Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) file28/7/2016 Sito Istituzionale della...
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N. 03426/2016REG.PROV.COLL.N. 01909/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1909
del 2015, proposto da Maria Grazia Micieli,
rappresentata e difesa dall'avv. Franco
Gaetano Scoca, con domicilio eletto presso
lo stesso in Roma, Via Paisiello, 55;
contro
Consiglio dell'Ordine Nazionale dei Biologi
(in seguito, O.N.B.), in persona del suo
legale rappresentante “pro tempore”,
rappresentato e difeso dagli avvocati Carlo
Malinconico, Andrea Falzone e Federico
Freni, con domicilio eletto presso l’avv.
Carlo Malinconico in Roma, corso Vittorio
Emanuele II n. 284; Consiglio Nazionale dei
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Biologi (in seguito, C.N.B.), in persona del
suo legale rappresentante “pro tempore”,
rappresentato e difeso dagli avvocati
Gianfranco Tobia e Mario Esposito, con
domicilio eletto presso l’avv. Gianfranco
Tobia in Roma, viale Mazzini, 11; Ministero
della Giustizia e Ministero della Salute, in
persona dei ministri in carica, rappresentati e
difesi per legge dall'Avvocatura generale
dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei
Portoghesi, 12;
nei confronti di
Luciano Atzori, Pietro Miraglia, Franco
Scicchitano, Ermanno Calcatelli, Antonio
Costantini, Domenico Laurenti, Pierluigi
Pecoraro, Pietro Sapia, Gianni Zocchi;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO -ROMA -
SEZIONE III, n. 951/2015, resa tra le parti,
concernente procedimento elettorale per il
rinnovo del Consiglio dell'Ordine e del
Consiglio nazionale dei biologi;
Visto il ricorso in appello, con i relativi
allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del
Consiglio dell'Ordine Nazionale dei Biologi,
del Consiglio Nazionale dei Biologi e dei
Ministeri della giustizia e della salute;
Viste le memorie difensive prodotte dalle
parti a sostegno delle rispettive difese;
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Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 9 giugno
2016 il cons. Marco Buricelli e uditi per le
parti gli avvocati Scoca, Caselli, Tobia,
Esposito, Malinconico, Freni e Falzone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto
quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Data la ricostruzione analitica dei tratti
salienti della controversia che si rinviene
nella sentenza impugnata, non si considera
necessario ripercorrere in dettaglio la
vicenda oggetto del presente giudizio.
Al riguardo appare sufficiente rammentare
che:
- la dr. ssa Maria Grazia Micieli ha
partecipato alle elezioni per il rinnovo
dell'O.N.B. del quale in passato, prima della
declaratoria di illegittimità delle elezioni
precedenti, aveva avuto modo di fare parte.
Infatti il Tar Lazio, con alcune sentenze
pronunciate nel 2012, aveva accertato la
legittimità di alcune delibere del C.N.B. di
accoglimento di taluni ricorsi amministrativi,
proposti ai sensi e per gli effetti di cui agli
articoli 22 e seguenti della l. n. 396 del 1967,
dichiarative dell'illegittimità delle elezioni al
medesimo Organo consiliare e - appunto -
all'O.N.B., indette nel 2010;
-le nuove elezioni, indette nel giugno del
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2012 per entrambi gli Organi, si sono
caratterizzate per un clima di tensione,
dovuto a contestazioni - di candidati ed
elettori - che riguardavano soprattutto il
voto per corrispondenza, il che, oltre a
implicazioni in sede penale, ha portato anche
alla sospensione del procedimento elettorale
a causa delle dimissioni del Presidente del
Seggio e di due componenti. Il
procedimento elettorale è quindi ripreso per
concludersi nell’ottobre del 2012;
-la ricorrente e odierna appellante non è
risultata eletta, avendo riportato 1368 voti,
740 di meno dell’ultimo degli eletti, il dott.
