Il centro estivo di Pasquale Borriello

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EDUCAZIONE OLISTICA Pasquale Borriello Il centro estivo Progettare attività educative e ricreative per sviluppare le intelligenze

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Sempre più spesso il gioco e l’apprendimento sono considerati concetti agli antipodi, come a dire che chi gioca non impara, e chi impara, di conseguenza, non si diverte. I centri estivi, ci suggerisce Pasquale Borriello, possono diventare occasione per dimostrare che è possibile apprendere divertendosi, che l’esperienza del gioco e quella dell’apprendimento possono coesistere e fondersi in un unico entusiasmante percorso di crescita.

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EDUCAZIONE OLISTICAPasquale Borriello

Il centro estivoProgettare attività educative e ricreative per sviluppare le intelligenze

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Educazioneolistica

Se arriva in tempo si chiama educazione,se arriva tardi si chiama terapia.

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Questo libro è stampato su carta ecologica riciclata prodotta con il 100% di carta da macero e senza l’uso di cloro e imbiancanti ottici.Carta certificata Blue Angel ed Ecolabel in quanto creata con un basso consumo di energia.

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IL CENTRO ESTIVO

Progettare attività educative e ricreativeper sviluppare le intelligenze

Pasquale Borriello

EDIZ IONI

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© Copyright 2015Edizioni Enea - SI.RI.E. srlI edizione febbraio 2015

ISBN 978-88-6773-031-5

Edizioni EneaRipa di Porta Ticinese 79, 20143 Milano

www.edizionienea.it - [email protected]

Disegno in copertinaCaterina Ricca

Stampato e rilegato daGraphicolor, Città di Castello

I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, informatica, multimediale, riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo, compresi microfilm e copie fotostatiche, sono riservati per tutti i Paesi.

Un ringraziamento ad Angela Sarnataro per aver curato il paragrafo sul laboratorio dei materiali poveri e a Valentina Velleca per aver curato il paragrafo sul laboratorio di teatro.

Ai colleghi e amici della cooperativa Zetesis, laboratorio di crescita umana e professionale.A Gino Aldi, uomo di solidi principi, costretto a vivere in una società dedita alla frammentazione dei valori.A Valentina, per aver accettato la sfida più grande: quella di starmi accanto.

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Prefazione

Capitolo 1 – Il centro estivo come opportunità pedagogica

Gli obiettivi educativiLe intelligenze

Capitolo 2 – Leggere le emozioni dei bambini

Capitolo 3 – Come progettare un centro estivoTema generatore Struttura narrativaLaboratoriSpazio per la riflessioneUna timetable per tutte le giornate

Capitolo 4 – I laboratori e le altre attività educativeLaboratorio cognitivoLaboratorio espressivoMomenti di sintesi e di confronto

Capitolo 5 – Un modelloTema generatoreStruttura narrativaMateriali necessari alla storia

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Indice

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6 Il centro estivo

I laboratoriUna timetable per tutte le giornateLe giornate nel dettaglio

Capitolo 6 – Qualche idea…4-6 anni: Il Regno di Qua e il Regno di Là4-6 anni: Il bell’anatroccolo7-9 anni: I pirati dei Caraibi7-9 anni: Impressionismo e dintorni10-11 anni: Scuola di polizia10-11 anni: Le tradizioni della nostra terra

Appendice 1 – I giochi dell’accoglienzaAppendice 2 – I giochi psicomoriAppendice 3 – Schede per la programmazione

Bibliografia

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L’uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare.

George Bernard Shaw

Educa i ragazzi col gioco, così riuscirai meglio a scoprire l’inclinazione naturale.

Platone

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C’è chi accosta il senso dell’educare alla serietà. C’è chi cre-de che si inizi a educare quando il bambino sta fermo nel banco, si concentra, ascolta, ripete con diligenza ciò che gli si insegna e incamera nozioni che saranno utili alla sua crescita. Questo modo di intendere l’educazione scava un solco profondo tra l’esperienza del gioco e quella dell’apprendere, tra divertimen-to e studio, tra pensiero e azione, tra intrattenimento e proget-tazione educativa. Dove c’è l’una non c’è l’altra cosa! Quasi due mondi che non hanno nulla da dirsi, se non contendersi il bambino per incanalarlo in scopi che appaiono inconciliabili.

L’autore di questo libro, Pasquale Borriello, cerca di spie-gare quanto sia falsa la credenza che oppone il gioco all’inse-gnamento. Lo fa in modo pratico, diremmo esperienziale, con il proposito di fornire al lettore strumenti operativi e idee per agire. Dietro la semplicità delle sue proposte si nascondono convinzioni antropologiche radicate circa il senso dell’educa-re e del crescere bambini, che abbiamo condiviso e discusso con passione in questi anni di sperimentazione e di lavoro in-sieme, e che riguardano le infinite potenzialità di cui è capace ciascun essere umano. Alla base del suo lavoro sta la consa-pevolezza di quanto sia prezioso e allo stesso tempo fragile il bambino, che appare agli occhi dell’educatore attento come un fiore, che può sbocciare ed esprimere tutta la sua bellezza se viene opportunamente annaffiato e curato, oppure appassi-re tristemente se tralasciato e trascurato.

Prefazione

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10 Il centro estivo

L’autore ci racconta come un momento gioioso e utile qua-le il centro estivo, nato per intrattenere i ragazzi nei tempi in cui la scuola vive una pausa e i genitori sono presi dal lavoro, possa diventare uno spazio vitale, un universo di idee, simbo-li, azioni utili all’intelligenza e piacevoli per il cuore.

