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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MESSINA Dipartimento di Scienze Cognitive, Psicologiche, Pedagogiche e degli Studi Culturali DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE COGNITIVE XXX CICLO Il Broad Autism Phenotype: uno studio empirico sulla variabilità dei domini e sotto-domini neuropsicologici espressi dai genitori Dottoranda: Elisa Leonardi Coordinatore del dottorato: Prof. Antonino Pennisi Tutor e Supervisore di Tesi: Prof.ssa Amelia Gangemi S.S.D M-PSI/01 Anno Accademico 2016 - 2017

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MESSINA Dipartimento di Scienze Cognitive, Psicologiche, Pedagogiche e degli Studi Culturali

DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE COGNITIVE

XXX CICLO

Il Broad Autism Phenotype: uno studio empirico sulla variabilità dei domini e sotto-domini neuropsicologici espressi dai genitori

Dottoranda: Elisa Leonardi

Coordinatore del dottorato: Prof. Antonino Pennisi

Tutor e Supervisore di Tesi: Prof.ssa Amelia Gangemi

S.S.D M-PSI/01

Anno Accademico 2016 - 2017

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Indice

Introduzione » 6

Capitolo 1

L’impatto del Broad Autism Phenotype nella relazione genitore-bambino: il caso dell’Autismo » 11

1.1 L’Autism Spectrum Disorder » 11

1.2 Evidenze genetiche » 14

1.2.1 Aspetti genetici nei fratelli di soggetti con ASD: traiettorie di sviluppo e caratteristiche comportamentali associate al BAP

» 22

1.3 L’Attaccamento infantile nello sviluppo tipico e atipico » 29

1.3.1 Attaccamento, Sensibilità e Disponibilità Emotiva delle madri di bambi-ni con autismo

» 36

1.3.2 Percezione e gratificazione dell’attaccamento infantile: Autismo e Sin-drome di Down a confronto

» 39

1.4 Interazione genitore-bambino e disturbo dello spettro autistico: quali possibili influenze?

» 42

1.5 L’impatto del BAP nello sviluppo sociale del bambino con ASD » 46

1.6 Aspetti socio-culturali e relazionali nell’Autism Spectrum Disorder » 49

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1.7 L’impatto dei fattori di stress e la qualità della vita dei genitori di bambini con ASD

» 53

Capitolo 2

Broad Autism Phenotype - BAP: domini e sotto-domini neuropsicologici

» 58

2.1 Il BAP tra una prospettiva categoriale e dimensionale » 58

2.1.1 La valutazione della variabilità del BAP » 63

2.2 Alcuni cenni sugli aspetti cognitivi del BAP » 66

2.3 Profili Cognitivi e Sociali del BAP » 70

2.3.1 Variabilità cognitiva e manifestazioni associate al BAP

» 70

2.3.2 Coerenza Centrale, Teoria della Mente e Funzioni Esecutive » 71

2.3.3 L’influenza degli aspetti percettivi nella cognizione sociale dell’autismo » 81

2.3.4 Caratterizzazione degli aspetti sociali e non sociali nell’ASD: Empaty Quotient EQ, Sistemizing Quotient SQ e Autism Sperctrum Quotient AQ

» 95

2.3.5 La Teoria Estrema del Cervello Maschile come estensione della Teoria E-S » 100

2.3.6 Aspetti rilevanti della cognizione sociale: Eyes Test e Faces Test » 103

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Capitolo 3

Broad Autism Phenotype: un contributo empirico » 109

3.1 Valutazione del profilo neuropsicologico dell’adulto » 109

3.1.1 Ipotesi e obiettivi dello studio » 109

3.2 Metodo » 112

3.2.1 Partecipanti, Metodi e Procedure

» 112

3.2.2 Strumenti di valutazione del BAP » 115

3.2.3 Strumenti neuropsicologici » 116

3.2.4 Strumenti per la valutazione degli aspetti cognitivi e sociali » 122

4.1 Analisi Statistica » 128

4.2 Risultati » 129

4.2.1 Caratteristiche cliniche e demografiche del campione » 129

4.2.2 Familiarità e variabilità delle caratteristiche cliniche e demografiche dei partecipanti

» 131

4.2.3 Variabilità degli aspetti clinici nei genitori del gruppo con ASD e con TD

» 134

4.2.4 L’impatto della sintomatologica autistica sulla genitorialità » 137

4.3 Le correlazioni: profilo neuropsicologico e sociale dei genitori del gruppo con ASD » 141

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4.3.1 Età, Istruzione e Occupazione dei genitori » 141

4.3.2 QI dei genitori » 142

4.3.3 L’effetto della variabilità dell’autismo nei genitori » 143

4.3.4 AQ, EQ, SQ dei genitori » 144

4.3.5 Ansia, depressione e stile di attaccamento dei genitori » 145

4.3.6 Profilo personologico dell’adulto: Big Five Questionnaire » 147

4.3.7 Regolazione emotiva e alessitimia dei genitori » 149

4.3.8 Le capacità di mentalizzazione dell’adulto » 151

4.3.9 Livelli di stress dei genitori » 152

Conclusioni » 153

Bibliografia » 164

Appendice 1 » 196

Appendice 2 » 197

Ringraziamenti » 198

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Introduzione

Negli ultimi anni la ricerca ha compiuto considerevoli progressi per chiarire le basi

genetiche e neurobiologiche del Disturbo dello Spettro Autistico (Autism Spectrum Di-

sorder - ASD). Sebbene gli studi di genetica non abbiano ancora rintracciato la presenza

di un “gene specifico” dell’ASD, allo stato attuale è stata riscontrata una vulnerabilità

genetica per spiegare la complessità genotipica e fenotipica di tale disturbo (Piven,

1997; Abrahams & Geschwind, 2008; Colvert et al., 2015; Messinger et al., 2015).

In generale, diversi studi sui familiari hanno segnalato la presenza di forti influenze

genetiche nell’eziologia dell’autismo (Kim & Leventhal, 2015), rilevando una maggiore

probabilità, soprattutto tra i parenti di primo grado di manifestare tratti autistici al di sot-

to della soglia (Constantino et al., 2006; Hurley et al., 2007, Tsai et al., 2017). Tali va-

rianti subcliniche sono conosciute come Broad Autism Phenotype – BAP (Gerdts, &

Bernier, 2011; Bora et al., 2017).

Il BAP è stato concettualizzato secondo una prospettiva categoriale (specifico a un

sottoinsieme di parenti di soggetti con ASD) e dimensionale (continuamente distribuito

all’interno della popolazione generale) (Ingersoll et al., 2014; Tsang et al., 2016). Carat-

teristiche subcliniche associate all’autismo, come la difficoltà di comunicazione sociale

e la rigidità comportamentale (Arrowood et al., 2017), sono distribuite con continuità

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nella popolazione generale e sono particolarmente comuni tra i parenti di soggetti con

autismo (Piven et al., 1997; Bailey et al., 1998; Folstein et al., 1999; Georgiades et al.,

2013; Messinger et al., 2013; Ingersoll et al., 2014; Tsang et al., 2016; Bora et al.,

2017).

Nello specifico, il BAP è caratterizzato da diversi domini comportamentali quali,

sottili menomazioni relazionali, freddezza, rigidità, ritiro sociale e scarsa regolazione

emotiva-affettiva (Piven, & Arndt, 1997; Losh et al., 2009; Ingersoll et al., 2014; Arro-

wood et al., 2017; Bora et al., 2017). Inoltre, livelli elevati di espressione del BAP sa-

rebbero correlati a una maggiore severità sintomatologica del bambino con ASD, unita

ad una scarsa risposta sociale di quest’ultimo (Maxwell et al., 2013; Pruitt et al., 2016).

Non è ancora chiaro come la presenza e la gravità di espressione del BAP nei genitori di

bambini con autismo siano correlate alla sintomatologia dell’ASD e allo sviluppo delle

abilità sociali del bambino; inoltre, non è stato ancora definito se il BAP dei genitori sia

correlato, in base al genere, a questa condizione. Il rapporto tra il BAP dei genitori e la

sintomatologia dei loro bambini rimane ancora poco esplorato. Nonostante gli studi sui

familiari (Constantino et al., 2006; Ozonoff et al., 2011; Colvert et al., 2015; Messinger

et al., 2015) suggeriscano una prevalenza rilevante dell’ampio fenotipo autistico, ancora

è poco conosciuto l’impatto del BAP nella genitorialità e nella relazione genitore-

bambino con ASD (Ingersoll et al., 2014).

Nelle indagini del BAP come entità categoriale e dimensionale (Ingersoll et al.,

2014; Tsang et al., 2016), sono stati sviluppati diversi strumenti per quantificare la pre-

senza dell’ampio fenotipo nei parenti di soggetti con autismo, rilevando spesso risultati

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contrastanti e tecniche di campionamento differenti (Landa et al., 1992; Bolton et al.,

1994; Piven et al., 1997; Sung et al., 2005; Hurley et al., 2007; Ingersoll et al., 2011;

Sasson et al., 2013; Cruz et al., 2013).

In base a quanto detto finora, l’obiettivo generale della presente tesi è rilevare la

presenza del BAP nei parenti di primo grado in specifici settori della personalità, della

comunicazione verbale e non verbale e della cognizione.

Considerato che il BAP è un fenomeno molto complesso ed eterogeneo (Sucksmith,

2011, cit. in Tsang, 2016), caratterizzato da specifiche componenti che sono suscettibili

di un’indagine genetica e neurobiologica, in questa ricerca si è tentato di valutare sia i

domini generali (aspetti socio-comunicativi e tratti personologici generali) sia i sotto-

domini distintivi del BAP (ansia, depressione, stress, regolazione emotiva, alessitimia,

stili di attaccamento dell’adulto) attraverso l’utilizzo di strumenti volti a rilevare le ca-

ratteristiche neuropsicologiche, sociali, emotive e comunicative dei genitori, difficil-

mente esplorate, tutte insieme, in un unico protocollo di valutazione.

Le motivazioni alla base dell’approfondimento di tale tematica, derivano dalla ne-

cessità di rintracciare, all’interno di contesti clinici e di ricerca, i correlati neuropsicolo-

gici e socio-cognitivi nei parenti di primo grado per comprenderne il funzionamento

(Cruz et al., 2013; Sasson et al., 2013). La conoscenza degli aspetti cognitivi è di vitale

importanza al fine di esaminare le sottili somiglianze tra i familiari di soggetti con ASD.

In particolare, lo studio delle teorie cognitive dovrebbe renderci consapevoli della pos-

sibilità per tali individui di manifestare molteplici e differenti sintomi comportamentali.

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Il raggiungimento di questi obiettivi potrebbe spiegare il legame tra il BAP dei genitori

e le traiettorie di sviluppo della condizione autistica del proprio bambino.

In conformità a quanto detto finora, una valutazione approfondita del fenotipo al-

largato è cruciale per una maggiore comprensione sull’eziologia del disturbo e per lo

sviluppo di qualsiasi piano di intervento riabilitativo sul soggetto con ASD.

Il presente lavoro di ricerca è articolato in tre capitoli. Il primo capitolo è rivolto

all’approfondimento della letteratura scientifica sull’argomento. A seguire sono riporta-

te le evidenze scientifiche basate su varianti genetiche implicate nell’eziologia dell’ASD

e della conseguente espressione del BAP manifestata dai parenti di primo grado (genito-

ri, fratelli); inoltre, è approfondita la relazione diadica genitore-bambino e l’influenza

del BAP nello sviluppo sociale del soggetto con ASD considerando gli aspetti socio-

culturali, relazionali e l’impatto dello stress nella qualità della vita dei genitori.

Nel secondo capitolo è descritto lo studio del BAP concettualizzato secondo una

prospettiva categoriale e dimensionale (Ingersoll et al., 2014; Tsang et al., 2016). Inol-

tre, sono analizzati, nello specifico, i profili cognitivi e sociali dei soggetti con ASD e

dei loro familiari descrivendo le evidenze di molti studi presenti in letteratura

sull’argomento (Guy et al., 2016; Guy et al., 2017; Evers et al., 2017; Pavlova et al.,

2017).

Infine, il terzo capitolo è caratterizzato da un contributo empirico basato sulla valu-

tazione del BAP. In particolare, l’attenzione è rivolta: a) all’approfondimento delle ca-

ratteristiche cliniche e demografiche dei parenti di soggetti con ASD e del gruppo di

controllo; b) alla familiarità e alla variabilità dell’ASD e alle caratterizzazioni ad esso

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associate all’interno del campione di genitori di bambini con ASD e con sviluppo tipico

e c) allo studio dell’impatto che la sintomatologica autistica ha sulla genitorialità (inclu-

se le possibili correlazioni tra le variabili neuropsicologiche e sociali indagate nei geni-

tori di bambini con ASD).

Nell’ultima parte della presente trattazione, sono esposte alcune considerazioni sul-

la base dei risultati ottenuti ed inoltre, sono fornite alcune indicazioni per la ricerca futu-

ra sull’argomento.

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CAPITOLO 1

L’impatto del Broad Autism Phenotype nella relazione genitore-

bambino: il caso dell’Autismo

1.1 L’Autism Spectrum Disorder

L’autismo - ASD (Autism Spectrum Disorder) - è un disturbo del neurosviluppo bio-

logicamente determinato, caratterizzato dalla presenza di deficit persistenti della comu-

nicazione sociale e dell’interazione sociale in molteplici contesti (criterio a) e da pattern

di comportamenti, interessi e/o attività limitate e ripetitive (criterio b) (APA, 2014). Le

caratteristiche di tale condizione assumono aspetti diversi nel corso dello sviluppo

dell’individuo. Le statistiche sull’incidenza dell’autismo pubblicate dal Centers for Di-

sease Control and Prevention (CDC) evidenziano l’aumento della prevalenza del di-

sturbo negli ultimi anni (Nassar et al., 2009). Sulla base delle stime attuali, la prevalenza

media della patologia è di circa 66/10.000, che si traduce in 1 su 152 bambini affetti e

con una prevalenza in relazione al genere, in quanto colpisce i maschi in misura 3/4 vol-

te superiore rispetto alle femmine con un rapporto di 5:1 (Hill et al., 2013). Sebbene

questa stima si basi principalmente su studi condotti in Nord America e Nord Europa,

un altro studio, che ha incluso a livello mondiale una rappresentanza più ampia delle

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stime di prevalenza, ha riportato risultati simili (Elsabbagh et al., 2012). La prevalenza

a livello mondiale è di circa 1%. Le stime del CDC indicano che 3 milioni di persone

sono affette dal disturbo negli USA (1/68 bambini affetti) e circa 60 milioni nel mon-

do. In Italia non esistono dati epidemiologici ufficiali e le stime di prevalenza disponibi-

li si basano esclusivamente su sistemi informativi sanitari o scolastici. I dati attuali di-

mostrano un incremento dei casi in generale e rivelano una maggiore frequenza del di-

sturbo rispetto a 20 anni fa. Non è chiaro se gli alti tassi di ASD riflettano un amplia-

mento dei criteri diagnostici del DSM (Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi

Mentali) oppure una maggiore attenzione delle differenti metodologie di studio o ancora

un vero e proprio aumento della frequenza del disturbo. Non c’è una spiegazione condi-

visa di questo continuo aumento; una condizione spesso discussa riguarda il migliora-

mento del processo diagnostico (Hill et al., 2013).

Per quanto riguarda l’eziologia dell’autismo, ancora oggi, non vi è una teoria in gra-

do di spiegare tale condizione secondo un modello lineare di causa-effetto. Vi è una for-

te evidenza che supporta il ruolo dei fattori genetici implicati nell’autismo (Piven, 1997;

Abrahams & Geschwind, 2008; Colvert et al., 2015; Messinger et al., 2015). Allo stato

attuale, gli studi di genetica dimostrano come le mutazioni o le variazioni tra i geni pos-

sano aumentare il rischio della patologia. Nello specifico, tale rischio è maggiore

all’interno delle famiglie in cui è presente un membro con ASD. Inoltre, la letteratura

scientifica, evidenzia la presenza di profili cognitivi e comportamentali tra i familiari in

maniera qualitativamente simile ai tratti osservati nei soggetti con ASD (Bolton et al.,

1994; Bishop et al., 2004; Hurley et al., 2007). I parenti di primo grado presenterebbero

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quello che è comunemente definito ampio fenotipo autistico - Broad Autism Phenotype

– BAP (Bora et al., 2017). Il BAP caratterizzerebbe tali soggetti per la presenza di diffi-

coltà nell’area della comunicazione e delle abilità sociali unite a caratteristiche subclini-

che simili a quelle riscontrate nella sintomatologia autistica (Piven et al., 1997). Inoltre,

gli individui con maggiori tratti del BAP, manifesterebbero ridotte capacità empatiche e

scarse relazioni amicali in termini di durata rispetto ai soggetti con minore espressione

del BAP (Jamil, 2016). In teoria, una percentuale maggiore di parenti di soggetti con

ASD, presenterebbero tratti del fenotipo allargato (BAP) rispetto ai non parenti, ma le

stime dell’espressione del BAP, in ogni gruppo, varia ampiamente in letteratura. Inoltre,

gli studi basati sulla genetica, permettono di rilevare una forte concordanza per i gemelli

monozigoti (MZ) e dizigoti (DZ) (Persico & Bourgeron, 2006; Colvert et et al., 2015),

l’aumento del rischio di ricorrenza tra fratelli (Ozonoff et al., 2011; Nordenbæk & Bi-

lenberg, 2014; Messinger et al., 2015; Colvert et al., 2015) e alte stime di ereditabilità

(Nordenbæk & Bilenberg, 2014; Colvert et al., 2015). Già Bailey, Phillips, e Rutter

(1995), nella loro revisione, conclusero affermando che l’autismo appare il disturbo più

caratterizzato geneticamente rispetto a tutti gli altri disturbi psichiatrici multifattoriali.

Appare importante chiarire come i fattori genetici e ambientali interagiscano

nell’influenzare e nel determinare l’autismo.

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1.2 Evidenze genetiche

Negli ultimi anni la ricerca ha compiuto considerevoli progressi per cercare di chiari-

re le basi genetiche e neurobiologiche dei disturbi dello spettro autistico. Nuove strate-

gie genetiche e bioinformatiche hanno contribuito a fornire importanti indizi

sull’architettura genetica dell’autismo (Kim & Leventhal, 2015). Sebbene gli studi di

genetica non abbiano permesso di trovare un “gene specifico” dell’ASD, hanno chiara-

mente dimostrato come la vulnerabilità genetica possa spiegare la complessità genotipi-

ca e fenotipica propria di tale disturbo.

L’eziologia dell’ASD può essere attribuita in gran parte alla genetica o

all’interazione tra predisposizione genetica e fattori di rischio ambientali ma non esclu-

sivamente all’effetto delle condizioni ambientali (Devlin & Scherer, 2012). La ricerca

ha dimostrato una molteplicità di fattori genetici causali e di rischio per l’ASD, quali

anomalie cromosomiche rare, de novo, variazioni del numero di copie, sindromi geneti-

che note correlate all’ASD (sindrome X fragile, sindrome di Rett, ecc) e varie mutazioni

genetiche (Devlin & Scherer, 2012). Nello specifico, stime recenti sull’eziologia

dell’ASD, suggeriscono che tra il 50-95% dei casi sono da attribuire a cause genetiche

(Sandin et al., 2014; Colvert et al., 2015); in particolare, meno del 30% dei casi di ASD

hanno una causa genetica nota, come ad esempio, anomalie cromosomiche rare, de no-

vo, variazioni del numero di copie e sindromi correlate all’ASD (Schaaf & Zoghbi,

2011).

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Alcuni parenti biologici di soggetti con ASD non presentano caratteristiche del BAP

(Losh & Piven, 2007). L’assenza di una chiara manifestazione del BAP appare possibile

perché l’ASD genetico, in alcuni casi, tra il 7-20%, è causato da mutazioni genetiche de

novo (Schaaf & Zoghbi, 2011), in altre parole mutazioni nuove (cioè, la prima persona

della famiglia che esprime una tale mutazione non tecnicamente tramandata di padre in

figlio), oppure le mutazioni genetiche potrebbero verificarsi nei gameti dei genitori pri-

ma del concepimento o durante lo sviluppo fetale (cit. in Jamil, 2016). Nello specifico,

le mutazioni genetiche de novo, sarebbero correlate all’invecchiamento delle cellule

umane, interessando, appunto, i gameti di genitori di bambini con ASD. Seguendo que-

sta logica, non è sorprendente che l’età avanzata dei genitori potrebbe essere un fattore

di rischio per l’ASD (cit. in Jamil, 2016). Inoltre, le mutazioni genetiche de novo non

sono incluse nelle stime di ereditabilità dell’ASD (cit. in Jamil, 2016). Oltre l’età avan-

zata dei genitori (Parner et al., 2012), altri fattori di rischio nell’adulto potrebbero deri-

vare dall’esposizione prenatale e perinatale alla talidomide, acido valproico e insetticidi

(Landrigan, 2010) e a fattori perinatali e neonatali come la posizione podalica, la prema-

turità e i punteggi bassi APGAR del bambino (Guinchat et al., 2012). Inoltre, la “teoria

della madre frigorifero” dell’ASD, che ritiene responsabili le madri di bambini con

ASD nell’aver causato o sviluppato l’autismo nel loro bambino per l’eccessiva rigidità

comportamentale, freddezza e rifiuto della prole è stata profondamente screditata e non

è empiricamente sostenuta come fattore ambientale che implicherebbe l’ASD.

