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Facoltà di Sociologia Corso di Laurea Magistrale in “Scienze Sociali per le Politiche, le Risorse Umane, l’Organizzazione e la Valutazione” Tesi di Laurea in Sociologia del Diritto Il carcere delle riforme. L’esperienza spagnola, uno studio di caso. RELATORE: CANDIDATA: Prof. Pio Marconi Raffaella Di Masi CORRELATORE: Prof. Vincenzo Nocifora Anno accademico 2007-2008

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Facoltà di Sociologia

Corso di Laurea Magistrale in “Scienze Sociali per le Politiche, le Risorse Umane, l’Organizzazione e la Valutazione”

Tesi di Laurea in Sociologia del Diritto

Il carcere delle riforme. L’esperienza spagnola, uno studio di caso.

RELATORE: CANDIDATA: Prof. Pio Marconi Raffaella Di Masi

CORRELATORE:Prof. Vincenzo Nocifora

Anno accademico 2007-2008

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“Quando il carcerato piange,l’uomo libero trema”

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Indice Introduzione ........................................................................................................ pag 4

Parte I. Il sistema penitenziario spagnolo Premessa. La tendenza alla tolleranza zero ............................................................ 7

Capitolo 1. Il sistema penitenziario spagnolo .................................................... 20

1. 1 Le fonti del diritto penitenziario spagnolo.................................................... 20

1. 1. 1 La Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo ............................................... 20

1. 1. 2 Le fonti normative ............................................................................. 22

1. 2 I diritti del recluso ........................................................................................ 29

1. 2. 1 I diritti come persona......................................................................... 30

1. 2. 2 I diritti come cittadini di uno stato ...................................................... 32

1. 2. 3 I diritti come detenuti ......................................................................... 34

1. 2. 4 Limiti ai diritti...................................................................................... 35

1. 3 I doveri del recluso ...................................................................................... 35

1. 4 Il lavoro penitenziario .................................................................................. 36

1. 4. 1 Condizioni.......................................................................................... 37

1. 4. 2 Modalità............................................................................................. 37

1. 4. 3 Il lavoro come diritto-dovere .............................................................. 38

1. 5 L’educazione nelle strutture penitenziarie................................................... 40

1.6 La formazione professionale, socioculturale e sportiva ............................... 41

1. 7 L’assistenza sanitaria.................................................................................. 42

1.8 Igiene e pulizia ............................................................................................. 46

1.9 Alimentazione............................................................................................... 47

1. 10 Assistenza religiosa .................................................................................. 47

1. 11 L’Assistenza sociale penitenziaria ............................................................ 49

1. 11. 1 Concetto e natura............................................................................ 49

1. 11. 2 Le fonti normative............................................................................ 50

1. 11. 3 L’assistente sociale in ambito penitenziario .................................... 52

1. 12 L’organizzazione degli stabilimenti penitenziari ........................................ 54

1. 12. 1 Considerazioni preliminari............................................................... 54

1. 12. 2 Gli Organi Collegiali ........................................................................ 54

1. 12. 3 Gli Organi Unipersonali................................................................... 60

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1. 13 L’esecuzione delle pene privative di libertà nell’ordinamento spagnolo:

la suddivisione in gradi....................................................................................... 63

1. 13. 1 Considerazioni preliminari............................................................... 63

1. 13. 2 Il sistema di individualizzazione scientifica...................................... 64

1. 13. 3 Il procedimento di classificazione iniziale........................................ 67

1. 13. 4 Cambio di grado.............................................................................. 67

1. 14 Il trattamento penitenziario........................................................................ 68

1. 14. 1 Concetti e fini .................................................................................. 68

1. 14. 2 I principi che la regolano ................................................................. 69

1. 14. 3 La prigione nel complesso teorico del trattamento penitenziario .... 70

1. 14. 4 L’esercizio del trattamento penitenziario come processo di

risocializzazione........................................................................................... 71

1. 14. 4 Il complesso normativo del trattamento penitenziario..................... 72

1. 15 Il regime delle strutture penitenziarie ........................................................ 75

1. 15. 1 Principi ispiratori .............................................................................. 75

1. 15. 2 Tipi di regime................................................................................... 76

1. 15. 3 I tipi di regime aperto....................................................................... 78

1. 15. 4 Il regime chiuso ............................................................................... 81

1. 15. 5 Forme speciali di esecuzione della pena ........................................ 82

Capitolo 2. Alcuni dati circa la popolazione reclusa in Spagna .................... 87 2. 1 Evoluzione della popolazione penitenziaria fino al 2005............................. 88

2. 2 Evoluzione della popolazione penitenziaria nel 2006 ................................. 99

2. 3 Evoluzione della popolazione penitenziaria nel 2008 ............................... 109

2. 4 Il profilo del detenuto “tipo” presente nelle carceri spagnole..................... 118

Parte II. La realtà di Granada. Il centro penitenziario di Albolote Premessa alla II parte. Alcune precisazioni sociologiche sul sistema carcere ...... 121

Capitolo 1. Uno sguardo su una realtà spagnola: il centro penitenziario di

Albolote ...................................................................................................... 144

Capitolo 2. Evoluzione della popolazione internata relativa al centro

penitenziario di Albolote ............................................................................. 148

Capitolo 3. Le interviste e il questionario proposto..................................... 166 3. 1 Introduzione alle interviste ........................................................................ 166

3. 2 Le interviste e la metodologia usata.......................................................... 167

3. 2. 1 Il questionario proposto ai funzionari .................................................... 167

3. 2. 2 Il questionario proposto ai detenuti ....................................................... 173

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Capitolo 4. Analisi alle interviste al centro penitenziario di Albolote ........... 175 4. 1 Alcuni aspetti introduttivi ........................................................................... 175

4. 2 Le interviste............................................................................................... 175

4. 3 Alcune considerazioni sulle interviste ai funzionari del centro penitenziario di

Albolote ............................................................................................................ 187

Capitolo 5. Analisi delle interviste rivolte ai reclusi della sezione aperta di

Granada ..................................................................................................... 192 5. 1 Alcune precisazioni sulle interviste ........................................................... 192

5. 2 Le interviste............................................................................................... 193

5. 3 Alcune considerazioni circa le interviste ai detenuti .................................. 205

Capitolo 6. Le attività socioculturali, le immagini ........................................ 210

Conclusione. Il carcere delle riforme o le riforme del carcere?................... 215

Bibliografia ................................................................................................. 222

Riferimenti tratti da internet ........................................................................ 224

Altri riferimenti ............................................................................................ 225

Siti consultati .............................................................................................. 225

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Introduzione. Questo lavoro è un’introduzione a quello che è il sistema penitenziario spagnolo,

quali sono le sue leggi, i suoi fondamenti e le sue realtà.

L’idea di vedere da vicino quello che è il carcere in Spagna è nata dalla

collaborazione con l’associazione andalusa “Asociación Pro Derechos Humanos de

Andalucía” (Associazione Per i Diritti Umani dell’Andalusia) che da quasi vent’anni si

occupa del tema del carcere nella regione dell’Andalucía e della salvaguardia dei

diritti umani anche in questo settore.

Il sistema penitenziario spagnolo da molti è considerato come uno dei sistemi

migliori a livello europeo, anche e soprattutto in relazione al suo passato storico: il

complesso normativo penitenziario, così come molte altre leggi, sono stati un punto

di distacco e di partenza dal quarantennale regime dittatoriale franchista. A partire

dal periodo della “transición”1, da parte della nuova classe dirigente si cerca la

svolta, la differenziazione da quello che è stato il prima e quello che sarà il dopo; il

complesso normativo che riguarda il sistema penitenziario si inserisce appunto in

quest’ottica. Il carcere da quarant’anni era la punizione per i dissidenti, ma dopo il

franchismo cambia totalmente facciata, non solo il suo significato è quello di

“punire”, ma anche quello di rieducare e reintegrare le persone che sbagliano. Un

cambio decisamente sostanziale rispetto al passato.

Il sistema penitenziario spagnolo si fonda su tre leggi basiche: la Consitución

Española (del 1978), la Ley Organica Penitenciaria (del 1979) e il Reglamento

Penitenciario (del 1996, che sostituisce il precedente del 1981) e il suo fine

primordiale è da una parte quello di punire, con la limitazione della libertà, chi viola il

Codice Penale; mentre dall’altra quella di lavorare sulla persona, sulle sue

predisposizioni affinché nella vita in libertà, non incorra più nel commettere delitti.

La costituzione spagnola infatti afferma:

Las Instituciones penitenciarias reguladas en la presente Ley tienen como fin

primordial la reeducación y la reinserción social de los sentenciados a penas y

1 La “transición” (transizione) si riferisce al processo nel quale la Spagna si lascia alle spalle il regime dittatoriale franchista, per poter finalmente instaurare un governo democratico costituzionale. Consultato presso http://es.wikipedia.org/wiki/Transici%C3%B3n_Espa%C3%B1ola

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medidas penales privativas de libertad, así como la retención y custodia de

detenidos, presos y penados.2

Il fine ultimo del sistema carcere, in sostanza, è quello della rieducazione e della

reintegrazione dei detenuti in vista del loro ritorno in libertà.

L’obiettivo, in sintesi, di questo lavoro è quello di cercare di comprendere la

coerenza tra obiettivi normativi e realtà concreta. Come e in quale modo le istituzioni

penitenziarie si adoperano, affinché i reclusi possano sì scontare la propria pena nel

senso della punizione, ma anche quali strategie portino a capo, perché possano in

seguito poter riuscire a condurre una vita onesta.

La realtà concreta che ho analizzato in questa tesi è stata quella del Centro

Penitenziario di Albolote (vicino a Granada), grazie anche all’aiuto dell’”Asociación

Pro Derechos Humanos” e alcuni professori dell’Università di Granada –tra cui

Yolanda Aragón Carrillo, che mi ha messo a completa disposizione la sua tesi

dottorale sul centro penitenziario di Granada –dando parola ai diretti interessati: i

funzionari e i detenuti. Le loro voci sicuramente hanno potuto aiutarmi ad avere una

visione più realistica e concreta di quello che in realtà è il carcere.

2 Articolo 1. Le istituzioni penitenziarie regolate nella presente legge hanno come fine primordiale la rieducazione e la reintegrazione sociale dei sentenziati a pene e misure privative di libertà, così come la ritenzione e la custodia dei detenuti, condannati e preventivi.

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Parte I Il sistema penitenziario spagnolo

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Premessa. La tendenza alla tolleranza zero Prima di analizzare in sé il sistema penitenziario spagnolo è necessario spendere

qualche parola circa i cambiamenti in materia di sicurezza che stanno toccando tutti

gli stati”occidentali”. Importantissimo è per esempio il passaggio dallo stato del

welfare, lo stato assistenziale, allo sistema del workfare. Cambiamenti importanti e

sostanziali toccano anche la sostanza dei sistemi penali, ossia cambiano le

prerogative e il modo di agire, appunto in campo di sicurezza e di “applicazione” di

tale sicurezza.

La tendenza che sta percorrendo gli stati “occidentali” sarebbe, in pratica una certa

“cultura del controllo” -teorizzata da David Garland –che si basa su questi punti

essenziali:

• Il declino dell’ideale riabilitativo, fronte a politiche orientate alla riduzione dei

rischi

• Il riaffermarsi del carattere essenzialmente punitivo della sanzione;

• Il cambiamento del tono emotivo della politica criminale, con enfasi sulla

paura del crimine;

• L’abbandono della visione del delinquente come svantaggiato e bisognoso di

aiuto, a favore di un’immagine di questo come di qualcuno di essenzialmente

pericoloso;

• La rivalutazione delle vittime e il loro utilizzo strumentale come supporto di

politiche criminali repressive;

• La protezione della sicurezza pubblica;

• La politicizzazione della questione criminalità e la sua centrale importanza

nelle campagne elettorali;

• Il riaffermarsi dell’istituzione prigione come istituzione base dell’ordine

sociale contemporaneo

• La trasformazione del pensiero criminologico, nella quale il criminale viene

considerato come un essere che “razionalmente” sceglie di agire in un certo

modo;

• Lo sviluppo di iniziative di prevenzione, come, per esempio, la capacità di

autodifesa delle comunità locali;

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• Il superamento del monopolio del pubblico in campo pensale, fronte al

coinvolgimento di imprese private nell’assunto.3

Orientamenti come questo sono ormai diffusi in tutti gli stati dell’Unione Europea e

ne sono una linea guida per quanto riguardano soprattutto le agente politiche dei

suddetti stati e i loro relativi piani di azione.

Con queste prerogative le idee base del programma politico di molti paesi è appunto

quello conosciuto come programma zero tolerance, ovvero la “tolleranza zero”.

Tolleranza zero, appunto, verso qualsiasi tipo di devianza dalle norme del buon

vivere sociale; tendenza questa, che infatti, non fa altro che puntare il dito verso

qualsiasi tipo di infrazione delle norme sociali, etichettandola come delitto. Per cui,

essendo un delitto qualcosa di estremamente pericoloso, deve essere regolato e

non tollerato. Quindi non si tollerano più delitti, che prima erano considerati di

importanza minore come per esempio il furto, e ora vengono considerati come

qualcosa di estremamente pericoloso e per questo necessitano di particolare

attenzione.

Questo modo di pensare e di agire inizia a diffondersi negli Stati Uniti, nella città di

New York, dove il sindaco Rudolph Giuliani e il capo della polizia William Brattons,

iniziò a sventolare la bandiera della tolleranza zero, intesa come intolleranza di

fronte all’alcolismo, al fenomeno dei graffiti, alla prostituzione, al vandalismo… In

pratica da allora Giuliani inizia a mettere in atto una guerra contro la povertà, non

però con il fine di arrivare a una soluzione del problema, ma con quello di

proteggere le classi più abbienti e timorose della sicurezza cittadina appunto da

coloro che potessero importunarli: gli alcolizzati, le prostitute, i mendicanti… Tutto

ciò ovviamente avviene solo attraverso il crescere sproporzionato del sistema

penale fronte a un sistema di aiuto sociale, che cerchi la soluzione del problema

dalla causa.

Riporto un intervento di Brattons a una conferenza alla Fondazione Cilena “Libertad

y desarrollo”, nell’aprile 1999:

“questa la Tolleranza Zero consiste nell’evitare che persone bevano nei luoghi

pubblici, imbrattino i muri, rubino automobili, si azzuffino nelle vie pubbliche ecc

ecc. Se non evitiamo il primo che infrange le norme, verranno degli altri a

3 Prina F Devianza e politiche di controllo. Scenari e tendenze nelle società contemporanee Carrocci editore 2003: pag 129

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imbrattare i muri con i loro graffiti nello stesso muro. L’importante non è riparare

o cambiare la finestra rotta, ma evitare che la rompano”. 4

La tolleranza zero esige la contabilità esatta e il registro perpetuo degli atti incivili e

dei piccoli errori commessi in special modo dai giovani. Non invano la delinquenza è

una forma di vita che risiede nei quartieri popolari. La cosa più preoccupante di tutto

ciò è il fatto che in questo sistema messo in atto da Rudolph Giuliani e da Brattons,

il sospetto è abbastanza sufficiente per la detenzione, e qualsiasi attitudine come il

vagabondaggio o un qualunque tipo di condotta incivile devono essere, ovviamente,

oggetto di interesse da parte della polizia. I senza tetto newyorkini sono coloro che

toccano con mano la politica della “tolleranza zero” della città. Le categorie sociali

sono state praticamente sostituite a categorie di persone di interesse prioritario per

la polizia. Qualsiasi persona ai margini è diventata, secondo quest’ottica, oggetto di

attenzione pubblica, e ovviamente oggetto verso il quale viene canalizzata tutta

l’attenzione repressiva.

Come sostiene Wacquant, vengono posti sullo stesso piano:

“delinquenti, senza dimora, mendicanti e altri marginali, assimilati a invasori

stranieri, cosa che consente l’associazione alla problematica dell’immigrazione,

sempre elettoralmente parlando” 5

Ovviamente ciò avviene ai danni dello stato sociale, il “welfare”, tagliando fondi da

questa parte per trasferirli allo stato della sicurezza, in questo modo viene liquidato,

senza nessuno scrupolo, di fatto vengono consacrate le politiche altamente

repressive fronte al problema criminalità.

Fondamentale al fine di comprendere il processo in questione è appunto l’opera di

Wacquant, che analizza questo processo a partire dall’esperienza della tolleranza

zero negli Stati Uniti, a come appunto questa poi è diventata la tendenza adottata

anche dagli stati europei. Ciò che viene analizzato nel saggio è il come questo

processo si sia diffuso a una velocità impressionante nel resto del pianeta,

soprattutto in Europa. L’operato di Rudolph Giuliani nel corso degli ultimi anni è

diventato un esempio da seguire per la maggior parte dei governi –di destra e di

sinistra –del continente europeo, esempi possono essere le politiche britanniche in

4 Maita A ¡Viva la libertad! ¡Tolerancia cero! Consultato su http://lahaine.org/internacional/viva_cero.htm 5 Wacquant L, Las cárceles de la miseria alianza ensayo, 1999: p 18

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campo penale, messe in atto prima da Mayor e successivamente da Blair, nella

quali la criminalizzazione del più povero è all’ordine del giorno. In Francia negli

ultimi anni si assiste a un tipo di tolleranza zero alla francese e in Germania la

Unione Cristiano Democratica mise anni fa in atto una campagna di null toleranz a

Francoforte.

Quindi la maggior parte dei sistemi politici stanno aderendo sempre più largamente

alle teorizzazioni del “Crime Control” di origine statunitense; non importa appunto

quale sia la natura politica del governo dei vari stati in questione, un esempio che

tutta l’Europa ha sotto gli occhi è appunto quello inglese, in cui abbiamo assistito

“a un lento scivolamento dalle elaborazioni di un realismo di sinistra –per il quale

la questione criminale va affrontata con politiche di riforma delle condizioni di vita

di parte consistente della popolazione (le classi svantaggiate), nel perseguimento

della giustizia sociale, ma anche con un sistema penale attento e democratico,

basato su impegni che comprendono forme di controllo democratico sulla polizia

e la partecipazione delle comunità nell’elaborazione di progetti di prevenzione

della criminalità –verso politiche essenzialmente repressive che troveranno nel

pensiero e nelle scelte di Tony Blair la consacrazione ufficiale.”6

Ciò che emerge da tendenze come questa è che l’unica risposta che si può dare al

crimine è il solo mezzo detentivo, ovvero l’unica soluzione al crimine è l’uso di

misure preventive da parte della polizia. In questo caso appunto si può utilizzare il

termine “incapacità selettiva” , proprio per sottolineare che i soggetti cosiddetti

recidivi o socialmente pericolosi devono essere allontanati e separati dal corpo

sociale.7

Altro elemento che caratterizza questo tipo di politiche è il fatto che queste

ovviamente non rivolgono la loro attenzione a singoli individui, ma su gruppi,

considerati come produttori di rischio. Il singolo individuo, in quanto appartenete a

un determinato gruppo, è potenzialmente pericoloso e per questo motivo deve

essere controllato. Quindi:

6 Prina F Devianza e politiche di controllo. Scenari e tendenze nelle società contemporanee Carrocci editore 2003 pag 132 7 ibidem

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“il singolo soggetto deviante verrà preso in considerazione a partire dagli attributi

della categoria cui appartiene, sulla base di una valutazione probabilistica e

statistica della rischiosità”8

Tolleranza zero, quindi come teoria e pratica, sperimentata prima con “successo”

negli Stati Uniti, e poi diffusasi anche in Europa. Stato della polizia che necessita

per il suo proprio “vivere” di capri espiatori, di gruppi sociali considerati pericolosi, e

per questo degni di attenzione. Non a caso i gruppi sociali interessati riguardano la

parte bassa del corpo sociale di riferimento, i marginali, le non persone. Si parla

quindi, in questo caso di immigrati, prostitute, senza fissa dimora, tossicodipendenti,

gitani, come di coloro da cui fare attenzione e difendersi. Non a caso i mass media

non fanno altro che confluire l’attenzione nella criminalizzazione dei gruppi in

questione.

La tolleranza zero in Spagna La Spagna, come la maggior parte degli stati europei, si sta adeguando anch’essa a

questo tipo di tendenza. Il primo passo verso la tolleranza zero è la riforma del

Codice Penale, che ha come fine quello di “sradicare fisicamente dalle strade i più

grandi delinquenti” (frase annunciata da Mariano Rajoy nella “Vanguardia” del

5/7/2001) attraverso drastici aggravamenti di pena in caso di recidività, imitando il

dibattito statunitense della legge dei “Three Strikes and you are out”, nonostante i

richiami di incostituzionalità in cui tali provvedimenti possono incorrere9. Ciò

costituisce una dimostrazione dell’importanza delle politiche penali di radice

nordamericana.

Il secondo passo si riferisce alle diverse repressioni verso le manifestazioni “No

global”: ci sono state chiare provocazioni da parte della polizia che hanno portato

alla dirotta delle manifestazioni, ma, soprattutto, alla condanna di molti degli attivisti

presenti in tali manifestazioni. La pretesa del governo dell’epoca fu, appunto, quella

di paragonare le manifestazioni “No Global” alla cosiddetta “kale borroka”10 –ovvero

la lucha callejera, la lotta per le strade –sviluppata nei Paesi Baschi e vincolata alla 8 ibidem p 133 9 Rivera Beiras, I (coord.), Mitologías y discursos sobre el castigo : historias del presente y posibles escenarios , Anthropos, 2004: pag 10 kale borroka è il termine in euskera (in spagnolo lucha callejera) utilizzato comunemente per riferirsi agli atti di violenza prodotti nel paese basco spagnolo e francese e nella regione di navarra da militanti o simpatizzanti della izquierda abertzale (sinistra indipendentista basca), soprattutto giovani. Molti di loro hanno successivamente fatto parte della banda terroristica basca ETA, consultato presso http://es.wikipedia.org/wiki/Kale_borroka

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problematica terrorista11. Paragone, questo, che non fa altro che criminalizzare i

movimenti sociali, che, nella maggior parte dei casi, pacificamente manifestano le

loro opinioni e idee.

Come negli Stati Uniti, anche in Spagna, la strategia della “Tolleranza Zero” fa leva

sul sentimento di paura e di insicurezza, per cui l’autorità pubblica viene vista come

qualcosa che può recuperare la sicurezza degli spazi pubblici attraverso

l’allontanamento dei devianti. In tal modo, la parola d’ordine diventa la “sicurezza”,

che non c’è, che mina la vita quotidiana dei cittadini, per cui la polizia viene investita

di “poteri straordinari” con cui, appunto, può lottare per la “sicurezza di tutti”.

Ovviamente questo tipo di tendenza si legittime ulteriormente e si rafforza anche in

Spagna dopo l’11 Settembre del 2001, dopo l’attentato alle Torri Gemelle, creando

un clima di insicurezza collettiva; la risposta da parte dello stato spagnolo furono

una serie di misure, che si sono rese palesi a pochi giorni dall’attentato. Già una

settimana dopo l’11 Settembre viene dichiarato che saranno emanate leggi anti-

terroriste, nella prossimità immediata. Ovviamente il terrorismo in Spagna è

correlato strettamente alla questione dei Paesi Baschi e di ETA, per cui Francia e

Spagna arrivarono velocemente a un accordo per la consegna dei detenuti

relazionati a qualsiasi tipo di terrorismo. A parte questa serie di atti messi in atto dai

singoli stati, anche da parte della proprio Unione Europea vengono messe in atto

azioni contro il terrorismo internazionale.12

Durante il 2003, il Governo del Partido Popular annunciò una autentica batteria di

misure penali, giudiziarie, penitenziarie e processuali per “pulire le strade dalla

delinquenza”13. Per cui le azioni14 messe in atto dal governo furono le seguenti:

• Elevazione delle pene, che privano della libertà, aumentate fino a 40 anni,

con la modificazione del Codice Penale del 1995.

• Tagli per quanto riguarda l’applicazione di benefici penitenziari per certe

categorie di delitti, misura che si oppone al principio di “individualizzazione

scientifica”15, consacrando nella legge penale che obbliga a che il

11 Rivera Beiras, I (coord.), Mitologías y discursos sobre el castigo : historias del presente y posibles escenarios , Anthropos, 2004: pag 298 12 Ibidem: pag 299 13 “Aznar promete «barrer las calles» de delincuentes como gancho electoral, El PP arranca la precampaña para las municipales anunciando que suprimirá el pago del IAE al 90% de las pymes” consultato su http://www.lavozdegalicia.es/hemeroteca/2002/09/08/1223074.shtml 14 Rivera Beiras, I (coord.), Mitologías y discursos sobre el castigo : historias del presente y posibles escenarios , Anthropos, 2004: pag 240 15 “Real Decreto por el que se aprueba el Reglamento penitenciario, RD 190/1996, de 9 de febrero, BOE del 15/02/1996” consultato su http://www.lexarxius.com/pen/dogp.htm

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trattamento penitenziario sia personale, caso per caso, proibendo qualsiasi

considerazione che utilizzi categorie o tipologia di persone o di delitti.

Attraverso questa riforma rimane così affetta la legislazione penitenziaria.

• Vengono creati i cosiddetti “Giudici di Vigilanza” nella “Audiencia Nacional”,

con il fine che questi si incarichino di seguire le condanne imposte ai

condannati

• Inasprimento nella previsione legale e nella previsione dell’applicazione della

prigione preventiva, misura che entra chiaramente in conflitto con la dottrina

del tribunale costituzionale in materia di prigione preventiva, la quale la

considera come una disposizione eccezionale, mentre con tali provvedimenti

diventa la norma16.

• Espulsione dal territorio spagnolo per tutti gli stranieri che commettano delitti,

misura che rischia di far sprofondare l’opinione pubblica nella

criminalizzazione dell’immigrazione extracomunitaria contribuendo alla

creazione della “Fortezza Europa”, tra l’altro sempre in contra della

Costituzione Spagnola

La crisi dello stato del benessere apre le porte allo sviluppo dello stato del controllo:

la Spagna, nonostante abbia il sistema penitenziale più avanzato di tutta Europa,

sta aprendo anche lei le porte a questo stato del controllo e del castigo.

Tolleranza zero a spese dei più poveri, infatti l’Informe Barañi17, sottolinea il cambio

notevole avvenuto con il nuovo Codice Penale del 1995, che sostituisce l’antico

Codice redatto dopo la dittatura Franchista. Nella parte introduttiva dell’Informe

viene sottolineato come ci sia una incongruenza di fondo nel Codice Penale

spagnolo, soprattutto per il fatto che dei 500 delitti previsti approssimativamente nel

codice, solo due di essi sono la causa di circa il 74% degli incarceramenti in Spagna

(dati del 2000, anno in cui è stato redatto l’informe).

16 secondo il Tribunale Costituzionale spagnolo con la prigione preventiva vengono violati ben due articoli della costituzione Spagnola: il 17, per quanto riguarda il diritto alla libertà e l’articolo 24, per quanto riguarda il diritto alla presunzione di innocenza 17Informe Barañi, studio sulla situazione delle donne gitane nelle carceri spagnole, consultato presso http://web.jet.es/gea21/intro/presenta.htm ;

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14

Riporto una tabella significativa, che appunto si trova nel capitolo 2 di suddetta

ricerca:

DELITTI Tempo medio di incarceramento nell’antico codice

Tempo medio di incarceramento nel Codice Penale del 1995

Delitto contro la salute pubblica con aggravante di recidività

528 giorni

967 giorni

Furto con scasso con aggravante di recidività

52 giorni

261 giorni

Furto con intimidazione, tutti i casi

241 giorni

529 giorni

Figura 1 tabella consultata su http://web.jet.es/gea21/intro/presenta.htm#

Si può notare come per due reati definiti “minori” – lo spaccio di stupefacenti e il

furto – il periodo di detenzione viene duplicato, se non addirittura triplicato.

Questa tabella, in parte ovviamente, mostra come in Spagna la tendenza globale

alla tolleranza zero stia prendendo piede, motivo per cui, anche nella penisola

iberica sono in atto costruzioni di macrocarceri secondo lo stile americano.

In uno studio, più recente, sul sistema penitenziario spagnolo e l’incremento della

popolazione reclusa in Spagna viene attribuita buona parte della “colpa” degli

aumenti della popolazione carceraria alla nuova definizione delle pene nel codice

civile del 1995, che, appunto, sostituisce quello del 1973.

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15

Si può notare che a parità di pena, aumenta il periodo che il condannato deve

passare nei centri penitenziari di riferimento:

CODICE PENALE DEL 1973 (con riforme successive del 1982 e 1988)

CODICE PENALE 1995 DELITTO

Pena minima

Pena minima effettiva

Pena minima effettiva (con redenzione ordinaria e straordinaria

Pena minima ed effettiva

Furto 1 mese 20 giorni 15 giorni 6 mesi

Furto con scasso 6 mesi 4 mesi 3 mesi 1 anno

Furto in casa abitata 50 mesi 36 mesi 25 mesi 24 mesi

Rapina 6 mesi 4 mesi 3 mesi 24 mesi

Rapina a mano armata 50 mesi 36 mesi 25 mesi 42 mesi

Traffico di droga 28 mesi 18 mesi 14 mesi 36 mesi

Lesioni 1 mese 20 giorni 15 giorni 6 mesi

Violenze 12 anni 8 anni 6 anni 6 anni

Omicidio 12 anni 8 anni 6 anni 10 anni

Tabella tratta da Moliné, Cid “El incremento de la población reclusa en España entre 1996-2006: Diagnóstico y remedios” consultata presso http://www.criminologia.net/pdf/reic/CID08.pdf

La conseguenza di questo nuovo sistema penale è il fatto che il tempo medio in

prigione si è praticamente duplicato, a discapito dei condannati, che anche nei casi

di delitti minori devono trascorrere molto più tempo in carcere.

Dal rapporto proposto nella “Revista Española de Investigación criminológica”18

sull’incremento della popolazione penitenziaria in Spagna negli anni 1996-2006

viene sottolineato che questi cambiamenti nel Codice Penale Spagnolo hanno

provocato un aumento, decisamente considerevole, della popolazione penitenziaria

nell’arco di tempo definito dallo studio.

18 Moliné, Cid “El incremento de la población penitenciaria española entre 1996-2006: diagnóstico y remedios” consultato presso http://www.criminologia.net/pdf/reic/CID08.pdf

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16

La tabella che segue mostra, appunto, questo aumento (quasi esponenziale) della

popolazione penitenziaria

Popolazione reclusa. Spagna (1996-2006)

PREVENTIVA CONDANNATA TOTALE % reclusi/e per

100.000 abitanti

1996 10.588 (23.9%) 33.724 (76.1%) 44.312 112

1997 11.083 (25.5%) 33.370 (74.5%) 43.452 109

1998 11.083 (25.2%) 33.475 (74.8%) 44.747 112

1999 10.576 (23.3%) 34.830 (76.7%) 45.406 113

2000 9.729 (21.5%) 35.580 (78.5%) 45.309 112

2001 10.006 (21.4%) 36.588 (78.6%) 46.594 113

2002 11.340 (22.6%) 38.769 (77.4%) 50.109 121

2003 12.383 (22.7%) 42.082 (77.3%) 54.465 128

2004 12.994 (22.5%) 45.661 (77.5%) 58.655 136

2005 13.826

(22.8%)

46.881 (77.2%) 60.707 138

2006 14.580 (23%) 48.668 (77%) 63.248 141

Tabella tratta da Moliné, Cid “El incremento de la población penitenciaria española entre 1996-2006: diagnóstico y remedios” consultato presso http://www.criminologia.net/pdf/reic/CID08.pdf

Quello che si può evincere è appunto l’aumento considerevole della popolazione

detenuta nel corso degli anni, un aumento del 43%, che certamente non può

lasciare indifferenti.

Il rapporto in questione si occupa, appunto, di ricercare le cause di questo aumento

incredibile e le ritrova nei cambi avvenuti nel codice penale del 1995, che di fatto

aumentano il tempo di condanna medio: secondo la relazione, infatti, le carceri sono

piene di detenuti che stanno ancora scontando la loro pena, ma di fatto, notano, che

non vi è un aumento considerevole della criminalità.

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17

La crescita della popolazione penitenziaria

Ritengo interessante, al fine di comprovare con dati, riportare appunto una notizia,

apparsa nel settore di cui ho parlato prima, del 18 novembre del 200719 riguardante

dati sulla popolazione penitenziaria spagnola.

Dalla notizia in questione i dati emersi appaiono preoccupanti (dati, tra l’altro,

confrontabili sul sito del ministero dell’interno spagnolo20), in cui vengono

evidenziate le seguenti cifre:

• La Spagna è, in Europa, il paese con il maggior numero di reclusi (circa

67000), per cui la percentuale è di 150 detenuti ogni 100000 abitanti;

• La popolazione detenuta nel territorio dello stato Spagnolo ha duplicato negli

ultimi 17 anni: secondo i dati delle istituzioni penitenziarie datate al 9

novembre 2007 calcolano 67.038 detenuti nelle carceri, mentre nel 1990 la

cifra era di 33.035 carcerati;

• Il numero dei reclusi non è equivalente per Comunità Autonoma, infatti

secondo l’Andalucía è la regione con il maggior numero di reclusi (14.624),

seguita dalla Catalunya (9.321) e da Madrid (8.639); mentre Navarra è la

regione con meno carcerati (239) seguita da Melilla (247) e Ceuta (274);

• Rispetto al 2006 si nota nel 2007 una crescita della popolazione

penitenziaria del 6%;

• Questa crescita della popolazione penitenziaria ciocca con il numero di posti

disponibili nelle stesse carceri spagnole (77 carceri presenti sul territorio)

creando una situazione di sovrappolamento penitenziario e necessitando,

senza ombra di dubbio la costruzione di nuove carceri (di cui parlerò in

seguito);

Più avanti, in un altro capitolo, riporterò in maniera più esaustiva i dati riscontrati nel

portale del ministero degli interni spagnoli (www.mir.es) riguardo alla popolazione

penitenziaria e ai reati di cui è accusata.

Nuove spese in materia di sicurezza e istituzioni penitenziarie. Al fine di confermare quanto affermato precedentemente in materia di inasprimento

delle politiche di sicurezza, è bene parlare anche de potenziamento delle spese

statali per quanto riguarda, appunto la sicurezza e l’ambito penitenziario. Da una 19 El número de presos en España se ha duplicado desde 1990 y alcanza los 67.000 consultato presso http://www.derechopenitenciario.com/noticias/noticia.asp?id=1172 20 www.mir.es

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18

notizia consultabile presso il sito www.derechopenitenciario.com/noticias/ del 25

Settembre 2007 informa che il Governo Spagnolo, solo nel 2008 arriverà a

spendere un totale di 8.871,93 milioni di euro destinate alle politiche di sicurezza

urbana e alle istituzioni penitenziario, ovvero un 9% in più del 200721.

La destinazione di questi fondi, ufficialmente, è destinata a migliorare la sicurezza

cittadina e alla lotta contro il terrorismo, potenziando, di conseguenza, il Centro

Nazionale di Coordinamento Antiterrorista e il “Centro de inteligencia contra el

crimen organizado” in tutte le sue manifestazioni.

Oltretutto verranno destinati, nel corso del 2008, risorse per finanziare

l’incorporazione progressiva di 5500 poliziotti e guardia civiles (guardia civile) ed è

da sottolinearsi anche il fatto che negli ultimi quattro anni (ovvero dal 2004) sono

state autorizzati 41.000 nuovi posti di lavoro destinati alla polizia e alla guardi civile.

Nel corso sempre del 2008 verranno destinati 433,39 milioni di euro del bilancio

all’equiparazione economica per quanto riguarda le retribuzioni salariali delle Forze

e Corpi di Sicurezza di Stato: c’è da sottolineare, comunque, che tutto ciò era stato

previsto mediante un piano di attuazione che avrebbe dovuto realizzarsi nel triennio

2005-2008 e che, ovviamente, incide notevolmente nel bilancio annuale dell’ultimo

anno.

Verrà, inoltre, esteso il metodo di universalizzazione del DNI22 elettronico, che verrà

garantito mediante l’installazione di 51.339 terminali di Sistema di

Radiocomunicazioni di Emergenza di Stato (Sirdee), installati in tutte le province e

del Sistema Integrato di Vigilanza Esteriore (Sive), da estendere poi anche nelle

regioni di Murcia, Alicante e nell’isola di Ibiza.

Istituzioni penitenziarie. L’area delle istituzioni penitenziarie, conta con una dotazione per il 2008 di 1.108,62

milioni di euro, che presuppone un incremento di 8,4% nel 2007.

Questo aumento del bilancio permette, infatti, consolidare l’incremento retributivo

approvato dal personale funzionario e lavorativo delle istituzioni penitenziarie, da

applicarsi nel triennio 2005-2008.

21 tutti i dati di questo paragrafo sono stati tratti dall’articolo “Presupuestos: Instituciones Penitenciarias contará con 1.100 millones y abrirá cuatro nuevas cárceles en 2008” consultato presso http://www.derechopenitenciario.com/noticias/noticia.asp?id=1088. 22 Documento nacional de identificacón, ovvero la carta di identità, ma in formato elettronico; http://www.dnielectronico.es

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19

Sul bilancio del 2008, tutte queste migliorie retributive incideranno di ben 63, 52

milioni di euro.

Il principale fattore che incide sul fatto che vengano prese decisioni del genere è

l’incremento costante della popolazione penitenziaria, che influisce

fondamentalmente nella necessità di costruire nuovi centri penitenziari e di

migliorare quelli già esistenti. L’organo competente al riguardo è la società statale di

infrastrutture e forniture penitenziarie (Sociedad Estatal de Infraestructuras y

Equipamiento Penitenciario –SIEP) , che per sviluppare la sua attività procederà

all’apertura, nel 2008, di nuovi centri penitenziari: Puerto de Santa María (Cádiz),

Estremera (Madrid), Albocaser (Castellón) y Morón de la Frontera (Sevilla).

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20

Capitolo 1. Il sistema penitenziario spagnolo. 1. 1 Le fonti del diritto penitenziario spagnolo. Per quanto riguarda il diritto penitenziario, si possono rilevare differenti fonti:

• La dichiarazione dei diritti dell’uomo

• La Costituzione Spagnola

• La Legge Organica Penitenziaria

• Il Regolamento Penitenza

1. 1. 1 La dichiarazione dei diritti dell’uomo La dichiarazione dei diritti dell’uomo è quel documento che, a livello internazionale

può essere considerato come base e fondamento verso qualsiasi regolamentazione

basica dei diritti umani. È uno dei molteplici riferimenti che fa parte dei documenti

base delle Nazioni Unite, firmato a Parigi il 10 dicembre 1948.

La dichiarazione dei diritti dell’uomo è il prodotto storico delle atrocità della Seconda

Guerra Mondiale, ma, poiché è una dichiarazione e non una legge, giuridicamente

non è vincolante per gli Stati membri. Tuttavia va riconosciuto ai diritti e alle libertà

un valore giuridico autonomo nell’ambito della comunità internazionale, dal

momento che vengono considerati da parte delle nazioni civili come principi

inalienabili del diritto intenazionale (jus cogens).

È composta da un preambolo e 30 articoli, che sanciscono i diritti individuali, civili,

politici, economici, sociali e culturali di ogni persona.

I diritti dell’uomo si suddividono per aree:

• Diritti civili e politici

• Diritti economici, sociali e culturali.

Nella dichiarazione dei diritti umani sono presenti articoli23 di stretto interesse verso

l’argomento di ricerca sul carcere che sarà elaborato successivamente:

23 gli articoli tratti da “La dichiarazione universale dei diritti umani”, consultato presso http://www.boes.org/un/itahr-b.html

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21

Articolo 5

Nessun individuo potrà essere sottoposto a trattamento o punizioni crudeli,

inumani o degradanti.

Articolo 6

Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità

giuridica.

Articolo 7

Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione,

ad un'eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad un'eguale tutela

contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro

qualsiasi incitamento a tale discriminazione.

Articolo 8

Ogni individuo ha diritto ad un'effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali

nazionali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla

costituzione o dalla legge.

Articolo 9

Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.

Articolo 10

Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e

pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della

determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonchè della fondatezza di ogni

accusa penale che gli venga rivolta.

Articolo 11

1. Ogni individuo accusato di reato è presunto innocente sino a che la sua

colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale

egli abbia avuto tutte le garanzie per la sua difesa.

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22

2. Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od

omissivo che, al momento in cui sia stato perpetrato, non costituisse reato

secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non potrà del pari

essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato

sia stato commesso.

Nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, in sostanza, vengono definiti i

caratteri generali a cui dovrebbe attenersi qualsiasi stato che ne aderisca, per poter,

appunto, salvaguardare i diritti umani anche in ambito penitenziario.

Per quanto riguarda il settore penitenziario, gli articoli riportati sono quelli che

interessano il tema che verrà analizzato più avanti nella ricerca.

Ciò che viene evidenziato è che, da un parte, nessuno stato deve utilizzare il

metodo dell’abuso e della tortura, perché, appunto, andrebbe contro il diritto

internazionale e la stessa Dichiarazione, mentre dall’altro lato viene stabilito il

principio di uguaglianza, per cui qualsiasi individuo è formalmente uguale davanti

alla legge.

Si possono notare altri diritti fondamentali, come, per esempio, il fatto che nessuna

persona possa essere arbitrariamente, e quindi senza una motivazione plausibile,

accusata, arrestata o detenuta. La Dichiarazione pone attenzione, inoltre, sul

principio di presunzione di innocenza, per cui fino al momento del giudizio,

l’indagato è da considerarsi innocente. Principio, quest’ ultimo che sottolinea e

questiona il tema della prigione preventiva, per cui, nella teoria, tale misura sarebbe

da evitare, se non considerata strettamente necessaria per motivazioni esterne che

ne sostengono la esistenza.

1. 1. 2 Le fonti normative. Per quanto riguarda il diritto penitenziario spagnolo, possiamo individuare differenti

fonti:

• La Costituzione Spagnola

• La Ley Organica General Penitenciaria (Legge Organica Generale

Penitenziaria)

• Il Reglamento Penitenciario (il Regolamento Penitenziario)

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23

La Constitución Española24 Per quanto riguarda la costituzione spagnola, gli articoli che interessano l’argomento

in questione sono i seguenti:

Artículo 14.[Principio de igualdad]

Los españoles son iguales ante la ley, sin que pueda prevalecer

discriminación alguna por razón de nacimiento, raza, sexo, religión, opinión o

cualquier otra condición o circunstancia personal o social.25

Artículo 17.[Derecho a la libertad y seguridad]

1. Toda persona tiene derecho a la libertad y a la seguridad. Nadie puede

ser privado de su libertad, sino con la observancia de lo establecido en este

artículo y en los casos y en la forma previstos en la ley.

2. La detención preventiva no podrá durar más del tiempo estrictamente

necesario para la realización de las averiguaciones tendentes al

esclarecimiento de los hechos, y, en todo caso, en el plazo máximo de setenta

y dos horas, el detenido deberá ser puesto en libertad o a disposición de la

autoridad judicial.

3. Toda persona detenida debe ser informada de forma inmediata, y de

modo que le sea comprensible, de sus derechos y de las razones de su

detención, no pudiendo ser obligada a declarar. Se garantiza la asistencia de

abogado al detenido en las diligencias policiales y judiciales, en los términos

que la ley establezca.

4. La ley regulará un procedimiento de «habeas corpus» para producir la

inmediata puesta a disposición judicial de toda persona detenida ilegalmente.

Asimismo por ley se determinará el plazo máximo de duración de la prisión

provisional. .26

24 La Constitución Española de 1978 consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Admin/constitucion.html 25 articolo 14 (principio di uguaglianza). Gli spagnoli sono uguali di fronte alla legge, non può esistere alcuna discriminazione alcuna per ragioni di nascita, di razza, di sesso, di religione, di opinione o qualsiasi altra condizione o circostanza personale o sociale 26 articolo 17 (diritto alla libertà e alla sicurezza). 1)ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza. Nessuno può essere privato della sua libertà, se non con l’osservazione di quanto stabilito in

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24

Artículo 24.[Derecho a la tutela judicial efectiva]

1. Todas las personas tienen derecho a obtener la tutela efectiva de los jueces

y tribunales en el ejercicio de sus derechos e intereses legítimos, sin que, en

ningún caso, pueda producirse indefensión.

2. Asimismo, todos tienen derecho al Juez ordinario predeterminado por la ley,

a la defensa y a la asistencia de letrado, a ser informados de la acusación

formulada contra ellos, a un proceso público sin dilaciones indebidas y con

todas las garantías, a utilizar los medios de prueba pertinentes para su

defensa, a no declarar contra sí mismo, a no confesarse culpables y a la

presunción de inocencia.

La ley regulará los casos en que, por razón de parentesco o de secreto

profesional, no se estará obligado a declarar sobre hechos presuntamente

delictivos.27

Artículo 25.[Sanciones, condenas y penas privativas de libertad]

1. Nadie puede ser condenado o sancionado por acciones u omisiones que en

el momento de producirse no constituyan delito, falta o infracción

administrativa, según la legislación vigente en aquel momento.

2. Las penas privativas de libertad y las medidas de seguridad estarán

orientadas hacia la reeducación y reinserción social y no podrán consistir en

trabajos forzados. El condenado a pena de prisión que estuviere cumpliendo la

misma gozará de los derechos fundamentales de este Capítulo a excepción de

los que se vean expresamente limitados por el contenido del fallo condenatorio,

questo articolo e nei casi e nella forma previsti dalla legge. 2) la detenzione preventiva non potrà durare più del tempo strettamente necessario per la realizzazione degli accertamenti dovuti al chiarimento dei fatti, e, in ogni caso, e nel tempo massimo di settantadue ore il detenuto dovrà essere rimesso in libertà o a disposizione dell’autorità giudiziaria. 3) Ogni persona deve essere informata in forma immediata, e in modo che le sia comprensibile, dei suoi diritti e delle ragione della sua detenzione, non potendo essere obbligata a dichiarare. E’ garantita l’assistenza di un avvocato per il detenuto per le disposizioni poliziali e giudiziarie, nei termini stabiliti dalla legge. 4) La legge regolerà un procedimento di “habeas corpus” per produrre l’immediata messa a disposizione di ogni persona detenuta illegalmente. Altrettanto per legge si determinerà il tempo massimo di durata della prigione provvisoria. 27 Articolo 24 (Diritto alla tutela giudiziaria effettiva). 1) Tutte le persone hanno diritto a ottenere la tutela effettiva dei giudici e i tribunali in esercizio dei suoi diritti e interessi legittimi, senza che, in nessun caso, possa prodursi indifesa. 2) Altrettanto tutti hanno diritto al giudice ordinario predeterminato dalla legge, alla sua difesa e all’assistenza d’ufficio, a essere informati dell’accusa formulata nei loro confronti, a un processo senza indebite delazioni e con tutte le garanzie a usare i mezzi di prova pertinenti per la sua difesa, a non dichiarare contro se stesso, a non confessarsi colpevole e alla presunzione di innocenza.

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25

el sentido de la pena y la ley penitenciaria. En todo caso, tendrá derecho a un

trabajo remunerado y a los beneficios correspondientes de la Seguridad Social,

así como al acceso a la cultura y al desarrollo integral de su personalidad.

3. La Administración civil no podrá imponer sanciones que, directa o

subsidiariamente, impliquen privación de libertad.28

Per quanto concerne la costituzione spagnola, possiamo anche qua sottolineare il

fatto che viene, come nella dichiarazione dei diritti dell’uomo, risaltato il principio di

uguaglianza di qualsiasi cittadino spagnolo di fronte alla legge. Vengono comunque

stabiliti i diritti fondamentali del recluso e di qualsiasi persone che sia in procinto di

dover affrontare una condanna; diritti a cui, appunto, devono scrupolosamente

attenersi le amministrazioni penitenziarie.

La Ley Organica Penitenziaria La Ley Orgánica Penitenziaria (Legge Organica Penitenziaria) 1/1979 è la base

giuridica che delimita appunto le finalità del regime penitenziario spagnolo e le sue

linee guida. In sintesi gli aspetti29 che si possono distaccare dalla legge

penitenziaria sono i seguenti:

• Il contenuto del titolo preliminare, dove, in carattere generale si trovano i

principi che devono informare e orientare il sistema penitenziario spagnolo:

la risocializzazione, la legalità, la non discriminazione, la presunzione di

innocenza e il divieto di eccessi. Nella stessa maniera è qui che vengono

riconosciuti espressamente i diritti dei detenuti.

• La considerazione del trattamento penitenziario come strumento capace di

ottenere il fine ultimo delle pene e delle misure privative di libertà: la

risocializzazione del condannato, sulla base della conoscenza della sua

personalità e inclinazioni personali.

28 Articolo 25 (Sanzioni, condanne e pene privative della libertà). 1) Nessuno può essere condannato e sanzionato per azioni o omissioni che nel momento di prodursi non costituiscano un delitto, mancanza o infrazione amministrativa, secondo la legislazione vigente in quel momento. 2) Le pene privative di libertà e le misure di sicurezza saranno orientate verso la rieducazione e la reintegrazione sociale e non potranno costituire lavori forzati. Il condannato a pena di prigione che starebbe compiendo la stessa godrebbe dei diritti fondamentali di questo capitolo a eccezione di quelli che non si vedano espressamente limitati per il contenuto del fallo della condanna, il senso della pena e della legge penitenziaria. In ogni caso, avrò diritto a lavoro remunerato e ai benefici corrispondenti della Sicurezza Sociale, così come l’accesso alla cultura e allo sviluppo integrale della sua persona. 3) L’Amministrazione civile non potrà imporre sanzioni che, in maniera diretta o sussidiaria, implichino privazioni di libertà. 29 Rodriguez Alonso, Antonio “Lecciones de derecho penitenziario” Editorial Comares, 2003: pag 17

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26

• La presenza del giudice di Vigilanza Penitenziaria (tra l’altro per la prima

volta nell’ordinamento giuridico spagnolo), come organo istituzionale

incardinato nella giurisdizione penale, garante dell’esecuzione penale e dei

diritti e benefici dei detenuti, controllando l’attività penitenziaria e il

compimento di questi fini.

I principi30, invece, che ispirano la LOGP (Ley Organica General Penitenziaria)

sono:

• La finalità delle pene e delle misure privative di libertà è la rieducazione e la

reintegrazione sociale dell’accusato, in consonanza con l’articolo 25.2 della

costituzione spagnola;

• L’attività penitenziaria si deve sviluppare, rispettando il principio di legalità

durante l’esecuzione della pena; la personalità umana degli interni non deve

essere affetta dalla condanna. D’altra parte anche per i detenuti ci sono una

serie di doveri da rispettare;

• La classificazione e la separazione dei detenuti avverrà secondo il regime

previsto (I grado, II grado e III grado) e le caratteristiche biologiche del

detenuto;

• L’incoraggiamento alla partecipazione da parte degli interni alle attività di

ordine educativo, ricreativo, religioso, sportivo, e in tutte le attività proposte

dal centro;

• La considerazione del lavoro come un diritto e in dovere dell’interno e sarà

regolato secondo il principio di equiparazione del lavoro libero in quanto a

remunerazione, giornata, sicurezza sociale…;

• L’assistenza sanitaria a carico dei medici e specialisti per curare la salute

fisica e mentale degli interni e vigilare le condizioni di salubrità dello

stabilimento, mettendo anche in condizione gli interni a essere assistiti in

centri ospedalieri extra-penitenziari;

• Il regime disciplinare è diretto a garantire la sicurezza eh ha come obiettivo

una convivenza ordinata. L’imposizione di sanzioni dall’Organo collegiale

corrispondente esige la previa udienza e difesa dell’interessato;

• Regolazione dei permessi di uscita, sia degli straordinari, sia degli ordinari;

• Riconoscimento del trattamento come attività penitenziaria diretta alla

reeducazione e reinserzione sociale degli accusati;

30 ibidem: pag. 22-23

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27

• Regolazione dell’assistenza sociale ai detenuti, ai familiari e agli ex-detenuti;

• Lo stabilimento dei Giudici di Vigilanza come organo giuridico di controllo

dell’attività penitenziaria e garanzia dei diritti dei detenuti.

