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Il Cannocchiale 1 Il cannocchiale è stato il protagonista della rivoluzione scientifica seicentesca. Galileo, puntandolo verso il cielo, introduce una novità assoluta nell'uso di questo strumento: non più "orizzontale", per curiosare con sentimento puerile il paesaggio che circonda l'osservatore, ma "verticale", per scrutare con ardore scientifico i corpi celesti. Dunque il nome del nostro giornalino non è scelto a caso: come il cannocchiale era per lo Scienziato un filtro critico attraverso cui scoprire il mondo, così ciò che scriviamo vuole essere un modo per approfondire la conoscenza. Non solo: vogliamo tentare di diffondere le idee e dimostrare che, nonostante le differenze tra i vari ambiti dell'Ingegneria e della Scienza, unica è la radice del sapere umano, unico il suo fine. Per questo noi “scrittori più o meno dilettanti” apparteniamo a rami diversi della Scuola Politecnica, per creare una forma di dialogo tra mondi che troppo spesso rimangono separati, dediti all'inseguimento di risultati che solo apparentemente sono distinti e lontani gli uni dagli altri. L’obiettivo è alto e non sappiamo se riusciremo a raggiungerlo. D ’ a l t r a p a r t e , p e r ò , c o m e sosteneva Quintiliano, bisogna sempre puntare in alto se si vuole riuscire. In primo luogo ringrazio, a nome di tutti, l'Università di Genova, che ha finanziato il progetto, il Preside della Scuola Politecnica, Prof. Ing. Aristide Fausto Massardo, per la disponibilità dimostrata nei nostri confronti e i Professori che hanno sostenuto l’iniziativa. In secondo luogo, non meno importanti di chi ha dato il sostegno economico, coloro che hanno fornito l'appoggio culturale. Menzionerò due persone in particolare: Pietro Manica, il primo collaboratore, che ha provveduto a reclutare volontari preparati ed efficienti e Luca Perazzo , che si è occupato del grande lavoro di impaginazione grafica. Non potendo citare in questa sede i nomi di tutti, nomi che peraltro trovate in fondo, ringrazio infine il gruppo dei collaboratori e quello dei sostenitori. I primi, la parte attiva e fondamentale del giornale, coloro che scrivono. Come scoprirete avventurandovi all'interno, i collaboratori sono divisi in quattro settori, a seconda dell'ambito di cui si occupano: tecnico-scientifico, biomedico- sportivo, filosofico-storico e artistico-letterario. Il secondi, i sostenitori, che hanno contribuito, con la loro firma di sostegno, alla realizzazione del progetto. Auguro infine buona lettura a tutti e preciso che per migliorare e far crescere il “Cannocchiale” saranno graditi consigli, suggerimenti e soprattutto articoli! Luca Palazzo Luigi Sabatelli, “Galileo Galilei mostra il telescopio al Doge”, 1841, affresco nella tribuna di Galileo, Palazzo Torrigiani (Museo Zoologico della Specola), Firenze Stampato presso Tipolitografia Style, via della Libertà, 69/71/R, 16129 Genova. La diffusione gratuita del presente stampato avviene esclusivamente nell'ambito della Scuola Politecnica di Ingegneria dell'Università degli Studi di Genova. La collaborazione degli aderenti è avvenuta su base volontaria e a titolo totalmente gratuito. L'opera realizzata, date le sue caratteristiche di pubblicazione non programmata a intervalli di tempo prefissati, non può essere ricondotta alla tipologia di periodico. to della orazione . L'opera ervalli di IL CANNOCCHIALE Realizzato con il contributo dell'Università degli studi di Genova Un Cannocchiale per Scrivere

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Il Cannocchiale 1

Il cannocchiale è stato il protagonista della rivoluzione scientifica seicentesca. Galileo, puntandolo verso il cielo, introduce una novità assoluta nell'uso di questo strumento: non più "orizzontale", per curiosare con sentimento puerile il paesaggio che circonda l ' o s s e r v a t o r e , m a "verticale", per scrutare con ardore scientifico i corpi celesti. Dunque il nome del nostro giornalino non è scelto a caso: come il cannocchiale era per lo Scienziato un filtro critico attraverso cui scoprire il mondo, così ciò che scriviamo vuole essere un modo per approfondire la conoscenza. Non solo: vogliamo tentare di diffondere le idee e dimostrare che, nonostante le differenze tra i vari ambiti dell'Ingegneria e della Scienza, unica è la radice del sapere umano, unico il suo fine. Per questo noi “scrittori più o meno dilettanti” apparteniamo a rami diversi della Scuola Politecnica, per creare una forma di dialogo tra mondi che troppo spesso rimangono separati, dediti all'inseguimento di risultati che solo apparentemente sono distinti e lontani gli uni dagli altri.

L’obiettivo è alto e non sappiamo se riusciremo a raggiungerlo. D ’ a l t r a par te , però , come sosteneva Quintiliano, bisogna sempre puntare in alto se si vuole riuscire.

In primo luogo ringrazio, a nome di tutti, l'Università di Genova, che ha finanziato il progetto, il Preside della Scuola Politecnica, Prof. Ing. Aristide Fausto Massardo, per la disponibilità dimostrata nei nostri confronti e i Professori che hanno sostenuto l’iniziativa. In secondo luogo, non meno importanti di chi ha dato il sostegno economico, co lo ro che hanno fo rn i to l'appoggio culturale. Menzionerò due persone in particolare: Pietro Manica, il primo collaboratore, che ha provveduto a rec lutare

volontari preparati ed e f fi c i e n t i e L u c a Perazzo, che s i è occupato del grande l a v o r o d i impaginazione grafica. Non potendo citare in questa sede i nomi di t u t t i , n o m i c h e peraltro trovate in fondo, ringrazio infine i l g r u p p o d e i

collaboratori e quello dei sostenitori. I primi, la p a r t e a t t i v a e

fondamentale del giornale, coloro che scrivono. Come scoprirete avventurandovi al l ' interno, i collaboratori sono divisi in quattro settor i , a seconda dell'ambito di cui si occupano: tecnico-scientifico, biomedico-sportivo, filosofico-storico e artistico-letterario. Il secondi, i sostenitori, che hanno contribuito, con la loro firma di sostegno, alla realizzazione del progetto. Auguro infine buona lettura a tutti e preciso che per migliorare e far crescere i l “Cannocch ia le” s a r a n n o g r a d i t i c o n s i g l i , sugger iment i e soprattutto articoli!

Luca Palazzo

Luigi Sabatelli, “Galileo Galilei mostra il telescopio al Doge”, 1841, affresco nella tribuna di Galileo, Palazzo Torrigiani (Museo Zoologico della Specola), Firenze

Stampato presso Tipolitografia Style, via della Libertà, 69/71/R, 16129 Genova.

La diffusione gratuita del presente stampato avviene esclusivamente nell'ambito della

Scuola Politecnica di Ingegneria dell'Università degli Studi di Genova. La collaborazione

degli aderenti è avvenuta su base volontaria e a titolo totalmente gratuito. L'opera

realizzata, date le sue caratteristiche di pubblicazione non programmata a intervalli di

tempo prefissati, non può essere ricondotta alla tipologia di periodico.