Grazie agli studi di linkage e di associazione, sono stati identificati numerosi geni

suscettibili per l’autismo posti in varie regioni cromosomiche, in particolare 2q, 5p, 7q,

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15q e sul cromosoma X (Wang et al., 2009; Persico & Napolioni, 2013), fornendo prove

circa la presenza di molti loci differenti e in misura diversa tra gli individui (Gilman et

al., 2011), alcuni codificanti per recettori o trasportatori di neurotrasmettito-

ri/neuropeptidi e altri codificanti per proteine che hanno un ruolo nella funzionalità si-

naptica. Tuttavia non è chiaro se il disturbo consegue a mutazioni genetiche rare o a in-

terazioni multigeniche rare di comuni varianti genetiche (Abrahams & Geschwind,

2008; Wang et al., 2009) insieme alla sospetta presenza della combinazione, oltre che

tra i diversi geni, anche dall’interazione di questi ultimi con i fattori ambientali nel de-

terminare tale condizione (Kim & Leventhal, 2015). Incoerenza dei risultati, differenze

metodologiche applicate sia agli studi ambientali sia di valutazione, soprattutto rispetto

alle influenze che provengono dall’esterno a livello prenatale, perinatale e post-natale,

rendono difficile giungere a conclusioni solide.

Per comprendere meglio la patogenesi dell’ASD, sarebbe opportuno concentrarsi su

come geni e ambiente interagiscono tra loro, nelle fasi dello sviluppo tipico e atipico

dell’individuo. Lo sviluppo è un processo dinamico che riflette una costante interazione

tra i geni e l’ambiente (ivi). Ignorare queste interazioni significa celare gli effetti geneti-

ci o ambientali, producendo risultati inconsistenti e falsi negativi. Gli studi condotti su-

gli animali e quelli eseguiti nell’uomo, suggeriscono che entrambi, aspetti genetici e

ambientali, sembrano giocare un ruolo chiave nella patogenesi dell’ASD (Chaste, &

Leboyer, 2012).

Poiché l’ASD è in gran parte causato da fattori genetici (Devlin & Scherer, 2012) ed

è altamente ereditabile (Colvert et al., 2015), appare possibile spiegare come alcuni pa-

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renti di persone con ASD presentino caratteristiche simili, seppure in forma lieve, alla

condizione di spettro (Hurley et al., 2007). Diversi studi evidenziano che circa il 58%

dei casi di autismo negli Stati Uniti sono ereditari, trasmessi dai genitori ai figli (Kogan

et al., 2009; Hallmayer et al., 2011). Questi dati hanno catturato l’interesse di molti ri-

cercatori, i quali, dedicandosi agli studi sui parenti, si sono impegnati a rintracciare la

prova dell’esistenza del BAP in questa categoria di soggetti (Bolton et al., 1994; Suck-

smith et al., 2011).

Sebbene i sintomi del BAP siano qualitativamente simili, anche se espressi in forma

lieve rispetto ai sintomi dell’ASD (Hurley & Piven, 2007), gli stessi sembrerebbero ca-

ratterizzare i soggetti interessati in settori specifici della personalità e della comunica-

zione verbale e non verbale. Tali manifestazioni comprendono: tratti di personalità riti-

rata o in disparte (scarso interesse e limitate interazioni sociali), tratti di personalità rigi-

da (difficoltà ad affrontare il cambiamento) e difficoltà della pragmatica del linguaggio

(deficit nella comprensione delle caratteristiche sociali del linguaggio) (Hurley et al.,

2007). Il linguaggio pragmatico coinvolge anche l’utilizzo di discorsi differenti con per-

sone diverse, discorso che poi si trasforma in conversazioni, incluso l’essere educato

quando si parla con gli altri, e può implicare la comunicazione non verbale, ovvero

l’utilizzo appropriato del contatto oculare, la postura del corpo ed adeguate espressioni

facciali. Queste tre caratteristiche sono parallele al nucleo dei sintomi dell’ASD. Nello

specifico, i deficit della pragmatica del linguaggio e delle caratteristiche di personalità

ritirata coincidono con il dominio sociocomunicativo dell’ASD e la personalità rigida

coincide con il dominio dei comportamenti stereotipati e ripetitivi (APA, 2013).

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L’eterogeneità del fenotipo autistico pone sfide nella ricerca eziologica, interessando

sempre di più aspetti genetici e ambientali. È stato osservato come le correlazioni geno-

tipo-fenotipo siano estremamente labili. La stessa mutazione genetica può causare feno-

tipi comportamentali e morfologici variabili tra i soggetti, anche in membri affetti nella

stessa famiglia allargata. Queste differenze fenotipiche rilevano ulteriormente

l’importanza dello studio rivolto a varianti genetiche comuni, epigenetica e interazioni

gene-ambiente nel determinare l’instaurarsi della manifestazione di varianti rare, soprat-

tutto se ereditate dai genitori apparentemente sani (Iossifov, 2012; Marshall & Scherer,

2012; Sanders et al., 2012). Pertanto, l’espressione fenotipica delle componenti geneti-

che è altamente variabile e comprende sia mutazioni di singoli geni che mutazioni di

forme poligeniche con molteplici interazioni gene-gene e gene-ambiente (Persico &

Napolioni, 2013).

L’autismo può anche essere parte di una sindrome genetica nota. Questa istanza si

verifica in circa il 10% di tutti i casi di ASD ed è tipicamente associata con malforma-

zioni e/o dismorfismi - autismo “sindromico” - e, a differenza dell’autismo “idiopati-

co” o “primario”, mostra un rapporto uguale tra maschi e femmine (Lintas & Persico,

2009). Tra i disordini genomici noti che possono includere caratteristiche associate

all’autismo, ricordiamo: Sindrome dell’X Fragile, Sclerosi Tuberosa, Neurofibromatosi,

Fenilchetonuria non trattata, Sindrome di Angelman, di Cornelia de Lange, di Down, di

Smith-Lemli-Opitz, riarrangiamenti cromosomici de novo, infezioni del Sistema Nervo-

so Centrale (rosolia, citomegalovirus), esposizione prenatale alla talidomide e all’acido

valproico.

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Grazie alle tecniche identificative di microarray - analisi genomica che ha enorme-

mente aumentato la capacità di identificare delezioni e duplicazioni - è stata osservata la

presenza di piccole varianti strutturali dette Copy Numbers Variants (CNVs) (Merikan-

gas, Corvin, Gallagher, 2009; Merikangas et al., 2014) che sembrano avere un ruolo

nell’eziologia dell’autismo (Kusenda, Sebat, 2008; Christian et al., 2008) causato perlo-

più da CNVs rari e de novo altamente penetranti (Pinto et al., 2010). I CNVs sono va-

riazioni strutturali maggiormente diffuse e presenti nel genoma umano. Comprendono

qualsiasi variazione genetica che altera la struttura cromosomica, tra cui inversioni, tra-

slocazioni, duplicazioni e delezioni (Merikangas et al., 2009). Diverse funzioni biologi-

che, tra cui disconnessioni a livello sinaptico e atipicità della connettività cerebrale

sembrerebbero correlate a variazioni genetiche rare e comuni. Tuttavia, lo sviluppo ati-

pico nell’autismo spiegato esclusivamente attraverso una variazione genetica rara o co-

mune (o entrambi) resta ancora da determinare (Abrahams & Geschwind, 2008).

I CNVs implicati nell’ASD, colpiscono soprattutto i geni di specifici complessi si-

naptici neuronali, alterando alcune proteine e alcune funzioni molecolari. Tra questi an-

noveriamo: Reelin, coinvolte nella migrazione neuronale alterata e nel generare le reti

neurali aberranti, alla base dell’elaborazione atipica delle informazioni nell’autismo

(Persico, Bourgeron 2006; Folsom & Fatemi, 2013); caderina CDH9 e CDH10, proteine

di adesione delle cellule neuronali (Wang et al., 2009); SHANK3 - responsabile del

processo di sinaptogenesi difettoso nell’ASD - la quale interagisce con le neuroligine

NLGN3 e NLGN4 (Persico, Bourgeron, 2006; Radyushkin et al., 2009; Foldy, Malenka

& Sudhof, 2013) e queste a loro volta con le neurexine NRXN1, NRXN2, NRXN3 (Pin-

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to et al., 2010). Tali variazioni causano anomalie importanti nella comunicazione inter-

neuronale (Belmonte & Bourgeron, 2006; Bourgeron, 2007), disfunzioni sinaptiche

(Levy & Schultz, 2009) e la conseguente disconnessione strutturale e funzionale di al-

cune regioni del cervello.

Nei modelli empirici dell’ASD, generati attraverso diverse linee genetiche murine,

lo studio del fenotipo è stato, e continua a essere, di fondamentale importanza. Nello

specifico, la mancanza o la riduzione di Reelin è associata ad anomalie strutturali osser-

vate nelle regioni cerebrali quali l’amigdala e la corteccia frontale e temporale, che po-

trebbero potenzialmente spiegare i deficit cognitivi e comportamentali osservati sia in

studi di laboratorio condotti su modelli animali sia in soggetti con ASD e schizofrenici

(Folsom & Fatemi, 2013). Inoltre, grazie agli studi sperimentali sui ratti è stato possibile

valutare alcuni aspetti dell’interazione sociale, preferenza per la novità sociale, memoria

e la duplice modalità comunicativa mediata da elementi olfattivi (Scattoni & Crawley,

2011) e da vocalizzazioni ultrasoniche (Scattoni & Ricceri, 2009).

La mutazione della NLGN 3 nei ratti (Radyushkin et al., 2009) comporta, oltre lo

squilibrio tra sinapsi eccitatorie e inibitorie, una ridotta vocalizzazione di ultrasuoni, de-

ficit della preferenza sociale per la novità, ovvero condizioni potenzialmente correlate

alla carenza olfattiva e alla riduzione di tale proteina nel cervello. Questi ultimi aspetti

sono stati rintracciati anche nella mutazione della NLGN4. Il comportamento sociale dei

topi dipende fortemente dalla funzione olfattiva. Nei vari contesti analizzati, le anomalie

del comportamento sociale osservate nei topi adulti, associate a stereotipie comporta-

mentali e alla riduzione delle vocalizzazioni (Scattoni & Ricceri, 2009), rappresentereb-

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bero l’espressione dei tratti specifici per l’ASD (Radyushkin et al., 2009). Anche la ri-

duzione della molecola SHANK3, nei soggetti con ASD, che codifica per una proteina

dell’impalcatura sinaptica, normalmente coinvolta nel mantenere e sostenere le spine

dendritiche (Durand et al., 2007), ha permesso di rilevare, grazie a studi recenti eseguiti

su topi mutanti, la presenza di comportamenti disfunzionali nell’interazione sociale

(Bozdagi et al., 2010) osservati in una serie di esperimenti (Peca et al., 2011). I risultati

di questi studi hanno evidenziato che i ratti, con tale mutazione, preferiscono esplorare

una gabbia vuota piuttosto che interagire con partner sociali, mostrando anche una ridu-

zione di investigazione sociale (sniffing del corpo della femmina suddiviso in regione

della testa, resto del corpo e area ano-genitale). Le interruzioni di diverse località del

gene SHANK3 portano a diversi gradi di difetti funzionali, che potrebbero in parte con-

tribuire all’eterogeneità fenotipica nell’ASD (Peca et al., 2011).

Complessivamente, nessuna delle molecole o sindromi attualmente correlate

all’autismo, dimostrano di causare selettivamente tale condizione. È stato ipotizzato,

grazie agli studi di genetica molecolare, insieme a prove di elettrofisiologia e neuroima-

ging funzionale e strutturale, che l’autismo appare caratterizzato da una connettività

neuronale atipica, quest’ultima responsabile delle atipicità cognitive e comportamentali

e dell’insorgenza della sindrome (Vissers & Geurts, 2012).

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1.2.1 Aspetti genetici nei fratelli di soggetti con ASD: traiettorie di sviluppo e carat-teristiche comportamentali associate al BAP

L’interesse a sostegno della teoria che l’ASD sia fortemente determinato dalla gene-

tica, è iniziato quando gli studi precoci sui gemelli hanno permesso di rilevare è una for-

te componente genetica implicata nella diagnosi dell’ASD con tassi di concordanza si-

gnificativa tra i gemelli monozigoti (Bailey et al, 1995; Folstein & Rutter, 1977; Persico

& Bourgeron, 2006). Rispetto ai risultati iniziali, recenti studi, rintracciano l’aumento

del tasso di concordanza per i gemelli monozigoti che va dall’87 al 94% (Colvert et al.,

2015) e un tasso di concordanza compresa tra il 22-46% per i gemelli eterozigoti (Col-

vert et al., 2015). Si rileva anche un tasso di recidiva del 19% in tutti i fratelli di bambi-

ni con ASD (Ozonoff et al., 2011; Messinger et al., 2015), dell’ 8,6% in fratellastri ma-

terni di bambini con ASD, del 6,8% in fratellastri paterni di bambini con ASD e del

2,6% un tasso di recidiva per i cugini dei bambini con ASD (Sandin et al., 2014). Le

stime di ereditabilità dell’ASD sembrerebbero interessare la popolazione implicata con

una percentuale maggiore al 90% (Nordenbæk & Bilenberg, 2014; Colvert et et al.,

2015).

Nello specifico, i fratelli di bambini con ASD nel 20% dei casi presentano una dia-

gnosi di autismo (Ozonoff et al., 2011; Messinger et al., 2015); altri, sempre circa il

20%, manifestano caratteristiche subcliniche dell’ASD (Georgiades et al., 2013; Mes-

singer et al., 2013) e in altri studi è stato rilevato anche che i neonati di fratelli più gran-

di con ASD sembrerebbero a rischio di sviluppare difficoltà socio-emotive (Bolton et

al., 1994; Pickles et al., 2000; Rutter, 2000). Ancora, gruppi di fratelli, compresi tra il

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20-36%, rilevano altri disturbi psichiatrici, come problemi internalizzanti o esternaliz-

zanti (Orsmond & Seltzer, 2010), mentre, circa il 40% dei fratelli presenterebbero uno

sviluppo tipico (Messinger et al., 2013). Considerato che il BAP, in generale, caratteriz-

za i parenti di soggetti con diagnosi di ASD (Bailey & Le Couteur, 1998; Dawson et al.,

2002; Constantino & Todd, 2006), le difficoltà legate alla responsività sociale, linguisti-

ca ed emotiva tra fratelli sembrerebbero chiarire il concetto di ampio fenotipo autistico

(Constantino & Todd, 2006).

Georgiades e collaboratori (2013) hanno valutato, in 170 fratelli di bambini con

ASD e in 90 bambini di controllo all’età di 12 mesi, la presenza di fenotipi dello spettro

autistico. I risultati dello studio hanno permesso di distinguere due gruppi di soggetti:

quelli con elevate manifestazioni del BAP e quelli con presenza di bassi tratti autistici.

Nello specifico, 37 dei 41 bambini che presentavano maggiori tratti autistici avevano un

fratello con ASD, mentre solo 4 appartenevano al gruppo di controllo. Questi risultati

suggeriscono che i fratelli di bambini con ASD, già in età infantile, presentano signifi-

cative difficoltà di comunicazione rispetto al fratelli di soggetti con sviluppo tipico

(Georgiades et al., 2013).

Dagli studi di ricerca si evince come i sibling del gruppo con ASD, mostrino scarsa

frequenza del sorriso durante le interazioni face to face, per una percentuale inferiore

rispetto ai sibling del gruppo di controllo - TD - Ttypical Development, accompagnata

da una ridotta continuità emotiva tra gli episodi. I fratelli e le sorelle del gruppo con

ASD, presentano una minore emissione di richieste comportamentali di livello superiore

a 12 mesi (Yirmiya et al., 2006) unite alla scarsa capacità di risposta dell’attenzione

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congiunta a 18 mesi. L’avvio delle richieste comportamentali si riferisce alla ricerca di

aiuto sociale o di un oggetto preferenziale (Mundy et al., 1996). Le richieste comporta-

mentali di livello inferiore comprendono l’utilizzo dello sguardo, al fine di richiedere un

giocattolo o di raggiungerlo. Le richieste comportamentali di livello superiore includo-

no che il bambino punti un giocattolo desiderato o tenti di dare all’esaminatore un og-

getto. Precedenti ricerche hanno dimostrato che fratelli e sorelle del gruppo con ASD,

nel secondo anno di vita, hanno maggiori difficoltà a trovare il bersaglio dell’attenzione

di un adulto più di quanto non facciano fratelli e sorelle del gruppo con TD (Presmanes,

Walden & Yoder, 2007). I risultati suggeriscono che i sibling del gruppo con ASD pos-

sono presentare difficoltà sia per la comprensione o la risposta alla richiesta convenzio-

nale di un adulto sia per l’attenzione da orientare verso un oggetto. Queste difficoltà so-

no simili a quelle riscontrate in bambini con ASD, i quali manifestano una minore pro-

babilità di risposta di fronte alle richieste di attenzione congiunta da parte

dell’esaminatore rispetto ai bambini con TD e bambini con altri ritardi dello sviluppo

(Dawson et al., 2004). Pertanto, la letteratura esaminata suggerisce la presenza di mol-

teplici deficit, anche se sottili, nell’espressione emotiva e nella comunicazione referen-

ziale dei neonati a rischio di ASD. I deficit della comunicazione referenziale si verifica-

no soprattutto nel secondo anno di vita. Le competenze referenziali complesse, che pre-

vedono l’uso della comunicazione intenzionale e risposta allo sguardo dell’altro e del

suo coordinamento con i gesti più convenzionali, sembrerebbero svilupparsi proprio in

questo periodo, ma nel caso dell’ASD, tali abilità apparirebbero cristallizzate. I fratelli

del gruppo con TD integrano questi comportamenti nei loro repertori a livelli stabili nel

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secondo anno di vita a differenza dei fratelli del gruppo con ASD. La comunicazione re-

ferenziale coinvolge gesti convenzionali utilizzati per raggiungere gli oggetti e avviare

le risposte alle iniziazioni dell’attenzione congiunta (IJA). IJA si riferisce all’uso di ge-

sti e allo sguardo dichiarativo o proto-dichiarativo per comunicare qualcosa su un ogget-

to o evento in un dato ambiente (Jones & Carr, 2004; Messinger & Fogel, 1998). I com-

portamenti IJA sono precursori del linguaggio e possono essere particolarmente impor-

tanti nel predire successive differenze sociali, cognitive e comportamentali. Deficit di

IJA (Baranek, 1999; Jones & Carr, 2004), uniti ad altri deficit sociali (Werner et al.,

2005), sono comuni nei bambini con ASD e spesso evidenti nei bambini con insorgenza

precoce di autismo. In realtà, tali problematiche discriminano circa l’80-90% dei bam-

bini con autismo dai bambini con altri ritardi nello sviluppo (Mundy, Sigman, Ungerer

& Sherman, 1986; Lewy & Dawson, 1992). Questi risultati sono stati confermati anche

nello studio di Goldberg e collaboratori (2005), i quali, hanno rilevato che i fratelli di

soggetti con ASD (14-19 mesi di età), mostravano significativamente meno IJA dei fra-

telli dei bambini con TD (10-19 mesi di età). La risposta all’attenzione congiunta (RJA),

invece, si riferisce alla capacità del bambino di seguire il comportamento di attenzione

da parte di un adulto o esaminatore (seguire con lo sguardo e dirigere l’attenzione verso

il target/oggetto indicato dall’adulto). Diverse associazioni sono state trovate tra RJA e

lo sviluppo del linguaggio nei bambini tra i 6 e i 18 mesi di età (Morales et al., 2000).