La LOGP conta di 80 articoli, due disposizioni transitorie e due disposizioni finali. Gli

80 articoli sono compresi in un titolo preliminare e in altri sei titoli.

Della Ley Organica Penitenciaria31 gli articoli interessanti al fine dello studio:

Artículo 1.

Las Instituciones penitenciarias reguladas en la presente Ley tienen como fin

primordial la reeducación y la reinserción social de los sentenciados a penas y

medidas penales privativas de libertad, así como la retención y custodia de

detenidos, presos y penados.32

Artículo 26.

El trabajo será considerado como un derecho y como un deber del interno,

siendo un elemento fundamental del tratamiento.33

Articulo 27

(comma 2) Todo trabajo directamente productivo que realicen los internos será

remunerado y se desarrollará en las condiciones de seguridad e higiene

establecidas en la legislación vigente.34

Il Regolamento Penitenziario

Il “Reglamento Penitenciario”, approvato per Decreto Reale 190/1996 è parte

integrante della Legge Organica Penitenziaria, come regolazione concreta dei

problemi penitenziari derivanti, sia dai cambi interni alla società, sia dai cambi

strutturali dei centri penitenziari.

31 Gli articoli della Ley Organica Penitenciaria sono stati consultati presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.html 32 Articolo 1. Le istituzioni penitenziarie regolate nella presente legge hanno come fine primordiale la rieducazione e la reintegrazione sociale dei sentenziati a pene e misure privative di libertà, così come la ritenzione e la custodia dei detenuti, condannati e preventivi. 33 Articolo 26. Il lavoro sarà considerato come un diritto e come un dovere dell’internato, essendo un elemento fondamentale del trattamento. 34 Articolo 27 (comma 2) . Il lavoro direttamente produttivo che realizzino gli internati sarà remunerato e si svilupperà nelle condizioni di sicurezza e igiene stabilite dalla legislazione vigente.

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28

Il regolamento penitenziario del 1996 è innovativo rispetto all’antecedente (1981)

per i seguenti motivi35:

• L’approfondimento del principio di individualizzazione scientifica

nell’esecuzione del trattamento, impiantando modelli individualizzati di

intervento, che si estendono anche ai detenuti in stato preventivo. Per

questo motivo viene stabilita una nuova regolamentazione di uscite

programmate e di programmi di attuazione specializzata con il fine di

proporzionare i mezzi necessari per adattare il trattamento penitenziario alle

necessità individuali di ogni interno il cui programma potrà combinare

elementi di differente grado di classificazione.

Vengono regolate anche le forme speciali di esecuzione dei Centri Di

Inserzione Sociale, in unità dipendenti e unità extra-penitenziarie per

collettivi specifici di reclusi;

Si sviluppano le unità di madri e i dipartimenti misti per dare accoglienza al

principio costituzionale di protezione alla famiglia.

• Il potenziamento e la diversificazione dell’offerta di attività, come strumento

di esecuzione del trattamento che permettano di rendere dinamica la vita dei

centri penitenziari fino a configurarli come un autentico servizio pubblico

diretto alla risocializzazione dei reclusi;

• La ridefinizione del regime chiuso, stabilendo due modalità di vita: i

dipartimenti speciali di controllo diretto per interni estremamente pericolosi e

moduli o centri di regime chiuso per reclusi manifestamente inadatti ai regimi

comuni;

• Un’amplia regolamentazione dei diritti e dei doveri degli interni e dell’accesso

a questi alle prestazioni dell’Amministrazione Penitenziaria;

• La regolamentazione dettagliata del procedimento sanzionatore con un

incremento delle garanzie che vengono richieste per la dottrina

costituzionale e per i Giudici di Vigilanza. Ciò consiste in una regolazione dei

meccanismi di messa in atto della sanzione, della sospensione e della sua

effettività e riduzione o rinnovamento delle sanzioni imposte per dare

ingresso al principio di opportunità;

• La regolamentazione della relazione lavorativa speciale penitenziaria;

35 Rodriguez Alonso, Antonio “Lecciones de derecho penitenziario” Editorial Comares, 2003 pag 24-25

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• L’intervento del ministero Fiscale in numerose materie che facciano

riferimento al controllo dell’attività penitenziaria e maggiore comunicazione

con la giurisdizione di vigilanza penitenziaria.

Gli aspetti innovatori del Regolamento Penitenziario, rispetto all’antecedente, sono i

seguenti36:

• Il riordinamento dell’assistenza sanitaria mediante l’articolazione di convegni

di collaborazione tra le istituzioni penitenziarie e le amministrazioni

penitenziarie;

• Lo stabilimento di un nuovo modello organizzativo dei centri penitenziari nei

quali si procede a una deconcentrazione di funzioni in organi collegiali

specializzati che permetta di rendere più agevole la partecipazione degli

impiegati pubblici.

Il regolamento penitenziario consta di quattro disposizioni addizionali, cinque

disposizioni transitori,una disposizione derogatoria, una disposizione finale e 325

articoli, distribuiti in Sezioni, Capitoli e 12 Titoli.

Il fine principale del sistema penitenziario spagnolo viene sottolineato in questo

articolo:

Artículo 2.Fines de la actividad penitenciaria.

La actividad penitenciaria tiene como fin primordial la reeducación y reinserción

social de los sentenciados a penas y medidas de seguridad privativas de libertad,

así como la retención y custodia de los detenidos, presos y penados y la

asistencia social de los internos, liberados y de sus familiares37.

1. 2 I diritti del recluso

Secondo le leggi spagnole una persona reclusa in una istituzione penitenziaria è un

soggetto di diritto e le amministrazioni penitenziarie in questione sono in dovere di

tutelare tale diritto basico.

Per quanto riguarda i diritti del recluso dobbiamo distinguere i seguenti:

36 Ibidem pag. 26 37 Articolo 2. I fini dell’attività penitenziaria. L’attività penitenziaria ha come fine primordiale la rieducazione e la reintegrazione sociale dei sentenziati a pene e misure di sicurezza preventiva di libertà, così come la ritenzione e custodia dei detenuti, condannati e preventivi, e l’assistenza sociale degli internati, di coloro in libertà e dei loro familiari. Consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t1.html#a2

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• I diritti come persona

• I diritti come cittadini di uno stato

• I diritti come reclusi

1. 2. 1 I diritti come persona Per la loro propria natura questi sono i diritti fondamentali inerenti alla persona,

anteriori a qualsiasi norma, inviolabili e irrinunciabili e le norme del diritto positivo

non possono fare altra cosa che non riconoscerli.

Nell’articolo 25, 2 della Costituzione Spagnola38:

“el condendo a pena de prisión que estuviere cumpliendo la misma gozarà de los

derechos fundamentales de esto capítulo, a excepción de los que se vean

expresamente limitados por el contenido del fallo condenatorio, el sentido de la

pena y la Ley Penitenciaria”39

Anche la legge penitenziaria riconosce espressamente questo tipo di diritto e nel

frattempo riconosce ai detenuti i diritti che possono essere attribuiti ai reclusi come

cittadini dello stato.

Nell’articolo 3 della legge in questione:

“la actividad penitenciaria se ejercerá respectando, en todo caso, la personalidad

humana de los recluidos y los derechos y intereses jurídicos de los mismos no

afectados por la condena”40

e

“en consecuencia, los internos podrán ejercitar los derechos civiles, políticos,

sociales, económicos y culturales, sin exclusión del derecho de sufragio, salvo que

38 La Constitución Española de 1978 consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Admin/constitucion.html 39 Articolo 25, comma 2 della Costituzione Spagnola. Il condannato a pena di prigione che stia compiendo la stessa godrà dei diritti fondamentali di questo capitolo, a eccezione di quelli che si vedano espressamente limitati per il contenuto del fallo di condanna, il senso della pena e la Legge Penitenziaria. 40 Articolo 3 Legge Penitenziaria. L’attività penitenziaria si eserciterà rispettando, in ogni caso, la personalità umane del recluso e i suoi diritti e interessi giuridici degli stessi, non affetti dalla condanna.

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fuesen incompatibles con el objeto de la detención o el cumplimiento de la

condena”41

Secondo la Costituzione Spagnola i diritti della persona vengono distinti nei

seguenti, ai quali, comunque, si allineano la legge penitenziaria e il regolamento

penitenziario:

• Diritto all’uguaglianza di fronte alla legge 42

L’articolo 3 della Legge Penitenziaria stabilisce che la relativa attività

penitenziaria si eserciterà “senza stabilire alcuna differenza per ragioni di

razza, opinioni politiche, credenze religiose, condizione sociale o qualsiasi

altra circostanza di simile natura”. Anche il regolamento penitenziario (art 4

comma 1) afferma ciò sostenuto dalla legge penitenziaria di riferimento.

• Diritto alla vita e all’integrità fisica e morale 43

Sia la legge penitenziaria (nell’art 3) e il regolamento penitenziario (art 4

comma 2) affermano che l’autorità penitenziaria ha l’obbligo di

salvaguardare la vita dei reclusi e che, in nessun caso, i reclusi possono

essere sottomessi a tortura.

• Diritto all’onore e alla dignità 44

La legge penitenziaria riprende questo diritto in più punti, nell’art 3 comma 5

viene stabilito il diritto ad essere chiamato per proprio nome e a comunicare

nella propria lingua. La dignità umana, inoltre, è un limite riguardo alla

realizzazione di trasferimenti (art 18 Legge Penitenziaria), alle perquisizioni

(art 26 Legge Penitenziaria), all’utilizzo dei vari metodi di trattamento (art 66

comma 2, Legge Penitenziaria). Il diritto all’intimità è definito dal

regolamento penitenziario (art 4 comma 2, Legge Penitenziaria), mentre la

Legge Penitenziaria afferma che dovrebbe essere garantito dall’isolamento

in celle individuali (art 19 comma 1, Regolamento) e dal regime di visite

familiari intime (art 51 e 53, Legge Penitenziaria).

41 Di conseguenza, gli internati potranno esercitare i diritti civili, politici, sociali, economici e culturali, senza esclusione del diritto di suffragio, salvo che siano incompatibili con l’oggetto della detenzione e il compimento della condanna. 42 Articolo 14 della Constitución Española de 1978 consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Admin/constitucion.html 43Articolo 15 della Constitución Española de 1978, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Admin/constitucion.html 44Articolo 18 della Consitución Española de 1978, consultato pressohttp://noticias.juridicas.com/base_datos/Admin/constitucion.html

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• Diritto alla libertà religiosa 45

L’articolo 54 della legge penitenziaria garantisce che la libertà religiosa e

compromette le amministrazioni a facilitare i mezzi per cui detta libertà

possa esercitarsi. Per questo si autorizzano le comunicazioni tra detenuti e

sacerdoti o ministri delle varie religioni. Il regolamento penitenziario (art 230)

regola l’esercizio di tale diritto, facilitando la relazione con la confessione

religiosa e la pratica di culti differenti, proibendo qualsiasi tipo di coercizione

all’esercizio di tale diritto.

1. 2. 2 I diritti come cittadini di uno stato. La legge penitenziaria nell’articolo 3, comma 1 proclama il principio per cui

“tutti i detenuti possano esercitare i diritti civili, politici, sociali, economici e

culturali, senza eccezione del diritto di suffragio, salvo che siano incompatibili

con l’oggetto della propria detenzione o il compimento della condanna”.46

Anche in questo caso i suddetti diritti47 sono esplicitamente espressi innanzitutto

dalla Costituzione Spagnola e poi ripresi dalla Legge Penitenziaria e dal

Regolamento:

• Diritti civili

Il diritto alla proprietà48: per nessuna ragione la situazione giuridica di

condannato o detenuto preventivo può far perdere il diritto alla

proprietà, nonostante questo venga obiettivamente limitato.

Il diritto alla protezione familiare49: la famiglia è uno degli elementi che

vengono protetti dalla Costituzione Spagnola, secondo i suoi piani

sociali, economici e giuridici. Il diritto a mantenere il contatto con la

famiglia viene delimitato dalla Legge Penitenziaria per quanto riguarda

le comunicazione e le visite (art 51 comma 1), l’obbligo di informare la

45 Articolo 16 della Constitución Española de 1978, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Admin/constitucion.html 46 articolo 3 comma 1 Ley Organica Penitenciaria. “Los internos podrán ejercitar los derechos civiles, políticos, sociales, económicos y culturales, sin exclusión del derecho de sufragio, salvo que fuesen incompatibles con el objeto de su detención o el cumplimiento de la condena.” 47 Rodriguez Alonso, Antonio “Lecciones de derecho penitenziario” Editorial Comares, 2003, pag. 50,51 48 Articolo 33 comma 1, Constitución Española, 49 Articolo 39, comma 1 Constitución Española

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famiglia in caso di malattia o morte del detenuto e viceversa (art 52

comma 2), il diritto a comunicare alla famiglia del detenuto la

detenzione stessa e il trasferimento ad altro stabilimento (art 52

comma 3). Altri diritti sono i permessi straordinari in caso di morte di

un familiare (art 47 comma 1) e la regolamentazione di visite speciali

per coloro i quali non possano ottenere permessi per uscire (art 53).

Inoltre viene definito il diritto delle recluse di tenere con se il figlio

minore dei tre anni e a mantenere i contatti con i figli che abbiano

meno di 10 anni, secondo le disposizioni specifiche che riguardano le

visite.

• Diritti sociali

Il diritto all’educazione e all’accesso alla cultura50.

È riconosciuto espressamente dalla costituzione spagnola ai

condannati a pena privative di libertà e sviluppato dall’art. 55 al 58

della Legge Penitenziaria e nel capitolo III del Regolamento

penitenziario.

Il diritto dovere del lavoro51.

La legge penitenziaria definisce il lavoro come un diritto e un dovere

dell’interno e, inoltre, data la finalità specifica delle pene privative di

libertà, il lavoro deve essere formativo, degno e adeguato alle attitudini

e qualificazioni professionali degli interni,

Il diritto al lavoro acquisisce tale identità nell’ambito penitenziario dalla

stessa Costituzione Spagnola, che lo include nei diritti fondamentali. In

corrispondenza con tale precetto costituzionale, nella Legge

Penitenziaria viene stabilito che le amministrazioni sono obbligate a

facilitare tale diritto-dovere ai reclusi.

• Diritti politici

Diritto di voto.

Nell’art. 3 della Legge Penitenziaria viene espressamente riconosciuto

il diritto all’esercizio dei diritti politici ai quali non viene assolutamente

escluso il diritto di voto (salvo che non sia incompatibile con il tipo di

condanna).

50 Articolo 27 e 44, Contitución Española, 51 Articolo 35, Contitución Española

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Diritto a formulare petizioni e reclami

L’articolo 4 comma 2 del Regolamento Penitenziario riconosce il diritto

a formulare petizioni e reclami fronte alle autorità penitenziarie e

giudiziali

1. 2. 3 I diritti come detenuti Sono i diritti che formano parte del contenuto proprio della relazione penitenziaria,

sono creati e riconosciuti dalla legislazione positiva.

Nonostante le difficoltà che esistono per distinguere i contenuti, possiamo parlare di

diritti relazionati con il regime e diritti in relazione al trattamento.

Rispettando il principio di presunzione di innocenza52 l’offerta delle attività formative,

educative, socioculturali e sportive sono estese anche ai detenuti preventivi53.

I diritti54 in questione, comunque, sono:

• I diritti relazionati con il regime dello stabilimento

Il diritto a ricevere informazioni sul regime dello stabilimento, i suoi

diritti, i suoi doveri, le norme disciplinarie e i mezzi per formulare

petizioni, reclami e ricorsi55. Il diritto a ricevere informazioni

attualizzate circa la situazione processuale e penitenziaria del

detenuto56;

Il diritto a che l’orario e il programma delle attività dello stabilimento

non impediscano un riposo notturno di almeno 8 ore e il riposo

settimanale57.

Il diritto alle comunicazioni orali, scritte e telefoniche con familiari,

parenti, amici, avvocati e procuratori, professionali, sacerdoti ecc

ecc58;

52“El principio de presunción de inocencia”, è il principio giuridico che stabilisce l’innocenza della persona come regola. Solo attraverso un processo o un giudizio si dimostra la colpevolezza della persona e solo allora lo Stato potrà applicare una pena o una sanzione. Tale diritto è definito non sono nelle leggi spagnole, ma anche nei trattati internazionali, precisamente nell’art 11 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e nell’articolo 8 della Convenzione Americana dei Diritti Umani. Consultato presso http://es.wikipedia.org/wiki/Presunci%C3%B3n_de_inocencia; 53 Rodriguez Alonso, Antonio “Lecciones de derecho penitenziario” Editorial Comares, 2003, pag 52. 54 Ibidem, pag 53 55 Articolo 49, Ley Organica Penitenciaria 56 Articolo 4 comma 2 del Reglamento Penitenciario 57 La materia è legislata negli articoli 25, comma 2, e 33, comma 1 della Ley Organica Penitenciaria e nell’articolo 4 comma 2 del Reglamento Penitenciario 58 Il diritto alle comunicazioni orali è legislato negli articoli 51 e 53 della Ley Organica Penitenciaria e nell’articolo 4, comma 2 del Reglamento Penitenciario

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Il diritto a partecipare alle attività di ordine educativo, ricreativo,

sociale, lavorativo, culturale o sportivo59.

• I diritti in relazione al trattamento penitenziario

La legge organica penitenziaria configura il trattamento penitenziario

come un diritto del recluso –nonostante non venga dichiarato

espressamente –e, quindi, verrà fomentata e stimolata la

collaborazione e la partecipazione del detenuto con la messa in atto

del trattamento stesso60;

Il diritto ad essere destinato allo stabilimento che per classificazione

gli corrisponde;

Il diritto alle progressioni di grado e, conseguentemente, alle

riconsiderazioni periodiche delle classificazioni anteriori;

Il diritto ai benefici penitenziari.

1. 2. 4 Limiti ai diritti Tutti i diritti, inclusi i fondamentali, non hanno la natura e la caratteristica di essere

illimitati, ma devono essere esercitati, non secondo la volontà dell’interessato, ma in

accordo con ciò che è disposto nelle leggi che lo regolano o lo sviluppano.

La stessa norma che riconosce i diritti fondamentali del condannato, definisce

anche il principio di limitazione di alcuni di essi, sottolineando che debbano vedersi

limitati per le disposizioni dovute o per legge o per il tipo di sentenza.

I diritti dei detenuti si possono esercitare solamente nei limiti delimitati dal tipo di

condanna e da quello che questa implica.

1. 3 I doveri del recluso Il quadro dei doveri dei detenuti è contenuto nell’articolo 4 della Legge Penitenziaria

e nell’articolo 5 del Regolamento Penitenziario.

La legge penitenziaria61 definisce questi doveri:

• Il dovere di rimanere nello stabilimento assegnato; 59 Articolo 24 Ley Organica Penitenciaria, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t2.html#c1 60 articolo 4, comma 2, e articolo 61 della Ley Organica Penitenciaria., consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.tp.html 61 I doveri in questione sono contenuti nel Titolo II della Ley Organica Peniteciaria consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t2.html

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• Il dovere di rispettare le norme;

• Il dovere di rispettare le sanzioni;

• Il dovere di mantenere una attitudine di rispetto verso i funzionari;

• Il dovere di mantenere una condotta corretta con i compagni detenuti;

• Il dovere di lavorare secondo le proprie attitudini fisiche e mentali, ciò sta a

significare l’esigenza del lavoro come un proposito di riabilitazione e come

elemento fondamentale del trattamento.

A questi doveri, in concordanza con essi, il Regolamento Penitenziario62 aggiunge:

• Il dovere di utilizzare adeguatamente i mezzi materiali che vengano posti a

sua disposizione e le installazioni dello stabilimento;

• Il dovere di osservare una adeguata igiene e ordine personale e osservare le

misure igieniche e sanitarie stabilite;

• Il dovere di osservare le prestazioni personali obbligatorie stabilite

dall’amministrazione penitenziaria per l’ordine e la pulizia dello stabilimento;

• Il dovere di partecipare alle attività formative, educative e lavorative definite

in funzione del suo programma personale.

1. 4 Il lavoro penitenziario Storicamente il concetto di lavoro e pena privativa di libertà sono sempre stati

strettamente correlati, nel senso che molto spesso il lavoro in sé era considerato

come un tipo di pena.

L’articolo 26 della Legge Penitenziaria63 stabilisce che il lavoro è un elemento

fondamentale del trattamento. Conseguentemente con questa previsione, anche il

Regolamento Penitenziario nell’articolo 13264 definisce che il lavoro come

l’elemento base del trattamento, tuttavia deve risultare formulato da un programma

individuale e che mantenga la finalità di preparare i detenuti all’accesso al mercato

del lavoro quando ritornino in libertà.

62Il Reglamento Penitenciario, invece, inserisce i doveri nel capitolo II, articolo 5, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t1.html#a5 63 Articolo 26 della Ley Organica Penitenciaria definisce il lavoro come diritto-dovere dell’internato e ne stabilisce le condizioni, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t2.html#c2 64 Articolo 132 del Reglamento Penitenciario definisce i criteri generali della relazione lavorativa in ambito penitenziario, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t5.html#a132

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Il lavoro, quindi, viene considerato come “attività umana” e forma parte del lavoro

penitenziario. Per lavoro si intende una classe speciale di attività umane che si

distingue dalle altre per la sua realizzazione in uno spazio di tempo limitato e

fondamentalmente retribuito: queste circostanze che convertono il lavoro nel

sostentamento principale della vita della persona dal punto di vista economico e e

socialmente contribuiscono al riconoscimento di un determinato status.

1. 4. 1 Condizioni La Legge Organica Penitenziaria, al considerare il lavoro come un diritto e un

dovere, in corrispondenza con l’articolo 35 della Costituzione Spagnola, nell’art 26

segnala le seguenti caratteristiche65:

• Non deve avere assolutamente carattere affittivo;

• Non deve attentare alla dignità del detenuto;

• Avrà un carattere formativo, creativo o conservatore delle abitudini

lavorative, produttivo o terapeutico, e deve avere come fine quello di

preparare i detenuti alle condizioni normali del lavoro libero;

• Verranno organizzate e pianificate, seguendo le attitudini e le qualificazioni

professionali, di modo che vengano soddisfatte le aspirazioni lavorative dei

detenuti, poiché siano in compatibili con l’organizzazione e la sicurezza dello

stabilimento;

• Fruirà delle prestazioni dispensate dalla normativa lavorativa vigente in

materia di Sicurezza Sociale;

• Non verrà somministrato per i fini degli interessi economici delle

amministrazioni.

1. 4. 2 Modalità In quanto alle modalità che può rivestire il lavoro, all’interno dell’ambito

penitenziario, vengono incluse una serie abbastanza varia di attività supportate dai

detenuti.

Nell’articolo 27 comma 1 della Legge Penitenziaria66, viene disposto che il lavoro

che realizzano gli interni dentro o fuori degli stabilimenti, sarà compreso in una delle

seguenti modalità:

65 Articolo 26 della Ley Organica Penitenciaria definisce anche le caratteristiche del lavoro, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t2.html#c2

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• Quelle di formazione professionale, alle quali le amministrazioni daranno

carattere preferenziale;

• Quelle dedicate allo studio e alla formazione accademica;

• Quelle di produzione del regime lavorativo o mediante formule cooperative o

simili in accordo con la legislazione vigente;

• Quelle occupazionali che siano parte del trattamento;

• Quelle di prestazione personale in servizi ausiliari comuni dello stabilimento;

• Quelle artigianali, intellettuali o artistiche.

1. 4. 3 Il lavoro come diritto-dovere. Il lavoro penitenziario per quanto riguarda l’ambito penitenziario è considerato dalla

Costituzione Spagnola (art 25 comma 2)67 come diritto fondamentale e, per tale

motivo, è suscettibile di essere protetto dalle garanzie costituzionali ed è quindi

considerato in diritto del recluso il lavoro durante il periodo che trascorrerà in

carcere.

D’altra parte il lavoro viene anche considerato come un dovere, i detenuti, quindi,

conformemente alle proprie attitudini fisiche e mentali hanno il dovere morale di

lavorare, nonostante siano sottoposti a un periodo di pena privativa di libertà68. Si

tratterebbe, quindi, di un dovere etico-sociale più che di un dovere giuridico. Il diritto

in questione, nell’art 29 della Legge Organica Penitenziaria69, viene esteso anche ai

detenuti, in carcere in qualità di preventivi e quindi in attesa di processo, i quali

potranno lavorare conformemente alle proprie attitudini fisiche e morali.

L’articolo 133 del Regolamento Penitenziario70 stabilisce che “tutti i detenuti hanno il

dovere di lavorare in modo conforme alle proprie attitudini, sia sviluppando il lavoro

66 Articolo 27 Ley Organica Penitenciaria, definisce le modalità lavorative all’interno dei Centri Penitenziari; consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t2.html#c2 67 Articolo 25, comma 2, Constitución Española :“En todo caso, tendrá derecho a un trabajo remunerado y a los beneficios correspondientes de la Seguridad Social, así como al acceso a la cultura y al desarrollo integral de su personalidad”, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Admin/constitucion.t1.html#c2s1 68La materia è legiferata nel Capitolo III della Ley Organica Penitenciaria, interamente dedicato ai temi del lavoro nei centri penitenziari e comprende gli articoli dal 26 al 35, consultati presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t2.html#c2 69 Articolo 29 Ley Organica Penitenciaria, comma 2, definisce che i detenuti in qualità di preventivi abbiano il dritto a lavorare conformemente alle proprie attitudini e inclinazioni, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t2.html#c2 70 Articolo 133, comma 1, del Reglamento Penitenciario “Todos los penados tienen el deber de trabajar conforme a sus aptitudes, ya sea desarrollando el trabajo a que se refiere el artículo anterior o cualquiera de las otras modalidades de ocupación establecidas en el artículo 27 de la Ley Orgánica

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produttivo esternamente alla struttura penitenziaria sia secondo qualsiasi altra

modalità prevista dall’articolo 27 della Legge Organica”. Ovviamente restano esclusi

dal dovere di lavorare coloro i quali:

• Sono sottomessi a trattamento medico, che può impedire la realizzazione di

tale dovere;

• Siano stati dichiarati inabili a qualsiasi classe lavorativa;

• Siano maggiori di 65 anni;

• Siano precettori di prestazioni di pensionamento;

• Siano donne incinte, nelle sei settimane anteriori al parto e nelle otto

successive;

• Non possano lavorare per ragioni di forza maggiore.

La finalità essenziale del lavoro è praticamente formativa, ovvero quella di

preparare adeguatamente i detenuti al futuro inserimento nel mondo del lavoro, per

questo motivo il lavoro realizzato in ambito penitenziario deve avere come obiettivo

quello di migliorare le capacità degli stessi per agevolarli al momento del ritorno alla

libertà.

Il lavoro realizzato dal recluso deve essere produttivo e remunerato, secondo le

leggi vigenti.

I lavoratori, comunque, godranno dei seguenti diritti71 lavorativi basici:

• Non dovranno essere discriminati per nessuna ragione;

• Dovrà essere salvaguardata l’integrità fisica della persona e dovrà essere

posta in condizione di lavorare in sicurezza secondo le legislazione vigente

in questa materia;

• Il lavoro deve essere produttivo e remunerato, inoltre ha diritto al riposo

settimanale e alle vacanze annuali;

• Deve essere salvaguardata l’intimità della persona;

• Saranno resi partecipi all’organizzazione e alla pianificazione del lavoro,

secondo le condizioni stabilite dalla Legge Penitenziaria.

I doveri dei lavoratori72, inoltre, possono essere considerati i tali:

• Il compiere le mansioni concrete predisposte dal lavoro in questione;

General Penitenciaria.”, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t5.html#a133 71 Rodriguez Alonso, Antonio Lecciones de derecho penitenziario Granada 2003 Editorial Comares: pag 103 72 ibidem pag 104

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• Osservare le modalità di prevenzione per evitare incidenti sul lavoro;

• Compiere gli ordini e le istruzioni del personale responsabile;

• Contribuire a raggiungere gli obiettivi e i fini della relazione lavorativa.

Ovviamente essendo il lavoro il risultato di una relazione, anche questo può essere

sospeso o addirittura interrotto73 e i casi in cui ciò avviene sono:

• Quanto c’è mutuo accordo tra le parti, per cui la relazione lavorative viene o

sospesa o addirittura interrotta;

• In caso di maternità o di pericolo durante la gestazione;

• Forze maggiori temporali;

• Per decisione della Giunta di Trattamento, che segue il detenuto;

• Per rinuncia del detenuto lavoratore;

• Per spostamenti del detenuto ad altro centro penitenziario;

• Per ragioni di disciplina e sicurezza penitenziaria;

• Ovviamente, in caso di scarcerazione del detenuto;

• Per il mancato compimento dei doveri lavorativi, previsti dalla relazione.

1. 5 L’educazione nelle strutture penitenziarie

L’articolo 55 della Legge Organica Penitenziaria74 stabilisce che:

• In ogni struttura deve essere presente una scuola, la quale si occuperà

dell’istruzione dei detenuti, specialmente i giovani e gli analfabeti;

• Gli insegnamenti impartiti nelle relative scuole devono essere in linea con la

legislazione vigente in materia di educazione e di formazione professionale;

• L’amministrazione penitenziaria fomenterà l’interesse dei detenuti allo

studio.

Dal regolamento penitenziario si può evincere una distinzione fondamentale tra

educazione scolastica e formazione.

All’interno dell’educazione scolastica, distingue tra:

• Istruzione obbligatoria: l’argomento è definito dall’art 122 del Regolamento

Penitenziario75, in cui si stabilisce che se un detenuto, al suo ingresso in

73 ibidem pag 105-106 74 Articolo 55 Ley Organica Penitenciaria definisce tutti i criteri per cui deve svolgersi l’attività scolastica nei centri penitenziari dello stato e spagnolo e quindi , consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t2.html#c10

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prigione, non possiede i titoli corrispondenti all’istruzione obbligatoria. In

questo caso saranno esaminati dal maestro, il quale definirà il ciclo di

istruzione obbligatoria al quale dovranno essere inseriti. Nel regolamento

penitenziario, dopo aver definito l’obbligatorietà della formazione

elementare, viene a stabilire che in modo prioritario questo tipo di

formazione deve essere impartito agli analfabeti, ai giovani, agli stranieri e

alle persone con problemi specifici.

• Altri tipi di istruzione: mentre le attività che riguardano l’insegnamento

obbligatorio sono organizzate dall’Amministrazione Penitenziaria, per quanto

riguarda altri tipi di educazione nel Regolamento Penitenziario76 viene

previsto che in questi casi vengano utilizzati i mezzi provenienti dalla

società. Per questo motivo si sottolinea che deve essere garantito ai detenuti

l’accesso ai programmi educativi di educazione scolastica e non scolastica.

1. 6 La formazione professionale, socioculturale e sportiva.

Per quanto riguarda la formazione, si può distinguere in professionale,

socioculturale e sportiva. Nel regolamento penitenziario (art 110) si definisce che

l’amministrazione penitenziaria “disegnerà programmi formativi orientati a sviluppare

le attitudini dei reclusi, arricchire le sue conoscenze, migliorare le sue capacità

tecniche o professionali e compensare le sue carenze”77.

La formazione professionale78 è considerata un punto fondamentale nei programmi

di trattamento ed anche in questo caso, come per quanto riguarda l’educazione

obbligatoria, viene precisato che, per gli internati che non posseggano una

formazione lavorativa valida o soddisfacente, l’Amministrazione Penitenziaria dovrà 75 Articolo 122 Reglamento Penitenciario, definisce il diritto di ogni detenuto allo studio, mentre l’articolo 123 regola il diritto alla formazione basilare, diritto, appunto, rivolto a analfabeti, giovani, stranieri che ne abbiano necessità, consultati presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t5.html#a122 76 Articolo 124, Reglamento Penitenciario definisce il diritto degli internati di accedere anche ad altri corsi educativi, differenti dagli insegnamenti basi, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t5.html#a124 77 Articolo 110, Reglamento Penitenciario, l’Amministrazione Penitenziaria definirà “programas formativos orientados a desarrollar las aptitudes de los internos, enriquecer sus conocimientos, mejorar sus capacidades técnicas o profesionales y compensar sus carencias” consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t5.html#a110 78 Rodriguez Alonso, Antonio Lecciones de derecho penitenziario Granada 2003 Editorial Comares: pag. 119

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adoperarsi affinché il detenuto in questione acceda a corsi di formazione

professionali ed occupazionali.

Le attività socioculturali79, sportive e di appoggio, invece, sono relazionate con

l’obiettivo di migliorare lo sviluppo integrale degli interni. I detenuti, quindi,

proporranno le attività socioculturali e sportive che vorranno realizzare e, da parte

dell’Amministrazione Penitenziaria, verrà promossa la massima partecipazione a tali

attività, a cui cercheranno di coinvolgere il maggior numero di detenuti nel corso di

tutto l’anno solare.

1. 7 L’assistenza sanitaria

La questione sanitaria è stata un motivo di costante preoccupazione durante tutta la

storia dei sistemi penitenziari. Nei primordi dell’esistenza della pena privativa di

libertà come asse fondamentale del sistema punitivo, nella quale la prigione era

considerata come il luogo di ritenzione e custodia per l’esecuzione delle pene allora

esistenti (pena di morte, pena corporale ecc ecc), le condizioni igieniche dei locali

erano praticamente nulle, per cui le malattie (tra cui anche quelle mentali) si

diffondevano senza limiti. Il tifo, il colera, la dissenteria, le malattie parassitarie e

polmonari causavano vere e proprie stragia all’interno delle carceri.

I moderni sistemi penitenziari, invece, introdussero criteri più umani per quanto

riguarda le modalità di compimento delle pene privative di libertà, all’interno dei

quali non manca l’assistenza medica e sanitaria all’interno delle prigioni. Al giorno

d’oggi nel sistema spagnolo sono le Amministrazioni Penitenziarie che si occupano

delle prestazioni sanitarie all’interno delle prigioni.

Le “Regole minime per il trattamento del detenuto”80, invece, proclamarono il dovere

statale di accudire lo stato di salute dei detenuti, così come occuparsi in modo

specializzato dei casi di tossicomania, alcolismo e trastorni psichici.

La Legge Organica Penitenziaria dedica all’interno del titolo II, tutto il capitolo III

all’assistenza sanitaria, e stabilendo in altre parti:

• Nell’art 3 che “l’Amministrazione Penitenziaria veglierà sulla vita, l’integrità e

la saluta degli internati”81;

79 Ibidem 80“Reglas mínimas para el tratamiento de los reclusos”, consultato presso http://www.unhchr.ch/spanish/html/menu3/b/h_comp34_sp.htm

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• Nell’art 11 dispone dell’esistenza all’interno la presenza di strutture di

carattere ospedaliero, psichiatrico e di riabilitazione sociale82, includendo

nell’art 13 include la presenza di infermerie e, inoltre, dispone che, in caso di

mancata struttura adeguata, l’assistenza medica a favore dei detenuti si

appoggerà a strutture sanitarie non penitenziarie83.

Il Regolamento Penitenziario, nel titolo IX (art dal 207 al 229)84sviluppa le previsioni

contenute nella norma basica penitenziaria e nella Legge Generale della Sanità85

del 1986, tenendo in conto l’apparizione di nuove malattie (come per esempio

l’AIDS), così come l’universalizzazione delle cure sanitarie

Il Regolamento Penitenziario rimodella la normativa regolamentaria sulle prestazioni

sanitarie basiche dell’Amministrazione Penitenziaria, introducendo i seguenti

elementi86:

• La natura e i fini dell’assistenza sanitaria: l’assistenza sanitaria avrà

carattere integrale e sarà orientata alla prevenzione, come alla cura e alla

riabilitazione. Una speciale attenzione sarà rivolta alla prevenzione delle

malattie infettive, facilmente trasmissibili. Per tale motivo l’Amministrazione

Penitenziaria e le Amministrazioni Sanitarie formalizzeranno i corrispondenti

convegni di collaborazione in materia di salute pubblica e di assistenza

sanitaria, nella quale definiranno i criteri generali di coordinazione, protocolli,

piani e procedimenti, così come il finanziamento, a carico

81 Articolo 3, Ley Organica Penitenciaria: “La administración penitenciaria velará por la vida, integridad y salud de los internos” consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.tp.html 82 Articolo 11, Ley Organica Penitenciaria: “Los establecimientos especiales son aquellos en los que prevalece el carácter asistencial y serán de los siguientes tipos: Centros hospitalarios, Centros psiquiátricos, Centros de rehabilitación social, para la ejecución de medidas penales, de conformidad con la legislación vigente en esta materia” consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t1.html 83 Articolo 13, Ley Organica Penitenciaria: “Los establecimientos penitenciarios deberán contar en el conjunto de sus dependencias con servicios idóneos de dormitorios individuales, enfermería, escuelas, bibliotecas, instalaciones deportivas y recreativas, talleres, patios, peluquería, cocina, comedor, locutorios individualizados, departamento de información al exterior, salas anejas de relaciones familiares y, en general, todos aquellos que permitan desarrollar en ellos una vida de colectividad organizada y una adecuada clasificación de los internos, en relación con los fines que en cada caso les están atribuidos”consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t1.html 84 Del Titolo IX del Reglamento Penitenciario la prima sezione è dedicata all’assistenza sanitaria (Art 207 all’art 220), mentre la seconda sezione all’igiene e all’alimentazione (art 221 all’art 226), consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t9.html#c1 85 Ley General de Sanidad, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Admin/l14-1986.html 86 Rodriguez Alonso, Antonio Lecciones de derecho penitenziario Granada 2003 Editorial Comares: pag 122

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dell’Amministrazione Penitenziaria, dell’assistenza sanitaria.

L’Amministrazione Penitenziaria, quindi, si farà carico delle spese originate

dalla necessità di assistenza sanitaria ai detenuti.

• Le prestazioni sanitarie: a tutti i detenuti, senza distinzione, si garantirà

un’attenzione medica-sanitaria equivalente a quella dispensata al resto della

popolazione. Avranno, inoltre, uguale diritto alla somministrazione di

prestazioni farmaceutiche e alle prestazioni complementari che derivano da

questo tipo di attenzione.

Il modello di attenzione sanitaria distingue:

Attenzione primaria: verrà dispensata con i mezzi propri

dell’Amministrazione Penitenziaria. Le strutture penitenziarie

conteranno di uno staff medico integrato almeno da: un medico

generale, un diplomato in infermeria e un ausiliare di infermeria.

Conterà, inoltre, in maniera periodica, di uno psichiatra, un

gatroenterologo e un dentista. Nei centri penitenziari femminili sarà

presente periodicamente di un ginecologo e nei casi in cui siano

presenti madri con bambini, di un pediatra;

Assistenza specializzata: sarà assicurata attraverso del Servizio

Sanitario Nazionale, si realizzerà nei centri ospedalieri definiti

dall’autorità sanitaria e formalizzati attraverso protocolli e convegni,

salvo in casi di urgenza in cui il detenuto sarà portato all’ospedale

più vicino al Centro Penitenziario.

La dispensa farmaceutica e le prestazioni complementari saranno

rese effettive dall’Autorità Penitenziaria.

Assistenza obbligatoria in casi di urgenza vitale: il trattamento

medico sanitario sarà reso effettivo sempre con l’autorizzazione del

detenuto, solo quando esista realmente pericolo di vita, si potrà

imporre un trattamento anche contro la volontà dell’interessato;

Ricerche mediche: i detenuti non possono essere oggetto di

esperimenti medici, e solo in quanto questi avvengano devono

essere sottoposti all’analisi di una commissione etica;

Staff sanitario: a capo dello staff sanitario si avrà un direttore medico

o un capo dei servizi medici che risponderà agli ordini del direttore

dello stabilimento. I vincoli con personale esterno al Personale

Penitenziario saranno possibili attraverso accordi con altre

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Amministrazioni Pubbliche o private, nei quali appunto vengono

definiti tutti gli elementi del contratto. I detenuti potranno sollecitare

servizi medici privati esterni al alle istituzioni penitenziarie, solo però

sostenendone personalmente i costi;

Infermeria e altre strutture sanitarie: nelle strutture sarà presente un

locale destinato a infermeria, dotato di materiali medici precisi che

possano coprire l’assistenza medica generale, in capacità

proporzionale al numero dei reclusi del centro;

Storia clinica: tutti i detenuti, al proprio ingresso nel Centro

Penitenziario saranno visitati da un medico e verrà dotato il detenuto

di un fascicolo nel quale sarà appuntata la sua storia clinica;

Riservatezza dei dati clinici e informazione sanitaria: i dati che

riguardano la storia clinica del detenuto avranno carattere

confidenziale e sarà concesso solo a personale specializzato;

Comunicazioni con familiari: nel caso in cui un detenuto si trovi in

una situazione di malattia pericolosa e grave, verranno

immediatamente avvisati i familiari;

Visite in ospedali extrapenitenziari: le visite di familiari e conoscenti

del detenuto ricoverato in un ospedale extrapenitenziario avverranno

secondo le regole stabilite dal centro ospedaliero corrispondente e

del centro penitenziario di riferimento;

Visite e ricovero in ospedali extrapenitenziari e custodia dei detenuti

in tali strutture: nel caso in cui un detenuto richieda un ricovero

ospedaliero, il medico responsabile comunicherà la richiesta al

Direttore del centro, che, previa autorizzazione del Centro Direttivo,

disporrà del necessario per effettuare il ricovero in questione.

Quando un detenuto, invece, richieda una visita medica in centri

penitenziari esterni, il servizio medico comunicherà al direttore del

centro penitenziario, che provvederà a disporre il necessario.

La vigilanza e la custodia dei detenuti in centri sanitari

extrapenitenziari sarà a carico delle forze o corpi di sicurezza

spagnoli;

Misure epidemiologiche: gli accordi tra le Amministrazioni

Penitenziarie e le Amministrazioni Sanitarie dovranno prevedere che

la realizzazione di piani e programmi di attuazione in caso di malattie

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infettive più frequenti. In caso in cui venga accertato un focolaio di

possibile trasmissione di malattie infettive, lo staff sanitario

provvederà a comunicare il fatto alle autorità sanitarie competenti e

al centro direttivo, i quali provvederanno a mettere in atto le misure

predisposte;

Sistema di informazione sanitaria ed epidemiologica:

l’Amministrazione Sanitaria conterà su un sistema di informazione

sanitaria e di vigilanza epidemiologica che le permettano conoscere

quali siano le malattie infettive più frequenti tra la popolazione

penitenziaria e circa i gruppi di maggiore rischio, con il fine di

adeguare le misure assistenziali.

1. 8 Igiene e pulizia

L’art. 19 comma 3 della Legge Organica Penitenziaria87 dispone che “per ragioni di

igiene si esigerà un’attenta pulizia personale, per la quale l’Amministrazione

Penitenziaria faciliterà ai detenuti i servizi e gli articoli di pulizia personale”

In sviluppo alla norma espressa dalla Legge Penitenziaria, il Regolamento88

stabilisce che, da parte del Centro Direttivo:

• Lotti igienici: al momento dell’ingresso del detenuto in carcere gli saranno

consegnati i prodotti necessari per l’igiene personale diaria, così come

preservativi, materiale di uso personale e per il letto. Questi articoli verranno

riconsegnati periodicamente;

• Proibizione di introdurre materiale deteriorabile: per ragioni di igiene pubblica

non verrà permesso l’ingresso di alimenti deteriorabili perché potrebbero

nuocere alla salute del consumatore;

• Lavanderia: in tutti gli stabilimenti penitenziari si conterà con un servizio di

lavanderia al quale potranno accedere tutti i detenuti;

87 Articolo 19, comma 3, Ley Organica Penitenziaria “Por razones de higiene se exigirá un cuidadoso aseo personal. A tal fin, la administración facilitará gratuitamente a los internos los servicios y artículos de aseo diario necesarios” consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t2.html#c1 88 Nel Reglamento Penitenciario, è dedicata l’intera seconda sezione del capitolo I (assistenza sanitaria e igiene) del titolo XI al tema dell’igiene, nella precisione dagli articoli 221 a 226, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t9.html#c1

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• Disinfezione di installazioni penitenziarie: periodicamente, sotto la

supervisione del Centro Direttivo, si procederà a una completa disinfezione e

disinfestazione delle distinte aree della struttura.

1. 9 Alimentazione

In tutti i centri penitenziari verrà proporzionata ai detenuti un’alimentazione

convenientemente preparata, che deve rispondere alle esigenze dietetiche della

popolazione penitenziaria e alle esigenze specifiche di età, salute, lavoro, clima,

costumi e per quanto convergano le convinzioni personali e religiose.

L’alimentazione dei detenuti sarà sottoposta al controllo facoltativo89.

Nei centri nei quali sono presenti donne con bambini, si provvederà in modo

appropriato a fornire un’alimentazione necessaria per le madri e i bambini

conformemente alle loro necessità90

1. 10 Assistenza religiosa

I centri penitenziari sono obbligati ad attendere alle esigenze religiose dei detenuti e

a rispettare la libertà degli stessi, tutto ciò ha come fondamento l’art 16 della

Costituzione spagnola che dichiara che:

“garantisce la libertà ideologica, religiosa e di culto degli individui””91

“Nessuno potrà essere obbligato a dichiarare sulla sua ideologia, religione o

credenze”92

89 Rodriguez Alonso, Antonio Lecciones de derecho penitenziario Granada 2003 Editorial Comares: pag 129 90 Ibidem 91 Articolo 16, Constitución Española“..garanteriza la libertad ideologica, religiosa e di culto de los individuos”consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Admin/constitucion.t1.html#c2s1 92 Articolo 16, Constitución Española “..nadie podrá ser obligado a declarar sobre su ideología, religión o creencias” consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Admin/constitucion.t1.html#c2s1

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Le Regole Penitenziarie Europee93, negli articoli 40 e 41, rispettivamente affermano

che:

“Ogni detenuto deve essere autorizzato, nella misura del possibile, a soddisfare le

esigenze della propria vita religiosa. spirituale e morale, partecipando alle funzioni

o riunioni organizzate nell’istituto e disponendo dei libri e delle pubblicazioni

necessarie”.

“Se nell’istituto vi è un numero sufficiente di detenuti appartenenti alla stessa

religione, un rappresentante qualificato di questa religione deve essere nominato

o riconosciuto. Se il numero dei detenuti lo giustifica e le circostanze lo

permettono, l’intervento dovrebbe essere di tipo permanente. Il rappresentante

qualificato nominato o riconosciuto ai sensi del paragrafo deve essere autorizzato

ad organizzare periodicamente i servizi e le attività religiose e a effettuare visite

pastorali particolari, negli orari a ciò riservati, ai detenuti appartenenti alla sua

religione. Il diritto di entrare in contatto con un rappresentante qualificato di una

religione non deve essere rifiutato ad alcun detenuto. Se un detenuto si oppone

alla visita di un rappresentante di una religione, la sua volontà deve essere

rispettata.”

In concordanza con queste norme, la Legge Organica Penitenziaria nell’art 54

garantisce che “l’Amministrazione garantirà la libertà religiosa dei detenuti e

faciliterà i mezzi per cui detta libertà possa manifestarsi”94.

Il Regolamento Penitenziario, invece, dedica all’assistenza religiosa un articolo

(230)95 all’interno del Capitolo III –che è lo stesso articolo 230 –del suo Titolo IX, in

93 Regole minime per il trattamento dei detenuti (Raccomandazione Comitato dei Ministri della Comunità Europea 12 febbraio 1987), consultato presso http://www.ristretti.it/areestudio/giuridici/europa/trattamento.htm 94Articolo 54 della Ley Organica Penitenciaria “La administración garantizará la libertad religiosa de los internos y facilitará los medios para que dicha libertad pueda ejercitarse.”, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t2.html#c9 95 tutto l’articolo 230 del reglamento penitenciario è dedicato all’assistenza religiosa: “Libertad religiosa. 1)Todos los internos tendrán derecho a dirigirse a una confesión religiosa registrada para solicitar su asistencia siempre que ésta se preste con respeto a los derechos de las restantes personas. En los Centros podrá habilitarse un espacio para la práctica de los ritos religiosos. 2) Ningún interno podrá ser obligado a asistir o participar en los actos de una confesión religiosa. 3) La Autoridad penitenciaria facilitará que los fieles puedan respetar la alimentación, los ritos y los días de fiesta de su respectiva confesión, siempre que lo permitan las disponibilidades presupuestarias, la seguridad y vida del Centro y los derechos fundamentales de los restantes internos. 4) En todo lo relativo a la asistencia religiosa de los internos se estará a lo establecido en los acuerdos firmados por el Estado español con las diferentes confesiones religiosas” consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t9.html#c3

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cui si riconosce il diritto dei reclusi a dirigersi a una confessione religiosa registrata,

per, appunto, sollecitare la sua assistenza –sempre che la suddetta richiesta non

nuoccia al rispetto delle altre persone –così come viene riconosciuto il diritto a non

essere obbligato ad assistere o partecipare negli atti di una confessione religiosa. In

questo appartato viene imposto all’amministrazione l’obbligo di facilitare a che i

fedeli possano rispettare l’alimentazione, i riti e i giorni di festa della rispettiva

confessione di appartenenza, sempre che venga permesso dalle disponibilità

economiche, dalla sicurezza e dalla vita del centro e dai diritti fondamentali degli

altri detenuti.

Per quanto riguarda la confessione cattolica, l’ “Acuerdo sobre Asuntos Juridicos

entre el Estrado Español y la Santa Sede” del 3 Gennaio 1979 nel quale vengono

garantiti da parte della confessione religiosa in questione uno o più sacerdoti per

una o mezza giornata nei centri penitenziari e la celebrazione della messa,

l’amministrazione dei sacramenti e in generale tutte le attività strettamente

relazionate con la fede religiosa del detenuto.

1. 11 L’assistenza sociale penitenziaria 1. 11. 1 Concetto e natura. L’assistenza sociale in prigione è sempre stata intesa come aiuto sia per migliorare

la vita delle persone nel momento in cui sono state private di libertà, sia per

assisterle nei primi momenti del ritorno alla libertà. Qualsiasi sia il fine perseguito

dalla pena, può avere piena accettazione il fatto che si conceda aiuto materiale e

morale ai detenuti.

L’intervento di istituzioni o pubbliche o private, nei compiti di superare gli ostacoli

che si oppongono all’adattamento del gruppo sociale in questione, una volta che si

produce il suo ritorno in libertà è uno dei presupposti degli ordinamenti, che

attribuiscono alla pena privativa di libertà il fine di prevenzione speciale, quale che

sia la forma nella quale questa prevenzione si presenti (correzione, rieducazione,

reintegro nella società).

