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Il carabiniere è stato ucciso a Senigallia nel 1946 da rapinatori slavi
Lizambri, l’eroe di PennabilliQuel giorno non sarebbe toccato a lui intervenire
Quanti atti eroici di appartenenti alle forze dell’ordine sono fini-ti con il passare del tempo nel dimenticatoio? Quanti eroi nonhanno ricevuto un giusto riconoscimento alla memoria e non sisono visti dedicare una via nel luogo di nascita oppure in quellodove sono caduti nell’adempimento del dovere? Al carabiniereGioacchino Lizambri, medaglia d’Argento al Valor militare, nel1994 è stata dedicata la caserma di Pennabilli, dove era nato nel1910. Solo nel 2007 l’Amministrazione comunale ha seguito l’e-
sempio dell’Arma con una via; non ha fatto altrettanto quella diSenigallia, dove il militare ha perso la vita il 1 settembre 1946 inun conflitto a fuoco con due rapinatori slavi. Quando arrivò la ri-chiesta di intervento, non sarebbe toccato a Lizambri recarsi sulposto ma a un commilitone, anche lui di Pennabilli, che però nonera pronto. Lui lo aveva sostituito prontamente e senza esitazioni.La storia di Lizambri assomiglia a quella di tanti uomini dell’Ar-ma che hanno perso la vita in guerra o nell’adempimento del ser-
vizio d’istituto, le cui famiglie si sono viste privare del principalesostegno. Tra gli orfani, sono numerosi quelli che grazie all’Onao-mac (l’Opera nazionale di assistenza per gli orfani dei militaridell’Arma dei carabinieri), fondata il 15 maggio 1948, hanno po-tuto studiare e inserirsi nella collettività. Tra questi anche il figliodi Lizambri, Giorgio, che ha seguito le orme paterne arruolando-si nell’Arma, dalla quale si è congedato nel 1997 con il grado dimaresciallo aiutante.
Aldo Viroli
“Gioacchino Lizambri era il fac-totum della stazione di Senigallia,un uomo eccezionale, intelligen-te, rispettoso, capace e ben volu-to da tutti”. Così lo ricorda in unalettera inviata nel 1996 al figlioGiorgio, l’allora brigadiere Anto-nio Bordonaro, all’epoca dei fatticapo scrivano presso la Tenenzadi Senigallia. “Per l’eroico gestocompiuto, a mio avviso, meritavala medaglia d’Oro. Non tuttiavrebbero affrontato da soli i duemalviventi slavi! Purtroppo leproposte vengono sempre stilateda superiori non presenti al fatto,o corrette, o mancanti di partico-lari salienti. A distanza di cosìlungo tempo, mi è assai difficilericordare tutti i particolari dellavicenda. Preciso però che fui so-lo io e due carabinieri a portarsinonostante il pericolo, con dolo-re e rabbia, nel campo dei profu-ghi slavi, per tentare di catturarel’altro rapinatore riuscito a fuggi-re, ma con esito negativo”. Eccocome viene ricostruita la tragicavicenda dal Corriere Adriatico:Erano da poco passate le 20quando un motociclista si pre-senta alla caserma dei carabinie-ri per denunciare che lungo lastrada del Vallone due slavi fer-mavano i passanti derubandolidei loro averi. Il Lizambri sareb-be salito sulla moto del denun-ciante, mentre l’appuntato LucioCarradori li avrebbe seguiti in bi-cicletta. Giunti sul luogo della se-gnalazione, non avevano trovatonessuno. Convinti che i malfatto-ri non dovevano essere lontani,Carradori e Lizambri iniziano lericerche avviandosi in direzioniopposte. Toccherà proprio a que-st’ultimo imbattersi nei malvi-venti, entrambi di notevole costi-tuzione fisica; Lizambri puntacontro di loro il mitra ordinandoche alzassero le mani e si mettes-sero in marcia verso la caserma.I due obbediscono prontamente.Trovandosi da solo, Lizambrinon aveva potuto procedere allaperquisizione per verificare che ifermati non fosseroarmati. Purtroppouno lo era, e così, al-l’altezza di una gio-stra dove si erano ra-dunati in tanti per unmomento di evasionedalle problematichedell’immediato dopo-guerra, estrae una pi-stola esplodendo trecolpi verso il carabiniere. Lizam-bri, benché raggiunto da unproiettile alla regione toracica, hala forza di reagire azionando ilmitra. Andata a vuoto la raffica einceppatasi l’arma, Lizambri rie-sce comunque ad afferrarla perla canna e a scaraventarla sul ca-po del malvivente. Mentre que-st’ultimo indietreggiava barcol-lando, l’eroico carabiniere stra-mazza al suolo esanime. La lette-ra dell’allora brigadiere Bordona-ro è molto importante per rico-struire la dinamica dei fatti inquanto l’articolo del Corriere
