Il commissario buono di Veltroni...L3ambientazione Ç fondata sulla mia co - noscenza esul mioamore...

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18 Mercoledì 16 Dicembre 2020 Cultura Il commissario buono di Veltroni Il giallo. La nuova storia del detective e della sua scalcinata squadra di investigatori tra la Roma estiva post lockdown, citazioni letterarie e suggestioni cinematografiche ANNALISA STANCANELLI T orna il Commissario Buonvino in libreria con un nuovo caso, torna Walter Veltroni a raccontare Ro- ma e a far vivere ai lettori una nuova sto- ria dell’insolito detective e della sua “scalcinata squadra di agenti”. Nel libro pubblicato da Marsilio “Buonvino e il ca- so del bambino scomparso” si legge della Roma estiva post lockdown e si vive di citazioni letterarie e di tante tante sug- gestioni cinematografiche. Abbiamo in- tervistato Walter Veltroni e gli abbiamo chiesto del nuovo libro e di tante altre cose… come i modelli da seguire e la scuola a distanza. Da dove nascono le storie che fa vivere a Buonvino e al suo insolito team? «Sono storie di fantasia, ovviamente. L’ambientazione è fondata sulla mia co- noscenza e sul mio amore per Villa Bor- ghese, luogo che considero tra i più affa- scinanti al mondo. Il personaggio del commissario Buonvino è ispirato alle persone che mi piacciono di più: i pacati, forse passati da sconfitte pubbliche e personali, malinconici ma dotati di sen- so dell’umorismo. Per i reati purtroppo basta attingere alla realtà…». Citazioni di Dante e Lucrezio nel giallo. Perché scegliere questo genere narrati- vo? Quali i suoi modelli di scrittura, se ci sono? «Mi hanno sempre affascinato le perso- nalità capaci di contaminare il sapere e i saperi. Capaci di tenere unite le diverse discipline della creatività, senza alteri- gia intellettuale, senza la boria di chi sa nei confronti di chi non sa o si immagina non sappia. Le faccio due nomi: Il cardi- nal Martini, capace di tenere insieme la Bibbia e Alice nel paese delle meraviglie o Umberto Eco, analista di Mike Bon- giorno e della storia medioevale». C’è un’altra città del cuore che si candi- da nella sua fantasia come location di un suo “giallo”? Magari una città siciliana? «Ambientare un giallo in Sicilia significa sfidare la meraviglia del lavoro di An- drea Camilleri, non mi azzarderei. Io amo enormemente la Sicilia. L’Isola La- chea o l’Etna potrebbero essere degli scenari affascinanti». Roma appena uscita dal lockdown è al centro del romanzo…che esperienza è stata? Durante il lockdown che libri ha letto? «Leggo storia, storia dell’Italia del Nove- cento. Storia dell’Italia fascista. Per capi- re come è successo che il nostro paese sia potuto precipitare, con il consenso po- polare, in una dittatura e in una guerra. Non aver approfondito le ragioni di quel consenso, secondo me, è una delle ragio- ni della fragilità della nostra vita pubbli- ca». Che letture ha sul comodino oggi? «Storia, sempre storia. E romanzi, specie sudamericani». Quale libro avrebbe voluto scrivere? «Tanti, ovviamente. Tra i contempora- nei mi sarebbe piaciuto avere la fantasia di Osvaldo Soriano quando ha scritto Triste, solitario y final». C’è un rito che si concede prima di ini- ziare a scrivere? «No, per me è un lavoro. Inizio al matti- no e vado avanti finché posso. Mi conce- do uno yogurt come premio a metà mat- tinata». Quanto è importante il cinema nella sua scrittura? Si rintracciano echi da pelli- cole celebri, anche in alcune frasi e pas- saggi narrativi, e l’influenza di alcune scene. «Penso per immagini. La formazione ci- nematografica è evidente nel mio modo di scrivere. A me piace trovare nei libri che leggo la sfida all’immaginazione del lettore.. Le storie di Buonvino sono mol- to cinematografiche e credo che anche questo sia alla base del loro successo». Nel romanzo vi è un accenno alla scuola che spesso è nei suoi pensieri; in questo difficile momento cosa vorrebbe dire a- gli studenti? «Di resistere, di non pensare che la scuo- la a distanza sia un modello. Che il rap- porto fisico con gli insegnanti e i compa- gni di classe è parte