Il concetto di assistenza sociale definito da Bueno Arús e Carmona Salgano è un

concetto ampio, in funzione delle sue origini, che racchiude in se non solo il

momento carcerario, ma anche il post carcerario. Verrà quindi inteso come

“quell’attività pubblica o privata, organizzata o estemporanea, che ha l’obiettivo di

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risolvere le necessità materiali e morali dei reclusi e dei loro familiari e mantenere

vivi i legami che uniscono il condannato con la società (famiglia, ambiente, posto di

lavoro)”96.

Negli ordinamenti, come capita in quello spagnolo, si attribuisce alla pena privativa

di libertà una finalità di rieducazione e di reintegro nella società, l’attività sociale post

penitenziaria viene integrata come attività di trattamento e come culmine di un

processo che inizia con l’ingresso in prigione del detenuto.

1. 11. 2 Fonti normative

La legge organica penitenziaria La legge organica penitenziaria, all’interno dei contenuti del suo testo, stabilisce

nell’articolo 1 che il fine primo delle istituzioni penitenziarie è quello di assistere e

aiutare i detenuti e gli ex reclusi in libertà.

In accordo con il suddetto articolo, la Legge Penitenziaria dedica un intero titolo a

tale materia, il titolo IV, sotto il titolo “dell’assistenza penitenziaria”. Nell’articolo 73

viene definito che “il condannato che abbia compiuto la sua pena e che in alcun

modo sia riuscito a estinguere la sua responsabilità penale deve essere pienamente

reintegrato nell’esercizio dei suoi diritti come cittadino”, “gli antecedenti in nessun

modo devono essere motivo di discriminazione sociale e giuridica”97. Tale precetto

è stato inteso dalla dottrina, come un autentico mandato positivo che obbliga

chiunque a considerare un ex recluso, in libertà, un cittadino come qualsiasi altro,

con pari diritti e pari doveri.

Per rendere possibile l’assistenza sociale in ambito penitenziario, l’art. 74 della

Legge Penitenziaria, dispone che “il ministero di giustizia, attraverso della

commissione di Assistenza Sociale, organismo dipendente della Direzione Generale

delle Istituzioni Penitenziarie, la cui struttura e funzioni è determinata nel

Regolamento Organico di tale dipartimento, presterà agli interni, e a coloro in libertà

96 Rodriguez Alonso, Antonio Lecciones de derecho penitenziario Granada 2003 Editorial Comares: pag 131, 132 97 Articolo 73, Ley Organica Penitenciaria: “1) El condenado que haya cumplido su pena y el que de algún otro modo haya extinguido su responsabilidad penal deben ser plenamente reintegrados en el ejercicio de sus derechos como ciudadanos.2) Los antecedentes no podrán ser en ningún caso motivo de discriminación social o jurídica”, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t4.html

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e in libertà condizionale o definitiva e ai familiari degli uni e degli altri l’assistenza

sociale necessaria”.98

Per ultimo la Legge Penitenziaria, nell’art. 75, stabilisce che “il personale

assistenziale della Commissione di Assistenza Sociale sarà costituito da funzionari

che presteranno il proprio servizio nel citato organo, con esclusione di qualsiasi altra

attività che non siano quelle strettamente assistenziali. La Commissione di

Assistenza Sociale collaborerà in forma permanente con le entità dedicate in modo

specifico all’assistenza dei detenuti e al trattamento degli ex reclusi”99.

Il Regolamento Penitenziario Il testo approvato per Decreto Reale nel 1996, racchiude tra le sue principali novità

l’apertura delle porte delle prigioni alla società, cosa che formula una crescente

domanda di collaborazione da parte di associazioni pubbliche e private. Questa

novità, tra l’altro, potenzia notevolmente l’azione dell’Amministrazione Penitenziaria,

con le risorse esistenti nella società.

Il Regolamento Penitenziario dispone nell’art 227, che l’azione sociale “sarà diretta

alla soluzione dei problemi sorti ai detenuti e alle famiglie come conseguenze

dell’ingresso in prigione e contribuirà allo sviluppo integrale degli stessi”100.

L’amministrazione Penitenziaria, quindi, dovrà essere in grado di promuovere la

coordinazione dei servizi sociali con le reti pubbliche di assistenza sociale e

incoraggerà l’accesso di detenuti classificati in terzo grado e di coloro in libertà

condizionale e definitiva e di familiari agli assegni disposti e assegnati dalle

98 Articolo 74, Ley Organica Penitenciaria: “El Ministerio de Justicia, a través de la Comisión de Asistencia Social, organismo dependiente de la Dirección General de Instituciones Penitenciarias, cuya estructura y funciones se determinarán en el reglamento orgánico de dicho departamento, prestará a los internos, a los liberados condicionales o definitivos y a los familiares de unos y otros la asistencia social necesaria” consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t4.html 99 Articolo 75, Ley Organica Penitenciaria: “1)El personal asistencial de la Comisión de Asistencia Social estará constituido por funcionarios que pasarán a prestar sus servicios en el citado órgano, con exclusión de cualesquiera otras actividades que no sean las estrictamente asistenciales. 2)La Comisión de Asistencia Social colaborará de forma permanente con las entidades dedicadas especialmente a la asistencia de los internos y al tratamiento de los excarcelados existentes en el lugar donde radiquen los establecimientos penitenciarios.”consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t4.html 100 Articolo 227 del Reglamento Penitenciario: “La acción social se dirigirá a la solución de los problemas surgidos a los internos y a sus familias como consecue ncia del ingreso en prisión y contribuirá al desarrollo integral de los mismos”, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t9.html#a227

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differenti comunità autonome, così come agli aiuti disposti dall’assistenza sociale e

dalle amministrazioni pubbliche.

È dovere dei servizi sociali penitenziari l’assistenza alle persone che entrano in

carcere, è loro d’obbligo l’elaborazione di una scheda personale per cada detenuto,

che sarà parte del suo protocollo.

1. 11. 3 L’assistente sociale in ambito penitenziario

La figura dell’assistente sociale (trabajador social) in ambito penitenziario

costituisce una pietra miliare nel buon funzionamento delle istituzioni penitenziarie,

anche perché senza il suo apporto non sarebbe possibile raggiungere i fini di

rieducazione e di reinserimento sociale che la Costituzione Spagnola e la Legge

Organica Penitenziaria assegnano alle pene e alle misure privative di libertà.

Le funzioni dell’assistente sociale sono fondamentali sin dal primo momento in cui il

detenuto entra in prigione a seguire tutto il suo percorso nel centro penitenziario,

fino al momento del suo ritorno alla libertà.

Il Regolamento Penitenziario, nell’art. 229101, definisce che, al momento

dell’ingresso in carcere di un detenuto nelle prime 24 ore sarà:

• Intervistato da un assistente sociale e da un educatore, al fine di riconoscere

le aree carenti e i bisogni della persona;

• I suddetti professionali e il medico, scriveranno un rapporto sull’individuo in

questione, con allegate proposte e pianificazioni di attività educative,

socioculturali e sportive da realizzarsi. Il quale rapporto verrà consegnato al

Vice Direttore di trattamento.

L’articolo 301 del Regolamento Penitenziario del 1981, che resta vigente con

quanto disposto dalla “disposizione transitoria III” dell’attuale Regolamento

Penitenziario, afferma i seguenti obblighi a carico dell’Assistenza Sociale102:

• Intervistare i reclusi, le famiglie e in generale le persone che conoscono il

detenuto, se necessario è compito dell’Assistente Sociale raggiungere a

domicilio le persone con cui è necessario parlare;

• Scrivere ai familiari o conoscenti del detenuto e sollecitare informazioni sulla

persona in questione;

101Articolo 229, Reglamento Penitenciario definisci i doveri del servizio di assistenza sociale offerti dai centri penitenziari spagnoli, sia nei confronti del detenuto, che della sua famiglia; consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t9.html#a227 102 Rodriguez Alonso, Antonio Lecciones de derecho penitenziario Granada 2003 Editorial Comares: pag 135

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• Scrivere un rapporto e consegnarlo allo staff e alla direzione del centro

penitenziario;

• Assistere come vocale alle riunioni dei vari staff, partecipando nei vari

accordi e piani di attuazione;

• Collaborare con l’esecuzione dei metodi di trattamento, specialmente con i

servizi sociali;

• Gestire agli interni della struttura gli assegni;

• Raccogliere la documentazione dell’informazione ottenuta nel disimpegno

della sua funzione, archiviandola nel dipartimento che gli è proprio;

• Mantenere relazioni professionali adeguate con gli altri assistenti sociali che

lavorino nelle istituzioni penitenziarie;

• Compiere tutte le mansioni richieste dal direttore e vice direttore della

struttura.

Nel IV Convegno Collettivo del Lavoro di Istituzioni Penitenziarie pubblicato nel BOE

il 22 gennaio 1993, ancora vigente, nell’appartato terzo dispone che all’assistente

sociale corrisponderanno le seguenti mansioni103:

• Realizzare le funzioni e i compiti propri dell’assistenza sociale, per lo

sviluppo dei programmi stabiliti dalla Segreteria Generale degli Assunti

Penitenziari;

• Compiere i regolamenti, programmi e istruzioni emessi dagli organi superiori;

• Potranno essere iscritti in più ambiti, compiendo le attività tipiche

dell’assistente sociale, partecipando nelle riunioni dei vari staff;

• Compiere la redazione della documentazione stabilita (incluse le statistiche

mensili), così come l’elaborazione di rapporti trimestrali, annuali e il

memoriale delle attività sviluppate dai vari programmi;

• Stabilire le relazioni professionali e mantenere il coordinamento necessario

con gli altri assistenti sociali;

• Partecipare alle riunioni dei gruppi di lavoro, stabilite periodicamente;

• Informare gli organi giudiziali e la direzione generale degli assunti di propria

competenza;

• Facilitare il reintegro degli ex detenuti ora in libertà e le famiglie, per quanto

riguardano i servizi sociali generali, sanitari e lavorativi.

103 Rodriguez Alonso, Antonio Lecciones de derecho penitenziario Granada 2003 Editorial Comares: pag 136.

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1. 12 L’organizzazione degli stabilimenti penitenziari. 1. 12. 1 Considerazioni preliminari. La complessità degli stabilimenti penitenziari, in funzione della propria natura e dei

propri fini, ha reso necessario, da sempre, e soprattutto a radice della Legge

Organica Penitenziaria e del Regolamento che la sviluppa, che esistano, con

differente denominazione organi collegiali e unipersonali istituzionalizzati che

rendano possibile il buon funzionamento, governo e gestione degli stessi.

Il regolamento penitenziario del 1996 ha portato a termine una regolamentazione

differente alla precedente per quanto concerne il modello organizzativo degli

stabilimenti penitenziari, creando nuovi organi collegiali e semplificando gli organi

unipersonali.

1. 12. 2 Gli organi collegiali In ogni stabilimento esisteranno i seguenti organi collegiali104:

• Il Consiglio di Direzione

• La Giunta di Trattamento

• La Commissione Disciplinare

• La Giunta Economico-Amministrativa.

I membri di qualsiasi organo collegiale sono responsabili sia personalmente, sia

dell’operato dell’organo che rappresentano, responsabilità che gli potrà essere

esatta per via disciplinare, civile o penale .

Il Consiglio di Direzione si riunirà in seduta ordinaria una volta al mese e in seduta

straordinaria quante volte lo consideri necessario il suo Presidente o Centro

Direttivo105.

La Giunta di Trattamento si riunirà in seduta ordinaria una volta alla settimana, per

tutta la durata dell’anno, e in seduta straordinaria quante volte lo ritenga necessario

il suo Presidente106.

La Commissione Disciplinare si riunirà in seduta ordinaria quattro volte al mese e in

sessione straordinaria quante volte lo consideri necessario il presidente107.

104 Del Titolo XI del Reglamento Penitenciario, tutto il capitolo II è dedicato agli organi collegiali dei centri penitenziari spagnoli, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t11.html#c2 105 Rodriguez Alonso, Antonio Lecciones de derecho penitenziario Granada 2003 Editorial Comares: pag 156 106 Ibidem

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La Giunta Economico-Amministrativa si riunirà in seduta ordinaria una volta a

trimestre e in seduta straordinaria quante volte lo ritenga necessario il suo

presidente108.

La presenza alle sedute di tutti gli organi collegiali del Centro Penitenziario avrà

carattere obbligatorio. In caso in cui non si abbia il quorum necessario, il Presidente

effettuerà una nuova convocazione nel tempo massimo di quarantotto ore109.

Ogni organo collegiale è composto da professionali differenti ed ha obblighi diversi:

Il Consiglio di Direzione. Secondo quanto stabilito dall’articolo 265 del Regolamento Penitenziario110, il

Consiglio di direzione viene a costituire l’organo più importante tra quelli esistenti

nel centro penitenziario, corrispondendole il compito di dare impulso e

supervisionare il lavoro dei restanti organi.

Il Consiglio di Direzione è presieduto dal Direttore del Centro Penitenziario ed è

composto dai seguenti membri111:

• Il Vice-direttore di regime;

• Il Vice-direttore di sicurezza;

• Il Vice-direttore di trattamento;

• Il Vice-direttore medico o il capo dei servizi medici;

• Il Vice-direttore del personale;

• L’Amministratore.

Le funzioni del Consiglio di Direzione112 sono:

• Supervisionare e dare impulso alle attività generali del Centro Penitenziario;

• Elaborare le norme di regime interno del Centro Penitenziario, per la sua

approvazione per il Centro Direttivo; 107 Rodriguez Alonso, Antonio Lecciones de derecho penitenziario Granada 2003 Editorial Comares: pag 157 108 Ibidem 109 Ibidem 110 l’Articolo 265 del Reglamento Penitenciario, definisce quali sono gli Organi Collegiali che devono essere presenti in un Centro Penitenziario spagnolo ed, appunto, relega una certa importanza al Consiglio di Direzione, articolo consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t11.html#c2 111 Articolo 270 del Reglamento Penitenciario, che definisce la composizione del Consiglio di Direzione, articolo consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t11.html#c2 112 Articolo 271 del Reglamento Penitenciario, che appunto, stabilisce quali siano le funzioni che debba svolgere il Consiglio di Direzione, articolo consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t11.html#c2

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• Adottare le misure generali necessarie nei casi di alterazione dell’ordine del

Centro;

• Fissare il numero di equipe tecniche nel Centro Penitenziario e determinare

la loro organizzazione, funzionamento e composizione in maniera conforme

alle norme di sviluppo del regolamento del centro;

• Determinare i posti ausiliari, richiesti dalle necessità del Centro;

• Fissare i giorni in cui si possa comunicare con gli internati e stabilire gli orari

delle comunicazioni speciali;

• Determinare le aree reggimentali di partecipazione degli internati alle attività

del Centro ed esercitare le competenze che attribuitogli dal regolamento per

quanto riguarda il processo di elezione dei rappresentanti degli internati, così

come sospendere o lasciare inalterata la partecipazione nei presupposti

reggimentali previsti dal regolamento;

La Giunta di Trattamento e l’Equipe Tecnica.

La Giunta di Trattamento sarà presieduta dal Direttore del Centro e composta dai

seguenti membri113:

• Il Vice-direttore di Trattamento;

• Il Vice-direttore Medico o il capo dei servizi medici;

• I Tecnici delle Istituzioni Penitenziarie che intervengono nelle proposte sulle

quali si delibera;

• Il Direttore dell’Unità Docente o il Pedagogo;

• Il Coordinatore dei servizi sociali penitenziari del Centro;

• Un Educatore;

• Un Capo dei Servizi, preferibilmente uno dei quali abbia intervenuto nelle

proposte sulle quali si delibera;

• Come segretario della Giunta o dell’ Equipe Tecnica sarà presente, però

senza diritto di voto, un funzionario del Centro, designato dal Vice-direttore

di Trattamento.

Le funzioni della Giunta di Trattamento, legiferate dall’articolo 273 del regolamento

Penitenziario114, sono le seguenti:

113 L’intera sezione seconda del Capitolo II del titolo XI si occupa di definire composizione e funzioni della Giunta di Trattamento e dell’equipe tecnica. La composizione della Giunta di trattamento e dell’equipe tecnico sono definiti nell’articolo 272; consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t11.html#c2s2

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• Stabilire i programmi di Trattamento o i modelli individualizzati di esecuzione

penitenziaria per ogni detenuto del Centro, definendo le attività da realizzare

in funzione delle peculiarità della sua personalità e del tempo di durata della

condanna;

• Supervisionare l’esecuzione delle attività programmate dall’Equipe Tecnica;

• Proporre al Centro Direttivo la progressione o la regressione di grado ed

eccezionalmente il trasferimento ad un altro centro;

• Adottare le misure, considerate pertinenti, necessarie circa le petizioni o le

lamentele esposte dagli internati agli staff tecnici;

• Concedere i permessi di uscita dal Centro Penitenziario, previo resoconto

dello staff tecnico, sollecitando l’autorizzazione del Giudice di Vigilanza o del

Centro Direttivo;

• Analizzare le proposte riguardanti i benefici penitenziari e la libertà

condizionale;

• Organizzare le prestazioni di carattere assistenziale che riguardino gli

internati o i suoi familiari, incentivare le attività lavorative degli internati e

organizzare la partecipazione dei reclusi ad attività di ordine educativo,

formativo, lavorativo, socioculturale, ricreativo, sportivo o religioso;

• Facilitare al Corpo Docenti le valutazioni delle attitudini del reclusi, mediante

corsi di formazione;

• Designare gli internati che debbano occuparsi delle prestazioni personali nei

servizi ausiliari comuni dello Stabilimento;

• Suggerire alla commissione disciplinare la riduzione, la proroga

dell’esecuzione o la sospensione dell’effettività delle sanzioni disciplinari,

che possano perturbare il trattamento o lo studio della personalità del

condannato;

• Consegnare i rapporti che facciano riferimento all’articolo 39 della Legge

Organica Penitenziaria;

• Redigere un protocollo corrispondente a ogni detenuto.

114 Articolo 273 del Reglamento Penitenciario definisce quali siano le funzioni della Giunta di Trattamento, articolo consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t11.html#c2s2

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Come unità di studio , proposta ed esecuzione, a disposizione della Giunta di

Trattamento, e sotto la direzione immediata del vice-direttore di trattamento,

esisterà l’equipeTecnica115, del quale potranno formare parte:

• Un giurista;

• Uno psicologo;

• Un pedagogo;

• Un sociologo;

• Un medico;

• Un aiutante tecnico sanitario/ un diplomato universitario in Infermeria;

• Un professore dell’Unità Docente;

• Un maestro o un incaricato dei laboratori;

• Un educatore;

• Un assistente sociale;

• Un istruttore Socioculturale o sportivo;

• Un incaricato del dipartimento.

Le equipe tecniche adotteranno differenti composizioni in funzione degli compiti che

dovranno eseguire.

Le funzioni dell’ equipe tecnica sono le seguenti116:

• Eseguire i programmi di trattamento o i modelli individualizzati di intervento

penitenziario che vengano stabiliti per ogni internato dalla Giunta di

Trattamento;

• La conoscenza diretta dei problemi e delle domande che formulino gli

internati;

• Attendere le domande e le lamentele formulate dagli internati;

• Valutare gli obiettivi raggiunti nell’esecuzione dei programmi di trattamento o

dei modelli di intervento penitenziario ed informare i la Giunta di Trattamento

dei risultati di tale valutazione;

• Eseguire quante azioni concrete gli incarichi la Giunta di Trattamento o il

Direttore del Centro;

• Nel caso in cui esistano nel Centro Penitenziario laboratori o scuole di

formazione professionale, realizzare i compiti di orientamento di selezione

115 Articolo 274 del Reglamento Penitenciario definisce la composizione e le funzioni dell’equipe tecnica, articolo consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t11.html#c2s2 116 Articolo 275 del Reglamento Penitenciario, definisce le funzioni di tale organo; articolo consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t11.html#c2s2

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del professionale, di consulenza pedagogica o psicologica circa la

formazione professionale, così come procurare, mediante le tecniche

adeguate, l’integrazione personale e collettiva dei detenuti nel lavoro e

nell’orientamento professionale.

La Commissione Disciplinare. La Commissione Disciplinare117 è presieduta dal Direttore del Centro Penitenziario

ed è composta dai seguenti membri:

• Il vice-direttore di regime;

• Il vice-direttore di sicurezza;

• Un giurista dello stabilimento;

• Un capo dei servizi;

• Un funzionario del Centro Penitenziario.

Alla Commissione Disciplinare corrisponderà l’esercizio della potestà disciplinale del

Centro Penitenziario, nella forma regolata dal Titolo X del Regolamento

Penitenziario e accorda la concessione di ricompense a favore degli internati.

Le funzioni118 riconosciute alla Commissione Disciplinare sono le seguenti:

• Ordinare i dossier disciplinari imposte agli internati dalla commissione circa

le infrazioni;

• Riferire al Segretario della Commissione la notifica delle sanzioni;

• Riferire l’annotazione personale dei dossier personali degli internati, dei

procedimenti disciplinari, delle sanzioni imposte, così come della

cancellazione delle stesse;

• Concordare circa l’esecuzione immediata delle sanzioni imposte dalla

commissione;

• Sospendere l’effettività delle sanzioni imposte;

• Ridurre o revocare le sanzioni imposte nelle condizioni e con i requisiti

stabiliti nel Regolamento Penitenziario;

• Concordare ricompense.

117 L’intera sezione III del titolo XI del Reglamento Penitenciario è dedicata alla Commissione Disciplinare, nello specifico l’art 276 definisce la sua composizione; consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t11.html#c2s3 118 Le funzioni della Commissione Disciplinare sono legiferate nell’art 277 del Reglamento Penitenciario; consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t11.html#c2s3

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La Giunta Economico-Amministrativa. La Giunta Economico-Amministrativa119 sarà presieduta dal direttore del Centro e

sarà composta dai seguenti membri:

• L’amministratore;

• Il vice-direttore Medico o il Capo dei servizi Medici;

• Il vice-direttore del personale, se è presente;

• Il coordinatore della formazione occupazionale e produzione o il

coordinatore dei servizi sociali, quando siano convocati dal direttore;

• Un giurista del centro.

Le funzioni della Giunta Economico-Amministrativa120 sono le seguenti:

• L’analisi e l’approvazione delle proposte per quanto concernono le necessità

per il funzionamento del Centro;

• Il controllo del sistema contabile;

• Informare sulle risorse che si debbano rendere al Centro Direttivo;

• L’adozione di decisioni in materia economica e di gestione riguardante il

bilancio del Centro Penitenziario;

• L’adozione di decisioni per delegazione del Centro Direttivo in materia di

personale, così come la relativa gestione economico amministrativa

dell’Organismo Autonomo del Lavoro e delle Prestazioni Penitenziarie che

possano essere a questo delegate;

• Il controllo delle spese e l’esecuzione del bilancio del Centro Penitenziario.

1. 12. 3 Gli Organi Unipersonali. Gli organi unipersonali121 che devono essere presenti nei Centri Penitenziari

Spagnoli devono necessariamente essere:

• Il Direttore;

• I Vice-direttori;

• L’Amministratore;

119 La sezione IV –titolo XI –del Reglamento Penitenciario è dedicata alla Giunta Economico-Amministrativa, l’articolo 279 ne definisce la composizione; consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t11.html#c2s4 120 Le funzioni della Giunta Economico-Amministrativa sono definite nell’articolo 279 del Reglamento Penitenciario; consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t11.html#c2s4 121 L’intero Capitolo III –titolo XI –si occupa di definire quali sono gli Organi Unipersonali che devono essere presenti in un Centro Penitenziario e ne definisce i ruoli; consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t11.html#c3

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• Il Capo dei Servizi.

Il Direttore

Il Direttore rappresenta il Centro Direttivo e gli Organi Collegiali dello stabilimento

che presiede ed è obbligato, in prima persona, a compiere e a far compiere le leggi,

i regolamenti e le disposizioni generali.

Le sue funzioni122 sono:

• Dirigere, coordinare e supervisionare l’esecuzione delle direttive del centro

direttivo relative all’organizzazione dei differenti servizi di trattamento, sanità,

personale e gestione economico-amministrativa, così come controllare e

correggere qualsiasi errore dei suoi dipendenti;

• Rappresentare il Centro Penitenziario nelle sue relazioni con qualsiasi

Autorità, Centri, enti o persone;

• Convocare e presiedere gli organi collegiali regolati dal Regolamento

Penitenziario;

In relazione con gli impiegati pubblici destinati al Centro, il direttore deve:

• Organizzare e assegnare la realizzazione dei distinti servizi;

• Informare delle disposizioni e delle risoluzioni che riguardano il servizio;

• Rilasciare la certificazione ed emettere le relazioni relative con l’attuazione

professionale degli impiegati pubblici destinati al Centro Penitenziario;

• Controllare il compimento degli obblighi e comunicare al centro direttivo

quanti fatti o azioni possano essere meritevoli di ricompense o costituire

motivo di mancanza disciplinale;

• Raggruppare in un unico posto di lavoro, mansioni attribuite a due o più

Unità o posti, oppure aggregare alcune mansioni a Unità o posti di lavoro,

assegnare provvisoriamente due o più Unità a un solo funzionario, tenendo

in contro le necessità di coordinare i distinti posti di lavoro o unità;

• Adottare le misure reggimentali urgenti necessarie per prevenire e, in caso

sia necessario, risolvere qualsiasi alterazione individuale o collettiva

dell’ordine del centro, riferendo immediatamente al Centro Direttivo;

• Adottare, fronte a fatti o azioni dei detenuti che presuppongano mancanza

disciplinale, le misure cautelari che procedano fino a quando non si

raggiunga un accordo definitivo;

122 Le funzioni del Direttore sono definite nell’articolo 280 del Reglamento Penitenciario, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t11.html#c3

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• Disporre, previa approvazione o delega dell’Autorità Giudiziaria, la

scarcerazione di internati, condannati o preventivi, a suo carico;

• Supervisionare i rapporti circa la contabilità, autorizzare le uscite dalla cassa

e dal conto bancario;

• Decidere la separazione interna dei detenuti, tenendo conto di quanto

disposto dall’Articolo 99 del Regolamento Penitenziario;

• Autorizzare, in forma regolamentare, le comunicazioni, le visite e le uscite

all’esterno;

• Disporre di quanto sia necessario per comunicare in forma immediata con il

familiare più prossimo o con una persona designata dall’internato, in caso di

morte, malattia o incidente grave dello stesso;

• Autorizzare, previa autorizzazione dell’Autorità di Giustizia o del Centro

Direttivo, l’uscita o lo spostamento degli internati al domicilio familiare o al

Centro Ospedaliero secondo quanto definito dall’art 47 della Legge

Organica Penitenziaria;

• Assumere la rappresentazione dell’Organismo Autonomo del Lavoro e delle

Prestazioni Penitenziarie con la funzione di dirigere e supervisionare le sue

attività nel Centro, in accordo con le istruzioni emesse dagli organi direttivi

del citato Organismo Autonomo;

• Controllare che le circolari, le istruzioni e gli ordini dei servizi siano

adeguatamente diffusi nel Centro Penitenziario;

• Portare a termine quante mansioni amministrative gi vengano attribuite dal

Centro Direttivo in relazione con le sue funzioni come responsabile del

Centro Penitenziario.

I Vice-Direttori.

I vice-Direttori e gli Amministratori sono i responsabili dell’organizzazione e della

gestione ordinaria dei servizi che siano attribuiti al proprio posto di lavoro, sotto la

direzione e la supervisione del Direttore, dovendo, comunque, realizzare anche i

compiti che quest’ultimo gli affidi123.

123 Le mansioni dei vice-direttori sono stabilite nell’articolo 281 del Reglamiento Penitenciario, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t11.html#c3

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L’amministratore. L’amministratore avrà gli stessi diritti e doveri dei Vice-Direttori e deve ottemperare

alle seguenti funzioni124:

• Dirigere i servizi amministrativi dello stabilimento;

• Informare delle ricevute del conto corrente bancario del Centro Penitenziario

allegando la firma del Direttore o di un suo supplente;

• Controllare i livelli di qualità dei beni e dei servizi destinati al Centro

Penitenziario, in accordo con le istruzioni del Centro Direttivo;

• Effettuale i trasferimenti di denaro per ciò stabilito preventivamente;

• Informare delle spese agli organi competenti, dietro richiesta del Direttore o

della Giunta Economico-Amministrativa.

Il capo dei servizi. Il capo dei servizi è l’incaricato del coordinamento dei servizi che riguardano l’area

di vigilanza, sotto la direzione e la supervisione dei mandati del Centro e,

conseguentemente, adotterà le misure indispensabili per mantenere l’ordine e

garantire il buon funzionamento dei servizi, rendendo conto di queste al Direttore125.

1. 13 L’esecuzione delle pene privative di libertà nell’ordinamento spagnolo: la suddivisioni in gradi. 1. 13. 1 Considerazioni preliminari L’articolo 25 comma 2 della Costituzione Spagnola afferma che: “Le pene privative

di libertà e le misure di sicurezza saranno orientate alla rieducazione e alla

reinserimento e non potranno consistere in lavori forzati”126.

Nel codice penale si riscontrano precetti che fanno riferimento all’esecuzione di

pene privative di libertà, per esempio l’articolo 36127 stabilisce che: “la pena di

prigione avrà una durata minima di sei mesi e massima di vent’anni, salvo ciò che 124 Articolo 282 del Reglamento Penitenciario, definisce la figura dell’Amministratore; consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t11.html#c3 125 Articolo 283 del Reglamento Penitenciario, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t11.html#c3 126 Articolo 25, comma 2, Constitución Española:“Las penas privativas de libertad estarán orientadas hacia la reeducación y reinserción social y no podrán consistir en trabajos forzados” 127 Ley Orgánica 10/1995, de 23 de noviembre, del Código Penal consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo10-1995.html

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eccezionalmente è definito in atri precetti del presente codice. Il suo compimento,

così come i benefici penitenziari che suppongano una riduzione della condanna,

saranno disposti da Leggi e dal presente Codice”128. Nell’articolo 3 comma 2129,

viene definito che non potrà comunque compiere una pena privativa di libertà se

non nelle forme previste dalla legge.

La Legge Organica Penitenziaria, nell’art. 72 comma 1, definisce che: “le pene

privative di libertà si compieranno secondo il sistema di individualizzazione

scientifica suddiviso per gradi, l’ultimo dei quali sarà la libertà condizionale

conformemente quanto determinato dal Codice Penale”130.

1. 13. 2 Il sistema di individualizzazione scientifica. La legge Organica Penitenziaria quando si riferisce nell’articolo 72131 all’esecuzione

delle pene privative di libertà non fa riferimento alla tradizionale espressione di

“sistema progressivo”, ma la sostituisce con quello di “individualizzazione

scientifica”. Il vocabolo usato dalla Legge Organica Penitenziaria implica un sistema

progressivo, con peculiarità proprie che lo differenziano dai tradizionali sistemi di

esecuzione penale, nei quali i distinti gradi o periodi nel tempo erano caratterizzati

da rigidezza e i detenuti, per riottenere la libertà, dovevano passare per tutti i gradi.

Il sistema di individualizzazione scientifica da la possibilità al detenuto di essere

inizialmente classificato in uno qualunque dei gradi, eccetto in ultimo quello della

libertà condizionale e questo significa che il detenuto non rimarrà sempre nel grado

iniziale,ma a seconda della sua condotta e delle sue attitudini potrà aumentare o

scendere di grado.

L’articolo 72 della Legge Organica Penitenziaria definisce, come già riferito

anteriormente, che il sistema penale spagnolo si basa secondo il metodo di

128 Articolo 36 Código Penal:“La pena de prisión tendrá una duración minima de seis meses y maxima de veinte años, salvo lo que exepcionalmente dispongan otros preceptos del presente Código. Su cumplimento, así como los beneficios penitenciarios que supongan acortamiento de la condena, se ajustará lo dispuesto en las Leyes y en el presente Código”, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo10-1995.l1t3.html#c1s2 129 Ley Orgánica 10/1995, de 23 de noviembre, del Código Penal consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo10-1995.html 130 Articolo 72, comma 1, Ley Organica Penitenciaria:“Las penas privativas de libertad se ejecutarán según en sistema de individualizacón científica separado en grados, el último de los cuales será de ibertad condicional conforme determina el Código Penal” , consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t3.html 131 nell’articolo 72 della Ley Organica Penitenciaria viene inserito il termine di individualizzazione scientifica, che starebbe, appunto, a sottolineare le qualità del trattamento in ambiente penitenziario, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t3.html

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individuazione scientifica e che l’ultimo dei quali sarà, appunto, il grado di libertà

condizionale conformemente a ciò stabilito dal Codice Penale.

Il metodo di individualizzazione scientifica consiste nel fatto che ad ogni persona

detenuta viene corrisposto un grado, a cui a sua volta corrisponde un regime di vita

in prigione differente.

Nel sistema penitenziario spagnolo i gradi sono i seguenti:

• Primo grado: alle persone classificate in primo grado corrisponde il regime di

vita stabilito dalle norme corrispondenti al regime chiuso. Le persone

corrispondenti a questo grado sono caratterizzate da pericolosità estrema e

dalla difficoltà di adattamento alle norme generali di convivenza;

• Secondo grado: al secondo grado corrisponde il regime di vita normale,

ordinario. Concorrono circostante di normale convivenza con il personale

penitenziario e con gli altri reclusi. Non deve essere confuso con il regime di

semilibertà;

• Terzo grado: la classificazione in questo tipo di grado determina

l’applicazione per le norme del regime aperto, nelle sue modalità predisposte

dalla legge.

Nell’art. 63 della Legge Organica Penitenziaria si stabilisce che: “per

l’individualizzazione del trattamento, dopo un’attenta osservazione del detenuto, si

realizzerà la sua classificazione, che determinerà la struttura a cui sarà destinato e

quale tipo di regime sia più adeguato al trattamento che gli viene segnalato e, nel

suo caso, al gruppo o sezione più idoneo all’interno di tale struttura”132.

Sono considerate variabili133 da ponderare dalla Giunta di Trattamento le seguenti:

• La personalità;

• La storia individuale;

• La storia familiare;

• La storia sociale;

132Articolo 63 della Ley Organica Penitenciaria: Para la individualización del tratamiento, tras la adecuada observación de cada penado, se realizará su clasificación, destinándose al establecimiento cuyo régimen sea más adecuado al tratamiento que se le haya señalado, y, en su caso, al grupo o sección más idóneo dentro de aquél. La clasificación debe tomar en cuenta no solo la personalidad y el historial individual, familiar, social y delictivo del interno, sino también la duración de la pena y medidas penales en su caso, el medio a que probablemente retornará y los recursos, facilidades y dificultades existentes en cada caso y momento para el buen éxito del tratamiento.consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t3.html 133 Rodriguez Alonso, Antonio Lecciones de derecho penitenziario Granada 2003 Editorial Comares: pag 298

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• La fedina penale;

• La durata di eventuali pene precedenti;

• L’ambiente sociale del detenuto;

• Le risorse, facilitazioni, peculiarità e difficoltà di ogni caso che possano

servire al buon esito del trattamento penitenziario.

È da sottolineare che per personalità si intenderà, conformemente all’art 62 della

Legge Organica Penitenziaria “la costituzione, il temperamento, il carattere, le

attitudini e gli atteggiamenti del soggetto che deve essere seguito, così come il

sistema dinamico motivazionale l’aspetto evolutivo”134

I criteri di classificazione dei gradi sono i seguenti135:

• Saranno classificati in secondo grado tutti i detenuti, per i quali sono valide e

vengono rispettate le norme di buona e normale convivenza, però dichiarati

incapaci, momentaneamente, di vivere in semilibertà;

• La classificazione in terzo grado si applicherà a tutti i detenuti, per i quali le

caratteristiche personali e penitenziarie li rendano capaci a sostenere un

regime di semilibertà;

• In maniera conforme a quanto definito dall’art 10 della Legge Organica

Penitenziaria, saranno classificati in primo grado tutti i detenuti considerati di

pericolosità estrema incapaci di vivere secondo le norme ordinarie di una

buona e ordinata convivenza, ponderando fattori come:

La natura del delitto commesso o dei delitti, comparati con la fedina

penale, cosa che può denotare una personalità aggressiva, violenta e

antisociale;

L’aver commesso atti che abbiano attentato contro la vita e l’integrità

fisica delle persone, la libertà sessuale o la proprietà, commessi in

modi e forme specialmente violente;

L’appartenenza a organizzazioni particolari o a bande armate,

soprattutto quando non vi sia nessun tipo di pentimento;

La partecipazione in tumulti, aggressioni fisiche o minacce;

134 Art 62 della Ley Organica Penitenciaria:“El tratamiento [...] estará basado en el estudio científico de la constitución, el temperamento, el carácter, las aptitudes y las actitudes del sujeto a tratar, así como de su sistema dinámico-motivacional y del aspecto evolutivo de su personalidad, conducente a un enjuiciamiento global de la misma, que se recogerá en el protocolo del interno”, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t3.html 135 la classificazione seguente è contenuta negli appartati 3, 4, 5 dell’art 102 del Regolamento Penitenziario, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t4.html#a102

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L’aver commesso infrazioni disciplinarie qualificate gravi o molto gravi,

in maniera recidiva nel tempo;

L’introduzione o il possesso di armi da fuoco nella struttura

penitenziaria, così come l’uso di sostanze illegali, come droghe

tossiche, sostanze stupefacenti in quantità notevole, che facciano

presumere la loro destinazione al traffico.

1. 13. 3 Il procedimento di classificazione iniziale Il regolamento penitenziario, nell’articolare il procedimento di classificazione iniziale

dei detenuti in gradi, distingue due procedimenti136, in funzione del tipo e della

durata della condanna:

• Condanne superiori a un anno. La giunta di trattamento, previo uno studio

del detenuto, nel periodo massimo di due mesi comunicherà al centro

direttivo un rapporto sul detenuto in questione. Il centro direttivo, in un

periodo che va da due a quattro mesi, mediante un’attenta osservazione

della persona, dovrà emettere un giudizio ed inserire il detenuto in uno dei

gradi.

• Condanne inferiori a un anno. La proposta di classificazione, in questo caso,

deve essere di secondo o di terzo grado e ci deve essere un accordo

unanime da parte della giunta di trattamento.

1. 13. 4 Cambio di grado Ogni sei mesi, come massimo, i detenuti dovranno essere intervistati e controllati

per valutare e riconsiderare tutti gli aspetti stabiliti nel modello individualizzato di

trattamento. Sarà la giunta di trattamento che considererà opportuno o meno

informare il centro direttivo di una proposta di cambio di grado di tale recluso.

• La progressione di grado. L’evoluzione nel trattamento penitenziario

determinerà una nuova classificazione del recluso, con la corrispondente

proposta di trasferimento al centro penitenziario adeguato a quel tipo di

trattamento. La progressione nel grado di trattamento dipenderà dalla

modificazione positiva di quei fattori direttamente relazionati con l’attività

136 Rodriguez Alonso, Antonio Lecciones de derecho penitenziario Granada 2003 Editorial Comares: pag 302

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delittuosa e si manifesterà nella condotta globale del detenuto, che gli

permetteranno l’attribuzione di nuove responsabilità137.

• La regressione di grado. La regressione di grado procede quando si riscontri

nel detenuto in questione, un’evoluzione negativa nel pronostico di

integrazione sociale e nella sua personalità e nella sua condotta globale138.

• La regressione provvisoria di grado. Riguarda casi particolari, ad esempio se

un detenuto, classificato in terzo grado, non ritorna al centro penitenziario

dopo aver usufruito di un permesso qualsiasi di uscita, senza nessuna

giustificazione, verrà classificato in maniera provvisoria in secondo grado139.

Per quanto riguarda la progressione e la regressione di grado, sono necessari gli

stessi procedimenti da eseguirsi per l’iniziale classificazione.

1. 14 Il trattamento penitenziario

1. 14. 1 Concetti e fini Il trattamento, nella sua concezione legale, non viene visto come un “dovere”, come

invece era considerato nel complesso normativo anteriore a quello attuale, del

detenuto, ma si cerca, nei suoi confronti, di caldeggiare la sua collaborazione,

affinché partecipi nel momento della pianificazione ed esecuzione delle misure da

portare a termine, di modo che in futuro riesce a condurre con senso sociale, una

vita senza delitti140. Il trattamento quindi non è più come in passato un’esigenza

dell’amministrazione, ma si converte in un interesse personale che il condannato

potrà o no accettare, ma sempre di forma volontaria .

La pena o la sanzione privativa di libertà hanno il carattere di rieducare e reintegrare

le persone nella società nella quale hanno commesso il delitto, il trattamento

penitenziario, quindi, ne è il momento concreto affinché questo obiettivo venga

centrato.

Ovviamente il trattamento non può in nessun caso lesionare, né mettere in pericolo,

la libertà individuale; di conseguenza non si pretende imporre una modificazione

della personalità del recluso, ma mettergli a disposizione i mezzi e gli elementi

137 Ibidem: pag 304 138 Ibidem: pag 304 139 Ibidem: pag 305 140 Articolo 61 della Ley Organica Penitenciaria, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t3.html

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necessari per aiutarlo a vivere in futuro senza conflitti con il codice penale. Così, in

questo modo, si cercherà di stimolare la sua collaborazione durante il trattamento,

come soggetto di diritto e protagonista del suo destino, nel complesso teorico di un

sistema progressivo si esecuzione penale dotato di un certo tipo di flessibilità che lo

allontani dai precedenti classici, approssimandolo a quello che si potrebbe chiamare

il “sistema di individualizzazione scientifica”141.

Il trattamento penitenziario concettualmente considerato consiste nell’aiuto basato

nelle scienze della condotta, volontariamente accettato dall’internato affinché nel

suo futuro possa scegliere o gestirsi con maggiore libertà, ossia perché possa

superare una serie di condizionamenti individuali o sociali, di una certa entità, che

abbiano potuto provocare o facilitare la delinquenza142.

La Legge Penitenziaria riconosce nel trattamento penitenziario come “il complesso

delle attività direttamente dirette alla conseguimento della rieducazione e

reintegrazione sociale dei condannati con la pretesa di fare dell’internato una

persona con la intenzione e la capacità di vivere in futuro rispettando la Legge

Penale e sovvenendo alle proprie necessità. A tal fine si procurerà, nella misura del

possibile, a sviluppare con loro un atteggiamento di rispetto, verso se stesso, e di

responsabilità individuale e sociale, rispetto alla sua famiglia, al prossimo e alla

società in generale”143.

1. 14. 2 I principi che la regolano. Il trattamento penitenziario, conformemente a ciò disposto nell’articolo 62 della

Legge Penitenziaria144, si ispirerà ai seguenti principi:

• Sarà basato sullo studio scientifico della costituzione, il temperamento, il

carattere, le attitudini del soggetto da trattare, così come del suo sistema

dinamico motivazionale e dell’aspetto evolutivo della sua personalità,

141 Rodriguez Alonso, Antonio Lecciones de derecho penitenziario Granada 2003 Editorial Comares: pag 314 142 Alarcón Bravo, J “El tratemiento penitenciario en España”. Estudios Penales II. Universidad de Santiago de Compostela, 1978. 143 Articolo 59, Ley Organica Penitenciaria, “El tratamiento penitenciario consiste en el conjunto de actividades directamente dirigidas a la consecución de la reeducación y reinserción social de los penados. El tratamiento pretende hacer del interno una persona con la intención y la capacidad de vivir respetando la Ley penal, así como de subvenir a sus necesidades. A tal fin, se procurará, en la medida de lo posible, desarrollar en ellos una actitud de respeto a sí mismos y de responsabilidad individual y social con respecto a su familia, al prójimo y a la sociedad en general”, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t3.html 144 Articolo 62 della Ley Organica Penitenciaria definisce i principi a cui deve ispirarsi il trattamento penitenziario, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t3.html

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elementi che possano condurre a un giudizio globale, che verrà raccolto in

un protocollo;

• Terrà una considerazione diretta mediante un diagnostico della personalità

criminale e un giudizio diagnostico iniziale, che sarà emesso prendendo

come base una considerazione ponderata del giudizio globale, così come il

riassunto della sua attività delittuale e di tutti i dati ambientali, che siano

individuali, familiari o sociali, del soggetto;

• Sarà individualizzato, consistendo nella variabile di utilizzazione dei metodi

medico-biologici, psichiatrici, pedagogici, e sociali in relazione alla

personalità dell’internato;

• In generale sarà complesso, esigendo l’integrazione di vari metodi citati nella

direzione di complessità e nel regime adeguato;

• Sarà programmato, fissato in un piano generale, che dovrà essere seguito

dalla sua esecuzione, intensità maggiore o minore nell’applicazione di ogni

metodo di trattamento e la distribuzione di programmi concreti integranti

dello stesso messi in atto da specialisti ed educatori;

• Sarà di carattere continuo o dinamico, dipendente dalle incidenze

nell’evoluzione della personalità dell’internato nel compimento della

condanna.

1. 14. 3 La prigione nel complesso teorico del trattamento penitenziario. La prigione come primo passo e presupposto necessario per qualsiasi lavoro di

riforma, implica quella di fare in modo che non costituisca un fattore di

criminalizzazione o deformazione sociale della personalità degli internati. Per tale

motivo le Amministrazioni Penitenziari dovranno orientare tutti i propri sforzi nel

migliorare sensibilmente le condizioni materiali degli stabilimenti penitenziari, dove,

nello stesso modo, si rispettino i diritti fondamentali e la condizione umana dei

reclusi, permettano un’adeguata e rigorosa separazione e classificazione,

impiantando, parallelamente, modalità di regime di vita e metodi trattamentali, in

funzione della pericolosità, nocività e attitudine che presentino i reclusi, in ogni caso,

in seno al trattamento145.

145 Rodriguez Alonso, Antonio Lecciones de derecho penitenziario Granada 2003 Editorial Comares: pag 317

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1. 14. 4 L’esercizio del trattamento penitenziario come processo di risocializzazione. Il trattamento penitenziario, concepito nella sua unica ed escludente accezione

concettuale, come complesso di metodi e tecniche individualmente applicate al

condannato, per supplire alle quelle deficienze che ci spiegano la sua eziologia

delittuale e il suo riadattamento e reintegrazione sociale, alla luce della Legge

Penitenziaria. Il suo esercizio comporta un processo definito in tre tappe146 o fasi

perfettamente delimitate.

• Fase previa:

comprende lo studio, l’esame e la vaporazione di tutto il complesso delle

variabili giuridico-processuali, mediche, psicologiche, pedagogiche, sociologiche

e di condotta, dalle quali va a dipendere immediatamente l’incardinamento in un

grado di trattamento e destinazione del detenuto al centro di compimento che

per classificazione gli corrisponda.

• Fase intermedia:

viene determinata per l’attitudine volontaria del recluso ad accettare o rifiutare il

trattamento. Senza l’accettazione volontaria del trattamento, risulterà inutile

qualsiasi sforzo che si faccia in questo senso.

• Fase di esecuzione:

è la fase in cui i programmi di trattamento vengono portati a termine con la

complicità del recluso, tuttavia è da sottolineare che è solo negli stabilimenti a

regime aperto dove realmente il trattamento può essere concluso nella sua

interezza e globalità, insomma “non è possibile un trattamento rieducativi in

cerca della libertà, senza la libertà”147.

Le attività reggimentali, di pseudotrattamento, e le attività del trattamento scientifico

individualizzato, che sì possano avere alcun punto di incontro, si differenziano in

maniera anche abbastanza marcata, le une dalle altre per la propria natura e per i

contenuti, per l’oggetto e per i suoi fini148:

• Per la sua naturalezza e contenuto:

il trattamento penitenziario individualizzato ha un contenuto rigoroso e

scientifico, richiedendo come presupposto iniziale, e fase previa di tutto il

146Ibidem: 318-320. 147 Ibidem: pag 320. 148 Ibidem: pag 321-322.

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processo, uno studio della personalità criminale dell’internato, basandosi e

prendendo come sussistenza, gli apporti delle scienze giuridico-sociali (diritto

penale, diritto processuale penale, diritto penitenziario, criminologia ecc ecc) e

delle scienze della condotta (psicologia criminale, sociologia criminale,

pedagogia criminale). Ciò dovrà tradursi in un programma di azione e di

attuazione congiunta, previamente disegnato per la sua esecuzione in uno

stabilimento il cui regime sia più adeguato per l’esito dello stesso. Lo

pseudotrattamento, di natura reggimentale, è carente in assoluto di questo

rigore scientifico e tecnico, limitandosi a offrire al detenuto una serie di attività

per occupargli il tempo e per permettergli di ottenere benefici penitenziari.

• Per il suo oggetto:

L’internato, legalmente considerato, oggetto del trattamento scientifico

individualizzato e del pseudo-trattamento non deve essere presente di fronte a

entrambi con la stessa attitudine. Fronte al trattamento penitenziario dovrà

presentare necessariamente un’attitudine di accettazione volontaria, senza

pressioni ne coazioni di nessun tipo. Fronte al pseudo-trattamento è sufficiente

che si presenti con un’attitudine di sottomissione alle regole dello stabilimento;

• Per i suoi fini:

mentre il trattamento scientifico-individualizzato ha un fine marcatamente legale:

la rieducazione e la reintegrazione dei detenuti; il pseudo-trattamento persegue

basicamente alcuni fini reggimentali: garantisce l’ordine e la sicurezza, evita

l’ozio negli stabilimenti, offre agli internati il maggior numero di attività senza

tenere conto se sono condannati o preventivi.

1. 14. 5 Il complesso normativo del trattamento penitenziario. Il trattamento penitenziario trova il suo fondamento nelle due principali leggi di

riferimento: la Legge Penitenziaria e il Regolamento.

La Legge Penitenziaria. Il testo legale penitenziario regola il trattamento nel Titolo III149, dove per definizione

viene riferito il fatto che i condannati dovrebbero essere rieducati e reintegrati

socialmente, per tale motivo si cercherà di coinvolgere maggiormente che il

149 L’intero titolo III del Reglamento Penitenciario è dedicato al tema del trattamento penitenciario e alle sue caratteristiche, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t3.html

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detenuto partecipi alla pianificazione e nell’esecuzione del trattamento collaborando

per essere in grado, in futuro, di riuscire a vivere una vita senza delitti.

Per questo motivo bisognerà utilizzare tutti i metodi di trattamento possibili e i mezzi

che, pur rispettando i diritti costituzionali, non affettino la condanna, per, appunto,

garantire il raggiungimento di queste finalità.

In relazione, invece, ai detenuti preventivi, la Legge Penitenziaria, riferisce al

trattamento l’osservazione che si limiterà a ottenere il maggior numero di

informazioni possibili su cadauno di essi attraverso i dati documentali e interviste e

mediante l’osservazione diretta del comportamento, stabilendo su questa base la

suddivisione e la classificazione in gruppi.

Il Regolamento penitenziario. Il Regolamento Penitenziario, sulla base di quanto affermato nella Ley Organica

Penitenziaria, estende il trattamento anche agli internati preventivi mediante

l’ampliazione delle attività educative, formative, socioculturali, sportive, per evitare ai

preventivi gli effetti desocializzanti della prigione e, nel limite del possibile, le

carenze personali di questi.