D. L. Laurendi, che ha ottenuto 2108 voti;
-nell’ottobre del 2012 la dr. ssa Micieli ha
impugnato i risultati e gli atti del
procedimento elettorale dinanzi al C.N.B.,
ex art. 22 e seguenti della l. n. 396 del 1967,
con un ricorso pressoché identico, nei
contenuti, a un altro ricorso proposto dal
dott. Alfonso Modica avverso gli atti del
contestuale procedimento di elezione dei
componenti del C.N.B.;
-con il ricorso la dr. ssa Micieli ha dedotto
censure di illegittimità la cui accertata
fondatezza non si sarebbe limitata a
comportare la "correzione" dei risultati
elettorali comportando invece effetti di tipo
demolitorio per l'intero procedimento. In un
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primo tempo il ricorso non è stato deciso da
parte del C.N.B. sicché la Micieli si è rivolta
al Tar del Lazio ex art. 117 del c.p.a. avverso
il silenzio;
-in seguito, dopo che il C.N.B., nel luglio del
2013, ha deciso il ricorso amministrativo
respingendolo, la dr. ssa Micieli ha proposto
un ricorso per motivi aggiunti ex art. 43 del
cod. proc. amm. con svariate censure,
valevole anche come ricorso autonomo;
-con ordinanza interlocutoria n. 3921 del
2014 il Tar ha disposto una verificazione sul
materiale elettorale, segnatamente con
riferimento alle schede relative alla votazione
per posta (le schede richieste dagli elettori
per l’esercizio del voto per posta risultano
essere state 10637; gli iscritti all’Ordine che
hanno votato per posta, 5681, mentre 184
iscritti hanno votato presso il seggio), dopo
di che, con la sentenza in epigrafe, il ricorso
per motivi aggiunti è stato respinto.
In sintesi il Tar:
-ha considerato legittima l’autenticazione
della firma, da parte di ciascun elettore,
mediante autocertificazione eseguita sulla
busta contenente la scheda di votazione per
posta, disattendendo la tesi della ricorrente
secondo la quale l’autenticazione della
sottoscrizione del votante mediante lettera,
sulla busta contenente la scheda di
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votazione, andava necessariamente effettuata
per mezzo di un pubblico ufficiale terzo
rispetto all’elettore (v. da pag. 11 a pag. 14
sent.);
-sul secondo motivo aggiunto, con il quale
erano state dedotte talune irregolarità della
procedura di voto in quanto il seggio
elettorale non avrebbe svolto un controllo
adeguato del voto esercitato per
corrispondenza, sicché alcuni elettori
avrebbero votato presso il seggio elettorale
pur avendo già votato per posta e, inoltre,
1066 schede elettorali non sarebbero
pervenute ai richiedenti, 451 di queste
sarebbero ritornate al mittente per un errore
di spedizione e per altre 615 non vi sarebbe
stata la prova del loro invio; sul secondo
motivo aggiunto la sentenza (v. da pag. 15)
ha richiamato le risultanze dell’attività di
verificazione disposta nel 2014, all’esito della
quale non sono emersi elementi atti a
confermare la fondatezza delle censure
articolate con il ricorso. Nella sentenza si
osserva in particolare che il C.N.B. ha
adottato tutte le cautele possibili per
garantire il buon esito della spedizione delle
oltre 10.000 raccomandate contenenti le
schede di votazione per posta, e per
consentire l’esercizio del voto per
corrispondenza, non rientrando tra gli
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obblighi del C.N.B. anche quello di garantire
l’effettiva ricezione delle buste con le schede
elettorali, come preteso dalla ricorrente.
Nella sentenza si rimarca che dall’esito della
verificazione non si ricavano conferme circa
casi di “doppia votazione”, presso il seggio e
per posta, in misura tale da colmare la
differenza, notevole, di voti esistente tra la
ricorrente e l’ultimo degli eletti; né risultano
confermate condotte tali da far considerare
alterato l’esito della consultazione elettorale
o compromessa in via definitiva l’affidabilità
del risultato finale. In particolare, non risulta
comprovato che le 1066 schede, che la
ricorrente aveva indicato come non
pervenute ai richiedenti, siano state utilizzate
in modo illegittimo per favorire candidati
che hanno preceduto la Micieli nella
graduatoria dei partecipanti all’elezione; la
consistente differenza di voti (740) esistente
tra l’ultimo degli eletti, con 1218 voti (il dott.
