache di quel covo della più grossolana superstizione, avesse-ro potuto ottenere queste la patente coll’intento, in prosieguo, di escludere dallescuole le maestre laiche e rimanere fra l’elemento proprio.

Avuto il ricorso della Maria Rosa Iuva disposi che alla nipote Concetta fosseaccordato dal sindaco un congedo di quindici giorni per scongiurare il pericolodal quale era minacciata quella inesperta giovine; e dall’altro ho creduto infor-mare la E.V. dell’accaduto, di cui la opinione pubblica si è impossessata, tantoche i giornali cittadini ne han fatto cenno, reclamando pronti ed energici provve-dimenti.

Posto ciò, io prego istantemente la E.V. a voler prendere in seria considerazio-ne questo scandaloso fatto e fare opera per provvedere, spingendo dall’un cantola deliberazione del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi sulla natura dell’isti-tuto, e dall’altro, trovar modo, di accordo col sig. ministro dello Interno, di emette-re delle disposizioni, anche in via provvisoria, che valgano a togliere il fanaticopredominio che in quel collegio esercitano i preti. Anzi per raggiungere siffattoscopo, io crederei miglior partito fosse quello di affidare ad un r. delegato straor-dinario l’amministrazione (che potrebbe anche essere il pretore locale) escluden-do così il commissario allora nominato, il quale, malgrado i suoi precedenti libera-li, non ha mostrato abbastanza energia morale per opporsi agli intrighi e sventarele insidie delle monache, né per dominare la posizione. Difatti, in onta a reiteratesollecitazioni non ha saputo fornire all’ufficio scrivente i documenti richiesti dalministero per determinare l’indole ed il carattere giuridico dell’istituto.

Per il prefetto presidente[Ciro] Gojorani1

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1 Provveditore agli studi di Palermo dal febbraio 1875 al luglio 1876. Fu insegnante nellescuole secondarie, segretario presso il commissario del re a Vicenza nel 1867 e in seguito prov-veditore agli studi in diverse province del Regno.

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Fonti per la storia della scuola

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Deliberazione adottata dal Consiglio provinciale scolastico di Palermo nellaseduta del 2 aprile 1879 sui Collegi di Maria della Sicilia 1.

ACS, MPI, Personale (1860-1880), b. 1416, fasc. «Montrasi Antonietta»2, ms. con firma

autografa.

Intesa la proposta del r. provveditore3, il quale domanda si faccia un nuovovoto al governo per la destinazione dei Collegi di Maria di Sicilia a vantaggiodell’istruzione elementare femminile;

Considerando che il proposito manifestato dal governo col decreto reale del20 giugno 1871 non poté avere alcun effetto, perché i tribunali, ai quali le ammi-nistrazioni di detti collegi si appellarono contro quel decreto, riconobbero intutti il carattere di Opera pia laicale, onde il governo e in prima istanza e inappello fu sempre condannato in tutte le cause che volle sostenere, sicchépochissimi sono oramai i collegi governati secondo quel decreto, e questi pure,come è facile prevedere, verranno a sottrarvisi tra non molto con grave dannodell’istruzione e del decoro del governo4;

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1 Trasmessa al ministro dal prefetto presidente del Consiglio provinciale scolastico diPalermo Cesare Bardesono con lettera del 7 aprile 1879.

2 Antonietta Montrasi, nata a Milano nel 1847, studiò nella sua città nel Collegio delleMarcelline di via Quadronno. Ottenuta la patente di maestra di grado superiore, insegnònel 1866 e ‘67 presso il Collegio delle Vergini di Castiglione dello Stiviere; quindi passò alla“Ss. Annunziata” di Firenze, dove, nel 1869, venne promossa da assistente di classe a istitutrice.Lasciato nel 1871 l’istituto governativo di Firenze, ottenne in seguito il posto di direttriceall’Educatorio Vittorio Emanuele II di Lecce, e rimase alla guida del collegio leccese nel 1873 e‘74, dando poi le dimissioni. Agli inizi del ‘76 fu nominata ispettrice governativa, con l’incaricodi visitare gli istituti femminili di educazione e di istruzione della Sicilia. Cfr. ACS, MPI,Personale (1860-1880), b. 1416, fasc. «Montrasi Antonietta».

3 Mario Baggiolini, provveditore agli studi per la provincia di Palermo dal 1879 al 1881. APalermo era già stato come professore e direttore delle conferenze magistrali e come direttoredella scuola tecnica e della scuola magistrale femminile. Fu successivamente trasferito aCosenza dove resse il provveditorato fino al 1884.

4 Nel fascicolo che raccoglie la documentazione relativa ad Antonietta Montrasi si conser-va anche copia di una precedente deliberazione del Consiglio provinciale scolastico diPalermo, adottata nella seduta del 14 agosto 1877 e inviata al ministero. Prendendo atto degli

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Sezione III - L’istruzione femminile in Sicilia e i Collegi di Maria

Considerando che quest’istituti, come Opere pie laicali, non rendono alcunservigio alle popolazioni, perché quasi nessuno risponde più allo scopo di suaistituzione e gravi disordini si lamentano spesso nel governo interno e nell’am-ministrazione;

Considerando che tutti conservano ancora l’apparenza e gli usi dei monaste-ri, perché le collegine si chiamano suore, vestono abiti monacali e nuove mona-cazioni, benché con voti semplici, si ripetono soventi senza che l’autorità abbiavero diritto d’impedirle, in modo che le istituzioni monastiche soppresse risorgo-no per essi sotto gli occhi del governo contro lo spirito della legge;

Considerando che i comuni, i cui bilanci furono straordinariamente gravatiper l’esecuzione della legge sull’obbligo dell’istruzione elementare e lo sarannosempre più perché ogni anno si presenta il bisogno di nuove scuole, hannodiritto che sia porto loro tutto il possibile sollievo, quando ciò si può fare senzaaggravare l’erario nazionale e quello delle provincie;

Considerando che grandissimo utile avrebbero i comuni quando tolte da questiistituti le collegine inutili, oziose ed ignoranti, che ne consumano le rendite, i fondie gli edifizi potessero destinarsi per intero a vantaggio dell’istruzione femminile;

Considerando che ciò non potrebbe farsi senza una legge;Ad unanimità

Delibera di fare di nuovo viva istanza al ministero, perché voglia presentare alParlamento uno schema di legge, pel quale, soppressi, come Opere pie laicali,tutti gli istituti di Sicilia, denominati Collegi di Maria, le rendite e gli edifizi sianodestinati esclusivamente a vantaggio dell’istruzione femminile nei comuni stessi,a benefizio dei quali furono istituiti.

Il prefetto presidenteC[esare] Bardesono1

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esiti delle ispezioni effettuate dal provveditore, che confermavano le notizie fornite dallaMontrasi nella sua relazione generale sui numerosi Collegi di Maria della provincia – se necontavano allora ben 49 – si era invitato il ministro Coppino a proporre al parlamento di deter-minare per legge l’indole di questi istituti, che appariva legittimo dichiarare prettamente educa-tiva, di modo che il Ministero della pubblica istruzione ne potesse avocare a sé il controllo. Asostegno di tale posizione, non si era tralasciato di osservare che il Ministero della pubblicaistruzione era stato già gravato dalle noie e dalle ingenti spese dei procedimenti giudiziari, eche presumibilmente lo sarebbe stato ancora in seguito, vista la linea seguita in tutte le causeche si erano già concluse, favorevole ai Collegi di Maria, cui si era riconosciuto il carattere diistituti di beneficenza.

1 Cesare Bardesono di Rigras (Torino 27 giugno 1833 - Roma 4 gennaio 1892). Nominatoprefetto di Palermo il 23 febbraio 1879, resse l’incarico fino al 16 dicembre del 1887, quando fucollocato in aspettativa per ragioni di servizio. Iniziò la carriera nelle intendenze provinciali delMinistero dell’interno, ma fu presto impiegato in compiti speciali presso il ministero e comesegretario dello stesso Cavour. Segretario di gabinetto del dittatore Farini in Emilia nel 1859 e

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Fonti per la storia della scuola

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Relazione dell’ispettrice governativa Antonietta Montrasi sul Collegio di Mariadi Sambuca Zabut 1.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 70, fasc. «Tit. 16. Girgenti.34», s.fasc. «Comune di Sambuca Zabut - Collegio di Maria», ms. autografo.

Girgenti, giugno 1879

A sua eccellenza il ministro della Pubblicaistruzione in Roma.

Il Collegio di Maria di Sambuca-Zabut, riconosciuto quale Opera pia inseguito ad avviso emesso dal Consiglio di Stato in data 3 agosto 1873 n. 3446-876, ebbe origine da una istituzione filantropica costituita nel 1741 dal sig. PietroBaccadelli2 di Bologna, principe di Camporeali e marchese di Sambuca.

Scopo precipuo di esso collegio è quello della gratuita istruzione ed educa-zione delle fanciulle del paese con preferenza delle classi meno agiate, lo adem-pimento di legati pel culto divino e la distribuzione di due legati di maritaggio inogni anno. La rendita annua ordinaria di cui il collegio provvede allo scopo disua istituzione si compone di redditi patrimoniali provenienti da canoni in fru-mento ed in denaro, che formano l’annua entrata di £ 6201.72.

Di queste però 2573.50 provengono da una seconda istituzione creata contestamento pubblico 28 luglio 1853 rogato in Palermo, presso notar Guarnacchelli,dalla signora Concetta Cacioppo nativa di Sambuca. E siccome la Cacioppo aveva

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quindi consigliere presso l’ufficio di governo a Milano, nel 1861 ebbe l’incarico di reggere tem-poraneamente il governatorato di Capitanata. L’anno dopo fu nominato prefetto a Pesaro e inseguito in varie altre sedi, tra cui, dal 1868 al 1873, quella di Bologna, dove incontrò nonpoche difficoltà per l’opposizione del partito clericale e moderato. A Bologna partecipò allaseduta del 26 marzo 1873 della Commissione d’inchiesta sull’istruzione secondaria maschile efemminile presieduta da Antonio Scialoja (cfr. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, L’inchiestaScialoja… cit., p. 309).

1 Ora Sambuca di Sicilia (Agrigento).2 Leggi: Beccadelli.

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Sezione III - L’istruzione femminile in Sicilia e i Collegi di Maria

espresso identiche disposizioni che per un collegio di Maria, e la superiora del giàesistente istituto temette un rivale, tanto più preponderante in quanto nuovo emeglio adatto ai tempi, così mise ogni influenza e tanto si adoperò che dopopoco ottenne che il legato Cacioppo si incorporasse ai beni del collegio di Maria.Un decreto prodittatoriale 18 ottobre 1860 esaudiva i voti della ricorrente.

Venuto il 1866 e precisamente il 7 luglio, la legge n. 3036 minacciò la esi-stenza del Collegio di Maria di Sambuca per non aver esso potuto giustificarenettamente la sua natura, manco di tavole di fondazione. Però tenuto conto dellasua vita passata ed in corso fu ritenuta come opera laicale e, dall’amministrazio-ne del vescovo di Girgenti, passò sotto l’ingerenza del Ministero di pubblicaistruzione il quale vi nominò un commissario governativo che non si curò affattodi prender possesso dei redditi del collegio, né fece inventario di sorta. Così pas-sati parecchi anni e lasciato libero campo alle suore di effettuare gli intendimentiloro, cioè di sottrarsi al decreto 20 giugno 1871, nel ‘73 sorse questione fra ilministro della Pubblica istruzione e quello dello Interno sui diritti di vigilanza edipendenza della suddetta opera, cioè se di pertinenza del primo o del secondoministero. In quell’occasione il Consiglio di Stato in data 3 agosto così esprimevail suo parere n. 3446-876: «Mancano affatto gli atti di fondazione del Collegio diMaria di Sambuca, onde se ne potrebbe rilevare la sua vera indole; ma poichéessa [sic ] trovasi alla dipendenza del Consiglio generale degli ospizi, nella cuigiurisdizione rientrano l’opere di beneficenza, è da ritenersi perciò che il colle-gio coll’annessa fondazione Cacioppo sieno due Opere pie e conseguentementesoggette alla legge 3 agosto 1862».

Passò dunque sotto il Ministero dell’interno, il quale convinto di dover dareun assetto generale e stabile al suddetto collegio ed un indirizzo consentaneoagli intendimenti del fondatore, anzi delle fondatrici, propose al suo governouna commissione formata da 5 membri: 3 eletti dalle collegine stesse, due dalconsiglio comunale. Ma le collegine con deliberato del 4 luglio 1877 vi si ribella-rono. Vi si ribellarono pure i fidecommessi dell’opera Cacioppo a cui il ministerosopprimeva il diritto di far parte della nuova amministrazione, dietro l’incorpora-mento dei beni di detta istituzione in quelli del Collegio di Maria, pel suaccenna-to decreto prodittatoriale del 16 ottobre 1860. E frattanto tra i due litiganti, ilbeneficio dell’istruzione popolare non godeva, ma periva. L’amministrazione eraa disposizione della superiora e di coadjutori inabili. Fu in quello stato di coseche il Ministero dell’interno nominava, dietro proposta della r. prefettura diGirgenti, un commissario delegato a far quello che tutti si eran negati a fare, ovolevano a modo loro. Il 18 novembre 1877 un r. decreto nominava all’uopo l’at-tuale delegato signor Gaetano Carmina. E si deve a lui il recupero di fondi sper-perati, lo studio efficace della natura delle opere da cui altro non risulta se nonche: le suddette hanno precipuo, o meglio, unico scopo: quello dell’educazione

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Fonti per la storia della scuola

morale ed intellettuale delle fanciulle sia di Sambuca che della provincia diGirgenti, come dell’altre tutte italiane, con considerazione speciale per le menoagiate. Ora: perché adunque delle istituzioni così nettamente educative nonhanno dipendenza diretta naturale dal Ministero di pubblica istruzione chemeglio di quello dello interno può giovarne allo scopo, anzi dovrebb’essere ilsuperiore unico dove vi è scopo istruttivo? Io non ventilerò una questione chenon mi riguarda ma prendo occasione da questo caso per dichiarare che quest’i-brido modo di definire la natura del Collegio di Maria è stato e sarà fino a nuovariforma il danno positivo della istruzione in Sicilia.

Quanti istituti così determinati e trasmessi alla tutela dello Interno, non sisono avvalsi per continuare a cullarsi, a bearsi nella loro neghittosa esistenza ecredono aver corrisposto alle esigenze dei fondatori con una scuola di catechi-smo e di calza, ed alcuni, offrendo quasi col sussiego di chi fa una carità stra-grande soltanto due o tre fra i peggiori locali del convento ad uso scuole comu-nali! Ciò non sarebbe avvenuto se, tenuto conto più dell’indole sostanziale dellaistituzione, cioè il vero fine istruttivo ed educativo, che della forma (in queitempi quasi inerente all’[…]1 comune) di beneficenza, ossia dell’espressioneecclesiastica che si adoperava testando a favore di dette opere, si fossero catego-rizzate tutte ad opere non pie, ma semplicemente educative. Allora il decreto del20 giugno 1871 li avrebbe riformati complessivamente e molti infelici comuni acui stentano enormemente i mezzi, sarebbero stati sussidiati dalle scuole dei col-legi. Per lo meno ovunque vi son di tali istituti, i primi corsi elementari nonsarebbero stati più a peso di essi municipi. Quante maestre sarebbero stipendia-te sui bilanci degli educatorii di Maria! Quel di Sambuca p. es. perché ha scuole?Perché ve le mantiene il comune! E se domani il comune le ritirasse, a quale protornerebbero le 6201 lire stabilite in beneficenza della popolare istruzione? Conqual diritto se le mangiano quelle poche bigotte chiuse là dentro? Si adempiecosì all’obbligo, alla intenzione imposta dalle fondatrici? E non è il Ministerodella pubblica istruzione che dovrà reclamare sulle [sic ] quelle 6201 lire i mezziche gli spettano per offrire due, tre scuole di più alla numerosa popolazione diSambuca? Col tanto che ora il municipio spende per avere le scuole che dovreb-be mantenere il collegio, non è vero che potrebbe aumentare le scuole obbliga-torie, ovvero le serali non mai sufficienti a prodigare il pane dell’istruzione allaintelligenza negletta del povero operajo, il quale ha i suoi diritti ad essereammesso al santuario d’una scuola? Invece tutti i legati all’uopo destinati vannoperduti, e coi locali che i collegi prestano ai municipi si tolgono l’obbligo dellaistruzione. Ma questo è insulto alla benefica disposizione dei fondatori. Essi non

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1 Illeggibile.

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Sezione III - L’istruzione femminile in Sicilia e i Collegi di Maria

volevano delle monache; volevano delle insegnanti. E se i patrimoni fosseroesclusivamente destinati a ciò, non vi sarebbero più spese di amministrazione chesuperano l’immaginabile e mantenimento a persone che nei collegi hanno porta-to un corredo d’ignoranza e non di coltura, e che però non dovrebbero assoluta-mente fruire d’un denaro destinato a docenti. Attualmente in Sambuca la 1a inf.con una maestra (per miracolo monaca) e la 2a 3a e 4a sotto la direzione d’un altra(secolare) che esistono nel collegio, sono a peso del municipio. Dunque qualevantaggio fruiscono alle scuole le rendite del collegio? Vi sono 11 monache e 6fanciulle. Quest’ultime a carico della Cacioppo. Delle 11 qualcuna ha dote pro-pria. Ma e le altre con quale diritto vivono di ciò che spetta alle scuole?

Da ciò risulta chiaro quanto seriamente si debba studiare la questione deiCollegi di Maria.

Il locale di Sambuca è discretamente vasto ed in buono stato. Ha anche ungiardino annesso.

Le 6 fanciulle frequentano le scuole annesse al convitto; ma non ne profitta-no gran che. La insegnante superiore lascia molto a desiderare. Quanto a educa-zione è facile immaginarsela. Vivono in un elemento clericale puro; che possonoessere educate da quelle teste fasciate, le quali per non uscire, come se fosserodelle claustrali, negano loro persino quelle passeggiate, non dico al mese, maperfino all’anno? Di tal modo a 18 anni si credono, quelle povere fanciulle, natu-ralmente monache e appena appena vi sia influenza de’ genitori le si vestono dacollegine e non se ne parla più. Che importa se ad età più ragionevole compren-deranno che sbagliano strada? Che importa una vittima di più, pur che le tacitemura del collegio ne soffochi le recriminazioni e ne celi i dolori? Non son conti-nue queste strane monacazioni?

Eppure il governo dovrebbe dire se sono permesse! Dovrebbe almenovegliare se non si commettono violenze tanto più inumane, quanto più nascoste.Senza ritornare sul principio: che dei redditi dei Collegi di Maria non ne dovreb-bero fruire che monache, in questo caso, utili allo scopo della fondazione, cioè,a norma dei tempi che corrono, patentate ed abili all’insegnamento.

La ispettrice governativaAntonietta Montrasi

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SEZIONE IV

UN’ISTRUZIONE SUPERIORE ALL’ELEMENTAREEDUCANDATI E NUOVE SCUOLE A CONFRONTO

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La circolare 9 luglio 1869 sulle scuole superiori femminili e il Reale Collegio diS. Caterina di Reggio Emilia 1.

a. Risposta alla circolare del prefetto presidente del Consiglio provinciale scola-stico di Reggio Emilia, Giacinto Scelsi 2.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 85, fasc. «Tit. 16. ReggioEmilia. 67», s.fasc. «Comune di Reggio Emilia. Collegio femminile di S.ta Caterina»,ms. con firma autografa.

Reggio, 25 luglio 1869

Pervenuta a questa prefettura la circolare di codesto ministero in data delli 9

1 Le valutazioni espresse dal Consiglio provinciale scolastico di Reggio Emilia sull’ipotesidi fondare scuole superiori femminili nella provincia – seguendo l’invito rivolto ai prefetti dalministro Bargoni nella circolare del 9 luglio 1869 – costituiscono una delle numerose testimo-nianze delle difficoltà che ostacolavano la nascita delle nuove scuole, da una parte per la scar-sa disponibilità dei comuni a destinare risorse all’avvio di un’istruzione femminile superioreall’elementare, dall’altra perché questa esigenza appariva ancora poco diffusa; infine, perchéassai più radicate erano le tradizioni degli educandati dotati di corsi cosiddetti «perfettivi», che,grazie alla consueta trama di rapporti col notabilato locale intessuta nel corso degli anni, pote-vano godere da tempo del favore e degli appoggi della cittadinanza. È al R. Collegio femminiledi S. Caterina di Reggio Emilia che il Consiglio provinciale scolastico propone di conferire ilsussidio promesso al comune per l’istituzione di una scuola superiore femminile. Il parereespresso nei due documenti successivi da Pasquale Villari – dal 1865 membro del Consigliosuperiore della pubblica istruzione e allora segretario generale del ministero – chiarisce alcunipunti fondamentali: la volontà del ministero di normalizzare i programmi di studio dell’inse-gnamento elementare, di favorire l’istituzione di corsi di studio superiori distinti con program-mi autonomi e di livello più elevato, e di puntare innanzitutto su scuole per esterne di buonlivello per ragazze di agiata condizione (con tasse di iscrizione relativamente alte). Uno degliobiettivi principali appare qui quello di contrastare la consuetudine tradizionalmente invalsa diprivilegiare la formula del collegio, contrapposta a quella assai meno “distinta” e meno costosadella scuola per esterne.

2 Giacinto Scelsi (Collesano, Palermo 31 luglio 1825 - Roma 6 maggio 1902), prefetto diReggio Emilia dall’8 ottobre 1868 al 28 luglio 1873. Nel 1848 prese parte agli avvenimenti poli-tici siciliani con un’azione soprattutto giornalistica, sostenendo i diritti dell’isola alla propria

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corrente, diretta a promuovere nei comuni più popolosi l’istituzione di scuolefemminili superiori alla foggia di quelle già apertesi in Milano ed in Torino1, ioho stimato conveniente innanzi tutto di chiamare sull’importante argomento l’at-tenzione di questo Consiglio scolastico provinciale, invitandolo ad esprimere ilsuo avviso sull’opportunità di iniziare le relative pratiche con alcuno dei comunidi questa provincia con fondamento di ottenere un felice risultato.

Il detto Consiglio pertanto, dopo maturo esame della cosa, pur convenendonelle massime sviluppate nella circolare sovracitata e nell’utilità delle scuole dicui in essa è parola, non ha esitato ad esternare il suo avviso nel senso che, perle condizioni in cui versano i comuni di questa provincia, non sia sperabile l’at-tuazione delle proposte scuole per opera dei municipii.

In tale avviso fu condotto questo Consiglio scolastico dal considerare: 1°che, ad eccezione del comune di Reggio, il quale conta una popolazione riunitadi circa 20.000 abitanti, niuno degli altri comuni della provincia ha una popola-zione riunita che raggiunga la cifra di 4400 abitanti; 2° che in quei pochi comuni(sempre eccettuato quello di Reggio) nei quali sono istituite scuole elementari digrado superiore è così scarso il numero delle alunne che le frequentano da farritenere che una scuola in cui sia impartita un’istruzione superiore alla 3a e 4a ele-mentare non darebbe un risultato corrispondente alla spesa che si incontrerebbeper mantenerla; 3° che le condizioni economiche dei municipi di questa provin-cia sono generalmente così ristrette da non permettere lo stanziamento neibilanci di somme oltre quelle puramente necessarie per le spese assolutamenteindispensabili.

Il solo comune di Reggio potrebbe essere in grado di aprire una scuola fem-minile superiore, avuto riguardo alla sua popolazione ed alla coltura che è

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indipendenza. Emigrato a Torino dopo la restaurazione del governo borbonico, insegnò eco-nomia presso l’Istituto di commercio e collaborò a vari giornali, legandosi alla cerchia demo-cratica e progressista-liberale. Nel 1860, raggiunto Garibaldi a Palermo, ebbe la nomina dicommissario con alti poteri a Cefalù. Nel 1861 fu nominato prefetto di Agrigento e resse inseguito molte altre prefetture. In qualità di prefetto compilò importanti relazioni statistiche persei delle sedici province in cui in totale esplicò la sua azione: Ascoli, Sondrio, la provincia diCapitanata, Reggio Emilia, Ferrara, Pesaro e Urbino. Tra i campi oggetto di speciale elaborazio-ne quello relativo all’istruzione, e in particolare la tecnico-professionale e la magistrale femmi-nile, che lo Scelsi cercò sempre di agevolare nella sua veste di presidente del Consiglio provin-ciale scolastico (cfr. L. GAMBI, Le statistiche di un prefetto del Regno, in «Quaderni storici», XV(1980), 45, pp. 823-866). Sull’azione incisiva da lui svolta per assicurare il controllo e la vigilan-za governativa nei confronti dell’istruzione non statale, cfr. sezione VIII, doc. 43.

1 Veniva additato ad esempio soprattutto l’impianto della scuola superiore femminile diMilano, fondata già nel 1861 per iniziativa di Carlo Tenca, e dotata di quella connotazioneapertamente non professionale che, nella circolare del 9 luglio 1869, si individuava come l’o-biettivo da perseguire per differenziare la nuova istituzione dalle scuole normali e per colmarei ritardi dell’Italia nel campo dell’istruzione per «fanciulle di non povera condizione».

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Sezione IV - Un’istruzione superiore all’elementare: educandati e nuove scuole a confronto

richiesta dalla classe elevata della città. Ma a questo riguardo è da considerarsiche da molti anni è qui aperto un istituto femminile col titolo di Reale collegio diS.ta Caterina1, nel quale viene impartita alle alunne una istruzione ed una educa-zione capaci ad adornare la mente ed a formare il cuore di una giovinetta a qua-lunque classe della società essa appartenga. E difatti, in detto istituto, oltre lequattro classi elementari, che formano il corso inferiore, viene dato un insegna-mento superiore, diviso in tre anni come appunto sarebbe quello proposto dallacircolare ministeriale. Le materie che vi si insegnano sono quelle indicate nell’u-nito programma, le quali pressappoco coincidono con quelle accennate nellacircolare. Io posso poi accertare, per la prova avutane nell’assistere non ha guariagli esperimenti finali dati dalle alunne, che tali materie sono svolte coll’ampiez-za desiderabile, e con buon metodo.

Quell’istituto adunque, il quale, come si è detto superiormente, ha vita dadiversi anni, trae i mezzi di sua esistenza dalle dozzene delle alunne del convittoche vi è annesso, dalle tasse mensili delle alunne esterne, e da sussidi che glisono elargiti dal municipio e dalla provincia. Ora, se il municipio di Reggio fossechiamato ad aprire una scuola superiore femminile diversa da quella dell’istituto,oltre al doversi sobbarcare ad una spesa considerevole, verrebbe a fare unacerta concorrenza con un istituto che fino ad ora è vissuto coi suoi sussidii e conquelli della provincia, e che d’altronde è stato fino ad ora di lustro e di vantaggioall’uno ed all’altra: sarebbe quindi, se non assolutamente impossibile, almenoassai improbabile il poter persuadere a questa rappresentanza comunale di apri-re la nuova scuola femminile. Per queste considerazioni, il Consiglio scolasticodi questa provincia sarebbe di avviso che il sussidio che il governo è disposto dielargire al comune per l’istituzione della scuola femminile superiore venga con-ferito all’Istituto di S.ta Caterina; conché questo potrà recare un’ulteriore miglio-ramento all’istruzione che impartisce, ed assicurare in qualche modo la propriaesistenza la quale fino ad ora è stata ed è tuttora incerta in forza delle gravi speseche deve sostenere per mantenere l’insegnamento a quell’altezza che è volutadalla crescente civiltà.

Io quindi, associandomi di buon grado alle conclusioni di questo Consiglioscolastico, faccio calde preghiere a codesto ministero perché voglia compiacersi

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1 Sorto nel 1807 per iniziativa di privati, il Collegio di S. Caterina era stato poi favorito dalgoverno estense e posto sotto l’immediata direzione del governatore della provincia (cfr.MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, Relazione presentata a S.E. il Ministro della PubblicaIstruzione Prof. Comm. Nicolò Gallo… cit., p. XLVII). Negli anni Sessanta era «affidato a unadirettrice colla sopraintendenza di un presidente nominato dal governo» (allora il senatoreLuigi Chiesi). Il comune vigilava sull’andamento del collegio tramite due ispettori nominati dalConsiglio comunale; cfr. Programma pel Reale Collegio femminile di Santa Caterina in Reggiodell’Emilia, documento a stampa datato 18 settembre 1866 e allegato al fascicolo.

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di prenderle in considerazione, offrendomi a somministrargli tutte quelle ulterio-ri informazioni che stimasse necessarie a meglio convincersi della opportunità disecondarle.

Il prefetto presidente[Giacinto] Scelsi

b. Lettera del segretario generale Pasquale Villari 1 al senatore Luigi Chiesi 2.

Ibid., ms.

Firenze, 26 luglio 1869

Signor SenatoreIo la ringrazio della sua lettera, e delle notizie che ha voluto fornirmi intorno

al Collegio di S. Caterina. Per darle un giudizio ponderato avrei bisogno di piùminuti ragguagli, specialmente intorno al numero, alla capacità, ai titoli degliinsegnanti, dai quali dipende il valore d’una scuola.

Tuttavia, esaminando il programma degli studi, posso dirle che l’insegna-mento si può intendere diviso in due parti - elementare (grado preparatorio egrado inferiore); superiore (grado superiore). Questi due gradi formano nel pro-gramma un sol tutto, l’uno essendo la continuazione dell’altro. Così nell’ultimaclasse del grado inferiore, la storia arriva insino ai barbari, per cominciare nelgrado superiore da Odoacre.

Io non voglio assolutamente condannare un tal sistema. Le osservo però chein tutti i paesi civili l’insegnamento elementare forma un tutto a sé. E ciò nonsolo perché esso si dà a molti che poi non vanno in altre scuole, ma ancora per-

220

1 La circolare del 9 luglio 1869, firmata dal ministro Angelo Bargoni, che si distinse per l’at-tività svolta a favore dell’istruzione femminile, fu probabilmente frutto di un lavoro svolto incollaborazione con Pasquale Villari, di cui è noto l’interesse per le implicazioni sociali e politi-che della pesante emarginazione delle donne sul piano culturale. Su questa e altre iniziativepromosse e curate da Villari a favore dell’istruzione femminile nei mesi del segretariato e inqualità di membro del Consiglio superiore, cfr. M. MORETTI, Pasquale Villari e l’istruzione fem-minile… cit., pp. 497-530.

2 Luigi Chiesi (Reggio Emilia 23 luglio 1811 - Roma 19 novembre 1884), giurista, avevafatto parte nel 1848 del governo provvisorio di Reggio ed era stato ministro di grazia e giustizianel governo Farini per le province modenesi del 1859. Avvenuta l’annessione, nel marzo del1860 fu nominato senatore del Regno. Chiesi sopraintendeva allora all’andamento del collegio.

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ché le condizioni della mente sono ben diverse da quelle in cui comincerà l’inse-gnamento secondario, nel quale assai spesso si ripigliano da capo le medesimematerie studiate nella scuola elementare, per trattarle in modo diverso. Così lastoria dei barbari appena s’accenna nella scuola elementare, ma nella secondariasi tratta assai più per minuto.

Ma io mi fermo al grado superiore o secondario, di cui tratta la mia circolare.Io vi trovo invece un insegnamento elementare continuato ancora, stemperato,assai imperfetto e poco adatto alla cresciuta età. La mente delle giovinette è ingrado d’apprendere assai più, e tutto l’insegnamento vorrebbe qui essere eleva-to. E innanzi tutto, come mai si trascurano i lavori muliebri? Non si tratta forse diformare delle buone madri? Non debbono questi lavori essere obbligatori? Sipuò immaginare una donna educata che non sia abile nel cucito, nel ricamoecc.? La computisteria non è necessaria all’amministrazione di una famiglia1?

Io direi perciò che l’insegnamento del grado preparatorio ed inferioredovrebbe essere un compiuto insegnamento elementare; che quello del gradosuperiore dovrebbe essere rinnovato, rialzato, rifatto con abili insegnanti.Quando ciò si facesse, ed al convitto si unisse una scuola esterna regolata con lestesse norme, per la quale si pagassero tasse alquanto più elevate, acciò viaccorressero alunne di agiate famiglie, che non sarebbe necessario separareaffatto dalle convittrici; allora il governo potrebbe dare per la sola scuola esternail sussidio promesso nella circolare a cui Ella allude.

Se la direzione del collegio si decidesse a qualche riforma, secondo lenorme accennate, Ella conti su tutto l’appoggio del governo, che sarà pronto adaiutarla coi consigli, coi suggerimenti, e con l’opera. È bene che la S.V. la qualeha tanto zelo per la causa della istruzione femminile, consideri le cose che io leson venuto esponendo: ed ove si trovi meco d’accordo si ponga risolutamentead un’opera degna del suo elevato patriottismo, e faccia in modo che il collegioriapra con nuovi auspici sin dal prossimo novembre.

Sono cose in cui l’esitare non giova a nulla. E se molti ostacoli restano davincere, gli sforzi necessari a superarli trovano largo compenso nel sentimentodi cooperare, per quella via, che nelle presenti condizioni nostre è la più effica-ce, a quel rinnovamento della società italiana, di cui la nuova libertà ci fa sentirecosì immediato, così stringente bisogno.

221

1 Segue, cancellato nella minuta originale: «L’igiene non è uno studio indispensabile a chideve allevare dei bambini?». In effetti, l’insegnamento dell’igiene era previsto dal programmadegli studi del collegio, come del resto quello dei lavori femminili; cfr. SCUOLE DEL R. COLLEGIO

DI SANTA CATERINA IN REGGIO DELL’EMILIA, Regolamento per le alunne esterne e programma deglistudi, Reggio, Tip. Calderini, 1864 e Programma pel Reale Collegio femminile di SantaCaterina… cit., ambedue conservati nello stesso fascicolo.

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Ringraziandola di nuovo, io ho l’onore, sig. Senatore, di dirmi…

P[asquale] Villari

c. Nuove osservazioni di Pasquale Villari in risposta a Luigi Chiesi.

Ibid., ms.

Firenze, 28 novembre 1869

Il sottoscritto è grato alla cortese nota della S.V., dalla quale ebbe occasionedi convincersi della cura che dal Collegio reale di S. Caterina vien posta nell’in-segnamento dei lavori femminili. Egli però non ha saputo liberarsi dall’impres-sione che i programmi di alcune materie non corrispondano pienamente a quelgrado di sviluppo, che sarebbe desiderabile di conseguire in una scuola supe-riore femminile. Parlando alla S.V. egli crede inutile di fermarsi a osservazioniparticolari; e si limita ad accompagnarle una copia dei programmi della scuoladi Milano, scuola proposta nella circolare in esempio alle altre da istituirsi1;lasciando a Lei stessa il rilevare le differenze che cadono principalmente nell’in-segnamento della storia, della geografia, della computisteria e della morale,rispetto alle quali V.S. rileverà subito nella scuola di Milano qualche cosa di piùcompleto e, per così dire, di più moderno e più vigoroso2. Fatte le sue osserva-zioni, il sottoscritto pregherebbe poi la S.V. di presentarle al ministero, il qualefa il maggior conto dei suoi consigli e desidera di poter cooperare all’istituzione

222

1 A partire dalla sua attivazione, il programma del corso triennale della scuola superiorefemminile di Milano, la cui fondazione risaliva al 1861, si era contraddistinto per la sua moder-nità. Oltre a letteratura e lingua italiana, morale, «storia generale» affiancata a geografia, storiad’Italia, nozioni di fisica e di storia naturale, lingua francese, disegno, calligrafia, comprendevanon solo lavori femminili, ma anche le nuove “scienze” delle donne, igiene ed economiadomestica, mentre l’insegnamento dell’aritmetica era accompagnato da quello della contabilità;cfr. COMUNE DI MILANO, RIPARTIZIONE EDUCAZIONE, I 100 anni della “Manzoni”. Nel I centenariodella fondazione… cit., pp. 6-7.

2 Nel programma degli studi del Collegio di S. Caterina mancava, accanto a religione e sto-ria sacra, l’insegnamento della morale. Nel programma del «grado superiore» poi, era quasiassente la storia della letteratura, che si limitava a brevi cenni e a qualche notizia biografica sui«principali scrittori»; il corso di storia, in continuità con quello quadriennale del «gradoinferiore», si basava su «racconti scelti dalla storia d’Italia», dalle invasioni barbariche all’Unità.Cfr. SCUOLE DEL R. COLLEGIO DI SANTA CATERINA IN REGGIO DELL’EMILIA, Regolamento per le alunneesterne... cit., pp. 10-11.

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Sezione IV - Un’istruzione superiore all’elementare: educandati e nuove scuole a confronto

in Reggio d’Emilia di una scuola che possa diventar emula delle poche fin quiistituite nel nostro paese.

[per] Il ministroP[asquale] Villari

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Verbali delle deposizioni di Paolo Emilio Imbriani 1 nelle sedute di Napoli del 24e 25 febbraio 1873, tenute dalla Commissione d’inchiesta sulla istruzionesecondaria maschile e femminile.

a. Seduta di Napoli del 24 febbraio 1873.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b.4, fasc. 12 «Verbali della seduta diNapoli del 24 febbraio 1873», ms.

[...]

Se l’insegnamento maschile è novo, il femminile è novissimo. La donna nondoveva aprirsi a questi misteri della scienza, che poi non sono tanto misteri. Equindi la donna era tenuta fuori di questa attività individuale. La famiglia nedeve patire, perché la madre educa i figli, ne tempera l’animo al bene, e i figli simostrano del carattere della madre.

Si era convinti, che l’istruzione della donna fosse cosa superflua, mentre lamadre ha un ufficio civile altissimo, per la educazione della famiglia. La pedago-gia moderna si occupa della educazione della donna, perché si ha un ente civile,che deve educare la famiglia.

223

1 Paolo Emilio Imbriani, nominato consigliere della Luogotenenza per la pubblica istruzio-ne a Napoli nel 1861, fu professore universitario di filosofia del diritto e di diritto costituziona-le, deputato, senatore, presidente del Consiglio provinciale e nel ‘70 sindaco di Napoli.Presiedette il Consiglio direttivo degli educandati regi di Napoli dal gennaio 1863 al settembre1865. Si impegnò particolarmente in una vigorosa opera di epurazione e di riordinamentodelle istituzioni culturali ereditate dal Regno borbonico; cfr. G. TALAMO, De Sanctis ministrodell’istruzione, in ID., De Sanctis politico e altri saggi, Roma, Ed. De Santis, 1969, pp. 95-101.Cfr. anche L. RUSSO, Francesco De Sanctis e la cultura napoletana 1860-1885, Venezia, LaNuova Italia, 1928, pp. 82-87.

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L’insegnamento femminile è cosa novissima. Prima v’era la monaca sterile,incapace di vita, che negava il conforto della famiglia, e la quale aveva il com-pito di prepara[re] e di educare le madri. Le nostre fanciulle si educavano neiconventi. La monaca era sterile fisicamente, ed intellettualmente sterilissima; e,se feconda di qualche cosa, era di superstizione, ed obbliava la società civile.

Ora noi desideriamo che si restituisca il suo compito alla donna, perchéconosca il suo ufficio: desideriamo, che si faccia la reintegratio, la restitutio inintegrum della donna, e che essa compia questo ufficio coscienziosamente.

Non vogliamo essere emancipatori della donna in quel senso, che nega lasua missione: ma la vogliamo costituita bene, perché adempia bene al suo uffi-cio.

Il mio amico Settembrini sa che noi abbiamo avuta la ventura di trovarciassieme nello ispezionare l’educandato di Napoli. Ma c’è un concetto comunealle madri di famiglia ed agli uomini in Napoli, che cioè non vogliono le figliemolto istruite, perché questo riscontro sarebbe per loro quasi un rimprovero.Quindi si contentano d’una certa istruzione. Questo è un ostacolo per noi. Ilparlatorio è una perturbazione. Una mezz’ora di parlatorio colla madre ci gua-sta una settimana di istruzione. Si parla del ballo, se si mangia bene ecc.; il restoè negletto.

Noi voglia[mo], che questa istruzione stia ne’ suoi giusti confini; non voglia-mo fare spiriti forti: ma delle donne conscie de’ loro doveri. In conseguenza illivello della istruzione della donna, ora è reputato un po’ basso: si crede che siauna istruzione perturbatrice, il che non è; e questo è un danno infinito. D’ondederiva che l’insegnamento degli educandati non fiorisce. In primo luogo perchél’uomo insegna alla donna. C’è il concetto che il miglior maestro della donna siala donna. Trovate quindi la maestra. Il maschio più volte masculia la donna(masculatio foeminae); in conseguenza la istruzione ha delle determinazionidistinte. L’insegnamento storico e letterario dev’essere largo, ma convergente aquei fini. E questa parte l’uomo non la fa: egli insegna male, non sa questa fina-lità nuova. Quindi credo che come ci sono per antico privilegio, scuole normalisuperiori pei maschi, ci debbano essere scuole normali superiori per le donne eche si educhino fanciulle anche per l’insegnamento. Facciamo delle maestre digeografia, storia, lettere, italiano, e facciamo che la donna sia responsabile aquesti fini; che si abbia a sentire il bene dell’insegnamento della donna. Vorreiche la Commissione valutasse questo concetto, che come noi sentiamo bisognodi avere maestri per l’insegnamento pei maschi, dobbiamo pure sentire il biso-gno dell’insegnamento per la donna; a cui si debbono dare maestre miglioridelle attuali.

Io credo che le cose principali che aveva in mente le abbia dette, e non vor-rei con più parole togliere il tempo ad altri.

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b. Seduta di Napoli del 25 febbraio 1873.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 5, fasc. 13 «Verbali della seduta diNapoli del 25 febbraio 1873», ms.

[...]Le Signorie Loro dovrebbero tollerare che io dicessi alcune cose sull’inse-

gnamento femminile. Ho toccato ieri di passaggio come si ha un criterio moltobasso del livello della ragione femminea e come si assegni una parte meschinanella vita alla donna.

Essa razionalmente non si vede funzionare affatto. Si crede che non puòcomprendere alcune cose, o se le comprende esce dai doveri del suo sesso,dalla famiglia. Ora niente vi è che più risenta dei vecchi andazzi della societàche dovrebbero essere spariti, ma che hanno ancora tanti rappresentanti, nientepiù che si risenta del vecchio predominio virile per abbandonare la donna, pre-scriverle un campo assai ristretto nel quale spiegare la sua attività, senza pensareche molte finalità dell’uomo sarebbero fallite senza la cooperazione femminile.Ora è molto basso il livello che ordinariamente si chiede alle donne. Parlo di isti-tuti di cui sono parte, perché sono membro del Consiglio direttivo degli educan-dati. Per ragione di discordanza sul modo d’insegnare io non vado più in quelConsiglio. Ci sono istituti in Napoli di una utilità immensa a disposizione e aspese del governo, dove i metodi migliori potrebbero essere approvati ed adot-tati. Ci va la cittadinanza più fiorita, perciò le famiglie dovrebbero essere ristora-te da queste donne costituite con coscienze nuove.

Le famiglie non sono in concordia con la scuola. Noi dobbiamo restituirealle famiglie delle giovani che serbando la coscienza piena del pudore delladonna abbiano la coscienza che in quella circoscrizione vi sono doveri altissimida compiere, i quali se non sono istruite non possono soddisfare. Una madresuperstiziosa, ignorante e codarda o non educa i propri figli o gli educa taliquale è essa stessa. Essa ha un periodo di piena potenza sulla famiglia perché ifanciulli sono affidati a lei. Verrà poi la scuola, ma la prima informazione dell’a-nimo è quella che essa vi ha gittato nella prima età e questa vi rimane conimpressione profonda. Quello che avete seminato di ottimo, benché nascosto,mostrerà i suoi effetti e questi germi primitivi si paleseranno. È importante che lafamiglia riceva in sé le opportune maestre, è importante che la madre di famigliasappia i doveri del suo istituto. Essa non deve riconoscere solo i suoi doveriverso il marito; certamente però deve essere informata anche di questi. Il marito

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però deve comprendere anch’egli l’utilità di avere una moglie degna che, massi-me nelle sventure, sia di conforto del dolore e che inspiri il sentimento del dove-re quando si travalica e che regga quando sta per commettere una vigliaccheria,una scelleraggine. Gran parte del coraggio dell’uomo dipende dalla donna. Fateche questa donna sia mentalmente costituita che sappia i frutti del sacrificio eche conosca tutti i propri doveri. Essa deve essere la prima ispiratrice del dove-re. C’è la stima del padre che contribuisce a fare che il figlio si impressioni diquei medesimi doveri di cui è compreso il padre. Certo a ciò concorre anche ilpadre, ma senza l’assistenza di questo ente non si può trasmettere efficacementela parte educativa. La prima educatrice che sta vicino a’ figli è la madre. Fate chequesta donna abbia il senso delle finalità sue e sia costituita in modo che possatrasmettere l’animo suo intellettuale, che possa insegnare a quelli animi la ragio-ne dell’adempimento dei propri doveri. I futuri cittadini dello Stato devono esse-re educati dalla famiglia che deve porgere lo svolgimento delle loro facoltà, dellaloro coscienza. Ora, negli educandati, come va questo insegnamento? Abbiamotre insegnamenti per la parte geografica, storica, letteraria e ce n’è un quarto,che è quello dei doveri, insegnamento che generalmente non si compie e che èil più trascurato. Non si trova una maestra acconcia in una città come Napoli,quindi bisogna procurarlo. L’insegnamento delle lettere è l’intiera costituzionementale della donna. Sotto questo modesto nome noi comprendiamo la intelli-genza della donna, il modo di coordinazione del pensiero. Tutto ciò che si ottie-ne per la psicologia e per la logica gli è messo sub umbra nell’insegnamento let-terario. Quindi v’è una certa estensione. Altrimenti non si arriva che a comporreuna letterina senza errori di ortografia; ma ciò non attesta lo sviluppo intellettua-le. Nulla di più si ottiene ora.

Il modo con cui si insegna ora la letteratura non è adatto. Esso dovrebbecomprendere molte più cose, perché lì si dovrebbe esplicare la psicologia e lalogica. Mi dolgo che nell’educandato [non] si faccia cenno della logica o che nonvi entri nemmeno di straforo. La letteratura sia abbastanza ampia che possamostrare questo svolgimento ideale il quale ravvivi la coscienza di se medesimo eil proprio pudore. Io credo che la ignoranza delle donne sia una grande corruzio-ne. Le donne che falliscono sono ignoranti. È lo sviluppo dell’intelligenza che faconoscere i propri doveri che altrimenti non si sente. Quanto all’insegnamentoreligioso qui abbiamo ragioni più potenti per ammetterlo stante i fini delle donne.A me pare dunque che sia dato male l’insegnamento nelle scuole femminili.

Non essendo più membro del Consiglio degli educandati non sono in rela-zione col governo, ma vorrei che tornasse alle orecchie del governo il modogretto d’istruzione dell’insegnamento femminile. Desidero dunque che sia resti-tuita questa larghezza di confini all’insegnamento letterario e che tenga luogo ditali esercitazioni logiche di cui credo non si possa fare a meno. Di più io dico

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che il modo con cui si sopperisce a quest’insegnamento oltre ai confini stessi c’èun altro modo per condannarlo. C’è un danno nel modo di darlo, cioè a dire chein Napoli vi sono professori omnibus che sono per tutti gli istituti e mentrehanno 24 ore al giorno ne sono obbligati quasi per 30. Giunge in quest’educan-dato un professore di letteratura che insegna in due educandati e ha 10 milascuole. Giunge stanco ed affaticato e dà l’insegnamento come Dio vuole. Si puòadempiere finalità alcuna così? Richiamo l’attenzione del governo [e] della com-missione perché tenga conto di ciò e perché negli istituti governativi si scelganouomini che hanno più tempo e che adempiano l’obbligo per cui sono pagati. Seil professore non ha intenzione di trasmettere bene l’insegnamento la mente deigiovani che lo riceve è inerte ed essi rimarranno più tangheri di prima. Dunquequi si connette la quistione di trovare de’ professori che abbiano tempo per stu-diare ed abbiano mente per insegnare. Solamente in questo modo si potrannoavere dei buoni frutti dall’insegnamento.[...]

22

Verbale della deposizione di Gioacchino Rasponi 1 nella seduta di Ravenna del7 aprile 1873 tenuta dalla Commissione d’inchiesta sulla istruzione secondariamaschile e femminile.

ACS, MPI, Div. scuole medie (1860-1896), b. 6, fasc. 27 «Verbali della seduta diRavenna del 7 aprile 1873», ms.

[...]Mi rimane ora ad accennare ad un vuoto che si fa grandemente sentire: que-

sto vuoto si riferisce alle femmine e non sarà certo la prima volta che l’onorevoleCommissione avrà sentito a lamentare la deficienza di istruzione secondaria perle femmine. Tutti sono convinti della importanza che ha pel miglioramento eperfezionamento della società civile la coltura della donna. Come si può imparti-re questa istruzione alla donna? Se debbo prendere norma da quanto avviene

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1 Appartenente a una famiglia dell’alta nobiltà di Ravenna, il conte Gioacchino Rasponi eraallora sindaco della città. Fu deputato dalla VII alla XIII legislatura e prefetto di Palermo dall’ot-tobre 1873 al novembre 1874.

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nella provincia di Ravenna, debbo dire che non vi è modo di istruire una ragazzaoltre il corso delle scuole elementari; poiché passate le scuole elementari, allostato attuale delle cose è forza mandarla in un convento, o come estera allascuola di un convento. Abbiamo nella provincia di Ravenna conventi, come vene sono ancora in Italia che vivono malgrado la soppressione sancita per legge.In Ravenna vi è un educandato delle Suore di Carità: altri due educandati visono pure, uno particolare ed altro pure affidato a suore. Ora io non intendofare una critica sull’insegnamento che si dà in questi istituti; anzi sarei ben lonta-no dal dire che in taluno di essi l’insegnamento fosse cattivo. Vi sono maestrepatentate. Havvi però un istituto, quello delle Suore di Carità, nel quale si confe-risce istruzione più estesa, quello ove si raccoglie maggior numero di ragazze.Un tale istituto non soddisfa punto ai bisogni della società odierna. Possonoessere quanto si vuole ben ordinati gli studi in tale educandato; non credo peròtale l’educazione da recare vantaggi alla società, da soddisfare alle giuste esigen-ze dei padri di famiglia. Io farò astrazione dalla parte politica della questione,quantunque però potesse [sic ] affermare che la politica non è esclusa affatto dalchiostro delle suore. Ma fatta una simile astrazione è certo però che anche dallato religioso io non credo che possa tale istituto migliorare il cuore e lo spiritodelle ragazze. Quel modo di religione che si insegna nei conventi non credo siaquello che sviluppi veramente le doti del cuore e della mente, e quello che age-voli l’espansione del sentimento dei doveri civili che non devono essere ignoti auna ragazza che sarà poi madre di famiglia. Io credo che le pratiche religiosematerialistiche, idolatre che abbondano in tali istituti siano atte a soffocare gl’i-stinti più nobili e morali del cuore, anziché a sollevare la mente a idee grandi,nobili, patriottiche, come nemmeno a coltivare il sentimento di famiglia. Quindireputerò somma ventura per l’Italia, se il governo curerà alquanto, meglio chenon abbia fatto fino ad ora, questa parte dell’istruzione secondaria e darà operache vi siano adeguati istituti di istruzione secondaria per le femmine. Ne esisto-no taluni, ma sono inadeguati al bisogno. Il caso nostro è questo, che compiutele scuole elementari una fanciulla che voglia compiere la istruzione è mestieri siaffidi a corporazioni religiose. Io conosco un convento che un tempo ebbe gran-de fama, l’istituto di Fognano, tenuto da suore Teresiane1. Ivi in tempo antico siimpartiva buona istruzione; al giorno d’oggi ho udito che l’istituto non è più

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1 Cancellato, nel testo originale: «non mi ricordo di che razza siano», il che spiega il rife-rimento errato alle monache Teresiane. L’istituto di Fognano, nei pressi di Faenza, apertonel 1824 dal nobile faentino Giuseppe Maria Emiliani e affidato alle suore Domenicane delSs. Sacramento, aveva rappresentato durante la Restaurazione un tentativo assai apprezzatodi coniugare l’educazione e l’istruzione delle ragazze di condizione altolocata con il“moderno” culto della famiglia, della casa, dell’ordine domestico e sociale.

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Sezione IV - Un’istruzione superiore all’elementare: educandati e nuove scuole a confronto

quello che era una volta e lascia molto a desiderare sotto ogni aspetto.Indipendentemente poi dall’istruzione rimangono sempre vere quelle conside-razioni che io faceva poc’anzi, di non aversi cioè guarentigia alcuna che la poli-tica non entri nel modo di educare le fanciulle e che nell’abuso delle pratichereligiose rimanga soffocato il vero sentimento religioso. Il municipio diRavenna si è preoccupato di questo bisogno ed ha pensato di far quello che fufatto in altre città d’Italia, cioè di istituire una scuola di istruzione secondariafemminile anche nella città di Ravenna, così che quella istruzione che le ragaz-ze cominciano ad avere nelle scuole elementari possa poi compiersi in un isti-tuto di istruzione secondaria. Questo progetto deve esser portato dinnanzi alConsiglio municipale per essere discusso nell’imminente sessione di primaveradel patrio Consiglio.

23

Relazione 1 dell’ispettrice governativa Marietta Guerrini 2 sulla scuola superiorefemminile di Venezia .

229

1 La scuola superiore femminile, che proponeva una forma di istruzione di livello postele-mentare per ragazze di agiata condizione, sganciata però dal collegio, e basata su un modellolaico di interazione tra scuola e famiglia, stentò ad affermarsi. Anche quando le si associò uncorso elementare a pagamento per «signorine» – come avvenne, con una riorganizzazione del-l’impianto primitivo, nel caso della scuola di Venezia – la nuova istituzione, infatti, incontrò dif-ficoltà nel ritagliarsi uno spazio intermedio tra la scuola pubblica gratuita, che aveva spesso lasua prosecuzione nella normale, a carattere professionale, e gli istituti privati a pagamento peruna formazione non finalizzata ad alcuna attività lavorativa. Cfr. La scuola superiore femminiledi Venezia… cit., monografia pubblicata per cura del Municipio.

2 Dopo aver insegnato, a partire dal 1862, nelle scuole normali di Catania, di Ancona e diVenezia, Marietta Guerrini (Brescia 1833-1905) fece parte del primo drappello delle ispettricigovernative. Nominata con decreto del 9 agosto 1875, svolse tale ufficio fino al dicembre 1904e, quindi, al passaggio nel nuovo ruolo unico degli ispettori scolastici, trasmettendo al ministe-ro, con le sue accurate relazioni, un ricchissimo patrimonio di osservazioni e di pareri sugli isti-tuti femminili di educazione e di istruzione. Per la sua preparazione, prontezza ed equilibrio digiudizio nell’affrontare situazioni difficili ed incerte, le vennero inoltre affidati dal ministeroincarichi straordinari e temporanei di particolare delicatezza, come l’ispezione di istituti situatifuori dal «circolo» che le era stato assegnato, l’amministrazione e il governo del Conservatoriodi S. Girolamo di Montepulciano, in collaborazione col prefetto (1876-77) e la funzione didirettrice nell’Istituto di S. Ponziano di Lucca (1879); cfr. MPI, ACS, Personale 1860-1880, b.1081, fasc. «Guerrini Marietta».

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Fonti per la storia della scuola

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 90, fasc. «Tit. 16. Venezia.82», s.fasc. «Pratica generale», ms. autografo.

Napoli, 1° settembre 1878

Quando nel 1869 il ministro della Pubblica istruzione invitò i municipi dellecittà italiane ad aprire delle scuole superiori femminili a pagamento, per quellefamiglie che voleano far continuare gli studi, oltre il corso elementare, alle pro-prie figlie, senza essere obbligate a metterle in collegio, od a fare una spesa,spesso maggiore delle proprie forze, facendole studiare privatamente in casa, ilmunicipio di Venezia fu uno dei primi che rispose all’invito, ed aperse la scuolasuperiore.

Accolta con entusiasmo da alcuni, criticata da altri, parea rispondesse, sulleprime, alle nuove esigenze sull’educazione e l’istruzione delle fanciulle. Ma lecose non progredirono come avrebbero dovuto; i risultati furono discreti, mad’anno in anno non migliorarono, cosicché ultimamente era un po’ scaduta, enon aumentava, anzi diminuiva, il numero delle allieve.

Il municipio non si scoraggiò; prese un partito energico, fece un nuovoregolamento che ingiunse fosse scrupolosamente eseguito, e dichiarò di ritenta-re la prova per altri tre anni, sotto nuovi auspici.

Le cause per le quali la scuola superiore non riuscì al primo tentativo, sareb-bero, a parer mio, le seguenti.

La prima, la poca salute di alcune fra le persone addette principalmente albuon andamento della scuola; da ciò un po’ di rilassatezza, nella disciplina perparte delle alunne, e nell’adempimento del proprio dovere per parte di alcunofra gli insegnanti.

A questo ha provveduto il municipio colla riorganizzazione della scuola,aprendo per tutti, direttrice ed insegnanti, un nuovo concorso per titoli, e cosìpoté scegliere quelli che meglio aveano fatto il loro dovere, e rimpiazzare glialtri che, per poca salute o troppe occupazioni, non poteano badare alla scuolacome dovevano.

La seconda causa del poco buon esito della scuola superiore, fu il non averciunito una scuola elementare per bambine paganti, la quale avrebbe così prepa-rato il contingente per la superiore.

Sono pochissime le ragazze che dalle scuole elementari pubbliche passanoalla superiore; la maggior parte, di esse, dopo la quarta classe, vanno ad impara-re un mestiere; e quelle che continuano gli studi vanno di preferenza alla scuolanormale e perché non ispendono nulla, e perché vogliono far le maestre. Allascuola superiore dovrebbero andare le signorine che vanno alle scuole private,molte delle quali vengono messe invece in qualche collegio, od educate in casa.

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Sezione IV - Un’istruzione superiore all’elementare: educandati e nuove scuole a confronto

Ma anche varie scuole private danno ora lezioni di grado superiore (un gradosuperiore piuttosto basso) sicché i genitori ve le lasciano anche dopo la quartaelementare.

Bisognava adunque, colla scuola superiore, aprire una scuola elementare,per bambine paganti, che, sorvegliata dal municipio, presentasse ai genitorimaggiori garanzie delle private per il buon andamento degli studi.

A questo ancora ha pensato il municipio col nuovo ordinamento della scuo-la suddetta, aggiungendovi il corso elementare; ma qui si è commesso a parermio uno sbaglio nel fare il programma, il quale non differisce per nulla da quellodelle scuole elementari pubbliche.

Molti genitori avrebbero mandato le loro figlie a questa scuola, ma, poichéebbero veduto il programma, alcuni trovarono che, per avere il medesimo inse-gnamento, c’era più convenienza a mandarle dove non si pagava; altri invececontinuarono a mandarle alle scuole private dove si insegna un po’ di francese,il ballo ecc.

Se nel programma per le classi elementari della scuola in discorso, ci fossestato, di più che nelle pubbliche, anche solo l’insegnamento del francese, questosarebbe bastato perché fosse un po’ più frequentata.

E questo si potea fare, anzi all’atto pratico s’è fatto, senza aumentare lo stu-dio delle bambine.

Bisogna osservare che la scuola elementare per sé stessa è un corso completodi studi per quei fanciulli che i genitori mettono, fatta la quarta classe, ad imparareun mestiere; ora è naturale che in quelle quattro classi si compiano alcuni insegna-menti, cioè quelli della lingua italiana e dell’aritmetica. Ma le bambine che farannopoi il corso superiore possono studiare nelle classi elementari la parte più facile diun maggior numero di materie, riservando la più difficile per quando avranno l’etàpiù atta a comprenderla. Per esempio: è certo più facile assai l’imparar a leggerefrancese, che le teorie sulle frazioni; son più facili i principi del disegno che molteregole di grammatica; ecco dunque che si potrebbe benissimo diminuire un pocoil programma d’aritmetica, che si compirebbe nel corso superiore, e cominciarinvece ad insegnare qualche lingua straniera e un po’ di disegno; lo stesso dicasidell’italiano, il quale in queste classi elementari dovrebbe essere insegnato moltoin pratica, riservando le regole più difficili al corso superiore.

Ma, come ho già detto, queste cose, in parte almeno, sono già state messe inpratica; sicché io credo che se, per il nuovo anno, si farà qualche aggiunta alprogramma elementare, quelle classi saranno più frequentate; come ritengo chei buoni risultati dati quest’anno da quella scuola avranno persuaso i timidi e ititubanti, i quali non hanno avuto il coraggio, sulle semplici proposte di migliorordinamento, mandare a quella scuola le loro figlie, ma hanno voluto star avedere l’esito del primo anno.

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Fonti per la storia della scuola

E che quella scuola abbia mantenuta la sua promessa io non ne dubito; lavisitai che avea già alcuni mesi della nuova esistenza, e la trovai benissimoincamminata. Mi spiacque solo di veder sì poche alunne, massime nel corso ele-mentare nel quale non si poté fare né la prima superiore, né la quarta classe.

Le alunne erano in tutte 33; delle quali 12 nelle classi elementari e 21 nellesuperiori, così divise:

Prima classe inferiore allieve 2 “ “ superiore “ –

Corso elementare Seconda “ “ 8 12Terza “ “ 2 Quarta “ “ –

Prima classe “ 9 Corso superiore Seconda “ “ 6 21

Terza “ “ 6 [...]

Con un buon numero di allieve la scuola si manterrebbe in parte da sé, e ilmunicipio senza aggravare il bilancio delle spese potrebbe disporre di unadiscreta somma annua per meglio corredarla di libri e di oggetti scientifici; maper quest’anno non può aver avuto che un introito di circa 3000 lire, pagando lebambine del corso elementare £ 80 all’anno in dieci rate mensili, e quelle delcorso superiore £ 100 in due rate, una all’ammissione dell’alunna, e l’altra alcominciare del secondo semestre.

Io non so se il governo possa fare qualche cosa per questa scuola; è certoche, incoraggiandola in qualche modo, contribuirà a farla prosperare.

Spero che questo primo anno di prova abbia soddisfatto il municipio e leautorità scolastiche non solo, ma anche quei signori veneziani che hanno figlieda mandare a questa scuola, nella quale ci sarà più emulazione fra le allieve, seil loro numero sarà maggiore; e gli insegnanti saranno incoraggiati a proseguirenel loro insegnamento con quella diligenza, attività, e zelo che ebbero nell’annoora finito, ad onta dello scarso numero delle allieve.

Mi creda, sig.r ministro, con sentita stima

Di vostra eccellenzaDevotissima

Marietta Guerrini

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SEZIONE V

ALLA SCOPERTA DELL’UNIVERSO DEGLI ISTITUTI FEMMINILILE ISPETTRICI GOVERNATIVE

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Nomina di Caterina Percoto a ispettrice straordinaria degli istituti femminiliveneti di educazione e di carità.

a. Lettera del ministro Cesare Correnti a Caterina Percoto 1.

ACS, MPI, Personale 1860-1880, b.1606, fasc. «Percoto Caterina», ms.

Firenze, 5 aprile 1871

Poiché ho fatto il proposito d’innalzare nel nostro paese la istruzione femminilea quel segno cui va salendo appresso i popoli più inciviliti dell’uno e dell’altro con-tinente, ho pur deliberato di valermi a ciò dell’opera e dell’autorità delle donne ita-liane, che per sapere e per amore alla gioventù sono venute meritamente in onore.

L’istruzione femminile, illustre Signora, in questi ultimi anni, che seguironola ricostituzione nazionale, diede crescenti indizj di avviarsi prontamente almeglio, cosiché a me, nell’ufficio difficile che mi è commesso, il pensare le scuo-

1 Caterina Percoto (S. Lorenzo di Soleschiano, Udine, 1812-1887), appartenente a un’anticafamiglia comitale del Friuli ormai decaduta, nel 1871 era ormai ben nota come scrittrice dinovelle di quel genere di «letteratura rusticale» che Correnti stesso, in uno scritto apparso sulla«Rivista Europea» nel marzo 1846, aveva additato come la via da imboccare per affrontare inmodo costruttivo la crisi della letteratura italiana. Nota era inoltre la sensibilità della scrittricefriulana verso le esigenze dell’educazione femminile e popolare. Probabilmente Correntiapprezzò anche la sua capacità di valutare le responsabilità della dominazione austriaca e dellaChiesa nel determinare l’arretratezza delle province venete in campo educativo. La Percotoviveva ritirata a S. Lorenzo di Soleschiano, presso Udine, piegandosi, per le strettezze in cui eracaduta la sua famiglia, alle fatiche della gestione dei campi, che non le consentivano di immer-gersi nelle sue occupazioni letterarie preferite; da tale esilio la trasse temporaneamente l’incari-co ispettivo conferitole dal ministro, che riguardava gli istituti della sua regione, recentementeannessa all’Italia, e rientrava nell’ambito dell’inchiesta parlamentare del 1868-72. Le relazioniispettive della Percoto e gli appunti relativi allo svolgimento del suo incarico sono conservatipresso la Biblioteca Comunale di Udine (Fondo principale, ms. 4104/7). Cfr. inoltre F.BACCHETTI, Ispezione agli istituti femminili veneti durante l’inchiesta parlamentare 1868-1872, in CIRSE Problemi e momenti di storia della scuola e dell’educazione… cit., pp. 175-180, e Epistolario Caterina Percoto - Carlo Tenca, a cura di L. Cantarutti, Udine, Del Bianco,1990, pp. 170-174.

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Fonti per la storia della scuola

le muliebri è consolazione grandissima, e riposo, e incoraggiamento a bene spe-rare. E parrebbemi mancare ad una manifesta ispirazione della provvidenza s’ionon m’industriassi di ajutare il miracolo gentile, della spontanea e promettenteinclinazione alla coltura dello spirito, e alla serietà del costume, di cui dannoprova le alunne italiane. Ma ajutarlo non posso, se non mi soccorre l’opera diegregie donne, che alle discipline scolastiche non siano nuove, [e] siano inter-preti e maestre di quella vita del cuore, onde trae, io penso, origine quel costan-te e affettuoso avviamento al meglio, di cui s’onora l’educazione femminile inItalia. Quali frutti da questo avviamento possano venire alla patria nostra, che hasete di cose eccelse, e si lamenta di non essere ancora grande quant’è fortunata,non è necessario che io lo venga dicendo a Lei, illustre Signora, che precorse coidesiderj e colle speranze i nostri destini. Io non poteva pensare a donne illustriper opera d’ingegno e per autorità di virtuosa fama, senza che mi soccorressealla mente il nome di Caterina Percoto.

A Lei pertanto mi è caro commetter l’ufficio di visitare gli istituti femminili dieducazione e di carità, che hanno vita nelle province venete, fra le quali mi piaced’indicarle per ora quelle di Udine, di Belluno, di Treviso, di Venezia e di Padova.

E perché Ella possa prender più facile notizia delle norme generali che governa-no le nostre scuole, ed aver un aiuto nello adempimento di questo incarico, Le inviocon la presente una copia della istruzione ministeriale data del 28 febbraio 18621

aggiuntivi i programmi approvati con r. decreto 10 ottobre 18672; e La prego di voler-si scegliere un’altra donna la quale sia pratica dei metodi adoperati al presente nellescuole, e ch’Ella desideri o consenta di torsi a compagna nella ispezione. QuandoV.S. me ne abbia indicato il nome, io non mancherò di dar tutte le opportune dispo-sizioni, perché Ella abbia anche in questa parte ogni soddisfazione.

Di mano in mano che la S.V. compirà le sue visite, La prego ad essermi cor-tese di una relazione, la quale metta principalmente in chiaro:

1° L’epoca in cui fu fondato ciascun istituto e il fine cui era volto secondo leintenzioni del fondatore.

2° L’ammontare delle sostanze dei lasciti rispettivi, se ve ne sono, e in ognimodo le rendite onde al presente si sostiene ogni istituto.

3° Da chi e in che modo è amministrato e governato.4° Quali scuole vi sono tenute, quali discipline e quali lavori vi s’insegnano, e

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1 L’Istruzione per gli ispettori delle scuole primarie del 28 febbraio 1862 definiva le attribu-zioni e i doveri degli ispettori e dettava norme precise sul modo di eseguire le visite ispettive,di compilarne le relazioni e di raccogliere i dati statistici.

2 Si tratta del r.d. 10 ott. 1867 n. 1942 sulle istruzioni e i programmi per l’insegnamentonelle pubbliche scuole del Regno. I programmi oggetto del decreto sono più precisamentequelli per l’insegnamento secondario classico e tecnico, per l’insegnamento normale e magi-strale e per l’insegnamento elementare.

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Sezione V - Alla scoperta dell’universo degli istituti femminili: le ispettrici governative

da chi e con quali metodi e con quanto profitto, specialmente riguardando alpossibile le consuetudini interne, e se la educazione che vi ricevono le alunne siaconforme all’ufficio che ha la donna nella famiglia e in mezzo al consorzio civile.

5° Come vi è tenuta in cura la nettezza e come ordinato tutto che possa con-ferire a conservar buona la salute, badando alla salubrità delle stanze e ai luoghidella giornaliera ricreazione.

6° Se, fatto il paragone col passato, gli istituti sono in decadenza o dannosperanza e segno di prosperità maggiore.

A questi punti essenziali la S.V. si compiaccia di porre mente nei suoi rap-porti, aggiungendovi quelle altre notizie e quelle altre considerazioni che nellasua saviezza e nella rettitudine dell’animo suo stimerà buono di sottoporre allasollecita attenzione del governo.

Frattanto io mi reco a premura di scrivere appunto oggi ai sig.ri prefetti dicoteste province, ai quali Ella si presenterà per raccoglier le prime notizie deiluoghi e degli istituti che avrà a visitare, ed anco per averne quell’assistenzaonde può giovarsi una signora fra i disagi e le difficoltà del viaggiare.

Del rimanente, o Signora, sono certo ch’Ella accetterà di buon animo il nobi-lissimo mandato che con cuore sicuro Le confido, mandato veramente degnodelle cure amorose da Lei poste nel promuovere la educazione della donna, edegno eziandio dell’alta fama in cui Ella è ormai venuta non solo con lo studio econ gli scritti, ma ben anche con l’esempio delle sue domestiche virtù.

Il ministro[Cesare] Correnti

b. Risposta di Caterina Percoto al ministro Cesare Correnti.

Ibid., ms. autografo.

San Lorenzo, 16 maggio 1871

Se talvolta mi parve d’aver fatto anch’io qualche po’ di bene co’ miei poveriscritti, certo non avrei mai osato sperare il premio che mi dà V.S. con la sua osse-quiatissima lettera del 5 corrente.

Fidente più che in altro nel desiderio vivissimo che sento di corrispondereall’opinione ch’Ella s’è formata di me, accetto di gran cuore l’onorevole incaricoe mi dispongo per circa alla fine del corrente mese a dar principio alle visitech’Ella mi indica.

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Fonti per la storia della scuola

Se ritardai la risposta, fu per pensare alla nomina della persona che secondole di Lei istruzioni dovrebbe accompagnarmi.

Da molti anni ritirata in una solitaria campagna, io vivo troppo divisa dallasocietà per trovare nelle mie poche relazioni una donna che sia pratica deimetodi adoperati al presente nelle scuole, ed essendo io purtroppo malferma insalute, temerei di recar peso e di riceverlo dalla compagnia di una ignota; e poi-ché l’E.V. con benignità affatto singolare mi offre di darmi anche in questo ognisoddisfazione, pregherei di adempiere da sola al commesso incarico, potendocosì dividere la visita in più riprese a seconda mi fosse consentito dalle forzefiaccate. In quella vece una mia nipote, Vittorina Percoto, maestra nel nostro vil-laggio con diploma di grado superiore, educata prima a Firenze e poi per treanni nell’istituto normale di Lucca, e quindi non affatto ignara dei metodi pre-senti, potrebbe accompagnarmi e nell’istesso tempo prestarsi a quell’affettuosaassistenza richiesta dalla mia età e dalle accennate condizioni di salute.

Ho letto con attenzione l’istruzione ministeriale data del 28 febbraio 1862 egli aurei programmi del ministro Coppino di cui l’E.V. s’è compiaciuta di inviar-mi una copia. Procurerò che mi servano di norma nelle relazioni che sarà miodovere e ad un tempo piacere grandissimo di fare all’E.V. di mano in mano checompirò le mie visite, ma più che ad altro mi propongo di attenermi ai sei puntiindicati nella di Lei lettera, e di esporle poi con ogni schiettezza e senza riguardidi sorte tutte quelle considerazioni che mi saranno suggerite dalla coscienza,lieta di poter in qualche maniera cooperare, se non altro, coll’intenzione allasantissima impresa che l’E.V. si è proposta, e che dovrà essere la pietra fonda-mentale su cui baseranno le sorti di questa nostra Italia.

Caterina Percoto

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Lettera dell’ispettrice governativa Felicita Morandi 1 ad Aristide Gabelli, diretto-re capo della Divisione per l’istruzione primaria e popolare.

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1 Nel 1881 Felicita Morandi ricopriva da poco più di due anni l’ufficio di ispettrice gover-nativa per gli educatori femminili dell’Alta Italia che avrebbe esercitato fino al 1893. Verso lafine del 1879, al momento della nomina, oltre ad essere assai conosciuta come prolifica scrittri-ce di operette educative indirizzate specialmente a bambine e adolescenti, aveva già alle spalle

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Sezione V - Alla scoperta dell’universo degli istituti femminili: le ispettrici governative

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b.184, fasc. «1883. 27. P.caG.le», ms. autografo.

Milano, 11 aprile 1881

Illustriss. sig. commend.reColla maggiore soddisfazione, anzi con vera gioia appresi la sua accettazio-

ne dell’alto ufficio a cui il ministro con saviissimo discernimento la eleggeva. Mene rallegrai per la patria nostra e, lo confesso, anche per me, ché sento rinascerela fiducia di giovare coll’opera mia alla pubblica istruzione, dacché ho a dipen-dere da persona di tanto ingegno, di sì retta coscienza e di sì nota esperienzaqual è la S.V. Laonde mi faccio animo a rivolgermi direttamente a Lei per racco-mandare l’ordinamento dell’ufficio a cui appartengo, il che è pure di non lieveimportanza.

Ella è al certo già persuasa del molto bene che potrebbero fare le ispettricigovernative negli educatorj femm.li, lasciati finora in balia di chi li dirige perpura speculazione, o per ragioni di partito. E però s’Ella potrà dare uno sguardoalle relazioni da me presentate al ministero sugli educatorj che visitai nello scor-so anno e in questo primo trimestre, avrà forte argomento per convincersi cheuna sola donna non può occuparsi di tutti gli ducandati femm.li d’una 4a parted’Italia1, e che non possono ragionevolmente conservarsi le norme che reggonoquest’ufficio.

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una lunga carriera negli istituti femminili di educazione e di assistenza. Nata nel 1827 a Vareseed educata a Monza e a Milano in collegi per ragazze di condizione agiata, fu costretta, per idissesti economici che colpirono la sua famiglia in seguito alla morte del padre, ad impiegarsicome istitutrice presso una ricca famiglia di Parma. Ebbe poi la direzione della scuola tecnicafemminile di Parma, e quindi quella del collegio civico di Piacenza, che accoglieva le ragazzedelle famiglie più agiate della città. Nel 1865 le fu affidata la direzione dell’Orfanotrofio dellaStella di Milano, che tenne per quasi quindici anni, compiendo inoltre, nel 1874, su incaricodel municipio di Roma, la difficile riforma dell’Orfanotrofio femminile di Termini, e quindiquella dell’Ospizio di S. Michele a Roma. La sua esperienza si estese ed approfondì ulterior-mente negli anni in cui, in qualità di ispettrice governativa degli istituti femminili dell’AltaItalia, ebbe l’incarico di visitare i collegi-convitti compresi nella sua giurisdizione territoriale;non poteva quindi che apparire una delle figure più autorevoli e qualificate per esprimere unparere sulla necessità di introdurre un regolamento che disciplinasse finalmente il serviziodelle ispettrici governative, istituito da ben sei anni; cfr. ACS, MPI, Personale 1860-1880, b.1418, fasc. «Morandi Felicita»; Ricordi postumi di Felicita Morandi, con la prefazione di R.SAPORITI, Milano, Tip. Pirola, 1906 e S. FRANCHINI, Le ispettrici «governative»: L’autorappresenta-zione di due delle prime emissarie… cit., pp. 254-275.

1 Ai fini delle visite degli istituti femminili il territorio nazionale era stato infatti suddiviso inquattro aree, corrispondenti alla giurisdizione territoriale di ciascuna delle quattro ispettricigovernative.

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Fonti per la storia della scuola

Scrivendo a tutti i provveditori delle provincie dell’Alta Italia, potei otteneregli elenchi degli educatorj soggetti alla mia ispezione e da quelli mi risulta chequesti ammontano al bel numero di 380!

Sarebbe dunque necessario:1° Che ogni provincia avesse una speciale ispettrice, o almeno una vice

ispettrice, che potesse non solo visitarne tutti i convitti ogni anno, ma ripetere levisite quante volte occorra al miglior indirizzo dei medesimi.

2° Che esistesse un regolamento organico, colla precisa indicazione deidoveri dell’ispettrice e vice ispettrice, della estensione di loro incombenze edelle misure che debbono prendere ne’ casi speciali prevedibili.

3° Che lo stipendio assegnato alla ispettrice fosse tale da scansare il pericoloch’essa trascuri il proprio ufficio per non incontrare spese di viaggi e di alberghiche non le sono interamente rimborsate1. E a questo proposito io prego la suanota bontà di leggere le Osservazioni che qui aggiungo in foglio separato.

Molto avrei a dirle, egregio sig. provveditore, rispetto all’andamento deglieducatorj nostri, ed alle molte modificazioni e riforme che mi sembrano necessa-rie a fine di rendere le future spose e madri italiane degne educatrici e conforta-trici delle famiglie. Molto avrei a dirle, e lo farei ben volentieri a voce quandofossi a ciò chiamata. Il suo raro senno non ha bisogno de’ miei avvisi; ma iopongo la mia esperienza, la mia buona volontà e il mio affetto per la patria alservizio della pubb.ca istruz.ne, e s’Ella crederà utile valersene, io non chiederòdi meglio che d’assecondare i suoi nobili intenti.

Gradisca, esimio sig. commend.re, l’attestazione sincera del mio particolareossequio e della mia profonda reverenza, con che mi pregio dirmi

Sua devotissimaFelicita Morandi

P.S. Dopo Pasqua potrei ispezionare gli istituti della prov.a di Como; la pregofavorirmene adesione.

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1 Nel 1881 lo stipendio annuo delle ispettrici governative era di lire 1800. Non solo taleretribuzione, ma anche le indennità di viaggio e di soggiorno, determinate in base a quelle deiregi ispettori scolastici, si erano dimostrate largamente insufficienti, dovendosi considerare lavastità della giurisdizione territoriale di ciascuna delle quattro ispettrici, le maggiori spesesostenute per i trasporti e per l’alloggio da signore che viaggiavano sole e che dovevano man-tenere un certo decoro, la necessità di compilare in più copie ampie e dettagliate relazioni perogni visita effettuata.

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Sezione V - Alla scoperta dell’universo degli istituti femminili: le ispettrici governative

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Promemoria dell’ispettrice governativa Felicita Morandi sul regolamento per ilservizio delle ispettrici governative.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 184, fasc. «1883. 27. P.caG.le», ms. non firmato.

[1881]Promemoria

Visto che non esiste un regolamento in cui sieno ben definite le attribuzioni, néindicati partitamente i doveri e i diritti delle quattro ispettrici governativedegli educatorii femm.li del Regno,

Visto che, per quanto solerte e coscienziosa, l’opera di una sola ispettrice nonbasta al grave compito di invigilare gli educatorii di una quarta parte delRegno1 moltissimi de’ quali sono in balia di chi li dirige per mera specula-zione, o per ragioni di partito,

Visto che ad alcuni provveditori ed ispettori, o delegati scolastici, dispiace la visitadelle ispettrici negli educatorii da essi trascurati per indolenza, o per man-canza di tempo, e talvolta anche danneggiati con improvvide concessioni,

Visto che la carica d’ispettrice, importante, delicata e faticosa, è troppo mal retri-buita (limitandosi lo stipendio ad un terzo di quello assegnato, cogli emo-lumenti, alle direttrici dei collegi governativi, che sono pure soggetti allasua ispezione); e che la misura della diaria è al di sotto della spesa viva,

Si rendono necessarie le seguenti determinazioni:

1° Sarà redatto un regolamento speciale per l’Ispettorato degli educatorii femmi-nili, col quale si provvederà, mediante norme sicure, a tutte le possibili con-tingenze nelle quali può trovarsi il personale addetto a tale ufficio, nel com-pimento de’ proprii doveri.

2° Le ispettrici centrali risiederanno nelle città di Milano, Roma, Napoli e

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1 Nota al testo: «Quelli cadenti sotto la giurisdizione dell’ispettrice de’ collegi femm.lidell’Alta Italia sono in n. di 385, sparsi in trenta province, e molti in località assai disagevoli».

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Fonti per la storia della scuola

Palermo. Ciascuna terrà ufficio ed archivio in locale fornito dal ministero. Adogni ufficio sarà addetta una copista proposta dall’ispettrice.

3° Le ispettrici dipenderanno direttamente dal ministero. Ad esse sarannoaggiunte dodici aiutanti, tre per ciascuna, o più, secondo l’estensione asse-gnata alle singole ispettrici, ed il numero degli educandati che vi esistono.

4° Le aiutanti (siccome le copiste) dipenderanno interamente dalle ispettrici acui saranno assegnate. Visiteranno gli istituti delle provincie a cui verrannodestinate dalle ispettrici centrali, e renderanno conto mensilmente a quellada cui dipendono dell’andamento di essi, tanto rispetto all’istruzione cheall’educazione ed al morale indirizzo.

5° Alla ispettrice centrale saranno riserbate le ispezioni di alcune provincie, col-l’obbligo di accorrere in quelle nelle quali abbisognasse il suo intervento peristraordinarii provvedimenti ordinati o consentiti dal r. ministero. Essa terrà cor-rispondenze colle aiutanti e colle direzioni degli educandati, e presenterà ognitrimestre al ministero un sunto delle relazioni compilate dalle sue dipendenti,aggiungendovi le proprie osservazioni, e chiedendo quelle superiori disposizio-ni che le sembrassero necessarie pel miglior andamento degli istituti ispezionati.

6° Le ispettrici saranno retribuite coll’annuo stipendio di £ 3500, oltre alle inden-nità dei viaggi e alle diarie in relazione allo stipendio.Alle aiutanti sarà assegnato l’annuo stipendio di £ 1500, oltre alle indennità diviaggi e diarie.Le quattro copiste applicate agli uffici delle ispettrici centrali saranno retribui-te coll’annuo stipendio di £ 600.

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Nota del direttore capo della Divisione per l’istruzione primaria e popolare alcapo di gabinetto del ministro sulle riforme proposte dall’ispettrice FelicitaMorandi per il servizio delle ispettrici governative.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 184, fasc. «1883. 27. P.caG.le», ms.

Roma, 17 gennaio 1882

Le proposte della signora Felicita Morandi delle quali è parola nella lettera

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del sig. conte Pianciani1 dalla S.V. trasmessami, furono già prese in considerazio-ne da questa divisione, e la stessa signora ispettrice Morandi ne ebbe riscontroufficiale non senza le dovute lodi pel suo zelo e solerzia, insieme all’assicurazio-ne che di esse si sarebbe tenuto il dovuto conto quando si sarebbe posto manoalle riforme anche per quel ramo di servizio, riforme che già da tempo formanosoggetto di studio.

Non devo però tacere alla S.V. che le proposte della signora Morandi conte-nute sul foglio che Le comunico con preghiera di restituzione basano soprattuttosul concetto di una maggiore spesa, la quale spesa non sembra per ora consenti-ta dalle presenti condizioni del bilancio. Di ciò però non fu fatto parola nellarisposta alla suddetta signora ispettrice

Dell’E.V. mi ossequio

Per il direttore capo della Divisione per l’istruz[ione] prima[ria]

firmato [Nicola] Rivera2

28

Lettera dell’ispettrice governativa Felicita Morandi ad Aristide Gabelli con alle-gate le «Proposte di alcuni articoli pel regolamento dell’Ufficio delle ispettricigovernative».

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 184, fasc. «1883. 27. P.caG.le», ms. autografo.

Varese, 6 aprile 1882

Chiarissimo sig. commend.re

L’ispettrice gov.va, signora Guerrini Marietta, m’incoraggia a dirigerle il pro-

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1 Luigi Pianciani (1810-1890), deputato dalla IX alla XVI legislatura e primo sindaco diRoma.

2 All’epoca capo sezione della Divisione, dal 1883 direttore capo.

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getto di regolamento del nostro ufficio, che d’accordo abbiamo formulato,facendo modificazioni ed aggiunte allo schema che ciascuna di noi presentò acotesto ministero nello scorso inverno. Le modificazioni ci vennero consigliatedalla dimostrataci difficoltà di aumentare di molto la spesa per questo ufficio.Speriamo però che i nostri superiori, vedendo la necessità d’un aumento di per-sonale, vorrà [sic ] provvedervi appena che le finanze lo consentano.

Ci affidiamo particolarmente a quel raro senno e a quello zelo che V.S. ponenegli atti che riguardano la pubblica istruzione; ed io colgo con piacere l’oppor-tunità di presentarle i miei vivi ossequi e riattestarmi

Di Lei, Ill.mo s.r commendatore,

DevotissimaFelicita Morandi

Propostedi alcuni articoli pel regolamento

dell’Ufficio delle ispett.ci governative.

Art. 1° Le cinque ispettrici governative sono nominate con decreto reale, dietroproposta del ministro della Pubblica istruzione, il quale ha cura di sce-glierle fra signore italiane, provette, di specchiata moralità, che, avendogià diretto istituti educativi, abbiano dato prove non dubbie di senno edi coltura non comuni, e sieno per ogni rispetto tali da inspirare fiduciae reverenza nelle persone che hanno ingerenza negli educandati e nellescuole.

Art. 2° Esse dipendono direttamente dal ministero, il quale assegna a ciascunala città in cui deve risiedere, e le provincie delle quali deve ispezionaregli educatorii.

Art. 3° Sarà dal ministero notificato ai prefetti ed ai provveditori il nome dellaispettrice incaricata della visita degli istituti posti nella prov.a da essipresieduta. E l’ispettrice prima d’intraprendere in quelle il giro d’ispe-zione, ne darà loro avviso, onde possano coadiuvarla nell’esercizio de’suoi doveri. I prefetti potranno invitarla a visitare questo o quell’istitu-to, quando si presentasse un caso urgente, previo consentimento delministero. I provveditori dovranno fornire all’ispettrice l’elenco degliistituti esistenti nella prov.a in cui risiedono.

Art. 4° L’ispettrice, a legittimare le sue funzioni, si presenterà a ciascun istituto,

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cadente sotto la sua giurisdizione, con una circolare munita del timbroministeriale.Qualora la direzione di qualche istituto rifiutasse di ammettere alla visi-ta la ispettrice, questa ricorrerà alla autorità governativa locale, la qualedovrà prestarsi ad agevolare l’intero compimento di sue attribuzioni,assistendovi quand’essa lo desideri.

Art. 5° Le ispettrici visiteranno accuratamente non solo gli istituti femm.ligovernativi, ma anche quelli appartenenti alle provincie, ai comuni, alleOpere pie ed ai privati, esaminandone l’indirizzo morale, il regolamentointerno, lo statuto, l’orario, i metodi tenuti nelle scuole, i libri di testo, ilavori femminili, l’ordine e la pulizia personale, il contegno delle alunnee del personale insegnante, la disposizione e località del caseggiato, ilsistema dietetico, e negli istituti di Opere pie anche il bilancio. Farà neidebiti modi le osservazioni che troverà del caso alla direttrice o a chipresiede all’andamento morale e materiale del collegio.

Art. 6° Eseguita la visita, la ispettrice stenderà un’accurata relazione, dellaquale farà tirare tre copie: l’una da inviarsi al ministero, unitamente aquelle che avrà a fare nel giro della medesima provincia, l’altra pel pre-fetto locale, e la terza per sé, da conservarsi in archivio.Per altro coteste relazioni si faranno solo quando si visiti un istituto perla prima volta; quando si compia un’ispezione straordinaria ordinatadal ministro; quando un istituto sia stato di recente riformato, o presen-ti alcun che di bene o di male che debba essere notificato al ministro.Se invece l’istituto che si rivisita per la seconda, terza o quarta volta,non presenta nulla di speciale, basterà che l’ispettrice ne dia conto a find’anno al ministero nella sua relazione generale, a cui sarà unito l’elen-co di tutte le ispezioni fatte durante l’anno.

Art. 7° Quando occorra, l’ispettrice si terrà in carteggio coi superiori degli isti-tuti di sua giurisdizione, e coi singoli provveditori, onde trovare edapplicare i mezzi opportuni a rimedio degli inconvenienti riconosciuti,ed a miglioramento dell’istruzione ed educazione femminile.

Art. 8° Quando alcuna delle ispettrici potesse dimostrare evidentemente alministero l’impossibilità di compiere in tempo opportuno e colla neces-saria diligenza e accuratezza le ispezioni nel territorio assegnatole, ilministero le accorderà un’aiutante, lasciando all’ispettrice la scelta dellapersona, pel miglior accordo nei propositi e nelle opere.

Art. 9° Quando il ministero ordinasse ad una delle ispettrici di visitare in undato tempo istituti fuori delle provincie di sua giurisdizione, essa nonpotrà rifiutarvisi, salvo che potesse dimostrare un legittimo impedimento.

Art.10° Le ispettrici avranno lo stipendio annuo di £ 3000; però, trattandosi di

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signore, avranno le indennità di viaggio e di diarie come gli impiegatiche godono lo stipendio di £ 3500.Essendo poi necessario che abbiano un locale per l’ufficio e una copi-sta, saranno loro perciò assegnate annue £ 500.

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Richiesta di parere al presidente del Consiglio di Stato da parte del ministrodella Pubblica istruzione sul disegno di regolamento per le visite delle ispettricigovernative agli istituti femminili di educazione e di istruzione 1.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 184, fasc. «1883. 27. P.caG.le», ms.

Roma, 7 novembre 1882

Riuscito a bene il primo esperimento iniziato da oltre un decennio, di gio-varsi per gli istituti femminili dell’opera d’ispettrici anziché d’ispettori, si portò illoro numero a quattro e da servizio straordinario si disciplinò come servizio nor-male, imprimendo nel bilancio la somma necessaria a retribuirle sotto forma distipendio anziché di remunerazione. Ordinato così il servizio, si sentì spesso ilbisogno di governarlo con discipline uniformi e precise, per regolare anzitutto irapporti che necessariamente dovevano intercedere fra il ministero e le ispettrici,fra queste e l’autorità scolastica della provincia e la presidenza dei diversi istituti,i quali se per la maggior parte erano educatori per signorine di famiglie agiate,parecchi avevano anche un ordinamento amministrativo quasi autonomo.

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1 Il documento mostra assai bene che l’istituzione dell’ufficio delle ispettrici governative eil disciplinamento di tale servizio si legavano alla necessità di acquisire informazioni attendibilie aggiornate su istituti di educazione e di istruzione femminile dipendenti da una pluralità diassociazioni ed enti diversi, ma soprattutto di controllare e arginare l’influenza clericale, eserci-tata largamente all’interno degli educatori privati o gestiti da religiose. Il principale organo con-sultivo dell’amministrazione pubblica viene quindi interpellato per chiarire questioni di impor-tanza vitale nella formulazione del regolamento da emanare, cui le ispettrici governative sisarebbero dovute attenere nello svolgimento del loro ufficio: si trattava, infatti, soprattutto didefinire fino a che punto poteva spingersi il controllo del ministero sugli istituti privati tenutida ordini e congregazioni religiose.

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Occorreva ancora mettere fuori discussione il diritto nel governo di vigilare ogniistituzione scolastica femminile, qualunque fosse il suo atteggiamento speciale ecomunque ordinata. Oltre gli educatorii e i collegi sparsi ovunque e i qualihanno per ragioni di bilancio dipendenza dal ministero, si hanno in Sicilia iCollegi di Maria e altrove diversissimi per indole e per origine molti istituti, il cuifine è sempre l’istruzione e l’educazione delle giovinette. Arrogi la fitta rete deicollegi privati e di quelli che talvolta i comuni, i quali ebbero per le antiche sop-pressioni di ordini religiosi dono condizionato dai cessati governi di ricchi ecomodi edifizi, affidarono mediante particolari convenzioni a sodalizi religiosiod a reliquie di famiglie religiose, riunitesi e ricostituitesi sotto forma di privateassociazioni1. Alcune anzi di queste, con la sede della casa madre in paese stra-niero, reclutando maestre fra le addette a famiglie religiose d’Italia, fondaronoqua e là con ricchezza di mezzi e seduzione di buon mercato molti istituti chesono fiorenti per numero e qualità d’educande2. Ognuna di queste istituzioniscolastiche presentava difficoltà diverse a una precisa vigilanza governativa enella soverchia loro varietà opponevano obbiezioni diverse ad ogni ispezione,quella compresa di non conoscere determinati da esatte norme regolamentari ilimiti e le forme dell’ispezione governativa come era determinata per le scuoleelementari. Da questo insieme di considerazioni, desunte tutte dalla esperienzafatta fin qui, venne questo ministero nella persuasione dell’utilità di preparare esottoporre all’augusta firma del re per la sua approvazione l’unito disegno diregolamento, che si trasmette a codest’onorevole consesso perché lo esamini edia su di esso il proprio parere, a sensi dell’art.o 9 della legge 20 marzo 1865allegato D3.

Per il ministrofirmato Fiorelli

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1 Dopo la legge del 7 luglio 1866 sulla soppressione delle corporazioni religiose.2 Si tratta delle congregazioni religiose di “nuovo” modello, istituti centralizzati con supe-

riora generale, affermatisi prima in Francia e nei Paesi Bassi e, dopo il 1830, nati e proliferatianche in Italia, prevalentemente nel Regno di Sardegna e nel Lombardo-Veneto; cfr. G. ROCCA,Donne religiose… cit., pp. 70-107.

3 La legge 20 mar. 1865 n. 2248 per l’unificazione amministrativa del Regno d’Italia riporta-va all’allegato D la legge sul Consiglio di Stato: in particolare l’art. 9, compreso nel Titolo II,Delle attribuzioni del Consiglio di Stato, faceva rientrare tra i casi in cui si doveva chiedere ilparere del Consiglio, oltre quelli già stabiliti per legge, «tutte le proposte di regolamenti gene-rali di pubblica amministrazione».

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Verbale dell’adunanza del 25 novembre 1882 del Consiglio di Stato, sezionedell’interno.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 184, fasc. «1883. 27. P.caG.le», ms. con firme autografe.