Il regolamento Penitenziario regola la programmazione e l’esecuzione del

trattamento penitenziario nei capitoli I e II del Titolo V150 e vengono definiti151:

• I criteri generali, nel capitolo I e sotto l’epigrafe “criteri generali” vengono

descritti i criteri del trattamento. L’amministrazione penitenziaria, in

sostanza, dovrà:

Disegnare programmi formativi orientati a sviluppare le attitudini degli

internati, arricchendo le proprie conoscenze, migliorare le capacità

tecniche o professionali e compensare le sue carenze;

Utilizzare i programmi e le tecniche di carattere psicosociale, che

vadano utilizzate per migliorare le capacità degli internati e abbordare

quelle problematiche specifiche che possano avere influito sul suo

comportamento delittuale anteriore;

150 L’intero Titolo V del Reglamento Penitenciario nei suoi capitoli 1 e 1 definisce i criteri generali e i programmi di trattamento, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.html 151 Rodriguez Alonso, Antonio Lecciones de derecho penitenziario Granada 2003 Editorial Comares: 324-327

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Potenziare e facilitare i contatti dell’internato con l’esterno, contando,

sempre che sia possibile, sulle risorse della comunità come strumenti

fondamentali nel lavoro di reintegrazione.

Le mansioni di osservazione, di classificazione e di trattamento penitenziario

saranno realizzate dalla Giunta di Trattamento.

Per un’adeguata esecuzione delle attività gli Equipe Tecnici conteranno della

collaborazione del resto dei professionali del centro penitenziario

• I programmi di trattamento152:

Le attività di trattamento:

le attività di trattamento si realizzeranno tanto all’interno come

all’esterno dei Centri Penitenziari, in funzione, in ogni caso concreto,

delle condizioni più adeguate per la consecuzione dei fini

costituzionali e legali della pena privativa di liberta;

Le uscite programmate:

per la realizzazione di attività specifiche di trattamento potranno

organizzarsi uscite programmate fuori del Centro Penitenziario,

destinate a quegli internati che garantiscano un uso corretto e

adeguato delle stesse;

Gruppi in comunità terapeutiche;

per determinati gruppi di internati, il cui trattamento lo richieda, si

potranno organizzare nei centri corrispondenti programmi basati sul

principio della comunità terapeutica;

Programmi di attuazione specializzati:

tutti i detenuti con dipendenze da sostanze psicoattive devono avere

la possibilità di seguire programmi di disintossicazione,

indipendentemente dalla situazione penale e penitenziaria;

Le misure necessarie per l’esecuzione di programmi specializzati per

condannati in secondo grado;

gli internati classificati in secondo grado di trattamento che

presentino un profilo di bassa pericolosità sociale e non offrano rischi

di evasione della condanna, potranno essere accuditi regolarmente

da un’istituzione esterna per la realizzazione di un programma

concreto di attenzione specializzata, sempre che sia necessario per il

suo trattamento e la reintegrazione sociale.

152 Ibidem

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1. 15 Il regime delle strutture penitenziarie La definizione di regime non viene definita dalla Legge Organica Penitenziaria,

bensì dal Regolamento Penitenziario, nell’art. 37 (contenuto nel titolo III) ed afferma

che “per regime penitenziario si intende l’insieme delle norme o delle misure che

perseguono il raggiungimento di una convivenza ordinata e pacifica, che permetta

ottenere un ambiente adatto per l’esito del trattamento e la trattenuta e la custodia

dei detenuti”153.

Tanto la Legge Organica Penitenziaria154, quanto il Regolamento Penitenziario155

fanno riferimento alla coordinazione tra le attività del tipo di regime di riferimento e

quelle del trattamento specifico a cui viene indirizzato il singolo. La Legge

attribuisce al direttore dello stabilimento la funzione di organizzare i distinti servizi di

modo che i membri del personale raggiungano la necessaria comprensione delle

funzioni corrispondenti al suo ruolo e delle responsabilità per rendere possibile la

collaborazione tra i medesimi.

1. 15. 1 Principi ispiratori I principi ispiratori del regime delle strutture penitenziarie, saranno distinti e saranno

in funzione della classe e del tipo di struttura.

Per quanto riguarda lo stabilimento in cui sono reclusi i detenuti preventivi, le norme

che regolano lo stabilimento sono ispirati al principio definito nell’art. 5 della Legge

Organica Penitenziaria, ovvero il “principio di presunzione di innocenza”156. In

compimento di questo principio le norme di regime da applicare alle strutture nelle

quali sono reclusi i detenuti “preventivi” saranno orientate e rette secondo il principio

di “intervento minimo”157, nel senso che vengono stabilite le limitazioni strettamente

153 Articolo 31 comma 1 del Reglamento Penitenciario: “por regime penitenciario se entiende el consunto de normas o medidas que persiguen la consecución de una convivenza ordenada y pacífica que permita alcanzar el ambiente adeguado para el éxito del tratamiento y la retención y custodia de los reclusos” 154 art 71 comma 1 Ley Organica Penitenciaria, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t3.html 155 art 73 comma 3 Reglamento Penitenciario, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t3.html#a73 156 Articolo 5 della Ley Organica Penitenciaria: “El régimen de prisión preventiva tiene por objeto retener al interno a disposición de la autoridad judicial. El principio de la presunción de inocencia presidirá el régimen penitenciario de los preventivos”, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.tp.html 157 Rodriguez Alonso, Antonio Lecciones de derecho penitenziario Granada 2003 Editorial Comares: pag 182

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necessarie per compiere il fine per cui i reclusi rimangano a disposizione

dell’autorità giudiziaria, la quale ne ha decretato la detenzione.

Le norme reggimentali devono ottenere, comunque, che si compiano i fini personali

ed umani dei detenuti: salute, lavoro, accesso alla cultura, mantenimento dei vincoli

familiari e sociali ecc ecc.

Negli stabilimenti in cui, appunto, le pene vengono compiute, le norme reggimentali

dovranno essere ispirate al principio –definito dall’art. 71 comma 1–secondo cui

esse “sono strumento o mezzo per ottenere un ambiente adeguato che renda

possibile l’esito del trattamento”158. In tal senso è da sottolineare che la finalità delle

pene privative di liberta, come definito dall’articolo 25 comma 2 della Costituzione

Spagnola, devono essere orientate a “la rieducazione e il reintegro sociale dei

condannati”.

In quanto al regime degli stabilimenti penitenziari, la Legge Organica Penitenziaria,

ne distingue tre tipi: ordinario, aperto e chiuso. Negli stabilimenti speciali prevale,

come principio di orientamento del regime, il carattere assistenziale dei medesimi.

1. 15. 2 Tipi di regime Il Regolamento Penitenziario, nel titolo III, stabilisce una serie di norme e di

prerogative che devono svilupparsi in ognuno dei tre tipi di strutture penitenziarie

previste per il compimento della pena privativa di libertà.159

I tipi di regime predisposti dal Titolo III del regolamento (ordinario, aperto e chiuso)

rispondono alla classificazione dei tipi di strutture di compimento della legge

Penitenziaria.

Il regime ordinario

Agli stabilimenti di regime ordinario saranno destinati i detenuti classificati in

secondo grado di trattamento, sia per classificazione iniziale, sia per progressione

dal primo grado, sia per regressione dal terzo grado.

Questi stabilimenti, per la loro propria natura, costituiscono una vero e proprio

scatolone all’interno del sistema penitenziario spagnolo. Qui, per esclusione, sono

158 Articolo 71, comma 1, della Ley Organica Penitenciaria: “El fin primordial del régimen de los establecimientos de cumplimiento es lograr en los mismos el ambiente adecuado para el éxito del tratamiento; en consecuencia, las funciones regimentales deben ser consideradas como medios y no como finalidades en sí mismas”, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t3.html 159 L’intero titolo III del Reglamento Penitenciario legifera sui tipi di regime, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t3.html

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alloggiati tutti i detenuti che non sono stati classificati nel primo grado o terzo grado

di trattamento e, quindi, sono caratterizzati dal carattere di eterogeneità della

popolazione carceraria, cosa ovviamente che pone seri e concreti problemi al

momento di gestire suddetta popolazione160.

Per quanto riguarda, appunto, l’apparato normativo che concerne queste strutture,

si può riscontrare la sua base nel Capitolo II del Regolamento Penitenziario, negli

articoli che fanno dal 76 al 79161.

I principi di orientamento sono quelli di sicurezza, di ordine e di disciplina e, in

questo senso, avrà ragione di essere il limite della convivenza civile ed ordinata.

La separazione della popolazione penitenziaria, all’interno degli stabilimenti, avverrà

secondo i criteri stabiliti dall’articolo 16 della Legge Organica Penitenziaria162,

secondo: le necessità o le esigenze del trattamento, i programmi di intervento e le

condizioni generali del centro.

Il lavoro e la formazione dovranno essere l’attività basica della vita del centro, anche

perché solo in questo modo, si può raggiungere gli obiettivi di reinserimento e

reintegro nella società, definiti dalla Costituzione Spagnola, dalla Legge Organica

Penitenziaria e poi ribaditi in concreto dal Regolamento Penitenziario.

Sarà onere del Consiglio di Direzione approvare la attività obbligatorie e facoltative,

a cui potranno accedere i detenuti e il calendario mensile delle attività previste con

indicazione di ora e data di svolgimento163.

In ogni caso deve essere garantito un riposo notturno di otto ore, un minimo di due

ore di “tempo libero” da dedicarsi a libera discrezione del detenuto e un tempo

sufficiente da dedicare a culturali e terapeutiche e al contatto con il mondo164.

Tra gli obblighi dei reclusi vi sono: il rispetto dell’orario, delle norme igieniche e

sanitarie, le prestazioni personali dedicate al mantenimento dell’edificio in uno stato

ottimale165.

160 Rodriguez Alonso, Antonio Lecciones de derecho penitenziario Granada 2003 Editorial Comares: pag 185 161 tutto il capitolo II del regolamento penitenziario si occupa del regime ordinario: nell’art 76 sono espresse le norme generali, nell’art 77 gli orari, nell’art 78 le prestazioni personali obbligatorie, nell’art 79 la partecipazione dei detenuti. 162 L’articolo 16 della Ley Organica Penitenciaria stabilisce i limiti entro cui devono essere separati i detenuti all’interno degli Stabilimenti Penitenziari spagnoli, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t2.html#c1 163 Rodriguez Alonso, Antonio Lecciones de derecho penitenziario Granada 2003 Editorial Comares: pag 185 164 Ibidem 165 Ibidem

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Il regime aperto Le strutture a regime aperto, sono quelle in cui realmente è in esercizio il pieno

trattamento di risocializzazione, trovano il loro sviluppo normativo in più titoli del

Regolamento Penitenziario. Per quanto riguarda i caratteri generali, che però

riguardano tutti i tipi di regimi, il Titolo III, invece, analizza in modo specifico i centri

di inserimento sociale, mentre i capitoli I e II del Titolo IV si occupano delle Unità

Dipendenti166.

1. 15. 3 I tipi di regime aperto Il regolamento penitenziario segnala che le strutture a regime aperto possono

essere di tre tipi167:

• Centri aperti o di inserimento sociale: è uno stabilimento penitenziario

dedicato a detenuti classificati in terzo grado di trattamento;

• Sezioni aperte: dipende amministrativamente da uno stabilimenti

penitenziario polivalente, del quale costituisce la parte destinata a detenuti in

terzo gradi di trattamento;

• Unità Dipendenti, regolate dall’art. 165 e 167 del Regolamento Penitenziario,

consistono in strutture residenziali fuori dai recinti penitenziari e incorporate

funzionalmente all’Amministrazione Penitenziaria, mediante la

collaborazione di entità pubbliche o private168 per facilitare, appunto, il

raggiungimento degli obiettivi specifici del trattamento penitenziario dei

detenuti classificati in terzo grado di trattamento.

Regimi e criteri di destinazione Con carattere generale, si determina che il regime delle strutture aperte avrà come

obiettivo quello di realizzare una convivenza normale, come in qualsiasi collettività

civile, caldeggiando la responsabilità individuale ed essendo caratteristica di queste

strutture l’assenza di controlli rigidi, queste regole diventano indispensabili.

L’esecuzione di programmi individualizzati di trattamento determinano la

destinazione concreta all’interno delle Sezioni Aperte o dei Centri Aperti i di

166 Rodriguez Alonso, Antonio Lecciones de derecho penitenziario Granada 2003 Editorial Comares: pag 187 167 L’articolo 80 del Reglamento Penitenciario definisce le strutture a regime aperto e le suddivide in tre tipologie: Centri aperti o di inserimento sociale, sezioni aperte, unità dipendenti, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t3.html#a80 168 Articolo 62 del Reglamento Penitenciario, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t2.html#a62

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Inserzione Sociale, prendendo in considerazione i vincoli familiari del detenuto e le

possibili ripercussioni che può avere nello stesso ambiente.

Alle Unità Dipendenti potranno essere destinati, dal Centro Direttivo, a proposta

della Giunta di Trattamento, quei detenuti che, previa accettazione delle norme di

funzionamento, si adeguino agli obiettivi specifici del programma di trattamento169.

Modalità di vita all’interno del regime aperto Negli stabilimenti a regime aperto potranno essere stabilite distinte modalità nel

sistema di vita dei detenuti, secondo le caratteristiche di questi, le proprie

caratteristiche, l’evoluzione personale, i gradi di controllo da stabilire per le uscite

all’esterno e le misure di aiuto che possano attendere alle sue caratteristiche.

Il Regolamento Penitenziario170 determina una modalità di regime aperto,

denominato “ristretto”, che quei condannati classificati in terzo grado, ma con una

particolare traiettoria delittuosa, personalità anomala o condizioni personali diverse.

Obiettivi e principi del regime aperto L’attività penitenziaria, per quanto concerne il regime aperto, ha come obiettivo

quello di potenziare le possibilità di inserimento sociale, in maniera positiva.

L’attività penitenziaria cercherà di raggiungere i suoi obiettivi mediante i seguenti

principi171:

• Attenuazione delle regole di controllo;

• Autoresponsabilità del detenuto, mediante lo stimolo della partecipazione

dei detenuti nell’organizzazione delle attività;

• Normalizzazione sociale ed integrazione, proporzionando al detenuto,

sempre che sia possibile, attenzione attraverso dei servizi generali della

comunità per facilitare la sua partecipazione piena e responsabile nella

vita familiare, sociale e lavorativa;

• Prevenzione con il fine di analizzare la destrutturazione sociale e

familiare;

169 Rodriguez Alonso, Antonio Lecciones de derecho penitenziario Granada 2003 Editorial Comares: pag 189 170 Articolo 82 del Reglamento Penitenciario parla di regime ristretto per casi particolari per personalità anomala o peculiarità delittuale, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t3.html#a82 171 Rodriguez Alonso, Antonio Lecciones de derecho penitenziario Granada 2003 Editorial Comares: pag 191

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• Coordinazione con quanti organismi e istituzioni pubbliche o private

attuino nell’attenzione e nel reinserimento dei detenuti, promuovendo

criteri comuni di attuazione per ottenere l’integrazione nella società.

Il sistema delle uscite Le uscite si distinguono in due modalità172:

• Le uscite programmate. Le uscite servono a sviluppare attività relazionate

alla pianificazione e regolamentazione previa da parte della Giunta di

Trattamento, che dovrà segnalare i meccanismi di controllo necessari, in

accordo con le norme della struttura di riferimento. Ovviamente l’orario e la

periodicità delle uscite autorizzate saranno le necessarie per realizzare

l’attività e per gli spostamenti necessari.

Generalmente il tempo minimo di permanenza nel Centro è di otto ore,

dovendo pernottare nella struttura, salvo i casi in cui il detenuto accetti il

controllo della sua presenza fuori dal Centro, mediante dispositivi telematici

adeguati, in tal caso egli si recherà nel Centro solo ed esclusivamente per le

attività di trattamento.

• Le uscite del fine settimana. Queste uscite saranno autorizzate di forma

individuale, in funzione della modalità di vita stabilita da ogni detenuto e

dall’evoluzione del trattamento, dalle interviste ecc ecc.

Come norma generale, i detenuti, classificati in terzo grado di trattamento,

possono sfruttare l’uscita del fine settimana come massimo dalle 16 del

venerdì pomeriggio, alle 8 del lunedì mattina.

L’assistenza sanitaria

L’attenzione sanitaria ai detenuti sarà prestata di norma dalla rete sanitaria pubblica

extrapenitenziaria, per cui l’Amministrazione Penitenziaria veglierà affinché i

condannati utilizzino questi servizi e perché curino la propria salute in maniera

appropriata173.

172Ibidem: pag 192 173 La materia è legiferata nell’articolo 88 del Reglamento Penitenciario, secondo la quale si dispone che il detenuto in regime aperto utilizzerà le risorse sanitaria extrapenitenziarie, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t3.html#a82

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1. 15. 4 Il regime chiuso Il regime “chiuso”, previsto dall’art 10 della Legge Organica Penitenziaria174, sarà in

applicazione a quei condannati i quali, o per le caratteristiche personali o per

un’involuzione della propria personalità o condotta, sono classificati in primo grado

di trattamento, a causa dell’estrema pericolosità degli stessi o manifesto

disadattamento ai regimi ordinari e aperti.

Modalità di vita All’interno dei regime chiuso, si distinguono due differenti modalità175 che

caratterizzano la vita dei detenuti in primo grado:

• Saranno destinati ai dipartimenti speciali, tutti quei detenuti classificati in

primo grado, che siano stati o protagonisti o induttori di alterazioni

reggimentali molto gravi, che abbiano posto in pericolo la vita o l’integrità dei

funzionari. In questo caso i detenuti potranno beneficiare al massimo tre ore

al giorno di uscita nel cortile, questo numero potrà ampliarsi al massimo di

altre tre ore (di uscita) per la realizzazione di attività programmate. Durante

le uscite non potranno rimanere nel cortile più di due detenuti di primo grado

per volta, per quanto riguarda, invece, le attività programmate il numero

potrà aumentare fino a un massimo di cinque.

• Saranno destinati ai centri o moduli di regime chiuso, quei detenuti che

saranno stati classificati in primo grado e che, appunto, mostrino un

manifesto disadattamento ai regimi comuni. In questi casi i detenuti

godranno di un massimo di quattro ore al giorno di vita comunitaria, che

potranno essere estese di tre ore per attività previamente programmate. Il

numero di detenuti che potranno svolgere attività in modo concomitante è di

cinque.

Il processo che riguarda il cambio positivo di grado, ovvero il passaggio dal primo al

secondo grado di trattamento può avvenire secondo i seguenti elementi:

• Partecipazione e collaborazione nelle attività programmate;

174 L’articolo 10 della Ley Organica Penitenciaria prevede, appunto, la presenza del regime chiuso, rivolto ai condannati estremamente pericolosi o che non si sono adattati al regime ordinario o aperto, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t1.html . Per quanto riguarda il Reglamento Penitenciario, la materia è legislata nell’intero capitolo 4 del titolo III, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t3.html#c4 175 Rodriguez Alonso, Antonio Lecciones de derecho penitenziario Granada 2003 Editorial Comares: pag 195, 196.

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• Cancellazione delle sanzioni o assenza delle stesse per periodi prolungati di

tempo;

• Un’adeguata relazione con gli altri;

Il regime dei detenuti “preventivi” Il Regolamento Penitenziario, per quanto riguarda il regime di vita dei detenuti in

stato preventivo, distingue due tipi o modalità176:

• Regime generale (comune). Il regime dei detenuti, in qualità di preventivi,

sarà quello previsto per i condannati, classificati in secondo grado di

trattamento.

• Regime speciale (chiuso). Nonostante ciò predisposto dall’art 10 della Legge

Organica Penitenziaria, in casi in cui si tratti di un recluso estremamente

pericoloso o manifestamente inadatto al regime ordinario, può essere

prevista l’adozione del regime speciale (chiuso), anche nei casi di detenuti

“preventivi”.

1. 15. 5 Forme speciali di esecuzione della pena. Centri aperti o di inserimento sociale. Il funzionamento di questi centri sarà basato sul principio di “fiducia nel detenuto e

l’accettazione volontaria dello stesso per quanto riguardano i programmi di

trattamento”177.

Saranno principi basilari178 della sua attività i seguenti:

• L’integrazione, facilitando la partecipazione piena del recluso nella vita

familiare, sociale e lavorativa.

• Coordinazione, con tutti gli organismi e le istituzioni pubbliche o private che

lavorino per facilitare il reinserimento dei detenuti nella società, prestando

176 Il capitolo IV del Titolo III del Reglamento Penitenciario è dedicato al regime destinato ai detenuti preventivi e alle sue modalità, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t3.html#c4 177 Articolo 164, comma 1, del Reglamento Penitenciario “El funcionamiento de estos Centros estará basado en el principio de confianza en el interno y en la aceptación voluntaria por el mismo de los programas de tratamiento”, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t7.html#c5 178 Rodriguez Alonso, Antonio Lecciones de derecho penitenziario Granada 2003 Editorial Comares: pag 199

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particolare attenzione all’utilizzo delle risorse sociali esterne, in maniera

particolare di sanità, educazione, azione formativa e lavoro.

Unità dipendenti. Le unità dipendenti sono strutture architettonicamente ubicate fuori dal recinto dei

Centri Penitenziari. I servizi di carattere formativo, lavorativo e di trattamento, che

avvengono all’interno, sono gestiti in forma diretta e preferibilmente da associazioni

o organismi non penitenziari. Cosa che, ovviamente, non esclude l’Amministrazione

Penitenziaria possa partecipare attivamente, con personale direttamente da lei

dipendente179.

Amministrativamente, le unità dipendenti saranno sempre alle dipendenze di un

Centro Penitenziario, al quale dovranno rispondere; i detenuti che ospiteranno,

ovviamente, saranno i condannati classificati in terzo grado di trattamento,

compiendo in questo modo i requisiti previsti dalla legge. La selezione dei detenuti

sarà a carico della Giunta di Trattamento, attendendo ai criteri generali per la

classificazione in terzo grado di trattamento e alle esigenze e ai profili delle persone

che già alloggiano in queste unità. Naturalmente il fatto che un recluso sia destinato

ad un’Unità Dipendente avviene secondo la previa accettazione delle norme della

suddetta struttura in accordo con i principi di mutua fiducia e autoresponsabilità, che

caratterizzano il regime aperto180.

Stabilimenti o dipartimenti misti. Con carattere eccezionale, il Centro Direttivo, conformemente con ciò disposto

dall’articolo 16 della Legge Organica Penitenziaria, potrà sia per eseguire

programmi specifici di trattamento, sia per evitare la destrutturazione familiare,

stabilire per determinati gruppi di popolazione penitenziaria Centri o Dipartimenti

Misti, dove, indistintamente possano essere destinati uomini o donne. Non potranno

in nessun modo essere destinati a questi centri detenuti condannati per delitti contro

la libertà sessuale181.

179Articolo 165 del Reglamento Penitenciario, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t7.html#c5 180 Rodriguez Alonso, Antonio Lecciones de derecho penitenziario Granada 2003 Editorial Comares: pag 200 181 Ibidem: pag 202

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Dipartimenti per giovani. Il Regolamento Penitenziario, utilizzando unicamente il termine “dipartimento”182,

parzialmente in contrapposizione con la Legge Organica Penitenziaria che utilizza

quello di stabilimento e dipartimento183, viene in primo luogo a stabilire i principi

generali184 ai quali dovranno rispondere suddetti dipartimenti:

• Il regime di vita dei dipartimenti per giovani sono caratterizzati da un’azione

educativa intensa. Vengono considerati giovani i reclusi minori di 21 anni e,

in via eccezionale, alcuni che, comunque, non abbiano compiuto i 25 anni.

• Il personale ascritto ai dipartimenti per giovani avrà l’obbligo di dirigere la

propria attenzione alla formazione integrale dei reclusi, potenziando e

sviluppando le sue capacità attraverso tecniche compensatorie che lo aiutino

a migliorare le sue conoscenze e capacità;

• Verrà incoraggiato, per quanto possibile, il contatto del detenuto con le sue

relazioni sociali.

Le condizioni architettoniche e ambientali, il sistema di convivenza e

l’organizzazione della vita del dipartimento si strutturano in maniera che venga

garantito lo sviluppo di cinque punti185:

• Un programma di formazione strumentale e di formazione basica intesa

come formazione generale e compensativa di un’educazione carente in

relazione allo sviluppo e alle esigenze della società contemporanea;

• Un programma di formazione lavorativa;

• Un programma di formazione per quanto riguarda il tempo libero e la cultura;

• Un programma diretto all’educazione fisica e allo sport;

• Un programma diretto a quelle problematiche di tipo psicosociale che

rendano difficile l’integrazione nella società.

Unità di madri. Fronte alla necessità che le recluse madri restino con i loro bambini, affinché,

appunto, possano accudire ai loro figli in modo adeguato, i testi legali e

182 La materia è legiferata nel capitolo III del titolo VII del Reglamento Penitenciario, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t7.html#c5 183 Articolo 9, comma 2, Ley Organica Penitenciaria, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.t1.html 184 Rodriguez Alonso, Antonio Lecciones de derecho penitenziario Granada 2003 Editorial Comares: pag 204 185 Ibidem: pag 205

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regolamentari riconoscono alle detenute in questione questo come un diritto

soggettivo, sempre e comunque in riferimento all’età del minore.

Il regolamento penitenziario186, conforme a ciò definito alla Legge Penitenziaria,

dispone che l’Amministrazione Penitenziaria provvederà ad alloggiare i minori e le

loro madri in “Unità di Madri”, che saranno caratterizzate dai seguenti punti187:

• La Giunta di Trattamento programmerà le attività formative e ludiche, così

come le uscite programmate all’esterno per quanto riguardano i minori;

• Nelle unità in questione dovrà essere presente uno specialista di educazione

infantile, che orienterà la programmazione educativa e ludica dei bambini;

• I minori saranno coperti da assistenza medica da uno specialista pediatra;

• L’amministrazione garantirà ai minori le ore di riposo e di gioco che

necessiteranno;

• Il regime di visite del minore potrà essere ristretto di forma transitoria per

ragioni di ordine e di sicurezza dello stabilimento;

• Nel caso in cui le madri siano carenti di mezzi economici sufficienti,

l’Amministrazione provvederà all’attenzione dei bambini.

In relazione alle detenute, con figli minorenni, classificate in terzo grado, la Giunta di

Trattamento approverà un orario adeguato alle sue necessità familiari, che le

consentano di mantenere il naturale contatto con i figli.

Unità extrapenitenziarie. Il centro direttivo potrà autorizzare l’assistenza in istituzioni extrapenitenziarie

adeguate, pubbliche o private, per detenuti classificati in terzo grado che

necessitino di un trattamento specifico per la disintossicazione o per altri motivi,

avvertendo il Giudice di Vigilanza. L’autorizzazione sarà sottoposta alle seguenti

condizioni:

• Programma di disintossicazione, approvato dall’istituzione di accoglienza;

• Acconsentimento espresso dal detenuto;

• Programma di attenzione rivolto al recluso, approvato sia dal Centro

Penitenziario, che dall’Istituzione di accoglienza.

186 L’intero capitolo IV del titolo VII è dedicato all’unità di madri, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t7.html#c5 187 Rodriguez Alonso, Antonio Lecciones de derecho penitenziario Granada 2003 Editorial Comares: pag 206, 207.

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Stabilimenti o unità psichiatriche penitenziarie. Le strutture psichiatriche penitenziarie, per il proprio carattere assistenziale,

costituiscono una tipologia all’interno degli stabilimenti speciali.

Il Regolamento Penitenziario definisce che “gli stabilimenti speciali o le Unità

Psichiatriche sono quei centri speciali destinati al compimento delle misure di

sicurezza privata e di libertà applicate dai tribunali corrispondenti”188.

Per garantire un adeguato livello di assistenza, gli Stabilimenti o le Unità

Psichiatriche disporranno di uno Staff multidisciplinare, integrato da psichiatri,

psicologi, medici di medicina generale, infermieri e assistenti sociali necessari ad

assicurare un’adeguata attenzione ai pazienti reclusi. Tale staff dovrà emettere

relazioni sui detenuti, circa la diagnosi, l’evoluzione del trattamento, le necessità ecc

ecc; questa relazione dovrà essere effettuata ogni sei mesi, per ogni detenuto che

alloggi nell’unità psichiatrica.

188 Articolo 183 del Reglamento Penitenciario “Los Establecimientos o Unidades Psiquiátricas penitenciarias son aquellos centros especiales destinados al cumplimiento de las medidas de seguridad privativas de libertad aplicadas por los Tribunales correspondientes”, consultato presso http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.t7.html#c5

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Capitolo 2. Alcuni dati circa la popolazione reclusa in Spagna. Prima di introdurre la realtà concreta del centro penitenziario di Granada, situato ad

Albolote, a 22 km dalla città, è appropriato introdurre alcuni dati che riguardano la

situazione penitenziaria in Spagna.

Le informazioni riportare sono state estratte dai siti ufficialii www.ine.es, il sito

dell’istituto di statistica nazionale spagnolo, e www.mir.es , il sito del ministero degli

interni.

Essendo siti ufficiali, mi attengo alle loro valutazioni numeriche, ed eventuali

incongruenze sono attribuibili alle fonti in questione.

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2. 1 Evoluzione della popolazione penitenziaria fino al 2005 Per quanto riguarda l’evoluzione della popolazione penitenziaria, propongo

innanzitutto questa tabella, in cui vengono confrontati i dati spagnoli con il resto dei

paesi europei.

Confronto popolazione reclusa Spagna e altri paesi europei. Anni 1995-2006 Unità: numero assoluto

1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Belgio 7.478 7.546 8.156 8.176 7.889 8.688 8.544 8.605 9.308 9.249 9.330 ..Bulgaria 9.045 10.900 11.847 10.779 10.787 9.424 9.283 9.607 10.056 10.935 11.399 11.452Repubblica Ceca 19.508 20.860 21.560 22.085 23.395 22.418 20.971 16.597 17.180 18.303 19.003 18.904Danimarca 3.421 3.194 3.170 3.340 3.496 3.240 3.105 3.404 3.522 3.757 4.132 3.957Germania 61.108 64.680 68.029 69.917 69.214 70.252 70.203 75.025 79.183 79.329 79.519 77.166Estonia 4.401 4.224 4.638 4.791 4.379 4.679 4.803 4.775 4.352 4.575 4.410 4.310Irlanda 2.032 2.139 2.424 2.620 2.741 2.887 3.025 3.028 2.986 3.138 3.022 ..Grecia 5.831 5.270 5.577 7.129 7.525 8.038 8.343 8.284 8.555 8.760 9.970 ..Spagna 45.198 44.312 43.453 44.747 45.384 45.309 46.594 50.537 54.497 58.087 60.707 64.215Francia 53.178 54.014 54.442 53.667 53.948 48.835 47.005 53.463 55.407 59.246 59.197 59.522Italia 49.102 48.747 50.527 49.173 52.870 54.039 55.751 55.670 54.237 56.068 59.523 39.005Cipro 202 235 263 226 247 287 369 351 355 546 536 599Lettonia 9.457 10.316 12.736 10.070 8.815 8.831 8.673 8.358 8.222 7.666 6.998 6.636Lituania 13.228 11.980 13.205 13.813 14.207 8.667 10.750 11.345 8.957 7.838 7.951 7.982Lussemburgo 453 427 443 392 386 400 341 391 455 577 735 ..Ungheria 12.455 12.763 13.405 14.366 15.110 15.539 17.275 17.838 16.507 16.543 15.720 14.740Malta 196 189 254 260 230 246 257 283 278 277 294 ..Olanda 10.330 11.930 11.770 11.760 11.870 11.760 12.410 13.060 13.980 16.455 17.600 ..Austria 6.180 6.778 6.946 6.891 6.877 6.896 6.915 7.511 7.816 9.000 8.955 ..Polonia 65.819 57.320 57.424 59.180 54.842 65.336 80.004 80.990 80.692 79.344 82.656 87.669Portogallo 11.829 13.743 14.167 14.330 13.086 12.728 13.210 13.772 13.635 12.956 12.687 12.446Romania 45.309 42.445 45.121 52.047 49.778 48.296 49.841 48.081 42.815 39.031 36.700 34.038Slovenia 648 614 768 793 935 1.136 1.155 1.120 1.099 1.126 1.132 1.127Slovacchia 7.979 8.168 7.656 6.897 6.904 7.136 7.509 7.849 8.829 9.504 9.289 8.657Finlandia 3.092 3.248 2.836 2.772 2.663 2.887 3.110 3.469 3.463 3.535 3.883 3.477Svezia 6.285 5.768 5.221 5.290 5.484 5.678 6.089 6.506 6.755 7.332 7.054 7.175Inghilterra e Galles 51.265 55.537 61.940 65.771 65.594 65.666 67.056 71.324 72.992 75.057 76.896 79.085Scozia 5.626 5.993 6.059 6.029 5.975 5.883 6.186 6.475 6.621 6.779 6.857 7.183Irlanda del Nord 1.740 1.640 1.555 1.454 1.158 1.011 872 1.029 1.128 1.219 1.325 1.501Croazia .. .. .. .. .. 2.623 2.679 2.641 2.803 3.010 3.485 3.833Macedonia 1.132 1.007 965 1.121 1.238 1.425 1.398 1.291 1.545 1.791 2.081 2.090Islanda .. .. .. .. .. 78 110 107 112 115 119 119Liechtenstein 76 91 82 65 71 69 86 67 67 59 62 48Norvegia 2.610 2.602 2.536 2.466 2.512 2.548 2.762 2.832 2.944 3.028 3.124 ..Svizzera 5.655 5.479 5.428 5.648 5.818 5.727 5.137 4.937 5.214 5.977 6.137 5.888

fonte: INE, consultato presso http://www.ine.es/jaxi.tabla.do

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Tra tutti i paesi dell’Europa Occidentale la Spagna è uno dei paesi che conta del

maggior numero di reclusi e che nel periodo di tempo 1995-2006 ha visto

aumentare in maniera direi quasi esponenziale il numero degli internati, che

occupano le sue carceri.

Da questa tabella si può notare che i paesi dell’Europa occidentale con il maggior

numero di detenuti sono:

• L’Inghilterra e il Galles, nel 2006 contava di 79.085 detenuti totali, un

aumento in 11 anni di 27.820 reclusi;

• La Germania, con, nel 2006 più di 77000 reclusi. Negli anni considerati la

Germania ha visto aumentare di 16.058 persone il numero complessivo di

detenuti nelle sue carceri;

• La Spagna, nel 2006, conta di 64.215 reclusi totali, in aumento di 19.017

persone internate negli 11 anni analizzati;

• La Francia, con 59.522 detenuti nel 2006 e un aumento totale negli 11 anni

compresi dalla tabella di 6.344;

• L’Italia non ha una statistica propriamente ascendente, ma il numero dei

reclusi aumenta e diminuisce negli anni analizzati nella tabella, e nel 2006

arriva a conteggiare 39.005 reclusi.

Degli altri paesi dell’Europa Orientale, invece, quelli con un numero abbastanza

elevato di internati sono:

• La Polonia con 87.669 detenuti nel 2006 e conta anche di un aumento a dir

poco “esponenziale” di 21.850 persone nel periodo di tempo 1995-2006;

• La Romania con 34.038 reclusi, anche se il numero degli internati totali con

di una diminuzione di 11.272 persone in meno.

Possiamo affermare che gli altri stati non contano di un numero particolarmente alto

di reclusi, e ciò può essere dovuto sia alle politiche sociali del paese considerato e

anche all’estensione decisamente minore del territorio e alla differente densità

abitativa.

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Nella tabella che segue, invece, viene analizzata l’evoluzione della popolazione

penitenziaria solo spagnola, sempre nel periodo di tempo 1995-2006:

evoluzione popolazione penitenziaria Spagna 1995-2006 unità: valore assoluto 1995 45.198 1996 44.312 1997 43.453 1998 44.747 1999 45.384 2000 45.309 2001 46.594 2002 50.537 2003 54.497 2004 58.087 2005 60.707 2006 64.215

Fonte: INE, consultato presso http://www.ine.es/jaxi

Come si può notare dalla tabella la Spagna ha visto aumentare, nel periodo di 11

anni si potrebbe dire potenzialmente la sua popolazione penitenziaria. Da 45.198

detenuti contati nel1995 si arriva a 64.215 detenuti nel 2006, ovvero un aumento di

19.017 detenuti nel periodo compreso nella tabella in questione. Si può, inoltre,

notare come dal 1995 al 2000 la popolazione penitenziaria è diminuita, e che a

partire dal 2001, invece, è aumentata praticamente a livello esponenziale: da 46.594

nel 2001 ai 64.215 detenuti nel 2006, un aumento di 17.621 presone internate in soli

5 anni.

Vorrei sottolineare, inoltre, che questi dati, comprendono in sé sia i detenuti in stato

preventivo, che colori i quali già scontano la pena e, di conseguenza, vengono

considerati reclusi a pieno titolo.

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La tabella successiva mostra l’evoluzione della popolazione penitenziaria secondo

la nazionalità, ovvero la suddivisione tra reclusi spagnoli e stranieri.

Evoluzione popolazione penitenziaria per nazionalità. Anni 1995-2005

Unità: numero di persone

1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005

SPAGNOLI .. 34.640 35.220 36.520 36.297 36.114 36.476 38.469 40.891 42.073 42.438

STRANIERI .. 7.263 7.536 7.850 7.900 8.990 11.095 13.413 15.205 17.302 18.616

TOTALE 44.956 41.903 42.756 44.370 44.197 45.104 47.571 51.882 56.096 59.375 61.054Fonte: INE, consultato presso http://www.ine.es/flexi

Da questa tabella si può notare come, dal 1996, il numero di internati spagnoli

cresce a livello costate, dal 1996 al 1998 di mille detenuti all’anno, poi dal 1998 al

2001 la cifra si aggira attorno ai 36.000 e 36.500 detenuti di nazionalità spagnola,

mentre è proprio a partire dal 2001 che i reclusi spagnoli aumentano a un ritmo

vertiginoso: dai 36.476 del 2001 ai 42.438 del 2005.

Per quanto riguarda gli stranieri possiamo notare che nel 1996 il numero è molto

basso (7.263 detenuti stranieri), la cifra rimane bassa, seppur con una leggera

crescita, fino al 2001. A partire proprio dal 2001 aumenta in maniera potenziale:

dagli 11.95 reclusi stranieri in Spagna si passa a 18.616 persone. Sottolineerai

anche il fatto che proprio il 2001, come noto, coincide con la storica data dell’attacco

alle torri gemelle e alle conseguenti politiche di sicurezza sia in USA che in Europa,

politiche che sicuramente hanno aumentato l’attenzione e i controlli da parte della

polizia spagnola.

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A seguito introduco una tabella che descrive la popolazione reclusa per sesso ed

anno, nel periodo di tempo 1995-2005 .

Popolazione reclusa per sesso ed anno. Anni 1995-2005 Unità: numero di persone

Uomini Donne Totale 1995 40.739 4.217 44.956 1996 38.030 3.873 41.903 1997 38.778 3.978 42.756 1998 40.404 3.966 44.370 1999 40.465 3.732 44.197 2000 41.451 3.653 45.104 2001 43.666 3.905 47.571 2002 47.750 4.132 51.882 2003 51.686 4.410 56.096 2004 54.805 4.570 59.375 2005 56.291 4.763 61.054Fonte: INE, consultato presso http://www.ine.es/jaxi/tabla.do

Dai dati numerici proposti si può evidenziare innanzitutto un elemento

fondamentale, ovvero la differenza numerica non indifferente tra uomini e donne

detenuti. Da questi dati possiamo affermare che praticamente il 90% dei detenuti

presenti nei centri penitenziari spagnoli sono uomini, mentre la cifra che riguarda le

donne si aggira dalle 4.000/5.000 detenute, fronte a un totale di detenuti uomini che

vanno dai 40.739 reclusi di sesso maschile nel 1995 ai 56.291 nel 2005. Anche in

questo caso, come nelle tabelle precedenti, possiamo evidenziare come, a partire

del 2001, la popolazione penitenziaria maschile sia aumentata notevolmente:

43.666 internati nel 2001, 47.750 nel 2002, 51.686 nel 2003, 54.805 nel 2004 e

56.291 nel 2005. Insomma un aumento di 12.625 reclusi di sesso maschile in soli 4

anni.

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Nella tabella che segue, invece, è descritta l’evoluzione della popolazione

penitenziaria secondo la situazione penale, ovvero il numero di detenuti condannati

e che, quindi, stanno scontando la condanna, e quella dei preventivi, che invece

sono in attesa di condanna.

Popolazione reclusa per anno e situazione penale. Anni 2000-2005 Unità: numero di persone.

2000 2001 2002 2003 2004 2005 CONDANNATI 39.032 36.436 39.032 42.744 45.384 46.426 PREVENITIVI 11.810 10.141 11.810 12.276 13.112 13.720

Fonte INE, consultato presso http://www.ine.es

Da questa tabella può scaturire, innanzitutto, il fatto oggettivo che i detenuti

preventivi, nonostante siano in numero inferiore, la quantità è relativamente alta, a

partire da 11.810 detenuti in stato preventivo nel 2000, subendo una leggera

flessione nel 2001, e poi in aumento fino al 2005, arrivando a contare 13.720 reclusi

in stato preventivo, un aumento complessivo di 1910 persone in attesa di giudizio.

Anche in questa tabella possiamo notare come a partire dal 2001 l’aumento di

condannati e preventivi subisca un aumento sostanziale: in soli cinque anni il

numero dei condannati è aumentato di all’incirca diecimila persone e quello dei

preventivi di tremila.

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Nella tabella che segue, viene analizzata l’evoluzione penitenziaria secondo l’età e

la situazione penale.

Popolazione reclusa per anno, situazione processuale-penale ed età. Anni 2000-2005 Unità: numero di persone PRIMA PARTE 2000-2003

CONDANNATI PREVENTIVI 2000 Da 18 a 20 570 847 Da 21 a 25 6.077 2.639 Da 26 a 30 9.496 2.944 Da 31 a 40 14.881 3.379 Da 41 a 60 7.417 1.822 Più di 60 591 179 Totale 39.032 11.810 2001 Da 18 a 20 491 669 Da 21 a 25 5.761 2.099 Da 26 a 30 9.830 2.617 Da 31 a 40 13.587 2.987 Da 41 a 60 6.279 1.618 Più di 60 488 151 Totale 36.436 10.141 2002 Da 18 a 20 570 847 Da 21 a 25 6.077 2.639 Da 26 a 30 9.496 2.944 Da 31 a 40 14.881 3.379 Da 41 a 60 7.417 1.822 Più di 60 591 179 Totale 39.032 11.810 2003 Da 18 a 20 729 792 Da 21 a 25 6.562 2.609 Da 26 a 30 10.075 3.165 Da 31 a 40 16.300 3.521 Da 41 a 60 8.438 2.022 Più di 60 640 167 Totale 42.744 12.276

Fonte: INE, consultato presso http://www.ine.es

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SECONDA PARTE 2004-2005 CONDANNATI PREVENTIVI

2004 Da 18 a 20 679 832 Da 21 a 25 6.750 2.682 De 26 a 30 10.568 3.340 Da 31 a 40 17.049 3.934 Da 41 a 60 9.637 2.131 Più di 60 701 193 Totale 45.384 13.112 2005 Da 18 a 20 626 756 Da 21 a 25 6.013 2.441 Da 26 a 30 9.967 3.336 Da 31 a 40 17.614 4.492 Da 41 a 60 11.248 2.486 Più di 60 958 209 Totale 46.426 13.720

Fonte: INE, consultato presso http://www.ine.es

Possiamo notare da questi dati che, per quanto riguarda i detenuti condannati, in

tutti gli anni considerati si può notare come il numero di persone condannate dai 18

ai 20 anni sia relativamente basso, mentre il crescendo inizia nella fascia d’età dai

21 ai 25 arrivando all’apice in quella che va dai 31 ai 40, dai 41 ai 60 e oltre i 60 il

numero di detenuti subisce un calo. Una simile osservazione è possibile per quanto

riguarda i reclusi preventivi, ovvero in attesa di processo: la fascia d’età che

comprende il maggior numero di internati è quella che va dai 31 anni ai 40.

Quello che possiamo notare è come, comunque, il numero di detenuti condannati e

preventivi aumenti in linea generale e per fascia d’età (soprattutto quelle centrali,

ovvero 26-30 anni, 31-40 anni) negli anni indicati dalla tabella, si passa, per

esempio, da 39.032 nel 2000 a 46.426 condannati nel 2005, un aumento di 7395

reclusi che scontano la condanna che riempiono le carceri spagnole. Mentre per

quanto concerne i preventivi, anche in questo caso l’aumento è di 1910 persone in

attesa di processo.

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Nella tabella successiva, viene analizzata l’evoluzione penitenziaria per Comunità

Autonoma (CCAA: Comunidades Autonomas).

Popolazione reclusa per Comunidades Autonomas ed anno. Anni 2000-2005

Unità: numero di persone 2000 2001 2002 2003 2004 2005 Andalucía 10.244 11.138 11.762 11.717 12.325 12.919Aragón 1.130 1.313 1.673 2.231 2.411 2.430Asturias (Principado de) 1.043 1.136 1.295 1.308 1.278 1.350Balears (Iles) 1.056 1.091 1.248 1.360 1.320 1.434Canarias 2.692 2.754 3.064 2.966 2.831 2.920Cantabria 676 625 623 665 746 750Castilla y León 3.646 4.066 4.809 5.857 6.402 6.540Castilla-La Mancha 1.791 1.793 1.731 1.966 2.062 2.089Cataluña 6.103 6.440 6.958 7.451 8.103 8.307Comunitat Valenciana 4.149 4.266 5.110 5.522 5.649 5.832Extremadura 879 939 1.059 1.123 1.128 1.221Galicia 2.328 2.528 2.834 3.726 4.402 4.154Madrid (Comunidad de) 6.359 6.677 6.804 7.239 7.480 7.964Murcia (Región de) 801 119 660 695 805 811Navarra (Comunidad Foral de) 189 167 212 224 198 216País Vasco 1.069 1.033 1.063 1.163 1.294 1.196Rioja (La) 318 310 335 340 372 362Ceuta y Melilla 631 565 642 543 569 559Totale 45.104 47.571 51.882 56.096 59.375 61.054note: in questa statistica sono inclusi anche altri tipi di condannati, come per esempio gli arresti di fine settimana

Fonte: INE, consultato presso http://www.ine.es

Quello che emerge è che, comunque, in primis la regione che distacca tutte le altre

come numero di reclusi è l’Andalucía, seguita dalla Cataluña e successivamente

dalla Comunidad de Madrid, successivamente dalla Comunitat Valenciana, anche

se a partire del 2004 la distacca notevolmente la regione di Castilla y León, seguite

a loro volta dalla Galicia. Le altre regioni hanno un numero di detenuti variabile tra le

1000 e le 3000 persone, come per esempio Aragón, il principato delle Asturie, le

Isole Baleari, le isole Canarie, la Comunità Autonoma di Castilla-La Mancha, i Paesi

Baschi e l’Extremadura.

Le regioni che non superano i mille detenuti nei cinque anni sono la regione di

Murcia, la Cantabria, La Rioja, la Comunità di Navarra e Ceuta y Melilla.

È possibile evidenziare come sono soprattutto le regioni ad ampia estensione

territoriale e con grandi centri urbani, quelle che contano del maggior numero di

detenuti.

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Nella tabella seguente, invece, l’evoluzione penitenziaria viene descritta a seconda

del tipo di reato, in base al vecchio e al nuovo codice civile. Popolazione reclusa per legge e delitto, per anno. Anni 2000-2005

Unità: numero di persone 2000 2001 2002 2003 2004 2005

CODICE PENALE DEROGATO (1) Sicurezza all’estero 6 5 5 17 25 17Sicurezza in Spagna 397 358 289 236 232 224Falsificazioni 71 56 44 31 65 36Contro l’Amministrazione di giustizia 23 16 10 7 5 4Contro la sicurezza del traffico 11 10 5 4 3 3Contro la salute pubblica 2.149 1.414 1.090 765 525 378Funzionari pubblici 33 2 0 1 1 2Contro le persone 895 799 709 857 723 615Contro la libertà sessuale 606 460 420 338 296 201Contro l’onore 36 0 6 4 5 4Contro la libertà 85 31 22 17 25 23Contro la proprietà 4.418 3.107 2.162 1.338 962 783Contro lo stato civile 0 0 0 1 0 0Altri delitti 66 40 31 14 21 40Per mancanze 0 2 6 0 3 1Non consta il delitto 30 18 11 10 12 8Totale 8.826 6.318 4.810 3.640 2.903 2.339 LEGGE ORGANICA 10/1995, del 23 di NOVEMBRE Omicidio e le sue forme 922 1.071 1.353 1.629 1.867 2.083Lesioni 655 799 1.005 1.313 1.615 1.911Contro la libertà 125 153 192 263 347 422Contro la libertà sessuale 1.005 1.165 1.546 1.833 2.101 2.399Contro l’onore 2 3 1 3 5 6Contro le relazioni familiari 8 15 23 53 294 558Delitto contro il patrimonio e l’ordine socioeconomico 14.038 15.621 17.695 20.203 21.392 20.869Salute pubblica 8.465 9.990 10.826 11.856 12.239 12.265Sicurezza del traffico 63 86 114 95 110 278Falsificazioni 199 215 241 298 371 410Contro la Pubblica Amministrazione 27 34 31 35 43 56Contro l’Amministrazione di giustizia 109 96 120 151 257 419Contro l’ordine pubblico 376 423 493 696 851 1.011Dovere di prestazioni al servizio militare 0 4 0 0 0 0Altri delitti 110 210 258 353 548 782Per mancanze 38 49 48 46 74 89Non consta il delitto 141 184 276 277 367 529Totale 26.283 30.118 34.222 39.104 42.481 44.087Note: 1) codice penale annullato con l'entrata in vigore della LEGGE ORGANICA 10/1995, del 23 di NOVEMBRE

Fonte: INE, consultato presso http://www.ine.es

Da questa tabella possiamo evidenziare, innanzitutto, per quanto riguarda il vecchio

codice penale che tutti i delitti sono in ascesa –ovviamente per il fatto che dopo il

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1995 viene applicato il nuovo codice –e che, comunque, quei delitti che contano il

maggior numero di condannati sono: i delitti contro la salute pubblica e contro la

proprietà privata, seguiti dai delitti contro le persone, contro la libertà sessuale i

delitti che riguardano la sicurezza in stato spagnolo.

Per quanto riguarda il nuovo codice civile, invece, i delitti che contano il maggior

numero di detenuti sono: il delitto contro il patrimonio e l’ordine socioeconomico –nel

giro di 5 anni si è passati da 14.038 detenuti nel 2000 a 20.869 nel 2005, un

aumento di 6.831 detenuti –seguito da i delitti contro la salute pubblica –anche in

questo caso l’aumento è a dir poco rilevante, si passa da 8465 reclusi per tale

motivo nel 2000 a 12.265 internati nel 2005, un aumento, quindi, di 3.800 persone

condannate.