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. L'opera

ervalli di

IL CANNOCCHIALERealizzato con il contributo dell'Università degli studi di Genova

Un Cannocchiale per Scrivere

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Motori F1 2014

Il Turbo è tornato in Formula Uno superando ogni limite, ma dite addio allo spettacolo

S i n t o n i z z a t e ( p a g a t e p e r sintonizzare), alzate il volume, e ascoltate attentamente.. Niente. Alzate ancora, niente... Eccolo, un fischio cieco, mezzo secondo, e poi silenzio... Nulla da fare, i nuovi V6 hanno guadagnato in tecnologia, ma hanno perso in spettacolo. Che tu sia un appassionato, o completamente disinteressato, probabilmente avrai sentito parlare delle nuove regole che hanno cambiato la Formula Uno del 2014. Descrivere in tutti i dettagli i nuovi componenti richiederebbe ben più pagine di quante me ne conceda il nostro giornalino, per questo mi limiterò a discuterne gli aspetti principali, con un occhio critico per questo sport che ha conosciuto

rendimenti, per quanto possibile (un saluto alla Fisica Tecnica); ecco che l’aggiunta e la combinazione di vecchie e nuove tecnologie p e r m e t t e r à d i o t t e n e r e un’efficienza globale più elevata. Diamo quindi un benvenuto a turbocompressore, recupero della energia cinetica, aerodinamica attiva e così via... Ai “vecchi” V8 aspirati da 2400 cm3 sono subentrati i nuovi motori a combustione interna, che hanno una ci l indrata di 1600 cm3 , distribuita in 6 cilindri a V, ed erogano una potenza di circa 600CV, con 8 r appor t i d i trasmissione. Una scelta drastica, sicuramente poco scenografica: la direzione è questa, e motori piccoli ma prestanti sembrano

tempi migliori. La nuova linea intrapresa dalla FIA è quella di avvicinare lo sviluppo tecnologico delle auto da corsa alle necessità tecniche che stanno dominando il mercato dell’auto e, in generale, dei trasporti. Dopo le vittorie della prima auto diesel nella 24h di Le Mans del 2011 (Audi R18 TDI), e dopo la nascita della Formula-E (E come Electric) che avrà inizio questo autunno, tocca ora anche alla F1 abbattere i consumi, aumentare rendimento ed efficienza per portarsi in l inea al le nuove politiche anti-inquinamento e “anti-spreco”. La ricerca e lo sviluppo dei motori a combustione interna h a n n o p e r m e s s o a q u e s t i meccanismi di raggiungere alti

Motori F1 2014 Ivan Rosciano 2

Disposizione della nuova power unit nella monoposto

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essere il futuro. A spingere il 1600, però, c o m p a r e u n turbocompressore, o meglio ritorna dagli anni ‘80, il quale sfrutta l’ energia dei gas di scarico per immettere in pressione il combustibile, ovvero per massimizzare l’energia in entrata: facile, e del resto già visto. Se non che diversi componenti elettrici e sensori sofisticati rendano l’ intero sistema il più complesso (si parla di 40 centraline elettriche) mai visto in F1, utilizzati in particolare per far sì che ogni monoposto consumi 100Kg di benzina previsti dal regolamento, e non una goccia in più. Ma lo stesso turbocompressore p r e s e n t a t e c n o l o g i e n o n trascurabili: è infatti presente un motore elettrico, siglato MGU-H, il cui compito è di eliminare l’ effetto de l “Turbo Lag” , ovvero la mancanza di potenza immediata richiesta in uscita di curva, momento in cui i gas di scarico non producono ancora sufficiente spinta per poter sfruttare il turbo: s i t r a t t a d i u n s i s t e m a avanzatissimo, e per questo un rompicapo per i progettisti. Al gruppo termico si affianca l’ERS (il vecchio Kers), ovvero il sistema elettrico in grado di recuperare l ’energia cinetica in frenata, accumularla tramite specia l i batterie e rilasciarla al momento del bisogno; quindi ringraziatelo per ogni sorpasso, perché le monoposto passano da 600 a ben 760 CV. Altre novità sono lo scarico, qua ovviamente ridotto ad un unico terminale, il quale non viene più usato per sfruttare l ’aerodinamica del d i f fusore pos ter iore , ma sbuca ( con

p r e p o t e n z a , g u a r d a t e c h e dimensioni!) al di sotto dell’ala. Forse ciò che più colpisce è il nuovo “muso” che caratterizza ogni monoposto. La Ferrari 14T ha già raccolto i paragoni più disparati: accusata infatti di assomigliare ad un’ aspirapolvere quanto ad un tapiro, non si può certo dire che abbia ambizioni di bellezza. Il regolamento ha permesso di avvicinare la parte anteriore della monoposto al suolo, così molte s c ude r i e h anno s v i l u pp a to antiestetici musi schiacciati con seguente scalino. Che giudizio dare a questa F1? Evidentemente, a causa di tutti questi stravolgimenti, la categoria si trova ancora oggi in pieno sviluppo, e ha bisogno di tempo per recuperare, per esempio, quei 9 secondi (ben 9?!?) di ritardo dai tempi delle monoposto del 2013. Il rumore, anzi il dolce suono dei vecchi V8, è sparito; e non si può certo negare che fosse gran parte del divertimento dei tifosi. L’acuto del vecchio motore Ferrari, o gli scoppi in rilascio del Renault (ricordate il grezzo BMW? senza dubbio il migliore, in questo campo) sono stati sostituiti da

leggeri fischi. Se fate attenzione, guardando il Gp in TV, potrete sentire lo stridio delle gomme in frenata, o le urla dei tifosi, suoni che fino all’anno scorso erano impossibili da sentire. Rumore a parte, ciò che si chiedono sia i tifosi sia gli organizzatori, è quanto si possa sacrificare lo spet taco lo per segu i re l a tecnologia: la Formula 1 è sempre stata, storicamente, la categoria dove la ricerca era ai massimi livelli, e allo stesso tempo era un ottimo banco di prova per nuove idee e brevetti. D’altra parte, sono anni che la ricerca è stata strozzata dai regolamenti, per limitare i costi e per pareggiare il livello delle scuderie, portando però i team ad esasperare lo sviluppo solo in certi settori (l’aerodinamica, per esempio). È giusto definire una marcata linea guida, oppure è meglio lasciare maggior l ibertà di sviluppo? È giusto che una monoposto, progettata per superare i 300km/h, debba risparmiare carburante?

Ivan Rosciano

Motori F1 2014 Ivan Rosciano 3

Gruppo termico Renault in dettaglio

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Nuove Energie

Le biomasse

Un argomento di grande dibattito, al centro della discussione sulla produzione energetica, è quello delle biomasse. Spesso i prodotti agricoli che le costituiscono sono anche uti l izzati nel la nostra alimentazione. Il problema non è solo di natura energetica ed economica, ma anche sociale e umano. Partiamo da alcuni dati s t a t i s t i c i e s c i e n t i fi c i , concentrandoci in particolare sul bioetanolo. L’energia da biomassa contribuisce al 9-13% della fornitura di energia mondiale. Essa comprende sia gli usi tradizionali (ad esempio cottura per la cucina e riscaldamento), sia usi moderni (ad esempio la produzione di energia elettrica e vapore, e biocarburanti liquidi). L'etanolo derivato da biomasse (bioetanolo, CH3-CH2-OH), è potenzialmente un carburante sostenibile, nonché un combustibile che può sostituire la benzina. Si distinguono tre diverse generazioni di prodotti agricoli utilizzati per produrlo. La prima comprende canna da zucchero e barbabietola da

ottenere rispettivamente biodiesel e bioetanolo. Dal punto di vista economico il costo europeo dell’etanolo è ancora più alto di quello della benzina. Tuttavia occorre notare che il prezzo del primo è destinato verosimilmente a scendere con il progresso delle tecnologie, mentre quello dei carburanti fossili non può che crescere. L’Unione Europea aveva fissato un obiettivo di sostituzione, entro il 2010, del 5,75% dei carburanti con biofuel (etanolo e biodiesel). Tale percentuale dovrebbe diventare il 7% entro il 2015. Siamo in netto ritardo: al 2012 si è arrivati solo ad un misero 1,4% di produzione di etanolo rispetto al consumo di benzina. Inoltre in Europa scarseggiano terreni destinabili alla produzione d i b i o m a s s e . S t r a p p a r l i all’agricoltura per l’alimentazione umana causerebbe l’innalzamento dei costi di molti cibi. Torniamo al discorso iniziale, al quale aggiungo una riflessione di livello mondiale, oltre che europeo: è corretto destinare terra alle biomasse, considerando che nel mondo vi sono quasi 850 milioni di persone che non hanno abbastanza da mang i a re ( d a to f a c i lmen te reperibile sulla rete)?

