Houdini Il Mago
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Transcript of Houdini Il Mago
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
© 2014 Massimo Polidoro
Proprietà letteraria riservata
Tutti i diritti riservati
MASSIMO POLIDORO
!!!
HOUDINI IL MAGO
!!!!!!
“GENIO DELL’IMPOSSIBILE” !!!!!!!!!!!
! di !3 36
!!!!!!!!!!!!!
IL GRANDE HOUDINI 5 ...........................................1 - HOUDINI VIVE! 8 ...................................................2 - IL MISTERO DELLE MANETTE “MIRROR” 14 ..3 - IL MITO DI HOUDINI 23 .......................................4 - PRIGIONIERO DELLO ZAR! 26 ...........................5 - I SEGRETI SVELATI DI HOUDINI 30 ..................IL SEGRETO PIÙ GRANDE 36.................................
! di !4 36
IL GRANDE HOUDINI !!!!!!!!!!
La figura del mago Houdini ispira da decenni il cinema, da quando Tony Curtis
lo interpretò nel 1953 nel primo biopic a lui dedicato, fino ai recenti Houdini –
l'ultimo mago, un drammone con Catherine Zeta Jones, e alla miniserie Houdini
con Adrien Brody, andata in onda solo poche settimane fa su History Channel.
Tuttavia, solo raramente la vera storia di Houdini ha fatto capolino nelle trame
eccessivamente romanzate di questi e altri film a lui dedicati. Forse gli
sceneggiatori, ma più probabilmente le case di produzione, pensano che la vita di
Houdini non fosse abbastanza ricca e avventurosa da farne un film. Ma si sbagliano
di grosso.
Quella di Houdini è una delle storie più straordinarie e piene di colpi di scena
che si potrebbero immaginare. Lo dimostra un ottimo libro come quello di Kenneth
Silverman, intitolato semplicemente Houdini!!! (i tre punti esclamativi sono
nell'originale), che racconta con dovizia di particolari ma senza fronzoli e con il
rigore di uno storico che ha anche vinto il Premio Pulitzer, la straordinaria vita del
mago.
Personalmente, ho avuto modo di raccontarla, per la prima volta in italiano,
nel mio libro Il grande Houdini, uscito nel 2001 per il mio editore, Piemme, e poi
andato subito esaurito e mai più ristampato.
Può darsi che un giorno mi decida a pubblicarne una nuova edizione, magari
aggiornata e riveduta. Nel frattempo, in occasione dei 140 anni dalla sua nascita, ho
pensato di dedicargli questo volumetto che spero troverete interessante.
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!
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� �
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1 - HOUDINI VIVE! !
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Nato a Budapest nel 1874 con il nome di Ehrich Weiss, ed emigrato ancora
bambino con i genitori in America, assunse il nome d'arte di Houdini e si dedicò sin
da piccolo alla sua passione, la magia, vivendo per anni una vita di stenti. Fu solo
intorno al 1900, quando si rese conto che la gente impazziva per la sua abilità di
liberarsi da ogni tipo di legame, che il suo successo esplose. Al punto da
trasformarlo, agli occhi di molti, in una sorta di idolo cui venivano attribuiti poteri
miracolosi.
La divina Sarah Bernhardt gli chiese un giorno se, usando la sua magia, avesse
potuto farle ricrescere la gamba amputata. Il presidente Roosevelt si convinse che
quell'uomo doveva avere straordinarie facoltà medianiche, visto come riusciva a
leggergli il pensiero. Sir Arthur Conan Doyle, il papà di Sherlock Holmes, concluse
che poteva realizzare le sue leggendarie fughe perché capace di smaterializzarsi. E
Bernard Shaw amava ripetere che la fama di quel mago era paragonabile solo a
quella di Gesù Cristo.
Non stupisce allora che ancora oggi, a 140 anni dalla sua nascita e a 88 dalla
morte, il nome di Houdini sia ancora tanto familiare e continui a essere sinonimo di
magia e mistero.
Ciò forse dipende dal fatto che Houdini non fu solo il “re dell'evasione”, come
strillavano le sue locandine, ma fu un uomo del suo tempo, che amava la scienza e la
tecnologia e sapeva come servirsene per i suoi scopi.
Fu infatti un pioniere del cinema, un inventore, uno dei primi uomini a volare
su un aeroplano, un collezionista, uno scrittore e, soprattutto, il nemico più
acerrimo di medium ciarlatani e spiritisti truffaldini. In questo senso, fu un vero e
proprio precursore di organizzazioni come il CICAP.
Là dove fior di scienziati, tra cui anche qualche Premio Nobel, si lasciavano
ingannare dai trucchi più o meno scaltri di medium e sensitivi, Houdini riconosceva
i sotterfugi dietro le apparenti magie e li smascherava. Ma davvero scienziati
intelligenti, preparati nel loro campo, sono così facili da ingannare?
La storia ci dice di sì. Il fatto è che lo scienziato non è preparato a scoprire i
trucchi, non è il suo mestiere; quindi, è indifeso davanti a un bravo prestigiatore. Il
problema, poi, è che nei laboratori scientifici è raro che qualcuno bari. Protoni e
neutroni non lo farebbero mai. Gli uomini sì.