Inoltre, studi longitudinali rilevano la presenza di una regressione dello sviluppo nei

sibling del gruppo con ASD. Tali bambini sembrano mostrare uno sviluppo tipico nel

primo anno di vita e solo successivamente, dopo i 18 mesi di età, presenterebbero com-

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portamenti regressivi legati alla sintomatologia dello spettro autistico (Elsabbagh &

Johnson, 2010). Alcuni studi suggeriscono che il 20-40% dei casi seguono questa traiet-

toria di sviluppo (Kobayashi & Murata, 1998; Maestro et al., 2002; Rogers, 2004).

L’osservazione delle difficoltà dell’espressione emotiva e delle capacità di comunica-

zione nei fratelli e nelle sorelle di bambini con ASD, indicherebbe, quindi, importanti

difficoltà di comunicazione emotiva associate all’ampio fenotipo autistico.

La ricerca scientifica ha osservato che i bambini con ASD, che si sottopongono pre-

cocemente a un intervento intensivo, raggiungono risultati migliori rispetto agli indivi-

dui che ricevono un trattamento più tardivo (Weisz & Kazdin, 2010). Determinare i le-

gami tra le caratteristiche del vasto fenotipo autistico (BAP- Broad Autism Phenotype)

nei primi 18 mesi di vita e gli indicatori dell’ASD, riconoscibili e diagnosticabili, resta

un argomento di studio ed esplorazione per la ricerca.

Vari studi, si sono concentrati sui fratelli di soggetti con ASD in età prescolare

(Georgiades et al., 2013), apportando poche conoscenze e risultati sui fratelli adulti di

persone con ASD. Allo stesso modo, sono pochi gli studi sul BAP che coinvolgono pa-

renti di secondo grado (ad esempio, zie, zii, i nipoti) e parenti di terzo grado (ad esem-

pio, cugini, nonni) di persone con ASD (ad esempio, Pickles et al., 2000). Attualmente,

gli studi sui fratelli di soggetti con ASD sono caratterizzati da risultati spesso contrad-

dittori circa le manifestazioni del BAP. In alcune ricerche, è possibile rilevare nei fratel-

li di bambini con ASD, già in età prescolare e scolare, difficoltà nell’area della comuni-

cazione sociale (Schwichtenberg & Ozonoff, 2010; Robel et al., 2014) e soprattutto nel-

la pragmatica del linguaggio (Ben-Yizhak et al., 2011), rispetto ai vari gruppi di con-

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trollo (ad esempio fratelli di soggetti con ASD ma che manifestano sviluppo tipico) e

fratelli di bambini con altri disturbi psichiatrici, mantenendo intatti i processi di lettura

(Constantino et al., 2006; Ben-Yizak et al., 2011; Schwichtenberg et al., 2010). Altri

studi non confermano i dati sopra riportati per i sibling in età pre-scolare (De la Marche

et al., 2012; Malesa et al., 2012). Nonostante la presenza di campioni appaiati per età,

gruppi di controllo e strumenti di valutazione utilizzati, l’incoerenza tra i vari studi

(Constantino et al., 2006; Schwitchenberg et al., 2010; De la Marche et al., 2012; Male-

sa et al., 2012), potrebbe essere attribuita alla mancanza di omogeneità riscontrata per il

genere maschile e femminile. Nello specifico, il campione di fratelli maschi e femmine

appare quantitativamente differente negli studi esaminati (Constantino et al., 2006; De

la Marche et al., 2012). I risultati controversi potrebbero essere dovuti al maggior nume-

ro di fratelli maschi coinvolti nelle ricerche (Messinger et al., 2013) data la prevalenza

dell’autismo per il genere maschile; infatti, circa l’80% dei soggetti diagnosticati con

ASD sono maschi (Ozonoff et al., 2011).

Poiché che le manifestazioni del BAP potrebbero modificarsi durante lo sviluppo, i

risultati degli studi condotti con i fratelli di bambini con ASD in età infantile sono poco

generalizzabili rispetto a quelli osservati negli adulti. Ad esempio, mentre nei bambini

le manifestazioni del BAP sono determinate dalla scarsa iniziazione della risposta

all’attenzione congiunta, dalle limitate interazioni sociali, dal ridotto contatto oculare e

dalla presenza di maggiori comportamenti ripetitivi (Sucksmith et al., 2011), negli adul-

ti, le caratteristiche principali del BAP riguardano difficoltà della pragmatica del lin-

guaggio, ritiro sociale e presenza di tratti rigidi di personalità (Hurley et al., 2007; Wai-

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ner et al., 2011). Pertanto, sarebbe interessante approfondire, nella ricerca futura, le

espressioni fenotipiche in fratelli adulti di persone con ASD vista la scarsa presenza di

studi riferita a questa fascia di età.

Inoltre, dalla letteratura scientifica, si evincono pochi studi che indaghino

l’esperienza di soggetti cresciuti con un fratello con ASD (all’interno della stessa fami-

glia) e come questa esperienza possa avere un impatto nelle relazioni intime dei fratelli

con sviluppo tipico (Smith & Elder, 2010). La ricerca esistente suggerisce che questa

specifica condizione potrebbe avere effetti a lungo termine sulle amicizie dei fratelli ti-

pici. Per esempio, fratelli di soggetti con ASD avrebbero meno amici se confrontati con

fratelli di soggetti con altre condizioni mediche (Bågenholm & Gillberg, 1991). Questo

potrebbe essere giustificato, secondo le spiegazioni rilasciate dai fratelli di soggetti con

ASD, dalla possibilità che le loro amicizie sarebbero influenzate negativamente dalla

condizione del fratello con ASD; quest’ultimo non gli consentirebbe di decidere auto-

nomamente di incontrare gli amici mentre lo stesso è in casa. Si evidenzia anche come i

genitori di questi soggetti, all’interno della famiglia con ASD, sembrerebbero non avere

abbastanza tempo per sostenere e promuovere le amicizie dei loro figli con sviluppo ti-

pico (Benderix & Sivberg, 2007). Nel complesso, al momento non ci sono prove che

suggeriscano come l’esperienza di essere cresciuto con un fratello con ASD abbia un

impatto negativo per i fratelli con TD sul potenziale numero delle amicizie e della loro

qualità.

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1.3 L’Attaccamento infantile nello sviluppo tipico e atipico

A partire dagli anni 70’- 80’ in ambito psicologico è iniziata a cambiare notevolmen-

te la rappresentazione del bambino, non più considerato come un narcisista, concentrato

sui propri bisogni e al loro soddisfacimento, ma visto all’interno di una nuova prospetti-

va capace di attribuirgli una precoce motivazione a stabilire relazioni diadiche e a rag-

giungere una reciprocità relazionale (cit. in Lis, Stella, Zavattini, 1999). Ad assumere

vitale importanza è l’interazione madre-bambino e le competenze emotive del piccolo

manifestate sin dai primi mesi di vita.

Secondo l’Infant Research, paradigma scientifico che si è costituito come un’area di

ricerca al confine tra psicoanalisi e psicologia evolutiva, il bambino è predisposto a inte-

ragire con persone e ambienti, caregivers, ha delle aspettative nei loro confronti ed è in-

cline a sintonizzarsi con gli altri e risente della loro inespressività.

Nel modello di sviluppo infantile, elaborato da Stern (1985) e collocato all’interno

del paradigma scientifico dell’Infant Research, il bambino è considerato un individuo

capace, sin dall’inizio, di interagire attivamente con l’ambiente circostante (Wolff,

1996, cit. in Lis, Stella, Zavattini, 1999) e di attivare scambi con la madre, all’interno di

un sistema interattivo caratterizzato da sincronia, reciprocità e intenzionalità. Il piccolo

dialoga con la madre sin dai primi momenti della sua vita utilizzando, inizialmente, il

canale non verbale. La prospettiva di studio emersa da questo paradigma, ha lo scopo di

formulare una teoria dello sviluppo più aderente ai dati forniti dalla ricerca, mettendo in

discussione la prospettiva genetica dello sviluppo classica, il punto di vista patomorfo e

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retrospettivo della psicoanalisi, la concezione mahleriana dell’autismo primario e della

simbiosi ma più in generale il concetto di narcisismo primario della metapsicologia

freudiana riferito alle fasi precoci dello sviluppo. La critica mossa da Stern al modello

di progressione evolutiva della psicoanalisi classica si basa su forti evidenze empiriche

scaturite dagli studi osservativi sul neonato (Lichtenberg, 1983; Peterfreund, 1978;

Stern, 1985) (ivi). Secondo Stern “non esiste uno stato di indifferenziazione o di confu-

sione tra Sé e l’altro” durante lo sviluppo del bambino, neanche nei primi mesi di vita.

Il piccolo sarebbe sin dall’inizio predisposto all’interazione sociale (Bowlby, 1969;

1973; Emde, 1988; 1991) (ivi). Stern considera lo sviluppo infantile come una succes-

sione di compiti adattivi che il bambino manifesta, in cui emergono nuove capacità

sempre più complesse e sofisticate. Al fine di conseguire un adattamento funzionale, il

piccolo si impegna ad organizzare e negoziare, all’interno dell’interazione diadica ma-

dre-bambino, i diversi compiti evolutivi che deve affrontare, necessari per lo sviluppo.

Quest’ultimo, così inteso da Stern, va considerato all’interno del “modello di costruzio-

ne continua” (Zeanah et al., 1989, cit. in Lis, Stella, Zavattini, 1999) che vede

l’individuo, sin dalla nascita, come parte di un sistema interazionale (Stern & Sander,

1980) (ivi). È da queste interazioni sociali precoci che il piccolo costruisce modelli di

esperienza soggettiva interna e di relazioni che a loro volta consentono la costruzione di

rappresentazioni mentali di sè e dell’altro. La partecipazione attiva all’interazione reci-

proca è resa possibile dal bagaglio comportamentale che madre e bambino mettono in

gioco per costruire la loro particolare relazione a partire dal repertorio di comportamenti

comunicativi di cui entrambi dispongono.

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Lo sviluppo del bambino avviene entro una cornice costituita dalla relazione di at-

taccamento, teoria formulata e approfondita da John Bowlby alla fine degli anni 70’.

Egli acquisì una formazione etologica, medica e cognitivista e osservò che nell’uomo,

così come per i cuccioli di animali, si manifesta la tendenza radicata biologicamente a

stabilire una relazione preferenziale con la figura di accudimento (Bowlby, 1969) (ivi).

Avvicinandosi sempre più agli studi di etologia, Bowlby, prende spunto dagli esperi-

menti e dalle osservazioni eseguite su animali al fine di supportare la sua teoria. Tra

queste ricordiamo gli studi elaborati dai coniugi Harlow sui macachi (1958) (cit. in Atti-

li et al., 2004), che dimostrano come il legame che unisce madre-bambino non dipende

dal soddisfacimento dei bisogni primari di quest’ultimo ma dalla predisposizione innata

a creare un rapporto di prossimità con la figura di riferimento. Nelle osservazioni ese-

guite sui primati, emerge la preferenza, da parte della piccola scimmia, per la madre

manichino-soffice, che trasmette calore e sicurezza pur non fornendo nutrimento, rispet-

to a quella costruita con pezzi di ferro e dura, che invece fornisce cibo (cit. in Attili et

al., 2004). Bowlby si rifà anche al concetto di imprinting di Konrad Lorenz (1935) e

agli esperimenti effettuati con gli anatroccoli, per analizzare alcuni aspetti che si verifi-

cano sia negli animali che nell’uomo. L’apprendimento dei piccoli animali di fissare in

memoria le caratteristiche della figura allevante, porta l’oca a seguire il primo oggetto in

movimento che compare nel suo campo visivo, processo fondamentale per la sopravvi-

venza. Nei primati e anche nella nostra specie, le caratteristiche che rendono un oggetto

dotato di imprinting filiale, non riguardano il movimento ma, come dimostrato negli

esperimenti degli Harlow (1958) sui macachi, è la morbidezza associata al calore e

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quindi la sicurezza che proviene dall’altro che ci spinge ad istaurare legami basati sulla

prossimità e stabilità nel rapporto (ivi).

L’attaccamento può essere considerato come un primitivo sistema motivazionale al-

lo sviluppo, ovvero, un sistema che spinge il bambino a una specifica relazione di attac-

camento con la madre. Infatti, Bowlby, considera l’attaccamento che unisce il piccolo

alla madre caratterizzato da una motivazione primaria, cioè un bisogno essenziale del

bambino, una predisposizione innata di continuità e non come una conseguenza del

soddisfacimento dei bisogni alimentari o fisici. Ogni bambino stabilisce una specifica

relazione di attaccamento in base alla disponibilità emotiva del caregiver.

Fondamentali sono i lavori di Ainsworth, che oltre alle varie tipologie di attacca-

mento studiate in Africa (Ainsworth 1963; 1967, cit. in Lis, Stella, Zavattini, 1999) e

negli Stati Uniti (Ainsworth & Witting, 1969) (ivi), sicuro, insicuro-evitante, insicuro-

ambivalente, disorganizzato-disorientato, descrive anche 4 fasi fondamentali

dell’attaccamento che il bambino attraversa durante il corso dello sviluppo (cit. in Attili,

2004). La delineazione delle fasi nello sviluppo dell’attaccamento del bambino è utile

per concettualizzare le difficoltà del soggetto autistico durante l’attaccamento. La prima

fase è quella del preattaccamento (0-2 mesi) caratterizzata da una predisposizione inna-

ta all’interazione, risposta sociale indiscriminata e dalla ricerca non selettiva di prossi-

mità e contatto; la seconda fase riguarda lo sviluppo dell’attaccamento (3-7 mesi), carat-

terizzata dalla comunicazione diretta a uno o più persone discriminate, ricerca selettiva

di contatto e prossimità con le figure parentali che si occupano del bambino. Gradual-

mente i segnali del bambino si indirizzeranno ad una sola persona, con la quale rag-

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giungerà un’armonia interattiva. La terza fase è di attaccamento ben sviluppato (7-24

mesi) rappresentata dallo sviluppo del legame preferenziale e selettivo e dalla presenza

di segnali di mantenimento e vicinanza orientati alla figura di attaccamento. In questa

fase vi è la comparsa dell’ansia da separazione e paura dell’estraneo. La quarta fase de-

nominata relazione di attaccamento in funzione dell’obiettivo (> 24 mesi) è basata sulla

reciprocità; il bambino, inizia a prendere in considerazione il punto di vista dell’altro e

comincia la regolazione del comportamento all’interno della relazione in funzione di

obiettivi comuni.

Sulla base delle descrizioni delle loro madri, i bambini con autismo sembrerebbero

in grado di sviluppare una certa competenza nelle prime tre fasi dell’attaccamento svi-

luppando la capacità di distinguere la madre da altre persone, in modo da formare un at-

taccamento particolare con lei (Rutgers et al., 2007), anche se in misura minore rispetto

ai bambini con Sindrome di Down – (DS) (Abbeduto, Seltzer & Shattuck, 2004). È pro-

babilmente, nel raggiungimento della quarta fase, ovvero, di partenariato degli obiettivi,

interscambio, che i deficit del bambino con autismo diventerebbero più evidenti. Duran-

te la fase di condivisione degli obiettivi diretti e comuni, il bambino con una normale

traiettoria di sviluppo, accresce la capacità di inferire gli obiettivi della madre, motiva-

zioni e punti di vista dell’altro. Il bambino utilizza la comprensione della prospettiva

materna al fine di influenzare i suoi movimenti e di massimizzare la vicinanza a lei. Il

soggetto con ASD, con alte limitazioni nel riconoscere e comprendere la prospettiva

dell’altro, potrebbe non essere in grado di raggiungere questo complesso livello di at-

taccamento, e ancor di più, in presenza di significative compromissioni intellettive. In-

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vece i bambini con ASD, con un adeguato funzionamento cognitivo, sembrerebbero

presentare relazioni di attaccamento maggiormente sicure nei confronti dei loro genitori,

nonostante le difficoltà di interazione sociale (Rutgers et al., 2007).

È stato riscontrato nell’adulto, ma anche nel bambino, la presenza di un modello

operativo interno, come indicatore di sviluppo, che consiste nella formazione di rappre-

sentazioni mentali che sono usate e generalizzate per interagire con il mondo (Bowlby,

1973; 1980, cit. in Lis, Stella, Zavattini, 1999). Main, Klapan e Cassidy (1985) insieme

a Grossman e Wjlie (1988) (ivi), hanno indagato non solo il legame tra il piccolo e la

madre, ma anche come l’attaccamento rilevato nei bambini sia correlato al tipo di mo-

dello operativo interno del genitore. La trasmissione della sicurezza e dell’insicurezza

dell’attaccamento nell’adulto è correlata alla costruzione di rappresentazioni mentali

che sottendono questo processo e può essere valutata prima della nascita del bambino

(Van Ijzendoroorn et al., 1991) (ivi). La predisposizione della madre ad accogliere i bi-

sogni del bambino, durante il primo anno di vita, rappresenta un predittore di sicurezza

dell’attaccamento del bambino (Smith & Pederson, 1988) (ivi), mentre, al contrario, il

negarsi ai comportamenti di attaccamento del piccolo, e in particolare del contatto fisi-

co, permette di predire un attaccamento di tipo evitante (Main & Stadtman, 1981; cit. in

Lis, Stella, Zavattini, 1999). La capacità del genitore nel rispondere adeguatamente e in

modo funzionale alle richieste del piccolo, dipende dal tipo di organizzazione interna

del suo pattern di attaccamento. Il genitore, ancora prima della nascita del figlio, possie-

de a priori un modello operativo di se stesso genitore e del bambino non ancora nato

(Ammaniti & Stern, 1991) (ivi) che, al momento della nascita, deve poter adeguare e

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sintonizzare alle specifiche richieste del bambino. Tale processo di adattamento appare

facile laddove il modello operativo interno del genitore è flessibile e ben organizzato in

modo da dare le risposte adeguate al proprio bambino; laddove, invece, tale modello

operativo non appare equilibrato è probabile che il genitore interpreti male i segnali del

piccolo, non riuscendo a rispondere adeguatamente e sviluppando così un attaccamento

disfunzionale. Se la disponibilità materna unita alla sensibilità mostrata verso i bisogni

del figlio sono variabili fondamentali nella relazione madre-bambino, cosi come evi-

denziato da Ainsworth e collaboratori (1978) (ivi), il modello proposto da Main (1991),

sulla trasmissione dell’attaccamento ha centrato l’attenzione sulle qualità metacognitive

dei genitori, ovvero sulla loro capacità di pensare e comprendere pensieri loro e altrui.

Nell’autismo, i deficit di risposta sociale del bambino, interferirebbero con la capaci-

tà di reciprocità nella relazione diadica, e, pertanto, le difficoltà connesse al bambino

potrebbero ridurre l’esperienza della madre (Rutgers et al., 2007). Potrebbe essere, che

la ridotta responsività della madre e dell’attaccamento del bambino con ASD, produca-

no ulteriori fonti di stress e difficoltà per i caregivers. La ricerca su come poter aiutare i

genitori a gestire questa specifica fonte di stress, nel rapporto genitore-bambino, potreb-

be migliorare la loro capacità nell’affrontare le molteplici esigenze della complessa

condizione autistica del proprio bambino.

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1.3.1 Attaccamento, Sensibilità e Disponibilità Emotiva delle madri di bambini con autismo

I bambini con ASD in generale e quelli con una severità dei sintomi marcata in parti-

colare (AUT), mostrano notevoli difficoltà nel loro funzionamento sociale. Anche se

sviluppano relazioni di attaccamento, la loro capacità di avviare e sostenere interazioni

reciproche, appare spesso limitata. Confrontati con bambini tipici, in generale, i bambini

con ASD mostrano minore attenzione quando interagiscono con un’altra persona (Kasa-

ri & Sigman, 1997; Sigman & Capps, 1997; Adamson & Bakeman, 2001), difficoltà ge-

nerali nelle interazioni sociali (Yirmiya, Sigman, Kasari & Mundy, 1992), bassi livelli

di interazione reciproca (Dawson & Adams, 1984) e meno attenzione all’espressione

emotiva dell’altro (Dawson et al., 2004). Inoltre, presentano scarsa sensibilità nei con-

fronti dei loro genitori durante le interazioni di gioco e sono meno coinvolti

nell’interazione in generale rispetto ai bambini con TD (Sigman & Mundy, 1989; Wil-

lemsen-Swinkels Buitelaar & Van Engeland, 1997). I segnali comunicativi e l’iniziativa

dei bambini con ASD sono meno coerenti e prevedibili rispetto a quelli dei bambini con

TD e dei bambini con altri ritardi nello sviluppo diversi dall’autismo (Spiker, Boyce &

Boyce, 2002).

