IL COLLOQUIO NELLA RELAZIONE D’AIUTO (F. Puglisi )
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IL COLLOQUIONELLA RELAZIONE D’AIUTO
(F. Puglisi)
Premessa 1
• Il colloquio non si impara sui libri o in una lezione; • al colloquio ci si forma, con la maturazione dell’esperienza e della
nostra persona, lasciandoci mettere in discussione noi, prima di far mettere in discussione gli altri.
• Lasciarsi mettere in discussione significa :– lasciarsi interrogare dai fatti e dalle relazioni,
– ma anche interrogarsi continuamente per sorvegliare noi stessi nella gestione della relazione, del colloquio.
• Per questo, lungo questa trattazione, porrò passo passo un esempio di domande da rivolgere a noi stessi costantemente; sono le domande per mantenere la consapevolezza necessaria.
Premessa 2
• Quando nel nostro ambito parliamo di colloquio, stiamo parlando di due questioni : – la comunicazione– la relazione d’aiuto.
• Infatti “colloquiare con qualcuno” vuol dire innanzitutto entrare in rapporto con quel qualcuno mediante la comunicazione. Ma il tipo di rapporto che noi andiamo a stabilire in quanto volontari od operatori, – non è un rapporto d’amicizia, di familiarità, – né un rapporto d’affari basato su un dare e avere vantaggioso per
noi, – né un rapporto tra maestro ed allievo, ecc., – ma è una relazione d’aiuto, anche se la svolgiamo a titolo di
volontariato.
Capitolo 1
A - Comunicazione (definizione)
Comunicazione <= dal latino “communico” = condivisione
Condivisione = atto sociale e reciproco di partecipazione / atto mediato dall'uso di simboli significativi tra individui e gruppi diversi.
La comunicazione è l’atto di mettere qualcosa in comune tra due o più esseri viventi. Un essere vivente comunica con un altro se c’è qualcosa in comune tra i due, o se qualcosa viene trasferito dal primo al secondo. (MacKay)
La comunicazione è un processo di scambio d’informazioni e d’influenza fra due o più persone che avviene in un determinato contesto. (Watzlavick)
Comunicazione come relazione, mettere in comune comprensione
Capitolo 1 - ADomande
Cosa sto mettendo in comune?
Sta avvenendo davvero uno scambio di informazioni?
Sto ricevendo informazioni o le sto solo dando?
Informazioni o che altro?ecc. …
Capitolo 1
B - Relazione d’aiuto (definizione)
• La relazione d’aiuto è prima di tutto una relazione finalizzata; il suo fine la definisce.
• Una relazione di aiuto potrebbe essere definita come una situazione in cui uno dei partecipanti cerca di favorire, in una o ambedue le parti, una valorizzazione maggiore delle risorse personali del soggetto ed una maggiore possibilità di espressione. (C.Rogers )
Domande: cosa sto cercando di favorire? • La valorizzazione delle sue risorse comprendendo il suo
bisogno ? • o invece la meta verso cui io voglio condurlo secondo ciò
che realizza me?
Capitolo 2 Principali caratteristiche fondanti la Relazione d’Aiuto
1 - Il fine determina le caratteristiche della relazione e di conseguenza anche quelle della comunicazione in questo tipo di relazione
La relazione d’aiuto è una relazione asimmetrica, che non vede cioè un’uguaglianza di ruoli.
Ciò non va inteso come una presunta superiorità di colui che aiuta rispetto a colui che viene aiutato.
Ciò ha a che fare, invece, con :– la consapevolezza di sé, – l’intenzionalità,– la responsabilità che l’operatore ha, e deve avere, nei confronti della
persona che gli si è rivolta portando una richiesta d’aiuto.(E. Allegri)
Capitolo 2 Principali caratteristiche fondanti la Relazione d’Aiuto - 1
Domande
Ho ben chiaro anche oggi, anche in questo momento questi parametri della relazione asimmetrica?