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!!
Un manifesto dei primi anni ’20 in cui Houdini annuncia lo smascheramento di falsi medium.
!È per questo che Houdini fu chiamato a far parte, negli anni '20 del secolo
scorso, di una commissione di scienziati istituita dalla rivista Scientific American
per accertare l'esistenza delle facoltà psichiche. Furono diversi i medium e i sensitivi
che si fecero avanti per dimostrare le loro doti, e vincere così il premio da 5.000
dollari messo in palio dalla rivista. Ogni volta, però, Houdini riusciva a vedere più in
là dei fisici e dei chimici presenti. Grazie alla sua mente allenata all'inganno, intuiva
subito la trappola psicologica che il medium aveva messo in atto o individuava un
movimento sospetto che per gli altri non aveva nessun significato e smascherava il
trucco.
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Nessuno vinse mai quel premio e, ancora oggi, James Randi, l'uomo che più di
ogni altro può essere considerato il vero erede di Houdini, tiene in palio un milione
di dollari per la prima persona che riuscirà a dimostrare qualunque facoltà
paranormale in condizioni controllate.
Nonostante quella che per lui divenne una vera e propria crociata per
smascherare i ciarlatani dell'occulto, ci furono molti che si rifiutavano di credere
che nelle sue esibizioni si servisse solo di trucchi.
!
James Randi
!Sir Arthur Conan Doyle, per esempio, ipotizzò che Houdini possedesse
autentici poteri paranormali: le sue fughe spettacolari non sembravano avere altra
spiegazione. Come era possibile, si chiedevano in tanti, che un uomo potesse
liberarsi dopo essere stato ammanettato, incatenato, chiuso dentro una cassa di
legno, inchiodata, legata e gettata in fondo al mare?
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Houdini rifiutava supposizioni di questo tipo e diceva sempre che lui era solo
un illusionista e che non possedeva alcuna facoltà soprannaturale.
I suoi trucchi non sono stati sepolti con lui, come spesso si sente ripetere, ma
sono noti a molti prestigiatori. O quasi… Non tutto, infatti, è conosciuto. Sono
ancora tante le imprese sulle quali, ormai, è solo possibile offrire congetture. Ciò
che ha conservato e che conserverà la fama di Houdini, infatti, è l'incertezza. Come i
grandi crimini irrisolti, le sue evasioni offendono il nostro desiderio di vivere senza
ambiguità. Pretendono una soluzione, e il fatto che restano insolute non fa che
perpetuare il loro mistero.
Lo stesso James Randi, che per anni ha ripetuto sui palcoscenici di mezzo
mondo le stesse dimostrazioni di Houdini, commenta: «Premesso che il merito va
in parte alla destrezza e alla forza fisica di Houdini, così come alla potenza dei suoi
polmoni, alla sua agilità e capacità di contorcersi come un'anguilla, posso dire per
esperienza che in certi casi, per aprire lucchetti e serrature, serve per forza una
chiave o un grimaldello. Il segreto, se mai, è sapere dove nasconderli. Houdini, per
esempio, era capace di ingoiare piccoli oggetti, trattenerli nello stomaco e poi
rigurgitarli a comando. Forse, nascondeva delle piccole chiavi in una capsula che
poi ingoiava… ma è solo una supposizione».
Persino la sua morte è circondata dal mistero. La leggenda e il cinema spesso
raccontano che Houdini morì eseguendo il terribile numero della Pagoda della
tortura cinese: un grande contenitore in vetro, pieno d'acqua, in cui Houdini era
inserito a testa in giù, con i piedi legati al coperchio, a sua volta chiuso dall’esterno
con quattro lucchetti. Houdini non sarebbe riuscito a liberarsi morendo così
annegato.
È Falso. Houdini aveva presentato quel numero senza mai incontrare problemi
per quindici anni quando morì. La verità è che una sera di ottobre del 1926, prima
di uno spettacolo, uno studente lo sfidò a contrarre i muscoli dello stomaco in modo
da resistere ai suoi pugni. Houdini accettò ma non ebbe il tempo di preparare i
muscoli e rimase ferito. Il giorno seguente accusò fortissimi dolori al basso ventre.
Fu visitato e si riscontrò una peritonite in atto. Fu operato d’urgenza, ma era troppo
tardi. Il veleno si era già diffuso nel corpo.
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Il 31 ottobre, la notte di Halloween, Houdini morì. Ma la sua leggenda era
appena cominciata e Houdini, o almeno il suo nome, riuscì a ottenere ciò che aveva
desiderato più di ogni altra cosa al mondo: diventare immortale. Lo dimostra il fatto
che ancora oggi si realizzano sempre nuovi film, libri e documentari a lui dedicati.
E, dunque, ogni volta che qualcuno lo nomina Houdini vive. Ogni volta che
qualcuno lo prende come termine di paragone per qualche impresa straordinaria,
Houdini vive. Ma, soprattutto, Houdini vive e vivrà sempre ogni volta che gli occhi
di un bambino si spalancheranno di meraviglia al racconto delle sue imprese
straordinarie.