Adunanza del dì 25 novembre 1882La Sezione

Vista la nota del Ministero dell’istruzione pubblica in data 7 novembre 1882(Divisione dell’istruzione primaria e popolare n. di partenza 15969 bis) con laquale si chiede il parere del Consiglio di Stato intorno al disegno di regolamentosulle visite delle ispettrici governative agli educatorj ed altri istituti femminili;

Esaminato il regolamento medesimo;Sentito il relatore;

Ha osservato che, stando a cuore al ministro di ovviare alle difficoltà edobbiezioni che gli istituti scolastici privati femminili oppongono ad una precisavigilanza governativa, tra le quali quella di non conoscere determinati da esattenorme regolamentari i limiti e le forme dell’ispezione governativa, come è deter-minata per le scuole elementari, sarebbe stato miglior consiglio distinguere eseparare con precisione tutte le disposizioni risguardanti l’ispezione agli istitutigovernativi da quelle relative agli istituti privati, così pure le disposizioni che siriferiscono all’insegnamento privato elementare da quelle che concernono l’in-segnamento privato perfettivo;

Che però esaminando il proposto regolamento in quella forma e disposizionecon cui venne compilato, e limitandosi a verificare se in esso sianvi disposizioniche alle leggi vigenti non si conformino, ha fatto le seguenti considerazioni:

Che il diritto che la legge accorda al ministro della Pubblica istruzione divigilare tutte le istituzioni scolastiche di ogni natura è incontestabile;

Che la legge fondamentale sulla pubblica istruzione 13 novembre 1859 n.3725 limita all’art. 3° la sorveglianza del ministro sull’insegnamento privato allatutela della morale, dell’igiene, delle istituzioni dello Stato, e dell’ordine pubbli-co, e con l’art. 5 gli da facoltà di chiudere gli istituti privati d’istruzione e di edu-

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cazione qualora si ricusino di conformarsi alla legge1;Che le successive disposizioni sull’insegnamento privato sono conformi a

quelle della legge fondamentale sopracitate e quindi queste debbono essere pie-namente osservate;

Che perciò all’art. 12 del regolamento debba dirsi più chiaramente dovere leispettrici curare, nelle scuole private perfettizie, che l’indirizzo ed il fine dell’in-segnamento risultino ben determinati dai programmi e dall’ordinamento dellascuola, e siano puramente d’istruzione e d’educazione, senza che vi si colleghialtro scopo che da quell’indirizzo e da quel fine si allontani, e che l’insegnamen-to sia impartito sinceramente col rispetto dovuto alle istituzioni civili del paese;

Ed all’art. 13 che nelle scuole private le ispettrici possono consigliare i meto-di d’insegnamento e di educazione che si credono migliori di quelli adottati dallascuola, ma non possono prescrivere i programmi, l’orario ed il calendario scola-stico; ed in riguardo ai libri di testo possono consigliare l’adozione di quelli giu-dicati migliori dalle competenti autorità scolastiche;

E per tali considerazioni la sezioneÈ di avvisoChe, con le fatte avvertenze, il proposto regolamento possa ottenere la

Sovrana Sanzione

Per estratto dal verbaleIl segretario della sezione

A[ristide] BergoënVisto:Il presidente della sezioneAntonio Ghivizzani

249

1 L’art. 5 prescriveva inoltre che per la chiusura di una scuola o di un istituto di istruzione edi educazione il ministro dovesse richiedere il parere del Consiglio superiore. Gli articoli 3 e 5della legge organica del 13 nov. 1859 n. 3725 (Casati) ebbero un’importanza fondamentale neldeterminare le prassi da seguire da parte delle ispettrici governative e di tutti i pubblici ufficialicui era deputato l’esercizio del controllo ministeriale sulle scuole e gli istituti privati di istruzio-ne e di educazione.

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Regolamento per le visite delle ispettrici governative agli educatori ed altri istitu-ti femminili del Regno approvato con r.d. 4 gennaio 1883 n. 1224.

Art. 1. Il servizio delle ispettrici già da più anni istituito verrà quindi innanziretto colle seguenti norme.

Art. 2. Il numero delle ispettrici è di quattro e sono retribuite in conformitàdell’unita tabella A1.

Art. 3. Esse dipenderanno direttamente dal ministero, né potranno allonta-narsi dalla rispettiva residenza senza permesso dell’autorità scolastica, cuidovranno sempre notificare i motivi giustificanti una domanda di congedo.

Per la durata di 15 giorni potrà, in caso d’urgenza, essere dato congedo dalregio provveditore; per un periodo maggiore dovrà essere chiesto al ministero.

Art. 4. È ufficio dell’ispettrice visitare i convitti, gli educatori ed ogni altra isti-tuzione educativa femminile, così pubblica come privata o di beneficenza esi-stente nella rispettiva giurisdizione quale è determinata dall’unita tabella B2,esclusi i collegi e gli educatori di fondazione regia, anche se a patrimonio misto3.Per questi, od altro istituto analogo, l’ispezione sarà volta per volta, secondo ibisogni, decretata dal governo.

Art. 5. Non potrà l’ispettrice delegare altra persona a far le sue veci, e quan-

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1 La tabella A, qui non riportata, prevedeva due classi di stipendio, rispettivamente di L.2000 annue per due ispettrici e di L. 2500 per le altre due.

2 Secondo la «Ripartizione in circoli della giurisdizione territoriale assegnata a ciascun uffi-zio d’ispezione femminile» indicata nella tabella B, il 1° circolo comprendeva Piemonte,Liguria, Lombardia e Veneto, il secondo Emilia, Toscana, Marche, Umbria e Lazio, il terzoCampania, Abruzzo, Puglia, Basilicata e Calabria e il quarto Sicilia e Sardegna.

3 Lo stesso Carlo Gioda, nel suo rapporto al ministro della Pubblica istruzione Boselli su Icollegi-convitti di educazione femminile in Italia… cit. (p. 7), avrebbe notato l’anomalia diquesta eccezione. Il fatto che il regolamento del 1883 creasse, senza peraltro definirla chiara-mente, una categoria speciale di collegi-convitti e ne condizionasse l’ispezione, di volta involta, a un intervento del governo, fa sospettare che tali particolari cautele fossero dovute aldesiderio di salvaguardare i delicati equilibri dei rapporti tra il governo e i notabili locali posti acapo di istituti gelosi dei loro privilegi o delle loro tradizionali autonomie e restii ad accettare“interferenze” governative. La disposizione non compare comunque nel regolamento successi-vo, emanato con r.d. del 21 marzo 1889.

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do per gravi ragioni, o altro legittimo impedimento dovesse interrompere le visi-te incominciate, ne darà avviso al ministero.

Art. 6. Salvo particolari disposizioni da parte del ministero, l’ispettrice ordi-nerà le sue visite in modo da ispezionare in un biennio tutti gli istituti e convittifemminili di sua giurisdizione.

Art. 7. Nella prima quindicina di ottobre ogni ispettrice manderà al ministe-ro, per le sue osservazioni, l’elenco degli istituti che si propone di visitare duran-te l’anno scolastico, indicando rispettivamente il tempo nel quale sarà eseguita lavisita.

Art. 8. Prima di recarsi a visitare un qualunque istituto femminile d’una pro-vincia, l’ispettrice potrà far capo al presidente del consiglio scolastico per averequelle notizie ed informazioni che fossero stimate utili per una maggiore effica-cia dell’ispezione.

Art. 9. L’ispettrice nelle sue visite baderà principalmente al grado d’istruzio-ne delle alunne, alla educazione loro, al loro stato igienico e alle condizioni disalubrità, di comodo e convenienza interna, anche rispetto al costume, degli edi-fizi nei quali trovansi raccolte.

E quando si tratti di convitti governativi, o dal governo vigilati, o sussidiati,questo potrà, secondo l’occorrenza dei casi, fare obbligo all’ispettrice governati-va d’informarsi anche dell’andamento generale dell’azienda.

Art. 10. In quest’ultimo caso l’ispettrice potrà chiedere comunicazione cosìdel bilancio consuntivo come del preventivo; esaminare i registri dei conti quoti-diani e le condizioni dei contratti stipulati per la fornitura dei viveri.

Art. 11. Nel rendersi conto delle condizioni economiche dell’istituto, dell’ori-gine sua, dell’indole e dell’entità delle sue entrate, l’ispettrice, anche indipen-dentemente dall’ordine superiore, dovrà informarsi diligentemente dei legati,assegni o largizioni d’antica o di recente data destinati a vantaggio dell’istituto daprivati o da corpi morali, quando trattasi d’istituzione unicamente e interamenteeducativa, come i conservatori e i collegi femminili a patrimonio misto.

Art. 12. Esaminando l’ordine dell’insegnamento dovrà distinguere l’istruzio-ne puramente elementare da quella che fosse data a titolo perfettivo, curandoche la prima sia uniforme al suo ordinamento legale ed abbia la seconda, sia perla durata, sia per i programmi, un carattere preciso e un fine da raggiungere bendeterminato.

Art. 13. In conformità dei bisogni rilevati dall’ispezione, avrà cura d’indicare,consigliare e promuovere i migliori e più acconci metodi d’insegnamento e dieducazione, e invigilerà perché siano sempre osservate le leggi, i regolamenti ele provvisioni tutte risguardanti i programmi, e rispetto ai limiti anche quelleconcernenti l’orario e il calendario scolastico.

Esaminerà i libri di testo, consigliando l’abbandono dei meno acconci e l’a-

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dozione di altri giudicati migliori, la tenuta dei quaderni di scuola e dei registri sco-lastici. Per rendersi conto così del metodo come del profitto, dovrà assistere allelezioni, promovendo ove occorra qualche esperimento da parte delle alunne.

Art. 14. Dovrà l’ispettrice por mente alla condizione e sufficienza del mate-riale didattico, impartendo, secondo i casi, quei consigli e quelle avvertenze chestimerà più convenienti.

Art. 15. Esaminando i titoli del personale insegnante e dirigente, dovrà l’i-spettrice rendersi conto se veramente insegni chi è munito di patente, notandole mutazioni avvenute, fra una visita e l’altra, così nel personale come nelladistribuzione degli uffici.

Art. 16. Ogni ispettrice terrà un registro-matricola del personale insegnante edirigente d’ogni istituto posto nella sua giurisdizione, nel quale registro oltre ladata e la qualità del titolo d’idoneità delle maestre dovranno essere indicate laqualità e la durata dei servizi prestati da ogni addetto all’istituto.

Art. 17. Com’è obbligo della ispettrice di riconoscere le particolari beneme-renze di chi insegna in un istituto o lo governa, così dovrà rendersi ragione dellacondotta, capacità e cultura del personale insegnante e dirigente, dei modi comeciascuno adempie l’ufficio proprio e dell’autorità di cui gode.

Dei consigli dati e delle osservazioni che avesse luogo di fare al personale,dovrà tenere informato anche il presidente del Consiglio scolastico.

Art. 18. Se all’istituto fosse congiunta, per convenzione col comune, o peraltro titolo, una scuola esterna, questa pure dovrà essere visitata con le stessenorme, e quando tenga luogo di scuola comunale, l’ispettrice avrà cura di infor-mare l’autorità scolastica del circondario delle osservazioni e dei consigli dati.

Art. 19. A documento della diligenza con cui l’ispettrice avrà adempito all’ob-bligo suo dovrà per ogni istituto inviare un particolare rapporto al ministero.

Art. 20. In tale rapporto dovrà indicarsi il numero delle convittrici, e quandovi sia scuola esterna anche delle alunne che la frequentano, distinguendo delleprime quelle che godono il posto a titolo gratuito da quelle che vi sono accolte apagamento, avvertendo inoltre se l’ammissione alla scuola esterna è fatta a titologratuito od oneroso.

Ove nell’istituto dimorino a qualunque titolo suore di un ordine religioso,oggi soppresso, ne sarà indicato il numero con le attribuzioni da ciascuna eserci-tate.

Art. 21. Alla fine dell’anno e dopo compiuto l’ordinario giro delle visite, ogniispettrice avrà cura di raccogliere in un rapporto riassuntivo destinato al ministe-ro le impressioni sue proprie, accennando alle condizioni generali in cui fu tro-vata l’istruzione femminile nella regione e proponendo quei rimedi d’indolegenerale che crederà più acconci per farle migliori.

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Osservazioni dell’ispettrice governativa Marietta Guerrini sul regolamento per levisite negli istituti femminili di educazione e di istruzione 1.

ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione primaria e popolare, Istituti femminili, Ispezionie relazioni (1884-1902), b. 64, fasc. 137, s.fasc. 6, ms. autografo.

Roma, 2 febbraio 1889

La lettera dell’E.V. non potea giungere più opportuna, perché davvero se sivuol dare un buon indirizzo all’educazione della donna bisogna pure che tuttiquanti vi sono preposti se ne occupino coscienziosamente.

Io credo che per parte nostra Vostra Eccellenza troverà tutta la più volentero-sa cooperazione per quello che ce lo consente la nostra capacità.

Ma anche noi abbiamo bisogno di appoggio, di autorità, senza le quali coseci riesce difficile il nostro ufficio e riesce poco proficua l’opera nostra.

Cominciata e continuata per molto tempo senza alcuna norma non ci parvevero di avere un regolamento – 4 gennaio 1883 – ma all’atto pratico lascia moltecose incerte. Mi permetta l’Eccellenza Vostra ch’io lo venga esaminando per indi-carne i punti che dovrebbero essere più espliciti.

Passo sotto silenzio gli articoli 1, 2, 3, e vengo al

Art. 4. il quale dopo aver dato alla ispettrice le più larghe facoltà circa gli istituti

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1 Poiché il Regolamento per le visite delle ispettrici governative agli educatorii ed altri isti-tuti femminili, emanato con r.d. 4 gen. 1883, si era rivelato insufficiente al disciplinamento del-l’ufficio delle ispettrici, sei anni più tardi si provvide ad elaborarne uno nuovo. In tale occasio-ne, Marietta Guerrini, sollecitata dal ministro Boselli, espresse il suo meditato parere sui difettiindividuati nel regolamento allora vigente. Il regolamento emanato con il r.d. del 21 mar. 1889pose tutti gli istituti aventi scopo educativo indistintamente (orfanotrofi, ricoveri, pie case, col-legi, conservatori, ritiri, regi educandati e convitti annessi alle scuole normali) appartenenti alloStato, alle province, ai comuni, ad enti morali ed a privati sotto la vigilanza del Ministero dellapubblica istruzione e mostrò una maggiore attenzione per le norme che dovevano permetteredi verificare e garantire il rispetto dell’obbligo scolastico. Inoltre, definì più precisamente lemodalità di controllo del personale, anche al fine di individuare suore e oblate il cui ingressonegli istituti era avvenuto dopo la legge del 7 lug. 1866, che aveva tolto il riconoscimento giuri-dico alle corporazioni religiose.

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che deve visitare fa un’incerta eccezione sugli istituti a patrimonio misto. Peralcuni anni e anche adesso, tutte le volte che cito questo articolo per [...]1 stabili-re l’obbligo mio di visitare un istituto mi trovo innanzi un istituto a patrimoniomisto; fortunatamente ho la risposta pronta avendomi fatto scrivere dal ministerodi quali istituti intendeva dire e avendo saputo che sono sette in tutto.

Ma non posso avere la stessa risposta quando, ad onta degli altri articoli delregolamento, i preposti agli istituti privati mi dicono che, secondo una certalegge, il governo non ha altro diritto che di vedere I se il locale risponde alle esi-genze igieniche, II se le maestre sono patentate, III se si tien conto nell’insegna-mento dei programmi governativi.

E mentre poi con molta pazienza, delicatezza, gentilezza si arriva a far l’ispe-zione ed io ho creduto d’esser giunta a tanto da guadagnarmi una certa stima senon fiducia, dalle signore preposte all’istituto, ci furono alcune monache altolocate che inventarono sciocchezze per mostrare in me una certa grettezza emeschinità di idee: non l’ebbero completamente vinta sebbene al momento ioabbia avuto la peggio, per pochi giorni però. E quest’anno sono tornate alla cari-ca e sono andate dal provveditore a pregarlo che faccia egli stesso le ispezioni ailoro istituti o almeno si mandi un ispettore ma non l’ispettrice.

Che se questo fanno gli istituti privati, non più tardi del giugno u.s. mi sonosentita dire da un segretario del ministero ch’era inutile ch’io visitassi l’istitutodelle sordomute il quale essendo sorvegliato dal governo non avea bisognodelle mie visite. Se poi si tratta di istituti di Opere pie, vantano la loro dipenden-za dal Ministero dell’interno e pare quasi che noi abusiamo di potere2.

Non intendo dire con questo che tutti ci chiudano le porte, tutt’altro, e conmolta educazione, un po’ di pazienza e fingendo di non vedere e non sentire siva avanti abbastanza bene, ma siamo tollerate in molti istituti e ci manca quel-l’autorità che ci verrebbe da una manifestazione più chiara, più esplicita, fattaquasi solennemente dell’incarico che il governo ci dà.

Lascio l’articolo quinto e vengo a

l’Art. 6. Certo che una regolare e relativamente frequente ispezione gioverebbeagli istituti più di ogni altra cosa. Verrebbe a stabilirsi tra istituti ed ispettrice unacerta buona relazione per la quale non vedrebbero più un’incomoda superiora,ma piuttosto una protettrice, un’amica e i nostri consigli verrebbero ascoltati emessi in pratica.

Ma come possono essere frequenti, cioè una volta ogni due anni, questeispezioni? Come far accordare questo articolo, 1° col numero degli istituti asse-

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1 Illeggibile.2 Si vedano in proposito i docc. 43a-43e della sezione VIII.

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Sezione V - Alla scoperta dell’universo degli istituti femminili: le ispettrici governative

gnati ad ogni ispettrice1, 2° col tempo destinato alla ispezione – dal novembre al30 giugno – 3° colle esigenze richieste dagli art. 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17,18, 20, del nostro regolamento, 4° colle relazioni particolareggiate che esige ilministero espresse specialmente nelle Istruzioni alle ispettrici pubblicate nel1887?

Osservi l’E.V. che se ci sono degli istituti di 10, 20 alunne, anche di 2 o 3 avolte; ce ne sono poi di quelli, massime se retti dalle Figlie della Carità (quelledella cornette)2 nei quali qua si trova l’educatorio colle sue cinque o sei, setteclassi; là l’orfanotrofio con altre 3 o 4 classi; poi la scuola delle signorine esternecon altre 5 classi; poi quella gratuita per le esterne con altre classi; poi la sala dilavoro o laboratorio; né manca a volte la classe dei signorini; una settimana èappena se basta a veder tanta roba.

Ma e le relazioni? Ormai, dirà l’E.V., questi istituti saranno stati visitati tuttiuna volta e non è più necessario risalire alle origini dell’istituto e ripetere quellecose che sono sempre le stesse. Io questo lavoro l’avea già fatto per gli istitutidelle provincie napoletane; ma nel 1887 moltissime relazioni erano state perdu-te, altre ammonticchiate lì tutte polverose, nessuno si sentiva la lena di rivederlee si cominciò un’era nuova. Dunque tutto da capo; per me che proprio in quel-l’anno cambiai residenza3 trovai tutto nuovo davvero.

Ma se l’E.V. esamina le Istruzioni per le ispettrici vede che lavoro minutoesse esigono mentre potrebbero essere di tanto semplificate, tanto più che ridu-cendo la relazione quasi ad una statistica le toglie quel carattere speciale cheogni relazione deve avere identificandosi per così dire col carattere stesso dell’i-stituto.

Perché non darci alcune norme stabili sul materiale scolastico, sui libri ditesto, sull’orario, sul vitto, se non si fidano del nostro discernimento e poi con-tentarsi che noi accenniamo di volo queste cose se non c’è a ridire; mentre inve-ce dovremmo notarne la mancanza e i difetti dove c’è da mettere rimedio.

Il prendere tanti appunti sulla scuola, il dover guardare e ai mobili e allecarte geografiche una per una ci distrae anche da quell’attenzione al moraleandamento dell’istituto che è a quello più di tutto che si deve guardare.

Poi tutte queste cose prolungano la relazione con molta noia di chi scrive e

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1 Si calcolò che, in totale, il numero degli istituti femminili di educazione e di istruzione dicui le ispettrici governative si dovevano occupare giungesse nel 1889 a 1584; cfr. MINISTERO DEL-L’ISTRUZIONE PUBBLICA, I collegi-convitti di educazione femminile… cit., p. 9.

2 Caratteristica cuffia di tela inamidata a larghe tese portata dalle Figlie o Suore della Caritàdi S. Vincenzo de’ Paoli.

3 A Marietta Guerrini venne infatti assegnata la giurisdizione territoriale che richiedevacome residenza Roma, il che consentiva ai funzionari ministeriali di valersi più facilmente dellasua consulenza in caso di necessità.

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di chi legge e le toglie l’efficacia come toglie a chi scrive la voglia di estendersisui punti più importanti anche perché sa che è letta a malincuore perché troppolunga. E pensi l’E.V. che di questa relazione scritta una volta bisogna copiarlaper il ministero e ricopiarla per l’autorità scolastica provinciale.

Salto gli articoli 7 e 8 e anche il 9; ma

l’art. 10 è ben difficile che si eseguisca a dovere; c’è una gelosia a far vederequello che hanno che pare quasi che siamo ladri che andiamo a rubare le lorosostanze. E lo stesso si dica per la seconda metà dell’art. 11.

Lascio gli articoli 12, 13, 14 citati per mostrare il da fare che ci incombe evengo al

15° nel quale ci si dice di accertarsi se chi insegna è veramente chi è munito didiploma; io me ne sono curata assai e ne feci l’osservazione alle direttrici ed aipreposti agli istituti; ma più volte e massime qui in Roma mi fu detto che bastaabbia la patente la titolare della scuola e che per altre maestre non c’è bisognoche tutte ne sieno munite.

Passo sopra all’articolo 16 e 17 e vengo al

18° col quale ci si trova a volte non dirò in urto ma in collisione cogli ispettori.Ne è prova la paura della direttrice di Tivoli di farmi vedere le sue orfane nellascuola.

L’art. 19 ha un che di sfiducia per noi buttata lì in faccia a tutti che non possoleggerlo senza sentirmene offesa, basterebbe dire «L’ispettrice dovrà per ogniistituto inviare ecc. ecc.».

L’art. 21 io lo vorrei mutare in una relazione generale per ogni provincia e un’al-tra per tutte le provincie a ciascuna di noi affidate.

Io ho sempre detto francamente il mio parere ai preposti degli istituti, perquanto mi sia costato il farlo e ciò per due motivi, primo perché ci è imposto dalregolamento, secondo per un principio di lealtà verso l’istituto da me visitato; misarebbe parso un tradimento lodare o anche tacere, e poi biasimare in segreto.Ma a che pro prendersi le odiosità quando le mie osservazioni sulle trasgressionialla legge non siano avvalorate dall’autorità di chi ci governa? Perdo la mia inu-tilmente.

In quanto ai nomi degli istituti è in generale colpa del popolino, e la consue-tudine del popolo si attacca anche alle persone educate.

Giorni sono a Tivoli nessuno mi seppe indicare l’Orfanotrofio di S. Getulio;provai ad andare dalle orfane dette “Monacelle” ed era proprio quello. Ed unsignore di Tivoli e proprio di quelli che conoscono a fondo il paese insisteva

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Sezione V - Alla scoperta dell’universo degli istituti femminili: le ispettrici governative

sulla non esistenza di ciò che io cercava.Ove l’E.V. il voglia posso darle un ricco elenco di società religiose coi loro

nomignoli popolari, molti poi chiamano la più gran parte delle suore col nomedi suore francesi e ce ne sono di italianissime.

Io ringrazio intanto V.E. della [sic] valore che vuole dare all’opera e colla cer-tezza che la promessa si tradurrà in atto mi dichiaro con sincera stima e ricono-scenza

Dell’Eccellenza VostraDev.ma

Marietta Guerrini

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SEZIONE VI

GLI EDUCATORI DELLE RELIGIOSE NEGLI INTERVENTIDEL GOVERNO: RESISTENZE E OPPOSIZIONI

ALL’AUTORITÀ STATALE

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L’educatorio delle Convittrici di Ascoli Piceno.

a. Relazione dell’ispettore per gli studi primari della provincia di Ascoli Picenosulle visite all’educatorio tenuto dalla «Congregazione delle Convittrici».

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 58, fasc. «Tit. 16. Ascoli -6» s.fasc. «Comune di Ascoli. Convitto della Congregazione delle Convittrici», ms. confirma autografa.

Ascoli Piceno, 29 luglio 1863

Il sottoscritto si fa dovere di trascrivere alla S.V. Ill.ma la relazione da essoletta al Consiglio provinciale delle scuole nella seduta del 21 corrente luglio circadue visite fatte all’educandato tenuto in questa città dalla Congregazione delleConvittrici1. Essa è del seguente tenore:

«Ill.mi signori,Il giorno 20 del p.p. maggio nella qualifica d’ispettore degli studi primari

recavami a visitare l’educandato di giovanette tenuto in questa città dallaCongregazione delle Convittrici, ove rinvenni sette allieve. Queste allieve paga-no una pensione annua di L. 212.80.

Esaminata la condizione igienica dell’istituto e rinvenutala soddisfacente mifeci ad interrogare le alunne per conoscere l’istruzione loro compartita e il siste-ma di educazione col quale venivano cresciute. Entrai nella materia dei doveri edopo di avere interrogato su quelli verso Dio e verso la famiglia volli anchevedere se conoscessero i doveri verso il governo, e quindi cominciai col doman-dare chi fosse il nostro re. A tale dimanda nessuna delle educande volle rispon-dere, mostrando col contegno certo ribrezzo a pronunciare il nome di Vittorio

1 Probabilmente si tratta di uno dei tanti conservatori di «convittrici» legati alla fondazioneromana di Anna Moroni (sec. XVII) e presenti a Roma e in vari centri dell’ex Stato Pontificio,che soltanto negli anni Venti del Novecento si sarebbero uniti per costituire una congregazionereligiosa; cfr. G. ROCCA, Donne religiose… cit., p. 57.

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Emanuele II. Invitai allora iteratamente le maestre a volere esse provarsi di otte-nere risposta assumendo a sé l’interrogazione, e queste rifiutarono di fare taldimanda, schermendosi col dire che la era cosa ovvia, dacché tutti sapevano chifosse il loro re. E così né esse vollero pronunciare il nome del sovrano né fudalle allieve pronunciato mostrando a ciò le prime non meno delle seconde, colcontegno che tenevano, invincibile repugnanza. Si entrò anche nella geografiaed avendo io domandato quale fosse la capitale del Regno d’Italia, le allieverisposero di non saperlo, ma ben sapevano la capitale degli altri Stati europei,sicché la loro ignoranza sembrava tutta raccolta circa l’ordinamento politicodella patria.

Dietro queste cose mi feci ad avvertire le maestre che nei loro doveri comeeducatrici entrava ancora l’istruir le giovani su quanto si deve al governo ed allapatria e che chiunque tener voglia istituti di educazione sì pubblici che privatiera obbligato ad uniformarvisi. Cercai quindi di persuaderle a voler dare sotto ilnotato rapporto migliore indirizzo al loro sistema educativo. Feci notare che nes-suno le astringeva a consacrarsi all’istruzione come nessuno si opponeva; mache, una volta fattesi maestre altrui, avevano il dovere di uniformarsi in tutto alleprescrizioni del governo cui la nazione si aveva liberamente creato; come ilgoverno aveva il diritto di assicurarsi che nessuno con l’insegnamento falsi l’edu-cazione nazionale.

Il giorno 10 del corrente luglio tornai a visitare il sopraddetto educandato.Solo cinque allieve mi furono presentate, quattro delle quali non oltrepassavanoi 10 anni di età, essendo la quinta assai più grandetta. Dissero le maestre chequattro allieve nell’intervallo corso dalla prima visita erano uscite dell’istituto eche altre due erano entrate in esso solo da due giorni, quindi pregavanmi a ces-sare da ogni visita e da ogni interrogazione ritenendole inutili. Dissi che avreidimandato di preferenza le allieve che vi dimoravano da qualche tempo e tornaiad interrogare pure sulla materia dei doveri per vedere quanto si fosse profittatode’ miei avvisi della visita precedente. Le interrogate risposero stentatamente econ poca esattezza circa i doveri che si hanno verso Dio, verso la famiglia ed ilprossimo, e quando interrogai sui doveri verso la patria, dissero di non saperne;anzi la più grande aggiunse di non poter comprendere come le donne possanoaver doveri verso la patria. Mi studiai rettificare tali storte idee mostrando l’im-portanza che ha la donna nella famiglia e come da essa dipenda il formare ilcuore di figliuoli devoti alla patria. Invitai in appresso l’allieva a dire chi fosse ilre d’Italia. Rispose con certo riso sardonico: dicono che è regnante Vittorio.Insistendo io per avere più precisa risposta, l’interrogata non volle, asserendo diaver detto abbastanza. Mi volsi allora alla rispettiva maestra per sapere se nelsuo insegnamento circa i doveri comprendesse quelli verso la patria e verso il re,ed ella rispose che no: 1° perché il sovrano ora è uno ed ora un altro, ed esse

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non si occupano di politica; 2° perché ciò non facevasi al passato, non esigendo-si allora che s’insegnasse alle allieve il Papa essere il sovrano; finalmente perchéle giovani erano come le bandieruole che or piegano ad una parte ora all’altra,che tutto ciò l’imparerebbero tornate che fossero in famiglia, e che del resto nonavevano dai genitori di esse l’incarico d’istruirle circa i doveri al governo, masolo si occupavano di doveri religiosi.

Mostrai allora il mio contrario avviso, feci conoscere non esigersi che nellascuola si parli di politica; volersene anzi questa bandita, ma che non si deve per-ciò fare ignorare alle allieve qual sia il capo dello Stato, quali doveri ci leghinoad esso e qual sia la forma del nostro governo, ché tutto ciò non vuol dire parlardi politica.

Si porse nuovo avviso che senza radicale modificazione nel sistema educati-vo l’autorità non avrebbe potuto permettere che quell’istituto seguisse a sussiste-re, ma pare che quelle educatrici non fossero gran fatto disposte a fare buonviso a tale proposta. E ciò ne sembra naturale, se si riflette che in tutte le comu-nità religiose regna presso a poco uno stesso spirito: quello di avversare contutte le forze l’attuale ordinamento politico, risospirando sempre ed avendoferma fede nel sollecito ritorno del passato. Onde è che sarà quasi impossibile ilpotere ottenere che in tali istituti l’educazione assuma un qualche spirito nazio-nale. E qui non è forse inutile il sapere che direttore ed economo dellaCongregazione delle Convittrici è quel signor canonico Ambrosi cui toccò non èmolto subire il carcere per accusa di aver favorito i renitenti di leva. Giova pureosservare che la maestra addetta alla istruzione delle allieve, quantunque non simostri sfornita di cognizioni, manca di patente per esercitare l’insegnamento.

Signori, dall’esposto è chiaro: 1° che nell’educandato tenuto dalle Convittricinon si fa punto conoscere alle allieve i doveri verso la patria e verso il re, nonvolendosi per ora neppur riconoscere Vittorio Emanuele siccome tale; 2° chequelle educatrici si mostrano per ora ferme nel non ammettere in ciò modifica-zione di sorta. Inoltre non sembra infondato il credere che nell’animo delle gio-vanette s’insinui persino avversione al nostro governo, dichiarandolo illegittimoe perverso. Di fatti, come spiegare altrimenti in fanciulle di poca età quellaavversione che mostrano col contegno alla sola dimanda di pronunciare il nomedel re?

Signori, io ho compiuto un mio dovere; spetta ora a voi il prendere gliopportuni provvedimenti, ed io sarò pronto ad assumere quell’incarico che vipiacerà affidarmi, senza punto temere quelle odiosità che non possono mancarea chi si adopera per applicare la legge».

Udita questa lettura, il Consiglio provinciale delle scuole risolvette all’unani-mità che si dovesse fare alle signore Convittrici formale invito di modificareimmediatamente il loro sistema d’istruzione, insegnando eziandio alle allieve i

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doveri verso il re e verso la patria e, nel caso che si rifiutassero, di procedere allachiusura dell’istituto. Eseguì tosto il sottoscritto l’incarico, avvisando leConvittrici della risoluzione presa dal Consiglio delle scuole, e ne ha avuto larisposta, di cui si unisce copia (allegato A).

Su tale risposta lo scrivente deve avvertire che non è punto esatto il dire chequasi tutte le educande erano in tenera età, dacché quelle che si rinvennero alconvitto nella 1a visita erano tutte di 14 e di 15 anni.

Tuttociò il sottoscritto ha voluto esporre alla S.V. Ill.ma per giustificazionedel proprio operato.

Il r. ispettore [Lazzaro] Isnardi1

b. Lettera della superiora delle Convittrici all’ispettore per gli studi primari.

Ibid., ms.

28 luglio 1863

Ill.mo signoreAccuso ricevimento del pregiato foglio di V.S. Ill.ma datato 24 andante relati-

vo alla comunicazione di ciò che ha decretato il Consiglio p.le delle scuole sulconto di questo nostro convitto, ove si è notato, come rilevo dal sullodato foglio,il difetto dell’ispezione circa i doveri che si hanno verso la patria e verso ilnostro re Vittorio Emanuele II.

Confesso schiettamente, che le poche fanciulle che qui sono, quasi tutte intenera età, non si erano giudicate capaci di essere istruite nei principi di etica,ma poiché tale istruzione si prescrive dai regolamenti scolastici e si pratica ancheda altre religiose, né io né le maestre siamo aliene di uniformarci in tutto a quel-lo che s’insegna su tal rapporto tanto presso le Pie Operaie Concezioniste2,quanto presso le Servite Terziarie3 e già ho dato commissione per la provvista

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1 Ispettore per le scuole primarie ad Ascoli Piceno dal 1861 al 1863, successivamente adAncona, quindi ispettore circondariale a Piacenza e ad Arezzo. Nel 1875 fu promosso provve-ditore agli studi.

2 Pie Operaie dell’Immacolata Concezione di Ascoli Piceno, congregazione religiosa fon-data nel 1744 dal sacerdote Antonio Marcucci nel centro marchigiano; cfr. Dizionario degliistituti di perfezione… cit., VI, alla voce «Pie Operaie dell’Immacolata Concezione».

3 Serve di Maria, di Ascoli Piceno, le cui origini si legano, poco dopo il 1740, alla nobil-donna Anna Centini, che pose le basi per la nascita della comunità delle Servite terziarie, dedi-

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dei libri e programmi occorrenti.Ringrazio intanto la gentilezza di V.S. Ill.ma di tale cortese comunicazione e,

con quella rispettosa stima che le è dovuta, mi protesto di V.S. Ill.ma

F[irmato]Dev.ma serva

M. Maddalena Coppi sup.a delle Convittrici

c. Ulteriori informazioni sull’educatorio delle Convittrici indirizzate al ministrodall’ispettore per gli studi primari.

Ibid., ms. con firma autografa.

Ascoli Piceno, 12 settembre 1863

Uniformandosi all’invito della S.V. Ill.ma il sottoscritto Le porge le informazionirichieste circa il Convitto della Congregazione delle Convittrici di questa città.

1°. I libri che si adoperano, almeno apparentemente, nella scuola delle PieOperaie e in quella delle Servite Terziarie di Ascoli sono gli stessi che servonoalle pubbliche scuole e perciò non si trasmettono. Questa introduzione di nuovilibri si è ottenuta con gravi sforzi.

Quanto ai programmi né le Pie Operaie né le Terziarie ne hanno, ed istrui-scono come suol dirsi a caso e senza norma premeditata.

Il sottoscritto ha potuto con gran difficoltà procurarsi la regola delle PieOperaie ed una parte di quella riguardante la scuola delle Servite Terziarie; el’una e l’altra trasmette alla S.V. Ill.ma, onde possa formarsi esatto concetto diqueste corporazioni religiose.

2°. Circa il modo nel quale si compartisce l’istruzione in questi istituti citati dalleConvittrici, il sottoscritto distingue la parte puramente istruttiva dalla parte politica.

L’istruzione data dalle Pie Operaie considerata in sé è monca ed imperfetta,ma relativamente alle altre scuole monacali non è la più cattiva. Se non altro vi siinsegna bene calligrafia.

Presso le Servite Terziarie l’istruzione è pessima. Non ci sono banchi, non viè metodo; e se hanno i libri usati nelle pubbliche scuole, non sanno e non

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te all’educazione delle fanciulle; cfr. Dizionario degli istituti di perfezione… cit., VIII, alla voce«Serve di Maria di Ascoli Piceno».

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vogliono servirsene a dovere. Molte famiglie però vi mandano a scuola lefigliuole, perché queste monache sanno fare bei lavori da donna.

L’indirizzo politico è pessimo nell’uno e nell’altro istituto; pessimo lo spiritoche si trasfonde nelle allieve. Il governo costituzionale è considerato comeintruso, antireligioso, scomunicato, e come tale è presentato alle allieve. Népuò essere altrimenti, essendo questo lo spirito che infallantemente presiede atutti gl’istituti monacali. È inutile introdurre in essi buoni libri, questi o nonsono letti o al contrario spiegati. Ma invece con opera pertinace ed ostinata lemonache battono sempre a trasfondere le proprie massime nelle allieve. Orahanno appreso a farlo con più prudenza, o meglio si mascherano di simulazio-ne e insegnano alle allieve a far restrizioni mentali, allorché sono dimandate sucose, circa le quali non amerebbero di rispondere.

E tornando al Convitto delle Concezioniste è pur troppo e gravemente fon-dato il sospetto di codesto ministero, cioè che quelle maestre si sieno arrendevo-li all’invito del Consiglio delle scuole, solo per eludere la legge. Hanno in fattoapparentemente mostrato d’introdurre le prescritte modificazioni, adottando inuovi libri ed insegnando i doveri verso il re e la patria. Ma dal modo col qualele allieve rispondono, dall’atteggiamento del volto e dal riso sardonico con cuiaccompagnano ogni parola che si riferisca al nostro governo fanno veder chiaroche sono state imbeccate a dir così a fior di labbra e per una dura necessità; mache nel secreto di lor pareti tutt’altro s’insegna loro. È impossibile però sorpren-derle in fragranti, giacché chi si reca al monastero è lasciato aspettare più temponella foresteria, primaché sia introdotto nella scuola. Intanto le monache fannosparire ciò che vogliono ed apparecchiano il ricevimento che loro aggrada. Delresto che in tali istituti siesi osteggiato e si osteggi con tutte le forze il governo èsentimento generale in tutti, di qualunque colore sieno; è un fatto necessario dicui mille ragioni comprovano l’esistenza. Qui nessuno può illudersi: queste per-sone di chiostro o non debbono dare educazione alla gioventù o se la danno,non possono modificarsi, non possono dare che un’educazione diametralmenteopposta a quella che lo Stato richiede. Il sottoscritto vuol citare ancora qualchefatto che tocchi l’educazione fisica e morale dei citati istituti.

1° Nel convitto delle Concezioniste non si permette alle giovanette che neldavanti del busto abbiano del vuoto per contenere le parti carnose del petto:quindi questo resta compresso e schiacciato con danno fisico delle educande.

2° Queste stesse monache dispensano per la città cartine con motti e giacula-torie religiose e consigliano chi sta male a trangugiarle invece dei prescritti medici-nali. Una malata che il fece ne risentì grave danno. Se ciò le suore fanno fuor diconvento, è da supporre che a più ragione lo facciano con le allieve interne.

3° Non è molto le allieve del Convitto delle Convittrici trovandosi di notteunite nella camera di studio, un pipistrello entrato per la finestra ebbe spento il

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Sezione VI - Gli educatori delle religiose negli interventi del governo

lume. Fu uno spavento generale, un solo sentimento si manifestò in tutte le gio-vani: cioè quella essere l’anima dell’ortolano morto alcuni giorni innanzi. E lamaestra non mancò di confermare la possibilità del fatto. Tali e tanti sono i pre-giudizi, in cui quelle giovani vengono cresciute.

Dopo simili considerazioni il sottoscritto crederebbe essere utile anzi necessa-rio che il governo prendesse qualche provvedimento circa queste Convittrici. Peresempio le Convittrici di Ascoli potrebbonsi riunire a quelle di Fermo, ove hannoun superbo convento, e così verrebbe tolto di mezzo un potente centro di reazione.

Il sottoscritto con ciò non esprime che un suo modo di vedere, dipendendodal Ministero degli interni il prendere tale misura1.

Il r. ispettore[Lazzaro] Isnardi

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Relazione 2 dell’ispettore per gli studi primari Enrico Carraglia 3 sull’educatoriodel convento di S. Ilario di Reggio Emilia diretto dalle Agostiniane.

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1 Come risulta dalla documentazione conservata nello stesso fascicolo, in conformità alparere espresso in proposito dal Consiglio superiore, il Ministero della pubblica istruzione nonprocedette allora alla chiusura dell’istituto della Congregazione delle Convittrici, visto che lereligiose si erano dichiarate disposte a far uso dei libri prescritti e non era provato che rifiutas-sero di sottoporsi alle prescrizioni loro comunicate, ma deliberò che l’istituto, come del resto lealtre case religiose della provincia di Ascoli Piceno dedite all’istruzione femminile, di cui eranonote le numerose irregolarità, venisse sottoposto a una stretta sorveglianza.

2 La relazione dell’ispettore Enrico Carraglia è la storia della prima penetrazione di un rap-presentante del Ministero della pubblica istruzione in un convento di Reggio Emilia, tenutodalle suore Agostiniane. L’ispezione dell’educatorio del convento di S. Ilario, che ebbe luogoalla fine del 1864, si colloca in una delle fasi più critiche del dibattito parlamentare sul progettodi soppressione delle corporazioni religiose. Carraglia sottolinea che, dopo Luigi Carlo Farini,che non aveva giudicato opportuno l’uso della forza per visitare il convento, ancora una volta,nel 1861, il prefetto non aveva insistito per effettuare l’ispezione, poiché l’autorità scolasticanon poteva contare su alcuna legge per superare le opposizioni che certamente, in tal caso,sarebbero state sollevate. Anche il seguito del rapporto – che si sofferma sulle resistenze delvicario e della superiora e sul quadro dell’educazione e dell’istruzione delle fanciulle emersodalla visita – serve a convalidare la tesi dell’ispettore, apertamente favorevole all’approvazionedi una «provvida legge» di soppressione.

3 Enrico Carraglia, nominato ispettore scolastico per le scuole primarie della provincia diReggio Emilia nel 1860, conservò quest’incarico ininterrottamente fino alla morte avvenuta nel

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Fonti per la storia della scuola

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 85, fasc. «Tit. 16. ReggioEmilia. 67», s.fasc. «Comune di Reggio. Educatorio di S. Ilario», ms.

Reggio nell’Emilia, 22 gennaio 1865

Quando lo scrivente nel 1860, in qualità d’ispettore agli studi per le provin-cie modenesi, si fu recato la prima volta in questa città, era tuttora viva la memo-ria di un fatto, poco tempo innanzi accaduto: la tentata visita, cioè, del governa-tore Farini1 al convento di S. Ilario; la quale non aveva potuto compiersi intera-mente, vietandolo la potestà ecclesiastica, per diritti accampati di protezione allaclausura monastica di quel luogo. E correa voce altresì, che il Farini, personag-gio energico, come tutti sanno, e destro quanto altri mai fosse nell’amministrarela cosa pubblica, non ebbe ricorso alla forza per introdursi là dentro, facendostima che non mettesse conto il dare soverchio rilievo a quel particolare accadu-to, in tempi e in paesi, dove l’aspettazione di eventi prossimi e supremi dovevaoccupare gli animi di tutti i cittadini.

È lecito supporre che gl’intendenti mandati dopo dal Piemonte, pronosti-cando a sé medesimi un insuccesso pari a quel di Farini, non giudicassero pru-dente consiglio di ritentare la prova; quando più ragionevolmente non sia dacredere ch’essi ritenessero quell’ufficio di spettanza propria e speciale delleautorità scolastiche, le quali man mano andavano costituendosi regolarmentenella provincia.

Fu soltanto all’aprirsi dell’anno 1861 che lo scrivente, volendo ad ogni modoattingere sicure notizie, come gli correva obbligo, intorno all’istruzione compar-tita in tutti gli educatorii privati della provincia, s’abboccò col prefetto d’allora2,per concertare una visita anche al convitto e alle scuole di S. Ilario.

Se non che la visita non fu giudicata opportuna da quel magistrato, nellaconsiderazione che l’autorità scolastica non era cautelata dall’appoggio di alcunalegge fondamentale per vincere gli ostacoli, che certo si sarebbero opposti all’ef-fettuazione della detta visita.

Allo scrivente pertanto fu d’uopo valersi di altro mezzo per poter conoscere,se non in tutto, in parte almeno, le condizioni intime di quel educatorio: e fuquesto. Il D.r Giuseppe Fornaciari, segretario meritissimo della deputazione

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1874, svolgendo negli ultimi anni anche le funzioni di ispettore del circondario di Reggio eGuastalla.

1 Nominato governatore delle province modenesi alla metà del giugno 1859, Luigi Carlo Farinivi aveva assunto ed esercitato, di diritto e di fatto, vasti poteri nella fase cruciale delle annessioni.

2 Si tratta di Carlo Verga, intendente generale e poi prefetto di Reggio Emilia dal 17 marzo1861 al 22 giugno 1862.

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prov.le scolastica, per aderenze di agiate famiglie, che avevano poste quivi lefigliuole ad educare, poté, non senza difficoltà e dentro angusti limiti, eseguire lavisita in nome dell’ispettore: raccolse poche, ma sicure notizie; delle quali sivalse poi il r. ispettore medesimo per rassegnare indicazioni statistiche a codestoministero.

Ma queste pratiche indirette, che non recavan frutti, quanto il bisogno richie-deva, e alle quali non fu d’uopo ricorrere per gli altri istituti pii scolastici, nondovevano più ripetersi. Era conveniente per ogni riguardo attenersi a normeregolari ed uniformi nelle visite di questo, come di qualunque altro educatorioprivato della provincia: e già allo scrivente pesava l’indugio. Tanto più che ilconvento di S. Ilario aveva fama di essere in favore de’ retrivi e per conseguenzain opposizione al progredire de’ tempi. L’indugio finalmente fu tolto nel dicem-bre prossimo passato.

Persuaso lo scrivente che dall’attuale prefetto avrebbe avuto appoggio vali-dissimo per porre ad effetto la visita progettata, egli scrisse a quel degno magi-strato la seguente lettera:

«6 dicembre 1864.Il sottoscritto per adempiere agli obblighi del proprio ufficio, e in ispezialità

per conformarsi alle prescrizioni della circolare ministeriale in data del 8 maggio1863, n. 1331, intende visitare, nella sua qualità di r. ispettore agli studi, il convit-to e le scuole femminili, a cui presiedono in questa città le suore Agostiniane2.

Ma perché egli pressente che la potestà vescovile porrà ostacolo a che lavisita si compia, così egli invoca ora preventivamente dalla S.V. Ill.ma quel vali-do appoggio, che gli potrebbe tornare necessario all’adempimento del propriodovere. La visita è designata alle ore nove e mezzo antimeridiane del giorno 9del corrente mese.

Firmato E. Carraglia r. isp.»

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1 La circolare del ministro Amari, datata 15 e non 8 maggio 1863, richiamava le autoritàscolastiche provinciali a una più assidua ed efficace vigilanza sugli istituti scolastici non gover-nativi, dando indicazioni sulle procedure da seguirsi nelle ispezioni, sulle informazioni da tra-smettere all’amministrazione centrale, ma anche sui limiti entro i quali mantenersi. La racco-mandazione di procurarsi una conoscenza reale delle condizioni degli istituti, giudicata essen-ziale per l’azione di controllo da parte dello Stato, era infatti accompagnata dalla preoccupa-zione che la vigilanza governativa non si traducesse mai in ingerenza e in impedimento di quei«sani principii di libertà» che erano alla base del sistema scolastico.

2 Qualche cenno sul monastero di S. Ilario di Reggio Emilia e sulle pratiche educative inuso presso le monache Agostiniane nell’Ottocento in J. GAVIGAN, Le Monache Agostiniane ita-liane nell’Ottocento, in «Analecta Augustiniana», 1978, 41, pp. 373-375, 407.

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Fonti per la storia della scuola

Il prefetto riscontrava:«Reggio il dì 7 dicembre 1864.Lo scrivente si reca a debito di prevenire la S.V. di aver già disposto perché a

di Lei richiesta il delegato centrale di pubblica sicurezza, col concorso, oveoccorra, della forza necessaria, presti mano forte nella visita che la S.V. perobbligo di suo istituto si è proposto di eseguire il dì 9 corr.te alle ore 91/2 antime-ridiane nel convitto e nelle scuole femminili, a cui presiedono le suoreAgostiniane in questa città.

Il prefetto fir.to N.a De Luca1».Nel giorno stabilito e precisamente alle ore nove e mezzo del mattino lo scri-

vente accompagnato dal suo segretario D. Natalini, dopo d’aver disposte le coseper bene col delegato centrale di pubblica sicurezza, recossi presso il vicariogenerale della diocesi, e lo interrogò se voleva farglisi compagno e introduttorea visitare il convitto e le scuole di S. Ilario. Il prelato si turbò fortemente: «e diche si tratta? Domandò egli: perché questa visita improvvisa?... non potrò ioprima avvertirne monsignor vescovo?». «Lo può benissimo, rispose lo scrivente;ma intanto io m’avvierò senz’altro al convento, perché le monache non venganoprevenute della mia visita. Del resto Ella sa, monsignore, che il r. ispettore deglistudi deve, d’ufficio, visitare tutti gli educatorii, tutte le scuole pubbliche e priva-te della provincia: ed è appunto pel proposito di adempiere questo suo dovere,che egli si conduce al convento di S. Ilario». «Sta bene, ripigliò il vicario...Vossignoria però mi usi la compiacenza di attendermi qui pochi momenti: nonho che da traversare alcune stanze per interpellare monsignor vescovo: ché s’e-gli lo permetterà, io m’accompagnerò a lei nella visita». Al che lo scriventerispondeva: che avrebbe rifatte lentamente le scale, e così non sarebbe stato dif-ficile a lui il raggiungerlo per via.

Pochi momenti appresso il vicario infatti raggiunse lo scrivente, ed amenduetrassero col segretario dell’ispettore al convento.

Quell’edificio posto nella via che conduce a Porta-Castello, d’aspetto pocoragguardevole, con finestre a mezzo murate e chiuse nel resto da grate fittissime,non presenta porta alcuna apparente. Bisogna cercarla, entrando in chiesa, perdove realmente s’entra nel convento. Da quanto però lo scrivente vide inappresso, un’altra porta s’apre nella parte posteriore dell’edificio, verso le muradella città.

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1 Prefetto di Reggio Emilia dal 23 ottobre 1864 al 15 aprile 1866, Nicola De Luca era statodeputato al parlamento napoletano nel 1848, subendo poi la persecuzione borbonica e ladetenzione in carcere per nove anni insieme a Carlo Poerio e Silvio Spaventa. Nel 1860 fu pre-sidente del comitato insurrezionale del Molise e poi governatore generale di quelle province.L’anno successivo venne nominato prefetto di Avellino. Nel 1868 ebbe la nomina a senatoredel Regno.

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Venuti al parlatorio, accompagnati da una suora portinaja, che celato avevasiil volto nel velo nero non appena si fu accorta che il vicario era seguito da altrepersone, venne addimandato della madre superiora di quel luogo. Venuta costei,il vicario si fe’ subito con voce, tra l’insinuante e il turbato, a dirle del perché eraquivi col r. ispettore degli studi; e della fiducia, riposta in lei, che la visita nonsarebbe stata, non che impedita, menomamente ritardata.

Le prime parole di risposta balbettate dalla madre superiora con accento dimal celata amarezza, furono che a lei pareva cosa strana il visitare un istitutoeducativo a quell’ora, senza previo avviso; ma che nullameno acconsentirebbe apermetterlo, quando le fosse conceduto il tempo bastevole a far rassettare piùconvenevolmente le stanze e i dormitorj.

A queste parole lo scrivente osservò che appunto era uffizio del r. ispettorel’assicurarsi, fra altre cose, se la pulitezza e l’ordine venivano scrupolosamentemantenuti negli istituti educativi; e ch’egli non poteva frapporre un solo istantedi ritardo all’adempimento del proprio dovere. La suora più non fe’ motto, e soloaccennò con un gesto che le porte interne fossero aperte ai visitatori.

Dal vetusto corridojo del pianterreno, tutto irregolarmente sparso di piccolefinestre, e munito dall’un canto di segreta scala a chiocciola, lo scrivente fu con-dotto per la scala maggiore nel corridojo del primo piano di quella parte del con-vento che si prospetta alla via maestra di Porta-Castello; il qual corridojo è aditoai diversi dormitorj, e a due o tre sale destinate allo studio e al manuale lavoro.Quivi incontrò parecchie suore, le quali subito si ritrassero, eccettuate due o tre,che dalla madre-superiora furono additate come le maestre delle educande, e chesi mostrarono alquanto timide e imbarazzate per l’inaspettata visita. L’ispettore,udite alcune vocine di fanciulle, affrettò il passo verso la porta ond’erano partite,ed entrò primo nella stanza. Là erano raccolte dodici tra fanciulle e adolescenti, leune intente a lavori di cucito e di ricamo; le altre occupate dello scrivere. Tuttevestivano un più che modesto uniforme di lana, di color dubbio fra il verdastro eil ferrugineo, cinte al davanti di grembiulino bianco. Una suora invigilava; maparve allo scrivente di non aver trovato, entrando, quell’ordinata compostezzache si richiede in una scuola al tempo della lezione; perciocchè delle alunne,alcune erano in piedi, altre sedute, a posto non determinato, qua e là.

Egli chiese a qual esercizio fosse destinata quell’ora per le fanciulle: se unorario fisso regolasse le occupazioni giornaliere delle medesime, quante fosserole ore di studio e di ricreazione, quale il regime igienico, quante le alunne ecome distribuite in classi, quale la durata dell’intero corso educativo, quale lapensione annua di ciascuna educanda, quale l’arredo e se provveduto o no daigenitori ecc.

Tali domande ebbero adeguate risposte; le quali, più o meno soddisfacenti,possono comprendersi nelle seguenti, che l’uffizio del r. ispettorato trasmise già

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alla prefettura di questa provincia il giorno stesso della visita.L’educatorio di S. Ilario viene diretto dalle suore Agostiniane, che ora in

numero di 29 abitano il convento di S. Ilario. Le classi delle educande sono due.N’è direttrice suprema suor Maria Teresa Po: maestra della classe superiore èsuor Maria Maddalena Cugini; maestra della inferiore suor Agostina Frassoni. Ilmaestro che le istruisce nella musica, chiamasi Antonio Grisanti. Altre suore poicoadjuvano le maestre, specialmente per quanto riguarda l’insegnamento de’lavori donneschi.

Le alunne (fissate a dodici sole) vengono ammesse all’educatorio nell’età di7 ad 8 anni, e vi sono trattenute fino ai 18. È lecito per altro ai genitori, per con-tingenza grave di famiglia, il ritirarle anche prima; ed è altresì in loro facoltà dirichiamarle temporariamente alle paterne case, ove per isventura fosser colte dagrave malattia.

All’ammissione nell’educatorio le alunne debbono portar seco un corredopersonale affatto semplice e che più non si rifà a cura e dispendio delle fami-glie, per tutto il tempo ch’esse rimangono là chiuse. Onde la pensione annua di£ 379,83 può dirsi ben tenue, se si pon mente ch’essa procaccia alle fanciulleistruzione, vitto e vestimenta. Ed è forse questa modicità di pensione uno de’principali motivi, onde s’acquetano alcune famiglie, le quali pur si direbberoavverse all’istruzione compartita ne’ conventi, ad abbandonare le loro fanciullealla sterile convivenza monastica; quando più il cuore di quelle innocenti avreb-be uopo di venir preparato ai supremi doveri che sublimano la donna in società.

Il corso dell’insegnamento vien diviso in due periodi e dura da 10 ad 11anni. Le materie ch’esso concerne sono le seguenti: lingua italiana, lingua fran-cese, aritmetica, geografia, storia sacra, lavori femminili e musica. Ma questaistruzione (tolta la musica e la lingua francese) non è tutto quello che si puòavere in una buona classe di 3a elementare. Lo scrivente visitò per prima cosa iquaderni trovati sul tavolo e sui banchi. Alcuni appartenenti alla classe inferiores’andavano riempiendo di brani di storia sacra, probabilmente per esercizio discrittura dettata. La calligrafia era discreta; ma non mancavano le mende ortogra-fiche. Altri quaderni, alquanto più corretti, comecché di alunne adolescenti, con-tenevano traduzioni dal francese di argomento ecclesiastico; ed altri infine servi-vano ad esercitazioni d’aritmetica. In questi ultimi si avrebbe cercato indarno laproposta e la soluzione ordinata di un problema: ben vi erano eseguite le quat-tro operazioni fondamentali, e talvolta anche le regole di proporzione; ma perl’assoluta mancanza di qualsiasi enunciazione premessa, potevasi molto ragione-volmente inferire che il metodo adoperato fosse affatto materiale.

Lo scrivente chiese di vedere le composizioni fatte dalle alunne. Una dellemaestre, trattine i quaderni dal cassetto del tavolo, li presentò al richiedente.Erano tutti probabilmente già stati ricopiati e corretti, a giudicarne dalla pulitezza

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con cui erano tenuti. Gli argomenti futili (la maggior parte di lettere), poco adattia sviluppare il cuore e la mente, si colorivano di tinte uniformi traendo carattererispondente alle condizioni del luogo; quando per avventura non venivanofecondati dai nobili sentimenti che la cristiana legge inspira. Lo scrivente vollescorrerli da capo a fondo, leggerli quasi tutti, importando a lui di conoscere prin-cipalmente se l’indirizzo di quegli studi fosse in aperta contraddizione alle leggidella morale e dell’ordine pubblico: durò in quella ricerca non meno di un’ora.Ma egli non poté persuadersene. Ben è da dedursi per illazione manifesta, chel’assoluta mancanza di quanto maggiormente sarebbe atto ad infiammare glianimi ne’ sentimenti dell’amore verso la patria, è contrario per sé stesso, tantoalla morale, quanto all’ordine pubblico; ma non per questo l’ispettore scolasticoa quella deplorabile deficenza potrebbe dar nota di colpevole infrazione allediscipline delle vigenti leggi scolastiche.

Lo scrivente in seguito esaminò i libri usati nelle due classi. Erano tutti divecchia data; qual più qual meno adoperati ancora in altri istituti pii.

Un solo trovò su cui fermarsi alquanto, e coglier destro d’interrogare le alun-ne: era un libro di geografia, in forma dialogica, stampato più di vent’anni fasenza nome d’autore e di stampatore, ma probabilmente uscito dai torchi delMarietti di Torino. Richiesta una delle più grandicelle se avesse in quel libro stu-diato ciò che riguarda l’Italia, ella rispose affermativamente; ed allora lo scriven-te fecesi ad interrogarla, in modo che quasi non apparisse. La giovinetta, fedeleal libro di testo, venuta a dividere l’Italia non dimenticò il gran-ducato diToscana e i ducati di Parma e Modena.

– E crede proprio, interruppe lo scrivente, che queste divisioni dell’Italia intanti staterelli e ducati esistano ancora, come il libro insegna? – No, rispose timi-damente l’allieva. – Ma dunque chi comanda ora in Toscana, nel parmigiano enel modenese? – Le due voci dell’alunna e della direttrice s’unirono a rispondereprontamente: il re nostro, Vittorio Emanuele. – Certamente, il nostro amatissimore, ripigliò lo scrivente. Indi voltosi alla direttrice, le dichiarò come fosse disdice-vole che nella sua scuola s’adoperasse un libro, il quale non era in accordo conquanto le maestre dovevano poi a viva voce insegnare alle fanciulle; e massimenell’importante materia delle nozioni storiche e geografiche riguardanti la nostrapatria. Né tacque come ciò le si potesse dai visitatori addebitare a colpa: tantopiù che nel ricinto della scuola e forse in qualunque altra parte dell’educatorionon si vedeva alcun ritratto dell’augusto re d’Italia.

A quelle rimostranze la direttrice rispondeva che se niun ritratto del sovranoera appeso alle pareti dell’educatorio, ciò non dovevasi attribuire se non a che,per le condizioni austere del convento, quelle umili pareti, da tempo remoto,non s’ornavano che d’immagini sacre. In quanto al libro prometteva sostituirnealtro più conveniente; anzi pregava il r. ispettore e M.r. vicario a degnarsi di pro-

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porre una scelta di tutti quelli che avrebbero potuto essere di maggior profittoalle sue discepole. Del resto accettando i consigli dell’autorità scolastica in que-sta ed in altre materie, relative all’insegnamento, avrebbe procurato, in compati-bilità de’ proprii doveri, di sempre attenervisi.

Dopo ciò lo scrivente visitò il dormitorio delle educande. Quel locale oblun-go, abbastanza aerato, sebbene non molto ridente di luce, perché le finestrevolte alla strada sono in parte munite (come già fu detto) di fittissima grata, con-teneva i letticiuoli delle fanciulle, e quelli di due suore vigilatrici. Il fondo riusci-va a due camerette; l’una destinata alla inserviente-conversa; l’altra, con vaschet-ta ripiena d’acqua rinnovantesi di continuo, destinata ai servigi di nettezzanecessarii al dormitorio. I letticiuoli, di forma rimessa1, avevano tutti rimboccatu-ra di lenzuola monde, sopra coperta di grossa tela verdognola. L’ispettore nonebbe a rilevare cosa alcuna che disconvenisse o non provvedesse abbastanzaall’esigenze del dormitorio, tranne che l’imbiancatura delle pareti (ciò dicasieziandio di quelle della scuola) avea d’uopo di essere compiutamente rinnovata:il che non tacque alla madre superiora.

Ispezionate così le scuole e il dormitorio, egli chiese di visitare anche l’altreparti dell’edifizio, e segnatamente la cappella, il refettorio e l’amplissimo cortile,dove son’use a trastullarsi le alunne. Quest’ultima parte somigliante ad un pratocontornato d’ajuole, è veramente gajo e dilettoso; e quando le fanciulle ivi trag-gano sovente (il che è un bisogno supremo della loro vita ritiratissima) non pos-sono che ritrarne beneficio di salute. Ciò fu raccomandato caldamente alla diret-trice. La piccola cappella, dove assistono le suore a diuturni uffici religiosi puòdirsi il coro chiuso della chiesa di S. Ilario. Il refettorio, rinnovato colla cucina ecolla dispensa, or son pochi anni, è veramente grandioso, e contrasta colla partemeschina, in cui son poste le scuole. Più grandioso ancora è l’edifizio dove abi-tano le suore, formante ala separata di fianco all’educatorio. Lo scrivente, alprimo vederlo, domandò per qual motivo le suore avessero serbato per sé illuogo migliore. Alle povere loro celle, dove fecero voto di condurre vita austerae contemplativa, non bastava forse l’antica parte dell’edifizio attualmente desti-nato all’educatorio? Esaminate, dopo qualche repugnanza della direttrice, lecelle interne, ed ottenute spiegazioni soddisfacenti del perché una di esse venivaprivata d’ogni luce, sospettando di prigione, egli discese le scale e s’accommiatò,rinnovando gli opportuni avvisi e i consigli alla suor-direttrice, dopo d’averimpiegato in quella visita poco meno di tre ore.

Lo scrivente opina che istituti come questi debbano, pel bene della societàscomparire; non fosse altro che per ridonare le alunne prigioniere all’affetto deigenitori e parenti, ch’esse non possono più visitare, se non fatte adulte e foggiate,

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1 Da intendersi, probabilmente, data da panni arrovesciati, rimboccati.

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come si suol dire, al modello delle suore: modello imperfettissimo per una buonamadre di famiglia. Ove però non si colpiscano le intenzioni o i pensieri, o qualchefatto agevolmente supponibile, ma di rado scoperto e posto in luce (ciò che non èné permesso né savio) difficilmente s’avranno fatti e prove di colpabilità, previstidalla legge, mercé dei quali por mano alle soppressioni parziali di siffatti istituti.

Se non che rimedio efficacissimo si presenta ora nella totale soppressione di essipropugnata da una provvida legge, cui il Parlamento è destinato tra breve a discutere.

Il r. ispettore degli studiprof. Enrico Carraglia

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L’educatorio delle Salesiane di Padova 1.

a. Lettera al ministro del prefetto presidente del Consiglio provinciale scolasticodi Padova Nicola Bruni Grimaldi 2.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 77, fasc. «Tit. 16. Padova.51», s.fasc. «Comune di Padova. Istituto delle Salesiane», ms. con firma autografa.

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1 La documentazione conservata nel fascicolo consente di seguire con continuità, dall’apri-le 1872 al marzo 1873, l’iter della vicenda che portò alla chiusura dell’istituto delle Salesiane diPadova, presentando, per il governo della pubblica istruzione, aspetti di particolare gravità perla professione di «massime antinazionali» esplicitata dalla superiora dell’educatorio: dalla pro-posta di chiusura avanzata dal provveditore agli studi, fortemente sostenuta dal prefetto e con-trastata invece dalla maggioranza del Consiglio provinciale scolastico, alla richiesta del pareredel Consiglio superiore da parte del ministero, al decreto di chiusura e alla tempestiva istanzadi riapertura dell’istituto presentata dal sacerdote Giovanni Biondini di Modena, sulla quale ilConsiglio superiore, nuovamente interpellato dal ministero, esprime parere negativo. Némanca una documentazione delle istanze e delle pressioni esercitate a favore dell’educatoriosia dai genitori delle alunne sia da influenti personaggi.

2 Nicola Bruni Grimaldi (Nocera, Salerno, 6 novembre 1819 - 1 luglio 1893), prefetto diPadova dal 21 dicembre 1871 al 19 aprile 1876. Nel 1860 fu nominato sottogovernatore di Nolaper conto del governo dittatoriale e in seguito destinato alle prefetture di Potenza, Avellino eLucca. Con l’avvento della sinistra al potere chiese di essere collocato in aspettativa. Nel 1890venne nominato senatore.

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Fonti per la storia della scuola

Padova, 15 aprile 1872

Il sottoscritto trasmette all’E.V. il rapporto della commissione nominata dalConsiglio scolastico prov.le a senso della circolare ministeriale 30 dicembre 1870n. 296 e 1° aprile 1871 n. 300 circa l’istituto di educazione tenuto dalle Salesianein Padova unitamente alla deliberazione presa dal Consiglio scolastico prov.le inseduta dell’11 corr., unitamente al programma d’istruzione.

Il rapporto della commissione rivela fatti molto gravi sotto l’aspetto politico,per i quali il r. provveditore1, il quale presiedeva la commissione stessa che fecel’ispezione al collegio, credette suo dovere di chiedere al Consiglio scolastico lachiusura dell’istituto.

Duole allo scrivente che questa proposta non sia stata accettata dalla maggio-ranza del Consiglio, la quale adottò invece un temperamento più mite, quello cioèdi una ammonizione con misura di più grave provvedimento in caso di recidiva.

Lo spirito a cui s’informano siffatti istituti è troppo noto perché si possanonutrire delle illusioni su questo proposito.

Col temperamento pertanto che si [è] adottato non si otterrà altro risultatoche quello di render più caute quelle suore all’occasione di un’altra visita, nongià di migliorare l’educazione.

Il r. provveditore il quale può meglio che ogni altro apprezzare tante piccolecircostanze che non possono tener luogo in una relazione, crede nello interessedell’istruzione di non doversi acquietare al voto del Consiglio, e ritenendo che ilfatto sia di tal natura e tal gravità da meritare un provvedimento più severo, sene appella all’E.V.

Ed il sottoscritto nel trasmettere gli atti sopra indicati crede di dovere avverti-re che egli diede il suo voto favorevole alla proposta del r. provveditore. Egliperò si rimetterà al giudizio del ministero qualunque esso sia per essere, pregan-do solo che questo sia quanto più si può pronto e sollecito.

Per conveniente norma poi il sottoscritto aggiunge che il monastero delleSalesiane in Padova venne in base alla legge 7 luglio 1866 soppresso medianteverbale 23 marzo 1867; che il fabbricato dell’ex convento venne lasciato ad usodi abitazione alle ex monache, giusta l’art. 6 della citata legge; come pure in ese-cuzione all’art. 18 vennero lasciati i mobili e gli effetti necessari all’uso persona-

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1 Pietro Lepora (10 maggio 1827 - Padova 26 settembre 1876), provveditore agli studi perle province di Padova e Treviso dal 1871 fino al 1876. Laureato in filosofia e metodo, insegnònel Collegio commerciale di Torino e nelle scuole magistrali di Genova e Cagliari. Nel 1859 funominato ispettore scolastico per la provincia di Brescia e in seguito provveditore agli studi aBergamo, a Bologna e infine a Padova. In qualità di provveditore agli studi di Padova fu ascol-tato dalla Commissione d’inchiesta Scialoja nella seduta del 12 gennaio 1874 (cfr. ACS, MPI,Div. scuole medie 1860-1896, b. 7, fasc. 53 e, per le risposte scritte ai quesiti, b. 10, fasc. 76).

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le; che sono in corso pratiche per alienazione di altri mobili e stabili per partedella r. intendenza di finanza1.

Il prefetto preside[Nicola] Bruni

b. Relazione della commissione nominata dal Consiglio provinciale scolasticodi Padova.

Ibid., ms. con firme autografe.

Padova, 10 aprile 1872

Nel luogo ove attualmente trovasi il monastero delle Salesiane o dellaVisitazione, sussisteva in passato uno fra i tanti conventi di religiose con la deno-minazione di monache della Beata Elena. Colpito, come tutti gli altri, dalla sop-pressione avvenuta sotto il governo italico, una religiosa per nome MariaGesuati assumeva quivi la direzione di un educandato femminile secolare e vi simanteneva con sufficiente numero di allieve fino al 1839 circa2, indi vogliosa dicederne altrui il governo a lei divenuto grave, appoggiata dalla mediazione, inquel tempo efficacissima, di un frate del Santo chiamato Padre Peruzzo, riuscivaa inaugurare verso il 1842 circa un nuovo monastero delle Salesiane sotto ladirezione di una monaca di detto ordine, signora Boschetti di Milano, alla qualesi associavano due altre monache modenesi e queste raccoglievano in seguitonello stesso asilo molte altre religiose del soppresso convento delle Pinzoccheresito in via del Santo, venendo così a formare un numero bastantemente conside-revole di suore le quali, oltre ai doveri della propria istituzione religiosa, s’incari-cavano altresì della educazione di fanciulle di nobili e civili famiglie.

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1 La notizia relativa alla soppressione fornita dal prefetto, risalente al marzo 1867, non èconfermata dalla documentazione successiva. Giancarlo Rocca rimanda in proposito a un testoagiografico sulle Salesiane di Padova, in cui si ricorda che il collegio di S. Croce, secondoquanto venne comunicato alla superiora dall’intendenza provinciale delle finanze in data 5luglio 1867, «non risultando canonicamente eretto», non poteva «dirsi allo stato delle notiziepervenute, e dei documenti esaminati, colpito dall’art. 1 della legge 7 luglio 1866»; [I. MORELLO]Storia della congregazione delle Suore di S. Francesco di Sales o “Salesie” - Padova, Padova,Tip. Antoniana, 1959, p. 191.

2 Cfr. F. DE VIVO, Le iniziative educative della Chiesa a Padova, in Chiesa e prospettiveeducative... cit., p. 489 e seguenti.

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Fonti per la storia della scuola

Questa società religiosa sussiste tuttavia nello stesso monastero. Il giorno 20marzo la commissione1 recavasi a visitarlo. Il numero delle educande è assairistretto non contandosene che 17, motivo per il quale la divisione delle classinon vi è bene determinata e che le alunne tutte, riunite in una medesima salasembrano dirette nei varii rami d’istruzione, meno l’aritmetica e la calligrafia, dauna sola istitutrice, la signora Rocchis Giuseppa di Novara, monaca professa,munita di regolare patente rilasciata dal provveditore di Novara il 3 gennaio1866 col num. d’ordine 186 e sottoscritta successivamente dalle autorità scolasti-che di Padova fino al 1870. L’altra monaca non professa sig.ra Gabbotti che com-parve come maestra d’aritmetica è altresì munita di una patente austriaca per lequattro classi elementari in data 12 luglio 1861 n. 265 rilasciata dallo Ispettoratosuperiore scolastico dell’archidiocesi di Venezia per la durata di anni 6 e di altrapatente in data 10 ottobre 1864 come maestra di lingua francese, sebbene inquesta materia non si facesse innanzi per rispondere dei saggi presentati iniscritto dalle alunne.

La commissione procedette secondo il solito all’esame delle allieve incomin-ciando dalle più tenere sino alle maggiori. I libri di testo di cui si fa uso per l’in-segnamento sono tutti approvati dal ministero meno la storia d’Italia di Bosco2. Iquaderni di saggio dell’anno antecedente e parte del corrente, scritti in elegantecorsivo, legati in bella forma e disposti per ordine sul banco, presentano unsunto delle varie lezioni tenute durante l’anno sopra ogni materia, e danno un’i-dea favorevolissima del metodo d’istruzione e dei progressi delle allieve.

Nulla vi è omesso: analisi grammaticale e logica; esercizj di stile epistolare;narrazioni storiche, novelle, dialoghi, apologhi; storia romana; storia antica;brani di storia dell’evo medio, della storia moderna; esercitazioni di lingua fran-cese con regole di fraseologia e traduzioni; problemi di aritmetica, esercizi di fra-zioni e del sistema metrico decimale; poesie italiane voltate in prosa; copia dibrani di letteratura de’ migliori autori; geografia fisica e politica, generale e parti-

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1 La commissione era stata nominata dal Consiglio provinciale scolastico di Padova in basea quanto stabilito dalla circolare ministeriale del 30 dicembre 1870 n. 296 sugli istituti femminilidi educazione. Compito della commissione era quello di visitare i principali istituti femminilidella provincia per accertarne la condizione giuridica e conoscerne lo stato morale e didatticoin vista del loro ordinamento.

2 Come la Storia sacra ad uso delle scuole e altre opere a carattere divulgativo e popolaredi Giovanni Bosco, la Storia d’Italia ebbe un’alta tiratura e numerosissime ristampe. Sulla suamatrice ideale – l’imperniarsi della storia d’Italia su quella della Chiesa romana, con tutta la sualegittimità sacrale – cfr. F. TRANIELLO, Don Bosco e l’educazione giovanile: la “Storia d’Italia”, inDon Bosco nella storia della cultura popolare, a cura di F. TRANIELLO, Torino, SEI, 1987, pp. 81-111. Cfr. anche S. PIVATO, Don Bosco e la “cultura popolare”, ibid., pp. 253-287 (ripreso daPivato in I nipotini di Don Bosco, in ID., Clericalismo e laicismo nella cultura popolare italia-na, Milano, Angeli, 1990).

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colare; elementi di storia naturale, di geometria, nozioni di mitologia. La soladottrina cristiana non fa sua comparsa in que’ saggi d’insegnamento, se si eccet-tuino alcune citazioni fatte qua e là nei componimenti per esercizio di stile cherivelano un sentimento religioso contenuto entro i limiti di una sana e moderatapietà. Ecco il prospetto di que’ saggi in iscritto.

Ben diverso, per verità, era il risultato pratico degli esami fatti oralmente.Che le giovinette siano poco disinvolte e si risentano della vita claustrale chemenano, è cosa naturalissima, per il che è probabile che un certo sgomento sisia impadronito del loro animo, non solo per la presenza della commissione, maanche di fronte a questo fatto, nuovo per esse, della clausura infranta. È facilepertanto che si mostrassero più digiune d’istruzione che realmente non sieno.L’esperimento di composizione offerto dalle maggiori dietro tema dato almomento dalla commissione, non valse a rivelare in alcuna fra le scriventi unsolo pensiero che si elevasse al disopra delle idee le più comuni; lo stile eranegletto, e in cambio grande profusione di sentimenti religiosi. Nell’analisi gram-maticale parvero poco esercitate e meno nell’analisi logica. Nell’aritmetica vi fumaggior imbarazzo nel saper rendere ragione delle operazioni che nell’eseguir-le. La storia sacra e la profana sembrano insegnate con profitto non molto nota-bile. Essendo occorso di leggere un fatto sopra il doge Enrico Dandolo, richiestecon qual forma di governo si reggessero i veneziani a quell’epoca, non sepperoconvenientemente rispondere e si mostrarono non so se ignoranti della formaattuale di governo in Italia o titubanti nel riconoscerla; al che l’istitutrice credettedi osservare che non mirandosi nell’istituto se non a formare buone madri difamiglia, ogni argomento politico è considerato puramente accessorio nella edu-cazione, epperò ci si passa sopra. Interrogate nella geografia e più specialmentesull’Italia non si mostrarono molto istrutte e richieste qual sia la capitale d’Italiarisposero: Firenze. Il r. provveditore domandò se per avventura ignorasserocome già dal 1870 abbia avuto luogo il trasferimento della capitale a Roma; alche la direttrice rispose con ferma voce che ben lo sanno ma non lo approvano.Un breve silenzio tenne dietro a questa specie di protesta durante il quale lealunne guardavano di sottecchi le monache e queste chinavano la fronte inatteggiamento di profonda mestizia; ma quella che aveva parlato in nome dellealtre si mantenne impassibile.

Il r. provveditore rifuggendo da qualsifosse modo o detto men che urbanodiede in poche e convincenti parole a divedere che la loro disapprovazione nonpuò aver forza di distruggere un fatto compiuto, chiesto ed assentito dalla nazio-ne, che i poteri vogliono essere distinti e divisi per mantenersi durevoli ed essererispettati, indi raccomandò dolcemente alle educande di crescere in virtù ed insapere affinché la società s’abbia in esse un ornamento e la patria un sostegnocooperando gagliardamente con spirito concorde all’educazione dei loro figliuoli.

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Si passò quindi a visitare il locale. I dormitorj delle alunne non sembranobastantemente ventilati, ricevendo l’aria soltanto da un largo vano praticato nel-l’alto della parete laterale che divide i dormitorj da un lungo corridojo respicien-te sopra un cortile interno di mediocre estensione. Questo cortile è chiuso dachiostri sopra i quali s’innalza il fabbricato del convento, ove sono tutto all’intor-no le celle delle monache, la scuola da lavoro, quella per lo studio, i dormitorj,la chiesa interna privata ove le convittrici odono la messa che si legge nella chie-sa pubblica sottostante a cui si guarda per mezzo di grate le quali son chiuse daimposte e si aprono soltanto nelle ore in cui si celebra od abbia luogo qualchealtra funzione. Mentre la commissione girava pel monastero la vicesuperioraprecedeva scuotendo un campanellino a mano per avvertire con quel segnale lealtre suore della presenza di persone estranee al convento, affinché si ritirassero.Infatti sebbene le monache sieno in numero di 40, e le oblate 17, non se ne vide-ro che poche e sono: la maestra di studio, le due non professe addette all’inse-gnamento dell’aritmetica e della calligrafia, le due maestre di musica, la superio-ra, la vice superiora e due inservienti fra cui la portinaja che abbassò il velo nerosulla faccia all’entrare ed uscire della commissione. Fra le monache non professesi contano due more riscattate da un servaggio per incatenarle ad un altro. Oltreal cortile interno, il monastero gode di un vasto tratto di terra di circa tre campicoltivati a viti, ad agrumi ed alberi fruttiferi; esso gioverebbe meglio alla salubritàdel convento se ne fosse meno discosto, essendo tutto circondato da mura eseparato dal resto del locale per mezzo di un’ala di caseggiato che intercetta lalibera corrente dell’aria.

I parlatorj divisi da grate portano nelle pareti e nel pavimento a mattoni traccedi umidità. I lavori delle alunne non consistono che in ricami in bianco ed in colorifra cui se ne notarono alcuni di esattissimi sebbene il disegno difettasse di corret-tezza in qualche parte. Vi sono arredi sacri ricamati in oro e in seta ammirabili peraccuratezza e splendidezza di tinte; questi sono opera specialmente della vicesuperiora M. Levorati la quale ammaestra in detti lavori anche le altre suore e leallieve ricevendone così qualche ajuto. Il disegno ad acquarello e a lapis vi è inse-gnato da una monaca e i saggi presentati parvero bastantemente corretti. Le prati-che di pietà giornaliere consistono nell’udire la messa tutte le mattine, nella pre-ghiera al cominciare e al finire di ogni esercizio scolastico, nella visita al sacramen-to il dopo pranzo e nella preghiera della sera. Le alunne vanno a coricarsi assai pertempo e sebbene s’alzino di buon’ora le ore di riposo son forse troppe poichésommano a dieci all’incirca. La ricreazione si fa passeggiando nel cortile, o sotto ichiostri ovvero nel tratto di terreno attiguo. Le alunne non escono mai dal conven-to se non dopo compiuta l’educazione o in caso di grave malattia per consiglio delmedico o per volontà dei parenti. Un medico ed un chirurgo sono addetti all’istitu-to, ma le famiglie possono eleggere all’occorrenza chi loro aggrada.

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Il prospetto di educazione che fu dato a leggere alla commissione non siriscontrò praticamente osservato con la massima fedeltà per ciò che risguarda laparte istruttiva, come sarebbe a dire nella storia civile specialmente d’Italia, nellageografia fisica o politica, e nei lavori di cucito, di taglio e di rimendo.

Per la parte morale, sebbene le alunne dimostrino, mediante le composizio-ni epistolari esaminate, un rispettoso attaccamento al monastero e alle educatri-ci, non si palesano aliene da un tenero sentimento verso la famiglia cui desidera-no di ricongiungersi. Alla sincerità nelle parole, nei fatti e negli affetti sembranoparticolarmente rivolte le cure delle maestre informando a questo principio l’ani-mo delle educande, non solo per via di ammonizioni e di regole ma con l’esem-pio. Come esercizj di sollievo si sogliono dare delle rappresentazioni di piccolecommedie in carnovale. Il canto non è insegnato né tampoco il ballo, dal cheforse deriva, non meno che dalle abitudini claustrali, il portamento impacciatodelle fanciulle, il loro vestire senza garbo, la declamazione monotona e pocospontanea, lo insieme inelegante e monacale. Tre alunne suonarono sul pianouna fantasia a sei mani come saggio di musica e potrebbe essere stato soddisfa-cente se all’esecuzione puramente materiale si limitasse questo studio; l’espres-sione nell’accento vi è totalmente trascurata e in cambio un frastuono non tem-perato da colorito o misura. Ma può forse l’arte farsi strada entro le mura d’unmonastero ove anche i più innocenti istinti dell’anima sono vietati? La musicache tanto gioverebbe ad ingentilire lo spirito non vi è considerata che come unasemplice combinazione armonica di suoni senza significanza, col solo fine divellicare gli orecchi. In tempi barbari le arti non aveano asilo che nei chiostri;oggi ch’esse han libero l’accesso ovunque non si ritrovano più in alcun luogo oper lo meno hanno perduta la loro verginale sembianza. La reclusione poidistrugge nelle fanciulle ogni santa emozione del vero e del bello e il senso este-tico n’è corrotto e viziato da imagini di pessimo gusto e bizzarre tuttoché sante,proprie ad alimentare la superstizione e nulla più. Di cosiffatte imagini e statueson tapezzate le pareti ove abbondano singolarmente le iscrizioni in lettere cubi-tali, tratte alcune dalla Bibbia, altre non si sa d’onde, ma volte tutte a raccoman-dare il timor di Dio, il sacrifizio di se stesso, l’obbedienza cieca, il silenzio, lapietà, la rassegnazione. La vestizione di nuove monache non essendo ammessanel Regno, potrebbe compiersi fuori; non si sa se di questo spediente si valganole Salesiane per mantenere il loro ordine in vigore. La pensione corrispostaannualmente dalle famiglie è assai modica non consistendo che in ital. lire455.88. Il trattamento riguardo al cibo è buono e distribuito con equa misurasebbene l’aspetto delle alunne non apparisca per avventura assai fiorente.

Nel complesso, lasciate da parte le idee retrograde che procedono da unfalso concetto sulle riforme liberali avvenute in Europa e segnatamente in Italia,l’educazione del cuore in questo monastero può dirsi vegliata con più amore

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che non l’istruzione intellettuale. Il r. provveditore nel raccomandar questa e nelcommendar quella non lasciava di esorta[re la] superiora ad istillare nelle sueallieve quei principj di sobbordinazione alle leggi che costituiscono i doveri d’o-gni cittadino verso la patria, al che la superiora rispondeva esser debito anzituttodel governo di dare ai cittadini l’esempio, col rispettare egli il primo le proprietàaltrui per essere rispettato. Da ciò si vede che lo spirito dominante dell’istituzio-ne non ha bisogno di sottili indagini per essere scoperto; nessun velame locopre; direbbesi al contrario che le educatrici e le educande del pari colganocon giubilo l’occasione di dichiararsi.

Il loro sentimento è forte e saldo come tutto ciò che procede da un principioreligioso e inconcusso. La franchezza con cui queste donne fecero la loro prote-sta, avuto riguardo alla cerchia in cui vivono, è indizio di coraggiosa lealtà emeriterebbe rispetto se fosse a favore di una causa più giusta.

La commissioneElisa Ziliotto1

[Giovanni] Pertile2

P[ietro] Lepora

c. Deliberazione del Consiglio provinciale scolastico di Padova 3.

Ibid., ms.

Deliberazione del Consiglio provinciale scolastico presa nell’11 aprile 1872.Data lettura del rapporto della commissione, il r. provveditore trovando che

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1 «Maestra privata», Elisa Ziliotto era stata incaricata dal ministero di visitare gli istituti fem-minili della provincia di Padova, i quali non erano stati ispezionati da Caterina Percoto in qua-lità di ispettrice straordinaria per il Veneto (cfr. nota 1 del doc. 24a). La Ziliotto passò in seguitoa dirigere l’Educandato Maria Adelaide di Palermo, dove morì nel dicembre del 1874. Così ladescrive il necrologio a firma del presidente del Consiglio di vigilanza dell’EducandatoGaetano Vanneschi, pubblicato nel «Giornale di Sicilia» del 26 dicembre: «Della patria ardentis-sima, ne sostenne la dignitosa protesta contro la dominazione austriaca, assieme alle più illustridonne veneziane. Letterata distinta, ond’ebbe l’onore di essere ascritta all’Accademia palermi-tana di scienze, lettere ed arti; conoscitrice di varie lingue straniere, esperta nella musica sinoalla composizione...» (ACS, MPI, Personale 1860-1880, b. 2300, fasc. «Ziliotto Elisa»).

2 Delegato scolastico del distretto del Monselice. 3 Trasmessa al ministro, insieme al rapporto della commissione di cui sopra, con lettera del

prefetto-presidente del 15 aprile 1872 (doc. 35a).

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ivi s’insegnavano dottrine contrarie alle istituzioni dello Stato chiede che nevenga ordinata la chiusura.

Quinci s’impegna una viva discussione alla quale prendono parte tutti i consi-glieri; alcuni pongono in dubbio che il governo debba ingerirsi in istituti privatisembrando questa una offesa al diritto delle famiglie di affidare agli istituti di lorogradimento l’educazione dei figli. Altri sostengono che pure ammettendo il dirittodi vigilanza del governo in siffatti istituti è dubbio se possa adottare contro di essiil provvedimento chiesto dal r. provveditore fino a che non è dimostrato che ivi sicongiura contro lo Stato: che il fatto denunziato dalla commissione a carico diquell’istituto è più una leggerezza che una colpa; al postutto esso non è così graveda meritare un provvedimento che lederebbe tanti interessi morali ed economici;

Il r. provveditore replica:1° Essere inconcusso il diritto, meglio il dovere del governo di vigilare sugli isti-tuti privati nei limiti segnati dall’art. 3°, 5° della legge 13 novembre 1859 e 11 delregolamento organico 21 novembre 1867.

2° Questa vigilanza non poter esser solo ideale ed accademica, ma vera edefficace, quindi col diritto di applicare i provvedimenti che saranno del casocompreso la chiusura dell’istituto;

3° Non recarsi con ciò alcuna offesa alla libertà delle famiglie circa l’educa-zione della prole, anzi tutelarsi nel suo esercizio; come non si offende la libertàdi alcuno nella scelta dell’avvocato del medico o del farmacista, richiedendo chequesto esercizio sia guarantito dalle prove di attitudine per chi vuole assumerlo;solo l’educazione domestica essere prosciolto [sic ] da ogni vigilanza governati-va, perché vi è l’effettiva sorveglianza del padre;

4° L’educazione delle fanciulle che saranno fra poco spose e madri esser cosadi troppa importanza perché possa il governo rimanere indifferente alle massimeche loro vengono instillate, le quali contribuiranno certamente a dare all’Italia unagenerazione liberale ovvero retriva e nemica delle istituzioni che ad essa si è date;

5° Il fatto denunciato poteva avere minore importanza se non fosse la rivela-zione di tutto il sistema che governa quell’istituto;

6° La dichiarazione deliberatamente uscita dalla bocca della superiora toglie-re ogni dubbio su questo proposito;

7° Nell’interesse pertanto della pubblica educazione e per debito del suouffizio egli dovere insistere nella sua proposta di chiusura.

Dopo alcune altre osservazioni degli opponenti il consigliere sig. D.r. AntonioTolomei propone il seguente ordine del giorno;

Il Consiglio, udito il rapporto della commissione creata da questo Consiglioscolastico prov.le sull’Istituto educativo delle Salesiane in Padova e fattosi caricodei fatti ivi denunciati che palesano un indirizzo retrivo, delibera sia fatta unasevera ammonizione alla direttrice con minaccia di rigorosa applicazione della

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legge, ove una nuova ispezione accerti ancora fatti consimili.Il r. provveditore dichiara di non poter associarsi all’ordine del giorno proposto

perché lo crede inefficace; egli crede anzi che l’ammonizione non farà che porre inguardia le Salesiane contro una nuova ispezione e non varrà a modificare il sistemadi educazione, il quale continuerà cogli stessi principi e colle stesse massime;

egli pertanto rimane nella sua prima proposta.Posto ai voti l’ordine del giorno Tolomei viene approvato con tre voti favo-

revoli contrari 2.Il r. provveditore dichiara di appellarsi al ministero contro questa delibera-

zione del Consiglio.

Il prefetto presidefirmato N[icola] Bruni

Il segretariofirmato J[acopo] Pegorini

Per copia conforme estratta dal libro delle deliberazioni del C.S.P. di Padova.Padova 14 aprile 1872

Il segretario del ConsiglioPegorini

d. Richiesta di parere al Consiglio superiore della pubblica istruzione sullachiusura dell’istituto.

Ibid., ms.

Padova, 15 maggio 1872

Un accidente di non poca importanza, avvenuto nell’Istituto di educazionedelle Salesiane in Padova, obbliga il ministero a chiedere il parere di cotestoConsiglio superiore prima di deliberare sulla proposta di chiusura fatta dal sig.r.prefetto della provincia d’accordo col r. provveditore agli studi.

Una commissione, a ciò delegata dal Consiglio scolastico, si recò a visitare l’i-stituto d’educazione delle Salesiane, e, fra le altre cose cui rivolse la sua attenzio-ne, desiderò di assistere a un esame a voce delle alunne. Una di queste, interro-gata quale fosse la capitale d’Italia, rispose Firenze. A ciò il provveditore che for-mava parte della commissione chiese se le allieve non sapessero che la capitale

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era stata trasferita a Roma. La superiora rispose con ferma voce che ben lo sape-vano, ma non lo approvavano. Il provveditore avvertì che non era il caso né diapprovare, né di disapprovare un fatto compiuto in forza d’una volontà nazionalema solamente di mostrare di saperlo e passò ad altro, continuando l’ispezione.

Prima di congedarsi egli credette di dover raccomandare alla superiora diinstillare alle sue allieve quei principii di subordinazione alle leggi che fannoparte dei doveri del cittadino verso la patria; ma a questo la superiora replicòessere debito anzitutto del governo di dare ai cittadini l’esempio, col rispettareegli per il primo la proprietà altrui per essere rispettato.

La commissione presentò su questi fatti la relazione 10 aprile, che va unita agliatti, e il provveditore propose al Consiglio scolastico la chiusura dell’istituto. A unaparte del Consiglio questa proposta parve grave, e taluno dei consiglieri giunse achiamarla persino illegale, osservando che in fine nell’istituto delle Salesiane non sicongiurava, mentre è pure manifesto che, dove vi si congiurasse, sarebbe il caso diapplicare, non più le leggi scolastiche, ma il codice penale. Venuti a votare, la pro-posta del provveditore ebbe tre voti contrari e due favorevoli; l’uno del provvedito-re stesso e l’altro del prefetto della provincia. I tre voti contrari si raccolsero invecesopra un ordine del giorno proposto da uno dei consiglieri dissenzienti, che cioèfosse fatta una severa ammonizione alla direttrice con minaccia di rigorosa applica-zione della legge, ove in una nuova ispezione si accertassero fatti consimili.

Contro questa deliberazione della maggioranza del Consiglio presentò ricor-so al ministro il prefetto della provincia colla nota 15 aprile, sostenendo la neces-sità dell’immediata chiusura. E veramente trattasi di una specie di sfida fatta aun’autorità nell’esercizio delle sue funzioni. Oltre all’avere offeso le istituzionidello Stato, sul rispetto delle quali il Consiglio scolastico ha il diritto e il dovere divigilare (art. 11 del r. decreto 21 novembre 1867)1, si colse per farvi offesa taleoccasione e si adoperarono forme tali che potrebbe rimanere scemato il prestigiodel governo, ove la cosa passasse senza una pena sufficiente a servire di utileammonimento ad altri istituti consimili. Del resto il ministero starà attendendo isavi divisamenti di cotesto Consiglio, al quale accompagna per ciò gli atti e trat-tandosi di una questione importante e della quale in Padova si parlò alquanto,farebbe solamente preghiera di deliberare colla maggior possibile sollecitudine.

Per il ministrofirmato G[iovanni] Cantoni2

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1 È il r.d. 21 nov. 1867 n. 4050 che approvava il regolamento per l’amministrazione scola-stica provinciale.

2 Segretario generale dal 17 marzo 1870 al 17 maggio 1872. Cfr. in questa stessa collanaARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Il Consiglio superiore… cit., p. 268.

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e. Parere del Consiglio superiore della pubblica istruzione.

Ibid., ms.

Roma, 19 giugno 1872

Nella seduta che tenne il dì 16 maggio decorso questo Consiglio ha trattatola quistione della chiusura dell’istituto di educazione delle Salesiane di Padovastata proposta dal r. prefetto e dal r. provveditore agli studi di quella provincia.

Il Consiglio volle udire la lettura di tutti gli atti del processo, e dal complesso dellecircostanze, non meno che dal solo fatto attribuito alla direttrice dell’istituto, ricavò gliestremi per cui a norma della legge 13 novembre 1859 quell’istituto vuol essere chiuso.

L’art. 3 della stessa legge dice che il ministro della Pubblica istruzionesopravveglia al privato insegnamento a tutela della morale, dell’igiene, delle isti-tuzioni dello Stato e dell’ordine pubblico. Il successivo art. 247 dice che uno sta-bilimento d’educazione potrà essere chiuso per cause gravi in cui sia impegnatala conservazione dell’ordine morale e la tutela dei principi che governano l’ordi-ne sociale pubblico dello Stato.

Che la direttrice dell’istituto d’educazione delle Salesiane di Padova abbianelle funzioni del suo ufficio offese le instituzioni dello Stato, biasimandoleapertamente in faccia l’autorità scolastica governativa e ad una commissione d’i-spezione mandata a quell’istituto dal Consiglio provinciale scolastico non vi hadubbio. Non vi ha dubbio nemmeno che alle bambine affidate all’educazione diquell’istituto sieno stati inspirati principi contrari alle instituzioni suddette, giac-ché interrogate intorno alla capitale dello Stato risposero essere Firenze e nonRoma. Né vale il dire essere una sola l’alunna che mostrò di disapprovare l’attodiventato ora legge dello Stato per cui la capitale del Regno è Roma, giacché lasuperiora s’incaricò tosto di spiegare alla presenza delle allieve come queste bensapevano del fatto compiuto il 20 settembre 1870 e della legge di trasferimentodella capitale da Firenze a Roma, ma che esse non lo approvavano. Mostrò anzi lastessa superiora di essere così ferma e decisa nei suoi principi di reazione, che nonesitò a dichiarare furto l’atto compiuto dal governo per volontà della nazione.

Se si trattasse solo del cattivo indirizzo dato all’educazione delle allievepotrebbe forse bastare un ammonimento, ma qui si ha un atto di reazione spon-taneo della superiora fatto con dissimulata franchezza nell’esercizio delle suefunzioni e di faccia alla scolaresca e all’autorità governativa. È questo un insultograve, anzi una sfida che impegna l’autorità della legge e che il governo non puòesimersi di castigare severamente.