Ciò che si sta svolgendo in questo momento tra me e l’altro risponde a questi parametri ?
Capitolo 2 Principali caratteristiche fondanti la Relazione d’Aiuto
2 – Operare in modo consapevole significa (E.Allegri) :
Mantenere una buona consapevolezza :• di sé, • del proprio mondo interno, • dei propri limiti, • dei propri conflitti non risolti.
Non proiettare sugli altri pensieri ed emozioni propri. Riuscire a tollerare la sofferenza dell’altro senza farsi travolgere. Mantenere la tolleranza :
• dell’incertezza, • della frustrazione di non capire e non saper spiegare sempre tutto, • di non poter raggiungere il successo in ogni situazione incontrata e “presa in
carico”. …(segue)
Mantenere la capacità di “sospendere il registro del fare” , tollerando la confusione data dal non avere ancora in mano alcuna carta risolutoria.
( Questa tolleranza può essere intesa, da un lato, come attesa di risposte creative e inattese dell’utente e della sua rete, dall’altro come occasione di comprendere e analizzare la situazione prima di agire )
( Una buona consapevolezza di sé passa anche attraverso la riflessione sulle tendenze ad
essere “interventista” o “attendista” cercando un punto di equilibrio tra le due posizioni che consenta di controllare ed essere coscienti sempre del proprio operato )
L’abbandono di un’immagine di sé onnipotente: quella dell’ operatore oblativo,
che “dona” tutto e che è sempre in grado di risolvere i problemi dell’altro. L’abbandono del bisogno dell’operatore di aiutare e rendersi utile ; questo
infatti ci porta ad orientare il rapporto verso la dipendenza dell’altro da noi, piuttosto che non verso l’autonomizzazione.
La capacità di gestire il potere che deriva dalla relazione, nella sua posizione di
asimmetria, di posizione “up” rispetto all’utente.
Capitolo 2 Principali caratteristiche fondanti la Relazione d’Aiuto - 2
Domande
Tutti gli 8 punti precedenti sono domande da porsi costantemente per sorvegliare la relazione che stabilisco con l’altro, se voglio fare il suo bene e non solo il mio :
Sto mantenendo consapevolezza di me, dei miei limiti, dei miei personali conflitti e dubbi, del mio stato d’animo di oggi e di questo momento?
O ciò che è dentro di me oggi sta influenzando malamente l’andamento di questo colloquio ?
E’ il suo pensiero/ emozione/ sentimento ? o gli/le sto attribuendo il mio?
In questo momento sto reggendo la sua sofferenza ? o mi sto lasciando travolgere e dunque è meglio riprendere lucidità su
me, su lui/lei, sulla situazione, sulla realtà ?
Segue …
Sto reagendo in questo modo con lui/lei perché è utile per lui/lei ? O perché non sto sopportando il peso dell’incertezza, del fatto che non
riesco a ottenere ciò che vorrei da lui/dalla situazione, ecc. ?
O perché non reggo l’attesa e mi viene l’ansia ?
Ma chi credo di essere in questo momento ?
Sto facendo tutto questo per lui/lei perché serve a lui/lei ? O perché serve a me per sentirmi buono e bravo ?
O perché ho bisogno di sentirmi “padre/ madre” e di legare questo “figlio” a me ?
Sto forse approfittando del mio potere in questo rapporto per ottenere di sentirmi potente agli occhi miei, dell’utente, degli altri ?
Capitolo 2 Principali caratteristiche fondanti la Relazione d’Aiuto
3 – Tre strumenti necessari alla relazione d’aiuto (Giusti, Romero)
a) Accoglienza Il colloquio rappresenta il momento in cui “vive” la relazione tra l’utente e l’operatore,
ma senza l’accoglienza come spazio temporale, fisico, relazionale, psicologico questa relazione non nasce neppure.