E forse è proprio questa la sua magia più grande.
!
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2 - IL MISTERO DELLE MANETTE “MIRROR”
!!
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Come riusciva Houdini a realizzare le sue incredibili evasioni? Questa è la
domanda delle domande. C'è un famoso episodio della sua carriera, verificatosi
esattamente 110 anni fa, che, rivisto oggi, ci permette di capire meglio come molto
spesso il segreto del suo successo risiedeva più nel suo genio, nel suo carisma e nel
suo senso dello spettacolo piuttosto che in strane tecniche o marchingegni
misteriosi.
!!
Una pagina intera del quotidiano Mirror, nei giorni precedenti la sfida a Houdini.
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D'altra parte, come diceva sempre Houdini, «Il segreto di un valido spettacolo
non consiste tanto in ciò che fai realmente ma in quello che il pubblico ritiene che tu
faccia».
Nel marzo 1904, quando Houdini era già famosissimo negli Stati Uniti e si
stava facendo strada anche in Europa, un quotidiano di Londra, il Daily Illustrated
Mirror, lo sfidò a evadere da una costrizione molto particolare. Si trattava di un
paio di manette costruite da un artigiano di Birmingham al quale erano stati
necessari cinque anni di lavoro per metterle a punto: la sola chiave, fu spiegato,
aveva richiesto un'intera settimana di lavorazione per essere terminata. Le manette,
infatti, si chiudevano in un modo molto singolare: una volta fissate ai polsi, si
inseriva una strana vite nella serratura che era poi fissata sul fondo del meccanismo
da sei giri della chiave. L'artigiano sosteneva che, una volta chiuse, queste manette
non potevano essere scassinate da nessuno, con nessun tipo di strumento.
Nemmeno lui, che le aveva costruite, era mai riuscito ad aprirle, se non con
l'apposita chiave. Houdini accettò di provare.
!
Una riproduzione delle manette del Mirror
!
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Per quattro giorni, i giornali di Londra non parlarono d'altro. Finalmente, il 17
marzo, arrivò il giorno della sfida. L'Hippodrome, il teatro in cui si sarebbe svolto
l'evento, era stipato: circa quattromila persone e oltre cento giornalisti affollavano
ogni possibile spazio. Lo spettacolo cominciò, come al solito, con una serie di varie
attrazioni e quando, finalmente, arrivò il turno di Houdini, il pubblico lo accolse con
un applauso «degno di un re», come scrisse un giornale: «una delle più belle
ovazioni che un mortale abbia mai ricevuto». Houdini si godette l'applauso poi,
quando il pubblico si fu calmato, annunciò solennemente: «se il rappresentante del
Mirror è presente, sono pronto per essere ammanettato».
!
La vignetta del Mirror che illustra il momento in cui Houdini fu ammanettato.
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Il giornalista lo raggiunse sul palco, gli strinse la mano e invitò un gruppo di
spettatori perché controllasse il funzionamento delle manette. Anche un gruppo di
persone di fiducia di Houdini controllò. Tutto era a posto.
Le manette furono fissate ai polsi di Houdini con l'elaborato meccanismo sopra
descritto. «Sono ora chiuso in un paio di manette che hanno richiesto a un
meccanico inglese cinque anni di lavoro», spiegò Houdini. «Non so se sarò in grado
di liberarmi oppure no, ma posso assicurarvi che farò del mio meglio per riuscirci».
!
Houdini si strappa la giacca di dosso.
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Un nuovo forte applauso, poi Houdini si ritirò nella sua cabina dalle tende
rosse. Erano le tre e un quarto del pomeriggio.
L'impresa, questa volta, aveva veramente dell'impossibile. Harry si trovava i
polsi incastrati in un blocco unico di acciaio, chiuso da un lucchetto letteralmente
impossibile da aprire senza la sua chiave.
Il lucchetto era una versione migliorata del Bramah. Quest'ultimo era stato
inventato alla fine del settecento e nessuno era mai riuscito ad aprirlo senza chiave.
Solo nel 1851, un famoso scassinatore impiegato da una fabbrica di lucchetti, Alfred
Hobbs, c'era riuscito. Ma gli ci erano volute 48 ore e la possibilità di utilizzare ogni
strumento disponibile. Quello che Houdini aveva ai polsi era un lucchetto ancora
più difficile di quello aperto da Hobbs. All'interno della serratura, infatti, il
meccanico di Birmingham aveva costruito due lucchetti Bramah: uno dentro l'altro.
Insomma, Houdini - come del resto nessun altro al mondo - non aveva sicuramente
mai visto niente del genere.
Il pubblico fissava rapito le tende rosse della cabina, mentre l'orchestra
suonava. Il tempo passava e, dopo 22 minuti, Houdini si affacciò. «È libero!» gridò
qualcuno. Ma Harry voleva semplicemente dare un'occhiata in piena luce al
lucchetto. Rientrò dunque nella cabina e riprese a lavorare.