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Sezione VI - Gli educatori delle religiose negli interventi del governo

La maggioranza del Consiglio scolastico ha posto in campo considerazionicon le quali vorrebbe infirmare il diritto del governo d’ingerirsi dell’andamentodegli istituti privati; ma i due articoli suddetti della legge debbono persuaderloche lo Stato ha tutto il diritto di occuparsene. È vero che quei due articoli noncontemplano precisamente gl’istituti d’istruzione elementare come sarebbe quel-lo delle Salesiane di Padova, ma è chiaro che lo spirito della legge vuole ilgoverno premunito contro il cattivo indirizzo che può essere dato all’educazionedi qualsivoglia stabilimento d’educazione. Il Consiglio provinciale scolastico inogni modo vorrebbe che a quella direttrice fosse dato [sic ] per ora un’ammoni-zione, salvo a pronunciare più severe pene in caso di recidiva. Ma dessa sarebbecosa illusoria, che non potrebbe mutare i sentimenti di quelle monache.Servirebbe solo a porle in sull’avviso e a far loro trovar modo d’ingannare laautorità continuando celatamente ad instillare nelle fanciulle l’odio al governoguastandone per di più il cuore con insegnar loro a fingere i propri sentimenti.

Questo Consiglio pertanto è stato d’avviso ed ha deliberato di proporre aV.E. che per le ragioni suespresse il governo faccia chiudere immediatamente l’i-stituto d’educazione detto delle Salesiane in Padova, conformemente proposeroil prefetto e il regio provveditore agli studi di quella provincia.

Si restituiscono tutte le carte.

Per estrattoIl vice presidente

Terenzio Mamiani1

Il segretario[Cesare] Volpicella

f. Decreto ministeriale di chiusura dell’istituto.

Ibid., ms.

Roma, 20 luglio 1872

Il ministro della Pubblica istruzione

Veduto intorno all’educatorio femminile delle Salesiane in Padova il rappor-

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1 Terenzio Mamiani (Pesaro 1799 - Roma 1885), già ministro della Pubblica istruzione dal21 gennaio 1860 al 23 marzo 1861, fu vice presidente del Consiglio superiore della pubblicaistruzione dal 7 luglio 1868 al 4 maggio 1884.

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Fonti per la storia della scuola

to della commissione che da quel Consiglio provinciale scolastico ebbe l’incari-co di visitare gli istituti simili della stessa città per effetto della circolare ministe-riale del 30 dicembre 1870, di numero 296;

Visto che l’insegnamento che si imparte nel detto educatorio dalle ex mona-che Salesiane è contrario all’ordinamento politico della nazione ed alle libereistituzioni dello Stato;

Considerando che la direttrice di esso dinnanzi alla scolaresca, alla commis-sione e ad una potestà scolastica governativa non si peritò di dichiararsi fiera-mente avversa al nuovo ordine di cose, ed alle leggi ond’è raffermata la unità ela indipendenza italiana;

Considerando quanto un simile procedere sia dannoso alla buona educazio-ne della gioventù, ed alla tranquillità delle famiglie, e come d’altra parte sianecessario tenere inviolata la maestà delle leggi e delle istituzioni dello Stato;

Udito il parere del Consiglio superiore di pubblica istruzione;OrdinaArt. 1°

L’educatorio femminile tenuto dalle ex monache Salesiane nella città diPadova sarà chiuso immediatamente.

Art. 2°Il prefetto della provincia di Padova è incaricato della esecuzione del pre-

sente decreto.

Il ministroFirmato Q[uintino] Sella

Per copia conformeIl r. provveditore centrale

g. Rapporto al ministro del prefetto presidente del Consiglio provinciale scolasti-co di Padova.

Ibid., ms. con firma autografa.

Padova, 15 agosto 1872

Il giorno 12 corr. fu effettivamente chiuso l’educatorio delle ex monacheSalesiane in Padova, secondo che fu ordinato dal decreto ministeriale del 20 u.s.luglio. Fu però necessario l’intervento di un funzionario della P.S.

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Sezione VI - Gli educatori delle religiose negli interventi del governo

Colla nota del 6 corr. n. 905 il sottoscritto notificava alla E.V. che per aderire aduna istanza di quella direttrice, la quale affermava talune alunne essere in istato disalute poco buono, e molti parenti essere assenti dalle loro case, avere concessouna proroga di altri 8 giorni per la consegna delle alunne alle rispettive famiglie, laqual proroga scadeva col giorno 9 corr. Ma come nel frattempo altri ricorsi ed altriintrighi stavano facendosi, egli dovette avvedersi che gli addotti motivi non eranoche un pretesto per protrarre indefinitivamente la esecuzione di quel decreto.

Infatti nel giorno 9 presentavasi allo scrivente due signori da Vicenza che siqualificarono padri o tutori di alunne di detto istituto per muovere reclamo con-tro il decreto, dichiarando che essi non avrebbero mai ritirate le loro figlie senon costretti dalla forza. Usarono poi parole tanto sconvenienti che egli dovetteespellerli dall’ufficio.

Reso da ciò sempre più aperto l’intendimento di quella signora direttrice dieludere le disposizioni ministeriali, valendosi dell’opera di taluni compiacenti,parenti delle alunne, il giorno 10 egli mandò all’istituto il sig. ispettore di P.S.perché conoscesse lo stato delle cose e prendesse il nome delle singole educan-de coll’indirizzarle alle rispettive famiglie.

La direttrice assicurò che l’invito era stato mandato alle famiglie, ma che solotre alunne erano state ritirate.

L’ispettore fece notare alla direttrice che il governo non avrebbe recedutodal provvedimento adottato, che la tolleranza usata finora per ragioni di conve-nienza doveva avere un termine che ad ogni modo entro il giorno 12 l’educato-rio avrebbe dovuto essere sgombrato, chiamando responsabile delle conseguen-ze la direttrice ed i padri di famiglia restii all’invito.

Indi si invitarono d’uffizio con telegrammi per mezzo dei prefetti o dei sinda-ci, o direttamente i parenti secondo il loro attuale domicilio, avvertendoli che incaso di altro rifiuto si sarebbero fatte accompagnare alle case le rispettive figlie.

Intanto pel supposto caso che la resistenza di qualche famiglia si spingesseagli estremi, si provvide affinché in altro istituto educativo di pari grado inPadova fossero disponibili alcuni posti per ricoverarvi quelle fanciulle.

Il giorno 12 verso le ore 11 recavasi all’istituto il r. ispettore di P.S. per com-piere il suo mandato e vi trovò i parenti delle otto educande non ritirate, i qualidichiararono che cederebbero solo alla forza, e che le loro figlie avrebbero rice-vuto non dalla direttrice ma dalle mani delle autorità; e gli consegnarono unaprotesta di cui si unisce copia da essi firmata.

L’ispettore ricevette la protesta ed effettuò la consegna di quelle educandeche ricevea dalla direttrice ai rispettivi parenti.

Molte considerazioni sarebbero a farsi su questo fatto e sulle circostanze chelo accompagnano; ma basti accennare che allo spirito onde s’informa la educa-zione di quell’istituto si associano non pochi padri di famiglia. Può ammettersi

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Fonti per la storia della scuola

che taluno ingannato affidi la propria prole ad un istituto di sentimenti menoliberali. Ma qui è proposito deliberato di reazione contro il governo e le attualiistituzioni politiche1. Il decreto fu pubblicato […]2 per cui non possono ignorarela gravità delle cause che indussero il governo a questo provvedimento.

Il prefetto preside[Nicola] Bruni

h. Osservazioni del prefetto presidente del Consiglio provinciale scolastico diPadova sul ricorso inoltrato al Ministero della pubblica istruzione dal sacerdoteGiovanni Biondini per la riapertura dell’istituto.

Ibid., ms. con firma autografa.

Padova, 29 settembre 1872

Il sacerdote Giovanni Biondini, affermandosi incaricato dal vescovo di que-sta diocesi, inoltra ricorso a codesto ministero per la riapertura dell’educandatodelle Salesiane, chiuso col ministeriale decreto del 20 p.p. luglio, e ciò per aderi-re alle ripetute e vive istanze di parecchie famiglie che non vorrebbero toglierealle cure di dette monache l’istruzione delle loro figliuole 3.

Corre debito anzitutto allo scrivente di rettificare una inesattezza della

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1 Il prefetto Bruni meritò un elogio del ministro per la «fermezza avveduta» con cui avevafatto eseguire l’ordine di chiusura dell’istituto. La comunicazione ministeriale diretta al prefetto,datata 26 agosto (conservata nello stesso fascicolo), così proseguiva: «se il governo potesseavere per tutto degli ufficiali simili al prefetto Bruni che lo secondassero così bene e semprenello interpretare con giusto criterio e nel mandare ad effetto con mano sicura i provvedimentich’esso è costretto a dare talvolta a difesa delle nostre leggi e delle nostre libere istituzioni, lapubblica amministrazione procederebbe in breve tempo senza difficoltà di sorta ed il rispettoalle potestà costituite non verrebbe mai meno in chicchessia».

2 Illeggibile.3 La documentazione conservata nel fascicolo include due lettere inviate al ministro della

Pubblica istruzione Scialoja, la prima, del 9 settembre 1872, dell’economista ed uomo politicovicentino Fedele Lampertico, che, indotto dal «desiderio di alcuni genitori», chiedeva se, nono-stante la chiusura dell’istituto delle Salesiane non fosse stata decretata come in altri casi solo invia provvisoria, lo si potesse riaprire dopo aver ottenuto «serie mallevarie» di un’istruzione impar-tita «in modo conforme alle leggi dello Stato»; la seconda, del 28 febbraio 1873, di un altroinfluente vicentino, il deputato Paolo Lioy, che accompagnava una nuova istanza «di alcuni padridi famiglia», intenzionati a sollecitare le decisioni ministeriali prima di provvedere altrimenti allaeducazione delle figlie, confidando in una soluzione favorevole alla riapertura dell’istituto.

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Sezione VI - Gli educatori delle religiose negli interventi del governo

domanda, ove accenna avere egli incoraggiato il ricorrente a quest’atto. Il vero èche egli interpellato, si limitò a dichiarare la propria incompetenza a decidere suquesto affare; ricorresse ove gli piacesse al ministero.

Quanto alla persona del ricorrente egli avverte che il sacerdote Biondini nonprova d’avere il mandato di parlare a nome del vescovo, né dell’ex monacheSalesiane, le quali non avendo più come corporazione esistenza legale non pos-sono che agire individualmente.

Venendo al merito della domanda lo scrivente fa le seguenti osservazioni;I - Deve recar maraviglia che dopo un mese appena che fu effettuata la chiusura,già si possa sperare che venga concessa la riapertura d’un istituto, nel quale siprofessano massime così antinazionali.II - Che la resistenza opposta dall’ex monache, come le fu riferito colla nota del15 prossimo passato agosto n. 991 prova che, cedendo solo alla forza, esse nonhanno in animo di migliorare il sistema di educazione.III - Che non essendo state colpite dal citato ministeriale decreto le persone indi-vidualmente ma l’istituto, non vale a riabilitarlo la surrogazione di altre monachenell’insegnamento.IV - Che ammettendo il principio che basti il cambiare le persone per riabilitarel’istituto colpito dal rigore della legge, agli istituti monastici che hanno disponibi-li molte persone tornerebbe troppo agevole il sottrarsi a provvedimenti di rigore,senza che perciò ne fosse migliorato l’indirizzo educativo.V - Che la riapertura di quello istituto farebbe assai sinistra impressione sull’ani-mo dei liberali, e darebbe luogo a poco benevoli commenti a diversi partiti poli-tici a carico del governo.VI - Che essendovi in Padova parecchi altri educandati femminili non è tolto aipadri di famiglia, a qualunque partito politico o religioso appartengono (però neilimiti delle leggi vigenti), di fare educare la loro prole secondo i loro intendimenti.

Per le anzidette ragioni pertanto il sottoscritto prega il ministero a volerrespingere questa domanda.

Il prefetto preside[Nicola] Bruni

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Fonti per la storia della scuola

i. Richiesta di parere al Consiglio superiore della pubblica istruzione sull’istan-za per la riapertura dell’istituto.

Ibid., ms. con firma autografa.

Roma, 12 ottobre 1872

Mi reco a debito di chiedere il parere del Consiglio superiore sulla qui unitaistanza del sacerdote D. Giovanni Biondini di Modena, il quale domanda a nomedi M.r vescovo di Padova la riapertura dell’istituto delle Salesiane in questa città.Invero non si vede qual competenza il sac.e Biondini possa avere a presentareuna domanda simile; ed è pur vero che l’istanza non è corredata dei documentivoluti dalla legge per chiedere l’apertura di un istituto. Resta sempre però chequest’istanza fu accompagnata al ministero con gravi considerazioni del prefettodella provincia, né il ministero deve assumersi la responsabilità di una risoluzio-ne prescindendo dal parere del Consiglio superiore. Al quale il sottoscritto sirivolge tanto più volentieri in questa occasione che, potendo domande similiessere presentate da altre parti, il Consiglio può avere l’opportunità di esaminarela questione in tutta la sua ampiezza e di stabilire dei principi e delle normegenerali che servano di guida al ministero.

Per il ministroG[iuseppe] Barberis1

l. Parere del Consiglio superiore della pubblica istruzione.

Ibid., ms.

Roma, 8 marzo 1873

Il sacerdote Giovanni Biondini di Modena, a nome del vescovo di Padova, ha

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1 Giuseppe Barberis (Poirino, Torino, settembre 1821 - 29 gennaio 1896) era all’epocaprovveditore centrale per l’istruzione secondaria classica, temporaneamente incaricato dellafirma degli atti del ministero in sostituzione del facente funzioni di segretario generale GiulioRezasco. Ricoprì l’incarico di provveditore centrale per l’istruzione secondaria dal 1867 al 1877e di provveditore capo dal 1878 al 1880. Dal 1881 fu membro ordinario del Consiglio superioredella pubblica istruzione.

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Sezione VI - Gli educatori delle religiose negli interventi del governo

sporto istanza al ministero per ottenere che venga riaperto l’istituto d’educazionedelle Salesiane di quella città. Il ministero manda quest’istanza al Consiglio supe-riore insieme con una relazione del prefetto della provincia, e chiede intorno adessa un parere, il quale possa servire di norma anche per altri casi consimili.

Il ministro stesso ha già avvertito nella sua nota essere il sacerdote Biondiniincompetente a chiedere la riapertura d’un istituto, al quale egli è affatto estra-neo. Spetta in ogni caso a chi ha l’amministrazione e il governo dell’istituto, o achi può rappresentar legalmente, a fare simile domanda né il governo potrebbetrattarne con altri senza venir meno alla sua dignità. Nondimeno, poiché il mini-stro desidera che, lasciata in disparte la qualità del richiedente, la sua domandasia esaminata pel valore che può avere in se stessa, questo Consiglio ha espostele ragioni sulle quali si fonda e si ha proposto la risposta da darsi.

Come sa V.E., l’istituto delle Salesiane in Padova fu chiuso con decreto mini-steriale del 20 luglio 1872, per essersi riconosciuto che l’insegnamento in essoimpartito era contrario all’ordinamento politico della nazione ed alle libere istitu-zioni dello Stato, e per avere la direttrice al cospetto dell’autorità scolasticagovernativa confermato e aggravato colle sue dichiarazioni il carattere ostile diquell’insegnamento. Di questa circostanza non fa punto parola nella sua istanzail signor Biondini, il quale si contenta di chiamar dolorosi i fatti che provocaronola chiusura dell’istituto, ma non li disapprova né a nome suo, né a nome delleautorità preposte all’istituto, e non soggiunge la menoma promessa o assicura-zione che l’istituto sia per seguire, dopo riaperto, un altro indirizzo. Egli si limitaa proporre la sostituzione d’altre suore Salesiane a quelle che prima tenevano l’i-stituto, e afferma che quest’altre suore saranno regolarmente patentate, e nonsolo abili per l’istruzione, ma non sospette pei loro precedenti e pienamente sot-tomesse alle leggi.

È necessario far notare al ministro questo contegno del Biondini che ècomune del resto a tutti i capi o protettori d’istituti religiosi stati chiusi per motivid’ordine pubblico. Non avviene mai ch’essi si ritrattino o mostrino dolersi delledichiarazioni e dei fatti pei quali vennero colpiti dalla legge; studiano di rimuo-vere le difficoltà, sagrificano qualche volta un professore od un istitutore, siacconciano in somma nell’apparenza alla necessità, ma si guardano dal dir paro-la che possa farli credere cambiati. È notevole del resto che nol facciano; né sideve presumere che persone, condotte dai loro convincimenti a quegli estremi,si correggano d’un tratto o ripudiino le loro idee. Ma questo appunto deve met-tere sull’avviso il governo ogniqualvolta si tratta di rivocare un decreto di chiusu-ra d’un istituto. Due condizioni sono sembrate al Consiglio indispensabili, per-ché il governo faccia cessare il rigore della legge per quest’istituto che l’ha meri-tato, che i capi di esso, cioè, e le persone responsabili dei fatti incriminati ne fac-ciano emenda pubblicamente e dichiarino d’essere disposti a seguire una via

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Fonti per la storia della scuola

diversa da quella tenuta, e che dal giorno della chiusura sia trascorso un lasso ditempo abbastanza considerevole da rendere seria la punizione inflitta e damostrare ponderata e circondata di tutte le guarentigie la concessione della ria-pertura. In ogni caso poi il ministero deve procedere molto guardigno [sic ] enon rivocare se non straordinariamente un decreto di chiusura, se si vuol mante-nere rispettata l’autorità del governo e della legge e non lasciar credere che lachiusura d’un istituto sia un atto di poca importanza che si ordina con soverchiafacilità e con altrettanta facilità si ritira.

Queste due condizioni mancano nel caso dell’istituto delle Salesiane diPadova. La chiusura è avvenuta sulla fine dello scorso luglio, quando cioè l’annoscolastico era al termine; se la riapertura fosse concessa, com’è stata chiesta,dopo due o tre mesi, altro effetto non avrebbe avuto la pena inflitta, fuorchéquello di far passare alle alunne le ferie autunnali presso le loro famiglie. Il prov-vedimento per verità si ridurrebbe a nulla. Ma, se il tempo trascorso è troppobreve, non è poi, durante questo tempo, intervenuto alcun fatto, pel quale ilministero possa recedere dalla deliberazione presa. Le persone colpite daldecreto tacciono, il signor Biondini, che si arroga di parlare in nome loro, nulladice che mostri in esse un principio di resipiscenza e che assicuri di un indirizzodiverso da quello finora seguito nell’istituto.

Annunzia che saranno cambiate le persone incolpate con altre non statefinora soggette a censura; ma quest’altre persone appartengono alla medesimaassociazione religiosa, ed è presumibile che nutrano i medesimi sentimenti,come hanno avuto la medesima educazione e subiscono la medesima influenza.D’altra parte il decreto ha colpito l’istituto, non le singole persone che lo aveva-no in governo, e d’un istituto appartenente a una società religiosa è solidale l’in-tera società da cui dipende, fino a che la condotta delle persone censurate nonvenga esplicitamente disapprovata dalla società stessa, giacché per le regole diqueste società religiose nessuna persona è indipendente e può esprimere di pro-prio capo i concetti da cui l’istituto dev’essere diretto.

Giustamente avverte a questo proposito il prefetto di Padova che, qualora siammettono la sostituzione d’altre persone in un istituto appartenente a unasocietà religiosa, il quale fosse stato chiuso, sarebbe eluso il provvedimentopreso, potendo queste società religiose distribuire facilmente e come a loropiace le molte persone che le compongono nei varj istituti da esse dipendenti,cosicché il ministero non avrebbe più alcun mezzo di richiamare questi istitutiall’osservanza delle leggi e a un migliore indirizzo educativo.

Ma non solo non s’è prodotto alcun fatto, pel quale il ministero possa crede-re rimosso il pericolo di lasciare esercitare l’educazione alle Salesiane di Padova;vi sono invece fatti che mostrano persistere in queste religiose il mal animoverso il governo e la volontà di opporsi alla legge. Dagli atti mandati al Consiglio

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Sezione VI - Gli educatori delle religiose negli interventi del governo

si scorge che la chiusura dell’istituto ha incontrato vivissima resistenza per partedelle suore, e, quantunque intimata coi maggiori riguardi e più volte dilazionataper lasciar tempo alle famiglie di riprendere le alunne, fu dovuto finalmenteoperare a forza e coll’intervento della questura. Le circostanze che accompagna-rono questa chiusura, le proteste delle famiglie, le tergiversazioni e le ostilitàdelle suore mettono in aperto lo spirito ond’era informato quell’istituto e sonoun’ampia conferma della relazione fattane dalle autorità scolastiche. In una suanota del 15 agosto il prefetto riferisce che alcuni dei genitori tutori delle fanciullecollocate in quell’istituto usarono con lui modi così sconvenienti che egli fucostretto a espellerli dall’ufficio.

Non sarebbe dunque per nulla giustificato il ministero, se consentisse allariapertura di quell’istituto. Ne verrebbe anzi danno al suo decoro e alla sua auto-rità, e il prefetto stesso avverte che la riapertura di esso sarebbe assai sinistraimpressione sull’animo di quella parte della popolazione che è sinceramenteliberale e devota al governo.

Per tutte queste ragioni, senza tener conto della nessuna competenza di chiha fatto la dimanda, il Consiglio superiore è stato d’avviso che si debba proporrea V.E. di tener ferma la chiusura dell’Istituto delle Salesiane di Padova.

Si restituiscono tutte le carte.

Per estrattoIl vice presidente

Terenzio Mamiani

Il segretarioVolpicella

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SEZIONE VII

ISPEZIONI MINISTERIALI, ISTITUTI DI CLAUSURAE TRADIZIONI FAMILIARI

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Gli educatori dei monasteri di S. Pietro Nuovo e di S. Maria delle Vergini e ilConservatorio detto “delle Martiri” di Bitonto.

a. Verbale della seduta del Consiglio provinciale scolastico di Terra di Bari del21 dicembre 1880 riguardante gli educatori di S. Pietro Nuovo e di S. Mariadelle Vergini e il Conservatorio delle Martiri di Bitonto.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 165, fasc. «1882. 27. Bari.3», ms.

Terra di Bari, 21 dicembre [1880]

Il r. provveditore agli studi1 riferisce:Il professore Giorgio Castriota Scander-Begh2, delegato da me a visitare tutte lescuole elementari del comune di Bitonto, intorno alle scuole tenute dagli ordinireligiosi, nella relazione del 21 gennaio 1880, scrisse così:

«Nel convento denominato S. Pietro Nuovo dove sono raccolte le monachedi clausura dette Benedettine Olivetane, sono 26 giovanette, superiori a noveanni di età, divise in quattro classi elementari. Le classi 3a e 4a sono affidate allasig.ra Amodio Carolina da Napoli, e le classi 1a e 2a alla monaca dell’ordine sig.raCasalini Angela. Di queste scuole non si son potute raccogliere che le pochenotizie statistiche segnate nel processo verbale; notizie che si sono avute a tra-

1 Nicola Abate, provveditore agli studi di Bari nel 1879-1880 e nel 1882-1883, già professo-re di storia naturale al liceo di Avellino e al terzo liceo di Napoli e preside del liceo-convittonazionale Campanella di Reggio Calabria. Fu provveditore a Chieti, Rovigo, Caserta,Benevento.

2 Insegnante di pedagogia e morale nella scuola normale femminile di Lecce e direttore de«L’Educatore salentino», periodico bimensile che si occupava di scuola elementare, politicascolastica, pedagogia e didattica, da lui fondato nel 1877. Dopo la cessazione delle pubblica-zioni, avvenuta nel 1880, fondò nel 1883 «L’Educatore pugliese», che ne rappresentò la conti-nuazione. Trasferitosi in seguito come professore di pedagogia presso la scuola normale diCesena, nel 1886 fondò e diresse «La Scuola per la vita», frutto delle precedenti esperienze edespressione degli ambienti liberal-democratici e positivisti; cfr. I periodici scolastici nell’Italiadel secondo Ottocento, a cura di G. CHIOSSO, Brescia, La Scuola, 1992, pp. 172-173 e 408.

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Fonti per la storia della scuola

verso la doppia fitta rete di ferro del monastero. Le giovanette, recluse anch’esse,non si son potute vedere.

Anche un altro convento di clausura – S. Maria delle Vergini – ha le sue scuoleelementari. Sono le quattro classi affidate alle sorelle Cavaccini, Carmela edElisabetta, da Mugnano del Cardinale. Le Vergini sono state più gentili delle altre:hanno aperto una della porte del convento e non hanno sdegnato di farmi vedereanche le giovani allieve, sebbene non abbia potuto penetrare fin nelle classi,messe nel cuore del convento. Ho visto un registro mensuale in regola e qualchelavoro; ho potuto sentire un po’ di lettura, un po’ di nomenclatura etc. Noto che ledue maestre insegnano insieme a ciascuna classe successivamente in diverse oredel giorno. Questo particolare, unito all’altro di lasciar libera a ciascuna allievadella 2a classe la scelta dei libri di lettura, mi possono far dedurre che le maestrenon sono molto addentro nella conoscenza di un buon metodo d’insegnamento.

La congregazione di carità poi mantiene a sue spese uno di quei conservato-rii che hanno il loro tipo nelle nostre provincie napolitane, e che consistononella riunione di un certo numero di povere ed ignoranti donne, le quali vivonoinsieme e fanno interesse ciascuna per conto proprio; di comune non hanno cheil letto e l’abito. Questa specie di conservatorio, che ha nome di S. Maria delleMartiri, raccoglie pure 14 giovani, che frequentano la scuola affidata alla maestraCasalini Sofia, come risulta dal processo verbale di visita. Sebbene la maestraabbia attitudine, pure la scuola in parola è qualche cosa di indefinibile; e ciòdipende dal luogo in cui sorge.

Le allieve sono 14 giovani veramente martiri, sei, della sventura che lecostringe ad accettare il ricovero offerto loro gratuitamente, e otto, del pregiudi-zio delle famiglie che le cacciano dal loro seno, e pagando £ 34 annue e sommi-nistrando il vitto giornaliero e tutto il resto occorrente, sono contente di farlevivere in quel luogo, che seppellisce col corpo l’ingegno ed il cuore».

Io non mancai di rappresentare fedelmente al Consiglio scolastico, nell’adunanzadel 26 gennaio, la soprascritta anormale condizione delle scuole annesse ai conserva-torii di S. Pietro Nuovo, di S. Maria delle Vergini e del Conservatorio delle Martiri.

E l’onor. Consiglio, preoccupandosi seriamente della questione, richiese ititoli coi quali i detti conventi furono autorizzati a tenere convitti e scuole ele-mentari, raccomandando che si osservassero scrupolosamente le relative dispo-sizioni del capo IV del regolamento 15 settembre 1860 n. 43361.

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1 Il capo IV del regolamento per l’istruzione elementare approvato il 15 settembre 1860 inattuazione del titolo IV della legge Casati dettava le norme relative ai requisiti necessari e allaprocedura da osservare per aprire e tenere scuole private. In particolare, i titoli da esibire daparte di chi volesse aprire una scuola privata, oltre ad attestare il possesso dei medesimi requi-siti richiesti per reggere una scuola pubblica, dovevano comprovare la capacità legale e la

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In seguito a questa disposizione dell’onor. Consiglio prov. scolastico avanza-rono le dimande di tenere le scuole elementari con convitto la badessa suorGiuseppa Fione per S. Pietro Nuovo, la badessa Ariani per S. Maria delle Verginied il parroco Attilio Demitry, presidente della congregazione di carità pelConservatorio delle Martiri, accompagnate 1° dalle descrizioni dei luoghi in cuisono istituiti i convitti, 2° dalle attestazioni mediche circa la convenienza deilocali per rispetto alla salubrità; 3° dei regolamenti interni dei convitti; 4° e deiprogrammi didattici per ciascuna classe.

Le dimande ed i documenti nella loro forma esteriore lasciavano poco onulla a desiderare quanto a legalità; ma il fatto della clausura restava però; per-ché nessuno articolo del regolamento interno metteva in evidenza che si trattavadi educatorii puramente civili.

Addì 29 marzo 1880 a Bitonto, dove mi conferii per assistere all’esame diginnastica educativa dato dalle maestre elementari, m’incontrai con monsignoreVitagliano. Egli m’interrogò sopra ciò che occorreva per rendere normale la con-dizione dei sopraricordati istituti convitti; ed io francamente gli significai che l’o-stacolo maggiore, oltre il cattivo indirizzo didattico, nasceva dal perché le edu-cande erano tenute in clausura; la qual cosa era ed è contraria alle leggi delloStato ed alla civiltà dei tempi nostri.

Monsignor vescovo mi si mostrò uomo di larghe vedute, e non interamentesopraffatto dai pregiudizii. Disse di non trovare eccessive le mie osservazioni,che coopererebbe al conseguimento di eliminare la clausura per le educandesebbene la loro salute, com’egli assicurava, non ne avesse sofferto e non ne sof-ferisse punto; che bisognava andare però adagio adagio.

Dalle quali parole confortato, colla lettera n. 952 del 13 aprile 1880, pregaimonsignor vescovo di Bitonto di volermi informare sulla possibilità di ottenereche le alunne dei detti educatorii uscissero a passeggio accompagnate dalle lororispettive maestre una o due volte la settimana, e ciò per motivi igienici e perdarmi modo di conseguire dal Consiglio scolastico con minore difficoltà il per-messo ai monisteri di S. Pietro, S. Maria delle Vergini ed al Conservatorio delleMartiri di tenere le scuole con convitto.

Monsignor vescovo a questa lettera, il 16 dello stesso mese di aprile, risposecosì: «Sinceramente dico a V.S. che se i due prenotati monasteri (S. Pietro Nuovoe S. Maria delle Vergini) fossero non clausure pontificie, ma meramente vescovi-li, quale il monistero di S. Francesco di Paola (Conservatorio delle Martiri) niuna

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moralità dei soggetti. La cittadinanza italiana costituiva conditio sine qua non anche per i mem-bri delle corporazioni religiose. Per l’istituzione di un convitto si richiedeva inoltre (art. 154): «1°.La mappa o la descrizione del luogo in cui si vuole instituire il convitto; 2°. Un’attestazionemedica, dalla quale risulti il luogo essere conveniente, a rispetto della salubrità; 3°. Il regola-mento interno del convitto; 4°. Il programma degli studi il quale sarà pubblicato».

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difficoltà da parte mia onde immediatamente fosse adottato questo regolamento.Quello solamente che per me si può in questo caso e che lealmente prometto aV.S. è che spingerò pratiche presso la suprema autorità del Sommo Pontefice,onde ottenere questa speciale prerogativa ai due educandati; e lo farò di personaquando dovrò recarmi in Roma ad sacra limina. Per l’educandato di S. Francescodi Paola (Conservatorio delle Martiri) ripeto, niuna difficoltà da parte mia perchéV.S. determini quel sistema, che nel sapientissimo giudizio suo crede attuarsi». Ilseguito della lunga lettera è destinato a provare che le educande di S. PietroNuovo e di S. Maria delle Martiri se la passano benissimo avendo a disposizionemagnifiche terrazze, ambulacri coperti e giardini.

Monsignor vescovo, non contento appieno di avermi mandato la sopraccen-nata lettera, addì 26 aprile 1880 mi degnò dello speciale onore di una sua visitaper rassicurarmi che era nei suoi intendimenti di adoperarsi con la maggiore effi-cacia per conseguire quanto da me si desiderava, ma che a raggiungere lo scopobisognava assolutamente evitare i clamori cui avrebbe dato motivo un decreto dichiusura degl’istituti.

Ebbi fede nelle assicurazioni del vescovo di Bitonto; mi parve essere il casodi usare prudenza per altri pochi mesi e promisi di proporre all’onor. Consiglioprov. scolastico la concessione del permesso ai rispettivi superiori dei monasteridi tenere ciascuno un istituto privato con convitto annesso per tutto lo scorciodell’anno 1880-81.

Attenni la promessa. Nell’adunanza del 29 aprile 1880, l’onor. Consiglioprov. scolastico, sopra mia proposta, concesse il permesso, come sopra, allasignora Ariani Pasqua, ed alla signora Giuseppa Fione per S. Pietro Nuovo e perS. Maria delle Vergini, ed addì 5 del successivo giugno lo concesse pure al presi-dente della congregazione di carità di Bitonto pel Conservatorio delle Martiri,con la condizione, già scritta nel regolamento interno (per effetto del progliosci-mento [sic] della clausura vescovile) che le alunne dovessero essere condotte apasseggio una o due volte la settimana.

Nel trasmettersi a monsignore i permessi pei primi due monasteri con letteradel 4 maggio 1880 n. 1295 fu novellamente rappresentata la fiducia che si avevache il detto monsignore «adempirebbe la promessa di adoperarsi con la maggio-re efficacia a che alle alunne dei convitti diretti dalle sre Fione ed Ariani fosseconcesso di uscire a passeggiare un paio di volte la settimana».

Di poi l’ufficio scolastico non mancò al dovere di ricordare a monsignoregl’impegni che aveva assunti, e con lettera del 18 luglio 1880 n. 2268 gli scrissenei seguenti termini: «Niuna comunicazione sull’oggetto (proscioglimento delleeducande dalla clausura dei monasteri di S. Pietro Nuovo e S. Maria delleMartiri) mi è stata poi fatta da V.S. Rev.ma; e però sono con la presente a chie-derle qualche schiarimento ed a significarle in pari tempo che ove i voti di V.S.

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Rev.ma e dell’ufficio scolastico non saranno stati o non saranno esauditi, dovrà,per più rispetti, essere preso in seria considerazione il fatto della clausura a cuile educande presso i detti monasteri sono obbligate».

A questa lettera durante tre mesi non fu tornata risposta, e sollecitatala conl’altra nota del 30 ottobre 1880 n. 3779, giunse il 15 novembre per far conoscereche monsignore non aveva mancato, da parte sua, di far tutte quelle pratiche cheaveva credute opportune per l’uscita delle educande dalla clausura, ma almenofino ad allora, senza risultato; e per ripetere i vantaggi delle terrazze, degli ambu-lacri e dei giardini, di cui uno è di m. 50 per 30 ed un altro di m. 64 per 20.

Da informazioni assunte infine si ha che le alunne del Conservatorio delleMartiri, già prosciolte dalla clausura, non furono giammai mandate a passeggiare.

In questo stato di cose, essendo esauriti tutti i mezzi bonarii, per rimetteregli educatorii di Bitonto in una condizione normale, è necessità imprescindibileche si pensi, senz’altro, a prendere una determinazione definitiva e legale. Imonasteri ed il conservatorio di Bitonto sarebbero stati soppressi per effettodella legge 7 luglio 1866 n. 3036 se non avessero assunta la qualità d’istituti dedi-cati alla pubblica istruzione.

Dal fatto che le insegnanti in detti monisteri sono tutte laiche potrebbesiargomentare che forse la qualità di istituti addetti alla pubblica istruzione fuassunta allora allora dopo promulgata la legge. Che che sia però di questo, èsempre da tener fermo che la istruzione impartita pure nei monisteri sia civile enazionale.

Ed è per questo cheVisto che il concesso proscioglimento della clausura nel Conservatorio delle

Martiri restò senza effetto;Visto che le buone intenzioni e le pratiche di monsignore vescovo di Bitonto

per l’uscita delle educande dalla clausura di S. Pietro Nuovo e di S. Maria delleVergini non hanno ottenuto alcun risultato;

Visto l’articolo 156 del regolamento 15 settembre 1860 n. 4336;In omaggio alla civiltà dei tempi ed alle leggi dello Stato, propongo che

siano chiusi gli educatorii femminili tenuti in Bitonto dai monisteri di S. PietroNuovo e di S. Maria delle Vergini e dal Conservatorio delle Martiri.

Il presidente ha proposto che prima di prendere ogni qualunque provvedi-mento per gli educatorii femminili in Bitonto, sia utile procedere ad una ispezio-ne su di essi, per accertare maggiormente la verità dei fatti.

Il r. provveditore agli studi fa osservare all’onor. sig. presidente che dallarelazione fatta risulta evidentemente che gli educatorii in questione sono tenutiin clausura ecclesiastica; che l’ispettore Scander-Begh ha già riferito di non esse-re stato ricevuto in S. Pietro Nuovo, e quindi che non è il caso di ordinare un’al-tra ispezione; che la prudenza adoperata per comporre la vertenza è stata già

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troppa, e che qualunque altra longanimità non potrebbe tornare che a scapitodella efficacia delle leggi fondamentali dello Stato; e conclude scusandosi di nonpotere ritirare la sua proposta.

La proposta del r. provveditore messa a partito è respinta con cinque voti(Petra, Dionisi, Salvati, Albertini e Fraggiacomo) contro due (Abate, e DeGemmis).

La proposta del presidente messa a partito è accettata con cinque voti (Petra,Dionisi, Salvati, Albertini e Fraggiacomo) contro due (Abate e De Gemmis).

Firmati - Il presidente Petra1 - Il segretario PomoPer copia conforme

Il r. provveditoreN[icola] Abate

b. Lettera di Giuseppe Lioy 2 al segretario generale della Pubblica istruzioneSettimio Costantini 3.

Ibid. ms. autografo.Roma, 3 settembre 1881

Onorevole collegaFacendo seguito alle mie precedenti riguardo agli educatori di signorine

tenuti in Bitonto in due monasteri di clausura, mi è grato di poterla informareche quell’ordinario diocesano monsignor Vitagliano mi à assicurato con tele-gramma di aver già accettata la condizione di stabilire i detti educatori in localiannessi ai monasteri, ma distinti e liberi di clausura in modo da renderli accessi-bili alla autorità scolastica, ed anzi mi soggiunge di avere già disposto i lavorioccorrenti. In quanto poi alle passeggiate quotidiane delle alunne nelle pubbli-che vie della città, coerentemente a quanto altra volta le dissi, di non esserequella una consuetudine compatibile con le necessarie riserve, di cui devono

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1 Nicola Petra, duca di Vastogirardi, marchese di Caccavone (Napoli, 28 marzo 1835 - 29agosto 1883), prefetto di Bari dal 15 febbraio 1880 al 7 agosto 1881.

2 Nobile e liberale pugliese, fu sindaco di Bitonto, deputato nella XIV legislatura, membrodel Consiglio e della Deputazione provinciale di Bari.

3 Già professore di liceo e sindaco di Teramo, deputato dalla XIII alla XX legislatura, segre-tario generale del Ministero della pubblica istruzione dal febbraio 1881 all’aprile 1884, membrodella Commissione d’inchiesta sulle Opere pie del Regno, sottosegretario di Stato per la pub-blica istruzione nel secondo ministero Crispi e nel primo e secondo ministero Pelloux.

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circondarsi gli educatori femminili, tanto che neanche gli educatori governativil’adottano, ora le compiego un reclamo di molti padri di quelle alunne, che pro-testano di ritirare le figlie piuttosto che assoggettarle a quella prescrizione.

Ciò posto mi auguro che il Ministero vorrà trovarsi indotto a rimuovere l’or-dine di chiusura, e ad accordare l’autorizzazione a quelli educatori almeno perun biennio fino a quando si saranno potuti completare i lavori per la separazio-ne dei locali, di che le protesto anticipatamente i sensi di particolare riconoscen-za, dichiarandomene tenutissimo.

E coi soliti sensi di particolare considerazione ed amicizia mi pregio confermarmi

Obbl.oGiuseppe Lioy

c. Esposto 1 di alcuni padri di famiglia al vescovo di Ruvo e Bitonto, FrancescoVitagliano.

Ibid., ms. con firme autografe.

Bitonto, 30 aprile 1880

Eccellenza,I sottoscritti padri di famiglia, avendo le loro figlie nell’Educatorio di S. Pietro

Nuovo di Bitonto, assicurano unanimemente di essere contentissimi così dell’i-struzione ed educazione che quivi si dà alle alunne, come ancora del sistema divita il quale esse hanno. Laonde rifiutano, come cosa del tutto contraria ad ogniloro buon sentimento, il nuov’ordine che si pretende far eseguire, di voler cioèmandare a passeggio le fanciulle due volte la settimana, col pretesto di giovarealla salute delle medesime, dappoiché i suddetti padri accertano che esse tutte, laDio mercé, godono floridissima salute tanto per il moto continuo quanto per l’a-ria libera che si respira in detto educatorio.

Se poi si vuole assolutamente l’esecuzione di tale ordine, allora ciascunpadre sarà costretto a ricondurre a casa la propria figliuola.

In attestato di quanto si è detto, tutti, baciandole ossequiosamente le mani,mettono il loro nome.

[seguono 22 firme]

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1 Allegato alla lettera di Giuseppe Lioy.

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d. Relazione dell’ispettrice governativa Marietta Guerrini sull’educatorio di S. PietroNuovo di Bitonto.

Ibid., ms. autografo.

Napoli, 25 novembre 1881

Eccellenza,Due conventi di Benedettine, le une riformate Olivetane, le altre Cassinesi,

esistono da circa quattro secoli in Bitonto e quelle monache, oltre dedicarsi allavita contemplativa, si occuparono anche dell’educazione delle giovanette adesse affidate seguendo però l’indole dei tempi; sicché, per il passato, varie diesse abbracciarono poi la vita monastica, il che non impediva che le altre tornas-sero nelle loro famiglie, e sono varie le signore di Bitonto e dei vicini comuniche furono educate in questi monasteri.

La legge di soppressione colpì naturalmente anche questi conventi; i lorobeni furono incamerati, restando alle monache il locale e la pensione governati-va. Le monache però seguitano a tener l’educatorio e i genitori, secondo l’anticaconsuetudine, affidano ancora ad esse le loro figliuole, le quali sono, per la mag-gior parte, nipoti o cugine delle monache medesime.

Questi due istituti vanno messi adunque nella categoria degli istituti privati e,come tali, non hanno l’obbligo di mandare alla prefettura i loro bilanci preventivie consuntivi, né di avere una commissione amministrativa, come l’hanno leOpere pie e gli istituti riconosciuti dal governo come corpi morali e che possiedo-no un fondo proprio; e la loro pensione e la retta delle educande e l’andamentoeconomico possono amministrare da sé, o affidare ogni cosa a chi vogliono.

L’autorità scolastica ha diritto di sorvegliare l’educazione e l’istruzione che sidà alle giovanette, se sono convenientemente alloggiate, se il vitto è sano e suffi-ciente e, per assicurarsi di questo, può rivolgersi direttamente alla direttrice del-l’istituto, senza nessun obbligo di ricorrere al vescovo, perché è il superiore spi-rituale delle monache.

Queste un po’ alla volta, e piuttosto lentamente, si assoggettarono alle leggirelative all’istruzione, presero le maestre patentate, scelsero i libri di testo fraquelli approvati dal Consiglio provinciale scolastico o adottarono i programmigovernativi. Ma innovazioni riguardo alla clausura non ne hanno voluto fare e leeducande non devono uscir a passeggio come si usa in altri istituti; le difficoltàche adducono sarebbero le seguenti: prima di tutto, per uscire le ragazze

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dovrebbero proprio passare per le vie più strette e più affollate della città, dovela bassa gente e gli sfaccendati non mancherebbero di fare osservazioni pococonvenienti su quello stuolo di giovanette e questa cosa, che spaventa le mona-che, non piacerebbe nemmeno ai parenti. È vero che tutto il male si limiterebbeai primi giorni, ma il primo passo è sempre quello che sgomenta di più. Laseconda difficoltà poi sarebbe quella di non sapere a chi affidare le ragazze perl’uscita. La direttrice, che è una monaca, è quella che ne ha tutta la responsabilitàverso i parenti, ed essa non le vuol accompagnare perché si ritiene obbligata allaclausura; né le vuol affidare interamente alle maestre secolari, perché troppogiovani e perciò non abbastanza autorevoli da imporsi agli impertinenti, che nonpossono mancare in un paese dove l’educazione non è ancora molto diffusa.

L’unica cosa adunque che le monache accordino è di lasciar andare qualchevolta le educande coi loro genitori, quando questi lo desiderano, per una o duegiornate, od anche per un tempo maggiore, massime se si tratta della salute del-l’educanda.

Il fatto più grave, cagionato dalla clausura, è il non aver mai permesso adalcuno, provveditore od ispettore che fosse, di entrare nel monastero a vederecom’erano tenute le educande.

Si sarebbe desiderato almeno che, diviso in due parti il monastero, le mona-che ne destinassero una esclusivamente per l’educatorio, dove potessero entrare isuperiori scolastici tutte le volte che lo credessero necessario; ma anche questonon si è fatto che a metà. In ciascuno dei due istituti si è fatta accomodare, ad usoscuola, una stanza un po’ appartata e in quella riceveranno il provveditore e gliispettori quando vorranno esaminare le educande; tutto il resto è come prima.

Certo le ragazze hanno dei dormitori e delle scuole per lo studio ed il lavorodivisi dalle celle delle monache, ed usano anche certe scale che non sono quelleusate ordinariamente dalle monache, ma hanno con queste comune il refettorio,mangiano alla stessa ora, passano pei corridoi dove sono le celle, quando vannosulle terrazze per la ricreazione. L’essere dunque rimasti in perfetta comunicazio-ne tra loro i locali destinati alle monache con quelli delle educande, fa sì che leprime non son persuase di escludere i locali delle seconde dalla clausura.

Per queste ed altre ragioni so che si minacciò di chiudere questi istituti. Io nonmi permetto di giudicare; riferisco e mi prendo la libertà di fare alcune osservazioni.

C’è una legge che imponga agli educatori di far uscire le ragazze a passeggiotutte insieme, una o due volte la settimana e che proibisca alle monache che osser-vano la clausura di tenere ragazze in educazione? Se c’è è giusto che si faccia ese-guire e non questi due soli di Bitonto, ma molti altri istituti andrebbero chiusi.

Certo io non metterei una mia figlia in un luogo di clausura e sono persuasa che,per quanto grande e spazioso esso sia, è più sano e giova meglio far delle passeggia-te all’aria aperta, che correre e saltare, finché si vuole, in un convento; ma senza una

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legge, non si possono imporre obblighi più ad uno che ad un altro istituto.E, poiché sono sulle generali, vediamo un po’ se converrebbe chiudere que-

sti istituti e quali ne sarebbero le conseguenze.Chiusi questi due educatori, tenuti dalle monache, ci sarebbe un po’ di mal-

contento nei parenti che vi hanno le bambine e poi, siccome essi vogliono educar-le e colla maggior economia possibile, si aprirebbe in Bitonto, o in alcuno dei vici-ni comuni, un altro educatorio, pure di monache, che sarebbero o le figlie dellaCarità od altre suore di novella istituzione. Quando dovesse essere così, monacheper monache, preferirei le vecchie alle nuove; almeno le prime sono destinate afinire sicuramente; per l’istruzione sono obbligate a prendere delle maestre secola-ri e, pur di vivere in pace, si mostrano meno avverse al nuovo ordine di cose.Quelle di nuova istituzione, generalmente parlando, s’adattano, è vero, alle nuoveesigenze sociali, fanno vita più laboriosa ed utile, ma si impongono di più e sonopiù tenaci delle loro idee, che diffondono anche coll’istruzione.

Mi si apporrà che non è necessario chiamare altre monache per l’educazionedelle giovanette, chiudendosi quei due monasteri, ma che si potrebbe inveceaprire un educatorio secolare; e qui sta il difficile.

Prima di tutto un’istituzione nuova è veduta con quella certa diffidenza cheognuno ha dell’ignoto e nessuno, o ben pochi son quelli che hanno il coraggiodi farne la prova; bisogna che abbia dato buoni risultati perché prenda credito;ora i genitori s’affidano più delle monache o degli istituti che già conoscono chedei nuovi. In secondo luogo le monache di solito hanno di proprio il locale,hanno per vivere la loro pensione o la loro dote; molte volte sono esse medesi-me che fanno da maestre; in ogni caso alla disciplina, all’andamento economicoci pensano da sé, e quando hanno preso, tutt’al più, una o due maestre secolari,hanno finito; sicché la retta che esse fanno pagare è sempre inferiore a quellache si paga in un istituto dove, colla sola retta, si deve mantenere il locale, dareil vitto e lo stipendio alla direttrice e alle maestre e provvedere per le persone diservizio. Ora i parenti, che molte volte non badano a spese per l’educazione deimaschi, cercano di spendere il meno possibile per quella delle femmine.

In terzo luogo poi, e questo è veramente doloroso a dirsi, le direttrici e lemaestre secolari, delle quali ce ne sono tante di brave, buone, modeste operose,non sono sempre scelte bene per gli istituti in discorso e con ciò si è danneggia-to assai alla loro riputazione.

Per riescire a mettere un buon istituto di questi dovrebbero i comuni diBitonto, Modugno, Ruvo, Terlizzi, Palo e gli altri vicini, stabilire una somma dapagare annualmente per una serie d’anni, otto o dieci almeno. Fissare poscia lalocalità e fabbricarvi un bel locale o adattare per il nuovo istituto qualche vec-chio convento, se ci fosse, ma di buon impianto.

Fatto questo, prendere una brava direttrice, una donna seria, istruita, colta,

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educatissima; una donna che non abbia pregiudizi, ma che, senza farsene schia-va, s’adatti all’indole, agli usi del paese; che non abbia superstizioni, ma che nonsi vanti libera pensatrice e colla direttrice si prendano poi anche le maestre dellostesso carattere. Poi i sindaci, i consiglieri comunali, i signori, che hanno interes-se a secolarizzare l’istruzione, mettano in questo istituto le loro figlie e la retta siapiuttosto minore che maggiore a quella messa dalle monache. Dopo quattro ocinque anni, quando le prime ragazze usciranno dall’istituto meglio educate, piùistruite, più brave donnine di casa, disinvolte, ma non saccenti, modeste, buone,allora l’istituto prenderà credito, farà concorrenza a quelli delle monache, che ciperderanno al confronto e si chiuderanno da sé.

Ecco, secondo me, il vero modo di togliere alle monache l’educazione dellegiovanette e invece, mentre a stento vivono gli istituti secolari che, se buonidovrebbero essere largamente sussidiati dal governo, dalle provincie, dai comu-ni, sorgono da ogni parte istituti di monache, i quali, alcuni per bontà, tutti per lamodicità delle rette, fanno concorrenza ai secolari.

Ed ora ritorniamo a San Pietro Nuovo dove ci sono in tutto 65 persone, cioè: 24 suore professe delle quali due non godono pensione per essersi fattemonache da che la legge le ha soppresse;14 converse; di queste una sola è veramente monaca, le altre sono oblate;2 maestre secolari;25 signorine educande da 5 a 17 anni.Le monache di S. Pietro sono signore educate e dignitose; hanno belle

maniere e un fare dolcemente autorevole, che ispira insieme fiducia e rispetto.Una delle suore, la signora Rogadeo, che è la vicaria della badessa, è direttrice

dell’educatorio e la scelta è buona; essa dirige poi specialmente la scuola di lavoroaiutata da una delle due maestre secolari interne che è la vera maestra di cucito.

Un’altra monaca, una delle due che non hanno la pensione, ha la patente digrado inferiore ed è maestra nelle classi prima e seconda.

L’altra maestra secolare insegna nelle classi terza e quarta. Fece gli esami aNapoli, nel 1878, per avere la patente di grado superiore e li passò bene, ripor-tando il certificato di abilitazione all’insegnamento superiore; ma, forse per lepiccole divergenze che ci sono tra questi istituti e l’autorità scolastica, non hapotuto ancora far le pratiche per avere il suo diploma.

Le maestre di studio e di lavoro sorvegliano le educande in ricreazione enelle altre occupazioni della giornata. Per il loro piccolo corredo, siccome quasitutte sono parenti di qualche monaca, così è la monaca zia che ci pensa.

Due bambine, una, poverina, disgraziata, di cinque anni ed un’altra dellamedesima età, stanno ancora a dormire ciascuna colla rispettiva zia, ma ho rac-comandato che sieno presto messe in dormitorio colle altre; per quanto sienobene affidate, mi piace di più che le educande stieno tutte insieme.

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[...] L’insegnamento che si dà a queste educande è l’elementare; quelle chelo desiderano possono ancora prendere lezione di lingua francese e di musica,purché paghino una piccola cosa più delle altre.

Le alunne sono così divise nelle classi:classe IV alunne 5 da 13 a 17 anniclasse III alunne 1 14 anniclasse II alunne 7 da 10 a 14 anniclasse I super. alunne 2 9 anniclasse I infer. alunne 6 da 5 a 11 anni

Le altre quattro alunne, tutte piccole ed entrate da pochi giorni, non eranoancora classificate.

Un po’ perché in passato non hanno avuto brave maestre; un po’ perché leragazzine entrano a 10 e 12 anni senza saper nulla di nulla, il fatto è ch’io le trovaigeneralmente un po’ indietro. Le alunne di quarta ripetono quasi tutte questa classe ei loro scritti erano proprio meschini e alcuni molto scorretti; di aritmetica, quel pocoche sanno, non ne sono bene sicure; aveano studiato un poco più la storia e la geo-grafia. Notai però in tutte un po’ ravvivato il desiderio d’imparare e pare ci si mettanoquest’anno di buona voglia, sicché è sperabile che alla fine dieno migliori risultati.

[...] Per le maestre educate nei conservatori, e che insegnano poi in questiistituti di monache o di oblate, è necessario più che mai l’assistere, almeno ognidue anni, alle conferenze autunnali che si fanno per gli insegnanti in alcune cittàdel Regno; bisognerebbe proprio che ci fossero obbligate.

Ho raccomandato che si faccia fare alle educande un po’ di ginnastica e sic-come la maestra non l’ha imparata ancora, così mi hanno promesso che, colmezzo delle maestre municipali, avrebbero procurato di farla insegnare e allamaestra e alle ragazze.

La lingua francese è stata pure trascurata nell’anno passato, e sì che alcunedelle ragazze più grandi leggono benino e sanno già un po’ di grammatica; èpeccato che non continuino a studiare questa lingua.

Non c’è nemmeno la maestra interna per la musica, come c’era negli anni pas-sati. Nell’ultimo anno se n’è occupata una monaca che suona e canta bene e le piùgrandi hanno un maestro esterno al quale pagano a parte le lezioni che ricevono,e continuano a pagare, come le altre, le 25 lire che servono per la manutenzionedei pianoforti; per le piccine in quelle 25 lire c’entrano anche le lezioni della mae-stra interna quando c’è. Anche per imparare il francese pagano £ 25 all’anno.

L’orario è ben disposto. Al mattino, dalle 9 alle 12, le maestre di studio fannolezione alla II e alla IV classe e nelle ore pomeridiane alla I e alla III; nel tempoche due classi studiano, le altre due lavorano.

Il lavoro lo si insegna piuttosto bene; non c’è un programma stabilito, ma

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alla fine le ragazze escono di collegio che sanno lavorare benino. Del cucito sene occupa la maestra secolare; del ricamo in bianco la direttrice, e per altri lavo-retti se ne cura qualche altra monaca.

Il trattamento è buono e sufficiente; a colazione e a merenda le educande hannopane e frutta; a desinare minestra e due piatti, pane, vino e frutta; a cena un piattocaldo e frutta, od altro; hanno carne quattro volte la settimana e il pane non si misura.

Le alunne pagano £ 80 di prima entrata, £ 312 di retta annua, più £ 25 pureall’anno se vogliono imparare la musica ed altrettante per il francese.

Per le migliorie da farsi al locale e perché sia tenuto con più ordine e pulizia;perché l’istruzione progredisca meglio e le ragazze e le maestre abbiano buonilibri di lettura; perché sia provveduto all’insegnamento della ginnastica, della lin-gua francese e si migliori quello della musica; perché si dia un indirizzo piùregolare e più moderno al lavoro; perché vi sieno nelle scuole i ritratti dei sovra-ni ho fatto le mie osservazioni alla direttrice, alle maestre, alla badessa, che lesentirono benevolmente e con deferenza.

Io fui accolta da queste signore con molta gentilezza; visitai tutto il localedelle educande e buona parte di quello delle monache, che è la parte di costru-zione più regolare.

Il vescovo, che è superiore spirituale delle monache, al quale preme che l’edu-cazione delle giovanette resti nelle loro mani e che è uomo che sa il fatto suo, hacapito che, fuori della legge e senza migliorare l’istruzione, questi istituti non pote-ranno tirar innanzi; si è posto perciò da sé a capo dell’andamento educativo e vor-rebbe che la sua supremazia fosse riconosciuta, per così dire, anche dall’autoritàscolastica; questo non poteva essere e da ciò sorsero forse le quistioni tra l’autoritàsuddetta ed il prelato. Credo poi, anzi so di certo, che questa ingerenza vescovilenegli educatori non piace nemmeno a una parte della popolazione di Bitonto.

Forse, se si potesse, colle buone, indurre le monache e i loro superiori alasciare che due o tre signore della città, le quali dovrebbero essere nominatedal Consiglio scolastico, d’accordo col Consiglio municipale, ispettrici onorariedegli educatori, potessero entrare liberamente in questi conventi, visitarne ilocali, assistere alle lezioni, trattenersi colle educande, sarebbe una cosa buona evantaggiosa; io però di questo, e semplicemente perché non ci pensai, non tenniparola ad alcuno mentre era a Bitonto.

Il vescovo, appena seppe ch’io era a far l’ispezione al convento di S. Pietro,venne colà e, mostrandosi molto cortese e deferente, mi disse che avrebbe con-siderato come un favore se io avessi manifestato francamente le mie osservazio-ni sui due istituti di S. Pietro e delle Vergini e mi invitò ad andare da lui, indican-domene il giorno e l’ora. Non mi credetti in diritto di essere scortese; vi andai egli lasciai una memoria delle cose già osservate alle monache, che sono poiquelle notate in questa mia relazione e che indicherò nell’altra sull’Istituto delle

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Fonti per la storia della scuola

Vergini. Il vescovo non trovò nulla a ridire e mi assicurò che sarebbe stata suacura di far mettere in pratica quanto io avea suggerito.

Se la brama di non lasciarsi sfuggir di mano l’educazione delle giovanettepuò indurre queste persone a migliorarla, sarà sempre un vantaggio. Perché nonfanno altrettanto quelli del partito opposto?

È tutta una quistione di denari, perché non si tratta d’altro che di aprire un isti-tuto a loro spese e mantenerlo per una serie d’anni fino a che abbia acquistato cre-dito più degli altri. La spesa non deve essere troppo grave, se vi concorrono i varicomuni vicini e i ricchi proprietari. È così produttiva la terra di questi luoghi che sipuò chiederle anche il miracolo di produrre un buon educandato per le fanciulle.

Aprano dunque un buon istituto, come io diceva sul principio di questa miarelazione; sia bello e gaio il locale; più che negli altri buona l’istruzione, piùbrave le maestre e molto educate. Lotteranno così dalle due parti, non già collearmi vili della denigrazione e del dispetto, ma con armi nobili e generose, e daquesta lotta, nella quale ciascuno procurerà di far meglio e di progredire sempreper vincere l’avversario, ne trarrà vantaggio l’educazione delle fanciulle, che èpoi il vero e solo scopo a cui tutti dobbiamo tendere.

E con ciò pongo fine a questa lunga relazione; l’argomento ha per me tantointeresse che mi porta sempre a scriverne lungamente e di ciò chiedo veniaall’Eccellenza Vostra, alla quale raccomando di cuore gli istituti femminili tuttiquanti, affinché i veramente buoni sieno incoraggiati ed aiutati a continuaresulla buona via.

Ho l’onore di dichiararmiDell’Eccellenza Vostra

DevotissimaMarietta Guerrini

e. Appunto a firma di Federico Ferraris, segretario nella Divisione per l’istruzio-ne primaria e popolare, sul parere espresso dall’ispettrice governativa MariettaGuerrini.

Ibid., ms. con firma autografa.

[dicembre 1881]

La relazione della signora Guerrini conferma che le giovinette degli educato-ri annessi ai tre monasteri di Bitonto subiscono al pari delle monache la clausuraecclesiastica.

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La sig.ra Guerrini si dimostra inclinata piuttosto in favore delle monache.Enumera le ragioni che consiglierebbero a non insistere circa l’imposta separazio-ne delle scuole dai rispettivi monasteri1, e circa l’uscita a passeggio delle alunne.

Dice che i monasteri hanno locali dove le giovanette possono fare moto edivertirsi; che le maestre hanno patente; che l’uscita delle alunne sarebbe quasiimpossibile, per la difficoltà di trovare maestre secolari che le accompagnino; chele monache sarebbero disposte a concedere l’esame delle alunne in una sala delmonastero posta fuori della clausura, dove si condurrebbero al momento dell’esa-me, purché le scuole rimangano dentro clausura; che non vi ha legge che impon-ga l’uscita a passeggio delle alunne, e che trattandosi d’istituti privati sui quali ilgoverno non ha per legge che la sorveglianza per ciò che riguarda l’igiene, l’ordi-ne pubblico e le istituzioni dello Stato, si può ben usare qualche larghezza.

Si tratta di tre monasteri colpiti dalla legge di soppressione i quali, tutto cheprivi di personalità morale, tengono a bada consiglio scolastico e ministero daoltre due anni.

Quest’ultimo con nota del 30 settembre 1881 concesse a quelle monache trealtri mesi di tempo a porsi in regola colla legge e specialmente col regolamentodel 15 settembre 1860 sull’istruz.e elem.re. Ma esse non sono contente, voglionoessere fuori della legge, osservare le regole d’igiene a modo loro, e impedireall’autorità di vedere le loro scuole. Se questo fosse loro concesso, quanti similimonasteri si erigerebbero contro al “Governo reprobo” di Italia?

Il ministero ha sempre considerato nelle persone professanti voti monasticila sola qualità d’insegnamento facendo astrazione da ogni altra. Adottando ilparere della sig.ra Guerrini si inizierebbe un altro sistema, che non mancherebbedi recare seri inconvenienti2.

F[ederico] Ferraris

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1 Diverso e più articolato appare, in effetti, il parere espresso dall’ispettrice. Anche nellasua relazione del 27 novembre 1881 sull’Educatorio di S. Maria delle Vergini di Bitonto, conser-vata nello stesso fascicolo, Marietta Guerrini osservava ad esempio: «Nell’insieme questi istitutisono discreti, ma non sono certo un ideale di educatori, né lo diventeranno mai; prima perchécerte abitudini si possono migliorare un poco, ma non distruggere se non cambiando intera-mente le persone; in secondo luogo perché i locali, per adattarli bene ad uso educatorio,dovrebbero essere quasi interamente distrutti e rifabbricati, e quando si dovesse far questo,bisognerebbe toglierli di mezzo a quelle straducole dove si trovano e metterli al largo». Taliconstatazioni confermavano l’ispettrice nella convinzione che la strada da battere per le forzelaiche fosse piuttosto quella di fondare, modellare e sostenere un nuovo e buon istituto a van-taggio dell’educazione femminile.

2 In margine si legge una nota del segretario generale Settimio Costantini, datata 22 dicem-bre 1881, con la quale si dispone: «Scrivere all’on. Lioy non che al prefetto sui risultati dellapresente ispezione mantenendo ferma la separazione del locale scolastico e concedendo tuttoil resto». Avuta notizia della delibera di chiusura dei tre istituti disposta nell’agosto dal

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Fonti per la storia della scuola

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Lettera al ministro del prefetto presidente del Consiglio provinciale scolastico diBergamo sull’educatorio delle Salesiane di Alzano Maggiore 1.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 230, fasc. «1885. 27.Bergamo. 2», ms. con firma autografa.

Bergamo, 24 aprile 1885

La direttrice del collegio femminile tenuto dalle suore Salesiane in AlzanoMaggiore, alla quale, di seguito al dispaccio controdistinto, è stato fatto vivointeressamento nello scopo che nell’istituto suddetto, alla ginnastica interna, siaccompagnassero frequenti passeggiate in campagna, come quelle che procu-rando alle giovani alunne ricreazione e svago, risponderebbero anche ad unanecessaria esigenza igienica, ha or ora dato risposta nel seguente tenore.

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Consiglio provinciale scolastico, il vescovo si era infatti impegnato, in una lettera del 12 set-tembre 1881 trasmessa alle autorità scolastiche tramite il deputato Giuseppe Lioy, a far esegui-re i lavori per approntare negli istituti locali indipendenti dalla clausura. Da una richiesta diistruzioni datata maggio 1882 e indirizzata, su sollecitazione del prefetto di Bari, dallaDivisione per l’istruzione primaria e popolare al ministro, si apprende che a quella data l’edu-catorio di S. Pietro Nuovo e l’Opera pia detta “Le Martiri” avevano almeno in parte provvedutoa separare le scuole (ma non il convitto) dalla parte dei locali sottoposta a clausura, mentre a“S. Maria delle Vergini” non si era preso altro provvedimento che quello di destinare una stan-za alle ispezioni dell’autorità scolastica. Una traccia della resistenza delle suore alla tentatachiusura dell’educandato è rimasta in una breve ricostruzione della vicenda del monastero diS. Maria delle Vergini promossa dall’istituto stesso; cfr. S. MILILLO, Il Monastero di S. Maria delleVergini di Bitonto, [Bitonto], Edizioni del Monastero, 1980, p. 161.

1 Il documento mostra ancora una volta le difficoltà delle monache di clausura a conciliarela vita monastica con le esigenze dell’educandato. Per le Salesiane o Visitandine, ad esempio,aprire lo spazio del parlatorio ai genitori perché potessero non solo parlare, ma anche scam-biare segni d’affetto con le figlie durante le visite rappresentò una deroga alle regole – impen-sabile almeno fino alla metà dell’Ottocento – che, come altre forme parziali di adeguamento,nell’ottica delle autorità ecclesiastiche era destinata a permettere loro di continuare ad esercita-re l’opera di apostolato tenendo educandati. Tuttavia, in seguito, poiché la clausura impostaalle educande diveniva sempre più desueta e meno accetta alle famiglie, i monasteri dellaVisitazione dovettero chiudere, prima o dopo, l’educandato, come fece anche il Monastero diAlzano Maggiore nel 1905; cfr. G. ROCCA, Conservatorio ed educandato... cit., p. 82.

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«Noi abbiamo sempre lasciata piena libertà alle nostre alunne educande diuscire in caso di malattia anche leggera delle stesse, o grave dei loro genitori,come pure per altri motivi giusti si è permessa molte volte l’uscita delle giovani.

Dippiù le nostre allieve, oltre lo stare da sole, quanto vogliono, coi loroparenti, nei parlatori, possono anche abbracciare e baciare i genitori quando lodesiderano, avendo a questo scopo un luogo apposito nel monastero il qualenon serve che per le sole educande.

Ora per condiscendere al desiderio del r. ministero faremo di più accordan-do cioè alle educande che saranno richieste dai loro parenti di rientrare ognianno nelle rispettive famiglie per passarvi alcuni giorni di vacanza.

In vista quindi di tali facilitazioni, ed avuto riguardo all’ampiezza della nostravigna che ha l’estensione di metri quadrati 39 mila di area, chiediamo in graziadi essere dispensate dal far uscire le convittrici per le passeggiate esterne, facen-done esse, qualora il tempo lo permetta, due o tre quotidianamente nella nomi-nata vigna la quale serve certo più per le signorine che per noi religiose.

Colla speranza che la S.V. Ill.ma voglia interessarsi perché ci venga accorda-to dal r. ministero quanto chiediamo (e che ci pare non sia per ledere nessundiritto sociale, né per nuocere all’igiene, la quale ci sta molto a cuore) noi tutte emassime la sottoscritta ne anticipiamo mille grazie».

Ciò mi reco a debito di riferire a codesto superiore dicastero in risposta aldispaccio controdistinto per quelle ulteriori istruzioni o suggerimenti che alriguardo intendesse d’impartire.

Per il prefetto presidente[Emilio] Lavaggi1

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Relazione dell’ispettrice governativa Ernesta Sali Maturi 2 sull’educatorio delmonastero di S. Caterina da Siena a Montefusco (Avellino).

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1 Consigliere delegato della Prefettura.2 Ernesta Sali, nata nel 1838 ad Alessandria, divenne maestra elementare nella città natale

pochi anni prima dell’Unità e, alla metà degli anni Sessanta, ebbe la guida di una scuola nor-male a Bologna. A partire dall’inizio degli anni Settanta fu direttrice del convitto normale fem-minile provinciale di Trapani ed insegnò presso la scuola normale della città. Iniziò nel 1875,in Sicilia, una prima esperienza di ispettrice governativa, ma poco dopo sposò Sebastiano

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Fonti per la storia della scuola

ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione primaria e popolare, Istituti femminili, Ispezionie relazioni, 1884-1902, b. 6, fasc. 12, s.fasc. 6, ms. autografo.

Montefusco, 3 dicembre 1892

Eccellenza,Qui in Montefusco esiste un monastero di soppresse Domenicane (monache

di clausura), le quali, nell’interno di esso, tengono un accreditato educatorio, perconto proprio.

In questo educatorio parecchie famiglie nobili ed agiate dei paesi viciniamano di mettere le proprie figliuole (ci sono p.e. due nipotine dell’onorevoleDi Marzo)1, ad onta del grave sacrificio di non aver più, per anni ed anni, il pia-cere di passare una giornata insieme, e nemmeno quello di parlar con loro libe-ramente, giacché, quando i genitori vanno a visitarle, non possono parlar conloro che a traverso di due grate, e sempre alla presenza di una monaca, che nonsi allontana mai dal fianco della fanciulla2.

Solo, per somma grazia, giunto il momento di accomiatarsi, la gran portaclaustrale si apre; ed allora la figlia al di là della clausura ed i genitori al di qua, siscambiano un bacio, quella, poverina, con una certa paurosa titubanza, e questicon un’avidità insoddisfatta, ma con quella forza in pari tempo, con cui si copreil sacrificio volontariamente accettato.

Le monache stesse, per farmi capire quanta cura sappiano mettere nell’ispira-re alle fanciulle sentimenti figliali, mi dicevano che al ritorno dalla grata non man-cano mai di rimproverare le fanciulle pel malvezzo che hanno tutte quante dirispondere solo qualche tronca parola alle amorevoli interrogazioni dei genitori.

Ma che colpa ne hanno le poverine se, bisognose di appoggiarsi a quanto lecirconda, prendono le monache e le compagne per la propria famiglia, e nonvedono più nei genitori che degli estranei?

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Maturi, allora professore di filosofia a Chieti – che nel 1876 venne trasferito ad Avellino e inseguito a Napoli – e diede le dimissioni. Tornò a ricoprire l’ufficio di ispettrice governativacirca un decennio più tardi occupandosi degli istituti di Napoli e delle vicine province (Caserta,Salerno, Avellino, Benevento, L’Aquila). Al ministero, la si riteneva una collaboratrice dotata diserietà e autorevolezza. Le sue relazioni la mostrano preoccupata dalla gravità delle situazionispesso riscontrate negli istituti femminili di educazione e di istruzione che rientravano nellasua giurisdizione territoriale, e animata da un fermo laicismo. Cfr. ACS, MPI, Personale 1860-1880, b. 1882, fasc. «Sali Maturi Ernesta».

1 Donato Di Marzo (1840-1911), deputato eletto per il collegio di Avellino dalla XVI allaXVIII legislatura. Nel 1896 fu nominato senatore.

2 Una nota non firmata segnata in margine al testo dava disposizioni perché si scrivesse siaal prefetto, «per il parlatorio e per le vacanze», sia al deputato Di Marzo, invitandolo ad adope-rarsi perché le monache non mortificassero «il sentimento della famiglia nelle educande».

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Sezione VII - Ispezioni ministeriali, istituti di clausura e tradizioni familiari

Da una parte le care fanciulle non ricordano più come la pensano i genitori equesti dall’altra non possono indovinare quali nuove idee sieno germogliate inquelle menti tenerelle, dove tutto ciò che le circonda lascia un’impronta indelebile.

Come madre e come ispettrice, valutando l’immenso sacrificio di non poterneppure parlare liberamente colla propria figliola, e il danno che ne deriva, con-sigliai queste claustrali a voler almeno disporre una stanza fuori della clausuraper il parlatorio delle educande.

Se però mi daranno retta son quasi per temere che questo non abbia ad essereun movente più efficace per far mettere qui le proprie figlie a tanti che, attiratidalla modicità della retta, pur tuttavia rifuggono da queste ingratissime grate.

Dello spirito che informa l’educazione che qui s’impartisce non parlo, per-ché, trattandosi di un monastero di clausura, questo spirito non può essere chepuramente monastico.

Le monache però non sono ingenue, e non si lasciano cogliere in fallo.Hanno buone maestre laiche, munite della patente superiore, per l’istruzionedelle fanciulle, a cui fanno seguire nelle scuole i programmi governativi.

Il canto corale e la ginnastica neppure sono trascurati; i libri di testo sonoquelli stessi che si usano nelle scuole comunali e, per la visita dell’ispettore odell’ispettrice, tengono sempre in serbo qualche poesia patriottica.

La retta che le fanciulle pagano è di sole lire venticinque al mese.Per venticinque lire danno alle fanciulle un cibo sano ed abbondante; le

istruiscono nella lingua italiana e francese; nell’aritmetica, nella storia e nellageografia, insegnano loro ogni sorta di lavori femminili, e le sorvegliano conti-nuamente.

In verità non si può pretendere di più, e, se non fosse per quel benedettospirito monastico, non ci sarebbe proprio su che ridire.

La priora del monastero è suor Maria Alfonsina Lettieri. Le monache sop-presse, riconosciute e pensionate dal governo, sono undici: sette coriste e quat-tro converse. Ce ne sono poi altre quattro, che vestirono l’abito dopo la soppres-sione, e si mantengono colla rendita della propria dote.

La direttrice dell’educandato è appunto una di queste, munita della patentedi grado inferiore, e si chiama suor Maria Giuseppa Galli.

Le maestre delle educande sono per la prima e la seconda classe la sig.naCarmela Maggio; per la terza, la quarta e la quinta la sig.na Isastia Matilde, muni-te entrambe della patente di grado superiore.

C’è poi la stessa signorina Isastia pel francese; la sig.na Spada Concettina perla musica, suor Maria Grazia Susanna, munita di patente inferiore, per l’insegna-mento dei lavori femminili.

Suor Elisabetta Scherillo e suor Erminia Cassitto, ambedue munite di patenteinferiore, disimpegnano l’ufficio di prefette.

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Fonti per la storia della scuola

Le educande sono diciassette di cui 2 in prima; 6 in seconda; 4 in terza; 3 inquarta e 2 in quinta.

Occupano un locale ben esposto, ampio ed in uno stato di manutenzioneperfetta, ed hanno un bel giardino per divertirsi nelle belle giornate, e una gransala per ricrearsi nei giorni rigidi o piovosi.

Nelle varie classi il profitto è soddisfacente.È vero che ci sono in quinta delle fanciulle che dimorano nel monastero da

circa dieci anni, sicché hanno tutto il tempo di ripetere e di approfondir bene lematerie che studiano.

I lavori che fanno di cucito, di ricamo e di maglia sono abbastanza precisi,sicché anche per questa parte non c’è che ridire.

A Montefusco tutte le donne fanno merletti al tombolo, e anche in monaste-ro le fanciulle ne lavorano dei bellini.

Come educatorio tenuto da monache di clausura non si può sperare dimeglio. Sarebbe bene però, giacché pare che non si possa impedire a questemonache di tenere degli educatorii privati, sarebbe meglio dico che si obbligas-sero almeno a concedere il parlatorio libero e qualche mese di vacanza ognianno.

Mi creda con profonda osservanza,l’Ecc. Vostra

DevotissimaErnesta Sali Maturi

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SEZIONE VIII

LA VIGILANZA SU OPERE PIE, SCUOLEE ISTITUTI DI BENEFICENZA PRIVATI

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Relazione dell’ispettrice governativa Paolina Lomazzi 1 sulle scuole gratuitedelle Figlie della Carità Canossiane 2 a Milano.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 73, fasc. «Tit. 16. Milano(città). 43», s.fasc. «Comune di Milano. Scuole delle Figlie della Carità Canossiane»,ms. autografo.

Milano, 1 luglio 1876

Eccellenza,Oltre alla scuola in via alla Chiusa, di cui feci cenno nella mia relazione n.

25, le Figlie della Carità Canossiane hanno altre quattro scuole gratuite inMilano.

In queste scuole si accolgono o bambine respinte per gracilità o per altromotivo dalle scuole comunali, o indigenti i cui genitori non hanno i mezzi diprovveder loro i libri e gli oggetti necessari di cancelleria, oppure fanciulle che,per qualche sciagura domestica, hanno d’uopo di guadagnarsi, per tempo, ilpane col lavoro di cucito, o bimbe sceme di cervello o rattrappite dalla rachitide,le quali non sarebbero accettate in nessun’altra scuola. Infatti in questi asili dicarità infinite sono le miserie, e il cuore si stringe nel constatarne davvicino ilnumero e la gravità.

1 Detta da Achille Mauri «figlia d’un chiaro patriota e donna di squisita coltura», PaolinaLomazzi (Milano 1825-1879), costretta da disagiate condizioni economiche, aveva messo a fruttola sua istruzione dando lezioni presso famiglie e istituti privati milanesi e lavorando come tra-duttrice per alcuni periodici. Nel 1875 era stata nominata ispettrice governativa per gli educatorifemminili, con residenza a Milano. La necessità di continuare ad esercitare il suo ufficio, assaifaticoso, nonostante fosse gravemente ammalata, ne accelerò forse la morte, avvenuta a Milanonell’ottobre 1879; cfr. ACS, MPI, Personale 1860-1880, b. 1180, fasc. «Lomazzi Paolina».

2 L’Istituto delle Figlie della Carità Canossiane fu fondato a Verona nel 1808 da Maddalena diCanossa. Si diffuse soprattutto nel Lombardo Veneto e fu molto attivo nel campo dell’educazionefemminile. Già nel 1860 le Figlie della Carità Canossiane contavano 20 case; cfr. G. ROCCA, Donnereligiose… citata. Cfr. inoltre, anche per l’accurata documentazione sulle Canossiane, V. SCOTTI,Le Canossiane e l’istruzione delle sordomute nella Milano del XIX secolo, in «Storia inLombardia», 2003, 1, pp. 5-20.

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Fonti per la storia della scuola

Nelle due scuole in via della Guastalla e in via della Signora, entrambe inPorta Vittoria, ho notato i casi più tristi, risultanti dai vizii e dall’inerzia dei geni-tori. L’istruzione in questi due istituti è assai limitata, le classi sono due, noncompresa l’infantile, ed anche la seconda sarebbe a stenta, in altre scuole, unaprima superiore. Allo studio non si dedica che un’ora e mezzo nel mattino; l’ine-sattezza delle alunne nel frequentare la scuola in quell’ora, e le classi troppomiste per età, portano incaglio al profitto che ne potrebbero ricavare le allieve.Inoltre le suore accettano fanciulle in ogni epoca dell’anno, ciò che accresce l’ir-regolarità nel corso degli studii; ma in questi istituti è di massima il non respin-gere alcuno e la tolleranza vi è sconfinata.

I lavori femminili formano, giustamente, la parte importante dell’istruzione, perchédal lavoro le fanciulle più grandicelle traggono nell’istituto stesso il loro guadagno.

La scolaresca nelle altre due scuole, corso Garibaldi l’una e via S.ta MariaFulcorina l’altra, è, come in quella alla Chiusa, più numerosa e l’istruzione più este-sa; nella terza classe si danno nozioni di geografia, di storia patria, segnatamente distoria di Milano, come pure la geografia si estende particolarmente alle provincielombarde; s’insegnano i doveri verso la patria, il rispetto alle leggi e al governo delpaese, e da codesto lato l’indirizzo in tutte queste scuole mi è parso buonissimo.

Scopo supremo di questi istituti è, oltre al lavoro, la diffusione della religionecattolica, tutte le azioni, le abitudini quotidiane, perfino il saluto delle bambine,tutto ha l’impronta, la formola religiosa; lo sguardo incontra dovunque sulle pare-ti, in ogni angolo, imagini di santi e piccoli altari; gli è certo a questo fine che lesuore non respingono mai fanciulle qualunque ne sia la condizione e qualunquene siano le circostanze particolari. Ho notato, per esempio, che la vanità femmini-le fa capolino anche nelle bambine più indigenti; benché sudicie e cenciose por-tano, chi una fettuccia nei capelli, chi un vezzo di vetro o qualche altro gingillo.Lo dissi alle suore insinuando loro la necessità di badare a reprimere codeste ten-denze fatali, ma mi sono avveduta che la tema di disgustare le allieve le rendono[sic] indulgenti. Eppure quanto sarebbe utile, se fosse praticabile, lo stabilire unmodo semplice di vestire tanto per le allieve come per le maestre nelle scuolepubbliche e private; sarebbe un argine forte a quella smania d’ambizione che hainvaso anche le classi del popolo e che porta funeste conseguenze1.

La pietà delle suore Canossiane non è scevra di superstizione, ché per esse imiracoli si compiono ogni giorno sotto i loro occhi per virtù di qualche reliquia disanto o di qualche imagine da loro posseduta, nulladimeno la buona fede di quelledonne e la loro carità inesauribile e paziente le rendono rispettabili anche nell’errore.

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1 L’ispettrice allude evidentemente al fenomeno della prostituzione, nel cui vasto mercatoa Milano entravano tante bambine e adolescenti del proletariato e del sottoproletariato urbano;cfr. A. BUTTAFUOCO, Le Mariuccine... citata.

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Sezione VIII - La vigilanza su opere pie, scuole e istituti di beneficenza privati

I locali sono belli e sani, specialmente quelli sul corso Garibaldi e in via S. MariaFulcorina di eredità del marchese Fagnani. In questi due ultimi si tengono anchescuole festive nelle quali però le suore non hanno parte, fuorché nel prestare illocale. Sono istituzioni private, dirette dal parroco e da pie signore, e le maestretutte secolari sono scelte dal parroco stesso. Quella in via S. Maria Fulcorina èdiretta dalla nobile sig.ra Fanny Barbò Orombelli e sussiste da alcuni anni, quel-la sul corso Garibaldi è di recente stabilita. Altre scuole festive private ed altrescuole per fanciulle povere vi sono a Milano, di cui parlerò man mano che andròvisitandole.

Col massimo ossequio sono di Vostra Eccellenza

Devotis.ma Paolina Lomazzi

Scuole gratuite delle Canossiane

Via alla Chiusa Allieve n. 238Corso Garibaldi “ “ 264Via Guastalla “ “ 154Via della Signora “ “ 158Via S. Maria Fulcorina “ “ 175

989

Le maestre sono tutte patentate.

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Relazione 1 dell’ispettrice governativa Antonietta Montrasi sull’Orfanotrofio

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1 Spesso, nelle loro relazioni, le ispettrici evidenziarono la dolorosa situazione riscontratada Antonietta Montrasi nell’Orfanotrofio Francesco Schifano di Agrigento diretto dalle Figliedella Carità (nel 1900 Opera pia nota col nome di Educandato Francesco Schifano). Era infattiabbastanza frequente che le congregazioni religiose impiantassero, accanto all’orfanotrofio, uneducandato a pagamento, che talvolta finiva per assorbire l’ospizio. Sintetizzando le osserva-zioni delle ispettrici e sottolineando la gravità della situazione, nel 1889, nel Rapporto indirizza-to al ministro Boselli, Carlo Gioda ricordava che alle educande si destinava in genere la partemigliore dell’edificio, piccoli privilegi e numerosi riguardi; per i loro corsi si sceglievano gliorari più adeguati nell’arco della giornata e, non raramente, le ricoverate prestavano loro ogni

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Fonti per la storia della scuola

Schifano di Girgenti diretto dalle Figlie della Carità 1.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 70, fasc. «Tit. 16. Girgenti.34», s.fasc. «Comune di Girgenti. Educandato Schifano», ms. autografo.

Girgenti, luglio 1879

«L’orfanotrofio sotto il titolo del fondatore, Francesco Schifano, nella città diGirgenti, approvato con regio decreto 2 dicembre 1866, è istituito collo scopo didare ricovero a fanciulle povere ed orfane di padre, mantenerle ed educarle».Tutte le orfane per godere del benefizio debbono essere native di Girgenti, dilegittimi natali e figlie di onesti genitori, di buoni costumi, di sufficiente capacitàad apprendere, sane di corpo. Le orfane di padre e di madre e di civile condizio-ne sono preferite nell’ammissione (Statuto organico).

All’orfanotrofio va unito un educatorio di fanciulle paganti che in atto conta28 allieve a 35 f. [franchi] mensili ciascuna. Le paganti possono essere ammesse,comunque non orfane.

Queste hanno vita separata dalle povere. Dormitorio, scuole, laboratorii,refettorio; tutto è diviso dalle orfane, le quali sono ad[d]ette quasi al serviziodelle agiate.

Se nell’età nella quale il discernimento non è ancora bene sviluppato, i crite-rii sono confusi, gli apprezzamenti incerti, sia un buon principio questo di dueclassi continuamente raffrontate e in cui una campeggia sempre, ha i privilegid’una casta, ha il solletico del predominio, l’orgoglio del primato; l’altra viensempre in seconda linea, si sente minore in tutto, serva prima della necessità delguadagno, infine soggetta alloraquando l’esperienza non ne ha peranco raffer-mata la ragione; e nell’età dei giuochi, del riso, dell’espansione, della gioja, dellafranca e innocente gajezza l’una debba interrogarsi perché sia da meno dell’altra,perché a quella il comando, a lei il servizio; perché a quella i cap[p]ellini e laseta, a lei l’umile velo e l’abito di cotone, perché quando anco prega e lavora,innanzi all’altare e nel recinto del lavoratorio, il miglior posto sia destinato a

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sorta di servizi. L’ispettrice Montrasi insiste qui sugli effetti negativi dal punto di vista educativodella compresenza, nello stesso edificio, di orfanotrofio ed educandato, richiamando l’attenzio-ne soprattutto, come voleva una concezione socio-pedagogica assai diffusa, sui danni derivantida una presa di coscienza troppo precoce e diretta, da parte di ricche e povere, della concretaincidenza di stridenti disuguaglianze sociali.

1 Le Figlie (o Suore) della Carità di S. Vincenzo de’ Paoli, presenti nel Sud Italia, dove daglianni Quaranta dell’Ottocento aprirono, per tutto il corso del secolo, numerose case; cfr. G.ROCCA, Donne religiose… cit., pp. 106, 170 e C. ZENCA, Servire... Un secolo di storia delle Figliedella Carità nell’Italia meridionale, Napoli, Casa Centrale Figlie della Carità, 1960 e, perl’Educandato Francesco Schifano, p. 102.

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Sezione VIII - La vigilanza su opere pie, scuole e istituti di beneficenza privati

quella che purtroppo non ha nulla di diverso da lei; perché, riepilogando, ellasia costretta dall’infanzia, in una età senza pensieri, a pensar troppo e troppopresto sentirsi infelice, o per lo meno serva, io domando se è giusto, delicato,educativo.

A fronte di essa, l’agiata ancor ella pensa troppo, troppo presto giunge asentire che ha una parte migliore nella vita, che vi è una società infima alla qualeella è superiore e che vi son trastulli e gioje e piccoli trionfi e contentezze che aduna certa categoria di fanciulle come lei sono invece interdette. Ebbene tuttoquesto è rovesciato dalle Figlie della Carità con una ragione che a primo acchitopar santa.

Le paganti sono appunto accettate pel bene delle orfane povere. Perché?Perché sui loro risparmi invece di 18 sventurate che l’amministrazione è in gradodi mantenere, se ne accolgono 6, 8 di più.

Per me questo non va. La allieva agiata che paga 35 lire al mese, ha anche ildiritto di mangiare per quanto paga, senza convenire che con 3 pasti al giorno,spese di lumi, di scuola e di manutenzione del locale non è tale il risparmio chesia presumibile mantenerne 8 al mese di più. Sia pure ammesso il risparmio,quindi il vantaggio accennato. È egli questo tale che, messo in confronto contutti gli svantaggi educativi sovraesposti, risulti plausibile ed accettabile e conve-niente? Io do il mio voto contrario, né mancai di farlo ponderare a quelle distintesignore le quali fanno così, per la ragione che la loro istituzione ammette così.Elleno non sono che esecutrici; la loro passività in faccia alla regola è tanto piùsacra quanto più assoluta. Non domandano consulti, né provvedimenti: non neaccetterebbero se non dai loro capi. E i loro capi non distruggerebbero le con-suetudini imposte dai fondatori. I fondatori non vivono più. Dunque? Le coseresteranno sempre immutabili, almeno nell’integrità di principio.

Che invece meriti ogni elogio che sull’assegno personale di £ 500, le suore sirisparmino di mantenere altre 5 orfane, oltre le 6 sulle economie delle paganti,questo sta bene. Allora splende la vera carità della quale s’intitolano; allora meri-tano quella universale ammirazione della quale sono continuamente e per ognidove onorate. Come è da convenire che, se non è in loro facoltà di correggere idifetti della istituzione, elleno peraltro ne mitigano quanto più possono le tristiconseguenze. E però sono madri amorevoli per la fanciulla povera, come per laricca, vegliano quasi con maggior sollecitudine per la prima che per la seconda,temperano l’asprezza del contrasto sociale con delicata premura e a quello che èmale inevitabile contrappongono prudenza di consiglio e moderazione dicomando.

Le une e le altre fanciulle sono ben trattate, ciascuna in ragione della suaposizione, ciascuna a seconda dei bisogni della sua condizione. La ricca studiapiù che non lavora; la povera lavora più che non studia e così l’una e l’altra

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Fonti per la storia della scuola

provvedono al loro avvenire. Ripeto, quel che c’è d’ingiusto non è da attribuirsiche alle regole. Tutte le suore dello Schifano sono inappuntabili.

Alle orfane mantenute dall’amministrazione sono da aggiungersi altre 15mantenute dalle rispettive famiglie. Così l’Istituto Schifano conta 44 orfane.

Lo educatorio 28 allieve, alle quali sono da aggiungere molte esterne, oltrealtre scuole come si può rilevare dalle note qui sotto:

Scuola delle orfaneNumero delle allieve 44, divise in 1a sup., in 1a inf. e 2a, 3a 4a riunite.

Insegnante signorina Bonadonna Alfonsina d’anni 21, nata in Girgenti. Patentatadi grado sup. nella R. Scuola Normale di Girgenti. Stipendiata dall’amministrazio-ne. Conta 3 anni d’insegnamento.

Scuole a pagamentoPrima classe, sezioni riunite. Numero delle alunne 31. Insegnante Suora

Melchiorre Mariannina di anni 30 nata in Terranova. Patentata di grado inferiorein Girgenti. Stipendiata sul pagamento della scuola. Conta 8 anni d’insegnamento.

Seconda classe. Numero delle alunne 22. Insegnante suor Maria Minutellonata a Molfetta di anni 25. Non approvata ufficialmente, ma tacitamente dalprovveditore agli studi. Conta 10 anni d’insegnamento. Cinque in Napoli e cin-que in Girgenti. Stipendiata sul pagamento delle scuole.

Terza e quarta riunite. Insegnante suor Angelica Congnet nata in Parigi; d’anni42: anni d’insegnamento 20; 8 in Modica, provincia di Siracusa e 12 in Girgenti.Stipendiata sul pagamento delle scuole. Autorizzata dal Consiglio scolastico.

Tutte le scuole suaccennate sono ottime.

Scuole esterne gratuiteAsilo per le bambine povere. Allieve 78. Maestra suor Teresa Dominichetti, nata

in Sinigaglia d’anni 39; d’insegnamento 16 dei quali 6 in Terranova, 10 in Girgenti.Ha l’autorizzazione ad insegnare dal Consiglio scolastico. Stipendiata dall’operaGalifi (ora soppressa). Mantenuta dall’amministrazione particolare delle suore.

Scuola di lavoro per le esterne povereNumero delle alunne 20. Maestra Suor Vincenza Lanari nata in Roma d’anni

29: d’insegnamento 7. Stipendiata già dall’opera Galifi. Da due anni mantenutadall’amministrazione particolare delle suore.

Scuola maschile a pagamentoIn locale completamente separato dall’orfanotrofio, anzi nel lato opposto

della strada, le suore aprirono pure un asilo maschile a pagamento. Allievi 43.Insegnante suor Eleonora Suppa di anni 29 nata in Bari, anni d’insegnamento 9in Girgenti. Stipendiata sul pagamento della scuola. Non ancora approvata.

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Sezione VIII - La vigilanza su opere pie, scuole e istituti di beneficenza privati

Tutte scuole discretamente lodevoli, specie l’asilo maschile. L’Opera PiaGalifi, per il benefizio di due insegnanti in scuole di poveri, dava un annuo asse-gno, che per contestazioni sorte in seguito cogli amministratori dell’Opera e l’or-fanotrofio, venne tolto da due anni. Pendono le trattative di accomodamento esarebbe doloroso che ormai, così bene impiantate e tanto proficue, si dovesserochiudere quelle classi e rimandati tanti infelici. Per due anni le suore continuaro-no ciononostante a tenerle aperte. Ma non avendo pagamenti, la superiora seperderà la causa, sarà costretta di chiuderle non potendo colla sua piccolaamministrazione privata mantenere due soggetti di più in questa Casa Schifano.

La ispettrice governativaAntonietta Montrasi

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Relazione dell’ispettrice governativa Marietta Guerrini sul Conservatoriodell’Addolorata di Chieti.

ACS, MPI, Dir. generale istruzione primaria e popolare, Istituti femminili, Ispezionie relazioni (1884-1902), b. 16, fasc. 37, ms. autografo.

Gallipoli, 10 giugno 1886

EccellenzaCi sono in Chieti alcune Opere pie, due delle quali dipendono dalla congre-

gazione di carità e una di queste è appunto quella dell’Addolorata, del cui con-vento ho tenuto parola nella precedente mia relazione sul convitto normale.

Tanto questo Conservatorio dell’Addolorata, quanto quello di S. MariaMaddalena, del quale dirò in seguito, in origine erano Opere pie secolari, aventiciascuna uno scopo speciale, ma poi vi penetrò, come al solito, l’oblatismo chefu tollerato dagli amministratori nominati dal municipio, ai quali poi successe laCommissione comunale di beneficenza.

Questa si curò così poco di questi conservatori, che li lasciò governare,anche per la parte amministrativa, dalle rispettive badesse le quali, se governaro-no da una parte con buona economia, non seppero fare la dovuta distinzione traOpera pia ed istituto monastico, sia pure con educazione di fanciulle; sicché siregolarono fantasticamente a modo loro, o si lasciarono dirigere, e forse raggira-

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Fonti per la storia della scuola

re, dai confessori a loro talento.Promulgata la legge sulle Opere pie nessuno pensò di applicarla a questi

conservatori, che vennero perciò considerati come conventi nella successivalegge di soppressione del 1866. Fu allora, credo, che scavate dagli archivi letavole di fondazione di detti conservatori, furono riconosciuti Opere pie e man-tennero così le loro sostanze. Quando sia ciò avvenuto io non so, e non so nem-meno quando, alla Commissione di beneficenza, sia sottentrata la Congregazionedi carità, ma trovo che solamente nel 1875 un commissario regio, FiloteoPeripoli, riorganizzò con appositi statuti e regolamenti le Opere pie dipendentidalla suddetta congregazione.

Se sia stato un bene il conservare a Chieti questi due conservatori dell’Addo-lorata e di S. Maria Maddalena, io direi di no. Lo scopo della loro istituzione,massime di quello dell’Addolorata, è poco ben definito e poco attuabile in questitempi, e le loro rendite sono meschine. E così la pubblica beneficenza non ci haguadagnato; le monache continuano a fare come prima, perché esse poi di tuttaquesta rivendicazione di diritti e di Opere pie non hanno capito altro, se nonche esse hanno il diritto di rimanere nel loro istituto finché di loro ce n’è ancheuna sola e non possono essere obbligate, come quelle dei conventi soppressi, alasciare la loro abitazione, ridotte che sieno al numero di sei.

Invece, se venivano considerati come conventi soggetti alla legge di sop-pressione, il governo non ci guadagnava gran che, dovendo pagare le pensioni,e il municipio avrebbe potuto rivendicare poi i fabbricati e usarne per i suoi isti-tuti, avendoli molto prima.

Quanto ho detto fin qui riguarda egualmente il Conservatorio di S. MariaMaddalena e quello dell’Addolorata, ma ora mi fermo a quest’ultimo, il qualevenne fondato verso la metà del secolo XVIII da Teresa De Philippis e da lei desti-nato a ricoverare le donne oneste della borghesia, decadute in fortuna, solitiere eprive di appoggi domestici e sociali ed io credo inoltre ch’ella desiderasse chequeste sue beneficate si occupassero in opere utili e caritatevoli, perché un cennodi questo io trovo nell’articolo ottavo del nuovo statuto, che, come dissi, fu compi-lato nel 1875 e approvato con regio decreto del 25 luglio di quell’anno medesimo.