Il gioco, principale protagonista di ogni centro estivo, nelle pagine che seguono non è ridotto a passatempo, ma esprime tutta la potenza educativa di cui è capace, proiettando i bam-bini in un mondo di fantasia e di stimoli pensati per coltivare aspetti importanti del loro essere. L’autore dimostra che la contrapposizione tra gioco ed educazione non ha senso se non in una visione dell’infanzia gretta e chiusa che intende l’edu-care come un domare o dominare e non come un condurre, un accogliere, un ascoltare e soprattutto coltivare tutto ciò che in potenza è nel bambino.

Il centro estivo di cui parla Borriello è un trionfo dell’in-telligenza viva, un susseguirsi di stimoli che coinvolgono i piccoli attori e li spingono a esprimere il potenziale umano di cui sono capaci. È soprattutto un occhio consapevole che guarda all’infanzia con responsabilità, emancipandosi dalle concezioni che predicano la pura accoglienza di tutto ciò che proviene dal mondo infantile e le concezioni che propongo-no modelli adultocentrici, totalmente sordi alla specificità di ciascun piccolo essere in crescita. Ai primi si rimprovera una visione ingenua e anacronistica, che considera la vita infantile come una sorta di età della purezza che, se non contaminata negativamente dal mondo adulto, è capace di trovare da sola la via per svilupparsi in maniera armonica. Alla seconda si rimprovera la negazione pura e semplice della specificità del-la vita infantile, della sua ricchezza e dell’unicità che ogni bambino e capace di esprimere.

Borriello chiama il lettore a progettare, anche a lungo, un centro estivo e a pensarlo con la consapevolezza che l’ani-matore è inevitabilmente sempre educatore, e che chi educa è sempre portatore di modelli interpretativi. Egli rompe con la

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11Prefazione

forza del disincanto il concetto che si possa educare senza in-terferire nella vita del bambino. Sa bene che ciò è impossibile! Sa bene che ogni permesso, ogni silenzio, ogni acquiescenza è sempre una direzione che l’adulto imprime alla vita affettiva e cognitiva del bambino, che vive e respira il mondo delle sue relazioni significative e solo in esse trova occasione per dare significato al mondo esterno e ai suoi vissuti interni. Ricono-sciuta la funzione essenziale dell’adulto e la sua inevitabile capacità di imprimere una direzione alla vita infantile, egli ci richiama a un forte senso di responsabilità evidenziando la necessità di interrogarsi sui propri modelli pedagogici. Cia-scun educatore è viva espressione di un modello educativo, conscio o inconscio che sia, che ne influenza comportamenti, atteggiamenti, scelte. Quel che diventa utile, allora, è dichia-rare a se stessi quali sono le linee guida del proprio modo di educare in modo da poterle confrontare consapevolmente con il lavoro quotidiano, con le risposte che ci provengono dai bambini, con i risultati dell’operare.

È questo progetto che trasforma un centro estivo, luogo di intrattenimento per eccellenza, in opportunità educativa. Il fatto cioè che le proposte rivolte ai bambini sono pensate, pro-gettate, studiate e verificate, per attivare risorse, per accende-re luci nel suo mondo interno, per cogliere segnali di risposta alle nostre sollecitazioni. Questa progettazione è la differenza che rende i centri estivi piacevoli ma anche fortemente intrisi di educazione.

Il lettore che si accinge a fruire questo volumetto potrebbe pensare di avere tra le mani un complesso trattato pedago-gico. Ma così non è! E non perché non si ritenga utile con-frontarsi anche sul piano della teoria, ma perché Borriello ha voluto mostrare una pedagogia in azione, in cammino verso il bambino, piacevole nel modo di proporsi e di essere. Un’ana-lisi attenta potrà evidenziare, però, che i concetti pedagogici navigano con forza in ogni proposta. C’è ad esempio il “tema generatore”, un modo di organizzare il lavoro che permette

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agli educandi di vivere esperienze diverse incastonate in una storia che dà loro senso. È una scelta pedagogica importante che vuole contrastare la frammentazione degli stimoli educa-tivi a cui sono sottoposti i bambini. Il bambino della moderni-tà non soffre per mancata alfabetizzazione, ma per la difficol-tà di organizzare un caos di stimoli che mettono a dura prova le sue capacità integrative. Il “tema generatore” richiama gli educatori a costruire narrazioni in cui ciascun pezzo di espe-rienza possa essere collocato per costruire una direzione di senso coerente. La considero pedagogia profonda e vitale di cui si avrebbe gran bisogno nelle nostre “scuole dei progetti”, nelle quali si propina ai bambini di tutto e di più senza alcuna armonia di senso.

Vi è poi la scelta dei linguaggi: l’immaginario, l’azione, e cioè la dimensione della fantasia, dell’emotivo e del cor-po quali elementi basilari di tutto il percorso. Anche qui la concezione pedagogica che dà struttura al progetto intende sopperire a lacune di crescita dei nostri bambini. Una scuola centrata sul pensiero ripetitivo e mnemonico, che non stimola l’azione, il dubbio creativo, la risoluzione attiva dei problemi, la curiosità e l’entusiasmo per i risultati ottenuti impoverisce gli educandi, li rende miseri, annichilisce quel bisogno episte-mico, di ricerca, di amore per il sapere che sta all’origine del loro percorso educativo. Borriello chiama il lettore a incurio-sire, a proporre ai bimbi occasioni per sperimentarsi, rischiare soluzioni, incappare nell’errore e utilizzarlo come occasione di ulteriore crescita. L’educatore svolge, nel centro estivo, un lavoro maieutico, non passivo. Sa riconoscere pregi e limiti dei suoi ragazzi e per ciascuno confeziona e adatta il percorso, in modo che tutti insieme giungano alla meta.