Passarono altri tredici minuti, l'orchestra era passata ai valzer, e Houdini uscì
di nuovo. Sudato, con il colletto rigido aperto, ma le manette ancora salde ai polsi,
spiegò che aveva bisogno di sgranchire le gambe, ma era deciso a continuare. «Il
pubblico impazzì alla decisione del suo beniamino», scrisse il Mirror. Sua moglie,
Bess, gli portò un bicchiere d'acqua e il giornalista acconsentì che gli fosse dato un
cuscino su cui poggiare le ginocchia. Houdini rientrò quindi nella cabina e
l'orchestra riprese a suonare.
Dopo altri venti minuti, Houdini uscì dalla cabina, ancora immobilizzato dalle
manette, il pubblico sospirò preoccupato. Era visibilmente stremato e Bess,
sopraffatta dall'emozione, dovette essere allontanata dal teatro. Houdini chiese se
gli potevano essere tolte per un momento le manette, in modo da potersi sfilare la
giacca. Ma il giornalista del Mirror, sospettoso, ritenne che in realtà Houdini
volesse vedere come doveva muoversi la chiave per aprire il lucchetto. Quindi, disse
che avrebbe aperto le manette solo se Houdini si fosse dichiarato sconfitto.
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Il rifiuto spinse Houdini a una spettacolare esibizione spontanea. Si contorse
finché raggiunse un coltellino nella tasca del suo gilet e ne aprì la lama con i denti.
Si ribaltò la giacca sulla testa, quindi con il coltellino la fece rapidamente a pezzi,
finché rimasero solo dei brandelli di stoffa strappati alle braccia, che gli furono tolti
dagli assistenti. Il pubblicò esultò per questo spettacolo imprevisto ed esortò
Houdini a continuare. Era passata un'ora.
Dieci minuti dopo, Houdini uscì improvvisamente dalla cabina e lanciò un urlo,
teneva in mano le manette del Mirror: aperte! «La scena di entusiasmo che seguì»,
scrisse un giornalista, «è indescrivibile. Applausi su applausi, grida ed evviva
esplosero da un pubblico in visibilio». Houdini uscì di scena quasi isterico e con le
lacrime agli occhi, ma fu costretto a tornare sul palco dall'interminabile applauso.
Emozionatissimo, fece un piccolo discorsetto e ammise che un paio di volte quella
sera aveva pensato di arrendersi. I giornali parlarono dell'impresa per giorni a
seguire.
!
Houdini con la moglie Bess.
!
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Nell'ultimo secolo si sono fatte ipotesi di ogni tipo per cercare di capire come
Houdini abbia potuto aprire le manette del Mirror. Secondo alcuni gli sarebbe stato
passato un duplicato della chiave nascosto in un bicchiere d'acqua o attraverso un
bacio di Bess. Ma, al di là del fatto che non esistevano duplicati di quella chiave, le
dimensioni dell'oggetto erano tali per cui sarebbe stato molto difficile nasconderlo
in un bicchiere o, addirittura, in bocca.
Si possono pensare diversi sotterfugi che Houdini potrebbe avere utilizzato per
evadere. Va tenuto presente, nel cercare di trovare una soluzione, che le manette
funzionavano perfettamente dopo la sua evasione. Non c'era alcun segno che
fossero state in alcun modo forzate. Questa evasione era molto diversa da quelle che
Houdini eseguiva di solito in teatro. A quell'epoca era relativamente poco
conosciuto in Inghilterra e aveva bisogno di una trovata pubblicitaria che lo
imponesse all'attenzione della stampa.
Molto probabilmente, il segreto risiede in quella piccola e fragile creatura che
fu Bess Houdini. Una donna che non era solo la moglie dell'uomo che si trovava nei
guai su quel palcoscenico, ma anche una consumata attrice. C'è infatti chi ipotizza,
con buona probabilità di avere ragioni, che sia stata lei a prendere in disparte i
giornalisti del Mirror e dire loro qualcosa del genere: «Statemi a sentire, avete due
possibilità qui. O la fuga riesce o non riesce. Se riesce saremo tutti felici: ovazioni,
parate nelle strade, festeggiamenti… Voi sarete felici perché avrete una storia
meravigliosa per il vostro giornale: “Houdini batte le nostre manette. Lo
ammettiamo, è il più grande artista dell'evasione del mondo”. Lui sarà felice, io sarò
felice. L'hotel, il teatro, gli impresari: tutti saranno felici. Poi c'è l'altra possibilità:
lui non riesce a fuggire. Non piacerebbe a me e non piacerebbe a voi. Il pubblico in
teatro fischierebbe e se ne andrebbe frustrato, i vostri lettori vi vedrebbero come dei
prepotenti, il direttore del teatro non rinnoverebbe i nostri contratti… Tutti
sarebbero infelici. Felici o infelici? Cosa scegliete? Su ragazzi, vediamo di ragionare
con la testa».
Se andò veramente così, i giornalisti si resero probabilmente conto di avere
fatto il passo più lungo della gamba e accettarono la proposta di Bess. Fargli avere la
chiave di nascosto non sarebbe stato difficile e quando Houdini si liberò scoprirono
! di !21 36
che la previsione di Bess era stata accurata: tutti impazzirono dalla felicità! Se fosse
andata nell'altro modo sarebbe stato un disastro.