Il primo articolo del nuovo statuto non è altro che una ripetizione di quantoho sopra sottolineato. Il secondo stabilisce che vi si possano ricevere anche donneagiate a pagamento, le quali, per sofferte sventure, intendono vivere modestamen-te ritirate. Il terzo articolo accenna ai beni patrimoniali, che danno la rendita annuadi £ 3342.80. Il quarto e il quinto riguardano l’amministrazione, affidata allaCongregazione di carità. Nel sesto ci sono le condizioni che devono avere quelleche aspirano a entrare nell’istituto; devono essere cioè di buona morale e di saviacondotta, avere non meno di 18 anni, salvo il caso di straordinaria ed imperiosanecessità, e finalmente essere nelle condizioni di povertà, di abbandono e di sven-

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Sezione VIII - La vigilanza su opere pie, scuole e istituti di beneficenza privati

ture familiari. Lascio di dire dell’articolo 7°, inutile qui, e vengo all’ottavo così con-cepito: «Le ricoverate saranno dalla Congregazione di carità incaricate per l’assi-stenza degli infermi, pei lavori donneschi, per l’insegnamento elementare, selegalmente patentate, e per altre opere di pubblica carità e beneficenza».

La primitiva istituzione venne falsata, perché di un ritiro di persone afflitte,che doveano vivere praticando opere caritatevoli, se ne fece un convento dimonache le quali portarono una piccola dote, si fabbricarono un gran conventochiudendovisi in clausura e tennero educatorio per fanciulle a pagamento. Epoiché [né] le rendite dell’Opera pia, né le loro piccole doti, (le grandi le impie-garono nel fabbricato), né gli introiti dell’educatorio bastavano al loro manteni-mento, ogni anno andavano in giro per tutti gli Abbruzzi, nel tempo dei vari rac-colti, a chiederne la parte dell’istituto e dalla loro questua ricavavano, credo,tanto da raddoppiare la rendita patrimoniale del pio luogo.

E così seguitano a fare anche presentemente ad onta della legge sulle Operepie e del rinnovato statuto, ch’esse probabilmente non si danno alcun pensierodi conoscere.

Io credo che se quello statuto fosse fatto eseguire così come sta, non sarebberomolte che aspirerebbero a ricoverarsi in questo ritiro e per circa otto persone potreb-be bastare la rendita dell’Opera pia. In poche avrebbero anche bisogno di poca abi-tazione e l’istituto normale avrebbe potuto occupare la maggior parte di questo con-vento. Ma finché ci sono le vecchie non si può attuare una vera riforma e, come hogià detto, tutto procede come prima, continuano ad andare alla questua, tengonol’educatorio colla scuola anche per le esterne; tra tutte le interne sono in 28.

7 oblate coriste da 46 a 87 anni9 sorelle minori o converse da 36 a 72 anni

28 persone 5 ricoverate secolari da 44 a 60 anni (4 a pagamento -1 gratuita)

7 educande da 10 a 17 anni (pagano di retta£ 220 annue a semestre anticipato)

Fra le oblate più vecchie ce ne sono di inferme, fra le converse ce ne sono digiovani relativamente e sono quelle che vanno alla questua. Una delle oblate ela ricoverata gratuita si occupano delle educande; le sorvegliano, cioè, di giornoe di notte ed insegnano loro a lavorare ed a ricamare. La retta che pagano leeducande è poca, ma basta per il loro mantenimento; mangiano insieme allemonache ed hanno a colazione pane e frutta, o latticini od altro; a desinareminestra, una pietanza, vino e frutta; a cena una pietanza calda o fredda, secon-do la stagione, vino e frutta: hanno la carne quattro volte la settimana. Oltre laretta poi, i parenti delle educande, in varie circostanze, regalano al conventopolli, capretti, vino, olio, lattici[ni] e questo è un vero sussidio per le monache.

Le educande hanno per loro abitazione una camerata grande, chiara, ma è

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Fonti per la storia della scuola

una camerata sola, con una stanzetta dove si lavano e si pettinano. Metà dellacamerata è occupata dai loro letti, nell’altra metà c’è il letto della secolare chedorme con loro, ed è inoltre la loro sala di studio e di lavoro. Per la ricreazionehanno i corridoi, il chiostro, ma non possono far uso del cortile, tutto a fosse eda rialzi; c’è anche un piccolo giardino, o meglio un prato incolto a tramontana,del quale se ne servono anche pochissimo, perché troppo freddo per molti mesidell’anno e fors’anche un poco umido.

E non escono mai queste ragazze, perché le monache vogliono stare in clau-sura. Ma poiché nel regolamento c’è che le ricoverate possono uscire a passeg-gio, perché la congregazione di carità non obbliga le monache a far uscire leragazze almeno una volta la settimana? Le facciano accompagnare dalla ricovera-ta secolare che sta sempre con loro, ma le facciano uscire. Esse ci si adattano allameglio a star rinchiuse; i genitori ce le hanno messe e ci devono stare, ma amalincuore, credo io, ché il locale ha qualche cosa di vecchio, di disordinato chelo rende malinconico anche in quelle stanze rallegrate dal sole, e perciò questeragazze mi hanno fatto più compassione di altre che vivono pure in clausura.

Lavorano volentieri e piuttosto bene, ricamano anche benino, massime riguar-do all’esecuzione; per il disegno e la scelta dei colori lasciano sempre a desiderare.

Per lo studio hanno una maestra esterna e la loro scuola è frequentata daalunne pure esterne.

La maestra è una giovane brava, buona, simpatica, di maniere dolci ed edu-cate; è dignitosa. Insegna veramente bene, con ordine, con chiarezza; si attieneal programma e lo sa adattare all’intelligenza delle alunne, che le vogliono bene,che studiano volentieri e con discreto profitto. Data la maestra e le scolare, ilprofitto dovrebbe essere anche maggiore, ma bisogna considerare che, sebbenele alunne non sieno che 25, sono però di tutte le classi dalla prima inferiore allaquarta e la maestra, per quanto procuri di far delle lezioni simultanee, deve puroccuparsi di ogni classe anche in particolare.

Ecco come sono distribuite nelle scuole:

inferiore alunne 3 da 4 a 5 anni interne - esterne 3Ia classe

superiore “ 7 da 7 a 10 “ “ - “ 7IIa classe “ 6 da 9 a 16 “ “ 3 “ 3IIIa classe “ 7 da 10 a 17 “ “ 3 “ 4IVa classe “ 2 da 14 a 17 “ “ 1 “ 1

25 7 18

Ho dato un compito alle alunne di terza e quarta e lo hanno fatto discretamente.Questa scuola dà pure un piccolo introito all’istituto: le esterne pagano al

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Sezione VIII - La vigilanza su opere pie, scuole e istituti di beneficenza privati

mese £ 3,50 e la badessa ne dà 30 alla maestra; la manutenzione della scuola lecosta quasi mille, il resto va al convento. Ella poi accetta tutte le ragazzine che leconducono in qualunque mese dell’anno, qualunque sia la loro età; più sono epiù pagano e non bada che, facendo così, la maestra non può far lezione conquel profitto che dovrebbe ricavare.

Queste monache sono così attaccate alle mura del loro convento che l’ideadi esserne, non direi espulse, ma invitate a lasciarlo amareggia tutta la loro esi-stenza, quantunque se ci si fossero adattate ora vivrebbero in pace, senza ildisturbo della scuola e del convitto normale che hanno a ridosso, e nessunofarebbe il conto dei loro anni per pronosticare quanti altri ancora possono vive-re. Anche questa è una cosa che fa pena.

Mi creda, signor ministro, con sincera stimaDi Vostra Eccellenza

DevotissimaMarietta Guerrini

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Il Conservatorio Fieschi di Genova 1.

a. Relazione dell’«ispettrice-aiuto» Giselda Fojanesi Rapisardi 2 sulla visita alConservatorio Fieschi di Genova.

ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione primaria e popolare, Istituti femminili, Ispezionie relazioni (1884-1902), b. 25, fasc. 55, ms. con firma autografa.

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1 Dell’ordinamento del Conservatorio Fieschi di Genova, Opera pia di natura privata dota-ta di un cospicuo patrimonio e destinata ad accogliere un buon numero di orfane povere dellacittà, emergono qui alcuni tratti salienti, che ripetono quelli di molte istituzioni di questo tipo:lunghi orari di lavoro (su commissione) per le orfane, sia piccole che adolescenti, regolamentodisciplinare di stampo claustrale, scarsa attenzione per l’istruzione, limitata al corso elementareobbligatorio, affidato, in orari troppo ristretti, a maestre prive di metodo e di sufficiente prepa-razione. Di particolare interesse, in questo caso, quanto ricorda il patrono e amministratoredell’istituto per giustificare, alla fine degli anni Ottanta, il mantenimento del sistema delle gratedel parlatorio – strumento regolatore dei rapporti con l’esterno tipicamente associato ad un’im-pronta monastica –, richiamando l’attenzione dei suoi interlocutori – prefetto e ministro dellapubblica istruzione – sui problemi concreti derivanti dalla difficoltà di rapporti tra l’istituto e lefamiglie delle ricoverate, appartenenti agli strati più poveri della popolazione urbana.

2 Giselda Fojanesi (Foiano della Chiana, Arezzo, 1851 - Lodi 1946), andata ad accrescere

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Fonti per la storia della scuola

Genova, 29 novembre 1888

L’Opera pia Conservatorio Fieschi, sotto il titolo della Immacolata Concezione,eretta in Genova sul colle dello Zerbino, fu fondata dal conte Domenico Fieschi,il quale con suo testamento 9 luglio 1749 lasciava le sue sostanze ad un’Operapia da erigersi in Genova sotto detto titolo, allo scopo di ricoverarvi gratuitamen-te povere orfane della città e dar loro sostentamento ed educazione da renderleatte a provvedere onoratamente a loro stesse alla uscita dal conservatorio. Lostatuto, approvato con r. decreto del 29 ottobre 1874 è basato sulle disposizionitestamentarie del fondatore e non vi fu fatta altra modificazione che quellariguardante la uscita delle ricoverate. Secondo il testamento le fanciulle eranolibere di uscire o di rimanere, anche a vita; secondo lo statuto debbono oralasciare il conservatorio al 25° anno di età, meno le eccezioni contemplate nellostatuto stesso e che concernono coloro che posso[no] rimanere come utili inqualche modo all’istituto.

Le ricoverate si accettano dagli 8 ai 12 anni.Quest’Opera pia, d’indole privata, è sottoposta alla legge 3 agosto 1862.Casamento. Bellissimo, appositamente fabbricato in una magnifica posizio-

ne, è vasto, sano, ben tenuto, quale, in una parola, non si potrebbe desiderare dimeglio. Potrebbe contenere comodamente 200 persone; al presente ve ne sono130, benché, in ragione del reddito, potrebbero essercene 135. Ha un vasto giar-dino, un orto e vari appezzamenti di terreno sottostante.

Direzione. Da 24 anni dirige lo stabilimento la signora Maddalena Scotto:

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col 1884 lo sparuto drappello delle ispettrici governative in qualità di coadiutrice per gli edu-candati dell’Alta Italia, iniziò l’«ardua carriera», come avrebbe scritto in seguito, sorretta dalla«guida amorevole» di Felicita Morandi. Questo settore della sua attività è finora poco noto; laFojanesi è stata ricordata, invece, soprattutto come moglie, poi separata, del poeta MarioRapisardi e per la storia sentimentale che la legò a Giovanni Verga, incontrato dapprima aFirenze a casa di Francesco Dall’Ongaro, punto di incontro, nell’allora capitale d’Italia, di intel-lettuali culturalmente e politicamente impegnati. Di origini aretine, Giselda Fojanesi si erainfatti trasferita con la famiglia a Firenze, dove aveva conseguito il diploma di maestra, perandare poi, nel 1869, a soli diciotto anni, ad insegnare in un istituto femminile di Catania. Findal soggiorno fiorentino, la sua personalità e le sue capacità non avevano tardato a farsi nota-re. Nel 1872 si unì in matrimonio a Mario Rapisardi (che allora aveva avuto la cattedra di lette-ratura italiana nell’ateneo catanese), cominciando, alcuni anni dopo, a collaborare a note testa-te giornalistiche – a partire dal «Fanfulla della Domenica» – con un’attività letteraria che vennesubito apprezzata e incoraggiata da Ferdinando Martini e dallo stesso Verga, e che si sarebbeintensificata dopo la rottura dell’infelice unione col marito e il ritorno a Firenze. Avviatasi aricoprire l’ufficio di ispettrice governativa, che lasciò soltanto nel 1905, quando esso vennesoppresso, la sua produzione letteraria si ispirò agli interessi pedagogici coltivati in questoventennio della sua attività. Cfr. A. DE GUBERNATIS, Dictionnaire International des Écrivains duMonde Latin, Suppl., Roma-Firenze, 1906, e la voce a cura di R. D’ANNA nel Dizionario biogra-fico degli italiani.

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non ha alcun titolo; ha scarsa cultura e parla con difficoltà anche l’italiano; èbensì donna attiva, ordinata, che sa tenere la disciplina mirabilmente. In quantoall’indirizzo educativo, si va coi vecchi sistemi e le vecchie idee.

È incaricato della direzione, per la parte didattica, il sacerdote MicheliRazzeti, professore di fisica nel seminario della città.

Direttore spirituale e catechista è il sacerdote Prof. Disma Marchese.Insegnanti. Vi hanno cinque maestre con patente elementare inferiore; tre di

esse sono maestre effettive delle tre classi; le altre due suppliscono in mancanzadelle prime e le coadiuvano. Sono tutte antiche ricoverate, che hanno studiatoprivatamente e si sono poi presentate a dare l’esame di patente. Manca in loro lafranchezza e la sicurezza dei metodi moderni: pronunziano molto male, e sonodi una eccessiva timidezza.

Maestra di Ia: Amalia De Micheli, patente inferiore, Genova 1880“ di IIa: Rosa Garibaldi id. id. id. id.“ di IIIa: Antonia Vaccaro id. id. id. id.

Supplenti: Luigia De Pasquali, patente, Genova 1852Geromina Queirolo, patente inferiore, Genova 1880

Educazione religiosa e morale. Alle alunne sono imposte le seguenti prati-che religiose: messa tutte le mattine; preghiere la sera e prima di desinare; con-fessione e comunione ogni quindici giorni. L’insegnamento religioso vieneimpartito ogni domenica dal catechista, il quale spiega il Vangelo e il catechismodella diocesi. Ogni maestra poi, in ciascuna classe, insegna la storia sacra. Ingenerale si fanno, di queste ragazze, delle cameriere; ora, a me è parso, che tuttol’insegnamento difetti un poco nella parte pratica e che non corrisponda, quindi,allo scopo dell’istituto.

Le orfane possono ricevere i parenti una volta il mese, vederli attraverso adelle grate, e alla presenza di una maestra.

Le comunicazioni della direttrice con le alunne sono assai frequenti; essaprende le refezioni con loro e le sorveglia di continuo.

M’è stato assicurato che le ricoverate si affezionano molto al conservatorio.La disciplina vi è osservatissima. Per premi si danno dei libri, si fanno degli

elogi; per castighi m’è stato detto che si toglie il vino o le frutta o anche una pie-tanza a chi ha mancato. Io ho riprovato questo ed ho detto che i castighi devonoessere morali, anziché materiali e, tutto al più, si possono limitare a togliere lefrutta; ma raramente e alle più piccine, supplendo, senza che esse se ne avveda-no, con una maggior quantità negli altri cibi.

Istruzione. In questo ramo ho trovato, con meraviglia, qualche peggiora-mento dalla visita da me fatta allo stesso istituto durante l’anno scolastico 1884-

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Fonti per la storia della scuola

85. Le alunne sono ora meno pronte, meno sicure nelle risposte, più timide edhanno, in generale, una pessima pronunzia. Le maestre non sono cambiate. Puòdarsi che il peggioramento da me notato dipenda dallo essere l’anno scolasticoin principio o da trascuratezza delle alunne o delle insegnanti.

Si adempie solo alla legge sulla istruzione obbligatoria. Il corso elementareinferiore è diviso in tre classi: ogni classe ha la sua maestra, la quale fino ad orafaceva due ore di lezione per giorno, ma che in seguito, dietro mio consiglio, nefarà tre, tanto più che non si dà alle alunne nessuna ora di studio, per prepararsialle lezioni del giorno dopo.

Gli esami sono privati e si danno, presso a poco, quando si danno quellidelle scuole comunali.

Libri di testoIa IIa IIIa

Lettura Dazzi Dazzi ParatoStoria sacra Parato Parato ParatoGrammatica – – Borgogno

Nella prima classe ho mostrato il desiderio alla maestra che mi facesse assi-stere ad una lezione di lettura; ma ho potuto capire ben poco, poiché essa se n’èrimasta zitta zitta, lasciando che le alunne leggessero un periodo, senza far loroalcuna interrogazione, senza correggerle allorché sbagliavano.

Dalle domande che ho indirizzate alle alunne mi sono accorta che si hapoco l’abitudine di farle parlare, giacché dimostrano una grande difficoltà, anchemeccanica, di spiegarsi.

Sono state scritte alcune paroline di sillabe semplici, dirette, assai bene.Nella numerazione scritta delle prime 9 cifre, vi è stata alquanta incertezza; mabisogna considerare che siamo ancora in principio dell’anno scolastico.

In IIa la lettura è sufficientemente corretta e discreta la pronunzia; ma sidanno pochissime spiegazioni su ciò che si legge. Nella dettatura si sono fattialcuni errori di pronunzia, specialmente sulle doppie e una gran confusione frala s e la z. Benino alcuni esercizi pratici sulla numerazione e sulle due primeoperazioni aritmetiche. Per esercizio di memoria si fa studiare la storia sacra. Ioho consigliato qualche poesia facile e breve o qualche raccontino in prosa, scrit-to bene e che sia a portata della intelligenza loro.

In IIIa ho riscontrato una pronunzia peggiore e una vera e propria difficoltàd’esprimersi con una certa chiarezza. Si capisce che si deve parlare continua-mente il dialetto.

Mi sono stati letti alcuni componimenti fatti per imitazione, su temi moltomale scelti. Li ho trovati troppo lunghi, quasi tutti uguali e pieni zeppi di errorinon corretti.

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Molta incertezza nell’aritmetica e soprattutto, manca la vita, la franchezza, laspontaneità. Le alunne, specialmente le più grandi, rispondono senza guardarein viso, tenendo gli occhi bassi, cosa che ho osservata e riprovata.

Al lavoro si destinano dalle 7 alle 8 ore il giorno, per le più grandi, le qualinon frequentano le scuole; per le più piccole 5 ore. In questo tempo non si fanessuna lettura, bensì nell’ora di pranzo, di libri ascetici, cosa che io non hopunto approvata.

L’istituto è tutto interno.Istruzione professionale. Le ricoverate si ammaestrano praticamente nel fare

i fiori artificiali, ricami di ogni sorta e rammendi su qualunque stoffa, special-mente su merletti fini ed antichi; si cuce e si stira la biancheria e tutto è fatto stu-pendamente bene: i tre laboratori sono vasti ed acconci.

Dell’utile che si ritrae dai lavori, metà va a benefizio dell’Opera pia; dell’altrametà se ne prelevano due parti per la direttrice e il rimanente si divide, in pro-porzioni uguali, fra tutte le alunne.

Educazione fisica. Igiene. Si fanno fare tutti i giorni, per mezz’ora, eserciziginnastici. Anche a me se n’è dato un buon saggio. Le alunne non escono a pas-seggio se non nel podere annesso al conservatorio; hanno due ore e mezzo diricreazione, non si fanno villeggiare, né si mandano mai a casa.

Le camerate si compongono di tante alunne, quante ne possono contenere idormitorii, che sono di grandezza diversa. Si hanno tinozze per bagni e si curamolto la proprietà della persona e la pulizia, l’ordine, in generale.

Le refezioni sono 4 il giorno, di cibi sani, variati ed abbondanti: la carne si dàcinque volte per settimana; il pane, bianco ed eccellente, non si misura. Il vino èdistribuito due volte il giorno, a desinare e a cena.

L’aspetto delle orfane è piuttosto sano, né predomina in esse alcuna malat-tia: ciò che manca, lo ripeto, è la gaiezza, la vita giovanile.

Materiale. È scarso e difettoso. Mi è stato promesso di aumentarlo e miglio-rarlo.

Amministrazione. Il patrimonio immobiliare della Opera pia ascende a£ 2.095.300, tolte alcune passività che sopra vi gravitano in £ 46.339,50 il patri-monio netto immobiliare risulta di £ 2.048.960,50 (vi è compreso lo stabilimen-to). Il resto del patrimonio, tutto compreso, ascende a £ 527.482,75.

La rendita lorda è di £ 102.349,46, deducendovi gli oneri patrimoniali, le impo-ste e le spese di manutenzione degli stabili, la rendita si riduce a £ 66.158,15. Leimposte ammontano a £ 22.444,42.

Le ricoverate non pagano alcuna retta ed i posti sono tutti gratuiti, in n° di135, in media, in relazione coi redditi disponibili. Questi posti vengono conferitidall’amministrazione, che sceglie, fra le postulanti, quelle che nelle norme datedal testamento crede sieno da preferirsi.

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Fonti per la storia della scuola

L’amministrazione fino al 1829 risiedeva nella discendenza del conte EttoreFieschi, chiamata dal fondatore. Alla estinta famiglia Fieschi è succeduta la fami-glia e discendenza mascolina del marchese Agostino Crosa di Vergagni, figliodella fu contessa Carlotta Fieschi maritata al fu marchese Nicolò Crosa diVergagni, per chiamata del conte Agostino Fieschi fu Ettore, ultimo superstitedella famiglia e padre della detta contessa Carlotta, in senso di quanto disponevail testatore. In oggi il detto marchese Agostino Crosa ha l’amministrazionedell’Opera pia e la direzione del Conservatorio Fieschi. L’amministrazione tra-smette annualmente il bilancio, il rendiconto e le variazioni dello stato patrimo-niale all’autorità tutoria delle Opere pie.

L’ispettrice-aiutoGiselda Fojanesi Rapisardi

b. Comunicazione del ministro al prefetto di Genova, Carlo Municchi 1.

Ibid., ms.

Roma, 21 febbraio 1889

Ho esaminata la relazione che l’ispettrice governativa, Sig.ra GiseldaFoianesi Rapisardi, mi ha inviata sul Conservatorio Fieschi di codesta città.

L’importanza di un tale istituto che provvede a ben 135 posti gratuiti per fan-ciulle orfane con un vistoso patrimonio, vi richiama sopra in particolar modo lamia attenzione. Sono lieto dei risultati che si ottengono mercé la saggia ammini-strazione, ma debbo rilevare che sono possibili alcuni miglioramenti pei qualifaccio assegnamento sulla cooperazione della S.V. Ill.ma.

Abbenché dall’istituto si provveda in qualche modo all’istruzione elementareobbligatoria, pare che il profitto sia alquanto deficiente. Parecchie cause possonoconcorrere a determinare questo fatto, tuttavia da parte dell’amministrazione si pos-sono eliminare alcune di esse: si assegni per l’insegnamento l’orario voluto dai rego-lamenti in adempimento alla legge 15 luglio 1877; si provvedano le scuole del mate-riale didattico necessario; non si costringano fanciulle di ancor tenera età a lavori dimolta applicazione che possono ritardarne lo sviluppo fisico ed intellettuale.

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1 Carlo Municchi (Firenze 1831-1911), iniziata la sua carriera nella magistratura, fu procu-ratore generale della corte d’appello di Catanzaro, di Genova e di Milano. Nel novembre 1887fu nominato prefetto di Genova (dove rimase fino al febbraio 1893), per passare poi alle sedidi Torino, Napoli, Palermo e Milano.

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Un’altra notizia mi ha meravigliato, e cioè che la signora direttrice, quantun-que laica, mantenga un indirizzo educativo eccessivamente monastico. Il senti-mento religioso concorre alla educazione come elemento atto a crescere forza allospirito anziché ad immiserirlo ma non si creda che un complesso ragguardevole dipratiche esteriori sia il mezzo più adatto ad educare alla disciplina della vita ed arisvegliare le nobili inclinazioni dell’animo. Il vietare alle giovinette di vedere iparenti se non attraverso la grata e l’impedire che escano mai da quel ricovero,non si può dire che sia prepararle a quella vita alla quale bisognerà abbandonarledopo il 25° anno di età. Un tal genere di educazione soverchiamente artifiziosa ètroppo difforme da quella più larga e più sincera della famiglia e quindi non puòessere commendevole. Né deve ritenersi che se a quelle giovinette si scaldi ancheun po’ più l’animo alla vita esteriore, ne scapiti la santità del costume o la gentilez-za delle maniere, non mancando i fatti che affermano il contrario.

Pertanto io interesso la S.V. Ill.ma a prendere i necessari concerti in proposi-to con l’amministratore dell’Istituto Fieschi, Sig. marchese Agostino Crosa diVergagni, e m’affido che si introdurranno nel conservatorio quelle leggieremodificazioni, cui sopra ho accennato e ne trarrà non dubbio vantaggio lanumerosa colonia di giovinette che ivi si educano.

Il ministro[Paolo Boselli]

c. Risposta del prefetto di Genova al ministro sui miglioramenti da apportareall’ordinamento disciplinare e didattico del conservatorio.

Ibid., ms. con firma autografa.

Genova, 15 maggio 1889

Il sig. patrono, amministratore del Conservatorio Fieschi in questa città, alquale ho fatto gli officii conforme al dispaccio contrassegnato con lettera del 20aprile p.p., n° 25, mi significa quanto segue1:

«… Sarà quanto prima provveduto a che l’istruzione elementare procedaordinatamente, uniformata in tutto ai programmi governativi che stabiliscono lematerie dell’insegnamento; coll’osservanza dell’orario stabilito nel regolamento,

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1 Il prefetto fornisce un estratto della lettera del patrono e amministratore del conservato-rio con alcuni omissis, come segnalato nel testo qui riportato.

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col materiale didattico necessario, e seguendo le norme del regolamento date,acciò le giovinette, mentre si applicano alla scuola ed al lavoro, non abbiano arisentire stanchezza nella mente…

Quanto alla sortita delle ricoverate, fuori conservatorio, per passeggio, que-sta sta per essere introdotta, ed avrà principio nel giugno prossimo. Né potrebbedeterminarsi più anticipatamente, dovendosi nel tempo che precede giugnoprovvedere a confezionare l’uniforme di sortita, come si sta preparando.

In quanto alla richiesta riforma del parlatorio, con rimozione delle grate, misia lecito di sottomettere considerazioni, nell’interesse di buon ordine, non chela preghiera di volerle esaminare e ponderarle, prima di obbligare l’amministra-zione a mettere in atto tale riforma.

E riflettendo sulla riforma del parlatorio, pensai che ragionevolmente nepossono derivare inconvenienti. Occorre aver presente che, per espressavolontà del fondatore conte Domenico Fieschi, il conservatorio deve dar ricove-ro a giovinette della classe povera, e per qualunque grado di povertà, cioè aquelle povere figlie che sono disperse per i quartieri della città, male assistite,male provvedute, e che alcuno dei parenti potrebbe non conoscere, per defi-cienza di educazione, né le convenienze, né il limite alla discussione ed alladiscrezione.

Ora, esistendo la grata, alla direttrice superiora ed alle sorveglianti riescefacile far cessare ogni discussione imprudente, potendosi colle alunne, alla cir-costanza, ritirare dal parlatorio, senza timore di essere seguitate. Ciò non avverràquando le alunne e le sorveglianti si trovassero riunite in parlatorio libero.

E non sarà facile cosa d’introdurre la riforma del parlatorio a mezza misura,autorizzando la superiora a destinare il parlatorio libero per alcuni parenti, e peraltri con grata, a seconda dei casi e della diversa natura dei parenti; giacchémolte famiglie intervengono sempre contemporaneamente al parlatorio; e ladistinzione inoltre riuscirebbe odiosa in se stessa, disgustosa ai parenti; e poianche, se determinata nascostamente, verrebbe facilmente tra le famiglie diverseconosciuta, e ne risulterebbe germe di gelosia, che può determinare nell’animodei parenti non favoriti malevolenza e disprezzo verso la superiora.

Quando la S.V. Ill.ma credesse di poter accettare le considerazioni ora pro-poste, in proposito al parlatorio, mi permetterei di pregarla ad ammettere lamodificazione diversa nel presente sistema di cancellata a grate, sostituendoviun altro sistema, unicamente allo scopo d’impedire alla persona passaggio all’in-terno, e non essere d’impedimento al colloquio tra parenti e giovinette.

Dopo aver fin qui dato riscontro sull’argomento principale delle riforme,svolte nel sopra citato foglio Suo, avendo da molti anni presieduto all’ammini-strazione e governo dell’istituto, mi sia permesso accennare a qualche conside-razione, ed indicare qualche fatto, che allontani l’idea che al Conservatorio

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Fieschi si abbia voluta procurare tendenza alla clausura, e quindi un caratteremonastico.

In 1° luogo citerò paragrafo del testamento del fondatore:“Una volta entrate e ricevute le figlie in esso conservatorio, non dovranno

avere la libertà di andare per la città o a casa dei loro parenti od altri; neppure, peril tempo che vorranno continuare a stare in detto ritiro, sarà permesso di ammette-re altri od altre a parlamentare alle grate, se non saranno dei parenti più stretti,fino in 2° grado; dovrà però essere in libertà di dette figlie di licenziarsi nei debitimodi da detto conservatorio quando vorranno ecc. ecc.” dichiarando che, vistocome, per l’igiene delle ricoverate, alla passeggiata fosse stato provveduto dai pas-sati amministratori, e supplito mediante aver procurato spaziosa villa annessa allostabilimento; ed avendo nel testamento di Domenico Fieschi la esplicita proibizio-ne della sortita delle ricoverate fuori conservatorio, cui da precedenti amministra-tori non si derogava, io non potevo credermi autorizzato a derogarvi.

Inoltre posso assicurare la S.V. Ill.ma, come, durante la mia amministrazionee direzione dell’istituto, anche non dimenticando la proibizione dichiarata nell’o-ra citato testamento, a molte ricoverate individualmente ho permesso la sortitafuori conservatorio…».

Ciò pregiomi riferire all’E.V. in relazione al sullodato dispaccio.

Il prefetto presidente[Carlo] Municchi

d. Risposta del ministro al prefetto di Genova in merito alla comunicazionericevuta sul conservatorio.

Ibid., ms. con firma autografa.

Roma, 28 maggio 1889

Ringrazio la S.V. Ill.ma de’ suoi buoni uffici per migliorare l’indirizzo delConservatorio Fieschi e sono lieto che si dia subito mano alle riforme indicate,come quelle che daranno un’impronta più armonizzante colle condizioni pre-senti della civiltà.

Coll’essersi stabilito che le convittrici escano al passeggio viene eliminatoquel carattere di clausura che produce la peggiore impressione in un istitutodestinato all’educazione, ed apprezzando le considerazioni del patrono ammini-stratore del conservatorio non insisto sulla soppressione della grata nel parlato-

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Fonti per la storia della scuola

rio, che gioverà però sia ridotta, come viene proposto, al sistema più semplicetanto da impedire il passaggio all’interno di persone estranee al conservatorio.

La S.V. vorrà compiacersi di dichiarare al sig. marchese Agostino Crosa di Vergagnila mia soddisfazione per le cure da Lui prodigate come patrono al sunnominato istitutoed io traggo fin d’ora i migliori auspici per le utili riforme che saprà introdurvi.

Il ministroPaolo Boselli

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I Pii istituti educativi di Bologna 1.

a. Lettera dell’ispettrice governativa Marietta Guerrini a Carlo Gioda 2, direttorecapo della Divisione per l’istruzione primaria e popolare, sulle visite agli istitutieducativi delle Opere pie di Bologna.

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1 Nell’ambito degli istituti femminili di educazione, istruzione e assistenza, Bologna dispo-neva di numerose Opere pie, come era già risultato dall’ampia documentazione raccolta dallamarchesa Brigida Tanari Fava Ghislieri su incarico straordinario del ministro Correnti, ai finidell’inchiesta parlamentare del 1868-72 sull’istruzione elementare. Il patrimonio degli istitutiera in genere gestito dai loro amministratori in piena libertà, nella latitanza di Ministero dell’in-terno, prefetture, deputazioni provinciali. Quando, dunque, specialmente dopo l’approvazionedella legge sull’obbligo scolastico, il Ministero della pubblica istruzione riaffermò e cercò di farrispettare il suo diritto alla vigilanza su tali istituzioni, il suo intervento, reso più incisivo graziealla fermezza dell’ispettrice Guerrini e del prefetto Scelsi, fu inevitabilmente causa di una acutafrizione con l’amministrazione dei Pii istituti educativi della città, che cercò di sottrarsi a ogni“interferenza” governativa.

2 «Uomo di mano ferma e di petto duro», così fu definito Gioda, «uno di quei rari impiegatiche fanno dell’officio loro la propria religione» (ACS, MPI, Personale, 1860-1880, b. 1011, fasc.«Gioda Carlo»). Conseguita la laurea in filosofia, si dedicò subito all’insegnamento. Nel 1861 funominato preside del liceo di Macerata, quindi di Ferrara, Catania e infine nel 1867 del liceoParini di Milano. Nel 1871 ebbe l’incarico di provveditore agli studi per la provincia di Milano: inquesta veste rispose alla Commissione d’inchiesta Scialoja sull’istruzione secondaria maschile efemminile nella seduta del 4 novembre 1873. Nello stesso periodo ricoprì anche la carica di presi-dente del Consiglio di vigilanza del Collegio Reale delle Fanciulle. Fu in seguito provveditore aPadova e a Torino, quindi direttore capo della Divisione per l’istruzione primaria e popolare nel1889-1890 e poi membro della Giunta e del Consiglio superiore della pubblica istruzione. Fuautore, mentre era reggente della Divisione per l’istruzione primaria e popolare, di una importan-te pubblicazione sugli istituti femminili presentata al ministro Boselli (MINISTERO DELL’ISTRUZIONE

PUBBLICA, I Collegi-convitti di educazione femminile… citata).

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ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione primaria e popolare, Istituti femminili, Ispezionie relazioni (1884-1902), b. 63, fasc. 136, ms. autografo.

Bologna, 5 aprile 1889

Ill.mo signor commendatoreDei 24 istituti che ci sono nella sola città di Bologna, circa una metà appar-

tengono alle Opere Pie.Ne ho visitato uno privato con alunne interne ed esterne, ricche e povere, 17

classi in tutto; e stamane sono andata al Conservatorio di S. Croce, dove la diret-trice mi ha detto di non potermi ricevere senza il permesso del suo presidenteper il quale le diedi la mia carta di visita; stasera ho ricevuto la lettera della qualene mando la copia alla S.V. Ill.ma. Domattina andrò dal provveditore1 e credo sene parlerà col Sig. prefetto2, ma intanto io credo mio dovere di informare la S.V.di questa cosa.

Letta attentamente la lettera del cav. Pedrini3, che è il presidente di varie diqueste Opere Pie, non mi pare accettabile per nulla. Io devo visitare gli istituticome ispettrice e non come privata; per adempiere ad un mio dovere e non percondiscendenza altrui, né mi devo limitare alla sola istruzione. Bisogna adunqueche la cosa sia messa in termini chiari, netti, precisi.

Quando altra volta si fece questa ispezione il provv. di allora, comm. Masi4, bolo-gnese, ottenne dal cav. Pedrini che non facesse difficoltà dicendo forse che era unavisita pro forma; stavolta il sig. provveditore ha creduto miglior partito di non dir nullapreventivamente, e forse così si deciderà meglio la quistione una volta per sempre.

Io intanto seguiterò a visitare gli istituti privati, ce n’è anche di quelli unbuon numero.

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1 Francesco Bolasco, provveditore agli studi di Bologna dal 1888 al 1892. Iniziata la carrie-ra come ispettore delle scuole primarie, era stato presto trasferito come segretario presso ilprovveditorato centrale per l’istruzione secondaria. Fu in seguito provveditore agli studi aFirenze e a Genova.

2 Giacinto Scelsi, prefetto di Bologna dal 16 maggio 1887 al 16 settembre 1891 (cfr. nota 2al doc. 20a, pp. 217-218).

3 Matteo Pedrini, notabile bolognese (Bologna 1816-1891). Prese parte alla costituenteromana del 1848 e nel 1859 fu deputato nell’assemblea costituente delle Romagne. Fu quindiconsigliere dell’intendenza e poi della prefettura di Bologna, partecipando sempre e con conti-nuità alle pubbliche amministrazioni cittadine. Nella veste di consigliere per le scuole dellaprovincia di Bologna fu ascoltato nella seduta del 28 marzo 1873 dalla Commissione d’inchie-sta Scialoja (cfr. ACS, MPI, Div. scuole medie, 1860-1896, b. 5, fasc. 20).

4 Ernesto Masi era stato provveditore agli studi di Bologna dal 1874 al 1887. Fu in seguitoprovveditore di Firenze fino al 1901, libero docente di storia moderna presso il R. Istituto di studisuperiori pratici e di perfezionamento di Firenze e membro del Consiglio direttivo del R. Istitutodella Ss. Annunziata nel 1903 e 1904.

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Fonti per la storia della scuola

Ho l’onore di dichiararmi con sentita stimaDella S.V. Illustrissima

DevotissimaMarietta Guerrini

6 Aprile. Riapro per dirle che stamane non avendo trovato il regio provveditore,parlai col prefetto, il quale ha preso la cosa seriamente e mi ha promesso dioccuparsene; io non gli ho detto che ne scriveva al ministero essendo questamia interamente privata; e del pari privatamente so e Le dico che questi signoridelle Opere pie credono ingiustamente mandata a loro l’ultima circolare.

Non potrebbe il Ministero d’istruzione accordarsi con quello dell’interno perfar aprire gli occhi a questa gente e magari mettere nella legge o nel nuovo rego-lamento che per le Opere pie per fanciulle si serve della medesima ispettricedegli altri istituti [?]. Dopo tanti anni che ci sono le ispettrici siamo sempre al prin-cipio. Ma il prefetto è uomo serio, pratico e credo che riuscirà; almeno lo spero.

b. Lettera 1 del presidente dei Pii istituti educativi di Bologna Matteo Pedrini aMarietta Guerrini.

Ibid., ms.

Bologna, 5 aprile 1889

La sig.ra direttrice del Conservatorio di S. Croce ha comunicato a questaamministrazione che si è presentata al conservatorio la sig.ra Marietta Guerrinicoll’intendimento di procedere ad una visita nella sua qualità di ispettrice gover-nativa.

Come in altri casi simili così anche nel caso presente questa amministrazio-ne, per mezzo del sottoscritto, crede opportuno di far conoscere alla sig.raGuerrini che gli istituti da essa amministrati non sono altrimenti istituti o convittidi istruzione dipendenti da quel ministero, ma semplicemente Opere pie desti-nate al mantenimento ed educazione di povere fanciulle a sollievo delle lorofamiglie, e per conseguenza soggette unicamente alla legge 3 agosto 1862 sulleOpere pie e quindi alla tutela della Deputazione provinciale ed alla vigilanza,

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1 Copia allegata alla lettera di M. Guerrini a C. Gioda del 5 aprile 1889.

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Sezione VIII - La vigilanza su opere pie, scuole e istituti di beneficenza privati

laddove occorra, del sig. prefetto e del Ministero dell’interno.Ciò posto, come in altri casi consimili, così anche nel caso presente essa

amministrazione non può ammettere nella signora ispettrice Guerrini il diritto diprocedere ad una visita degli istituti sotto il punto di vista dell’istruzione con cheessa amministrazione uscirebbe dai termini della legge che regola esclusivamen-te le Opere pie.

Ciò per quanto riguarda il diritto della signora Guerrini; alla quale però l’am-ministrazione, che non ha cosa alcuna da nascondere, non ha difficoltà di accor-dare, ben inteso in via di semplice condiscendenza e senza veste di ispettrice, divisitare sia il Conservatorio di Santa Croce, come gli altri conservatori i quali d’al-tra parte soddisfano pienamente a quanto riguarda l’istruzione obbligatoria.

Laddove pertanto in questi termini la sig.ra Marietta Guerrini voglia visitarei detti istituti, avrà la compiacenza di far conoscere a questa amministrazione(Via Castiglione n. 24) ad opportuna norma il giorno e possibilmente l’ora dellavisita.

In questa intelligenza il sottoscritto attesta all’Ill.ma sig.ra Marietta Guerrini isentimenti della dovuta considerazione.

Il presidenteFirmato M[atteo] Pedrini

c. Lettera del prefetto presidente del Consiglio provinciale scolastico di Bologna,Giacinto Scelsi, al presidente dei Pii istituti educativi.

Ibid., ms.

Bologna, 8 aprile 1889

La S.V. Ill.ma, in nome della amministrazione dei Pii istituti educativi chedegnamente presiede, fece intendere alla signora Marietta Guerrini, ispettricegovernativa, che non riconosce in Lei il diritto di visitare, secondo l’officio suo, idetti istituti, per non essere i medesimi dipendenti dal Ministero della pubblicaistruzione, ma di Opere pie soggette unicamente alla legge 3 agosto 1862 sulleOpere pie, e quindi alla tutela della Deputazione provinciale, ed alla vigilanza,laddove occorra, del prefetto e del Ministero dell’interno.

Non si nega che cotesti istituti siano Opere pie, avendo per iscopo la benefi-cenza; e in quanto sono Opere pie ed hanno un patrimonio da amministrare, sonosottoposti unicamente alla tutela della Deputazione provinciale. Ma la beneficenza

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che essi esercitano non consiste di solo pane, come sarebbe il caso di un ricoverodi vecchi o di adulti inabili al lavoro; voglio dire che essi, oltre il vitto e l’abitazio-ne, danno alle fanciulle povere ed hanno l’obbligo di dare, l’istruzione e l’educa-zione; e il loro stesso nome indica la cosa, chiamandosi essi Pii istituti educativi.Ora dove è una scuola o convitto di educazione interviene de jure la competenzadel Ministero della pubblica istruzione. A questo proposito son troppo esplicite lenostre leggi scolastiche; basti qui ricordare gli articoli 3 e 5 della legge 13 novem-bre 1859. Né io potrei consentire che si dicesse che il r. decreto 14 gennaio 1883sui doveri delle ispettrici e il Ministero della pubblica istruzione, che diede partico-lare incarico alla signora Guerrini di visitare le scuole e i convitti di educazione inBologna aventi scopo di beneficenza, hanno male interpretato la legge succitata.

Ella dice, scrivendo alla signora ispettrice, che i conservatori soddisfano pie-namente a questo riguardo l’istruzione obbligatoria; con che viene ad ammettere(parlando in tesi generale) la necessità e il diritto dell’ispezione. Ma giova dibene avvertire che questa ispezione deve rivolgersi non solo alla scuola e all’in-segnamento ma anche all’educazione, di che seguita che la signora Guerrini ha ildiritto e il dovere di visitare il convitto con riguardo anche alle regole di discipli-na, al costume e all’igiene, che di essa educazione sono parti essenziali. Ciò dicoin tesi generale, e perché siamo sulla quistione di competenza e occorre di defi-nire le attribuzioni dell’ispettrice; non già che io possa dubitare della buona dire-zione di cotesti istituti, intorno ai quali son certo che la signora Guerrini nonavrà cagione di riferire al ministero altro che con parole di lode.

Confido che V.S. e l’amministrazione che essa presiede troveranno giustequeste mie osservazioni e la competenza degli ufficiali della pubblica istruzionesui conservatori resterà definita in conformità di esse ora e per l’avvenire.

Il prefettoF[irma]to [Giacinto] Scelsi

d. Istruzioni del ministro al prefetto presidente del Consiglio provinciale scola-stico circa le visite dell’ispettrice governativa ai Pii istituti educativi di Bologna.

Ibid., ms.

Roma, 11 aprile 1889

L’ispettrice governativa, Sig.ra Marietta Guerrini, è stata incaricata di visitareparecchi istituti di educazione femminile di codesta città e provincia, senza con-

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Sezione VIII - La vigilanza su opere pie, scuole e istituti di beneficenza privati

siderazione all’ente da cui essi direttamente dipendano.Ora avvenne che il presidente del Consiglio amministrativo del Conservatorio

di S. Croce di codesta città intese di inibire alla sunnominata ispettrice la visita alconservatorio, affermando la dipendenza di esso, come Opera pia, dalla deputa-zione provinciale e per mezzo di questa dal Ministero dell’interno, coll’esclusionedi qualunque ingerenza ufficiale per parte del Ministero della pubblica istruzione.In pari tempo, per cortesia, avrebbe acconsentito alla sig.ra Marietta Guerrini divisitare l’istituto che procede con tutta regolarità.

Certamente nessuna questione può sollevarsi sulla natura del Conservatoriodi S. Croce e sulla dipendenza di esso dal Ministero dell’interno; né sul modo diapplicare lo statuto o sull’opportunità di modificarlo intende di occuparsi ilMinistero dell’istruzione. Però questo ministero non può dispensarsi dall’ufficioche gli compete, della sopravveglianza, cioè, che deve esercitare su tutti gli isti-tuti d’istruzione ed educazione come dall’art. 3 della legge Casati. Di tali istitutitaluni sono direttamente dipendenti dal ministero stesso, che li governa e man-tiene a tutto suo carico; altri sono mantenuti dalle provincie, dai comuni, daglienti morali, dai privati. I limiti dell’ingerenza sono determinati dalla natura del-l’ente da cui gli istituti sono derivati, ma non può rinunziare a visitarli per rico-noscervi l’indirizzo educativo, per l’igiene, per le istituzioni dello Stato e dell’or-dine pubblico.

Anche l’art. 1° della legge 15 luglio 1877 sull’obbligo dell’istruzione elemen-tare accorda al Ministero della pubblica istruzione una simile ingerenza, nonpotendosi comprendere altrimenti quale guarentigia potesse avere il ministerostesso sull’attuazione della legge senza l’ispezione che si effettua anche negliistituti privati, né alcuno si ritenne in diritto d’opporsi.

D’altronde la visita dell’ispettrice ha uno scopo altamente benefico e daapprezzarsi da ogni amministrazione cui stia a cuore il buon andamento dell’isti-tuto da essa governato. Nessun provvedimento l’ispettrice ha facoltà di prende-re, ma soltanto ha l’incarico di riferire al ministero il quale alla sua volta o dàdisposizioni o le promuove a mezzo delle autorità competenti.

Ho voluto comunicare alla S.V. Ill.ma questi chiarimenti, perché si compiac-cia d’informarne il presidente del Consiglio amministrativo del Conservatorio diS. Croce e voglia in questo senso coadiuvare l’ispettrice nelle visite agli istitutieducativi di codesta provincia.

Il ministroFirmato Boselli

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e. Rapporto al ministro del direttore capo della Divisione per l’istruzione prima-ria e popolare Carlo Gioda sulle visite alle scuole e ai convitti delle Opere pie.

Ibid., ms. con firma autografa.Roma, giugno 1889

Non avvenne infrequentemente che le ispettrici governative incaricate divisitare tutti gli istituti educativi pubblici e privati abbiano trovata una certaopposizione ad essere ammesse in via ufficiale nei convitti e nelle scuole degliistituti chiamati Opere pie.

Anche di fresco l’opposizione si è incontrata a Bologna da parte di un presi-dente, membro del Consiglio provinciale scolastico, che appoggiava le sueragioni sul non essere stata promulgata in tutte le provincie del regno la leggeCasati per intiero, e ciò rese necessaria una lunga corrispondenza in seguito allaquale ha dichiarato di cedere per deferenza all’autorità.

Nessun dubbio che questi istituti dei quali lo scopo precipuo è la beneficen-za siano dipendenti da codesto ministero1 e quindi qualunque ingerenza potesseavervi quello della pubblica istruzione, sarebbe sempre subordinata.

Però sta il fatto che la legge sull’istruzione obbligatoria del 15 luglio 1877 alcomma 3° dell’art. 1° si esprime così:

l’obbligo di provvedere all’istruzione degli esposti, degli orfani, degli altri fan-ciulli senza famiglia accolti negli istituti di beneficenza spetta ai direttori degliistituti medesimi.

È naturale che chi veglia sull’adempimento di quest’obbligo non può essereche il Ministero della pubblica istruzione cui la legge medesima si riferisce, e peresso i suoi ufficiali.

È noto che i direttori degli istituti Opere pie si fanno generalmente molto cari-co dell’andamento economico della loro amministrazione, ma avviene non di radoche non siano abbastanza curanti dell’indirizzo educativo delle fanciulle, e dei fan-ciulli a loro affidati, e le cure igieniche, i primi fatti da cui si svolgono le attitudinialla vita onesta e laboriosa, l’istruzione elementare obbligatoria non si tengono indebito conto. Questi bisogni non possono venire meglio accertati che dall’opera di

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1 Nel manoscritto, «da codesto ministero» sostituisce la primitiva versione: «dal Ministerodello interno».

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coloro che visitano gl’istituti per parte di questo ministero, di gran lunga espertinel buon governo delle scuole e quindi dall’opera loro può attendersi un grandevantaggio. D’altronde l’ufficio degli ispettori o delle ispettrici è quello soltanto diriferire e nessun provvedimento vien preso in confronto delle amministrazionidelle Opere pie se non col far giungere ad esse a mezzo dei prefetti del Regnoquelle osservazioni che valsero molte volte ad introdurre delle riforme urgenti eimportantissime di cui non è stato chi non convenisse sull’adottarle.

Potrei citare molti casi particolari nei quali le relazioni sulle visite fatte conquesti criteri agli istituti Opere pie, provocarono da parte dei prefetti dei provve-dimenti assai apprezzati e rivolti infine a bene del Paese.

Le Opere pie per rispetto alle scuole da esse tenute non possono esseremeno soggette a questo ministero di quello che sono gli istituti privati nei quali èben determinata l’ingerenza che vi ha. D’altra parte, come il ministro delle finan-ze manda un suo ispettore per verificare l’esatta applicazione del bollo o la regi-strazione degli atti, così il ministro della istruzione manda i suoi ispettori peraccertarsi se gli obblighi inerenti all’insegnamento vi sono mantenuti.

A togliere però ogni caso di possibile contestazione e rendere più libero l’ac-cesso delle ispettrici o degli ispettori nelle scuole annesse alle Opere pie è desi-derabile che nella legge proposta per questi istituti e che dovrà discutersi in par-lamento1 si stabilisca un articolo a questo proposito e sia preciso ed esplicitosulla parte d’ingerenza che spetta al Ministero dell’istruzione.

Il direttore capo Divisione [Carlo] Gioda

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Relazione dell’ispettrice governativa Ernesta Sali Maturi sull’orfanotrofio priva-to delle Suore Stimmatine ad Avellino.

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1 Il mutamento di indirizzi attorno alla legislazione sulle Opere pie, maturato dalle propo-ste della Commissione reale d’inchiesta presieduta da Cesare Correnti istituita nel 1880 e dadibattiti in parlamento e sulla stampa, stava infatti per culminare nell’approvazione della leggeCrispi del 17 luglio 1890.

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Fonti per la storia della scuola

ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione primaria e popolare, Istituti femminili, Ispezionie relazioni (1884-1902), b. 6, fasc. 11, ms. autografo.

Avellino, 6 marzo 1893

Eccellenza,Nel monastero occupato dalle suore Stimmatine, in Avellino, sono raccolte

diciannove orfanelle, miseramente mantenute da queste medesime suore colloscarso frutto del lavoro, coi proventi della questua e con qualche meschino sus-sidio della mensa arcivescovile che monsignor Gallo concede perché fu lui, arci-vescovo di qui, che chiamò queste suore in Avellino e affidò loro queste orfaneda allevare. Dopo ciò è inutile dire che l’orfanotrofio sta alla sua dipendenza e loriconosce per suo unico fondatore e benefattore.

L’umido caseggiato, sito a Porta Puglia, nel punto più basso e meno salubredella città, che era dapprima stato concesso per favore alle Stimmatine, è ora diloro pertinenza, comperato, come fu, da due suore, coi loro beni privati, colbeneficio della rivendita. I lavori nei quali le ricoverate si esercitano, sono: ilcucito, il ricamo, la maglia e la tessitura di tele, cotonine, tovagliati ecc.

Se non altro, quelle che hanno un po’ di salute, diventano laboriose, e,quando escono per mettersi a servizio, ci si trovano sempre bene, avvezze comesono a quello scarso frugalissimo cibo e a quel misero giaciglio (reso più miserodal clima rigidissimo del paese) che a stento soltanto arriva a passar loro lapovera comunità in cui vivono.

Per quel ch’è d’istruzione naturalmente ne ricevono poca. Imparano però a leg-gere, a scrivere, a far di conto quanto può bastare ad una donnicciola del volgo.

La superiora della Casa è suor Rosalia Failli.La maestra che insegna quel po’ di lettura e scrittura è suor Amelia

Prandaglia, senza patente. La maestra di cucito e di ricamo, abbastanza abile, èsuor Sibillina Finizio; e la maestra di tessitura è suor Enrica Innocenzi.

La superiora è una buona donna, e tratta e fa trattare le fanciulle con amore-volezza.

Le fanciulle dal canto loro sono disciplinate. Assiduamente occupate nellavoro e nella preghiera, capiscono la povertà del luogo che le ospita, sopporta-no con pazienza le privazioni, e, d’altronde, non hanno forse mai provata vitamigliore.

Delle diciannove orfane qui ricoverate, nove sono già grandi (dai 14 anni ai20) e non si occupano più che dei lavori; quattro, sono mezzane, e fanno laseconda classe; sei sono piccine e stanno in prima.

Eccellenza, è proprio doloroso il dover riferire di questi miseri orfanotrofii,dove per l’assoluta mancanza dei mezzi, non si può esigere che le fanciulle

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sieno sufficientemente nutrite, igienicamente alloggiate, vestite conveniente-mente e caldamente riparate, nei loro lettini, dai rigori delle notti invernali. Sì, èdoloroso perché – nelle presenti circostanze – si capisce bene che né lo Stato, néla provincia, né il comune (questi due enti sono carichi di debiti) possono sop-perire efficacemente all’insufficienza di questi benedettissimi mezzi, e le poverefanciulle intanto (che già portano quasi tutte dall’origine una costituzione viziatae bisognosa delle migliori cure per avvantaggiarsi) non possono crescere sane erobuste, quali sarebbe pur necessario che diventassero, per poter un giorno gua-dagnarsi sicuramente il pane col lavoro delle proprie mani.

Perdoni, Eccellenza, questo sfogo che, per ora, non mena a nulla, perchéquesti miseri orfanotrofi ci sono e, pur troppo, viste le ristrette circostanze delpubblico erario, sono già da considerarsi come un beneficio per le povere fan-ciulle, a cui nessun asilo migliore apre le porte, e restar dovrebbero, senza que-sta scarsa provvidenza, abbandonate in mezzo ad una strada, a tutti i pericoli e atutti i bisogni della vita.

Se però, com’io spero, le finanze della nostra patria finiranno per essere vivi-ficate da un benefico raggio di sole, sicché a tutte le miserie, cui non arriva lapubblica beneficenza, possa il governo provvedere in giusta misura, io bramerei(chiedo venia, se oso esprimere questo desiderio, questo voto ardentissimo delmio cuore), bramerei, dico, che il governo dell’E.V. negasse il permesso a quegliasili che, come questo, non posseggono nulla di sicuro da spendere in pro delleloro beneficate, di raccogliere fanciulle, le quali poi debbano piangere tutta lavita gli stenti patiti nella fanciullezza, nell’adolescenza e nella prima gioventù.

Secondo me, si dovrebbe allora stabilire un minimo di una lira al giorno, atesta, affinché ogni orfanella (quasi sempre linfatica e scrofolosa) potesse venireconvenientemente curata, nutrita, vestita e resa abile, dall’educazione e dall’i-struzione, a vivere utilmente in società, sorgente – in qualsivoglia umile condi-zione – di benessere per gli altri e per se stessa.

Con perfetta osservanza sono, dell’E.V.

DevotissimaErnesta Sali Maturi

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SEZIONE IX

IL CONTRASTATO PROCESSO DI LAICIZZAZIONE

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Il Conservatorio di S. Bartolomeo di S. Sepolcro.

a. Lettera al ministro della direttrice del Conservatorio di S. Bartolomeo di S.Sepolcro, Adele Caccia 1.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 208, fasc. «1884. 27.Arezzo. 4», ms. autografo.

S. Sepolcro, 5 ottobre 1883

Ho bisogno d’aprire a Vostra Eccellenza l’animo mio e prego la Sua bontà divolermi ascoltare e di essermi giovevole col suo patrocinio. Dal primo giornoche ho posto piede in questo istituto feci fermo proponimento d’usare la massi-ma moderazione, ben persuasa che i partiti estremi non danno frutto veruno edaccrescono invece le difficoltà. Colla urbanità e colla dolcezza io mi credea diabbattere tutti gli ostacoli e conquistare il terreno poco per volta. Esposi semprei miei desiderii colla massima delicatezza, facendo conoscere la giustezza delfine e non altro. Mi posi ultima di tutte per non offendere l’amor proprio di nes-suna e segnatamente di chi mi ha preceduta nell’ufficio in qualità di superiora.Ma ho dovuto avvedermi che questo temperatissimo modo di agire non è sem-

1 Con la circolare del 27 dic. 1882, a firma del segretario generale Settimio Costantini, sicercò di avviare, per i conservatori della Toscana, regolati dal r.d. 6 ott. 1867, una fase più inci-siva del processo di riordinamento amministrativo e di laicizzazione. A differenza del regola-mento del 1867, oltre a prescrivere che, una volta venute a mancare una o più «ex-religiose»,esse non dovessero essere sostituite, qualora insegnassero, se non da maestre laiche, la circola-re del 1882 valorizzava la figura della direttrice laica, nominata con decreto reale, affidandole ilgoverno dell’indirizzo educativo e disciplinare e dell’ordinamento degli studi, prima direttidalla commissione. Con la nomina di direttrici laiche, i dissidi si riaccesero violentemente, tra-smettendosi anche all’esterno dei conservatori e rendendo estremamente difficile l’opera diriordinamento promossa dal nuovo personale laico dirigente in seno agli istituti. Come nelcaso della nomina a direttrice del Conservatorio di S. Bartolomeo di S. Sepolcro di AdeleCaccia, una figura di cui né vari sondaggi archivistici né ricerche su repertori biografici hannoconsentito di ricostruire il profilo.

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pre il più adatto, e che vi sono circostanze nelle quali occorrono mezzi più ener-gici e risoluti, pur serbando la moderazione nell’applicarli.

La suora che ha avuto sin qui l’incarico della direzione ha lasciato semprecamminar le cose alla peggio, forse per non aver brighe, né si curò d’altro chedelle pratiche religiose. Si fecero non poche ingiustizie a danno delle suore edelle educande, e nessuno pensò a riparare. Se alcuna di queste suore si trovaindisposta, e il medico ordina un diverso trattamento, si fa il sordo, e il danaroche dovrebbe essere impiegato pel buon andamento materiale e morale dell’isti-tuto si spreca nelle spese del culto, facendo apparire ben altro nel bilancio. E aquesto proposito mi pare, che quando si ha un direttore spirituale che celebra lamessa tutte le mattine, che dirige le confessioni e comunioni delle fanciulle, chedà, nei giorni prescritti dalla direttrice, istruzioni catechetiche, che prepara leeducande pel ricevimento dei sacramenti di cui mancano, non si dovrebbe averbisogno d’altro. Si potrebbe permettere la festa del titolare (S. Bartolomeo) ma èassolutamente necessario togliere tutte le altre funzioni religiose, impiegando avantaggio dell’istruzione il danaro che veniva speso in certe pratiche del culto.

Io ho chiesti i bilanci al r. operaio, che ora mi dà segni di grandissima bene-volenza, e ho detto che penserò a verificare tutte le spese che si fanno.

Nei rapporti col confessore ci devono essere delle trame occulte; per oranon ho che sospetti, ma so che si tengono col medesimo lunghissime conversa-zioni e che io sono quasi sempre il tema dei loro discorsi.

Mi è grato però sapere che nel paese si parli di me con qualche amore e sisperi che io possa fare del bene all’istituto. Anche le suore si lodano di me, népotrebbero fare altrimenti senza palese malvagità, perché io le tratto coi massimiriguardi, ma sono apparenze alle quali non convien fidarsi.

Temo, né senza ragione, di quelle arti maligne e finissime ch’esse solo cono-scono ed useranno per allontanarmi l’animo delle allieve e per togliermi anchela fiducia delle famiglie. V’ha una suora che s’accordò sempre assai bene collasuperiora, e fece da padrona per tutto ciò che si riferisce alle alunne. Povere fan-ciulle! Alcune son già divenute maestre nello spionaggio e nella finzione; la loromente è piena colma di superstizioni, di pregiudizi d’ogni genere. Ne dirò unache vale per tutte e darà fede intera alle mie parole. Per lungo tempo si è fattoportare alle allieve, come reliquia, una paglia del letto di Pio nono, né aggiungoaltro perché si può dedurne facilmente tutto il resto. Ho detto povere fanciulle,ma dovea dire povere famiglie; povera prole nascitura; povera società, con talidonne sì promettenti; povera nazione, se cotali ignoranze si dilatassero e se illatte dell’educazione pubblica fosse questo generalmente. È da porre riparoindubbiamente; anche una veemenza di modi sarebbe giustificata, ma si usi puremoderazione, che infine è il mezzo più energico ed efficace e dalla quale io nonsarò mai per uscire, perché ho caro il trionfo e voglio assicurarmelo.

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Sezione IX - Il contrastato processo di laicizzazione

Per seguire ancora un poco, qui circolavano molti giornali clericali, ed orason nascosti. Credo che questa cotale suora sia in corrispondenza coi Gesuiti eche si occupi degli affari d’ogni famiglia. Egli è certo che qualunque fatto scan-daloso succeda in paese, qui viene subito conosciuto. Un portatore di pettego-lezzi è anche un sagrestano esterno, che occorrerebbe far tacere. Sulle prime ladetta suora cercò d’impedirmi di parlare coi genitori; io la ho messa al dovere,ma so che ha scritto lettere alle famiglie, cercando col suo fare gesuitico, nelquale è maestra consumata, d’ispirare una certa sfiducia riguardo a me.Insomma è una donna pericolosa. Mi pare che tutte le istitutrici tanto della scuo-la pubblica, quanto dell’educatorio, non dovrebbero portare abito monastico.Qui invece lo hanno tutte, ed è un vestito incomodo, dispendioso e ridicolo. Lofecero porre anche alla più giovane l’anno scorso. Questa cosa m’ha sorpresa.

Vi ha una commissione che dovrebbe occuparsi del buon andamento delconservatorio, e fece poco o nulla pel passato. Tale commissione è compostadel signor Del Rosso, del senatore Collacchioni1 e del sindaco2, ch’è pure l’ope-raio dell’educatorio. Così il senatore come il sindaco sono parenti della cessatasuperiora, ma, come ho detto innanzi all’Eccellenza Vostra, il sindaco ora mi èbenevolo molto, e già fece cose che nessuno ha potuto ottenere prima di me equindi spero d’aver sempre il suo appoggio; ma tolto lui sono tutta sola e si puògiudicare delle difficoltà della mia situazione presente. Qui dalla cosa più lievealla più importante, tutto infine ha bisogno di radicali riforme. Conviene dun-que, ed ora stringo l’argomento, ch’io mi trovi in grado d’agire con animo tran-quillo, senza tema che celatamente si lavori a mio danno. Conviene prevenirel’opera della malevolenza, intimorirla, renderla, non che vana, impossibile. Iodesidererei pertanto, né veggo migliore e più sicuro spediente, che dal ministerogiungesse una lettera, che parlasse chiaro intorno al mio potere ed agli obblighidi queste signore assai ritrose a’ miei placidi voleri; che questa lettera fosse indi-rizzata al signor operaio, coll’ordine di venirla a leggere in conservatorio. In casodiverso io veggo di non poter riuscir a nulla, veggo che non potrò proseguirenell’opera mia con quel coraggio e con quel vigore che si rendono necessari.Qui non vale avvedutezza, né calma, né prudenza, né delicatezza. In luogo delcrocifisso emblema d’amore, di carità, starebbe assai meglio al collo di alcuna diqueste signore qualche altro emblema significativo di fierezza e doppiezza. Malasciamo pur loro il crocifisso e cerchiamo di farle degne di tale segno.

Ho fatta una narrazione un po’ lunghetta e prego la bontà della Eccellenza

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1 Giambattista Collacchioni, eletto deputato nel collegio di Sansepolcro per le legislatureVII e VIII e nominato senatore nel 1868.

2 Francesco Giovagnoli.

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Fonti per la storia della scuola

Vostra di volermi scusare, perché dovea pure giustificare il bisogno che ho dellapodestà suprema.

Supplico V.E. a fare che mi giunga il più presto possibile questo atto cheriduca tutti al dovere e m’avvalori nel penoso esercizio delle mie incombenze.

Non si potrà venire in sospetto ch’io m’abbia procurato tale soccorso, perchénon sarò creduta tanto animosa, e perché agli uffici superiori è naturale il comando.

Sono con profonda obbligazione e con rispettosissimo ossequiodella Eccellenza Vostra

Devotissima servaAdele Caccia

direttrice R. Educatorio F[emminile]

b. Disposizioni del ministro all’operaio del Conservatorio di S. Bartolomeo circale attribuzioni della direttrice.

Ibid., ms.

Roma, 17 ottobre 1883

Ora che stanno per riaprirsi le scuole di codesto R. Educatorio femminile iocredo utile di richiamare l’attenzione della S.V. intorno alle attribuzioni dellanuova direttrice per dissipare qualunque equivoco potesse sorgere in avveniresopra tale argomento.

La direttrice adunque dell’educatorio secondo lo spirito del regolamento 6ottobre 1867 e della circolare 27 dicembre 1882 n. 6941 presiede all’istituto per laparte educativa e disciplinare, ha la vigilanza sugli studi e sul relativo personaleinterno ed esterno senza trascurare, ove sia il caso, d’estendere tale vigilanzaanche all’andamento regolare dell’azienda economica interna. Essa sola pertantoà il dovere e il diritto di fare le sue proposte alla comm. amm. circa il ripartodelle funzioni fra [il] personale addetto all’istituto, tenendo conto per quanto èpossibile dei precedenti, ma sopratutto della capacità ed attitudine di ciascunoall’ufficio cui sarebbe chiamato, sia questo amministrativo o scolastico.

356

1 Si veda in proposito la relazione del 20 ottobre 1888 sui conservatori della Toscana afirma dell’ispettrice Guerrini, pubblicata in questa stessa sezione (doc. 47), che fa il punto sul-l’annosa questione della mancata osservanza delle disposizioni ministeriali da parte delle com-missioni amministrative degli istituti e delle loro «famiglie religiose».

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Sezione IX - Il contrastato processo di laicizzazione

Essa deve curare che tal personale si uniformi alle vigenti leggi ed ai regola-menti scolastici sottoponendo alla commissione i provvedimenti che stimerà piùacconci alla disciplina di esso e al più savio ordinamento dell’istituto.

Quale sia l’indole giuridica dei conservatori e come vadano intese le disposi-zioni degli art. 7, 8 e 9 del ricordato regolamento1 fu detto nella citata circolaredel 27 dicembre, e poiché dalle ispezioni fatte mi risulta che in codesto nonvenne mai osservato il disposto dell’art. 9 di tale reg., così è desiderio del mini-stero che la direttrice d’accordo con la S.V. s’occupi anche di ciò, limitatamentese si vuole a quelle signore che entrarono nell’educatorio e vi ebbero dopo l’an-no 1867 un ufficio educativo. La direttrice soltanto deve trattare colle famigliedelle alunne per quanto riguarda l’educazione loro e la loro condizione d’edu-cande, regolarne essa in conformità ai programmi le ore di scuola, di studio, dipasseggio, disciplinando ad un tempo la durata delle preghiere e il limite dellepratiche religiose nel fine di giovarsi bensì del sentimento religioso come d’unaforza educativa atta a crescere la bontà del cuore e la forza dello spirito, non giàa far questo angusto e quello pauroso o misero. Dovrà essa inoltre nei limitidelle disposizioni date dalla S.V. vigilare alla regolarità della spesa giornalieraoccorrente all’istituto e tenere quelle particolari [fatte] dalle alunne, riservandoleil diritto di riferire alla commissione le sue osservazioni e proposte quando lerisultasse taluna spesa inutile o fuor di misura.

Infine siccome la direttrice è la sola responsabile avanti la commissione e alministero dell’andamento dell’istituto nei suoi rispetti educativo e disciplinare,

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1 Tali articoli, che non erano mai stati esattamente osservati o fatti rispettare dalle commis-sioni amministrative, avrebbero invece dovuto gettare le basi della riforma dei conservatori:

«art. 7. La Commissione presenterà l’elenco delle signore ex oblate, che potranno utilmen-te impiegarsi nell’istruzione, nell’educazione e nel governo della famiglia, contemporaneamen-te al Regolamento interno. Quelle che sono proposte per l’istruzione, se non ne sono già prov-vedute, dovranno fornirsi di titoli legali per l’insegnamento. Le altre poi che, dopo questa scel-ta, non avranno ufficio speciale nell’Istituto, conserveranno il diritto di vivere nel medesimo,uniformandosi alle norme che, per l’ordine e la disciplina dell’Educatorio, saranno prescrittedal Regolamento interno.

art. 8. Non potranno da qui innanzi accogliersi nei Conservatorii aspiranti che non abbia-no i requisiti voluti per dare l’istruzione e l’educazione, né oltre il numero che sarà riconosciu-to necessario a questo fine.

Nel caso che tra le signore ex oblate mancasse il modo di provvedere al personale neces-sario alla educazione ed all’insegnamento, la Commissione sottoporrà al Ministero una specialeproposta.

art. 9. Le signore e le inservienti addette all’Educatorio non vestiranno abito monastico.Le inservienti saranno nominate dalla Commissione».In particolare, la disposizione contemplata dal primo comma dell’art. 9 – essenziale anche

al controllo sull’aggregazione di nuove reclute alla «famiglia religiosa» del conservatorio – ben-ché esplicitata e ribadita con vigore dalla circolare Correnti del 30 dicembre 1870, n. 296, anco-ra una volta non era stata in genere rispettata.

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Fonti per la storia della scuola

così essa sola ha nel conservatorio il diritto all’obbedienza di tutto il personaleche copre uffici educativi od amministrativi o che appartiene a quello inservien-te dell’educatorio.

Ad agevolare pertanto il non facile compito della direttrice e perché nessunodentro il conservatorio ignori i confini della sua autorità la S.V. è invitata a dare,nella forma che stimerà migliore e in presenza della direttrice, lettura e notizie diqueste disposizioni a tutte le persone che oggi fanno parte dell’istituto.

Dell’esecuzione vorrà compiacersi dare atto al ministero.

[per] Il Ministrofirmato Fiorelli

c. Esposto al ministro della superiora del conservatorio.

Ibid., ms. autografo.

S. Sepolcro, 26 febbraio 1884

EccellenzaLe ex oblate del R. Conservatorio di Sansepolcro provincia d’Arezzo osse-

quiosamente espongono alla E.V.Come attenendosi alla osservanza del regolamento dato ai RR. Conservatori

della Toscana da Pietro Leopoldo I fino dal 1785, non mai per esse rinnovato, leoblate che in progresso di tempo entrarono nel detto conservatorio, mantennerocostantemente vita laicale, non vincolata da voti, ma vestendo un abito unifor-me, limitandosi a quelle comuni pratiche religiose previste ed ordinate dald[ett]o regolamento, sottoponendosi sempre agli ordini veglianti, sotto la imme-diata dipendenza di un R. Operaio, e successivamente per le recenti leggi obbe-dendo ad una Commissione governativa composta di due deputati ed unOperaio, e rendendo conti nelle forme prescritte di anno in anno alle autoritàsuperiori incaricate della tutela di simili istituzioni;

Che sotto l’imperio delle vecchie e nuove leggi, il conservatorio attese allaeducazione intellettuale e morale delle alunne interne, e tenne aperte pubblichescuole elementari femminili non trascurando di provvedere a che l’insegnamentoimpartito tanto per le alunne interne come per quelle esterne procedesse regolar-mente ed a seconda dei programmi officiali, sostenendo spese non lievi per pro-cacciarsi l’opera di maestre idonee e legalmente abilitate, non che per corredare leloro scuole delle necessarie suppellettili e dei più indispensabili arredi scolastici;

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Sezione IX - Il contrastato processo di laicizzazione

Che a fare testimonianza del buon andamento dello istituto può invocarsi il fattoche il conservatorio fu per molti anni frequentato da oltre quaranta alunne interne,della cui educazione intellettuale e morale si mostrarono pienamente soddisfatte lerespettive famiglie: mentre le scuole pubbliche sono state sempre frequentate damolte alunne in numero non inferiore alle altre scuole pubbliche del paese;

Che però tali felici condizioni, nelle quali prosperava questo R. Conservatorio,vennero a cessare poco dopo che la signora Adele Caccia si presentò nella qualitàdi direttrice in questo istituto.

Le ex oblate, ossequenti alle superiori disposizioni, accolsero la signora Cacciacon tutta la cordialità e la debita deferenza, perché ad esse presentata nel decorsoluglio dal sig.r Operaio, senza neppure esigere la esibita dei documenti che giusti-ficassero essere la signora Caccia investita di tale ufficio, e con quali discrezionalipoteri. Si mostrarono sempre pronte a coadiuvarla nella riforma sia nei locali comenell’indirizzo educativo ed intellettuale che essa, competente com’è nella materia,credeva di dovere introdurre, senza trovare la minima irrazionale opposizione.

Se non che a poco a poco la signora Caccia, abusando forse della troppo faci-le arrendevolezza e buona fede delle ex oblate, invocando ordini espressi perso-nalmente dallo stesso sig. Ministro della P. I., incominciò a spiegare tale autocrati-co e dispotico impero, da rendersi insopportabile, nonché nei tempi attuali dilibertà e di eguaglianza in faccia alle leggi, anche sotto il più assoluto regime.

Di fatto la signora Caccia ha in sé concentrata l’amministrazione delle rendi-te dell’istituto, e disconoscendo l’autorità di quelle che erano Superiore elettenella forma stabilita dal regolamento1, come pure della economa, ha tolte a tuttele chiavi: non si degna di sedere alla mensa comune, ma si fa preparare un vittogiornaliero più succulento, che spesso divide con la ex oblata Giorni, la quale,associandosi alla signora Caccia, ha così con vera ingratitudine dimenticato ilbenefizio che le fu reso dalle ex oblate togliendola dalle strettezze di una poverafamiglia ed accogliendola come eguale, sebbene munita di sola patente elemen-tare di grado inferiore.

Mentre poi la signora Caccia tiene libera ed abituale conversazione conestranei all’istituto, qualche volta fino alle ore nove di sera, ha inibito alle exoblate di ricevere e parlare con i propri parenti e conoscenti, eccettuate due oredel giovedì e della domenica; impedisce alle altre di parlare con il sig.r Operaio,tantoché manda la sua servente a riceverlo ed accompagnarlo alla porta. Ha fattomurare le grate e la ruota del parlatorio, prescritte dal regolamento, e chedispensavano dall’introdurre, come ora, molte persone e poveri nell’interno del-l’istituto. È inibito alle ex oblate riunirsi per recitare le comuni preghiere, con-

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1 Per chiarimenti in proposito si rimanda nuovamente alla relazione del 20 ottobre 1888 afirma di Marietta Guerrini (cfr. doc. 47).

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suetudini non arbitrarie ed abusive, ma ordinate dal vigente regolamento.Vi è di più che tutte queste radicali innovazioni di ordine, di economia e di

mutua relazione, non risultano già da un nuovo regolamento, debitamenteapprovato e sanzionato dalla Commissione governativa, che non è stata giammaiconsultata, e comunicato a coloro che lo dovrebbero osservare, ma sono indetteda una legislazione sparsa con ordini dati da manifesti affissi nell’istituto, oimpartiti dalla signora direttrice oralmente con modi tutt’altro che temperati, noncome a colleghe ma a schiave, e per lo più con rara delicatezza di sentimenti nelrefettorio, asserendo che tutto viene dal signor Ministro della P.I.; che così essadispone e vuole; e a chi non piace se ne vada!...

Frattanto la signora Caccia niun risultato ha raccolto dalle pretese sue rifor-me; ha tutto demolito, nulla di sostanzialmente utile ricostruito; ed a poco apoco le educande hanno disertato l’istituto, essendo ora ridotte a dieci.

Eccellenza!Le ex oblate di questo R. Conservatorio sono ora rimaste in n. di 7, essendo

da pochi giorni morta la vice superiora, anch’essa oggetto della poca benevolen-za della sig.ra direttrice: alcune sorpassano gli anni 60 di età, ed hanno prestatoservizio all’istituto per oltre 40 anni. Le serventi sono n. 8, delle quali una di anni70 inferma da oltre 25 anni; una ha perduto di recente la vista, e due altre passa-no gli anni sessanta.

Sembrerebbe che ragioni di equità e di umanità dovessero suggerire a qualun-que animo retto e gentile di non amareggiare con ingenerose persecuzioni dellepovere e indifese donne che giunte alla vecchiaia trovano ineffabili dispiaceri eimmeritato disprezzo in un istituto, nel quale speravano invece chiudere tranquilla-mente una vita spesa, secondo le proprie forze, in vantaggio della educazioneintellettuale e morale di tante giovani alunne per il corso di molti anni alle lorocure affidate. Esse sono disposte ora, come per lo passato, a rispettare le leggivigenti e ad osservare quel regolamento che sarà loro imposto da chi ne abbia verae legittima autorità, in modo che siano conosciute ed osservate, indistintamente datutte, le migliori e sane regole di una civile convenienza, senza che niuno possaaccampare ingiusti privilegi ed imporre la propria volontà senza freno né legge.

Che se è poi desiderio che le ex oblate abbandonino questo R. Conservatorio,lo si dica francamente e lealmente, e non si costringano, di grazia, ad uscirnedisperatamente per isfuggire insopportabili e giornaliere persecuzioni, senzaalcun sussidio, acciaccate dagli anni e dalla mal ferma salute, ma si provveda inaltro congruo modo al loro necessario ed onesto sostentamento, che le attuali exoblate credono aversi guadagnato con lungo e conscienzioso servizio prestatonegli anni migliori della vita e fino al limitare della vecchiezza.

Tanto hanno creduto esporre le ex oblate alla E.V. nella ferma fiducia chevorrà, secondo la usata sua bontà ed equità, accogliere benignamente la loro

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Sezione IX - Il contrastato processo di laicizzazione

domanda e provvedere a’ termini di giustizia.

Sansepolcro, dal R. Conservatorio li 26 febbraio 1884.

Teresa Guelfi Superioraa nome di tutte le ex Oblate

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Il Collegio femminile di S. Benedetto di Montagnana e l’istituto educativo dellefiglie del Sacro Cuore a Este.

a. Richiesta indirizzata al ministero dal presidente della commissione ammi-nistrativa del Collegio di S. Benedetto di Montagnana 1 per la sollecita nomi-na di una direttrice.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 254, fasc. «1886. 27.Padova. 19», ms. con firma autografa.

Montagnana 8 Maggio 1885

Codesto R. Ministero, con nota 15 aprile u.s. n. 27-19652 accennando allanecessità che l’Istituto di S. Benedetto dalle Reverende Figlie del S. Cuore di

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1 L’istituto di Montagnana era stato fondato nel 1811 dal governo del Regno italico nellocale del convento soppresso di S. Benedetto, concesso in dono al Dipartimento del Brenta,ed aveva ospitato fin dalle origini un educandato e una scuola per esterne gestiti da personalelaico e posti sotto la vigilanza del podestà di Montagnana in qualità di delegato prefettizio. Ladifficile situazione finanziaria in cui il collegio si trovò ben presto si prolungò e si aggravòsotto l’amministrazione austriaca e nel 1859 la Congregazione municipale di Montagnana sti-pulò con le Figlie del Sacro Cuore di Gesù un contratto secondo il quale esse si obbligavanoad aprire nei locali dell’ex convento delle Benedettine una Casa regolare del loro istituto concollegio-convitto di educazione e scuola esterna gratuita per le ragazze povere; il comune siimpegnava a versare una somma annua e a coprire le spese di restauro e manutenzione. Dopol’annessione del Veneto al Regno d’Italia, a causa di contrasti con le Figlie del Sacro Cuoreemersi già prima del 1866, il comune decideva di ricorrere contro le suore in sede legale chie-dendo la risoluzione del contratto stipulato nel ‘59. La difesa delle suore fu assunta dall’avvoca-to Giovanni Battista Paganuzzi, che, a capo dei cattolici intransigenti veneti, divenne poi presi-dente del Comitato permanente e del Consiglio direttivo dell’Opera dei congressi. Il decreto

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Gesù1 passi di fatto alla dipendenza del governo, faceva invito alla commissio-ne scrivente d’iniziare le pratiche relative, valendosi, per le occorrenti spese,delle £ 3000 che, per intanto, eransi disposte sul bilancio della nazione.

La commissione con suo foglio 21 aprile pp. dichiarava di aver preso attodella succitata nota, e soggiungeva tenersi in attesa delle decisioni ministerialisulla proposta concertata col sig. provveditore agli studi di Padova2 e dal medesi-mo riferta al centrale dicastero, fra cui precipua «l’immediata elezione di unadistinta direttrice, per affidarle senza indugio il Collegio di S. Benedetto, sia che leReverende Figlie dichiarino di permanere oppure di abbandonare l’educandato».

Con nota 1 maggio corr. n. 400, il sig.r provveditore avverte la Commissioneche le Reverende Figlie dichiararono al ministero di non poter ottemperare alleingiunzioni fatte di accettare l’intervento nel governo dello stabilimento dellacommissione e della direttrice, e manifesta la credenza che sarà fra breve inviatoin Montagnana il personale necessario pella direzione e pelle scuole.

Senonché, non essendo per anco pervenuta alla commissione alcuna notiziasull’argomento, essa non può a meno di significare al R. Ministero, che ogniremora, fosse pur brevissima, nella elezione ed immissione nelle sue mansionidi distinta direttrice, comprometterebbe gravemente la trasformazione in laicodel religioso Educandato di S. Benedetto, imperocché avendo di già leReverende Figlie del S. Cuore fatto acquisto, nella vicina città di Este, di un fab-bricato per trapiantarvi il loro istituto, ed essendone prossimo il termine dell’alle-stimento, riescirà loro agevole ottenere dalle famiglie l’assenso di completare l’e-ducazione delle giovanette che hanno in custodia. Se il provvedimento ministe-riale richiesto fosse immediato, non avendo le Reverende Figlie mezzo lì per lì didislocarsi altrove con tutte le alunne, la commissione traendo partito dalla confu-sione in cui sarebbero coinvolte, potrebbe persuadere buon numero di genitoria lasciare le loro figliolette nell’Istituto di S. Benedetto, affidandole della bontàdell’educazione che sarà impartita dal personale governativo.

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del 21 febbraio 1884 col quale il collegio fu dichiarato istituto pubblico educativo dipendentedal Ministero della pubblica istruzione, da riordinare e governare in base al decreto del 29 giu-gno 1883, in armonia con le leggi vigenti sull’istruzione, segnò la svolta decisiva. In base a taledecreto, vennero nominati i membri della Commissione amministrativa per la cura dell’aziendapatrimoniale, che dovevano essere affiancati, per quanto atteneva all’ordinamento degli studi eall’indirizzo educativo e disciplinare, da una direttrice, e il presidente e i due consiglieri si tro-varono immediatamente di fronte al rifiuto delle Figlie del Sacro Cuore di accettare l’interventodella Commissione nella direzione dell’istituto. Cfr. Il “San Benedetto”. Storia e vita dell’edu-candato di Montagnana, 1811-1986, Padova, Tip. “Maseratense snc” Maserà di Padova, 1986.

1 Le Figlie del Sacro Cuore di Gesù vennero fondate a Bergamo nel 1831 da TeresaEustochio Verzeri insieme al canonico Giuseppe Benaglio e si diffusero nel Lombardo Veneto.Le loro costituzioni furono approvate nel 1841.

2 Carlo Gioda, provveditore agli studi di Padova dal 1878 al 1885 (cfr. nota 2 al doc. 43a, p. 340).

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Sezione IX - Il contrastato processo di laicizzazione

È intuitivo che senza un nucleo delle attuali convittrici, tornerà ardua impre-sa quella di impiantare ex novo un educandato.

Compiacciasi quindi il R. Ministero di tosto eleggere, se per anco non loavesse fatto, la desiderata direttrice e qui inviarla senza indugio.

Il PresidenteA[lvise] Carazzolo1

b. Istruzioni del ministro al presidente della commissione amministrativa delCollegio di S. Benedetto di Montagnana.

Ibid., ms.

Roma, 19 maggio 1885

In considerazione dei motivi addotti da V.S. Ill.ma, propugnati per lettera dal r.provveditore di Padova ed a voce qui dall’onorev.e deputato Chinaglia2, ho solle-citamente provveduto alla nomina della direttrice di codesto istituto educativo diS. Benedetto nella persona della sig.ra Adele Caccia, cui ho dato incarico di porge-re la presente a Vossignoria. Provetta nell’arte di educare e d’istruire, dotata diegregie qualità morali essa ha pienamente corrisposto all’aspettazione di questoministero nell’ufficio fin qui esercitato di direttrice del R. Conservatorio di S.Sepolcro. Le condizioni difficili del predetto conservatorio, nel quale tutte le arti,anche le meno confessabili sono state incessantemente adoperate, se talvolta leturbarono l’animo non la resero mai vacillante nell’adempimento del suo dovere.Or tutto ciò io son lieto di attestare vuoi per dar notizie della persona, vuoi pertrarne l’affidamento che dell’opera di lei avrà molto a vantaggiarsi codesto istituto.

Nel quale forse la egregia donna si troverà subito di fronte a difficoltà nonmeno gravi di quelle contro le quali ebbe molto [a] lottare fin qui. Ma essa vi èpreparata, ed io non dubito che i fatti daranno ragione alle sue promesse dibuon volere e di operosità, se, come son sicuro, non le mancheranno l’aiuto ed imigliori uffici di codesta commissione.

La S.V. Ill.ma accompagnata dagli altri componenti la commissione ammini-

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1 Liberale padovano, deputato nella IX e X legislatura per il collegio di Montagnana. Fupresidente della commissione amministrativa dell’educandato dal 1883 al 1886.

2 Luigi Chinaglia (Montagnana 28 gennaio 1841 - 21 luglio 1906) fu deputato per i collegidi Montagnana e di Padova dalla XII alla XXI legislatura. Cfr. nota 1 del doc. 46d, p. 367.

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Fonti per la storia della scuola

strativa vorrà procedere subito, giusta gli accordi seguiti, allo insediamento dellasig.ra Caccia. Ed avrà cura che questa possa senza indugio mettersi in rapportocon le educande, mentre salvi i maggiori ed opportuni riguardi di forma intimeràalle suore di cedere il governo dell’istituto, lasciando loro il tempo strettamentenecessario per lo sgombro e cercando d’impedire ch’esse profittino delle risorsedell’ultima ora per influire comunque sull’animo delle giovinette. Contempo-raneamente sarà vero e grande pregio dell’opera, se si potrà in qualche modooperare presso le famiglie prevenendo o neutralizzando l’azione contraria giàspiegata e che a rinforzar si attende forse dalle suore il momento opportuno. Inquesto senso ho già rivolto istruzioni anche all’autorità scolastica provinciale,alla quale ho inoltre commesso di mettere a disposizione di codesta commissio-ne la somma di Lire 5000, che perintanto deve servire per far fronte alle prime epiù urgenti spese, considerato che le suore debbono lasciar l’istituto nello statoin cui trovasi, salvo dimostrino preciso il diritto di proprietà sulla parte mobilia-re. Insediata la direttrice e lasciato l’istituto dalle suore, sarà certamente utile senon addirittura necessario provvedere senza ritardo alla sostituzione delle perso-ne preposte agli insegnamenti e fors’anco al servizio interno. A tal scopo la S.V.Ill.ma per quanto risguarda le prime non avrà che a telegrafare al ministero, ilquale in pochi giorni provvederà con tre abili maestre, salvo ad aumentarne suc-cessivamente il numero, quando ne sia dimostrato il bisogno. Al personale diservizio provvederà la commissione. Intanto la stessa direttrice non avrà diffi-coltà d’assumere qualche insegnamento, e del resto fino all’arrivo delle nuoveinsegnanti la S.V. vedrà, d’accordo con la direttrice, quale accorgimento potràessere rimedio acconcio ad impedire ne derivi danno all’istituto.

Il ministro[Michele Coppino]

c. Relazione al ministro della direttrice del “S. Benedetto”.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 232, fasc. «1885. 27.Padova. 15», ms. autografo.

Montagnana, 8 giugno 1885

Mi pongo a narrare a V. Ecc. l’esito della missione che mi venne affidata perl’Istituto di Montagnana, riuscita a nulla precisamente, salvo le noie, le tergiversa-zioni e i disgusti da stancar l’animo più tollerante, e ciò per buon numero di giorni.

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Sezione IX - Il contrastato processo di laicizzazione

Potrei quasi dire che non era preparata a tante scene, benché conoscea per provala durezza delle monache, la invincibile tenacità, la lunga loro simulazione e la finamalizia soverchiante quella del mondo. Bisogna dire che i chiostri sieno scuole d’ir-requietezza; ma scendo ai particolari che mi farò ad esporre assai brevemente.

Seguendo gli ordini ricevuti io mi sono portata a Montagnana subitamente,ed era il 21 maggio; ma questa mia sollecitudine tornò vana, perché avendo lacommissione invitato il provveditore agli studi a venire sul luogo, mi disse checonveniva attendere il suo arrivo. In questa aspettazione son passati due buonigiorni, nei quali certo sarà trapelato il secreto, e le suore avranno avuto campodi mettersi sulle difese e ordire le loro trame.

Arrivato il provveditore, ch’era il giorno 23, entrò da solo nel collegio perannunciare la mia venuta, ed io l’ho seguito poco appresso in compagnia dellacommissione. Allora grande concitamento, ed una pioggia di proteste controtutti: governo, commissione, direttrice.

La superiora non volle ch’io le fossi presentata. Costretta infine a venire nellasala dove io mi trovava, non mi volse nemmeno la parola. Si rifiutò di far vedereil locale alla commissione, di consegnare chiavi e registri. Ripeteva sempre conapparente ingenuità: Non so nulla non posso far nulla, attendo ordini superiori.Venne la sera, e gli ordini, com’è naturale, non eran venuti. Capitò poi il loroavvocato Paganuzzi, clericale pronunciatissimo, che usò meco modi villani, e alui s’aggiunse l’avvocato Nazzari di Este, suo degno compagno.

Io appena entrata nell’istituto, espressi il desiderio che fosse messa alla portapersona di piena fiducia, affinché mi annunciasse i parenti che fossero venuti,ben pensando che le suore avrebbero cercato di attirarli a sé, e diceva che fossechiuso ogni altro accesso. Questa chiusura non si volle fare e parecchi genitorientrarono per altra porta. Così taluni si presentarono da noi dopo aver parlatocolle suore, e quindi inveleniti e punto disposti ad intender ragioni. Le suore get-tarono lo scompiglio nelle famiglie, inviando in ogni parte telegrammi che atter-rirono i genitori. Quattro reverende si portarono all’istante nei paesi più vicini adiffondere la mala novella ed accendere gli animi.

Il paese fu messo sossopra: per otto giorni fu un continuo andirivieni digente commossa ed esaltata.

Le suore atteggiandosi a vittime, fabbricando menzogne, di che son maestre,riuscirono a volger tutti gli animi in loro favore, e gettare l’obbrobrio sui funzio-nari governativi ed esposti a mille contumelie.

Che poteva mai fare in tanto concitamento? Io mi son ben adoperata per far cono-scere ai genitori, che ho potuto vedere, i savi intendimenti del governo; ho cercato dimettere in chiaro le cose e di calmare le persone; non ritrassi che ingiurie e dileggi.Usai modi rispettosi con tutti; ogni cosa fu vana: la mia tolleranza non mi valse a nulla.

In tre giorni erano scomparse tutte le fanciulle e disertato quindi l’istituto.

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Ecco il fine a cui si è giunti, fine non al tutto prevedibile, per quanto si calcolassesulle arti più maligne.

Dal 23 maggio si venne al tre giugno, nel quale giorno il provveditoredichiarò alle suore apertamente, che avea l’ordine di usare la forza per farle usci-re, ed uscirono in effetto attraversando trionfalmente la città1.

Este, guasta dalla signoria dei preti, le ha accolte con grandissimo festeggia-mento. Hanno trovato un locale già pronto, nel quale si lavora alacremente peraccomodarlo ad uso di collegio. Con le suore son 25 allieve, diverse delle qualiappartenenti a famiglie di Este.

L’Istituto di Montagnana per intanto resterà chiuso per dar tempo agli animi ditranquillarsi e per fare anche le necessarie riparazioni al locale che si trova in catti-vo stato, perché nelle lunghe contese fra il municipio e le religiose non si è fattoalcun lavoro salvo che non fosse di estrema urgenza. La riapertura avrà luogo pro-babilmente in settembre. Per ora dunque la mia permanenza in Montagnana si èresa inutile ed io desidero di far ritorno al mio Educandato di Sansepolcro dove cisarà certo bisogno dell’opera mia e dove troverò d’occuparmi per gli esami finali,e potrò anche ricomporre l’animo sconcertato, benché mi riduca tra nemici, ma unpoco ammansati dal pubblico sentimento ch’è in mio favore. Son certa che V. Ecc.troverà giusto questo mio desiderio e procurerà di soddisfarlo subito.

Da tutti qui viene riconosciuta la necessità di negare alle suore riparatesi inEste la permissione di aprire colà un altro convitto. Qui non è da guardare, mipare, ai titoli dell’insegnamento di cui sono in possesso, né da seguire la genero-sa legge letteralmente. Questo è un caso eccezionale che vuol esser regolato conprincipii d’ordine più elevato sommamente morale e civile. Se cacciate da unluogo le Figlie del S. Cuore venissero sopportate in un altro, parrebbe violenzaquello che si è operato per equità grandissima, e molto importa mantenere talesentimento per correggere i giudizi e frenare le dicerie.

Attendendo mi venga accordato da V. Ecc. il permesso di partire per Sansepolcromi professo coll’ossequio più riverente

Di Vostra EccellenzaDevotissimaAdele Caccia

366

1 Come si apprende dai dispacci telegrafici conservati nello stesso fascicolo, informato dalpresidente della commissione che le suore si rifiutavano di abbandonare l’istituto e avrebberoceduto soltanto alla forza, il prefetto di Padova Luigi Berti, che suggerì allora di non sospende-re l’azione intrapresa dal governo, fu invitato dal ministro Coppino, con un telegramma chereca la data del 26 maggio, a provvedere perché, adottando una forma conveniente e riguardo-sa nei confronti delle suore, si mantenessero ferme le disposizioni del governo, facendo ese-guire il decreto del 21 febbraio 1884.

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Sezione IX - Il contrastato processo di laicizzazione

d. Relazione «riservata» del prefetto presidente del Consiglio provinciale scolasti-co di Padova al ministro sull’Istituto delle Figlie del Sacro Cuore a Este.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 254, fasc. «1886. 27.Padova. 19», ms. con firma autografa.

Padova, 10 marzo 1886

In seguito alla nota n. 114109/27 dell’8 gennaio u.s. fu mia cura d’indagarese convenisse di ripresentar la questione delle Figlie del Sacro Cuore in Este aquesto Consiglio scolastico provinciale, invitandolo a pronunziarsi se fosse o noopportuno di concedere loro la chiesta autorizzazione1.

Sa il ministero che ripetutamente fu respinta la domanda di quelle suoremancando or l’uno or l’altro titolo voluto dalla legge e ch’esse, persistendo sem-pre nella loro domanda, si misero in piena regola, tanto che questo Consiglioscolastico nella sua seduta del 25 settembre p.p. dichiarava a grande maggioran-za di voti che non vi erano sufficienti motivi per opporsi alla fatta dimanda.