Essa è per il soggetto : L’ambiente fisico e relazionale in cui si è accolti, ascoltati, accettati, il luogo in cui si può percepire il “fidarsi”.
Essa è per l’operatore il momento in cui mettersi in una posizione d’ascolto attivo per conoscere l’altro e cosa egli ci sta portando, per cercare di comprenderne il punto di vista, per guardare il panorama :
vedendolo come lui, entrandoci dentro con lui, soffrendolo con lui
Solo così poi si potrà offrirgli la possibilità anche di un’altra prospettiva.
b) Giusta distanza
Perché la relazione resti una relazione d’aiuto è necessario evitare che cada nella simmetria, nella freddezza o nella familiarità.
Cose che possono succedere con grande facilità poiché la relazione non è mai fissa e stabile; è necessario quindi misurare costantemente la “temperatura della relazione”.
Schopenhauer descrive in modo efficace il senso della “giusta distanza”:
“ In una fredda giornata d’inverno un gruppo di porcospini si rifugia in una grotta e per proteggersi dal freddo si
stringono vicini. Ben presto però sentono le spine reciproche e il dolore li costringe ad allontanarsi l’uno
dall’altro. Quando poi il bisogno di riscaldarsi li porta di nuovo ad avvicinarsi si pungono di nuovo. Ripetono
più volte questi tentativi , sballottati avanti e indietro tra due mali, finché non trovano quella moderata
distanza reciproca che rappresenta la migliore posizione, quella giusta distanza che consente loro di
scaldarsi e nello stesso tempo di non farsi male reciprocamente.”
c) Flessibilità
Flessibilità = segui il percorso più agevole per l’altro, ma portando verso l’obiettivo del colloquio e nella direzione dell’obiettivo finale della relazione.
Il contesto relazionale è il ‘luogo’ in cui ciò che viene detto o fatto assume un senso che è frutto di un’armonizzazione, che a sua volta è frutto dell’interazione tra quelle due persone specifiche. Per questo motivo non esiste una postura ottimale in assoluto.
Possiamo fare l’esempio di due ballerini: se il primo è rigido e si esprime attraverso movimenti piuttosto geometrici, l’altro dovrà tener
conto di questa modalità espressiva;
per contro se il secondo ballerino è molto meno preciso nei movimenti e più elastico, anche il primo ballerino dovrà tener conto di queste caratteristiche del partner.
Se ognuno non tiene conto dell’altro, la comunicazione non si stabilisce e i gesti dell’uno rischiano di mettere in difficoltà, intralciare, imbarazzare o addirittura offendere, in modo totalmente inconsapevole, l’altro.
Capitolo 2 Principali caratteristiche fondanti la Relazione d’Aiuto
Tre strumenti necessari alla relazione d’aiuto – 3Domande
Relativamente a Accoglienza, Giusta Distanza, Flessibilità, durante il colloquio bisogna continuamente mantenersi desti circa questi tre strumenti con domande del tipo :
Sto accogliendo davvero ? O sto mettendo un muro tra me e lui/lei ? O addirittura sto chiedendo a lui/lei di accogliere me ?
Qual è la temperatura della relazione in questo momento ?Troppa distanza (freddo) ? E dunque impossibilità di “danzare insieme “?Troppa vicinanza (riscaldamento eccessivo) ? E dunque il rischio della
reazione simmetrica (nel senso dell’aggressività o della seduzione reciproca) ?
Sto danzando con l’altro in modo da seguire il percorso più agevole per lui/lei, ma senza perdere la dirittura verso l’obiettivo del colloquio/della relazione ?
Capitolo 3
La comunicazione nella relazione d’aiuto
Dunque la comunicazione è uno degli strumenti della relazione. Analogamente la nostra stessa persona è uno degli strumenti del colloquio. Perciò, trattandosi di relazione d’aiuto, la comunicazione deve avere qualche
caratteristica particolare e soprattutto deve essere molto più consapevole di quella che attiviamo dal panettiere, con un familiare o con un amico …
Per provare a descrivere almeno a grandi linee il colloquio nella relazione
d’aiuto, e in particolare nella relazione d’aiuto in carcere, possiamo seguire la traccia di alcuni elementi propri del processo comunicativo.