Nonostante le difficoltà di interazione sociale, comunicazione e regolazione emotiva

dei bambini con ASD, questi ultimi, in alcuni casi, manifestano attaccamento sicuro con

le loro madri (Rutgers et al., 2007; Shapiro, Sherman, Calamari & Koch, 1987; Willem-

sen-Swinkels et al., 2000) sperimentando anche maggiore impegno e coinvolgimento

nel corso delle interazioni rispetto ai bambini che sviluppano un attaccamento meno si-

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curo (Sigman & Mundy, 1989). Diversi studi, sul comportamento e la sensibilità mater-

na, hanno segnalato una variabilità significativa correlata ai benefici della sensibilità

mostrata dai caregivers nei confronti dei loro bambini. Con sensibilità materna si fa ri-

ferimento alla capacità di adattamento del genitore alle caratteristiche e alle sfide da af-

frontare caratterizzanti i bambini con ASD. In particolare, Capps, Sigman e Mundy

(1994) hanno rilevato che la sensibilità materna è associata positivamente

all’attaccamento sicuro nei bambini con ASD. Inoltre, Siller e Sigman (2002) hanno

esaminato che la sincronia materna, un costrutto correlato alla sensibilità, appare corre-

lata positivamente allo sviluppo del linguaggio dei bambini; infatti, bambini con madri

più sincrone hanno mostrato maggiori competenze linguistiche durante l’evoluzione

dello sviluppo se confrontati con bambini di madri meno sincrone. Studi longitudinali di

soggetti con ASD, dimostrano che la sincronia interazionale con i genitori predice gli

esiti di comunicazione del bambino (Siller & Sigma, 2002; 2008) e che in seguito ad un

intervento specifico, mirato alla valorizzazione della sincronia parentale comunicativa,

la stessa sembrerebbe associata a un significativo miglioramento della comunicazione

del bambino all’interno della diade (Green et al., 2010).

Risultati simili sono stati ottenuti anche da Zierhut (2002) e Kuhn (2007), i quali

hanno riferito che la sincronia materna risulta positivamente associata allo sviluppo del

linguaggio dei bambini e la risposta alla capacità di attenzione congiunta. Risultati con-

trastanti sono stati rilevati nello studio di Van Ijzendoorn e collaboratori (2007), i quali

non hanno trovato nessun collegamento tra la sensibilità materna e l’attaccamento sicu-

ro nei bambini con ASD.

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Sebbene i genitori di bambini con ASD sperimentino elevati livelli di stress (Hart-

ley, Seltzer, Head & Abbeduto, 2012; Hayes & Watson, 2013), alcune famiglie mostra-

no una buona resilienza nel crescere un bambino con disturbi dello spettro autistico. Un

tale risultato è dovuto all’adattamento da parte della famiglia alla nuova condizione del

piccolo e al processo di ristrutturazione della stessa al fine di ridurre l’impatto negativo

dei principali fattori di stress e di tensione (Patterson, 1988). Inoltre, sembrerebbe che,

alti livelli di stress nel genitore siano associati alla presenza di comportamento invaden-

te ed intrusivo da parte dello stesso. Questo risultato è simile a quello riportato negli

studi sulla depressione materna, in cui le madri depresse mostrano tassi relativamente

alti di comportamento invadente verso i loro bambini (Gelfand & Teti, 1990; Weinberg

& Tronick, 1998). Pertanto, sembrerebbe che l’intrusione e le difficoltà psicologiche

delle madri manifestate nelle interazioni con il proprio bambino inciderebbero negati-

vamente sullo sviluppo del piccolo (Pruitt et al., 2016).

Inoltre, mantenere la disponibilità emotiva con bambini autistici potrebbe essere par-

ticolarmente impegnativo anche perché i temi di gioco di questi soggetti sono spesso

idiosincratici e di livello inferiore rispetto all’età di sviluppo. L’esperienza clinica di-

mostrerebbe che le scarse capacità di risposte sociali dei bambini con ASD, porterebbe-

ro i caregivers ad avere interazioni eccessivamente strutturate e didattiche. Sembrerebbe

che, i bambini con una prognosi buona mostrino maggiore reattività e coinvolgimento

rispetto a bambini che presentano una sintomatologia severa; pertanto, l’espressione sin-

tomatologica dei soggetti con ASD, sembrerebbe riflettere e influenzare le interazioni

con le figure parentali. Tuttavia, ci sono notevoli differenze all’interno del gruppo con

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ASD, rilevando manifestazioni di successo, per alcune madri, nel superare le barriere

imposte dalla complessa condizione autistica. In sintesi, gli interventi che tengono conto

delle sfide specifiche dei bambini con ASD e dello stato emotivo del genitore, potrebbe-

ro essere particolarmente utili per migliorare la disponibilità emotiva, le interazioni e la

comunicazione all’interno della diade (Greenspan & Wieder, 2006).

1.3.2 Percezione e gratificazione materna dell’attaccamento infantile: Autismo e Sindrome di Down a confronto

Lavorare con i bambini tipici, documenta in modo sostanziale il processo di attac-

camento e la relazione tra bambino e genitore (Ainsworth, Blehar, Waters & Wall,

1978). Sappiamo che i bambini di 3 e 4 anni sono in grado di riconoscere e identificare

le emozioni di base nelle altre persone (felicità, paura, rabbia, tristezza) attraverso

l’osservazione, la posizione del corpo, l’espressione del viso, la voce, sebbene, solo più

tardi, sviluppano la capacità di adottare completamente il punto di vista dell’altro.

La teoria della Mente - Theory of Mind - ToM (Baron Choen & Heyes, 1995; Baron

Choen, 2002), evidenzia, in condizioni di disturbi dello spettro autistico, la presenza di

difficoltà empatiche, relative anche all’età mentale. L’empatia è una componente speci-

fica della cognizione sociale, una lente attraverso la quale sentiamo le emozioni espres-

se dagli altri e rispondiamo ad esse. Empatizzare è una capacità che si sviluppa a partire

dalla prima infanzia (Johnson, 2000) e continua a svilupparsi durante tutto il corso della

vita. Il deficit dell’empatia potrebbe spiegare, in parte, le anomalie sociali e di comuni-

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cazione diagnosticate nel disturbo dello spettro autistico, così anche le difficoltà ad im-

maginare lo stato mentale altrui.

La progressione evolutiva della condizione autistica, sembrerebbe influenzare la

sensibilità sociale del genitore e del bambino che interagiscono congiuntamente.

Tronick e Gianino (1986) hanno utilizzato il modello di regolazione reciproca per

descrivere la capacità del bambino, attraverso l’esperienza con l’ambiente, nel regolare

sia il suo stato interno che esterno. Questo processo di regolazione impegna le risorse

del bambino e quelle del genitore e il fallimento da parte di uno dei partecipanti ha il

potenziale di guastare tale funzionamento. Nell’autismo, può darsi, che i meccanismi di

auto-regolazione del bambino siano difettosi, probabilmente perché quest’ultimo è trop-

po concentrato su di sé e incapace di utilizzare supporti ambientali. Una tale mancanza

di accesso al regolamento eterodiretto potrebbe danneggiare l’attaccamento tra genitori

e figli. Come ha osservato Field (1986), laddove il genitore o il bambino non risponde

all’interno della diade, il risultato di questa relazione potrebbe portare a situazioni di di-

sagio.

Dagli studi condotti sul comportamento sociale (Baron-Cohen, Leslie & Frith,

1985), si evince nei soggetti con ASD la presenza di attaccamento alle loro madri, anche

se la qualità e l’intensità di questa relazione è diversa da quella dei bambini tipici (Ri-

cher & Richards, 1975; Rutter, 1978; Sigman & Ungerer, 1984).

Molto è stato scritto circa lo stress nel crescere un bambino con autismo; inoltre, la

presenza di risorse nei genitori, può aumentare la loro capacità a fronteggiare le difficol-

tà connesse alla condizione problematica del proprio bambino (DeMyer et al., 1973;

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Bristol, 1987). È stato valutato come la scarsa capacità di risposta sociale dei bambini

con ASD può diminuire la gratificazione materna e quindi essere una fonte di stress per

queste madri quando comparate alle esperienze di madri di bambini con altri disturbi del

neurosviluppo, ma più reattivi socialmente, come nel caso della Sindrome di Down

(DS).

I bambini con DS a differenza dei bambini con ASD, in generale mostrano livelli di

competenza sociale coerenti con la loro età mentale (Baron-Cohen, Leslie & Frith,

1985; Sigman Ungerer, 1984). Sebbene i bambini con DS mostrino ritardi o risultino

indeboliti nei primi segnali di risposta sociale, per via dei limiti legati alla sindrome in

sé, le loro madri non denunciano di sperimentare maggiori difficoltà nelle interazioni

con loro più di quanto non facciano le madri di bambini tipici (Cicchetti & Schneider-

Rosen, 1984). Dallo studio di Hoppes & Harris (1990) si evince che le madri di bambini

con ASD presentano una percezione di attaccamento significativamente inferiore rispet-

to alle madri di bambini con DS. Questi risultati evidenziano la mancanza di reattività

interpersonale del bambino autistico vissuta come fonte di stress da parte dei caregivers.

Il deficit di risposta sociale nei bambini con ASD rappresenta una di quelle caratteristi-

che maggiormente critiche e delicate per i genitori da dover affrontare. Nonostante le

madri di bambini con ASD percepiscano i loro figli come meno sensibili ed espressivi

nell’attaccamento e nella vicinanza emotiva rispetto alle madri di bambini con DS, ve-

rosimilmente, entrambi i genitori (ASD – DS) potrebbero avvertire i loro bambini di-

ventare più attaccati e reattivi man mano che diventano più grandi. Questa scoperta, ov-

vero, che la responsività del bambino sembrerebbe correlata all’aumentare dell’età dello

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stesso, è in linea con altre ricerche sul comportamento sociale dei bambini autistici

(DeMyer et al., 1973). Tuttavia, poiché i risultati attuali riguardano constatazioni relati-

ve alla percezione materna dell’ attaccamento del bambino, invece che osservazioni in-

dipendenti del comportamento infantile, è anche possibile che la loro percezione cambi

con l’avanzare dell’età della madre. In altre parole, sembrerebbe che i bambini con DS e

con ASD migliorino le loro risposte sociali durante la crescita e quelli più grandi sareb-

bero percepiti dalle madri come più reattivi nella diade. Per le madri (DS e ASD),

l’esperienza di gratificazione dipende, in parte, dalla percezione che i genitori hanno dei

propri figli come maggiormente espressivi e reattivi emozionalmente, più attaccati e con

evidenti segni di reciprocità nei loro confronti.

1.4 Interazione genitore-bambino e disturbo dello spettro autistico: quali possi-bili influenze?

Appare importante capire quanto l’interazione genitore - bambino sia una caratteri-

stica saliente nelle traiettorie di sviluppo dei soggetti con disturbo dello spettro autistico.

Tale relazione non si riferisce al funzionamento sociale di per sé, bensì a come un indi-

viduo possa influenzare il comportamento dell’altro, in modo bi-direzionale, la dinami-

ca sociale nel corso del tempo e a sua volta, sviluppare abilità sociali infantili. È possi-

bile ipotizzare come questa relazione possa essere influenzata da diversi fattori: riguar-

danti esclusivamente il bambino, ovvero la gravità della condizione autistica, la severità

dei sintomi e la presenza di comportamenti-problema; fattori estrinseci di tipo ambienta-

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le e/o culturali o intrinseci al genitore, come i tratti rigidi di personalità, menomazioni

sociali, scarsa disponibilità emotiva-affettiva, difficoltà nella pragmatica del linguaggio

che sembrano caratterizzare l’ampio fenotipo autistico dei famigliari di soggetti con

ASD (Bishop, 2004; Hurley et al., 2007; Ingersoll et al., 2014; Arrowood et al., 2017;

Bora et al., 2017). Nell’interazione genitore-bambino tutti questi fattori potrebbero as-

sumere una diversa rilevanza, pertanto è auspicabile capire il peso che ciascuno di que-

sti assume nelle diverse condizioni dell’ASD.

Studi sui familiari (Constantino et al., 2006; Ozonoff et al., 2011; Colvert et et al.,

2015; Messinger et al., 2015) suggeriscono una prevalenza significativa dell’ampio fe-

notipo autistico presente tra le famiglie di bambini con ASD, ma ancora è poco cono-

sciuto l’impatto di quest’ultimo sulla genitorialità (Ingersoll et al., 2014). Considerato il

BAP marcatore comportamentale di vulnerabilità per l’autismo, si potrebbe pensare di

predire in parte, il tipo di relazione che il genitore potrebbe instaurare con il proprio fi-

glio, associando in termini preventivi un intervento precoce che migliori la relazione

genitore-bambino, laddove l’adulto presenti alti livelli di espressione del BAP.

Negli ultimi anni, visti gli importanti progressi nell’individuazione precoce di indi-

catori o atipicità della comunicazione e dell’ interazione sociale nei bambini a rischio di

ASD, potremmo aspettarci che l’interazione genitore-bambino venga considerata una

caratteristica fondamentale nell’influenzare lo sviluppo di questi soggetti.

L’atipicità nella comunicazione sociale del bambino potrebbe influenzare la risposta

del caregiver e della mutualità diadica, e nel lungo termine amplificare la suscettibilità

verso una traiettoria di sviluppo sociale più atipica (Dawson, 2008; Elsabbagh & John-

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son, 2007; 2010). Questa ipotesi è confermata dagli studi sullo sviluppo tipico, in cui i

modelli del modulo di interazione precoce genitore-figlio contribuiscono a plasmare il

continuo sviluppo sociale e comunicativo del bambino (Feldman & Greenbaum, 1997,

NICHD Early Child Care Reaserch Network, 2001).

Vari studi dimostrano che i genitori di bambini autistici più grandi e con fratelli a ri-

schio di ASD tendono a mostrare un’interazione di gioco più direttiva, con comporta-

menti ad alta intensità, istruzioni non verbali, accompagnati da un’elevata vicinanza fi-

sica rispetto ai genitori del gruppo di controllo (Lemanek, Pietra & Fishel, 1993; El-

Ghoroury & Romanczyk, 1999; Doussard-Rooselvelt, Joe, Bazhenova & Porges, 2003).

Si potrebbe dedurre che alcuni genitori, nei loro tentativi intenzionali a promuovere un

comportamento sociale desiderabile, siano involontariamente coinvolti in interazioni

sempre più direttive che potrebbero, in effetti, scoraggiare il bambino nell’iniziativa so-

ciale (Lussier et al., 1994). Un modello interattivo più direttivo è stato rintracciato anche

nelle madri DS (Cielinski, Vaughn, Seifer & Contreras, 1995; Landry & Chapieski,

1989; Slomins & McConachie, 2006). Dagli studi sui neonati ad elevato rischio di svi-

luppare ASD, si è visto che durante le interazioni di gioco non strutturato, la quantità di

gioco infantile non differiva tra i gruppi con ASD e gruppi di bambini con TD, ma

all’interno del gioco guidato, in cui diversi fratelli e sorelle a rischio, hanno mostrato

bassa interazione sincrona rispetto al gruppo di fratelli non a rischio (Rogers, 2009;

Yirmiya & Charman, 2010). Le madri sembrerebbero avere delle difficoltà a rispondere

al cambiamento affettivo del loro bambino, laddove quest’ultimo manifesta una scarsa

espressione emotiva ed espressiva nei loro confronti. Inoltre, è stato osservato, che i

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neonati a rischio tendono a rimanere affettivamente neutrali durante inaspettati cambia-

menti del comportamento materno (Cassel et al., 2007; Yirmiya et al., 2006) anche se

Merin, Ozonoff e Rogers (2007) non hanno riscontrato tali differenze.

Poiché la prima esperienza sociale del bambino si caratterizza principalmente

nell’interazione con le figure di riferimento, anche nello studio di Wan e collaboratori

(2012) è stata rilevata la presenza di una ridotta vivacità nei neonati a rischio e una no-

tevole direttività nei loro genitori. È stato osservato che la direttività del genitore è stret-

tamente associata a una bassa sensibilità di risposta del bambino. L’eccessiva direttività

dell’adulto, potrebbe essere dovuta ad uno scarso comportamento funzionale del bambi-

no (Christensen et al., 2010) o all’adattamento appreso dall’interazione con il fratello

maggiore diagnosticato con ASD. Secondo una considerazione più generale, ciò potreb-

be dipendere anche da elevati livelli di stress, sperimentati soprattutto dalle madri di

bambini con diagnosi di ASD (Tomanik et al., 2004; Kuhn & Carter, 2006; Hamlyn -

Wright et al., 2007), oppure dall’espressività del BAP nell’adulto.

Tuttavia sono stati eseguiti pochi studi osservazionali sull’interazione caregiver-

bambino nel contesto dei disturbi dello spettro autistico e delle atipicità emergenti nella

prima infanzia.

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1.5 L’impatto del BAP nello sviluppo sociale del soggetto con ASD

Il BAP è caratterizzato da diversi domini comportamentali quali, sottili menomazio-

ni sociali, freddezza, rigidità, ritiro sociale e scarsa regolazione emotiva-affettiva (Pi-

ven, & Arndt, 1997). Inoltre, sembrerebbe un’espressione più mite di quelle che sono le

difficoltà sociali e comunicative presenti nei disturbi dello spettro autistico. Constantino

e collaboratori (2006) hanno rilevato un’espressione lineare di tratti autistici lievi pre-

senti tra i parenti di primo grado di soggetti con ASD e soprattutto in famiglie a inci-

denza multipla rispetto a quelle a incidenza per singolo caso di autismo. Inoltre, è stato

osservato che la presenza di notevoli difficoltà sociali, espresse dai genitori biologici di

soggetti con ASD, sembrerebbero comportare difficoltà simili anche nei loro bambini

(Constantino et al., 2006). Livelli elevati di espressione del BAP sarebbero correlati a

una maggiore severità sintomatologica del bambino con ASD, unita a una scarsa rispo-

sta sociale di quest’ultimo (Maxwell et al., 2013; Pruitt et al., 2016).

L’esistenza di marcatori comportamentali di vulnerabilità per l’autismo è ormai am-

piamente riconosciuta. Non è ancora chiaro come la presenza e la gravità di espressione

del BAP nei genitori di bambini con autismo siano correlate alla sintomatologia

dell’ASD e allo sviluppo delle abilità sociali del bambino e se lo stato del BAP dei geni-

tori sia correlato, in base al genere, a questa condizione. Il rapporto tra il BAP dei geni-

tori e la sintomatologia dei loro bambini rimane ancora poco esplorato.

Nello studio di Losh, Childress, Lam & Piven (2008), i tratti del BAP sono partico-

larmente manifestati nel gruppo dei genitori con maggiore incidenza di casi ASD, ri-

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spetto alle famiglie con un singolo caso e al gruppo di genitori di bambini con altri di-

sturbi del neurosviluppo.

Come si evince dai risultati di ricerca, i genitori del gruppo con ASD presentano

maggiori tratti di personalità rigida, scarso interesse per la novità, difficoltà di adatta-

mento ai cambiamenti ambientali, interesse per i dettagli; inoltre, tali genitori sembrano

essere eccessivamente perfezionisti, con difficoltà di linguaggio, soprattutto della prag-

matica (Landa et al., 1991, 1992; Piven et al., 1997). Infine, le caratteristiche di ansia-

correlata e depressione appaiono ancora una volta più comuni tra i genitori di soggetti

con autismo (Bolton et al., 1994; Piven et al., 1997; Murphy et al., 2000; Pickles et al.,

2000; Micali et al., 2004). Queste caratteristiche corrispondono strettamente alle meno-

mazioni sociali, ai comportamenti ripetitivi e ansiosi osservati nei soggetti con ASD. La

presenza di specifici tratti di personalità manifestati dai genitori, risultano potenziali

marcatori di suscettibilità genetica per l’autismo, dato confermato anche dal fatto che le

famiglie con maggiore incidenza di casi con ASD, mostrano la massima espressione del

BAP, fornendo quindi un’ulteriore prova del carico genetico.

Piven e colleghi (1997) sono stati tra i primi a studiare le difficoltà delle relazioni in-

time nei parenti di soggetti con ASD, rintracciando che il 52% dei padri ha riferito di

aver avuto pochi o addirittura nessun amico. Studi più recenti (Losh et al., 2009), sugge-

riscono che tra l’11-23%, i genitori di bambini con ASD presentano scarsi rapporti di

amicizia rispetto al 3% dei genitori di bambini con DS. I padri del gruppo con ASD (an-

che per singolo caso), hanno mostrato scarsi rapporti di amicizia rispetto alle madri,

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mentre nessuna differenza di genere è stata rilevata nel gruppo dei genitori con DS. Tali

dati sembrerebbero confermati anche in studi successivi (Wainer et al., 2013).