Gianluca Caviglione

zucchero (contenenti quindi saccarosio), grano, mais e orzo (contenenti amido). Le colture contenenti saccarosio presentano una maggiore resa di bioetanolo. L’amido, caratterizzato da una struttura più complessa, deve essere sottoposto all’abbattimento delle catene per ottenere sciroppo di glucosio, che si può poi convertire in bioetanolo mediante lieviti. L a s e c o n d a g e n e r a z i o n e c o m p r e n d e l e b i o m a s s e lignocellulosiche (legno, paglia, stoppie di grano e mais). La struttura di base della materia prima è costituita da tre polimeri: cellulosa (C6H10O5)x, emicellulosa come xilano (C5H8O4)m e lignina (tronco, fogliame e corteccia). Le prime due, da cui si ottiene l’etanolo, devono essere pre-trattate per rimuovere ostacoli di natura struttura le e qu ind i aumentare la produzione di zuccheri fermentabili. I b i o c o m b u s t i b i l i d i t e r z a generazione sono prodotti a p a r t i re d a co l t u re non i n competizione con l ' industria

alimentare. Inoltre per la loro produzione non si utilizzano né terreni agricol i , né distese forestali. Si sfruttano infatti terreni marginali come quelli desertici o addirittura i l mare. Sono allo studio colture di microalghe ad alto t e n o r e l i p i d i c o e zuccher i no da cu i

La molecola di etanolo, CH3-CH2-OH

Nuove Energie Gianluca Caviglione 4

La molecola di etanolo CH3-CH2-OH

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Augustin-Louis Cauchy

Un tale di nome… Cauchy!

Nel mondo scientifico vi sono diverse figure di fondamentale importanza, tali da aver contribuito, con i loro studi, ad ampliare i limiti della conoscenza umana: una di queste è sicuramente quella di Augustin-Louis Cauchy. Matematico ed ingegnere francese, Louis Cauchy nacque a"Parigi" il 21 agosto del" 1789 e frequentò l’"École nationale des ponts et chaussées”" nel" 1807, divenendo ingegnere di ponti e strade nel" 1809. Tuttavia alcuni amici del padre, in particolare" Lagrange e Laplace, lo persuasero a rinunciare a l l ' ingegner ia e a ded icars i completamente alla matematica pura. Uno dei suoi primi risultati fu la soluzione in forma semplice del" problema di Apollonio, ovvero la descrizione di un cerchio che tocca altri tre cerchi dati. La scoperta, del" 1805, fu seguita da alcuni scritti su propagazione delle onde," teoria dei numeri e quantità complesse (fu infatti il primo a definire i numeri complessi come una coppia di numeri reali), teoria

formazione e tensioni interne di un corpo e per la definizione di numerosi aspetti dell’idraulica. Inoltre durante lo sviluppo di tale teoria ideò molti dei suoi teoremi di analisi. Dunque il lavoro di Cauchy ha avuto un forte impatto sia sulla matematica pura che s u l l ’ i n g e g n e r i a , q u i n d i sull’applicazione tecnica. Non deve sorprendere che i suoi interessi fossero rivolti sia alla teoria che alla pratica. Egli visse in fatt i in p iena r ivo luz ione industriale, periodo di forte sviluppo tecnico e scientifico al quale i suoi studi diedero un forte contributo. In tale epoca il sapere era concepito, in un’ottica ancora influenzata dall’illuminismo e già anticipante il positivismo, come lo

strumento di dominio sulla natura. E la pura scienza non può dominare la natura se non diventando tecnica e quindi ingegneria… Louis Cauchy, come molti altri, rientrava pienamente in questa categoria di studiosi.

Luca Roncallo

d e l l e f u n z i o n i , e q u a z i o n i differenziali e determinanti. Egli fu a n c h e i l p r i m o a p rov a re rigorosamente il" teorema di Taylor. Ha scoperto il teorema dei residui e lo ha usato per derivare alcune delle più interessanti formule relative alle serie e agli integrali. Andato in esilio nel 1830 per aver rifiutato di giurare fedeltà agli Orléans, nel" 1833" si trasferì a" Praga" in qualità di precettore del" conte di Chambord, nipote di" Carlo X, ex re di Francia. Quest’ultimo lo nominò barone in ringraziamento dei suoi servigi. Grazie a tale ruolo, Cauchy ebbe la possibilità di viaggiare, scoprendo che i risultati dei suoi studi erano già largamente diffusi. Tornato in patria nel 1838, fu dispensato dal giuramento alla repubblica di Napoleone III. Morì a"Sceaux, Se ine , i l 23 g i u g n o del"1857. In qualità di i n g e g n e r e , applicò i suoi s t e s s i s tud i m a t e m a t i c i a l l ’ ingegneria : nell'ambito della" meccanica del con t i nuo, i n f a t t i , de l i neò i fondamenti di un modello di corpo, il" “continuo di Cauchy”, che rappresenta ancora oggi una pietra m i l i a re de l l a s c i enza de l l e costruzioni e nello studio della meccanica dei fluidi. È infatti fondamentale per lo studio di de-

Augustin-Louis Cauchy Luca Roncallo 5

Augustin-Louis Cauchy

Configurazione di riferimento e deformata del continuo di

Cauchy

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Galileo Galilei (1564 - 1642)

Un fisico, un astronomo, un filosofo e un letterato: Galileo. Per questo, molti lo avranno notato nel corso degli studi superiori, egli compare sui libri di testo delle materie più disparate. Studiamo fisica o chimica e cosa troviamo nell'introduzione? Il metodo sperimentale galileiano! Leggiamo filosofia e chi c’è tra i pensatori? Galileo! Esploriamo i mondi immaginari della letteratura italiana e chi compare con la "Favola dei suoni" e il "Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo"? Ancora Galileo! Fo r s e p ro p r i o p e r l a s u a u n i ve r s a l i t à s p e s s o s f u g g e l'importanza dello scienziato, del filosofo, del genio. Quando si studiano le leggi della dinamica si ricorda più di frequente Newton, quando si parla di astronomia si pensa a Keplero e a Copernico. E se ci si sposta in filosofia il suo metodo v iene abbassato a l confronto con quelli di Bacone e Cartesio. Già, anche in filosofia Galileo è presente, e con un ruolo tutt’altro che marginale. Anzi, proprio dalla filosofia nascono la scienza e la letteratura galileiane. Ma andiamo con ordine. Siamo nel Cinquecento: il Medioevo è finito, si parla di Rinascimento nelle arti e nella storia, non ancora nella scienza. Nella filosofia lo portano Telesio, Campanella e Bruno. Tuttavia, mentre essi parlano ancora di mondi ideali e di metafisica Galileo opera la vera grande rivoluzione: rovesciare l’aristotelismo che per secoli ha paralizzato il progresso

u n i v e r s a l e a t t r a v e r s o c u i esprimersi: la matematica. Ecco ciò che conferisce straordinario valore al pensiero di Galileo: il suo metodo sarebbe vuoto e privo di significato senza di essa. A questo punto manca solo un ingrediente: chi o cosa garantisce la validità delle scoperte scientifiche? Sorprendente risposta, quella di Galileo: Dio. Testimonianza del fa t to che eg l i non volesse sovvertire la struttura del Creato e i dogmi di Fede, ma anzi celebrare in un modo alternativo, c ioè attraverso uno studio autentico, la bellezza dell’universo.