Non sapremo mai con certezza se la fuga sia riuscita grazie alla complicità dei
giornalisti del Mirror. Ciò che è certo è che fu un pubblico molto fortunato quello
che assistette quella sera, a Londra, all'esibizione di Houdini.
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3 - IL MITO DI HOUDINI
!!!!!
Houdini non poteva sbagliare. Ogni cosa che faceva si trasformava in un
incredibile successo. Le folle lo adoravano e i giornali ripetevano che: «Non esistono
superlativi per esprimere l'emozione che quest'uomo incredibile produce». Il nome
di Houdini era sulla bocca di tutti in Europa, al punto che in Germania, quando
qualcuno diceva qualcosa di particolarmente interessante, esclamazioni tipo: «Per
Diana!» o «Perbacco!», erano state sostituite da: «Ha-Houdini!»
Gli intellettuali lo paragonavano a Faust, nella sua lotta alle costrizioni della
vita, e lo definirono un «simbolo della libertà». Altri esaltavano la sua incredibile
conoscenza dei lucchetti e delle serrature e si diceva che ladri e scassinatori lo
avessero più volte avvicinato umilmente chiedendo delle lezioni private.
Ci furono naturalmente anche coloro che sostenevano che l'abilità di Houdini
doveva avere un'origine soprannaturale. Solamente "smaterializzando" il proprio
corpo, dicevano, Houdini poteva liberarsi da ogni legame. A costoro, Houdini
rispondeva sdegnato che il soprannaturale non c'entrava nulla. Dopo un'esperienza
in gioventù, con una compagnia di ambulanti, dove aveva interpretato brevemente
la parte del medium, non aveva più voluto alimentare false idee sulle sue evasioni;
anzi, spiegava al suo pubblico: «Se qualcuno di questi presunti medium spiritici vi
dice di potersi liberare da manette e corde per mezzo di poteri soprannaturali potete
tranquillamente considerarlo un imbroglione. L'evasione dalle manette è solamente
questione di destrezza».
Gran parte del mito di Houdini, già nei suoi primi anni di attività, si deve
principalmente alla sua singolare capacità di essere un ottimo promotore di sé
stesso. Investiva cifre enormi nella realizzazione di manifesti, dépliant e poster con
cui inondava le città in cui si esibiva; fece realizzare libretti a forma di lucchetto,
! di !23 36
pupazzi per i bambini, e comprava pagine intere sui quotidiani in cui faceva
stampare semplicemente il suo nome in lettere maiuscole: HOUDINI!
!
Un esempio dell’abilità di Houdini nel farsi pubblicità con ogni mezzo a sua disposizione
!T. Nelson Downs (1867-1938), un famoso prestigiatore del tempo, amico di
Houdini, lo definì «il P. T. Barnum dei giorni nostri». Houdini stesso riconobbe di
essere: «l'uomo meglio pubblicizzato che abbia mai calcato i palcoscenici del
vaudeville in Europa».
Il successo di Houdini nell'Europa di inizio secolo, però, non era dovuto solo
alla pubblicità. Le sue evasioni spettacolari erano qualcosa di più dei trucchi di un
normale prestigiatore: rappresentavano una sfida simbolica all'autorità e ai governi
repressivi che, a quel tempo, gli europei avevano buoni motivi per temere. Quando
Houdini sfidava e vinceva "la polizia del Kaiser", per esempio, faceva qualcosa che
molti tedeschi potevano solo sognare di fare. Non c'è da meravigliarsi, dunque, se
tutti i suoi spettacoli fossero esauriti e se gli impresari di ogni città lo pregassero
ogni volta di prolungare il suo soggiorno.
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È quella che gli psicologi chiamano esperienza vicaria, dove non siamo noi a
vivere un'esperienza in prima persona ma, osservando o leggendo di qualcuno che
attraversa una situazione straordinaria, finiamo per immedesimarci e provare lo
stesso tipo di emozioni come se fossimo noi i protagonisti.
Un perfetto esempio di questa esperienza si ebbe in seguito all'episodio in cui
Houdini fu imprigionato dalla polizia dello Zar, a Mosca.
!
! di !25 36
4 - PRIGIONIERO DELLO ZAR!
!!!!!
Nella primavera del 1903, Houdini fu scritturato da un agente teatrale sovietico
perché portasse il suo spettacolo di evasioni a Mosca. L'ingaggio era per un mese,
ma Houdini vi si sarebbe fermato per circa cinque, anche se non si sarebbe mai
sentito completamente a suo agio.
!
Houdini ritratto durante le sue esibizioni allo Yar di Mosca.
!La polizia dello Zar era ovunque e governava con il pugno di ferro.
Non fu raro, per Houdini, vedere i prigionieri politici condotti in catene per
strada o a bordo di camionette di ferro trainate da cavalli e dirette in Siberia.
! di !26 36
Non esistendo a Mosca teatri simili a quelli europei, Houdini fu scritturato per
esibirsi prima in una serie di locali notturni, quindi allo Yar, il più rinomato
ristorante moscovita, fornito di una sala per l'intrattenimento dei ricchi clienti.