I centri estivi di Borriello sono luoghi di gioia. Gioia per i bambini che imparano divertendosi e gioia per gli educatori che esprimono amore e reverenza per il meraviglioso mondo dell’infanzia. Viene in mente la grandezza di Janusz Korczak, pedagogista e medico polacco, quando, parlando dei bambini,

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ci ricordava che il lavoro dell’educatore è fondamentalmente quello di “innalzarsi all’altezza dei loro sentimenti”.

Questo interessante lavoro vuole essere uno strumento che guida l’educatore a elevarsi per raggiungere la profondità dell’animo infantile.

Gino Aldi

Prefazione

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1.

Il centro estivo come opportunità pedagogica

La maggior parte degli educatori e dei genitori considerano il centro estivo semplicemente come un parcheggio per il pro-prio bambino alla chiusura delle scuole; l’équipe di educatori e psicoterapeuti di cui faccio parte, invece, dedica molto tem-po (addirittura mesi) per organizzare laboratori da proporre durante l’estate: uno staff di professionisti si impegna a stilare una programmazione che dovrà poi dare direttive al personale che opera sul campo.

Perché tutta questa attenzione? Molti centri offrono propo-ste di intrattenimento estivo senza mobilitare così tante risorse in termini di personale, e soprattutto senza richiedere così tan-te ore di progettazione, forse perché non hanno la nostra am-bizione: offrire al bambino l’occasione per fare esperienze di apprendimento che siano esperienze di vita significative, fon-date sulle relazioni e sulla costruzione attiva della conoscenza.

Insomma, per i bambini ogni tempo, anche quello delle va-canze, apparentemente perso perché non inquadrato dall’istitu-zione scuola, è un momento per imparare, stare insieme, cresce-re: allora perché non rendere anche questo un tempo di qualità, e sfruttare la libertà che l’assenza dei programmi ministeriali ci concede per offrire percorsi di crescita alternativi e innovativi?

Se esplicitiamo i nostri obiettivi educativi, e adottiamo una metodologia che dia coerenza alle attività, anche un centro estivo diviene un importante progetto educativo.

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Gli obiettivi educativi

Ogni volta che un adulto decide di mettersi accanto a un bambino e di accompagnarlo, per un tempo più o meno lungo, nel suo cammino di crescita, dovrebbe farsi alcune domande: cosa è per lui l’infanzia, cosa significa educare e crescere, come si comporta un buon educatore; dovrebbe, in parole semplici, dichiarare a se stesso e agli altri il proprio modo di intendere la pedagogia, il proprio modello teorico. Solo a partire da que-sta chiarezza, e dalla stesura di programmi di lavoro sufficien-temente dettagliati, possiamo mettere in discussione le nostre teorie, sottoporle al vaglio della fallibilità, aggiustare il tiro, correggerci, confermare le nostre ipotesi, cambiare rotta quan-do necessario. Solo con un modello di riferimento chiaro nella nostra mente possiamo percorrere la nostra strada sicuri della direzione da prendere, evitando di andare a tentoni. Possiamo essere degli operatori dell’infanzia consapevoli e autocritici, aperti alle nuove esperienze, pronti ad adattarci alle diverse re-altà senza perdere di vista l’orizzonte entro cui sviluppare il nostro processo educativo.

Alla base dei nostri centri estivi, e di qualsiasi altro nostro progetto pedagogico, sta il modello di sviluppo integrato della persona* del dottor Gino Aldi. Il dottor Aldi, insieme alla sua équipe, ormai da dieci anni applica al lavoro educativo con i bambini le teorie sviluppate dal dottor Giovanni Ariano per la psicoterapia con pazienti adulti, e conosciute come modello strutturale integrato.

* Lo sviluppo integrato della persona è un progetto pedagogico che stiamo sperimentando da diversi anni presso le nostre scuole dell’infanzia. Esso riconosce la necessità di lavorare sulla pluralità delle intelligenze umane ri-conoscendo pari dignità alla cognizione, all’emotività, alla corproreità, alla creatività della fantasia e alla socialità. L’uomo è sintesi di questa pluralità di linguaggi e l’assenza di uno di essi pregiudica la qualità di vita della persona. Il lettore interessato ad approfondire il modello integrato della persona potrà consultare la bibliografia raccolta alla fine di questo volume.

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L’antropologia del modello strutturale integrato, cioè la sua idea di uomo adulto sano, si è rivelata molto utile per guidare il bambino verso lo sviluppo di competenze che gli permet-teranno, nell’età adulta, di vivere in armonia con se stesso e con le persone che lo circondano. Sono queste le basi peda-gogiche che fondano la scuola dell’infanzia, i centri estivi e gli altri servizi educativi della Cooperativa Zetesis di Caserta.

Le intelligenze

Il modello di sviluppo integrato della persona valorizza cinque forme di intelligenza che riteniamo componenti fon-damentali del bambino e del futuro adulto:• intelligenza corporea;• intelligenza emotiva;• intelligenza fantastica o analogica;• intelligenza razionale o cognitiva;• intelligenza relazionale o sociale (meglio conosciuta come

intersoggettività).

Presentiamo queste intelligenze, per necessità logica, in maniera distinta, ma sono in realtà strettamente integrate sia nell’infanzia che nell’età adulta.