I risultati di altre ricerche hanno rilevato che gli adulti con maggiori tratti autistici

(Jobe & Williams-White, 2007) o con maggiori espressioni del BAP (Wainer et al.,

2013) presentano anche elevati sentimenti di solitudine. Tuttavia, queste evidenze non

sembrano coerenti con gli studi di Lamport e Zlomke (2014), in cui le caratteristiche del

BAP non sembrerebbero predire la solitudine degli adulti.

Anche Maxwell e collaboratori (2013) hanno studiato una possibile associazione tra

il BAP dei genitori di bambini con ASD e la risposta sociale di questi ultimi. Dalla ri-

cerca è emerso che i genitori di bambini con ASD, soprattutto i padri, presentano elevati

tratti del BAP rispetto ai genitori di bambini con TD. Nel gruppo con ASD, il 10% delle

madri e il 21% dei padri hanno presentato punteggi al di sopra della soglia per i tratti del

BAP rispetto al 4% del gruppo con TD. Rispetto alla risposta sociale del bambino, si è

rilevato che i soggetti con ASD e con sintomatologia severa, presentano, a loro volta,

maggiori livelli disfunzionali di risposta sociale nei confronti dei genitori soprattutto

quando almeno uno dei due adulti presenta alti livelli di espressione del BAP in tutti i

domini sopracitati. Invece, per il gruppo dei soggetti con TD, la risposta sociale del

bambino sembra peggiorare solo in presenza di genitori con tratti rigidi di personalità e

difficoltà pragmatiche del linguaggio. Nello specifico, è rilevata una forte associazione

in entrambi i gruppi (ASD e TD) tra il fenotipo espresso dal genitore e le risposte com-

portamentali del bambino. Un dato interessante rileva che questa tendenza è presente

anche nelle famiglie tipiche, suggerendo che queste misure possono evidenziare una

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sorta di fenotipizzazione sottile e una variazione sub-clinica che coinvolge in generale

bambini e adulti. Risultati simili sono stati confermati anche da Mohammad e collabora-

tori (2012) in un campione di genitori iraniani con figli autistici. In questo studio i pun-

teggi dell’Autism Questionnaire (AQ) appaiono superiori nei padri del gruppo ASD ri-

spetto al campione di controllo. I dati di queste ricerche, suggeriscono che alcuni tratti,

come la rigidità e il ritiro sociale del genitore (BAP) potrebbero meglio essere associati

alla sintomatologia autistica del bambino.

1.6 Aspetti socio-culturali e relazionali nell’Autism Spectrum Disorder

Secondo Daley (2002) e Grinker (2008), gli studi sull’ASD hanno prestato una scar-

sa attenzione al possibile ruolo dei fattori socioculturali nel plasmare lo sviluppo dei

sintomi della condizione autistica. Daley (2002) sostiene che vi sia una mancanza di

studi in letteratura nell’analizzare la misura in cui le caratteristiche dell’ambiente socio-

culturale, in cui vive un bambino con ASD, potrebbero influenzare il processo che lo ha

portato alla diagnosi. È importante notare che tali studi sarebbero particolarmente utili

se condotti all’interno di una prospettiva interculturale, confrontando gruppi di bambini

provenienti da paesi con differenti orientamenti culturali, sociali ed economici (Tsai et

al., 2017). Questo consentirebbe ai ricercatori di ottenere maggiori informazioni su co-

me fattori genetici e socio-culturali interagiscono nel determinare lo sviluppo

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dell’Autism Spectrum Disorder. Pertanto, appare importante il ruolo della cultura nel

plasmare l’ambiente relazionale in cui il bambino vive. Inoltre, la predisposizione gene-

tica è anche influenzata dalla vita che il soggetto conduce (i paesi in cui vive, le fami-

glie che forma, il modo in cui gestisce e cura il proprio il corpo); queste interazioni pos-

sono influenzare l’espressione di malattia. D’altra parte, alcuni autori hanno osservato

che i fattori genetici da soli non possono spiegare le diverse forme dell’autismo.

Precedenti studi cross-culturali condotti su campioni di bambini con sviluppo tipico

hanno esaminato se e come l’ambiente culturale influenzi il rapporto tra il bambino e i

loro caregivers. Bornstein e collaboratori (1998) mettendo a confronto le diverse idee

sulla genitorialità argentina, belga, francese, israeliana, italiana, giapponese e statuniten-

se, di madri con bambini a 20 mesi di età, hanno rilevato un effetto sistematico della

cultura sulla valutazione materna, legata alla soddisfazione e alla competenza genitoria-

le. Nello specifico, le madri negli Stati Uniti, in Belgio e in Israele tendevano a essere

positive e ottimiste, più soddisfatte rispetto alle madri di tutti gli altri paesi. Inoltre, le

madri americane e israeliane presentavano maggiori livelli di competenza genitoriale

rispetto alle madri giapponesi che presentavano anche una minore soddisfazione. Le

madri italiane occupavano una posizione intermedia. Una spiegazione a tutto ciò po-

trebbe essere attribuita alla cultura (Bornstein et al., 1998). È noto che la cultura occi-

dentale promuova lo sforzo individuale e la realizzazione personale e questo potrebbe

aver influenzato positivamente i feedback delle madri statunitensi; d’altra parte, in

Giappone non è socialmente accettabile fare affermazioni circa le proprie capacità per-

sonali e questo potrebbe spiegare l’autovalutazione negativa da parte delle madri di

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questo paese. Ulteriori studi, hanno evidenziato le variazioni culturali per stili e atteg-

giamenti genitoriali e il comportamento espresso dai bambini a queste variazioni in re-

lazione alle credenze, ai valori e ai costumi dei diversi gruppi culturali (Otaki, Durrett,

Richards, Nyquist, & Pennebaker, 1986; Julian, McKenry & McKelvey, 1994; Posada

et al., 2002). Tuttavia, appare importante valutare l’influenza degli aspetti culturali in

presenza di bambini con ASD e dei loro caregivers.

Nello studio di Sotgiu e collaboratori (2011) è stato analizzato il rapporto tra ASD e

gli aspetti socio-culturali ed economici nel contesto in cui i soggetti vivono, prendendo

in considerazione sia l’ambiente socioculturale sia quello relazionale, all’interno di due

differenti nazioni: Italia e Cuba. Mentre la prima è caratterizzata da specifiche strutture

socio-economiche e modelli culturali in generale condivisi, la seconda, include le rela-

zioni tra il bambino e i caregivers all’interno della famiglia, comprese altre persone di

riferimento vicino al nucleo familiare. Sono stati valutati anche gli aspetti relazionali di

bambini con ASD in questi due paesi a partire dalle analisi delle attitudini dei genitori

(cioè, gli atteggiamenti dell’adulto nei confronti del bambino), dagli stili di attaccamen-

to (il modo in cui il bambino si relaziona ai genitori) e dalla rete sociale del bambino

dentro e fuori la famiglia. Inoltre, vi è anche una divergenza notevole tra i tassi di pre-

valenza di ASD nelle due aree geografiche (la provincia di Torino per l’Italia e la pro-

vincia della città Havana per Cuba, quest’ultima, con gli indici più bassi al mondo di

ASD). Dalla ricerca si evincono alcune importanti differenze tra queste due culture in

termini di strutture di reti sociali e atteggiamenti dei genitori. Più in particolare, le reti

sociali dei partecipanti italiani, nei gruppi ASD e di controllo, sono state quantitativa-

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mente maggiori di quelle dei partecipanti cubani. Tale risultato potrebbe sembrare para-

dossale, considerata la natura collettivistica della società cubana e quella individualisti-

ca della cultura italiana. Tuttavia, è solo in apparenza una contraddizione, in quanto la

rete sociale dei bambini italiani è apparsa più grande per via della presenza di numerose

figure professionali (ad esempio, operatori sociali, pediatri, logopedisti) il cui ruolo è

spesso quello di sostituire o di supportare il caregiver. Inoltre, la dimensione più limita-

ta della rete sociale dei cubani è stata compensata da una maggiore frequenza di contatti

all’interno della rete e dalla presenza di figure multifunzionali per il gruppo con ASD.

Per quanto riguarda i processi cognitivi, la competenza emotiva e la relazione di attac-

camento madre-bambino, i bambini con ASD hanno mostrato una compromissione so-

ciale, dell’attaccamento, e non solo, in entrambi i paesi, rispetto ai bambini del gruppo

di controllo. Nuovi studi nazionali trasversali sono necessari per superare tali problema-

tiche e ottenere risultati più affidabili. Questi dovrebbero essere realizzati su grandi

campioni omogenei per caratteristiche e dimensioni socio-demografiche.

Al fine di comprendere come l’ambiente socio-culturale ed economico influenzi nel

lungo termine la traiettoria di sviluppo dell’autismo, appare opportuno approfondire la

conoscenza sull’argomento, attraverso studi longitudinali interculturali che indaghino

l’evoluzione della sintomatologia autistica nelle diverse culture.

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1.7 L’impatto dei fattori di stress e la qualità della vita dei genitori di bambini con ASD

I genitori di bambini con ASD sperimentano elevati livelli di stress rispetto ai geni-

tori con figli che presentano altre condizioni mediche (Baker-Ericzen et al., 2005; Eise-

nhower et al., 2005; Blacher & McIntyre, 2006; Brobst et al., 2009; Estes et al., 2009;

Dabrowska &Pisula, 2010; Hartley et al., 2012; Hayes & Watson, 2013).

A seguito della diagnosi di ASD, le famiglie si impegnano in un continuo processo

di adattamento durante lo sviluppo del proprio bambino (Karst & Van Hecke, 2012;

Manning et al., 2011). Nello studio di McStay e collaboratori (2014) è stata valutata la

capacità di accomodamento alle varie situazioni da parte delle famiglie di soggetti con

ASD, attraverso il doppio modello ABCX, che descrive il processo di adattamento alle

situazioni stressanti. In particolare, questo modello è caratterizzato da 4 fattori: A - il

fattore di stress (per esempio, la diagnosi del bambino); B - risorse interne ed esterne

per affrontare l’evento stressante (per esempio, il sostegno di familiari); C - la valuta-

zione del fattore di stress (ad esempio, percepire il fattore di stress come una minaccia /

sfida); X - le strategie di coping (utilizzate per rispondere ai fattori stressanti). Tale mo-

dello, concentrato sullo sviluppo e il riadattamento del nucleo familiare, include anche

fattori aggiuntivi che potrebbero aggravare lo stress vissuto dalle famiglie in termini di

risorse e cambiamenti situazionali (Manning et al., 2011). Mentre l’utilità di questo mo-

dello per la valutazione dello stress nelle famiglie con figli ASD è stato ben definito

(Bristol, 1987; Hall & Graff, 2011; Manning et al., 2011; Pozo et al., 2014), non lo è

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ancora per i fattori specifici che potrebbero influenzare l’adattamento di queste famiglie

alla condizione autistica del proprio bambino. Vi sono, infatti, fattori multipli che gio-

cano un ruolo importante nell’influenzare l’adattamento familiare. Questi ultimi inclu-

dono: i fattori di stress comprendenti le caratteristiche comportamentali disfunzionali

del bambino (Pakenham et al., 2005; Manning et al., 2011; Hall & Graff, 2012; Paynter

et al., 2013), la gravità dei sintomi dell’ASD (Stuart & McGrew, 2009; Hall & Graff,

2011) e la riduzione dei bisogni familiari (ad esempio, i fattori che stanno al di fuori del

rapporto genitore-figlio) (Bristol, 1987; Pakenham et al., 2005; Stuart & McGrew,

2009). Tali fattori sembrerebbero predire l’aumento delle difficoltà all’interno delle fa-

miglie di bambini con ASD.

In vari studi è stato rilevato come la presenza del supporto sociale (Bristol, 1987;

Stuart & McGrew, 2009; Kaniel & Siman-Tov, 2011; Manning et al., 2011; Siman-Tov

& Kaniel, 2011; Paynter et al., 2013; Pozo et al., 2014) sia considerata una risorsa utile,

che potrebbe attenuare gli effetti dello stress. Inoltre, l’uso di valutazioni positive

(Manning et al., 2011) e un maggior senso di coerenza (cioè, la possibilità di valutare

una situazione come significativa, prevedibile e in grado di essere gestita) hanno dimo-

strato effetti positivi associati al benessere dei genitori (Kaniel & Siman-Tov, 2011; Po-

zo et al., 2014), mentre evitare le situazioni da parte dell’adulto (Paynter et al., 2013;

Stuart & McGrew, 2009) e la disorganizzazione comportamentale del bambino (Paken-

ham et al., 2005) conducono ad uno scarso adattamento delle famiglie.

Il sistema familiare nel ricevere la diagnosi di ASD per il proprio bambino o paren-

te, ne risente fortemente, si disorganizza, andando incontro a delle situazioni complesse

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da gestire. Questo perché, crescere un bambino con ASD può comportare notevoli diffi-

coltà per i familiari. Lo stress del genitore appare un fattore potenzialmente importante,

che lo induce maggiormente a incorrere, con molte più probabilità, verso il disagio psi-

cologico. Si è visto come la severità dei sintomi dell’autismo, può condurre il caregiver

all’aumento dello stress; quest’ultima condizione risulta essere un potente predittore

della presenza di stati depressivi nel genitore (Benson, 2006). L’assunzione di un de-

terminato comportamento da parte del caregiver dipende anche, da come lo stesso, per-

cepisce le caratteristiche comportamentali del proprio bambino; ciò può influenzare il

modo in cui lo stesso interagisce con lui. Questi risultati supportano gli studi basati

sull’influenza che i comportamenti disadattivi del bambino hanno sugli esiti materni ne-

gativi (Firth & Dryer, 2013). Inoltre, può essere che le madri si sentano responsabili del

comportamento dei loro figli, in particolare se sono loro a prendersene totalmente cura,

aumentando lo stress intorno alla qualità della loro genitorialità (McStay et al., 2013).

Pertanto, lo stress dei genitori può essere influenzato dalle responsabilità assunte

all’interno del nucleo familiare, da come loro stessi hanno moderato il grado di esposi-

zione a fattori di rischio o di protezione nell’ adattamento alla condizione autistica.

Questo punto di vista è supportato da ricerche che evidenziano il potenziale stigma con

il quale sono etichettati i genitori del gruppo con ASD nella gestione dei comportamenti

esternalizzanti dei bambini, in particolare quando quest’ultimi mostrano le loro difficol-

tà comportamentali e cognitive in luoghi pubblici (Higgins et al., 2005; Paynter et al.,

2013). Potrebbe essere che, a causa di alti livelli di esternalizzazione comportamentale, i

genitori scelgano di rimanere a casa con i loro figli, evitando attività esterne e ed eventi

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sociali, aumentando così, nel lungo termine, il loro isolamento sociale (Paynter et al.,

2013). Mentre questa strategia sembrerebbe ridurre i livelli di stress dei genitori, la loro

soddisfazione per la qualità della vita potrebbe anche diminuire a causa dello scarso im-

pegno sociale nella comunità (Paynter et al., 2013).

Studi di ricerca hanno pertanto rilevato che i genitori di bambini con ASD presenta-

no un rischio maggiore di disagio rispetto ai genitori di bambini affetti da altre disabilità

o con sviluppo tipico. L’autismo sembra avere un impatto negativo nella vita sociale ed

emotiva dei genitori (Donenberg & Baker, 1993). Vari studi in letteratura ci permettono

di rilevare la presenza di elevati livelli di stress e maggiore disagio psicologico nei geni-

tori del gruppo con ASD se confrontati ai genitori di bambini con DS (Sanders & Mor-

gan, 1997; Bromley, Hare, Davison & Emerson, 2004; Dabrowska & Pisula, 2010;

McStay, & Begeer, 2013). Nello specifico, le madri sarebbero maggiormente coinvolte

in situazioni di disagio a causa delle difficoltà comportamentali del bambino con ASD.

Queste criticità comprometterebbero i livelli di soddisfazione della qualità di vita in

questa categoria specifica di genitori. Gli eccessivi comportamenti disfunzionali del fi-

glio con ASD sembrerebbero aumentare i livelli di stress anche nei padri (Davis & Car-

ter, 2008; Hastings, 2003; Hastings et al., 2005; Jones et al., 2013). Sembrerebbe che

l’inverso di questi fattori possa predire un miglioramento della qualità della vita in en-

trambi i genitori.

Studi di ricerca suggeriscono che avere un bambino a rischio o con diagnosi di ASD

potrebbe aumentare nei genitori la vulnerabilità a manifestare i tratti del BAP. Nello

studio di Fairthorne e collaboratori (2014), i genitori riferiscono di aver meno interessi

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rispetto al passato e tendono a evitare gli impegni sociali; inoltre si evince come gli

stessi si sentano socialmente isolati in seguito alla diagnosi di ASD ricevuta per il pro-

prio bambino. Pertanto, il BAP espresso dai genitori di soggetti con ASD, potrebbe es-

sere attribuito non solo a fattori genetici, come suddetto, ma potrebbe anche essere il ri-

sultato di fattori di stress ambientali che influenzerebbero l’adulto nel processo di adat-

tamento alla disabilità (Fairthorne et al., 2014).

La qualità della vita (QDV) non può essere semplicemente equiparata con lo stato di

salute, stile di vita, soddisfazione e benessere mentale; piuttosto, è un concetto multidi-

mensionale e comprende la percezione individuale di questi ed altri aspetti della vita. Il

livello di compromissione della QDV, all’interno delle famiglie che presentano bambini

con ASD, sembrerebbe essere moderato sia da una matrice complessa di tipo ambienta-

le, come lo status socio-economico, sostegno sociale dato ai genitori, caratteristiche del

bambino, strategie di coping, sia da variabili genetiche (Mugno et al., 2007). Pertanto,

appare necessario sostenere i caregivers a sviluppare nuove competenze e conoscenze

sul modo in cui crescere i propri figli con ASD (Kaniel & Siman Tov, 2011; Pozo et al.,

2014). Tale obiettivo, se raggiunto, consentirebbe ai genitori di avere maggiore fiducia e

acquisire adeguate abilità nel fronteggiare le difficoltà connesse alla condizione patolo-

gica del loro bambino (Siman-Tov & Kaniel, 2011).

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CAPITOLO 2

Broad Autism Phenotype - BAP: domini e sotto-domini

neuropsicologici

2.1 Il BAP tra una prospettiva categoriale e dimensionale

Diversi studi sui familiari hanno segnalato la presenza di forti influenze genetiche

nell’eziologia dell’autismo (Kim & Leventhal, 2015), rilevando una maggiore probabili-

tà, soprattutto tra i parenti di primo grado (Bishop et al., 2004; Bolton et al.,1994; Piven

et al., 1997a, Messinger et al., 2013), di manifestare sintomi autistici, spesso al di sotto

della soglia (Bailey et al., 1998; Piven, 2001). Tali varianti subcliniche sono conosciute

come Broad Autism Phenotype – BAP (Gerdts, & Bernier, 2011; Bora et al., 2017).

Il BAP è stato concettualizzato secondo una prospettiva categoriale (specifico a un

sottoinsieme di parenti di soggetti con Autism Spectrum Disorder – ASD) e dimensiona-

le (continuamente distribuito all’interno della popolazione generale) (Ingersoll et al.,

2014; Tsang et al., 2016). Pertanto, caratteristiche subcliniche associate all’autismo,

come la difficoltà di comunicazione sociale e la rigidità comportamentale, anche se par-

ticolarmente comuni tra i parenti delle persone con autismo, sembrerebbero essere di-

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stribuite con continuità nella popolazione generale (Costantino & Todd, 2003; Ingersoll,

2010).

È importante ricordare che, le manifestazioni sotto-soglia dei tratti dell’ASD asso-

ciati al BAP, non conducono i clinici a deporre una possibile diagnosi conclamata di

ASD nei soggetti interessati (Losh et al., 2009). Ovvero, per le persone con espressioni

del BAP, in genere, non si verificano limitazioni nel funzionamento sociale e/o lavora-

tivo simili alle difficoltà presenti nell’ASD e non è richiesto il supporto sostanziale che

invece spetta ai soggetti con ASD (Losh et al, 2009; Uestuen & Kennedy, 2009). Così,

la rilevanza del BAP, piuttosto che essere riducibile a una diagnosi, appare utile alla ri-

cerca per approfondire lo studio sulla complessa condizione autistica.