Tutti gli altri delitti non hanno un numero particolarmente rilevante di persone

condannate, alcuni a stento superano le 2000 persone condannate, in questo caso

parliamo anche dei delitti come gli omicidi, le lesioni, agli attentati alla libertà

sessuale, le falsificazioni, i reati contro l’ordine pubblico e contro l’amministrazione

di giustizia. Mentre notiamo un’escalation per quanto riguarda il delitto contro le

relazioni familiari, che conta nel 2000 di solo 8 detenuti per tale motivo, per arrivare

a 264 per nel 2004 e 558 nel 2005.

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2. 2 Evoluzione della popolazione penitenziaria nel 2006

Per analizzare, invece l’evoluzione penitenziaria, secondo le sue varie sfaccettature

è stato consultato il sito del ministero degli interni spagnolo189.

Nella tabella che segue vengono forniti i dati numerici che riguardano il numero di

detenuti condannati secondo il nuovo codice penale del 1995.

Tipologia delittuosa della popolazione reclusa condannata secondo la legge organica 10/1995 Unità: numero di persone.

Fonte: Ministerio del Interior, consultato presso http://www.mir.es/INSTPEN/INSTPENI/Gestion/Estadisticas_mensuales/2006/12/delitos_hombres_LeyOrganica.ht

ml

Da quello che possiamo constatare, anche in questo caso, è che la differenza tra

uomini e donne internati è decisamente rilevante: 42.631 uomini e 3.458 donne.

Come si può notare anche in altre tabelle le donne recluse occupano una

percentuale decisamente inferiore rispetto agli uomini.

Per quanto riguarda la distribuzione secondo condanna, anche qui notiamo che i

delitti che contano il maggior numero di reclusi sono i delitti contro il patrimonio e

l’ordine socioeconomico e quelli contro la salute pubblica, per quanto riguarda il

primo conta 19.747 reclusi e 1.295 recluse, per un totale di 21.042 detenuti.

189 http://www.mir.es/INSTPENI

DELITTI Detenuti Detenute Totale

Omicidio e le sue forme 2.179 148 2.327 Lesioni 1.983 83 2.066 Contro la libertà 483 23 506 Contro la libertà sessuale 2.690 28 2.718 Contro l’onore 9 1 10 Contro le relazioni familiari 738 19 757 Contro il patrimonio e l’ordine socioeconomico 19.747 1.295 21.042 Contro la salute pubblica 11.165 1.624 12.789 Contro la sicurezza del traffico 210 7 217 Falsificazioni 414 53 467 Contro la Pubblica Amministrazione 43 3 46 Contro l’Amministrazione di Giustizia 577 17 594 Contro l’ordine pubblico 999 54 1.053 Altri delitti 956 51 1.007 Per errori 91 5 96 Non consta il delitto 347 47 394 TOTALE 42.631 3.458 46.089

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Per quanto riguarda i delitti contro la salute pubblica: contano 11.165 internati e

1.624 internate, per un totale di 12.789 persone.

Gli altri delitti perseguiti dal codice penale del 1995 non contano un tal gran numero

di detenuti, comunque vediamo che per quanto riguarda che i delitti che superano le

2000 persone condannate sono: i delitti contro la libertà sessuale, l’omicidio e le sue

forme e i delitti che riguardano le lesioni. Tutti gli altri delitti non comprendono in tutti

le duemila persone totali.

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Nella tabella in basso, invece, viene mostrata la situazione della popolazione

penitenziaria nel 2006 secondo i delitti contemplati dal vecchio codice pensale,

derogato.

Tipologia delittuosa della popolazione reclusa secondo il codice penale derogato Unità: numero di persone

DELITTI Detenuti Detenute TOTALE Sicurezza all'estero 20 0 20 Sicurezza in Spagna 199 24 223

Falsificazioni 23 3 26 Contro l'amministrazione di

giustizia 6 1 7 Contro la sicurezza del traffico 3 1 4

Contro la Salute Pubblica 280 32 312 Funzionari pubblici 2 0 2 Contro le persone 479 11 490

Contro la libertà sessuale 173 1 174

Contro l'Onore 0 0 0

Contro la libertà 10 1 11

Contro la Proprietà 632 29 661

Contro lo stato civile 0 0 0 Altri delitti 46 3 49 Per errori 0 0 0

Non consta il delitto 4 1 5

TOTALI 1.877 107 1984 Fonte: Ministerio del Interior, consultato presso

http://www.mir.es/INSTPEN/INSTPENI/Gestion/Estadisticas_mensuales/2006/12/

Quello che possiamo evincere dai dati esposti è che, innanzitutto, il numero di

detenuti che stanno compiendo la propria condanna secondo il codice penale

derogato, stanno diminuendo, tant’è che alcuni dei delitti contemplati dalla legge in

questione non contano neanche un detenuto condannato. Le persone che ancora

scontano la pena secondo il vecchio codice civile, molto probabilmente hanno avuto

una condanna molto lunga e, quindi, molto probabilmente hanno commesso i delitti

considerati “peggiori” dai codici civili, quali per esempio l’omicidio.

I reati che contano più condannati sono quelli contro la proprietà, contro la libertà

sessuale, contro le persone (tra cui è contemplato anche l’omicidio), quelli contro la

salute pubblica e quelli che riguardano il tema della sicurezza all’interno dei confini

dello stato spagnolo. Tutti gli altri delitti ormai contano poche persone ancora

condannate.

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La tabella qui in basso mostra la suddivisione della popolazione penitenziaria

secondo il sesso.

Popolazione reclusa per sesso Unità: numero di persone

Fonte: Ministerio de Interior, consultata presso http://www.mir.es/INSTPEN/INSTPENI/Gestion/Estadisticas_mensuales/2006/12/distribucion_de_la_poblacion_recl

usa_por_sexo.html

Ciò che si può evincere da questa tabella è la stragrande maggioranza di reclusi di

sesso maschile: 58.912 uomini contro 5.109 donne. Possiamo quindi affermare che

più del 90% degli internati nelle carceri spagnole è di sesso maschile.

Nella tabella che segue, invece, viene indicata la suddivisione, sempre secondo il

sesso, della popolazione penitenziaria, però in questo caso di quella straniera.

Popolazione straniera reclusa, per sesso

SESSO TOTALE (%) Uomini 18.823 91,18 Donne 1.820 8,82

TOTALE 20.643 100 Fonte: Ministerio del Interior, consultato presso

http://www.mir.es/INSTPEN/INSTPENI/Gestion/Estadisticas_mensuales/2006/12/poblacion_reclusa_extranjera.html I detenuti stranieri contano un totale di 20643 persone, di cui una maggioranza

significativa è di sesso maschile – 18.823 uomini, ovvero il 91,18% -fronte a una

cifra sicuramente più bassa per quanto riguarda delle recluse –ovvero 1.820 donne,

un 8,82%.

Da una parte possiamo sì affermare che il numero di detenuti non spagnoli è in

aumento rispetto agli anni precedenti e dall’altra, notare come, anche in questo

caso, i detenuti prevalentemente sono di sesso maschile.

SESSO TOTALE (%)

Uomini 58.912 92,02

Donne 5.109 7,98 TOTALE 64.021 100

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A seguito viene mostrata la suddivisione della popolazione penitenziaria secondo il

grado di trattamento, ovvero in primo, secondo e terzo.

Popolazione reclusa secondo grado di trattamento Unità: numero di persone

Grado di trattamento Uomini Donne Totale

Primo Grado 1.004 73 1.077 Secondo Grado 32.123 2.327 34.450

Terzo Grado 6.178 766 6.944 Senza classificazione 5.203 399 5.602

TOTALE 44.508 3.565 48.073 Fonte: Ministerio del Interior, consultato presso

http://www.mir.es/INSTPEN/INSTPENI/Gestion/Estadisticas_mensuales/2006/12/distribucion_grado_tratamiento.html

Secondo la suddivisione in gradi, dunque, è possibile notare come la maggioranza

dei detenuti stiano scontando la propria pena in secondo grado di trattamento. In

primo grado 1.004 uomini e 73 donne, 1.077 internati in totale, in secondo grado,

invece, 32.123 uomini e 2.327 donne, per un totale di 34.450 persone; per quanto

riguarda il terzo grado sono presenti 5.203 uomini e 766 donne, per un totale di

5.602 reclusi. Importante è anche il numero di internati, a cui ancora non è stato

attribuito l’inserimento nel grado di trattamento e si tratta, nel 2006 di 5.203 uomini e

399 donne per un totale di 5.602 persone (ovviamente questa cifra è variabile, mano

a mano che i detenuti vengono inseriti in un programma di trattamento, vorrei

aggiungere che gli internati, però preventivi, non vengono inclusi in nessun grado di

trattamento, in quanto non essendo stata definita la condanna neppure può essere

definito il programma di rieducazione appropriato).

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Nella tabella successiva, invece, vengono offerti i dati della popolazione carceraria

secondo la Comunidad Autonoma di riferimento.

Distribuzione della popolazione reclusa per Comunità Autonoma Unità: numero di persone

Uomini Donne TOTALE Andalucía 12.733 1.119 13.852 Aragón 2.221 100 2.321 Asturias 1.288 112 1.400 Baleares 1.444 120 1.564 Canarias 2.673 232 2.905 Cantabria 551 18 569 Castilla La Mancha 2.167 35 2.202 Castilla y Léon 6.497 464 6.961 Cataluña 8.364 608 8.972 Extremadura 1.220 52 1.272 Galicia 3.840 227 4.067 La Rioja 363 20 383 Madrid 7.120 1.223 8.343 Murcia 803 84 887 Navarra 199 15 214 País Vasco 1.215 90 1.305 Valencia 5.716 552 6.268 Ceuta 261 26 287 Melilla 237 12 249 TOTALE 58.912 5.109 64.021

Fonte: Ministerio del Interior, consultato presso http://www.mir.es/INSTPEN/INSTPENI/Gestion/Estadisticas_mensuales/2006/12/distribucion_por_comunidad.html

Anche questi dati confermano ciò che era stato riferito nel paragrafo precedente,

ovvero che l’Andalucía è la regione spagnola con il maggior numero di reclusi e

detenute, per un totale di 13.852 persone. A seguito:

• La Comunidad di Madrid

• La Cataluña

• Castilla y León

• Valencia

• La Galicia

Una annotazione che si può fare in relazione a questi dati è anche il fatto che

l’Andalucía, al primo posto per numero di reclusi, è anche una delle Comunidades

Autonomas più grandi e, inoltre, economicamente più povere. L’Andalucía, infatti,

come è noto è una regione che basa il suo sviluppo economico semplicemente

sull’agricoltura. Possiamo notare che successivamente vengono a ruota tre regioni

non povere economicamente, ma che contano su aree urbane notevoli: Madrid e

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Barcellona sono le città più grandi di Spagna e probabilmente l’alto tasso di reclusi

può essere legato alla criminalità interna delle aree metropolitane. Anche la regione

di Castilla Y León ha un numero considerevole di detenuti, e, anche in questo caso

può essere collegato al fatto che possiede centri urbani molto grandi ed è una

regione geograficamente molto ampia. Per quanto riguarda Valencia il discorso

potrebbe essere collegato al fatto che La Comunidad Autonoma non è

particolarmente grande, ma Valencia, come città è un centro urbano enorme, tra i

può popolati di tutta Spagna.

Successivamente, per numero di reclusi viene la Galicia, altra regione non

particolarmente grande, ma economicamente molto povera (non possiede industrie

e la sua economia, come in Andalucía si basa sull’agricoltura).

Tutte le altre regioni non contano un numero particolarmente grande di detenuti,

anzi ci sono Comunidades Autonomas che contano meno di 1000 reclusi, come per

esempio Murcia, Cantabria, La Rioja, Ceuta e Melilla. Ovviamente su queste regioni

bisognerebbe anche fare un discorso a parte, essendo le regioni geograficamente

più piccole dello stato, per quanto riguarda Ceuta e Melilla, il numero di detenuti che

contano è relativamente basso, se si pensa che non sono propriamente due regioni,

ma due piccole cittadine, in territorio marocchino, il rimasuglio dell’epoca coloniale

spagnola.

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Successivamente viene descritta la distribuzione della popolazione penitenziaria

secondo l’età e il sesso.

Distribuzione della popolazione penitenziaria secondo l’età e il sesso

Unità: numero di persone Età Uomini Donne Totale

18-20 555 31 586 21-25 5.586 352 5.938 26-30 9.351 712 10.063 31-40 16.636 1.371 18.007 41-60 11.396 991 12.387

60 984 108 1.092 TOTALE 44.508 3.565 48.073

Fonte: Ministerio del Interior, consultato presso http://www.mir.es/INSTPEN/INSTPENI/Gestion/Estadisticas_mensuales/2006/12/poblacion_penada.html

Ciò che possiamo notare da questa tabella è il fatto che la maggior parte dei

detenuti, sia per quanto riguarda gli uomini e le donne, ha un’età compresa tra i 31 e

i 41 anni. Nel 2006, infatti, i detenuti in carcere di età tra i 31 e i 41 anni sono arrivati

a 18.007 persone, 16.636 uomini e 1.371 donne.

A seguito la fascia di età di detenuti che comprendono tra i 41 e i 60 anni, per un

totale di 12.387 persone, 11.396 uomini e 12.387 donne.

Successivamente i reclusi che hanno tra i 26 e i 30 anni, per un totale di 10.63

persone, 9351 uomini e 712 donne. Le persone che invece hanno più di 60 anni

sono in minoranza: in totale 1.092 reclusi, di cui 984 uomini e 108 donne. Seguiti da

detenuti di età compresa tra i 18 e i 20 anni, i più giovani, in totale, nel 2006, 894

individui, di cui 825 sono uomini e 69 donne. Anche in questo caso possiamo notare

quanto grande sia la differenza numerica tra uomini e donne incarcerati.

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Nella tabella a seguito possiamo invece notare la distribuzione della popolazione

reclusa preventiva, per sesso e per età.

Distribuzione della popolazione reclusa preventiva, secondo l’età

Unità: numero di persone Età Uomini Donne Totale 18-20 825 69 894 21-25 2.344 295 2.639 26-30 3.207 380 3.587 31-40 4.436 436 4.872 41-60 2.549 291 2.840 60 206 27 233 TOTALE 13.567 1.498 15.065

Fonte: Ministerio del Interior, consultato presso http://www.mir.es/INSTPEN/INSTPENI/Gestion/Estadisticas_mensuales/2006/12/poblacion_preventiva.html

Anche in questa tabella i reclusi preventivi sono in maggioranza di età compresa tra

i 31 e i 40 anni, in totale 4.872 persone, 4.436 uomini e 291 donne. A seguito ci

sono detenuti reclusi preventivi che comprendono tra i 26 e i 30 anni: in totale 3.587

persone, 3.207 uomini e 380 donne; successivamente i persone comprese tra i 41 e

i 60 anni –per un totale di 2.840 persone, 2.549 uomini e 291 donne.

Successivamente i reclusi preventivi nella fascia di età 21-25 anni, in totale 2.639

individui, 2.344 uomini e 295 donne; seguiti da coloro che hanno un’età compresa

tra i 18 e i 20 anni: in totale 894 persone, 835 uomini e 69 donne. I detenuti

preventivi di età maggiore di 60 anni sono in minoranza, 233 persone in totale, 206

uomini e 27 donne.

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Nella tabella a seguito, invece, viene descritta la situazione processuale, penale

della popolazione reclusa spagnola.

Situazione processuale-penale della popolazione reclusa. Unità: numero di persone

Situazione processuale-penale Uomini Donne Totale Preventivi 13.567 1.498 15.065 Condannati 44.508 3.565 48.073 Misure di sicurezza 574 38 612 Arresti del fine settimana 68 3 71 More riguardanti multe 84 1 85 Transiti 111 4 115 TOTALE 58.912 5.109 64.021

Fonte: Ministerio del Interior, consultato presso http://www.mir.es/INSTPEN/INSTPENI/Gestion/Estadisticas_mensuales/2006/12/poblacion_reclusa_por_situacion_

procesal_y_sexo.html Del totale dei detenuti nel 2006, ovvero 64.021 persone la maggior parte sono

reclusi condannati (48.073 persone) e detenuti in stato di prigione preventiva

(15.065 individui). Il rimanente dei reclusi sono persone detenute o per misure di

sicurezza (612), per more riguardanti multe e per gli arresti del fine settimana.

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2. 3 Evoluzione popolazione penitenziaria 2007 In questo paragrafo propongo l’evoluzione della popolazione penitenziaria spagnola

secondo gli stessi requisiti proposti nel paragrafo precedente.

Nella tabella seguente viene descritta la popolazione penitenziaria secondo il tipo di

delitto per cui sono stati condannati, secondo la legge organica 10/1995, ovvero

secondo il nuovo Codice Penale.

Tipologia delittuosa della popolazione reclusa condannata secondo la legge organica 10/1995

Unità: numero di persone. DELITTI Detenuti Detenute Totale Omicidio e le sue forme 2.404 172 2.576 Lesioni 2.177 117 2.294 Contro la Libertà 496 20 516 Contro il Patrimonio e l’Ordine Socioeconomico 19.568 1.292 20.860 Contro la Salute Pubblica 11.641 1.756 13.397 Contro la Sicurezza del Traffico 270 5 275 Falsificazioni 532 65 597 Contro la Pubblica Amministrazione 37 2 39 Contro l'Amministrazione di Giustizia 752 33 785 Contro l'Ordine Pubblico 1.164 71 1.235 Altri delitti 1.220 70 1.290 Per errore 63 5 68 Non consta il delitto 380 58 438 TOTALE 44.597 3.726 48.323

Fonte: Ministerio del Interior, consultato presso http://www.mir.es/INSTPEN/INSTPENI/Gestion/Estadisticas_mensuales/2007/12/delitos_total_LeyOrganica.html

Dai dati che precedono possiamo notare come i delitti che “affollano” le carceri,

come nel 2006 e negli anni precedenti sono sempre i delitti contro il patrimonio e

l’ordine socioeconomico e quelli contro la salute pubblica, il primo conta un totale di

20.860 condannati, di cui 19.568 uomini e 1.292 donne; mentre il secondo 13.397

detenuti, 11.641 uomini e 1.756 donne.

A seguito vengono i delitti come Omicidio e le sue forme (2.576 reclusi in totale, di

cui 2.404 uomini e 172 donne) e delitti come Lesioni (2.294 detenuti in totale, 2.177

uomini e 172 donne). Successivamente ci sono delitti come quelli Contro l’Ordine

Pubblico (1.235 persone condannate, di cui 1.164 uomini e 71 donne), la categoria

Altri Delitti (1290 detenuti, di cui 1.220 uomini e 70 donne). Tutti gli altri tipi di delitti

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110

contano meno di mille reclusi condannati in totale, comunque a seguito di quelli

appena citati vengono:

• i delitti contro l’Amministrazione di Giustizia (785 reclusi in totale, di cui 752

uomini e 33 donne);

• le falsificazioni (597 detenuti condannati per tale delitto, di cui 532 uomini e

65 donne);

• i delitti contro la libertà (516 persone condannate, di cui 496 uomini e 20

donne);

• i delitti contro la sicurezza del traffico (275 reclusi, di cui 270 uomini e 5

donne);

• i delitti contro l’amministrazione pubblica (39 condannati totali, di cui 37

uomini e 5 donne).

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111

Nella tabella che segue, invece, viene descritta la popolazione penitenziaria

secondo il tipo di delitto, però in questo caso secondo il vecchio codice penale.

Tipologia delittuosa della popolazione reclusa secondo il codice penale derogato Unità: numero di persone

DELITTI Detenuti Detenute Totale Sicurezza all'estero 22 2 24 Sicurezza in Spagna 180 22 202

Falsificazioni 17 5 22 Contro l'Amministrazione di Giustizia 3 0 3

Contro la Sicurezza del Traffico 2 0 2 Contro la Salute Pubblica 229 29 258

Funzionari Pubblici 2 0 2 Contro le Persone 398 11 409

Contro la Libertà Sessuale 140 1 141 Contro l'Onore 5 0 5

Contro la Libertà 8 1 9 Contro la Proprietà 475 25 500

Contro lo Stato Civile 0 0 0 Altri delitti 31 1 32 Per errore 2 0 2

Non consta il delitto 9 0 9 TOTALE 1.523 97 1.620

Fonte: Ministerio del Interior, consultato presso http://www.mir.es/INSTPEN/INSTPENI/Gestion/Estadisticas_mensuales/2007/12/tipologia_delictiva_CPDerogado_t

otal.html Come già affermato in precedenza i delitti condannati dal vecchio Codice Penale

sono nettamente sottorappresentati rispetto a quelli puniti secondo quello nuovo.

Nonostante ciò i crimini che ancora sono rappresentati in modo abbastanza corposo

sono i delitti:

• Contro la proprietà (500 persone);

• Contro le persone (409 persone);

• Contro la salute pubblica (258 persone);

• Di sicurezza, in Spagna (202 persone);

• Contro la libertà sessuale (141 persone).

Tutti gli altri delitti hanno un numero molto basso di detenuti condannati per tale

motivo.

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Nella tabella che segue, invece, la descrizione della popolazione penitenziaria

secondo il sesso.

Distribuzione della popolazione reclusa per sesso

Unità: numero di persone Sesso TOTALE (%)

Uomini 61.508 91,67 Donne 5.592 8,33 TOTALE 67.100 100

Fonte: Ministerio del Interior, consultato presso http://www.mir.es/INSTPEN/INSTPENI/Gestion/Estadisticas_mensuales/2007/12/distribucion_de_la_poblacion_recl

usa_por_sexo.html Dai dati precedenti possiamo notare come, nel 2007, gli uomini reclusi siano in netta

maggioranza sulle donne internate: su un totale di 61.508 carcerati totali, 61.508

sono uomini (91,67%) e 5.592 sono donne (8,33%).

Nella tabella che segue, possiamo analizzare la situazione numerica della

popolazione reclusa straniera, suddivisa per sesso.

Popolazione reclusa straniera, per sesso.

Unità: numero di persone Sesso TOTALE (%) Uomini 20.806 90,55 Donne 2.171 9,45

TOTALE 22.977 100 Fonte: Ministerio del Interior, consultato presso

http://www.mir.es/INSTPEN/INSTPENI/Gestion/Estadisticas_mensuales/2007/12/poblacion_reclusa_extranjera.html Da questi dati, possiamo evidenziare il fatto che nel 2007 la popolazione

penitenziaria straniera risulta di 22.197 persone, di cui 20.806 uomini e 2.171

donne. Rispetto al 2006 vi è un aumento di quasi 2000 persone straniere recluse in

territorio spagnolo: infatti nel 2006 ammontava a 20.643 detenuti non spagnoli.

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113

Nella tabella a seguito, invece, la popolazione penitenziaria viene descritta secondo

il grado di trattamento.

Distribuzione della popolazione reclusa secondo grado di trattamento Unità: numero di persone

Grado di trattamento Uomini Donne Totale

Primo Grado 927 74 1.001 Secondo Grado 32.807 2.348 35.155

Terzo Grado 6.793 947 7.740 Senza Classificazione 5.593 454 6.047

TOTALE 46.120 3.823 49.943 Fonte: Ministerio del Interior, consultata presso

http://www.mir.es/INSTPEN/INSTPENI/Gestion/Estadisticas_mensuales/2007/12/distribucion_grado_tratamiento.html

Come dalla precedente tabella di riferimento del 2006, è possibile evidenziare

innanzitutto un elemento fondamentale, ovvero che la maggior parte dei detenuti è

classificata in secondo grado, sia per quanto riguarda gli uomini, sia per quanto

riguarda le donne: infatti il totale di individui di sesso maschile reclusi in secondo

grado è di 32.805 persone, mentre per quanto riguarda le detenute invece la cifra

ammonta a 2.348 recluse.

Il rimanente delle persone si dividono tra il terzo grado - 6.047 reclusi in totale,

6.793 uomini e 947 donne –in maggioranza e il primo grado (1.001 detenuti totali, di

cui 927 uomini e 74 donne).

Bisogna sottolineare anche che la cifra dei detenuti che ancora non sono stati

“classificati” non è indifferente: 6.047 internati in totale, 5.593 uomini e 454 donne.

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Nella tabella che segue, invece, la popolazione penitenziaria spagnola viene

descritta secondo la comunità autonoma di riferimento.

Distribuzione della popolazione reclusa per Comunità Autonoma (CCAA).

Unità: numero di persone CCAA Uomini Donne TOTALE

Andalucía 13.535 1.174 14.709 Aragón 2.301 137 2.438 Asturias 1.340 114 1.454 Baleares 1.530 107 1.637 Canarias 2.800 301 3.101 Cantabria 654 15 669

Castilla La Mancha 2.181 43 2.224 Castilla y Léon 6.344 614 6.958

Cataluña 8.683 692 9.375 Extremadura 1.327 64 1.391

Galicia 4.027 257 4.284 La Rioja 356 26 382 Madrid 7.516 1.228 8.744 Murcia 901 77 978 Navarra 218 14 232

País Vasco 1.286 113 1.399 Valencia 5.998 581 6.579

Ceuta 264 24 288 Melilla 247 11 258

TOTALE 61.508 5.592 67.100 Fonte: Ministerio del Interior, consultata presso

http://www.mir.es/INSTPEN/INSTPENI/Gestion/Estadisticas_mensuales/2007/12/distribucion_por_comunidad.html

Come nel 2006 e negli anni precedenti l’Andalucía è la regione che ottiene il primato

di maggior numero di detenuti: 14.709 persone in totale, 13.535 uomini e 1.174

donne.

A seguito vengono:

• La Cataluña: 9.375 detenuti totali, 8.683 uomini e 692 donne

• La Comunidad de Madrid: 8.744 reclusi, 7516 uomini, 1.228 donne

• Castilla y León: 6.958 internati, 6.344 uomini, 614 donne

• Valencia: 6.579 detenuti, 5.998 uomini e 581 donne

• Galicia: 4.284 internati, 427 uomini e 257 donne

• Le isole Canarie: 3.101 reclusi totali, 2800 uomini e 301 donne.

Tutte le altre regioni hanno un numero di persone recluse inferiore alle 3000

persone.

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115

Nella tabella a seguito, invece, viene definita la popolazione penitenziaria reclusa,

condannata secondo l’età e il sesso.

Distribuzione della popolazione reclusa per gruppi di età e sesso.

Unità: numero di persone Età Uomini Donne Totale

18-20 546 44 590 21-25 5.856 397 6.253 26-30 9.630 788 10.418 31-40 17.185 1.375 18.560 41-60 11.882 1.112 12.994

60 1.021 107 1.128 TOTALE 46.120 3.823 49.943

Fonte: Ministerio del Interior, consultata presso http://www.mir.es/INSTPEN/INSTPENI/Gestion/Estadisticas_mensuales/2007/12/poblacion_penada.html

Anche in questo caso, come precedentemente, notiamo come la fascia di età che

conta più detenuti è quella dei 31-40 anni (18.560 persone), a seguito:

• la fascia di età 41-60 anni (12.994 persone)

• i detenuti tra i 26 e i 30 anni (10.418 persone)

• i reclusi che superano i 60 anni (1.128 persone)

• gli internati di età compresa tra i 18 e i 20 anni (590 persone)

Anche in questo caso possiamo evidenziare il fatto che, anche rispetto alle altre

tabelle, la maggior parte dei reclusi e delle recluse presenti nei Centri Penitenziari

spagnoli ci sia una sovrarappresentazione di persone della fascie d’età centrali (dai

26 ai 40 anni).

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Nella tabella a seguito la suddivisione in età avviene per quanto riguarda i detenuti

“preventivi”.

Distribuzione della popolazione reclusa preventiva, per gruppi di età e sesso.

Unità: numero di persone Età Uomini Donne Totale

18-20 909 97 1.006 21-25 2.455 283 2.738 26-30 3.244 399 3.643 31-40 4.697 541 5.238 41-60 2.850 359 3.209

60 273 30 303 TOTALE 14.428 1.709 16.137

Fonte: Ministerio del Interior, consultata presso http://www.mir.es/INSTPEN/INSTPENI/Gestion/Estadisticas_mensuales/2007/12/poblacion_preventiva.html

La fascia di età che conta il maggior numero di reclusi preventivi è quella che va dai

31 ai 40 anni (5.238 persone), mentre a seguito:

• i preventivi che hanno tra 26 e 30 anni (in totale 3.643)

• coloro di età compresa tra 41 e 60 anni (3.209)

• i minori di 20 anni (1.006)

• coloro che superano i 60 anni (303)

Evidenzierei un dato di fatto: il numero decisamente rilevante e non indifferente del

numero di persone in attesa di giudizio: nel 2007 raggiungono le 16.137 persone,

composte in larga maggioranza da uomini (24.428 –le donne sono 1.709 in totale).

Questo numero decisamente alto di detenuti preventivi è un problema che di fatto

“affligge” il sistema penitenziario spagnolo, sono molte le persone che passano anni

(secondo il codice civile il massimo sono 4) in attesa di giudizio, senza poter

accedere al trattamento penitenziario proprio per il fatto di essere preventivi e di non

avere una condanna che li giudichi.

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117

L’ultima tabella che descrive la situazione della popolazione penitenziaria spagnola

secondo la situazione processuale-penale. Distribuzione della popolazione reclusa, secondo la situazione processuale-penale, per sesso

Unità: numero di persone Situazione penale-

processuale Uomini Donne Totale Preventivi 14.428 1.709 16.137

Condannati 46.120 3.823 49.943 Misure di Sicurezza 571 39 610

Arresti di fine settimana 46 1 47 More per multe non pagate 112 6 118

Transiti 231 14 245 TOTALE 61.508 5.592 67.100

Fonte: Ministerio del Interior, consultato presso http://www.mir.es/INSTPEN/INSTPENI/Gestion/Estadisticas_mensuales/2007/12/poblacion_reclusa_por_situacion_

procesal_y_sexo.html Per quanto riguarda, appunto, la situazione processuale-penale, sul totale dei

detenuti, ovvero 67.100 persone, la maggior parte è rappresentata dai reclusi

condannati (49.943 persone), a seguito dai preventivi (16.137). Le altre persone

sono recluse, in ordine, per motivi di sicurezza (610), per more dovute a multe non

pagate (118), per gli arresti del fine settimana (47). Mentre le persone che transitano

nei carceri spagnoli sono 245.

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2. 4 Il profilo del detenuto “tipo” presente nelle carceri spagnole. A questo punto penso sia opportuno brevemente sottolineare il profilo del detenuto

“tipo” presente nelle carceri spagnole.

I dati che riporto sono stati tratti dal corso di formazione propedeutico al volontariato

in carcere190, proposto dall’ Asociación Pro Derechos Humanos de Andalucía.

Il detenuto nelle carceri spagnole normalmente è:

• Uomo (90%)

• Ha tra i 26 e i 30 anni

• Per quanto riguarda lo stato civile, il 66% è single e il rimanente o è sposato

o è fidanzato;

• All’incirca un 49% ha problemi familiari.

Per quanto riguarda, invece, il tema della salute:

• Un 56% ha problemi di tossicodipendenze;

• Un 80% ha problemi con le droghe in generale;

• Per quanto concerne invece il consumo, una buona parte dei reclusi ha

iniziato a 15/16 anni;

• Un 57% ha problemi di malattie gravi dovute ai problemi con le droghe;

• Un detenuto su tre è affetto ha HIV.

Per quanto riguarda, invece, il patrimonio culturale e lavorativo:

• Un 10,1% è analfabeta totale;

• Un 19,1% è analfabeta funzionale;

• Un 51% ha completato gli studi obbligatori;

• Un 14% non ha esperienza lavorativa;

• Un 46,4% ha avuto lavori non qualificati.

Per quanto riguarda, invece, il delitto commesso:

190 Corso di formazione propedeutico al volontariato in carcere tenuto dall’”Asociación Pro Derechos Humanos” a Granada dal 7 al 28 Novembre 2007. I dati in questione sono stati esposti nella prima sessione del 7 Novembre 2007. È possibile consultare il sito dell’associazione http://www.apdha.org/

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• Un 80% ha commesso delitti contro la proprietà e contro la salute pubblica;

• La recidività è approssimativamente del 64%

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Parte II

La realtà di Granada. Il Centro Penitenziario di Albolote

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Premessa alla parte II. Alcune precisazioni sociologiche sul sistema carcere. Penso sia opportuno prima di entrare nell’analisi propria del centro penitenziario di

Granada, precisare sociologicamente cosa vuol dire carcere, quindi nel primo

paragrafo verrà analizzato il pensiero di Goffman e di Foucault, mentre nel secondo

paragrafo le conseguenze fisiche e psicologiche del carcere, osservazioni utili per

introdurre poi la realtà delle interviste, che saranno rivolte sia a personale del centro

penitenziario sia a detenuti.

La teoria di Goffman sulle istituzioni totali. Goffman è colui che per primo introduce il concetto di “istituzione totale”, per,

appunto, riferirsi a una tipo di istituzione che coinvolge totalmente gli individui che la

integrano. Questa tendenza assorbente e totalizzante è simbolizzata e dimostrata

attraverso le barriere che si oppongono all’interazione con l’esterno: grandi porte

blindate, alti muri, fili spinati elettrici, fiumi, boschi… ecc ecc.

Parlando, appunto, di “istituzioni totali”, Goffman si riferisce non solo alle carceri ed i

manicomi, ma tutta una serie di istituti, senza escludere, per esempio, gli ordini

religiosi di clausura, dove in genere non si entra per libera scelta, ma per coazione.

L’idealtipo, per eccellenz,a di istituzione totale sono le carceri e gli ospedali

psichiatrici.

Secondo le parole dell’autore,

“un’istituzione totale può essere definita come il luogo di residenza e di lavoro

di gruppi di persone che, tagliate fuori dalla società per un considerevole

periodo di tempo, si trovano a dividere una situazione comune, trascorrendo

parte della loro vita in un regime chiuso e formalmente amministrato”191.

191 Erving Goffman, Asylums. Le istituzioni totali: i meccanismi dell’esclusione e della violenza, Milano, Edizioni di comunità, 2001, p. 415 consultato su http://www.comune.bologna.it/iperbole/assminsto/Sche_2001goffman.htm

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Ed inoltre:

“Uno degli assetti sociali fondamentali nella società moderna è che l’uomo

tende a dormire, a divertirsi e a lavorare in luoghi diversi, con compagni diversi,

sotto diverse autorità.... Caratteristica principale delle istituzioni totali può

essere appunto ritenuta la rottura delle barriere che abitualmente separano

queste tre sfere di vita. Primo, tutti gli aspetti della vita si svolgono nello stesso

luogo e sotto la stessa, unica autorità. Secondo, ogni fase delle attività

giornaliere si svolge a stretto contatto di un enorme gruppo di persone, trattate

tutte allo stesso modo e tutte obbligate a fare le medesime cose. Terzo, le

diverse fasi delle attività giornaliere sono rigorosamente schedate secondo un

ritmo prestabilito…Per ultimo, le varie attività forzate sono organizzate secondo

un unico piano razionale, appositamente designato al fine di adempiere allo

scopo ufficiale dell’istituzione”192.

Le “istituzioni totali”, insomma, si impadroniscono di buona parte del tempo e degli

interessi di coloro che da essa dipendono, offrendo in cambio un particolare tipo di

mondo: il che significa che tende a circuire i suoi componenti in una sorta di azione

inglobante

Goffman, quindi, classifica le istituzioni totali in cinque gruppi:

• I luoghi per persone incapaci di vivere senza aiuto esterno

• I diversi tipi di ospedali per persone che possono rappresentare una

minaccia involontaria per la società

• I centri di preparazione o destinati al miglior compimento di compiti

• Le strutture religiose che servono come rifugio dal mondo: abbazie,

monasteri…

Chiunque entra in questi luoghi, per le sue caratteristiche specifiche, difficilmente ne

esce, soprattutto a livello psicologico.

Nonostante ogni istituzione sia differente e abbia obiettivi differenti, tutte hanno

qualcosa in comune, infatti si incaricano della vita degli interni in accordo a norme

concepite per il buon seguito degli obiettivi dell’istituzione.

Certamente è differente considerare un individuo che spontaneamente vuole entrare

in una di queste istituzioni a uno che invece accede con la coercizione, per esempio

chi è obbligato a compiere una pena privativa di libertà in una prigione.

192 ibidem

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123

Una prima strategia consiste nel chiamato rituale dell’ingresso o della presentazione

dell’individuo al suo accesso all’istituzione e che consiste del spogliarlo del suo “IO”.

Il nuovo internato perde il suo nome, la sua identità, la sua forma di vita e comincia

un processo di risocializzazione tendente a costruire un altro tipo di personalità.

“Ogni individuo che entra in una prigione proviene da una struttura sociale

maggiore, nella quale ha creato, attraverso della sua socializzazione, la sua

identità che si perde con l’ingresso in prigione” Zino Torrazza 1993

La caratteristica principale di queste cosiddette “istituzioni totali” è il fatto che c'è

una distinzione fondamentale fra il grande gruppo di persone controllate, chiamate

"internati", e un piccolo staff che controlla. Gli internati vivono generalmente

nell'istituzione ed hanno limitati contatti con il mondo esterno, mentre lo staff presta

un servizio giornaliero di otto ore ed è socialmente integrato nel mondo esterno.

Ogni gruppo tende a farsi un'immagine dell'altro secondo stereotipi limitati e ostili: lo

staff spesso giudica gli “internati” come persone fondamentalmente malevoli,

diffidenti e non degni di fiducia; mentre gli internati ritengono spesso che il

personale si conceda dall'alto, che sia di mano lesta e spregevole. Lo staff tende a

sentirsi superiore e a pensare di aver sempre ragione; mentre gli internati, almeno in

parte, tendono a ritenersi inferiori, deboli, degni di biasimo e colpevoli. Ovviamente,

date le caratteristiche peculiari dei due raggruppamenti, non è possibile,

normalmente alcun tipo di mobilità sociale, spesso perfino il colloquio tra l’una e

l’altra sfera può essere difficile.

Fondamentalmente si tratta, quindi, di due mondi sociali e culturali diversi, che

procedono fianco a fianco, urtandosi l'un l'altro, e nonostante i punti di contatto, a

livello ufficiale, di fatto ci sono poche possibilità di penetrazione reciproca.

La prima relazione dell’individuo con l’istituzione si configura secondo rituali, gli

viene assegnata un’identità nuova con una “cerimonia di benvenuto” che consiste in

diversi atti di degradazione: viene spogliato a tutto ciò che si riferisce alla sua

identità (beni personali, immagine fisica, vestiti…) viene sottomesso a umiliazioni

pubbliche, viene istruito (in modo certamente poco amichevole) delle norme

dell’istituzione, e gli si comunica quali saranno le linee della sua nuova vita, come

per esempio i nuovi vestiti, i luoghi dove abiterà e le regole che dovrà compiere.

Questo processo si caratterizza dello spoglio di un’identità anteriore e

dell’assegnazione di una nuova, che successivamente sarà modificata in parte solo

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124

riguardo ad alcuni elementi per ciò che l’individuo stesso può apportare dalla sua

personale esperienza di vita interiore.

Ciò significa che l’individuo dovrà sottomettersi alle norme dell’istituzione, e

inevitabilmente modellerà la sua condotta in accordo con essa ed, dall’altra parte,

elaborerà una strategia in accordo con i suoi propri obiettivi personali.

Goffman classifica le differenti strategie adattive193, a cui si adeguano le persone

che entrano a far parte di un’istituzione totale:

• La postura regressiva, che consiste dall’astenersi al partecipare a tutte le

attività della vita di relazione;

• L’intransigenza, quando gli individui affrontano l’istituzione e si oppongono a

collaborare con essa e con i suoi obiettivi;

• Il processo di colonializzazione, mediante il quale la persona in questione

costruisce il suo proprio mondo dentro l’istituzione e si dedica a godere le

soddisfazioni minime;

• La conversione, quando l’individuo si decide a cooperare con l’istituzione per

ottenere benefici e assume una postura moralista e disciplinata.

Queste strategie non sono né prototipiche, né stabili, ma cambiano man mano che

le situazioni si evolvono e a seconda dei fini personali degli internati.

Le singole strategie di adattamento e le pratiche difensive messe in atto dai

detenuti, nel caso di questo studio, compiono la funzione di salvaguardare l’identità,

e creano, di conseguenza, un sistema di azione concreto che permette di vincolare

questo gioco di relazione interrelazione in cui si trovano gli individui in questione.

D’altra parte, comunque, i detenuti continuano a cercare di soddisfare bisogni

proibiti, cercando, in altro modo, di continuare a riaffermare la propria identità e di

mantenere un certo tipo di controllo sull’istituzione.

Ovviamente, la prospettiva di Goffman è centrata nella prospettiva drammaturgia,

per cui i distinti ruoli che si osservano in un’organizzazione sociale si spiegano in

accordo con diversi obiettivi, strategie e timori che vengono a crearsi dalle relazioni

con i membri e le regole proprie dell’istituzione.

L’istituzione totale definisce le regole, ma dall’altra parte, Goffman ricorda che

comunque sempre, l’interazione tra i distinti attori sociali va a modificare questo

sistema.

193 Rivera Beiras, I (coord.), Mitologías y discursos sobre el castigo : historias del presente y posibles escenarios , Anthropos, 2004: pag 201

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125

La focalizzazione drammaturgica di Goffman si definisce come “un’attuazione o una

rappresentazione teatrale”194 degli individui in interazione nella vita quotidiana e

questo tipo di analisi risulta essere molto molto utile al momento di lavorare sul

campo.

Un altro tema che Goffman analizza in modo molto dettagliato è quello dello

stigma195, l’impronta sociale “qualificatrice”, che impedisce che un individuo sia

riaccettato completamente nella società. Secondo l’autore ogni società stabilisce le

caratteristiche che devono essere dimostrate da ciascun membro del gruppo di

riferimento, per, essere considerato parte di essa. È proprio l’aspetto esteriore che

ci consente (normalmente) di valutare “a priori” a quale gruppo appartengano la

persone che abbiamo davanti, e questo, in priori di definire a quale gruppo

appartenga la persona che abbiamo davanti, questo “stigma” ci consente, in pratica,

di definire l’identità sociale. Secondo Goffman, quindi, assegniamo a certe persone,

una sorta di “identità sociale virtuale”, nel senso che attribuzioni puramente

speculative, non verificate nella realtà. Sono, appunto, proiezioni di stereotipi,

mediate anche da sentimenti di paura, normalmente riversati sulle persone estranee

in modo acritico. L’immigrato, per esempio, proprio per questo motivo, può essere

oggetto attribuzioni di connotati negativi e deformati e si conseguenza può essere

considerato come probabile criminale, semplicemente sulla base del suo aspetto

esteriore. Per quanto riguarda la popolazione carceraria si può dire che la loro vita

può essere suddivisa in due momenti, o tappe: il primo, caratterizzato dalla

potenzialità a entrare in un centro penitenziario, e l’altro posteriore riguarda la vita in

carcere, ovvero quando compie la sua condanna e deve recuperare la sua identità

anteriore. Quindi da una parte lo stigma aumenta la potenzialità al controllo da parte

della polizia, infatti se andiamo a controllare le statistiche che riguardano gli ingressi

in carcere, possiamo notare che, appunto, vi è una maggiore percentuale sempre

riguardo ai soliti gruppi sociali, cosa che, appunto, può confermare la teoria dello

“stigma”196.

194 Erving Goffman, “Asylums. Le istituzioni totali: i meccanismi dell’esclusione e della violenza,” Milano, Edizioni di comunità, 2001, p. 415 consultato presso http://www.comune.bologna.it/iperbole/assminsto/Sche_2001goffman.htm 195 “Identità sociale, identità personale e stigma”consultato presso http://www.psicologiainvestigativa.it/materiali/stigma.htm 196 Erving Goffman, Asylums. Le istituzioni totali: i meccanismi dell’esclusione e della violenza, Milano, Edizioni di comunità, 2001, p. 415 consultato su http://www.comune.bologna.it/iperbole/assminsto/Sche_2001goffman.htm

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I meccanismi di controllo che utilizza la polizia, le condizioni nelle quali sono

giudicate le persone, l’indifferenza con la quale il resto della società tratta tale

assunto e, per concludere, l’impunità con la quale attuano alcuni funzionari di

prigione verso i detenuti.

Il “processo di stigmatizzazione”, come già detto, si caratterizza per il fatto di

assegnare a determinati individui, che appartengono a determinati gruppi, la qualità

di essere devianti e, di conseguenza, di essere socialmente pericolosi.

Il concetto di stigma, comunque, è anche molto utile per comprendere la situazione

in cui si vengono a trovare i detenuti, nel momento in cui tornano alla libertà.

Secondo l’autore, la nuova identità che le persone sviluppano dopo essere state in

una istituzione totale come la prigione, è molto differente da quella che avevano

prima di entrare in tale luogo, e, ciò, può essere un buon elemento per arrivare a

capire il perché in alcuni casi di recidività al delitto, come via per tornare a integrarsi

alla comunità carceraria, nella quale l’internato già possiede la propria identità e la

sua ubicazione sociale.

In questo caso intervengono anche le strategia di attuazione per occultare o

favoreggiare, ovviamente a seconda del caso, certe informazioni che sono

strettamente associate allo stigma della persona e che possono, di conseguenza,

influire positivamente o negativamente nelle relazioni di interazione con gli altri. Per

questo motivo, può capitare, che la persona in questione sia quasi costretta a

sviluppare una “terza identità”, che contiene le due anteriori, e nella quale sviluppa

caratteristiche sia della prima che della seconda.

L’analisi di Goffman, in sostanza, è particolarmente interessante, perché

contestualizza le relazioni sociali all’interno dell’istituzione totale di riferimento,

ponendo in rilievo il fatto che l’obiettivo dell’istituzione totale ha come obiettivo

quello di spogliare l’identità dell’individuo che entra in contatto con essa e di indurlo

a ridefinire la propria identità.

Foucault e l’analisi circa le tecnologie del castigo. L’analisi di Foucault risulta essere molto interessante, in quanto la sua analisi

teorica rispetto al castigo parte dalla concezione che questo svolge una funzione

sociale complessa, che ingloba, allo stesso tempo, tanto gli aspetto negativi dei

meccanismi punitivi: ad esempio la repressione, la segregazione e l’esclusione;

quanto quelli positivi, ovvero la normalizzazione del soggetto in questione.

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La corrispondenza di questa nozione con il diagramma di analisi di “Sorvegliare e

Punire” si situa nelle trasformazioni che hanno portato a termine nei metodi punitivi,

prodotti dei differenti processi storici. Il filosofo francese relazionò queste

trasformazioni, con quelle proprie degli individui, delle relazioni di potere nelle quali

si confrontano e che, inevitabilmente, hanno un peso nella costituzione dell’identità

del soggetto. Possiamo affermare che buona parte del lavoro di Foucault è basato

sull’analisi delle differenti relazioni di potere tra gli individui. Il modo in cui tale potere

è esercitato tra i liberi soggetti viene a definire le varie e possibili forme di azione e

resistenza, di soggezione e di emancipazione, arrivando a plasmare la nozione di

Governo degli individui. Questo concetto viene concepito da Foucault, come la

strutturazione del campo sociale degli altri, ovvero la determinazione dell’azione

strategica e all’interno di quali limiti possono muoversi i singoli. A livello

macrosociale queste modalità di azione rappresentano gli usi di determinate

tecnologie e tecniche di governo, che permettono l’esercizio del potere e la gestione

della popolazione da parte dello stato, attraverso l’apparato del sapere

dell’economia politica e dei dispositivi di sicurezza, denominati, appunto, come

pratiche di governabilità197.

La nascita della prigione come istituzione e come strumento principale dell’arsenale

punitivo delle società moderne è vincolato al processo di istituzionalizzazione e di

espansione del progetto di disciplina, come effetto diretto della generalizzazione di

determinate strutture di controllo, nelle quali il sistema penale e la prigione non sono

che pezzi del puzzle “società panoctica”198. Il processo in questione, ovviamente, ha

subito differenti mutazioni può essere analizzata a partire dal cambio avvenuto

attorno al secolo XVIII, in cui appunto si afferma la tecnica della tecnologia del

castigo, mediante la rete istituzionale di sequestro.

Tali istituzioni di sequestro, avevano fondamentalmente tre finalità199:

• Controllare la dimensione temporale della vita degli individui;

• Controllare i loro corpi;

• Operare l’integrazione della forza lavoro nella produzione.

197 Rivera Beiras, I (coord.), Mitologías y discursos sobre el castigo : historias del presente y posibles escenarios , Anthropos, 2004: pag 213-214 198 “Il Panopticon”, consultato presso http://www.faser.net/blog/permalinks/panopticon.xhtml 199 Rivera Beiras, I (coord.), Mitologías y discursos sobre el castigo : historias del presente y posibles escenarios , Anthropos, 2004: pag 219

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Il fine si queste organizzazioni, secondo Foucaut, sarebbe quello di fare in modo

che il tempo della vita si converta in tempo di lavoro, che a sua volta si trasformi in

forza lavoro e che sia produttiva per la società.

L’utilizzo della libertà come moneta di scambio della penalità, trova la sua genesi,

appunto, nella forma di castigo identificata come sequestro, cosa che si convertirà

poi nel paradigma basico della pena giusta ed egualitaria. L’istituzionalizzazione di

tale processo è stato portato a termine attraverso la cosiddetta “architettura del

controllo”: il Panoptico, appunto, permette risolvere tutti i problemi del controllo200.

Durante, invece, gli anni XIX e XX, verrà affidata alla pena privativa di libertà, anche

il carattere orientazione terapeutica e di correzione del castigo, ovvero cercando

attraverso la privazione della libertà e la disciplina forte, la dominazione corporale e

fisica dell’individuo, la modifica dello spirito del delinquente (ovvero la sua

ridefinizione anche identitaria)201.

Foucault, tuttavia, afferma che il carcere costituisce il fracasso della giustizia penale,

dato che, da una parte non riesce a compiere la sua funzione di controllo della

delinquenza, dall’altra parte il recluso, al ritorno alla libertà ne risulta semplicemente

indurito e accusa notevoli problemi identitari. Nonostante ciò, le società moderne

non fanno altra cosa che non quella di continuare a mantenere il carcere come

istituzione di castigo. Il filosofo afferma, che appunto la prigione, non serve

assolutamente a reintegrare le persone, ma semplicemente a distinguerle, e a

differenziarle dagli spazi sociali liberi dal castigo202. In questo senso il carcere

sarebbe come uno specchio al contrario –un negativo di una fotografia –di

proiezione distopica, che si converte in minaccia per tutti coloro che intendono

infrangere la legge.

La riflessione del filosofo francese è molto interessante, soprattutto per l’analisi dello

schema del Panopticon e della sua evoluzione avvenuta nel corso degli anni, che

rende tutt’oggi ancora valido il suo pensiero: da una parte l’uso sempre maggiore di

tecnologie informatiche del controllo, e dall’altra l’uso sempre più massiccio del

metodo carcere, per risolvere i problemi di delinquenza, anche minori.