Numerosi studi hanno dimostrato come, tramite le espe-rienze mediate dal suo corpo, il bambino apprenda a utilizzare categorie essenziali per il pensiero, come la rappresentazione dello spazio e del tempo. Non solo: le esperienze corporee hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo affettivo e della personalità del bambino.

Durante un gioco psicomotorio di gruppo il bambino ha scontri fisici con i compagni, deve coordinare i propri movi-menti con quelli di partner e avversari, rispettare delle regole, esprimersi in modo socialmente adeguato; tale attività per-mette di insegnare il rispetto reciproco, l’accettazione delle

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regole, l’autoregolazione della propria impulsività, l’espres-sione degli affetti e dei propri bisogni.

L’intelligenza emotiva riguarda il riconoscimento e la ma-nifestazione delle proprie e altrui emozioni; tale competenza richiede un insegnamento mediato dagli educatori. Da adulti ci rendiamo conto di come certe esperienze abbiano favorito o inibito la capacità di riconoscere in noi stessi alcuni dei nostri vissuti emotivi e la loro manifestazione. Riteniamo importan-te, allo scopo di favorire lo sviluppo armonico della persona-lità del bambino, insegnare tale abilità. I laboratori che ci con-sentono di perseguire questo obiettivo sono quello espressivo, fantastico, dei materiali, e tutte le attività in cui si favorisce l’ascolto di sé e l’espressività. Nel capitolo successivo verrà approfondita l’importanza di questa dimensione per lo svilup-po di una personalità equilibrata.

L’intelligenza fantastica può essere definita come la capa-cità di esprimere parti profonde di sé attraverso i linguaggi cosiddetti analogici: la pittura, la metafora, la drammatizza-zione teatrale e tutte le altre forme artistiche, che ci permetto-no di proiettare al di fuori di noi parti di cui siamo poco con-sapevoli e che non siamo ancora in grado di gestire mediante la riflessione. Spesso dopo la lettura di una storia spaventosa i bambini dicono di non aver paura, ma un disegno libero rive-lerà molto di più delle loro parole. Un educatore che ha con-sapevolezza delle potenzialità di tali strumenti può utilizzarli per permettere al bambino di esprimere parti di sé che ancora non riesce a condividere con il linguaggio delle parole.

L’intelligenza razionale è comunemente identificata con la capacità di utilizzare il linguaggio, di riflettere, formulare ipo-tesi e verificarle. Nel modello elaborato da Gino Aldi viene sottolineato anche il suo ruolo di mediatore delle altre intelli-genze, ovvero come strumento per riflettere sulle proprie espe-rienze e stati d’animo. Molto spesso anche da adulti ci capita di non riconoscere e identificare i nostri stati interni, di non riuscire a dare un nome preciso a quella agitazione interiore

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che a volte ci attanaglia. L’utilizzo della riflessione sulle sen-sazioni fisiche, sulle cause che hanno generato un certo stato e determinate immagini mentali è la strada per capire se stiamo vivendo paura, rabbia o magari una gioia difficile da accettare.

Per intelligenza sociale o relazionale, infine, intendiamo la capacità di costruire relazioni nelle quali siano rispettate en-trambe le identità coinvolte. Quando impediamo a un bambi-no di prendere senza permesso l’oggetto di un altro bambino, sebbene la nostra azione provochi il suo pianto, gli stiamo insegnando a limitare un suo desiderio e a tener conto del di-spiacere che arrecherebbe al compagno. L’educatore può pro-gettare attività che sviluppino tale abilità, ponendosi obiettivi diversi a seconda del momento evolutivo del bambino.

Il modello di sviluppo integrato della persona riconosce la consapevolezza, la libertà e la responsabilità come i principi che fondano un’identità adulta sana. Essi sono strettamente interconessi. Tali valori sono gli obiettivi verso il quale con-durre il bambino e in quanto tali orientano le nostre scelte educative: quali regole applicare, come strutturare i conte-sti di apprendimento, la scelta delle prove che al bambino si chiede di superare.

Per consapevolezza intendiamo la capacità, esercitata me-diante l’autoriflessione, di identificare le proprie emozioni e avere chiarezza dei propri pensieri. Le stesse conoscenze pos-siamo ottenerle, per inferenza, sui nostri interlocutori.

In base al grado di consapevolezza di noi stessi, e dei con-dizionamenti che possono provenire dall’esterno, possiamo compiere scelte più o meno libere da condizionamenti.

La capacità di assumersi responsabilità determina la pos-sibilità di fare scelte, quindi poter agire secondo le proprie convizioni.

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5.

Un modello

Tema generatore

Cerchiamo di tradurre in pratica i principi elencati nel ca-pitolo precedente con uno dei tanti esempi possibili, e imma-giniamo di dover scegliere un tema generatore per bambini di 4-6 anni.

In questa fascia d’età è bene partire da attività concrete (pittura, disegno, manipolazione), poiché le competenze senso-motorie sono già consolidate. Dovremmo dunque pensare ad attività che favoriscano l’espressione delle abilità simboliche emergenti, programmando giochi funzionali e di finzione. Un altro buon obiettivo da prefiggersi, con i bambini di questa età, è la costruzione della capacità di narrare i propri vissuti: possiamo utilizzare per questo scopo le vicende oggetto del tema generatore o dei giochi. Si potrebbe, infine, promuovere la capacità di coordinare le proprie azioni con quelle dei com-pagni di gioco, per educare all’intersoggettività.

