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Il carabiniere è stato ucciso a Senigallia nel 1946 da rapinatori slavi Lizambri, l’eroe di Pennabilli Quel giorno non sarebbe toccato a lui intervenire Quanti atti eroici di appartenenti alle forze dell’ordine sono fini- ti con il passare del tempo nel dimenticatoio? Quanti eroi non hanno ricevuto un giusto riconoscimento alla memoria e non si sono visti dedicare una via nel luogo di nascita oppure in quello dove sono caduti nell’adempimento del dovere? Al carabiniere Gioacchino Lizambri, medaglia d’Argento al Valor militare, nel 1994 è stata dedicata la caserma di Pennabilli, dove era nato nel 1910. Solo nel 2007 l’Amministrazione comunale ha seguito l’e- sempio dell’Arma con una via; non ha fatto altrettanto quella di Senigallia, dove il militare ha perso la vita il 1 settembre 1946 in un conflitto a fuoco con due rapinatori slavi. Quando arrivò la ri- chiesta di intervento, non sarebbe toccato a Lizambri recarsi sul posto ma a un commilitone, anche lui di Pennabilli, che però non era pronto. Lui lo aveva sostituito prontamente e senza esitazioni. La storia di Lizambri assomiglia a quella di tanti uomini dell’Ar- ma che hanno perso la vita in guerra o nell’adempimento del ser- vizio d’istituto, le cui famiglie si sono viste privare del principale sostegno. Tra gli orfani, sono numerosi quelli che grazie all’Onao- mac (l’Opera nazionale di assistenza per gli orfani dei militari dell’Arma dei carabinieri), fondata il 15 maggio 1948, hanno po- tuto studiare e inserirsi nella collettività. Tra questi anche il figlio di Lizambri, Giorgio, che ha seguito le orme paterne arruolando- si nell’Arma, dalla quale si è congedato nel 1997 con il grado di maresciallo aiutante. Aldo Viroli “Gioacchino Lizambri era il fac- totum della stazione di Senigallia, un uomo eccezionale, intelligen- te, rispettoso, capace e ben volu- to da tutti”. Così lo ricorda in una lettera inviata nel 1996 al figlio Giorgio, l’allora brigadiere Anto- nio Bordonaro, all’epoca dei fatti capo scrivano presso la Tenenza di Senigallia. “Per l’eroico gesto compiuto, a mio avviso, meritava la medaglia d’Oro. Non tutti avrebbero affrontato da soli i due malviventi slavi! Purtroppo le proposte vengono sempre stilate da superiori non presenti al fatto, o corrette, o mancanti di partico- lari salienti. A distanza di così lungo tempo, mi è assai difficile ricordare tutti i particolari della vicenda. Preciso però che fui so- lo io e due carabinieri a portarsi nonostante il pericolo, con dolo- re e rabbia, nel campo dei profu- ghi slavi, per tentare di catturare l’altro rapinatore riuscito a fuggi- re, ma con esito negativo”. Ecco come viene ricostruita la tragica vicenda dal Corriere Adriatico: Erano da poco passate le 20 quando un motociclista si pre- senta alla caserma dei carabinie- ri per denunciare che lungo la strada del Vallone due slavi fer- mavano i passanti derubandoli dei loro averi. Il Lizambri sareb- be salito sulla moto del denun- ciante, mentre l’appuntato Lucio Carradori li avrebbe seguiti in bi- cicletta. Giunti sul luogo della se- gnalazione, non avevano trovato nessuno. Convinti che i malfatto- ri non dovevano essere lontani, Carradori e Lizambri iniziano le ricerche avviandosi in direzioni opposte. Toccherà proprio a que- st’ultimo imbattersi nei malvi- venti, entrambi di notevole costi- tuzione fisica; Lizambri punta contro di loro il mitra ordinando che alzassero le mani e si mettes- sero in marcia verso la caserma. I due obbediscono prontamente. Trovandosi da solo, Lizambri non aveva potuto procedere alla perquisizione per verificare che i fermati non fossero armati. Purtroppo uno lo era, e così, al- l’altezza di una gio- stra dove si erano ra- dunati in tanti per un momento di evasione dalle problematiche dell’immediato dopo- guerra, estrae una pi- stola esplodendo tre colpi verso il carabiniere. Lizam- bri, benché raggiunto da un proiettile alla regione toracica, ha la forza di reagire azionando il mitra. Andata a vuoto la raffica e inceppatasi l’arma, Lizambri rie- sce comunque ad afferrarla per la canna e a scaraventarla sul ca- po del malvivente. Mentre