Laurendi), e la ricorrente, che ha riportato
1368 voti, dovrebbe indurre a ipotizzare
un’alterazione del voto di evidenti
proporzioni che, tuttavia, non è dato
riscontrare dai verbali di scrutinio, né dagli
accertamenti svolti dal verificatore. Inoltre,
595 raccomandate sono state restituite al
mittente con varie motivazioni, sicché i
plichi non inviati risultano pari a 471 (1066 –
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595), per cui anche a voler ipotizzare che
tutte le 471 schede di voto siano state
utilizzate in danno della ricorrente, l’esito
dell’elezione non risulta modificato alla
stregua del principio della prova di
resistenza, avuto riguardo allo scarto di voti,
pari a 740, esistente tra il Laurendi, ultimo
degli eletti (2108 voti), e la ricorrente (1368),
posto che sottraendo all’ultimo degli eletti i
voti assegnati con le 471 schede che non
sarebbero state inviate per posta, il Laurendi
conserverebbe comunque un vantaggio di
269 sulla Micieli;
-ha respinto anche il terzo e il quarto motivo
aggiunto. Il terzo motivo, il quale si basava
sull’affermata mancanza di pubblicità delle
operazioni di scrutinio. E il quarto, rilevando
che il C.N.B. aveva deciso l’impugnazione
presentata in sede amministrativa dalla dott.
ssa Micieli all’esito di un’attività istruttoria
adeguata e sufficientemente approfondita
per la quale è stata acquisita la
documentazione necessaria compatibilmente
con le esigenze di riservatezza connesse
all’indagine svolta dalla competente Procura
della Repubblica.
2. La dr. ssa Micieli ha proposto appello con
cinque motivi.
In particolare, con il primo motivo
l’appellante deduce che la sentenza avrebbe
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errato nel considerare legittima
l’autenticazione della firma, da parte
dell’elettore, nel caso di voto per posta, sulla
busta contenente la scheda di votazione, con
la semplice allegazione di un documento di
riconoscimento, vale a dire avvalendosi
dell’autocertificazione di cui al combinato
disposto degli articoli 21 e 38, comma 2, del
d.P.R. n. 445 del 2000, anziché interpretare
l’inciso “firma del votante autenticata nei
modi di legge” di cui all’art. 3, comma 7, del
d.P.R. n. 169 del 2005, sul riordino del
sistema elettorale degli organi di ordini
professionali, nel senso di esigere
necessariamente l’autenticazione della firma
del votante per posta per mezzo di un
pubblico ufficiale, e ciò per una serie
concomitante di ragioni esposte con
l’appello. L’interpretazione propugnata
dall’appellante, nel senso dell’esclusione
dell’autocertificazione, è l’unica in grado di
garantire il controllo della genuinità e della
personalità del voto, ed è quella proposta dal
Ministero della giustizia, al quale spetta la
vigilanza sull’Ordine dei biologi, con la
circolare del 12 settembre 2005.
Con il secondo motivo l’appellante,
premesso e ribadito che oltre un migliaio di
elettori non si sono visti recapitare la scheda
elettorale, pur avendola richiesta alla
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Segreteria dell’O.N.B. , insiste nel rilevare
che l’Amministrazione è tenuta a curare tutti
gli adempimenti relativi, non solo all’invio,
ma anche alla ricezione delle schede
elettorali da parte di coloro che ne hanno
fatto richiesta. Tale interpretazione è l’unica
che consente di garantire l’effettività del
diritto di voto, sicché nel caso in esame gli
appellati avrebbero dovuto comprovare non
solo l’invio delle schede ma anche l’avvenuto
recapito delle stesse da parte degli interessati.
Con l’appello sono sottoposti a critica la
verificazione e i risultati in essa riportati, e
viene chiesta, ove occorra, una nuova
verificazione, ex art. 66 del cod. proc. amm. .