Nonostante i suoi visti fossero in regola e avesse pagato tutte le costose tasse
richieste dalla burocrazia russa, Houdini si sentiva continuamente spiato.
!
Una caricatura d’epoca ritrae Houdini durante l’impossibile fuga
(notare le dimensioni della finestrella rispetto a quella poi riprodotta da Houdini nei suoi manifesti) !Un giorno, per fare pratica di russo, si recò in un parco deserto e si mise a
declamare il discorsetto che doveva fare prima di ogni spettacolo: «Sfido la polizia
di tutto il mondo a legarmi...». Nel giro di pochi minuti fu circondato dalla polizia e
portato alla Butirskaya, la prigione di Mosca; qui, dopo essere stato fotografato e
schedato, fu liberato solo quando arrivò Bess con l'impresario dello Yar per spiegare
che non si trattava di un pazzo. Houdini, tuttavia, approfittò dell’occasione per
intrattenere i suoi carcerieri con alcuni giochi di carte e riuscì a convincere il capo
! di !27 36
della polizia segreta a permettergli di tentare l'evasione da una di quelle camionette
per il trasporto dei prigionieri. Sarebbe stata un'evasione “storica".
! La Butirskaya, costruita nel 1771, era la più vecchia e resistente delle prigioni
sovietiche. Nonostante si trovi tutt'oggi nel centro di Mosca, non è indicata su
nessuna cartina ed è invisibile al pubblico perché circondata da una serie di
fabbriche volute negli anni cinquanta da Stalin. In una delle torri, però, si trova un
piccolo museo in cui sono esposti i ferri e le catene, ormai arrugginite, in cui fu
legato Houdini tanti anni prima.
!
Il manifesto realizzato da Houdini per documentare la fuga dalla camionetta blindata
! L'11 maggio, il giorno fissato per l'evasione alla Butirskaya, Houdini si era
dovuto presentare accompagnato solo dal fido assistente Franz Kukol: non c'era
pubblico né giornalisti e nessuno poteva scattare fotografie per commemorare
l'evento. L'unico resoconto che rimane è quello proveniente dallo stesso Houdini
che, per l'occasione, realizzò uno dei suoi spettacolari poster.
! di !28 36
«Fui steso nudo su un tavolo», raccontò Houdini una volta lasciata la Russia,
«e un uomo mi perquisì cominciando dalla testa, mentre un altro partì dai piedi. Fui
girato di qua e di là in maniera piuttosto rozza». A questo punto, sempre nudo e
ammanettato, Houdini fu scortato nel gelido cortile della prigione. Qui, si trovava
una camionetta per il trasporto dei prigionieri; Houdini la definì «molto simile a
una grossa cassaforte su ruote». Era infatti costituita di pareti d'acciaio e aveva
un'unica porta sul retro. Su questa porta era una finestrella, chiusa da barre di ferro,
e la serratura si trovava all'esterno della porta. A Houdini fu detto che la porta
veniva chiusa con una chiave, ma poteva essere aperta solamente da un'altra chiave,
che si trovava in Siberia.
Senza tanti complimenti, Houdini fu chiuso dentro e, come aveva chiesto, la
camionetta fu voltata con il lato che presentava la porta verso un muro. Dopo circa
quarantacinque minuti la porta si aprì, Houdini era libero! Ma, invece
dell'applauso, Houdini fu nuovamente perquisito. Poiché non fu trovato nulla anche
Kukol fu spogliato e perquisito. Alla fine, la polizia, indispettita, non gli concesse
nemmeno la dichiarazione ufficiale promessa che doveva attestare la sua riuscita
evasione.
Come aveva potuto Houdini scappare da una così temibile costrizione? La
finestrella, stando alle descrizioni dello stesso Houdini, era molto piccola e posta
oltre settanta centimetri sopra la serratura esterna. I soliti romantici immaginarono
anche per questa fuga che fosse stata Bess, con un appassionato bacio, a passargli
un piccolo apriscatole con cui Houdini avrebbe potuto tagliare il pavimento di zinco
della camionetta e scivolare fuori. Ma si tratta solamente di fantasie.
La spiegazione più probabile è che Harry sia riuscito, in qualche modo, a
raggiungere il lucchetto posto all'esterno e a scassinarlo. Forse era riuscito a
corrompere qualche poliziotto perché gli lasciasse nascondere gli strumenti
necessari e, probabilmente, la distanza tra la finestrella e il lucchetto non era così
grande come Houdini voleva fare credere. In ogni caso, anche qui, si tratta solo di
ipotesi e il segreto di quella famosa evasione è veramente finito nella tomba insieme
a Houdini.
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5 - I SEGRETI SVELATI DI
HOUDINI !!!!
Come si è visto, alcune delle più grandi fughe di Houdini restano avvolte nel
mistero. Siamo allora destinati a rimanere per sempre all’oscuro circa i suoi
metodi? Non è così. Al di là dei numeri che sono entrati nel repertorio dei moderni
escapologi, e che pertanto non si possono qui rivelare, esistono per nostra fortuna
una serie di evasioni e di fughe spettacolari che lo stesso Houdini intendeva rendere
pubbliche prima o poi ma che, a causa della sua morte prematura, non fece in
tempo a pubblicare. Sono quelle che vi propongo di seguito.