que- st’ultimo indietreggiava barcol- lando, l’eroico carabiniere stra- mazza al suolo esanime. La lette- ra dell’allora brigadiere Bordona- ro è molto importante per rico- struire la dinamica dei fatti in quanto l’articolo del Corriere Adriatico appare lacunoso, e in certi punti quasi improvvisato. La sparatoria aveva fatto accorre- re numerosi cittadini che si erano messi alla ricerca dei due malfat- tori, che nel frattempo avevano fatto perdere le loro tracce. Se- condo la ricostruzione del gior- nale, gli inseguitori sarebbero riu- sciti a raggiungere i due fuggitivi e a colpirli con un coltello. Mal- grado le ferite i due erano riusci- ti nuovamente a far perdere le proprie tracce per poi abbattersi al suolo sfiniti dall’e- morragia, uno nei pressi del Duomo, l’altro dell’Ospedale. I due criminali era- no stati poi condotti al nosocomio per ve- nire successivamen- te interrogati dal co- mandante della sta- zione e da altri uomini dell’Ar- ma. La ricostruzione del Corrie- re non coincide con quella di Bordonaro che sui fatti è catego- rico: solo uno dei malviventi era sfuggito alla cattura. Lo stesso motociclista che aveva denuncia- to le rapine sulla strada del Vallo- ne si era poi ripresentato in caser- ma per avvertire che altri slavi stavano compiendo azioni crimi- nose. Avuta la notizia, il coman- dante della Tenenza e altri milita- ri, complessivamente otto uomi- ni, si sarebbero mobilitati per una battuta che purtroppo aveva dato esito negativo. In realtà, co- me sostiene Bordonaro, al campo si era recato solo lui con due ca- rabinieri. Intanto a Senigallia si apprendeva che dai due campi profughi erano scappati 14 uomi- ni, questo particolare andrebbe a confermare che i responsabili della morte di Lizambri facevano parte di un’agguerrita banda di rapinatori. La presenza dei due campi profughi slavi era causa di tensione a Senigallia tanto che i cittadini dopo l’uccisione di Li- zambri minacciavano un assalto. Gli slavi provenivano da Servi- gliano, dove dopo la dichiarazio- ne di guerra alla Jugoslavia, era- no stati internati cittadini italiani di etnia slava residenti nelle pro- vince di Gorizia, Trieste, Pola e Fiume. Gli occupanti del campo erano stati liberati dai partigiani nel giugno 1944, dopo pochi giorni erano arrivati sul posto gli alleati. Gli internati erano stati poi trasferiti a Senigallia nel lu- glio 1946, da dove sarebbero poi partiti per l’Argentina. Serviglia- no ospiterà in seguito i profughi istriani, fiumani e dalmati. E’ il caso di ricordare che nella zona di Senigallia prima di Li- zambri erano stati uccisi un ma- resciallo dell’Arma, lungo la stra- da di Polverigi, e il brigadiere co- mandante la stazione di Ostra, che stava per arrestare il capo di una banda di agguerriti rapinato- ri che infestavano le campagne. “Mio padre – ricorda il figlio Giorgio – proveniva da una fami- glia contadina. Aveva dieci fratel- li, i primi due morti durante la prima guerra mondiale. Quasi tutti i fratelli emigrarono, uno ne- gli Stati Uniti e i rimanenti in Francia. Prima del trasferimento a Senigallia, aveva prestato servi- zio presso la stazione di Monzu- no (Bo), dove sono nato nel 1943. Essendo io il terzo figlio, la mia nascita gli risparmiò di essere in- viato in Africa. Io non ricordo nulla di mio padre. Mi hanno raccontato della sua bontà, gene- rosità e voglia di vivere. Mi han- no anche raccontato che quando arrivò in caserma la segnalazione della presenza dei criminali do- veva uscire un suo collega, an- ch’egli di Pennabilli, che non era pronto. Mio padre di buon grado lo sostituì senza pensarci un atti- mo. La mamma rimase vedova con quattro figli in tenera età. Eb- be la pensione solo nel 1952”. Questa la motivazione della me- daglia d’Argento al Valor militare concessa nel 1947 alla memoria dell’eroico carabiniere di Penna- billi: “Inviato unitamente ad un graduato alla ricerca di due indi- vidui autori di tentata rapina, identificati poi per elementi sla- vi, mentre il superiore eseguiva altro itinerario, riusciva a rintrac- ciarli e dopo aver intimato l’alt li obbligava con mitra a precederlo verso la caserma. Dopo brevissi- mo tragitto uno di essi, voltando- si