200 “Il Panopticon”, consultato presso http://www.faser.net/blog/permalinks/panopticon.xhtml 201 Ibidem 202 Rivera Beiras, I (coord.), Mitologías y discursos sobre el castigo : historias del presente y posibles escenarios , Anthropos, 2004: pag 221

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Effetti collaterali del carcere203. Conseguenze fisiche della prigione Il soggiorno in prigione può essere causa di una serie di problemi fisici accusati dai

reclusi, questi problemi fondamentalmente sono di carattere sensoriale. Una delle

prima conseguenze, infatti, dell’internamento penitenziario, sono le alterazioni

sensoriali accusate dal recluso. La situazione fisica in cui si viene a trovare il

detenuto, sottolineo soprattutto lo spazio ridotto in cui viene a trovarsi, incidono

profondamente sia psicologicamente, che fisicamente, sul detenuto.

Problemi sensoriali causati dal soggiorno in carcere:

La vista Si parla, in questo caso di un problema anche denominato “ceguera de prisión”

(cecità da prigione), distorsione della sensorialità fisica, per quanto riguarda,

appunto, la vista, accusata da qualsiasi detenuto a partire da pochi mesi di

reclusione. Questo tipo di distorsione, è dovuta alla permanente rottura dello spazio,

la vista del detenuto, insomma, è ostacolata in continuazione e nella maggior parte

dei casi, non può che vedere al di là di un centinaio di metri. Tutto ciò produce,

ovviamente, una distorsione alla vista, disabituando il soggetto a vedere grandi

spazi, ed abituandolo alla vista di ambienti ristretti. Questa configurazione spaziale,

estremamente ristretta, è la causa anche di frequenti mal di testa accusati dai

detenuti, così come la deformazione della percezione visiva, che fa in modo che si

perdano forme e colori. E non si tratta di allucinazioni, ma di perturbazioni spaziali

della vista, d’altronde la stessa configurazione architettonica provoca grandi

contrasti di illuminazione, gli spazi interiori sono sommamente oscuri. Oltretutto la

“cecità da prigione” si converte presto in cronica, rendendo necessario l’utilizzo di

occhiali per correggere la perdita di vista.

Un’altra caratteristica della prigione è lo scarso contrasto di colori: in carcere

predominano fondamentalmente il grigio e il marrone scuro, colori che non fanno

203 Tutte le informazioni sono state tratte dal corso di formazione propedeutico al volontariato in carcere tenuto dall’”Asociación Pro Derechos Humanos” a Granada dal 7 al 28 Novembre 2007. I dati in questione sono stati esposti nella seconda sessione del 14 Novembre 2007. È possibile consultare il sito dell’associazione http://www.apdha.org/

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altre che dare all’ambiente sgradevole. Anche a questo possiamo ricondurre la frase

“in carcere la vita è grigia”.

L’udito Un altro senso che risulta affetto dalla vita in prigione è l’udito. Quando la durata

della detenzione risulta essere abbastanza lunga, il detenuto finisce per avere

problemi all’udito anche non indifferenti.

La vita in uno spazio perennemente chiuso fanno in modo che rumore sia molto

forte, il rumore sordo e costante si vede incrementato dall’architettura penitenziaria

che fa in modo che il suono rimbombi in continuazioni, causando problemi all’udito,

sia del detenuto che del prigioniero.

Il gusto Per quanto riguarda il gusto, il cibo della prigione non suole essere molto gustoso e

soprattutto, normalmente, è insipido; sembra quasi che tutto abbia lo stesso sapore.

Il mangiare sempre cibi insipidi e non particolarmente gustosi, fa in modo che il la

percezione del gusto da parte delle persone subisca una variazione, rendendo il

soggetto sempre più insensibile verso la varietà di gusti presenti nei cibi.

L’olfatto Per quanto concerne, invece, l’olfatto possiamo dire che il carcere odora, e che tutti

i carceri odorano uguale: la prigione ha un odore che le è caratteristico, che arriva a

impregnare il detenuto e chiunque ci passi del tempo. L’odore così forte presente in

carcere è dovuto alla forte quantità di disinfettante che viene mescolato con acqua e

con cui vengono lavati i pavimenti e i locali.

Ecco, un’altra delle caratteristiche tipiche delle “istituzioni totali” è il fatto che queste

sono “povere olfattivamente”, ovvero gli odori sono limitati e, di conseguenza, viene

limitata anche la percezione che ne hanno gli individui.

Le alterazioni dell’immagine personale Bisogna sottolineare che non ci sono studi, che appunto investigano

dettagliatamente sulla percezione e l’alterazione dell’immagine personale per

quanto riguarda appunto i detenuti. Ci furono pochi studi sulla percezione

dell’alterazione dello schema corporale nei cosiddetti manicomi: alcuni di loro

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arrivavano a perdere coscienza proprio dei limiti del loro corpo e, a volte, non

riuscivano neanche a distinguerli con quelli della propria camera.

Qualcosa di simile viene sperimentato dal detenuto, fondamentalmente per due tipi

di fenomeni:

• In primo luogo arriva a perdere l’immagine del proprio corpo. Ciò è dovuto,

da una parte dalla totale assenza di intimità, cosa che reca delle notevoli

conseguenze sulla identità propria della persona, dall’altra parte produce

gravi effetti sulla propria immagine corporale (i detenuti perdono l’abitudine

di guardarsi allo specchio e quando si vedono non si riconoscono).

• In secondo luogo si disabitua a valutare le distanze, come succede a molti

pazienti in cura in ambienti psichiatrici si perde la capacità a valutare il

“quanto dista” a causa della confusione dei limiti del proprio corpo e

dell’ambiente circostante. Questo, ovviamente, risulta ancora più accentuato

in tutti i detenuti a regime speciale, ovvero quelli dichiarati particolarmente

pericolosi socialmente e che sono costretti a passare una buona parte del

loro tempo in una cella di isolamento.

Molto frequentemente si assiste alla non indifferente mancanza della cura della

persona, dovuta alla mancanza di bagni personali (perlomeno per cella) e alla

scarsa motivazione di curare se stessi e il proprio corpo. Diciamo che il fatto stesso

di “soggiornare” in carcere non fa altro che incentivare la mancata cura di se stessi,

del proprio aspetto e della propria persona, l’atto di lavarsi non è semplicemente un

atto igienico, ma è un atto con cui noi stessi curando il nostro corpo curiamo anche

la nostra persona. In carcere si crea un circolo vizioso, per cui per nessuno risulta

necessaria, anzi direi quasi inutile, la cura del proprio corpo. D’altronde possiamo

anche affermare che lo stesso stereotipo di detenuto non fa altra cosa che non

aggravare la situazione e che finisce anche ad intervenire anche nell’attenzione

sanitaria di se stessi: il detenuto arriva a un momento in cui il suo stesso corpo gli è

alieno.

La tensione muscolare Un altro aspetto delle conseguenze somatiche del soggiorno in prigione è quello

della tensione muscolare. Quasi invariabilmente il detenuto tiene i muscoli del corpo

quasi sempre tesi, questa situazione caratterizza la vita diaria in prigione è dovuta al

mescolarsi di una continua ansietà con una sensazione permanente di pericolo e

paura verso il futuro; si aggiunge la scarsa mobilità e pratica sportiva. Tutto ciò

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ovviamente non è senza conseguenze, si manifesta generalmente in dolori diffusi

soprattutto nelle zone del collo e in tutta la schiena. In relazione con quanto detto

prima, bisogna sottolineare che il detenuto suole tenere sempre le stesse posizioni

e ripercorrere gli stessi movimenti.

In questo senso c’è da dire che lo sport sarebbe un elemento molto importante, che

dovrebbe diventare fondamentale nei programmi di intervento in carcere, anche

perché permetterebbe ai detenuti una valvola di sfogo alla tensione sia emotiva sia

fisica accumulata durante le ore passate in prigione.

Conseguenze psicosociali del carcere. Qualsiasi tipo di condotta si produce in un contesto e deve rispondere, appunto, alle

norme dettate da questo contesto. Conseguentemente una condotta adottata in un

determinato contesto non deve necessariamente essere adottata anche in altri

ambiti.

L’adattamento alla situazione “anormale” della prigione suppone l’adozione di

modelli comportamentali adatti a quel modello e non ad altri. Senza dubbio in

carcere l’adozione di molti dei modelli considerati atti a quel contesto, non sono,

ovviamente, validi nei contesti della società di “fuori” e risultano chiaramente

inadatti, inefficaci e anche pericolosi.

In carcere il processo di adattamento ha le sue conseguenze.

Esagerazione delle situazioni Poiché la prigione è un “ambiente totale”, la vita del recluso sarà strutturata intorno

ad essa. Questo porta a che cose e situazioni che in un altro ambiente non

sarebbero degne di particolare importanza, acquisiscono una certo valore per quel

tipo di contesto “carcere”. Questa è una delle cause per cui avvenimenti irrilevanti,

possano svilupparsi in situazioni eccessivamente conflittuali, anche particolarmente

violente.

La differenza ora è che nel contesto penitenziario il singolo si trova costretto a

vivere la prigione permanentemente e ossessivamente. Il detenuto non solo vive in

prigione, ma addirittura si vede obbligato a “vivere la prigione”, elemento

fondamentale che aiuta a capire come il carcere stesso possa diventare un sistema

sociale alternativo.

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Autoaffermazione aggressiva o sottomissione di fronte all’autorità. In secondo luogo, poiché l’istituzione penitenziaria è una struttura poderosa fronte

alla quale il detenuto si identifica come debole; per mantenere un minimo livello di

autostima si vede costretto a autoaffermarsi di fronte a questo mezzo ostile. Date le

caratteristiche della prigione e l’evoluzione della sua “avventura bibliografica”,

frequentemente il recluso adotterà un’autoaffermazione aggressiva, sviluppando

una forte ostilità diretta a tutto ciò che è vincolato con l’istituzione. Questa

autoaffermazione aggressiva, vista dalla semplice realtà del detenuto, non è altro

che un meccanismo di adattamento della persona all’istituzione nella quale si trova.

Solo se l’internato riuscirà a mantenere la sua fermezza di fronte all’istituzione che

intenta riformarlo, potrà mantenere la sua autostima. Senza dubbio situazioni come

queste potrebbero portare a un eccessivo indurimento del regime penitenziario.

D’altra parte non tutti i detenuti utilizzano la autoaffermazione aggressiva nei

confronti dell’autorità come forma di adattamento all’ambiente in cui si trovano.

Ovviamente i meccanismi che le singole persone sviluppano per adattarsi

all’ambiente dipendono molto anche dalla biografia di ciascuno, dal suo percorso di

vita e dalle sue esperienze. Tuttavia dobbiamo sottolineare anche il fatto che proprio

all’interno del carcere, tra gli stessi detenuti, i delitti vengono ricategorizzati, ossia ci

sono delitti prestigiosi e altri meno considerati, che denigrano il suo esecutore. Tra i

propri detenuti si creano situazioni di marginalizzazione in base al tipo di delitto

eseguito: convertiranno in escluso il detenuto in questione e su di lui faranno cadere

molte aggressioni.

Nei casi di detenuti come questi, la situazione di profondo rifiuto da parte dei

compagni li spingono a usare come forma di sopravvivenza e di adattamento, la

sottomissione: la sottomissione assoluta all’autorità.

È per questo che i detenuti incarcerati per delitti, come per esempio le violenze,

sono coloro che più subiscono il processo di cui ho parlato prima e sono coloro che

per la particolare attitudine alla sottomissione, riescono ad accedere prima a

benefici penitenziari.

Tra i due estremi, aggressività e sottomissione, oscillano le varie forme di

adattamento all’istituzione penitenziaria. Quando, per esempio, il soggiorno di un

detenuto è abbastanza lungo, la sua strategia può svilupparsi in entrambe le

direzioni, in un difficile e fragile equilibrio tra le pressioni dell’istituzione alla

sottomissione e la realtà del gruppo di detenuti con le loro norme e i loro codici.

Quando però il periodo di internamento si prolungherà, al detenuto non resterà altra

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scelta che scegliere tra uno dei due estremi. Ancora una volta la capacità di scelta

del carcerato è molto ristretta, se non impossibilitata. Il suo comportamento è

fondamentalmente reattivo, limitandosi ad adattarsi passivamente alle contingenze

ambientali nella quali si trova.

Dominio o sottomissione nelle relazioni interpersonali. L’autoaffermazione aggressiva non solo si sviluppa nei confronti delle istituzioni, ma

diventa un elemento importante anche nel momento in cui si stabiliscono le relazioni

interpersonali tra i detenuti.

In un ambiente violento tutto diventa violento: chi per capacità di leadership, chi per

forza fisica, chi per altri motivi sono in condizione di dominare gli altri, lo fanno. Il

cameratismo e la solidarietà tra detenuti si manifestano di fronte all’istituzione, ma

non tra i carcerati stessi. Per tale motivo un detenuto che è capace di partecipare in

un affronto verso la polizia, è capace anche di carpire un altro detenuto per ottenere

qualcosa (per esempio droga ….).

Dall’altra parte l’istituzione penitenziaria raramente ha la capacità di garantire la

sicurezza del recluso, e questo si vede obbligato ad aggrupparsi ad altri, sia per

difendersi, sia per dominare. In questa maniera si configurano delle relazioni di

potere proprio tra gli stessi carcerati, canalizzate dallo stesso codice del recluso.

Alterazione della sessualità. Certamente l’ambito della sessualità merita un considerazione particolare nel

contesto delle relazioni interpersonali e del potere che si stabilisce nel carcere.

Anche se le comunicazioni di carattere intimo per un gran numero di detenuti allevia

il problema, non è sufficiente per soddisfare le pulsioni sessuali, che, tra l’altro,

aumentano a causa della situazione di stress provocata dalla prigione. Di

conseguenza si produce un’alterazione della sessualità che si manifesta in diverse

direzioni:

• In primo luogo le relazioni sessuali, che sono scarse, devono avvenire

all’interno del carcere, e, quindi, anch’esse vengono affette dalla situazione

di anormalità che suppone la vita in carcere. La relazione sessuale non

avviene come risultato di avvicinamento affettivo tra due persone, ma come

un semplice bisogno fisico. Il detenuto dispone di un breve lasso di tempo

appunto nel quale semplicemente provvede a soddisfare il bisogno.

• In carcere la vita è brutale, anche il sesso si imbruttisce e si imprigiona.

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• La masturbazione aumenta, soprattutto a livello quantitativo, e finisce per

essere la sola valvola di sfogo in possesso del recluso. Dato che il detenuto

ha, comunque, perso il contatto con la realtà, anche le fantasie che sviluppa

in relazione con il momento della masturbazione si distorgono.

• L’omosessualità, spesso, nel contesto penitenziario non è un’opzione

sessuale scelta liberamente, ma imposta dalla realtà della vita del recluso.

Non si para quindi di omosessualità, ma di sessualità alternativa, e non è

detto che si consolidi più avanti nella situazione di normalità.

In carcere tutto è suscettibile e può essere utilizzato come meccanismo di controllo

e di dominazione, quindi è frequente, che anche tra le mura delle prigioni, si

costituiscano reti di prostituzione, che, ovviamente, lasciano una profonda ferita in

chi cada in queste, sia per paura o per necessità.

Assenza di controllo sulla propria vita In queste condizioni di vita, fronte a una situazione istituzionale poderosa, violenta e

anormale e fronte a situazioni personali fortemente gerarchizzate e centralizzate, il

recluso finisce per non avere più nessun controllo sulla propria vita.

In primo luogo, a livello istituzionale, ciò dipende completamente dal regime dalla

prigione, che dirige tutte le attività dei detenuti. Niente dipenderà da lui, in carcere la

capacità di decidere viene ridotta alla minima espressione, non si può pianificare

niente, né il luogo, né il tempo dove si voglia stare, tutto è già deciso dall’alto.

Oltretutto le conseguenze del comportamento del detenuto dipendono molto da

come sono valutate dal personale del centro e ciò quasi sempre viene percepito

come qualcosa di estremamente arbitrario, in relazione con l’attitudine di affronto

sistematica, già analizzata precedentemente, e della generalizzazione di questa

attitudine verso l’istituzione e tutto il personale, che lo rappresenta.

In secondo luogo, al livello delle relazioni interpersonali, la sua condotta è

fortemente pressionata per le relazioni di potere che si vengono a creare all’interno

del carcere.

Stato di permanente ansietà In prigione si percepisce una situazione in cui “si sta sempre in pericolo” e questa

sviluppa uno stato di permanente ansietà, che finisce per diventare una costante

comportamentale che generalizza tutti i tipi di situazioni in cui si trova il recluso e

che lo porta a vivere ogni tipo di situazione con ansia e panico.

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Fronte alle aggressioni che possono arrivare da tutte le parti, come analizzato

prima, come meccanismo di difesa della propria salute personale, il detenuto si

vedrà costretto a proteggere il proprio io, cosa che, in un ambiente come il carcere,

lo porta a un egocentrismo esagerato. Per questo motivo tutto finisce ad essere in

funzione di se stessi e la sensazione di pericolo è talmente forte che il detenuto

difficilmente riesce a stabilire delle relazioni di vera solidarietà con i compagni.

Assenza di aspettative che riguardano il futuro Se il recluso non può controllare il suo presente, tanto meno controllerà il suo futuro.

A causa dell’estrema particolarità del comportamento che caratterizza la vita del

detenuto, sottolineata dalla continua imprevedibile direzione degli avvenimenti,

l’individuo, non potendo preventivare il presente, risulta totalmente incapace di

pensare al proprio futuro, incapace di pianificare la sua condotta in funzione ad

alcune aspettative, perché il carcere gli annulla le aspettative. Conseguentemente a

tutto ciò, l’individuo si lascia trasportare dalla situazione, configurando con ciò un

certo fatalismo che suppone un handicap importante che va a influire negativamente

nell’esito di un qualsiasi intervento di recupero della persona. In questo senso, la

mancanza di controllo sulla propria vita, che caratterizza la vita in prigione, si

converte in una difficoltà in più al recupero della persona.

È per questo che il fatalismo, tipico della vita in carcere, suppone una delle principali

conseguenze del processo di disadattamento sociale, che, tra l’altro, nel carcere

trova una delle caratteristiche speciali.

Durante la sua vita, una persona con problemi di adattamento sociale, apprende a

adattarsi sorprendentemente alle situazioni nelle quali si viene a trovare e, molto

spesso, riesce a trovarne anche dei lati positivi. Questa consistenza

comportamentale viene anche chiamata “abilità strumentale”, e implica un

adattamento momentaneo alle situazioni concrete che gli si propongono di volta in

volta. I problemi sorgono quando la condotta dell’individuo si scontra con la “risposta

giuridica”, ossia la risposta “istituzionale” al suo comportamento, soprattutto a partire

dall’ingresso in carcere, l’approccio dell’individuo verso il mondo e ciò che gli

accade cambia, ossia tutto viene trasformato in fatalismo. A partire da questo

momento, insomma, l’individuo vede la propria vita come un film, in cui lui è l’attore

secondare; ossia l’individuo non percepisce di avere nessuna influenza sul mondo

esterno e assume appunto il ruolo di attore secondario della propria vita. Si troverà

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a pensare frasi del tipo :”quello che mi dovrà succedere, capiterà”, senza avere

nessuna influenza su ciò che gli capita.

Inoltre, l’assenza di prospettive future, fa in modo che il condannato non solo viva in

carcere, ma si trovi addirittura a “vivere il carcere”. Questo provoca che la vita in

condizione da detenuto si svolga e si strutturi attorno ad esso e, pertanto, in

qualsiasi situazione, anche apparentemente insignificante può arrivare a convertirsi

non solo in importante, ma addirittura in maniera ossessiva.

Non è non indifferente anche il fatto che una delle caratteristiche del carcere è che

questo è che questo priva le persone anche nelle piccole cose. La vita noiosa tra le

mura della prigione porta a dare eccessiva importanza a cose che nella vita normale

non avrebbero importanza. Questo porta, ovviamente, a un eccessivo

impoverimento generalizzato della vita in carcere, cosa che implica, anche, una

“quotidianizzazione della vita”, ovvero, all’abitudine a una vita centrata

nell’immediato e niente di più.

Assenza di responsabilità. Dato che in prigione tutto è prestabilito, la vita scorre al margine del detenuto, che

finisce per non adottare che un’attitudine passiva, aspettando che le cose

succedano e che gli vengano date.

Questa situazione a-simbolica finisce in una autentica delegazione delle proprie

responsabilità, affidate all’istituzione di riferimento di quel momento. L’individuo

finirà per accettare passivamente ciò che gli viene concesso dall’alto, con grande

apatia, accettazione delle cose che si convertirà nel filo conduttore della sua vita;

poiché, comunque, mai ha avuto pieno possesso della propria vita. Per questo

motivo, se non pianifica, se non prevede il futuro, avrà meno problemi se lascerà

che il fato preveda per lui la sua vita, senza che egli possa pensare ad agire.

Riassumendo, si converte in apatico perché è la maniera più semplice di

sopravvivere e, nonostante molte volte lo tentino, riusciranno raramente a

cambiarlo.

Il problema di questa totale assenza di responsabilità diventa realmente

problematica nel momento in cui il detenuto ritorni in libertà: sarà una delle più gravi

conseguenze attitudinali sviluppate dalla prigione, che più vanno a perturbare le

possibilità di approfittare delle poche opportunità che gli vengano offerte.

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Perdita di vincoli Ovviamente il carcere è un’istituzione totale e, pertanto, è escludente. L’entrata in

prigione implica l’isolamento da tutto ciò che è il mondo di fuori, a partire da quel

momento qualsiasi tipo di contatto con il mondo di fuori si produce in prigione e

deve essere filtrato dall’istituzione penitenziaria, con alcuni criteri sommamente

restrittivi e limitandosi, frequentemente, ai familiari. Il recluso, quindi, vedrà

gradatamente restringersi le relazioni interpersonali che aveva al di fuori del

carcere, quando era in libertà.

Le persone che vivono all’esterno, soprattutto quelle con cui il detenuto aveva le

relazioni più intense, anche se in principio cercheranno di mantenere i contatti, con il

passare del tempo visiteranno sempre meno il detenuto, cercando, tra l’altro, di

ridefinire la loro vita anche senza la sua presenza. La conseguenza è che il

detenuto andrà progressivamente perdendo il suo ruolo rilevante nella vita di tali

persone e finirà per diventare un estraneo.

Ovviamente questa situazione finirà per avere serie ripercussioni sulla vita del

detenuto, sia all’interno del carcere –sentendosi sempre più solo –sia all’esterno,

quando sarà in libertà.

Da una parte il carcerato perderà progressivamente la nozione di realtà verso

l’esterno e i suoi ricordi andranno mano a mano distorti e si idealizzeranno sempre

di più. Oltretutto, poiché la percezione del tempo in prigione è comunque diversa, il

detenuto riprenderà le relazioni interpersonali lì dove le aveva lasciate, senza

pensare al fatto che dal suo ingresso in carcere è passato del tempo e che la realtà

può essere cambiata e, nella maggior parte dei casi, e possono esserci importanti

modifiche nella loro vita. Per questi motivi, quando il detenuto torna alla libertà,

molte volte non trova un ambiente familiare stabile e maturo e può anche capitare

che si trovi al margine e che tutto ciò possa essere fonte di nuove frustrazioni al che

si aggiungerà la situazione di ex carcerato, con tutto ciò che implica avere addosso

uno stereotipo del genere.

Dall’altra parte, poiché i vincoli con le persone all’esterno si continuino mantenendo,

tutto ciò avverrà sempre attraverso i vincoli e le regoli dell’istituzione e quindi, anche

le relazioni, che continueranno nonostante il periodo di detenzione, saranno

inevitabilmente distorte e saranno anch’esse affette dalle prerogative dell’istituzione

“carcere”. In particolare uno degli aspetti più duri del contesto penitenziario è la

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maniera nella quale si obbliga il detenuto a mantenere le proprie relazioni con

l’esterno204:

• In primo luogo, queste relazioni avverranno all’interno del contesto

penitenziario e del suo rispettivo linguaggio, quindi in questo caso non si

parla di visite per il detenuto, ma di “comunicazioni”. Il recluso non vede la

moglie, i parenti e gli amici, ma “comunica” semplicemente con loro.

Ovviamente le relazioni risentono anche del lessico con cui queste vengono

denominate e di conseguenza distorte;

• In secondo luogo, queste comunicazioni si realizzano attraverso del

“parlatorio”, che rende anormale la situazione e la limita a pochi minuti alla

settimana e dove non c’è la possibilità di nessun tipo di intimità.

La propria configurazione architettonica dei parlatori, nonostante leggere

cambiamenti dall’una all’altra, disumanizzano profondamente le relazioni

interpersonali, impedendo ogni tipo di contatto fisico e distorcono

gravemente la semplice comunicazione verbale. Per esempio non sono

inusuali i colloqui in cui bisogna parlare in un tubo e chi ascolta deve

avvicinare l’orecchio a un altro tubo. Tutto ciò avviene in un ambiente

estremamente rumoroso e molte persone per capirsi sono costrette a urlare.

• In terzo luogo le visite personali, chiamate “comunicazioni speciali”, poco

frequenti e considerate più che un diritto, un privilegio del detenuto. Molto

spesso anche le relazioni sessuali avvengono in queste comunicazioni

speciali, con annessi e connessi della situazione, e perdono il carattere che

è loro proprio, diventando una mera funzione biologica.

Alterazione dell’affettività: sentimento di abbandono. Prima di parlare di alterazione dell’affettività dovuta al carcere, bisognerebbe

analizzare anteriormente il cosiddetto processo di “disadattamento sociale”205,

processo, questo, che aiuta a comprendere con maggiore chiarezza le relazioni

affettive del detenuto. Questo processo si sviluppa in più momenti206:

• La sfiducia verso se stessi e verso gli altri. Le motivazioni di questa sfiducia

bisogna cercarle nelle esperienze negative continue nel corso della vita del

204 Valverde Molina, Jesus, “La cárcel y sus consecuencias. La intervención sobre la conducta desadaptada”Editorial Popular, 1991: pag 109 205 “Proceso de inadopción social” descritto da Jesus Valverde Molina 206 Valverde Molina, Jesus, “La cárcel y sus consecuencias. La intervención sobre la conducta desadaptada”Editorial Popular, 1991: pag 117

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singolo, soprattutto nel momento dell’adolescenza, momento in cui relazioni

affettive stabili possono favorire uno sviluppo di una personalità forte e di

una sicurezza personale e relazionale.

• In secondo luogo l’affettività alterata si manifesta mediante questo tipo di

indifferenza affettiva, questa si manifesta non solo come una mancata

preoccupazione nei confronti degli altri, ma anche verso se stessi. Il

disadattato pare viva in una teca, che lo isola dai sentimenti. Normalmente si

presenta frequentemente come un essere in-affettivo, duro e freddo, che

nonostante pare che rifiuti il contatto, nella realtà in lui è molto forte il fatto

che venga accettato. Anche per quanto riguarda la sua integrità l’indifferenza

è semplicemente un meccanismo di difesa, che lo protegge dalle frustrazioni

emozionali.

• Tra le due caratteristiche anteriori –sfiducia e indifferenza affettiva –la

relazione è molto stretta e si evidenzia con quella che viene chiamata in

psicologia “labilità affettiva”. Normalmente si suole considerare come tale

una forma di manifestazione dell’affettività, che, a dipendere da cambiamenti

ambientali apparentemente irrilevanti, fa in modo che l’individuo reazioni ora

in un modo ora in un altro. Si tratta di fluttuazioni molto sottili e che hanno a

che vedere con le interazioni individuo-situazione.

• L’insicurezza relazionale si manifesta mediante una crescente difficoltà a

esprimere le proprie emozioni.

Queste alterazioni dell’affettività divengono sempre più gravi mano a mano che

l’individuo attraversa i limiti imprecisi e indefiniti del disadattamento oggettivo ed

entra in relazioni istituzionali sempre più a-normalizzanti che finiranno per

coinvolgere sempre più la sua personalità.

Senza dubbio il processo di disadattamento non consiste in una situazione unica,

ma in una serie di eventi, che influiscono decisamente a creare una persona

disadattata.

Anche la situazione affettiva del recluso può seguire questo processo, e varia

progressivamente con l’evolversi delle situazioni. Esistono, principalmente, due

grandi momenti207 che concorrono a creare una situazione di forte disagio emotivo:

• Un primo momento corrisponde ai momenti iniziali dei processo di

imprigionamento, quando la persona (di solito giovane) entra in carcere per

le prime volte. In questo periodo la sua aggressività e la sua durezza 207 Ibidem: pag 121, 122

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emozionale predominano e nascondono profondamente la sua capacità di

affetto. L’incontro della persona con questo tipo di istituzione può essere

davvero fondamentale: si trova all’interno tutto d’un tratto all’interno del

carcere a dover sottostare apaticamente alle ferree regole penitenziarie e al

vuoto del tempo passato nel patio. In questo periodo la durezza emozionale

è ancora molto forte e si manifesta con tutte le tipiche azioni

comportamentali che ho descritto anteriormente: indifferenza, labilità… ecc

ecc; risulta davvero molto difficile relazionarsi con l’individuo in questione

(soprattutto nell’ambito della prigione). È possibile che mantenga qualche

relazione più o meno cordiale con qualche educatore che magari trova più

simpatico, però sempre mantenendo una certa distanza, senza

compromettersi e senza lasciar trapelare niente di se stesso. Senza dubbio

questa è una reazione completamente normale: vive in un ambiente forte,

coercitivo e con regole molto dure, che, in una certa maniera, gli ha

“distrutto” l’esistenza e, quindi, cerca di difendersi come può dall’ambiente

esterno.

• Nel momento in cui egli comprende la propria vulnerabilità, cambia di

posizione: prima si sentiva come inattaccabile, ora è il contrario. Nonostante

non sia ancora arrivato a un momento di fatalismo estremo, egli ora si vede

costretto per la sua stesso sopravvivenza a cedere e a sottomettersi. In

questo momento la durezza si converte in collera e durezza emozionale,

quello che Eisenck208 chiama “Psicoticismo”, però non come una causa di

una condotta disadatta, ma come una conseguenza della vita anormale che

si conduce in prigione. In questo momento non sono poco frequenti le fughe,

perché comunque il detenuto ancora non è familiarizzato con il carcere,

senza dubbio però non sono rare le aggressioni e i tumulti, soprattutto

dovute all’aggressività provocata dalla frustrazione. Comunque non sono

normalmente dei disordini seri, ma semplicemente delle azioni emozionali

collettive di fronte a un qualche comportamento percepito come ingiusto.

• Più avanti, quando per esempio il detenuto ha già davanti a se una lunga

esperienza penitenziaria, la situazione cambia profondamente. Il carcerato è

maturato “penitenziariamente” apprendendo a vivere in carcere, evitando il

più possibile i conflitti, senza comunque cedere. Fa sentire la sua voce solo

208 Il carattere come psicologia dei tratti Migone P, il ruolo terapeutico, 2000 consultato presso http://www.psychomedia.it/pm/modther/probpsiter/ruoloter/rt85-00.htm

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nel caso in cui viene offesa la sua dignità di detenuto. Affettivamente pare

che non sia cambiato niente, ossia è sempre poco confidente, indifferente,

labile e non mostra mai le proprie emozioni. L’unica cosa che cambia è che

la protezione che si era creato, per non farsi scoprire dagli altri, è

semplicemente aumentata di dimensioni e di spessore. Ora questa teca

protegge con forza la sua affettività dal mondo esterno. Durante gli anni

passati in carcere ha appreso a occultare la sua capacità di affetto, a cui,

comunque, si aggiunge anche il fatto che non ha potuto avere molti momenti

per se stesso e per la propria intimità. Per questi motivi, il detenuto finisce

per diventare un osservatore profondamente cinico.

La mancanza di confidenza e l’indifferenza affettiva sono dei meccanismi sani e

naturali, che il detenuto mette in atto semplicemente per difendersi, sia dalle

aggressioni che riceve, sia dall’aggressione implicita che consiste propriamente

nell’istituzione carcere.

Pare, appunto, che questa la forma di inaffettività di cui stiamo parlando e che,

senza ombra di dubbio, tiene la sua peculiarità proprio nel fatto che l’individuo è

entrato in contatto con l’ambiente istituzionale prigione. Ora a seconda del periodo

passato in carcere, il grado di inaffettività cambia e cambiano ovviamente anche le

sue conseguenze: per esempio nei giovani che hanno avuto un passato

penitenziario non particolarmente lungo, semplicemente cambiando l’ambiente

esterno si può modificare la condotta della persona. Ovviamente non si può dire lo

stesso per quanto riguarda persone che hanno trascorso in carcere periodi

considerevoli della loro vita: ecco in queste persona la durezza emozionale è

obiettivamente molto più dura e risulta molto più difficile cercare di ristabilirsi

emozionalmente.

Anormalità nel linguaggio Non ultima una delle conseguenze negative alla esperienza di un soggiorno in

carcere è il fatto che mano a mano che il carcerato passa tempo in prigione,

assume sempre di più termini esclusivi della vita in carcere e strettamente connessi

con questa, così come un tipo di intonazione particolare e un tipo di gesticolazione

differente.

In questo modo ciò che capita al detenuto è quello di andare via via assumendo il

lessico tipico del carcere e anche il modo di parlare si incorpora al processo che

l’individuo sta svolgendo.

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Il linguaggio si converte in un altro elemento in più di esclusione e di emarginazione

e che può, anch’esso, essere un elemento in più, al momento dell’uscita in libertà,

che concorrerà a renderlo sempre di più un essere emarginato vista la perdita di

lessico non indifferente e la conseguente difficoltà a comunicare con gli altri.

Bisogna sottolineare che molto spesso la maggior parte dei detenuti arriva in

carcere essendo in possesso di quello che si suole chiamare il linguaggio comune o

pubblico, che si differenzia da quello alto della classe media. In carcere, che

appunto è una istituzione totale, si possono notare nel lessico di un recluso le

seguenti dimensioni:

• Per quanto riguardano le parole: essendo il carcere una istituzione totale,

possiede delle un linguaggio proprio che la contraddistingue e che, in questo

caso, è un elemento in più che identifica il detenuto e, conseguentemente,

elemento in più che concorre a creare una situazione di emarginazione;

• Per quanto riguardano le costruzioni grammaticali: vengono usate frasi brevi

e poco elaborate, il tipo di discorso che si viene a creare è tipicamente

informativo

• Per quanto riguarda il linguaggio, che non è in se comunicazione, ma che si

trasforma in semplice informazione.

Il lessico di un qualsiasi carcerato finisce per essere molto povero per quanto

riguardano le inflessioni e le sfumature personali: tutti i detenuti parlano uguale! Ne

risulta un linguaggio ridotto e adattato semplicemente alla prerogative richieste dal

carcere e che, di conseguenza, stimola poco l’espressione delle proprie emozioni.

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Capitolo 1. Un sguardo su una realtà spagnola: il centro penitenziario di Albolote. La decisione di vedere dal “vivo” il carcere di Granada e la sua realtà è nata dalla

collaborazione attiva con la Asociación Pro Derechos Humanos de Andalucía, che

da anni lavora nel centro penitenziario di Granada, proponendo attività socioculturali

e fornendo assistenza giuridica ai detenuti e alle famiglie che ne facciano

richiesta209.

Tra i diversi centri penitenziari presenti in Andalucía, quello di Albolote è il carcere di

riferimento della città di Granada.

Secondo l’articolo 13 della Legge Organica Penitenziaria viene stabilito che

“gli stabilimenti penitenziari dovranno contare, nell’insieme delle sue

dipendenze, di servizi di camere individuali, infermerie, scuole biblioteche,

installazioni sportive e ricreative, laboratori, cortili, parrucchiere, cucine,

mense, parlatori individuali, dipartimenti di informazioni all’esterno, sale

esterne per relazioni familiari e in generale, tutti i servizi che permettano

sviluppare un’attività collettiva organizzata e un’adeguata classificazione degli

internati, in relazione con i fini che in ogni caso gli sono attribuiti”

Il centro penitenziario di Albolote, che

dista circa 22 km da Granada, risulta

essere un modello o tipo “ideale” di

centro penitenziario in stile con l’articolo

sopra riportato, essendo un ecosistema

autonomo.

Figura 1 ubicazione del centro penitenziario

209 è possibile consultare il sito internet dell’associazione su http://www.apdha.org/

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Dall’immagine che segue si può vedere come il centro penitenziario di Albolote sia

stato costituito con il fine che possa essere un nucleo urbano autosufficiente.

Figura 2 Visione aerea del carcere di Albolote (tratto da Aragón Carretero, Yolanda Análisis de las interveintervenciones educativas que se llevan a cabo con los internos de segundo grado del centro penitenciario de Albolote. Tesi dottorale)

Il centro penitenziario210, infatti, è composto da:

• moduli residenziali, che funzionano come macrosistemi indipendenti;

• edifici con fini culturali: scuola, laboratori di formazione occupazionale, aule

per attività culturali, asilo nido;

• edifici con fini sanitari (infermeria);

• edifici con fini sportivi, centro polisportivo, campo di calcio, piscina;

• prodotti comunitari (laboratori produttivi)

• uffici.

In totale sono presenti 14 moduli, di cui uno è il modulo di isolamento, un altro è

destinato a madri con figli minori di tre anni, un altro per donne senza figli e i

rimanenti per uomini.

I detenuti in terzo grado di trattamento, sia donne che uomini, non risiedono nel

carcere di Albolote, ma in una delle rimanenti sezioni del vecchio carcere di

210 Aragón Carretero, Yolanda Análisis de las interveintervenciones educativas que se llevan a cabo con los internos de segundo grado del centro penitenciario de Albolote. Tesi dottorale; pag 159

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Granada, situata in avenida de Madrid (pieno centro della città) vicino alla plaza de

toros.

A tal proposito sottolineerei, anticipatamente, il fatto che i detenuti intervistati nella

ricerca attualmente sono in terzo grado di trattamento e risiedono quindi nell’edificio

della vecchia carcere di Granada. Vorrei aggiungere, inoltre, che tutti i detenuti

vengono classificati solo successivamente, dopo aver scontato una parte di pena in

secondo grado, al terzo grado e che, quindi, tutti gli intervistati hanno scontato una

parte consistente della loro condanna nel centro di Albolote e successivamente

sono stati traslati alla seziona aperta.

Per quanto riguarda, invece, il personale lavorativo211 nel centro penitenziario:

• Le funzioni direttive sono sviluppate dal direttore e da 4 vicedirettori –che si

occupano rispettivamente del trattamento, della sicurezza, del settore

medico, e dell’amministrazione penitenziaria);

• Per quanto riguarda il settore del trattamento collaborano 47 persone

(Giunta di Trattamento) composte da differenti professioni e posti di lavoro:

educatori, tecnici, assistenti sociali, maestri, monitori, vicedirettore di

trattamento, giuristi ecc ecc ecc;

• Per quanto riguarda il settore amministrativo e burocratico sono destinati 59

funzionari;

• Per quanto riguarda il settore della Sanità collaborano 31 persone, tra

medici, infermieri e ausiliari;

• Per attendere ai servizi generali del centro (come elettricità, acqua,

cucina…) sono assunte una trentina di persone;

• Il resto dei funzionari ha una funzione di vigilanza e di custodia.

211 Ibidem; pag 160

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Graficamente il personale lavorativo è così suddiviso:

Figura 3 grafico personale lavorativo (tratto da Aragón Carretero, Yolanda Análisis de las interveintervenciones educativas que se llevan a cabo con los internos de segundo grado del centro

penitenciario de Albolote. Tesi dottorale).

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Capitolo 2. Evoluzione della popolazione internata relativa al Centro Penitenziario di Albolote. Prima di analizzare la situazione della popolazione penitenziaria del carcere di

Granada, è opportuno sottolineare il fatto che i dati, non essendo disponibili dati

“ufficiali”, sono stati tratti da tre differenti fonti: • La tesi dottorale della professoressa di scienze dell’educazione

dell’università di Granada Yolanda Aragón Carretero “Análisis de las

intervenciones educativas que se llevan a cabo con los internos de secondo

grado del Centro Penitenziario de Albolote” 2005

• Articoli di giornale reperibili su internet212

I dati213 tratti dalla tesi dottorale della professoressa Yolanda Aragón si riferiscono

all’anno 2003, ma essendo abbastanza esaustivi ed ampiamente descrittivi della

situazione carceraria ho ritenuto opportuno riportarli al fine di rendere più chiaro lo

studio.

Nel 2003 la popolazione penitenziaria era di 1557 reclusi, in aumento rispetto al

2002 di 72 persone.

Per quanto riguarda la suddivisione

per sesso nel 2003:

• 1417 internati di sesso

maschile;

• 140 di sesso femminile.

212 http://www.ideal.es/granada/20070807/local/prision-albolote-internos-carcel_200708071144.html 213 Aragón Carretero, Yolanda Análisis de las interveintervenciones educativas que se llevan a cabo con los internos de segundo grado del centro penitenciario de Albolote. Tesi dottorale; pag 163-165

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Per quanto concerne, invece, la situazione processuale-penale erano presenti nel

2003:

• 19 detenuti in primo grado

• 1048 detenuti in secondo grado

• 86 detenuti in terzo grado

• 27 detenuti preventivi

• 22 detenuti per arresti riguardanti il fine settimana

• 153 detenuti a cui ancora non era stato classificato il grado

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Per quanto riguarda il numero di stranieri detenuti nel centro penitenziario grandino

nel 2003 erano 170, così suddivisi:

L’articolo pubblicato, invece nell’Ideal (noto quotidiano grandino) il 7 agosto del

2007214 ci fornisce i seguenti dati:

• nel momento della pubblicazione il centro penitenziario contava di 1883

detenuti, in crescita, secondo quanto affermato dal quotidiano giorno dopo

giorno;

• rispetto al 2006 c’è stato un aumento di 232 detenuti rispetto al 2004, che

contava di 1624 reclusi totali;

• L’incremento, per quanto riguarda il sesso è stato di 215 uomini e 17 donne,

le quali rappresentano un 9% totale della popolazione;

• Rispetto agli altri centri penitenziari andalusi, quello di Albolote è quello che

conta il maggior numero di reclusi: Malaga ne conta 1846, Huelva 1823,

Cordoba 1805, Algeciras 1804 e Siviglia 1684.

Gli ultimi dati circa la popolazione penitenziaria del centro in questione possono

essere reperibili sul sito internet del Pais, e appunto, sono apparsi sul medesimo

214 La prisión de Albolote, con 1.883 internos, es la cárcel andaluza con mayor número de reclusos, 7 agosto 2007 tratto dal Ideal presso http://www.ideal.es/granada/20070807/local/prision-albolote-internos-carcel_200708071144.html

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quotidiano il 6 Aprile 2008215. I dati evidenziati dal quotidiano, riguardo ai reclusi,

sono i seguenti:

• La popolazione penitenziaria nell’aprile 2008 ha raggiunto le 1901 persone,

che, quindi, risiedono in un centro costruito per 1008 persone (vi è quindi un

fenomeno di sovrappopolazione decisamente notevole);

Per quanto riguarda, invece, uno spaccato sui dati demografici, ci possiamo sempre

riferire allo studio svolto –nel 2005 –dalla professoressa Yolanda Aragón Carretero.

Lo studio di cui riporto i dati è basato su un campione di 273 persone, le quali

partecipavano in maniera attiva a tre delle differenti aree formative offerte dal centro

penitenziario di Albolote:

• L’area “Educación de Adultos”, riguarda appunto l’area formativa scolastica;

• L’area che riguarda la formazione professionale;

• Le attività culturali.

Legenda per la comprensione dei grafici sottostanti

I detenuti sono stati intervistati secondo:

Educación de Adultos (E.A.) (131 persone intervistate)

Formazione Professionale Occupazionale (F.P.O.) (87 persone intervistate)

Attività culturali (A.C.) (55 persone intervistate)

I dati anagrafici tratti dalla ricerca della Prof. Yolanda Aragón Carrello e qui riportati

sono i seguenti:

• Età

• Sesso

• Stato civile

• Numero di figli

• Nazionalità

• Studi

(a) 215 Nuevo récord en la prisión de Granada El penal alcanza ya los 1.900 reclusos y casi dobla su capacidad original de 1.008, 6 aprile 2008, Il Pais consulato presso http://www.elpais.com/articulo/andalucia/Nuevo/record/prision/Granada/elpepiespand/20080406elpand_4/Tes

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• Caratteristiche lavorative

• Presenza in un centro di minori

• Consumo di droga

• Prima condanna

• Età prima condanna

• Familiari internati anteriormente

• Familiari internati al momento dello studio

• Condotta delittuosa

Età

In percentuale Dai dati tratti dalla ricerca possiamo notare come la maggior parte dei detenuti

intervistati ha tra i 26 e i 35 anni, e tra i 36 e i 45 anni.

Sono in netta minoranza le persone che superano i 45 anni e quelle che hanno tra i

21 e i 25 anni.

Età Meno di 21 anni

21-25 anni

26-35 anni

36-45 anni

Più di 45 anni

E.A. 3,8% 12,2% 48,9% 27,5% 7,6%

F.P.O. 0,0% 11,5% 44,8% 34,5% 9,2%

A.C. 0,0% 10,9% 38,2% 34,5% 16,4%

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Confrontando queste statistiche con quelle nazionali possiamo rilevare il fatto che i

detenuti intervistati sono in linea con le medie nazionali, in cui, appunto, viene

sottolineato il fatto che la maggior parte degli internati ha un’età media che va dai 25

ai 35 anni.

Sesso

In percentuale Per quanto riguarda il sesso, anche in questo caso, possiamo evidenziare la grande

preponderanza di uomini, rispetto alle donne. Sottolineerei anche il fatto, che

rispetto alla media nazionale e alla media del carcere stesso, in questo caso le

donne che partecipano alle attività formative offerte dal carcere sono in percentuale

maggiore.

SESSO Uomini Donne

E.A. 86,3% 13,7%

F.P.O. 79,3% 20,7%

A.C. 78,2% 21,8%

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Stato civile

In percentuale Degli intervistati della professoressa Yolanda Aragón Carrillo, la maggior parte di

loro è celibe, mentre una parte decisamente inferiore è sposata. I vedovi, in

compenso, sono in nettissima minoranza

STATO CIVILE

Sposato Celibe Vedovo Altro

E.A. 26,7% 51,9% 1,5% 19,8%

F.P.O. 26,4% 52,9% 4,6% 16,1%

A.C 30,9% 47,3% 0,0% 21,8%

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numero di figli

In percentuale

NUMERO DI FIGLI

Senza figli Uno Due Più di due

E.A. 40,5% 22,1% 19,8% 17,6%

F.P.O. 34,5% 18,4% 26,4% 20,7%

A.C. 34,5% 20,0% 21,8% 23,6%

In larga maggioranza i detenuti coinvolti nello studio non hanno figli, mentre gli altri

si distribuiscono in maniera uniforme tra chi ha un figlio unico e chi invece ne ha più

di uno.

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156

Nazionalità

In percentuale

NAZIONALITA’

Spagnola Altra

E.A.

82,4% 17,2%

F.P.O.

100,00% 0,0%

A.C.

94,5% 5,5%

Una grande e consistente maggioranza degli intervistati è di nazionalità spagnola,

mentre neanche un 20% è straniero.

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caratteristiche formative

studi

In percentuale

STUDI Analfabeta Elementari Scuole secondarie

Università Altro

E.A.

34,4% 48,9% 13,0% 3,8% 0,0%

F.P.O. 29,9% 54,0% 14,9% 0,0% 1,1%

A.C. 10,9% 63,6% 25,5% 0,0% 0,0%

Una grande percentuale degli intervistati ha frequentato solo le scuole elementari e

una percentuale inferiore, ma decisamente non irrilevante non ha finito le scuole

elementari o è analfabeta.

Una percentuale ancora inferiore ha frequentato fino alle scuole secondarie (medie

e superiori), mentre una parte quasi nulla di persone ha frequentato anche

l’università.

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caratteristiche lavorative

In percentuale SITUAZIONE LAVORATIVA

Senza lavoro

Disoccupato Libero professionista

Lavoratore dipendente

Altro

E.A. 16,0% 13,7% 32,8% 37,4% 0,0%

F.P.O. 17,2% 17,2% 25,3% 39,1% 1,1%

A.C. 14,5% 20,0% 27,3% 34,5% 3,6%

Per quanto riguarda, invece, la situazione lavorativa la maggior parte dei detenuti ha

dichiarato, che prima della condanna, aveva un impiego o come lavoratore

dipendente o come libero professionista. Una parte non maggioritaria (all’incirca un

40% totale), ma comunque importante dei detenuti ha dichiarato che prima della

condanna o era senza lavoro o era in stato di disoccupazione.

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159

Condotta delittuosa.

Presenza in un centro per minori

In percentuale

Solo una minoranza delle persone intervistate ha avuto precedenti esperienze in

centri minorili di recupero, mentre la maggioranza delle persone o è alla prima

condanna o, se ha avuto precedenti condanne, sono state tutte scontate a partire

dalla maggiore età.

CENTRO MINORI

Si No

E.A.

13,7% 86,3%

F.P.O.

21,8% 78,2%

A.C.

9,1% 90,9%

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160

consumo di droghe

In percentuale

La gran parte degli intervistati ha avuto o al momento dell’intervista ha ancora

problemi legati all’utilizzo di sostanze stupefacenti. Questo dato è molto importante,

perché comunque la maggior parte dei crimini commessi (quelli contro il patrimonio

e contro la salute pubblica) molto spesso sono strettamente legati al problema del

consumo della droga.

In totale direi che solo un 30% dei detenuti intervistati dalla professoressa non

consumano droga.

CONSUMO DI DROGHE

Si No

E.A.

74,8% 25,2%

F.P.O.

83,9% 16,1%

A.C.

7,9% 29,1%

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161

prima condanna

In percentuale

Una parte considerevole dei detenuti, all’incirca un 60%, al momento dell’intervista è

alla sua prima condanna.

Un rimanente 40% ha già avuto precedenti esperienze in ambiente penitenziario.

Si No

E.A.

58,8% 42,0%

F.P.O.

51,7% 48,3%

A.C.

56,4% 43,6%

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età prima condanna

In percentuale

Per quanto riguarda coloro che hanno già avuto precedenti condanne, una gran

parte di essi ha avuto la prima condanna sotto i 21 anni, a seguito coloro che sono

stati condannati per prima volta tra i 26 e i 35 anni e poi tra i 21 e i 25 anni.

Le altre fasce di età sono in percentuale decisamente minore.

Da questa tabella possiamo evincere che la fascia d’età media della prima

condanna è decisamente molto molto bassa.

ETA’ PRIMA CONDANNA

Meno di 21 anni

21-25 anni

26-35 anni

36-45 anni

Più di 45 anni

E.A. 35,1% 23,7% 26,7% 11,5% 3,1%

F.P.O. 42,5% 23,0% 23,0% 10,3% 1,1%

A.C. 34,5% 21,8% 21,8% 12,7% 9,1%

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familiari internati anteriormente

In percentuale

Dei detenuti intervistati all’incirca un 60% non ha avuto familiari internati in un centro

penitenziario prima del momento della loro condanna. La cifra, ovviamente, non ci

lascia indifferenti, lasciando denotare che comunque la percentuale di coloro che

hanno avuto parenti o amici condannati è del 40%, sicuramente cifra non

indifferente per un indicatore di questo tipo, che, ovviamente, sta ad indicare il tipo

di ambiente da cui proviene il detenuto.

Si No

E.A.

39,8% 61,2%

F.P.O.

48,3% 51,7%

A.C.