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Houdini con catene e manette.
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Liberarsi dalle manette. La prima volta che Houdini giunse in Inghilterra,
nel 1900, si presentò a Scotland Yard sfidando la polizia a chiuderlo in un paio di
manette. Il capo dei gendarmi gli chiese di abbracciare un pilastro di ferro, quindi
gli serrò i polsi in un paio di manette.
«Ecco cosa facciamo ai criminali yankee» disse poi con una risata. Ma fece
appena in tempo a voltarsi, per tornare nel suo ufficio, che alle sue spalle si sentì un
colpo secco sul pilastro. La guardia si voltò e vide Houdini libero, con le manette
aperte in mano.
«Ed ecco come noi yankee ci liberiamo» fu la sua risposta. Come era riuscito a togliersi così rapidamente quelle manette? La riuscita di
questa e altre imprese non era frutto del caso. Houdini aveva dedicato anni a
studiare tutti i modelli esistenti di lucchetti, serrature e manette e aveva scoperto
che quelle inglesi erano le più facili da aprire: era infatti sufficiente batterle in un
certo punto contro il muro perché si aprissero istantaneamente.
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Fuga dalle corde
!Oggi quelle manette non si usano più, ma gli artisti contemporanei della fuga
sono in grado di togliersi anche le manette più sofisticate in uso alla polizia.
!La fuga dalle corde. Houdini spiegava che il trucco più semplice per
liberarsi dalle corde consiste nel farsi legare con una corda molto lunga, piuttosto
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che con tanti pezzi più corti. Questo perché è più facile che la corda si allenti da
qualche parte e così si riesca a sfilarla più rapidamente. Il segreto consiste nel
gonfiare i muscoli al momento della legatura, per poi rilassarsi subito dopo: in
questo modo la corda si allenta e diventa più facile sfilarla. !L’evasione dalla caldaia. Nel 1907 Houdini realizzò una prodigiosa
evasione da una caldaia di ferro, avvitata dall’esterno. Un’ora dopo essere stato
chiuso dentro, con gli abiti stracciati, sporco, sanguinante, sfinito, ma libero,
Houdini ne uscì. Convinti che si trattasse di un sosia, gli operai che avevano
costruito la caldaia, tagliarono via il coperchio ancora sigillato e videro che era
effettivamente vuota. Il metodo di questa evasione fu reso noto negli anni ’50 del secolo scorso, sulle
pagine di un quotidiano, da un meccanico amico di Houdini. Vista la sua stranezza e
difficoltà, questo numero non è mai stato ripreso da nessun altro prestigiatore, per
cui è possibile rivelare qui questo segreto che, al di là del metodo ingegnoso,
dimostra la prontezza di spirito del grande artista.
Houdini e il meccanico misurarono la caldaia e decisero di realizzare copie
identiche delle viti che sarebbero state usate per sigillare il coperchio. Una volta
chiuso nella caldaia, Houdini si sarebbe servito di un seghetto in miniatura,
nascosto sotto gli abiti, per tagliare le viti che sporgevano all’interno della caldaia.
In questo modo, avrebbe potuto sollevare il coperchio e, una volta fuori, sostituire le
viti tagliate con le copie realizzate dal meccanico.
La sera dello spettacolo, però, Houdini scoprì di avere fatto un errore, anche se
il pubblico non lo seppe mai. Non appena segò la prima vite, si accorse che, dove la
lama finiva di tagliare, un piccolo lembo di ferro rimaneva sollevato e impediva alla
vite di scivolare fuori. Madido di sudore, Houdini provò di tutto per liberare le viti
ma senza successo. Il tempo passava, gli assistenti osservavano sempre più ansiosi
la cabina dietro cui si trovava la caldaia e l’orchestra dovette ripetere più volte il
proprio repertorio. Alla fine Houdini ebbe un’illuminazione: smontò il seghetto e ne
usò un pezzo come martello e un altro come scalpello; in tal modo, riuscì a spingere
fuori ogni singola vite. I quotidiani del giorno seguente annunciarono la vittoria di
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Houdini nel suo “test supremo”. Houdini stesso scrisse nel suo diario: «Questa sfida
rappresenta il mio limite. È la prova più grande che abbia mai superato».
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Ammanettato, Houdini si prepara a farsi chiudere dentro una cassa di legno che sarà gettata in mare !La fuga dalla catena. Houdini si faceva legare i polsi con una catena e un
lucchetto, nascondeva poi i polsi sotto un tavolo e, un attimo dopo, li riportava fuori
liberi, tenendo la catena in una mano. Il trucco si trova nella catena, che ha collegati
due anelli: uno si trova a un capo e l’altro a pochi centimetri dal primo. La catena va
infilata su un polso come mostrato nell’illustrazione XXX e poi girata intorno
all’altro polso e fissata con il lucchetto. Sembra impossibile liberarsi da una simile
legatura, ma in realtà è sufficiente sollevare il polso destro sopra quello sinistro
perché le catene cadano tra le mani. Provare per credere. !La sepoltura prematura. È forse il numero più pericoloso mai inventato da
Houdini; ecco come lo descrive nei suoi appunti: «Mi faccio inchiodare in una cassa
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da imballaggio e calare in una fossa di due metri che viene poi riempita di terra o di
sabbia. La cassa può essere fatta in modo che si apra da un lato, affinché io possa
(uscire e) strisciare verso l’aria. Bisogna che la fossa in cui va calata la cassa sia
grande, in modo che uscendo io non mi trovi contro la terra compatta ma possa
strisciare tra la sabbia o la terra che è stata fatta cadere sulla cassa che mi contiene.