di scatto, esplodeva al suo indi- rizzo tre colpi di pistola di cui due lo colpivano mortalmente. Ciò nonostante reagiva sparando un colpo di mitra, e prima di ab- battersi al suolo colpiva alla testa l’aggressore con la cassa del mi- tra stesso. Esempio mirabile di spirito di sacrificio, di grande co- raggio e di alte virtù militari. Se- nigallia (An), 1 settembre 1946”. Giorgio Lizambri e successiva- mente la sorella Fermina sono stati assistiti dall’O- naomac, (l’Opera na- zionale di assistenza per gli orfani dei mili- tari dell’Arma dei ca- rabinieri) fondata nel 1948, che li ha ospita- ti rispettivamente nei collegi di San Mauro Torinese e Mornese. Il patrimonio iniziale era costituito da 37 milioni di li- re, raccolti grazie alla generosità degli uomini dell’Arma di ogni grado, che avevano devoluto una giornata di stipendio. Con decre- to dell’allora presidente della Re- pubblica Luigi Einaudi, l’Opera verrà poi eretta in Ente morale. “Al compimento del 17 anno – racconta Giorgio Lizambri – mi sono arruolato nell’Arma dove ho prestato servizio come sottufficia- le fino al 1997, congedandomi con il grado di maresciallo aiu- tante. Durante il servizio, per meriti speciali, mi è stata conferi- ta l’onorificenza di commendato- re” . Giorgio Lizambri vive a Ca- stenaso in provincia di Bologna, dove è presidente della locale se- zione dell’Anc, l’Associazione na- zionale carabinieri. Nel 1994 l’Arma ha deciso di dedicare a Gioacchino Lizambri la nuova caserma di Pennabilli, madrina nella consegna della bandiera è stata la figlia del caduto. Nel 2007 è stata la volta dell’Amministra- zione comunale, che ha intitolato una via all’eroico concittadino. La vicenda di Gioacchino Lizam- bri è stata rievocata quest’anno nel numero di marzo del mensile dell’Associazione nazionale cara- binieri “Le Fiamme d’argento”. Francesco De Angelis, ha eviden- ziato che a sessant’anni e oltre dalla morte del valoroso carabi- niere di Pennabilli, purtroppo gli episodi delinquenziali causati dalla criminalità importata sono tuttora più che mai presenti nel nostro paese. Tornando all’Onaomac, con le ri- sorse disponibili, l’Opera aveva acquistato a San Mauro Torinese un vecchio fabbricato, che dopo gli opportuni interventi di ristrut- turazione era diventato il primo collegio. Affidato alle cure dei pa- dri Salesiani, ospitò i primi cento orfani maschi, tutti nella fascia di età dell’istruzione elementare. Successivamente, nel 1951, l’O- noamac, aveva cominciato l’assi- stenza delle orfane grazie a una convenzione con le suore Salesia- ne che prevedeva la loro perma- nenza nel collegio di Mornese, in provincia di Alessandria. Tenuto conto delle numerose richieste di assistenza provenienti da ogni parte del paese, l’Opera aveva sti- pulato in varie regioni convenzio- ni con un centinaio di collegi. Nell’anno scolastico 1964-65 era stato raggiunto il maggior nume- ro di assistiti in collegio, sfioran- do le mille unità. In seguito si è assistito ad un sensibile incre- mento delle richieste di assisten- za in famiglia. Sia le migliori con- dizioni economiche del paese, sia la minore disponibilità delle ve- dove a privarsi, seppure per la durata dell’anno sco- lastico, di un’altra persona cara, aveva- no fatto registrare un calo delle richieste di assistenza in collegio. Così, vista l’esigua presenza di orfani convittori, alla fine dell’anno scolastico 1977-78, si arrivò al- la chiusura del colle- gio di San Mauro Torinese, suc- cessivamente alienato. Ai giorni nostri l’Onaomac assiste un mi- gliaio di orfani, a ognuno eroga sussidi semestrali distinti per fa- scia di età, sino al termine degli studi. Nel caso di orfani disabili, l’assistenza è invece a vita. Da ri- cordare che l’Opera non percepi- sce contributi dallo Stato, il 90% delle entrate è rappresentato dai contributi mensili volontari elar- giti dai militari dell’Arma di ogni grado. L’inaugurazio ne dell’anno scolastico al collegio di San Mauro Torinese: Gioacchino Lizambri; una veduta del Collegio Gli è stata conferita la medaglia d’Argento al Valor militare Il figlio Giorgio ha seguito le orme paterne LAVOCE R OMAGNA ARTE E STORIA 35 Lunedì 26 Ottobre 2009