Adriatico appare lacunoso, e incerti punti quasi improvvisato.La sparatoria aveva fatto accorre-re numerosi cittadini che si eranomessi alla ricerca dei due malfat-tori, che nel frattempo avevanofatto perdere le loro tracce. Se-condo la ricostruzione del gior-nale, gli inseguitori sarebbero riu-sciti a raggiungere i due fuggitivie a colpirli con un coltello. Mal-grado le ferite i due erano riusci-ti nuovamente a far perdere leproprie tracce per poi abbattersi
al suolo sfiniti dall’e-morragia, uno neipressi del Duomo,l’altro dell’Ospedale.I due criminali era-no stati poi condottial nosocomio per ve-nire successivamen-te interrogati dal co-mandante della sta-
zione e da altri uomini dell’Ar-ma. La ricostruzione del Corrie-re non coincide con quella diBordonaro che sui fatti è catego-rico: solo uno dei malviventi erasfuggito alla cattura. Lo stessomotociclista che aveva denuncia-to le rapine sulla strada del Vallo-ne si era poi ripresentato in caser-ma per avvertire che altri slavistavano compiendo azioni crimi-nose. Avuta la notizia, il coman-dante della Tenenza e altri milita-ri, complessivamente otto uomi-ni, si sarebbero mobilitati peruna battuta che purtroppo aveva
dato esito negativo. In realtà, co-me sostiene Bordonaro, al camposi era recato solo lui con due ca-rabinieri. Intanto a Senigallia siapprendeva che dai due campiprofughi erano scappati 14 uomi-ni, questo particolare andrebbe aconfermare che i responsabilidella morte di Lizambri facevanoparte di un’agguerrita banda dirapinatori. La presenza dei duecampi profughi slavi era causa ditensione a Senigallia tanto che icittadini dopo l’uccisione di Li-zambri minacciavano un assalto.Gli slavi provenivano da Servi-gliano, dove dopo la dichiarazio-ne di guerra alla Jugoslavia, era-no stati internati cittadini italianidi etnia slava residenti nelle pro-vince di Gorizia, Trieste, Pola eFiume. Gli occupanti del campoerano stati liberati dai partigianinel giugno 1944, dopo pochigiorni erano arrivati sul posto glialleati. Gli internati erano statipoi trasferiti a Senigallia nel lu-glio 1946, da dove sarebbero poipartiti per l’Argentina. Serviglia-no ospiterà in seguito i profughiistriani, fiumani e dalmati. E’ il caso di ricordare che nellazona di Senigallia prima di Li-zambri erano stati uccisi un ma-resciallo dell’Arma, lungo la stra-da di Polverigi, e il brigadiere co-mandante la stazione di Ostra,che stava per arrestare il capo diuna banda di agguerriti rapinato-ri che infestavano le campagne.
“Mio padre – ricorda il figlioGiorgio – proveniva da una fami-glia contadina. Aveva dieci fratel-li, i primi due morti durante laprima guerra mondiale. Quasitutti i fratelli emigrarono, uno ne-gli Stati Uniti e i rimanenti inFrancia. Prima del trasferimentoa Senigallia, aveva prestato servi-zio presso la stazione di Monzu-no (Bo), dove sono nato nel 1943.Essendo io il terzo figlio, la mianascita gli risparmiò di essere in-viato in Africa. Io non ricordonulla di mio padre. Mi hannoraccontato della sua bontà, gene-rosità e voglia di vivere. Mi han-no anche raccontato che quandoarrivò in caserma la segnalazionedella presenza dei criminali do-veva uscire un suo collega, an-ch’egli di Pennabilli, che non erapronto. Mio padre di buon gradolo sostituì senza pensarci un atti-mo. La mamma rimase vedovacon quattro figli in tenera età. Eb-be la pensione solo nel 1952”. Questa la motivazione della me-daglia d’Argento al Valor militareconcessa nel 1947 alla memoriadell’eroico carabiniere di Penna-billi: “Inviato unitamente ad ungraduato alla ricerca di due indi-vidui autori di tentata rapina,identificati poi per elementi sla-vi, mentre il superiore eseguivaaltro itinerario, riusciva a rintrac-ciarli e dopo aver intimato l’alt liobbligava con mitra a precederloverso la caserma. Dopo brevissi-