Il tema generatore, allora, potrebbe essere “Il bosco magico”. Se scegliamo il bosco, sappiamo che dovremo esplorarne gli aspetti sensoriali, emotivi, cognitivi. Possiamo allora preve-dere l’utilizzo di una fiaba che racconti la vivacità del bosco. L’attività, che può essere sviluppata su una o più settimane, sarà incentrata sulla costruzione di un bosco con materiali di-versi: fili di lana, cartoncini, sassi, gusci di frutta essiccata, ecc. Lo scopo non è la riproduzione esatta del bosco, ma la

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costruzione di un ambiente che abbia delle analogie con il modello originale.

Sarebbe bello poi che nel corso delle attività i bambini rice-vano la visita dei personaggi presenti nella storia: ciò renderà ancora più magica ed entusiasmante l’esperienza. L’ambien-te costruito può essere oggetto di varie attività, ad esempio l’esplorazione tattile a occhi aperti o chiusi. Mediante l’esplo-razione si possono costruire percorsi basati sulle fantasie che si generano nel bambino. L’educatore dovrà essere capace, partendo da queste fantasie, di aiutare il bambino a costrui-re delle narrazioni più o meno articolate delle sue esperienze interiori. L’ambientazione, inoltre, offrirà spunti per attività cognitive (classificazione degli elementi del bosco).

Non rimane che cercare la storia che fa al caso nostro. Un buon esempio ci è sembrata “La favola di Erin”.

C’era una volta, su una piccola collina, un boschetto mi-sterioso, oscuro, fitto e ricco di storie fantastiche. Pare che questo fosse abitato da strani personaggi e tutti quelli che vi si erano avventurati, raccontavano di aver visto crea-ture e fiori mai visti prima. Al di là del bosco viveva un bambino di nome Erin. Un bel giorno, mentre riposava sul verde prato, Erin fu attratto da una bellissima farfalla variopinta che svolazzava insistentemente intorno a lui. Quando la farfalla si allontanò, Erin decise di seguirla. Senza rendersene conto si trovò all’ingresso di un bosco misterioso. Mentre l’animaletto colorato si intrufolava tra il fitto fogliame, lui senza pensarci troppo lo seguì tra gli alberi. Erin aveva tanta paura, poi pensò che se quell’es-serino meraviglioso viveva nel bosco, là dentro ci doveva essere qualcosa di bello e magico. Una musica magnifica accompagnava ogni suo passo e il ragazzo ne fu totalmen-te rapito. Improvvisamente, davanti ai suoi occhi, avvenne la trasformazione della farfalla in una donna bellissima dai lunghi capelli biondi, dal viso angelico e dalla schiena

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43Un modello

decorata da due grandi ali. Il buio del bosco svanì, e la splendida fata lo condusse in un posto magnifico. Lo spet-tacolo che si materializzò davanti al volto del bambino lo entusiasmò. Un gruppo di ninfe bellissime cantava e dan-zava al suono dolcissimo di una lira. In un limpido lago, le ninfe si rinfrescavano con l’acqua che cadeva da una pic-cola cascata. Bellissimi e profumatissimi fiori ornavano il loro capo. Il cielo era di un azzurro terso e il sole faceva capolino, con raggi delicati, illuminando la natura.Il tempo passò e il sole lasciò il posto a un rosso tramon-to e di lì a poco venne l’oscurità della notte. Le ninfe tornarono farfalle, i fiori chiusero le loro corolle e tutto il bosco, compreso Erin, sprofondò nel sonno.Al suo risveglio Erin pensò di aver sognato, invece era ancora nel bosco; si mise in cammino alla ricerca della bellissima fata o di qualche farfalla che gli indicasse la via, si addentrò nel bosco, e a un punto della selva, da-vanti a lui si presentò la Grande Quercia. Dai suoi rami rotolavano noci, bacche e fiori variopinti. Una musica ce-lestiale rendeva ancora più entusiasmante l’esperienza. Dopo un’intera giornata passata a giocare con gli scoiat-toli, i criceti e altri animali che abitavano i grandi rami della quercia Erin iniziò a sentire nostalgia di casa sua e chiese alla vecchia e saggia quercia di indicargli la via per tornare a casa; salutò i suoi amici e si incamminò.Arrivato nel cortile vide che tutto era rimasto come il giorno prima, anzi come un attimo prima: la sua came-retta non era ancora stata messa a posto come faceva la sua mamma ogni giorno mentre lui era a scuola. Erin decise di sdraiarsi sul suo letto e chiuse gli occhi, ma un attimo dopo udì la voce della mamma che gridava: “Erin, svegliati, l’autobus sta per passare!”. In quel momento Erin si rese conto di essere stato il protagoni-sta di uno dei più bei sogni che avesse mai fatto.

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44 Il centro estivo

Struttura narrativa

Primo giornoL’educatore annuncia ai bambini di aver trovato un libro

magico; le pagine dapprima erano tutte vuote, ma giorno dopo giorno iniziano a colorarsi, compaiono illustrazioni fantasti-che e parole che raccontano una storia. L’educatore quindi legge la storia di Erin fino all’incontro con la farfalla. La nar-razione si interrompe perché non ci sono altre parole nel libro.

Laboratorio: inizia l’attività con i materiali e i colori e la costruzione del bosco sensoriale.

Segue il laboratorio psicomotorio.