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Il carabiniere è stato ucciso a Senigallia nel 1946 da rapinatori slavi

Lizambri, l’eroe di PennabilliQuel giorno non sarebbe toccato a lui intervenire

Quanti atti eroici di appartenenti alle forze dell’ordine sono fini-ti con il passare del tempo nel dimenticatoio? Quanti eroi nonhanno ricevuto un giusto riconoscimento alla memoria e non sisono visti dedicare una via nel luogo di nascita oppure in quellodove sono caduti nell’adempimento del dovere? Al carabiniereGioacchino Lizambri, medaglia d’Argento al Valor militare, nel1994 è stata dedicata la caserma di Pennabilli, dove era nato nel1910. Solo nel 2007 l’Amministrazione comunale ha seguito l’e-

sempio dell’Arma con una via; non ha fatto altrettanto quella diSenigallia, dove il militare ha perso la vita il 1 settembre 1946 inun conflitto a fuoco con due rapinatori slavi. Quando arrivò la ri-chiesta di intervento, non sarebbe toccato a Lizambri recarsi sulposto ma a un commilitone, anche lui di Pennabilli, che però nonera pronto. Lui lo aveva sostituito prontamente e senza esitazioni.La storia di Lizambri assomiglia a quella di tanti uomini dell’Ar-ma che hanno perso la vita in guerra o nell’adempimento del ser-

vizio d’istituto, le cui famiglie si sono viste privare del principalesostegno. Tra gli orfani, sono numerosi quelli che grazie all’Onao-mac (l’Opera nazionale di assistenza per gli orfani dei militaridell’Arma dei carabinieri), fondata il 15 maggio 1948, hanno po-tuto studiare e inserirsi nella collettività. Tra questi anche il figliodi Lizambri, Giorgio, che ha seguito le orme paterne arruolando-si nell’Arma, dalla quale si è congedato nel 1997 con il grado dimaresciallo aiutante.