Parliamo quindi di : Variabili della Comunicazione , Atto Comunicativo ,
Sequenza ABCD (ovvero la circolarità e reciproca influenza di pensieri, emozioni, comportamenti)
LE VARIABILI DELLA COMUNICAZIONE
Le variabili della comunicazioneEmittente = è il soggetto (o i soggetti) che comunica il messaggio => IO
Ricevente = è il soggetto (o i soggetti) che riceve il messaggio => TU
Messaggio = è il contenuto di ciò che si comunica. Può essere una informazione, un dato, una notizia o più semplicemente una sensazione
Segue …
Domande per un agire consapevoleDomande relative alla consapevolezza su di sé in quel momento
Chi sei? Cosa cerchi? di cosa hai bisogno? quali sono i tuoi punti di forza e i punti deboli? a quale gioco stai giocando? quale è la tua meta ? … Cosa mi stai comunicando? Cosa ti sto comunicando?Perché? quale è il fine di questo colloquio per me? E per te?... E’ necessario avere sempre ben chiaro : perché siamo lì? per portare o fare o ottenere cosa? Ciò infatti evita inutilità, cadute nelle manipolazioni, nostre scelte d’impeto che possono rivelarsi dannose.
Referente = ciò a cui il messaggio si riferisce // anche il punto di riferimento costante nell’animo della persona, presente al suo occhio interno, consapevolmente o no.
Codice = è il sistema di segni che si usa quando si comunica e senza il quale non avviene la trasmissione del messaggio. Può essere sia una lingua, che un gesto, un grafico, un disegno, altro. Canale = può essere inteso sia come il mezzo tecnico esterno al soggetto con cui il messaggio arriva (telefono, fax, posta ecc.) sia come il mezzo sensoriale coinvolto nella comunicazione (principalmente udito e vista)
Segue …
Qual è il mio? E il tuo? E quello dettato dal contesto? Quanto influisce? È utile in questo momento in questa
situazione, esplicitarlo ? Utile a chi?Quanti codici sono in uso in questo
momento? Quali? E a chi sono in realtà diretti?...
Attenzione a tutti i canali comunicativi dell’utente e del contesto
Scelta di comunicare solo attraverso ciò che è consentito dalle regole del carcere.
Fondamentale attenersi alle regole del carcere; più l’operatore per venire incontro al bisogno dell’utente, trasgredisce le regole, più gli dà il segnale che la legge non conta, che non si sopravvive e non si fa né si ottiene niente di buono e utile se non si trasgredisce.
Le variabili della comunicazione Domande per un agire consapevole
Le variabili della comunicazione
Codifica = è l'attività che svolge l'emittente per trasformare idee, concetti e immagini mentali in un messaggio comunicabile attraverso il codice
Decodifica = è il percorso contrario svolto dal ricevente che trasforma il messaggio da codice in idee, concetti e immagini mentali Feed-back = è l'interscambio tra ricevente ed emittente quando l'informazione di ritorno permette all'emittente di percepire se il messaggio è stato ricevuto, capito ecc.
Segue …
Domande per un agire consapevole
Quali sono i miei e i suoi sistemi di codifica e decodifica?
A quali regole cognitive o sociali rispondono?
Ciò che io dico nel mio “linguaggio” è colto nello stesso linguaggio? …
Va usato consapevolmente e con un fine preciso.A seconda del carattere e dello stato
d’animo di chi abbiamo davanti questo feed-back va reso più o meno frequentemente.
Ma sempre, verso il termine del colloquio, ne va ripreso il contenuto, sintetizzando al fine di farne vedere le linee e la direzione.