Sub 3. vengono in rilievo, ad avviso
dell’appellante, ipotesi di doppie votazioni e
di indebite votazioni di schede elettorali da
parte di terzi non legittimati, con
conseguenti dubbi di inquinamento delle
consultazioni elettorali ed erroneità della
statuizione di rigetto del Tar sul punto, e ciò
sotto plurimi profili.
Con il quarto motivo l’appellante lamenta
“omessa pronuncia e violazione dell’art. 112
c.p.c.” da parte del Tar con riguardo alla
censura, proposta in primo grado e rimasta
priva di riscontro da parte del giudice,
attinente a un indebito ruolo partecipativo
che il Commissario straordinario dell’O.N.B.
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avrebbe assunto nel corso delle operazioni di
voto, privando il Seggio elettorale di
prerogative solo a esso riconosciute,
segnatamente con riferimento alla verifica se
le (oltre seimila) raccomandate contenenti
schede di voto fossero conformi, o no, alla
prescrizioni di cui all’art. 3, comma 7, del
d.P.R. n. 169 del 2005, in tal modo
assumendo un ruolo attivo, nelle operazioni
elettorali, non riconosciuto al Commissario
straordinario da nessuna disposizione.
Infine, sub 5. L’appellante ha dedotto la
mancanza di ogni pubblicità nell’avvio della
fase di scrutinio delle schede, lamentando
inoltre che la possibilità di assistere allo
scrutinio e al conteggio dei voti non è stata
riconosciuta a ogni interessato ma solamente
a un numero ridottissimo di persone.
Si sono costituiti per resistere il C.N.B. e il
Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Biologi,
concludendo per la dichiarazione di
inammissibilità e comunque per il rigetto
dell’appello nel merito.
In prossimità dell’udienza di discussione le
parti hanno illustrato le rispettive posizioni
con memorie conclusive e hanno prodotto
documentazione.
I Ministeri della salute e della giustizia si
sono costituiti per eccepire il proprio difetto
di legittimazione passiva, asserendo di non
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essere coinvolti nel giudizio sotto alcun
profilo.
3. L’appello è fondato e va accolto con
riferimento al primo motivo, con il quale
l’appellante, nel dedurre la violazione
dell’art. 3, comma 7, del d.P.R. n. 169 del
2005 e dei principi di trasparenza e di buon
andamento di cui all’art. 97 Cost., nonché il
vizio di eccesso di potere per violazione di
circolari, difetto di istruttoria e illogicità, ha
confutato argomentazioni e conclusioni della
sentenza in ordine alla questione relativa
all’autenticazione della firma dell’elettore che
vota per posta sulla busta contenente la
scheda di votazione.
3.1. In via preliminare va accolta l’eccezione
di difetto di legittimazione passiva formulata
dai Ministeri della salute e della giustizia,
destinatari del ricorso in appello, dato che
nella controversia non vengono coinvolti in
via diretta atti o provvedimenti delle
amministrazioni statali suindicate.
3.2. Sempre preliminarmente va respinta,
poiché infondata, l’eccezione dell’O.N.B.,
riproposta nell’atto di appello, di irricevibilità
per tardività del primo motivo del ricorso di
primo grado, eccezione formulata
sull’assunto della omessa tempestiva
impugnazione, da parte della dr. ssa Micieli,
della determina del 6 giugno 2012 (i motivi
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aggiunti dinanzi al Tar del Lazio contro la
decisione del C.N.B. sul ricorso
amministrativo sono stati proposti soltanto
nel settembre del 2013) con la quale il
Commissario straordinario dell’O.N.B.
aveva indetto nuove elezioni disciplinando,
tra l’altro, le modalità di autenticazione della
firma del votante per posta sulla busta chiusa
contenente la scheda elettorale; modalità di
autenticazione che, per l’appellato, andavano
obbligatoriamente contestate e impugnate
entro sessanta giorni dal provvedimento di
indizione delle elezioni, affisso all’albo
dell’Ente e trasmesso a tutti biologi.