Luca Palazzo

della scienza. Non in contrasto con la Chiesa, che si occupa di “come si vadia al cielo, e non come vadia il cielo” (“Lettera a Madama Crist ina d i Lorena” , 1615) , compito quest’ultimo della scienza. E in più vero aristotelico è Galileo, non il teologo: egli infatti ha lo spirito genuino del ricercatore, andato perduto nei secoli, che era proprio dello Stagirita e non accetta il dogma mascherato da filosofia. Qual è la risposta a tutto questo? La condanna del 22 giugno 1633 da parte del Sant’Uffizio. Da parte di una Chiesa che ha commesso uno tra i più gravi errori della sua storia, che ha fallito il suo compito pastorale a inizio Cinquecento e che rischia di fallire anche la Controriforma. La speculazione galileiana si fonda s u u n m e t o d o i n n ov a t i vo , all’avanguardia rispetto ai tempi: si osservano i fenomeni raccogliendo dati oggettivi, misurabili, si fanno ipotesi partendo da quei dati (induzione o “sensata esperienza”, cit.) e si elabora una legge che li descriva. A questo punto si assume la legge come se fosse veritiera e per verificarla, la si fa ricadere in un caso particolare della realtà, l ’esper imento (deduz ione o “necessarie dimostrazioni”, cit.). Se essa supera la prova è verificata, altrimenti bisognerà modificarla ed elaborare un nuovo esperimento. Che cosa garantisce l’universalità della “sensata esperienza” e delle “necessarie dimostrazioni”? Non basta aver unito induzione e deduzione, serve un linguaggio

Il Metodo della Scienza Luca Palazzo 6

Justus Sustermans, “Ritratto di Galileo Galilei”, 1636, National Maritime Museum, Greenwich, London

Il Metodo della Scienza

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Origini dell’Ingegneria

L’uomo d’ingegno

Forse vi sarete domandati quando nasce la figura dell’ingegnere o, più in generale, l’ingegneria. Forse vi sarete anche chiesti dove e perché. Rispondere univocamente a queste domande non penso sia possibile. Mi riferisco in particolare alla prima: “Quando, a partire da che periodo storico, si può parlare di ingegner ia e d i ingegner i?” . Nonostante il difficile problema storiografico si possono ritrovare nella storia indizi della nascita della mentalità ingegneristica. “Ingegneria” deriva dal latino “ingenium”. Alcune delle molteplici traduzioni di questa parola sono ingegno, intelligenza, intuito, acume, talento, capacità intellettuale. Infatti, nel significato originario, per ingegnere si intendeva un uomo capace, attraverso le sue abilità mentali, di risolvere problemi. In q u e s t o s e n s o l a fi g u r a dell’ingegnere nasce con l’umanità, che nel corso dei secoli si è “ingegnata” per superare i più svariati ostacoli. Oggigiorno il termine si è evoluto e si lega inesorabilmente ad altre due parole: “scienza” e “tecnica”. In questo senso l’ingegneria trova storicamente la sua applicazione dapprima nelle strutture militari e successivamente nell’ambito civile (Genio Militare e Genio Civile). Nella prima accezione era presente già in epoca Romana e il suo compito principale era di fornire un adeguato supporto tecnico alle truppe armate negli spostamenti ( c o n l a c o s t r u z i o n e dell'accampamento di marcia, di

riferimento all’attività del proprietario della tomba.

Scuola di Applicazione di Ponti e Strade prima in Italia e sul modello di quella Francese. Nasce così l’ingegnere che noi conosciamo e che ci sforziamo di diventare negli anni a venire. Capire il perché della nascita dell’ingegneria è facile alla luce dei s u o i n u m e r o s i c a m p i d i applicazione: in ogni ambito le necessità umane richiedono studi sempre più raffinati e approfonditi. Tali bisogni sono il motore propulsivo dell’ingegneria. Anche se è molto difficile stabilire con esattezza il luogo d’origine dell’ingegnere, provo a dare una risposta: Roma, patria del popolo più pragmatico e determinato della storia. Probabilmente le radici dello spirito ingegneristico, di cui noi, con la dovuta evoluzione in due millenni di storia, siamo eredi, sono proprio da ritrovarsi nella Romanità.

Pietro Manica

ponti militari, strade, ecc.), nelle operazioni d'assedio di città nemiche (con la realizzazione di macchine d'assedio, rampe e terrapieni, cordoni di mura intorno alle città assediate, ecc.), nella realizzazione di opere a protezione dei confini provinciali. L’ambito dell’ingegneria civile si sviluppa inevitabilmente da quello militare, e i n s u a c o n t r a p p o s i z i o n e , concentrandosi sulla costruzione e il mantenimento delle opere pubbliche. Tuttavia nell’antichità e per buona parte del Medioevo gli ingegner i venivano chiamat i architetti o, più propriamente, meccanici. Il più antico documento italiano in cui appaia il termine “ingegnere” è un rogito steso nella casa dei canonici di S. Lorenzo a Genova il 19 aprile 1195; da allora la parola è usata sempre più frequentemente in Italia e soprattutto in Francia. Per vedere la prima Scuola (o, c o m e d i r e m m o n o i o g g i , Università) di ingegneria dobbiamo però aspettare altri sei secoli. Infatti solo l’11 Marzo 1794, in Francia, un decreto stabilì la fondazione di una nuova scuola dei Lavori Pubblici a forte impronta tecnico scientifica, rinominata poi “École polytechnique” e a cui nel 1805 Napoleone Bonaparte diede uno statuto militare e assegnò una sede nel quartiere parigino di Sainte-Geneviève. In Italia qualche anno più tardi Gioacchino Murat, re di Napoli e non a caso francese legato a Napoleone, con un decreto del 4 marzo 1811, istituì la

Origini dell’Ingegneria Pietro Manica 7

Tomba degli Haterii, inizi del II secolo d.C., Roma. Si noti la gru facente

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Im Tempo des Scherzos

Karl Popper (1902-94) e Ludwig Wittgenstein (1889-1951)