Portar ora la delicata questione nuovamente in Consiglio parrebbe cosaalquanto grave, giacché v’è da credere che la maggioranza non ammetterebbe laragione della inopportunità e la proposta correrebbe pericolo di non essereapprovata.

367

1 Con una comunicazione dell’8 gennaio 1886 – la cui minuta è conservata nello stessofascicolo – Coppino aveva invitato il prefetto a riproporre all’attenzione del Consiglio scolasti-co la richiesta di autorizzazione presentata dalle Figlie del S. Cuore per il loro istituto di Este,sostenuta anche da un’istanza presentata al re il 30 settembre 1885 dal patriarca di VeneziaDomenico Agostini. Il ministro dichiarava di non potersi ritenere soddisfatto del fatto che ilConsiglio si fosse limitato a constatare l’adempimento delle formalità previste dalla legge, rite-nendo che, al di là di esse, fosse «essenziale garantire il pubblico interesse dalle insidie con cuiquesti avanzi inconciliabili d’un passato oramai liquidato attenta[va]no ora segretamente ed orain modo palese ai civili ordini esistenti». Sulla scottante questione, riproposta dalla vicendadell’Istituto di Montagnana e di quello di Este, alla Camera dei deputati era intervenuto nel giu-gno ‘85 Luigi Chinaglia. Lamentando la scarsità degli stanziamenti governativi per il riordinodegli istituti pubblici e laici di istruzione femminile, che, assediati dall’ostilità dei clericali, ave-vano bisogno di fondi per svilupparsi ed acquistare nuovo credito presso le famiglie, il deputa-to aveva alluso, anzi, proprio ai fatti allora verificatisi a Este e nella sua Montagnana: «Di recen-te si son visti i padri e le madri far causa comune con le monache oppositrici, allearsi alle loroquerele o quasi augurarsi che, trapiantate altrove le tende dei claustri, possano queste renderedeserti di alunne gli istituti che si vogliono riformare» (AP, Camera dei Deputati, legislatura XV,Discussioni, 2a tornata del 19 giugno 1885).

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Fonti per la storia della scuola

L’insistenza da parte dell’autorità potrebbe essere creduta una pressione, e leconseguenze sarebbero, probabilmente, di creare una divisione nel Consiglioscolastico, il quale ora funziona con mirabile armonia.

Fra i consiglieri scolastici, i quali si mostrerebbero opponenti alla proposta,vi sarebbero uomini fra i più stimati del paese e fra questi il nuovo presidentedel Consiglio provinciale1, rispettabilissimo e liberalissimo uomo e il cui voto èassai autorevole.

Lo scrivente fa notare ancora che le condizioni dei partiti nel paese e, perriflesso, nel Consiglio comunale di Este sono tali che nuocerebbe assai il soprag-giungere di un’altra questione, la quale contribuirebbe a creare una maggioredivisione negli animi. D’altronde sorgerebbe pronta l’opposizione a dire perchémai si voglia negare alle Figlie del Sacro Cuore quello che è concesso in Este, equi in Padova, ad altre comunità religiose con intendimenti retrivi e in modo benpiù pericoloso ed aperto.

L’istruzione che si dà dalle Figlie del Sacro Cuore in Este, come è statodichiarato dal provveditore cav. Gioda, uomo di provata onestà e di principiiliberali, non risultò contraria alle patrie istituzioni, né alcuna protesta sorse inEste contro il detto istituto, anzi tutt’altro! quelle suore non diedero inoltre occa-sione ad alcun disordine.

Quello che risulta d’illegale invece è questo, ch’esse, sebbene diffidate, amezzo del commissario distrettuale per ordine di questa prefettura, a non aprireil loro istituto se non dopo ottenutane l’ufficiale autorizzazione, tengono egual-mente scuola sotto il titolo di scuola paterna. Fu segnalato dall’ispettore scolasti-co d’Este, interpellato verbalmente sull’argomento, che le Figlie del Sacro Cuorefanno concorrenza al nuovo collegio di Montagnana, ch’è sostenuto dal gover-no, e che alcune alunne le seguirono da Montagnana e che fanno pure concor-renza, certo non utile, alle scuole municipali di Este, ma le Figlie del SacroCuore, sostenute da abili e fanatici avvocati, farebbero valere questi argomenticome titolo di onore, come prova che godono la fiducia del pubblico; che il loroinsegnamento vale più degli altri, e ne tirerebbero la conclusione che il governo,colla violenza, tenta di sopprimerle.

Tutte queste cose lo scrivente ha voluto manifestare senza reticenze a V.E.,affinché possa Ella considerare nella sua saviezza la delicata questione con pienae sincera cognizione di fatti, e dare quegli ordini che crederà più opportuni.

per il prefetto presidenteL[uigi] Barusso2

368

1 Domenico Coletti.2 Consigliere delegato.

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e. Risposta del ministro al prefetto presidente del Consiglio provinciale scolasticodi Padova.

Ibid., ms.

Roma, 24 aprile 1886

Poiché la S.V.I. assicura che tutte le formalità prescritte dalla legge furonoadempiute dalle Figlie del Sacro Cuore in Este consento che alle medesime siadata facoltà di aprire il privato istituto, per cui han fatto domanda.

Desidero però, e ne fò speciale raccomandazione a V.S. Ill.ma, che codestoufficio scolastico eserciti continuamente e con molta severità la vigilanza che glicompete sull’istituto stesso vuoi nel rapporto dell’igiene del locale e sia in quellodelle capacità ed attitudini delle persone preposte all’insegnamento, come infinesul generale indirizzo didattico, il quale è necessario che sia ora non solo, mache si mantenga costantemente conforme alle vigenti regole sulla pubblica edu-cazione in Italia.

La S.V.I. vorrà a suo tempo favorirmi un cenno di ricevuta

Il ministro[Michele Coppino]

47

Relazione dell’ispettrice governativa Marietta Guerrini sui conservatori dellaToscana indirizzata al direttore della Divisione per l’istruzione primaria epopolare 1.

369

1 Girolamo Nisio. Insegnante, preside del Liceo di Bari, dal 1868 provveditore agli studi aPalermo, Napoli, Ancona, proseguì poi la carriera nell’ambito dell’amministrazione centrale delministero: capo di gabinetto nel 1880, ispettore centrale e dal 1883 direttore della Divisione perl’istruzione tecnica, direttore della Divisione per l’istruzione primaria e popolare nel 1887-1888.Nel 1889 passò nei ruoli del Ministero degli affari esteri come ispettore generale delle scuoleitaliane all’estero.

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Fonti per la storia della scuola

ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione primaria e popolare, Istituti femminili, Ispezionie relazioni (1884-1902), b. 22, fasc. 49, ms. autografo.

Roma, 20 ottobre 1888

Ill.mo signor commendatore

Io ho scritto tante volte dei conservatori della Toscana che procurerò diessere brevissima in questo nuovo riepilogo.

Uguali tutti negli ordinamenti, possono dividersi in due categorie. La primadi quelli istituiti dal Granduca Pier Leopoldo in luogo di monasteri di clausura,ch’egli stesso avea soppressi: li riordinò a conservatori di semplici oblate, allequali impose l’obbligo di impartire l’istruzione elementare, allora assai limitata,alle ragazze del popolo, e le lasciò libere poi di tenere anche un educatorio apagamento per signorine1. Per questi conservatori Pier Leopoldo fece, nel 1785,un regolamento assai buono per quell’epoca.

I conservatori della seconda categoria sono quelli detti “della Corona” istitui-ti dal Granduca Ferdinando III, nel 1816, in quei monasteri che, lasciati sussiste-re da Pier Leopoldo, erano stati soppressi dai francesi nel 18102. Questi conser-vatori sono 15: ad essi Ferdinando III impose gli stessi obblighi e lo stesso rego-lamento dei primi; però mentre i primi conservarono il loro patrimonio, maggio-re o minore secondo che era più o meno ricco il convento dal quale derivavano,i secondi ebbero un annuo assegno, da Ferdinando III, eguale per tutti, e perciòstabilì che anche le oblate non potessero essere mai più di 16 per ogni conserva-torio. Il conservatorio di Cortona e quello di Sambuca Pistoiese, istituiti dopo glialtri, ebbero un assegno minore.

Nel 1867 il commendatore Coppino, allora ministro della Pubblica istruzio-ne, pensò di riordinare questi conservatori, lasciandoli però sussistere tutti, pernon togliere ai singoli comuni il vantaggio di avere il loro piccolo educatorio el’aiuto al municipio per la scuola elementare delle fanciulle. Ne riordinò l’ammi-nistrazione3; volle eseguita la legge sia per l’abilitazione delle maestre, che per i

370

1 Sull’articolazione istituzionale creata dalle riforme leopoldine sul terreno dell’educazionee dell’istruzione femminile cfr., in particolare, C. FANTAPPIÈ, I conservatori toscani nell’età diPietro Leopoldo… citata.

2 Sulle soppressioni napoleoniche e l’istituzione di nuovi conservatori da parte diFerdinando III cfr. I. BIAGIANTI, La soppressione dei conventi nell’età napoleonica, in LaToscana nell’età rivoluzionaria e napoleonica, a cura di I. TOGNARINI, Napoli, EdizioniScientifiche Italiane, 1985, pp. 443-453 e O. FANTOZZI MICALI, P. ROSELLI, Le soppressioni dei con-venti a Firenze... cit., pp. 26-43.

3 Nota al testo: «Si veda il regolamento 6 ottobre 1867 firmato Coppino e approvato conregio decreto del 6 ottobre 1867 n. 1941».

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programmi della scuola; e ordinando che le oblate addette all’istituto educativosvestissero l’abito monastico, e che non fossero ammesse altre persone nel con-servatorio se non quelle strettamente necessarie all’educazione1, intendeva chequesti conservatori venissero via via secolarizzandosi. Tutto questo egli stabilivacol suo regolamento del 6 ottobre 1867, composto di 14 articoli, distribuiti in tretitoli: 1. Amministrazione, 2. Ordinamento interno, 3. Istruzione.

Ebbene questi provvedimenti non ebbero, almeno in parte, il loro effetto.Eseguiti i titoli 1 e 3, il 2°, che riguardava principalmente il personale dirigente,venne da molti trascurato.

L’articolo 5° si esprime così: «La commissione, entro il termine di due mesidopo la sua nomina, preparerà un regolamento interno che sottoporrà all’appro-vazione del Ministero della pubblica istruzione».

Prima di tutto devo far osservare che questo articolo, non eseguito, credo,da nessuno riguardo al tempo, non lo fu nemmeno in seguito da varie commis-sioni amministrative, le quali per questo non devono essere considerate come lemeno ossequenti alla legge, ché anzi fu il contrario. Questi regolamenti internidoveano modellarsi su quello del ministro, sicché vari amministratori si attenne-ro esclusivamente a quello, fecero alcune disposizioni per l’orario, per l’anda-mento economico ecc. ecc. e non credettero di fare proprio un nuovo regola-mento: generalmente questi amministratori non permisero altre monacazioni neiconservatori che amministravano.

Negli altri fu scritto il regolamento interno, ricco di molti articoli, nel quale nonsi diceva apertamente di mantenere la corporazione delle oblate, ma si stabiliva chela superiora-direttrice si scegliesse da loro, radunate in capitolo; che le nuove mae-stre dovessero, dopo un certo tempo di prova, essere accettate o no dal capitolostesso; insomma un tutt’insieme che mostrava l’idea di mantenere la corporazione.

Intanto al ministro Coppino ne era successo un altro. Furono dunque pre-sentati questi regolamenti sotto nuove amministrazioni: forse non furono esami-nati; o lo furono da chi non ne conosceva i precedenti, o fors’anche da chi, peropinione propria e proprio convincimento, credeva migliore il conservatorio talequal era, che colla riforma voluta; il fatto è che furono approvati e firmati daquesto o quel segretario generale.

In uno o due solamente dei conservatori, che si attennero al regolamentodel ministro, fu fatto eseguire l’articolo 92. In tutti gli altri le oblate addette all’e-ducatorio restarono vestite da monache come le altre. Questa invero sarebbeuna minima e perdonabile infrazione alla legge, ma ha servito a meglio eludere

371

1 Nota al testo: «Articoli 7, 8, 9 del sudd.to regolamento».2 Nota al testo: «Art. 9. Le signore e le inservienti addette all’Istituto non vestiranno abito

monastico».

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la vigilanza dell’autorità sulle nuove vestizioni che si andavano facendo.Così ci fu una vera confusione. Le oblate dei conservatori, che si erano assog-

gettati alla legge non ammettendone di nuove, si pentirono della loro obbedienzae bonarietà; e negli altri si continuarono le nuove vestizioni, tollerate, per non direprotette, dagli operai e dalle autorità. Il ministero richiamò all’ordine questi istituticolla circolare n. 694 firmata Costantini, in data del 27 dicembre 1882.

La circolare dice chiaramente che l’antica famiglia religiosa è destinata ascomparire e non deve essere sostituita da una nuova; che le nuove maestredevono essere secolari, proposte dalla commissione e nominate dal ministero;ma chi s’è curato di questa circolare? A sentir loro, nessuno l’ha ricevuta; ma èstata ricevuta e messa nell’archivio, forse senza leggerla. Lo stesso si è praticatocol decreto reale 29 giugno 1883, n. 1514 (serie 3a) col quale il ministero richia-ma la sua autorità e il suo diritto di nominare la direttrice. Le cose sono a talpunto che ci sono operai, e fors’anche qualche regio provveditore, che nonsanno nulla né del regolamento del 1867, né di questi altri documenti più recen-ti, e che trovano perciò naturalissima la sostituzione di oblate nuove alle vec-chie. Nel conservatorio di S. Giovanni Valdarno, per esempio, la direttrice e lemaestre delle scuole interne ed esterne sono tutte oblate vestite dopo il 1867;delle antiche ce ne sono quattro sole, tre molto vecchie e l’economa; qui è pro-prio il caso della nuova famiglia religiosa sostituita all’antica.

Ogni volta poi che si procura di richiamare questo o quel conservatorioall’osservanza della legge, cominciano i reclami, si mettono in moto senatori edeputati, si prova che l’introdurre una direttrice o maestra secolare fra le oblate èlo stesso che introdurvi la discordia, che i parenti non si fidano delle secolari eleveranno le figliuole dall’istituto e, infine, portano l’esempio di altri conservato-ri, lasciati in pace per quel momento, dove ci sono pure delle oblate non anti-che, sicché queste oblate, invece di convenire che sono in opposizione collalegge, si credono lese nei loro diritti.

Se la legge si fosse fatta eseguire da tutti i conservatori, senza eccezioni, econtemporaneamente sin da principio, ci sarebbe stato un po’ di fermento sì, masiccome venivano tutti secolarizzati, così i genitori avrebbero continuato a met-tere le loro figlie in quello che fin allora aveano preferito e da molti anni tuttosarebbe ordinato e tranquillo, né alcuno più penserebbe alla riforma del 1867.Adesso invece ogni volta che vien sostituita una direttrice secolare alla oblatasuccede una piccola crisi, che finisce prima o poi, secondo che la nuova direttri-ce ispira maggiore o minore fiducia.

È proprio un vantaggio che sieno tolte queste oblate? Fra le antiche c’eraqualche brava donna, ma in generale erano superstiziose, ignoranti, poco ordi-nate e difficilmente si sarebbe potuto ottenere da loro una riforma nell’istruzio-ne, nell’educazione, nell’economia domestica più confacente ai presenti bisogni;

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le nuove vengono su con idee più larghe e tra loro stesse giovani e vecchie nons’accordano troppo. Le une e le altre, però, confrontate con quelle falangi dimonache nuove, che pullulano da ogni parte e sono create dalla reazione,hanno il vantaggio di non essere reazionarie, di essere anzi ossequenti alle leggi,ma non vogliono eccezioni né privilegi.

Dobbiamo ancora confessare che se abbiamo fra le secolari bravissime mae-stre ed abili direttrici, non sempre si sanno mettere bene e adatte al posto loro;che parecchie dopo aver fatto mille pratiche per ottenere un posto in un istitutovi entrano come vittime, ci stanno di mala voglia, hanno il cuore e la mente atutt’altro, non vedono l’ora di uscirne e, in questo stato dell’animo loro non sioccupano dell’educazione morale delle giovanette, alle quali comunicano piut-tosto il loro malcontento.

Le oblate, invece, ed anche altre suore, che si dedicano volontariamenteall’educazione delle fanciulle e ne fanno lo scopo della loro vita, adempiono illoro dovere più coscienziosamente, con maggior profitto e acquistano dallealunne stima e fiducia.

Questo per me è l’unico vantaggio delle monache sulle secolari, fra le qualice ne sono di veramente buone e per fortuna non tanto rare; bisognerebbesaperle scegliere quando si mettono negli istituti, e por mente nel nominarle albene dell’istituto e non solo al vantaggio della richiedente.

Ad ogni modo la legge sulle oblate è stata fatta e per me credo sarebbegrave errore il non farla eseguire, anche per un’altra considerazione.

Se il governo lasciasse perpetuare le oblate è evidente che ogni volta chedeve nominare una nuova direttrice o maestra, o deve nominare ciecamente l’o-blata che gli viene proposta e allora dov’è la sua autorità sul regio conservatorio?o nomina una secolare, perché la ritiene più meritevole e capace e avrà a lottarecolle pressioni delle oblate che non la vorranno.

Esse mettono ancora in campo il vantaggio economico, perché le oblate sicontentano di una retribuzione annua di 100 lire e anche meno. Questo è vero,ma è anche vero che, mentre con un ordinamento secolare, in uno di questi pic-coli conservatori, basterebbero una direttrice, tre maestre e tre persone di servi-zio, colle oblate, tra le vecchie e le inferme, c’è sempre un numero di 16, o 18, o20 persone, poco più poco meno; sicché quello che si risparmia nello stipendiosi spende nel mantenimento.

È certo che per questi conservatori bisogna prendere un provvedimento, siapure semplice e mite, ma che sia fatto eseguire contemporaneamente ed assoluta-mente da tutti, senza eccezione di sorta. Meglio non prender nessuna decisione cheprenderla e non farla eseguire. Le oblate stesse dicono: mal comune mezzo gaudio;e non farebbero nessuna ostilità quando fossero ben sicure 1° che il provvedimen-to è eguale per tutte; 2° che i loro amministratori sono decisi a farlo eseguire.

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Fonti per la storia della scuola

Non ho unito a questa mia i documenti stampati – regolamento del 1867, cir-colare del 1882, regio decreto del 1883 – perché ne ho una copia sola e al mini-stero ci sono; e nemmeno l’elenco dei conservatori della Toscana perché io stes-sa non l’ho completo.

Mi creda, sig. commendatore, con sincera stima

Della S.V. Ill.maDevotissima

Marietta Guerrini

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Comunicazione al ministro del provveditore agli studi della provincia diFirenze Ernesto Masi sull’educatorio delle Mantellate di Firenze 1.

ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione primaria e popolare, Istituti femminili, Ispezionie relazioni (1884-1902), b. 63, fasc. 136, ms. con firma autografa.

Firenze, 2 dicembre 1890

Mi risolvo di presentare a V.E. l’unito rapporto del sig. operaio delConservatorio delle Mantellate, col quale propone a V.E. di dare esecuzione altitolo III dello statuto approvato con decreto 3 gennaio 1874, determinando ilnumero delle signore aggregate alla famiglia delle Mantellate, che si riconoscenecessario all’esercizio dell’educatorio.

Io sono stato alquanto perplesso per l’incertezza, appunto, che domina tral’interpretazione da darsi al regolamento generale del 1867 e gli statuti e regola-

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1 Di fronte alla mancata osservanza, da parte dei conservatori fiorentini per le ragazze dicondizione agiata, del regolamento del 1867 e della circolare 27 dicembre 1882, e in particolaredelle disposizioni che, per promuovere la laicizzazione degli istituti, vietavano l’aggregazione dinuove oblate, provveditori agli studi e prefetti si impegnarono talvolta in delicate mediazioni colministero. Nel caso del Conservatorio delle Mantellate, uno dei migliori della città, il provveditoreErnesto Masi, sottolineando le perplessità sollevate da una situazione complessa, determinatasinel corso degli ultimi decenni, si pronunciava implicitamente a favore dei desiderata delleMantellate. In risposta, il ministro Boselli, pur schierandosi contro il perpetuarsi dell’oblatismo, sidichiarò disponibile a fare qualche limitata e circoscritta eccezione in via temporanea.

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menti particolari, che il governo è venuto approvando dal 1867 in poi.Ma tre ragioni principalmente mi hanno finalmente determinato. La prima,

che questa determinazione di numero non è cosa nuova e basterà recarne inesempio lo statuto e il regolamento approvato con r. decreto del 18871 per lesignore Montalve alla Quiete. La seconda, che bisogna pur risolversi a volerli onon volerli questi educatori e che se non si può né si vuole buttarli giù (ciò chemi pare alieno dai propositi di V.E. poiché non avrebbe altro effetto che divederli ripullulare sott’altre forme ben peggiori), bisogna assicurar loro le condi-zioni della vita. Ora è dimostrato ed evidente (ricorderò a V.E. Montopoli eS.Miniato)2 che l’andare sottentrando con l’elemento laico all’elemento delle ex-oblate, via via che questo invecchia e scompare, come sembra che vagheggiasseil regolamento generale del 1867, non è possibile, senza introdurre una vera epropria disorganizzazione nell’istituto, che ad una condizione sola, vale a direche l’antico elemento delle ex-oblate o sia pressoché ridotto a poche vecchie eserventi, come fu nel Conservatorio di S. Gio.Batta in Pistoia, o ceda il campo,come è accaduto a San Miniato, e come probabilmente accadrà a Montopoli. Laterza ragione finalmente è questa, che non solamente l’istituto delle Mantellate èin condizioni prospere e buone, ma lo è perché è diretto da suor Maria Landi edalle altre signore, delle quali essa è la superiora, siccome è la direttrice del con-vitto. Per un gran numero di famiglie, che potrebbero benissimo per condizionepreferire, a cagion d’esempio, l’Istituto della Ss. Annunziata, la presenza di quel-le ex oblate è una garanzia tradizionale, alla quale non vogliono rinunziare.

Senza dire che l’istituto veramente pericoloso, ma che pur vive e prosperamoltissimo all’ombra di una libertà che il Granduca stesso non gli concedeva, èquello delle signore del Sacro Cuore (gesuitesse e straniere)3 e a questo istituto fabensì concorrenza lo Istituto della Ss. Annunziata, che quest’anno ha raggiunto un

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1 Il r.d. 29 lug. 1885 n. 1823 (serie 3a, parte suppl.), che autorizzava la riunione dei conser-vatori della Quiete e di Ripoli a Firenze sotto il nome di R. Educatorio femminile delleMontalve alla Quiete e ne approvava lo statuto, aveva fissato il numero delle signore compo-nenti la «famiglia educatrice» a 24 (art. 6). Secondo il regolamento, approvato con r.d. 20 feb.1887, potevano essere accolte nella famiglia delle Montalve postulanti dotate della patentemagistrale di grado superiore e approvate dalla commissione del conservatorio, sentito il pare-re del Consiglio provinciale scolastico.

2 In particolare, il Conservatorio di S. Marta a Montopoli era divenuto fonte di noie epreoccupazioni per il ministero e il provveditore agli studi di Firenze. L’andamento della suavita interna, infatti, era stato sconvolto dal provvedimento col quale il ministero, nel 1888,aveva nominato, accanto alla oblata direttrice, una maestra e vicedirettrice laica con l’incaricodi migliorare l’indirizzo degli studi; ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b.455, fasc. «1882. 27. Firenze. 4».

3 Sull’Istituto delle Dame del Sacro Cuore di Firenze si veda l’analogo giudizio espressodall’ispettrice Guerrini nella sua relazione del 24 agosto 1890 (cfr. doc. 54).

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numero di convittrici quale non ebbe mai, ma tale concorrenza sarebbe inadegua-ta al bisogno, se non fosse potentemente ajutata dalle Montalve e dalle Mantellate,due istituti sul buono spirito dei quali il governo può stare a fidanza sicura.[...]

Il r. provveditore[Ernesto] Masi

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Istruzioni del ministro al prefetto presidente del Consiglio provinciale scolasticodi Firenze 1 sulla questione dell’ammissione di nuove oblate nel Conservatoriodella Ss. Annunziata di Empoli 2.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b.455, fasc. «1892. 27.Firenze. 4», ms.

Roma, 28 ottobre 1892

La questione dell’ammissione di nuove oblate nei conservatori della Toscananon è nuova, come la S.V. opportunamente ricorda; fu sollevata più volte ed in

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1 Alessandro Guiccioli (Venezia 1843 - Roma 1922). Entrato nel 1866 nella carriera diplomati-ca, era stato addetto di legazione a Londra, poi segretario d’ambasciata a Vienna e nel 1869segretario particolare di Menabrea, allora ministro degli Esteri. Nel 1870 compì delicate missionidiplomatiche presso il pontefice. Come deputato, prese parte alle battaglie della Destra storica.Fu consigliere comunale e poi sindaco della capitale e prefetto a Firenze, Roma e Torino. Nel1900 venne nominato senatore.

2 Nel dicembre del 1891 la questione dell’ammissione di nuove oblate si ripropose per ilConservatorio della Ss. Annunziata di Empoli. In tale occasione, il prefetto di Firenze, marcheseAlessandro Guiccioli, accennò da una parte alle difficoltà che erano sempre nate dalla conviven-za delle oblate col personale laico, dall’altra al problema delle antinomie tra il concetto informa-tore del regolamento 6 ottobre 1867 e i regolamenti di alcuni conservatori. Il regolamento delConservatorio della Ss. Annunziata di Empoli era appunto uno di quelli che, approvati primadella circolare del 27 dicembre 1882, non vietavano l’aggregazione di nuove oblate in caso dinecessità. Del resto, come ammetteva una nota informativa allegata alla pratica ministeriale edatata 18 agosto 1892, anche dopo la circolare del 27 dicembre 1882, il ministero non avevaseguito sempre con rigore la linea della laicizzazione, concedendo talvolta quanto richiesto dasuore e oblate in forza di regolamenti speciali, come era avvenuto per il Conservatorio dellaQuiete. Il parere di Guiccioli, che riteneva opportuno un atteggiamento flessibile, da determinarevolta per volta, non fu tuttavia accolto dal ministero.

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Sezione IX - Il contrastato processo di laicizzazione

varie occasioni, ma il ministero credette di averla definitivamente risoluta con lacircolare del 27 dicembre 1882, la quale ebbe lo scopo precipuo di dimostrarecome il regolamento del 6 ottobre 1867 avviando gradualmente all’opera di laiciz-zazione degli istituti d’educazione femminile a questo fine informasse tutte le suedisposizioni, di guisa che dove la interpretazione letterale desse luogo ad incer-tezze ed a dubbi, la interpretazione logica qualunque senso escludesse che nonfosse in armonia con lo spirito di quell’atto riformatore. Ed un punto parve alministero d’avere specialmente chiarito, quello che riguarda lo stato della famigliareligiosa; rispetto alla quale fu dichiarato che quando una suora incaricata di uffi-ci educativi venisse a mancare non dovesse essere sostituita che da elementolaico e che per nessuno avvedimento nuove oblate avessero ad essere ammesse.

Questo stato legale, creato dal regolamento del 6 ottobre 1867, ma che [ha] lasua prima causa nella legge di soppressione degli ordini religiosi, fu generalmenteaccettato, ed oggi sono pochi i conservatori nei quali la resistenza è ancora ali-mentata da speranze che contrastano col presente ordinamento civile e scolastico.

Ora io spero che il dissidio, dove ancora esiste, non debba lungamente pro-trarsi. Le difficoltà derivanti dalla convivenza dell’elemento laico col religiososono di carattere transitorio e a temperarle se non a risolverle varranno certamen-te il buon volere e lo spirito equanime delle commissioni amministrative e l’operaprudente e ferma delle autorità scolastiche. Per tali considerazioni non credo dipoter consentire alla domanda fatta dalla Commissione amministrativa delConservatorio di Empoli d’essere autorizzata ad ammettere due nuove oblate.

[per] Il ministro[Scipione] Ronchetti 1

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1 Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione dal maggio 1892 al novembre 1893.Deputato dalla XIII alla XXIV legislatura, fu anche sottosegretario alla Giustizia dal marzo 1896 aldicembre 1897, agli Interni dal febbraio 1901 all’ottobre 1903 e ministro di Grazia e giustizia dalnovembre 1903 al marzo 1905.

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SEZIONE X

GLI ISTITUTI EDUCATIVI DELLE RELIGIOSETRA CONTROLLO STATALE ED ESIGENZE DI ESPANSIONE

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L’apertura di nuove scuole ed educandati privati.

a. Lettera del provveditore agli studi della provincia di Bologna Ernesto Masi alministro, a proposito della richiesta di apertura di un educandato delle Suoredella Carità di S. Vincenzo de’ Paoli con annesse scuole private.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 59, fasc. «Tit. 16. Bologna.12», s.fasc. «Comune di Bologna. Educandato femminile delle suore di CaritàS. Vincenzo de’ Paoli», ms. con firma autografa.

Bologna, 15 novembre 1875

Il giorno 24 luglio del corrente anno, suor Rosalia Accetto, sorella dellaCarità, faceva istanza di poter aprire in Bologna: 1° un istituto femminile per laistruzione ed educazione di giovinette di civile condizione; 2° di stabilire scuoleprivate per l’ammissione di alunne estere. A tal fine presentò altresì il program-ma a stampa dell’educandato, il quale si intitola: Convitto femminile, sotto laprotezione di S. Vincenzo De’ Paoli.

Secondo questo programma, la istruzione sarebbe la seguente: 1° Religionecattolica studiata ne’ suoi principii dogmatici ecc.; 2° Lettura e calligrafia; 3°Aritmetica e sistema metrico; 4° Lingua italiana e francese; 5° Geografia, storiasacra, politica e mitologia; 6° Nozioni principali di geometria, fisica, e storianaturale; 7° Lavori femminili di ogni genere.

Per il convitto la pensione dovrebbe essere di lire 130 per ogni trimestre, più50 lire annue per il bucato e la stiratura. Ogni alunna indosserà un abito unifor-me, tanto in casa che fuori, e l’ammissione sarà dai 6 ai 10 anni.

A compimento della presente dimanda per la istituzione dell’educandato edelle scuole private, la medesima suor Rosalia Accetto inviava a questo ufficiocopia delle patenti relative alle maestre le quali avrebbero assunto l’incaricodella istruzione. Questo ufficio però con foglio in data 3 settembre 1875 indiriz-zato alla signora Rosalia Accetto, a norma degli articoli 151, 153, 154, del vigenteregolamento per l’istruzione elementare, chiese: 1° Le patenti originali di tutte lemaestre; 2° Le attestazioni di moralità per ciascuna insegnante; 3° La patente

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Fonti per la storia della scuola

della maestra di lingua francese; 4° La mappa e la descrizione del casamentoscolastico; 5° L’attestato medico relativo alla salubrità del medesimo; 6° Il regola-mento interno del convitto; 7° I documenti comprovanti la moralità, la capacità,gli uffici precedentemente tenuti dalla direttrice.

A tali dimande le Sorelle della Carità soddisfecero, presentando i seguentidocumenti: 1° Patente originale di Scardovi Felicita; 2° Attestato di moralità rila-sciato alla medesima, in data 10 settembre 1875 dal sindaco di Vercelli, e dalquale risulta che la Scardovi nacque a Modena; 3° Patente originale elementaredi grado inferiore, come la prima, ottenuta in Roma l’8 novembre 1871, dallasignora Orlandi Laura, nata a Spoleto; 4° Attestazione di moralità rilasciata allasignora Orlandi Albina dal sindaco di Castel San Pietro dell’Emilia, in data 14ottobre 1875, e dalla quale risulta che la medesima Orlandi Albina fu maestraelementare privata, di 1a e 2a classe; 5° Patente originale elementare di gradosuperiore ottenuta dalla signora Edvige Soliani, in Vercelli il giorno 22 agosto1875; 6° Attestato di moralità rilasciato alla medesima dal sindaco di Vercelli indata 16 settembre 1875, e dal quale risulta che la Soliani nacque a Guastalla; 7°Attestazione di moralità, rilasciata alla signora Rosalia Accetto dal sindaco diVercelli in data 10 settembre 1875, e dalla quale risulta che la medesima nacquea Reggio di Calabria; 8° Mappa del casamento scolastico, e attestazione del dot-tor Onofrio Santinelli di Bologna in data 23 settembre 1875 e comprovante leottime condizioni igieniche del convitto e delle scuole.

In questa guisa le Sorelle della Carità risposero alle dimande fatte loro; senon che non presentarono né il regolamento interno, né la patente per l’inse-gnamento della lingua francese. Richieste di tali documenti, inviarono successi-vamente due patenti di maestra elementare inferiore, entrambe ottenute inSavoia, l’una l’anno 1857, e l’altra l’anno 1858. Non essendo state dall’ufficioaccettate, presentarono la patente e il certificato di moralità del signor LuigiBerthier, prof. di lingua francese nella scuola tecnica di Bologna.

Il r. ispettore Franceschi1, mandato a visitare il locale, trovò che questo nonsolo era adatto allo scopo a cui si voleva destinare, ma sontuoso, signorile, spa-ziosissimo; con cortili, giardino, sale di ricreazione, di lavoro, di studio; chiesainnalzata a bella posta dalle fondamenta, e quanto altro ad un convitto è neces-sario. Senonché l’ispettore osservò che le scuole mancavano di stufe, di carte

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1 Goffredo Franceschi (Ancona, 11 maggio 1843 - 25 maggio 1877), già professore di storiae preside nel liceo di Rimini, era allora ispettore scolastico nel circondario di Vergato. Per ordi-ne del provveditore Masi compì «l’intero censimento scolastico della provincia di Bologna» e«la statistica delle scuole clandestine clericali della città» (ACS, MPI Personale 1860-1880, b.888, fasc. «Franceschi Goffredo»). Nel 1877 ottenne, come richiesto per potervi condurre i suoistudi di storia locale, il trasferimento nel circondario di Cesena-Rimini.

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Sezione X - Gli istituti educativi delle religiose tra controllo statale ed esigenze di espansione

murali, abbondavano di immagini di santi, della Vergine, senza che in nessunaparte apparisse il ritratto del Re. Di più avendo ad una ad una interrogato leSorelle della Carità, trovò che sebbene queste si dicessero maestre, non eranoperò quelle dalle patenti indicate; vide che le scuole erano divise in due sezioniseparate affatto fra loro, e che erano destinate alla differente condizione socialedi chi le avrebbe frequentate, e capì che le Sorelle della Carità intendevano affi-dare ad una sotto-maestra le alunne meno facoltose, e alla maestra patentata lepiù alto locate, cosicché una sola patente avrebbe bastato a due scuole. Di più,e per le difficoltà poste innanzi dalle Sorelle della Carità quando furono richie-ste delle patenti originali, e dal verificare che i nomi delle presenti non corri-spondevano a quelli registrati sui titoli autentici, concepì il sospetto che, asuperare più facilmente gli ostacoli, avessero potuto farsi spedire i documenti aquesto ufficio presentati, i quali appartenendo ad altre sorelle altrove residenti,avrebbero così servito a due persone ad un tempo. Talché il medesimo ispetto-re Franceschi proponeva che le istanti dovessero tutte provare la loro identità dipersona.

Il partito clericale attivissimo in Bologna, come dappertutto, ha da parecchianni istituito scuole elementari, le quali sono in buon numero e frequentatissi-me. Il nuovo istituto è destinato evidentemente a far riscontro alla scuola supe-riore femminile, di recente creata dal comune, e a ciò i clericali si accingono conscarse forze scolastiche, ma con larga copia di mezzi materiali, a cominciar dallocale che supera di gran lunga, per grandiosità e decenza, i casamenti dati dalcomune alle scuole. Quale sia il fine e lo spirito di cotali istituzioni, non ho d’uo-po dire a V.E. Impedirle affatto non lo consente la legge, ma intanto, restringen-dosi solo alla richiesta delle patenti, si può egli star contenti ad una semplicepresentazione del documento, mentre è quasi certo che di codeste carte i supe-riori dell’ordine delle dette suore hanno una specie di museo, di cui si valgonoad ogni richiesta, fidando nella quasi impossibilità di costatare l’identità dellepersone, che si pretendono regolarmente abilitate?

Io mi permetto a questo riguardo una proposta, e sarebbe che V.E. mi auto-rizzasse a nominare una commissione straordinaria di esame, per tutto il perso-nale insegnante del nuovo istituto, ponendo questa come condizione indispen-sabile per ottenerne l’apertura.

Il r. provveditore[Ernesto] Masi

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Fonti per la storia della scuola

b. Istruzioni del ministro al provveditore agli studi della provincia di Bolognacirca l’apertura di istituti privati.

Ibid., ms.Roma, 4 dicembre 1875

Il Consiglio provinciale scolastico trae dalle disposizioni delle leggi e deiregolamenti scolastici in vigore la facoltà ch’Ella domanda a questo ministero;poiché, avendo esso il potere di concedere o di negare ai cittadini l’autorizzazio-ne di aprire e di tenere un istituto privato, è anche giusto e necessario che abbial’altro potere di accertarsi, con ogni lecito mezzo, della autenticità dei documentiche all’uopo sono porti, della identità delle persone proposte per ciascun inse-gnamento, e, in generale, della buona fede, della moralità e delle rette intenzionidei chiedenti. Il Consiglio ha inoltre, in caso d’irregolarità di qualsiasi ordine(art.10 del regolamento 21 novembre 1867) il potere di ordinare in via d’urgenzala chiusura temporanea di un istituto privato. Da parte mia non posso non racco-mandar con calore alla S.V., all’Ill.mo sig. prefetto ed al Consiglio, di fare inguisa che le Suore di Carità e i loro amici non rechino nascostamente né aperta-mente offesa alcuna alle leggi o alle istituzioni civili dello Stato.

Le sarò poi grato se intorno a questo grave argomento Ella sarà cortese difarmi un altro particolareggiato rapporto1.

[Per] Il ministro[Enrico] Betti2

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1 L’istituto privato, aperto nel 1875, risulta, sotto il nome di Collegio di S. Vincenzo de’Paoli, tra quelli ancora attivi a Bologna nel 1900 per l’educazione di ragazze di “civile condizio-ne”; cfr. MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, Relazione presentata a S.E. il Ministro dellaPubblica Istruzione Prof. Comm. Nicolò Gallo… cit. p. 88.

2 Segretario generale.

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Sezione X - Gli istituti educativi delle religiose tra controllo statale ed esigenze di espansione

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Rapporto del prefetto presidente del Consiglio provinciale scolastico di BolognaEfisio Salaris al ministro sull’educatorio delle Dorotee.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 208, «1884. 27. Bologna.6», ms. con firma autografa.

Bologna, 17 luglio 1884

Come avevo annunziato a V.E. visitai, in compagnia del provveditore deglistudi1, l’Istituto o Educatorio privato di S. Dorotea.

Gli articoli di regolamento, dei quali V.E. mi fa ricordo nella sua del 6 luglio1884 indicano quali sono le ingerenze della podestà scolastica in siffatta manierad’istituti e le specifica nell’assicurarsi della igiene, della moralità e del rispettoall’ordine pubblico ed ai principii fondamentali dello Stato, e, per fine, nell’inse-gnamento, in quanto si riferisce agli argomenti sopra indicati2.

A questi rivolsi quindi primieramente le mie osservazioni.Inutile dirle che fui accolto con la più squisita cortesia e accompagnato sem-

pre nella visita dalla direttrice, dall’economa e dalle maestre.Il locale quanto ad ampiezza, eleganza, pulitezza, aria, luce e situazione,

nulla lascia a desiderare. Sono due grandi fabbricati divisi da un amenissimogiardino. Visitai le scuole, i refettori, i dormitorii, le cappelle. Da per tutto trovaiun ordine ed una proprietà veramente mirabile.

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1 Ernesto Masi, provveditore agli studi di Bologna dal 1874 al 1887. Cfr. nota 4 del doc.43a, p. 341.

2 Dietro sollecitazione del ministero, il prefetto Efisio Salaris, in una sua comunicazionedel 20 giugno 1884 (conservata nello stesso fascicolo) aveva chiarito che al «Collegio femminiledi S. Dorotea» di Bologna, trattandosi di un istituto privato, non erano stati mai applicati né ildecreto del 20 settembre 1868 in forza del quale gli istituti di suore Dorotee del Regno gover-nati dalle regole stampate a Venezia nel 1840 venivano dichiarati istituti pubblici di educazionee d’istruzione femminile, né tanto meno il decreto del 29 giugno 1883, che dichiarava tali edipendenti dal Ministero della pubblica istruzione tutti gli istituti femminili di educazione dinatura «laicale» non aventi carattere di Opera pia o di privata istituzione. Quindi, osservava ilprefetto, l’ingerenza dell’autorità scolastica sull’educatorio delle Dorotee non poteva che rima-nere entro i limiti prefissati dalla legge per la vigilanza sugli istituti privati.

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Fonti per la storia della scuola

L’aspetto delle alunne (non molto numerose) mi parve florido. Il loro conte-gno disinvolto e gentile. Sono vestite tutte con uniforme decenza, ma senzaalcun lusso. Interrogai a lungo le suore sopra la notata divisione del collegio innobili e non nobili1. A questo esse rispondono primieramente che non si tratta diuna vera e propria distinzione di caste sociali, ma di chi paga più, e quindi hamaggiori esigenze, e di chi paga meno. Tant’è vero che nel cosiddetto Collegiodelle nobili ve n’ha che non sono nobili, ed il provveditore ne conosceva lefamiglie. Ad ogni modo non mancai di far osservare ciò che ha di vieto, d’ingiu-sto, e di poco educativo, anche nel concetto cristiano, una divisione troppo rigi-da di classi sociali, di ricchi e non ricchi, recata dentro ad un educatorio, che siregge a vita comune. Le suore cercarono di attenuare più che poterono leimpressioni riportate dalla signora ispettrice, ma pur convennero che qualchecosa era in ciò da correggere e promisero che l’avrebbero fatto.

M’informai delle pratiche religiose. Esse dichiararono quali e quante erano.Relativamente a suore, non mi parvero esagerate. E del resto riconosco una certaincompetenza nella podestà scolastica a misurare, a regola di più e di meno,questa parte d’educazione in un educatorio retto da monache. Raccomandai adogni modo che si astenessero da esagerazioni.

Quanto a ciò che ne ha riferito la signora ispettrice, pare che veramente essacapitasse in un giorno in cui l’eloquenza del predicatore trasmodò di lunghezza

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1 In una comunicazione ministeriale del 10 giugno 1884 al prefetto di Bologna (conservatanello stesso fascicolo) Ferdinando Martini, allora segretario generale della Pubblica istruzione,aveva severamente censurato, sulla scorta di una relazione ispettiva, quella che, a giudizio del-l’ispettrice, si presentava come una vera e propria spartizione delle alunne in “caste”: da unaparte le nobili, dall’altra le ragazze di «civile condizione». Separazione che allora cominciava adapparire abbastanza rara e desueta nel panorama degli educandati, e che la direzione dellaPubblica istruzione intendeva comunque estirpare e cancellare dai retaggi di un passato preu-nitario ancora non lontano. «Se vi ha età – scriveva Martini – nella quale i pregiudizi di castanon vanno alimentati è la nostra, e se vi ha luogo nel quale non devono ad arte essere rinfoco-lati è l’educandato, dove gli stessi pochi anni delle educande e l’impeto dei sentimenti le portapiuttosto a confondere che a separare. Se mai sarebbe mestieri ove orgoglio soverchio fosseportato dalla famiglia, di correggerlo con l’educazione, non già crescerlo con arte e fare dell’ar-te un accorgimento educativo». Il collegio-convitto femminile, quindi, veniva visto anche comeeducazione propedeutica a un «nuovo ordine di cose» basato in primo luogo sulla comunanzae sulla fusione tra nobili e borghesi. Del resto, non si intendevano condannare differenze neltrattamento e nell’istruzione impartita legate all’ammontare della retta, che avrebbero dovuto,però, essere meno rigide. Aggiungeva lo stesso Martini, con alcune delucidazioni riprese poidal prefetto Salaris nella risposta qui riportata, ridimensionando le critiche dell’ispettrice: «Restabene che le differenze si fermino a quelle d’un trattamento più largo o anche più delicato, auna più larga e più intensa misura dell’istruzione per le educande che pagano una retta mag-giore [...]. Ma renderle solenni, consacrarle quasi in ogni atto di codeste giovani esistenze nondeve essere consentito, mentre non solo potrebbero i due educandati reciprocamente giovarsicon la comunanza della ricreazione, ma certo ancora mescolandoli sui banchi della scuola inquanto tutto il corso elementare e preparatorio e buona parte del perfettivo è comune».

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Sezione X - Gli istituti educativi delle religiose tra controllo statale ed esigenze di espansione

anche per le stesse suore.Quanto a massime contrarie alle instituzioni dello Stato nulla rilevai di note-

vole. Certo che per un ritratto del Re e della Regina ve n’ha dieci del Papa, quasicome correttivo, né io mi faccio alcuna illusione sullo spirito patriottico di questiistituti. Ma è più questione, parmi, che siano o non siano, di quello che sperar dimutarli con consigli ed ispezioni. E del resto essi vivono ed aumentano precisa-mente in ragione diretta della diffidenza che in molte famiglie si va destando perlo spirito delle nostre scuole e non solamente in famiglie clericali o religiose.Questo istituto, che rammenta sempre a sua difesa di aver avuto da educare lefiglie dei liberali e degli ultra liberali e liberi pensatori più noti della città, è unariprova che certe teoriche si vedono più volentieri applicate ai figli degli altri, cheai proprii. Di ciò i clericali approfittano, e, senza entrare nel merito della contro-versia, io, come uomo di governo, stimo bene di dirlo schiettamente a V.E.

Dell’insegnamento si occupò più specialmente il sig. provveditore. Di moltecose si mostrò contento. Molte altre consigliò addirittura a mutare. Lesse molti com-ponimenti delle alunne e riscontrò sufficiente correttezza e diligenza, ma un’intona-zione generale così floscia, così arcadicamente sentimentale, che consigliò e ordinòanzi che si mutassero molti dei libri di lettura. Prescrisse pure che si sopprimesse uncerto insegnamento di storia ecclesiastica, il quale è veramente un fuor d’opera. Ilprovveditore constatò ad ogni modo che in questo istituto, al pari di ciò che accadein qualche seminario, si riscontra da qualche anno uno sforzo notevole di modificar-ne la vecchia stampa e di accostarla, il più che possono, ai tipi scolastici moderni.Ma sono sforzi e non più, per ora. Le due maestre sono due giovani volenterose eabbastanza colte. Hanno la loro patente regolare ed insegnano con buon metodo.

Non giudicato con prevenzioni troppo sfavorevoli, mi sembra dunque que-sto istituto in buone condizioni generali, che alquante correzioni, applicate consincerità e buon volere, possono rendere anche migliori.

Noti però l’E.V. che la concorrenza per cui gli sono, in processo di tempo,diminuite le alunne, quest’istituto non ebbe a soffrirla da altri educatorii nostri,bensì da altri educatorii clericali, perocché le nostre scuole superiori femminili,abbozzate alla meglio e senza convitto, non si possono (almeno io credo e limi-tando il mio discorso a Bologna) non si possono ritenere una concorrenza moltoseria e potente agli istituti del genere di quello delle Dorotee.

Accolga i sensi della mia sincera osservanza

Il prefettoE[fisio] Salaris 1

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1 Efisio Salaris (Cagliari 1826 - Firenze 1888) fu prefetto di Porto Maurizio, Campobasso,Arezzo, Massa Carrara, Brescia, Bari, Novara e Parma, concludendo la sua carriera, nel marzo1887, con l’esperienza maturata con la nomina a prefetto di Bologna (settembre 1882).

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Fonti per la storia della scuola

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Relazione dell’ispettrice governativa Marietta Guerrini sull’Educatorio provin-ciale Vittorio Emanuele di Lecce 1.

ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione primaria e popolare, Istituti femminili, Ispezionie relazioni (1884-1902), b. 28, fasc. 60, ms. autografo.

Napoli, 4 gennaio 1887

EccellenzaNella provincia di Lecce, salvo due o tre eccezioni, gli istituti di educazione

femminile, tanto quelli a pagamento, quanto quelli gratuiti di beneficenza, sonoaffidati alle monache. Alcune sono Benedettine e nei loro conventi mantengonola clausura; la maggior parte sono Figlie della Carità; ci sono le suore diSant’Anna e ci sono ancora le signore Marcelline, associazione religiosa sempli-ce, a scopo puramente educativo, sorta a Milano nel 18342.

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1 La secolarizzazione degli istituti pubblici di educazione gestiti da religiose non ebbespesso né successo né andamento semplice e lineare a causa del tradizionale monopolio dete-nuto nel settore da suore e oblate, dei contrasti tra le élite che controllavano gli enti locali e delristretto margine d’azione del partito anticlericale. Emblematico da tale punto di vista è il casodell’Educandato provinciale Vittorio Emanuele II di Lecce, affidato originariamente alle Figlie oSuore della Carità, che in Terra d’Otranto avevano ottenuto dai comuni la direzione e la gestio-ne di numerose scuole, asili, orfanotrofi e convitti. Dopo la sua laicizzazione e una fase di duricontrasti in seno al notabilato locale, nel 1882, con la designazione delle Marcelline, chiamatedalla Provincia a dirigerlo e gestirlo, l’educandato ritornò ad essere affidato a religiose.

2 La fondazione delle Marcelline avvenne ad opera di mons. Luigi Biraghi e di MarinaVidemari, la quale si impegnò nella realizzazione di un nuovo modello di educazione femminilenon monastico, dedicando particolare attenzione alla formazione sia religiosa che intellettuale delleragazze. Nel 1838 fu aperta a Cernusco sul Naviglio (Milano) la prima casa di educazione, diretta daMarina Videmari, che nel 1839 ne chiese ed ottenne l’approvazione da parte del governo austriaco.Tra il 1841 e il 1868 furono aperte le case di Vimercate, Milano (via Quadronno e via Amedei) eGenova-Albaro, cui si aggiunse alla metà degli anni Settanta la casa di Chambery, in Savoia; cfr. A.RIMOLDI, Mons. Luigi Biraghi (1801-79), educatore delle giovani della borghesia milanese, in «Studie fonti di storia lombarda. Quaderni milanesi», 1986, 12, pp. 32-58; P.P. SALADINI, Le Marcelline e l’e-ducazione delle giovani di condizione civile nella Milano asburgica, in Chiesa, educazione esocietà nella Lombardia del primo Ottocento. Gli istituti religiosi tra impegno educativo e nuoveforme di apostolato (1815-1860), a cura di R. SANI, Milano, Centro Ambrosiano, 1996, pp. 215-243.

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Sezione X - Gli istituti educativi delle religiose tra controllo statale ed esigenze di espansione

A queste signore è presentemente affidato l’Educatorio Vittorio Emanuele.Sotto altro nome venne esso fondato nel 1836 e affidato alle Suore di Carità

destinandogli per abitazione il convento delle soppresse Paolotte.Verso il 1868 il Consiglio provinciale volle che l’istituto avesse un ordina-

mento più liberale e fosse più conforme alle esigenze presenti riguardo all’edu-cazione femminile. Ma le suore non vollero cambiar nulla e allora furono ringra-ziate e chiamate in loro vece delle educatrici secolari.

Sgraziatamente non risposero all’aspettativa di chi le avea invitate. La prima,abile ed eccellente educatrice un tempo, era vecchia, sorda, ci vedeva poco enon poté mai avere, nonostante il suo nome e la fama acquistata, quell’autoritàmorale che ispira fiducia alle famiglie ed alle autorità esterne, e rispetto e docileobbedienza nell’interno dell’istituto; dopo un anno o due quella direttrice morì ele successe una giovane intelligente e colta, ma di carattere leggiero. Nel 1874 nefu nominata un’altra, brava donna, pratica di istituti, attiva e da principio feceassai bene1.

Però molte famiglie partitanti delle monache le rimpiangevano sempre più,le educande restavano in numero assai limitato, sicché provincia e comunespendevano molto con poco vantaggio. Ma l’istituto restava aperto, ché un parti-to abbastanza energico sosteneva l’educazione secolare, né trovava a ridire,come gli altri, se la direttrice combatteva, forse un po’ troppo di fronte, certeusanze del paese e certe superstizioni; né trovò malfatto che ella siasi maritatacontinuando nel suo ufficio di direttrice; la qual cosa invece fu disapprovata daquelli del partito opposto. Diventata madre di famiglia, le cure domestiche e

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1 Dopo l’unificazione, con la secolarizzazione dell’educandato leccese, la scelta di unadirettrice laica cadde su Luisa Amalia Paladini, autrice di saggi e racconti educativi, nota peraver diretto a Firenze, con l’appoggio di Lambruschini, la scuola normale femminile che ambì aproporsi a modello da imitare in tutto il paese. Contrariamente a quanto afferma MariettaGuerrini, la Paladini, giunta a Lecce verso gli inizi del 1872, vi morì nel luglio dello stesso anno(cfr. F. SANTINI, Vita e opere di Luisa Amalia Paladini, Lucca, Maria Pacini Fazzi, 1878). Le suc-cesse la giovane milanese Antonietta Montrasi (per cui v. doc. 18), il cui comportamento, pococonsono al costume che, in vaste aree del Meridione, imponeva alle donne una vita segregatadal consorzio civile, suscitò molte polemiche. Rimasta in carica per due anni circa, la Montrasidiede le dimissioni verso la fine del 1874. La sostituì Luigia Widmayer, già direttrice del convit-to annesso alla scuola normale femminile di Venezia. Come nel caso della Montrasi, le polemi-che intorno alla nuova direttrice furono strumentalizzate dai partiti opposti che si fronteggiava-no, quello favorevole alla laicizzazione e quello che premeva per riaffidare l’educandato a per-sonale religioso. Infine, fu adottata la seconda soluzione e nel 1882, tra le varie congregazionireligiose che si erano candidate, si optò per le Marcelline, che godevano di buona fama nelcampo dell’istruzione e dell’educazione femminile. Sulla fondazione, l’apertura, e la vicendapostunitaria dell’educandato leccese cfr. R. BASSO, Donne in provincia... cit., pp. 42-49 e A.SEMERARO, Cattedra, altare, foro. Educare e istruire nella società di Terra d’Otranto tra Otto eNovecento, Lecce, Milella, 1984, pp. 195-207.

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qualche malattia le impedirono di vigilare, come prima, sull’andamento morale,didattico, economico dell’istituto, le educande si ridussero a sole 17 e la provin-cia, che realmente non potea fare seri appunti alla direttrice, stabilì di chiuderel’educatorio, visto che alle spese non equivaleva il vantaggio di educare cosìpoche alunne.

Fallita la prova, si pensò di ritornare alle monache e, poiché questo fu stabi-lito, meglio che siensi preferite le Marcelline ad altre associazioni religiose.

Le Marcelline, abituate ad avere educatori propri, dipendenti interamente daloro, mal si adattavano a prendere la direzione di un istituto provinciale e furonolunghe le pratiche tra la fondatrice delle Marcelline, signora Videmari, e la com-missione provinciale incaricata di questo contratto.

Finalmente fu stabilito, per la durata di 10 anni, che la provincia avrebbedato annualmente £ 10.000 e il comune £ 6000 alle sig.re Marcelline, più l’usodel locale detto degli Angiolilli, con tutti i mobili che c’erano, il qual locale ècapace di 85 educande oltre tutto il personale dirigente insegnante e di servizio.Per questo la provincia esigeva che le Marcelline educassero ed istruissero benele ragazze loro affidate, secondo il programma stampato in uso dalle Marcellineche si svolge in sette anni, quattro di insegnamento elementare e tre di insegna-mento superiore; che la musica, il disegno, la lingua francese fossero materieobbligatorie per tutte e che fosse facoltativo lo studio delle lingue, tedesca,inglese e spagnuola; che le ragazze avessero un trattamento sano, buono eabbondante e tutto questo per la retta di £ 500 annue per le leccesi, e di 650 perle educande di altre provincie; e che per nessuno degli insegnamenti, musica,disegno, o lingue straniere fosse pagato a parte. Esigeva ancora la provincia chele Marcelline tenessero una scuola interna a pagamento nel locale stesso dell’isti-tuto, ma in classi separate, mediante la corrispondenza mensile di £ 12 per ognialunna e le obbligava infine a tutte le piccole spese di manutenzione del locale,dei mobili, ed a quelle di culto.

Se, terminati i dieci anni, non si fosse più rinnovato il contratto, la provinciaera obbligata a pagare il viaggio di ritorno a Milano alle Marcelline, come aveapagato il primo di andata a Lecce ed esse rimanevano proprietarie dei mobilinuovi fatti fare da loro.

Le Marcelline trovarono meschina la retta, tanto più non potendo far pagare aparte nessuno degli insegnamenti speciali; trovarono gravoso e, secondo loro,inutile il far delle classi a parte per le esterne; ma poi aderirono a tutte le cosesuddette, mettendo per condizione assoluta di essere lasciate libere e sole nell’e-ducazione morale e didattica delle fanciulle e di amministrare tutto da sé, senzadipendere da amministratori, da commissioni di sorta e non vollero nemmenouna commissione di signore ispettrici e, a giustificare queste loro pretese, feceroosservare che, avendo firmato un contratto, era nel loro interesse di stare ai patti

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stabiliti; che la commissione incaricata dal comune e dalla provincia era semprepadrona di recarsi nell’istituto per vedere se tutto procedeva regolarmente; cheper il trattamento delle alunne, stabilito già nel contratto e stampato, riusciva faci-le verificare se fosse veramente buono e in quantità sufficiente, e per mezzo dellacommissione stessa, e dai rapporti che avrebbero fatto le ragazze medesime ailoro parenti, massime nella giornata che, una volta al mese, avrebbero passato infamiglia; che in quanto al programma didattico e al modo di svolgerlo bastavanole visite del r. provveditore, degli ispettori e delle ispettrici del governo.

Accettate dalla commissione le proposte delle signore Marcelline, queste, innumero di 30, si recarono a Lecce e riaprirono l’Educatorio Vittorio Emanuelenel novembre del 1884. Dopo due anni di prova si sono assicurate che, colle16.000 lire date loro dalla provincia e dal comune, colle rette delle loro 85 edu-cande, col mensile di una trentina di alunne esterne, in tutto con £ 62.000 circa,possono sopperire alle spese che si sono assunte nel contratto, cioè: I, di prov-vedere di buon vitto le educande e se stesse; II, di provvedere alla manutenzio-ne dei mobili, e ce ne fanno entrare anche di nuovi; III, di far fare le piccoleriparazioni al locale, comprendendo in esse anche il pavimento fatto intieramen-te nuovo nelle stanze dov’era più rovinato; IV, di pagare le spese per il culto.

Con questi risultati la provincia non può essere malcontenta della libertà diamministrazione lasciata alle signore Marcelline. Esse però, mese per mese,devono render conto di tutto alla loro fondatrice e madre generale che sta aMilano e questa è una buona cosa. Del resto possono spendere quando e comevogliono; fare le loro provviste quando credono che ci sia più convenienza e farle riparazioni a tempo. A volte con una spesa, una riparazione fatta opportuna-mente se ne risparmiano di maggiori. Esse non devono pagare né impiegati, néeconomo; i conti se li fanno da sé e la signora Marcellina che fa da economadipende, come tutte le altre, dalla direttrice. Formano tutte un sol corpo: ècomune a tutte l’interesse che le cose dell’istituto vadano bene; in questo solomodo hanno esse pure il loro vantaggio morale almeno, se non materiale.

In questa maniera si spende meglio e con maggior economia che negli istitu-ti dipendenti dal governo, dalle provincie, dai comuni o da altri enti morali, neiquali, per la più piccola spesa, bisogna scrivere al Consiglio, aspettare che essola approvi, che ne dia l’ordine all’economo e che questi alla sua volta se neoccupi; e tutto ciò andando le cose regolarmente. Che se poi il Consiglio non siraduna, o non è in numero; se l’economo, per qualche suo particolare interesse,differisce a dare gli ordini che deve dare, allora le cose vanno così in lungo checerti provvedimenti quando arrivano non bastano più.

E gli appalti? Si fanno per economia, per aver sempre roba buona; ma spes-so succede il contrario. L’appaltatore deve avere il suo guadagno e questo ètroppo giusto, ma quanto altro non pretende di guadagnare, oltre quello previ-

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sto col contratto! Deve pagare una tassa e di questa se ne vuol certamente rivale-re; non dico poi di quelle che paga officiosamente di nascosto o perché non sidia corso a giusti reclami, o perché gli sia riconcesso di nuovo quell’appalto sulquale ha detto ad alta voce e continuamente che ci rimetteva. Queste cose suc-cedono con più di un appaltatore, si sanno, ma difficilmente si possono provare.Negli istituti religiosi queste cose non avvengono: sono tutti interessati, mentrenessuno è proprietario, e ognuno deve render conto di tutto a tutti.

Le Marcelline spendono meno anche perché e nell’insegnamento e in tuttigli uffici della casa fanno da sé1. A Lecce non pagano di insegnanti esterni che ilmaestro di ballo.

Esse sono in trenta ed ho già detto che sulle 16.000 lire date a loro devonoprelevare le spese di culto, di riparazione dei mobili e delle piccole riparazioni allocale, sicché si può calcolare che non arrivano ad avere 500 lire per ciascunanelle quali è compreso il vitto.

È però naturale che abbiano meno esigenze dei nostri insegnanti secolari,delle nostre direttrici e maestre. Le nostre lavorano per vivere; spesso soccorro-no le loro famiglie; devono pensare al loro avvenire. Le Marcelline invece hannola loro dote; l’avvenire l’hanno assicurato, vecchie od inferme l’istituto non leabbandona, ma le assiste senza risparmio di sorta. Esse hanno lasciato le lorofamiglie, le quali o non hanno bisogno di essere soccorse, o se veramente sonoin istrettezze le Marcelline non possono dar loro nulla, essendo esse piuttostodepositarie che proprietarie degli introiti dell’istituto.

Questi sono i motivi per i quali le Marcelline e le monache in genere fannospendere meno nei loro istituti, che non si spenda nei nostri secolari.

Un altro vantaggio hanno, sui nostri, gli istituti religiosi, e questo è tuttomorale. Per quanto la famiglia religiosa abbia voti semplici; per quanto le suoresieno libere, è un fatto che fintanto appartengono ad un’associazione religiosaperdono la loro individualità, non formando tutte insieme che un solo corpodipendente dalla superiora generale, che è la vera mente che tutto dirige. Ledirettrici morali e didattiche ch’essa manda negli altri istituti sono donne provate,che godono la sua completa fiducia e che, lontane o vicine, dipendono sempreda lei. Se una signora non fa il suo dovere e non lo vuol fare, cessa di far partedell’associazione; ma, se ci vuol rimanere, deve sottomettersi. Se la superiora locrede ben fatto la manda da un istituto in un altro, le dà un ufficio di minorimportanza o più conforme alla sua capacità e deve obbedire. Non ci sono recla-mi, né inchieste, né protezioni; chi non vuole stare alla regola se ne va.

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1 Sul preciso orientamento delle Marcelline a disporre di personale interno alla congrega-zione munito dei titoli legali per l’insegnamento, anche per godere di una certa autonomia incampo didattico, si veda il doc. 55.

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Le Marcelline poi, come educatrici, hanno dei meriti reali e questo a mioparere perché sono lombarde od educate a Milano dove hanno la prima casa diloro fondazione. Dico questo perché nelle nostre provincie settentrionali ingenere e specialmente nelle lombarde si è sempre avuto un’idea giusta dell’edu-cazione della donna. A nessuno è mai venuto in mente che una donna perché èistruita, perché ha studiato non possa essere una brava donna di casa, una bravamadre di famiglia; e nessuna donna ha mai sdegnato di occuparsi minutamentedella sua casa, perché ha studiato. E, appunto perché si ritiene l’istruzionenecessaria alla donna, non si profondono inutili lodi a quelle che studiano.

Ci sono delle provincie invece nelle quali certuni si allontanano quasi dalledonne colte o le guardano come esseri pericolosi; e a mantenere questi pregiudi-zi ci sono gli esagerati che, di una donna istruita, ne fanno un essere privilegiato,che non deve curarsi di casa e di famiglia (se questo può dirsi un privilegio) edesagerano in lodi e ne scrivono sui giornali, vero modo questo di togliere alladonna, e massime alla giovanetta, quell’aureola di modestia che le sta tanto bene.

Io ho dunque trovato dalle Marcelline la nostra buona educazione lombarda;quell’educazione continua, opportuna, che dalla più piccola cosa trae motivod’ispirare un buon sentimento senza lungaggini, senza prediche; quell’educazio-ne data di cuore e, più che altro, coll’esempio, affettuosa e seria al tempo stesso,senza quelle sdolcinature, che non sono del nostro carattere e denotano piutto-sto leggerezza di cuore che vero affetto. Le Marcelline, almeno quelle poche cheho maggiormente conosciute a Lecce, hanno quell’energia di carattere che piacee fa nascere il desiderio di imitarle; sono attive, diligenti, sempre pronte ai lorodoveri, mai disoccupate e così vogliono le loro alunne. Di belle maniere, madignitose sempre, prestano alle educande ogni servigio come farebbero le loromamme.

Non ci sono fra loro donne di servizio; tre però sono addette assolutamentealla cucina, ma vestono come le altre 27; fra queste ce ne saranno di più e menoistruite ed anche di più e meno educate, ma nell’insieme, e massime quelle chestanno propriamente colle educande, hanno belle maniere. Parecchie dormonocon loro nei dormitori e al mattino rifanno anch’esse i loro letti, aiutano le piùpiccole, insegnano loro a pettinarsi e non lasciano i dormitori se non sono inte-ramente riordinati e puliti. Le educande, vedendo che le loro signore non isde-gnano di accudire alle piccole faccende domestiche, non si fanno pregare di farealtrettanto.

Tra tutte sono in 115 in questo educatorio; cioè 115 persone: 35 signoreMarcelline (la direttrice con patente superiore - Otto maestre di studio, quattrocon patente superiore, quattro con patente inferiore - Tre maestre di lavoro -Due maestre di musica - Varie istitutrici, l’economa, la guardaroba, l’infermiera,le portinaie - Tre addette alla cucina); 85 educande.

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Le educande sono divise in sette classi e l’anno scorso erano così distribuite

Classe prima Alunne 7 da 7 a 9 anniClasse seconda “ 14 da 9 a 12 “

Corso elementareClasse terza “ 18 da 10 a 13 “Classe quarta “ 15 da 11 a 15 “

Classe quinta “ 17 da 12 a 16 “Corso superiore Classe sesta “ 8 da 13 a 15 “

Classe settima “ 6 da 16 a 17 “85

Come si vede l’insegnamento si divide in elementare e superiore, l’uno e l’al-tro secondo i programmi governativi, oltre l’insegnamento delle lingue stranieree della musica e qualche piccola variante nei particolari; però il loro programmadidattico è abbastanza esteso per signorine che non devono insegnare, ma chepotranno benissimo sentir parlare di letteratura, di scienze, di scoperte, di viaggiecc., e in tal caso potranno ascoltare con piacere, dire qualche cosa in propositosenza fare cattiva figura, sapranno tacere e parlare a tempo, e potranno ancora,colle cognizioni acquistate, studiare da sé e con profitto.

Le signore patentate, oltre la direttrice che non insegna, sono otto: le tre piùistruite, e sono veramente colte e brave maestre, si dividono fra loro l’insegnamentodel corso superiore; ciascuna ha la responsabilità della propria classe, però certematerie sono affidate ad una sola maestra per tutte le classi; per esempio la maestra disesta classe insegna a tutte la storia, e quella di settima la fisica e così per il francese.

Le lezioni di studio non si fanno contemporaneamente in tutte le classi, pertal modo queste tre maestre possono insegnare anche alle esterne, che sonopochissime dei corsi superiori, e sorvegliare le classi elementari.

Una di queste maestre, se non è la direttrice didattica di nome, lo è di fatto el’istruzione è a lei bene affidata.

L’insegnamento è buono e ben fatto massime nel corso superiore: nelle primeelementari potrebbe essere anche migliore, fatto in modo più vivace e più adattoall’età; però, giunte le ragazze alla terza elementare, si vede che hanno studiato conprofitto e che sono abbastanza ben apparecchiate per gli studi di quella classe.

Tutte le alunne in genere sanno bene le cose studiate, le hanno capite, nesanno render conto, sono abituate a riflettere e così studiano volentieri e imparano.

I componimenti che feci fare alla quarta e a tutte le classi superiori danno adivedere il profitto fatto non solo nello studio della lingua, ma anche nell’educa-zione del cuore. Questi compiti, considerato il vario grado d’istruzione secondola classe a cui appartengono le alunne, sono per la maggior parte ben fatti; la lin-gua è corretta, sono svolti con ordine e chiarezza, sono scritti con naturalezza e

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semplicità, c’è affetto, ci sono dei pensieri gentili e delicati.L’insegnamento della letteratura è fatto bene scolasticamente, ma non ci sta-

rebbe male una maggior larghezza di idee; lo stesso si può dire della storia; lageografia è insegnata piuttosto bene e le nozioni di fisica sono date in modoesatto, chiaro e pratico. L’aritmetica è insegnata bene, e bene il francese, che leragazze studiano volentieri, ma con una certa difficoltà per la pronuncia. Sonoparecchie le alunne dei corsi superiori che studiano le lingue tedesca e inglese.La religione è insegnata piuttosto diffusamente e la morale quasi più in pratica,come perno di tutta l’educazione, che in teoria.

Le ragazze si applicano ancora volentieri al disegno e alla musica, anchequesta è insegnata da due Marcelline che la sanno veramente bene. Né è trascu-rato il lavoro, che anzi le Marcelline si sono sempre distinte anche in questo e leragazze ci si applicano volentieri, e cuciono e ricamano benino.

In generale queste ragazze si presentano bene, sono di modi educati, mode-ste e disinvolte nel tempo stesso. Sono vestite semplicemente, ma l’uniforme èbellino e di buon gusto.

Insomma è questo un buon educatorio e poiché vi sono dei genitori chevogliono proprio affidare le loro figlie alle monache, meglio queste, perché,come ho già detto, sono buone educatrici e sentono l’importanza dell’istruzione.

Non dirò che sia la perfezione degli istituti; in altri, dove ci sono professori,questi si addentrano di più nei loro insegnamenti; ho sentito anche far degliappunti alle Marcelline, ma ritengo fossero fatti più per difetti individuali chedell’associazione. Certo però che in questi tempi di reazione è facile che almenoin chi dirige e guida le Marcelline ci sia l’idea che i loro istituti facciano concor-renza ai migliori nostri governativi e se quelli delle Marcelline a Milano tolgonodelle educande al Collegio Reale delle Fanciulle di quella città, le Marcelline diGenova e quelle di Lecce attirano a sé molte delle ragazze che il Genovesato e lePuglie mandavano a S. Ponziano di Lucca1, alla Ss. Annunziata di Firenze ed ai

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1 Le origini dell’Istituto di S. Ponziano si legavano alla «società di suore» detta Congregazionedi S. Felice – istituita a Lucca nel 1812 con decreto a firma di Felice Baciocchi – in cui era stataincorporata la Società detta della Zecca e della Conserva, che traeva il nome da due antiche istitu-zioni caritative lucchesi già precedentemente riunite. Dopo l’unificazione, nel 1875 il Ministerodella pubblica istruzione approvò per “S. Ponziano” un nuovo regolamento in cui spariva il fineassistenziale, legato alla storia degli ospizi e ricoveri per orfane da cui era derivato l’istituto, e nel1880 venne emanato un regio decreto che, riconoscendo nel “S. Ponziano” di Lucca un caratteree un fine del tutto analoghi a quelli dei conservatori della Toscana, lo pose alle dipendenze diret-te del Ministero della pubblica istruzione. Il r.d. 5 marzo 1885, che approvò il nuovo regolamentoorganico dell’istituto, ribadì l’esclusione dei fini di beneficenza, riconfermando che il collegio-convitto aveva come obiettivo l’educazione fisica, intellettuale e morale delle ragazze di condi-zione civile; cfr. Il R. Istituto femminile di S. Ponziano in Lucca e la sua trasformazione.Relazione e proposta del R. Commissario Avv. Marino Pàroli, Lucca, Tip. G. Casini, 1922.

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Reali educandati di Napoli. Del resto c’è posto per tutti e purché si tenga alto neinostri il grado d’istruzione e più ancora la buona educazione del cuore e deimodi, ne verrà vantaggio alle giovanette da questa gara.

È inutile che parli della scuola esterna a pagamento; il programma è quellostesso delle educande. Io ci trovai 34 allieve tra tutte cioè:

16 da 5 a 9 anni in prima classe7 da 8 a 12 “ in seconda “7 da 12 a 15 “ in terza “3 da 12 a 14 “ in quarta “

1 di 15 “ in sesta “34

Il locale è ordinato, pulito ed anche ben diviso. Sarebbe buono per 60 alun-ne, ma anche in questo caso ha due difetti: la posizione troppo centrale trovan-dosi proprio in uno dei punti più frequentati di Lecce, e la mancanza di un giardi-no, quello che c’è è così piccolo che non si può nemmeno tenerne conto.Naturalmente le ragazze escono una o due volte la settimana. Ora ci sono 85 edu-cande, hanno i dormitori piuttosto buoni, belle le scuole; ma le ragazze sonodivise in due refettori, perché ne manca uno grande per tutte, e uno dei quali èveramente brutto. Le signore Marcelline dormono, parte colle educande, partenell’infermeria e le altre in un dormitorio poco ben esposto e dove stanno a disa-gio; dunque anche per 85 educande il locale non è comodo. Sono poi tante ledimande per metterci altre ragazze che il numero verrebbe raddoppiato: in vistadi ciò il Consiglio provinciale deliberò una spesa di 300.000 lire per acquistare incampagna, a pochi passi dalla città, un’area di un ettometro quadrato, mi pare,per fabbricarvi appositamente un bell’educatorio, con ortaglie e giardino, e delquale se n’è già fatto il progetto. Non so se questo si effettuerà sollecitamente.

Eccole, signor ministro, le mie osservazioni su questo istituto e m’auguro dinon essere andata molto lontana dal vero.

Mi creda con sincera stimaDi Vostra Eccellenza

DevotissimaMarietta Guerrini

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Relazione dell’ispettrice governativa Marietta Guerrini sul Conservatorio dellaSs. Annunziata di Empoli 1.

ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione primaria e popolare, Istituti femminili, Ispezionie relazioni (1884-1902), b. 22, fasc. 50, s.fasc. 2, ms. autografo.

Roma, 16 luglio 1889

EccellenzaVisitai nella scorsa primavera il regio Conservatorio della Ss. Annunziata in

Empoli e ci trovai 7 educande solamente, mentre ce n’erano 15 nel 1877, e 19nel 1884.

Io ho sempre trovato in questo conservatorio un non so che di troppomonastico, massime nel locale, e un’istruzione discreta appena. È però vero chenel 1884 l’operaio sig. Casuccini, nominato da poco a reggere quell’amministra-zione, ci avea messo una certa attività e un così vivo desiderio di ringiovanire ilconservatorio che pareva dovesse riuscirci.

Una giovane maestra siciliana, fattasi oblata, s’intende (altrimenti non l’a-vrebbero accettata), era tutta anima per il buon andamento delle scuole e, se l’i-struzione non era gran che migliorata, è certo che le ragazze studiavano piùvolentieri: insomma parea proprio che l’istituto dovesse risorgere a nuova vita;tanto che gli amministratori deliberarono di far fare varie migliorie al locale.Infatti fecero accomodare un secondo dormitorio; fecero fare di nuovo una bellascuola di studio, un refettorio per le educande solamente, una grande e bella

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1 Il parere espresso da Marietta Guerrini sulla decadenza del Conservatorio di Empoliriflette le posizioni da lei mantenute durante tutto l’arco della sua attività di ispettrice governa-tiva, che la mostrano, da un lato favorevole a un’attenta opera di mediazione nei confronti diquello che appariva ormai un residuo del passato, il vecchio oblatismo; dall’altro, estremamen-te vigile nei confronti delle nuove congregazioni nate durante la Restaurazione, costituite dareligiose più istruite e preparate ad esercitare i loro compiti educativi, ma, anche perché dotatedi una struttura centralizzata, a suo giudizio più incisive e determinate nella loro opera di apo-stolato, e non di rado assai più insidiose nell’ostacolare il compimento del progetto di laicizza-zione sostenuto dal Ministero della pubblica istruzione.

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stanza di ricreazione per i giorni di cattivo tempo.Ma quel po’ di miglioramento avvenuto nel conservatorio fu un fuoco di

paglia; le educande tornarono a scemare e, compiuti i lavori, c’era quasi da pen-tirsi di averli fatti.

Per me provai uno stringimento al cuore vedendo quella scuola delle internecosì meschina. Le oblate, il sig. operaio sono affatto disanimati, l’oblata sicilianaè morta da qualche tempo.

Le cause di questa decadenza possono essere varie.L’aver le oblate tardato troppo a far le migliorie al locale, il quale poi nell’in-

sieme, e massime all’ingresso, ha sempre qualche cosa di così monastico cheopprime; il non aver mai voluto cedere sul condurre le ragazze a passeggioregolarmente tutte le settimane; far loro fare una gita una volta ogni tanto, e poiper dei mesi non escono più; credo che abbiano anche aumentato un pochino laretta dopo gli ultimi restauri, senza aver dato un maggior impulso agli studi; lavicinanza dei conservatori di S. Miniato e di Montopoli, posti in miglior posizio-ne1; il sorgere da ogni parte di altri istituti pure di monache, ma più moderne(più intransigenti magari, più temibili perché sorte colla reazione, ma chi si curadi questo? E pullulano da ogni parte!), le quali hanno istituti più gai, più simpati-ci, tenuti con maggior proprietà, s’adattano di più alle esigenze dei tempi. E nonsono più come le monache di una volta divise famiglia per famiglia, sicché ognicasa di educazione viveva e manteneva la propria autonomia, la buona famadell’istituto coi solo [soli] mezzi propri morali e materiali. Adesso sono interelegioni, ciascuna di esse, numerosa più o meno, obbedisce ad una sola volontà,la madre generale. Dispongono tutte di molti mezzi e possono sempre tenermolto bassa la retta delle ragazze a loro affidate.

Prese ad una ad una sono poche, fra questa moltitudine di suore, quelle cherealmente ispirino una certa fiducia, molte sono come automi; fra le altre ce nesono d’ingegno, di cuore e simpatiche, ma son tutte guidate, per così dire, dauna mano invisibile, alla quale ciecamente obbediscono.

Questi nuovi istituti adunque attraggono più degli altri e, siccome sono ancoramolti i genitori che affidano volentieri le loro figliuole alle monache, abbandonanogli istituti vecchi tanto più facilmente perché le trovano anche in quelli nuovi.

Le oblate di Empoli dicono che a tutti è ora venuta la mania delle Mantellate,o Servite dei servi di Maria. La credetti da prima una supposizione non giusta,ma forse hanno ragione. Mi sono accorta che l’autorità ecclesiastica ha le suepreferenze per questa o quella associazione religiosa, preferenze che accorda orall’una or all’altra. Forse ora sono più ben viste le Mantellate o Servite; infatti alla

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1 I Conservatori di S. Chiara di S. Miniato e di S. Marta di Montopoli Valdarno.

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Galeazza, comune di Crevalcore in quel di Bologna1, trovai le Servite in fabbricache allargavano il loro educatorio, perché sono in aumento le loro educande e aBudrio, pure in provincia di Bologna, le Servite aprono adesso un educatorionuovo nuovo2.

E poi è presto fatto a popolare o spopolare uno di questi conservatori di 15o 18 educande. Una mamma, poco contenta della figlia che ha in un conservato-rio, mette la sorellina in un altro istituto e subito sono tre, quattro mamme chemettono le figlie nel medesimo collegio più moderno. L’anno dopo il conserva-torio è subito disertato.

Tutte queste ragioni insieme mi sembrano più che sufficienti a spiegare ladiserzione del conservatorio di Empoli; una speciale non la saprei trovare.[...]

Di Vostra Eccellenza devotissima

Marietta Guerrini

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Relazione dell’ispettrice governativa Marietta Guerrini sul collegio tenuto dalleDame del Sacro Cuore a Firenze 3.

ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione primaria e popolare, Istituti femminili, Ispezionie relazioni (1884-1902), b. 22, fasc. 49, ms. autografo.

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1 Il Collegio delle Mantellate in S. Maria di Galeazza, presso Crevalcore, aperto nel 1883.2 L’istituto-convitto delle Servite di Budrio fu aperto infatti nel 1889. Come quello situato

nei pressi di Crevalcore, era destinato all’educazione di ragazze di condizione civile; cfr.MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, Relazione presentata a S.E. il Ministro della PubblicaIstruzione Prof. Comm. Nicolò Gallo… cit., pp. 90-91.

3 Questa relazione di Marietta Guerrini sull’Istituto delle Dame del Sacro Cuore di Firenzeesprime in modo esemplare, pur nell’equilibrio dei giudizi dell’ispettrice, la tipica diffidenza diun’emissaria del governo verso un educandato diretto da suore francesi. La volontà di strapparel’educazione delle ragazze delle classi più agiate ad influenze antinazionali che, come in questocaso, avrebbero falsato la spontaneità e la sincerità dei sentimenti, favorendo una collocazioneambigua delle donne delle élite rispetto al nuovo credo di stampo laico e nazionale, venne riba-dita, infatti, soprattutto a fronte di istituti diretti da religiose che dipendevano da una casa madrestraniera; delle Dame del Sacro Cuore, inoltre, si sottolineava sempre, almeno implicitamente, iltemibile e ben noto legame alle regole e alle finalità della compagnia di Gesù.

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Fonti per la storia della scuola

Brescia, 24 agosto 1890

EccellenzaAvea già visitato questo collegio nel 1884 (dicembre) e, rivedutolo quest’an-

no, l’ho trovato parte in via di progresso e parte stazionario.Sono aumentate le educande, da 36 che erano allora, a 61; c’è una scuola

esterna a pagamento, che non c’era allora. È, per conseguenza, aumentatoanche il numero delle maestre e non ce n’è alcuna di quelle che allora vi trovai;mi pare sia più colta e pratica dell’insegnamento la nuova direttrice signoraAlessandri, in confronto della sig.ra Filipponi.

Il locale è sempre il medesimo palazzo Macdonal [sic ], ma vi è stato fabbri-cato un secondo piano ed è capace così d’un maggior numero di persone; cen’era bisogno, ché in questa casa, oltre l’educatorio e le scuole esterne, c’è anco-ra il noviziato per le aspiranti a questa corporazione religiosa.

Quello che non ho trovato cambiato sono i programmi e gli ordinamentiscolastici, come pure la superiora sig.ra Maria Bildstein, alsaziana, la quale,credo io, è proprio lasciata lì a quel posto perché tenga fermo l’ordinamentoscolastico secondo le norme date dalla casa madre di Parigi, che sono adottateda tutte le case di educazione dello stesso ordine. E per quanto ci sia una diret-trice italiana per l’educatorio, e specialmente direttrice didattica, questa non puòfare negli studi la più piccola innovazione, sia pure per attenersi alle leggi delpaese, senza il consenso della superiora, e perciò della madre generale di Parigi;sicché la vera direttrice di questo educatorio è la sig.ra Bildstein.

Ma procediamo con ordine.Quest’istituto fu aperto in Firenze sul finire del 1881 a scopo di educazione

per le giovanette di famiglie agiate e vi fu aperta anche una scuola elementareinferiore, gratuita, per fanciulle povere. Nel 1884, per avere un maggior numerodi educande, le Dame acconsentirono di ammettere alla scuola delle interneanche delle esterne, purché si trattenessero in convitto tutto il giorno, pranzasse-ro colle educande e pagassero metà della retta che pagano queste1.

Nel 1885 aprirono una scuola esterna a pagamento, che le Dame del S. Cuorechiamano semiconvitto; le alunne pagano £ 10 al mese; stanno alla scuola tutto ilgiorno. È una scuola a sé, le ragazze portano da casa la propria colazione edhanno il loro refettorio presso la loro scuola.

Il locale è bello, con sale e stanze spaziose, ben esposto; c’è aria e luce fin-ché si vuole e c’è un grande e bel giardino. Questo palazzo è stato ben utilizzatoper l’educatorio: oltre le sale di ricevimento, ce ne sono altre per la ricreazione;quand’è cattivo tempo, per lo studio, per il lavoro; queste sono a pianterreno

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1 In margine al testo: «£ 40, £ 80».

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dove c’è ancora la cappella; ci sono alcune stanze col pianoforte, la cucina equelle di servizio. Al primo piano ci sono le scuole di studio, di disegno, duedormitori e un gran guardaroba, che, provvisoriamente, serve anche di refetto-rio. Ci sono ancora le camere delle suore, l’infermeria, la foresteria e la scuoladelle esterne. Il secondo piano è nuovo e non è finito di fabbricare; le educandenon vi hanno per ora che due dormitori. In avvenire tutti i dormitori saranno alsecondo piano e verranno poi meglio distribuiti i locali del primo.

Quand’io visito gli istituti delle Dame del S. Cuore provo in me diversi senti-menti e non so come ben definire queste signore. Non posso a meno di ammira-re la loro squisita educazione, ché in generale appartengono a famiglie aristocra-tiche e molto distinte; le trovo istruite, colte, dicono di trattare con molta fran-chezza e lealtà e intanto non mi ispirano fiducia.

Nell’educare le fanciulle mi pare che abbiano qualche cosa nelle maniere dimellifluo, più che di mite, e insieme un che di austero che guasta quel faredignitoso che piace. Si contentano della forma più che della sostanza; purché leragazze obbediscano ciecamente e si mostrino disciplinate, non si curano diaddentrarsi un po’ nell’animo loro per accertarsi se operano per persuasione,per il sentimento del dovere, o semplicemente perché non possono fare diversa-mente, sicché, lasciate poi libere di se stesse, farebbero tutto l’opposto.

Questa istituzione, sorta in Francia circa il 1825 con regolamenti simili aquelli dei Gesuiti1, ha nel suo carattere un insieme di gesuitico e di francese, chenon mi pare il più atto a ben educare le nostre giovanette; mentre all’apparenzaha qualche cosa di così attraente, che molti sono convinti non esserci educazio-ne migliore di questa.

Le signore che entrano in questa corporazione religiosa, se non sono france-si, restano però dominate dalle francesi e non godono della fiducia dei superiorise non quando si sono conformate interamente alle loro idee.

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1 La Società del Sacro Cuore ebbe origine agli inizi dell’Ottocento grazie all’iniziativa diSophie Barat e sotto l’influsso di Joseph Varin, poi divenuto gesuita e allora superiore dellaSocietà della Fede, che, fondata con il nome Compagnia della fede, aveva lo scopo di far rivi-vere sotto altro nome la Compagnia di Gesù. La Barat decise di fondare un’istituzione consa-crata ad educare ed istruire le ragazze di condizione sia povera e modesta che agiata, peravviare un processo verticale di ricristianizzazione della società, che, anche sul versante fem-minile, muovesse dai ceti più elevati, scendendo e diffondendosi poi verso il basso. Nel 1815la Società ricevette le sue regole, di ispirazione ignaziana, poco dopo la definitiva ricostituzio-ne, da parte di Pio VII, della Compagnia di Gesù (1814). Ai Gesuiti le Dame del Sacro Cuorefurono sempre strettamente legate – nella direzione spirituale e in varie attività – tanto da esse-re comunemente denominate «gesuitesse», un appellativo cui, specialmente nel periodo risor-gimentale, si attribuì una connotazione negativa o ironica. Cfr. Dizionario degli istituti di per-fezione, cit., alle voci «Società del Sacro Cuore di Gesù, S. Sofia Barat» e «Gesuitesse», e, per l’at-tività in campo educativo, F. MAYEUR, L’éducation des filles en France au XIXe siècle… citata.

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Le nostre italiane, pure inchinandosi all’autorità francese, serbano un pocodel nostro carattere più franco e meno mellifluo e queste mi sembrano miglioriper educare le nostre fanciulle italiane.

Quest’educatorio di Firenze si può dire internazionale, perché ci sono edu-cande francesi, inglesi, americane ecc., tuttavia tutte queste insieme non arriva-no intieramente alla metà, le altre sono tutte italiane. Le lezioni sono date in ita-liano quasi tutte, ma nell’istituto ordinariamente si parla il francese; la storia e lageografia della Francia sono insegnate colla stessa cura di quelle dell’Italia.

Insomma è un’istituzione francese che si diffonde in tutti i paesi, ma conser-vando il carattere proprio e che non può a meno di esercitare una certa influen-za sulle giovanette che educa.

Non so quante siano le Dame del Sacro Cuore, comprese le novizze, che cisono nell’istituto; ma, oltre la superiora, sono 21 quelle che si occupano delleeducande e delle alunne interne ed esterne. Meno una, la Carlini Teresa, hannotutte la patente, e quasi tutte di grado superiore1.

La superiora Bildstein è una buona signora, educata, ha un grande interesseper l’educatorio, perché tutto vi proceda bene, ma nulla deve essere modificatodi quanto fu stabilito a Parigi.

La direttrice Alessandri è donna colta, sente la responsabilità del posto cheoccupa, vede quel che si potrebbe fare di meglio e si strugge di non poterci riu-scire. Avendo io fatto alcune osservazioni sui programmi e su altre piccole cosea lei ed alla superiora, poiché questa ci ebbe lasciate sole: «Brava, mi disse, midica tutto quello che crede alla presenza della superiora; è buona e brava, manon si può persuaderla a fare il più piccolo cambiamento. È vero che sono io ladirettrice, ma ho le mani legate».

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1 In margine al testo: «Personale dell’educatorio e delle scuole. Dame del Sacro Cuore.Personale interno occupato per l’educatorio e le scuole: per l’educatorio: Bildstein Maria supe-riora, Alessandri Antonietta direttrice didattica e morale dell’educatorio, Pagani Amalia maestranella classe di perf.to, 4a elementare e nella scuola esterna a pagamento, Renier Amaliam[aestr]a di 5a elementare e nella scuola esterna a pagamento, Mallio Adelaide m[aestr]a diterza, Casalini Elisa m[aestr]a di 2a cl[asse], Savorelli Virginia m[aestr]a di 1a, Coccartelli Olimpiam[aestr]a della classe infantile, Wagner Augusta, Torelli Giulia m[aestr]e di tedesco, De LattaiMaria m[aestr]a di francese, Maclean Margherita, Schechen Mary m[aestr]e d’inglese; per lascuola esterna a pagam[ento]: Zileri Fanny direttrice della scuola esterna a pagam[ento],Ferrerati Emma, D’Ancona Filomena maestre delle classi inferiori (nelle classi 4a e 5a insegnanole Dame Pagani e Renier già menzionate); per la scuola gratuita: Carlini Teresa direttrice dellascuola gratuita, non ha patente, Larber Maria, Bevilacqua Alessandra maestre; supplenti:Micheli Gelina, Lazzise Alessandra, Lerigo Giulia, maestre supplenti. 38 educande da 6 a 16anni. Personale esterno: Insegnanti: signora Straccali [?], prof. Osvaldo Enrico per il pianoforte,prof. Lorenzi per l’arpa, prof. Bernardini per la chitarra e il mandolino, sig.ra Tedeschi per laginnastica. 23 alunne a mezza pensione che frequentano cioè la scuola delle educande e pas-sano con loro l’intera giornata scolastica dalle 8 alle 6».

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Altre volte m’ero accorta che, in questi istituti, le italiane, trovandosi sole traloro, erano molto più aperte ed espansive di quando si trovavano colle francesi;ma qui mi è sembrato di vedere più spiccato il dualismo anche perché è piùnumeroso l’elemento italiano, massime nelle maestre.

Le maestre sono diligenti, insegnano piuttosto bene, ma le migliori sono laPagani e la Renier. La prima di queste si apparecchia per ottenere l’abilitazioneall’insegnamento superiore.

Tutte, per turno, sorvegliano le educande di giorno e di notte.L’ordinamento scolastico di questo istituto è il seguente: il corso degli studi si

compie in otto anni; sono dunque otto classi e si comincia dall’ottava andandoalla prima, che è quella delle alunne che finiscono il corso1. Se ci sono educandeal di sotto dei 5 anni, queste formano una classe a parte detta infantile. Essendocialunne di varie nazioni si insegnano diverse lingue; è obbligatorio lo studio dellalingua francese che si insegna fino dalle prime classi. Le lingue inglese, tedesca espagnuola, le studiano quelle che lo desiderano e così la musica.

L’insegnamento religioso non si limita alla storia sacra e al catechismo, ma siestende alla storia ecclesiastica2. Quello della storia profana comincia nelle classiinferiori dalla storia antica e favolosa, e forse quel che di soprannaturale che hala favola diletta le piccole menti e più vi si imprime. Alla storia di Francia è dataun’importanza almeno eguale a quella d’Italia e così è studiata la geografia diquesti due Stati, senza trascurare gli altri; credo pure che alle altre straniere sifaccia fare qualche studio più diffuso sulla storia e geografia del loro paese.

Ora io, che da anni conosco questo loro ordinamento di studi, avrei credutoche, a parte alcuni minuti particolari, le Dame del Sacro Cuore avrebbero pre-sentato il loro programma (a norma della circolare 20 febb. 1889) di studi colle 8classi divise in corso elementare e superiore. Era naturale che avessero modifica-to un poco il programma per le scuole elementari, giacché doveano introdurci il

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1 Contrariamente a quanto era in uso nelle scuole e negli educandati italiani, in quellidiretti da personale francese i corsi, dall’elementare al perfettivo, si suddividevano tradizional-mente in classi contrassegnate da un ordine decrescente.

2 Secondo le finalità dell’istituzione, gli studi delle alunne avrebbero dovuto essere caratte-rizzati da una ricerca di solidità innanzitutto sul piano della preparazione religiosa. Questadoveva essere funzionale, tuttavia, non alle esigenze della vita monastica, ma a quelle dellavita mondana. A tale scopo si offrivano anche corsi di studi «profani» per porre le alunne ingrado di operare efficacemente all’interno di ambienti altolocati. Per quella che si configuracome una vera e propria ratio studiorum al femminile e per i metodi pedagogici e didatticiproposti dalle Dame del Sacro Cuore nei loro educandati cfr. J. DE CHARRY, Pedagogia e spiri-tualità originaria della Società del Sacro Cuore, in Esperienze di pedagogia cristiana nellastoria, a cura di P. BRAIDO, II, Roma, LAS, 1981, pp. 159-184 e R. SANI, Nuovi istituti religiosifemminili… cit., in Educare la nobiltà, cit., pp. 165-186

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francese e aver riguardo a quelle che si applicavano agli studi facoltativi; cosìveniva anche modificato l’insegnamento della storia. Col loro programma delcorso superiore o complementare mostravano fin dove giungeva il loro insegna-mento e che le poche cose trascurate in quello elementare erano anche megliostudiate nel corso superiore.

Invece esse non hanno mandato da approvare all’autorità scolastica che unprogramma delle cinque classi elementari e, copiando classe per classe quelloministeriale mettendoci a confronto il proprio materia per materia, hanno fattovedere che in ciascuna si diffondono un po’ più di quello che si esige. Si fa uncenno appena di un anno di corso complementare, che c’è e non c’è, secondoche ci sono o no educande (ma ce ne sono sempre) e di questo non si mettenessun programma, come non si fa cenno delle materie facoltative1.

Insomma legalmente esse non hanno che il corso elementare. Su quello cheinsegnano di più non vogliono aver noie coll’autorità scolastica.

Io ho fatto osservare che questo fa torto al loro educatorio, perché l’autoritàscolastica potrà sempre asserire che vi è solamente il corso elementare. La diret-trice Alessandri vorrebbe dare alla scuola la forma di elementare e superiore, atte-nendosi un po’ più nell’elementare ai programmi governativi; ma la superioraBildstein sostiene che ciò è impossibile per le educande straniere che ci sono nel-l’educatorio. Io ho anche osservato che, essendo le nostre in maggioranza, gliordinamenti nostri dovrebbero prevalere, come ritengo prevalgano quelli francesiin Francia e così negli altri paesi; ma credo che faranno sempre a modo loro.