della esperienza di socializzazione, parte importante di quella esperienza umana che si fissa nel- la memoria. Per sempre». l «Ambientare un giallo in Sicilia significa sfidare la meraviglia del lavoro di Andrea Camilleri, non mi azzarderei» Un pensiero ai ragazzi in Dad IL NUOVO LIBRO DI FRANCESCA GIURLEO MARIA SCHILLIRÒ P oeta di strada, uomo senza let- tere, ma letterato d’animo, Pe- tru Fudduni è uno degli autori più amati della tradizione siciliana e a lui e ai suoi componimenti sagaci è dedicato “Petru Fudduni - La voce del popolo” (Kalós Edizioni), il nuovo libro di Francesca Giurleo. Nato a Palermo nei primi anni del Seicento, Fudduni, era un umile “pir- riaturi”, uno spaccapietre, che, anco- ra ragazzino, dovette andare a lavo- rare per aiutare la sua famiglia, ma che, anche se costretto al buio della miniera, non smise mai di coltivare la sua passione più grande: la poesia. Ed è di poesia e di ideali, del resto, che l’autore siciliano ha sempre vissuto e nonostante abbia trascorso la sua vi- ta nella miseria più totale, in una Pa- lermo segnata da eventi tragici quali l’epidemia di peste del 1624 e la rivol- ta popolare del 1647, grazie ai suoi versi pungenti, è riuscito a dare voce al malcontento della comunità cui lui stesso apparteneva, conquistan- do non solo la benevolenza dei più poveri che in lui vedevano una possi- bilità di riscatto, ma anche la stima di quegli stessi aristocratici bersagli dei suoi versi ingiuriosi che, affascinati, però, dalla sua capacità di improvvi- sazione, si divertivano a sopraffarlo e provocarlo per poi godere delle sue argute e stravaganti risposte. Partendo da un’attenta ricostru- zione storica e attraverso le rime a lui attribuite, Francesca Giurleo rac- conta così ai lettori la vita dell’istrio- nico poeta siciliano, paladino della giustizia e della correttezza, la cui memoria, tramandata sia dal popolo che dai più colti letterati e studiosi, tra leggende e realtà, ha resistito e resiste ancora al trascorrere dei se- coli. l SCAFFALE La Natività tra pastori e contadini del Medioevo PASQUALE ALMIRANTE S iamo all’origine del teatro medievale, quando i contadini rappresentavano i misteri raccontati dai vangeli nei sa- crati delle chiese ma anche nelle fiere o nelle piazze, du- rante i periodi della liturgia cattolica: la Pasqua o il Nata- le o il Corpus Domini, ma anche le vite di santi parti- colarmente carismatici. Una pratica questa diffusa in tut- ta Europa e anche in Italia. Tuttavia di questa forma primitiva di teatro “sacro” è arrivato, colmo di suggestio- ne, un bel libro a cura di Ma- risa Sestito, edito da Marsi- lio, “La Natività dei pastori. Secunda Pastorum”, che ri- prende la tradizione del Me- dioevo inglese e dunque dei suoi pastori e dei contadini che, avviandosi verso il luo- go della Natività, raccontano le loro sventure e la misera causata perfino dalle “enclo- sure”, le recinsioni, dove, al posto delle colture, veniva- no allevate le più remunera- tive pecore. Tre pastori, un ladro con sua moglie, la Ma- donna, l’angelo e Gesù Bam- bino: questi i personaggi della rappresentazione, da- tata intorno al XV secolo, e scritta con ogni probabilità dal Maestro di Wakefield, un uomo di cultura sicuramen- te considerati i temi riporta- ti e lo stile stesso della com- posizione. Da notare ancora la com- mistione tra latino e verna- colo cosicché lo spettacolo si svolge tra il comico e il serio, tra la fede nella salvezza e- terna e l’amore per il Bambi- nello con la disperazione del quotidiano, rappresentata, per esempio, dal furto di una pecora che poi la moglie del ladro finge di partorire per acquietare il derubato. Il li- bro riporta l’originale ingle- se, ma a fronte si dipana una coerente e affabulatoria tra- duzione italiana, consenten- do così di godere di una piè- ce la cui naturale conclusio- ne, tra fame, freddo e deso- lazione della notte Santa, è l’adorazione, con la guida dall’Angelo, del Bambinello. Il mondo di Petru Fudduni, uomo senza lettere, ma letterato d’animo

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LA SICILIALUNEDÌ 22 FEBBRAIO 2016