41,8% 58,2%

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familiari internati al momento dello studio

In percentuale Invece se analizziamo la situazione al momento dello studio, possiamo notare come

una media del 70% dei detenuti non ha parenti in carcere. Anche per questa tabella

non è indifferente il la percentuale di detenuti, che, nel momento stesso in cui sta

scontando la pena, ha familiari internati in un qualche centro penitenziario: un 30%.

Si No

E.A.

22,1% 77,9%

F.P.O.

32,2% 67,8%

A.C.

32,7% 67,3%

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Condotta delittuosa

In percentuale CONDOTTA DELITTUOSA

Contro la proprietà

Contro la salute pubblica

Mista Altro Non risponde

E.A. 30,5% 39,7% 9,2% 19,8% 0,8% F.P.O. 51,7% 28,7% 6,9% 11,5% 1,2% A.C. 29,1% 34,5% 20,0% 16,4% 0,0%

L’analisi della condotta delittuosa va ad evidenziare un fatto già emerso nelle

precedenti statistiche, a livello nazionale spagnolo, ovvero che quasi tutti i delitti

condannati si dividono in larga misura tra quelli contro la proprietà e quelli contro la

salute pubblica. Gli altri delitti contemplati dal codice civile spagnolo contano una

percentuale decisamente inferiore e minoritaria

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166

Capitolo 3. Le interviste: il questionario proposto. 3. 1 Introduzione alle interviste Come precisato anteriormente l’idea di analizzare da dentro la realtà di Albolote

nasce, appunto, dalla collaborazione attiva come volontaria con un’associazione

granadina la “Asociación Pro Derechos Humanos de Andalucía” (APDHA) che, tra

le altre attività, si occupa di carcere da più di vent’anni. Nello specifico le attività

svolte dall’associazione nella realtà di Albolote sono le seguenti:

• Laboratori socioculturali all’interno del centro penitenziario;

• Collaborazione e assistenza con le famiglie dei detenuti;

• Attività di mediazione tra detenuti, al fine di risolvere le eventuali

incompatibilità;

• Assistenza legale ai detenuti e alle loro famiglie dai legali dell’associazione.

Eventuali delucidazioni sulle attività svolte dall’associazione sono consultabili presso

il sito internet http://www.apdha.org/ .

Come volontaria sono stata spesso coinvolta nelle varie attività dell’associazione e

sono stata a lungo in contatto con gli altri volontari, che hanno collaborato anche

all’interno del centro penitenziario di Albolote, gestendo laboratori socioculturali

destinati ai reclusi.

Dalla partecipazione regolare nel gruppo “carceles” di APDHA è scaturita la voglia di

sapere dai “diretti interessati”, ovvero i detenuti e i funzionari, come realmente loro

vivessero il carcere. L’obiettivo dell’indagine è stato quello di vedere se

effettivamente “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”, ovvero quali sono gli

elementi concordanti discordanti tra la realtà delle leggi e la realtà dell’ambiente

penitenziario.

Un appunto che vorrei sottolineare è il fatto che tutte le interviste sono avvenute

nell’ambito penitenziario (nel Centro Penitenziario di Albolote quelle rivolte ai

funzionari e nella sezione aperta di Granada quelle rivolte ai detenuti), che di per se

come istituzione non è molto agevole e che per portare a termine le interviste sono

state necessarie “peripezie” diplomatiche non indifferenti.

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167

3. 2 Le interviste e la metodologia usata. Le interviste totali a funzionari, in ambito educativo e detenuti sono state 14, così

suddivise:

• 1 educatore

• 1 assistente sociale

• 1 psicologa

• 1 maestro

• 10 detenuti (di cui 8 uomini e due donne)

L’intervista proposta è stata un’intervista aperta sulla guida di un questionario a

risposta aperta.

3. 2. 1 Il questionario proposto ai funzionari

Per prima cosa vorrei sottolineare che il questionario somministrato è stato

supervisionato e controllato dalla responsabile dei servizi sociali del Centro

Penitenziario di Albolote e della sezione aperta di Granada.

I funzionari intervistati si occupano dell’area educativa, ovvero dei programmi di

trattamento proposti al detenuto, sulla base di quanto viene sancito per legge.

Ricapitolando sono state 4 le figure professionali intervistate nel carcere di Albolote,

funzionari che lavorano con detenuti di primo, di secondo e di terzo grado. I

professionali contattati sono stati:

• 1 educatore

• 1 assistente sociale

• 1 psicologa

• 1 maestro

Essendo l’intervista aperta ed essendo il ruolo dei funzionari molto diverso tra loro,

ho pensato opportuno basare le interviste su alcuni punti base e poi differenziarle a

seconda del ruolo professionale svolto all’interno del centro penitenziario.

Le linee base che hanno guidato le interviste sono state:

• definire il proprio lavoro;

• la sua percezione;

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168

• il rapporto con i detenuti;

• un’auto-valutazione del proprio lavoro;

• il carcere reintegra?

In base a queste linee guida i questionari sono stati caratterizzati a seconda del

ruolo istituzionale rivestito dall’intervistato.

Il questionario rivolto all’educatore e all’assistente sociale sono stati caratterizzati in

base a domande che potessero riferire:

• quali fossero i programmi e le attività messe in pratica con i detenuti

• l’interesse da parte dei reclusi al tipo di trattamento offerto

• i problemi principali riscontrati nel lavoro

• l’efficacia dei programmi in riferimento al ritorno alla libertà del detenuto

• una previsione di come il professionista vede la vita del detenuto dopo il

carcere.

Per quanto riguarda, invece, il questionario proposto alla psicologa, si è basato sui

seguenti punti:

• le caratteristiche del proprio lavoro

• i programmi portati di assistenza psicologica portati a termine con i detenuti

• come, a livello soggettivo, sviluppa il proprio lavoro

• le difficoltà del lavoro in carcere

• i problemi incontrati nella relazione con gli internati

• l’efficacia del sistema penitenziario spagnolo

• la vita del detenuto dopo il carcere.

Per il questionario diretto al maestro del centro penitenziario di Albolote, le linee che

hanno guidato l’intervista sono state:

• la percentuale di detenuti che accedono agli insegnamenti della scuola

• il livello di alfabetizzazione

• il tipo di programmi portati a termine con i detenuti

• l’interesse dei reclusi verso gli insegnamenti proposti

• come prevede la vita del detenuto dopo il carcere

A seguito il testo del questionario proposto

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Preguntas para educatores

1. ¿Cuales son los programas o las actividades que usted lleva a cabo con los presos?

2. ¿Hay muchos interes por parte de los detenidos hacia los programas educativos ofrecidos de la prisión?

3. ¿Cuales son los problemas principales que usted encuentra en su trabajo y en su relación con los presos?

4. ¿Usted piensa que las actividades propuestas son utiles para los presos cuando ellos vuelvan a la libertad?

5. ¿Como evalua el resultado de su trabajo?

6. ¿Como vee usted la vida de un preso despues de la prisión? O sea, piensas que los presos consigan cambiar su propio chip, o manera de pensar, en el periodo que pasan en prisión?

7. ¿Según las leyes (constitución española, ley organica penitenciaria, reglamento penitenciario) el fin de la carcel seria reeducar los presos. Piensas que la prision consigue este objetivo?

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Preguntas para trabajadores sociales

1. ¿Cuales son los programas o las actividades que usted lleva a cabo con los presos?

2. ¿Hay muchos interes por parte de los detenidos hacia los programas educativos ofrecidos de la prisión?

3. ¿Cuales son los problemas principales que usted encuentra en su trabajo y en su relación con los presos?

4. ¿Usted piensa que las actividades propuestas son utiles para los presos cuando ellos vuelvan a la libertad?

5. ¿Como evalua el resultado de su trabajo?

6. ¿Como vee usted la vida de un preso despues de la prisión? O sea, piensas que los presos consigan cambiar su propio chip, o manera de pensar, en el periodo que pasan en prisión?

7. ¿Según las leyes (constitución española, ley organica penitenciaria, reglamento penitenciario) el fin de la carcel seria reeducar los presos. Piensas que la prision consigue este objetivo?

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171

Preguntas para psicologos

1. ¿Cuales son los programas que usted lleva a cabo con los presos?

2. ¿Como desarrolla su trabajo en prisión?

3. ¿Los presos normalmente colaboran con ustedes? Cual es el porcentaje de personas que deciden colaborar y llevar a cabo “activamente” programas de reeducación?

4. ¿Cuales son las dificultades reales que encuentras en su trabajo y en la relación con los presos?

5. ¿Cuales son, segun usted, los problemas más relevantes que afectan los presos con los cuales trabajas?

6. ¿Como evalua el risultado de su trabajo?

7. ¿Como vee usted la vida de un preso despues de la prisión? O sea piensas que los presos consigan cambiar su propio chip, o manera de pensar en el periodo que pasan en prisión?

8. ¿Según las leyes (constitución española, ley organica penitenciaria, reglamento penitenciario) el fin de la carcel seria reeducar los presos, piensas quel la prision consigue este objetivo?

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Preguntas para maestros

1. ¿Cual es el porcentaje de presos que acuden a tu enseñanza? Es

muy alto?

2. ¿Entre sus alumnos hay un alto porcentaje de personas que son totalmente analfabetas o que tienen un bajo nivel de alfabetización? Entre ellos hay muchos extranjeros?

3. ¿Cuales son los programas que usted lleva a cabo con los presos? Puede explicar su metodo de trabajo con ellos?

4. ¿Cuales son los problemas principales que usted encuentra en su trabajo y en su relación con los presos?

5. ¿Encuentra en ellos interes hacia su enseñanza?

6. ¿Como evalua el resultado de su trabajo?

7. ¿Como vee usted la vida de un preso despues de la prisión? O sea piensas que los presos consigan cambiar su propio chip, o manera de pensar en el periodo que pasan en prisión?

8. ¿Según las leyes (constitución española, ley organica penitenciaria, reglamento penitenciario) el fin de la carcel seria reeducar los presos, usted piensa que la prisión consigue este objetivo?

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3. 2. 2 Il questionario proposto ai detenuti. Innanzitutto vorrei sottolineare che anche il questionario che è stato somministrato

ai reclusi intervistati è stato supervisionato dalla responsabile dei servizi sociali del

Centro Penitenziario di Albolote e della sezione aperta a Granada, con la quale mi

sono relazionata per accedere ai detenuti e ai funzionari con i quali parlare.

Il questionario proposto agli internati si basava fondamentalmente su due linee

guida:

• L’esperienza del carcere;

• Le aspettative del dopo carcere.

Per quanto riguarda il primo aspetto riguardava appunto l’esperienza personale del

detenuto nel carcere di Granada, dell’esperienza ad Albolote nel secondo grado di

trattamento e dell’esperienza successiva nella sezione aperta.

Dunque le domande basate sull’esperienza nel centro penitenziario sono state

focalizzate sui seguenti aspetti:

• Un brain storming (però individuale) sui concetti associati all’esperienza del

carcere;

• In base ai concetti espressi, un descrizione dell’esperienza personale;

• La partecipazione a eventuali corsi di formazione, laboratori, scuole ecc ecc,

una valutazione delle partecipazioni effettuate, anche in relazione al futuro;

• Gli aspetti positivi e negativi del carcere

Per quanto riguarda il futuro le domande sono state focalizzate sui seguenti aspetti:

• Un brain storming (sempre individuale) sulle aspettative del dopo carcere e

della libertà

• In base ai concetti espressi in precedenza, una descrizione sulle aspettative

del dopo carcere e sul come sviluppare e portare a termine tali “desideri”.

Il questionario che venne proposto ai dieci detenuti della sezione aperta del carcere

di Granada:

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174

Nombre Años

1. ¿Puedes describir tu experiencia en la carcel con cinco palabras?

2. ¿En base a estas cinco palabras querrias hablarme de tu experiencia personal en prisión?

3. ¿En el periodo que has pasado en la carcel piensas de haber aprendido algo (cursos de formación, talleres, escuela...) que te pueda servir para cuando salgas de prisiòn?

4. ¿Cuales son los aspectos más positivos que has encontrado en la vida en la carcel? Y los más negativos?

5. ¿Podrias describir lo que esperas de la vida afuera de la càrcel con otras cinco palabras?

6. ¿En base a estas cinco palabras te apeteceria hablar de lo que tu te esperas de la vida afuera de la càrcel?

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175

Capitolo 4. Analisi alle interviste ai funzionari del centro penitenziario di Albolote.

4. 1 Alcuni aspetti introduttivi. Prima di analizzare le interviste in se, vorrei precisare alcuni elementi che hanno in

un certo senso segnato l’andamento dello studio:

• La rigidità delle norme

• La rigidità degli orari lavorativi

Per quanto riguarda l’aspetto relativo al controllo e alla rigidità delle norme vorrei

sottolineare che il semplice fatto che le interviste dei funzionari e dei detenuti si

siano svolte all’interno delle mura penitenziarie, ha obiettivamente creato dei

problemi dovuti alla natura stessa dell’ambiente stesso. Gli ostacoli

fondamentalmente sono dovuti, non tanto alla non partecipazione degli intervistati,

quanto dai paletti posti dall’istituzione stessa. E quindi: la necessità di fornire in

largo anticipo i dati anagrafici per i controlli di routine per quanto riguarda la

sicurezza e, di conseguenza, la necessità di un ordine puntuale per poter entrare

nel centro penitenziario di Albolote senza problemi.

Il secondo aspetto che mi ha senza dubbio messo in difficoltà è stato la rigidezza

degli orari lavorativi dei funzionari: poiché le interviste si sono svolte nell’orario

lavorativo dei funzionari intervistati, purtroppo il tempo a disposizione è stato

segnato dal problema di poter intervistare tutti.

4. 2 Le interviste Come già riferito in precedenza, i funzionari intervistati sono stati:

• Un educatore

• Un assistente sociale

• Una psicologa

• Un maestro

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Tutti i funzionari intervistati lavorano esclusivamente nel centro penitenziario ad

Albolote, mentre la psicologa alterna il suo lavoro tra Albolote e la sezione aperta di

Granada.

Per analizzare in maniera appropriata è opportuno innanzitutto analizzare le linee

guida che hanno caratterizzato i questionari e quindi:

• Definire il proprio lavoro;

• La sua percezione;

• Il rapporto con i detenuti;

• L’auto-valutazione del lavoro effettuato;

• Il carcere reintegra?

Il lavoro all’interno del centro penitenziario di Albolote Per quanto riguarda l’attività lavorativa degli intervistati:

l’educatore L’intervistato, nel centro penitenziario di Albolote, si occupa di accogliere le persone

appena ingessate, siano essi condannati o preventivi, li intervista, valuta i dati

personali, analizza la fedina penale e, in base alle informazioni raccolte, propone il

modulo a cui potrebbero essere destinati i detenuti. La giunta di trattamento

conseguentemente, si occuperà di analizzare il rapporto e di approvare la

destinazione.

Per quanto riguarda gli altri educatori, che sono in totale 14 uno per ogni modulo, il

compito di ognuno è quello di occuparsi dei detenuti del modulo cui appartengono e

di proporre loro attività e laboratori.

l’assistente sociale L’assistente sociale intervistata, invece, è membro dell’equipe di trattamento e si

occupa, quindi, della parte sociale riguardante il trattamento dei detenuti. Il suo

lavoro è lo studio personale dei detenuti, a livello individuale, per definire sia il grado

di trattamento, per la sua revisione e sia per quanto riguarda i permessi per il fine

settimana e per le altre attività che possono riguardare il trattamento del detenuto.

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177

L’intervistata si occupa anche di intermediare con la famiglia e gli amici del recluso,

che possono sia fornire informazioni utili riguardo alla persona interessata sia

essere la sua destinazione quando ottiene i permessi di uscita.

La psicologa Rispetto a tutti gli altri funzionari intervistati, la psicologa, lavora sia ad Albolote, sia

nella sezione aperta dove risiedono i detenuti in terzo grado.

L’intervistata personalmente si occupa di due ambiti:

• Un programma di trattamento relativo al problema della droga e della sua

ricaduta –nella sezione aperta: il suo lavoro è quello di intervistare i reclusi,

di parlare con loro e di pensare come risolvere il problema della

tossicodipendenza. Per raggiungere tale fine la psicologa si relaziona con i

servizi sociali “esterni” al centro penitenziario e con i fautori dei vari

programmi contro la ricaduta nella tossicodipendenza offerti dal servizio

sanitario spagnolo perché possano lavorare con il detenuto per risolvere il

problema. Il suo lavoro, quindi, consiste anche nel mediare tra i servizi

sociali che si occupano di terapie per il recupero dei tossicodipendenti e il

detenuto stesso, che necessita di tali aiuti;

• L’elaborazione di relazioni diagnostiche sui detenuti, sia per definire il grado

di trattamento iniziale e per la sua revisione successiva, sia per la

concessione dei permessi di uscita, per quanto riguarda detenuti di primo e

secondo grado di trattamento e che risiedono ad Albolote.

Il centro penitenziario, sia per quanto riguarda il primo e il secondo grado, sia per il

terzo, fornisce anche programmi di assistenza psicologia per quanto riguarda:

• La violenza di genere;

• Gli abusi sessuali;

• Il problema della droga.

il maestro l’intervistato lavora nel centro penitenziario di Albolote, nel corso scolastico di

educazione per adulti offerto ai detenuti. Ora la scuola per adulti è denominata

“centro di educazione permanente” e consiste nei seguenti livelli:

Il primo livello: riguarda l’alfabetizzazione e, appunto, si occupa di tre differenti

ambiti:

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178

• l’alfabetizzazione dalle basi di coloro che sono totalmente analfabeti;

• i neolectores (neolettori), ovvero si occupa di coloro che hanno le

conoscenze basilari della lingua spagnola e che, tuttavia, sono molto carenti

per quanto riguardano le conoscenze di base (per esempio persone che

hanno serie difficoltà a leggere);

• la scuola per stranieri.

Il secondo livello: riguarda il consolidamento delle conoscenze di base che

riguardano la lingua e la cultura spagnola.

Il terzo livello: riguarda l’educazione secondaria per adulti (Educación Secundaria

para Adultos –ESA) un equivalente della scuola media superiore, però destinata agli

adulti. Gli insegnati di questo livello sono professori specializzati nelle materie

prefissate e non i semplici maestri e, quindi, vengono assunti dall’esterno del

carcere. Di tutti i detenuti complessivi che accedono al servizio scolastico, solo un

15% accede a questo corso.

Il maestro intervistato è docente, all’interno del centro penitenziario, di secondo

livello e, quindi, si occupa di approfondire le basi della lingua e cultura spagnola.

È importante anche sottolineare la frequenza di tali corsi, infatti di tutti i detenuti che

accedono al servizio scolastico:

• un 30% è nel primo livello

• un 55% è nel secondo livello

• un 15% è studente ESA

La percezione del proprio lavoro Per quanto riguarda la percezione del proprio lavoro, mi riferisco a come ogni

intervistato personalmente “vive” il proprio lavoro all’interno del centro penitenziario.

Il lavoro viene percepito positivamente da tutti i reclusi

L’educatore

Per l’educatore intervistato la percezione del proprio lavoro è strettamente collegata

alla relazione cha ha con i detenuti, infatti è uno dei funzionari intervistati che, con il

maestro, passa buona parte del suo tempo lavorativo con loro. Si dichiara

complessivamente soddisfatto del proprio lavoro e riscontra come problema

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179

principale il comportamento di molti detenuti: molto spesso non sono capaci di

sfruttare pienamente l’aiuto che ricevono dai funzioni e non soddisfano le attese che

si hanno su di loro, per quanto riguarda le aspettative rispetto al loro futuro.

Il problema di fondo, quindi, è il fatto che molto spesso i detenuti non reagiscono

agli stimoli come si spererebbe e questo provoca una senso di impotenza nel

lavoro.

Comunque sempre al riguardo della “reazione” del detenuto allo stimolo, l’educatore

ci tiene a precisare che molto spesso la maggior parte dei detenuti vivono una

situazione molto difficile e complicata. Nella maggioranza dei casi il loro

comportamento è anche collegato al problema della droga, che, senza ombra di

dubbio, influisce in maniera non indifferente sul comportamento delle persone.

L’assistente sociale La visione dell’assistente sociale circa il lavoro che svolge ha due risvolti:

• il rapporto con i detenuti, fondamentalmente molto positivo;

• le scarse risorse offerte dal centro penitenziario, che rendono il lavoro

sicuramente molto più difficile.

In questo paragrafo non mi soffermo ad analizzare la relazione con i detenuti, che

verrà approfondita più avanti.

L’assistente sociale percepisce il proprio lavoro in maniera molto positiva, pensa

realmente che la sua persona possa essere un aiuto utile ai detenuti, detto questo

però lei racconta che si potrebbe fare molto di più, se le modalità in cui lavora lo

rendessero possibile. Il problema principale, quindi, sono le scarse risorse fornite

proprio dal centro penitenziario e dalla carenza di personale, infatti il carcere di

Albolote è stato costruito una decina di anni fa per 1008 persone, mentre ora gli

internati sono più di 1900 e, tuttavia, il personale lavorativo dell’ambito educativo è

sempre rimasto lo stesso. La lamentela-accusa, quindi, è quella di non avere

abbastanza tempo da dedicare ai detenuti con cui lavora.

L’assistente sociale, in sostanza, percepisce il proprio lavoro in maniera molto

positiva, per quanto concerne la sua relazione con i detenuti; tuttavia è negativa per

quanto riguarda le risorse messe a disposizione del centro penitenziario, cosa che

influisce decisamente sulla valutazione complessiva.

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La psicologa Anche la psicologa intervistata percepisce il proprio lavoro in maniera decisamente

positiva; ne è soddisfatta, nonostante sia disillusa del fatto che sia obiettivamente

difficile riuscire a reintegrare le persone che entrano in prigione.

I problemi che caratterizzano la buona riuscita del proprio lavoro sono:

• i detenuti stessi, che non accettano aiuto;

• la carenza di risorse da parte del centro penitenziario;

• la mancanza di coordinamento tra i vari professionisti che lavorano in

prigione.

Per quanto riguarda la relazione con i detenuti, la psicologa dice che il lavoro con

loro risulta essere difficile, perché molto spesso sono loro che ritengono di non

avere bisogno di aiuto. Nello specifico, per esempio esaminando il problema della

droga, molti dei reclusi ritengono di aver risolto la loro tossicodipendenza

semplicemente con l’astemia dovuta al soggiorno in prigione, ma poi – cosa che

capita molto spesso – molti di loro, al momento di tornare in libertà, al primo

problema che incontrarono ricominciano ad assumere sostanze stupefacenti.

Il problema è dovuto al fatto, da una parte, che il trattamento è volontario e, quindi,

di conseguenza non si può “obbligare” nessuno a seguirlo; dall’altra parte molto

spesso i detenuti pensano di “non avere bisogno di nessuno” e, per questo rifiutano

gli aiuti offerti dal centro penitenziario.

Un altro problema che impedisce lo svolgimento ottimale del lavoro è la carenza di

risorse e di personale, per cui non c’è una disponibilità sufficiente di professionali

per poter attendere i reclusi in maniera efficace: in questo senso per loro risulta

essere molto difficile seguire a livello individuale i detenuti. Oltretutto questa carenza

di personale fa anche in modo, che purtroppo, non tutti i detenuti che lo desiderino

possano accedere ai programmi psicologici offerti dal centro penitenziario.

Un problema ulteriore, che mina senza dubbio il buon andamento del lavoro, è il

fatto, che, come dice l’intervistata, non vi è coordinamento tra i vari professionali che

lavorano in prigione, e, di conseguenza, è molto difficile riuscire a reintegrare un

detenuto.

La psicologa è l’unica intervistata che parla del problema politico, ovvero che

dipendendo dal partito politico al potere cambia anche il modo di attuare all’interno

del centro penitenziario: a seconda del partito predominante la politica, per esempio,

del concedere permessi, può essere più o meno clemente.

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Il maestro La percezione del maestro intervistato rispetto al proprio lavoro è ambivalente, da

una parte ne è soddisfatto, dall’altra è consapevole dalle difficoltà proprie del

mestiere, fondamentalmente dovute al tipo di alunni con cui lavora ogni giorno.

Per quanto riguarda i metodi educativi, lui di esperienza ventennale in campo

penitenziario, dice che, sì si affida ai programmi ministeriali e a quelli derivanti dalla

Junta de Andalucía, tuttavia sottolinea che suo metodo educativo più valido e

consolidato è quello derivante dalla confidenza, dall’amicizia e dalla relazione

personale con i suoi alunni. Elementi fondamentali per poter capire le loro reazioni,

spesso inaspettate.

Il maestro racconta che la buona riuscita del suo lavoro dipende, nella maggior

parte dei casi, dai detenuti stessi e dalla loro partecipazione: spesso la scuola viene

percepita come un momento per non stare nel patio, ovvero per evadere un pochino

e per cambiare ambiente. Proprio perché la situazione nella quale lavora è talmente

particolare, impossibile da equiparare a qualcun’altra nella vita reale, anche e

soprattutto per i gravi problemi sofferti dai detenuti, è difficile essere completamente

positivi.

Il rapporto con i detenuti. A livello globale il rapporto degli intervistati con i detenuti risulta essere positivo,

anche se tuttavia deve essere considerato all’interno del contesto “carcere” che

sicuramente influenza il comportamento di entrambi e i relativi rapporti.

Detto questo ovviamente il tipo di rapporto cambia a seconda del ruolo che ognuno

svolge all’interno della prigione. E quindi:

L’educatore Il rapporto con i detenuti per l’intervistato è positivo, ma chiaramente è direttamente

proporzionale anche alle attività che vengono loro proposte e dall’interesse che

ripongono in esse. Il coinvolgimento verso i vari laboratori e corsi di formazione va in

crescendo, ovvero la maggior parte delle persone si iscrivono e vogliono partecipare

alle attività semplicemente per passare il tempo; poi se quello che svolgono è

apprezzato, aumenta anche il loro interesse.

L’elemento di base è comunque il fatto che i detenuti voglio partecipare alle attività

proposte semplicemente per stare meno tempo nel patio e per avere la mente

impegnata in altre cose. Nonostante ciò, sostiene che la maggior parte dei detenuti

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non è costante nel seguire le attività che gli vengono proposte: capita che alcuni di

loro iniziano a seguire dei corsi e poi non li finiscono.

Per quanto riguarda, comunque, i corsi di formazione, l’educatore sottolinea che,

purtroppo, non c’è una disponibilità sufficiente per poter attendere tutti i detenuti. Di

conseguenza, si vengono a creare delle liste d’attesa lunghissime e capita sovente

che, soprattutto i reclusi con condanne brevi, non possano riuscire ad accedere a

corsi di formazione o laboratori.

Nella relazione con i detenuti e con la conseguente partecipazione ai corsi di

formazione, senza dubbio incide in modo sostanziale il problema della droga: la

maggior parte degli internati ha problemi di tossicodipendenza e, in molti casi,

continuano ad assumere sostanze stupefacenti anche in prigione.

L’assistente sociale Tra tutti gli intervistati l’assistente sociale è colei che risulta la più positiva, sia per

quanto riguarda la sua relazione con i detenuti, sia per quanto riguarda la loro

partecipazione alle attività che vengono loro proposte.

Dice che la maggior parte dei detenuti sono molto recettivi riguardo a ciò che viene

loro proposto e, di fatto, lei riesce a lavorare molto bene con loro, nonostante alcuni

inconvenienti del mestiere - normalmente incomprensioni - che però, con il passare

del tempo, vengono risolte.

Sostiene che la parte fondamentale del proprio lavoro è il dialogo: è solo parlando e

confrontandosi con i reclusi che si riesce a lavorare in maniera abbastanza

soddisfacente. Mediante il dialogo i detenuti confidano i propri problemi e poi, a

seconda delle esigenze personali, si possono ricercare soluzioni specifiche per ogni

singolo.

La relazione e il lavoro che lei riesce a svolgere con gli internati è decisamente

minato dalle scarse risorse e disponibilità di personale educativo offerto dal centro

penitenziario: vi è una mancanza di personale non indifferente (come già detto

prima, il centro penitenziario è costruito per 1008 persone e attualmente sono

presenti più di 1900 detenuti, cosa che, senza alcun dubbio, pone seri problemi).

Essendo il personale insufficiente, i funzionari che lavorano in campo educativo

devono svolgere, in un certo senso, il doppio o addirittura il triplo lavoro e,

conseguentemente, non riescono ad attendere in maniera insufficiente i detenuti.

Questo è un elemento che, senza dubbio, interferisce decisamente nella relazione e

nel lavoro che l’assistente sociale svolge con i detenuti.

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La psicologa L’intervistata non è molto positiva rispetto alla sua relazione personale con gli

internati; forse proprio per il suo ruolo, sicuramente più “professionale” degli altri.

Il problema principale che lei incontra con i reclusi è il fatto che molto spesso, loro

rifiutano l’aiuto a livello psicologico che lei può offrire. Questo è dovuto al fatto che

loro, nella grande maggioranza dei casi, pensano di avere già risolto da soli i propri

problemi ed essendo il trattamento volontario, spesso lo rifiutano.

Questa situazione è strettamente correlata al consumo della droga: la maggior parte

dei reclusi ha problemi di dipendenze da sostanze stupefacenti e, al momento di

scontare la condanna, obbligatoriamente devono smettere di assumere. Il problema

di fondo è che molti di loro confondono l’astinenza all’interno del carcere, con quella

della strada, della libertà: in prigione rifiutano l’aiuto psicologico offerto dal carcere

perché pensano di aver risolto i problemi, e poi, fuori, al primo ostacolo ricominciano

ad assumere.

Il problema della droga e questo atteggiamento da parte dei reclusi, svolge un ruolo

non indifferente al momento di relazionarsi con loro.

Il maestro Il maestro è il professionale “más colega”216 dei detenuti, è il professionale che

conta meno per quanto riguarda la concessione di permessi ecc ecc, ma nonostante

ciò riesce spesso a instaurare un buon rapporto con i reclusi. Consapevole dei loro

problemi e delle loro mancanze risulta essere una persona molto comprensiva e allo

stesso tempo esigente e poco concessiva.

La maggior parte dei detenuti si iscrivono al corso scolastico semplicemente per

utilitarismo: da una parte per passare il tempo e dall’altra perché la partecipazione a

corsi di formazione, laboratori, corsi scolastici è una maniera per ottenere

valutazioni positive per facilitare i permessi del fine settimana.

Un elemento sorto dall’intervista con il maestro del centro penitenziario è la

consapevolezza dei grandi problemi, a livello personale, che soffrono i detenuti e, di

conseguenza, per poter meglio interagire con loro, cerca il più possibile di instaurare

un rapporto confidenziale e di amicizia: la maniera migliore per poter capire quali

sono le loro esigenze e i loro problemi e cercare di aiutarli.

216 letteralmente significa il più collega, è un’espressione colloquiale che si riferisce ai rapporti di vicinanza e di amicizia tra le persone

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Come già detto prima il detenuto, principalmente, non si iscrive al corso scolastico

per la “voglia di imparare”, ma è spinto da altri motivi: il poter impegnare la mente e

passare una mattinata diversamente, il poter ottenere dei benefici e un buon

punteggio per i permessi di uscita, il poter vedere persone di sesso opposto (la

scuola è l’unico ambiente misto, in cui vi è compresenza di uomini e di donne).

Compito del maestro è quello di poter riuscire a instaurare con i reclusi una

relazione di amicizia e di poterli coinvolgere nelle attività scolastiche; nella

maggioranza dei casi, mano a mano che il tempo passa, aumenta anche la

recettività e l’interesse dei ragazzi agli insegnamenti impartiti.

L’auto-valutazione del lavoro svolto Quasi tutti i funzionari sono concordi nel sostenere che svolgono un buon lavoro con

i detenuti del centro penitenziario di Albolote e ci tengono a sottolineare che, in

fondo, se il carcere non reintegra i detenuti non è né colpa loro, né dei colleghi, ma

in parte dei detenuti stessi che ricadono negli stessi problemi e dall’altra della

società che non si fa carico di loro in maniera soddisfacente e opportuna.

Ovviamente l’auto-valutazione del lavoro, per ognuno di loro, è strettamente

collegata a quanto riferito in precedenza, ovvero per ognuno dei professionisti

intervistati è positiva, ma è consapevole che le cose che non procedono come

dovrebbero e ciò è dovuto al alcuni dei problemi citati prima.

L’educatore Nonostante i problemi relativi, da una parte dovuti alla scarsa possibilità di

coinvolgere tutti i detenuti ai laboratori, dall’altra alla scarsa volontà percepita a volte

dai detenuti alle attività che lui o i colleghi propongono, l’educatore dice si essere

soddisfatto del proprio lavoro all’interno del centro penitenziario, anche per quanto

riguarda il lavoro svolto dai colleghi.

L’assistente sociale L’assistente sociale è molto soddisfatta del lavoro offerto presso il centro

penitenziario, proprio per la buona relazione che ha instaurato con i detenuti, ma,

come detto prima, non lo è per le modalità in cui è costretta a lavorare. Il poco

personale riguardante l’ambito educativo-assistenziale li costringe a lavorare

quantitativamente di più e qualitativamente peggio; solo avendo più tempo a

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disposizione, sarebbe possibile migliorare qualitativamente il servizio a disposizione

dei reclusi.

La psicologa L’intervistata, riguardo all’auto-valutazione, ritiene che sia obiettivamente difficile

intervenire realmente nella vita delle persone e correggerle dove sbagliano.

Anche in questo caso sono importanti i problemi riportati anteriormente: la carenza

di risorse e la poca cooperazione tra i professionali, dall’altro lato la scarsa

collaborazione da parte dei detenuti a partecipare al trattamento.

Il maestro Anche il maestro intervistato è contento del proprio lavoro e di quello dei colleghi,

anche se ritiene necessario considerare il fatto che l’ambiente in cui lavorano è

talmente particolare ed ha regole totalmente differenti dal resto del mondo, che

senza dubbio influenza l’esito stesso del mestiere. Insomma è necessario

sottolineare che in carcere le cose vanno diversamente dal resto del mondo e che i

risultati sperati, proprio per questo motivo, possono non arrivare.

Il carcere reintegra? Un altro aspetto che ho voluto percepire durante le interviste è se, secondo i

funzionari, vi è pertinenza tra la realtà della legge e la realtà vera: nelle leggi di cui

ho parlato in qualche capitolo precedente viene sottolineato il fatto che il fine ultimo

del carcere è quello di reintegrare la persona nella società. Secondo la teoria i centri

penitenziari spagnoli dovrebbero riuscire a cambiare il chip mentale degli internati

e, insomma, convincerli a capire che quel tipi di modo di agire è negativo sia per sé

che per la società.

Alle due domande circa il fine di reintegrare i detenuti alla società tutti i professionali

dicono che è un’utopia, ovvero che magari a volte si riesce a cambiare il modo di

pensare delle persone che entrano in carcere, ma che poi molto spesso, al ritorno

alla libertà, i detenuti devono fare i conti proprio con il fatto che loro sono stati in

carcere. Sugli ex reclusi vige tuttora uno stigma molto forte e, una volta di nuovo in

libertà, per loro è difficile riuscire a svolgere una vita normale, è difficile riuscire a

trovare un lavoro. Insomma il carcere può cercare di cambiare la maniera di

pensare e di agire di una persona, ma poi, al momento della libertà, molto spesso è

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la società stessa che non è capace a reintegrare una persona che ha avuto

problemi con la giustizia.

Detto questo ritengo opportuno riferire brevemente quello che mi è stato riferito dai

singoli funzionari nei momenti finali dell’intervista.

L’educatore L’intervistato ritiene che il problema fondamentale non è tanto ciò che avviene

all’interno del carcere, perché nel centro penitenziario si possono svolgere molte

attività, ma il dilemma si riassume nel momento di ritornare alla libertà. Molti

detenuti tornano a vivere nello stesso ambiente, nella maggior parte dei casi insano

e difficile, e, al primo problema, tornano a ricadere negli stessi errori commessi in

precedenza.

Purtroppo è molto alto il tasso di persone recidive al carcere, ovvero persone che

entrano e escono.

Viene sottolineato che, comunque, per quanto riguarda i detenuti con condanne

superiori a sei mesi (una grande maggioranza), c’è la possibilità di richiedere ai

servizi sociali corrispondenti aiuti economici in attesa di trovare lavoro.

L’assistente sociale Per quanto riguarda l’assistente sociale, invece, il problema della mancata

reintegrazione dei reclusi è dovuta a due fattori:

• Le scarse risorse del centro penitenziario che non permettono materialmente

la rieducazione dei reclusi;

• L’ambiente sociale: nella maggior parte dei casi l’ambiente di provenienza e

di ritorno dei detenuti è insalubre e carente di capitale sociale. Questo

elemento sicuramente incide sulla mancata reintegrazione dei reclusi e sulla

recidività al delitto.

La psicologa Anche la psicologa intervistata afferma che, effettivamente, è difficile riuscire a

lavorare sulla rieducazione dei detenuti e ciò è dovuto a differenti fattori:

• le problematiche stesse dei detenuti;

• la scarsa voglia da parte dei reclusi a partecipare ai programmi di

trattamento proposti;

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• la mancanza di professionali che possano adeguatamente occuparsi dei

reclusi.

La percentuale che riguarda la ricaduta dei detenuti è notevole: solo un 5% dei

detenuti viene realmente aiutato dal carcere, il resto dei reclusi tornano a ricadere

negli stessi problemi che li avevano portati alla precedente condanna.

Il maestro Secondo il maestro intervistato il tema della reintegrazione che viene proposto dalla

legge è qualcosa come un’utopia: esso in realtà dipende da diversi fattori e,

comunque, bisogna tenere conto del fatto che i detenuti sono persone, e soprattutto

sono persone che hanno alle spalle una vita difficile, molto spesso problemi di

tossicodipendenze; questo sicuramente incide nel momento di ritorno alla libertà. Il

maestro, inoltre, sottolinea che la condotta di un recluso, sì può migliorare all’interno

delle mura della prigione, anche perché, comunque, in carcere il detenuto non ha

responsabilità particolari, tutto viene preparato e deciso; quando però torna per

strada le cose cambiano ed è davvero molto semplice che possa ricadere nel

commettere gli errori che lo hanno portato in precedenza in prigione. Il maestro

sostiene che anche il peso dello stigma e dello stereotipo gioca un ruolo

fondamentale nella ricaduta al delitto, molto spesso i detenuti tornano a delinquere

perché, non riuscendo a trovare lavoro (per esempio), non trovano altre soluzioni

possibili.

4. 3 Alcune considerazioni sulle interviste ai funzionari del Centro Penitenziario di Albolote. Sicuramente dalle interviste si possono ricavare alcuni spunti di riflessione circa il

centro penitenziario di Albolote e circa i problemi principali del sistema carcere.

I detenuti sono l’elemento base del carcere e sono le persone che, secondo la

legge, sono in un centro penitenziario per scontare la propria pena e per ottenere

l’aiuto opportuno per potersi reintegrare alla società. Anche per gli intervistati il

detenuto è considerato come l’elemento fondamentale, su cui devono lavorare e

anche loro stessi mettersi in gioco.

Questo elemento, fondamentale, è in accordo con le leggi e il detenuto

effettivamente è al centro dei pensieri dei funzionari che lavorano in carcere e si

sforzano perché possa riuscire a uscire da questa sua situazione.

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La riuscita buona o cattiva del lavoro, quindi, dipende proprio dal detenuto e dalla

sua volontà di lavorare e collaborare, ma in questo caso i pareri sono discordanti,

alcuni sono positivi e altri negativi:

• L’assistente sociale ritiene di lavorare molto bene con loro, proprio per il fatto

che sono molto recettivi e hanno molta voglia di mettersi in gioco, individua i

problemi del carcere, non nei detenuti, ma nel sistema stesso che non si

occupa di fornire le adeguate risorse, affinché tutti i funzionari possano

svolgere adeguatamente il loro lavoro;

• Il maestro, probabilmente sulla base dell’esperienza, riesce a instaurare un

buon rapporto con i ragazzi e, per quanto gli è possibile, cerca di aiutarli

come può, anche se è consapevole del fatto che molti dei reclusi hanno una

biografia molto movimentata e sicuramente difficile e che molti dei loro

problemi sono difficili da risolvere. Ritiene che il segreto del suo lavoro sia il

tipo di rapporto da instaurare con i reclusi: parlare con loro il più possibile,

cercare di creare dei legami di amicizia e di confidenza, in maniera che poi

loro si confidano con lui e da lì si cerchi di risolvere i vari problemi;

• L’educatore risulta, invece, disilluso: ritiene che a volte i detenuti approfittano

della situazione, ovvero loro gli educatori si impegnano a che seguano un

corso di formazione ecc ecc e loro non sono capaci di tenersi stretta

l’opportunità che gli viene data. Fondamentalmente non sono coerenti e non

sono neanche molto costanti nel seguire le attività che vengono loro

proposte. Insomma quindi ciò che rende il lavoro dell’educatore disilluso non

sono tanto i detenuti in sé, quanto le mancanze che hanno nei loro confronti

e che tradiscono le loro aspettative;

• Per quanto riguarda la psicologa, lei ritiene di non riuscire a lavorare

realmente alla rieducazione e alla reintegrazione della persona che entra in

carcere: molto spesso gli stessi detenuti rifiutano il trattamento, perché

pensano che già da soli abbiano risolto il problema. Il fatto è che gli internati

hanno una storia molto difficile e anche quando loro partecipino ai

programmi proposti, è il momento della libertà la “bocca della verità”: molti di

loro, una maggioranza, al primo ostacolo ricade nel problema che lo ha

portato al carcere.

Da quanto riscontrato nelle interviste il problema della mancata reintegrazione nella

maggior parte dei reclusi può essere dovuta a diversi fattori:

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• Al detenuto stesso, che non partecipa al trattamento o non partecipa alle

attività che vengono proposte dai funzionari;

• Al dopo carcere: per molti detenuti si pensa che abbiano cambiato

“l’atteggiamento”, ma poi, fuori dal carcere, tornano a cadere negli stessi

problemi che avevano prima dell’entrata in prigione;

• Il problema della droga è fondamentale, per quando riguarda la ricaduta nel

mondo della delinquenza;

• Alle scarse risorse offerte dal centro penitenziario;

• Al mancato coordinamento tra i vari funzionari;

Per quanto riguarda la scarsa collaborazione da parte dei detenuti alle attività

proposte, come già osservato in precedenza, succede spesso che non siano

costanti nel seguire determinate attività, che, a seconda del tipo di laboratorio, il loro

interesse vada gradualmente scemando nei confronti di quanto viene loro proposto.

Molto spesso può succedere che decidano di partecipare ad alcune attività, ma poi

con il passare del tempo perdano interesse e non continuino.

Per quanto riguarda il trattamento può succedere, come affermato dalla psicologa,

che siano proprio i detenuti che si rifiutino dell’aiuto che il centro penitenziario può

offrire.

È da sottolineare che la maggior parte dei detenuti ha alle spalle una storia difficile,

una buona parte di loro deriva da un ambiente complicato e molti hanno avuto storie

di droga, anzi spesso il loro delitto è strettamente collegato alla droga o per la

droga. Il problema della tossicodipendenza è fondamentale per capire la ricaduta

nel delitto, sovente i detenuti confondono l’astinenza da carcere dall’astinenza da

vita reale, da vita della strada. Molti dei ragazzi che in prigione riescono a lasciare la

droga, quando tornano in libertà, al primo ostacolo che incontrano, finiscono per

ricadere nel giro, che li aveva portati poi a commettere il delitto. Diciamo che per la

maggior parte di loro, di coloro che non riescono a superare il problema della

tossicodipendenza, la droga risulta essere la più facile delle scelte, quella più

semplice, che comporta meno sforzi.

Per questo motivo e per altri ancora è proprio il momento della libertà la “bocca della

verità”. Molti dei ragazzi che in carcere si pensava avessero cambiato il chip, il loro

modo di pensare, l’atteggiamento verso il mondo, poi quando tornano in libertà

hanno problemi non indifferenti: innanzitutto tornano nello stesso ambiente da cui

provengono, e nella maggior parte dei casi, da quanto riferito dagli intervistati, è un

ambiente difficile e svantaggiato. Oltretutto portano su se stessi il peso dello stigma

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di quello che è il carcere: per loro, usciti da una prigione, è davvero difficile riuscire a

ricominciare a vivere e trovare un lavoro. Infine da quanto si evince dalle interviste,

non c’è una particolare collaborazione tra i servizi sociali penitenziari e i servizi

sociali della società “libera”, quindi, da quanto affermano anche gli intervistati, i

detenuti in un certo senso si sentono perduti e non sanno come muoversi. Molti di

fronte al fatto, per esempio, di non trovare lavoro, ricominciano a consumare

sostanze stupefacenti: per loro è la via più semplice.

Per quanto riguarda ciò che avviene realmente all’interno del centro penitenziario,

ho potuto notare da parte degli intervistati lamentele nei confronti di quanto offerto ai

detenuti e ho potuto evincere che manca decisamente la disponibilità di attività e di

assistenza per poter assistere tutti i reclusi.

Secondo quanto affermato dagli intervistati:

• Manca una quantità di corsi di formazione e di attività sufficienti ad

impegnare tutti i reclusi: in questo modo si vengono a creare delle liste di

attesa e molti dei detenuti che vorrebbero partecipare alle attività sono

costretti tutto il giorno nel patio, senza fare niente, mentre per legge, sarebbe

loro diritto poter svolgere attività educative utili alla propria reintegrazione

nella società;

• Per quanto riguarda la scuola, invece, anche in questo caso la disponibilità è

decisamente insufficiente, su 1900 reclusi il Centro offre 320 posti destinati a

coloro che desiderino studiare, mentre per legge dovrebbe essere un diritto

offerto a tutti i reclusi. Molti di loro per accedere al servizio scolastico devono

iscriversi a una lista d’attesa (molto lunga) e aspettare che li chiamino;

• Nella sezione del Terzo Grado, ovvero nella sezione aperta di semilibertà,

non sono presenti attività educative e non ci sono corsi di formazione

lavorativa. Oltretutto neanche nella sezione aperta, dove appunto risiedono i

detenuti in terzo grado, non vi sono molti contatti tra i servizi sociali

penitenziari e quelli della società; di fatto, il recluso in terzo grado, non viene

aiutato a cercarsi un lavoro. Molti dei detenuti per lavorare fanno appello a

amici o familiari, ma quelli che non hanno queste risorse, senza nessun aiuto

esterno, hanno serie difficoltà a trovare un’occupazione;

Un altro elemento che influisce sulla manca reintegrazione dei reclusi è la

mancanza di coordinamento tra i vari professionali, secondo quanto affermato dalla

psicologa, dovuto a due differenti fattori:

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• Ad Albolote gli uffici dei vari funzionari sono in diverse sezioni, quindi

effettivamente può davvero succedere che neanche parlino tra loro;

• La suddivisione dei detenuti: per esempio gli assistenti sociali e gli educatori

lavorano per modulo, mentre gli psicologi per lettera: quindi, in molti casi, è

difficile che assistenti sociali ed educatori lavorino coordinatamente agli

psicologi. Mentre per educatori e assistenti sociali è molto più semplice la

collaborazione, così non lo è per gli psicologi;

Una buona collaborazione tra i differenti professionali potrebbe essere già un punto

di inizio per poter provare a risolvere i problemi dei detenuti.

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Capitolo 5. Analisi delle interviste rivolte ai reclusi della sezione aperta di Granada.

5. 1 Alcune precisazioni sulle interviste. Come già riferito prima i detenuti intervistati sono tutti reclusi nella sezione aperta di

Granada, purtroppo per la mancanza di tempo e per la difficoltà a ottenere permessi

non è stato possibile parlare con internati di primo e di secondo grado; sicuramente

avrebbero dato una visione di cos’è la prigione molto diversa da coloro che

attualmente sono in semilibertà.

Prima di analizzare direttamente le interviste vorrei semplicemente sottolineare, che,

al si là dello stereotipo, gli intervistati sono stati tutti, senza eccezioni, molto gentili e

disponibili; hanno mostrato molto interesse riguardo al fatto che qualcuno si sia

interessato al tema della prigione e soprattutto al carcere visto dai carcerati.

Come già definito in precedenza, l’intervista è stata divisa in due parti, la prima sulla

percezione del recluso, su che cosa è per lui il carcere; e la seconda sulle

aspettative della libertà. Molti dei reclusi con cui ho parlato al momento

dell’intervista erano nei momenti finali della condanna; molti di loro, grazie alla

libertà condizionale, davvero prossimi all’essere “liberi”. Proprio per questo fattore,

chiedere di parlare sulle aspettative riguardo al loro futuro è sicuramente stato molto

utile.

In accordo con la responsabile dei servizi sociali, che mi ha aiutato a trovare le

persone da intervistare, abbiamo pensato che non fosse opportuno chiedere

direttamente quale fosse il delitto che li ha portati in carcere, tuttavia nella

maggioranza dei casi i detenuti hanno precisato il motivo e il delitto che hanno

commesso (quasi tutti correlati al problema della droga, chi per furto, chi per

spaccio…)

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5. 2 Le interviste. Le interviste totali sono state in totale 10, 2 donne e 8 uomini, tutti i reclusi hanno

un’età compresa tra i 23 e i 46 anni, la maggioranza sono spagnoli e due sono

stranieri.

Nello specifico gli intervistati sono stati:

• Jenica, 30 anni. Rumena

• Jennifer, 23 anni. Spagnola

• Housine, 34 anni. Marocchino

• David, 28 anni. Spagnolo

• Jesus, 27 anni. Spagnolo

• Jose Manuel, 26 anni. Spagnolo

• Juan (I), 43 anni. Spagnolo

• Juan (II), 46 anni. Spagnolo

• Manuel (I), 34 anni. Spagnolo

• Manuel (II), 34 anni. Spagnolo

Per quanto riguarda l’analisi delle interviste, ritengo sia utile analizzare punto per

punto i temi trattati nel questionario.

La percezione dei detenuti riguardo al carcere.

Il carcere: le parole. La prima domanda del questionario era, appunto, quella di descrivere il carcere in

parole, semplici parole che potessero evocare cosa per loro è stato ed è la prigione

secondo la loro esperienza.

Riporto sotto le parole e le frasi che mi sono state dette durante l’intervista:

Una putada muy grande (una puttanata molto grande)

Ha valido para cambiar (è servito per cambiare)

Fea (brutta)

Maloliente (puzzolente)

Triste (triste)

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Aburrida (noiosa)

No tiene nada bueno (non ha niente di buono)

Sitio que te hace darte cuenta de las cosas (un posto che ti fa rendere

conto delle cose)

Aprendes a no tener miedo de los problemas (impari a non avere

paura delle cose)

Aprendes a afrontar problemas (impari ad affrontare problemi)

Todo parece pequeño (tutto sembra piccolo)

Una pesadilla (un incubo)

Mala (cattiva)

Aprender cosas (imparare cose)

Cosas buenas (cose buone)

Cosas malas (cosa cattive)

Mala vida (una brutta vita)

Insoportable (insopportabile)

Gente que busca pelea (gente che cerca la rissa)

Colegio para gente equivocada (scuola per persone che si sbagliano)

Hospital (Ospedale)

Padres (Genitori)

Como ser niños (come essere bambini)

Nueva educación (nuova educazione-scuola)

No volver a hacer errores (non tornare a sbagliare)

Comprendes cosas (capire cose)

Fatal (fatale)

Mala experiencia (una brutta esperienza)

Monotona (monotona)

Para pararme a pensar en la vida (per fermarmi a pensare nella vita)

Experiencia también mala (esperienza anche cattiva/brutta)

Tiempo para reflexionar (tempo per riflettere)

Todo malo (tutto cattivo/brutto)

También hay cosas buenas (ci sono anche cose buone)

Le parole e le frasi dette dai detenuti sono state un misto positivo/negativo: affidano

al carcere l’elemento positivo di aver avuto il tempo e la maniera di riflettere sulla

propria vita, un posto dove si può guardare indietro e riflettere sugli errori, in

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carcere, c’è anche la possibilità di imparare cose nuove (il paragone

carcere/scuola); mentre i fattori negativi vengono riscontrati nella vita stessa della

prigione, nella sua routine, che provoca noia e tristezza.