Aldo Viroli

“Gioacchino Lizambri era il fac-totum della stazione di Senigallia,un uomo eccezionale, intelligen-te, rispettoso, capace e ben volu-to da tutti”. Così lo ricorda in unalettera inviata nel 1996 al figlioGiorgio, l’allora brigadiere Anto-nio Bordonaro, all’epoca dei fatticapo scrivano presso la Tenenzadi Senigallia. “Per l’eroico gestocompiuto, a mio avviso, meritavala medaglia d’Oro. Non tuttiavrebbero affrontato da soli i duemalviventi slavi! Purtroppo leproposte vengono sempre stilateda superiori non presenti al fatto,o corrette, o mancanti di partico-lari salienti. A distanza di cosìlungo tempo, mi è assai difficilericordare tutti i particolari dellavicenda. Preciso però che fui so-lo io e due carabinieri a portarsinonostante il pericolo, con dolo-re e rabbia, nel campo dei profu-ghi slavi, per tentare di catturarel’altro rapinatore riuscito a fuggi-re, ma con esito negativo”. Eccocome viene ricostruita la tragicavicenda dal Corriere Adriatico:Erano da poco passate le 20quando un motociclista si pre-senta alla caserma dei carabinie-ri per denunciare che lungo lastrada del Vallone due slavi fer-mavano i passanti derubandolidei loro averi. Il Lizambri sareb-be salito sulla moto del denun-ciante, mentre l’appuntato LucioCarradori li avrebbe seguiti in bi-cicletta. Giunti sul luogo della se-gnalazione, non avevano trovatonessuno. Convinti che i malfatto-ri non dovevano essere lontani,Carradori e Lizambri iniziano lericerche avviandosi in direzioniopposte. Toccherà proprio a que-st’ultimo imbattersi nei malvi-venti, entrambi di notevole costi-tuzione fisica; Lizambri puntacontro di loro il mitra ordinandoche alzassero le mani e si mettes-sero in marcia verso la caserma.I due obbediscono prontamente.Trovandosi da solo, Lizambrinon aveva potuto procedere allaperquisizione per verificare che ifermati non fosseroarmati. Purtroppouno lo era, e così, al-l’altezza di una gio-stra dove si erano ra-dunati in tanti per unmomento di evasionedalle problematichedell’immediato dopo-guerra, estrae una pi-stola esplodendo trecolpi verso il carabiniere. Lizam-bri, benché raggiunto da unproiettile alla regione toracica, hala forza di reagire azionando ilmitra. Andata a vuoto la raffica einceppatasi l’arma, Lizambri rie-sce comunque ad afferrarla perla canna e a scaraventarla sul ca-po del malvivente. Mentre que-st’ultimo indietreggiava barcol-lando, l’eroico carabiniere stra-mazza al suolo esanime. La lette-ra dell’allora brigadiere Bordona-ro è molto importante per rico-struire la dinamica dei fatti inquanto l’articolo del Corriere

Adriatico appare lacunoso, e incerti punti quasi improvvisato.La sparatoria aveva fatto accorre-re numerosi cittadini che si eranomessi alla ricerca dei due malfat-tori, che nel frattempo avevanofatto perdere le loro tracce. Se-condo la ricostruzione del gior-nale, gli inseguitori sarebbero riu-sciti a raggiungere i due fuggitivie a colpirli con un coltello. Mal-grado le ferite i due erano riusci-ti nuovamente a far perdere leproprie tracce per poi abbattersi

al suolo sfiniti dall’e-morragia, uno neipressi del Duomo,l’altro dell’Ospedale.I due criminali era-no stati poi condottial nosocomio per ve-nire successivamen-te interrogati dal co-mandante della sta-

zione e da altri uomini dell’Ar-ma. La ricostruzione del Corrie-re non coincide con quella diBordonaro che sui fatti è catego-rico: solo uno dei malviventi erasfuggito alla cattura. Lo stessomotociclista che aveva denuncia-to le rapine sulla strada del Vallo-ne si era poi ripresentato in caser-ma per avvertire che altri slavistavano compiendo azioni crimi-nose. Avuta la notizia, il coman-dante della Tenenza e altri milita-ri, complessivamente otto uomi-ni, si sarebbero mobilitati peruna battuta che purtroppo aveva