.57la PPOLITICA

18 Mercoledì 16 Dicembre 2020

Cultura

Il commissario buono di VeltroniIl giallo. La nuova storia del detective e della sua scalcinata squadra di investigatoritra la Roma estiva post lockdown, citazioni letterarie e suggestioni cinematograficheANNALISA STANCANELLI

T orna il Commissario Buonvino inlibreria con un nuovo caso, tornaWalter Veltroni a raccontare Ro-

ma e a far vivere ai lettori una nuova sto-ria dell’insolito detective e della sua“scalcinata squadra di agenti”. Nel libropubblicato da Marsilio “Buonvino e il ca-so del bambino scomparso” si legge dellaRoma estiva post lockdown e si vive dicitazioni letterarie e di tante tante sug-gestioni cinematografiche. Abbiamo in-tervistato Walter Veltroni e gli abbiamochiesto del nuovo libro e di tante altrecose… come i modelli da seguire e lascuola a distanza.

Da dove nascono le storie che fa vivere aBuonvino e al suo insolito team?«Sono storie di fantasia, ovviamente.L’ambientazione è fondata sulla mia co-noscenza e sul mio amore per Villa Bor-ghese, luogo che considero tra i più affa-scinanti al mondo. Il personaggio delcommissario Buonvino è ispirato allepersone che mi piacciono di più: i pacati,forse passati da sconfitte pubbliche epersonali, malinconici ma dotati di sen-so dell’umorismo. Per i reati purtroppobasta attingere alla realtà…».

Citazioni di Dante e Lucrezio nel giallo.Perché scegliere questo genere narrati-vo? Quali i suoi modelli di scrittura, se cisono?«Mi hanno sempre affascinato le perso-nalità capaci di contaminare il sapere e isaperi. Capaci di tenere unite le diversediscipline della creatività, senza alteri-

gia intellettuale, senza la boria di chi sanei confronti di chi non sa o si immaginanon sappia. Le faccio due nomi: Il cardi-nal Martini, capace di tenere insieme laBibbia e Alice nel paese delle meraviglieo Umberto Eco, analista di Mike Bon-giorno e della storia medioevale».

C’è un’altra città del cuore che si candi-da nella sua fantasia come location di unsuo “giallo”? Magari una città siciliana?«Ambientare un giallo in Sicilia significasfidare la meraviglia del lavoro di An-drea Camilleri, non mi azzarderei. Ioamo enormemente la Sicilia. L’Isola La-chea o l’Etna potrebbero essere degliscenari affascinanti».

Roma appena uscita dal lockdown è al

centro del romanzo…che esperienza èstata? Durante il lockdown che libri haletto?«Leggo storia, storia dell’Italia del Nove-cento. Storia dell’Italia fascista. Per capi-re come è successo che il nostro paese siapotuto precipitare, con il consenso po-polare, in una dittatura e in una guerra.Non aver approfondito le ragioni di quelconsenso, secondo me, è una delle ragio-ni della fragilità della nostra vita pubbli-ca».

Che letture ha sul comodino oggi?

«Storia, sempre storia. E romanzi, speciesudamericani».

Quale libro avrebbe voluto scrivere?«Tanti, ovviamente. Tra i contempora-nei mi sarebbe piaciuto avere la fantasiadi Osvaldo Soriano quando ha scrittoTriste, solitario y final».

C’è un rito che si concede prima di ini-ziare a scrivere?«No, per me è un lavoro. Inizio al matti-no e vado avanti finché posso. Mi conce-do uno yogurt come premio a metà mat-tinata».

Quanto è importante il cinema nella suascrittura? Si rintracciano echi da pelli-cole celebri, anche in alcune frasi e pas-saggi narrativi, e l’influenza di alcunescene.«Penso per immagini. La formazione ci-nematografica è evidente nel mio mododi scrivere. A me piace trovare nei libriche leggo la sfida all’immaginazione dellettore.. Le storie di Buonvino sono mol-to cinematografiche e credo che anchequesto sia alla base del loro successo».