Del resto è naturale che sia lasciata molta libertà all’insegnamento privato;ma non è naturale che dicano una cosa per un’altra e che, assicurando i parentidi dare un’istruzione superiore, asseriscano diversamente all’autorità dalla qualevogliono essere tutelate.

L’ispezione in questo istituto è anche un po’ difficile, perché non è un crite-rio esatto quello che si può formare dell’insegnamento e del profitto. Sono tutte

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1 In margine al testo: «Prospetto della divisione scolastica delle educande. Come la presentano aisuperiori scolastici: classe infantile, classe preparatoria, classe prima inferiore (di queste classi nontengono conto nei programmi), classe prima elementare, classe seconda elementare, classe terza ele-mentare, classe quarta elementare, classe quinta elementare, classe complementare; e neppure diquesta [tengono conto nei programmi]. Come è realmente: classe infantile alunne 2 di 4 e 5 anni,interne 0, esterne 2; classe ottava alunne 5 da 5 a 7 anni, interne 3, esterne 2; classe settima alunne 7da 7 a 10 anni, interne 2, esterne 5; classe sesta alunne 6 da 8 a 10 anni, interne 5, esterna 1; classequinta alunne 5 da 9 ad 11 anni, interna 1, esterne 4; classe quarta alunne 12 da 10 a 12 anni, interne5, esterne 7; classe terza alunne 12 da 13 a 15 anni, interne 10, esterne 2; classe seconda alunne 7 da13 a 15 anni, interne 7, esterne 0; classe prima alunne 5 da 15 a 16 anni, interne 5, esterne 0; [totalealunne] 61, interne 38, esterne 23. Come dovrebbe essere a parer mio: classe infantile, classe primaelementare, classe seconda elementare, classe terza elementare, classe quarta elementare, classequinta elementare, classe prima superiore, classe seconda superiore, classe terza superiore».

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più avanti della classe a cui appartengono legalmente, giacché quelle stesse diprima elementare vi sono giunte dopo due anni di studio.

La maestra Coccartelli insegna piuttosto bene alle sue alunne più piccoledelle classi infantile e preparatoria. Ho trovato anche ben istruite, secondo il loroprogramma, le alunne di prima classe la cui maestra è la Savorelli; la Casalini e laMallio sono state meno fortunate colle loro allieve di seconda e terza classe;pare non fossero molto intelligenti; ce ne furono parecchie di ammalate e lascuola è andata poco bene. Nelle classi 4a e complementare insegna la sig.raPagani; nella 5a la sig.ra Renier. Sono due brave maestre, migliore ancora laprima della seconda.

L’italiano teoricamente è insegnato piuttosto bene. Quelle alunne diconoun’infinità di regole coi loro esempi imparati a memoria; li sanno anche trovareleggendo; le più grandi sanno quello che hanno scritto i nostri migliori scrittori,ne conoscono le biografie; sanno a memoria qualche brano dei loro scritti e per-ché sono giudicati i migliori, ma difficilmente farebbero da sé un esame un po’minuto su quello che leggono; ché se alcuna poi delle più intelligenti volesse giu-dicare un pochino a modo suo un autore la maestra non glielo consentirebbe: «Alasciarle fare, mi disse la Renier, vorrebbero giudicare tutto a modo loro e magarilodare o biasimare diversamente da quello che dice il critico che studiano».

I componimenti delle più grandi sono corretti, scritti con ordine, ci sonodelle idee, ma non ben definite, sicché dopo enunciate si perdono e il componi-mento finisce quasi meschinamente. Me ne hanno fatto leggere alcuni, di temapatriottico, scritti con vero entusiasmo; sono frasi più che concetti seri, ma sivede che nel loro animo c’è l’amor patrio non so se veramente inculcato, o mag-giormente sentito per forza di reazione.

L’aritmetica, la geometria sono insegnate bene e le educande, relativamentealla propria classe, ne sanno abbastanza.

La storia, studiata a memoria dalle piccole e dalle grandi, è da queste cono-sciuta piuttosto bene, massime dalle più intelligenti e studiose. A me però nonhanno fatto sentire che quella d’Italia. Il libro di testo per la storia è quello delTerreno adottato da tutti gli istituti delle Dame del Sacro [Cuore] e del qualescrissi altra volta1. Non mi piace né per il modo come è scritto, né per varie

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1 Nota al testo: «Scrissi di questo libro nella mia relazione sui libri di testo usati in Roma (8agosto 1888)». Il libro di testo citato dall’ispettrice è la storia d’Italia di Giovanni AntonioTerreno, uscita a Torino presso la Tipografia Salesiana alla fine degli anni Settanta e più volteriedita. Appare significativo soprattutto quanto Marietta Guerrini notò in proposito nella suarelazione sull’educatorio delle Dame del Sacro Cuore di Portici, datata 14 gennaio 1880: «Latipografia di S. Francesco di Sales, a Torino, si occupa principalmente dei libri scolastici; daquella uscirono fra gli altri la Storia ecclesiastica e la Storia d’Italia del Bosco, che è adottata in

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espressioni tutt’altro che convenienti per un educatorio di giovanette, né per leinsinuazioni maligne che penetrano nell’animo quasi all’insaputa di chi legge. Lageografia è insegnata discretamente.

L’insegnamento oggettivo è usato appena nelle classi infantile e preparato-ria, nelle altre quasi nulla; alle più grandi insegnano gli elementi di fisica, qual-che cosa di scienze naturali, ma non molto.

Il francese è insegnato bene teoricamente e praticamente. Grammatica e pra-tica vanno insieme e con profitto delle alunne, non importa se a danno un pocodell’italiano; non perché io creda che lo studio di una lingua possa nuocere adun’altra, che anzi giova a tutte e due il confrontarle, ma perché la francese è lalingua parlata negli istituti delle Dame del Sacro Cuore e viene così trascurata l’i-taliana, sicché le giovanette non toscane non imparano a parlarla bene.

Quelli che sono veramente contenti di questo sono i parenti delle educande:per loro parlare speditamente francese vale assai più dello studio dell’aritmetica,delle scienze fisiche e naturali, quasi anche della storia e della geografia; né aloro importa che le loro figlie conoscano la letteratura della lingua francese1 enemmeno che la scrivano correttamente; l’importante per loro è che la parlinocon molta speditezza. È l’unico appunto che facciano agli educatori governativi,dove le lingue, e massime la francese, sono insegnate proprio bene anche lette-rariamente, ma dove non si parlano forse abbastanza e probabilmente più percolpa delle alunne che dei superiori.

Lo studio delle lingue tedesca, inglese e spagnuola è facoltativo e così purequello della musica. Per ciascuna di queste materie pagano a parte2.

Imparano tutte il ballo e la ginnastica.

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quasi tutti i conventi dove c’è un insegnamento superiore. Ora vedo che alla Storia del Bosco siva sostituendo quella del professor Terreno, stampata pure a Torino. Per il poco che ne hoveduto e sentito questi autori scrivono la storia in modo da non urtare le suscettività clericali.Su alcuni fatti sdrucciolano, per modo di dire; certi altri accennano appena, sicché passanoquasi inosservati. Si trattengono invece a lungo, e con ragione, sull’epoca gloriosa dei Comuni,ma si guardano bene dall’accennare che mancava l’idea dell’unità italiana; e poi lodano iGuelfi e il bene che fecero all’Italia i Papi di quel partito, e così via via evitando tutto quelloche è svantaggioso per i Pontefici e decantando il bene che qualche principe straniero ha fattonegli Stati italiani; raccontano le glorie e le grandezze di ciascuna provincia in maniera che legiovanette, per poco che ragionino, si dolgono quasi che la propria provincia abbia perso lasua autonomia»; ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 76, fasc. «Tit. 16.Napoli (provincia). 49», s.fasc. «Comune di Portici. Educatorio delle Dame del S. Cuore».

1 Nota al testo: «In quanto alla letteratura francese le Dame del S. Cuore ne insegnano pocapoca».

2 In margine al testo: «Le alunne che studiano la lingua tedesca sono 18: £ 8 al mese; [la lin-gua] inglese sono 18: £ 8 al mese; la musica (pianoforte) sono 58: £ 2,50 per lezione; [l’]arpa sono3: £ 10 per lezione; [la] chitarra è 1: £ 3 per lezione; [il] mandolino sono 2: £ 3 per lezione».

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Il lavoro è insegnato piuttosto bene sia di cucito che di ricamo; però lavora-no poco, un’ora al giorno o poco più.

La morale l’insegna il canonico Novelli, e un altro canonico, il Matteini, spie-ga il Vangelo e il catechismo1.

Il materiale scolastico è sufficiente per le classi elementari; per le superiorimancano gli oggetti per l’insegnamento della fisica e della storia naturale.

Le ragazze stanno nella scuola dalle 8 1/2 alle 12 e dalle 3 alle 7 1/2; tanto al matti-no, che dopo mezzodì, sono alternate le ore di lezione con quelle di studio e i dueperiodi sono interrotti da mezz’ora di riposo. Lavorano dall’una e mezzo alle 2 3/4.

Le scuole per le lezioni non sono molto grandi e le ragazze stanno seduteattorno ad una tavola ovale; a capo di essa sta la maestra. Per lo studio hannodue grandi stanze. Un banco solo, o meglio vari banchi di seguito l’uno all’altrosono accostati alle quattro pareti della stanza e le ragazze studiano o scrivonotutte colla faccia rivolta al muro. Le Dame le dispongono così per sorvegliarlemeglio, dicono; ma tra che a molte, con questa disposizione, la luce viene di tra-verso, tra che stanno sedute su panchetti senza nessun appoggio, le ragazzestanno incomode e a volte scomposte.

Anche di questo ho fatto l’osservazione alla Alessandri ed alla superiora chemi ha promesso di modificare i sedili; quanto alla disposizione dei banchi la tro-vano perfetta per la sorveglianza.

La sorveglianza, a parer mio, deve essere molto avveduta e continua, manon tale da mostrare sfiducia; altrimenti si toglie alle giovanette l’idea della pro-pria responsabilità e la soddisfazione di operar bene liberamente e non perché èimpossibile fare altrimenti.

Io toglierei anche quella divisione in legno, posta tra un letto e l’altro, inmodo che nessuna educanda veda in letto la sua vicina.

Le educande recitano ogni giorno le preghiere del mattino, della sera, ilrosario e ascoltano la messa; alla domenica hanno la benedizione e la spiegazio-ne del Vangelo.

La loro direttrice è spesso con loro e possono ricorrere a lei ogni volta che lodesiderano.

Le Dame non le conducono mai a passeggio, ma i parenti, che vanno a trovar-le due volte per settimana, possono in una di queste visite condurle a passeggio epreferibilmente nel giardino di Boboli che è a due passi dall’istituto; la passeggiatanon deve durare più del tempo destinato alla visita; possono andare in famigliaper due giorni a Capo d’anno, per otto a Pasqua e per due mesi nelle vacanze.

Anche in questo istituto i premi e i castighi si riducono ai gradi di merito e demeri-

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1 Nota al testo: «Gli esami sono privatissimi: al saggio (una specie di accademia) sono invi-tati i parenti e l’arcivescovo».

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Fonti per la storia della scuola

to esposti in parlatorio, alle sciarpe d’onore; le piccole sono a volte private delle frutta.Le ragazze mi sono sembrate buone, educate, contente, d’aspetto sano; ordinate e

pulite. Hanno comodità per lavarsi, per far bagni e le suore ci badano molto alla pulizia.Il vitto è buono e sufficiente. Hanno a colazione caffè e latte, o cioccolatta, o

brodo secondo che vogliono; a desinare minestra, due piatti di carne con erbag-gi, pane, vino e frutta; a merenda un piccolo panino; a cena minestra, un piattodi carne con insalata, pane vino e frutta.

A me pare che un simile trattamento sia buono e sufficiente, ammesso pureche le porzioni delle pietanze non siano abbondanti come alcuno mi disse; ame, che le ho vedute, parvero sufficienti, anche tenuto conto che la gioventù hasempre un buon appetito.

La retta è di £ 80 al mese. Le esterne che stanno colle educande ne pagano 40.Ci sono ancora due scuole esterne: quella a pagamento e la gratuita. Della

prima è direttrice la madre Zileri, una colta e brava signora, educatissima.In questa scuola, come in tutte le scuole esterne delle Dame del S. Cuore, è

mantenuto il programma governativo e la stessa divisione delle classi come siusa nelle nostre scuole.

Le alunne sono 411. Hanno una scuola grandissima ed una o due più piccole,ed il loro refettorio.

Le lezioni e il lavoro si alternano, tanto più che per le classi 4a e 5a ci sono lestesse maestre delle educande Pagani e Renier.

Ho trovato le alunne di queste due classi ben istruite; scritti piuttosto bene iloro componimenti, e credo che alla fine dell’anno scolastico avranno dato unbuon esame mostrando di aver bene approfittato delle cose studiate.

Nelle classi inferiori insegnano discretamente bene le maestre Ferrerati e d’Ancona.Queste giovanette per l’insegnamento elementare e la lingua francese paga-

no £ 10 al mese. Possono anch’esse studiare le altre lingue pagando a parte.La scuola popolare gratuita è frequentata da 103 alunne, le quali ricevono

dalle suore, oltre l’istruzione, anche un po’ di minestra a mezzo giorno e fors’an-che qualche cosa di vestito lasciato dalle educande2.

In quanto ad istruzione si attengono alla inferiore e sta bene; però le suoreintenderebbero che questo grado d’istruzione si limitasse al solo leggere, scrive-re e far di conto; sicché mi sono raccomandata perché venga esaurito l’interoprogramma delle classi inferiori.

408

1 In margine al testo: «Divisione delle alunne esterne per classe. Classe 1a alunne 13 da 5ad 8 anni; classe 2a alunne 10 da 10 a 12 anni; classe 3a alunne 8 da 11 a 12 anni; classe 4a alun-ne 5 da 12 a 14 anni; classe 5a alunne 5 da 13 a 14 anni. [Totale] 41».

2 In margine al testo: «Divisione per classe delle alunne esterne della scuola gratuita: classepreparatoria alunne 48 da 6 ad 8 anni; classe prima alunne 21 da 8 a 10 anni; classe secondaalunne 22 da 9 a 13 anni; classe terza alunne 12 da 10 a 13 anni; [totale] alunne 103».

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Sezione X - Gli istituti educativi delle religiose tra controllo statale ed esigenze di espansione

Dirige questa scuola, massime per la disciplina, una buona e brava suora, lamadre Teresa Carlini; non è munita di patente, ma non è ignorante per questo.Le due maestre Larber e Bevilacqua insegnano nelle tre classi elementari,lasciando la cura ad un’altra suora di dirozzare un poco quelle alunne che si pre-sentano alla scuola ignare affatto di tutto.

Per questa scuola il locale è appena sufficiente: nel tutt’insieme non è questauna scuola popolare gratuita come tutte le altre, è una scuola fatta per carità afanciulle miserabili ed infelici e alle quali, pur compassionandole ed aiutandole,si fa sentir troppo la loro miseria.

Io non so, Eccellenza, s’io sarò riuscita a dare un’idea esatta di questo educato-rio, ché a volte io temo di giudicare piuttosto per prevenzione che secondo leimpressioni ricevute, e questo timore mi fa essere meno sicura nelle mie asserzioni.

Mi dichiaro con sentita stima e profondo rispettoDi Vostra Eccellenza

DevotissimaMarietta Gue[r]rini

55

Statuto organico dell’Istituto delle Marcelline 1.

ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione primaria e popolare, Istituti femminili, Statuti eregolamenti (1881-1902), b. 18, fasc. 248, ms.

Statuto organico dell’Istitutodelle Marcelline

Art. 1 L’Istituto educativo delle Marcelline venne fondato in Cernusco sul

409

1 Questo documento manoscritto, non datato, che fa parte della raccolta di statuti e regola-menti conservati nel fondo sopra citato, risale probabilmente al 1899. Allora, infatti, il ministe-ro, nell’ambito di una vasta indagine, richiese anche agli educatori privati gestiti da religiose direndere note al governo della pubblica istruzione le norme che li reggevano, inviando unadocumentazione a carattere statutario e regolamentare. I documenti fatti pervenire al ministerodagli istituti educativi delle religiose, comunque, spesso associano, mescolandoli, questi duetipi di disposizioni e altre informazioni ritenute utili.

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Fonti per la storia della scuola

Naviglio nel 1838, dalla signora Marina Videmari; e dal 1854 ha la sedeprincipale in Milano - via Quadronno, 31.Esso conta parecchie case filiali:a) in Milano via Amedei, 2b) “ Cernusco sul Naviglioc) “ Vimercate in Brianzad) “ Lecce (Educatorio provinciale)e) “ Genova (due Case)f) “ Foggia (Collegio-convitto comunale)g) “ Chambery, per la cura climatica e l’esercizio della lingua francese

parlatah) “ Roma, a fine di far conseguire i diplomi necessarii per l’insegna-

mento secondario ad alcune giovani Marcelline, già patentate, fre-quentando la scuola di magistero1.

L’istituto ha pure scuole elementari gratuite e scuole festive.Art. 2 Scopo dell’Istituto delle Marcelline è di ben educare fanciulle di civile

condizione, convittrici ed anche esterne.Art. 3 La direzione e l’amministrazione sono tenute dalle stesse Marcelline2.Art. 4 Le istitutrici fanno vita comune con le educande al pari delle maestre.Art. 5 La responsabilità del collegio spetta ad una direttrice Marcellina, coadiu-

vata da una vice direttrice e dal corpo insegnante.Art. 6 L’istruzione è impartita da insegnanti Marcelline munite dei diplomi

voluti, sia per l’istruzione elementare, che per la secondaria3. Esse ven-gono coadiuvate da altre Marcelline istitutrici.

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1 L’Istituto superiore di magistero femminile di Roma, creato, insieme a quello di Firenze,nel 1882, con lo scopo di permettere alle donne di conseguire un diploma che le abilitasse aimpartire in tutte le scuole femminili «speciali insegnamenti»; cfr. G. DI BELLO, L’IstitutoSuperiore di Magistero Femminile nell’Ottocento, in Documenti e ricerche... cit., pp. 23-75.

2 L’osservanza di tale norma faceva parte delle condizioni poste dalle Marcelline nelle trat-tative con gli enti pubblici locali che desideravano affidare loro una scuola o educandato; siveda in proposito il doc 52.

3 Caratteristica delle Marcelline fu la preoccupazione, che animò costantemente fin dalleorigini le iniziative di Marina Videmari, di essere in regola con le leggi dello Stato sotto il profi-lo dell’igiene e dell’ordinamento didattico e di disporre di personale insegnante della congre-gazione non solo sufficientemente preparato, ma anche dotato dei titoli legali di abilitazioneall’insegnamento. Il problema della carenza di personale interno dotato di patente era rappre-sentato naturalmente non dal corso elementare, ma da quello detto perfettivo (per le alunneche non intendevano seguire i corsi normali) e dal complementare e normale, corsi che si ten-deva ad affidare possibilmente a «suore professore». In alcuni documenti conservati nello stes-so fascicolo, relativi rispettivamente ai frequentatissimi istituti milanesi di via Quadronno e divia Amedei, l’elenco del personale insegnante comprende, oltre a vari professori per il corsonormale, suore addette all’insegnamento munite o di patente normale di grado inferiore e

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Sezione X - Gli istituti educativi delle religiose tra controllo statale ed esigenze di espansione

Art. 7 L’istruzione comprende l’insegnamento elementare, complementare eperfettivo.Nelle tre classi complementari si segue il relativo programma governati-vo, dando però all’insegnamento delle lingue italiana e francese, e dellescienze naturali, lo sviluppo richiesto dai programmi governativi per lescuole normali.

Art. 8 La direttrice provvede alla conservazione dello stabile e al suppellet[t]ilescolastico.

Art. 9 Ogni classe ha la sua aula con arredamento appropriato e sufficiente;biblioteca speciale, carte murali, quadri diversi in relazione agli studiidella classe, e apposite collezioni didattiche per le nozioni varie. Per lafisica e la chimica vi è un apposito gabinetto provvisto degli strumentinecessarii a rendere sperimentale l’insegnamento.

Art. 10 L’istituto ha corsi speciali di lingue straniere (inglese, tedesca, spagnola),di musica, di disegno (paesaggio, figura, ornato, fiori); tali corsi sonofacoltativi.Le lezioni di musica e di disegno non sono comprese nella retta.La lingua francese è obbligatoria anche nel corso elementare.

Art. 11 Il governo didattico delle scuole è affidato ad una Marcellina professora,che nell’esercizio del suo mandato si attiene ai regolamenti governativi.

Art. 12 Le allieve sono addestrate in ogni genere di lavori casalinghi e d’orna-mento, ed avviate ad esercizi pratici di guardaroba, di cucina, e al buongoverno dell’azienda domestica.

Art. 13 Sono ammesse nei collegi dell’istituto le fanciulle dai sei ai quattordicianni, e vi rimangono fino a educazione compiuta.

Art. 14 Quando i parenti volessero ritirare definitivamente un’alunna dal colle-gio, sono obbligati a darne avviso almeno tre mesi prima alla direzione,senza di che il trimestre della retta decorre a carico della famiglia.

Art. 15 La retta annua delle alunne si paga in due rate anticipate; la prima inottobre, la seconda in marzo.

Art. 16 Alle educande vengono concesse alcune uscite durante l’anno scolasti-co, e queste sono disegnate [designate] dal regolamento interno.

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superiore o di diplomi in belle lettere, storia e geografia, pedagogia e morale, scienze fisiche ematematiche rilasciati tra il 1890 e il 1892 dalle università di Genova (dove le Marcelline aveva-no alla fine del secolo due Case filiali) e di Pavia. Sui primi passi del difficile percorso cheportò le donne all’istruzione superiore occorre ancora far luce con specifiche ricerche; per l’at-tivo interesse delle Marcelline all’acquisizione di diplomi universitari per l’abilitazione all’inse-gnamento di alcune discipline cfr. G. ROCCA, La formazione delle religiose insegnanti... cit., pp.426-427.

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Art. 17 Gli educatorî delle Marcelline trovansi in positura amena che mirabilmen-te si presta all’igiene; sono forniti di giardini vastissimi che servono alconvegno delle ricreazioni, e vi suppliscono i portici nei giorni piovosi.

Art. 18 Le alunne per essere accettate debbono presentare:a) la fede di nascita e di battesimob) l’attestato di vaccinazione.

NB. L’Istituto delle Marcelline può a ragione gloriarsi di segnalate onoranzeonde fu decorato.1871 Mostra nazionale di Firenze:

Medaglia d’oro per lavori“ di bronzo per scrittoi speciali dell’istituto“ di bronzo per fiori a matita

1878 Mostra universale di Parigi:Medaglia di bronzo per lavori

1881 Mostra industriale di Milano:Medaglia d’oro per lavori

1888 Mostra vaticana Roma:Medaglia d’oro per ricamo in seta

1890 Mostra Beatrice Firenze:Gran diploma d’onore per disegno, calligrafia, lavori

1893 Esposizione delle missioni cattoliche americane in Genova:Diploma di benemerenza

1895 Esposizione eucaristica in Milano:Diploma di benemerita cooperazione per paramenti, merletti e miniatura

1898 Esposizione arte sacra in Torino:Medaglia d’argento per ricami in oro e colore

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SEZIONE XI

LA RIFORMA DI UN’ISTRUZIONE PUBBLICA DI ÉLITESTUDI E UTENZA DEGLI EDUCANDATI REGI DI NAPOLI

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Comunicazione al ministro sulla proposta di modifiche allo statuto organicodeliberata dal Consiglio direttivo dei Reali educandati di Napoli 1, a firma delpresidente Giuseppe Rega 2.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 185, fasc. «1883. 27.Napoli. 17», ms. con firma autografa.

Napoli, 21 dicembre 1882

Con data di ieri questo consesso ha deliberato quanto segue:Il Consiglio, convinto della necessità di adottare provvedimenti atti a distin-

guere il 1° dal 2° Reale educandato, i quali hanno unico programma mentre il 1°ha mezzi pecuniari di gran lunga superiori al 2° e meglio potrebbe risponderealle esigenze della educazione delle giovinette appartenenti alla classe più ele-vata della società3, a proposta dell’onorevole sig. presidente delibera: farsi voto a

1 Il travagliato dibattito che precedette l’elaborazione del nuovo statuto organico deglieducandati regi di Napoli approvato il 14 agosto 1892 mostra in modo esemplare come l’ordi-namento degli studi, nel Primo e nel Secondo educandato della città (“Principessa MariaClotilde” e “Regina Maria Pia”), dovesse tener conto dell’esigenza, fortemente sentita nelmicrocosmo dei collegi-convitti di élite, di calibrare i singoli interventi riformatori dei curri-cula sulle forme di “distinzione” delle diverse articolazioni interne dell’utenza. Le resistenzeall’uniformazione degli ordinamenti degli studi appaiono in questo caso tanto più evidentiquanto più difficile risultava definire esattamente i confini dei “privilegi” educativi delle diver-se fasce sociali cui apparteneva la potenziale clientela. Nessun dubbio poteva esistere invecesull’“abisso” che separava le finalità dei primi due educandati regi di Napoli da quelle delTerzo (“Regina Margherita”). Secondo quanto osservò il segretario generale SettimioCostantini (v. doc. 57), anzi, il governo doveva contribuire, con il proprio appoggio, a mante-nere elevato lo status dei suoi migliori educandati, rispettando e marcando le differenziazionitra di essi e puntando sulla loro articolazione anche ai livelli più alti proprio per tutelarli dallaconcorrenza degli istituti privati delle religiose.

2 Deputato dalla IX alla XIII legislatura, senatore del Regno dal 1879, fu anche sindaco diMugnano del Cardinale, suo paese natale, e consigliere provinciale di Avellino. Resse la presidenzadel consiglio direttivo dei Reali educandati di Napoli dal 1881 fino al 1891, anno della sua morte.

3 La parificazione degli studi da svolgersi presso il Primo e il Secondo educandato era statasancita dallo statuto Broglio del 13 febbraio 1868 per i regi educatori femminili di Napoli, eribadita dal nuovo statuto Bonghi del 3 ottobre 1875. Secondo l’indirizzo dell’ordinamento

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Fonti per la storia della scuola

S.E. il ministro della pubblica istruzione perché sia provveduto alla bisogna condecreto reale, sottomettendo alla lodata autorità i seguenti criteri come basedella differenza di programma da stabilirsi nel 1° R. educatorio, cioè:

1°. Aumentarsi la retta delle alunne da ammettersi in collegio posteriormentealla riforma da lire 750 annue a lire 800.

2°. Insegnamento dell’arpa gratis, con la nomina di un professore a spesadell’istituto.

3°. Insegnamento della lingua tedesca gratis, con la nomina di una istitutricemaestra interna ed un professore esterno a spese del medesimo istituto.

4°. Corso di perfezionamento per le alunne di un anno dopo esaurito ilcorso ginnasiale.

5°. Affidarsi lo insegnamento della 1a classe ginnasiale ad una maestra inter-na onde i professori attuali delle classi ginnasiali possano essere adibiti al nuovocorso perfettivo senza aggravarne gli oneri, aumentandosi però la pianta del per-sonale di un’analoga insegnante a spese dello stesso collegio.

Stante la importanza della proposta prego la E.V. di volersi compiacere diaderire alle premure di questo Consiglio direttivo, le quali tendono al maggiorbene dei nostri istituti educativi ed a renderli adatti alle diverse classi della nostrasocietà, evitando che i primi due si rivaleggino a danno delle istituzioni e dellestesse giovinette educande.

Mi attendo un gradito riscontro di V.E.

Il presidentesenatore del Regno

G[iuseppe] Rega

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Istruzioni del ministro al presidente del Consiglio direttivo dei Reali educandatidi Napoli circa le variazioni allo statuto organico.

416

vigente nel 1882, che si rifaceva ai principi sanciti dallo statuto del 1875, nel Primo e nelSecondo educandato si pagava la stessa retta (750 lire annue), si impartivano gli stessi insegna-menti, ed uguale era il numero dei posti “di favore” (24 posti semigratuiti) messi a disposizionedei genitori che avessero reso notevoli servizi alla patria colle opere d’ingegno o nella magi-stratura, nell’esercito, nell’amministrazione, nell’insegnamento.

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Sezione XI - La riforma di un’istruzione pubblica di élite

Ibid., ms.

Roma, 27 gennaio 1883

Il concetto di dare a ciascuno di codesti Reali educandati una fisionomiapropria con determinazioni diverse in ordine al grado ed alla misura dell’inse-gnamento che in ciascuno deve impartirsi mi sembra meritevole di molta atten-zione; perocché se altre ragioni più serie non valessero a raccomandarlo, haindubbiamente il merito di rispondere alle serie e misurate esigenze delle diver-se classi sociali, cui se per lo spirito delle odierne istituzioni non è consentitaalcuna disparità di trattamento nei rapporti giuridici, non è savio consiglio népraticamente utile negare il concorso dell’azione protettiva del governo in ragio-ne appunto delle differenze di mezzi e di condizioni che essi rivelano. E poichéd’altronde è notorio, che massime nei grandi centri non sia raro l’esempio diassociazioni private, le quali per far dannosa concorrenza agli istituti governativio disciplinati a forma di questi non rifuggono dallo esercitare seduzione conprofferte artificiose di maggiori comodità, d’insegnamenti più larghi e più vari edi tutto quanto possa desiderarsi per rendere completa l’educazione delle giovi-nette appartenenti alla classe più elevata, mi par lodevole il proposito di trarrepartito, laddove sia possibile, dai mezzi che si hanno e che possono valere aneutralizzare quella influenza, il cui risultato, qualora non si faccia ostacolo allaloro forza di espansione, non può a meno di rispondere con maggiori o minoriproporzioni al fine intraveduto.

Però mentre plaudo all’idea di fare al Primo educatorio una condizione piùelevata, stabilendo con ciò una gradazione anche utile nei rapporti vicendevolidei tre educatori, avrei caro che innanzi di procedere all’attuazione della suaproposta l’onorevole Consiglio direttivo volgesse nuovo esame su di essa, stu-diando tutte quelle innovazioni che possono occorrere per rendere il detto edu-catorio un istituto di prim’ordine, che nulla abbia da invidiare ad alcuno degl’isti-tuti di ordine più elevato, che hanno vita in Italia ed anche all’estero.

La competenza del Consiglio e la fiducia che ho in esso mi dispensano dalloentrare in particolari e dal fare confronti. Osserverò solamente, che volendo pro-cedere ad innovazioni nel senso fin qui accennato bisognerà elevare la rettadelle alunne a misura più alta di quella proposta. La qual cosa anzicché nuocerepotrà favorire il credito dell’istituto che potrà prendere anche rispetto agli studil’atteggiamento proporzionato alla maggiore spesa.

Sarebbe vanto non lieve per codesta amministrazione aver detto [dato?] operaa restituire non solo, ma eziandio a crescere l’antico prestigio dell’Educatorio deiMiracoli, ch’era grandissimo, quando le divisioni politiche dell’Italia costituivanobarriere potenti per impedire la concorrenza che poteva essergli fatta da istituti

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Fonti per la storia della scuola

fiorenti negli altri Stati italiani o fuori d’Italia

Per il ministroS[ettimio] Costantini

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Trasmissione al ministro della relazione del Consiglio direttivo dei Reali edu-candati di Napoli sulla riforma del Terzo educandato 1.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 305, fasc. «1888. 28. N. 8.»,ms. con firma autografa.

Napoli, 25 agosto 1886

Questo Consiglio direttivo nella sua tornata dei 23 del corrente mese occu-pandosi delle riforme ad apportare allo indirizzo del 3° Reale educatorio, haadottato la seguente relazione da rassegnarsi a V.E.

«Il 3° Reale educatorio di Napoli Regina Margherita ebbe il suo statuto orga-nico insieme con gli altri due più antichi il 1875, e fu dal suo principio indirizza-

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1 Il Terzo educatorio regio di Napoli aveva avuto origine nel 1850 e gli era stata assegnatala sede del ritiro dell’Immacolata Concezione a S. Efrem Nuovo. L’istituto, posto alle dipenden-ze del Ministero dell’interno secondo le norme vigenti nel Regno per i luoghi pii, doveva esse-re destinato all’educazione delle figlie degli ufficiali e dei funzionari della pubblica amministra-zione e di altre ragazze di “civile condizione” (cfr. G. CECI, I Reali Educandati femminili diNapoli… cit., p. 92 e sgg.). Il regio decreto del 12 settembre 1861 controfirmato dal ministro DeSanctis, col quale fu approvato il nuovo statuto organico per i regi educandati femminili diNapoli, stabilì che esso fosse convertito in un convitto con scuola normale, ma tale disposizio-ne non fu applicata e venne abrogata dal decreto del 9 maggio dell’anno successivo.L’educandato fu quindi finalizzato all’educazione di ragazze di condizione civile ma modesta.Tuttavia, negli anni in cui si affrontò la questione della diversificazione tra il Primo e il SecondoEducandato, si riprese in esame la possibilità di una destinazione “professionale” del “ReginaMargherita”, prima per il conseguimento della patente di maestra elementare di grado superio-re, poi per la formazione di istitutrici per i collegi-convitti femminili o per i privati, oppure sipropose di farne una scuola di arti e mestieri. Nessuna di queste due ultime ipotesi si realizzò,anche per mancanza di mezzi. Lo statuto dell’8 agosto 1895 dispose che il programma delcorso superiore del Terzo educandato fosse quello del corso preparatorio e normale, ripartitoin 5 anni, e che, superato l’esame finale, le alunne conseguissero la patente di grado superiore.

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Sezione XI - La riforma di un’istruzione pubblica di élite

to a fine più modesto, per giovinette di meno elevata condizione. Questo fine fudeterminato dal minor numero degli insegnamenti, dal corso perfettivo ristrettoin più brevi termini, dalla misura degli stipendi, come pure dal gran numero diposti semigratuiti e gratuiti, ivi instituiti col decreto del 9 gennaio 1876, di cuiventiquattro, cioè la metà dei semigratuiti, a beneficio delle figliuole dei pubbliciinsegnanti, e dieci interamente gratuiti a pro delle figliuole dei maestri e maestreelementari pubblici.

Più tardi, parve opportuno dare un indirizzo più pratico e fruttifero alla col-tura delle alunne di questo educatorio, poiché nelle famiglie di modesta condi-zione, che formano la clientela di esso, viene più di frequente sentita la necessitàche la donna provvegga col suo lavoro al pane quotidiano per sé ed i suoi. Cosìi corsi perfettivi furono cresciuti da due, che erano nel 1876, a tre, e aggiungen-dosi a queste tre classi normali una preparatoria, le alunne furono apparecchiateagli esami di patente di maestre di grado normale: diploma, che finora han con-seguito felicemente a primo scrutinio tutte le allieve che hanno dato l’esamepresso questa regia scuola normale. Se non che l’esperienza ha provato, chequeste allieve fornite così di patente superiore di grado normale non se ne ser-vono per diventare maestre, dopo uscite dallo istituto; e nel tempo stesso parec-chie di loro desiderano, ma non sempre riescono ad ottenere l’ufficio di istitutri-ci o maestre in questo ed in altri educatori. Un convitto, di sua natura, è evidenteche non educa le fanciulle all’autorità franca ed alla energia necessaria adammaestrare una classe di alunne avventizie di scuola pubblica. È anche eviden-te che oggi non si può dir fruttifero un largo concorso del bilancio dello Stato adun convitto, che sia solo destinato ad educare maestre pubbliche, quando lescuole normali femminili ne danno ogni anno in tal numero, che ormai soprab-bondano. Considerando che già esiste in Italia un collegio per gli allievi istitutoridi convitti nazionali maschili nel Convitto Principe di Napoli in Assisi, apparedegno di nota che manchi nel nostro paese una preparazione siffatta per la edu-cazione, certo più difficile e gelosa, di buone istitutrici e maestre elementari perconvitti femminili governativi del Regno.

Il decreto del 21 giugno 1883 istituisce in quel convitto pei figli di insegnantiuna scuola speciale, per preparare abili istitutori ed anche maestri nelle classielementari dei convitti nazionali maschili (vedi articoli 1, 5). Ora conservandonel Reale Educatorio Regina Margherita i tre corsi perfettivi oltre il preparatorio,che finora bastarono ad abilitare le alunne al conseguimento della patente nor-male inferiore riformando le classi elementari secondo il sistema froebelliano, eaggiungendo due corsi complementari, sarà facile indirizzare le alunne di questoconvitto al conseguimento di un diploma più proficuo a tutti i convitti nazionalifemminili dove è bene che entrino ormai le istitutrici dopo una speciale prepara-zione, come accade, pel detto decreto, ne’ convitti maschili.

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Ma più ancora si deve tener conto di un bisogno civile sentito in questa città edin tutte le maggiori città d’Italia, bisogno civile finora punto considerato dallo Stato.

Moltissime famiglie agiate debbono per la prima educazione dei loro piccolifigliuoli o contentarsi di una qualunque bambinaia, o staccarsene troppo prestoper metterli di tenerissima età nei convitti, mentre sarebbero ben liete di affidar-le[i] a discrete istitutrici, che sappiano accompagnare e stimolare lo sviluppodella loro intelligenza, formare i sentimenti del loro cuore. Altre famiglie più ric-che si contentano della prima giovinetta tedesca o inglese o francese, che lorocapiti fornita di buona pronunzia, scarsa d’istruzione, ma di sufficienti guanrenti-gie [sic ] morali. Anche parecchie ricche famiglie straniere desiderano spesso dipoter fare apprendere qui o in patria loro alle figliuole l’italiano, il disegno, glielementi di canto e di musica da qualche giovinetta italiana, di cui possa loroessere guarentita la educazione e la moralità, e non ne trovano. Tutto ciò toglie aparecchie fanciulle nostre un’onesta e fruttifera occupazione, e lascia introdurresoverchiamente tra le signore delle nostre famiglie agiate, insieme con l’idiomastraniero, inclinazioni e pregiudizii di altri paesi, per via della educatrice stranie-ra della loro prima fanciullezza.

Un istituto che avesse acquistato buona riputazione (dopo di essere abilitatodallo Stato a preparare nel suo convitto ottime istitutrici per gli altri convitti e perle famiglie private) riempirebbe le lacune, ed ovvierebbe agli inconvenienti suricordati. Tutto sta che i due anni di corso complementare, che proponiamo,siano davvero occupati dalle alunne nella pratica, più che nella teoria degli inse-gnamenti: in modo che il possesso delle lingue italiana e straniere basti anchealla franca conversazione e all’insegnamento di esse. Inoltre le alunne potrebbe-ro, nelle ore libere, leggendo quanto più e quanto meglio sia possibile in questoultimo biennio opere istruttive, dilettevoli e morali nostre e straniere, e renden-done conto a chi diriga queste letture, educarsi a vita onesta e sicura nelle fami-glie altrui, dove fossero chiamate, in Italia o fuori, a dirigere la prima educazionedelle fanciulle agiate. Acquistando infine pratica della cucina, del taglio degliabiti, e del governo di una famiglia, ricorderebbero la propria condizione, e,senza fumi e con varie e pratiche attitudini, farebbero agevolmente desideratal’opera loro.

Proponendo questo duplice e nuovo indirizzo pel 3° Educatorio di Napoli, isottoscritti son convinti che il ministero non troverà difficoltà ad accrescere dialcune migliaia di lire la dotazione annua dell’educatorio medesimo.

La spesa del personale disciplinare ed insegnante, ad onta delle proposteche noi facciamo, resterebbe sempre inferiore nel 3° Educatorio a quella che sifa nel 1° e nel 2° che ora è circa doppia di quella del 3°.

È naturale che merita pronto miglioramento soprattutto lo stipendio delleistitutrici, e che sarebbe impossibile tra poco, in ogni caso, trovarne di valenti

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colla presente retribuzione di 250 lire annua durante il biennio della reggenza.Che bisognerà provvedere a migliorare la condizione della direttrice, di taluniprofessori, delle maestre e delle inservienti, ad accrescere gli insegnanti di lin-gue e belle arti.

Ma noi abbiamo fede che il ministero, se sarà convinto della bontà pratica edefficace dello indirizzo che proponiamo per gli studi del 3° Reale educatorio,approverà questo aumento di spese, senza maggiore difficoltà di quella con laquale ora contribuisce alla esistenza di esso nella sua condizione presente.

E appena vedremo confermata questa nostra fede, ci affretteremo a presentaretalune proposte concrete, che meglio determineranno il nostro concetto, e serviran-no a formulare le disposizioni e la riforma, che si attendono da codesto ministero».

Firmati: G. Rega presidente. B. Paoni, L. S.ta Maria, Onof. Trione, Flauti, con-siglieri. Giulio de Petra vice presidente.

Or io fo voti perché la E.V. si piaccia esaminare quanto sopra vien proposto,e provvedere, in conformità dei criteri enunciati, al più presto possibile, onde siauna volta definito lo scopo pratico ed opportuno, che da più tempo si attendeper rendere profittevole la indicata casa educativa alla classe più modesta dellanostra civil comunanza per la quale fu esclusivamente istituita.

Il presidentesenatore del Regno

G[iuseppe] Rega

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Lettera dell’ispettrice governativa Marietta Guerrini al ministro sull’indirizzodel Terzo educandato di Napoli.

Ibid., ms. autografo.

Napoli, 2 ottobre 1886

Eccellenza,Io so bene che quantunque indirizzi all’Eccellenza Vostra tutte le relazioni

degli istituti che vado visitando, Vostra Eccellenza non ha certamente il tempo dileggerle, e gli è per questo che, memore sempre del benevole di lei compati-

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Fonti per la storia della scuola

mento, mi prendo qualche volta la libertà di rivolgermi all’E.V. in forma privata,quando mi pare che l’argomento sia di una certa importanza.

Nelle mie ispezioni osservo con dolore che le associazioni religiose invado-no sempre più il campo dell’educazione femminile; e sebbene le monache pervera scienza educativa siano inferiori alle nostre direttrici, come per cultura sonoinferiori alle nostre maestre, pure, per la loro solidarietà, per quella dipendenzaassoluta dalla superiora e per la serietà, almeno apparente, del loro stato mona-stico, presentano alle famiglie un tutt’insieme che ispira ad esse maggior fiduciache non la ispirino i nostri istituti secolari, i quali, in generale, valgono assai più.

Io credo però che, avendo già i nostri il vantaggio di un miglior insegnamento,potranno arrivare a superarli anche nella serietà di una buona educazione, qualorasi abbia maggior cura nel formare delle brave e savie maestre ed istitutrici.

Ho trovato degli istituti secolari retti da ottime direttrici, colte, attive, tuttededite al bene dell’istituto, savie educatrici, ma sgraziatamente non secondatebene dalle istitutrici ed anche dalle maestre in quanto riguarda la parte educativa.

Questo è il difetto dei nostri istituti; quelle giovani non ispirano molta fidu-cia: prese ad una ad una sono brave e buone, generalmente parlando, ma lapatente di maestra non basta a creare savie educatrici, massime quelle che, o perloro scelta, o per desiderio dei parenti, vengono impiegate negli istituti e videvono convivere.

Vi entrano senza conoscer bene le loro incombenze, i loro doveri; a voltepoco ordinate, poco educate; poco serie esse stesse; non sanno che abbraccianouna vita di sacrifizio, od anche sapendolo, non ci sono apparecchiate. Vivonocol rammarico di esser rinchiuse come in una prigione, ansiose di trovare chi lefaccia uscire dall’istituto, procurando loro il piacere di formare una famiglia pro-pria1: desiderio del resto nobile ed onestissimo, che ognuna può coltivare cara-mente nel proprio cuore; ma che non deve impedir loro di far bene il propriodovere, non deve togliere ad esse la pace, la tranquillità e quell’eguaglianza dicarattere necessarie per prodigare alle giovanette loro affidate, quell’affettuosa,seria e sollecita cura di cui abbisognano.

Occorre adunque formare delle buone istitutrici, le quali, cresciute nell’isti-tuto, istruite largamente e seriamente, vengano praticamente applicando le teo-rie pedagogiche sotto la guida di una direttrice brava e di cuore, che le indirizzinello studio dei vari caratteri delle fanciulle, e imparino da lei il modo di insi-nuarsi nei loro animi per indirizzarli tutti, con mezzi diversi, allo stesso fine.

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1 Le istitutrici impiegate negli educandati dovevano sorvegliare le alunne in ogni momentodella giornata ed anche, a turno, durante la notte. Facevano vita interna e il loro ufficio non eraritenuto compatibile con il matrimonio; qualora si fossero sposate, avrebbero dovuto lasciarel’impiego.

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È necessario che sieno circondate da persone brave e premurose, che inse-gnino bene ad esse quali sieno i loro doveri, che facciano loro toccar con mano,giorno per giorno, quali difficoltà abbiano a superare, a quali sacrifici si assog-gettino, dedicandosi alla nobile missione di educatrici; e in pari tempo le studinoben a fondo per dar coraggio ai caratteri forti, per animare i titubanti, per consi-gliar i deboli a scegliersi un’altra via; per avviare ciascuna verso quella parteeducativa dove si riuscirà meglio. Infatti una può essere una brava insegnante,od un’abile istitutrice in una famiglia e non riuscire una brava maestra d’istituto;mentre un’altra, per far bene il proprio dovere, ha appunto bisogno della tran-quillità e dell’ordine del convitto.

Ora io so che si penserebbe appunto di dare un simile indirizzo al RealeEducandato Regina Margherita in Napoli; e per quel desiderio che ognuno hadel bene, e per l’ambizione forse che ognuno sente nel portare la propria pie-truzza per un bell’edificio, oso anch’io mettere la mia parola perché l’EccellenzaVostra, esaminato il progetto presentato a tale scopo, voglia darci una buona isti-tuzione, dalla quale escano veramente brave e buone educatrici.

E metto questa mia parola tanto più volentieri e con maggior calore in quantoche io credo che, fra le direttrici che conosco, pochissime come la sig.ra GiuliaCarrera, direttrice del Terzo educatorio, nessuna più di lei, saprebbe ben indiriz-zare le sue alunne a divenire veramente abili educatrici sotto ogni rapporto.

Io la conosco da dieci anni e, durante un breve interregno nel Terzo educa-torio, nel quale io feci da reggente, l’ebbi con me come vice direttrice.

Essa, per il suo svegliato ingegno, per la sua dottrina e per l’amore allo stu-dio; per la molta pratica fatta negli istituti con intelligente e seria riflessione, perla nobiltà e rettitudine dell’animo suo, per bontà e delicatezza di cuore ed ener-gia di carattere, e per quell’amore e quell’interesse che mette in tutte le cose sue,studiandole prima a fondo, ed operando poi con prudente risolutezza, è vera-mente degna che le sia affidata una missione tanto delicata ed importante.

Ringrazio l’Eccellenza Vostra, se ha avuto la pazienza di leggermi, e rinno-vandole le mie sincere proteste di stima, ho l’onore di dichiararmi,

Di Vostra Eccellenza

DevotissimaMarietta Guerrini

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Fonti per la storia della scuola

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Relazione del presidente Giuseppe Rega al Consiglio direttivo sulla riforma deiReali educandati di Napoli 1.

Ibid., ms.

Napoli, 21 novembre 1887

Sommario

§ 1. Due educatorii parificati - § 2. Ragioni per un Educatorio effettivamente primo- § 3. Aumento della retta, esclusione in massima dei posti semigratuiti - § 4.Eccezioni per i posti semigratuiti - § 5. Miglioramenti da introdursi - § 6. Secondoeducandato - § 7. Terzo educandato - § 8. La retta di ciascun educatorio - § 9.Disposizioni transitorie - § 10. Articoli dello statuto da riformare.

§ 1. Dei tre R.li educatorii di Napoli il Primo ed il Secondo hanno assolutamenteeguale l’organismo. Questa parità, che viene da uno statuto anteriore a quellovigente dal 1875, essendo stata sancita con l’altro del 12 febbraio 18682, non si è,purtroppo, consolidata nei venti anni, in cui se n’è fatto l’esperimento. Invero undecreto legislativo, pareggiando due istituti autonomi e nati in condizioni diver-se, può creare niente più che una eguaglianza formale; ma la reale si può otte-nere sol quando le condizioni, in cui si svolge la vita dell’uno e dell’altro istituto,diventino davvero le stesse. E qui noi abbiamo il patrimonio, maggiore da unaparte, minore dall’altra, il fabbricato là più, qua meno buono, che creano note-voli disuguaglianze. Avrete un bell’ordinare, che gl’insegnamenti siano gli stessi,e che il vitto ed il trattamento siano uguali nell’uno e nell’altro educatorio; ma seil primo è ricchissimo, e l’altro non è, quando avrete speso (com’è dovere) le ren-dite del Primo a benefizio del Primo, le alunne di esso verranno più o meno diret-tamente a ritrarne un vantaggio morale o materiale che mette in una posizione

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1 Nota al testo: «N.B. La presente relazione fu spedita al Ministero con nota de’ 23 novem-bre 1887 n. 1774».

2 Lo statuto approvato con r.d. 13 feb. 1868; v. doc. 56, nota 3.

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deteriore il Secondo educandato. E così un altro svantaggio per S. Marcellino èche l’edifizio dei Miracoli sia più ampio, salubre e sontuoso. Perciò, da quandogli Educatorii reali hanno riconquistato nella opinione della cittadinanza le simpa-tie e la considerazione, che parve per un momento fossero loro venute meno,l’affluenza delle nuove domande di ammissione si è indirizzata quasi esclusiva-mente ai Miracoli.

Potrebbesi ristabilire l’equilibrio aumentando in certa misura la retta del 1°Educandato, ma prima di proporre tale riforma bisogna vedere se per altra via sipossa riuscire a qualche cosa di meglio.

§ 2. Infatti per quale ragione si attribuisce la stessa clientela a due dei tre Realieducatorii che vanta questa città? Forse perché il tipo di educazione e d’istruzio-ne prefisso a quei due collegi risponde alla media generale e soddisfa quindi ilmaggior numero? Ma in realtà vediamo che poche volte quel tipo concorda pie-namente col desiderio delle famiglie; più spesso va in là, qualche rara volta restaal di qua di ciò che si vorrebbe. E vi è pure un’altra domanda.

L’Educatorio dei Miracoli, che con le larghe sue rendite può sostenere tuttele spese inerenti ad un istituto femminile di prim’ordine, perché non si trasfor-merebbe in questo senso, ritornando ai suoi principii storici? Perché Napoli,avendo tre Reali educatorii, dovrebbe solo numericamente, e non già per lasostanza, avere un primo, un secondo, ed un terzo educandato?

Accettando le vedute ora esposte, è necessario ricercare per ognuno dei treconvitti femminili una finalità differente. E poiché lo spirito democratico, cheinforma le nostre istituzioni, non permette di ricorrere alla distinzione delle clas-si sociali, per dare a ciascuno educandato la sua nota caratteristica, si è credutodi trovare nella disuguale distribuzione della ricchezza il criterio direttivo. Il 1°Educatorio dovrebbe servire alle famiglie ricche, il 2° alla borghesia media, il 3°alla borghesia più modesta.

§ 3. Quando l’Educatorio Principessa Clotilde desse un’educazione non inferiorea quella di primarii istituti congeneri, dovrebbero la retta attuale venire aumenta-ta, ed i posti di favore essere aboliti. La prima cosa è una conseguenza necessa-ria dei nuovi insegnamenti e vantaggi, che verrebbero ad aggiungersi agli attuali,né va dimenticato che la retta nel Collegio Reale di Milano è di £ 800, oltre la rin-novazione del corredo, e nella Ss. Annunziata di £ 1400 tutto compreso. Nonmeno giusta è l’esclusione dei posti semigratuiti, stando unicamente nel paga-mento della intera retta la guarentigia, che fra l’ambiente domestico e l’educazio-ne che si riceve in collegio vi sia proporzione ed armonia.

Le famiglie, cui riesce grave la intera retta, e non pertanto vogliono educarefinamente le loro figliuole, rischiano di perturbarne l’avvenire; in quanto le abi-

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tudini, che contrae l’educanda nel convitto, le relazioni che vi stringe, il mondoche v’intravede, faranno troppo duro contrasto con le strettezze domestiche: e ilnumero delle spostate è già troppo grande, perché si contribuisca con un nostroeducatorio ad aumentarlo.

§ 4. Stabilito il pagamento della intera retta come regola, è da vedere se questa, alpari di ogni altra regola, ammette le sue eccezioni. E tale studio dev’essere fattocon diligenza ed amore, perché si collega ad un elemento capitale della vitadell’Educatorio Principessa Clotilde. Se esso infatti torna ad essere il primo edu-candato di Napoli, dovrà fare assegnamento sopra un numero non grande diallieve; perché alla clientela naturale di un istituto primario, che non è mai nume-rosa, essendo tante le famiglie che preferiscono d’educare in casa le figliuole conuna istitutrice, bisogna nel caso nostro sottrarre quelle altre famiglie, che manda-no le figliuole al collegio di Firenze per apprendere la buona lingua. Or se quelfuturo numero ristretto venisse dopo un presente non dissimile, noi tranquilla-mente si potrebbe discutere sulla trasformazione dell’educatorio. Ma esso avendo140 alunne, serve oggi e può nelle stesse condizioni continuare a servire a più dicento famiglie. Un tal fatto, di valore morale grandissimo, ci fa titubare innanzi aduna riforma, la quale, riducendo forse a meno di un terzo l’attuale numero delleeducande, apparirebbe, per quanto logica e razionale essa sia, almeno inoppor-tuna, quando si faceva il paragone tra la somma di servigi, che l’istituto rendeoggi così com’è, ed i servigi che potrebbe rendere dopo riformato.

Dunque non soltanto la ricerca astratta di un’eccezione, che confermi laregola, ma l’interesse pratico di ampliare la futura famiglia dell’educatorio, deveindurci a studiare un acconcio provvedimento sui posti semigratuiti.

Ci è per esempio l’alto funzionario, che dal suo stesso ufficio è obbligato oinvitato ad avere nella società una rappresentanza; nel sostener la quale, se eglicerca di venir coadjuvato dalle persone di sua famiglia, e procura che le suefigliuole siano istrutte nelle lingue straniere e nelle arti belle, non gli potremocertamente dar torto. Poniamo che egli, non avendo un ricco patrimonio, chieg-ga un posto semigratuito nel 1° Educandato: tale domanda, che ha per sé laragione dell’uffizio pubblico, non si può respingerla. Invece ad un altro, chepure avendo reso servigi alla patria, e stando pure in condizioni economichenon prospere, chiegga la stessa cosa, ma vivendo nella vita privata, diremo chela sua figliuola si troverà a disagio nel Primo educatorio, e che può in cambiodomandare con ogni dritto un posto di favore nel Secondo o nel Terzo.

Il patriziato, anche se finanziariamente decaduto, ha esigenze morali ed intel-lettuali più elevate: specialmente la sua parte femminile è sempre spinta, dalnome che porta, dall’ambiente in cui vive, ad arricchirsi di una fina educazione. Aconseguir questo bene, si può con particolari agevolezze ajutarla col nostro

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Primo educandato, nei casi in cui l’avita opulenza è divenuta un semplice ricor-do. Né potrà dirsi che si crei con ciò un privilegio; poiché nel patriziato noi com-prendiamo non gl’innumerevoli, che portano chi sa come un titolo nobiliare, male famiglie che veramente han preso parte nella storia del paese: ed il tempo puòscemare il valore delle benemerenze passate, ma non cancellarle addirittura. Cosìavremmo per i posti semigratuiti nel 1° Educandato due categorie: degli alti fun-zionarii pubblici e dell’aristocrazia, sempre che vi concorra la modesta fortuna.

§ 5. Gl’insegnamenti, che ora si danno per disposizione dello statuto, sono: reli-gione - lingua e lettere italiane - storia e geografia - aritmetica, geometria e com-putisteria casalinga - elementi di etica e pedagogia - elementi di fisica, chimica,storia naturale ed igiene - lingua francese - lingua inglese - calligrafia - disegnolineare, di ornato, di paesaggio e di figura - musica di pianoforte e di canto - lavo-ri donneschi - ballo e ginnastica. A questi si aggiunse in dicembre 1881 la decla-mazione, per deliberazione del Consiglio direttivo approvata dal ministero1.

Gli attuali insegnamenti resteranno tutti; ma per la estensione di alcuni diessi dovranno introdursi notevoli cambiamenti nel programma scolastico.

Si aggiungeranno come insegnamenti ufficiali, ma non obbligatorii, l’arpa ela lingua tedesca.

Si aggiungerà, dopo la fine de’ corsi, un altro anno di perfezionamento nellelettere italiane, nelle lingue straniere, nelle arti e nella storia di queste.Essendoché gli studii letterarii e scientifici prendono tanto tempo oggi, che assaipoco ne resta per la musica e le lingue straniere. Dopo la riforma del programmascolastico si guadagneranno certamente alcune ore, che dedicate a quei due ramidi cultura, ne miglioreranno lo sviluppo; ma non quanto sarebbe necessario: eperò si aggiunge un altro anno quasi esclusivamente per le anzidette materie.

Le alunne di quest’ultimo corso perfettivo avranno, se vogliono, la lezione diequitazione, e faranno con buona guida un viaggio d’istruzione per le città d’Italia.

Nel fabbricato si faranno tutti gli adattamenti e le aggiunzioni che l’igienerichiede; saranno man mano accresciuti i mezzi materiali d’istruzione, e miglio-rato il personale inserviente.

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1 È interessante notare che il Consiglio provinciale scolastico, pur acconsentendo all’intro-duzione dell’insegnamento della declamazione, richiesta dal Consiglio direttivo, avesse formu-lato in proposito un motivato parere negativo, ritenendo tale insegnamento poco opportunoanche dal punto di vista didattico, poiché «l’abito di porgere con garbo i propri pensieri» dove-va essere «frutto delle diverse scuole che formano, grado a grado, l’educazione delle giovanet-te, e non effetto di un insegnamento speciale, che o riesce inutile o conduce all’affettazione,peggiore della stessa rozzezza»; ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 457,fasc. «1892. 28. Napoli. Personale», il prefetto di Napoli al ministro, 8 marzo 1882.

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§ 6. Bisogna avere il coraggio di fare qualche taglio nel programma di S. Marcellino,non già per rialzare maggiormente il 1° Educandato, che starà abbastanza in altocon le proposte ora fatte, ma perché realmente esso avrebbe qualche cosa di trop-po se dovendo servire alla borghesia media, restasse qual è oggi. Lo studio del dise-gno di paesaggio e dell’inglese non entra comunemente nella educazione che rice-vono le giovanette di famiglie civili. E qualche altro insegnamento, come la peda-gogia, giudicato con tale criterio, apparirebbe anche soverchio. Ma poiché questalezione vi è, e deve restare nel 3° Educatorio, è bene che l’istruzione impartita nel2° non sia meno solida ed ampia di quella che si dà nel 3°. Con tali diminuzioni laretta del 2° Educatorio può essere sensibilmente ridotta e riuscire così meglio pro-porzionata alle facoltà della classe media.

§ 7. Dopo la pubblicazione del vigente statuto, l’Educatorio Regina Margherita,che serve alle famiglie di modesta condizione, saviamente venne indirizzato aduno scopo professionale; acciocché le fanciulle ivi educate potessero all’occor-renza provvedere a sé ed aiutare le loro famiglie. La via professionale, che vi èstata aperta, mira a conseguire la patente normale superiore di maestra elemen-tare. Non è certamente l’ottimo possibile; ed il Consiglio direttivo, che fu solleci-to a riconoscere ciò, propose un altro indirizzo. Ma qualunque riforma vuoleuna maggiore spesa; ed è questo lo scoglio, contro il quale vengono a frangersitutte le nostre proposte relative al 3° Educatorio. Sarà già un risultato, di cuipotremo esser contenti, se arriveremo a consolidare sopra una sicura base finan-ziaria il presente indirizzo. Il quale del resto non compromette nessuna riformaavvenire; perché nessuna missione educatrice la donna potrà compiere senzaquel corredo di cognizioni, che lo Stato richiede in una maestra elementare. Eintendiamo che un articolo statutario lasci da oggi aperta la via a qualunqueriforma, appena diventi praticamente possibile.

§ 8. Prendendo come punto di partenza la retta di 500 £, che si paganell’Educatorio Regina Margherita, le alunne di S. Marcellino, che hanno in piùle lezioni di pianoforte, canto, ballo, declamazione e disegno di figura, oltre adun vitto più delicato, dovrebbero pagare £ 650. E proporzionatamente la rettadel 1° Educatorio non deve essere inferiore a £ 800. Fermandola a £ 850, ilnostro sarà sempre il più economico dei primari istituti femminili, se lasceremoalle famiglie, come si fa di presente, la cura di rinnovare e rimendare il corredo;poiché se nel Collegio Reale di Milano la retta è di £ 800, vi si pagano però 300lire annue per la rinnovazione del corredo, che è fatta a cura dell’istituto.

§ 9. È sottinteso che le alunne già ammesse nel 1° Educatorio al tempo in cuivenisse attuata la riforma, se non preferiscono di accettare le conseguenze di

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Sezione XI - La riforma di un’istruzione pubblica di élite

questa, resteranno sotto il regime dell’attuale statuto, non escluse le prescrizioniconcernenti i posti di favore.

§ 10. Come corollario delle cose fin qui dette, sono da riformare tutto il Capo VIdello statuto relativo agli insegnamenti e alcuni articoli del Capo VII per le alun-ne.[...]

Il presidenteFirmato G[iuseppe] Rega

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Informativa diretta al ministro dal provveditore agli studi della provincia diNapoli, Luigi Palmucci 1, riguardante alcune proposte per la riforma dei Realieducandati.

Ibid., ms. con firma autografa.

Napoli, 12 dicembre 1887

Il presidente del Consiglio direttivo dei R.R. Educatorii di Napoli mi ha or oradiscorso delle proposte da esso inviate a V.E. per la riforma di quest’istituti.

In molte cose io sono d’accordo con lui, per altre, egli si riserba di tornarvisopra, ed ha mostrato desiderio che assista anch’io all’adunanza cui chiamerà atal uopo i suoi colleghi.

Senza entrare adesso nelle proposte già fatte e nelle modificazioni che lostesso presidente riconosce utile d’apportarvi, stimo conveniente intanto avverti-re che qualsiasi riforma locale riuscirà qui infruttuosa se non sia ajutata da rifor-me generali in tutti gli educatorii regi del Regno.

Io non conosco di preciso quale sia la condizione in cui si trovano adesso glieducatorii delle altre provincie; ma in quanto a quelli di Napoli mi sono convintoche il vizio maggiore consiste nel personale; o disadatto assolutamente, o poco

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1 Luigi Palmucci fu provveditore agli studi di Napoli dal 1874 al 1901.

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idoneo a correggere nelle alunne quei difetti e quegli influssi nocivi che sono pro-prii della natura del luogo. Prego quindi V.E. di considerare se non sarebbe conve-niente rivolgere lo studio del governo ai provvedimenti che seguono:1° che le direttrici, vicedirettrici, maestre ed istitutrici si possano tramutare da

un luogo all’altro, come si usa pel personale addetto ai convitti nazionali delRegno.

2° che nella scelta delle istitutrici sieno preferite, per quanto è possibile, letoscane; e ad agevolare l’intento sia disposto che alcuno degl’istitutidell’Italia media accolga e prepari convenientemente giovanette di civil con-dizione all’ufficio speciale di educatrice.

3° che le cameriere sieno tutte toscane. Anche per queste dovrebbe esservi untirocinio apposito; potrebbe servire a tal uopo uno degli orfanotrofidell’Italia media, vigilato e soccorso dal Ministero della pubblica istruzione.Le domestiche pe’ servizi più modesti bisognerebbe prenderle dalla campa-gna di Siena o di Pistoia, giovandosi, nella scelta, dell’opera del prefetto edelle autorità scolastiche locali.

4° Le istitutrici per gli esercizi pratici delle lingue straniere dovrebbero sceglier-si nei luoghi ond’è naturale e meglio parlata la lingua che sono chiamate adinsegnare. Per aver lume nella scelta il governo potrebbe valersi del ministroresidente che rappresenta l’Italia in quelle regioni.

5° Eccetto casi straordinari, non consentir mai negli educatori femminili che iprofessori di lingue straniere sieno italiani. Anche per essi dovrebberorichiedersi le stesse doti già accennate per le istitutrici preposte agli esercizipratici di lingua parlata.

6° L’opera della cucina negli educatorii dovrebbe affidarsi alle donne; e ciò perrender possibile alle alunne di assistervi alternamente negli ultimi due annidella loro educazione. Ma poiché è difficile in Italia aver cuoche capaci, nel-l’inizio della riforma potrebbero cercarsi nella Svizzera o in Germania. Soche l’assistenza delle alunne alla cucina in taluni istituti è avversata per temadi dispiacere ai patrizi che tengono ivi in educazione le proprie figliuole.Ora io, rispetto a Napoli, posso rispondere che quando fui commissarioregio nei R.R. Educandati, accennando al disegno d’introdurvi questa praticaebbi il plauso delle stesse ispettrici, fra le quali la duchessa FieschiRavaschieri, la marchesa di Bugnano e la duchessa di Somma, nate e cre-sciute nella parte più eletta dell’aristocrazia napoletana.

7° Istituire una cassa pensioni anche per le persone di servizio. Con ciò siapparecchiano due vantaggi: da un lato esse porrebbero più impegno nell’a-dempimento dei proprii doveri, e dall’altro si aprirebbe la via di mandarle acasa senza scrupoli quando non sieno più atte al servizio.Con questi cenni io spero di avere adempiuto in parte il desiderio che V.E. si

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Sezione XI - La riforma di un’istruzione pubblica di élite

degnò manifestarmi a voce nel mio passaggio a Roma. Ritornerò poi sullo stessoargomento quando abbia assistito alla conferenza, a cui il presidente delConsiglio direttivo dei R.R. Educandati di Napoli si è compiaciuto invitarmi1.

Il regio provveditore[Luigi] Palmucci

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Relazione degli ispettori centrali Francesco Torraca 2 e Gianjacopo Agostini 3

sugli esami finali nel Primo e nel Secondo educandato di Napoli.

ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione primaria e popolare, Istituti femminili, Ispezionie relazioni (1884-1902), b. 36, fasc. 78, ms. con firme autografe.

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1 La sanzione definitiva della differenziazione tra l’Educatorio Principessa Maria Clotilde eil “Regina Maria Pia” si ebbe con l’approvazione dello statuto organico degli educatori femmi-nili di Napoli del 14 agosto 1892, che ristabiliva tra Primo e Secondo Educandato, come voleval’art. 2, una diversità di grado e di finalità «proporzionata» alle loro rendite e alla condizionesociale delle educande. La retta fu di 900 lire nell’Educatorio Principessa Maria Clotilde, di 750lire nel “Regina Maria Pia” e di 500 lire nel “Regina Margherita”. Secondo le disposizioni statu-tarie, anche i programmi di studio vennero moderatamente e parzialmente differenziati; nelSecondo Educandato alle materie insegnate nel Terzo si aggiunsero lingua inglese, pianofortee canto e nel Primo Educandato, oltre a questi insegnamenti, si impartirono i corsi facoltativi dilingua tedesca e arpa. Che tuttavia i problemi legati all’ordinamento dei tre educandati regi diNapoli e ai rapporti del Consiglio direttivo con le autorità centrali e periferiche del governodella pubblica istruzione non fossero stati ancora risolti è indicato dal fatto che lo statuto del1892 fu modificato, in un breve arco di tempo, da quelli del 13 gennaio e dell’8 agosto 1895,quest’ultimo a sua volta modificato col r.d. del 9 ottobre 1896.

2 Francesco Torraca (Pietrapertosa, Potenza, 18 febbraio 1853 - Napoli, 15 dicembre 1938).Dapprima professore di letteratura italiana nel R. Istituto tecnico di Roma e quindi provveditoreagli studi di Forlì, fu ispettore centrale dal 1891 al 1896 (anno in cui ricoprì anche l’incarico di capodi gabinetto del ministro), poi, dal 1897 al 1899 e di nuovo nel 1901, direttore generale per l’istru-zione primaria e normale, e infine, nel 1900, direttore generale per l’istruzione classica e tecnica.Professore di lettere italiane all’Università di Napoli, membro del Consiglio superiore della pubbli-ca istruzione, senatore del Regno, fu anche vice presidente del Consiglio direttivo dei RealiEducandati di Napoli dal 1909 al 1911.

3 Gianjacopo Agostini, già professore di fisica e di storia naturale nel liceo di Mantova eprovveditore agli studi di Cosenza e L’Aquila, dal 1891 al 1901 fu senza interruzioni ispettorecentrale del ministero, quindi provveditore agli studi per la provincia di Macerata fino al 1910.

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Fonti per la storia della scuola

Roma, 4 settembre 1891

Eccellenza,recatici a Napoli per assistere agli esami finali negli Educandati 1° e 2°, pren-

demmo gli opportuni accordi col r. commissario comm. Palmucci e stabilimmo,per avere notizia esatta dell’andamento degli studi, che, oltre la prova del com-ponimento italiano, le alunne delle quattro classi superiori dovessero tutte soste-nere una prova scritta di aritmetica e quelle delle ultime tre classi una provascritta di francese e una d’inglese.

Gli esami scritti, incominciati il giorno 14, proseguirono sino al 21 senzainterruzione, ed anche regolarmente, se non vogliamo tener conto della pocacompostezza delle alunne, specialmente ne’ primi giorni, e più nel 1°Educandato che nel Secondo. Furono presenti del 1° Educandato 35, del 2° 34.

Nelle prove di lingue straniere dovemmo con meraviglia riconoscere che lealunne delle classi seconde non erano mai state abituate a scrivere sotto dettato;perciò non seppero scrivere con sufficiente correzione i brevi e facili passi fran-cesi e inglesi, che loro furono dettati perché li traducessero in italiano.

Esaminammo i lavori insieme con gli insegnanti, usando di sufficiente lar-ghezza nel giudicarli (non però quanta gl’insegnanti avrebbero desiderata): non-dimeno, i risultati non furono molto soddisfacenti, come appare dallo specchiet-to seguente:

Voti meno di 6/10 6/10 7/10 8/10 e più

I Alunne 15 10 7 3Italiano

II “ 17 10 5 2

I Alunne 11 4 6 13Aritmetica

II “ 23 6 1 4

I Alunne 8 8 2 4Francese

II “ 13 5 2 4

I Alunne 7 5 7 3Inglese

II “ 10 9 3 2

Le prove orali cominciarono subito dopo le scritte e terminarono il giorno28. Non vi si presentarono 3 alunne del I Educatorio e 2 del II, ammalate o ritira-te in que’ giorni appunto dalle loro famiglie. Superarono tutte le prove – qualemeglio, quale peggio – 16 alunne del I e 12 sole del II.

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Sezione XI - La riforma di un’istruzione pubblica di élite

Questi risultati, che sarebbero stati anche più scarsi solo che avessimo volu-to essere un tantino più severi, si debbono attribuire a cagioni generali e a cagio-ni speciali. Tra le prime è principalissima, a parer nostro, la insufficiente duratadel corso superiore impropriamente detto ginnasiale; quattro soli anni di studio,dopo i cinque del corso elementare, non possono né svolgere convenientemen-te le facoltà delle giovinette, né fornir loro cultura di molto superiore alla ele-mentare, specialmente quando si vogliano abbracciare troppe cose. Infatti è daconsiderare che in quei quattro anni le alunne attendono non ai soli studi di col-tura generale, ma anche a quelli della musica e del canto, del disegno, della cal-ligrafia, del ballo, del ricamo. Gli orari di taluni insegnamenti sono addiritturasproporzionati alla importanza delle discipline e all’ampiezza de’ programmi:citeremo ad esempio quello dell’italiano, quattro sole ore settimanali, con unprogramma, che da’ rudimenti della retorica sale sino alla storia della letteraturaitaliana e corrisponde, su per giù, ai programmi del ginnasio e del liceo insieme!Dalla brevità del corso e dalla ristrettezza degli orari deriva questa conseguenza:che di tutte le discipline, all’uscir dall’educandato, le alunne sanno pochissimo emale. Quelle che hanno maggior ingegno scrivono l’italiano con una certa faci-lità ma con poca correzione; nessuna è in grado, non che di scrivere, di parlarecorrentemente e correttamente né il francese né l’inglese; anzi pochissime sonoquelle che possono tradurre prontamente e con sufficiente esattezza, in italiano,qualche breve tratto de’ libri di lettura adoperati durante il corso.

A quel modo che nelle scuole normali è stato necessario istituire le classipreparatorie, quasi anello di passaggio dalle elementari alle normali, negliEducatori di Napoli è necessario prolungare di due anni o almeno di uno ladurata del corso, perché lo svolgimento de’ programmi vi possa esser fatto conmaggiore intensità e con distribuzione più razionale della presente.

Altra cagione della scarsa efficacia degl’insegnamenti, nonché del non buonindirizzo educativo è, secondo noi, l’ordinamento stesso degli educandati, ne’quali accanto alla direttrice sta un direttore degli studi – né l’una né l’altro intera-mente liberi e interamente responsabili dell’opera loro – e sopra entrambi unConsiglio direttivo, che sinora ha creduto di poter fare e disfare a sua posta, cosìnel campo educativo e didattico come nell’amministrativo, e più ha creduto epiù ha fatto e disfatto, come suole accadere, quando meno colte e capaci perso-ne lo componevano. Notiamo alcune conseguenze di siffatta condizione di cose.L’intervento continuo del Consiglio direttivo ha tolto autorità alle istitutrici rispet-to alle alunne, alle direttrici rispetto alle istitutrici, e ha impedito che i direttoridessero agli studi l’indirizzo che stimavano migliore. Le educande, nella manieradi presentarsi, di muoversi, di parlare mostrano di non sapere come debbanocomportarsi giovinette bene educate; le istitutrici – tranne una del 2° Educatorio,che è toscana – parlano quasi sempre il dialetto napoletano tra loro e con le

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Fonti per la storia della scuola

alunne. Gli esami, così finali come di promozione, sono stati sinora saggi accade-mici, non serie prove di studio e di capacità. Per lo studio delle lingue stranierenon ha ciascuna alunna i vocabolari; uno stesso vocabolario serve a tutta una clas-se. I libri di testo non sono scelti con criteri didattici, tra i migliori, ma tra quelli checostano meno, o che restringono al minimum la fatica degl’insegnanti, o che piùfacilmente possono essere mandati a memoria dalle alunne. Questi e altri inconve-nienti scompariranno quando, ristrette le attribuzioni del Consiglio direttivo allaparte amministrativa ed economica, la direttrice, il direttore degli studi, le istitutricie gl’insegnanti dipenderanno unicamente dall’autorità scolastica, con facoltà divolere e di attuare, ciascuno ne’ confini delle sue attribuzioni, le misure più utili enecessarie, ma anche con piena responsabilità dell’opera propria.

Le ragioni speciali, alle quali abbiamo alluso, sono i difetti di taluni inse-gnanti, che verremo indicando.

I° EducatorioL’insegnante d’italiano, signora Savi-Lopez1, non ha fatto un corso regolare

di studi per apparecchiarsi all’ufficio che ora tiene, e non ha ancora acquistatosufficiente abilità didattica. Non sappiamo quale e quanta sia la sua cultura; macerto ella non ha cognizione delle lingue e delle letterature classiche, e dellanostra non conosce tutto quello che chi la deve insegnare non dovrebbe ignora-re. Le alunne leggono qualche passo di scrittore, e non lo comprendono bene, enon ne veggono i pregi o i difetti; imparano definizioni, notizie biografiche estoriche, alla lettera, sicché lo studio si riduce a puro esercizio di memoria.Interrogate, non sanno né chiarire e spiegare definizioni e notizie, né ripeterlecon parole diverse da quelle del libro di testo (che non è dei meglio compilati).

Il professore di storia e geografia (Turiello)2 colto e capace, non s’adoperaquanto potrebbe a ottenere che lo studio della storia e della geografia fosse qual-cosa di più e di meglio che mandar a mente aneddoti ed enumerazioni di nomi.

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1 Maria Savi Lopez insegnava italiano nel Primo educandato dal 1888; fu in quegli anniabbastanza nota come scrittrice e collaborò a diverse riviste, tra le quali «Natura ed arte»,«Diodata Saluzzo» e «La Donna» (Torino).

2 Si tratta di Pasquale Turiello (Napoli, 3 gennaio 1836 - 13 gennaio 1902), insegnante,giornalista (fu redattore della «Patria» con Raffaele De Cesare e Vittorio Imbriani) e scrittore:notevole fu il suo interessamento per la questione meridionale in genere e quella napoletanain particolare. Fin dal 1874 professore di storia e geografia nel R. Liceo Vittorio Emanuele diNapoli, negli anni Settanta svolse anche, per incarico del ministero, una indagine sulle scuoleelementari di Napoli e quindi, sempre per la città di Napoli, una ispezione straordinaria sugliistituti privati di istruzione secondaria. Nominato da Scialoja segretario della Commissione d’in-chiesta sull’istruzione secondaria maschile e femminile, rinunciò all’incarico per motivi di fami-glia. Fu poi chiamato a deporre nella seduta del 20 febbraio 1873 (ACS, MPI, Div. scuole medie1860-1896, b. 4, fasc. 9).

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Quasi non vi sarebbe osservazione da fare sul prof. di matematica (Fiore) ilquale ha svolto un programma di aritmetica e geometria che, quando vi siaggiungessero alcune poche nozioni di contabilità domestica, comprenderebbetutto quanto può bastare alla coltura di una signora in questa materia. Egli poi hasaputo adattare alle regole una serie di problemi veramente pratici, in modo datogliere tutta l’aridità all’insegnamento e da ottenere frutti abbastanza buoni.

Il professore di scienze naturali (Arcangeli) ha forse insegnato anche troppo.Non vi sarebbe stato bisogno che trattasse delle formole chimiche, delle ipotesisull’elettricità, delle varie forme di pile, dei nomi e derivazioni dei vari nervi sen-sori e motori. Però non si disconosce che il suo insegnamento costantementeaccompagnato da esperienze facili e dalla esposizione degli oggetti ed apparati,è stato soddisfacentemente proficuo.

Il professore di francese (Fiorelli) capace e colto abbastanza, dovrebbe lavo-rare un po’ più, e dare all’insegnamento avviamento più pratico.

L’insegnante d’inglese, capacissima e colta signora, lascia forse a desiderarepronunzia più corretta, se pure una certa larghezza e lentezza di suoni non sideve attribuire al bisogno che ella ha di farsi più facilmente comprendere dallealunne.

Il professore di etica e di pedagogia (Galasso) che è il direttore degli studi,ha coordinato al buon indirizzo educativo il programma, e lo svolge acconcia-mente.

II° EducatorioNon si può dire che manchi cultura e capacità al professore d’italiano

(Flores); dobbiamo per altro notare che egli ha ridotto il programma a pochissi-mo. E qui notiamo che nell’uno e nell’altro educandato le alunne non acquistanoconcetto esatto di nessuno de’ nostri maggiori scrittori, de’ quali leggono appenabrevi brani. I tre maggiori poemi e qualcuna delle maggiori opere di prosadovrebbero esser letti e commentati, se non interi, per buona parte e, come sisuole in altre scuole, con riassunto delle parti tralasciate. Lo stesso si dovrebbefare per le traduzioni de’ poemi di Omero e di Virgilio. L’esame, poi, dovrebbeesser fatto non su i pochi passi imparati a mente, ma ad aperta di libro.

L’insegnamento della storia e della geografia (prof. Tagliaferri) dà ora fruttimeschinissimi, sia che il metodo del professore non abbia molta efficacia, siache egli non procuri come dovrebbe di educare non meno della memoria laintelligenza delle alunne. Mai si fa una considerazione sui fatti storici, mai unaparola calda sugli avvenimenti del patrio risorgimento; non si udirono che dellecantafere recitate macchinalmente. Anche la geografia è ridotta a quegli elementiche si studiano nelle classi inferiori sugli affluenti del Po o del Mississipì, intantoche si ignora se l’Indostan sia più o meno vasto dell’Inghilterra, o se l’Abissinia

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Fonti per la storia della scuola

sia sopra o sotto l’equatore.Il programma di matematica è troppo ristretto (per la geometria non supera

quello delle classi elementari) e l’indirizzo non acconcio. Il professoreRinonapoli, benché valentissimo, o per l’età avanzata o per l’indole de’ suoistudi, o per entrambe queste ragioni non ricava dalle sue lezioni i risultati cheesse dovrebbero dare.

L’insegnamento della matematica, ridotta a puri esercizi di conteggio senzainteressare le alunne con problemi concreti e tratti dalla vita comune, diventanoioso. Inoltre si osserva che le teorie delle progressioni e dei logaritmi potreb-bero essere molto più utilmente sostituite da un po’ di contabilità domestica e danozioni sull’impiego dei capitali e sui valori pubblici.

L’insegnamento delle scienze naturali (prof. Ciccone) – per il quale vi è asso-luta deficienza di mezzi – dovrebbe essere più pratico. Il professore è abile, maquesto studio fatto unicamente sul libro non può dare buoni frutti.

Il professore di francese (Moche) cui non manca cultura e capacità, lavorapoco e poco fa lavorare.

Relativamente, hanno fatto maggior profitto le alunne del 1° corso, affidato auna istitutrice (sig.a Alleva) che non quelle degli altri corsi.

Dell’insegnamento d’inglese basti dire che le alunne dell’ultimo corso hannostudiato solo 120 de’ temi del Cann1. La signora Howard, attempata e accasciatada dolori domestici, pronunzia bene l’inglese, perché inglese; ma non pareabbia né cultura letteraria, né capacità didattica, né energia. Questo esame èstato il più infelice di tutti.

L’insegnamento dell’etica e della pedagogia, affidato al direttore degli studi,procede convenientemente; però, l’aver voluto in quest’anno preparare parec-chie alunne all’esame di patente elementare, ha fatto mutare il programma inquello più particolarmente adatto per le maestre.

Riassumendo, ripetiamo qui ciò che abbiamo detto al r. commissario deglieducandati. Importa:1°. Prolungare il corso degli studi di 2 anni nel I, di un anno almeno nel II

Educandato;2°. Correggere il regolamento e cambiare il personale interno affinché le fan-

ciulle abbiano educazione più disinvolta, più fine, più conveniente a figliuo-le di buone famiglie;

3°. Accrescere le attribuzioni e, con esse, la responsabilità de’ direttori deglistudi e de’ consigli degl’insegnanti;

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1 Theophilus C. Cann fu autore di numerosi testi per l’apprendimento della lingua inglesead uso degli italiani, usciti a Firenze e continuamente ristampati per anni anche altrove.

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Sezione XI - La riforma di un’istruzione pubblica di èlite

4°. Riformare i programmi in relazione alla maggior durata, che si propone, de’corsi, sfrondandoli però delle parti inutili e, quanto alle lingue straniere, allamatematica e alle scienze naturali, rendendoli più pratici;

5°. Lasciare facoltativo lo studio della musica e delle belle arti;6°. Invitare gl’insegnanti, che possono, a modificare i loro insegnamenti in guisa

da renderli più razionali e più efficaci, e cambiare quelli che, o per età avan-zata, o per altre ragioni, non possono far sperare utili mutamenti.Ringraziando l’E.V. della fiducia che ci ha dimostrata, la preghiamo di cre-

derciDev.mi

Francesco TorracaGianjacopo Agostini

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SEZIONE XII

CRISI E TRASFORMAZIONE DEI CONSERVATORIDELLA TOSCANA

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Relazione generale dell’ispettrice governativa Marietta Guerrini sugli istitutivisitati nell’anno scolastico 1892-93.

ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione primaria e popolare, Istituti femminili, Ispezionie relazioni (1884-1902), b. 64, fasc. 137, s.fasc. 6, ms. autografo.

Roma, 27 agosto 1893

[...]

Degli istituti di Toscana o meglio conservatori, ne ho visitati pochissimi inquest’anno, ma appartengono appunto a tutte le varie gradazioni di essi, daquelli, e sono pochi, che con un buon patrimonio, ben amministrati, ben direttiinternamente, vanno avanti liberamente nella loro via senza fastidi o senza pri-vazioni, chiedendo solo al governo i suoi lumi e la sua approvazione; a quelliche vivono stentatamente e che sembrano sempre prossimi a morire.

Sono ammirabili davvero come tutti tengano alla loro esistenza e voglianovivere ad ogni costo, e più le nuove esigenze per la proprietà e salubrità deilocali, per migliorare l’insegnamento impongono nuove spese e nuovi sacrifizi,più essi si assoggettano agli uni e alle altre, si abbelliscono, prendono nuoveinsegnanti; vivono per così dire di stenti e di elemosine, ma vivono senza peròequilibrarsi mai né moralmente, né materialmente.

Infatti le loro rendite sono meschine tanto per quasi tutti quelli che hannoun patrimonio proprio come per tutti quelli che hanno la sovvenzione governa-tiva di £ 9878. Le rette delle educande (variano da 300 a 400 lire annue) bastanoappena per il loro mantenimento e sono poi così poche che il loro numero noncompensa della meschinità della retta. Le educande variano generalmente da 6 a15; vi sono dei conservatori che ne hanno anche meno e in alcuni ce ne sonoanche 18, 20, 24 ma sono rari assai, e poi non è mai un numero sufficiente acompensare della piccola retta.

In questi conservatori basterebbe affatto che, oltre il corso elementare, ci fosse-ro due classi complementari, tre al più, nelle quali, per il piccolo numero dellealunne, una, o due maestre col diploma di magistero, sarebbero più che sufficienti.

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Fonti per la storia della scuola

Ma ci sono i genitori, i quali esigono che le loro figlie compiano tutti gli studi,anche i normali, nel medesimo conservatorio e, senza questa promessa, non ce lemettono nemmeno per il corso elementare e preparatorio. Avviene così che alcu-ni di questi istituti, per mantenersi un discreto numero di educande, si adattano afar per esse anche il corso normale, che riesce una cosa rachitica, starei per dire,per deficenza di insegnanti e di materiale scientifico; ma è un fatto che nei con-servatori dove c’è appena il corso preparatorio, e non è poco, le convittrici sonopochissime; e sì che in alcuni si insegna bene e all’esame di ammissione nellescuole normali le alunne di tali conservatori si fanno sempre onore.

Sono anche troppi questi istituti della Toscana, ché ci sono ancora quelli delleFiglie della Carità e di altre recenti istituzioni: tra tutti si fanno una gran concor-renza e nessuno ha un numero sufficiente di educande. Ma tutti vogliono vivere;solo, dopo molti anni che alcuno ha finito naturalmente di esistere per mancanzadi alunne interne ed esterne, si contenta di essere cancellato dal ruolo dei viventi.Le poche rendite che rimangono vengono ancora destinate a scopo educativo.

Anche la trasformazione di questi istituti da monastici in secolari procedecosì lentamente che impedisce ad essi di mettersi bene sulla via che devonoseguire, e progredire in essa senza troppi ostacoli.

Dove la famiglia delle oblate è stata divisa completamente dall’educatorio, lecose sono andate meglio, ma questo si è potuto fare soltanto in quei conservatori (enon sono molti) i quali, avendo un discreto patrimonio, poteano colle loro renditebastare al mantenimento delle due famiglie. Negli altri le oblate prestano ancora l’o-pera loro come maestre di lavoro, istitutrici, econome. E poiché esse si consideranosempre le vere proprietarie delle sostanze dell’istituto, e ritengono le secolari comeintruse, così anche nell’economia domestica fanno sempre a modo loro, economiz-zano magari sulle cose più necessarie e spendono in altre più del bisogno.

Dura poi sempre la diffidenza delle oblate verso le secolari e pazienza fosseessa mantenuta dalla condotta non sempre abbastanza seria di alcuna delle mae-stre più giovani, ma non è così. Esse si oppongono invece alle direttrici, nonapertamente, ma sotto mano; si direbbe anzi che, quanto più queste dannoprova di serietà e abilità, mostrando di saper ben dirigere un istituto, tanto piùne intralciano l’opera, creando loro mille piccoli ostacoli e unendosi magari allemaestre meno docili ai consigli della direttrice per contrariarla.

Dei pochi conservatori toscani che ho visitato quest’anno, quello di SanMarcello Pistoiese1 non ha educande, mentre c’è una buona scuola elementarecompleta con una o due classi complementari, un giardino d’infanzia, una scuola dilavoro per quelle alunne che, finita la quinta, vogliono imparar meglio a lavorare.

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1 Il Conservatorio di S. Caterina a S. Marcello Pistoiese.

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Sezione XII - Crisi e trasformazione dei conservatori della Toscana

I due conservatori di Pietrasanta e di S. Gimignano1 hanno poche educandee in tutti e due c’è il corso preparatorio. Il primo è forse migliore per l’insegna-mento; il secondo ha accomodato assai bene e con buon gusto il proprio locale.

A Pontremoli2 si fa il possibile perché le educande possano compiere in quelconservatorio anche gli studi normali e il numero di esse è tra le venti e le venti-quattro. In tutti questi conservatori ci sono anche le scuole esterne elementari,gratuite per le bambine del comune e solo in quella di Pietrasanta le internestanno in iscuola colle esterne; così si faceva anche a S. Marcello quando c’eranoeducande.

Il conservatorio di Siena (RR. Conservatori riuniti)3 apparteneva già ad un’al-tra categoria di conservatori fin da quando fu fatta la prima riforma nell’anno1785. Questo e quello, ora unito, di S.ta Maria Maddalena pure in Siena, quelli diPrato4, di Sant’Anna a Pisa, di Pistoia5 e alcuni altri non erano obbligati alla istru-zione popolare, ma doveano tenere educande, o di famiglie di condizione civile,o di nobili famiglie patrizie, secondo li avea destinati il granduca Pier Leopoldo.Questo di Siena si è ora messo sulla via dei migliori come gli consentono lebuone rendite di cui dispone.

Per questi istituti della Toscana bisognerebbe regolarne gli studi e non per-mettere che un istituto tenga il corso normale se le sue forze finanziarie non glie-lo consentono. Potrebbero, è vero, aumentare un poco le rette, ma ci sono sem-pre le altre monache Figlie della Carità ecc., le quali li trovano sempre i denari, esono capaci di non chiedere più di £ 240 annue pure di far concorrenza ai nostriconservatori.

Il regolamento del 1867, che secolarizzava gradatamente questi conservatori,è stato eseguito in alcune provincie e in altre no e così è nato in tutti un certo

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1 Il Conservatorio di S. Leone a Pietrasanta e quello di S. Chiara a S. Gimignano.2 Cioè al Conservatorio di S. Giacomo d’Altopascio.3 Si tratta dei RR. Conservatori riuniti di S. Maria Maddalena e di S. Raimondo, detto il

Refugio, istituiti nel 1891 con la fusione dei due preesistenti conservatori; cfr. T. BRUTTINI - G.RESTI, Dal conservatorio alla scuola normale: percorsi educativi e scolastici nella Sienadell’Ottocento, in L’educazione delle donne… cit., pp. 215-231. La diversa tipologia dei conser-vatori era stata stabilita dal granduca Pietro Leopoldo col motuproprio del 2 maggio 1785.Nelle maggiori città del granducato, come a Firenze, Pisa, Siena, Arezzo e Pistoia, dove esiste-vano scuole pubbliche per ragazze, i conservatori non venivano obbligatoriamente gravati daoneri didattici verso l’esterno perché si dedicassero all’educazione delle ragazze di estrazione onobile o cittadina, secondo la designazione del granduca. Al contrario, ai conservatori situatinei centri minori si chiedeva espressamente di svolgere tutte le funzioni sociali loro assegnate,privilegiando però la scuola pubblica «per le povere ragazze»; cfr. C. FANTAPPIÈ, I conservatoritoscani … cit., pp. 48-49.

4 Il Conservatorio di S. Niccolò a Prato.5 Il Conservatorio di S. Giovanni Battista a Pistoia.

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Fonti per la storia della scuola

malcontento: in quelli che furono ossequenti alla legge, perché vedono che conun po’ di resistenza avrebbero potuto continuar a fare a modo loro; negli altri,perché tutte quelle che si vestirono da monache, dal 1867 fino ad ora, temonosempre che, terminate le monache anziane, esse non avranno più ragione dirimanere nel conservatorio se non come maestre. Bisognava tener fermo in prin-cipio da tutti i singoli amministratori di questi conservatori; sarebbero state toltetutte le odiosità, tutte le contese che sono sorte in seguito.

Il tempo, che rimedia a tante cose, continua l’opera sua e io spero che questiconservatori un po’ alla volta regoleranno le loro spese e la loro istruzione secondole loro forze e vivranno in buona armonia direttrici e maestre, facendo tutto il possi-bile per ben educare le figliuole a loro affidate. Questo si fa fin d’ora, del resto, e iocredo che, anche lentamente, pure si vada sempre progredendo in bene. [...]

Devotissima Marietta Gue[r]rini

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Parere della Giunta del Consiglio superiore della pubblica istruzione, a firmadel vicepresidente Angelo Bargoni 1, sulla riduzione del corso di studi nelConservatorio degli Angiolini di Firenze.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 622, fasc. «1895-96. 27.Firenze. 6», ms. con firma autografa.

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1 Angelo Bargoni (Cremona, 26 maggio 1829 - Roma, 25 giugno 1901). Partecipò agli avve-nimenti risorgimentali. Fin dall’epoca degli studi universitari prese posizione a favore dell’educa-zione e dell’istruzione popolare, sostenendo l’obbligatorietà della scuola primaria, l’istituzione diasili infantili e soprattutto una adeguata istruzione della donna. Fu direttore del settimanale «LaDonna», il cui primo numero uscì, a Genova, il 4 agosto 1855, del giornale «Il Diritto» (1861-1863)e dal 1870 del quotidiano fiorentino «L’Italia Nuova». Deputato dall’VIII alla XI legislatura, mini-stro della Pubblica istruzione dal 13 maggio al 14 dicembre 1869 nel terzo ministero Menabrea,poi ministro del Tesoro dal 26 dicembre 1877 al 24 marzo 1878 nel secondo ministero Depretis,senatore del Regno dal 1876. Nel 1892 fu nominato consigliere di Stato. Il 1° giugno 1894 entròcome membro di proposta ministeriale nel Consiglio superiore della pubblica istruzione: lo stes-so giorno ne venne nominato vicepresidente, carica che resse fino al 31 maggio 1898.

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Sezione XII - Crisi e trasformazione dei conservatori della Toscana

Roma, 21 novembre 1895

La commissione dell’Educatorio degli Angiolini in Firenze domanda che ilcorso di sei anni delle scuole superiori sia ridotto a cinque anni:1°. Perché è rarissimo il caso che le alunne di quel conservatorio compiano seianni di studio dopo le classi elementari;2°. Perché, non essendo soverchio il numero delle alunne, lo svolgimento com-pleto dei programmi governativi per le scuole superiori può farsi in cinque annisoli, anziché in sei;3°. Perché tale riduzione a cinque anni ed anche a quattro anni è stata adottatada altri istituti congeneri coll’approvazione superiore.

Il Consiglio scolastico di Firenze, nella sua seduta del 29 luglio scorso, per leragioni esposte dalla commissione, e perché l’istituto non è una scuola normalee raramente avviene il caso, ed è bene, che le alunne si presentino a sostenerel’esame di patente, deliberò di emettere parere favorevole.

Ciò resulta dalle carte che accompagnano la domanda della commissioneamministrativa del conservatorio suddetto, e sulla quale codesto ministero chie-de conoscere il parere di questa Giunta.

Ora la Giunta di questo Consiglio, non ritenendo necessario e né anche utileche in tutti i conservatori femminili siavi un tipo unico di scuola, non trova diffi-coltà che venga accordata la richiesta riduzione. Ha dovuto notare che non sonopochi dieci anni di studio, che tanti sarebbero nel Conservatorio degli Angiolinidi Firenze, compreso il corso elementare, per compiere l’educazione e l’istruzio-ne di una ragazza di famiglia civile; che deve tenersi conto dell’osservazionefatta dalla commissione dell’educatorio che pel non soverchio numero dellealunne si possa compiere il programma delle scuole superiori anche in cinqueanni; che merita di esser presa in considerazione anche l’osservazione fatta dalConsiglio scolastico, essere cioè raro il caso che alunne del conservatorio si pre-sentino agli esami di patente e che è bene che questo avvenga.