dato esito negativo. In realtà, co-me sostiene Bordonaro, al camposi era recato solo lui con due ca-rabinieri. Intanto a Senigallia siapprendeva che dai due campiprofughi erano scappati 14 uomi-ni, questo particolare andrebbe aconfermare che i responsabilidella morte di Lizambri facevanoparte di un’agguerrita banda dirapinatori. La presenza dei duecampi profughi slavi era causa ditensione a Senigallia tanto che icittadini dopo l’uccisione di Li-zambri minacciavano un assalto.Gli slavi provenivano da Servi-gliano, dove dopo la dichiarazio-ne di guerra alla Jugoslavia, era-no stati internati cittadini italianidi etnia slava residenti nelle pro-vince di Gorizia, Trieste, Pola eFiume. Gli occupanti del campoerano stati liberati dai partigianinel giugno 1944, dopo pochigiorni erano arrivati sul posto glialleati. Gli internati erano statipoi trasferiti a Senigallia nel lu-glio 1946, da dove sarebbero poipartiti per l’Argentina. Serviglia-no ospiterà in seguito i profughiistriani, fiumani e dalmati. E’ il caso di ricordare che nellazona di Senigallia prima di Li-zambri erano stati uccisi un ma-resciallo dell’Arma, lungo la stra-da di Polverigi, e il brigadiere co-mandante la stazione di Ostra,che stava per arrestare il capo diuna banda di agguerriti rapinato-ri che infestavano le campagne.

“Mio padre – ricorda il figlioGiorgio – proveniva da una fami-glia contadina. Aveva dieci fratel-li, i primi due morti durante laprima guerra mondiale. Quasitutti i fratelli emigrarono, uno ne-gli Stati Uniti e i rimanenti inFrancia. Prima del trasferimentoa Senigallia, aveva prestato servi-zio presso la stazione di Monzu-no (Bo), dove sono nato nel 1943.Essendo io il terzo figlio, la mianascita gli risparmiò di essere in-viato in Africa. Io non ricordonulla di mio padre. Mi hannoraccontato della sua bontà, gene-rosità e voglia di vivere. Mi han-no anche raccontato che quandoarrivò in caserma la segnalazionedella presenza dei criminali do-veva uscire un suo collega, an-ch’egli di Pennabilli, che non erapronto. Mio padre di buon gradolo sostituì senza pensarci un atti-mo. La mamma rimase vedovacon quattro figli in tenera età. Eb-be la pensione solo nel 1952”. Questa la motivazione della me-daglia d’Argento al Valor militareconcessa nel 1947 alla memoriadell’eroico carabiniere di Penna-billi: “Inviato unitamente ad ungraduato alla ricerca di due indi-vidui autori di tentata rapina,identificati poi per elementi sla-vi, mentre il superiore eseguivaaltro itinerario, riusciva a rintrac-ciarli e dopo aver intimato l’alt liobbligava con mitra a precederloverso la caserma. Dopo brevissi-

mo tragitto uno di essi, voltando-si di scatto, esplodeva al suo indi-rizzo tre colpi di pistola di cuidue lo colpivano mortalmente.Ciò nonostante reagiva sparandoun colpo di mitra, e prima di ab-battersi al suolo colpiva alla testal’aggressore con la cassa del mi-tra stesso. Esempio mirabile dispirito di sacrificio, di grande co-raggio e di alte virtù militari. Se-nigallia (An), 1 settembre 1946”.Giorgio Lizambri e successiva-mente la sorella Fermina sonostati assistiti dall’O-naomac, (l’Opera na-zionale di assistenzaper gli orfani dei mili-tari dell’Arma dei ca-rabinieri) fondata nel1948, che li ha ospita-ti rispettivamente neicollegi di San MauroTorinese e Mornese.Il patrimonio inizialeera costituito da 37 milioni di li-re, raccolti grazie alla generositàdegli uomini dell’Arma di ognigrado, che avevano devoluto unagiornata di stipendio. Con decre-to dell’allora presidente della Re-pubblica Luigi Einaudi, l’Operaverrà poi eretta in Ente morale.“Al compimento del 17 anno –racconta Giorgio Lizambri – misono arruolato nell’Arma dove hoprestato servizio come sottufficia-le fino al 1997, congedandomicon il grado di maresciallo aiu-tante. Durante il servizio, per