Diversamente da quanto sostiene l’O.N.B., e
come condivisibilmente osserva l’appellante,
il provvedimento di indizione delle elezioni,
per la parte che riguardava la procedura di
autenticazione della firma relativamente al
voto per posta, era da ritenersi chiaramente
privo, di suo, di carattere lesivo immediato e
diretto dell’interesse, l’effetto lesivo concreto
e attuale derivando –e non potendo che
sorgere- dall’esito del procedimento
elettorale, dovendosi avere riguardo quindi al
momento in cui l’appellante non è risultata
eletta. E in relazione all’atto di
proclamazione degli eletti, datato 5 ottobre
2012, il ricorso amministrativo, preventivo e
necessario, proposto innanzi al C.N.B. ex
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articoli 22 e seguenti della l. n. 396 del 1967
contro il risultato finale delle elezioni e
avverso gli atti del procedimento, tra i quali
vi è anche la determina del 6 giugno 2012,
nella parte relativa alle modalità di
autenticazione in discussione, risulta
certamente tempestivo.
3.3. Venendo adesso al merito della censura,
è opportuno rammentare che con
riferimento al voto tramite corrispondenza la
busta contenente le schede di votazione per
elezione conteneva a pag. 2 la dicitura che
segue: “dichiaro che questa busta,
pervenutami dall’Ordine Nazionale dei
Biologi, contiene le schede di votazione per
il rinnovo dei Consigli dell’Ordine Nazionale
dei Biologi; dichiaro altresì, attesto e
certifico, ai sensi della Legge 127/97 e
successive modifiche, che è mia la firma
sotto apposta”. Seguiva uno spazio e la
parola “Firma” (autentica secondo
normativa vigente)”.
Va rammentato poi che con la sentenza
impugnata (v. da pag 11 a pag. 14) il Tar ha
considerato legittima l’autocertificazione, da
parte di ciascun elettore, della firma sulla
busta contenente la scheda nei casi di
votazione per posta, con conseguente
reiezione del motivo, rilevando quanto
segue:
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-la disciplina di cui all’art. 14 della l. n. 53 del
1990 sulla competenza ad eseguire
autenticazioni previste dal t. u. sulle elezioni
alla Camera dei deputati e dalle altre
disposizioni richiamate nel citato art. 14,
attribuita a notai, giudici di pace, cancellieri e
agli altri soggetti pubblici menzionati nel
citato art. 14 è del tutto peculiare e risulta
delimitata ai soli procedimenti elettorali
tassativamente individuati dall’art. 14
mediante il richiamo alle disposizioni sulla
elezione alla Camera dei deputati e alle altre
disposizioni specificamente elencate nella
disposizione, tra le quali non rientrano quelle
che riguardano l’O.N.B. , la cui disciplina si
rinviene nel combinato disposto di cui alla l.
n. 396 del 1967 e al d.P.R. n. 169 del 2005.
Quella del 1990 è come detto una disciplina
peculiare, l’ambito operativo della quale è
delimitato all’elezione di organi politici, con
la conseguente impossibilità di applicazione
diretta a un procedimento elettorale, come
quello in esame, che riguarda la
composizione di organi prettamente
amministrativi, con il conseguente
assoggettamento alla disciplina ordinaria
sulle autenticazioni di cui al combinato
disposto degli articoli 21 e 38 del d.P.R. n.
445 del 2000;
-con riferimento all’elezione dei biologi
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vigeva l’art. 34, ultimo comma, della l. n. 396
1967, sull’Ordinamento della professione di
biologo, disposizione che, sul voto per
posta, prevedeva l’autenticazione della firma
del votante, sulla busta contenente la scheda
di votazione, da far pervenire prima della
chiusura delle votazioni al presidente del
seggio, da parte del sindaco o del notaio. La
norma è stata però abrogata dall’art. 10,
comma 2/f), del d.P.R. n. 169 del 2005;
-l’art. 3 comma 7 del regolamento per il
riordino del sistema elettorale e della
composizione degli organi di ordini
professionali, di cui al d.P.R. n. 169 del 2005,
nell’innovare, con effetto derogativo e
abrogatorio, la precedente diversa previsione
sull’autenticazione delle firme nel voto per
corrispondenza, di cui al citato art. 34,
ultimo comma, della l. n. 396 del 1967,
disponendo che l’elettore fa pervenire
all’Ordine, prima della chiusura della
votazione, la scheda di voto in una busta
chiusa “sulla quale è apposta la firma del
votante autenticata nei modi di legge,
nonché la dichiarazione che la busta
contiene la scheda di votazione”, non
richiede più, come avveniva in passato,
l’espressa autenticazione della firma da parte
di un pubblico ufficiale. Nell’autenticazione
“nei modi di legge”, ex art. 3, comma 7, del
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d.P.R. n. 169 del 2005 rientra quella prevista
dal combinato disposto di cui agli articoli 21
e 38 del d.P.R. n. 445 del 2000, in tema di
autenticazione delle sottoscrizioni di
“istanze” o “dichiarazioni sostitutive di atti
di notorietà” da produrre a organi della P. A.