Secondo giornoL’educatore annuncia che oggi la magia a cui il libro lo

aveva abituato non ha avuto luogo, non ci sono nuove parole. Qualcuno dei bambini nota che c’è una farfalla più grande delle altre nella stanza, una farfalla che loro non hanno re-alizzato. Compare una ragazza con delle ali di farfalla: una ninfa. La ninfa proseguirà nel racconto della storia, colmando il vuoto presente nel libro. La ninfa si congeda invitando i bambini a realizzare nuovi elementi che completino il bosco.

Laboratorio espressivo: i bambini attraversano a occhi chiusi il bosco sensoriale e poi si divertono a dipingere e scri-vere tutto ciò che hanno provato o pensato.

Segue il laboratorio psicomotorio.

Terzo giornoNel libro compare la descrizione della vecchia e saggia

quercia. L’educatore narra il seguito del racconto fermandosi prima della decisione presa da Erin di ritornare a casa.

Laboratorio: costruzione della Grande Quercia, dei fiori, del-le bacche e degli animali che la abitano. Il laboratorio psicomo-torio della giornata è condotto da due nuovi personaggi, due scoiattoli che abitano sui rami della Grande Quercia: Lin e Rer.

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45Un modello

Quarto giornoL’educatore rilegge il testo approfondendo le descrizioni

di piante e animali citati. La lettura è lo stimolo per un nuovo laboratorio.

Laboratorio cognitivo: giochi di classificazione di piante e animali.

Quinto giornoLa ninfa racconta il finale della storia e insieme ai bambini

saluta Erin che torna a casa.Laboratorio espressivo: i bambini svolgono un’attività tea-

trale basata su di un testo realizzato da loro stessi.Conclusione: mostra delle attività svolte.

Materiali necessari alla storia

In questa fase occorre programmare tutti gli elementi utili a “vivificare” e concretizzare la struttura narrativa, i materiali e le fasi necessari alla loro costruzione.

Libro magicoMateriali necessari: fogli A3 color seppia, cartone ondu-

lato, cordoncino color oro, scarti di stoffe da tenda oppure di vilpelle, pistola per colla a caldo oppure colla vinilica. • Piegare a metà i fogli A3 e inserirli uno dentro l’altro.• Tra un foglio e l’altro nel punto di piegatura inserire qual-

che goccia di colla (incollare un foglio alla volta) e lasciare asciugare.

• Preparare la copertina piegando il cartoncino ondulato (il cartoncino deve essere più grande di un A3) e rivestire la facciata esterna con la stoffa o la vilpelle.

• Incollare le pagine nella copertina.• Nella parte superiore del libro, con la pistola per colla, in-

collare il cordoncino dorato, che farà da segnalibro.

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46 Il centro estivo

• Con un pennarello color oro decorare i bordi del libro e scrivere il titolo “Il bosco magico”.

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47Un modello

Ninfa del bosco e farfalla grande da appendereNinfa del bosco. Materiali necessari: abito da donna lungo

di colore chiaro, filo di ferro, collant colorati.La parte più elaborata del costume è la costruzione delle

ali della ninfa.• Modellare il filo di ferro in modo da far assumere la forma

dei contorni di un’ala.• Rivestire la sagoma con un collant e cucire le estremità in

modo da non far fuoriuscire la sagoma.• Cucire le ali sul retro del vestito.

Per completare il lavoro bisogna realizzare un trucco delicato per il viso dell’interprete.

Farfalla. Materiali necessari: cartone, tempere, pennelli, forbici.• Disegnare la sagoma di una farfalla sul cartone.• Dipingere le ali su entrambi i lati.• Ritagliare la sagoma ottenuta.

Scoiattoli Lin e RerCostume da scoiattolo. Materiali necessari: una vecchia

polo o maglione di colore grigio, pelliccia sintetica marrone da comprare in merceria oppure un vecchio cappotto riciclato di colore marrone, tuta marrone o altri capi di abbigliamento di colore marrone. • Per il cappello: staccare dalla polo una manica e cucire uno

dei lati; accorciare la manica; infine, cucire al cappello due pezzetti di pelliccia per le orecchie.

• Per la coda: ritagliare due lembi di pelliccia/cappotto a un-cino; cucire i due lembi lasciando aperto un solo lato; riem-pire con ovatta; la coda va cucita sul retro della tuta.

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6.

Qualche idea…

4-6 ANNI: IL REGNO DI QUA E IL REGNO DI LÀ

In breve: la storia narra di due regni nemici divisi da un confine di paletti che, all’arrivo di un grandissimo freddo, sono costretti a bruciarli tutti per riscaldarsi. Abbattuto il confine gli abitanti del Regno di Qua e del Regno di Là si scoprono uguali e… amici. I bambini dovranno riprodurre gli elementi essenziali della scenografia e allestire uno spettacolo teatrale a cui saranno invitati i genitori.

1° GIORNO

Materiale preliminare

Storia di Roberto Piumini “Il Regno di Qua e il Regno di Là” o video della storia disponibile all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=Cefnbwjdmnw

Scansione della giornata

AccoglienzaPresentazione del laboratorio

L’educatore legge la prima parte della storia, oppure mo-stra il video. Nel caso si opti per la lettura, sarà bene rispettare

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60 Il centro estivo

la segmentazione della storia così come viene qui proposta. La proiezione invece presenterà tutta la storia (il video cattura molta più attenzione ed è impossibile stopparlo), successiva-mente si lavorerà rispettando la scansione qui proposta del testo.

C’era una volta il Regno di Qua e il regno di Là: in mezzo ai due regni c’era un confine di paletti di legno a punta, così che non si poteva passare. Gli abitanti del Regno di Qua stavano da una parte del confine, e quelli del Regno di Là stavano dall’altra parte.“Qua è più bello!” dicevano quelli del Regno di Qua.“Là è più bello!” dicevano quelli del regno di Là.“Guai a voi se venite di Qua!” dicevano quelli del Regno di Qua.“Guai a voi se venite di Là!” dicevano quelli del Regno di Là.