Altre parole riguardano, poi, l’aspetto fisico del carcere e le sue connotazioni e

anche il rapporto con gli altri: uno degli aspetti negativi della prigione possono

essere, per esempio, gli altri detenuti (“gente que busca pelea”) con i quali sovente

la convivenza è davvero molto difficile.

Importante è stato il fatto che tutti per descrivere il carcere abbiano usato il binomio

malo/bueno (cattivo/buono): malo per tutto quello che è il carcere, per il fatto che

toglie la libertà, per la sua routine, per i problemi con gli altri reclusi, e buono, buono

perché insegna e perché, anche dal “malo” si può sempre imparare.

Che cos’è il carcere nella realtà. In base alle parole che i reclusi hanno espresso, ho chiesto di dirmi che cos’è per

loro il carcere.

È stato interessante notare che tutti i detenuti, nessuno escluso, a parlare di carcere

hanno parlato di Albolote, del periodo di condanna passata in secondo grado. Per

tutti il terzo grado quasi non è carcere, è un altro mondo e lì la vita è molto più

degna e vera.

Riguardo, appunto, a cos’è per loro la prigione, la maggior parte degli intervistati lo

ha definito come una cattiva esperienza, sicuramente da non ripetersi, e che è

servita per imparare, imparare a capire che sbagliare fa male.

Il “malo” del carcere, secondo i detenuti intervistati è dovuto a:

• Il fatto di perdere la libertà, di essere rinchiusi e di non potersi muovere:

insomma di non essere padroni del proprio destino. Si scopre davvero

quanto è importante la libertà, in sostanza, finché non la si perde

“comunque il carcere toglie la libertà e questo non è bello: ho capito quello

che è importante per me finché non l’ho più avuto. Finché non si perde

qualcosa non si può sapere quanto vale veramente” (Jesus)

• Il fatto di avere troppo tempo libero, di passare le giornate in un patio a

fumare o a giocare a carte: molti dei reclusi vedono nelle attività un motivo

per evadere da questa situazione

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“cerchi di passare il tempo come puoi, e per quello cerchi di fare più attività

possibili, devi distrarti.” (David)

• La noia e la ripetitività della vita del carcere:

“tutti i giorni è lo stesso, il carcere si riassume come se fosse sempre uno

stesso giorno: è una routine. La vita è così: la mattina ti alzi e vai al patio e

stai là fino a sera, quando torni in cella per dormire. Sempre è sempre,

anche con la neve e con il freddo. SEMPRE” (Jennifer)

• Comunicare con le persone attraverso i vetri, non avere intimità nel

momento di parlare con le persone a loro care;

• L’essere lontani dalle famiglie, e soprattutto, per chi li ha, dai figli: questo

elemento, la lontananza dalle loro famiglie è stato un aspetto più volte

ripetuto dai molti detenuti durante le interviste;

• Il problema della droga e delle risse tra reclusi: due elementi all’ordine del

giorno della vita del patio. Non viene assolutamente spiegato come, ma sì

viene ammesso che il consumo di sostante stupefacenti nel cortile interno è

molto diffuso tra gli internati;

• Gli “altri” – detenuti –, il fatto che si sia costretti a convivere con loro e che

“non si scelgano” ; non sono rari i litigi e le incomprensioni

“Sono le persone che fanno il carcere, molto spesso ci sono problemi con

altre detenute. Devi sempre guardarti dietro” (Jennifer)

“Bisogna sopportare molto, bisogna adattarsi mentalmente al carcere. C’è

un mondo diverso da quello della strada, è un posto dove ci sono molti

delinquenti, lì c’è il peggio della società. Ci sono spesso litigi tra detenuti,

questa è una cosa molto negativa, allora cerchi di non litigare con nessuno,

ma è impossibile”

“In carcere c’è di tutto, gente che ha voglia solo di uscire, gente che pensa

a ritornare” (David)

• Il carcere è duro non solo perché allontana dalla famiglia, ma è duro proprio

per la famiglia stessa: loro soffrono molto nel sapere i loro figli/e,

mariti/mogli, fratelli/sorelle in prigione perché hanno commesso un delitto;

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Nelle interviste, comunque, traspare anche l’aspetto “bueno” del carcere, perché

comunque sia, anche da una esperienza dura come quella della prigione si possono

sempre imparare delle cose che possono essere utili per il futuro in liberà.

Il carcere, insomma, insegna e insegna perché:

• Avendo molto tempo libero si ha anche molto tempo per pensare, pensare

vuol dire anche riflettere sugli errori commessi e cercare una via d’uscita. In

questo senso molti dei detenuti intervistati hanno visto nel carcere l’unica

esperienza che gli ha permesso di lasciare il mondo della droga e di iniziare

a pensare diversamente,

“Si pensa molto, si pensa tutto quello che prima non avevi pensato. E

pensare fa bene, perché pensi anche al futuro” (Jennifer)

“Ho cambiato il mio modo di vivere, prima ero un tossicodipendente e sono

riuscito a smettere. Sì, il carcere può essere utile per smettere di drogarsi e

iniziare a vivere con dignità” (Juan (I))

• Si può cercare di sfruttare il tempo libero partecipando alle attività che il

carcere e le ONG propongono, alcuni dei corsi di formazione possono

essere davvero utili, altri, invece, semplicemente possono servire a passare

il tempo.

Nel descrivere il carcere, la maggior parte dei reclusi usa parole molto negative,

qualcosa che ha tolto la libertà e che impone i ritmi e il modo di pensare, per loro è

qualcosa che li ha lesi.

Nella negatività dell’esperienza, loro riescono, comunque, a ritrovare l’elemento

positivo: per molti di loro il carcere è servito per lasciare la droga, per altri per capire

dove avevano sbagliato, per altri ancora che sbagliare può essere negativo per tutti

e soprattutto per sè stessi. La maggior parte dei reclusi dice si aver svolto attività,

laboratori e corsi di formazione, importanti perché gli hanno consentito di imparare,

ma anche per poter evadere dalla noia e dalla routine della vita della prigione, per

poter impegnare la mente e non pensare.

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Le attività e i corsi di formazione. Di tutti i detenuti, tutti, a eccezione di uno solo, hanno svolto attività socioculturali e

sportive, corsi di formazione professionale e corsi scolastici.

Un solo detenuto non ha partecipato a nessun corso di formazione, per il fatto di

avere una condanna relativamente corta (8 mesi) e, purtroppo, le liste d’attesa

erano troppo lunghe.

Per quanto riguarda gli altri, i corsi di formazione e le attività a cui hanno partecipato

sono state:

• Corsi sportivi, con relativa consegna di diplomi;

• Corsi di formazione professionale di carpenteria;

• Corsi di formazione professionale di falegnameria;

• Corsi di formazione professionale di meccanografia;

• Corsi di formazione professionale per parrucchieri;

• Corsi di formazione professionale per elettricisti;

• Laboratorio tessile;

• Corsi di formazione professionale riguardo al settore edile;

• Corsi scolastici;

• Corsi di informatica;

• Corsi socioculturali: musica, pittura…

• Lavoro remunerato dal centro penitenziario, soprattutto nel settore

dell’economato.

Tutti i detenuti hanno detto che durante il periodo passato ad Albolote (nella sezione

aperta del terzo grado a Granada non sono presenti né corsi di formazione, né

attività socioculturali) hanno cercato di sfruttare al meglio il tempo, partecipando a

più attività possibili.

Generalmente, da quanto riferito, ciò che li spinge a partecipare alle varie attività è

quella di “avere qualcosa da fare”, di impegnare i loro pensieri in qualcos’altro e,

quindi, di trovare un’alternativa alla vita noiosa del patio. Per tutti loro, quindi, i corsi

a cui hanno partecipato sono stati inizialmente il motivo per combattere la noia.

Nonostante ciò tutti sono concordi nel riferire l’utilità delle attività: per quanto

riguarda i corsi di formazione professionale, hanno potuto imparare un mestiere; per

i corsi socioculturali, imparare cose nuove e allargare i loro orizzonti; per i corsi

scolastici, riprendere la scuola dove l’avevano lasciata; il lavoro remunerato per il

centro penitenziario ha, invece, consentito loro di guadagnare.

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“Certo che servono. Tutto quello che si impara nella vita prima o poi ti

servirà. Se ti si rompe una lampadina, sai rimetterla, perché te lo hanno

insegnato. Impari ad aggiustare le cose da solo, senza avere bisogno degli

altri. Quello che impari, prima o poi lo sfrutterai” (Housine)

Analizzando, invece, l’utilità delle varie attività proposte dal centro penitenziario,

guardano al futuro “libero”, gli intervistati hanno tutti riscontrato una validità

sostanziale per quanto riguarda i laboratori di formazione professionale: sono quelli

che davvero insegnano qualcosa di concreto, un lavoro. Questo può essere utile per

quanto riguarda il mettersi alla ricerca di un nuovo impiego, al momento di essere di

nuovo in libertà. I laboratori e le attività socioculturali, invece, sono utili, sia per

imparare qualcosa di nuovo, ma soprattutto per “passare il tempo”, una specie di

antidoto contro la noia della vita del patio: seguendo una qualsiasi di queste attività

la mente è impegnata in altro e non si è costretti tutto il tempo nel cortile interno del

modulo a fumare. La loro utilità quindi, è fondamentalmente collegata alla realtà del

presente, essendo questi una maniera per passare la noia e poco per quanto

riguarda abilità professionali valide da mettere in campo in futuro nell’ora di dover

cercare un impiego.

Per quanto riguarda, invece, la situazione attuale (al momento dell’intervista) dei

detenuti intervistati nel terzo grado, di tutti loro solo uno lavora, per un’impresa di

catering, che si occupa, appunto, di fornire il cibo alla sezione aperta di Granada;

nonostante ciò sono tutti alla ricerca di un’occupazione lavorativa, anche come

“sicurezza” per il futuro. Per trovare lavoro quasi tutti gli intervistati si affidano a

parenti e amici, che hanno fuori dal carcere, i servizi sociali penitenziari si

accordano con i servizi sociali, ma soprattutto per corsi di formazione professionale

non per veri e propri impieghi lavorativi.

Gli aspetti positivi e i negativi del carcere. La quarta domanda del questionario riguardava, appunto, gli aspetti positivi e quelli

negativi del carcere in generale.

Tutti i reclusi sono stati concordi nell’affermare che il negativo supera decisamente il

positivo, ma che, nonostante tutto, gli elementi positivi non sono secondari e sono

stati molti utili come esperienza personale.

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Gli aspetti negativi elencati dai detenuti durante le interviste sono stati i seguenti:

• La mancanza di libertà;

“La mancanza di libertà, la mancanza di espressione, le umiliazioni, l’essere

sottovalutati da tutti, dai funzionari, dai medici, dagli assistenti sociali. È

l’attitudine che hanno verso di noi che ti fa capire” (Juan)

• La cella, lo stare rinchiusi e non poter uscire;

• I problemi con gli altri reclusi a partire dal compagno di cella, con cui si

devono condividere molte ore a finire con tutti gli altri detenuti del modulo,

con cui si vive per il resto del giorno: le risse e i litigi tra internati sono

all’ordine del giorno;

• L’aggressività della maggior parte dei detenuti;

• La violenza;

• La vita del patio, dove la droga non è un fenomeno casuale

“In carcere c’è la legge della giungla, in carcere sei uno che cerca di

sopravvivere e basta. Se non sei abbastanza furbo, ti mangiano”

“La vita del patio può essere letale. Sei obbligato a diventare amico di

qualcuno, almeno per passare il tempo e stare meglio” (David)

“Il patio è come la giungla, c’è molta droga e sono sporchi. Passare molto

tempo nel patio è una perdita di tempo, ti degrada come persona. È tempo

di far niente.” (Juan (I))

• La mancanza di calore umano, soprattutto da parte dei funzionari;

• La depressione;

• La routine;

• La lontananza dalla famiglia e soprattutto, per chi li ha, dai figli;

“La cosa più negativa è stata quella di lontana dalla mia famiglia e dal mio

fidanzato. È un anno perso, che passi lontano dalla tua famiglia” (Jenica)

• La consapevolezza dello stereotipo per quanto riguarda il futuro, che può

incidere negativamente, per esempio, nella ricerca del lavoro;

• L’arbitrarietà della situazione in cui vivono;

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• Il rischio per quanto riguarda le malattie infettive.

Per quanto riguarda gli aspetti positivi:

• Per molti il carcere è stato il punto di partenza per uscire dal mondo della

droga;

• Il conoscere persone nuove, aver stretto nuove amicizie con altri detenuti;

• Imparare ad aspettare;

• Avere tempo per pensare, per riflettere, per capire quali sono stati gli errori

del passato;

“ti fa una persona nuova. Impari a pensare e capisci che non devi stare

con persone sbagliate” (Hosine)

• L’aver potuto seguire attività e corsi di formazione.

In sintesi gli intervistati hanno percepito negativamente ciò che è strettamente

legato alla vita del carcere e quindi il rapporto con gli altri detenuti, le eventuali

incomprensioni, la monotonia che caratterizza le loro giornate, l’avere troppo tempo

libero e non sapere come sfruttarlo, la depressione di molti altri reclusi, la mancanza

della famiglia ecc ecc. Per quanto concerne gli aspetti positivi, invece, si può

constatare che questi derivano da ciò che in carcere si è imparato: insomma è

positivo il fatto che la prigione sia una lezione di vita, un’esperienza in più nel

bagaglio personale di ognuno, da cui si sono potute imparare molte cose. Per la

maggior parte di loro il fatto di aver partecipato a laboratori o attività varie è stato

comunque molto utile per poter apprendere cose nuove, i laboratori di formazione

professionale, infine, possono essere importanti per quanto riguarda il cercare un

nuovo lavoro, sono una caratteristica in più da mettere in curriculum.

La dualità positiva/negativa del carcere, per quanto riguarda i detenuti, è un

elemento costante durante le interviste, in tutte le interviste: il binomio malo/bueno,

insomma, è la principale caratteristica che descrive, per loro, che cosa è stato il

carcere. La prigione, quindi, è come i due lati della medaglia: un lato, quello

negativo, che è fondamentalmente incarnato nell’istituzione stessa carcere e nelle

sue conseguenze, l’altro lato, invece positivo, è quanto si possa essere riusciti a

imparare dal lato precedente.

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Le aspettative verso il futuro.

Il futuro dopo il carcere: le parole. Anche per quanto riguarda il loro futuro, la loro libertà, ho chiesto, innanzitutto, di

riferirmi alcune parole che potessero riguardare quello che si aspettano per il loro

futuro.

Vivir la vida (vivere la vida)

Disfrutar la vida (godere la vita)

Aprender un trabajo (imparare un lavoro)

Vida nueva (nuova vita)

Buscar trabajo (cercare lavoro)

Volver a vivir (tornare a vivere)

Volver a ser libre (tornare a essere libero)

Sin miedo (senza paura)

Luchar (lottare)

Encontrar trabajo (trovare lavoro)

Recuperar el tiempo perdido con la familia (recuperare il tempo perso con la

famiglia)

Trabajo (lavoro)

Buscar una mujer y tener una familia, una casa. (trovare una donna, avere

una famiglia, una casa)

Trabajar (3) (lavorare)

Cuidar la familia (accudire la famiglia)

Rehacer mi vida (rifarmi la mia vita)

Reintertarme (reintegrarmi)

Empezar una nueva vida (ricominciare una nuova vita)

Prevención a la recaida (prevenzione contro la ricaduta)

Recuperar mi familia (recuperare la mia famiglia)

Que me vaya todo medio bien (che mi vada tutto mediamente bene)

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Le parole e le frasi che mi sono state dette per quanto concernono le aspettative

riguardo al loro futuro possono essere rinchiuse in tre grandi aree:

• Il ritornare a VIVERE

• Lo stare con la famiglia, il recuperare il tempo perso con loro. Questo fattore

è molto importante soprattutto per coloro che hanno figli, in quanto la

mancanza è molto forte.

• Il trovare un lavoro.

Insomma le aspettative di una persone che ha scontato una condanna in carcere

sono quelle di avere una vita normale, secondo gli standard “comuni”: vivere la vita,

senza problemi, vivere con la famiglia, e trovare un lavoro. Una vita normale.

Il futuro. Come in precedenza, anche per le aspettative del futuro ho chiesto di sviluppare le

parole e le frasi dette al riguardo.

Dunque come già detto tutti i reclusi, parlando di futuro e di libertà, hanno fatto

riferimento a tre differenti aree:

• Il vivere.

• La famiglia.

• Il lavoro.

Il vivere

Quello che più desiderano riguardo al loro futuro è semplicemente vivere: tornare a

essere liberi, e non avere più le restrizioni del carcere.

La parola vivere, per i detenuti intervistati, vuol dire molto, vuol dire cercare di fare

un passo avanti e cambiare. Vivere per loro vuole anche dire vivere senza tornare a

sbagliare come in passato: aver capito gli errori commessi e non ripeterli.

Per quanto riguarda i reclusi che hanno avuto problemi con la droga e che sono

stati tossicodipendenti, riguardo al loro futuro dicono di voler essere seguiti dai

servizi sociali competenti per non tornare a consumare sostanze stupefacenti.

Alcuni di loro sono già stati messi in contatto dai servizi sociali penitenziari e già

sono seguiti dai professionisti dei vari centri di recupero per tossicodipendenti

presenti nella provincia di Granada, affinché già si possa creare un legame con

quello che ci sarà dopo.

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“Voglio lavorare e voglio essere aiutato. Ho già parlato con la psicologa, perché

quando esca mi possano seguire in un qualche programma di trattamento. Ho

bisogno anche dell’aiuto dei professionisti e per quello la prossima settimana ho

un appuntamento con degli psicologi di un centro de salud” (Manuel)

Il vivere è strettamente connesso con le altre due dimensioni, la famiglia e il lavoro.

La famiglia

È una delle cose di cui hanno sentito di più la mancanza, lo stare lontani dalla

famiglia, soprattutto dai figli, per chi li ha.

“Voglio vivere e recuperare il tempo perso con la mia famiglia, con mia moglie e

con i miei figli e nipoti. Voglio stare di più con loro” (Juan II)

Tutti sono concordi nel dire, che, al ritorno alla libertà cercheranno di fare tutto il

possibile per recuperare il tempo perduto con loro e per recuperare anche la fiducia

che hanno perso, il fatto di entrare in carcere ha decisamente “cambiato” l’idea che

le persone più vicine hanno avuto di loro.

“quando sarò libero, cercherò di stare più tempo possibile con la mia famiglia”

(Housine)

Per chi ha bambini piccoli (due intervistati) il ritorno alla libertà è pensato come il

modo per poter stare di più con loro, per poterli crescere e vedere crescere.

“Voglio stare con i miei bambini, voglio crescerli e prevenire, perché non

sbaglino” (Jennifer)

Soprattutto per le donne, la lontananza dai figli è stata molto dolorosa, e, il tornare a

essere liberi è anche un modo per alleviare questo dolore, tornare a essere madri,

dopo il periodo della condanna è un desiderio molto forte. Insomma la cosa più forte

che le spinge a voler tornare a essere libere è l’amore per i propri figli.

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Il lavoro

Per i detenuti intervistati il lavoro, così come il voler stare con la propria famiglia, è

una delle loro più grandi aspettative, anche perché, potrebbe essere proprio il lavoro

l’elemento chiave per non tornare a sbagliare.

“Spero di avere un altro tipo di vita, un lavoro stabile e non dipendere da

nessuno. Vivere.” (Juan I)

Alcuni di loro dovranno cercare lavoro, altri, invece, sono aiutati da amici e parenti e

hanno già delle possibilità molto reali di impiego.

Il lavoro è fondamentale, anche perché strettamente correlato alle altre due

dimensioni espresse: il tornare a vivere e lo stare con la loro famiglia, insomma è la

maniera che può consentire di vivere una vita normale, senza problemi.

Per quanto riguarda il lavoro, molti di loro soffrono il problema del lavoro stagionale

o precario, soprattutto chi ha sempre lavorato nel settore turistico (per esempio

come cameriere) stagionale per eccellenza. Molti altri, invece, sono consapevoli del

problema dello stereotipo: molti datori di lavoro, sapendo che una persona è stata in

carcere, decidono di non assumerla.

Quindi alla domanda “che cosa desiderano i reclusi riguardo al loro futuro?”, la

risposta può semplicemente essere “Una vita normale”.

5. 3 Alcune considerazioni circa le interviste ai detenuti. Come già riferito in precedenza, vorrei ancora sottolineare il fatto che, nonostante

gli stereotipi sul “carcerato”- visto come qualcosa di estremamente negativo -, tutte

le interviste sono state contrassegnate da una grande collaborazione da parte dei

reclusi verso il questionario che veniva loro proposto; insomma non ci sono stati

intoppi di nessun genere e tutti gli intervistati hanno risposto alle domande

mettendosi decisamente “in gioco”. Molti dei reclusi non solo hanno risposto alle

domande, ma molto spesso, hanno anche raccontato aneddoti riguardo al centro

penitenziario e riguardo alla loro vita, chi ha figli ha raccontato con interesse di loro

e delle loro vite.

Per quanto riguarda l’esperienza del carcere ho potuto riscontrare in tutti loro il fatto

di identificare il carcere con la sfaccettatura malo/bueno:

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• Il malo, il lato cattivo della prigione è soprattutto la sua limitazione della

libertà, le regole ferree, il rapporto con gli altri detenuti che spesso può

risultare conflittuale, la noia del patio;

• Il bueno, il lato positivo dell’esperienza, identificato con la partecipazione a

laboratori, corsi di formazione, corsi scolastici… e soprattutto, come loro

ammettono, perché il carcere è una lezione di vita, ovvero dalla durezza di

quella situazione si capisce cosa vuol dire sbagliare e quali sono le sue

conseguenze (il carcere, appunto, esperienza da non ripetere).

Diciamo che parlando di prigione e della loro esperienza con tutti i detenuti, non uno

escluso, emerge questo aspetto duale: un’esperienza che porta con sé due qualità

che sono in sé stesse un contrasto. Un’esperienza ossimoro direi, un’esperienza

che sa affiancare aspetti molto positivi a momenti del tutto negativi e sconfortanti.

Tra gli aspetti negativi, sottolineerei la lontananza dalla famiglia, soprattutto dai figli

–per chi li ha. Le famiglie soffrono molto la lontananza dai loro cari, soprattutto se in

prigione, e anche loro, tra le cose che più li ha fatti soffrire del carcere, avvertono la

distanza dai loro parenti; Ciò è accentuato dal fatto che famiglia ed amici molto

spesso risultano impossibilitati a fare loro visita tutte le settimane. Capita, per

esempio, che i familiari del recluso non risiedano nella stessa città del centro

penitenziario dove sono internati i detenuti e allora risulta estremamente difficile

riuscire ad andare a vederli almeno una volta a settimana. Per quanto riguarda i

familiari che risiedono nella stessa città del carcere, ovvero a Granada, anche per

loro è sicuramente difficile riuscire a raggiungere il centro, soprattutto per la

lontananza dalla città e dalla mancanza di mezzi pubblici per collegare la città al

carcere.

Per coloro che hanno figli, cinque intervistati, il carcere è stata una duplice

sofferenza, secondo quanto affermano la cosa che più di tutte li ha fatti soffrire e per

cui bramano il ritorno in libertà è stato lo stare lontani da loro. Alcuni di loro ai

bambini non hanno raccontato di essere in carcere, ma hanno inventato storie,

come per esempio che lavorano fuori; per rendere, insomma, la realtà un po’ meno

dura di quella che è. Come si sul dire “una bugia a fin di bene”.

Il “bueno” della situazione “prigione” viene identificato soprattutto con la sua lezione

di vita, l’esperienza in questione, è un momento che li ha aiutati a riflettere e a

capire che sbagliare può far male soprattutto a loro. Molti hanno riscontrato

decisamente utili i corsi formativi messi a disposizione nel centro penitenziario:

inizialmente accedono per trovare alternative alla noia, ma poi vengono

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progressivamente coinvolti dalle attività proposte. Sono utili soprattutto perché

lasciano qualcosa anche per quanto concerne il futuro, insomma danno strumenti

che poi si potranno sfruttare. Emerge che tutti loro hanno cercato in un modo o

nell’altro di impegnare il loro tempo in qualche maniera, pur di non stare nel patio a

fumare e a fare niente: a parte i corsi di formazione professionale, molti hanno avuto

accesso a corsi socioculturali, a corsi scolastici e sportivi. Alcuni hanno cercato di

impegnare il loro tempo cercando di fare le cose che più preferiscono, per molti ciò

è identificato nello sport, nel praticare sport libero o con un istruttore,

Il combattere la monotonia della vita del carcere è stato ciò che li ha spinti a

partecipare alle varie attività, inizialmente un modo per poter contrastare la noia e

per poter impegnare il tempo libero. La principale motivazione che emerge per

quanto riguarda il prendere parte ai vari corsi è proprio questa, tuttavia bisogna

sottolineare anche che le attività concedono punti utili per i benefici e i permessi di

uscita del fine settimana e per il cambio di grado (generalmente da secondo a

terzo). Successivamente il corso in questione può coinvolgere il detenuto, il quale si

impegna e lo porta a buon fine; ma questo è sempre il momento un seguito. Emerge

quindi che, inizialmente, un recluso non si propone per un determinato corso perché

gli può essere utile in futuro, ma per poter soddisfare dei bisogni immediati:

combattere la noia e ottenere dei punti che gli possano servire.

Per quanto riguarda il loro futuro e la libertà, la maggior parte di loro riscontra nel

lavoro ciò che gli potrà consentire una vita degna, senza errori: trovare

un’occupazione è un motivo per non tornare a sbagliare, per poter finalmente

condurre una vita normale.

Per coloro che non hanno figli, il ritorno alla libertà è un modo ambito per poter

ricominciare una vita secondo gli standard normali della società, alla domanda

“cosa ti aspetti dal futuro?”, non sono stati pochi coloro che mi hanno risposto,

lavorare, trovare una donna, sposarmi e avere dei figli. Insomma le aspettative

normali secondo i canoni prefissi dalla società. Per quanto riguarda invece chi ha

figli, chi ha moglie/marito o fidanzata/o, il ritorno alla libertà è il ritorno alla vita di

coppia e alla vita dei figli, sempre con l’aspettativa di trovare presto un lavoro che

possa soddisfare i loro bisogni e di poter finalmente condurre una vita “normale”.

Insomma per tutti i detenuti l’aspettativa verso il futuro è una vita normale, senza

intoppi, con un lavoro sicuro e con la propria famiglia.

Il lavoro futuro? Una buona parte degli intervistati dice di avere contatti al di fuori del

carcere con parenti ed amici che li aiuteranno a cercare un’occupazione, la maggior

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parte nel settore delle costruzioni; gli altri dicono che immediatamente “fuori” si

metteranno alla ricerca di un impiego, che gli possa consentire di poter ritornare alla

normalità. Tutti comunque vedono nel lavoro l’elemento chiave per la normalità e

per non ricadere nell’errore commesso.

Sicuramente molti di loro hanno paura del fantasma del carcere, come disse una

delle intervistate, il dover ammettere che si ha sbagliato e che si è stati in carcere.

Ciò che temono di soffrire è quindi lo stereotipo e il pregiudizio, il fatto che il datore

di lavoro possa dirti di no perché sei stato in carcere, la paura che le persone ti

guardino diversamente. Tutti coloro che hanno avuto problemi di tossicodipendenze

sono sicuri di aver risolto definitivamente il loro problema e che, comunque vada, il

problema non si riproporrà. Il fatto di non ricadere negli stessi errori è una costante

che si ripete nelle interviste, anche per i non tossicodipendenti il non ricommettere il

delitto è ciò che il carcere gli ha insegnato.

Ciò che emerge nel complesso dalle interviste con i reclusi è il fatto che tutti loro

sono concordi nell’affermare che il carcere, sebbene sia un’esperienza nella sua

globalità negativa, li ha aiutati a risolvere i loro problemi, per la maggior parte di loro

è stata l’esperienza che li ha aiutati a uscire dal mondo della droga e della

tossicodipendenza. In conclusione possiamo quindi affermare che secondo i

detenuti e la loro esperienza personale il carcere riabilita e consente di cambiare

vita, nonostante sia un’esperienza difficile e molto oppressiva. Un’esperienza,

insomma, che gli ha permesso di cambiare il proprio modo di pensare. Tuttavia

durante le interviste, alcuni di loro, affermarono che sì il carcere aveva cambiato

loro stessi, ma che in altre situazioni altre persone spesso sono ricadute negli stessi

errori che li avevano portati lì.

Sottolineerei, infine, che purtroppo non ho avuto la possibilità di intervistare persone

in secondo grado o in primo, persone con magari più condanne alle spalle;

sicuramente avrebbero avuto una visione molto diversa e soggettivamente molto più

distorta rispetto a coloro che hanno avuto accesso alla semilibertà. Ciò non è stata

possibile per via della difficoltà ad ottenere i permessi per poter intervistare i

detenuti e la ricerca si sarebbe ulteriormente dilatata nel tempo.

Un detenuto in terzo grado, in semilibertà, sicuramente è una persona consapevole

di “avercela fatta”, di essere riuscito a cambiare il modo di pensare proprio per

essere riuscito ad ottenere una situazione decisamente più “semplice” e meno

oppressiva. Proprio per “avercela fatta” e per essere riusciti a uscire da quella

situazione molti dei ragazzi tendevano a distinguersi dagli “altri”, che invece quel

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passo non sono riusciti a percorrerlo, agli “altri” che non sono riusciti a uscire da

quella situazione. Ecco questa tendenza a non volersi “mischiare” è molto forte e,

credo, sia un po’ una maniera di poter anche riaffermare il proprio IO e la propria

personalità per aver saputo affrontare un momento come quello. In questo senso

sarebbe stato molto interessante, ai fini dello studio, parlare con questi “altri” che

non riescono ad uscire dalle “loro” situazioni, purtroppo la macchinosità della

burocrazia penitenziaria e tutti i suoi controlli (ovviamente strettamente necessari,

vista l’istituzione che è) non me lo hanno permesso.

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Capitolo 6. Le attività socioculturali, le immagini. Prima di concludere vorrei lasciare spazio alle immagini della mostra “Derecho de

Fuga” tenutasi a Granada, nella facoltà di Scienze dell’Educazione –Universidad de

Granada UGR –organizzata dalla professoressa Yolanda Aragón Carrillo.

La mostra era un’esposizione dei lavori artistici dei reclusi del carcere di Granada,

eseguiti durante i corsi socioculturali proposti dal centro.

A seguito alcune delle foto:

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Conclusione. Il carcere delle riforme o la riforma del carcere? In questo lavoro ho esposto il sistema penitenziario spagnolo in due momenti: in

primo luogo l’analisi della realtà a livello generale, analizzando sia le leggi che

legiferano circa il funzionamento delle carcere in Spagna sia i suoi numeri, le sue

statistiche sulla popolazione penitenziaria spagnola. Nella seconda parte invece ho

analizzato una realtà specifica della Spagna, quella del carcere di Granada, realtà

non indifferente per due motivi: il fatto che il centro penitenziario è situato in

Andalusia, la regione con maggiore popolazione penitenziaria; e perché il carcere in

questione è un macrocarcere, un centro penitenziario di nuova generazione, creato

per poter accogliere un numero alto di detenuti per poter autogestirsi e non

necessitare dell’aiuto del resto della società.

Dal punto di vista legislativo, quello che sicuramente possiamo affermare è che

l’obiettivo fondamentale del sistema penitenziario è la persona, la sua riabilitazione

e, successivamente, la sua reintegrazione nella società. Tutte le leggi che

riguardano la gestione e il funzionamento delle carceri in Spagna sottolineano

l’importanza, non solo dell’aspetto punitivo proprio dell’istituzione prigione, ma di

quello rieducativo: insomma chi entra in carcere perché ha commesso delitti

sanzionati dal codice civile spagnolo e punibili mediante la privazione della libertà,

viene sì castigato del delitto commesso, ma tuttavia è in condizione di ricevere un

trattamento adeguato, personalizzato, affinché non torni a commettere delitti e che,

in un certo senso, smetta di nuocere a sé stesso e alla società.

L’obiettivo, secondo le leggi in questione (Costituzione spagnola, ley Organica

Penitenciaria, Reglamento Penitenciario), dovrebbe essere garantito mediante il

“trattamento scientifico individualizzato” del detenuto: ogni internato deve avere

un’attenzione specializzata in base alle proprie necessità. Di questo si occupano i

vari funzionari che lavorano, appunto, nell’ambito educativo e mediante una

collaborazione d’equipe soddisfacente hanno il dovere di proporre per ogni recluso

compiti e doveri da soddisfare durante il proprio soggiorno nei centri penitenziari del

territorio.

Secondo la legge, quindi, il trattamento è coadiuvato da attività che dovrebbero

consentire al recluso di poter possedere, al momento dell’uscita, di capacità che gli

possano consentire il suo ritorno nella società libera senza problemi.

Tali attività, in sostanza, sono riconducibili e tre grandi aree:

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• L’area educativa/scolastica, che, in sostanza, comprende il diritto/dovere del

recluso, analfabeta e con conoscenze teoriche basiche, di accedere al

servizio scolastico penitenziario. Le leggi prevedono, inoltre, che anche

coloro che possiedono i requisiti base, possano accedere a corsi scolastici

specializzati. Il centro penitenziario, in tal caso, si affida a professionali e

strutture corrispondenti esterne al centro penitenziario e quindi, per garantire

questi servizi, vengono stipulati convegni tra le due strutture;

• L’area socioculturale, riguarda le varie attività e laboratori in tale ambito.

Secondo l’esperienza del carcere di Granada (ovviamente non estendibile al

resto della società) quest’area viene gestita soprattutto dalle varie

associazioni e ONG, che collaborano con le istituzioni penitenziarie.

Bisognerebbe annotare il fatto che il sistema spagnolo è un sistema aperto,

di governance in sostanza, anche a settori della società non propriamente

istituzionali, che, però, con le istituzioni collaborano;

• L’area lavorativa, riguarda il suddetto settore. Secondo le leggi analizzate, il

sistema penitenziario, nel suo ideale riabilitativo, è in dovere verso il recluso

nell’”insegnargli un mestiere”. Il lavoro è uno degli elementi considerati

indispensabili per poter lavorare in maniera soddisfacente alla rieducazione

della persona che in passato ha sbagliato. I vari centri penitenziari, quindi,

devono mettere a disposizione dei reclusi un numero sufficiente di corsi di

formazione professionale che gli consentano di poter apprendere strumenti e

capacità in ambito lavorativo, che gli possano essere utili per quanto

concerne il ritorno in libertà.

Come già detto le norme spagnole che legiferano tale settore sono scrupolose

nell’affermare che al centro del sistema penitenziario deve essere collocato il

detenuto e i suoi diritti, in quanto persone e in quanto, appunto, recluso. Come tali le

leggi sottolineano il fatto che all’interno dei vari centri penitenziario devono essere

salvaguardati diversi diritti:

• La libertà religiosa

• La libertà politica

• La libertà civile

Sottolineerei, inoltre, che in un paese come la Spagna, di tradizione cattolica

conservatrice molto forte, un passo, anche se solo a “livello legislativo”, del genere

è sicuramente incidente: il fatto, che per esempio, venga consentito a chiunque di

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poter svolgere i propri “doveri religiosi” senza interferenza alcuna; lo stesso discorso

vale per il tema delle libertà politiche e civili.

In linea generale possiamo dire che il complesso normativo spagnolo riguardo al

sistema penitenziario risulta essere soddisfacente, anche e soprattutto per il

semplice fatto di porre l’attenzione sull’ideale riabilitativo del detenuto e sulla sua

reintegrazione nella società. Le amministrazioni dovrebbero fornire all’internato la

possibilità di poter accedere a un trattamento specializzato sulla base della sua

personalità, delle sue caratteristiche, affinché possa, dopo la prigione, condurre una

vita nella legalità senza incorrere nelle sanzioni previste dal Codice Civile Spagnolo.

Il carcere, quindi, non solo come punizione, ma anche con reintegrazione, come

rieducazione. Questo punto di vista effettivamente è decisamente incisivo.

È, quindi, opportuno parlare anche della realtà, poiché, comunque, la legge ha la

qualità di essere generica ed astratta. La realtà della popolazione penitenziaria

spagnola fondamentalmente risulta essere differente alla descrizione legislativa.

Secondo i dati tratti dai siti ufficiali, invece, possiamo notare come il numero dei

detenuti sia sempre in aumento, di anno in anno le carceri spagnole devono essere

in grado di accogliere sempre più reclusi. Lo stesso Centro Penitenziario di Albolote

a Granada, costruito una decina di anni fa per poco più di mille persone, adesso è

costretto ad accogliere un sovrappiù di 900 reclusi. Secondo alcuni esperti del

settore e secondo alcuni studi217, consultabili su internet, la “colpa” di questo

aumento potenziale è dovuta a un inasprimento delle sanzioni nel Codice Penale,

rispetto al vecchio codice: per reati simili si “allunga” la pena e il recluso paga la

stessa, con un carcere più “lungo”. Pena decisamente allungata nel tempo: risultato

troppi reclusi in prigione. Questo elemento sicuramente influisce in maniera decisiva

su un altro momento basico del “sistema carcere”, ovvero sull’ideale riabilitativo: il

Centro Penitenziario di Granada ne è un esempio, infatti a detta degli intervistati e

delle informazioni ottenute dall’APDHA non ci sono sufficienti posti per le varie

attività, che dovrebbero essere garantite a ogni recluso. Sottolineerei anche il fatto

che tra i detenuti intervistati, uno in particolare, poiché doveva scontare una

condanna “troppo corta” e le liste d’attesa erano “troppo lunghe”, non è riuscito ad

accedere ai corsi di formazione previsti. Insomma venendo meno la partecipazione

alle attività formative, viene anche meno il significato “rieducativo” della prigione,

217 Moliné, Cid “El incremento de la población penitenciaria española entre 1996-2006: diagnóstico y remedios” consultato presso http://www.criminologia.net/pdf/reic/CID08.pdf

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rimane sì il suo elemento punitivo, ma quello riabilitativo non è sufficiente, proprio

per la mancanza di risorse economiche e materiali che lo possano permettere.

Il numero dei reclusi è in costante aumento, cosa che sta convincendo

l’amministrazione spagnola a costruire e investire sempre più in nuove carceri, direi

macrocarceri. Quello di Albolote è un esempio: un centro penitenziario

autosufficiente, visto da dentro una sorta di villaggio, a sé stante, fuori dalla città.

Molto probabilmente la politica è questa, quella di costruire sempre più carceri dove

poter mettere tutto questo sovrappiù di detenuti, anche perché alcuni dei centri

penitenziari spagnoli, soffrono della sovrappopolazione penitenziaria e non riescono

nemmeno a garantire una vita “degna”.

Parlare di carcere e parlare di reintegrazione significa anche e necessariamente

parlare del dopo carcere: se una buona parte di ex detenuti ricadono nell’errore

commesso in precedenza, ciò significa che il carcere ha qualcosa che non va, che i

suoi ingranaggi in qualche modo falliscono. Parlare di dopo carcere e di recidività al

crimine è uno degli elementi che ci possono aiutare a fare chiarezza su quanto

realmente sia efficace questo tipo di pena punitiva: dalle interviste che ho effettuato

nel Centro Penitenziario di Granada emerge il fatto che, nella maggior parte dei

casi, manca il legame “assistenziale” tra carcere e vita in libertà, quando tornano a

essere liberi gli ex reclusi, in brevi parole, non sanno che fare e non sanno a chi

rivolgersi. La volontà personale è necessaria ed è un dato di fatto, ma anche

l’assistenza in un momento come quello dovrebbe essere un passaggio obbligatorio

per la reintegrazione.

Un rapporto pubblicato dall’ “Asociación Pro Derechos Humanos de Andalucía”218

sulla condizione dei malati mentali nelle carceri spagnole, sottolinea, da una parte la

difficoltà dei i familiari di gestire un malato mentale, e dall’altra la responsabilità

della società. Il rapporto evidenzia la scarsa attenzione da parte dei servizi sociali a

persone con problemi psichici, mancanza di aiuti pubblici: il risultato è che le

famiglie si ritrovano sole. Anche all’interno del carcere risultano essere carenti le

misure rivolte ai malati mentali, la mancanza di sostegno a livello psicologico non fa

altro che peggiorare la situazione.

218 Enfermos mentales en las prisiones ordinanarias: un fracaso de la sociedad del bienestar.Informe Febrero 2007, pubblicato da APDHA, consultato presso http://www.apdha.org/index.php?option=com_content&task=view&id=355&Itemid=45

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Un altro rapporto219, pubblicato dall’ “Asociación Pro Derechos Humanos de

Andalucía” e dall’associazione “Enlace”, sul problema dell’AIDS nelle carceri

spagnole, sottolinea la scarsa attenzione medica all’interno delle prigioni: poiché vi

sono solo professionisti generici, risulta obiettivamente difficile curare a dovere

queste malattie. Il rapporto evidenzia anche lo scarso coordinamento con la rete

pubblica e spesso i reclusi non riescono ad ottenere l’attenzione medica specifica.

Dati come questi, per una popolazione penitenziaria delle più alte d’Europa sono

molto negativi, soprattutto anche per il fatto che un 70/80% dei reclusi ha o ha avuto

in passato problemi di droga: sostanzialmente quello che si evidenzia è che

mancano le risorse necessarie per la cura delle tossicodipendenze e dell’AIDS.

Ciò che possiamo evidenziare da questi rapporti e dai dati ufficiali emessi dal

ministero dell’interno spagnolo sono due: la Spagna conta di un numero molto alto

di detenuti, la recidività è molto alta. I due dati sono oggettivi e, si può dire, che

sono strettamente collegati tra loro, la recidività aumenta, di fatto, il numero dei

reclusi in carcere e, di conseguenza, altri problemi sociali; non indifferente è la

costruzione dello “stereotipo” del delinquente. Sicuramente da parte dei funzionari il

tentativo di reintegrare e rieducare i reclusi c’è – e le interviste lo dimostrano –

sicuramente mancano le risorse necessarie affinché tale ideale possa diventare

realtà: se la recidività è del 64% si può dire che sì, per un 64% il carcere non

ottempera al suo obiettivo, ma per il rimanente 36% la persona smette di

commettere delitti Ovviamente non possiamo attribuire al carcere tutti i meriti di tale

“risultato”, ma sicuramente apporta qualcosa alla persona che capisce che

“delinquere è sbagliato”. Forse in questo caso, per quel 36% di persone che non

ricadono nel delitto, sì si può dire che l’obiettivo Costituzionale220 è centrato.

A livello locale, quello che ho potuto constatare dall’esempio di Albolote e

soprattutto dalle parole dei diretti interessati, dalle parole di chi il carcere lo vive tutti

i giorni, che il sistema in sé è soprattutto carente di risorse. Per quanto riguarda i

professionali che ho intervistato è risultato evidente l’accentuazione della mancanza

di mezzi materiali che possano permettere di ottenere l’obiettivo legislativo: la

reintegrazione dei reclusi. Un elemento sottolineato più volte è stato quello del

problema delle recidività a commettere il crimine: molti dei reclusi che affollano il

carcere di Granada e in esteso le prigioni spagnole non sono alla prima condanna,

219 Informe. Por la Integración de la Sanidad Penitenciaria en el Servicio Andaluz de Salud” pubblicato da APDHA e da Enlace, consultato presso http://www.apdha.org/index.php?option=com_content&task=view&id=114&Itemid=31 220 articolo 25.2 Constitución Española

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ma ne hanno una o più di una alle spalle. È possibile affermare che in questi casi la

colpa è del sistema penitenziario che non ha funzionato? A detta dei funzionari

intervistati la risposta è sia affermativa che negativa, nel senso che da una parte è

incisiva la volontà del singolo e della sua voglia di cambiare, dall’altra il centro

penitenziario risulta essere carente delle risorse necessarie che possano attendere

tutti indiscriminatamente. Non indifferente è il fatto che il carcere di Granada fu

costruito una decina d’anni fa per poco più di mille reclusi e ora ne accoglie 1900:

resta quindi un “surplus” di 900 persone da “gestire”.

Il punto di vista del recluso, ovviamente, è differente: consapevole di aver sbagliato,

vede nel carcere un’esperienza del tutto negativa, semplicemente nera, senza

sfumature, caratterizzata dalla noia delle giornate monotone e dalla voglia di

rompere quel grigiume e di non pensare. Tutti i detenuti hanno concordato con il

fatto che la prigione è stato l’elemento decisivo che li ha definitivamente allontanati

dai loro problemi e dai loro errori. Un’esperienza complessivamente negativa, che

però ha contribuito a formare delle persone nuove, che hanno cambiato il loro

atteggiamento verso la vita. È da sottolineare, inoltre, il fatto che tutti i reclusi hanno

attribuito un’importanza fondamentale alle varie attività che il Centro Penitenziario

ha loro proposto, indiscutibilmente utili per quanto riguarderà la loro vita futura.

Punti di vista differenti quelli delle interviste effettuate, ma con convergenze non

indifferenti: la concordanza da parte di funzionari e detenuti sull’importanza della

volontà individuale sul voler uscire da quella situazione, e poi, sulla scarsità di

risorse. Da parte dei funzionari la scarsità di risorse è vista come mancanza di quei

mezzi materiali che possano loro consentire di svolgere un lavoro in condizioni e di

poter avere il tempo per tutti; dal punto di vista dei reclusi, invece, la mancanza di

risorse viene vista sia come mancanza di laboratori o attività che gli possano

occupare il tempo, sia come carenza di aiuti materiali ed economici.

Un problema riscontrato anche nella realtà granadina, emerso soprattutto dalle

interviste con i reclusi, sta nella mancanza di legami assistenziali con il futuro: una

delle preoccupazioni più grandi, infatti, è quella di non riuscire a trovare lavoro o di

faticare molto per riuscire a ottenere un qualche impiego. Spesso si sentono un po’

in “balia delle onde” del destino e più che ai servizi sociali, si affidano alle

conoscenze di amici o familiari per raggiungere l’obiettivo. Ovviamente questa non è

un’affermazione che può essere estesa su grande scala, però non è indifferente il

fatto che per trovare lavoro si utilizzino molto le conoscenze e poco le strutture.

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In sostanza quindi la domanda rimane sempre la stessa <<II carcere delle riforme o

le riforme del carcere?>>, infatti, come già detto, dal punto di vista legislativo siamo

di fronte a un caso in cui la legge, nelle sue parole, punta in maniera non

indifferente sulla persona e sul suo sviluppo; le leggi penitenziarie ruotano,

insomma, attorno al concetto di persona. Nella realtà, in sostanza, assistiamo, da

una parte a un aumento complessivo del numero di reclusi di anno in anno,

assistiamo a un “affollamento” delle carceri –anche se possiamo definirlo relativo, in

quanto, nel carcere di Granada (l’unica esperienza concreta a mia conoscenza), il

sovraffollamento è semplicemente di due persone per cella –e a un fenomeno di

recidività non indifferente. Assistiamo, quindi, al fatto che molti detenuti hanno più

esperienze carcerarie alle spalle, per cui sarebbe opportuno chiedersi se

effettivamente il carcere, nella realtà ha l’obiettivo di rieducare oppure se le sue

politiche sono soprattutto incentrate sulla punizione.

Questo lavoro, insomma, è una piccola analisi di un sistema penitenziario

considerato modello, una risposta alle domande democratiche del post franchismo,

un controbattere rispetto alle esigenze della chiesa e dell’opus dei e, nonostante

questo sforzo legislativo, c’è ancora da chiedersi se il carcere debba ancora essere

riformato e se, effettivamente, sia necessario puntare su altre proposte “alternative”

proprio al carcere.

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“Enfermos mentales en las prisiones ordinanarias: un fracaso de la sociedad del

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http://www.apdha.org/index.php?option=com_content&task=view&id=355&Itemid=4

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violenza”, Milano, Edizioni di comunità, 2001, p. 415 consultato su

http://www.comune.bologna.it/iperbole/assminsto/Sche_2001goffman.htm

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presso

http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo1-1979.html

Moliné, Cid “El incremento de la población penitenciaria española entre 1996-2006:

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Rivera Beiras, I , “Transparencia en las cárceles”, consultato presso

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“Real Decreto 190/1996, de 9 de febrero, por el que se aprueba el Reglamento

Penitenciario”, consultato presso

http://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/rd190-1996.html

“Reglas mínimas para el tratamiento de los reclusos”, consultato presso

http://www.unhchr.ch/spanish/html/menu3/b/h_comp34_sp.htm

Altri riferimenti Corso di formazione propedeutico al volontariato in carcere tenuto dall’”Asociación

Pro Derechos Humanos” a Granada dal 7 al 28 Novembre 2007. È possibile

consultare il sito dell’associazione: http://www.adpha.org/

Siti consultati http://www.adpha.org/

http://www.derechopenitenciario.com/noticias/index.asp

http://www.ine.es/

http://www.mir.es/INSTPEN/

http://www.uma.es/estudios/propias/criminologia/

http://www.wikipedia.org/

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Ringraziamenti Un ringraziamento particolare và al prof. Pio Marconi, senza l’aiuto del quale questo

lavoro non sarebbe stato possibile; grazie anche per la libertà di movimento datami

durante tutte le fasi della ricerca.

Ringrazio particolarmente il prof Juan Irigoyen dell’Universidad de Granada (UGR)

per i suoi consigli sempre utili e per l’aiuto che non è mai mancato.

Grazie anche alla Prof.ssa Yolanda Aragón Carretero dell’Universidad de Granada

(UGR) per le informazioni sul centro penitenziario di Albolote e per avermi messo a

disposizione la sua tesi dottorale.

Grazie a Elena del Centro Penitenziario di Albolote, per avermi aiutato nel momento

delle interviste e per la sua grandissima disponibilità.

Grazie all’ “Asociación Pro Derechos Humanos de Andalucía”- gruppo carcere, per

le informazioni e per l’aiuto su cui ho potuto contare durante tutti i momenti della

ricerca; grazie speciale a Elena per avermi messo a disposizione tutta la sua

esperienza nel campo e il suo tempo.

Grazie a tutti gli intervistati per la loro disponibilità e per avermi lasciato un po’ del

loro tempo. Un grazie particolare ai detenuti, per essersi raccontati senza riserve e

per avermi fatto vedere il carcere dai loro occhi.

Grazie a tutti coloro che, volenti o nolenti, mi hanno accompagnato in questo

momento.

Un grazie che inizia e non finisce a Mamma, Papà ed Alice …per esserci!