A livello categoriale, nei parenti di soggetti con ASD la prevalenza del BAP si

estende tra il 14-23%. Nello specifico vi è una maggiore probabilità della presenza di

varie manifestazioni del BAP nei genitori di soggetti con ASD (Sasson et al., 2013;

Maxwell et al., 2013), nei fratelli (Georgiades et al., 2013; Messinger et al., 2013) e in

soggetti con storia familiare di autismo, come i parenti di secondo e terzo grado, ad

esempio, cugini e nonni di persone con ASD (Pickles et al., 2000). Inoltre la prevalenza

nei gruppi di controllo si estende tra il 5-9% (Sasson et al., 2013). In generale, queste

stime, suggeriscono che i membri della famiglia di soggetti con ASD, tra il 20% e il

50%, mostrano almeno una caratteristica del BAP (Dawson et al., 2007) con tassi più

elevati per le famiglie multiplex rispetto alle famiglie simplex con ASD (Constantino et

al., 2006; Losh et al., 2008; Maxwell et al., 2013). Inoltre, nelle famiglie multiplex, con

maggiore frequenza, entrambi i genitori hanno mostrato caratteristiche associate al BAP

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(Losh et al., 2008). Schwichtenberg e colleghi (2010) hanno osservato che all’interno

delle famiglie multiplex vi è una maggiore probabilità per i fratelli di sviluppare ASD

(64%), rispetto alle famiglie simplex (9%) e di controllo (4%).

Poiché da qualche tempo sono ormati tante le prove che rilevano una sostanziale

componente genetica nell’ASD, gli aspetti legati alla genetica, combinati alle varie ma-

nifestazioni dello spettro autistico, hanno aumentato l’interesse per lo studio del BAP.

Tuttavia, la responsabilità genetica non è solo confinata all’autismo di per sé. In genera-

le, nelle ricerche che si sono concentrare sul BAP è stata osservata una costellazione di

anomalie sottili dell’ASD, presenti tra i parenti di primo grado, che interessano non solo

l’area sociale e di comunicazione ma anche alcuni aspetti cognitivi (Micali et al., 2004;

Merin et al., 2007) comportamentali, eccessivi livelli di ansia e depressione, difficoltà

emotiva compresa la presenza di alessitimia (Sazatmari et al., 2008; Berthoz et al.,

2013). Quest’ultima è stata maggiormente rilevata nei genitori di soggetti con ASD, con

punteggi più alti rispetto ai controlli sul punteggio totale della Toronto Alexithymia Sca-

le-20 (TAS-20). Inoltre, è stato osservato all’interno del gruppo con ASD, che i figli di

padri con alta alessitimia manifestavano maggiori comportamenti ripetitivi rispetto ai

figli di padri con bassa alessitimia. Il tratto alessitimia sembra essere uno dei tanti bloc-

chi che compongono il BAP.

Attraverso valutazioni dirette, sin dai primi studi sull’argomento (Piven et al., 1990),

è stato segnalato l’aumento dei tassi di depressione e ansia nei fratelli di bambini con

ASD. Altri studi corroborano questi primi rapporti con un aumento di depressione, di-

sturbo ossessivo compulsivo e fobia sociale nei parenti di primo grado (Piven & Palmer,

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1999; Micali et al., 2004). Depressione e ansia correlano in modo indipendente con

l’alessitimia (Al-Eithan et al., 2012) e sembrano essere più frequenti nei parenti di sesso

femminile, in particolare le madri, rispetto ai padri e ai controlli (Micali et al., 2004; Al-

Eithan et al., 2012). È ragionevole supporre che avere un bambino con autismo abbia un

impatto significativo sui livelli di depressione e ansia del genitore. Tuttavia, i dati ci

permettono di rilevare un esordio precoce delle manifestazioni correlate ai disturbi af-

fettivi in questa categoria di soggetti, ancor prima della nascita del loro bambino con

ASD. Questi risultati suggeriscono che lo stress di crescere un bambino con autismo

non sembri aver causato la psicopatologia nel genitore (Piven & Palmer, 1999; Bolton

et al., 1998). Nello studio di Ingersoll & Hambrick, (2011) è stato valutato il rapporto

tra sintomatologia depressiva, stress, supporto sociale rivolto ai genitori e severità sin-

tomatologica del bambino con ASD, insieme alla valutazione dei tratti del BAP e nello

specifico dei tratti autistici dell’adulto rilevati dall’Autism Spectrum Quotient - AQ

(questionario self-report), considerando per quest’ultimo strumento le sotto-scale com-

portamentali tendenti al ritiro sociale. Attraverso tali studi è stata rintracciata la correla-

zione positiva tra le sotto-scale dell’AQ (abilità sociali, attenzione per dettagli, modelli

di comunicazione/lettura della mente) e la depressione. Nello specifico, i genitori del

gruppo ASD hanno riferito elevati livelli di stress e depressione rispetto al campione di

controllo. Un percorso di analisi ha indicato che sia la gravità dei sintomi del bambino,

sia i tratti di espressione BAP del genitore correlano direttamente con lo stress e la de-

pressione dei genitori. Il BAP sembrerebbe riflettere l’espressione intermedia di suscet-

tibilità genetica dell’ASD, simile ai fenotipi associati ad altre patologie psichiatriche al-

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tamente ereditarie, come la schizofrenia e il disturbo bipolare (Meyer-Lindenberg &

Weinberger, 2006; Zhang, 2012, cit. in Tsang, 2016).

Ormai è ampiamente dimostrato che i genitori, i fratelli e soprattutto i parenti di ses-

so maschile di bambini con autismo mostrino una maggiore incidenza di anomalie so-

ciali come ad esempio stare in disparte, essere ritirati, timidezza e ansia (Austin, 2005;

Murphy et al., 2000; Piven et al., 1997a), ridotta quantità e qualità delle amicizie (Piven

et al., 1997a), difficoltà comunicative del linguaggio, della pragmatica (Landa et al.,

1992; Piven et al., 1997a), debole coerenza centrale (Happe, 2001), ridotta comprensio-

ne emotiva (Szatmari et al., 2008), risposta anomala allo sguardo (Adolphs et al., 2008;

Scheeren & Stauder, 2008), difficoltà nelle funzioni esecutive (Hughes et al., 1997;

Ozonoff et al., 1993) e nella cognizione sociale (Baron-Cohen & Hammer, 1997; Losh

& Piven, 2007).

Inoltre le persone con alti livelli di manifestazioni del BAP sembrano avere maggio-

ri difficoltà nei legami intimi rispetto a quelli con bassi livelli di espressione del BAP

(Piven et al., 1997; Jobe & Williams-White, 2007; Losh & Piven, 2007; Losh et al.,

2009), anche in assenza di parenti con ASD (Wainer et al., 2013), riportando maggiori

livelli di ritiro sociale e solitudine. Tuttavia, queste evidenze empiriche non confermano

i risultati riscontrati nello studio di Lamport e Zlomke (2014), i quali hanno rilevato

come le caratteristiche del BAP non sembrino predire la solitudine negli adulti bensì sti-

li di attaccamento ansiosi ed evitanti nelle relazioni amicali correlati a scarse capacità

empatiche. Pertanto la ricerca del BAP dovrebbe anche approfondire lo studio del fun-

zionamento sociale nei parenti di individui con ASD, soprattutto per i soggetti che pre-

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sentano livelli più ampi di espressione del BAP.

Il BAP, in diversi studi di ricerca, è stato esaminato anche dimensionalmente nella po-

polazione generale somministrando misure self-report a campioni composti da studenti

universitari. In particolare, nello studio di Wakabayashi e collaboratori (2006) è stata

esaminata la relazione tra i tratti autistici dell’adulto (tramite l’AQ) e le varie dimensio-

ni della personalità attraverso il modello Big Five Questionnaire (BFQ) evidenziando

correlazioni negative tra l’AQ e alcuni fattori della personalità come l’Estroversione e la

Coscienziosità e positive con il Nevroticismo. Nello studio di Austin (2005), invece,

sembrerebbe che i tratti autistici dell’AQ, da soli, fossero in grado di evidenziare le dif-

ferenze individuali, risultando indipendenti dalle cinque grandi dimensioni della perso-

nalità. In altri studi dimensionali è stata rivelata la presenza di tratti autistici, ridotta ca-

pacità di mentalizzazione, manifestazione di avanzate abilità percettive (Best et al.,

2008 cit. in Tsang, 2016), difficoltà ad interpretare le emozioni (Poljac et al., 2013;

Sannon et al., 2013; Berthoz et al., 2013) e ad affrontare le sfide sociali (Jobe & White,

2007) all’interno della popolazione esaminata. Le rafforzate abilità percettive di questi

soggetti, in alcuni domini, potrebbero essere considerate a livello dimensionale caratte-

ristiche distintive del BAP (Baron-Cohen & Hammer, 1997).

2.1.1 La valutazione della variabilità del BAP

Lo studio sulla natura del BAP, tra i parenti di primo grado, appare variabile vista

l’eterogeneità delle caratteristiche dell’autismo (Sucksmith, 2011, cit. in Tsang, 2016).

Sono stati sviluppati diversi strumenti per quantificare il BAP nei parenti di soggetti

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con autismo. Negli studi iniziali, Bolton e collaboratori (1994) hanno utilizzato

l’intervista della storia familiare - Autism Family History Interview (AFHI) per fornire

informazioni sulle caratteristiche del BAP all’interno dei nuclei familiari e tra parenti di

primo e secondo grado. Altri strumenti, come il Modified Personality Assessment Revi-

sed (MPAS-R) (Piven et al., 1997a), la scala di valutazione della pragmatica - Pragma-

tic Rating Scale (PRS) (Landa et al., 1992), l’intervista sull’Amicizia - Friendship In-

terview (Piven et al., 1997a) e il Broad Autismo Phenotype Symptom Scale (BAPSS,

Sung et al., 2005) hanno caratterizzato negli anni lo studio del BAP espresso dai genito-

ri. Congiuntamente, interviste e strumenti di valutazione, costituiscono il gold standard

dell’assessment neuropsicologico. Inoltre, l’utilizzo di test e questionari, permette agli

studiosi di poter massimizzare la validità del BAP rispetto all’identificazione e alla

quantificazione dei tratti ad esso associati. Tuttavia, poiché ognuno di questi strumenti

comporta un impegno di tempo e richiede una formazione di risorse umane per la som-

ministrazione e lo scoring dei dati, lo studio e la misurazione dei tratti del BAP apparare

limitato in termini di risorse e numero di partecipanti, limitandosi a campioni poco este-

si e alla rilevazione di dati spesso contrastanti (Cruz et al., 2013).

Una valutazione affidabile del BAP e di facile esecuzione, in cui non è richiesta

l’esperienza clinica, è rappresentata dal Broad Autism Phenotype Questionnaire

(BAPQ) (Hurley et al., 2007), questionario self-report, che permette di rilevare anoma-

lie sociali, difficoltà linguistiche, pragmatiche e tratti rigidi di personalità.

Spesso gli in letteratura, gli studi sul BAP hanno riportato dati contrastanti sui livelli

subclinici osservati. I dati di ricerca esaminati ci permettono di rilevare la presenza di

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atipicità nello sviluppo del linguaggio nei parenti di soggetti con ASD, compresa la dif-

ficoltà nell’ortografia e nella lettura, (Piven & Palmer, 1997; Bailey et al., 1998; Fol-

stein et al., 1999), ansia e disturbi dell’umore (Olsson, & Hwang, 2001; Micali, 2004),

deficit delle funzioni esecutive e cognitive (Garon et al., 2009). Tuttavia, altri studi non

hanno riferito alcuna evidenza legata agli aspetti cognitivi e linguistici tra i parenti delle

persone con ASD (Bishop et al., 2004; Gamliel et al., 2007); questi ultimi risultati non

sono stati confermati nello studio successivo di Gamliel e collaboratori (2009) in cui è

stata rilevata la presenza di tratti del BAP tra i parenti di soggetti con ASD rispetto al

gruppo di controllo, con difficoltà linguistiche soprattutto per i sibling in età prescolare.

Sebbene nelle indagini del BAP, sia come entità categoriale sia come entità dimen-

sionale, spesso vengono usate misure discordanti e tecniche di campionamento differen-

ti (Ingersoll et al., 2011), pochi studi hanno cercato di colmare le prospettive categoriali

e dimensionali del BAP per stabilire se alcuni aspetti caratterizzanti gli individui con

autismo siano presenti anche tra i parenti e nella popolazione generale e quale sia

l’impatto che il BAP potrebbe avere sulla genitorialità e nella relazione genitore-

bambino. Anche se questa eterogeneità può in parte riflettere differenze nel modo in cui

il BAP è concettualizzato, tale variabilità rimane una sfida non solo per l’esplorazione

del fenotipo allargato ma anche per lo studio dell’ASD in generale. Mentre il BAP sa-

rebbe definito da lievi varianti comportamentali tipiche dell’ASD, esso non impliche-

rebbe necessariamente una compromissione funzionale e potrebbe essere anche associa-

to a specifiche capacità e abilità manifestate dai soggetti (Vital et al., 2009). Una mi-

gliore caratterizzazione del BAP potrebbe aiutare a identificare meccanismi sottostanti

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l’ASD. Inoltre, studi approfonditi sull’argomento, potrebbero fornire un importante ap-

proccio complementare finalizzato a individuare i geni che causerebbero l’autismo e il

funzionamento del circuito neurale associato all’attivazione di particolari regioni del

cervello; ciò permetterebbe di identificare fenotipi più raffinati misurati quantitativa-

mente tra gli individui affetti e non della popolazione.

2.2 Alcuni cenni sugli aspetti cognitivi del BAP

Cruz e collaboratori (2013) hanno condotto una revisione sistematica di studi che va

dal 1991 al 2012, basata su caratteristiche comportamentali, rapporti interpersonali,

aspetti comunicativi, rigidità e approfondimenti di modelli cognitivi di riferimento che

riguardano la Teoria della Mente - Theory of Mind (ToM), la Teoria della Coerenza

Centrale - Central Coherence Theory (CCT) e le Funzioni Esecutive - Executive Func-

tion (EF) - nei genitori di soggetti con autismo.

Negli ultimi anni, sono stati utilizzati strumenti specifici per valutare i tratti del BAP

nei parenti dei soggetti con ASD, correlando l’espressione di questi tratti ad anomalie

sociali e cognitive (Sasson et al., 2013; Klusek, Losh & Martin, 2014). Sasson e colla-

boratori (2012) hanno rilevato nei soggetti che presentano tratti del BAP, la presenza di

deficit socio-cognitivi (ad esempio nel riconoscimento di espressioni emotive attraverso

il volto o parti di esso e nella teoria della mente) accompagnati da una compromissione

generale delle abilità sociali valutate durante le interazioni socio-affettive. Tuttavia, nel-

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lo studio di Bolte & Poustka (2003) non è emersa nessuna differenza tra i vari gruppi

per la decodifica delle emozioni. Questi risultati sono stati confermati anche nello studio

di Miu, Pana, e Avram (2012), i quali hanno rilevato che le persone, sia con alti, sia con

bassi punteggi AQ presentano capacità simili della ToM, riuscendo a identificare, in

media, lo stesso numero di emozioni attraverso la rappresentazione di immagini (regio-

ne degli occhi). Tali dati sono in contrasto con i risultati di Sasson e collaboratori

(2012).

In generale la valutazione della ToM nei genitori di bambini con ASD rileva la pre-

senza di maggiori difficoltà nel decodificare le emozioni dell’altro (Palermo et al.,

2006) rispetto ai gruppi di controllo, anche se in alcuni casi non è stata riscontrata tale

differenza tra i vari gruppi (Bolte & Poustka, 2003). Nonostante i genitori di individui

con autismo presentino maggiori difficoltà nei rapporti interpersonali, nell’uso del lin-

guaggio pragmatico ed evidenti caratteristiche di rigidità comportamentale (Arrowood

et al., 2017), l’inclusione di particolari aspetti delle teorie cognitive nel gruppo dei geni-

tori che presentano manifestazioni del BAP sono stati inconcludenti.

In generale, nell’autismo è stata evidenziata una debole coerenza centrale (CCT) tra

gli individui, i quali prestano maggiore attenzione per le singole parti piuttosto che per

la Gestalt (già a partire dagli studi di Shah & Frith 1983, 1993) mostrando punteggi mi-

gliori, rispetto ai controlli, nell’Embedded Figures Test e in compiti di segmentazione

della Gestal, come nel Block Design Task. I risultati suggeriscono che, in tali compiti, i

soggetti con ASD, impiegano una quantità inferiore di tempo e si sforzano meno rispet-

to ai controlli riuscendo a focalizzare la loro attenzione su alcune parti dell’oggetto.

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L’esistenza di una specifica capacità di elaborazione delle informazioni, espressa per le

singole parti, supporta l’ipotesi della presenza di una debole coerenza centrale

nell’ASD. In altre ricerche, invece, è stata osservata una coerenza centrale intatta nei

bambini con ASD (Mottron et al., 1999).

I modelli cognitivi deputati alla valutazione della coerenza centrale, considerano non

solo le capacità visuo-spaziali ma anche quelle verbali dei soggetti esaminati. Infatti, gli

individui che presentano una debole coerenza centrale, oltre ad avere delle difficoltà a

integrare i dettagli all’interno di una entità globale, non riescono a comprendere gli

aspetti generali nel processamento delle informazioni, manifestando anche delle diffi-

coltà nel comprendere il significato di alcune parole all’interno di in un determinato

contesto, e quindi, maggiori deficit comunicativi (Booth & Happé, 2010).

Gli studi di ricerca esaminati permettono di osservare come la teoria della coerenza

centrale, nel tentativo di spiegare e correlare le atipie dei soggetti autistici con aspetti

del BAP, rimane poco chiara a causa dell’eterogeneità del campione e degli strumenti

utilizzati. Nello specifico Bolte & Poustka (2006), valutando la coerenza centrale dei

genitori di bambini con autismo, hanno riscontrato una migliore performance degli

adulti in Embedded Figures Test (riconoscimento di una figura geometrica semplice in-

serita all’interno di una figura più complessa), ma non in Block Design Test (blocchi co-

lorati da appaiare a un modello). La presenza di notevoli abilità sistematiche nei soggetti

con ASD, potrebbe essere considerata una caratteristica saliente del BAP, in quanto, an-

che i genitori, soprattutto i padri, presentano performance migliori in tali compiti (de

Jonge et al., 2006). Gli stessi autori, invece non hanno rilevato differenze significative

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nella valutazione della coerenza centrale utilizzando solo il Block Design Test (de Jonge

et al. 2009). Happè e collaboratoti (2001) hanno riscontrato che i padri presentano una

maggiore debolezza della coerenza centrale in compiti visivi e verbali, mentre le madri

solo in compiti verbali, anche se tali risultati, relativi alla differenza di genere, non pos-

sono essere considerati attendibili visto le piccole dimensioni del campione. Losh e col-

laboratori (2009) non hanno riscontrato alcuna differenza nelle abilità visive tra i gruppi

di genitori ma solo nelle abilità verbali.

Cruz e collaboratori (2013) evidenziano la presenza di deficit del funzionamento

esecutivo (EF) nei bambini con ASD e nei loro genitori. Nello specifico, gli autori rile-

vano, nel campione esaminato, difficoltà nella pianificazione delle azioni, memoria di

lavoro, flessibilità cognitiva e nella fluenza verbale e non verbale; queste complicazioni

non sembrano caratterizzare solo il disturbo dello spettro autistico (Hill, 2004) e ciò sol-

leva domande su quale sia il ruolo che tali difficoltà potrebbero avere nello spiegare le

anomalie comportamentali presenti nell’autismo.

Nello studio del BAP, appare fondamentale, valutare domini e sotto-domini delle

specifiche manifestazioni comportamentali che potrebbero essere alterate nei parenti dei

soggetti con ASD. È necessario condurre ulteriori studi al fine di definire quali dei tratti

potrebbero essere considerati distintivi del BAP e nello stesso tempo è opportuno sce-

gliere adeguati strumenti in grado di rilevare le sottili anomalie e i diversi sottodomini

di modelli cognitivi (Cruz et al., 2013).

La conoscenza di questi risultati aumenterebbe la possibilità che l’ampio fenotipo auti-

stico potrebbe includere uno “stile cognitivo” in grado di conferire non solo svantaggi

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ma anche vantaggi al processo di elaborazione delle informazioni di tali soggetti.

2.3 Profili Cognitivi e Sociali del BAP

2.3.1 Variabilità cognitiva e manifestazioni associate al BAP

La conoscenza degli aspetti cognitivi e sociali è di vitale importanza al fine di esa-

minare le sottili somiglianze associate ai sintomi dell’ASD osservate tra i parenti di

primo grado. Lo spettro autistico è caratterizzato da differenti manifestazioni sintomato-

logiche (Baron-Cohen, 2009). In particolare, lo studio delle teorie cognitive e sociali

nell’ASD dovrebbe renderci consapevoli dell’eterogeneità individuale caratterizzata da

sintomi comportamentali tuttavia distinti e diversi.