mo tragitto uno di essi, voltando-si di scatto, esplodeva al suo indi-rizzo tre colpi di pistola di cuidue lo colpivano mortalmente.Ciò nonostante reagiva sparandoun colpo di mitra, e prima di ab-battersi al suolo colpiva alla testal’aggressore con la cassa del mi-tra stesso. Esempio mirabile dispirito di sacrificio, di grande co-raggio e di alte virtù militari. Se-nigallia (An), 1 settembre 1946”.Giorgio Lizambri e successiva-mente la sorella Fermina sonostati assistiti dall’O-naomac, (l’Opera na-zionale di assistenzaper gli orfani dei mili-tari dell’Arma dei ca-rabinieri) fondata nel1948, che li ha ospita-ti rispettivamente neicollegi di San MauroTorinese e Mornese.Il patrimonio inizialeera costituito da 37 milioni di li-re, raccolti grazie alla generositàdegli uomini dell’Arma di ognigrado, che avevano devoluto unagiornata di stipendio. Con decre-to dell’allora presidente della Re-pubblica Luigi Einaudi, l’Operaverrà poi eretta in Ente morale.“Al compimento del 17 anno –racconta Giorgio Lizambri – misono arruolato nell’Arma dove hoprestato servizio come sottufficia-le fino al 1997, congedandomicon il grado di maresciallo aiu-tante. Durante il servizio, per
meriti speciali, mi è stata conferi-ta l’onorificenza di commendato-re” . Giorgio Lizambri vive a Ca-stenaso in provincia di Bologna,dove è presidente della locale se-zione dell’Anc, l’Associazione na-zionale carabinieri. Nel 1994l’Arma ha deciso di dedicare aGioacchino Lizambri la nuovacaserma di Pennabilli, madrinanella consegna della bandiera èstata la figlia del caduto. Nel 2007è stata la volta dell’Amministra-zione comunale, che ha intitolatouna via all’eroico concittadino. La vicenda di Gioacchino Lizam-bri è stata rievocata quest’annonel numero di marzo del mensiledell’Associazione nazionale cara-binieri “Le Fiamme d’argento”.Francesco De Angelis, ha eviden-ziato che a sessant’anni e oltredalla morte del valoroso carabi-niere di Pennabilli, purtroppo gliepisodi delinquenziali causatidalla criminalità importata sonotuttora più che mai presenti nelnostro paese. Tornando all’Onaomac, con le ri-sorse disponibili, l’Opera avevaacquistato a San Mauro Torineseun vecchio fabbricato, che dopogli opportuni interventi di ristrut-turazione era diventato il primocollegio. Affidato alle cure dei pa-dri Salesiani, ospitò i primi centoorfani maschi, tutti nella fascia dietà dell’istruzione elementare.Successivamente, nel 1951, l’O-noamac, aveva cominciato l’assi-stenza delle orfane grazie a unaconvenzione con le suore Salesia-ne che prevedeva la loro perma-nenza nel collegio di Mornese, inprovincia di Alessandria. Tenutoconto delle numerose richieste diassistenza provenienti da ogniparte del paese, l’Opera aveva sti-pulato in varie regioni convenzio-ni con un centinaio di collegi.Nell’anno scolastico 1964-65 erastato raggiunto il maggior nume-ro di assistiti in collegio, sfioran-do le mille unità. In seguito si èassistito ad un sensibile incre-mento delle richieste di assisten-za in famiglia. Sia le migliori con-dizioni economiche del paese, siala minore disponibilità delle ve-dove a privarsi, seppure per la
durata dell’anno sco-lastico, di un’altrapersona cara, aveva-no fatto registrare uncalo delle richieste diassistenza in collegio.Così, vista l’esiguapresenza di orfaniconvittori, alla finedell’anno scolastico1977-78, si arrivò al-la chiusura del colle-
gio di San Mauro Torinese, suc-cessivamente alienato. Ai giorninostri l’Onaomac assiste un mi-gliaio di orfani, a ognuno erogasussidi semestrali distinti per fa-scia di età, sino al termine deglistudi. Nel caso di orfani disabili,l’assistenza è invece a vita. Da ri-cordare che l’Opera non percepi-sce contributi dallo Stato, il 90%delle entrate è rappresentato daicontributi mensili volontari elar-giti dai militari dell’Arma di ognigrado.
L’inaugurazione dell’annoscolastico alcollegio diSan MauroTorinese:GioacchinoLizambri; unaveduta delCollegio
Gli è stataconferita lamedaglia
d’Argento alValor militare
Il figlioGiorgio haseguito le
orme paterne
LLAAVVOOCCEEROMAGNA ARTE E STORIA35Lunedì 26
Ottobre 2009