Nel romanzo vi è un accenno alla scuolache spesso è nei suoi pensieri; in questodifficile momento cosa vorrebbe dire a-gli studenti?«Di resistere, di non pensare che la scuo-la a distanza sia un modello. Che il rap-porto fisico con gli insegnanti e i compa-gni di classe è parte della esperienza disocializzazione, parte importante diquella esperienza umana che si fissa nel-la memoria. Per sempre». l

«Ambientareun giallo in Siciliasignifica sfidarela meraviglia dellavoro di AndreaCamilleri, nonmi azzarderei»Un pensieroai ragazzi in Dad

IL NUOVO LIBRO DI FRANCESCA GIURLEO

MARIA SCHILLIRÒ

P oeta di strada, uomo senza let-tere, ma letterato d’animo, Pe-tru Fudduni è uno degli autori

più amati della tradizione siciliana ea lui e ai suoi componimenti sagaci èdedicato “Petru Fudduni - La vocedel popolo” (Kalós Edizioni), il nuovolibro di Francesca Giurleo.

Nato a Palermo nei primi anni delSeicento, Fudduni, era un umile “pir-riaturi”, uno spaccapietre, che, anco-ra ragazzino, dovette andare a lavo-rare per aiutare la sua famiglia, mache, anche se costretto al buio della

miniera, non smise mai di coltivarela sua passione più grande: la poesia.Ed è di poesia e di ideali, del resto, chel’autore siciliano ha sempre vissuto enonostante abbia trascorso la sua vi-ta nella miseria più totale, in una Pa-lermo segnata da eventi tragici qualil’epidemia di peste del 1624 e la rivol-ta popolare del 1647, grazie ai suoiversi pungenti, è riuscito a dare voceal malcontento della comunità cuilui stesso apparteneva, conquistan-do non solo la benevolenza dei piùpoveri che in lui vedevano una possi-bilità di riscatto, ma anche la stima diquegli stessi aristocratici bersagli dei

suoi versi ingiuriosi che, affascinati,però, dalla sua capacità di improvvi-sazione, si divertivano a sopraffarloe provocarlo per poi godere delle sueargute e stravaganti risposte.

Partendo da un’attenta ricostru-zione storica e attraverso le rime alui attribuite, Francesca Giurleo rac-conta così ai lettori la vita dell’istrio-nico poeta siciliano, paladino dellagiustizia e della correttezza, la cuimemoria, tramandata sia dal popoloche dai più colti letterati e studiosi,tra leggende e realtà, ha resistito eresiste ancora al trascorrere dei se-coli. l

SCAFFALELa Nativitàtra pastorie contadini

del MedioevoPASQUALE ALMIRANTE

S iamo all’origine delteatro medievale,quando i contadini

rappresentavano i misteriraccontati dai vangeli nei sa-crati delle chiese ma anchenelle fiere o nelle piazze, du-rante i periodi della liturgiacattolica: la Pasqua o il Nata-le o il Corpus Domini, maanche le vite di santi parti-colarmente carismatici. Unapratica questa diffusa in tut-ta Europa e anche in Italia.

Tuttavia di questa formaprimitiva di teatro “sacro” èarrivato, colmo di suggestio-ne, un bel libro a cura di Ma-risa Sestito, edito da Marsi-lio, “La Natività dei pastori.Secunda Pastorum”, che ri-prende la tradizione del Me-dioevo inglese e dunque deisuoi pastori e dei contadiniche, avviandosi verso il luo-go della Natività, raccontanole loro sventure e la miseracausata perfino dalle “e n c l o-sure”, le recinsioni, dove, alposto delle colture, veniva-no allevate le più remunera-tive pecore. Tre pastori, unladro con sua moglie, la Ma-donna, l’angelo e Gesù Bam-

bino: questi i personaggidella rappresentazione, da-tata intorno al XV secolo, escritta con ogni probabilitàdal Maestro di Wakefield, unuomo di cultura sicuramen-te considerati i temi riporta-ti e lo stile stesso della com-posizione.

Da notare ancora la com-mistione tra latino e verna-colo cosicché lo spettacolo sisvolge tra il comico e il serio,tra la fede nella salvezza e-terna e l’amore per il Bambi-nello con la disperazione delquotidiano, rappresentata,per esempio, dal furto di unapecora che poi la moglie delladro finge di partorire peracquietare il derubato. Il li-bro riporta l’originale ingle-se, ma a fronte si dipana unacoerente e affabulatoria tra-duzione italiana, consenten-do così di godere di una piè-ce la cui naturale conclusio-ne, tra fame, freddo e deso-lazione della notte Santa, èl’adorazione, con la guidadall’Angelo, del Bambinello.

Il mondo di Petru Fudduni, uomo senza lettere, ma letterato d’animo