L’intelligenza e le capacità cognitive generali dei soggetti con ASD possono variare

da significativamente sotto la media, nella gamma delle disabilità intellettive, a sopra la

media, nella molteplicità delle abilità intellettive. Alla luce di questi livelli di intelligen-

za variabile, diversi ricercatori si sono interessati al funzionamento intellettivo nei pa-

renti dei bambini con ASD. Anche se il rilevamento dei primi dati ha suggerito un fun-

zionamento intellettivo sotto la media e disabilità cognitive nei fratelli di soggetti con

ASD (August et al., 1981; Minton et al., 1982; cit. in Gerdts & Bernier, 2011), molti

studi successivi non hanno confermato questi risultati (Szatmari et al., 1993; Folstein et

al., 1999). Il QI - Intellectual Quotient - di genitori e fratelli di bambini con ASD, da al-

lora, è stato collocato nella gamma intellettiva medio-alta nella maggior parte degli stu-

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di di ricerca (ad esempio, Szatmari et al., 1993; Dawson et al., 2007).

Un altro dato spesso riportato è che, gli individui con ASD, manifestano una variabi-

lità significativa di aspetti cognitivi in riferimento alle abilità non verbali, visive e di ra-

gionamento spaziale con risultati migliori rispetto alle prestazioni riferite alle abilità

verbali (Happè, 1999). Studi su genitori e fratelli di soggetti con ASD hanno, allo stesso

modo, riportato un aumento della variabilità delle capacità cognitive generali, rispetto ai

gruppi di controllo, osservate attraverso la somministrazione di varie prove di intelli-

genza. Tale dato suggerisce una possibile associazione di variabilità cognitiva correlata

alle espressioni del BAP (Folstein et al., 1999; Pilowsky et al., 2003; Schmidt et al.,

2008). Rimane, quindi, la possibilità, che i parenti di soggetti con autismo, portatori di

una componente genetica del disturbo, manifestino specifiche caratteristiche in un feno-

tipo che è diverso nella sua manifestazione da quello riscontrato nell’ASD, arrivando a

considerare vantaggi piuttosto svantaggi di uno stile cognitivo spesso considerato defi-

citario (Happè et al., 2001).

2.3.2 Coerenza Centrale, Teoria della Mente e Funzioni Esecutive

Le teorie sull’eziologia dell’ASD appaiono fondamentali per chiarire le manifesta-

zioni comportamentali associati all’autismo.

Sia la Teoria della Mente - Theory of Mind (ToM) sia la teoria basata sul funziona-

mento esecutivo - Executive Function (EF) nell’ASD e di fatto, tutte le altre caratteriz-

zazioni associate, sono considerate deficitarie a più livelli. Come tali, quest’ultime, han-

no difficoltà a spiegare perché alcune funzioni cognitive, non solo, sono risparmiate,

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ma, a volte, sono anche superiori nei soggetti con ASD (Mottron et al., 1999). In rispo-

sta a questa sfida, una spiegazione alternativa degli aspetti non sociali dell’autismo è

stata proposta attraverso la Teoria della debole Coerenza Centrale – Central Coherence

Theory (CCT) (Frith, 1989; Frith & Happe, 1994; Happe, 1999, cit. in Happè et al.,

2001). La CCT presentata da Frith (1989) e ulteriormente sviluppata da Frith e Happè

(1994) (cit. in Happè, 1996; 2001) è stata proposta facendo riferimento alla normale

tendenza cognitiva degli individui a mettere insieme informazioni differenti per costrui-

re dei livelli più alti di pensiero nel contesto, riuscendo a cogliere la forma globale, ov-

vero la Gestalt della situazione, a discapito dei dettagli. La coerenza centrale appare una

variante nella popolazione normale, formando un continuum di stile cognitivo, che si

estende da debole (preferenza per le parti più che per l’insieme), a forte (preferenza per

la Gestalt).

La debolezza della coerenza centrale nell’autismo sarebbe alla base non solo dello

scarso rendimento in alcune attività (Happè, 1997), ma anche, eccezionalmente, delle

buone prestazioni in compiti in cui i soggetti sembrerebbero trarre beneficio dalla man-

cata percezione della Gestalt, come ad esempio nella prova Embedded Figures Test e

nel compito Block Design in cui viene richiesto uno stile di elaborazione

dell’informazione locale piuttosto che globale (Baron-Cohen & Hammer, 1997). Inol-

tre, la debolezza della coerenza centrale può, tuttavia, comportare dei rischi in alcuni

compiti specifici, arrecando difficoltà nello sviluppo di strategie compensatorie adattive.

Pertanto, sia la debolezza della coerenza centrale sia le anomalie della teoria della men-

te, possono causare difficoltà non indifferenti nell’ASD, mentre l’assenza di un tale de-

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ficit potrebbe portare ad un equilibrio tra benefici e limitazioni e, quindi, rappresentare

uno stile cognitivo, piuttosto che una perdita di valore.

La presenza di uno stile cognitivo con vantaggi e svantaggi, sembra essere un argo-

mento interessante per l’esplorazione del BAP espresso dai parenti, non solo facendo

riferimento alle aree deficitarie ma puntando anche agli aspetti che potrebbero arricchire

il funzionamento di questi soggetti.

La teoria della cecità mentale propone che i soggetti con ASD siano in ritardo nello

sviluppo della ToM, ovvero manifestano difficoltà a mettersi nei panni di qualcun altro,

a immaginare i loro pensieri e sentimenti e a sintonizzarsi con loro (Baron-Cohen, Le-

slie & Frith 1985). Di conseguenza, i soggetti con ASD, trovano il comportamento di

altre persone confuso e imprevedibile. Rispetto ai soggetti con sviluppo tipico –Typical

Development (TD), i soggetti con ASD, sin da piccoli, mostrano delle criticità in alcune

aree dello sviluppo, come ad esempio, ridotta frequenza dell’attenzione congiunta,

(Swettenham et al., 1998), ridotte capacità nel gioco di finzione - o se presente lo stesso

è basato su regole - (Baron-Cohen, 1987), hanno difficoltà nel test della falsa credenza

(Wimmer & Perner, 1983; Baron-Cohen, Leslie & Frith 1985), a capire ciò che potreb-

be ferire i sentimenti di un altro (Baron-Cohen, O'Riordan, Jones, et al., 1999, cit. in Ba-

ron-Cohen, 2009), mostrano difficoltà nell’interpretare informazioni provenienti dalla

regione degli occhi di un’altra persona (Eyes-Test) (Figura. 1) e nella comprensione di

pensieri e manifestazione di sentimenti altrui (Baron-Cohen & Jolliffe, 1997; Ba-

ron‐Cohen & Plumb, 2001).

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(Fig. 1) Eyes-Test (Baron-Cohen et al., 1997; 2001)

I bambini con ASD, anche in assenza di ritardo cognitivo, nel compito di riconoscimen-

to delle espressioni emotive dagli occhi (Eyes-Test) tendono a trovare tali prove molto

più difficili rispetto ai controlli (Baron-Cohen & Plumb, 2001) e lo stesso è stato rileva-

to per i fratelli (Dorris et al., 2004). Questi ultimi presentano performance peggiori se

paragonati ai fratelli del gruppo di controllo. Tali risultati sono stati confermati anche

quando l’Eyes-Test è stato proposto a soggetti adulti con ASD, i quali hanno manifesta-

to maggiori difficoltà rispetto ai controlli a leggere la mente degli altri attraverso

l’espressione emotiva degli occhi (Baron-Cohen, 2009).

Dagli studi di Baron-Cohen & Hammer (1997) è stato rilevato che i genitori del

gruppo di soggetti con ASD, in particolare i padri, sottoposti all’Eyes Test, hanno avuto

più difficoltà a individuare i pensieri e i sentimenti altrui, rispetto agli adulti del gruppo

di controllo. In un altro studio, Gokcen e collaboratori (2009), servendosi del medesi-

mo task, hanno trovato differenze tra genitori del gruppo con ASD e con TD, riportando

punteggi migliori per questi ultimi. Entrambi i gruppi sono stati appaiati per età, sesso e

QI. I risultati sull’elaborazione delle informazioni dei genitori del gruppo con ASD

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hanno permesso di rilevare difficoltà nella memoria di lavoro verbale, basso rendimento

nel compito di ragionamento mentale e difficoltà nella decodifica delle emozioni altrui.

Anomalie nella cognizione sociale e nella memoria di lavoro possono rappresentare po-

tenziali endofenotipi legati a una vulnerabilità sottostante i disturbi dello spettro autisti-

co. Inoltre è stato osservato, sia nei gruppi clinici sia nei gruppi di controllo, che i valori

dell’Eyes-Test sono inversamente correlati con l’Autism Spectrum Quotient (AQ), stru-

mento che permette di rilevare i tratti autistici negli adulti di intelligenza normale (Ba-

ron-Cohen & Plumb, 2001).

La teoria della cecità mentale presenta alcuni punti di forza e di debolezza. Tra i

punti di forza, appare in parte possibile spiegare e dimostrare le difficoltà sociali e di

comunicazione nell’ASD, comprese le difficoltà pragmatiche del linguaggio in quanto,

la comunicazione richiederebbe la lettura della mente. Inoltre, gli studi di neuroimaging

funzionale (fMRI) hanno identificato l’attivazione di specifiche aree del “cervello socia-

le” (corteccia prefrontale mediale, giunzioni temporali e parietali, corteccia cingolata

anteriore, insula e amigdala) che si attivano nel cervello tipico durante compiti di lettura

della mente e risultano, invece, poco attive nel cervello autistico di fronte a compiti ana-

loghi (Happe et al., 1996; Baron-Cohen et al., 1999; Castelli, Frith, Happe, et al., 2002;

Frith & Frith 2003; cit. in Baron-Cohen, 2009). Tale teoria presenta anche delle carenze

nel cercare di spiegare le caratteristiche non sociali dell’ASD (come ad esempio gli inte-

ressi ristretti e l’eccessiva attenzione ai dettagli).

È stato teorizzato che il deficit specifico di empatia, può aiutare a spiegare alcuni dei

sintomi dell’autismo (ad esempio, Baron-Cohen, 2009). L’empatia è costituita da due

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componenti: l’empatia cognitiva e affettiva (Baron- Cohen & Wheelwright, 2004).

L’empatia cognitiva consiste nella capacità di una persona a riconoscere i sentimenti e

comprendere gli stati mentali altrui (Chakrabarti & Baron-Cohen, 2006). Pertanto, ci

sono due sottodomini dell’empatia cognitiva: riconoscimento delle emozioni e la teoria

della mente (ToM). Il primo è la capacità di decifrare i sentimenti di un’altra persona

attraverso l’espressione del volto, la postura del corpo e l’intonazione vocale (Henry,

Cowan, Lee & Sachdev, 2015); il secondo, si riferisce alla “capacità di comprendere gli

stati mentali degli altri e valutare come questi possono differire dai nostri” (Henry et

al., 2015). Nella figura (n.2) è possibile osservare il diagramma di flusso delle varie

componenti dell’empatia (cit. in Jamil, 2016).

(Fig. 2) Diagramma di flusso delle varie componenti dell’empatia (Jamil, 2016)

L’empatia affettiva è la risposta emotiva di sintonizzazione verso lo stato emotivo

dell’altro (Baron-Cohen & Wheelwright, 2004) comunicata tramite le espressioni fac-

ciali, il tono vocale, le posture del corpo che corrispondono al contesto emotivo del par-

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lante (Chakrabarti & Baron-Cohen, 2006). L’empatia affettiva è la chiave per le intera-

zioni sociali poiché permette al soggetto di scegliere una risposta adeguata per la com-

prensione dei sentimenti altrui. È stato ben documentato che gli individui con disturbo

dello spettro autistico hanno deficit di empatia cognitiva (Peterson, Garnett, Kelly &

Attwood, 2009), definita come la capacità di una persona di decifrare intenzioni altrui,

emozioni o credenze (Vetter, Leipold, Kliegel, Phillips & Altgassen, 2013). Sebbene la

lettura del pensiero è ovviamente una componente dell’empatia cognitiva, la vera empa-

tia richiede anche una risposta emotiva allo stato mentale di un’altra persona. Molti

soggetti con ASD hanno difficoltà a rispondere alle emozioni di un’altra persona, ad

esempio, possono essere in grado di vedere che qualcuno sta piangendo, dedurre se gli

altri sono tristi o turbati ma non sanno perché o come confortarli. Tuttavia, nella man-

canza della ToM, è l’empatia affettiva l’elemento di risposta maggiormente implicato

nelle reazioni emotive adeguate ai sentimenti e ai pensieri di un’altra persona. Inoltre,

una serie di condizioni cliniche riportano forme di cecità mentale in varie patologie co-

me la schizofrenia, i disturbi della personalità narcisistica e borderline (Corcoran &

Frith, 1997; Fonagy 1989, cit. in Baron-Cohen, 2009) e, in alcuni studi, anche per il di-

sturbo della condotta nei bambini, indicando come, la presenza di queste difficoltà po-

trebbero non essere esclusive per l’ASD.

Per conoscere alcuni aspetti teorici dell’ASD (e per estensione del BAP), è impor-

tante capire come l’ASD e l’empatia siano correlate (Jamil, 2016). Appare ben docu-

mentato come soggetti, sia con ASD sia con manifestazioni del BAP, presentino scarse

competenze empatiche rispetto ai controlli (Baron-Cohen & Wheelwright, 2004; Bons

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et al 2013; Grove et al., 2013; Deschamps, Beens, & Matthys, 2014; Lamport & Turner,

2014). Nello specifico, studi recenti, confermano i risultati riportati in letteratura, rispet-

to alle scarse capacità dei bambini con ASD nella comprensione degli stati mentali e

delle emozioni degli altri se confrontati ai bambini con sviluppo tipico (Deschamps et

al., 2014). Allo stesso modo, molti genitori di persone con ASD, presentano ridotte ca-

pacità empatiche rispetto ai genitori del gruppo di controllo (Grove, Baillie, Allison, Ba-

ron-Cohen, e Hoekstra, 2013). Inoltre, gli adulti con maggiore espressione del BAP,

manifestano maggiori difficoltà empatiche rispetto a quelli con basse espressioni del

BAP (Lamport & Turner, 2014), ridotte capacità di riconoscimento degli stati emotivi

altrui (Wallace, Sebastian, Pellicano, Parr & Bailey, 2010) e in generale deficit della

ToM (Losh & Piven, 2007).

Le teorie sull’empatia si sono concentrate a spiegare le scarse capacità empatiche sia

nella condizione autistica sia nell’espressione del BAP e in che modo queste difficoltà

tentino di chiarire alcuni sintomi dell’ASD. Nell’autismo, si ipotizza che, le difficoltà

empatiche, sociali, della ToM e del riconoscimento delle emozioni possano derivare da

un deficit di motivazione sociale (Chevallier et al., 2012). La teoria della motivazione

sociale consiste nell’insieme di disposizioni psicologiche e meccanismi biologici

dell’individuo volte all’orientamento preferenziale del mondo sociale (orientamento so-

ciale), a trovare piacere nelle interazioni sociali (ricompensa sociale) e a impegnarsi per

favorire e mantenere i legami sociali (mantenimento sociale). Tale teoria presuppone

che le persone con ASD, siano psicologicamente e biologicamente predisposte a trascu-

rare le opportunità sociali, a ricavare meno piacere nell’interazione sociale e a sforzarsi

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meno per impegnarsi a mantenere rapporti relazionali; queste criticità implicano la

compromissione dei tre aspetti della motivazione sociale: orientamento sociale, ricom-

pensa sociale e mantenimento sociale (Chevallier et al., 2012). Pertanto, la teoria della

motivazione sociale presuppone l’esistenza di un deficit innato delle competenze sociali

e, quindi anche delle capacità empatiche generali nei soggetti con ASD. Invece, la teoria

dell’empatia e della sistematizzazione E-S suggerisce che, le difficoltà empatiche e, di

contro, le notevoli abilità di sistematizzazione dei soggetti con ASD, potrebbero assu-

mere un ruolo fondamentale nella comprensione dei deficit socio-comunicativi e della

presenza di comportamenti rigidi e ripetitivi evidenti in molte persone con ASD (Baron-

Cohen, 2009). Nello specifico, la teoria della mente nell’ASD è stata utile per capire

alcuni aspetti legati alle difficoltà comunicative e sociali in bambini e adulti con auti-

smo (Baron-Cohen, Tager-Flusberg, & Cohen, 2000, cit. in Happè et al., 2001). Tutta-

via la stessa, come già noto, ha avuto meno successo a spiegare gli aspetti non sociali

dell’ASD come i comportamenti ripetitivi, gli interessi ristretti e la presenza di profili

cognitivi irregolari, con isolotti di abilità e competenze superiori alla media in tali sog-

getti (Frith & Happe, 1994). Interessanti studi sugli aspetti non sociali dell’autismo ten-

tano di spiegare alcune alterazioni correlate a lesioni frontali nel cervello; questi ultimi

comporterebbero difficoltà di pianificazione, inibizione, controllo e flessibilità delle

azioni dirette agli obiettivi che sembrerebbero compromessi nell’ASD (Russell, 1997,

cit. in Happè et al., 2001).

Ozonoff e collaboratori (1991) e Hughes e collaboratori (1997), a tal proposito, nei

loro studi, hanno anche dimostrato specifiche difficoltà di funzionamento esecutivo

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(EF) sia nei bambini con ASD sia parenti, soprattutto nella memoria di lavoro, di flessi-

bilità cognitiva e di pianificazione. Tuttavia, nei vari lavori esaminati, riscontriamo la

presenza di un funzionamento esecutivo EF espresso in maniera eterogenea nell’ASD.

In particolare, sono state osservate alcune differenze nel funzionamento esecutivo tra i

genitori e i fratelli di soggetti con ASD e in gruppi di controllo. Rispetto ai genitori di

bambini con difficoltà di apprendimento e bambini con TD, i genitori di bambini con

ASD, e nello specifico i padri, hanno mostrato difficoltà di attenzione, pianificazione,

memoria di lavoro spaziale e a breve termine (Hughes et al., 1997). Il compito basato

sull’attenzione è stato particolarmente difficile da eseguire per la metà dei genitori di

bambini con ASD rispetto al gruppo di controllo, rilevando una ridotta capacità nel va-

riare strategie di problem solving. In un altro studio, i genitori del gruppo con ASD han-

no riportato punteggi significativamente più bassi su compiti di memoria di lavoro ver-

bale e teoria della mente rispetto ai genitori di bambini con TD (Gokcen et al., 2009).

Inoltre, genitori del gruppo con ASD, hanno manifestato prestazioni peggiori in compiti

di pianificazione rispetto ai genitori di bambini con DS (Piven & Palmer, 1997). Studi

sui fratelli del gruppo con ASD hanno mostrato la stessa tendenza generale (Hughes et

al., 1999, cit. in Gerdts & Bernier, 2011). Tuttavia, molti di questi stessi studi, basati

sulla valutazione delle funzioni esecutive e della coerenza centrale, hanno riportato ri-

sultati contrastanti, rendendo la loro associazione con il BAP discutibile (Gerdts & Ber-

nier, 2011). Pertanto, i dati della letteratura osservata meritano ulteriori analisi.

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2.3.3 L’influenza degli aspetti percettivi nella cognizione sociale dell’autismo Le osservazioni basate sull’elaborazione delle informazioni a livello globale e locale

sono aspetti della percezione visiva studiati nel disturbo dello spettro autistico. Come

già detto i soggetti con ASD presentano delle prestazioni visuo-sapziali a livello locale

superiori a quelle dei soggetti con TD. È importante però notare che gli individui con

ASD non mostrano prestazioni migliori su tutti i compiti visuo-spaziali (Happe &

Booth, 2008). Poiché i dati di ricerca rivelano un’incongruenza dei risultati rispetto alla

percezione locale e globale nei soggetti con ASD, se confrontati con i soggetti di con-

trollo, la percezione nell’autismo non può essere caratterizzata semplicemente da un

aumento delle informazioni locali a discapito di quelle globali, ma piuttosto, come una

complessa relazione tra essi. Le teorie principali proposte per spiegare queste differenze

nella trasformazione dell’elaborazione dell’informazione globale e locale fanno riferi-

mento alla teoria della debole coerenza centrale (Frith & Happè, 1994; Happè & Frith,

2006) e al miglioramento del modello di funzionamento percettivo nell’ASD (Mottron

et al., 2006). Le revisioni più recenti sulla debole coerenza centrale, tuttavia, rinunciano

alla nozione di un deficit a livello globale, rilevando, invece, la presenza di uno stile lo-

cale preferenziale nell’elaborazione delle informazioni. Il modello basato sul migliora-

mento del funzionamento percettivo si focalizza, alternativamente, sulla percezione e

quindi sui processi “bottom-up”. Questa teoria propone che, l’aumentato

nell’autonomia della percezione possa promuovere l’elaborazione locale nell’ASD, fa-

vorendo quindi prestazioni visuo-spaziali superiori e caratterizzando tali soggetti per

una migliore abilità percettiva in tal senso e non per un deficit nell’elaborazione globale.