(art. 21), secondo le modalità di cui all’art. 38
dello stesso decreto, ossia sottoscrizione e
presentazione, alla P. A. destinata a ricevere
l’espressione di voto, dell’istanza o della
dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà,
unitamente a copia fotostatica non
autenticata di un documento d’identità del
sottoscrittore. L’autenticazione della
sottoscrizione apposta sulla busta
contenente la scheda elettorale può essere
considerata alla stregua di un’istanza rivolta
alla P. A. “destinata a ricevere l’espressione
di voto”;
-né può ritenersi che l’autenticazione debba
necessariamente esprimersi nei modi indicati
dall’art. 30 del d.P.R. n. 445 del 2000 il quale
disciplina la ben diversa e complessa
fattispecie della “legalizzazione delle firme”,
per la quale è necessaria l’attestazione di un
pubblico ufficiale;
-il ricorso all’autocertificazione nella
votazione per posta rende più agevole
l’esercizio del diritto di voto, anche avuto
riguardo al principio di semplificazione di
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cui all’art. 1, comma 2, della l. n. 241 del
1990.
Argomentazioni e conclusioni della sentenza
di primo grado non persuadono.
E’ vero che, diversamente da ciò che si
ritiene con l’appello, l’art. 34, ultimo comma,
della l. n. 396 del 1967, sull’autenticazione
della firma dell’elettore, da parte del sindaco
o del notaio, nel caso di votazione per
corrispondenza, risulta abrogato in via di
delegificazione dall’art. 10 del d.P.R. n. 169
del 2005.
La questione cruciale da risolvere consiste
dunque nello stabilire quale sia il significato
da dare all’espressione, di cui all’art. 3,
comma 7, del d.P.R. n. 169 del 2005, sul
riordino del sistema elettorale e della
composizione degli organi di ordini
professionali, applicabile anche ai
procedimenti elettorali relativi all’Ordine dei
biologi, “firma del votante” –sulla busta
chiusa contenente la scheda di votazione-
“autenticata nei modi di legge”.
Il fatto che il citato art. 3, comma 7, del
regolamento menzioni l’autenticazione della
firma del votante “nei modi di legge” non
significa di per sé che per effetto della
disposizione del 2005 sia da considerarsi
ammissibile l’autocertificazione quale
strumento di autenticazione.
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A questo riguardo, sotto un primo profilo
l’art. 21 del d.P.R. n. 445 del 2000, pur
intitolato “autenticazione delle
sottoscrizioni”, si riferisce all’autenticazione
delle sottoscrizioni di istanze o di
dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà
da produrre agli organi delle P. A.,
rimandando, per le modalità
dell’autenticazione, all’art. 38 del medesimo
d.P.R. il quale a sua volta fa riferimento alle
modalità di invio e di sottoscrizione delle
istanze e delle dichiarazioni sostitutive in
discussione.
A differenza di quanto si è ritenuto in
sentenza, il combinato disposto di cui agli
articoli 21 e 38 sopra citati si riferisce a
istanze o a dichiarazioni sostitutive (sulle
quali ultime si vedano gli articoli 46 e 47 del
d.P.R. n. 445 del 2000), alle quali non è
riconducibile l’espressione di voto, per sua
natura segreta, personale, non delegabile
(cfr. art. 48 Cost.) e da esercitarsi sempre
previo accertamento rigoroso della identità
del votante da parte dei componenti il seggio
elettorale; accertamento che avviene o per
riconoscimento personale o per ricognizione
del documento di identità esibito.