LaboratorioCostruzione del confine dei due regni: paletti di legno a punta. Materiali: scatole di cartone, scotch da pacchi, tempere.Con l’aiuto degli educatori i bambini costruiscono il confine

dei due regni: su una scatola di cartone aperta, con una riga o squadra partendo da un lato mettere un segno ogni 15 cm. Si tira una linea dall’alto al basso lungo la tacca segnata. Si piega la scatola lungo le linee segnate. Si sigilla il paletto ot-tenuto con scotch.

La punta: si disegna su un cartone un quadrato con i lati di 15 cm. Su ogni lato disegna un triangolo. Si ritagliano i triangoli lasciandoli uniti dal quadrato alla base. Si ripiegano i triangoli e si uniscono al vertice.

Paletti di congiunzione: si ritagliano dai cartoni assi lunghe 150 cm e larghe 50 cm. Nel montaggio del recinto bisogna ef-fettuare un taglio sui lati del paletto per fare entrare il paletto di congiunzione.

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61Qualche idea…

Merenda e gioco liberoGiochi psicomotoriConclusione delle attività e uscita

2° GIORNO

Scansione della giornata

AccoglienzaPresentazione del laboratorio

L’educatore continua la lettura della storia.

Oltre alle parole, ogni tanto, si tiravano zolle di terra, sassi, scarpe usate, ossa rosicchiate: qualcuna di quelle cose passava, qualcuna restava impigliata sui paletti a punta a penzolare.Un giorno venne freddo: un freddo che ghiacciò non solo l’acqua dei fiumi, ma la saliva delle bocche, e per-sino le parole.La gente di Qua e la gente di Là, per scaldarsi, bruciarono tutta la legna, il carbone, e persino le scarpe vecchie: poi non ebbero più niente da bruciare, e allora cominciarono a prendere i paletti di confine, e a bruciare quelli, per scaldarsi un pochino.

LaboratorioGli educatori e i bambini terminano la costruzione e il

montaggio dei paletti di legno che delimiteranno il confine tra il Regno di Qua e il Regno di Là. Segue un circle time sull’espressione della rabbia.

Materiali necessari: una lavagna a fogli o un cartellone, per scrivere tutte le opinioni raccolte. Si formulano ai bambini domande aperte, per far emergere le loro esperienze con la rabbia e i modelli appresi.

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62 Il centro estivo

Domande guida:Vi è capitato di litigare?Cosa vi fa arrabbiare di più? Si annotano sulla lavagna tutte

le motivazioni. Secondo voi com’è più giusto esprimere la rabbia? Si an-

notano tutte le risposte.

Si conclude l’attività col meteo della rabbia. L’educatore chiede al gruppo di approvare per alzata di mano le soluzio-ni migliori per gestire la rabbia. Quelle votate come corrette saranno segnalate dal disegnino di un sole splendente, le so-luzioni sbagliate da una nuvola grigia.

Merenda e gioco liberoGiochi psicomotoriConclusione delle attività e uscita

3° GIORNO

Scansione della giornata

AccoglienzaPresentazione del laboratorio

L’educatore continua la lettura della storia.

Quando occorrevano altri paletti, andavano a prenderli al confine: e a forza di prenderli, non ce ne rimasero più, e il confine non ci fu più: così quelli di Qua andavano di Là e quelli di Là andavano di Qua, senza accorger-sene, e tutti cercavano di scaldarsi un poco, davanti e dietro, e fare due chiacchiere, e a sperare che venisse la primavera.E finalmente la primavera arrivò, il freddo smise e spuntò l’erba: tutti cominciarono a ballare in girotondo, e non

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63Qualche idea…

si chiamavano più quelli di Qua e quelli di Là, ma quelli di Qua e Là, un regno nuovo e felice.

L’educatore comunica che verrà realizzato uno spettacolo teatrale, quindi è necessario realizzare gli ultimi elementi di scena: sassi, zolle di terreno, scarpe vecchie, ossa rosicchiate.

LaboratorioLaboratorio pittorico per la realizzazione degli oggetti di

scena: sassi, zolle di terreno, scarpe vecchie, ossa rosicchiate.Materiali necessari: spugne da bagno, scatole di cartone,

tempere e pennelli.Zolle di terreno: dipingere le spugne da bagno con la tem-

pera marrone su un lato, verde sull’altro.Scarpe vecchie: su delle spugne da bagno disegnare con un

pennarello nero i lacci e la suola di una scarpa. Dipingere con colori a piacere.

Sassi: dipingere di grigio una spugna da bagno. Ossa: ritagliare la sagoma di un osso da una scatola di cartone

e dipingerla di bianco con contorni neri. Fuoco: ritagliare dai cartoni due forme simili a fiamme di

camino. Dipingere di giallo e rosso.

Merenda e gioco liberoGiochi psicomotoriConclusione delle attività e uscita

4° GIORNO

Scansione della giornata

Accoglienza

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64 Il centro estivo

Presentazione del laboratorioVengono attribuiti i ruoli nello spettacolo, i bimbi vengono

divisi equamente nei personaggi dei due regni (ascoltando anche le richieste dei bambini). Hanno inizio le prove dello spettacolo.

