Il canto del mago

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  • 8/18/2019 Il canto del mago

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    Il canto del mago

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    Nel deserto una figura si ergeva solitaria, immobile.

    Respirava piano, con attenzione. Il suo respiro regolare scendeva nella gola, poi passava dal cuore e infine si

    espandeva nel ventre. Lì vibrava di basse vibrazioni regolari, si trasformava, bruciava senza fuoco. Infine usciva

    greve dal corpo per espandersi all’esterno, nell’immensità di sabbia e silenzio. Ed immediatamente ricominciava.

     Accanto alla figura, un bastone era conficcato nella sabbia: scuro ed innaturalmente intrecciato, era attraversato

    da sottili venature d'oro. L’individuo vi poggiava una mano, ma sembrava non esercitare alcuna pressione, quasi

    le dita fossero magneticamente agganciate al legno.

    Continuava a respirare, mentre rimaneva per il resto immobile. Solo il suo ventre si allargava e restringeva,

    mosso da un respiro profondo e riverberante, come una caverna immensa in cui una segreta alchimia

    trasformava energie invisibili. Le accumulava.

    Quando sentì che le sue energie erano sufficienti, l’individuo socchiuse le labbra. Ne uscì un canto delicato,

    quasi un sussurro che si perdeva nel deserto, un sottile soffio di vento. La mano rimaneva sul bastone, la presa

    sembrava essersi stretta impercettibilmente.

    Poi il sussurro prese forza. Si trasformò in voce, la voce in melodia. Divenne il canto di un bambino, che si levava

    solitario sulle sabbie eterne. Un canto dolce, eppure potente, spietato; il bastone vibrava impercettibilmente, si

    caricava di vita e sembrava conficcarsi più a fondo nella duna. A causa di un movimento più marcato del capo,

    l’ampia sciarpa che gli riparava il viso cadde, rivelando il volto di un ragazzino; i capelli biondi, ora liberi nel vento

    che iniziava a levarsi, incorniciavano tratti delicati. Gli occhi erano verdi, poi azzurri, poi bianchi. Le sue dita si

    erano fatte strette sul bastone, i muscoli del braccio contratti.

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    Il canto guadagnò ancora più forza, le tonalità si fecero distanti da quelle che la voce di un ragazzo avrebbe

    saputo intonare. Si alzavano e si approfondivano, volavano verso il cielo e si tuffavano nella terra con intensità

    crescente, vibrazioni sempre più forti, percettibili nell’aria, concrete, palpabili. Come pilotato dal canto, anche il

    vento iniziò a crescere e sibilare, sinuoso in quell'alternanza di tonalità, di alti e bassi: si sollevava e poi cadeva,

    raccoglieva la sabbia e la faceva turbinare, scompigliava i capelli del ragazzo e li sbatteva in ogni direzione.

    Ma la sua figura rimaneva salda, aggrappata con forza al bastone che ormai sembrava essere l’unico aggancio

    che gli impedisse di essere sollevato e strappato dalla terra nelle raffiche. La sua voce, divenuta ormai fortissima,

    sovrastava la tempesta di sabbia, la domava, la piegava al suo volere. Il giovane aveva con perizia imbrigliato

    una potenza incredibile e ne aveva convogliato il carico sopra di sé, in una nube scura e pulsante, uno sciame di

    granelli impazziti e feroci, compressi e raccolti nel cielo in un’innaturale nuvola di potenza e creazione.

    Con un ultimo, vibrante grido il ragazzo concluse il suo canto e si curvò verso terra, a spremere dai polmoni e dal

    ventre anche l’ultimo suono che potessero contenere. Attingeva fino all’ultima stilla dell’energia accumulata in

    precedenza con il respiro; le nocche erano sbiancate per la forza con cui ora stringeva il bastone, mentre sopra

    di lui l’immensa nube scura iniziava a scendere, attirata da una forza invisibile verso l’estremità della staffa.

    L’immensa energia fluttuante nel cielo, quasi avesse fretta di obbedire ad un comando, si riversò in pochi secondi

    nel bastone del mago -perché il ragazzo era un mago ora- e si raccolse sulla cima, in un singolo punto denso e

    vibrante, nero come uno squarcio nel tessuto del Tempo, e lì rimase. Tutta quell'immensa forza, era ora

    compressa lì, densa, definita, vibrante.

    Nel cielo, sconvolto dalla tempesta fino ad un attimo prima, ora rimaneva solo un’immensa, imperturbata calma.

    Il nero della nube era stato sostituito da un terso, luminoso manto azzurro. Di nuovo la sabbia riposava,

    l’immobilità era già tornata ad avvolgere tutto, il sole faceva risplendere nuovamente le sabbie come cristallo.

    Il ragazzo si rialzò, in lui c'era una calma nuova. Attesa qualche istante per riguadagnare l’equilibrio, poi sospirò

    soddisfatto e si coprì nuovamente il volto con la sciarpa. Aveva compiuto la trasformazione, si era addensato.

     Aveva forgiato il suo strumento magico, era divenuto egli stesso uno strumento magico.

    18/12/2015

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