Mein schönes Wien. A Vienna ci si divertiva da matti. La capitale de l l ’ impero austro-ungar ico durante la “Belle Époque” fu il “Kulturzentrum” del l ’Europa centrale, una Parigi sul Danubio. Lì, nei cinquant’anni precedenti la Grande Guerra, passeggiavano per le strade gli uomini più influenti del ‘900: nella musica Johannes Brahms, Strauss e Gustav Mahler, nella fisica Erwin Schrödinger, nell’arte Gustav Klimt con il “Ver Sacrum". Tra un Walzer e l’altro si rifletteva, eccome se si rifletteva!, magari non prima di sorseggiare Champagne. L’atmosfera festosa di Vienna diede i n a t a l i a d u e fi l o s o fi d iametra lmente oppost i ma accomunati dal senso giocoso del pensiero, per i quali le idee sfuggono dalla carta e dal loro autore per diventare, dunque, vita: Karl Popper e Ludwig Wittgenstein. Pur essendo concittadini e quasi coetanei (anno 1901 Popper, 1889 Wittgenstein) non si incontrarono mai su suolo austriaco. Popper aveva letto il Tractatus (1919) e l’aveva svilito nella sua Logica della

scoperta scientifica (1934), gelando i rapporti tra i due già tiepidi. Wittgenstein si limitò a continuare il proprio lavoro senza cercare un’occasione di confronto, che tuttavia giunse inaspettata nel 1946 a Cambridge. Dopo la Prima Guerra Mondiale l ’ un i ver s i t à i n g l e se i nna l zò Wittgenstein al rango di divinità. Perfino il premio Nobel Bertrand Russell confessò che quel giovane, che si atteggiava da spavaldo, aveva

per Popper una teoria scientifica è tale se è falsificabile, perché solo p o t e n d o e s s e r e s m e n t i t a dall’esperienza, solo essendo vicino alla realtà, il suo contenuto può dire qualcosa di empirico intorno al mondo: più alte sono le sue pretese di spiegare la realtà, più si espone ai rischi della confutazione, più è scientifica. Le nuove regole d e l g i o c o d e l l a s c i e n z a prevedevano “ipotesi ardite e rischio”, il coraggio necessario a prendere parte al gioco è espresso da un passo della poesia di Novalis che fa da epigrafe alla Logica: “Le ipotesi sono reti, pescherà soltanto chi le getta. // Non si è trovata l’America con un’ipotesi?” La strada che portò Wittgenstein al vorticoso piacere delle idee comincia con il linguaggio, di cui si occupò già nel Tractatus e dove il mondo reale, con tutte le sue imperfezioni, fu ridotto alla regolarità della logica, la cosiddetta “soluzione finale”, un traguardo impossibile per un aspirante ingegnere aeronautico, dopo la quale egli si ritirò ad esercitare la professione di maestro di scuola e lementare ne l l a campagna austriaca, nonostante fosse già di famiglia ricco sfondato. Rintracciò ne l l ’ ope r a un i somorfismo linguaggio-pensiero-realtà, una terna da cui furono escluse le emozioni e l’etica: “Wovon man nicht sprechen kann, darüber muß man schweigen – su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere”. Questa affermazione del primo Wittgenstein è contraddittoria con

un’influenza incontrollabile su di lui. Wittgenstein diventò professore dopo un co l l oqu io - f a r s a e presidente di un circolo filosofico, al quale si univano personalità esterne invitate dagli studenti di Cambridge. Nel 1946 fu deciso di i n v i t a r e P o p p e r . S u b i t o Wittgenstein, memore dei giudizi nella Logica, rifiutò di presenziare, e fu solo il suo maestro Russell a convincerlo. Ma la serata sfociò in un duello tutto viennese. Wittgenstein finì per minacciare Popper con un attizzatoio a causa di una disputa sulla tangibilità dei gesti, poiché il professore di Cambridge veniva rimproverato sul poco spazio dato alla gestualità nel Tractatus : “Questo ti sembra abbastanza reale?”, e con quelle paro le Wi t t gens te in f a ceva svolazzare l’attizzatoio davanti al muso di Popper. Un episodio che di primo acchito può sembrare una semplice scaramuccia, diventa emblematico per comprendere la passionalità dei protagonisti nel partorire (e nel difendere) le proprie idee. L’alterco fece trasparire i fanciulli nell’animo dei due filosofi che con difficoltà si colgono nei saggi. Popper tramutò la scienza in gioco. Quando il circolo di Vienna metteva a punto il verificazionismo delle teorie scientifiche, egli con il fallibilismo demolì la boriosa pretesa di verità dogmatica degli scienziati. Per lui, g l i s c i e n z i a t i s u b i ro n o l a metamorfosi in amebe pronte a veder distrutte le proprie teorie affinché siano scientifiche. Infatti

Im Tempo des Scherzos Christian Varlese 8

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il secondo Wittgenstein. Anni più tardi, mentre si cimentava come architetto nella costruzione della casa della sorella, si accorse dell’incommensurabilità dei gesti; un gesto non ha corrispondenze nel linguaggio. Così il meccanismo perfetto dell’orologio saltò, e fu portato ad abbracciare l’opinione che non esistesse solamente un unico linguaggio, ma più linguaggi che concorrono tra di loro per mezzo delle loro regole, ognuno m e r i t e v o l e d i e s i s t e r e e conglobante una parte di difetti del mondo. Il linguaggio del gatto, del

abiti di fustagno tra i campi, che quando va a Messa la domenica con una sorta di abito da società. Analogamente ritengo sia errato dare a un quadro di contadini una sor ta d i superficie l i sc ia e convenzionale. Se un quadro di contadini sa di pancetta, fumo, vapore che si levano dalle patate bo l lent i – va bene , non è malsano” (Vincent van Gogh).

Christian Varlese

soldato, del professore, del leone: “se un leone potesse parlare, noi non lo capiremmo”. Ci vollero due viennesi affinché la vita, con il gioco e il sentimento, facesse irruzione nei severi mondi della logica e dell’epistemologia. D’altronde, perché fuggire dal n o s t ro m o n d o i m p e r f e t t o r i n t anandos i ne l l a p seudo-perfezione della mente? Per conciliare passione e riflessione, gioco e serietà, Aletheia e Doxa, si abbisogna di coraggio e una dose di pazzia da puri espressionisti: “Un contadino è più vero con i suoi

Im Tempo des Scherzos Christian Varlese 9

Giochi e Curiosità

• Sudoku

Livello Difficoltà:

1. Medio

2. Difficile

• Illusioni Ottiche

Le linee orizzontali e verticali che delimitano i quadrati di questa scacchiera appaiono non parallele, ma in realtà lo sono

Un architrave impossibile sostenuto da tre colonne

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Goal Fantasma e Possibili ʺGhostbustersʺ

Tecnologie applicate al calcio in occasione dei famigerati goal fantasma

Riavvolgiamo il nastro di 48 anni. Ci troviamo nei pressi di Londra, più precisamente nel leggendario Wembley Stadium, durante l’estate del 1966. Si sta svolgendo la finale d e l l ’ o t t a v a e d i z i o n e d e l Campionato Mondiale di calcio, tra l’Inghilterra padrona di casa guidata dal tecnico Alfred Ramsey e la Germania Ovest al lenata da Helmut Schön. Sono iniziati da dieci minuti i tempi supplementari, sul punteggio di 2-2, quando l’inglese Geoffrey Hurst segna la rete del 3-2. Anzi no. Invece sì, il goal dell’allora attaccante del West Ham United viene convalidato: ci troviamo di fronte ad uno dei primi goal fantasma della storia. La partita terminerà poi sul risultato di 4-2 per gli inventori del football, che si laureeranno campioni del mondo.

Per anni la FIFA (Fédération

Internationale de Football Association),

no amministrativo, organizzativo e di controllo del calcio europeo.

Il calcio, sotto questo punto di vista (ma non solo), è rimasto molto indietro. Nel tennis, per esempio, viene util izzato un sistema di moviola definito Hawk-

Eye (il famoso ʺocchio di falcoʺ) in grado di riprodurre la traiettoria compiuta dalla palla grazie alle riprese di alcune telecamere poste a diverse angolazioni. Nella NFL (National Football League), la massima lega professionistica di football americano, ogni touchdown viene controllato al replay ed i minuti di gioco risultano effettivi, in modo che tale precauzione non porti via tempo allo spettacolo. Infine, nel rugby l’arbitro viene assistito su richiesta dal TMO (Television Match Official), un ufficiale di gara che osserva la gara in tempo reale per mezzo dei sistemi video installati nello stadio e che può suggerirgli le scelte arbitrali da prendere.