meriti speciali, mi è stata conferi-ta l’onorificenza di commendato-re” . Giorgio Lizambri vive a Ca-stenaso in provincia di Bologna,dove è presidente della locale se-zione dell’Anc, l’Associazione na-zionale carabinieri. Nel 1994l’Arma ha deciso di dedicare aGioacchino Lizambri la nuovacaserma di Pennabilli, madrinanella consegna della bandiera èstata la figlia del caduto. Nel 2007è stata la volta dell’Amministra-zione comunale, che ha intitolatouna via all’eroico concittadino. La vicenda di Gioacchino Lizam-bri è stata rievocata quest’annonel numero di marzo del mensiledell’Associazione nazionale cara-binieri “Le Fiamme d’argento”.Francesco De Angelis, ha eviden-ziato che a sessant’anni e oltredalla morte del valoroso carabi-niere di Pennabilli, purtroppo gliepisodi delinquenziali causatidalla criminalità importata sonotuttora più che mai presenti nelnostro paese. Tornando all’Onaomac, con le ri-sorse disponibili, l’Opera avevaacquistato a San Mauro Torineseun vecchio fabbricato, che dopogli opportuni interventi di ristrut-turazione era diventato il primocollegio. Affidato alle cure dei pa-dri Salesiani, ospitò i primi centoorfani maschi, tutti nella fascia dietà dell’istruzione elementare.Successivamente, nel 1951, l’O-noamac, aveva cominciato l’assi-stenza delle orfane grazie a unaconvenzione con le suore Salesia-ne che prevedeva la loro perma-nenza nel collegio di Mornese, inprovincia di Alessandria. Tenutoconto delle numerose richieste diassistenza provenienti da ogniparte del paese, l’Opera aveva sti-pulato in varie regioni convenzio-ni con un centinaio di collegi.Nell’anno scolastico 1964-65 erastato raggiunto il maggior nume-ro di assistiti in collegio, sfioran-do le mille unità. In seguito si èassistito ad un sensibile incre-mento delle richieste di assisten-za in famiglia. Sia le migliori con-dizioni economiche del paese, siala minore disponibilità delle ve-dove a privarsi, seppure per la

durata dell’anno sco-lastico, di un’altrapersona cara, aveva-no fatto registrare uncalo delle richieste diassistenza in collegio.Così, vista l’esiguapresenza di orfaniconvittori, alla finedell’anno scolastico1977-78, si arrivò al-la chiusura del colle-

gio di San Mauro Torinese, suc-cessivamente alienato. Ai giorninostri l’Onaomac assiste un mi-gliaio di orfani, a ognuno erogasussidi semestrali distinti per fa-scia di età, sino al termine deglistudi. Nel caso di orfani disabili,l’assistenza è invece a vita. Da ri-cordare che l’Opera non percepi-sce contributi dallo Stato, il 90%delle entrate è rappresentato daicontributi mensili volontari elar-giti dai militari dell’Arma di ognigrado.

L’inaugurazione dell’annoscolastico alcollegio diSan MauroTorinese:GioacchinoLizambri; unaveduta delCollegio

Gli è stataconferita lamedaglia

d’Argento alValor militare

Il figlioGiorgio haseguito le

orme paterne

LLAAVVOOCCEEROMAGNA ARTE E STORIA35Lunedì 26

Ottobre 2009