Domande per un agire consapevole
Necessario mantenere desta con domande e con un’osservazione continua la consapevolezza circa il contesto e la sua influenza.
Lo è ancora di più in carcere : sia perché questo è fortemente
condizionante.
sia perché determina condizioni di vita nettamente diverse dalla normalità esterna.
Ne consegue che la persona e la relazione in carcere appaiono in un modo, che non sarà più lo stesso sull’esterno anche se emittente e ricevente restano gli stessi .
Le variabili della comunicazione Contesto o ambiente = è il "luogo", fisico, temporale o sociale, in cui avviene lo scambio comunicativo
Può incentivare o al contrario disincentivare la comunicazione, o comunque determinarne le caratteristiche e i contenuti.
Lo stesso tessuto relazionale che si forma nel rapporto tra operatore e utente, costituisce un contesto.
L’ ATTO COMUNICATIVO
Perché avvenga un atto comunicativo sono necessari : un emittente, un messaggio e un ricevente.
(Il principio di azione e reazione) L’atto comunicativo presuppone un insieme di
azioni e reazioni : A invia un messaggio a B; B riceve e reagisce. La reazione di B costituisce un messaggio di risposta che va da B => A. A riceve il messaggio– risposta di B e a sua volta reagisce. La sua reazione diventa a
sua volta un nuovo messaggio - risposta che va da A => B , ecc.
Dunque l’atto comunicativo presuppone almeno 3 azioni che influiscono una
sull’altra in una continua circolarità : Esprimere, Ascoltare, Capire.
I LIVELLI DELLA COMUNICAZIONE
Durante l’atto comunicativo vengono contemporaneamente inviati messaggi su 3 livelli :
Livello del Contenuto ( è il messaggio che consapevolmente l’inviante manda al ricevente)
Livello della Relazione (è il messaggio implicito nel modo con cui si veicola il contenuto della comunicazione, e con il quale l’inviante si pone in una certa posizione nei confronti del ricevente)
Livello dell’Emozione (è il messaggio più istintivo, inconscio e difficile da gestire, ma che pervade tutta la comunicazione e che la influenza più potentemente di tutto il resto)
Quando i messaggi inviati contemporaneamente sui tre livelli sono incongruenti tra loro, la
comunicazione diventa disfunzionale e provoca reazioni altrettanto disfunzionali
Capitolo 3 - La Comunicazione nella relazione d’aiutoL’ Atto comunicativo e i suoi Livelli
Domande
E’ necessario sorvegliare e non perdere di mano la gestione dell’ Atto Comunicativo ponendosi le domande relative a quanto lo caratterizza :
Ci sono e chi sono effettivamente in questo momento, l’inviante, il ricevente, il messaggio ?
Cosa sta avvenendo ora nel meccanismo di azione e reazione? È funzionale? Come posso
modificarlo ?
C’è un’adeguata circolarità tra espressione, ascolto e comprensione; sta mancando qualcuna
di queste parti?
Fondamentale è anche fare attenzione ai livelli della comunicazione che inviamo e che riceviamo :
Per non essere incoerenti nel messaggio che mandiamo
Per non rischiare una caduta nella simmetria (sia che determini la lite, sia la familiarità).
Per capire qual è la realtà di colui/colei che abbiamo di fronte, al di là delle parole che ci sta
dicendo
Questo è quanto mai rilevante in carcere dove la comunicazione evidente è molto condizionata dal contesto.
IL SUGGERIMENTO DELLA SEQUENZA ABCD
Normalmente diciamo che il tale episodio / il tale comportamento di un’altra persona / le parole di un’altra persona, ci hanno provocato una certa emozione. E diciamo pure che in conseguenza di quella emozione abbiamo reagito a nostra volta con un certo comportamento o certe parole, ecc.