LaboratorioLaboratorio teatrale. I bambini non dovranno imparare

molte battute, l’educatore farà da voce narrante e i bimbi do-vranno solo eseguire le azioni descritte nella storia. Fanno eccezione solo alcune battute che devono ripetere dopo un segno dell’educatore; sarebbe più utile avvalersi di un colla-boratore che faccia da suggeritore.

Suggerimento: non puntate su una recitazione perfetta, non importa se qualche movimento risulta sbagliato o qualche battura non recitata a tempo, l’importante è che i bambini si divertano.

Riportiamo di seguito il copione dello spettacolo.

Scene: la sola palizzata.Costumi: i bambini e le bambine vanno vestiti da adulti, i

bambini verrano truccati con baffi o barba, le bambine truc-cate da signore.

Musiche: per la sigla iniziale e quella finale si potrebbero scegliere i brani dell’album “I giorni” di Ludovico Einaudi.

Voce narrante (mentre legge, i bambini entrano in scena e si dispongono ai due lati della palizzata): “C’era una volta il Regno di Qua e il regno di Là. In mezzo ai due regni c’era un confine di paletti di legno a punta, così che non si poteva passare. Gli abitanti del Regno di Qua stavano da una parte del confine, e quelli del Regno di Là stavano dall’altra parte”.

I bambini di Qua in coro: “Qua è più bello!”.I bambini di Là in coro: “Là è più bello!”.I bambini di Qua in coro: “Guai a voi se venite di Qua!”.

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65Qualche idea…

I bambini di Là in coro: “Guai a voi se venite di Là!”.(I bambini eseguono le azioni narrate.) Oltre alle parole,

ogni tanto, si tiravano zolle di terra, sassi, scarpe usate, ossa rosicchiate: qualcuno di quegli oggetti passava, qualcuno re-stava impigliato sui paletti a penzolare.

Un giorno venne freddo: un freddo che ghiacciò non solo l’acqua dei fiumi, ma la saliva delle bocche, e persino le parole. (I bambini imitano i brividi da freddo.)

(Un bambino porta in scena il fuoco e regge il cartone, gli altri eseguono le azioni narrate mettendo gli oggetti dietro il fuoco.) La gente di Qua e la gente di Là, per scaldarsi, bru-ciarono tutta la legna, il carbone, e persino le scarpe vecchie: poi non ebbero più niente da bruciare, e allora cominciarono a prendere i paletti di confine, e a bruciare quelli, per scaldarsi un pochino.

Quando occorrevano altri paletti, andavano a prenderli al confine: e a forza di prenderli, non ce ne rimasero più, e il confine non ci fu più: così quelli di Qua andavano di Là e quelli di Là andavano di Qua, senza accorgersene, e tutti cercavano di scaldarsi un poco, davanti e dietro, e fare due chiacchiere, e a sperare che venisse la primavera. (I bambini si avvicinano al fuoco e mimano l’atto di scaldarsi.)

E finalmente la primavera arrivò, il freddo smise e spuntò l’erba: tutti cominciarono a ballare in girotondo, e non si chia-mavano più quelli di Qua e quelli di Là, ma quelli di Qua e Là, un regno nuovo e felice. (I bambini si tengono per mano e mimano il girotondo.)

Merenda e gioco liberoGiochi psicomotoriConclusione delle attività e uscita

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66 Il centro estivo

5° GIORNO

Materiali preliminari

Collane, foulard, orecchini e bracciali finti per le bambine.Barbe e baffi finti o matita per disegnarli, cravatte. Tutto

ciò che può servire a travestire i bambini da “adulti”.

Scansione della giornata

AccoglienzaÈ il giorno dello spettacolo! Si svolgono nuovamente le

prove e si allestisce una mostra sul lavoro svolto durante la settimana.

Un’ora prima dell’uscita si svolge lo spettacolo, a cui sono invitati i genitori.

Al termine si invitano i genitori a visitare la mostra in cui sono esposte foto e spiegazioni del lavoro svolto durante la settimana.

Conclusione delle attività e uscita

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EDIZ IONI

www.edizionienea.it9 788867 730315

ISBN 978-88-6773-031-5

EDUCAZIONE OLISTICA

Pasquale Borriello si laurea in Psicologia presso la Seconda Università degli Studi di Napoli. Si specializza in psicoterapia presso la SIPI (Società Italiana di Psicoterapia Integrata).Si occupa delle problematiche del bambino, in particolare della diagnosi e del trattamento dei disturbi dell’apprendimento e delle disabilità intellettive. È socio di Zetesis, una coope-rativa sociale che promuove la ricerca e interventi in ambito educativo e di prevenzione del disagio psicologico.

Sempre più spesso il gioco e l’apprendimento sono considerati concetti agli antipodi, come a dire che chi gioca non impara, e chi impara, di conseguenza, non si diverte.I centri estivi, ci suggerisce Pasquale Borriello, possono diventare occasione per dimostrare che è possibile apprendere divertendosi, che l’esperienza del gioco e quella dell’apprendimento possono coesistere e fondersi in un unico entusiasmante percorso di crescita.

Questa collana vuole raccogliere le esperienze più significative nel campo dell’educazione per essere di aiuto a genitori, insegnanti, educatori e terapeuti. L’approccio olistico garantisce non solo un’attenzione alla globalità della persona nei suoi tre piani antropologici (fisico, psichico e spirituale), ma anche all’ambiente in cui essa si trova a vivere. L’ambiente è inteso sia come luogo di relazioni e affetti, quindi ambiente sociale, sia come luogo fisico in cui spazi, forme, colori e materiali sono parte inte-grante dell’educazione.

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