Uno dei primi esempi di utilizzo ʺnon ufficialeʺ della moviola in campo, forse il più famoso, è stato q u e l l o c h e h a p o r t a t o all’espulsione di Zinédine Zidane per la testata a Marco Materazzi nel la finale del Campionato Mondiale di calcio 2006 disputata tra Italia e Francia, decretata dall’arbitro argentino Horacio Elizondo su segnalazione del qua r to uomo Lu i s Med i n a Cantalejo. Infatti, il fischietto ha rilasciato recentemente le seguenti

Immagine del goal fantasma di Goeffrey Hurst

Goal Fantasma e Possibili ʺGhostbustersʺ Matteo Calautti 10

massima organizzazione calcistica mondiale, e molti suoi esponenti di s p i c c o h a n n o c o m p i u t o ostruzionismo circa l’introduzione de l l a tecno log ia ne l ca lc io, cercando di ovviare al problema con l’introduzione degli arbitri di porta, ovvero due ulteriori giudici di gara posti dietro le due porte e con competenze l im i ta te a situazioni di gioco vicine ai due lati cor t i de l campo. La svo l ta sembrava arrivare quando Joseph Blatter, Presidente della stessa FIFA dal 1998, ha deciso di tornare sui suoi passi nel 2012 schierandosi a favore del progresso tecnologico, discutendo la tesi secondo cui i g i ud i c i d i g a r a add i z i on a l i basterebbero già per sopperire al problema. Tale opinione era stata sostenuta più volte da Michel P l a t i n i e P i e r l u i g i Co l l i n a , rispettivamente Presidente e designatore dell’UEFA (Union of

European Football Associations), orga-

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dichiarazioni alla rivista inglese The

Blizzard: «Non avevo visto nulla, ho

chiesto ai miei due assistenti, ma

neppure loro avevano idea di cosa

fosse successo. […] Dopo essermi

consultato con Cantalejo sono andato

a parlare anche con il guardalinee.

Volevo che il pubblico pensasse che

era stato lui ad aver visto tutto, anche

se sapevo che non era vero».

Se la moviola in campo potrebbe essere utile in gran parte delle situazioni controverse durante una direzione arbitrale , non può sicuramente esserlo nel caso di goal fantasma. Per questa tipologia di situazione sono state elaborate almeno tre interessanti soluzioni: il Campo di Calcio Elettronico, un analogo dell’Hawk-Eye già utilizzato nel tennis e infine il GoalRef. Sviluppato dall’italiano Gabriele C r u c i a n i , P r e s i d e n t e dell’Associazione Inventori Europei, il Campo di Calcio Elettronico prevede l ’ incorporamento di sensori elettrici all’interno della camera d’aria dei palloni, in modo tale che sul tiro siano protetti e vengano spinti verso il centro della sfera, l’inserimento di sensori dotati di grandissima sensibilità sotto il manto erboso dentro le porte e, infine, l’utilizzo da parte dell’arbitro di un braccialetto elettronico che rileva l’interazione

tra le due tipologie di sensori e segnala l’eventuale segnatura.

La tecnologia Hawk-Eye, prevede invece l’utilizzo di una serie di telecamere ad altissima definizione (fino a 500 frame al secondo) poste a l l ’ i n t e r n o d e l l a p o r t a e l’elaborazione delle immagini in tempo reale da parte di un computer centra le . Ques ta tecnologia, secondo le stime, sarebbe in grado di seguire il pallone anche se visibile solo per il 25% della sua superficie.

La tecnologia GoalRef, infine, sviluppata dall’istituto tedesco per la ricerca Fraunhofer, risulta in grado di valutare un’eventuale segnatura in funzione dell’interazio-

ne tra un campo magnetico presente all’interno della porta ed un microchip posto all’interno di ogni pallone.

Il sistema GoalRef è già stato utilizzato nella Coppa del Mondo per c lub 2012 , mentre la tecnologia Hawk-Eye è stata testata anche nella Confederation Cup 2013. Che sia finalmente iniziata l’era del progresso tecnologico nello sport più amato al mondo?

Piccolo passo per il calcio, grande passo per gli arbitri.

Matteo Calautti

Goal Fantasma e Possibili ʺGhostbustersʺ Matteo Calautti 11

Goal fantasma di Goeffrey Hurst ripreso da un’altra inquadratura

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’arbitro di un braccialetto onico che rileva l’interazione Go

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Horus

The invisible made audible

L a v i s t a è u n o d e i s e n s i fondamentali per la percezione del mondo che ci circonda. La sua importanza fa sì che difetti nella sua funzione abbiano un grande impatto sulla qualità della vita di un individuo, rischiando a volte di intaccarne l’indipendenza. Questa riflessione ci è apparsa in tutta la sua cruda concretezza quando, un giorno di questo inverno, Saverio Murgia ed io siamo stati fermati da una persona ipovedente: la sua intenzione era quella di raggiungere, da Piazza delle Americhe, la fermata degli autobus di Brignole, ma non ricordava esattamente il percorso. Tale compito apparentemente banale si era trasformato in un’enorme difficoltà per questa persona.

Horus Luca Nardelli 12

Immaginando di non poter fare affidamento sulla visione, possiamo capire immediatamente come lo spostarsi da un luogo all’altro sia soltanto la punta dell’iceberg delle problematiche che una persona ipovedente deve affrontare tutti i g i o r n i : l e g g e r e u n t e s t o , riconoscere un oggetto tenuto in mano o una persona conosciuta, i n d i v i d u a r e i n s t r a d a g l i attraversamenti non segnalati sono attività che chiunque vorrebbe poter compiere in autonomia. Questa immedesimazione, unita all’incontro di quel giorno, ha fatto nascere in Saverio, laureato in ingegneria b iomedica e ora studente “EMARO”, l’ idea di appl icare i l suo bagagl io di conoscenze (e la tanta “computer vision”, scienza che si occupa

dell'elaborazione e comprensione di immagini, video e tutto ciò che è rappresentabile in questa forma) alla realizzazione di un dispositivo volto ad assistere questa categoria di persone nello svolgimento di molti dei loro compiti quotidiani, fra cui quelli appena menzionati. Poco dopo aver avuto questa idea ne ha parlato con me, studente di bioingegneria, e da lì ha iniziato a prendere forma i l progetto “Horus”. Il nome deriva dalla vicenda del dio egizio Horus, che era stato privato di un occhio dal malvagio Seth. Tuttavia i due si affrontano e Horus riesce a recuperarlo, donandolo poi a Osiride suo padre. Quest’ultimo, che in precedenza era stato ucciso da Seth, riesce a tornare in vita. Da qui nasce il parallelo con il nostro

Concept di Horus: due telecamere come due occhi che analizzano la scena, microfoni, pulsanti e auricolare (cuffia o

conduzione ossea) per l'interazione con l'utente. Design simmetrico per avere il massimo comfort possibile