Per queste ragioni la Giunta è stata di avviso che la domanda dell’ammini-strazione del conservatorio suddetto debba essere accolta.

Il v. presidenteA[ngelo] Bargoni

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Fonti per la storia della scuola

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Il Conservatorio delle Mantellate di Firenze e il valore legale del diploma 1.

a. Lettera dell’operaio del Conservatorio delle Mantellate di Firenze, GuidoParigi, al provveditore agli studi della provincia Ernesto Masi .

ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione primaria e popolare (1897-1910), b. 287, fasc.«1899. 27. Firenze», ms. con firma autografa.

[Firenze], 2 marzo 1899

Col rapporto finale dell’anno scolastico 1897-98 del 9 novembre 1898 n. 29richiamai l’attenzione di codesto onorevole ufficio sulla opportunità di rilasciarealle alunne uscenti un diploma speciale come attestato degli studi fatti sotto lasorveglianza e tutela delle autorità scolastiche, tanto che le alunne stesse possa-

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1 Verso gli inizi degli anni Novanta, gli organi preposti alla direzione degli educandatigovernativi cominciarono a richiedere diplomi dotati di valore legale per le alunne che avesserosuperato gli esami del corso superiore. Gli statuti organici emanati nel 1895 per gli educandatigovernativi di Milano, Verona, Firenze e Palermo riconobbero tale esigenza stabilendo che ildiploma costituisse titolo di ammissione all’esame prescritto dalla legge istitutiva degli Istitutisuperiori di Magistero femminile, ai concorsi a posti di istitutrice negli educatori femminilidipendenti dal Ministero della pubblica istruzione e a quelli per posti di maestra assistente nellescuole normali. La richiesta di un analogo diploma venne avanzata tre anni più tardi da uno deimigliori conservatori fiorentini, quello delle Mantellate, dotato di corsi superiori con programmiministeriali. Il rifiuto del ministero, nel 1899, sembra motivato dall’inopportunità di fare un’ecce-zione per il Conservatorio delle Mantellate, per non aprire le porte ad analoghe richieste prove-nienti da altri istituti non governativi. Infatti – almeno secondo quanto si rileva dall’osservazioneespressa nella ministeriale del 7 aprile, riportata dall’operaio Parigi nella sua seconda, pressanterichiesta del 27 giugno (conservata nello stesso fascicolo) – si sarebbe sottolineato che «non tuttii conservatori non governativi» corrispondevano «al loro compito, alla loro missione», e nonerano quindi in grado di offrire precise garanzie sulla formazione di insegnanti e istitutrici. Siribadiva quindi la volontà di sbarrare o controllare strettamente l’accesso delle alunne degli edu-candati non governativi a percorsi scolastici cui era ufficialmente riconosciuto un valore profes-sionalizzante, mentre, al tempo stesso, si tendeva sostanzialmente a riconfermare alla quasi tota-lità dei collegi-convitti “per signorine” la funzione storica di un’istruzione totalmente “disinteres-sata”, priva di sbocchi professionali, che cominciava invece proprio allora, di fatto, a venireposta in discussione ed era privilegiata, ormai, soltanto da ristrette élite.

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Sezione XII - Crisi e trasformazione dei conservatori della Toscana

no restituirsi alle famiglie con un titolo presso che eguale ai diplomi di licenzacomplementare e normale.

Con la ufficiale del 12 dicembre 1898 n. 1672 ebbi in risposta che il ministero nonavrebbe avuta difficoltà di permettere che si rilasciassero i detti diplomi, ma sotto lacondizione che questi non rappresentino per le alunne alcuno speciale diritto.

Mi permetto qui di osservare come sia di evidente giustizia che le alunne lequali hanno fatti gli studi prescritti dai programmi governativi, hanno subiti gliesami davanti una commissione speciale da eleggersi dall’autorità scolastica,abbiano un diploma che attesti degli studi fatti, e degli esami subiti, e che possa-no far valere questo diploma a qualche effetto utile, quale sarebbe il titolo diammissione all’esame prescritto dall’art. 2 della legge 25 giugno 1882 n. 8961

negli istituti di magistero femminile, di ammissione ai concorsi agli uffici d’istitu-trici negli educandati femminili, e di assistenti nelle scuole normali. Si intendebene che le licenze dei conservatori non debbano essere pareggiate ai diplomidi magistero, ma non si può concepire come una educanda dopo aver fatti rego-larmente gli studi prescritti nei programmi governativi e dopo aver dato saggiodi tali studi mediante un esame serio e rigoroso, possa contentarsi di un sempli-ce certificato rilasciato dalla direzione del conservatorio.

I sopra indicati diritti sono d’altronde concessi anche alle alunne uscenti dalConservatorio della Ss. Annunziata al Poggio Imperiale2 come apparisce dal r.decreto del 2 giugno 1895 che approva lo statuto organico del detto collegio(Bullettino Ufficiale 25 luglio 1895 pag. 1252).

È per queste considerazioni che la superiore autorità, confido, troverà giu-ste, che io faccio speciale domanda perché a complemento e spiegazione del-l’autorizzazione in genere contenuta nella ufficiale del 12 dicembre 1898 vogliail r. ministero consentire che i diplomi speciali da rilasciarsi alle alunne uscentidal Conservatorio delle Mantellate dopo il 3° corso normale dieno titoli eguali aquelli che si rilasciano alle uscenti dal R. Collegio del Poggio Imperiale3.

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1 L’art. 2 della legge 25 giu. 1882, n. 896, che istituiva i due Istituti superiori di Magisterofemminile di Roma e di Firenze, recitava: «Le giovani le quali vogliono entrare in questi istitutidovranno sostenere un esame d’ammissione al primo corso, dopo avere presentato la patentedi maestra normale o comprovato di possedere un grado di cultura equipollente»; cfr. G. DI

BELLO, L’Istituto Superiore di Magistero Femminile nell’Ottocento, in Documenti e ricerche...cit., pp. 45-60, 139-140.

2 Da intendersi: l’Educandato governativo della Ss. Annunziata di Firenze al PoggioImperiale.

3 Vale la pena di ricordare il parere espresso dal provveditore agli studi di Firenze nel tra-smettere al ministro, con comunicazione del 3 luglio (conservata nello stesso fascicolo), la giàcitata lettera dell’operaio del Conservatorio delle Mantellate del 27 giugno. Dopo aver confer-mato che gli argomenti usati dall’operaio erano «esattissimi», Masi continuava: «Resta la questio-

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Fonti per la storia della scuola

Con ossequio e distinta considerazione

L’operaioG[uido] Parigi

b. Istruzioni del ministro al provveditore agli studi della provincia di Firenzesul diploma da rilasciarsi alle alunne del Conservatorio delle Mantellate.

Ibid., ms.

Roma, 25 luglio 1899

Questo ministero non trova ragione sufficiente per cambiare l’opinioneespressa colla lettera 7 aprile n. 8248.

Le ragioni addotte dal presidente del Conservatorio delle Mantellate nonportano alcun nuovo elemento che muti la sostanza delle cose.

Che quel conservatorio si intitoli Regio, per concessione sovrana fino dalsecolo passato, non significa niente. Altri conservatori della Toscana, ed altri isti-tuti di pubblica istruzione, hanno quel titolo, pur non essendo governativi; e tuttiquelli potrebbero mettere avanti questo argomento, per volere il pareggiamentodei loro diplomi.

Indirizzo di studi uniforme ai programmi governativi, insegnanti abilitati e dinomina o di approvazione ministeriale, hanno presso che tutti gli istituti dichia-rati di pubblica istruzione, o per disposizione di legge, o per disposizione di sta-tuti od in fine per fatto dei decreti organici 6 ottobre 1867, n. 1941 e 29 giugno1883 n. 1514, cui tutti vanno soggetti.

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ne, quasi pregiudiziale, che il ministero fa per gli istituti assolutamente governativi, e il ministe-ro vedrà se possa fare una eccezione a favore del Conservatorio delle Mantellate. Anch’esso èpressato dalla mania universale dei diplomi, di cui se ciascuno non è armato pare oramai che,non dirò nella lotta per la vita (spero non sia il caso) ma nelle eventualità della vita, qualunquesia il proprio valore individuale, si sente come indifeso e minore degli altri. La mia opinionepersonale è che bisogna far di tutto affinché gli educatorii non si snaturino, e soprattutto affin-ché non arieggino le scuole normali o non contribuiscano ad aumentarne la produzione, manon mi parrebbe mal fatto dare una qualche soddisfazione alle famiglie concedendo una qua-lunque sanzione governativa agli studi ampi, regolari e veramente buoni che si compiono inun educatorio come quello delle Mantellate».

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Sezione XII - Crisi e trasformazione dei conservatori della Toscana

Tutti potrebbero dunque richiedere quanto vorrebbe ora il Conservatoriodelle Mantellate1.

Per il ministrofirmato [Francesco] Torraca2

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Relazione di Giovanni Pascoli sull’ispezione al Conservatorio di S. Elisabetta aBarga indirizzata al provveditore agli studi della provincia di Lucca 3.

ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione primaria e popolare (1897-1910), b. 292, fasc.«1901. 27. Luc», ms.

Castelvecchio di Barga, 27 luglio 1901

Onorato dal ministero e dalla S.V. Ill.ma (con lettera 1° luglio corr. n. 529/42riferentesi a lettera ministeriale 28 maggio u.s. n. 11217) dello incarico di visitare lascuola della sig.a Irma Arrighi-Giusti riferisco alla S.V. Ill.ma l’esito della mia visita.

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1 Segue, depennato nell’originale: «D’altra parte, qual ragione per insistere in una richiestache non è consentanea col fine di quella istituzione? Perché volerne snaturare l’intendimento?Quello, come gli altri conservatori ha di mira la educazione e la istruzione delle fanciulle che laistruzione ricercano per il fine del buon governo della famiglia e di un decoroso stato nella vitamorale, sociale, non già con lo scopo di procacciarsi una professione con l’esercizio dell’inse-gnamento. A ciò provvedono gli istituti governativi creati con tale intendimento; ai quali le fan-ciulle che a ciò aspirano, possono ascriversi. Ma alla istruzione ed alle buone doti che le fan-ciulle uscenti dai conservatori debbono portare nelle loro famiglie e nella società, nulla inveropotrebbe aggiungere un diploma pareggiato a quelli che si rilasciano dagli istituti governativi».

2 All’epoca direttore generale per l’istruzione primaria e normale (cfr. nota 2 a pag. 431).3 Nel caso dei corsi perfettivi dei conservatori, quando questi cominciarono ad essere affi-

dati a donne si presentò spesso il problema di regolarizzare la posizione di maestre non dotatedei titoli legali, per le quali, d’altra parte, ancora alla fine del secolo non erano stati resi facil-mente accessibili curricula scolastici finalizzati al conseguimento dell’abilitazione all’insegna-mento negli istituti di livello superiore all’elementare. Sollecitata a prendere provvedimenti dalConsiglio provinciale scolastico, la commissione amministrativa del Conservatorio di S.Elisabetta di Barga propose che venissero effettuate ispezioni ministeriali allo scopo di verificarel’idoneità di Irma Arrighi Giusti per l’insegnamento di italiano, storia, geografia e scienze natura-li e di Emilia Guidi per quello di aritmetica, geometria e disegno. Per le materie letterarie l’ispe-zione fu affidata a Giovanni Pascoli, che insegnava allora presso l’Università di Messina, perquelle scientifiche a Giulio Giuliani, professore di matematica nel liceo di Pisa. In considerazio-ne degli esiti positivi delle due ispezioni, la Giunta del Consiglio Superiore della pubblica istru-

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Fonti per la storia della scuola

Mi recai da Castelvecchio a Barga nei giorni di questo mese 9 e 26. Due gior-ni furono più che sufficienti a darmi una idea esatta e sicura dell’andamentodella scuola e della capacità della maestra. Poiché le alunne di tal “corso perfetti-vo” sono assai poche; e aggiungo subito buone. Così in quei due giorni, lepoche e buone alunne, in un’aula fresca e ombrosa, alle cui finestre si affaccia-vano gli alberi del giardino, testimoniarono con le loro pronte risposte a interro-gazioni di storia, geografia e lingua italiana, della coltura e dottrina e saviezza eamore della loro maestra.

La quale, dunque, insegna queste tre materie, lingua italiana, storia e geogra-fia, in un corso che là si chiama superiore e si può chiamare perfettivo, ed equi-vale alla scuole complementari annesse alle scuole normali, con questo in più,che vi si dà ai programmi di letteratura e storia un[o] svolgimento maggiore, o,per meglio dire, quanto alla prima di queste due materie, si fonde nel program-ma di lingua un modesto programma di lettere.

Il che ho veduto che [d]alla sig.a Irma Arrighi-Giusti vien fatto con molta uti-lità delle allieve e onor suo.

Ella è donna che ha studiato e studia. La quiete del conservatorio nel qualetrascorre il più della sua vita appartata, è singolarmente atta alla riflessione e medi-tazione. Né quella severità quasi claustrale toglie libertà alla sua mente e aria, percosì dire, alle sue idee. Nessun scrittore de’ più recenti, dei meno usi a varcarecerte soglie, un po’ trite perché vecchie, un po’ erbose perché fuor di mano; nes-sun autore di progresso e di rigenerazione (cito il primo e migliore e maggiore:Giosuè Carducci) è escluso da quell’anima più pia che timida. Dante, per altro è ilprediletto; ed ella ragiona del poema sacro, e lo legge, dichiara, illustra con moltaconoscenza e grande fervore. E questo fervore mette in tutto il suo insegnamento;onde una gran vita circola nella numerata1 e romita compagnia che è attorno allamaestra, ad ascoltare quella parola sempre così tranquilla e spesso quasi eloquen-te. Ed è superfluo che io aggiunga come nel R. Conservatorio di Barga non suonimai voce e non s’agiti mai affetto che non sia d’amore alla patria nostra e alla suastoria antica e novissima e alle sue istituzioni rigeneratrici.

Il frutto di tal vivido insegnamento apparisce e rimane. Le giovinette percor-rono i lunghi periodi di storia civile e di storia letteraria (questo è un di più perloro) con molta sicurezza e precisione. Così descrivono le regioni terrestri enoverano le città e sanno dirne tutto ciò per cui elle furono e sono illustri e creb-bero o calarono. La coltura di che le giovanette sono nudrite fa sì che domandapossa intrecciarsi a domanda e passare da un campo all’altro, da una ad altra

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zione propose che alla Arrighi Giusti e alla Guidi venisse conferita l’abilitazione all’insegnamen-to delle materie loro precedentemente affidate nel corso perfettivo.

1 Forma letteraria, per “numericamente esigua”.

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Sezione XII - Crisi e trasformazione dei conservatori della Toscana

disciplina, senza loro imbarazzo. Quanto all’insegnamento precipuo, cioè queldella lingua italiana, insegnamento che deve raccogliere tutte le cognizioni forni-te dalle altre discipline e restituirle vivificate dall’intimo sentimento e ragiona-mento; la sig.a Irma Arrighi-Giusti è molto felice nella sua incorrotta toscanitàmontanina e nella sua varia e solida dottrina e nella sua delicatezza femminile. Itemi proposti per esercizio di scrivere, hanno da queste tre qualità pregi noncomuni, e sono ben eseguiti e meglio corretti.

Poiché la S.V. Ill.ma m’invita a esprimere il mio parere pel conferimento ono della abilitazione a insegnare in tale corso complementare; io rispondo chesì: la maestra merita l’abilitazione nelle tre materie, in cui io ho veduti gli effettidel suo insegnamento. Se poi abbia a essere temporanea o definitiva, quasi miperito a dire, perché mi sembra di preoccupare col mio il giudizio di futuri possi-bili visitatori.

Ma che questi giudicheranno come ho giudicato io, sono sin d’ora, con tuttacoscienza sicuro.

Della S.V. Ill.ma sig. provveditore

Devot.firmato Giovanni Pascoli

della R. Università di Messina

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Relazione dell’ispettrice governativa Marietta Guerrini sul Conservatorio diS. Elisabetta a Barga 1.

ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione primaria e popolare, Istituti femminili, Ispezionie relazioni (1884-1902), b. 29, fasc. 65, s.fasc. 1, ms. autografo.

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1 Insieme al documento che lo precede nella scelta antologica, questa relazione di MariettaGuerrini testimonia i numerosi progressi compiuti nel campo della preparazione professionaleda parte di maestre laiche che, entrate numerose nei conservatori laicizzati della Toscana, ten-devano ormai a superare i recinti dell’insegnamento elementare nel rispondere alla crescentedomanda di istruzione femminile. La relazione dell’ispettrice però rivela anche, da parte di gio-vani donne per quasi tutto l’anno rinchiuse nel conservatorio di un piccolo centro (che comun-que accoglieva varie alunne straniere di origine italiana) una nuova apertura culturale e unanuova sensibilità per l’aggiornamento professionale e le relazioni tra colleghi e colleghe.

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Fonti per la storia della scuola

Roma, 31 maggio 1902

Eccellenza,Anche il Regio Conservatorio di Barga è uno di quelli che più mi hanno inte-

ressata per l’amenità del luogo, per la quiete che vi si gode e per il grande affettoche quelle signore hanno per il loro istituto, per le cure che vi prodigano contanta spontaneità e con tanto disinteresse, contente di vedere che è sempretenuto in molto credito e dai vicini e dai lontani.

Infatti i lucchesi che amano spingersi oltre l’Atlantico in cerca di fortuna, torna-no nella loro provincia per mettere le loro figlie in educazione nel Conservatorio diBarga; poi, a educazione finita, vengono a ripigliarsele e sanno che generalmenterestano soddisfatti della buona riuscita che fanno le loro figliuole.

Dal 1877 in qua ho visitato varie volte questo R. Conservatorio. La sig.naGuidi che ora è direttrice e brava direttrice era allora al suo primo anno d’inse-gnamento; le due sorelle Arrighi-Giusti Irma e Maria studiavano per ottenere lapatente superiore; le oblate suor Raffaella Sbrana e suor Coli Agostina insegna-vano allora come adesso questa nelle classi elementari inferiori, quella il lavoroe pochi anni dopo in qualità di maestra di lavoro e di istitutrice si unì ad esse lasignorina Emery Angela.

Né si deve credere che le suddette insegnanti non abbiano progredito inquesti anni. Nelle vacanze vanno a Lucca, a Viareggio, a Pisa, a Firenze; vanno avedere le esposizioni, si trovano colle amiche, coi professori, che conobbero;fanno buona raccolta di tutto ciò che si è detto, fatto, scritto di nuovo per l’inse-gnamento, fanno acquisto di libri e durante l’anno scolastico studiano e insegna-no. E proprio l’anno passato nel mese di luglio l’istituto venne visitato dai pro-fessori Pascoli e Giuliani i quali, esaminate le alunne, sentite alcune lezioni dellemaestre Guidi e Irma Giusti e dietro le loro relazioni al ministero, la sig.na IrmaArrighi-Giusti ebbe l’autorizzazione per insegnare italiano, storia e geografianelle classi complementari e la signorina Guidi Emilia l’ebbe per l’insegnamentodella matematica e delle scienze1. E quelle brave signore si sono contentate,anche diventando sempre più brave, del loro piccolo istituto, che le ha educatee non hanno mai desiderato di brillare in un campo più largo.

Le educande di questo conservatorio erano l’anno passato in 24, ma dueripetevano la classe 3a complementare per loro elezione, avendone già la licen-za, e restavano nell’educatorio, perché i genitori volevano che si impratichisseromeglio del lavoro e delle faccende domestiche. Sicché le vere alunne erano ven-

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1 Si veda in proposito il documento precedente.

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Sezione XII - Crisi e trasformazione dei conservatori della Toscana

tidue così distribuite nelle classi1.Le sette di prima classe, meno una di Firenze, sono tutte straniere, cinque

americane e una scozzese. Un’altra della Scozia, con una dell’Inghilterra, un’a-mericana e una italiana costituiscono la seconda classe; e, delle tre della terza,due sono americane e una italiana, sono tutte tra sei e dieci anni.

Essendo tutte d’origine italiana la lingua la capiscono, e perciò le trovai benaffiatate tra loro e colle compagne italiane; mi parvero contente del loro istituto,dove si sentivano protette e circondate da tanto affetto.

Le alunne della prima classe potevano ancora essere suddivise in sezioni.Del resto queste tre classi sono ben affidate a suor Agostina Coli, che è impareg-giabile come maestra delle piccine. È pazientissima, amorosa, premurosa. Non èa dire con quanta abilità trovi tutti i mezzi possibili per render loro facile l’inse-gnamento e vi riesce benissimo; bisogna anche dire che la maggior parte diquelle figliuole mostrano di essere intelligenti e, siccome amano e rispettano laloro maestra, così stanno volentieri con lei e procurano di contentarla.

Le tre alunne di quarta e quella di quinta studiano volentieri e fa loro lezionela signorina Irma Arrighi-Giusti, la quale, avendo poche alunne nelle classi com-plementari, trova tempo anche per loro.

Le ho trovate abbastanza avanti nell’italiano e così nella storia e nella geo-grafia; anche in aritmetica le ho trovate sufficientemente istruite.

Le due alunne di prima complementare mi sono sembrate un po’ incerte sullecose studiate, forse c’entrava un po’ di timidezza. Le due di terza complementareinvece le trovai ben istruite e si disponevano ai loro esami di licenza con un pocodi timore, più che altro, per la novità della cosa, che del resto erano animate dallafiducia e perché aveano studiato e per l’abilità delle loro insegnanti.

So che quest’anno alcuni genitori di Barga hanno chiesto ed ottenuto dalregio provveditore e dalla commissione amministrativa di far ammettere le lorofiglie alla scuola complementare del conservatorio come alunne esterne. Questosarà un bene; le classi complementari saranno così un po’ più numerose, ci saràun po’ di gara, di emulazione, e maggior soddisfazione morale per le insegnanti.

La signorina Emery e suor Raffaella come maestre di lavoro ed istitutriciadempiono benissimo i loro obblighi. Abituano le educande ordinate, pulitetanto nella loro persona che intorno a sé.

Anche per i lavori le abituano a tutti quelli di casa più necessari, e poi aquelli di ornamento che eseguiscono bene.

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1 Nota al testo: «Classe prima alunne 7; classe seconda alunne 4; classe terza alunne 3; clas-se quarta alunne 3; classe quinta alunne 1; classe 1ma complementare alunne 2; classe 2a com-plementare alunne 2. Totale alunne 22».

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Fonti per la storia della scuola

Nulla è trascurato in questo conservatorio e lo scopo a cui tendono costante-mente quelle signore è che le giovanette e materialmente e moralmente riescanodi conforto e di utilità nella famiglia.

La scuola elementare esterna gratuita ha tutte cinque le classi e riesce digrande utilità al paese; il municipio contribuisce pochissimo per questa scuola,la quale dà un ottimo insegnamento e perciò buoni risultati. È frequentatissima ele classi quarta e quinta, che una volta erano riunite, ora sono divise, perchétroppo numerose le alunne di ciascuna.

Le maestre di questa scuola sono tutte o quasi tutte interne e sono MarcucciRosina per la prima classe, Marcucci Marianna per la seconda classe, TambelliniAgata per la terza classe, Giorgetti Maria per la quarta classe, Arrighi-Giusti Mariaper la quinta classe.

Il Consiglio d’amministrazione si occupa con molto zelo del conservatorio edel suo benessere, ne cura l’economia, ma non fa mancar nulla di ciò che ènecessario e decoroso per l’istituto.

Colla massima osservanza mi dichiaro

Della Eccellenza VostraDevotissima

Marietta Guerrini

68

Relazione di Dora Melegari 1 al ministro sui conservatori di Firenze.

ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione media (1897-1910), b. 367, fasc. «19. Praticagenerale, 1908-1909», ms. con firma autografa.

Roma, 30 giugno 1907

454

1 A Dora Melegari che, dopo «una lunga vita di lavoro intellettuale», si trovava a «dover sol-lecitare una stabile posizione» e aspirava a «un posto di ispettrice di scuole superiori femminili»– come si apprende da una nota ministeriale allegata al fascicolo – venne offerto un incaricoispettivo nel settore dei collegi-convitti femminili, e in particolare dei conservatori dellaToscana. Con comunicazione datata 13 dicembre 1906 il ministro Rava invitò la Melegari, cheaveva affrontato a più riprese nei suoi scritti il tema dell’educazione delle donne, a esprimere ilsuo parere sulle riforme che avesse giudicato opportune a porre questi istituti «in armonia con

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Sezione XII - Crisi e trasformazione dei conservatori della Toscana

Eccellentissimo signor ministro,Incaricata dall’E.V. di una ispezione nei r. conservatori femminili della

Toscana, non ho potuto finora visitare che quelli di Firenze, riservandomi dicompletare più tardi il mio giro d’ispezione.

In massima sono rimasta soddisfattissima del personale dirigente ed educati-vo dei diversi istituti, il quale adempie con zelo ed intelligenza, nella misura deimezzi di cui dispone, il programma impostogli dal regio governo.

Avrei però diverse osservazioni da fare sull’indirizzo di alcuni di questi con-servatori e qualche suggerimento a dare, onde siano migliorati gli altri.

Siamo oggi per quanto riguarda la scuola femminile in un periodo di transi-zione e tutti sentono confusamente o nettamente che sarà necessario d’or innan-zi dare all’educazione ed istruzione muliebre un indirizzo più conforme agliattuali bisogni ed all’attività che la donna assume ed assumerà sempre vieppiùnella vita sociale.

I conservatori femminili dovranno essi pure usufruire delle utili e sagge rifor-me studiate e da studiarsi dalla Commissione reale, e forse le mie osservazionisull’ordinamento e funzionamento degli istituti toscani potranno essere prese inconsiderazione dalle persone competenti che la compongono.

Ma prima devo riferire con dati di fatto sulle condizioni dei conservatori dame visitati.

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le nuove esigenze della cultura femminile in Italia». Dora Melegari (1849-1924), saggista, gior-nalista e romanziera assai apprezzata in Francia e in Italia, era figlia del mazziniano LuigiAmedeo Melegari (1805-1881), deputato del parlamento subalpino e dal 1862 senatore, poiministro italiano a Berna e ministro degli Esteri. La Melegari si occupò di storia nazionale edeuropea, pubblicando tra l’altro Lettres intimes de Joseph Mazzini e La Giovine Italia e laGiovine Europa, dal carteggio inedito di Giuseppe Mazzini a Luigi Amedeo Melegari. I suoiromanzi apparvero sulla «Revue des deux mondes», la «Revue de Paris», la «Nuova Antologia» esu alcune altre delle maggiori riviste francesi ed italiane. Dal 1887 al 1891 diresse la «RevueInternationale», fondata a Firenze da Angelo De Gubernatis; cfr. S. SIGHELE, Dora Melegari, in«Nuova Antologia», XLV, 920, 16 aprile 1910, pp. 622-630 e A. DE GUBERNATIS, DictionnaireInternational des Écrivains du Monde Latin, Suppl., cit., ad vocem.

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Fonti per la storia della scuola

R. Istituto della Ss. Annunziataa Poggio Imperiale

Presidente: principe Corsini

Personale dirigente e insegnante

- Direttrice: signora Elisa Pietrabissa ⎥ nominate con- Vice direttrice: signora Alaide Tedeschi ⎥ decreto reale- 5 maestre interne- 10 istitutrici- 9 professori e professoresse esterni- 6 maestri esterni fra ballo, canto, musica, ginnastica

Le maestre interne attendono specialmente all’istruzione del corso inferio-re; le istitutrici all’educazione delle alunne che assistono e vegliano continua-mente.

Istruzione

- Gli studi si compiono in 10 anni- Il corso inferiore è di 5 classi (corrispondenti all’incirca al corso elementare)- Il corso preparatorio è di 1 classe- Il corso superiore è di 4 classi

I programmi non sono conformi a quelli delle scuole pubbliche, ma specialiall’istituto stesso.

Le alunne sono circa 90. Età minima per l’ammissione 6 anni, massima 12.Alla fine dell’ultimo corso superiore, superato l’esame, le alunne ottengono undiploma il quale è titolo di ammissione all’esame prescritto dall’art. 2 della legge25 giugno 1882, n. 896, sugli Istituti superiori di magistero femminile. Esso diplo-ma è anche titolo di ammissione ai concorsi agli uffici di istitutrice negli educato-ri femminili, dipendenti dal Ministero della pubblica istruzione, e di maestre assi-stenti nelle scuole normali.

Alla Ss. Annunziata l’insegnamento della musica, del disegno, della ginnasti-ca, del ballo, del francese, dell’inglese sono obbligatori. Facoltativi l’arpa, il violi-no, il tedesco, la pittura.

L’istituto possiede un museo per l’insegnamento della storia naturale ed ungabinetto per l’insegnamento delle nozioni di fisica e di chimica. Ambedue sonosufficienti.

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Sezione XII - Crisi e trasformazione dei conservatori della Toscana

Locale

Il locale è splendido. I dormitori come le stanze di studio sono ampi, ariosi,ben illuminati. Così il refettorio e le sale di ricevimento.

L’impianto dei bagni è bellissimo, e tutte le altre prescrizioni dell’igienemoderna sono osservate.

La cucina è vastissima, la mensa sana, abbondante e buona.L’istituto è provvisto d’un giardino, di poderi attigui, di una vasta palestra coperta,

fornita degli attrezzi necessari, dove le alunne possono giuocare e fare la ginnastica.Se le alunne che non passano le vacanze in famiglia hanno bisogno di bagni

di mare, vi sono condotte dalle maestre e istitutrici interne.

Osservazioni

Il personale dirigente come l’insegnante sono adattissimi al loro compito,fanno rispettare la disciplina e da quanto mi risulta il loro metodo educativo ed illoro sistema d’insegnamento danno ottimi risultati.

La direttrice, signora Elisa Pietrabissa, donna eletta d’animo e d’ingegno, èall’altezza del suo compito. Affezionatissima all’istituto che dirige da tanti anni,amata e temuta dalle educande, essa adempie ai suoi obblighi non solo perdovere, ma più ancora per amore, coadiuvata efficacemente dalla vice direttricee dalle maestre ed istitutrici.

Ho assistito a parecchie lezioni date dai professori. È inutile dire che quelledel prof. Guido Mazzoni, letteratura italiana e storia dell’arte, sono brillantissimee ascoltate con vivo interesse dalle educande1. L’egregio prof. Falorsi, storia egeografia, insegna da lunghi anni all’istituto, dove gode meritamente di moltaautorità2.

La letteratura e la storia sono [gl]i studi preferiti dalle educande.Il professore di aritmetica e algebra, signor Antonio Socci, loda le sue allieve

che durante i primi corsi riescono meglio dei maschi nell’arduo studio.

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1 Guido Mazzoni (Firenze, 1859-1943), allievo di Alessandro D’Ancona e Giosuè Carducci,fu critico e studioso insigne di storia della letteratura, ordinario di letteratura italiana all’univer-sità di Padova e all’Istituto di studi superiori di Firenze, senatore dal 1910 e presidentedell’Accademia della Crusca.

2 Guido Falorsi, nato a Firenze nel 1847, fu lettore di Tommaseo, che lo avviò agli studi perl’abilitazione all’insegnamento nei ginnasi. Insegnò in varie scuole fuori della Toscana e tornòquindi presso l’Istituto di studi superiori di Firenze per terminare il suo curriculum e divenireprofessore liceale. Pubblicò rassegne sull’«Archivio storico», racconti e studi letterari sulla «Rivistauniversale» – di cui divenne estensore – e due libri di lettura e di premio intitolati Glorie patrie eGuardare e pensare ; cfr. Dizionario biografico degli scrittori contemporanei… cit., ad vocem.

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Fonti per la storia della scuola

Il professore di fisica, signor Alberto Eccher, ben conosciuto dal governo,insegna pure da molti anni nell’istituto al quale dedica cure affettuose1.

La maestra di francese, m.lle Marie Leredde, conosce bene la sua lingua, e lesue allieve sembrano avere un discreto accento. Lo studio della letteratura delXIX° secolo però mi pare trascurato e incompleto.

L’inglese e il tedesco sono pure insegnati con cura alla Ss. Annunziata, maquest’ultimo corso non essendo obbligatorio, il numero delle allieve che loseguono è piuttosto scarso.

La parte ricamo è sviluppatissima, invece un po’ trascurata la parte economiadomestica. I programmi ampi e vari non lasciano tempo di occuparsene seriamente.

Parere della direttrice. Malgrado l’eccellenza dei professori e dei metodi d’in-segnamento, la direttrice non trova che l’amore dello studio sia in aumento.Quasi tutte le educande preferiscono il ricamo allo studio.

Quanto alla condotta, le ragazze sono evidentemente più ribelli di spiritodelle generazioni precedenti, ma si disciplinano presto all’ambiente ben regolatodi Poggio Imperiale.

R. Istituto delle MantellateVia San Gallo

Operaio: av. Guido Parigi

Personale dirigente e insegnante

- Direttrice: suora Maria Crocifissa Landi- Vice direttrice: suora Maria Eugenia Targetti- Maestra maggiore: suora Maria Elena Mulinacci- 14 maestre interne suore col diploma delle normali per il corso elementare, e

col diploma del magistero per il corso complementare- 7 professori per il corso perfettivo o normale- 2 maestre esterne per il ballo e la ginnastica- 7 fra maestri e maestre per gl’insegnamenti facoltativi

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1 Alberto De Eccher, libero docente di fisica all’Istituto di studi superiori di Firenze, difisica e chimica al Liceo Galileo della città, insegnava fisica e chimica sia all’Istituto dellaSs. Annunziata che al Conservatorio delle Mantellate.

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Sezione XII - Crisi e trasformazione dei conservatori della Toscana

Istruzione 1

Gli studi si compiono in 11 anni.- Il corso elementare è diviso in 5 classi con programmi conformi a quelli delle

scuole pubbliche- Il corso complementare è diviso in 3 classi con programmi conformi a quelli

delle scuole pubbliche- Il corso perfettivo o normale si compie in 3 anni con programmi conformi a

quelli delle scuole pubblicheLe alunne sono circa 95, cioè 30 nelle elementari, 38 nelle complementari,

27 nelle normali.Alla fine del corso complementare che è pareggiato, le alunne prendono la

licenza complementare che viene data nell’istituto stesso da una commissionecomposta di professori esterni e di suore diplomate. I due terzi delle educandeprendono la licenza e passano alle normali.

Alla fine del corso normale le educande prendono il diploma dinnanzi allacommissione governativa in una delle scuole normali pubbliche. Alcune si ritira-no dopo il 2° corso. Quest’anno su 12, 9 si presenteranno agli esami. L’annoscorso furono 3 su 5. Generalmente le educande non prendono la licenza perdiventare maestre, ma per amor proprio, per contentare i genitori, per avere inmano un diploma. Esse vengono da ogni parte d’Italia ed appartengono a diver-se classi sociali, ma sempre tutte a famiglie agiate2.

Alle Mantellate, il francese, la musica corale, il disegno, la ginnastica, sonoobbligatori. Il pianoforte, l’arpa, il violino ecc. ecc. la pittura, l’inglese, il tedescofacoltativi.

L’istituto possiede un museo per l’insegnamento della storia naturale e ungabinetto per l’insegnamento delle nozioni di fisica e di chimica. Ambedue sonosufficienti.

Locale

Il locale è bello e vasto. Le stanze dove si fa scuola sono ampie e bene illu-minate. I dormitori e l’infermeria corrispondono alle prescrizioni dell’igiene.I lavatoi e i bagni pure corrispondono ai bisogni moderni di pulizia.

La cucina è vastissima e pulitissima, come pure gli annessi.Belle sale, bel refettorio.

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1 Nota al testo: «Un asilo infantile è pure annesso all’istituto».2 Nota al testo: «Dopo la licenza normale le alunne possono conseguire il diploma di lin-

gua francese con un corso speciale di perfezionamento».

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Fonti per la storia della scuola

L’istituto possiede due giardini ed una loggia coperta dove le allieve posso-no giuocare.

Non c’è palestra, ma una galleria coperta con attrezzi di ginnastica. È la partemeno perfetta dell’istituto.

Le Mantellate hanno una bellissima villa a Careggi ed un villino a Viareggio.Le educande villeggiano con le suore. Non possono andare a passare le

vacanze in famiglia, se non per ragioni eccezionali. Vedono i genitori tutte ledomeniche al parlatorio.

Le lettere sono lette ed aperte dalla direttrice.

Osservazioni

La direttrice delle Mantellate, suor Maria Crocifissa Landi, è una donna supe-riore come intelligenza e capacità di direzione. Attiva, energica, esercita un fasci-no sulle maestre e sulle educande. Ha modernizzato in modo meraviglioso il suoistituto.

La maestra maggiore, suor Maria Elena Mulinacci che insegna l’italiano, lageografia e la storia, è pure intelligentissima ed eccellente. Un’altra suora diplo-mata, Maria Eletta Goiorani, maestra del corso complementare, e maestra difrancese nelle normali, possiede in modo singolare il dono dell’insegnamento, ene potrei citare molte altre alle lezioni delle quali ho assistito.

Il professore Alfonso Bertoldi insegnante di lettere italiane nel corso superio-re è capacissimo. Del professore Alfredo Eccher1, insegnante di fisica e chimica,ho già avuto l’occasione di parlare.

Il professore Vincenzo Sartini, professore di pedagogia al Magistero, è sufficiente.La matematica è insegnata dal valente prof. Mannucci. L’insegnamento dellescienze naturali e della storia e geografia è impartito dai professori Campacci eRondoni ambedue buoni. Dal complesso la parte istruzione mi pare corrispon-dere ai programmi governativi, e l’istituto sotto ogni aspetto si trova in floridissi-me condizioni.

I lavori di ricamo eseguiti nell’istituto sono meravigliosi, ma l’economiadomestica è trascurata. La parte rammendi, rattoppi, taglio ecc. ecc. non è suffi-ciente. Durante l’estate le educande fanno il loro letto ed imparano a confezio-nare dolci. Ma siamo lungi da una vera e propria école ménagère.

Parere della direttrice. L’amore dello studio, non però in modo eccessivo, siva sviluppando nelle allieve delle Mantellate. Gli studi preferiti sono la storia e laletteratura francese ed italiana.

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1 Alberto De Eccher.

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Sezione XII - Crisi e trasformazione dei conservatori della Toscana

Quasi tutte le ragazze hanno per scopo il matrimonio. Le indipendenti sonorarissime. Meno disciplinate che per il passato quando entrano nell’istituto, dopoqualche tempo subiscono tutte l’influenza dell’ambiente.

R. Istituto delle signore Montalve alla Quiete1

presso Firenze

Operaio: marchese Pietro Torrigiani

Personale dirigente e insegnante

- Direttrice: signora Angiolina Giovanetti- Vice direttrice: signora Sofia Bargilli- Maestra maggiore: signora A. Protasi- 8 insegnanti interne- 4 aggregate- 3 professori esterni (lettere italiane, arpa, disegno e pittura)- 9 maestre esterne- 4 “ “ per gl’insegnamenti facoltativi- Direttore spirituale: sacerdote, prof. Gustavo Minchioni

Istruzione

- Gli studi si compiono in 10 anni- Il corso elementare è diviso in 4 classi- “ “ complementare “ “ “ 3 classi- “ “ perfettivo o normale “ “ “ 3 classi

I programmi dei 3 corsi sono conformi a quelli delle scuole governative.Le educande sono 37 (ci sarebbe posto nell’istituto per un numero maggio-

re). Nel corso elementare sono 9; nel complementare 19; nel normale 9.Alla fine dell’anno scolastico, una scarsa metà delle educande del corso com-

plementare domandano di prendere la licenza alle scuole pubbliche. Però quasitutte fanno il corso completo. Nel corso normale invece la maggior parte lascianoal 2° anno. Appena 1/5 si presenta alle normali governative per ottenere il diploma.

Il canto corale, il disegno, il francese, la ginnastica, sono obbligatori.Facoltativi la musica, la pittura, l’inglese, il tedesco. Il ballo non è insegnato nel-

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1 Nota al testo: «Le signore sono 16, le converse 40, di cui 25 sono attive».

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Fonti per la storia della scuola

l’istituto. È una mancanza, non solo perché bisogna saper ballare, ma perché èutile per il contegno, il modo di camminare, ecc. ecc.

L’istituto possiede un museo per l’insegnamento della storia naturale, ma èincompleto. Il gabinetto per l’insegnamento delle nozioni di chimica e di fisica èappena sufficiente.

Una scuola festiva esterna è pure aggiunta all’istituto in un locale nuovoannesso. Lo scopo è sociale religioso. Le lezioni sono date dalle suore diplomatee dal direttore spirituale della Quiete.

Locale

Il locale è sufficiente al numero delle alunne, anzi ne potrebbe contenere dipiù.

Le stanze dove si fa scuola sono ampie e bene illuminate.I dormitori sono sufficientemente aerati.Esistono anche stanze da bagno, ma il locale dove le ragazze vanno a fare la

pulizia giornaliera è troppo distante dai dormitori, il sistema dei lavato[i] purenon mi pare felicissimo.

La cucina è ampia e ben ventilata.Le sale di ricevimento bellissime con quadri preziosi ed oggetti d’arte.Vi sono giardini, terrazzi, un locale coperto dove le ragazze possono giuoca-

re quando fa cattivo tempo.Esiste una palestra con gli attrezzi necessari per la ginnastica.Le educande vedono i loro genitori al parlatorio a giorni fissi. Salvo circo-

stanze eccezionali non vanno mai a passare qualche tempo a casa. L’istituto pos-siede una villa nel Mugello per le vacanze estive. Le ragazze che ne hanno biso-gno sono condotte al mare.

Osservazioni

Malgrado la bellezza della villa e le sue ricchezze artistiche l’Istituto dellaQuiete è inferiore come igiene, comfort, e montatura a quello della Ss. Annunziataed anche alle Mantellate.

Lo spirito pure mi pare un po’ arretrato, non abbastanza moderno nei suoiconcetti.

Però il personale dirigente e l’insegnante mettono il massimo zelo nell’a-dempimento dei loro doveri. E le alunne sembrano felici e allegre. Sono discipli-nate, bene educate.

Ho assistito a varie lezioni. L’insegnante di pedagogia, la signora ConteGambinossi, per la sua intelligenza e capacità didattica ha acquistato molta

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Sezione XII - Crisi e trasformazione dei conservatori della Toscana

influenza sulle allieve. Buono pure il professore d’italiano, dottore FalieroBartolini. Capacissima la signora Olimpia Gaio per la storia naturale e le scienze.La signorina Lidia Morel, maestra di francese, parla con un buon accento e lasignora Tersilla Alemanni insegnante di aritmetica e di geometria mi sembraconoscere benissimo la materia che insegna. Ma con tutto ciò non si trova allaQuiete l’ambiente intellettuale della Ss. Annunziata.

La parte economia domestica mi pare trascurata come altrove. L’insegnamentodel ricamo assorbe tutte le ore consacrate ai lavori femminili. Il taglio, rattoppo, ram-mendo non occupano il posto che dovrebbero. Le educande non imparano a stirare,cucinare, cucire a macchina ecc. ecc., od almeno lo fanno in modo insufficiente.

Parere della direttrice. Le educande studiano discretamente, ma meno di 15anni fa. I programmi sono troppo carichi. Anche alla Quiete le materie preferitesono la storia e la letteratura. Il ricamo e la musica sono spesso preferiti allo studio.

R. Conservatorio degli Angiolini

Operaio: marchese Salimbeni Vivai

Personale dirigente e insegnante

- Direttrice: signora Luisa Cioci con diploma- Maestra maggiore: sig.a Maria Boncinelli normale super[iore]- 5 maestre interne tutte diplomate- 3 professori- 5 maestre esterne

Istruzione 1

Gli studi si compiono in 10 anni.Il corso elementare è diviso in 4 classi; il complementare in 3 ed il corso per-

fettivo o normale pure in 3.Tutti i corsi sono conformi ai programmi governativi.Le educande sono 22: 6 nelle elementari; 10 nelle complementari; 6 nelle

normali.

463

1 Nota al testo: «Un esternato è annesso all’istituto da circa 5 anni come nuovo cespited’entrata. Le esterne sono 59. Non ci sono rapporti fra le esterne e le interne».

{

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Fonti per la storia della scuola

Finito il corso delle complementari esse prendono la licenza sotto la com-missione delle scuole governative.

Alcune continuano le normali all’istituto; altre passano alle scuole pubbli-che; altre ancora smettono gli studi e si dedicano nell’istituto stesso a qualchemateria speciale: musica, pittura, ricamo.

Terminato il corso perfettivo, alcune allieve cercano di ottenere il diplomanormale, ma sono poche e piuttosto fra le esterne che fra le interne.

Agli Angiolini sono obbligatori: il canto corale, il disegno, la ginnastica, ilfrancese. Facoltativi invece: la musica, la pittura, l’inglese. Il tedesco e il ballonon sono insegnati.

L’istituto possiede un museo di storia naturale, e un gabinetto per le nozionidi fisica e di chimica, ma ambedue sono insufficientissimi.

Locale

Il locale è sufficiente al numero delle educande.Le stanze dove si fa scuola sono piuttosto ristrette, ma abbastanza luminose.

I dormitori discreti.Le classi per le esterne sono insufficienti.Pur troppo mancano i bagni, e le prescrizioni dell’igiene moderna lasciano

molto a desiderare.Non c’è palestra. Le alunne fanno la ginnastica sotto una galleria coperta, ma

gli attrezzi sono scarsi.L’istituto possiede un bel giardino ed un locale coperto dove le alunne pos-

sono giuocare quando fa cattivo tempo.Durante le vacanze estive l’istituto affitta una villa a Bagno a Ripoli e pei

bagni di mare manda le alunne ad Antignano.

Osservazioni

Il personale insegnante degli Angiolini mi è sembrato veramente un po’scarso. La direttrice dell’istituto è però donna coscienziosissima e compresa deisuoi doveri, ma i mezzi di cui dispone sono insufficienti. Le alunne mi parverodisciplinate e bene educate.

Il personale insegnante mi fece una buona impressione. Il prof. Luigi Re perle scienze è bravissimo, come pure il professore di matematica signor LeopoldoFrancia. La signora Gambinossi Conte, distintissima professoressa, ha acquistatouna grande autorità sulle alunne degli Angiolini. Il francese è insegnato dallasignora Clavarini Gonella che conosce bene la lingua e la grammatica, ma non èfrancese di nascita.

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Sezione XII - Crisi e trasformazione dei conservatori della Toscana

L’economia domestica è trascurata come altrove. Qualche volta le educandemettono in ordine la loro camera, ma piuttosto in campagna che in città. In cam-pagna pure e durante il carnevale imparano a fare qualche dolce. Ma la veraécole ménagère non esiste. Rammendi, rattoppi, taglio, sacrificati al ricamo. Essedovrebbero guardare il bucato, ma in generale ne manca loro il tempo.

Parere della direttrice. Accade che quando entrano all’istituto le alunne sianoun po’ indisciplinate, ma a poco a poco si modificano. Studiano discretamente,però quasi tutte preferiscono la musica e sopra tutto il ricamo allo studio (sem-pre dapertutto la stessa dolente nota!).

R. Istituto delle Stabilitein San Pietro in Monticelli

Operaio: avvocato Cesare Merci

Personale dirigente e insegnante

- Una direttrice: suor Reparata Arrighi- Una vice direttrice e maestra delle normali: suor Gertrude Garabini- Una ispettrice del convitto annesso, signora Emma Calvo1

- Alcune suore diplomate- 7 maestre esterne

Le insegnanti del corso elementare sono 1 suora e due maestre esterne.Le insegnanti del corso complementare sono 3 maestre esterne.Le insegnanti del corso perfettivo o normale sono 4 maestre esterne col

diploma del Magistero.

Istruzione

Gli studi si compiono in 11 anni.- Il corso elementare è diviso in 5 classi- Il corso complementare è diviso in 3 classi- Il corso perfettivo o normale è diviso pure in 3 classi

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1 Emma Calvo-Mecocci insegnava nei corsi normali dell’Istituto delle Stabilite in S. Pietroin Monticelli e ricopriva, al tempo stesso, l’incarico di ispettrice dell’annesso convitto per leragazze che frequentavano l’Istituto superiore di magistero femminile di Firenze. Per l’incaricoispettivo conferitole meno di due anni dopo presso il Conservatorio di Castiglion Fiorentino, siveda il doc. 70 di questa stessa sezione.

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Fonti per la storia della scuola

I programmi dei 3 corsi sono conformi ai programmi governativi.Le educande sono 18 divise nel modo seguente: 5 nelle elementari, 6 nelle

complementari, 7 nelle normali. Alla fine del corso complementare una buonaparte delle alunne vanno alle scuole pubbliche per ottenere la licenza. Alla finedel corso normale pure quasi tutte le alunne si presentano alle scuole normaligovernative per prendere il diploma. Alcune per soddisfazione propria, altre perdedicarsi all’insegnamento.

Alle Stabilite l’insegnamento del francese, del canto corale, del disegno,della ginnastica (mancano gli attrezzi) è obbligatorio. Facoltativo quello dellamusica, della pittura e dell’inglese.

L’istituto non possiede un museo per l’insegnamento della storia naturale.Possiede bensì un gabinetto per l’insegnamento delle nozioni di chimica e difisica, ma è insufficientissimo.

Una scuola comunale esterna dove insegnano le suore è annessa all’istituto.Tolte le ore di lezione che si fanno in comune, non c’è rapporto tra le educandee le esterne.

Locale

Un convitto per le ragazze che fanno a Firenze gli studi di Magistero è pureannesso all’istituto1 di cui occupa una buona parte. Il locale per le convittrici, lequali ultimamente hanno diminuito di numero, è sufficiente, per le educande èristretto. Le sale dove si fa scuola sono piccole, anguste, senz’aria. I dormitoriper le convittrici sono belli ed ariosi (benché in quel fabbricato nuovo abbia pre-valso l’idea sbagliata dei grandi dormitori). Per le educande pure sono sufficien-ti. Il refettorio delle convittrici, allieve del Magistero, è molto più arioso di quellodelle educande. Il cibo è abbondante e sano.

Esistono alcune camerette da bagno, ma certo tutte le prescrizioni dell’igienemoderna non sono osservate nell’istituto. Ci sarebbe molto da migliorare.

L’istituto possiede un giardino, ma manca la sala di ricreazione per le edu-cande, e la palestra ginnastica.

Le Stabilite non hanno casa di campagna, ma conducono ai bagni di mare leeducande che ne hanno bisogno.

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1 Nota al testo: «Non esistono rapporti di sorta tra le educande e le convittrici. Non hannoneanche il refettorio in comune».

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Osservazioni

La direttrice e le altre suore dimostrano una grande sollecitudine verso leeducande che circondano di cure amorevoli.

L’ispettrice del convitto, signora Emma Calvo, è una donna intelligentissima,la quale si rende esattamente conto di tutte le riforme che sarebbero necessarie.Nessuna meglio di lei ne potrebbe informare il ministero (anche per la parte cheriguarda la deficienza del locale).

Avendola interrogata sulle tendenze delle educande, ed esterne, ella mi rispo-se che in generale preferivano il ricamo allo studio e che il desiderio di sapere erapoco sviluppato. Hanno però uno spirito più indipendente di prima, più aperto...

Le alunne mi sono sembrate educate, disciplinate e abbastanza attente all’in-segnamento che ricevono. Ho assistito ad alcune lezioni date dalle suore diplo-mate e dalle maestre esterne, che mi fecero buona impressione. Certo qui purenon ci troviamo nell’ambiente intellettuale della Ss. Annunziata; le insegnantiperò mi parvero adatte al loro compito.

Deficiente anche qui l’insegnamento e la pratica dell’economia domestica. Ilricamo assorbe tutto il tempo che si può dedicare ai lavori femminili. Il rammen-do, il rattoppo, il taglio sono trascurati. Ora le ragazze che frequentano le Stabiliteappartengono piuttosto a famiglie modeste. Dovrebbero imparare a cucinare, sti-rare, cucire a macchina, tagliarsi la biancheria e i vestiti, ed ogni sorta di cose atte-nenti all’economia domestica, le quali sarebbero molto più utili per loro.

_____________ • _____________

Può darsi che le scuole femminili, eccetto le normali destinate a formare lemaestre elementari, siano destinate a scomparire, vedremo forse nell’avvenire iginnasi ed i licei diventare d’uso generale per l’istruzione di ambo i sessi, ma,per qualche tempo ancora almeno, le scuole ed i conservatori femminili rimar-ranno una necessità sociale. Modificarle, onde rispondano meglio ai bisogni del-l’attuale società, è però necessario.

È d’uopo preparare le ragazze alla vita e non educarle come se fossero destina-te a vivere sempre fuori del mondo, in un ambiente, benché eccellente, artificiale.

Morale

Pur mantenendo l’insegnamento religioso, mi sembra urgente istituire inogni conservatorio un corso di morale indipendente1 perché spesso nelle ragaz-

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1 Nota al testo: «Esiste alla Ss. Annunziata, alle Mantellate, ecc., ma solo pei due corsisuperiori. È troppo tardi, molte alunne lasciando l’istituto dopo le complementari od il 1°corso normale».

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ze il sentimento religioso si affievolisce al contatto del mondo; è dunque neces-sario che abbiano un corredo di principii indipendenti dalle loro credenze.Questo insegnamento dovrebbe mirare pure ad istruire le giovanette della realtàdella vita, dei suoi doveri, delle sue tristezze, dei suoi pericoli in modo praticoed efficace onde possano in avvenire circondare i figli di cure morali e intellet-tuali. Oggi poi che per molte circostanze il numero delle donne che non prendo-no marito va ognor crescendo, sarebbe pur necessario preparare le ragazze aduna vita utile al di fuori del matrimonio.

Insegnamento giuridico e sociale

Le ragazze dovrebbero conoscere esattamente qual è la posizione delladonna italiana di fronte alla legge ed essere messe al corrente dei loro diritti edei loro doveri e di quelle disposizioni del codice senza le quali possono com-mettere grandi errori a danno di loro stesse e della famiglia. Dovrebbero purepossedere alcune nozioni di economia politica e di sociologia; conoscere il fun-zionamento dello Stato, del parlamento, della magistratura ecc. ecc.

I professori di storia e di pedagogia possono rimediare, quando sono intelli-genti e di idee larghe, alla mancanza dei corsi speciali su accennati, ma puòavvenire anche che tralascino di parlarne o lo facciano troppo superficialmente.

Sarebbe pur desiderabile che gl’insegnanti di pedagogia insistessero sull’ap-plicazione pratica della logiga [sic] nei fatti della vita comune.

Lingue e letterature estere

Queste materie sono deficienti in tutte le scuole femminili (ed anche nellemaschili), perché non conosciute abbastanza profondamente da chi le insegna.

Lo studio delle lingue delle letterature classiche agisce sulla mente degliallievi principalmente perché li obbliga a studiare delle forme grammaticalidiverse da quelle della lingua materna, e ad entrare in communione [sic ] di pen-siero con popoli diversi che hanno diversamente sentito la natura e la vita.Questo si può ottenere in gran parte coll’insegnamento delle lingue e delle lette-rature moderne, quando venga dato da persone che abbiano solida cultura.

V’ha necessità dunque di istituire delle borse, onde vengano mandate lemaestre di lingue all’estero, durante alcuni anni. S.E. il ministro Rava ha già trat-tato dell’argomento in senato1.

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1 Nella tornata del 4 giugno 1907 era stato posto all’ordine del giorno in Senato il disegnodi legge Sessione di esami di abilitazione all’insegnamento delle lingue straniere che stabilivache i diplomi di abilitazione, conseguiti secondo programmi e norme da definirsi con successi-vo r. decreto, sarebbero stati titoli di ammissione ai concorsi a cattedre di lingue straniere nelle

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Arte

Il canto corale e il disegno sono indispensabili. Ma perché perdere tanti anniad insegnare la pittura e la musica a chi non ha disposizioni speciali? Mi sembre-rebbe utilissimo invece di sviluppare il gusto estetico delle educande con uncorso di storia dell’arte, fatto su disegni, gessi ecc., con visite alle gallerie, aimusei etc.1; come pure di svegliare in loro l’amore delle bellezze della natura,coefficiente di gioie e di progresso.

Per le ragazze delle classi superiori ed agiate specialmente l’educazioneestetica dovrebbe avere una parte molto importante nei programmi scolastici.

Scienze

In ogni istituto, un indirizzo più pratico mi sembrerebbe desiderabile, condelle applicazioni all’igiene e alla vita domestica.

Economia domestica

È uno studio pratico troppo trascurato nei grandi e nei piccoli conservatori:in questi ultimi poi, dove le alunne sono di condizione modesta, sarebbe indi-spensabile. Al giorno d’oggi le ragazze dovrebbero imparare a cucinare, stirare,tagliare, cucire a macchina, rammendare, rattoppare; sarebbe più utile che ilricamo anche per le ragazze ricche. Chi sa fare sa comandare! Inoltre, coll’am-biente che si va formando, il numero delle persone di servizio diminuirà sempre,

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scuole medie governative e pareggiate e negli istituti pubblici di educazione femminile.L’animata discussione che ne era scaturita aveva posto l’accento essenzialmente sulla scarsaconsiderazione in cui era tenuto in Italia l’insegnamento delle lingue straniere e sul fatto che,accanto a una preparazione filologica e grammaticale, era tuttavia per lo più estremamentecarente negli insegnanti, per non dire nulla, la capacità di parlare correntemente la lingua econ una corretta pronuncia. Una delle soluzioni prospettate, accolta e condivisa pienamenteda Luigi Rava (ministro per la Pubblica istruzione dal 2 agosto 1906 all’11 dicembre 1909), fuquella di favorire, sull’esempio di altre nazioni europee, l’apprendimento e il perfezionamentoall’estero della lingua assegnando sussidi e borse di studio. Secondo Rava inoltre la formula dilegge proposta, che implicava esami di abilitazione più severi e la facoltà di poter esaminarechi veramente conosceva la lingua, era una garanzia soprattutto per quelle ragazze che, ricevu-ta un’educazione elitaria, si fossero poi trovate malauguratamente nella condizione di doversiguadagnare da vivere: «queste sarebbero maestre adattissime per le lingue straniere, ma non sipossono presentare agli esami perché per far ciò si richiedono o la licenza liceale, o la ginna-siale o la normale, e questi titoli non hanno a che fare coll’insegnamento delle lingue stranieree spesso impediscono al ministro di scegliere persone più pratiche, più adatte e preparate conspeciale cultura» (AP, Senato del Regno, legislatura XXII, I sessione 1904-1907, Discussioni, tor-nata del 4 giugno 1907, p. 6276).

1 Nota al testo: «Alla Ss. Annunziata questa materia ha il posto che merita».

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come già è avvenuto in alcuni paesi, onde è bene che ogni donna impari a fareda sé per la propria indipendenza ed il benessere della famiglia.

Accennerò ora brevemente ad un argomento che esige maggiore sviluppo. Ame pare che viste le condizioni nelle quali si trovano, i due conservatori degliAngiolini e delle Stabilite dovrebbero trasformarsi l’uno in scuola commerciale,l’altro in scuola agricola pratica con corso elementare e corso complementareintero o parziale.

Nella scuola commerciale, terminate le parti di coltura generale, le ragazzeimparerebbero le lingue, la contabilità, le nozioni necessarie per il concorso agliimpieghi delle poste, telefoni, telegrafi, ed altri rami d’attività pratica per la donna.

Nella scuola agricola, s’insegnerebbe non solo la parte agricola permanente,ma anche la parte di contabilità per le aziende di campagna, e si metterebbe leragazze in grado di dirigere piccole industrie agricole: fiori, frutti, bachi da seta ecc.

Mi riservo, dopo aver visitato gli altri conservatori della Toscana, di studiarele modificazioni che stimerò più opportune per ciascuno, principalmente perquelli situati in campagna dove certe parti dell’applicazione dell’esperimentopotranno riuscire meglio.

Rinnovando a V.E. i miei ringraziamenti per la fiducia dimostratami, me Ledico con la massima osservanza

DevotissimaDora Melegari

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Rapporto al prefetto di Arezzo del commissario prefettizio del Conservatorio diS. Caterina 1.

ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione media (1897-1910), b. 368, fasc. «19. Arezzo-

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1 Una delle vie seguite per permettere la sopravvivenza dei collegi-convitti femminili, e inparticolare dei numerosi conservatori della Toscana, fu rappresentata dal tentativo di individuaree assegnare loro una fisionomia ben precisa, accrescendo le distanze e le differenziazioni siadagli istituti congeneri sia dalle scuole complementari e normali, di cui pure molti di essi si eranovoluti dotare nella fase di grande espansione di queste ultime. Così, poteva sembrare auspicabileanche il processo opposto a quello delineato dalla richiesta di diplomi professionalizzanti con

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città. 1907», datt. con firma autografa.

Arezzo, 21 settembre 1907

Nominato dalla S.V. Ill.ma, commissario prefettizio nel R. Conservatorio diS. Caterina in Arezzo, per condurre a termine il definitivo assetto economico ededucativo dell’istituto, mentre continuo, sulla via tracciatami dai miei egregi pre-decessori, rag. Del Pozzo e dott. Serino, ad appianare le difficoltà d’indole finan-ziaria e giuridica che lo travagliano, credo assolutamente improrogabile la siste-mazione del suo indirizzo educativo e della cultura che ad esso deve informarsi.

Lo scopo di questo istituto, fin dalla sua origine, è quello di accogliere giovi-nette di civili famiglie per dar loro quella cultura e quella educazione che valganoa farne delle buone e sagge madri di famiglia. (Veggasi reg. leopoldino del ‘785).

Fino ad oggi si è cercato di rispondere a questa alta e delicata missione coll’isti-tuire un corso elementare interno e il corso triennale delle scuole complementari, aiquali erano ammesse giovinette esterne facendo loro pagare una tassa mensile.Lascio le scuole elementari, che dovranno sempre esistere, e mi occupo unicamen-te delle scuole complementari che avrebbero dovuto sostituire quello, che con cri-terio molto preciso e pratico nell’antico regolamento ricordato è detto corso perfet-tivo, il quale doveva dare il carattere specifico dell’indirizzo educativo, come prepa-razione alla vita di famiglia e sociale. Risponde esso allo scopo alto e complesso?Non credo. Esso, se è fine a se stesso, dà alle educande una cultura monca e assaiincompleta; se deve essere come preparazione ad accogliere nella mente cognizio-ni necessarie per condurre le giovinette a prendere l’abilitazione all’insegnamentoelementare, trasforma l’educandato in un semplice convitto normale femminile.Questo, innegabilmente, non è lo scopo per il quale s’istituirono i conservatori.

Ma i tempi sono profondamente cambiati da quando tale istituzione avvennee le funzioni della donna, come elemento famigliare e sociale, si sono venuteman mano modificando da darle una nuova personalità e indipendenza, cherendono necessario procurarle i mezzi per bastare a se stessa, e, occorrendo,contribuire col lavoro proprio al mantenimento della famiglia.

Ammesso il fatto, è opportuno che ancora nel nostro conservatorio sia resopossibile a quelle signorine che lo desiderano, poter compiere il corso normale.Però questo non deve portare come conseguenza la necessità di tenere in con-vitto il corso complementare, quando, senza uscire dall’istituto, solo attraversan-

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valore legale. Invece di dar origine a doppioni dei corsi complementari per alunne interne, doveerano presenti scuole normali in vari casi si cercò quindi, da una parte di aprire il conservatorioal rapporto con tali scuole, superando tradizionali e radicate separazioni, dall’altra di ridefinire laspecificità dell’istituto attraverso un aggiornamento e una valorizzazione del corso perfettivo,destinato alla preparazione delle ragazze di condizione civile alla vita di famiglia.

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Fonti per la storia della scuola

do un breve corridoio, le educande, accompagnate da una istitutrice, all’andata eal ritorno, possono essere condotte alla scuola normale.

Questo è consigliato da ragioni di opportunità e per meglio garantire la cul-tura e la serietà degli studi delle giovinette. Infatti è molto strano che, mentre siha, senza uscire di casa, una scuola complementare governativa che funzionabenissimo, sia dal lato disciplinare che didattico, tanto che la madre direttrice diS. Maria in Gradi non si perita di mandarvi le sue educande, le allieve nostreappartenenti a un istituto regio, debbano trovare non conveniente l’andarvi.

Si adduce come ragione, che non è bello condurre giovinette di un educan-dato fuori di questo a scuola e metterle in tal modo a contatto delle esterne, trale quali potrebbero esservi elementi non buoni.

Rispettosissimo di tutte le opinioni, passerei sopra ancora a questo pregiudi-zio, residuo atavico di tempi ormai fortunatamente lontani, se ai corsi del con-servatorio non venissero ammesse giovinette esterne, purché paghino una certatassa. Nel secolo1 XX non credo sia lecito affermare seriamente che la capacità diuna famiglia a pagare una tassa di venti lire mensili, sia indice di moralità, e diimmoralità la miseria o il disagio economico. Tolto questo, quale altra ragionerimane? Qualche maligno potrebbe insinuare che facendosi gli studii in convitto,non dandosi esami di passaggio, da un corso all’altro, senza alcun controllo,tranne gli esami di licenza, più facilmente si è promossi; ma io non voglio faresimile affronto all’istituto e agli ottimi e coscienziosi insegnanti che vi sono.Quale altra ragione adunque rimane che consigli l’esistenza di questo corsointerno uguale e parallelo a quello governativo? Non di opportunità, non dimoralità, vediamo se sia consigliato dal profitto delle allieve.

La massima parte delle persone che insegnano al corso complementareinterno, sono racimolate tra gli insegnanti dei diversi istituti scolastici, che pernecessità di cose debbono dare al conservatorio quel poco di tempo che lororimane disponibile, dopo aver fatte le loro lezioni nelle scuole a cui appartengo-no. Questo fatto di per se stesso fa subito nascere il dubbio sull’efficacia dell’in-segnamento impartito quando già l’intelligenza e l’organismo, se non sono stan-chi, sono sicuramente affaticati per il lavoro precedente. Dicendo questo nonintendo far torto ad alcuno, ma solo rilevare un dato di fatto, al quale, rientrandoesso nei fenomeni naturali, nessuno, per quanto volenteroso e coscienzioso,può sottrarsi. A questo deve aggiungersi la mancanza assoluta nel conservatoriodi un gabinetto di fisica e di scienze naturali, che rende incompleto e monco taleinsegnamento. Ma non basta. Non sempre è stato possibile far dare alle allievetutte le ore d’insegnamento che la legge prescrive. Ora sommiamo queste tredeficienze, di cui, unico responsabile, è lo stato di ristrettezza economica in cui

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1 Nel testo dattiloscritto: «suolo».

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si dibatte l’istituto, che non gli permette avere insegnanti propri e corredare lascuola di quanto è necessario per rendere più facilmente comprensibili ed effi-caci alcune materie d’insegnamento, eppoi vediamo se il timore di minor profit-to negli studii può trattenersi dal far frequentare le scuole governative alle allie-ve del conservatorio. È chiaro che ancora dal lato didattico e per la serietà deglistudi, nessuna persona che senta per la scuola rispetto, potrà disconoscere laconvenienza di mandare le giovinette del Real Conservatorio di Santa Caterina,che desiderano fare il corso normale, alle scuole governative.

Mentre insisto nel far rilevare l’inopportunità di tenere in convitto un corsocomplementare rachitico, riconosco la necessità assoluta che in esso vi sienoscuole tali, da dare alle giovinette, che non vogliono prendere la carriera magi-strale, cultura larga e prodiga di vera preparazione, per formare provvide madridi famiglia intelligenti e coscienti, in grado di comprendere la loro missione ecapaci di portare un prezioso contributo al buon andamento morale, igienico eeconomico della casa. Per questo scopo io propongo alla S.V. Ill.ma che in sosti-tuzione dell’attuale corso complementare interno, venga istituito un corso per-fettivo, che sia il vero corso caratteristico dell’istituto, che lo richiami alla suamissione primitiva di casa di educazione e che lo faccia distinguere da un con-vitto normale qualsiasi. Con questa istituzione noi ritorniamo al criterio profon-damente pratico e di vantaggio sociale, che ispirò la creazione di questi istituti,ridiamo ad esso il suo carattere naturale e nello stesso tempo, piegandoci ragio-nevolmente alle esigenze del secolo nuovo, apriamo la via, a coloro che lo desi-derano, di fornirsi di un diploma che nelle vicende della vita, come donne, ocome spose e madri, potrà loro essere vantaggioso. Senza maggiori spese e consicuro vantaggio delle educande e dell’istituto vengono aperte ad esse due vieugualmente utili invece di una sola, come per il passato.

Il corso perfettivo di cui ho tenuto parola, al quale le alunne sarebbero ammes-se, terminata la quinta elementare, avrebbe la durata di quattro anni diviso in duebienni. Nel 1° biennio si insegnerebbero: lingua italiana - lingua francese - aritmeti-ca applicata all’economia domestica - storia e geografia - nozioni d’igiene, di anato-mia e fisiologia umana - lavori donneschi - canto - ginnastica - calligrafia - disegno.

Nel 2° biennio:lingua e letteratura italiana - lingua e letteratura francese - lingua inglese o tedesca- contabilità ed economia domestica - diritti e doveri e morale civile - nozioni distoria dell’arte - igiene - soccorsi d’urgenza, medicina domestica, cura di malati -lavori donneschi, governo della casa e cucina, pollaio e giardinaggio - ballo e gin-nastica - disegno.

A questi insegnamenti è da aggiungervi, per tutte le allieve, l’obbligo di atten-dere personalmente, sotto la direzione della maestra di lavori femminili, alle ripa-razioni del loro vestiario e della loro biancheria, e all’ordine della propria guarda-

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roba, come meglio la S.V. potrà vedere dal programma che propongo alla appro-vazione dell’on. Consiglio scolastico e che unitamente a questa Le mando.

A me parrebbe che, istituendo questo corso e dando la massima importanzaalle lingue e alla parte pratica di esso che è di preparazione diretta alla vita, sicolmerebbe una grande lacuna nell’educazione femminile, e si riporterebbe ilconservatorio alla sua vera e primitiva missione.[...]

Fino ad ora ho esposto alla S.V. Ill.ma come risolverei alcune quistioni d’in-dole didattica e morale, ma non meno gravi e urgenti quistioni s’impongono perle condizioni materiali dell’istituto. Lo stabile del convitto per tanti anni trascura-to, esige le cure più sollecite e immediate. Gli occhi sono i primi giudici di unambiente; ora è innegabile che una famiglia che visiti l’Istituto di Santa Caterinae giudichi del suo andamento, dall’impressione che riceve dal suo esteriore, ilgiudizio non può essere certamente favorevole. Pianciti di mattone logori espezzati, pareti grigiastre da un pezzo non ripulite, impostami, guasti e mal con-nessi da molto tempo non verniciati, una parte dello stabile, la più bella cheguarda il magnifico giardino, pericolante, sorretta da un’impalcatura di legno,formano tutto un complesso che non può allettare le famiglie ad affidarvi le pro-prie figliuole. A queste deficienze se ne debbono aggiungere altre ancora piùgravi, che toccano maggiormente da vicino l’educande, la loro salute e la decen-za. I bagni si può dire che non esistono, essendovi due sole vaschette piccole escomodissime e in un luogo inadatto; non vi è alcun sistema di riscaldamento, siusano ancora gli scaldini con pericolo sempre di qualche disgrazia, le latrine,essendo in diretta comunicazione con i bottini, sono ammorbanti.

A questo stato di cose è urgente provvedere, poiché se ovunque le leggi dell’i-giene, della decenza e del decoro debbono essere rispettate, maggiormente que-sto dovere s’impone in un istituto di educazione, dove sono molte giovinette dibuona famiglia, in un’età in cui l’organismo deve vivere in ambienti sani, pieni diluce, convenientemente arredati e che concorrono ad educare insieme al cuore ealla mente, il gusto a quella sobria eleganza, che rende piacevole ed amata la casa.

Le condizioni del bilancio non permettendo di provvedere alle spese necessa-rie per il miglioramento dei locali, per i bagni, per il riscaldamento, con i mezziordinari, proposi, come Ella sa, di alienare parte della rendita1 3% piuttosto chericorrere ad un prestito presso qualche istituto di credito, che oltre alle spese dicontratto, d’accensione d’ipoteca ecc., ci avrebbe obbligati al pagamento di unfrutto annuo del 4,50%. Come il conservatorio si sarebbe obbligato a restituireentro un periodo di tempo stabilito all’istituto di credito la somma ricevuta, lo stes-so obbligo è fatto alla amministrazione, per integrare il patrimonio del convitto.

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1 Nel testo dattiloscritto: «vendita».

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La spesa necessaria per riordinare il fabbricato, per rendere servibile la parteoggi pericolante trasformandola in dormitorio e in sedici camerette, tanto neces-sarie per ragazze che abbiano superato il periodo della pubertà, in modo da ren-dere il convitto capace di accogliere sessanta allieve, sarà complessivamente, dastudi fatti, di lire quarantamila, come già ebbi occasione di far nota alla S.V.Ill.ma e all’onorevole Consiglio scolastico.

Ma se nuovi tempi richiedono maggiore decoro in questi istituti di educazione etrattamento più raffinato è giusto che ancora le famiglie in parte concorrano allespese occorrenti. A questo si aggiunga che la vita è molto più costosa di quel chenon fosse qualche diecina di anni addietro, per queste ragioni credo convenienteproporre l’aumento della retta per ogni allieva da L. quattrocento a lire cinquecento.

Mi preme fare osservare però, che questo aumento in realtà è molto piùlieve di quello che non appaia, poiché il convitto provvede, in seguito a questo,alle spese per il bucato, per il quale ogni giovinetta pagava lire quaranta annue,per le visite mediche e le piccole cure, per il sapone, la ceretta da scarpe e lacarta da lettere, ecc., cose tutte a cui prima provvedevano le famiglie direttamen-te creando non lievi inconvenienti.

La riduzione della retta, quando sono due sorelle, invece di essere dellametà della retta stessa com’era per il passato, propongo che venga limitata a lirecento, per la seconda.

Riassumendo quanto fin qui ho esposto, nell’interesse dell’istituto credoopportuno:a) che sia soppresso il corso complementare interno e sostituito con un corso

perfettivo;b) che venga sostituita l’attuale direttrice con altra fornita di abilitazione all’inse-

gnamento di una materia letteraria nelle scuole secondarie;c) che all’ufficio di direttrice venga per regolamento stabilito, che sia unito ancora

quello di insegnante di una delle materie letterarie, facenti parte del program-ma del corso perfettivo;

d) che la retta delle allieve sia portata da lire quattrocento a lire cinquecento, e quan-do vi siano due sorelle la riduzione dalla metà a sole lire cento per la seconda;

e) che vengano integralmente approvate le modificazioni al regolamento in vigo-re secondo il programma qui unito.Quanto alla parte economica ed ai lavori da farsi nello istituto i provvedi-

menti necessari sono già stati oggetto di speciale deliberazione che l’onorevoleConsiglio scolastico approvò nella seduta del 7 settembre 1907.

Con la fiducia che la S.V. Ill.ma accoglierà queste mie proposte, porgo viviossequi.

Il commissario prefettizioG[iulio] Cardini

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Fonti per la storia della scuola

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Relazione al ministro di Emma Calvo, ispettrice del convitto dell’Istituto superioredi magistero femminile in Monticelli, sull’ispezione condotta nel Conservatorio diS. Chiara di Castiglion Fiorentino 1.

ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione media (1897-1910), b. 370, fasc. «19. Arezzo-provincia C-S. 1909», s.fasc. «19. Arezzo - Castiglion Fiorentino», ms. autografo.

Firenze, 14 febbraio 1909

Eccellenza,In seguito all’ordine ricevuto da cotesto on.le ministero, comunicatomi per

mezzo dell’Ill.mo signor comm.re D’Ambrosio R. provveditore agli studi dellaprovincia di Firenze2, mi recai la mattina del 9 corrente, lieta di essere stata ono-rata di tanta fiducia, ad ispezionare il R. Conservatorio di S. Chiara in Castiglion-Fiorentino, testé chiuso, e che deve riaprirsi con un nuovo indirizzo.[...]

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1 Alcuni dei conservatori della Toscana, e in particolare quelli dei centri minori, isolati o, alcontrario, situati a breve distanza da città dotate di scuole normali, nel primo decennio delsecolo XX si erano ormai spopolati. In sede locale si aprirono dibattiti e polemiche sui nuoviindirizzi da dare a questi istituti per favorirne la ripresa. Valorizzarli significava ormai, innanzi-tutto, differenziarli dagli istituti con indirizzo normale, e in secondo luogo potenziarne le spe-cificità locali. Nel caso di Castiglion Fiorentino, nella sua relazione ispettiva Emma Calvo sug-gerisce non solo di seguire la strada delineata dalla commissione aprendo una scuola prepara-toria a un corso professionale per bambine del popolo, ma soprattutto di venire incontro agliinteressi delle famiglie dei ceti medi, composte da commercianti e da grandi e piccoli possi-denti della provincia, che, grazie all’attivazione di un indirizzo tecnico-professionale e com-merciale, avrebbero potuto avere nelle figlie delle collaboratrici nell’amministrazione e nellagestione dell’azienda domestica. E non manca di sottolineare il peso assunto dal contingente dieducande provenienti dalle famiglie di grandi possidenti e commercianti del meridione, chetradizionalmente mandavano le figlie nei conservatori della Toscana.

2 Ettore D’Ambrosio resse il provveditorato agli studi di Firenze dal 1902 fino al 1911.Precedentemente aveva percorso con regolarità tutte le tappe della carriera presso l’ammini-strazione centrale fino alla qualifica di direttore capo divisione nell’ambito della Direzionegenerale dell’istruzione primaria e normale.

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Tutta la commissione1 ha in mente di aprire nei locali del R. Conservatorio diS. Chiara una scuola preparatoria ad un corso professionale, che potrebbe dive-nir tale in processo di tempo, visto l’andamento della prima. Questa scuola, dellaquale unisco il regolamento programma, che la commissione ha già compilato,dovrebbe accogliere le bimbe del popolo, dar loro un’istruzione, che fosse unaspecie di ampliamento di quella elementare, e, dal lato pratico, istruirle nel cuci-re di bianco, ossia nella fattura della biancheria da famiglia e nella sartoria dadonna, per renderle atte a disimpegnare i loro doveri di buone madri.

Questo per ora, salvo poi negli anni successivi, se la cosa procede bene, adintrodurre l’insegnamento delle discipline proprie di una scuola professionale,tanto per la parte teorica che per la parte pratica. Al mantenimento di questascuola, concorrerebbero anche le stesse alunne, che dovrebbero, per frequentar-la, pagare una tassa di £ 1 al mese, non potendosi stabilire una quota maggioredato che le frequentatrici sono bimbe del popolo.

L’idea della commissione, come sembrerà pure all’E.V., è buona, ma nonpuò essa sola esclusivamente far risorgere l’istituzione, né assicurarle la nuovavita, e ciò per le ragioni che andrò esponendo.

Tutta la popolazione di Castiglion Fiorentino e dei dintorni, ha visto condolore la chiusura dell’antico educatorio del quale era orgogliosa, e perché loconsiderava decoro della provincia ed anche fonte di guadagno, dimodoché, èdesiderio generale che si riapra presto, sotto l’antica forma di educatorio.

La classe media poi in particolare, formata di impiegati, di famiglie discreta-mente agiate, lamenta la mancanza di una scuola per signorine, ove si dia un’a-deguata istruzione superiore, ed è obbligata, con dispiacere grandissimo, a man-dare le proprie figliuole, per non tenerle inoperose a casa, alle scuole maschilidel paese (tecnica e ginnasio) ove le giovani sono costrette ad applicarsi ad unaquantità di materie, che serviranno loro ben poco nella pratica della vita; valgaper tutte ad es. lo studio del latino per quelle che frequentano il ginnasio, e che,disgraziatamente, non avrà altro effetto, che di renderle presuntuose e tronfie diun’illusoria sapienza.

Come dunque l’E.V. ben comprende, la scuola preparatoria alla professiona-le che vuole istituire la commissione, non contenterebbe che una parte dellapopolazione, che non solo è quella che per le sue condizioni non può dare unvalido aiuto, ma che ha già il mezzo di mandare le bambine da certe suore dette“Maestre Pie”, che tengono già da tempo una scuola ove l’insegnamento teoricoè dato a casaccio, ma quello del lavoro assai bene, ed il popolo, specie di un

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1 La commissione amministrativa era composta dal cav. Angiolo Tavanti, presidente,colonnello in ritiro e sindaco di Castiglion Fiorentino, dal sacerdote professor AntonioRomano, rettore del Collegio Serristori, e dal ragioniere Fabio Fabianelli.

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Fonti per la storia della scuola

piccolo paese, non c’è da illudersi, tiene piuttosto a questo, e non guarda dall’al-tro lato tanto per la sottile.

Secondo dunque il mio parere, desunto dalle osservazioni fatte, io dico cheinsieme alla scuola preparatoria alla professionale, dovrebbe pure aprirsi uncorso per signorine secondo i programmi della scuola complementare che, inprocesso di tempo, rispondendo il paese all’appello come si crede che avverrà,potrebbe fiorendo, aspirare a divenir pareggiata e portare buon utile all’istituzio-ne, giacché le alunne che la frequentano dovrebbero pagare un onorario mensi-le molto più alto delle altre e corrispondente alla classe.

Le alunne di questo corso potrebbero anche avvalersi degli insegnamentipratici della scuola professionale, e così le due istituzioni si gioverebbero avicenda. Ho detto che è vivo desiderio di tutto il paese che l’educatorio propria-mente detto si riapra, ed anche questo desiderio non mi sembra impossibile non[sic] poter realizzare, date però certe condizioni e modificazioni speciali. Mi sipotrà, e con ragione, osservare, che oggi l’ideale educativo è totalmente cambia-to, e che ai dì nostri avviene di conseguenza tutto il contrario di quel che succe-deva una volta. In antico, un padre di famiglia quando parlava della educazionedata alle sue figlie, era orgoglioso di poter dire che le aveva collocate piccine inun educatorio posto in luogo remoto ed isolato, e di là tolte in età da marito,senza che avessero in alcun modo comunicato col mondo. Oggi, con un idealemolto più razionale e logico, si preferiscono invece come luoghi di educazionequelli posti nei centri, appunto perché la gioventù sia, per quanto è possibile, acontatto con quel mondo, nel quale dovrà vivere ed operare. A ciò deve aggiun-gersi lo sgomento che incute in generale il pensiero della difficile viabilità peraccedere ad alcuni luoghi, oggi, in cui non ci sappiamo più muovere senza iltram elettrico o la funicolare, e che non incuteva invece qualche diecina d’annifa, lo sballonzolio di una diligenza, che era uno dei mezzi più comuni e comodidi trasporto; di qui lo spopolarsi degli educatori posti in luoghi fuori di mano el’accorrere degli alunni in quelli dei grandi centri. Il Conservatorio di S. Chiara sitrova più specialmente da un lato, nelle condizioni sopra accennate, non tantoper la sua eccentricità, ché la distanza dalla stazione ferroviaria al paese è breve,quanto per la vicinanza di Arezzo e Siena, che hanno pure le scuole normali, equindi V.E. mi potrà osservare, che appunto per la concorrenza che gli fannoqueste due città non potrà riaver vita. Ma perché ciò non sarebbe invece possibi-le per un’altra via? Quando cioè gli si desse un indirizzo un po’ differente a quel-lo ormai comune a tutti gli educatori? e che porta con sé degli inconvenienti nonlievi che ho potuto notare durante il mio lungo soggiorno negli istituti, e suiquali mi sia permesso richiamare l’attenzione di V. Eccellenza. La maggior partedelle alunne che oggi vivono negli educatori, sono appartenenti a famiglie diproprietari, commercianti e negozianti; i genitori mettono in collegio le loro

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Sezione XII - Crisi e trasformazione dei conservatori della Toscana

figliuole, dapprima senza un’idea preconcetta, al solo scopo di farle istruire ededucare; poi, siccome negli istituti si seguono per l’insegnamento i programmidelle scuole complementari e normali, anche perché alcune delle alunne, piùspecialmente le orfane, debbono farsi una posizione per vivere e sono quasisempre predestinate a divenire maestre, ecco che ai genitori delle altre vienedopo poco il desiderio di far prendere anche alle proprie figliuole il famosodiploma, benché non abbiano bisogno di guadagnarsi la vita, ma per avere inogni modo un certificato degli studi fatti dalla ragazza, e che racchiuso in unacornice nel salotto di famiglia, varrà a dimostrare a conoscenti ed amici quantidenari il padre ha spesi per l’educazione della figliuola. Da ciò ne derivano duemali: in primo luogo, una buona quantità delle educande sono così obbligate aspendere la miglior parte del loro tempo nello studio di discipline, importantissi-me di per se stesse, ma che non saranno di molta utilità pratica nella loro vitaavvenire, e d’altra parte, una volta conquistato quel foglio che dà loro l’autoriz-zazione all’insegnamento, sorge, e in esse, e nella famiglia, il desiderio di usu-fruirne in qualche modo, ed ecco che la signorina incomincia a dare delle lezio-ni per ritrarne, se non altro, di che soddisfare ai suoi minuti piaceri, togliendocosì un mezzo di guadagno alle altre, che dall’insegnamento appunto debbonoricavare di che vivere. Ora mi sembra che, se in qualcuno dei vari educatori sidesse agli studi anche, e più specialmente, un indirizzo tecnico-professionale ecommerciale, si eliminerebbero gli inconvenienti più sopra accennati, e si prepa-rerebbero alla società delle giovani atte, una volta tornate in famiglia, o adamministrare con competenza ed avvedutezza il proprio patrimonio, o ad aiuta-re il padre nei suoi traffici o nella sua azienda commerciale, ed a quelle cheavessero bisogno di guadagnarsi la vita, il mezzo di impiegarsi nell’amministra-zione di qualche grande stabilimento industriale o casa commerciale. Così si evi-terebbe un altro danno, e cioè quello di veder condannate a darsi per necessitàall’insegnamento delle creature che spesso non hanno né la vocazione né alcunadelle doti intellettuali e morali indispensabili per tale difficile ed importante mis-sione. Sotto questo aspetto, io credo, potrebbe risorgere il Conservatorio diCastiglione dato che, a mio parere, lo comporterebbero appunto, e il caratteredel luogo, e le condizioni speciali della provincia in cui si trova, ove la popola-zione è formata di commercianti, di grandi e piccoli proprietari, e di non pochefamiglie di agiata condizione, giacché anche buona parte dei contadini sono pic-coli possidenti e lavorano la propria terra. A questo è da aggiungersi che fino aquesti ultimi tempi, come mi viene detto e come succede del resto in specialmodo negli educatori della Toscana, il maggior contingente interno veniva datodal mezzogiorno d’Italia, ove abbondano i proprietari ed i grandi commercianti.Tale riordinamento consentirebbe di avviare l’educatorio su una via speciale chelo distinguerebbe dagli altri, non avrebbe più da temere la concorrenza di

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Arezzo, di Siena, di Borgo S. Sepolcro e Chiusi, ed ancora il suo risorgere sottoquesto aspetto, darebbe incremento alla scuola professionale che la commissio-ne vuole istituire, e così queste varie scuole si coadiuverebbero le une collealtre, si darebbero vita a vicenda e potrebbero forse in avvenire, se fiorenti (nonmi sembra azzardato crederlo) sperare forse qualche appoggio ed incoraggia-mento dal Ministero di agricoltura e commercio.[...]

Di V.E.Devotissima

Emma Calvoispettrice del Convitto femminile

di Magistero superiore in Monticelli

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SEZIONE XIII

L’ISTRUZIONE PROFESSIONALEMODELLI E SPERIMENTAZIONI

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Promemoria della commissione promotrice dell’Istituto nazionale per le figliedei militari italiani di Torino sul progetto di una scuola professionale femmini-le da aprirsi nell’ambito dell’istituto 1, a firma di Tommaso Villa 2.

ACS, MPI, Div. scuole primarie e normali (1860-1896), b. 89, fasc. «Tit. 16. Torino.78», s.fasc. «Comune di Torino. Istituto nazionale per le figlie dei militari», ms. confirma autografa. Allegato a lettera di Tommaso Villa indirizzata al ministro per la pub-blica istruzione in data 9 febbraio 1867.

1 Simbolo delle virtù e della vocazione guerriera, patriottica e nazionale del Piemonte,divenuto esso stesso monumento nazionale vivente, l’Istituto nazionale per le figlie dei militariitaliani di Torino fu principalmente creatura di Tommaso Villa, che seppe mobilitare attornoall’ambiziosa iniziativa diffuse azioni di sostegno. L’elaborato progetto si realizzò basandosi suuna struttura tripartita, articolata in un collegio per ragazze di agiata condizione, con sede nellaVilla della Regina, inaugurato nel 1869, in una Casa professionale aperta l’anno precedente eun istituto magistrale, che aprì i battenti nel 1876. Il progetto dell’istituto professionale recepivale innovazioni presenti nei programmi delle scuole professionali che Villa aveva valutato dipersona in viaggi compiuti in Svizzera, Francia e Germania. Anche se l’istituto, aperto ben dueanni prima del battesimo della scuola fondata a Milano da Laura Solera Mantegazza, ebbe esitiassai inferiori alle aspettative per la difficoltà di impiantare scuole professionali femminili in untessuto sociale e produttivo ancora scarsamente evoluto, l’iniziativa si segnala per la presenzaparticolarmente precoce di novità di rilievo nel panorama italiano, ancora poco ricettivo difronte agli esempi offerti in questo settore dalle realtà europee più avanzate. Il programma deicorsi speciali – accompagnati e distinti da quelli generali per la formazione di rudimenti cultu-rali – prevedeva un ventaglio di materie insolitamente ampio e differenziato: dagli usuali lavorid’ago alla computisteria commerciale, dal disegno industriale ai fiori artificiali e ai merletti, dailavori di cartoleria alla fabbricazione di guanti, di spilli e pennini d’acciaio. Sulla vicenda delleorigini e la storia ottocentesca dell’istituto si veda l’esemplare studio che vi ha dedicato SilvanoMontaldo in un capitolo del suo Patria e affari. Tommaso Villa e la costruzione del consen-so… cit., pp. 179-249.

2 Tommaso Villa (Canale, Cuneo, 1832 - Torino, 1915), avvocato e genero di AngeloBrofferio, deputato per 44 anni consecutivi, dal 1865 al 1909, quando, non più rieletto, fu nomi-nato senatore. Ministro degli Interni e di Grazia e giustizia nel secondo e terzo ministero Cairoli,presidente della Camera nell’ultimo governo Crispi e nei due successivi gabinetti Rudinì, poidurante il ministero Saracco e, per qualche tempo, durante il ministero Zanardelli, Villa incarnòquella osmosi tra magistratura e potere esecutivo che caratterizzò il percorso di altri politici eprincipi del foro, compiendo, come sottolinea Umberto Levra, una parabola che lo condusse

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Fonti per la storia della scuola

L’Instituto nazionale per le figlie dei militari italiani si propone di aprire nellacittà di Torino una scuola professionale femminile il di cui scopo sarà di prepa-rare ed abilitare le fanciulle all’utile esercizio di professioni industriali.

I corsi saranno generali e speciali.I corsi generali comprenderanno l’istruzione morale e religiosa, l’insegna-

mento della lingua italiana, dell’aritmetica, della calligrafia, del disegno lineare; enozioni di storia e geografia.

I corsi speciali concerneranno le seguenti materie:1) Lavori all’ago.2) Computisteria commerciale.3) Disegno industriale.4) Fiori artificiali.5) Lavori di cartoleria.6) Fabbrica di guanti.7) Fabbrica e racconciatura di merletti.8) Fabbrica di spilli e di penne d’acciajo per mezzo della macchina perfezionata

di Brown.9) Lavori al torno per fabbrica di bottoni, e di glandoli1 ecc. ecc.

I corsi generali saranno obbligatorj per tutte le allieve.Le allieve dovranno oltre i corsi generali frequentare uno o più corsi speciali

per abilitarsi a quella fra le professioni per la quale mostreranno migliore attitu-dine e gradimento.

Con programma determinato colla scorta delle nozioni raccoltesi nelle scuole pro-fessionali della Svizzera, della Francia e della Germania, si fisserà l’orario, e il metodosecondo il quale dovranno distribuirsi ed ordinarsi tanto gli studii quanto i lavori.

Converrà intanto notare, per ciò che concerne i corsi speciali, che essi dovrannoessere in tal modo ordinati da comprendere, per ciascuno di essi, l’insegnamento ditutto quanto può riferirsi a quella categoria speciale di lavori a cui si riferiscono.

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dalle originarie matrici democratiche e garibaldine al crispismo e al nazionalismo autoritario difine secolo. Di quest’uomo di potere e di governo che attraversò nella sua carriera momenti diacutissima crisi politica e istituzionale, Levra evidenzia, in particolare, il «robusto» contributo allacostruzione del discorso sulla storia e la memoria del Risorgimento (U. LEVRA, Fare gli italiani...cit., pp. 136-145). E ancora, il successivo, corposo studio monografico di Silvano Montaldo lomostra costantemente impegnato, sia nel cursus honorum sia soprattutto nel percorso ideale eculturale, in una massiccia opera di pedagogia nazionale e di orientamento dell’opinione pubbli-ca, che seppe toccare efficacemente anche il tema della ridefinizione dell’identità sociale delladonna italiana come auspicabile punto di forza della coesione nazionale; cfr. S. MONTALDO, Patriae affari… cit. e ID., Le reti di relazioni e di patronage di un politico della «Terza Italia»:Tommaso Villa, in Le Italie dei notabili... cit., pp. 163-187.

1 Sta probabilmente per ghiandine o ghiande, termine col quale si indicava l’anima deibottoni degli alamari.

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Sezione XIII - L’istruzione professionale: modelli e sperimentazioni

1mo

Lavori all’ago

Sotto questa denominazione si trovano compresi:1mo Tutti i lavori di cucitura a filo diritto o ribattuto - i contrapunti; i punti di catenel-

la di Sassonia; di marca; ed ogni sorta di ricamo su canevaccio, tela, seta ecc.2do Tutti i lavori di maglia non escluse le rapezzature e i lavori all’uncinetto.3zo Taglio e cucitura di abiti da donna e da bambini, e riduzione di modelli.4to Lavori di fantasia per capelli ed acconciature per le signore.

2do

Computisteria commerciale

Le allieve potranno in questo corso apprendere quanto importa per essereabilitate a reggere la contabilità di una casa commerciale.

Si daranno le nozioni necessarie per conoscere che cosa sia la partita sempli-ce e la doppia. L’indicazione dei varii metodi di contabilità. La nomenclatura deilibri indispensabili al commerciante. Quella dei libri ausiliarj. Le prescrizionidella legge al riguardo. Le allieve dovranno attendere ad esperimenti pratici suilibri stessi di cui dovrà essere provvista la scuola per la sua amministrazione.

3zo

Disegno industriale

Disegno applicato alle varie parti dell’industria. Ricami sulla tela; sulla seta;sul canevaccio. Modelli per intarsiature sul legno, e per ogni altro lavoro orna-mentale. Esercizio di litografia e di cosmolitografia1.

4to

Fiori artificiali

Nozioni generali e speciali di botanica. Preparazione dei colori, della carta edelle stoffe. Adattamento di fiori ad imitazione dal vero. Fabbrica di acconciatureper le signore.

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1 Errore del copista, per cromolitografia.

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Fonti per la storia della scuola

5to

Lavori di cartoleria

Sotto questo titolo sono compresi i lavori di legatura di libri, di allineatura diquaderni, taglio di buste, fabbrica di copertine di cartoncini di bombonieres [sic ];ed altri oggetti di fantasia, ornati a fiori, a disegni ecc. ecc.