Nel caso dell’espressione del voto per
corrispondenza non viene dunque in
questione né un’istanza e neppure un atto
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destinato a certificare stati, qualità o fatti
(cfr. articoli 46 e 47 del d.P.R. n. 445 del
2000). La dichiarazione di voto mediante
lettera è altra cosa rispetto alle istanze o alle
dichiarazioni sostitutive.
Ora è indubbio che attraverso il voto per
corrispondenza è favorita la partecipazione
degli iscritti alle elezioni per il rinnovo degli
organi degli ordini professionali, in una
prospettiva di “incoraggiamento”
all’esercizio del diritto di voto anche per gli
iscritti che risiedano lontano dall’unico
seggio centrale.
Tuttavia, il “favor voti” e le esigenze di
semplificazione, poste in risalto delle
appellate, incontrano un limite invalicabile
nella necessità di garantire trasparenza,
genuinità e personalità nell’esercizio del
diritto di voto.
In particolare, l’osservanza del principio
della personalità del voto impone modalità
rigorose di controllo affinché esso sia
garantito.
E l’autenticazione del pubblico ufficiale
terzo rispetto all’elettore è l’unica condizione
idonea ad assicurare il controllo anzidetto.
Pertanto, nella ipotesi del voto per
corrispondenza occorre l’autenticazione
della firma per mezzo di un pubblico
ufficiale, con esclusione
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dell’autocertificazione che, viceversa, non
garantisce alcun controllo diretto sull’identità
del votante.
Soltanto con le modalità suddette viene
garantito un controllo rigoroso sulla identità
del votante “per posta”, analogamente a
quanto avviene nei casi di votazione
personale (in disparte il rilievo
dell’appellante, non privo tuttavia di una sua
forza suggestiva, secondo cui sono stati
proprio la mancanza di controlli da parte di
soggetti terzi e l’impiego delle
autocertificazioni a rendere possibile la
formazione di numerose schede elettorali in
ipotesi false, come risulta dalla richiesta della
Procura della Repubblica di Roma di rinvio a
giudizio, in atti).
Nella votazione mediante lettera
l’autenticazione della firma del votante sulla
busta chiusa che contiene la scheda di voto è
da considerarsi attività equipollente a quella
svolta presso il seggio elettorale dai
componenti il seggio medesimo, i quali
accertano l’identità dell’elettore.
In questo contesto viene in rilievo la
disposizione di cui all’art. 14 della l. n. 53 del
1990 che, come bene osserva l’appellante,
rappresenta un canone legittimo
d’interpretazione dell’inciso di cui all’art. 3,
comma 7, del d.P.R. n. 169 del 2005.
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Indipendentemente dall’ambito operativo
della disposizione stessa, il citato art. 14 ben
può essere preso a riferimento –e va difatti
preso a riferimento esulandosi, per quanto
riguarda l’espressione del voto, dal campo di
applicazione di cui ai citati articoli 21 e 38-
per risolvere un dubbio sulla corretta
interpretazione del citato art. 3 comma 7.
Viene in considerazione in particolare quel
“segmento” dell’art. 14 in cui si menzionano,
tra i soggetti competenti all’autenticazione,
notai, giudici di pace, cancellieri e
collaboratori delle cancellerie delle corti di
appello e dei tribunali, segretari delle procure
della Repubblica, presidenti delle province,
sindaci, assessori comunali e provinciali,
presidenti e vice presidenti dei consigli
circoscrizionali, segretari comunali e
provinciali, funzionari incaricati dal sindaco
e dal presidente della provincia e altri
soggetti ancora, con una estensione del
novero dei soggetti abilitati all’autenticazione
rispetto alle previsioni contenute,
originariamente, nelle disposizioni dei singoli
ordinamenti professionali. E del resto
l’autenticazione da parte di uno dei numerosi
pubblici ufficiali menzionati nel citato art.