Ma nella sequenza che va dalle parole o dal comportamento di una persona alla reazione dell’altra persona c’è
un passaggio in più che non prendiamo mai in considerazione, cioè l’interpretazione che noi diamo del fatto
e i pensieri quindi che sulla base di quella interpretazione facciamo.
La sequenza quindi è :
A => la situazione / il fatto / le parole dell’altro
B => la lettura che diamo del fatto e i pensieri che facciamo su di esso
C => le emozioni che seguono non solo il fatto, ma anche i pensieri che abbiamo avuto su di
esso.
D => i nostri comportamenti di reazione
Capitolo 3 - La Comunicazione nella relazione d’aiutoIl suggerimento della sequenza ABCD
Domande
Perciò è utile : Frenare i pensieri che istintivamente ci vengono, soprattutto quando si
tratta di qualcosa che consideriamo negativa e che quindi produce in noi reazioni di rabbia o di abbattimento.
Chiedersi se non vi siano altri modi di interpretare quel fatto e quindi di
considerarlo in modo costruttivo. Questo ovviamente non trasforma il fatto da negativo in positivo, ma ci dà la possibilità di trasformare la difficoltà in un vantaggio e quindi di trovare un modo di reagire costruttivo.
In carcere dove azioni e reazioni sono date sempre per scontate per via di un’interpretazione fortemente condizionata dall’ambiente che stigmatizza rigidamente e fortemente tutti, tener conto di quanto sopra è molto importante, anzi necessario.
Capitolo 4 - ATTENZIONE !!!
VIRUS DANNOSI
Onnipotenza
Presunzione
Trasformare l’altro in uno strumento per il proprio benessere
Dall’istintiva affinità alla familiarità
Dall’irritazione o dal timore alla freddezza
Cedevolezza / rigidezza
Alleanza di lavoro / Collusività
Simmetria
Svalutazione circa noi, circa l’altro, circa il contesto, circa la rete, circa le regole,
circa la temperatura della relazione ….
Capitolo 4 - ATTENZIONE !!!
ANTI VIRUS da RICORDARE - 1
Regole
Consapevolezza del limite (proprio, della realtà, del ruolo, del nostro compito, ecc. )
Confronto con i colleghi – nei dubbi confronto con un supervisore
Accordare il passo con quello della rete formale e non sostituirsi ad essa e ai suoi operatori, né criticarla davanti all’utente.
Tenere un occhio a se stessi e ai propri difetti
Nella relazione con l’utente la sospensione del giudizio
SEGUE …
ANTI VIRUS da RICORDARE - 2
Non dimenticare che non si può identificare una persona con un suo comportamento (complessità della persona vs etichettamento)
Ma pensare anche ogni tanto al dolore delle vittime di quel reato.
Accogliere, comprendere, essere al servizio dell’altro, ma non giustificare
Segue …
ANTI VIRUS da RICORDARE - 3
Ricordarsi sempre che l’operatore non è un risolutore, ma un facilitatore del processo che porta a far emergere le potenzialità dell’utente
Custodire, rispettare, mantenere, a volte anche ricordare all’utente e a se stessi i confini: relazionali, contestuali, di rete, di ruolo e di incarico (non è una relazione paritaria; l’operatore non può dare tutto, ma nemmeno troppo poco), quelli della situazione e quelli dati dalle regole relazionali (sia le comuni regole, sia quelle dettate dal ruolo e dal contesto e dalla finalità della relazione d’aiuto)
Trasparenza – il coraggio dell’onestà e di mostrarsi per quel che si è e non per quel che si vorrebbe essere, o l’altro vorrebbe che fossimo.
Si consiglia la lettura dei seguenti testi :
E. Allegri – Il colloquio nel servizio sociale – CARROCCI FABER
Francesca Aderlini – L’ascolto nella relazione d’aiuto – per CARITAS Arcidiocesi di Fermo – Internet
Giusti, Romero – L’accoglienza – SOVERA (Collana di E. Giusti)
Italo Calvino – Il Visconte Dimezzato