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progetto. In una pr ima fase abbiamo effettuato ricerche per individuare l e component i hardware e software che avremmo voluto utilizzare, successivamente abbiamo iniziato a lavorare sui primi moduli software. Grazie al lungo periodo di stesura della tesi che ci ha visti impegna t i a l avora re ne l l a “computer vision” con il prof. Solari, alcuni risultati (rilevamento strisce pedonali, riconoscimento dei volti e basi per quello degli oggetti) sono stati raggiunti in t emp i mo l to r ap id i , d ando conferma della fattibilità del progetto. Durante questo primo periodo, avendo preso parte al network del Silicon Valley Study Tour 2014, siamo venuti a conoscenza della disponibil ità di posti per la partecipazione allo StartUp Day organizzato da Confindustria Genova, un concorso per la presentazione di idee innovative e la formazione di team. Sfruttando lo stesso network abbiamo quindi deciso di allargare il nostro team i n c l udendo A l e s s io Mere t a (ingegnere informatico), Carola Pescio Canale e Benedetta Magri (economiste). In preparazione al concorso abbiamo creato un modello 3D di Horus (grazie alla collaborazione di Michele Serpe e Jacopo Grosso), qualche demo con i moduli software a buon punto nello sviluppo e prime bozze di business plan. Il ritmo di quella giornata è stato a dir poco frenetico: 8 squadre partecipanti, 3 minuti di presentazione a gruppo e una giuria da convincere. L’esito è stato decisamente positivo: primo posto, targa commemorativa dell’evento e fra gli altri premi un buono per una postazione al “TAG” (Talent

Garden Genova, “digital campus” di CoWorking a" Genova, nel Parco Scientifico Tecnologico degl i Erzelli). A partire da quel giorno abbiamo continuato a lavorare dedicando sempre più tempo al progetto: abbiamo fatto domanda per la partecipazione ad altri concorsi (Edison Start, EIT ICT Labs, Genova StartCup,…), continuato le analisi per migliorare la scelta dell’hardware per realizzare Horus e stretto contatti con associazioni locali per instaurare un dialogo con i diretti interessati. Parallelamente abbiamo iniziato due percorsi rispettivamente con Confindustria Genova (che da quest’anno ha aperto uno sportello per offrire consulenza e supporto alle startup) e con Build It Up, associazione no profit creata da giovani che hanno a cuore la crescita delle startup italiane. Tutte queste attività, oltre ad aiutarci nello sviluppo di Horus, c i h a nno fo r n i t o p re z i o s e opportunità di dialogo e una grande dose d i esper ienza , difficilmente ottenibili in altri modi. Ad oggi, alcuni dei sondaggi che abbiamo distribuito hanno già riportato interessanti risultati volti a confermare l’utilità di Horus. Altri incontri di presentazione del

progetto hanno avuto risultati molto posit ivi : per quanto riguarda quello organizzato da EIT ICT Labs, dopo la video conferenza del 7 maggio, che si è rivelata molto formativa anche oltre le finalità del concorso stesso, siamo stati selezionati per partecipare al prossimo evento di presentazione ad Eindhoven, dove il 21 maggio la competizione arriverà al suo termine.

Per quanto riguarda i nostri piani futuri, abbiamo ordinato già parte dell’hardware che ci servirà per la realizzazione di un primo prototipo, in modo da spostare lì la maggior parte del codice che abbiamo già sviluppato. Raggiunto un l i ve l l o d i f un z i ona l i t à sufficiente, selezioneremo tramite le associazioni un gruppo di persone ipovedenti che potranno t e s t a r e i l d i s p o s i t i v o e collaborare strettamente al suo sviluppo, fornendo feedback che lo porteranno verso una migliore “user experience”. In tutto ciò, no i con t i nue remo que s t a fantastica avventura, dando più del 100% per rendere Horus una realtà.

Dott. Luca Nardelli

Horus Luca Nardelli 13

Quattro membri del Team (Benedetta è attualmente in Inghilterra - Silvia Aresca fotografa)

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Il Sapere Universale di Dante

Il teorema di Dante

Non ho parlato sì, che tu non posse

ben veder ch’el fu re, che chiese senno

acciò che re sufficïente fosse;

non per sapere il numero in che enno

li motor di qua sù, o se necesse

con contingente mai necesse fenno;

non si est dare primum motum esse,

o se del mezzo cerchio far si puote

trïangol sì ch’un retto non avesse.

( D a n t e A l i g h i e r i , “ D i v i n a Commedia”, Paradiso – Canto XIII, vv. 94-102) Il canto XIII del Paradiso, a cui fanno riferimento i versi qui sopra riportati, si configura come una sorta di “parentesi didascalica” con la quale Dante si pone l’obiettivo di spiegare la vera natura della sapienza dell’antico re degli Ebrei Salomone e, più in generale, di riprendere il concetto legato al limite della conoscenza umana rispetto al Giudizio Divino. Tale aspetto, peraltro già presente nell’episodio di Ulisse (XXVI canto dell’Inferno), viene approfondito con il fine di risolvere il dubbio che affligge il poeta in questo tratto del suo percorso. La perplessità di Dante nasce dal fatto che egli sa, in base alla dottrina, che la massima sapienza fu quella infusa da Dio in Adamo e Cristo-uomo, esseri perfetti in quanto da Lui direttamente creati. Quindi ciò sembra contraddire le parole di san Tommaso a proposito di Salomone, nel quale, recita, fu posta dal Signore tanta sapienza che “a veder tanto non surse il secondo” (X, 114).

“Spiriti Magni”) i cui “Elementi” r i s u l t a n o e s s e r e i l t e s t o fondamentale per lo studio della geometria durante tutta l’Età Classica e il Medioevo. C’è da aggiungere, inoltre, che la struttura logica di tale scienza, la quale con pochi postulati stabiliti a priori è in grado di ricavare tutti i teoremi e le proprietà delle figure piane e solide, ben si addice alla logica dell’epoca, secondo cui, da pochi ass iomi e da una ser ie d i definizioni, è possibile derivare tutte le verità scientificamente dimostrabili e decretare assurde t u t t e l e a l t r e . A t t r ave r s o l’indimostrabilità del postulato della geometria, Dante ribadisce e conferma il messaggio che sta alla base dell’intero canto, ovvero l’impossibilità, nonostante l’abilità e le conoscenze messe in gioco, di andare al di là del sapere che ci è d a t o . E m e r g e d u n q u e l a consapevolezza che gli stessi studi scientifici e matematici altro non sono che strumento divino tramite c u i “ a p p ro fo n d i re ” e n o n “scardinare” le leggi predefinite di un mondo legato evidentemente al mistero di un progetto più grande e a noi sconosciuto.

Luca Ghizolfi

Ad assolvere i l compito di e s p l i c i t a r e i l s i g n i fi c a t o dell’espressione è l’anima di San Tommaso che, accompagnando il poeta attraverso il IV cielo del Sole, evidenzia come fu lo stesso re a chiedere la saggezza necessaria esclusivamente a governare con giustizia il suo popolo e non la sapienza in quanto tale, fine a sé stessa. È proprio in tal contesto che Dante , per e sp l i c i t a re quest’ultimo tipo di sapere, si avvale di alcuni esempi molto significativi e simboleggianti quelli che a l lora erano r i tenut i i “problemi insolubili” per la mente umana: il numero esatto degli Angeli, l’esistenza di un primo moto non generato da un altro moto e l’impossibilità di inscrivere un triangolo non rettangolo in un semicerchio. L’ultimo dubbio è quello che ancora oggi viene definito “Teorema di Dante” e che, con ogni probabilità, fa riferimento all’assioma euclideo per cui “in ogni circonferenza l’angolo al centro è il d o p p i o d e l l ’ a n g o l o a l l a circonferenza che insiste sullo stesso arco”. Ne segue che “ogni t r i a n go l o i n s c r i t t o i n u n a semicirconferenza e con un lato coincidente con il diametro della stessa è rettangolo, in quanto l ’ ango lo a l ver t i ce è metà dell’angolo piatto posto al centro”. Un riferimento di questo tipo, oltre che mettere in luce, ancora una volta, la vastissima cultura di Dante, risuona come un tributo al matematico alessandrino (posto infatti nel Limbo insieme agli altri