Bisogna provare prima per vedere quanta aria ho nei polmoni».
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Houdini si è appena liberato dalla camicia di forza
!In realtà, la prova è molto più difficile di quanto sembra. La prima volta che la
testò, infatti, Houdini ebbe una brutta sorpresa. Quando si trovò sotto terra, e riuscì
a uscire dalla cassa, fu schiacciato dalla terra, che gli si infilava in bocca e gli
tappava il naso. Gli mancava l’aria, si lasciò prendere dal panico e per un istante si
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sentì perso. Poi, si calmò e trovò la forza per risalire. Dovette strisciare come un
verme, scavando con le dita e spezzandosi le unghie, per uscire, completamente
esausto, e rivedere l’azzurro del cielo. Nei suoi appunti, scrisse: «Ho provato il
“sepolto vivo” a Hollywood e quasi ci restavo secco. Molto pericoloso; il peso della
terra è micidiale».
!Fuga dalla camicia di forza. Una delle fughe più famose di Houdini era
quella in cui riusciva a togliersi una camicia di forza mentre dondolava a testa in giù
appeso al cornicione di un palazzo. Certo, in quel modo le contorsioni necessarie
per liberarsi, per quanto estenuanti e difficoltose, erano visibili a tutti, ma ciò non
toglieva nulla alla meraviglia del numero. Come per la maggior parte delle imprese
di Houdini, non era tanto il modus operandi quello che contava quanto la
presentazione che lo accompagnava. «Il segreto di un valido spettacolo» scrisse
Houdini ribadendo una massima fondamentale dell’illusionismo «non consiste
tanto in ciò che tu fai realmente ma in quello che il pubblico, amante del mistero,
ritiene che tu faccia». Ecco come Houdini spiegava la fuga dalla camicia di forza: «La prima cosa da
fare per liberarsi è di sistemare il gomito - la cui mano corrispondente si trova sotto
il gomito opposto - su qualche solido appoggio, e con un grande sforzo fisico
esercitare su quel gomito una pressione tale da spingerlo gradualmente verso la
testa. Poi con un altro sforzo prolungato, si può spingere la testa sotto il braccio più
basso per portare entrambe le braccia sul davanti del corpo. Una volta portate le
braccia fino a questo punto, cioè davanti al corpo, si possono sganciare con i denti le
fibbie delle cinghie dei polsini; dopo di che si aprono le fibbie del dorso con le mani
ancora chiuse nelle maniche di tela e ci si sfila la camicia di forza».
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IL SEGRETO PIÙ GRANDE !!!!!!
Rivelate alcune delle imprese di Houdini, resta ancora da spiegare il segreto
più grande: come è possibile che un uomo scomparso da 88 anni sia ancora vivo tra
noi e la sua leggenda non accenni a diminuire, anzi si ampli e si arricchisca a ogni
nuovo libro o film a lui dedicato? Qual è il vero segreto di tanto successo?
Per lo storico americano Kenneth Silverman, parte del perenne fascino di
Houdini risiede nel fatto che era un uomo del ventesimo secolo: «Sia che pendesse a
testa in giù da un grattacielo o che telefonasse dalla sua cassa immersa nell’acqua, la
sua carriera è stata un’icona della modernità, inseparabile dai grattacieli, dagli strilli
in prima pagina, dagli aeroplani, dalla radio, dalle automobili, dai sottomarini…»
Lo scrittore E. L. Doctorow, che lo ha immortalato nel suo romanzo Ragtime,
ha detto che ciò che Houdini voleva più di ogni altra cosa era diventare immortale.
E, come si è detto in apertura, Houdini c’è sicuramente riuscito, visto che il suo
nome è persino usato alla stregua di un aggettivo e lo si vede frequentemente
ripreso anche nelle pubblicità, nei cartoni animati o nelle vignette satiriche.
Probabilmente, però, fu la moglie di Houdini, Bess, a cogliere nel segno quando
disse semplicemente che «il segreto di Houdini è Houdini stesso». Chiunque, se
volesse, potrebbe ripetere le sue illusioni o le sue evasioni più celebri, e tanti
prestigiatori e illusionisti lo hanno effettivamente fatto. Ma evidentemente non
basta, perché nessuno all’infuori di Houdini è più riuscito a guadagnarsi un posto
perpetuo nell’immaginario collettivo. C’è stato un solo Houdini e non ce ne
potranno essere altri.
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Massimo Polidoro
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