6to

Fabbrica di guanti

Questo corso comprenderà dapprima l’insegnamento dell’arte di cucire iguanti ed indi quella del taglio delle pelli, del conciarle e del tingerle.

7mo

Fabbrica e racconciatura di merletti

Trattare il filo, piegarlo, annasparlo1. Indicazione dei varii metodi per le lega-ture. Esercizio del tellajo [sic ] meccanico.

8vo e 9no

La fabbricazione degli spilli e delle penne d’acciajo può facilmente compier-si coll’ajuto delle macchine perfezionate di Brown, il prodotto delle quali puòessere così ragguardevole da poterci facilmente emancipare dall’importazioneestera. L’esercizio di queste macchine non esige alcuna forza straordinaria, epossono senza alcuni inconvenienti essere poste in moto e dirette da una fan-ciulla.

Lo stesso è a dirsi ove d’uopo dei lavori al torno.L’instituto non può certamente dissimularsi che l’impianto di queste piccole

industrie non potrà eseguirsi tutto ad un tratto; ma esso provvederà finché pos-sano esserlo il più presto possibile, valendosi ove d’uopo per il compimentodelle varie parti in cui si dovrà suddividere il lavoro di ciascuna categoria, dell’o-pera di operaje esterne.

T[ommaso] Villa

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1 Cioè avvolgere il filato sul naspo per formare la matassa.

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Sezione XIII - L’istruzione professionale: modelli e sperimentazioni

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Ordinamento della scuola professionale dell’Istituto Suor Orsola Benincasa diNapoli, a firma dell’ispettrice Adelaide Del Balzo Pignatelli principessa diStrongoli e della direttrice Maria Antonietta Pagliara 1.

ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione primaria e popolare, Istituti femminili, Ispezionie relazioni (1884-1902), b. 38, fasc. 78, opuscolo: Istituto Suor Orsola Benincasa.Nuovo ordinamento. Giardini d’infanzia - Classi elementari - Scuole per istitutrici -Direttrici di laboratori - Maestre di lavoro - Operaie - Infermiere e maestre per sor-domuti - Convitto. Anno scolastico 1892-93, Napoli, R. tipografia FrancescoGiannini e figli, 1892, pp. 16.

Dopo amoroso ed assiduo lavoro di preparazione, si è potuto dare un com-pleto assetto alla scuola professionale Suor Orsola Benincasa. Essa si trova, dun-

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1 La svolta decisiva nella trasformazione del “Suor Orsola Benincasa” di Napoli, dove gliamministratori, per avvalorare le ragioni di sopravvivenza del Ritiro, nel 1864 avevano apertouna scuola elementare femminile gratuita «diretta dalle Pie Signore», si ebbe a partire dal 1891,quando ne prese le redini Adelaide Del Balzo Pignatelli, che, in qualità di ispettrice onorariadelle scuole e del convitto, appoggiata dalle autorità centrali, sostenne efficacemente la neces-sità di una radicale riforma igienica e morale dell’istituto imperniata sulla sua laicizzazione. Nel1898 l’Opera pia venne riconosciuta come ente morale avente per scopo l’istruzione e passòsotto la giurisdizione del Ministero della pubblica istruzione (cfr. L. TRAMA, Un’Opera Pianell’Italia unita: Il “Suor Orsola Benincasa” dall’Unità alla nascita del Magistero, Napoli,Editoriale Scientifica, 2000). Educata al culto umanistico delle lettere greche e latine e dell’arte,combattiva ed energica e desiderosa di porre le basi di una scuola dove le ragazze dei cetimedi napoletani potessero seguire tutto il ciclo degli studi divenendo artefici della propriaemancipazione intellettuale, civile ed economica, la principessa di Strongoli, con l’aiuto dellasua capace e intelligente collaboratrice, Maria Antonietta Pagliara, seppe dar vita a un’istituzio-ne ricordata a tutt’oggi per il suo carattere profondamente innovativo, frutto delle continuesperimentazioni della colta e determinata nobildonna. Ai suoi esordi, nel 1891-92, la scuolaoffriva due rami di studi: il primo per formare istitutrici, il secondo, diviso in varie sezioni, perpreparare direttrici di laboratorio, maestre di lavoro, infermiere. Secondo i dati forniti dall’i-spettrice governativa Sali Maturi, la scuola professionale era frequentata allora da 140 alunne,di cui solo due interne. Alla scuola elementare era annesso un giardino d’infanzia organizzatosu basi froebeliane. Di lì a pochi anni la principessa di Strongoli poté concretare il suo progettodi scuola normale, da cui nacque il corso superiore di Magistero femminile, pareggiato nel1901 agli Istituti superiori di magistero di Roma e di Firenze. Cfr. la relazione ispettiva di

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Fonti per la storia della scuola

que, al caso da poter dare opera coscienziosa a migliorare le condizioni morali,intellettuali e, per conseguenza, economiche della donna, dandole i mezzinecessari, affinché, col mettere a profitto l’insegnamento avuto, possa procac-ciarsi onestamente l’esistenza.

Per l’esplicazione pratica di tale opera, l’istituto ha già un insegnamentocompleto, il quale conduce le alunne a meritare ed ottenere un diploma d’istitu-trici, di direttrici di laboratorii, di maestre di lavoro, di operaie, di infermiere o dimaestre per sordo-muti.

Questo insegnamento è dato in un corso inferiore, che comprende il giardi-no d’infanzia e le cinque classi elementari; in un corso superiore, che ha duerami distinti, secondo i programmi che seguono; ed in un corso di perfeziona-mento, il quale ha quattro rami distinti, secondo le indicazioni che in seguitoparimenti diamo.

Il corso inferiore si svolge a norma dei programmi prescritti per i giardinid’infanzia e le scuole elementari del Regno, con le modificazioni che l’indoledell’istituto richiede, ed è comune a tutte le alunne: senza però negligere la dut-tilità necessaria alla meta speciale per i vari gruppi di esse.

Così, quelle destinate a divenire direttrici di laboratorii, maestre di lavoro,infermiere e maestre per sordo-muti vi cominceranno ad imparare la lingua fran-cese, mentre quelle destinate a divenire istitutrici vi cominceranno ad imparare,oltre il francese, anche il tedesco e l’inglese.

Nel corso superiore, le alunne si distribuiranno per i due rami, secondo lameta alla quale mirano.

Il primo ramo è per le istitutrici, che assistono a tutti i cinque anni nei qualisi fa lo studio completo delle materie di tal ramo, e per le maestre di sordo-muti,le quali assistono soltanto ai due primi anni.

In questo ramo s’insegna, per la cultura intellettuale:Lingua italiana e storia letteraria, nei suoi rapporti con le letterature classiche

e le straniere moderne.Lingua francese.Lingua inglese.Lingua tedesca.Storia antica, medioevale, moderna, particolareggiata dell’Europa e dell’Italia.Aritmetica pratica, geometria e contabilità domestica e commerciale.

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Ernesta Sali Maturi del 1° dicembre 1891, conservata nello stesso fascicolo; Un luogo, una sto-ria. L’Istituto Suor Orsola Benincasa a Napoli, Fuorni (Salerno), Arti grafiche Boccia, 1990 e inparticolare C. MOTZO DENTICE DI ACCADIA, Adelaide Del Balzo Pignatelli Principessa diStrongoli, ibid., pp. 38-42 e M. ANGARANO, Sorelle, (non) madri, nipoti, tra pietas cristiana epassione risorgimentale, in Scritture femminili e Storia... cit., pp. 191-237.

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Sezione XIII - L’istruzione professionale: modelli e sperimentazioni

Storia della pedagogia. Teoria e pratica dell’educazione.Psicologia infantile.Scienze naturali e geografia fisica, igiene, medicina domestica infantile.Diritti e doveri del cittadino.Disegno geometrico, industriale, ornamentale.Economia domestica.Nozioni di agricoltura e di giardinaggio.Canto corale.Calligrafia.Istruzione religiosa.Contemporaneamente si fa un corso completo di lavori donneschi, compre-

so il taglio di biancheria e di abiti.La lezione di musica è facoltativa.

Il secondo ramo è per le direttrici di laboratorii, per le maestre di lavoro, perle operaie, per le infermiere.

In esso, naturalmente, la parte maggiore è data agli esercizi di lavoro, senzatrascurare il miglioramento della cultura e dell’educazione della mente e del cuore.

La durata del corso di questo secondo ramo è di anni tre, per tutte le alunneche vi sono inscritte.

Esse studieranno, nei limiti opportuni:Lingua italiana.Lingua francese.Storia delle arti e delle industrie e biografie di donne che lasciarono bella

fama di sé nelle virtù domestiche e nella storia delle arti più utili.Cenni sulla storia in generale.Nozione di geografia fisica e commerciale.Merceologia.Aritmetica pratica, contabilità domestica e commerciale.Geometria applicata alle arti.Economia ed igiene domestica.Nozioni di scienze naturali.Chimica applicata all’industria ed all’igiene.Disegno geometrico ed industriale.Diritti civili.Nozioni di orticoltura teorico-pratica.Canto corale.Calligrafia.Istruzione religiosa.Per lo scopo essenziale, poi, dell’indirizzo di tal corso, cioè per l’istruzione tec-

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Fonti per la storia della scuola

nica manuale, le alunne frequenteranno i laboratorii della scuola, dividendosi agruppi, secondo il lavoro al quale sono meglio disposte e che esse preferiscono.

Questi laboratorii sono, per ora, nove, cioè:

Laboratorio di cucito e taglio di biancheria (specialità per bambini)“ di ricamo“ di rammendo“ di sartoria (specialità per bambini)“ di fiori artificiali e piume“ di frange“ di maglieria“ di stiratoria“ di cucinaIn essi si svolgono i seguenti programmi:

Laboratorio di cucito

Teoria e pratica

Materiale - Nozioni geometriche.Conoscenza e tenuta delle differenti tele e stoffe.Differenti punti e cuciture.Modo di disegnare e prendere le misure.Uso delle differenti macchine da cucire.Esercizi preliminari di taglio.Taglio di oggetti di biancheria per bambini, per donna, per uomo.Confezione. - Taglio e manifattura speciale per camicie da uomo e da ragazzo.Taglio, unione e cucitura di un corredo da sposa e da bambini, compiuto atempo limitato.Rammendi diversi, calze, tele, stoffe diverse, ecc.

Laboratorio di ricamo

Teoria e pratica

Materiale - Nozioni geometriche.Conoscenza e tenuta delle differenti stoffe.Punti e cuciture diverse.Taglio di oggetti di biancheria per donne e per bambini.Festone semplice e frastagliato.

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Sezione XIII - L’istruzione professionale: modelli e sperimentazioni

Lavori di fantasia con i diversi punti.Festoni applicati e intagliati con fiori su tela semplice, su tela battista, su tulle.Ricamo in cotone, in lana, in seta colorata, su filondente1, su tela, su panno,su seta, su velluto, su felpa.Lavori di lusso, fino ai paesaggi ed alle figure.Lavori in ciniglia ed oro.Uso delle macchine da ricamo.

Laboratorio di rammendo

Teoria e pratica

Materiale - Nozioni geometriche.Conoscenza e tenuta delle differenti stoffe.Punti e cuciture diverse.Taglio di oggetti di biancheria per donna e per bambini.Rammendi di calze.Rammendi della tela semplice ed operata.Rammendi della biancheria da tavola.Rammendi delle stoffe a disegni.Rammendi della flanella.Rammendi del panno e di altre stoffe.Rammendi di tulle e trine.

Laboratorio di sartoria

Teoria e pratica

Materiale - Conoscenza e tenuta delle diverse stoffe.Punti e cuciture diverse.Modo di prendere le misure e disegnare il modello.Esercizi speciali per la confezione a modello e le confezioni semplici.Taglio e nozioni geometriche.Taglio rettilineo e curvilineo.Ricavo dei modelli.Taglio, confezione, cucitura di un vestito semplice, ornato, da sposa e da bambini.Confezioni di abiti a tempo limitato.Uso della macchina da cucire.

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1 Tessuto di cotone a trama larga che si usava come supporto per ricami, detto anchecanovaccio.

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Fonti per la storia della scuola

Laboratorio di fiori artificiali

Teoria e pratica

Conoscenza dei materiali e degli utensili da lavoro.Colori adoperati nell’arte d’imitare i fiori e loro composizione chimica.Taglio dei fiori.Stampa dei petali.Riunione dei petali.Composizione del fiore.Tralci, rami, mazzetti, ghirlande di fiori.

Laboratorio di frange

Teoria e pratica

Conoscenza dei materiali e degli utensili da lavoro.Lacci e finimenti per tappezzerie in cotone, in lana ed in seta.Finimenti di mode per signore.

Laboratorio di maglieria

Teoria e pratica

Conoscenza dei materiali e degli utensili da lavoro.Conoscenza ed uso delle diverse macchine da calze.Differenti punti di maglia.Manifattura di generi di maglieria corrente e di lusso per uomo, per donna,per bambini.

Laboratorio di cucina

Teoria - Arte culinaria.1° Nozioni di anatomia e fisiologia umana: igiene.2° Teoria dell’alimentazione.3° Economia dell’andamento di casa.

Pratica - La cucina, la fabbricazione del pane, la preparazione delle conserve,l’utilizzazione dei resti.

La cucina comune borghese, di lusso, per ammalati.Gli alimenti e le bevande per i convalescenti.L’arte di tagliare.

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Sezione XIII - L’istruzione professionale: modelli e sperimentazioni

La decorazione delle vivande.Le compere.La nettezza degli utensili.Modo di apparecchiare la tavola.I conti dell’economato e i prezzi delle merci, secondo le stagioni.Le minute.

** *

Compiuto il corso superiore, ciascun gruppo secondo il tempo per esso sta-bilito, si faranno gli studi e gli esercizi di perfezionamento relativi; dopo i qualisarà permesso esporsi agli esami per il diploma che si vuole ottenere.

Questo perfezionamento consiste:Per le istitutrici: nel tirocinio didattico di un anno, fatto nelle classi del corso

inferiore.Per le direttrici di laboratorii, le maestre di lavoro ed operaie: in un corso

biennale di perfezionamento pratico di lavori.Per le maestre di sordo-muti: in un corso biennale, nel quale si svolge que-

sto programma:

Nozioni di anatomia.“ di fisiologia.“ di igiene degli organi dell’udito e della voce.“ di pedagogia teorica e pratica.

Parte storica.1° Educazione dei sordo-muti.2° Esame critico dei diversi sistemi.3° Coefficienti della lingua parlata nel sordo-muto.

Per le infermiere: in un corso di un anno, nel quale si svolge questo pro-gramma.

Elementi di anatomia e di fisiologia.Nozioni generali comparative della sanità e della malattia.Principii elementari dell’igiene in rapporto ai più fondamentali processi della

vita: circolazione, respirazione, ricambio nutritivo, secrezioni ed escrezioni.Missione dell’infermiera: sue speciali qualità.Esercizii di osservazione de’ bambini sani e malati per l’indagine de’ segni

più esterni delle malattie.Al letto dell’infermo; norme igieniche e tecnica di alcuni metodi curativi e di

somministrazione de’ rimedii.Esercizii di annotazioni e di relazioni al medico.

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Fonti per la storia della scuola

Al corso di perfezionamento per le maestre dei sordo-muti e per le infer-miere sono ammesse alunne estranee alla scuola purché fornite del diplomadi grado inferiore. Sono anche ammesse le maestre e le madri di famiglia.

L’assistenza al laboratorio di cucina sarà fatta con ogni larghezza, durante ilcorso superiore, alle alunne che si preparano specialmente a divenire buonecuoche. Ma, nel periodo di perfezionamento, è anche obbligatorio per tutte lealunne, come coefficiente indispensabile alla loro educazione domestica. Èparimenti obbligatoria, per tutte e per egual ragione, nel periodo finale, l’assi-stenza, a turno, alla tenuta di un’azienda domestica, la quale ha questo pro-gramma:

Tenuta di un economato

Organizzazione e mantenimento della casa.Scaldamento ed illuminazione.Mantenimento della mobilia, della stoffa, della biancheria.Lavatura della biancheria.Stiro.Farina, panetteria, forno, cottura del pane, pasticceria.Provvista di economato, legna, carbone, acqua potabile.Vino, aceto, caffè.Conservazione e cottura della carne, qualità, scelta.Principii elementari della cucina.Preparazione dei pasti.Conservazione e cottura dei legumi.Conserva della frutta.Fabbricazione della confettura.Contabilità dell’economato.

Igiene

Igiene dell’alimentazione.Proprietà nutritive degli alimenti.Bevande, sobrietà.Igiene del corpo.Abluzioni, bagni, cure di pulizia.Preparazione di decozioni e di alcuni medicinali.Piccola farmacia dell’economato.Precauzioni da prendere in caso di epidemia.

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Sezione XIII - L’istruzione professionale: modelli e sperimentazioni

Il giardino

Nozioni di orticoltura.Diverse specie di coltivazione.Disposizione generale del giardino e utensili del giardinaggio.Giardino fruttifero.Principii generali della coltivazione degli alberi fruttiferi.Malattie degli alberi fruttiferi.Distruzione degli animali nocivi.Varietà, coltivazione e raccolta dei legumi.Raccolta, scelta e conservazione dei semi.Nozioni sulla coltivazione dei fiori per ornamento e per la fabbricazione deiprofumi.Nozioni sul giardino medicinale.Nozioni di masserizia.Allevamento ed ingrassamento del pollame.Farfalle e bachi da seta.

Condizioni di ammissione

L’età minima di ammissione, alla scuola esterna, è fissata ad anni tre.Naturalmente, per la prima classe del giardino d’infanzia si accettano le bambi-ne, se vi son posti, senza alcun esame; per ognuna delle classi seguenti bisognadar prova di idoneità ed avere un’età relativamente proporzionata.

Le iscrizioni sono fatte dalla direttrice.Le alunne debbono presentare:

1° Estratto di nascita.2° Certificato di vaccinazione.3° Fede medica.

Tasse scolastiche annuali

Per le istitutriciGiardino d’infanzia . . . . . . . . . . . L. 50

Corso inferioreClassi elementari . . . . . . . . . . . . . L. 60

Corso superiore, per ciascuno dei primi due anni . . . . . L. 90Per ciascuno degli ultimi tre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 100Corso di perfezionamento. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 100

Le alunne che non seguono i corsi d’insegnamento di lingue estere pagano

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Fonti per la storia della scuola

per tassa annuale Lire 40 per il corso superiore, e Lire 60 per il corso di perfezio-namento.

Per le operaie – infermiere e sordo-muti.Giardino d’infanzia . . . . . . L. 20

Corso inferioreClassi elementari . . . . . . . . L. 25

Corso superiore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 40Corso di perfezionamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 60

Le tasse si pagano a rate mensuali.

Orario

Le alunne della sezione istitutrici, infermiere e sordo-muti entrano in iscuolaalle 9 a.m. e ne escono alle 4 p.m. Le ore sono così distribuite:

dalle nove alle dodici: studii di cultura intellettuale.dalle dodici all’una: colezione e ricreazione.dall’una alle quattro: lavoro manuale e insegnamenti speciali.

Ogni lezione è della durata di cinquanta minuti, seguita da dieci minuti diricreazione libera, durante i quali le alunne escono dalla classe.

Le alunne della sezione arti entrano in iscuola alle 8 a.m. e ne escono alle 5p.m. Le ore sono così distribuite:

dalle otto alle undici: studi di cultura intellettuale.dalle undici alle dodici: colezione e ricreazione.dalle dodici alle cinque: lavori manuali e insegnamenti speciali, con l’inter-vallo di mezz’ora di ricreazione.

Le alunne, volendo, fanno colazione a scuola; mercè la tenuissima somma dilire 3,50 mensuali hanno, a mezzogiorno, una minestra calda e pane.

Con lire venti mensuali possono avere:una minestra calda,un pezzo di carne, od uova, o altro,insalata,pane, vino e frutta.

Esami

Un esame bimestrale è stabilito per ciascuna sezione.L’esame finale ha luogo ogni anno; alla fine di esso le alunne hanno diritto

ad un certificato di passaggio.

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Sezione XIII - L’istruzione professionale: modelli e sperimentazioni

Quando il corso dei loro studi ed esercizi sia ben compiuto, le alunne otten-gono un diploma od un certificato di abilitazione all’insegnamento, secondo laprofessione alla quale si sono dedicate: diploma o certificato che, con opportunaconcessione dei Ministeri della pubblica istruzione e di agricoltura, industria ecommercio, avrà valore di autorizzazione legale presso tutti gli istituti del Regnoe presso le officine.

Convitto Suor Orsola Benincasa

Alla scuola è annesso un convitto che riceve fanciulle di civili natali le qualivogliono seguire gli studi che si fanno nelle scuole, mirando a qualcuno degliscopi per i quali tali studi son fatti. Sono anche ammesse, anzi di preferenza,quelle fanciulle che, non avendo bisogno di provvedere con il proprio lavoroalla loro esistenza, vogliano acquistare un’educazione ed un’istruzione che leprepari bene a’ loro doveri domestici e sociali. Per queste, si dà opera ad un’e-ducazione atta a renderle utili a sé stesse, alla propria famiglia e, per conseguen-za, alla società. A raggiungere tale scopo si dà grande svolgimento alla praticadell’economia domestica, e gli studi letterari, scientifici e manuali sono tutti indi-rizzati a tal fine. Sicché nell’italiano si dà larghissima parte all’esercizio dello scri-vere con correttezza ed eleganza; nella storia si mette in evidenza il progressoumano verso l’ideale del bene; nell’aritmetica si danno continui e progressiviesercizii di contabilità domestica e commerciale; nella sezione igiene si educanole giovanette alla cura dei bambini; nelle sezioni di lavoro manuale si addestranoa tutti i lavori donneschi. In una parola questo convitto mira a fare delle futuremadri le prime maestre, le prime sarte, le prime infermiere dei propri figliuoli.

Condizioni di ammissione al convitto

Le alunne debbono avere non meno di tre e non più di dodici anni.Debbono essere di civili natali e la famiglia deve dare garanzia di perfetta

rispettabilità.La domanda di ammissione deve essere fatta in carta da bollo di L. 2,40

accompagnata dai seguenti documenti:1° Fede di nascita.2° Certificato di vaccinazione o vaiuolo naturale.3° Certificato medico di sana costituzione fisica.4° Documenti comprovanti le condizioni del padre.5° Obbligazione del padre, o di chi ne fa le veci, all’adempimento delle

condizioni prescritte dal regolamento.6° Atto di matrimonio dei genitori.

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Fonti per la storia della scuola

La retta per ogni alunna è di L. 600 annue e si paga a trimestre anticipato.L’entrata è di lire 40 per le spese di primo impianto.Le famiglie debbono depositare, per le spese ordinarie, lire 30 e sono obbli-

gate di fornire il corredo necessario qui appresso indicato.Per bucato e stiratura di biancheria si pagano lire 3 mensuali.Le spese per materiale scolastico e quelle, se occorrano, per medico e per

medicine sono a carico della famiglia.La lezione di musica è facoltativa: se si vuole, occorre il pagamento di lire 10

mensuali.Le alunne sono affidate ad istitutrici straniere per l’insegnamento di lingua

tedesca, inglese e francese.Le alunne ammesse al convitto, che non abbiano famiglia in Napoli, debbo-

no indicare un’altra famiglia onesta alla quale la direzione possa far capo perqualsiasi informazione.

Corredo per le convittrici

6 Camicie da giorno6 “ da notte6 mutande di percalla chiuse2 sottane di fustagno con vitina6 sottane2 fascette8 lenzuola m: 2,91 per m: 1,868 federe “ 0,67 “ “ 0,462 lenzuola da bagno12 pannilini per uso giornaliero6 asciugamani6 tovaglioli12 paia di calze12 fazzoletti di lino2 reti da notte6 grembiuli bianchi3 “ colorati, per casa3 accappatoi a camici8 camicini uniformi2 coperte, una di cotone, una di lana bianca, lunga m: 0,80 per m: 2,002 copriletti bianchi uniformi m: 2,65 per m: 2,124 vestiti di percalla1 vestito di telone bianco uniforme

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Sezione XIII - L’istruzione professionale: modelli e sperimentazioni

2 vestiti per inverno di lana grigia1 giacca di panno grigio per casa1 “ di panno turchino per uscire

cappello per estate e per inverno2 fiocchetti2 paia di guanti, uno di castoro per l’inverno, uno di filo per l’estate4 paia di stivalini con bottoni

una cassettina di noce fornita degli oggetti necessari alla nettezza personaleuna scatola di legno con l’occorrente per pulire le scarpe

1 posata con cifre, una forchetta ed una forchettina di christofle1 per le frutta1 cucchiaino da caffè1 anello per salvietta2 bicchieri di cristallo, uniformi1 scendiletto di cocco1 materassa di vegetale lunga m: 1,86 per 1,46 cucita ed imbottita2 guanciali m: 0,67 per 0,46

lettino di ferro con assi d’abetemensoletta con lo specchio ed un piolo di ferroarmadietto di abete

2 sgabelli di noceuna catinella, una brocca, una conchetta ed un vaso da notte di latta verniciata

1 piede di catinella

La biancheria deve essere marcata con le iniziali della fanciulla e col numeroche a lei sarà assegnato.

Il trattamento delle alunne è questo:Colazione – Caffè e latte con pane e zuppa.Pranzo – Minestra e pane a volontà, un piatto di carne, sostituito il venerdì e

il sabato da pesce o uova, un piatto di erbe o formaggio, frutta e vino.Cena – Minestra e pane a volontà, un piatto di carne o pesce o uova.L’insegnamento è dato in comune alle alunne interne ed esterne.

Personale

DirettriceVice-direttriceSegretaria-economaMaestre giardiniere

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1 Lega di alpacca argentata, usata soprattutto per la posateria.

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Fonti per la storia della scuola

Maestre primarieProfessore di italiano

“ storia e geografia“ pedagogia“ igiene“ scienze naturali“ contabilità, aritmetica e geometria“ disegno geometrico e decorativo

Aiutante di disegnoProfessore della sezione infermiere

“ “ sordo-mutiMaestre di francese

“ inglese“ tedesco

Maestre di musica“ canto“ cucito“ ricamo“ rammendo“ sartoria“ di fiori artificiali e piume“ frange“ maglie“ economia domestica“ stiro“ cucina

Napoli, ottobre 1892.

La Direttrice L’IspettriceM.a Antonietta Pagliara Principessa di Strongoli

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Sezione XIII - L’istruzione professionale: modelli e sperimentazioni

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Relazione generale dell’ispettrice governativa Marietta Guerrini sugli istitutivisitati nell’anno scolastico 1893-94 1.

ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione primaria e popolare, Istituti femminili, Ispezionie relazioni (1884-1902), b. 64, fasc. 137, s.fasc. 6, ms. autografo.

Roma, 9 settembre 1894

EccellenzaHo visitato in quest’anno scolastico alcuni istituti di Roma, attenendomi di

preferenza agli orfanotrofi e ad alcuni dei conservatori della Toscana.Come gli orfanotrofi in generale, anche questi di Roma si dividono in due

categorie, secondo che le orfane appartengano a famiglie di condizione civile odi bassa condizione.

In quelli della prima categoria le giovanette hanno o dovrebbero avere un’i-struzione più accurata, affinché ritornando in società possano riprendere il postoche vi occupavano i loro genitori e, costrette a guadagnarsi da vivere lo possanofare come istitutrici o maestre in modo confacente sempre alla loro condizione.

Negli altri di seconda categoria le giovanette hanno pure un’istruzione suffi-ciente, quella che può bastare ad ogni giovane, ad ogni madre del loro ceto, epoi vengono maggiormente addestrate nei lavori e nelle faccende domestiche,affinché trovino da vivere col proprio lavoro; sia come cucitrici, ricamatrici, ecc.ecc.; sia come donne di servizio più o meno fisse.

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1 Ancora alla fine del secolo, gli orfanotrofi, in larga parte gestiti da corporazioni religiose,troppo spesso non rispondevano allo scopo principale che si sarebbero dovuti proporre, quel-lo di preparare adeguatamente le orfane ad un’attività lavorativa che garantisse loro una deco-rosa sussistenza. Fragilità del mercato del lavoro e, in primo luogo proprio per le donne, rigidegerarchie sociali e scarsità di agganci tra istruzione e sbocchi occupazionali continuavano adimpedire di superare formule ibride, che riconfermavano il tradizionale primato del cucito, delricamo e della maglia, senza aprire nuove prospettive nel campo delle stesse “industrie femmi-nili” in espansione. Così, sia le orfane di condizione civile ma modesta, sia quelle appartenentiai ceti subalterni finivano per essere accomunate, all’interno degli istituti caritativi, dal comundenominatore di insegnamenti tradizionali e monchi, non raramente raccolti sotto la comodaetichetta di avviamento alle faccende della vita domestica, che suonava come un ripiego falsoe compromissorio di fronte ad ormai impellenti necessità di cambiamento.

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Fonti per la storia della scuola

Sono vere eccezioni gli istituti di Roma col convitto affidati a secolari; sicchéanche gli orfanotrofi, meno quello di San Michele, sono affidati a monache,suore, od oblate che sieno.

Tutte queste signore intendono che le loro alunne abbiano una buona edu-cazione di famiglia, come esse dicono, e che possano poi provvedere a se stessecol mezzo di ciò che hanno imparato.

Riescono nel loro intento?Fare delle brave donne di casa, diligenti, attente, capaci di supplire, almeno

in parte, la loro mamma, questo dipende molto dal criterio, dal buon senso delladirettrice, e ne conosco di queste, che ho notate nelle mie relazioni, e che hannoquesto scopo di mira, ed a questo tendono le loro ammonizioni, i loro consigli;spesso chiamano a sé le orfane più grandi per farsi aiutare in qualche cosa, e leincaricano di qualche ufficio speciale e delicato, sempre nell’intento che impari-no a regolarsi da sé quando saranno in famiglia. Se non tutte riescono bene,hanno certo la compiacenza di sapere che varie ritornate alla loro casa, o forma-tesi una famiglia propria, sanno governarla con saggezza, criterio, economia, edesserne veramente la benedizione, il conforto.

In quanto poi al dar loro un mezzo di sussistenza questo non è facile.Fra gli orfanotrofi per fanciulle di condizione civile, in quello della Divina

Provvidenza a Ripetta le educande hanno un corso completo di studi che fini-scono coi normali; imparano la lingua francese, alcune poche la musica, e beneassai i lavori; in quello di Anagni1 c’è pure il corso normale e vi è avviato uncorso professionale. Delle maestre però ce ne sono anche troppe, e le scuolenormali ne danno a sufficienza.

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1 Il Collegio Regina Margherita di Anagni per le figlie orfane dei maestri elementari sorsenel 1888. La sua fondazione fu promossa da Ruggero Bonghi col contributo del governo, dellaCasa reale, del comune di Anagni, del sindaco della città, dei maestri elementari e di altri enti obenefattori privati, come iniziativa parallela a quella del Collegio Principe di Napoli di Assisi, abeneficio degli orfani d’insegnanti elementari. Il regio decreto istitutivo del 31 ottobre 1888 loeresse in ente morale. Il collegio offriva il corso elementare, quello complementare e normale,corsi di musica, lingue e disegno per avviare le alunne alla carriera di istitutrici, e corsi di avvia-mento professionale. Secondo quanto riferì la stessa Guerrini in una relazione sull’ispezioneeffettuata all’istituto di Anagni a un decennio dalla fondazione e datata 25 gennaio 1898, lealunne si indirizzarono preferibilmente verso i corsi normali, mentre erano poco frequentatiquelli professionali: lezioni di agraria, laboratorio di fiori artificiali, di maglieria, sartoria, scuoladi cucito e ricamo (ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione primaria e popolare, Istituti femminili,Ispezioni e relazioni (1884-1902), b. 53, fasc. 109, s.fasc. 4). La diserzione dei corsi professio-nali – dal profilo peraltro piuttosto incerto – sarebbe anzi diventata un tratto tipico della vicen-da del collegio di Anagni, tanto da indurre la direzione e le autorità governative a interrogarsisulla necessità di radicali riforme dell’ordinamento degli studi varato con la nascita dell’istituto,che concedeva spazio ai corsi complementari e normali, indirizzati in quella sede ad alunne dimodestissima condizione sociale.

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Sezione XIII - L’istruzione professionale: modelli e sperimentazioni

Negli altri conservatori d’orfane di questa stessa categoria ci sono uno o dueanni al più di corso complementare dopo la quinta classe, e queste alunnepotrebbero andare istitutrici in quelle famiglie nelle quali i genitori si contentanodi mandare a scuola le loro figlie, sicché per gli studi, l’ufficio dell’istitutrice siriduce ad aver cura che le alunne facciano con diligenza i loro compiti. Ma oltrequesto i genitori pretendono che l’istitutrice parli bene qualche lingua straniera,conosca la musica ed il disegno, e sappia lavorare e ricamar bene.

In quanto al francese solo in qualche educatorio lo parlano bene; negli orfa-notrofi, lo studiano, ma in quanto a parlarlo si esercitano pochissimo e a stento,naturalmente, e la pronunzia non è buona; questo avviene un po’ perché leragazze lo studiano poco volentieri e le maestre non se ne curano molto. Lo stu-dio della musica lascia pure molto a desiderare in questi istituti, dove sono brevile lezioni, discreti gli insegnanti; poco il tempo destinato allo studio sul pia-noforte. Al disegno si applicano volentieri e con profitto quelle giovanette che vihanno genio e disposizione, ma non è forse insegnato abbastanza bene, inmodo che alla loro volta le orfane sappiano insegnarlo ad altri. Ad ogni modoquelle che l’hanno imparato possono avere anche da questo solo insegnamentoun mezzo di guadagno, purché si contentino di poco.

Queste orfane adunque hanno un campo limitato dal quale trarre il lorosostentamento, e alla fine parecchie devono ancora ricorrere al lavoro che certa-mente non è ben retribuito.

Negli orfanotrofi per fanciulle di bassa condizione si dà di solito l’istruzioneelementare completa; sono pochissimi quelli che si limitano alla sola obbligato-ria, ma si fanno piuttosto cessare dallo studio, dopo la terza classe, quelle giova-nette di così tarda intelligenza che sprecherebbero proprio il loro tempo nelleclassi superiori; e perciò dopo la terza si dedicano completamente al lavoro edalle faccende domestiche, e così tutte le altre dopo finito il corso elementare. Ilavori che imparano sono vari.

Lavori a maglia: calze, corpetti ecc. fatti coi ferri da calza e colla macchina;lavori all’uncinetto ed a rete.

Lavori di cucito in bianco, a mano, ed a macchina, cioè lavori d’ogni generedi biancheria: questi, come le calze, sono lavori indispensabili per tutte.

Poi ricamo in bianco, il quale se non è indispensabile in famiglia, lo è perchi voglia far lavori per commissione. Questi lavori si insegnano in tutti gli orfa-notrofi, ma non in tutti colla stessa precisione e col medesimo buon gusto.

È ancora necessario, perché le ragazze possano dedicarsi con profitto ailavori suddetti, che imparino a tagliare la biancheria; ma questo insegnamentonon è molto generalizzato. Vi sono quelle tre o quattro giovani più diligenti edattente, delle quali la maestra, dopo qualche prova, crede di potersi fidare a darloro a tagliare della tela od altra stoffa; ma eccetto quelle poche le altre sono

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Fonti per la storia della scuola

poco o punto esercitate in questo e non imparano.Tutte le orfane si esercitano ancora nell’accomodare, rammendare, rattoppa-

re la roba usata, cosa utilissima in famiglia anche se fatta un po’ alla buona, macon discernimento. I rammendi poi fatti alla perfezione darebbero sicuro guada-gno a chi volesse dedicarvisi; ma questo genere di lavori è trascurato; tanto cheil primo si fa poco bene, il secondo non si trova quasi più chi lo sappia fare edinsegnare. Sono pochi assai, forse uno o due gli istituti dove si insegnano benequesti rammendi e rattoppi.

In alcuni istituti si insegna il ricamo a colori, in seta e quello in oro; ma que-sto genere di ricami è difficile che riesca bene, se chi lo fa e chi lo dirige nonconosce il disegno, non ha buon gusto nella scelta dei colori, e allora l’esecuzio-ne per quanto buona non basta a dar pregio al ricamo.

Vengono poi i lavori di sarta. In tutti gli orfanotrofi le ragazze cuciono da sé ipropri vestiti; alcune più grandi e che hanno genio per questo, aiutano la suora chefa da sarta, provvisoriamente, a tagliare su certi modelli di carta, buoni per tutte, ivestiti delle loro compagne; ma non si può dire che questa sia una scuola di sartoria.Per questo ci vuole una buona maestra, e per averla bisogna pagarla bene, occorreaver delle commissioni continue e che ci sia un certo numero di ragazze dedicateesclusivamente a questo. Un insegnamento simile riesce bene nelle scuole profes-sionali come quella di Roma, dove le maestre sono brave e si possono pagar bene;dove c’è sempre un buon numero di alunne sarte per soddisfare alle commissioniche non mancano. Nei piccoli orfanotrofi dove bisogna sempre badare alla econo-mia, bisogna contentarsi che le ragazze imparino quel poco che possono, quasi dasé, e vadano poi ad imparare in una sartoria quando esciranno dall’istituto.

Lo stesso dicasi per altri bei lavori e professioni, per certi bei ricami pei qualiè necessario il suggerimento di un artista; per i fiori artificiali, per fare la profes-sione di modista ecc.; insegnamenti tutti che esigono molta spesa.

Io, come scrissi in alcune mie relazioni, avrei creduto ben fatto che le orfaneche mostravano disposizione per certe professioni, per le quali l’istituto nonpoteva fare la spesa necessaria, venissero mandate dall’orfanotrofio alla scuolaprofessionale di Roma, per gli ultimi due o tre anni che dette orfane doveanorimanere nell’orfanotrofio; ma questo provvedimento presenta certe difficoltàche non si sono ancora potute superare.

Ci sono certe professioni speciali, proprie di alcune provincie o di intiereregioni, che venivano coltivate in quegli orfanotrofi, i quali poi, passati sotto ladirezione di suore straniere, o anche solamente di altre province, avevano avutotrasformati i loro laboratori; in parte migliorati, se si vuole, ma furono poi trascuratiquegli insegnamenti di industria paesana. Questo non è accaduto nell’Orfanotrofiodi San Michele alla sezione femminile, dove c’è una scuola professionale discre-ta, e dove è mantenuta con buonissimi risultati l’arte di accomodare gli arazzi;

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mentre pur troppo quella di fabbricarli, che era vanto della sezione maschile, siva perdendo e non capisco come nessuno si curi di questo.

Un insegnamento che va via via generalizzandosi negli istituti di orfane, econ buoni risultati, è quello di stirare la biancheria; e tanto questo, quanto quel-lo dei lavori di maglia a macchina, si devono, credo, alla scuola professionale diRoma che dà brave giovani, le quali vanno ad insegnare volentieri la professioneimparata negli istituti. Forse col tempo avremo anche delle giovani sarte, chefaranno altrettanto, e negli orfanotrofi le ragazze impareranno, se non altro, atagliare ed a farsi bene i propri vestiti.

Veniamo ora alle faccende domestiche. In quanto a scopare, rifare i letti,spolverare, imparano tutte e cominciano dal fare quello che è meno faticoso,verso i dieci anni: bisogna però che sieno sorvegliate con molta cura, affinchéanche queste umili faccende sieno fatte con attenzione e diligenza, con certedate regole per evitare anche di rompere e rovinar qualche cosa. Devono poiaver cura della loro roba, spolverare prima di riporli i vestiti e le scarpe; maspesso chi sorveglia non guarda attentamente e le ragazze ripongono i lorovestiti ancora impolverati, macchiati e anche strappati.

Il bucato si fa negli orfanotrofi da lavandaie apposite; sarebbe troppa faticafarlo fare dalle ragazze se non sono proprio robuste, e mentre crescono non losono mai troppo. Però a me non dispiace che le ragazze più grandi, sempre conalcuna che le sorvegli, vadano a vedere come si fa il bucato, lavino anche qual-che piccola cosa, come i fazzoletti, la roba di colore, per la quale ci vuole piùattitudine che fatica, e imparino a smacchiare. Queste cose io raccomando sem-pre, ma temo si facciano poco.

Manca a tutte queste ragazze, quando escono dall’istituto, la conoscenzadelle quantità che occorrono per questa o quella cosa; sanno poco distinguernela qualità e non ne sanno il valore. Non sanno quanto pane, quanta pasta, quan-ta carne occorra per una famiglia di 4 o 5 persone.

È vero che negli orfanotrofi le ragazze vanno per turno in cucina ed in guar-daroba; ma lavorano come automi e ordinariamente non chiedono mai il perchédi ciò che fanno, come a nessuna delle sorveglianti viene in mente, o vuol averla noia di far loro prendere una misura, di far loro osservare questa o quella stof-fa, di far pesare il pane, la carne, di far loro osservare come si faccia cuocerequesta o quella vivanda, e perché le cose si fanno in questa o quella maniera.

Ordinariamente da un istituto non escono più di otto o dieci ragazze in unanno; io vorrei che quelle che stanno per l’ultimo anno venissero divise in duegruppi e attendessero alternativamente per una settimana o quindici giorni alguardaroba ed alla cucina (È naturale che non dovrebbero aver molto da studia-re in quell’anno).

Ci sono degli istituti nei quali le suore stesse vanno a comperare tela, stoffa

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per vestiti ed altre cose; io farei andare con loro una o due ragazze, vorrei chesapessero la quantità e la qualità di ciò che si deve comperare, e farei loro fare lanota delle spese di guardaroba e di cucina. Ma questo non si fa in quasi nessunodegli orfanotrofi, un po’ perché la suora obbedisce come un automa e non sa farnulla di sua iniziativa; molte volte perché si fa più presto a far da sé.

Se, venuta la sera, e finite queste faccende, le ragazze, radunate colla loromaestra o colla direttrice, rendessero loro conto del proprio operato, avrebberodalle suddette signore la spiegazione teorica di tutto ciò che hanno fatto nellagiornata e imparerebbero così a pensare ed a riflettere prima di fare qualunquecosa; la farebbero bene e prenderebbero amore a queste semplici ed umili occu-pazioni perché ne riconoscerebbero l’utilità.

Non so come sia ordinata l’École ménagère del Belgio (credo sia aBruxelles)1 ma ritengo che con un po’ di buona volontà e di riflessione potrem-mo fare anche noi delle brave donne di casa. Ma ci vogliono sempre maestre esorveglianti adatte, che abbiano dell’iniziativa, non degli automi.

Riguardo all’istruzione che si dà in questi orfanotrofi riesce sufficiente massi-me se alla teoria si ha cura di cogliere l’occasione opportuna per farne la praticaapplicazione. L’insegnamento delle monache è quasi sempre un po’ al di sotto diquello delle secolari, massime, come ho notato nelle mie relazioni, nelle classiinferiori e più di tutto nella prima che è scadente e poco ordinata. Questo pro-viene da varie cause: dall’essere le ragazzine abituate a vivere per la strada e nonconoscono disciplina di sorta; dall’essercene di quelle che non hanno frequenta-to l’asilo d’infanzia e non sanno nemmeno stare al loro posto; dall’essere spessoqueste scuole troppo numerose per una sola maestra. La maestra poi non sem-pre ha l’attitudine voluta per fare la scuola; si sa che le monache non possonoscegliere l’occupazione che preferiscono, ma devono attendere a quella che èloro imposta; oppure è poco pratica, od è una maestra vecchia e stanca che habisogno di riposo. Le direttrici di solito mettono la maestra più scadente ad inse-gnare in prima. È vero che non occorre essere scienziate per questa classe, mapiù d’ogni altra cosa la maestra dovrebbe avere l’arte di farsi intendere facilmen-

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1 In Italia la fama dell’école ménagère di matrice belga si sarebbe diffusa anche tramite lapubblicazione dell’edizione italiana del manuale di A. Rensonnet-Jones, istitutrice a Verviers.Col titolo Norme di economia domestica e dei lavori casalinghi, l’opera, promossa e finanziatadal noto industriale di Schio Alessandro Rossi poco prima della morte, fu pubblicata nel 1898 aMilano, presso la Società editrice libraria, a cura della famiglia di lui, ed ebbe fortuna, venendosubito riedita, in assenza di analoghi manuali italiani. Culla dell’insegnamento dell’economiadomestica, portato alla ribalta dal primo congresso internazionale dell’enseignement ménagertenuto a Friburgo nel 1908, fu, comunque, la Svizzera, il cui modello formativo avrebbe cono-sciuto, in questo settore dell’istruzione femminile, una larga diffusione in tutta Europa; cfr. G.HELLER, “Propre en ordre”. Habitation et vie domestique 1850-1930: l’exemple vaudois,Lausanne, Éditions d’en Bas, 1980.

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te, di tener attente le alunne rendendo piacevoli e chiare le sue lezioni, sicchésenza quasi accorgersene stessero quiete e in silenzio. Nelle classi seconda eterza le lezioni sono fatte con maggior profitto; in quarta e quinta le maestresono più intelligenti e colte e l’istruzione si compie bene.

In quasi tutti gli orfanotrofi della seconda categoria le direttrici si sono accor-te della necessità di far fare alle alunne, che hanno finito di studiare, degli eserci-zi di lingua e di aritmetica, perché non dimentichino le cose imparate; perciò onelle ore della sera o nelle giornate di giovedì e domenica queste ragazze siapplicano a qualche utile lettura ed agli esercizi suddetti.

È difficile cambiare interamente l’indirizzo degli orfanotrofi, ma si può sem-pre migliorarli proponendo via via delle modificazioni. E come se ne son fatteper rendere i locali più sani e comodi, così si può rendere anche l’insegnamentopiù utile e proficuo.

Intanto io direi negli orfanotrofi di fanciulle di condizione civile si dovrebbeinsegnar bene una o due lingue, il disegno, il lavoro, il ricamo, i lavori di fantasiae la musica, a quelle che vi hanno attitudine. Non importa che diventino propriomaestre nella musica, ma che quel poco lo sappiano bene, ma che sappianoattendere allo studio delle giovanette a loro affidate, se scelgono di fare l’istitutri-ce, di accompagnarle col piano se cantano.

Negli altri orfanotrofi si dovrebbe, dopo che le giovanette hanno imparatotutto il lavoro necessario in famiglia, procurare in qualche modo che ciascuna siperfezioni in quella professione alla quale non solo si sente inclinata, ma vi hauna speciale attitudine.

Le une e le altre devono attendere alle domestiche faccende, e, nell’ultimoanno di educazione, con particolar cura, come ho già accennato.

Io vorrei che il detto di Sant’Agostino: Age quod agis fosse scritto su tutti gliusci di un istituto, da quello che introduce alla scuola dove si fanno gli studi piùseri, a quello dove si attende alle occupazioni più semplici ed umili.[...]

Della Eccellenza VostraDevotissima

Marietta Guerrini

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Considerazioni e proposte di Ernestina Dal Co Viganò 1 sull’istruzione professio-nale femminile.

ACS, MPI, Dir. gen. per l’istruzione media (1897-1910), b. 396, fasc. «19. Pisa -Volterra. 1907», datt. con firma autografa2.

Onorata dell’incarico di ispezionare il R. Conservatorio di S. Pietro in S. Linoa Volterra, eseguii il compito mio partendo da Roma, e impiegando nell’ispezio-ne l’ultima settimana del luglio scorso.

Le lezioni regolari erano terminate e le allieve si preparavano per gli esamiche dovevano incominciare a giorni; ad ogni modo, la condizione anormaledella scolaresca non nocque affatto al mio scopo, giacché, se ben compresi l’in-tento del ministero, nell’affidarmi quella ispezione, io dovevo volgere la miaattenzione sulle trasformazioni compiutesi in quel conservatorio, dal 1904 inpoi3; sull’opera della direttrice, signora Ines Viola e sulle attitudini di lei, nel reg-gere quell’istituto.

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1 Ernesta Dal Co, sposata Viganò, nel 1907 direttrice di scuola normale in aspettativa, findal 1896, secondo quanto da lei stessa affermato, si era impegnata nella lotta contro le discri-minazioni di cui erano oggetto le maestre e le insegnanti di scuole secondarie da parte deicomuni e del governo rispetto ai colleghi maschi. Collaborò con l’«Unione femminile» di ErsiliaMajno Bronzini a partire dall’ottobre 1903 e scrisse su «La Corrente», espressione dell’Associazionemilanese fra gli insegnanti delle scuole medie sorta nel 1901, un settimanale che non nascosele sue simpatie per il socialismo riformista di Turati e si batté energicamente a difesa della lai-cità della scuola. La Dal Co fu attiva in seno al Consiglio nazionale delle donne italiane; nel1923 intervenne su «Attività femminile sociale» per protestare contro le pesanti restrizioni allapresenza delle donne nella scuola secondaria volute dalla riforma Gentile. Cfr. E. DAL CO, Lapensione ai figli delle maestre, in «Unione femminile», ottobre 1903, p. 163 e S. SOLDANI, LoStato e il lavoro delle donne… cit., p. 50.

2 La relazione, priva di data, fu inviata al ministero con lettera di accompagnamento dell’11aprile 1907.

3 Grazie alle iniziative promosse dal principe Piero Ginori Conti in qualità di commissarioregio, presso il conservatorio erano state aperte, tra il 1903 e il 1904, una scuola tecnica e unascuola professionale che disponeva di cinque laboratori (ricamo in seta e oro, confezione dibiancheria, trine e rammendo, sartoria, ricamo in bianco). I sussidi ottenuti dal Ministero della

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Generalità. Trasformazioni fatte nell’istituto. Criteri seguiti nelle trasformazioni

Venendo alla prima parte dell’opera mia, io noto che le trasformazioni avve-nute nel R. Conservatorio di Volterra sono di grandissima importanza, non soloper se stesse, ma come studio, come norma, per rimodernare, in seguito, moltiistituti femminili del Regno, e in particolar modo i conservatori della Toscana.

L’educazione e l’istruzione femminile sono state molto trascurate fino adoggi: tranne le scuole normali che hanno uno scopo professionale specialissimo,tranne pochi collegi reali, dove si impartisce un’istruzione adatta solo per lefiglie di famiglie ricche e aristocratiche, e da qualche anno, alcune scuole tecni-che, il governo non fornisce altro genere di scuole per le donne; eppure le esi-genze della nostra società aprono un vasto campo all’attività femminile.Studiando, con ispirito di modernità, tutte le manifestazioni a cui può dedicarsila donna e che furono finora ingiusto monopolio dell’uomo, si sente natural-mente il bisogno di trasformare tanti istituti che ora vivono di vita stentata, atro-fizzata dalle resipiscenze del passato, per creare tipi differenti di scuole, concaratteri speciali, con intonazioni diverse, a seconda delle esigenze pratiche edelle condizioni del paese in cui si trovano.

Questo farà comprendere come io non intenda che si debbano dappertuttocopiare le modificazioni introdotte nel R. Conservatorio di S. Lino in S. Pietro,sibbene seguire il concetto che lo ha trasformato.

A Volterra si è istituita una scuola tecnica e una scuola professionale; altri tipidi scuola si possono aprire negli altri istituti, la maggior parte dei quali necessitadi radicali trasformazioni.

In genere, credo utile abolire, in tutti i conservatori, il corso normale; perl’insegnamento magistrale vi sono le scuole apposite; dove, con un buon nume-ro di professori, con mezzi sufficienti - musei, gabinetti, scuole di tirocinio, ecc. -si può dare un’istruzione professionale più completa e garantita. Nei piccoli cen-tri, questa idea di abolire il corso normale sarà probabilmente combattuta, peruna certa ambizioncella delle piccole città, o anche per interessi personali che

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pubblica istruzione e da quello dell’agricoltura avevano contribuito alla realizzazione del pro-getto di Ginori Conti, dal 1898 presidente del Consiglio direttivo della fiorentina Scuola femmi-nile d’arti e mestieri, riconosciuta come regia scuola femminile professionale proprio grazie alsuo assiduo interessamento. Ben diversa però era la situazione dell’istituto di un centro minorecome Volterra, lontano per di più da qualunque importante via di comunicazione. Secondoquanto afferma nella seconda parte della sua relazione Ernesta Dal Co Viganò, le scuole istitui-te nel conservatorio, che in passato aveva sofferto degli effetti deleteri di lunghi periodi di cat-tiva amministrazione, stentavano a decollare anche per la concorrenza del locale Istituto diS. Caterina, tenuto da religiose, nonché della stessa scuola tecnica maschile della città, cheaccettava alunne nelle sue classi.

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possono venire lesi; ma si debbono superare queste lotte, per raggiungere unoscopo pratico. Con pochi mezzi non si potrà mai avere un numero di bravi pro-fessori, sufficienti per l’insegnamento delle numerose materie del corso normale;oltre che non ne varrebbe la spesa, per quell’esiguo numero di candidate aldiploma di maestre che questi istituti danno a intervalli e con quei meschinirisultati che i direttori di scuole normali possono attestare.

Differenti tipi di istituti

Ammessa l’idea di abolire il corso magistrale, come ha fatto giustamente ilConservatorio di Volterra, questi istituti potrebbero fondare, a seconda dell’am-biente, - dei corsi tecnici o complementari di coltura generale - dei corsi per isti-tutrici, per bonnes e bambinaie, dei corsi professionali di telegrafia, telefonia,dattilografia, stenografia - delle scuole di ricamo, taglio, confezione, tessitura,passamaneria, pizzi, maglieria, cartonaggio - dei corsi di disegno applicabileall’industria, di plastica, di pittura su stoffe, su ceramica ecc. Richiamo l’attenzio-ne del ministero sulle istitutrici; si pensi seriamente che, rispetto all’istruzioneprivata, l’Italia è interamente tributaria alle nazioni straniere; le nostre giovaninon vanno all’estero come istitutrici, le famiglie signorili italiane ricorrono tutte asignorine forestiere, che, pur avendo la coltura e la pratica atta allo scopo, fansentire qualcosa di esotico, di antinazionale nella loro missione educativa.Rammenterò, a proposito, che i nostri sovrani, per l’allevamento dei principini,hanno ricorso a bonnes inglesi, giacché l’Inghilterra ha buone scuole per questoimportantissimo scopo.

All’intento gioverebbero assai gli scambi internazionali tra le allieve e laaccettazione di insegnanti straniere alla pari, come si fa all’estero.

Sarebbe pure assai utile iniziare degli istituti più modesti, per creare dellebuone cameriere, delle buone infermiere, delle massaie di campagna, e a ciò sipresterebbero assai bene tanti orfanotrofi di tutto il Regno e molti Collegi di Mariadella Sicilia, i quali finora hanno avuto la triste prerogativa di creare delle spostate.

Le società mutano intimamente il loro organismo e noi, se vogliamo renderepratica ed efficace la nostra educazione, dobbiamo, soprattutto con le scuole,seguire intelligentemente queste mutazioni, che sono un portato ineluttabile deitempi. Così, nella società presente, l’uomo non è più il solo sostegno della fami-glia; una buona parte delle nostre donne deve lavorare per vivere. Alle donnedelle classi agiate sono aperte le università, le accademie maschili, quindi quasitutti i campi letterari, artistici e scientifici; ma ben poco si fa per la donna di umilicondizioni che, con grande stento e grandi sacrifizi, impara un mestiere. Ilgoverno, i municipi hanno mai pensato a perfezionare l’opera dell’operaia,come continuamente si cerca di migliorare quella del suo compagno? E quante

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sorgenti di attività, di ricchezza, di moralità si possono avere, con buone scuoleoperaie! Alcune intelligenti gentildonne, con a capo le nostre illuminate regine,hanno incoraggiato l’attività muliebre e l’istituzione delle “Industrie femminili”(le quali hanno così bene esplicato l’opera loro all’esposizione di Milano), hascoperto dei tesori di arte, dalle trine della Valesia [Valsesia?], dai pizzi del Venetoe di Cantù, ai tessuti di Perugia, alle paglie della Toscana, ai ricami della Sicilia.Ma quanti campi ancora inesplorati per l’attività muliebre: vetro, corallo, plasti-ca, intaglio ecc. ecc.

In molti sussiste ancora il timore della concorrenza che può fare la donnaall’uomo: ma il miglior lavoro, il maggior guadagno della donna va, in ultimaanalisi, a vantaggio dell’uomo stesso che ne è il padre, il fratello, il marito.

Nei miei viaggi all’estero ho studiato con amore i diversi tipi di scuole e diistituti che con tanto senno pratico funzionano in Inghilterra, in Isvizzera, inAustria, in Germania, in Francia, nel Belgio. Quello che per tanti in Italia puòparere un’utopia, in altri paesi è un fatto reale e funziona, dando ottimi risultati.

Da molti anni io propugno l’idea dei collegi femminili industriali e sopratut-to dei collegi femminili agrari (vedi conferenza al Congresso delle maestre -Como 1900), nei quali si potrebbero trasformare certi collegi che oggidì consu-mano le loro rendite, senza raggiungere uno scopo proficuo.

La scuola agraria

La scuola femminile agraria potrebbe dare ottimi risultati in Italia.Intendiamoci: non alla donna spettano i grandi lavori di agricoltura; ma essapuò, molto opportunamente, occuparsi di certi prodotti, come la canapa e illino; essa può, con grande vantaggio, dedicarsi all’orticoltura, alla floricoltura,all’allevamento dei polli, alla bachicoltura, alla produzione lucrosa delle primi-zie. Inoltre, molte piccole industrie campestri debbono essere sviluppate dalledonne, specialmente durante il lungo periodo invernale. L’agricoltura può dun-que offrire alla donna nuovi mezzi di guadagno, senza allontanarla dalla suacasa, senza bisogno di grande impiego di forze, ma solo di cure diligenti e dicostanza, ciò che corrisponde al carattere muliebre.

Il senatore Pecile1, che tanto caldeggiava la donna agricoltore, dice che essa

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1 Gabriele Luigi Pecile (Fagagna, Udine, 11 novembre 1826 - 27 novembre 1902). Sindacodi Udine, deputato dalla IX alla XI legislatura, senatore del Regno dal 1880, si adoperò attiva-mente, tra l’altro, per lo sviluppo e la trasformazione del Collegio Uccellis di Udine – di ammi-nistrazione prima provinciale e poi comunale, ma di peso e richiamo ben più ampi e punto diriferimento per le province italiane di oltre confine – in educandato femminile governativo (latrasformazione venne poi approvata con r.d. 5 nov. 1909 n. 535). Nei programmi di studio del-l’istituto, nel quale funzionavano una scuola elementare, una scuola complementare pareggia-

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Fonti per la storia della scuola

è chiamata, per naturale progresso evolutivo dei tempi moderni, a portare nell’a-gricoltura un valido contributo di intelligente lavoro.

La Francia ha istituito delle fattorie scuole, fra cui due latterie e una scuola dibachicoltura, esclusivamente per donne; la signora Anna Clemmer, in America,ha istituito le scuole latterie del Colorado; la signora Leawit nel Connecticut hainiziato la floricoltura per la donna; in Inghilterra, nella sola contea di Kent, vi èuna scuola agraria per donne e una scuola di apicoltura; la baronessa Budberg,coll’appoggio del suo governo, ha istituito in Russia una scuola per donne agri-coltore1. In Germania, in Austria, nel Belgio poi sono numerosissime le scuoleagrarie e le professionali femminili; ho visitato una scuola di caseificio pressoKlagenfurt, in Carinzia; un’altra agricola a Bromberg, scuole di cucina aDarmstadt, a Dresda, a Dessau, a Berlino, la scuola agricola di Saint With [Saint-Vith] sulla frontiera belga e una scuola di pizzi a Bruxelles. È necessario, nellanostra educazione, rimettere in onore il lavoro manuale e far comprendere chenessuna occupazione è degradante, quando è esercitata da persone intelligenti,istruite e di coscienza.

Dunque i convitti, i r. conservatori, gli orfanotrofi potrebbero trasformarsi inistituti aventi differenti tipi, e principalmente i 4 tipi seguenti:

1° Scuole di coltura generale - scuole per istitutrici, bambinaie ecc.2° Scuole tecniche commerciali3° Scuole professionali-industriali4° Scuole rurali - fattorie, caseifici ecc.

Insegnamento domestico

In tutti gli istituti di cui ho parlato - e ciò dovrebbe farsi anche per le scuoleesterne - vi dovrebbero essere corsi di economia domestica, di stiro, di igiene e

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ta, un corso normale, un corso «famigliare», aveva speciale rilievo, tra gli altri, l’insegnamentodi agraria. «Un insegnamento importante per fanciulle che sono in gran parte figlie di proprie-tari è da riguardarsi quello dei rudimenti di agraria, della floricoltura, bachicoltura e della eco-nomia domestica, che viene impartito da una gentile signorina, allieva della sezione di magi-stero per insegnanti di agraria presso la nostra scuola normale». Cfr. G. L. PECILE, Commissariaed Istituto Uccellis. Cenni, note, richiami, appunti polemici con Memorie inedite di CaterinaPercoto, Udine, Tip. Marco Bardusco, 1900, p. 54 (MPI, Dir. gen. per l’istruzione media 1897-1919, b. 406, fasc. «19. Udine. Collegio Uccellis 1909»).

1 Qualche informazione sui corsi di agricoltura per donne istituiti a Mosca e Pietroburgo agliinizi del Novecento per impulso di una Società per promuovere l’istruzione agricola delle donnefondata alla fine del secolo precedente si rintraccia in L’insegnamento agrario nella scuola nor-male femminile, a firma «C.P.» (Cornelia Polesso), in «Unione femminile», dicembre 1903, pp. 200-204. La rivista dell’Unione femminile si occupò attivamente dell’istruzione agraria per le donne;cfr. anche C. POLESSO, La donna e l’agricoltura, in «Unione femminile», giugno 1903, pp. 93-95.

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Sezione XIII - L’istruzione professionale: modelli e sperimentazioni

di cucina, applicando il principio del Gabelli che «alla donna si deve insegnare lafilosofia domestica, scienza che s’introduce in ogni ripostiglio della casa, ches’accomoda non meno in sala che nelle camere da letto, in dispensa e incucina»1. E questa è scienza pratica, tolta dall’esperienza giornaliera della vita eche a lei ritorna in svariate e proficue occupazioni. L’arte culinaria, che con tantaincertezza e titubanza si comincia a tentare in alcune nostre scuole private, vantanelle altre nazioni cattedre importantissime e numerose, dalle scuole popolari aipolitecnici femminili. Nei collegi, dove è la vita interna, riesce più facile insegna-re quest’arte, come pure non deve essere difficile l’applicazione pratica dell’igie-ne e della pulizia domestica, la cura della biancheria: lavatura, stiratura ecc. Esopratutto si tenga di mira, nella giovinetta che ci sta davanti, la futura madre.

Anche dedita alle arti, alle scienze, alle industrie, la donna non rinuncia, persua natura, alla famiglia; quindi dobbiamo praticamente educarla per questo; se purnon sarà madre, avrà sempre occasione di espandere il sentimento della maternitào nella famiglia stessa, o nella scuola, o nell’opera pietosa della beneficenza.

E pensare che, per quanto i pediatri si raccomandino, in nessuna nostrascuola si parla dell’igiene della maternità, dell’allevamento del bambino e cosìpiù della metà dei bimbi muore, prima di arrivare alla pubertà. L’ignoranza, ipregiudizi, gli errori sono gli angeli custodi che vegliano ai lati della culla.

L’allevamento del bambino è tutt’altro che cosa facile; esso richiede millecure, mille attenzioni; il bambino è in mezzo a un’infinità di pericoli che nontoccano i grandi e che bisogna ben conoscere per preservarnelo. Vorrei dunqueche negli istituti femminili, bandendo tanti vieti pregiudizi, fossero date, da unmedico, alle giovinette maggiori di età, lezioni di igiene sulla maternità e sull’al-levamento dei bimbi.[...]

Ringrazio l’E.V. per l’onore datomi, e sempre pronta a prestarmi in favoredell’educazione femminile a cui ho dedicato tutta la mia vita, con profondo osse-quio mi dichiaro

della S.V.I.Devotissima

Ernestina Dal Co Viganò

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1 Citato liberamente da A. GABELLI, L’Italia e l’istruzione femminile…cit., pp. 149-150.

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Abate Nicola, 299n, 304Accetto Rosalia, 381, 382Acerbi Antonio, 28nAcquaviva Teresa, 151Adone Pasquale, 142Agostini Domenico, 367nAgostini Gianjacopo, 431 e n, 437Albano Giuseppina, 151Albertini Alessandro, 304Aleardi Aleardo, 36, 170 e n, 173n,

175n, 178n, 179Alemanni Tersilla, 463Alessandri Antonietta, 400, 402 e n,

404, 407Alfieri Amalia, 174 e nAlfieri di Sostegno Carlo, 46nAliata di Saponara, 205Alleva, 436Allievi Antonio, 175nAmari Michele, 94n, 269nAmati Amato, 85 e nAmbrosi, 263Amidei Maria, 151Amodio Carolina, 299Andreucci Ottavio, 88nAngarano Maria, 488nAntinori F., 189Aquarone Alberto, 86nArcangeli, 435Arese Francesco, 158nArese Lucia, 158 e nAriani Pasqua, 301, 302Arrighi Giusti Irma, 449 e n, 450 e n,

452, 453Arrighi Giusti Maria, 452, 454

Arrighi Reparata, 465Arrigoni Elisabetta, 151Arrivabene Giovanni, 44nAsburgo-Lorena Ranieri di, arciduca

d’Austria, viceré del Lombardo-Veneto, 175

Attanasio Teresa, 151Azara Antonio, 49n

Baccelli Guido, 44, 47, 107, 116Bacchetti Flavia, 235nBaciocchi Felice, principe di Lucca e

di Piombino, 395nBaer Ottavia, 151Baggiolini Mario, 208nBalbi Adriano, 168nBalduzzi Pier Felice, 200 e n, 202Balsamo Giuseppe Eugenio, 63, 64nBarat Madeleine Sophie, 401nBarbarulli Clotilde, 56nBarbèra Gaspero, 157nBarberis Giuseppe, 292 e nBarbò Orombelli Fanny, 323Bardesono di Rigras Cesare, 208n,

209 e nBargilli Sofia, 461Bargoni Angelo, 53, 76n, 202n, 217n,

220n, 444 e n, 445Bartolini Faliero, 463Barusso Luigi, 368 e nBaschirotto Antonio, 66nBasso Rosanna, 23n, 64n, 77n, 389nBeccadelli Pietro, 210nBeccari Gualberta Alaide, 81nBelfiore Giulia, 151

INDICE DEI NOMI

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Fonti per la storia della scuola

Bellotti Cesira, 172nBenaglio Giuseppe, 362nBenoit Carolina, 151Bergoën Aristide, 249Bermondi Edoardo, 193 e nBernardini, 402nBertacchi Leopoldo, 189Berthier Luigi, 382Berti Domenico, 97, 105Berti Luigi, 366nBertilotti Teresa, 30nBertola Arnaldo, 49nBertoldi Alfonso, 460Bertoni Jovine Dina, 29n, 31nBetri Maria Luisa, 58nBetti Carmen, 27n, 31n, 47n, 67n, 86n,

89nBetti Enrico, 384 e nBevilacqua Alessandra, 402n, 409Biagianti Ivo, 370nBianchi Angelo, 36nBianchi Celestino, 157nBidolli Anna Pia, 81nBigaran Mariapia, 75nBildstein Maria, 400, 402 e n, 404Billi Elena, 151Bini Saverio, 189Biondini Giovanni, 275n, 290-294Biraghi Luigi, 388nBissolati Leonida, 86, 87Bixio Nino, 206nBliss Gould Emily, 56nBolasco Francesco, 47n, 341nBonadonna Alfonsina, 326Bonazia v. Buonazia GirolamoBoncinelli Maria, 463Bonetta Gaetano, 27n, 44n, 50n, 86n,

98nBonghi Ruggero, 57, 60, 106, 415n, 502nBonini Giuseppe, 55n

Bordiga Erminia, 39nBorghese Francesco, 66nBorghese Marcantonio, 66nBorghezio Gino, 66nBorgogno Giuseppe, 334Boschetti, 277Bosco Giovanni, 278n, 405n, 406nBoselli Paolo, 52 e n, 77n, 84n, 95,

98n, 103n, 121n, 122n, 250n, 253n,323n, 337, 340 e n, 345, 374n

Bozzi Isolina, 151Braido Pietro, 403nBrigidi Diomiro, 190Brioschi Francesco, 94nBroglio Emilio, 415nBronzuoli Francesco, 156nBrunat Caterina, 174n, 175nBruni Grimaldi Nicola, 275 e n, 277,

284, 290 e n, 291Bruttini Tiziana, 443nBucci Sante, 36nBudberg, baronessa, 512Buonamici Ranieri, 43, 189Buonazia Girolamo, 26n, 43, 44 e n,

45 e n, 46n, 51n, 56, 68n, 95n, 102,103, 154 e n

Buttafuoco Annarita, 81n, 87n, 322n

Caccia Adele, 353 e n, 356, 359, 360,363, 364, 366

Cacioppo Concetta, 210, 211, 213Caffiero Marina, 72nCaimi Luciano, 34nCairoli Benedetto, 483nCalvino Manacorda Valeria, 51nCalvino Salvatore, 39n, 51 e n, 52, 160nCalvo-Mecocci Emma, 127n, 465n,

467, 476 e n, 480Camaiani Pier Giorgio, 65nCamerani Sergio, 183n

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Indice dei nomi

Cammarano Eleonora, 151Cammarota Gaetano, 168nCampacci Cesare, 460Canger Paolina, 151Cann Theophilus C., 436nCanossa Maddalena di, 321nCantarutti Ludovica, 235nCantelli Girolamo, 42, 184 e n, 186 e nCantoni Fulvio, 60nCantoni Giovanni, 204n, 285 e nCapece Minutolo Adelaide, 135nCapitanio Bartolomea, 73nCapuana Luigi, 49nCaravita Sirignano Aurora, 151Carazzolo Alvise, 363 e nCarbonati Domenico, 187 e n, 188n, 189Carbone Domenico, 46nCardini Giulio, 475Cardosi-Carrara Antonio, 190Carducci Giosuè, 450, 457nCarlini Teresa, 402 e n, 409Carmina Gaetano, 211Carpentieri Maria, 151Carraglia Enrico, 267 e n, 269n, 275Carrera Giulia, 423Carrillo Clelia, 151Carrillo Maddalena, 151Carucci Paola, 109n, 131Casalini Angela, 299Casalini Elisa, 402n, 405Casalini Maria, 87nCasalini Sofia, 300Casati Gabrio, 21 e n, 25, 62, 65, 71n,

72n, 76, 91, 100 e n, 104, 105,249n, 300n, 345, 346

Casella Mario, 69nCassitto Erminia, 317Castelli Giuseppe, 24, 25 e n, 70, 83n,

85 e n, 86, 88, 103 e n, 104, 123, 125Castriota Scanderbegh Giorgio, 299 e n

Casuccini, 397Cavaccini Carmela, 300Cavaccini Elisabetta, 300Cavallo Sandra, 28nCavour Camillo Benso, conte di, 209Ceci Giuseppe, 136n, 152n, 418nCenni Maria, 151Centini Anna, 264nCeramelli Francesco, 190Chiesi Luigi, 219n, 220 e n, 222Chinaglia Luigi, 363 e n, 367nChiosso Giorgio, 299nChittolini Giorgio, 63nCiammitti Luisa, 28nCiampi Gabriella, 152nCibrario Luigi, 94nCicalese Maria Luisa, 86nCiccone Leopoldo, 436Cima Antonio, 67 e nCimarosa Domenico, 178 e nCimati Camillo, 95Cimino Folliero De Luna Aurelia, 80 e

n, 81nCioci Luisa, 463Ciotti Giuseppe, 164, 166Citterio Ferdinando, 40nCives Giacomo, 76nClavarini Gonella Assunta, 464Clemmer Anna, 512Coccartelli Olimpia, 402n, 405Codignola Ernesto, 147nCoen Valentina, 80nColetti Domenico, 368nColi Agostina, 452, 453Coli Pietro, 190Collacchioni Giambattista, 355 e nColombo Giulia, 151Colonna Vittoria, 151Combes Justin-Louis-Emile, 85Comini Federico, 67n

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Fonti per la storia della scuola

Congnet Angelica, 326Conte Gambinossi Teresa, v.

Gambinossi Conte TeresaConti Augusto, 46nConti Jonni Maria, 62, 77 e nContini Alessandra, 30nCoppi M. Maddalena, 265Coppino Michele, 26n, 42, 67n, 76, 80

e n, 86, 93, 103, 105, 209n, 238,364, 366n, 367n, 369, 370 e n, 371

Corradini Pietro Marcellino, 48, 98n,197, 198

Correnti Cesare, 41 e n, 59, 106, 112, 117e n, 235 e n, 237, 340n, 347n, 357n

Corsini Piero, 46nCorsini Tommaso, 456Corte Clemente, 45 e n, 46Costa Sarino Armando, 50nCostantini Settimio, 44 e n, 45, 304 e

n, 313n, 353n, 372, 415n, 418Covato Carmela, 23nCredaro Luigi, 83nCrimi Alfio, 49nCrinò Michele, 198Crispi Francesco, 69n, 76n, 79, 304n,

347n, 483nCrocco, v. Donatelli CarmineCrosa di Vergagni Agostino, 336, 337,

340Crosa di Vergagni Nicolò, 336Cucchi Giovanni, 189Cugini Maria Maddalena, 272

Dal Co Viganò Ernesta, 86n, 127n, 508e n, 509n, 513

Dal Corona Bartolomeo, 155nDall’Ongaro Francesco, 332nD’Ambrosio Ettore, 476 e nD’Amelio Giuliana, 69nD’Ancona Alessandro, 457n

D’Ancona Filomena, 402n, 408Dandolo Enrico, 279D’Anna Riccardo, 332nDante Alighieri, 177Dau Novelli Cecilia, 71nDazzi Pietro, 43 e n, 44n, 334De Cesare Raffaele, 434nDe Charry Jeanne, 403nDecleva Enrico, 85nDe Eccher Alberto, 458n, 460 e nDe Fort Ester, 21n, 25n, 29n, 58n, 59n,

78n, 82n, 85n, 86nDe Gasperis Annibale, 142 e nDe Gemmis Nicola, 304De Gérando Joseph, 136nDe Gioannis A., v. De Giovannis

AlbertoDe Giorgi Fulvio, 68n, 69n, 73nDe Giovannis Alberto, 164, 166De Gubernatis Angelo, 85n, 332n, 455nDejob Charles, 36nDe Lattai Maria, 402nDel Balzo Pignatelli Adelaide, 487 e nde Liguoro Giulia, 151Della Peruta Franco, 75n, 76nDe Lorenzo Giuseppe, 88nDel Pozzo, 471Del Rosso, 355De Luca-Aprile Girolamo, 53nDe Luca Nicola, 270 e nDe Luna Cecilia, v. Folliero De Luna

CeciliaDe Micheli Amalia, 333Demitry Attilio, 301de’ Nobili Emmanuele, 150de’ Nobili Giovanna, 151De Pasquali Luigia, 333De Petra Giulio, 421De Philippis Teresa, 328Depretis Agostino, 444n

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Indice dei nomi

De Renzi Salvatore, 152 e n, 154De Rossi Gerolamo, 190De Sanctis Francesco, 35, 44, 46 e n,

96, 151n, 160n, 418nde Silva Barbara, 151De Simone Luigi Giuseppe, 63, 64nDe Simone-Paladini Annina, 64nDe Vivo Francesco, 277nDi Bello Giulia, 21n, 410n, 447nDimarco Eugenio, 198Di Marzo Donato, 316 e nDionisi Luigi, 304Dominichetti Teresa, 326Donatelli Carmine (Crocco), 65Dordoni Annarosa, 72nDurelli Concetta, 151Dusmet Bianca, 151

Eccher Alberto, v. De Eccher AlbertoEenens Camille, 157nEmery Angela, 452, 453Emiliani Giuseppe Maria, 228nEula Ernesto, 49n

Faà di Bruno Emilio, 158 nFaà di Bruno Virginia, 158nFabianelli Fabio, 477nFaccini Luigi, 23nFaenzi Pietro, 190Fagnani, marchese, 323Failla Domenico, 84nFailli Rosalia, 348Falciai Angelo, 190Falorsi Guido, 457 e nFalsini Benigno, 86nFanghella Luisa, 151Fantappiè Carlo, 40n, 370n, 443nFantozzi Micali Osanna, 40n, 370nFarini Luigi Carlo, 209n, 220n, 267n,

268 e n

Farini Pellegrino, 147 e nFarrel-Vinay Giovanna, 75n, 79nFattorini Emma, 68nFazio Ida, 49nFerdinando II di Borbone, re delle

Due Sicilie, 150Ferdinando III di Borbone, re di

Sicilia, 160nFerdinando III di Lorena, granduca di

Toscana, 186n, 370 e nFerrante Lucia, 28nFerrari Bravo Clotilde, 168 e n, 170Ferrario Carlotta, 41 e nFerraris Federico, 312, 313Ferrerati Emma, 402n, 408Ferretti Salvatore, 56nFieschi Agostino, 336Fieschi Carlotta, 336Fieschi Domenico, 332, 338, 339Fieschi Ettore, 336Fieschi Ravaschieri, duchessa, 430Filipponi, 400Finizio Sibillina, 348Fione Giuseppa, 301, 302Fioravanti Gigliola, 130nFiore Vincenzo, 435Fiorelli Emilio, 435Fiorelli Giuseppe, 247, 358 Flauti Vincenzo, 421Flores Ferdinando, 435Fojanesi Rapisardi Giselda, 331 e n,

332n, 336Folini Paolo, 191Folliero De Luna Aurelia, v. Cimino

Folliero De Luna Aurelia Folliero De Luna Cecilia, 80nFornaciari Giuseppe, 268Fornaciari Luigi, 142 e nFraggiacomo Angelo, 304Franceschi Goffredo, 382 e n, 383

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Fonti per la storia della scuola

Francesco II di Borbone, re delle DueSicilie, 150

Franchini Silvia, 28n, 34n, 36n, 38n,40n, 53n, 58n, 71n, 75n, 89n, 102n,155n, 156n, 157n, 172n, 185n,186n, 188n, 239

Francia Leopoldo, 464Franco Giovanni Giuseppe, 27nFrassoni Agostina, 272Frigeri Luisa, 151Frijhoff Willem, 31Fröbel Friedrich Wilhelm August, 56nFuà Fusinato Erminia, 59

Gabbotti, 278Gabelli Aristide, 53n, 56, 100n, 238,

243, 513 e nGaio Olimpia, 463Gaiotti De Biase Paola, 68nGalasso Antonio, 435Galeotti Leopoldo, 45 e n, 47 e nGalli Maria Giuseppa, 317Gallo Nicolò, 24, 25n, 52n, 70 e n, 71n

74n, 85 e n, 88n, 103n, 160n, 384n,399

Gallo, 348Gambarini Raffaele, 190Gambi Lucio, 218nGambinossi Conte Teresa, 462, 464Garabini Gertrude, 465Gardner Alice Maude, 55nGaribaldi Giuseppe, 218Garibaldi Rosa, 333Gatteschi Lela, 55nGavigan John Joseph, 269nGentile Giovanni, 508nGerosa Vincenza, 73nGesuati Maria, 277Ghivizzani Antonio, 249Ghizzoni Carla, 34n

Gigli Marchetti Ada, 71nGiglioli Casella Costanza, 81nGinori Conti Piero, 508, 509nGinori Lisci Lorenzo, 189Gioda Carlo, 54, 71n, 77n, 103 e n,

250n, 323n, 340 e n, 342n, 346,347, 362n, 368

Giorgetti Maria, 454Giorni, 359Giovagnoli Francesco, 355nGiovanetti Angiolina, 461Giuliani Giulia, 151Giuliani Giulio, 449, 452Giuseppe Bonaparte, re di Napoli,

135nGoiorani Maria Eletta, 460Gojorani Ciro, 207 e nGraglia Rosalba, 23nGriffoli Giuseppe, 190Grisanti Antonio, 272Groppi Angela, 23n, 28n, 78nGuarnacchelli, 210Guasti Cesare, 43 e n, 44 e n, 48 e nGuazza Amalia, 174 e nGuerrini Marietta, 41n, 43 e n, 60n,

61n, 63, 64n, 77n, 229 e n, 232,243, 253 e n, 255n, 257, 306, 312,313 e n, 327, 331, 340 e n, 342 e n,343-345, 356n, 359n, 369, 374,375n, 388, 389n, 396, 397 e n, 399e n, 405n, 409, 421, 423, 441, 451 en, 454, 501, 502n, 507

Guerzoni Giuseppe, 206nGuicciardini Piero, 46nGuiccioli Alessandro, 376nGuidi Emilia, 449n, 450n, 452Guidi Laura, 28n, 30n

Heller Geneviève, 506nHoward-Morley Maria, 436

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Indice dei nomi

Imbriani Paolo Emilio, 35, 37, 93,143n, 223 e n

Imbriani Vittorio, 434Innocenzi Enrica, 348Isabella di Borbone, regina delle Due

Sicilie, 143nIsastia Matilde, 317Isnardi Lazzaro, 264 e n, 267Iuva Concetta, 206, 207Iuva Maria Rosa, 207

Lacaita Giacomo, 151Lace Agostino, 36, 159 e n, 161La Marmora Alfonso, 150 e nLambruschini Raffaello, 36, 94n, 97,

154n, 155 e n, 156, 157 e n, 165, 389nLampertico Fedele, 290nLanari Vincenza, 326Landi Maria Crocifissa, 375, 458, 460Langlois Claude, 68nLanza Giovanni, 186nLarber Maria, 402n, 409Lavaggi Emilio, 315 e nLazzerini Ignazio, 190Lazzise Alessandra, 402nLeawit, 512Lello, 204Lepora Pietro, 276n, 282Lepre Stefano, 75nLeredde Marie, 458Lerigo Giulia, 402nLettieri Maria Alfonsina, 317Levorati M., 280Levra Umberto, 29n, 57n, 483n, 484nLio Francesco, 198Lioy Giuseppe, 304 e n, 305 e n, 313n,

314nLioy Paolo, 290nLomazzi Paolina, 321 e n, 323Lombardi Daniela, 28n

Loparco Grazia, 29n, 68nLorenzi, 402nLoyola Daniela, 115nLuzzatti Luigi, 95n

Macchietti Sira Serenella, 40n, 185nMaclean Margherita, 402nMacry Paolo, 22n, 25n, 100 n,101nMaggio Carmela, 317Majno Bronzini Ersilia, 81n, 508nMaldini Chiarito Daniela, 28n, 58nMaldini Daniela, v. Maldini Chiarito

DanielaMallio Adelaide, 402n, 405Mameli Cristoforo, 93Mamiani Terenzio, 94n, 287 e n, 295Mannucci Andrea, 21n, 56nMannucci Vincenzo, 460Mantellini Giuseppe, 45n, 47nMarcacci Alessio, 190Marchese Disma, 333Marchesini Daniele, 23nMarcocchi Massimo, 68nMarcucci Antonio, 264nMarcucci Marianna, 454Marcucci Rosina, 454Margherita, principessa di Savoia (poi

regina d’Italia), 143nMargiotta Broglio Francesco, 69nMaria Clotilde, principessa di Savoia,

143nMaria Pia, principessa di Savoia (poi

regina di Portogallo), 143nMaria Teresa di Borbone, regina delle

Due Sicilie, 136Marietti, editore, 273Marsh Caroline, 56nMartelli Giuseppe, 155nMartina Giacomo, 64n, 69n, 97nMartini Ferdinando, 116, 332n, 386n

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Fonti per la storia della scuola

Martini Martina, 151Marucco Dora, 25n, 100nMasetti Piero, 189Masi Ernesto, 341 e n, 374 e n, 376,

381, 382n, 383, 385n, 446, 447nMatteini, 407Matteucci Carlo, 36Maturi Sebastiano, 316nMauche Alfredo, 436Mauri Achille, 321nMayer Vincenza, 151Mayeur Françoise, 21n, 401nMazzoni Guido, 457 e nMedici del Vascello Giacomo, 203nMelchiorre Mariannina, 326Melegari Dora, 83n, 127n, 454 e n,

455n, 470Melegari Luigi Amedeo, 455nMenabrea Luigi Federico, 186n, 376n,

444nMenozzi Daniele, 72nMensinger Emilia, 151Mensinger Michelina, 151Mercantini Luigi, 51, 202 e n, 203, 205 e nMerci Cesare, 465Meriggi Marco, 47nMesseri Letizia, 151Miccoli Giovanni, 63nMicheli Gelina, 402nMicheli Razzeti, 333Milillo Stefano, 314nMilli Giannina, 59Minchioni Gustavo, 461Minghetti Marco, 186nMinutello Maria, 326Moche, v. Mauche AlfredoMoggi Nicola, 190Montaldo Silvano, 57 e n, 483n, 484nMontelatici Tito, 157nMontemayor Gaetana, 151

Montevecchi Luisa, 22n, 130nMontrasi Antonietta, 208 e n, 209n,

210, 213, 323 e n, 324n, 327, 389nMorandi Felicita, 26n, 27n, 238 e n,

239n, 240-244, 332nMorel Lidia, 463Morello Igino, 277nMoretti Anna, 174nMoretti Mauro, 53n, 76n, 130n, 220nMoroni Anna, 261nMotzo Dentice di Accadia Cecilia,

488nMucci Egidio, 55nMughini Antonio, 190Mulinacci Maria Elena, 458, 460Municchi Carlo, 336 e n, 339Murat Gioacchino, re di Napoli, 135n,

136nMuscetta Carlo, 154nMusmeci Nicolò, 163, 164 e n, 166,

167, 169nMussi Flora, 151

Napoleone I, imperatore dei francesi,re d’Italia, 136n, 171 e n

Napoli Federico, 159 e n, 160n, 164, 166Napollon Margarita Ernesta, 81nNardi-Dei Angelo, 190Naro Cataldo, 49nNasi Nunzio, 82, 107, 126Natalini D., v. Natalini IgnazioNatalini Ignazio, 270Nazzari, 365Nisio Girolamo, 51n, 87n, 88n, 135n, 369nNovelli, 407

Orlandi Albina, 382Orlandi Laura, 382Orlando Vittorio Emanuele, 108 e nOsvaldo Enrico, 402n

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Indice dei nomi

Pacini Monica, 80nPagani Amalia, 402n, 403, 405, 408Paganuzzi Giovanni Battista, 361n, 365Pagliara Maria Antonietta, 487 e n, 500Paisler Clotilde, 151Paladini Francesca, 64nPaladini Luisa Amalia, 389nPalmieri Vincenzo, 190Palmucci Luigi, 429 e n, 431, 432Palumbo Adele, 151Palumbo Teresa, 151Panella Antonio, 183nPaoli Baldassarre, 48nPaoni B., v. Pavoni BeniaminoParato Antonino, 334Parigi Guido, 446n, 448, 458Pàroli Marino, 395nParravicini Luigi Alessandro, 142nPascoli Giovanni, 449 e n, 451, 452Pasqui Zanobi, 189Pasquini Luciana, 49nPavoni Beniamino, 421Pazzaglia Luciano, 23n, 32n, 67n, 86n,

89nPecile Gabriele Luigi, 511 e n, 512nPedrini Matteo, 341 e n, 342, 343Pegorini Jacopo, 284Pelliccia Guerrino, 66nPelli-Fabbroni Giuseppe, 154, 155n,

157n, 159Pelloux Luigi Girolamo, 304nPercoto Caterina, 59, 117n, 235 e n,

236-238, 282nPercoto Vittorina, 238Peripoli Filoteo, 328Pertile Giovanni, 282 e nPeruzzi Ubaldino, 45nPeruzzo, 277Pesce Luigia, 151Pessina Anna, 135n

Petra Nicola, 304 e nPezzuti Raffaela, 151Pianciani Luigi, 243 e nPiccardi Lorenzo, 189Piccialuti Caprioli Maura, 75nPichi Lattanzio, 190Pieroni Francini Marta, 40nPietrabissa Elisa, 456, 457Pietro Leopoldo, granduca di Toscana,

40, 42n, 47n, 183, 187, 192, 358, 443nPigorini Beri Caterina, 82 e n, 127nPio IX, pontefice, 354Pio VII, pontefice, 401nPisa Beatrice, 41nPivato Stefano, 27n, 278nPlundre Marion Jenny, 155n, 157nPo Maria Teresa, 272Poerio Carlo, 270nPolesso Cornelia, 512nPomo Giuseppe, 304Pompei Antonio, 175nPonziani Luigi, 28nPorciani Ilaria, 44n, 73n, 130nPorta Umberta, 55nPoulet Amalia, 151Prandaglia Amelia, 348Prota Gabriele, 136nProta Rosalia, dei baroni d’Arbouet,

136 e nProtasi Antonietta, 461Puccetti Sonia, 185nPuzzuoli Paola, 22n, 25n, 58n, 62n

Queirolo Geromina, 333

Radogna Michele, 136nRagazzini Dario, 76nRaicich Marino, 21n, 22n, 23n, 36n,

73n, 142nRanieri, v. Asburgo-Lorena Ranieri di

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Fonti per la storia della scuola

Rapisardi Mario, 332nRaponi Nicola, 69n, 70nRascaglia Mariolina, 80nRasponi Gioacchino, 227 e nRattazzi Isabella, 158 e nRattazzi Urbano, 158nRava Luigi, 117n, 454n, 468, 469nRe Luigi, 464Rega Giuseppe, 415 e n, 416, 421,

424, 429Renier Amalia, 402n, 403, 405, 408Rensonnet-Jones A., 506nResti Gianni, 443nRezasco Giulio, 78n, 292nRibera Almerico, 147nRicasoli Bettino, 151n, 183nRicci Matteo, 45n,Riccomanni Cesare, 190Ricuperati Giuseppe, 23nRidolfi Niccolò, 154, 155n, 157n, 159Rimoldi Antonio, 388nRinonapoli Michele, 436Rivera Nicola, 243 e nRizzi Giovanni, 54nRocca Giancarlo, 39n, 44n, 63n, 64n,

66n, 68n, 69n, 70n, 71n, 72n, 152n,247n, 261n, 277n, 314n, 321n,324n, 411n

Rocchi G., 60nRocchis Giuseppa, 278Rochefoucauld Adele de, 66nRodati Giulia, 151Rogadeo, 309Romano Antonio, 477nRonchetti Scipione, 377 e nRonconi Tullio, 171nRondoni Giuseppe, 460Roselli Piero, 40n, 370nRosi Michele, 60nRossi Alessandro, 506n

Rossi Antonio, 190Rudinì Antonio Starrabba, marchese

di, 95n, 483nRuitz Cristina, 151Russo Luigi, 223nRuta Eloisa, 151

Sagredo Giovanni, 94nSaladini Paola Patrizia, 388nSalaris Efisio, 385 e n, 386n, 387 e nSalatino Margherita, 151Sali Maturi Ernesta, 55 e n, 315 e n,

316n, 318, 347, 349, 487n, 488nSalimbeni Bartolini Vivai Pietro, 463Salis Schwabe Giulia, 56 e nSalvati, 304S. Clemente Simone, duca di, v.

Velluti-Zati Simone Vincenzo, ducadi S. Clemente

Sani Filippo, 40nSani Roberto, 67n, 73n, 388n, 403nSanta Maria Luigi, 421Santangeli Claudio, 152nSantinelli Onofrio, 382Santini Florio, 389nSantoni Rugiu Antonio, 21nSaporiti Rachele, 239nSaracco Giuseppe, 483nSaredo Giuseppe, 92 e nSartini Vincenzo, 460Savi Lopez Maria, 434 e nSavorelli Virginia, 402n, 405Sbarra Chiara, 151Sbrana Raffaella, 452, 453Scaduto Francesco, 49nScaraffia Lucetta, 68nScardovi Felicita, 382Scattigno Anna, 30n, 185nScelsi Giacinto, 77n, 217 e n, 218n,

220, 340n, 341n, 343, 344

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Indice dei nomi

Schechen Mary, 402nScherillo Elisabetta, 317Schiera Pierangelo, 47nSchifano Francesco, 323n, 324Scialoja Antonio, 21, 27n, 37, 55, 68n,

102, 103 n, 160n, 186n, 200n, 210n,276n, 290n, 340n, 341n, 434n

Scoppola Pietro, 31nScotti Vania, 321nScotto Maddalena, 332Sée Camille, 21 nSella Quintino, 288Semeraro Angelo, 389nSepe Stefano, 47n, 75n, 79nSerino Alfonso, 471Serneri Orazio, 191Settembrini Luigi, 35, 36, 135 e n,

141n, 143n, 149, 152 e n, 224Sighele Scipio, 455nSocci Antonio, 457Soldani Simonetta, 21n, 23n, 27n, 31n,

42n, 80n, 81n, 154n, 508nSolera Mantegazza Laura, 483nSoliani Edvige, 382Somma, duchessa di, 430Sorge Anna Maria, 23n, 72n, 115nSpada Concettina, 317Spadolini Giovanni, 66nSpadoni Domenico, 87nSpallicci Giuseppe, 206nSpaventa Silvio, 270nStanghellini Bernardini Mirena, 40nStazzone, 203Stevenson Carolina, 151Straccali, 402nStrongoli, principessa di, v. Del Balzo

Pignatelli AdelaideStrozzi Alamanni Lorenzo, 189Suppa Eleonora, 326Susanna Maria Grazia, 317

Tabarrini Marco, 183 e n, 184Tagliaferri Pasquale, 435Talamanca Anna, 31nTalamo Giuseppe, 223nTambellini Agata, 454Tanari Fava Ghislieri Brigida, 59 e n,

340nTanari Giuseppe, 59nTargetti Maria Eugenia, 458Tavanti Angiolo, 477nTavanti Giuseppe, 190Taverna Giuseppe, 141 e n, 142Tedeschi Alaide, 456Tedeschi, 402nTellini Enrichetta, 151Tenca Carlo, 54, 218n, Terreno Giovanni Antonio, 405 e n, 406Thouret Giovanna Antida, 152nTigri Giuseppe, 197 e n, 199Tipaldi, 150, 151Tognarini Ivan, 370nTolomei Antonio, 283, 284Tomasi Tina, 31nTommaseo Niccolò, 457nTorcellan Nanda, 71nTorelli Giulia, 402nTorraca Francesco, 431 e n, 437, 449 e nTorrigiani Pietro, 461Tortorelli Gianfranco, 73nToscanelli Adele, 155nToscani Xenio, 23n, 88nTosi Carolina, 158Trama Luciana, 487nTranfaglia Nicola, 29nTraniello Francesco, 278nTrigona Mandrascate, 203Trione Onofrio, 421Tucci Caterina, 151Turi Gabriele, 23nTuriello Pasquale, 434 e n

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Indice dei nomi

Ulivieri Simonetta, 53n

Vaccaro Antonia, 333Vaccaro Luciano, 40nVaj da Verrazzano Carlo, 189Valenzi Lucia, 28nValerio Lorenzo, 202nVanneschi Gaetano, 282nVarin Joseph, 401nVasili Paul, 66nVelluti-Zati Simone Vincenzo, duca di

S. Clemente, 189Verdiani Luigi, 191Verga Carlo, 268nVerga Giovanni, 332nVerga Marcello, 40nVerucci Guido, 27n, 31nVerzeri Eustochio Teresa, 362nVettori Lorenzo, 155nVidemari Marina, 388n, 390n, 410 e nVigo Giovanni, 23nVigo Lionardo, 49 e n, 50nVilla Tommaso, 57, 483 e n, 486

Villari Pasquale, 53, 56 e n, 76, 217n,220 e n, 222, 223

Viola Emanuele, 164Viola Ines, 508Vitagliano Francesco, 301, 304, 305Vitale Anna, 158Vittorio Emanuele II, re d’Italia, 65n,

263, 264, 273Volpicella Cesare, 287, 295

Wagner Augusta, 402nWaldeck-Rousseau Pierre Marie

Ernest, 85Widmayer Luigia, 389n

Zanardelli Giuseppe, 483nZarri Gabriella, 32n, 63n, 68nZazo Alfredo, 135nZenca Carlo, 324nZileri Fanny, 402n, 408Ziliotto Elisa, 282 e nZingarelli Nicola Antonio, 178 e n

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Stampato nel 2005da Tipografia Mura s.r.l. - Roma