Il Sapere Universale di Dante Luca Ghizolfi 14

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Grandi Architetture

La Torre di Monsieur Eiffel

Nel 1884, Gustave Eiffel, all'età di 52 anni ha il dominio completo della sua arte. Per questo viene scelto, nella metà degli anni ottanta del secolo XIX, per creare un'opera che vada a celebrare il centenario della Rivoluzione del 1789. La Torre non è solo “un’opera d’arte”, ma anche un mezzo necessario a rilanciare l'economia dei grandi lavori, a riportare la Francia tra le grandi potenze. L’obiettivo è realizzare un "oggetto" colossale che possa risvegliare nelle menti più brillanti sogni di sfide contro la gravità.

astrazione, riferimento alle leggi scientifiche e anche alla moralità, simbolo di forza e di difficoltà”. Essa è in realtà portatrice di una nuova estetica fatta di trasparenza e leggerezza e che si riferisce all’atto stesso dell'edificare. Infatti il cantiere stesso, per i circa due anni e mezzo impiegati per la costruzione, è un vero e proprio spettacolo. Il successo non è soltanto tecnico, ma anche popolare. La Torre diventa immediatamente oggetto d'ammirazione, opera degna di fare d a i n g re s s o m o n u m e n t a l e all'Esposizione ed è soprattutto ammirata come capo lavoro assoluto di ingegneria. Dalla sua apertura ha ricevuto più di duecentocinquanta milioni di visitatori. Eiffel fu un uomo in grado di trasformale in tangibile le idee più audaci con spirito, volontà e ambizione; fu anche in grado di assumersi rischi "calcolati" in un a m b i e n t e e c o n o m i c o par t ico larmente f avorevo le , segnato dallo sviluppo delle ferrovie, dall' evoluzione della costruzione metallica. La storia di Gustave, non è solo quella di un brillante ingegnere, è anche la storia di un’impresa il cui nome, è certo, di identifica con quello del suo fondatore.

Veronica Palazzoli

I due principali ingegneri dell’impresa di Eiffel, Émile N o u g u i e r e M a u r i c e Koechlin concepiscono, nel giugno 1884, il progetto di una torre dall'aspetto di un enorme pilastro metallico, formato da 4 travi reticolari svasate in basso che si congiungono in cima, legate tra loro mediante " traverse disposte a intervalli regolari. Il ferro è l'unico materiale che possa adattarsi ad una impresa del genere: i l cemento armato non era ancora così largamente utilizzato. I l avo r i sono appena cominc iat i quando su l giornale “Le Temps”, nel numero del 14 febbraio 1887, compare la protesta degli artisti contro la Torre. Eiffel risponde a questa critica, sottolineando la bellezza intrinseca che, a

suo parere, caratterizzerà l'opera: “Si crede dunque che, poiché siamo ingegneri, non ci curiamo della bellezza nelle nostre creazioni e che preoccupandoci di renderle solide e resistenti non ci sforziamo al contempo di conferire loro eleganza? Non è forse vero che le funzioni reali della forza sono sempre conformi alle condizioni segrete dell'armonia?”. Tuttavia Eiffel considera la sua Torre prima di tutto un'opera tecnica. La sua estetica non è d'avanguardia: “semplicemente non è da tutti. È pure razionalità,

Grandi Architetture Veronica Palazzoli 15

La Tour Eiffel colpita da un fulmine il 3 giugno 1902 alle 21:20 in una delle più antiche fotografie di un fulmine in ambiente urbano. Estratto da “Thunder and Lightning” di Camille Flammarion, tradotto da Walter Mostyn e pubblicato nel 1906

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Redazione

Redazione 16

Coordinatore: Luca Palazzo (Civ-Amb) Vice Coordinatore: Pietro Manica (Civ-Amb) Collaboratori

Ambito Tecnico-Scientifico Gianluca Caviglione (Civ-Amb), Daniel Moretto (Me), Luca Roncallo (Civ-Amb), Ivan Rosciano (Me) Ambito Filosofico-Storico Pietro Manica (Civ-Amb), Luca Palazzo (Civ-Amb), Christian Varlese (Me) Ambito Biomedico-Sportivo Luca Angelucci (Me), Dott. Saverio Murgia (Bi), Dott. Luca Nardelli (Bi), Irene Pippo (Me), Michela Taruffi (Civ-Amb), Matteo Calautti (Inf) Ambito Artistico-Letterario Luca Ghizolfi (Civ-Amb), Mary Iannuzzi (Bi), Veronica Palazzoli (Civ-Amb), Francesca Righello (Civ-Amb) Segreteria

Luca Barraco (Civ-Amb), Elena Cosso (Civ-Amb), Sergio Scalise (Civ-Amb), Mattia Vanni (Civ-Amb) Rilettura e revisione

Alessia Bellomo (Civ-Amb), Fabio Cereseto (Civ-Amb), Marco De Caro (Civ-Amb), Enrico Macchiavello (Civ-Amb), Paolo Mazzitelli (Civ-Amb), Federico Mignone (Civ-Amb), Edoardo Nicolini (Civ-Amb), Luca Ottonello (Civ-Amb), Luca Pescia (Civ-Amb), Chiara Tacconi (Civ-Amb) Impaginazione e grafica

Luca Perazzo (Inf) Sostenitori dell’iniziativa “Il Cannocchiale”

Francesco Abatis (Me), Federica Arioni (Civ-Amb), Pietro Arnaldi (Bi), Filippo Astori (Civ-Amb), Andrea Ballestracci (Civ-Amb), Arianna Banchero (Me), Eugenio Berrino (Civ-Amb), Lorenzo Calabrò (Civ-Amb), Ginevra Carli (Civ-Amb), Maurizio Cavelli (Civ-Amb), Enrico Chinchella (Civ-Amb), Alberto Dallasta (Me), Pietro De Vito (Civ-Amb), Marco Gaggero (Civ-Amb), Marco Gotelli (Me), Francesco Grillo (Me), Xhuliano Guri (Civ-Amb), Eluina Haja (Civ-Amb), Vera Marchetti (Civ-Amb), Francesco Massoletti (Me), Giorgia Melis (Civ-Amb), Simone Merlo (Civ-Amb), Alessio Molinari (Civ-Amb), Alice Monti (Civ-Amb), Saimir Osmani (Civ-Amb), Davide Ottonello (Civ-Amb), Lucrezia Paletta (Civ-Amb), Daniele Pestarino (Civ-Amb), Sara Pinasco (Civ-Amb) Giulia Rapallini (Civ-Amb), Riccardo Rembado (Civ-Amb), Alice Romani (Civ-Amb), Edoardo Ruffini (Civ-Amb), Federico Schiavi (Civ-Amb), Jacopo Sericano (Civ-Amb), Luca Todaro (Civ-Amb), Maria-Pia Tuscano (Civ-Amb), Federica Usanna (Civ-Amb), Marco Vergassola (Me), Mattia Viaggio (Civ-Amb) Tutte le immagini sono tratte da “Wikipedia, l’enciclopedia libera”, ad eccezione di quelle a pagina 1, tratta da www.idea

padova.it e http://4.bp.blogspot.com, 2 e 3, da www.fipassion.it, 7, da hots182305.blogspot.it, 10 e 11 da www.radiocage.it

(B/N) e da www.zonaforo.meristation.com, 12 e 13 fornite dall’autore. I sudoku sono tratti da www.coniugazione.it.