14, come giustamente sottolinea l’appellante,
non determina nessun aggravio particolare
per gli elettori interessati.
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Vanno dunque condivise –ma sono state
disattese dall’Amministrazione, e lo stesso
Tar non sembra averne tenuto conto,
ritenendole in contrasto con norme di diritto
positivo- le circolari del Ministero della
giustizia, organo di alta vigilanza anche nei
confronti dell’Ordine dei biologi, emanate
nel settembre del 2005, e in particolare la
circolare prot. n. 2/13.9/Q del 12 settembre
2005 sulle modalità di espressione del voto
mediante lettera. In particolare, è tutt’altro
che illegittima l’interpretazione ministeriale
dell’inciso “firma autenticata nei modi di
legge” nel senso di estendere l’ambito
operativo del criterio di cui al citato art. 14
anche all’elezione “de qua”, avuto riguardo
alle peculiarità e alle specificità delle regole
che governano i procedimenti elettorali, a
garanzia della libera espressione della
volontà del corpo elettorale.
Nè vi è alcun contrasto tra i contenuti delle
circolari ricordate dall’appellante e il
combinato disposto degli articoli 21 e 38 del
d.P.R. n. 445 del 2000, da interpretare nel
senso che l’autocertificazione non può
trovare applicazione per quanto riguarda le
dichiarazioni di voto (che, giova ripetere,
non sono istanze) nelle competizioni
elettorali in generale e nello specifico in
quella per cui è causa.
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Il combinato disposto degli articoli 21 e 38,
non trovando applicazione con riguardo alle
dichiarazioni di voto nei procedimenti
elettorali, non rappresenta un parametro
normativo dal quale far discendere
un’ipotetica contrarietà a legge della circolare
del 12 settembre 2005.
Viene perciò in questione una circolare
interpretativa tutt’altro che illegittima oltre
che vincolante per il sistema ordinistico –
professionale (Cons. Stato, sez. VI, n. 4859
del 2012), con la conseguente illegittimità
dell’esercizio del potere amministrativo che
se ne discosti.
Del resto, a quanto consta gli Ordini
professionali diversi dall’Ordine dei biologi,
assoggettati alle disposizioni di cui al d.P.R.
n. 169 del 2005, a cominciare dagli Ordini
dei geologi e dei chimici, destinatari della
circolare ministeriale del 12 settembre 2005,
non risultano avere messo in discussione le
indicazioni interpretative specificate sopra,
utilizzando modalità di autenticazione della
firma dell’elettore, nei casi di voto per
corrispondenza, per mezzo di pubblico
ufficiale, e non consentendo
l’autocertificazione.
In definitiva, poiché le formalità
sull’autenticazione del voto per
corrispondenza richiesta dal citato art. 3,
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comma 7, mediante il rinvio
all’autenticazione della firma del votante nei
modi di legge, non risultano osservate;
considerato che le schede elettorali inviate
per posta (come si è rilevato, dagli atti
risultano espressi 5681 voti per lettera e 184
presso il seggio) risultano prive di
autenticazione da parte di un pubblico
ufficiale terzo rispetto all’elettore (la
circostanza è incontestata), ne discende,
giocoforza, l’illegittimità dell’operato
dell’Amministrazione e delle operazioni di
voto e, in accoglimento del gravame,
l’annullamento dei risultati elettorali,
restando assorbito ogni altro motivo
d’appello non esplicitamente esaminato.
Tuttavia, nelle peculiarità della controversia
e, sotto taluni aspetti, nella complessità delle
questioni trattate, si ravvisano ragioni
eccezionali per compensare integralmente
tra le parti le spese di entrambi i gradi del
giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta), definitivamente
pronunciando sull'appello, come in epigrafe
proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in
riforma della sentenza impugnata e in
accoglimento del ricorso di primo grado
annulla gli atti dell’elezione in epigrafe.
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Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del 9 giugno 2016 con l'intervento
dei magistrati:
Sergio Santoro, Presidente
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere
Marco Buricelli, Consigliere, Estensore
Francesco Mele, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTEMarco Buricelli Sergio Santoro
IL SEGRETARIO