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Tuttavia, ci sono pochi studi, che hanno esaminato l’elaborazione delle informazioni

percettive durante lo sviluppo e come la presenza di informazioni divergenti globali e

locali influenzerebbero le prestazioni dei soggetti nel tempo. Nello studio di Guy e col-

laboratori (2016) è stata indagata la produzione delle elaborazioni a livello globale e lo-

cale anche in presenza di informazioni contrastanti utilizzando lo stesso stimolo. In let-

teratura i risultati degli studi in cui sono implicati stimoli gerarchici sono incoerenti;

l’eterogeneità dei gruppi di studio complica l’interpretabilità dei risultati. Nello specifi-

co, Guy e collaboratori (2016) utilizzano stimoli gerarchici rappresentati da lettere

grandi “globali” a loro volta composte da lettere più piccole “locali” coerenti o incoe-

renti allo stimolo globale, cioè corrispondenti o meno alla lettera più grande che li con-

tiene (Figura 3). I risultati di questo studio dimostrano che i bambini e gli adolescenti

con ASD, rispetto ai soggetti con TD, possono essere generalmente più lenti a risponde-

re alle informazioni globali di stimoli incoerenti, suggerendo una prestazione “basale”

più lenta. Pertanto i partecipanti con ASD sembrano più lenti del gruppo di soggetti con

TD quando viene chiesto loro di identificare la lettera globale (grande) in presenza di

informazioni incoerenti a livello locale (lettere piccole non corrispondenti alla lettera

grande che li contiene) Tuttavia, nei due gruppi (ASD – TD), non è stato rilevato alcun

effetto significativo relativo all’età dei partecipanti.

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(Fig. 3) Guy et al. 2016

La forte influenza nell’ASD dell’interferenza locale-globale è coerente con alcuni ri-

sultati precedenti (Behrmann et al., 2006; Wang et al., 2007), ma non con altri (Kol-

dewyn et al., 2013; Scherf et al., 2008). Scherf e colleghi (2008), per esempio, non han-

no riscontrato nei bambini o negli adolescenti con ASD rispetto ai loro coetanei con TD

una chiara preferenza per gli stimoli locali; invece, le differenze sono state rilevate in

soggetti adulti con ASD. È stato osservato che, mentre gli individui con TD diventano

più sensibili alle informazioni globali con l’età, ciò non si verifica per gli individui con

ASD. In accordo ai risultati dello studio di Guy e collaboratori (2016) è possibile ipotiz-

zare che le informazioni locali potrebbero restare più dominanti delle informazioni glo-

bali nell’ASD. In altre parole, per individui con ASD, l’elaborazione globale sembre-

rebbe richiedere più tempo rispetto ai soggetti con TD soprattutto in presenza di interfe-

renze locali dell’informazione. Poiché lo sviluppo in generale e l’adolescenza in partico-

lare potrebbe essere un periodo molto importante di cambiamento percettivo e cogniti-

vo, più di quanto si pensasse in precedenza (Picci & Scherf, 2014), gli studi di ricerca

richiedono un esame più approfondito da fare nelle osservazioni degli adolescenti con

ASD. Pertanto vi è la necessità di studi longitudinali al fine di chiarire come gli effetti

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delle interferenze si manifestino nel tempo in modo tale da capire se l’interferenza loca-

le-globale appare stabile o maggiore negli adulti con ASD. Una comprensione più chia-

ra dell’interferenza globale-locale nell’ASD potrebbe, infine, contribuire ad identificare

l’età ottimale in cui gli interventi specifici e le strategie di apprendimento possano esse-

re più efficaci per i soggetti interessati.

Una maggiore elaborazione per i dettagli potrebbe essere correlata ad anomalie spe-

cifiche nel funzionamento del sistema visivo nell’ASD. Le informazioni visive prove-

nienti dalla retina afferiscono alla corteccia visiva primaria attraverso due percorsi indi-

pendenti ma collegati: il percorso magnocellulare e il percorso parvocellulare. Il percor-

so magnocellulare contiene grandi neuroni sensibili agli stimoli in movimento (a bassa

frequenza spaziale) e con un basso contrasto di luminosità. Questo percorso elabora le

informazioni di movimento e di profondità. Il percorso magnocellulare proietta, attra-

verso la corteccia visiva primaria, principalmente verso il flusso dorsale, che termina

nella corteccia parietale posteriore (Livingstone & Hubel, 1988; Merigan & Maunsell,

1993 cit. in de Jonge et al., 2007). Al contrario, il percorso parvocellulare contiene neu-

roni più piccoli, sensibili alla percezione di oggetti stazionari e di elementi stimolanti

relativamente piccoli (cioè di elevate frequenze spaziali) e gestisce le informazioni sulla

forma e sul colore di un oggetto. Il percorso parvocellulare proietta, attraverso la cortec-

cia visiva primaria, principalmente verso il flusso ventrale, che termina nella corteccia

infero-temporale (Livingstone & Hubel, 1988; Merigan & Maunsell, 1993, cit. in de

Jonge et al., 2007). Pertanto, nell’ASD, le anomalie di elaborazione dell’informazione

visiva potrebbero essere causate da un aumento dell’elaborazione parvocellulare-

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ventrale o da una diminuzione dell’elaborazione magnocellulare-dorsale. Questa ipotesi

è stata testata utilizzando i compiti di elaborazione del movimento (per studiare

l’elaborazione delle informazioni nel flusso dorsale) e / o test di elaborazione di colore o

forma (per studiare l’elaborazione nel flusso ventrale). Diversi studi suggeriscono che

l’elaborazione del flusso dorsale è anomala nell’ASD, anche se, altre ricerche, non han-

no riscontrato differenze significative tra soggetti con ASD e con TD.

Nello studio di de Jonge e collaboratori (2007), è stata valutata l’elaborazione delle

informazioni visive in soggetti con ASD ad alto funzionamento. I ricercatori hanno uti-

lizzato compiti per la sensibilità del contrasto, il movimento e la percezione della forma

al fine di testare l’elaborazione visiva di soggetti con ASD e con TD nei percorsi ma-

gnocellulari-dorsali e parvocellulari-ventrali. Non sono stati riscontrati deficit di sensi-

bilità del contrasto per frequenze spaziali basse o elevate o per la percezione di movi-

mento o forma tra gli individui con ASD rispetto al gruppo di controllo. Anche sulle at-

tività di rilevazione del movimento, gli individui con ASD, hanno eseguito ugualmente

o meglio rispetto ai controlli tali attività. Inoltre, non sono state rintracciate differenze

tra i genitori del gruppo con ASD e i genitori del gruppo con TD in nessuno dei compiti

presentati. Questi risultati indicano che i soggetti con ASD (alto funzionamento) e i loro

genitori, siano in grado di elaborare gli stimoli visivi che si basano sull’elaborazione

dell’informazione precoce o tardiva nei percorsi magnocellulari-dorsali e parvocellulari-

ventrali, presentando prestazioni simili al gruppo di controllo.

I dati empirici a favore della presenza di una percezione atipica nell’ASD, derivano

in gran parte da studi che utilizzano stimoli non sociali e visuo-spaziali, dimostrando

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preferenze per stimoli locali (Mottron et al., 2006) e, talvolta, difficoltà nell’ambito

dell’elaborazione dell’informazione globale (Happé & Frith, 2006). Queste scoperte si

estendono anche alla percezione che i soggetti con ASD hanno dei volti; questi ultimi

sarebbero tipicamente elaborati attraverso strategie olistiche (cioè globali), in cui sono

integrati i rapporti tra le caratteristiche visive locali e la forma complessiva globale (Fa-

rah, Wilson, Drain, & Tanaka, 1998). Il cervello umano è in grado di discriminare e ri-

conoscere gli stimoli facciali in maniera affascinante e veloce e senza sforzo, nonostante

l’elevata somiglianza delle facce (Bruce & Young, 2012, cit. in Evers et al., 2017). Co-

me già detto, l’elaborazione delle informazioni del viso si basa su una rete altamente

specializzata di regioni del cervello. I volti sono considerati all’interno di una gestalt

poiché la percezione delle singole parti dipende fortemente dalla comprensione che si ha

dall’interno volto. L’elaborazione olistica implica una forma specializzata di elabora-

zione dello stimolo, cruciale per la velocità dell’efficienza della percezione tipica del

volto e coinvolge l’integrazione di informazioni personali e relazionali. Come sostiene

Rossion (2013) l’elaborazione olistica è definita come “l’integrazione simultanea delle

parti multiple di un volto in un’unica rappresentazione percettiva”. Pertanto,

l’elaborazione olistica del viso comporta la rappresentazione simultanea di diversi tipi

di informazioni non in maniera isolata tra loro bensì integrate. Spostando l’attenzione

dai processi percetti degli stimoli non sociali (oggetti) agli stimoli sociali (volti) è risa-

puto che la capacità di riconoscere, identificare o discriminare in modo efficace un volto

è fondamentale per lo sviluppo precoce della comunicazione e dell’interazione sociale

(Schultz et al., 2000). Il giudizio sociale attribuito al volto è una dimensione importante

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delle relazioni sociali ed è un processo intuitivo (Olson & Marshuetz, 2005) che coin-

volge sia competenze percettive sia concettuali e organizza ulteriormente l’impressione,

l’atteggiamento e il comportamento verso i potenziali partner (Todorov et al., 2008). La

rilevanza clinica delle disabilità sociali nell’ASD si è concentrata su una grande mole di

studi che indagano l’elaborazione del viso (per recensioni vedi Dawson & McPartland,

2005; Jemel & Dawson, 2006; Sasson, 2006, cit. in Evers et al., 2017).

Nonostante l’elevato numero di ricerche nell’ASD che dimostrino differenze nella

percezione dei volti, i risultati di gran parte di questi lavori rimangono controversi (Je-

mel et al., 2006; Sasson, 2006; Weigelt et al., 2012).

Gli individui con ASD elaborano in maniera atipica le informazioni provenienti dal

volto (Tang et al., 2015; Jemel et al., 2006); nei compiti di riconoscimento dei volti, i

soggetti con ASD, mostrano una riduzione delle competenze legate alla memoria del

volto, rilevando una qualità atipica della percezione dei volti. Rispetto agli schemi di vi-

sualizzazione preferenziale, gli individui con ASD mostrano una ridotta salienza per le

facce (Falck-Ytter & von Hofsten, 2011), ciò è dimostrato anche nei bambini piccoli

con ASD. Inoltre i bambini con ASD presentano delle fissazioni sulle caratteristiche di

base del volto in misura minore rispetto ai gruppi di controllo. Pertanto, il giudizio so-

ciale atipico delle facce in ASD potrebbe derivare dall’elaborazione atipica dei volti

(Simmons et al., 2009), nonché dalla preferenza per l’elaborazione di informazioni rife-

rite ai dettagli a discapito dell’elaborazione globale (Happe & Frith 2006). È stato sug-

gerito che, nell’ASD, una mancanza di competenze derivanti da una diminuita attenzio-

ne orientata verso i volti (Elsabbagh et al., 2011) potrebbe manifestarsi come una ridotta

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o inficiata sensibilità agli stimoli percettivi (Dawson et al., 2005) che sottendono

l’elaborazione sociale dei volti nello sviluppo tipico. Tuttavia, il grado in cui la sensibi-

lità, associata agli stimoli percettivi, influenza il giudizio sociale, rimane sconosciuto.

Inoltre, la letteratura sull’attenzione sociale nell’ASD è caratterizzata da risultati contra-

stanti. Studi di meta-analisi rilevano nel gruppo con ASD un numero ridotto di fissazio-

ni sulla regione degli occhi ma nessuna attenzione atipica sulla zona della bocca (Papa-

giannopoulou & Lagopoulos, 2014). Inoltre, come già detto in precedenza, diversi lavo-

ri in letteratura, come la teoria della debole coerenza centrale (Frith & Happè, 1994;

Happè & e Booth, 2008; Happè & Frith, 2006), sottolineano la presenza nell’ASD di

uno stile percettivo atipico, più localmente orientato e meno diretto all’elaborazione

globale, fondamentale per le teorie neurocognitive dell’ASD. Tuttavia, gli studi succes-

sivi non sono riusciti a replicare questi risultati precedenti, lasciando la questione della

percezione visiva olistica nell’ASD argomento di dibattito. Un ampio lavoro di revisio-

ne su questo argomento (Weigelt & Kanwisher, 2012), ha rilevato nei soggetti con

ASD, una maggiore elaborazione delle informazioni del volto a livello locale senza al-

cuna prova evidente per una ridotta capacità percettiva a livello globale. Un lavoro più

recente, tuttavia, ha suggerito uno stile di trattamento delle informazioni del viso a livel-

lo globale ridotto nell’ASD, diverso dai soggetti con TD a livello quantitativo e qualita-

tivo (Tang et al., 2015).

Appare importante esplorare il rapporto tra l’elaborazione delle informazioni prove-

nienti dal viso e l’abilità percettiva dei soggetti con ASD. Di seguito sono descritti i dati

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di alcune ricerche in cui è stato indagato il funzionamento percettivo di stimoli sociali in

soggetti con ASD e con TD.

Nello studio di Pavlova e collaboratori (2017) i soggetti con ASD e con TD sono

stati sottoposti a un compito di individuazione del volto in cui la faccia è caratterizzata

da un insieme di immagini di tipo alimentare (frutta, verdura, salsicce); ciò da la possi-

bilità ai soggetti di percepire l’immagine sia come composizione di elementi (frutta,

verdura) sia come gestalt (viso). Il vantaggio principale di queste immagini è che i sin-

goli elementi non esplicitamente attivano un’operazione specifica per i volti, mentre le

immagini dei volti, comunemente usate per indagare la percezione (come fotografie o

ritratti), caratterizzate da elementi tipici come un naso o una bocca, implicano a priori la

presenza del viso. L’uso delle immagini con caratteristiche alimentari offre ai soggetti

con ASD un ulteriore vantaggio, in quanto si riduce l’inferenza per le caratteristiche so-

ciali presenti nei volti reali, in particolare gli occhi. La regione degli occhi è percepita

dagli individui con ASD come uno stimolo forte a livello sociale in grado di provocare

una maggiore risposta fisiologica come indicato dall’aumento della conduttanza cutanea

e dall’attività dell’amigdala (Tanaka & Sung, 2016). Nello studio di Pavlova e collabo-

ratori (2017) gli individui con ASD hanno sperimentato maggiori difficoltà nel ricono-

scimento spontaneo delle immagini del volto e solo più tardi hanno esposto di vedere

una faccia riferendo, in generale, meno risposte visive rispetto ai soggetti con TD. Ne-

gli individui con ASD, non è stata trovata alcuna correlazione tra la loro performance

relativa al compito e il livello generale del QI. Quest’ultimo dato indicherebbe che, la

compromissione delle prestazioni percettive nell’ASD, deriverebbe da un deficit di coe-

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renza delle informazioni provenienti dal viso piuttosto che da disabilità cognitive gene-

rali.

Lo studio di d’Arc e collaboratori (2016) rileva la presenza di un atipico giudizio so-

ciale attribuito ai volti nei bambini e negli adolescenti con ASD. Nello studio, attraverso

l’utilizzo di immagini di volti reali e immagini computerizzate (Figura 4), dette sinteti-

che perché modificate, ancora una volta vengono confermati i risultati presenti in lette-

ratura. Un risultato interessante di questo studio è che l’accuratezza dei partecipanti con

ASD risulta inferiore per le fotografie e non per le risposte date in presenza di immagini

sintetiche non rilevando differenze tra i gruppi (ASD – TD) e manifestando un effetto

simile nella quantità di segnali percettivi. Quest’ultimo dato va contro l’idea che i sog-

getti con ASD siano caratterizzati da una ridotta sensibilità verso gli stimoli facciali.

Inoltre, il giudizio sociale dei soggetti non è stato influenzato dal livello cognitivo; ciò è

coerente con l’idea che il giudizio sociale sia una capacità intuitiva e veloce (Todorov et

al., 2008) non correlata al QI.

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(Fig. 4) d’Arc et al., 2016

Lo studio di Evers e collaboratori (2017), eseguito con bambini e adolescenti con

ASD e con TD, è caratterizzato da un compito di discriminazione e corrispondenza visi-

va di volti, al fine di valutare il processamento delle informazioni del viso a livello glo-

bale e i tempi di fissazione delle facce in movimento (sia per la discriminazione sia per

la corrispondenza dei volti). Nello specifico, il gruppo con ASD non ha mostrato un de-

ficit generale e globale di elaborazione delle informazioni del viso, poiché non è stato

meno preciso nell’elaborare le informazioni del volto rispetto ai soggetti con TD ma so-

lo più lento e meno efficiente. I risultati mostrano una tendenza attenuata di elaborazio-

ne olistica del viso nei bambini con ASD da 6 a 10 anni, ma non con problemi di perce-

zione visiva analitica, tendenza che sembra scomparire nei soggetti con ASD più grandi,

da 10 ai 14 anni. I partecipanti con ASD hanno generalmente utilizzato fissazioni più

lunghe per le immagini in movimento, suggerendo la presenza di un maggiore sforzo

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attentivo e riflettendo un’elaborazione delle informazioni impegnative (compensative)

in tale condizione (Holmqvist et al., 2011; vedi Maw & Pomplun, 2004, cit in Evers et

al., 2017). Tale difficoltà è stata rilevata soprattutto nei soggetti con ASD più giovani e

più lenti rispetto ai soggetti del gruppo con TD. Per concludere, i partecipanti con ASD

si sono dimostrati particolarmente lenti rispetto al gruppo con TD quando i volti sono

stati presentati naturalmente (condizione di visualizzazione completa) o in movimento.

Sebbene l’elaborazione del viso si basi generalmente sull’interazione tra l’elaborazione

olistica e analitica (cioè, aspetti globali e locali), tali dati hanno fornito prove dirette per

una riduzione del trattamento olistico del viso nei giovani con ASD. Non è stata riscon-

trata alcuna prova di un deficit di trattamento olistico generale. Questi risultati sono coe-

renti con i dati osservati nello studio di Van der Hallen e collaboratori (2015). In questa

meta-analisi è stato dimostrato come gli individui con ASD sono solo più lenti nella cat-

tura dell’immagine globale, soprattutto se esistono anche informazioni locali (incon-

gruenti), ma non mostrano un deficit di elaborazione globale. La letteratura sulla perce-

zione del volto indica che lo sviluppo dei processi di elaborazione delle informazioni

locali e globali può contribuire alle differenze nelle prestazioni degli individui con e

senza ASD.

Come già accennato precedentemente, gli studi comportamentali ed elettrofisiologi-

ci, basati sulla percezione dei volti hanno dimostrato che i bambini con TD passano da

una strategia locale a quella globale in quanto maturano questa abilità man mano che

crescono e diventano grandi (cit. in Guy et al., 2017). Studi simili nell’ASD hanno tut-

tavia dato risultati misti, ovvero alcuni hanno indicato una transizione simile a quella

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dei soggetti con TD, mentre altri non rilevano questa modalità di elaborazione delle in-

formazioni (O’Hearn et al., 2010; O’Hearn et al., 2014) . O’Hearn e collaboratori

(2010), hanno dimostrato una mancanza di miglioramento nel riconoscimento del viso

nei soggetti con ASD dall’adolescenza all’età adulta in compiti che utilizzano sia volti

interi sia le parti del volto come stimoli. Nello specifico, questi risultati hanno indicato

che, mentre i partecipanti con TD migliorarono nella loro capacità di elaborare interi

volti (cioè informazioni globali) e parti del volto (cioè, informazioni locali) man mano

che avanzano nello sviluppo, i partecipanti con ASD non hanno mostrato tali migliora-

menti. Così gli individui con ASD non passano a una strategia globale in modo rapido o

efficace come gli individui con TD e probabilmente continueranno a utilizzare una si-

stema locale dell’elaborazioni delle informazioni anche durante l’età adulta. Sappiamo

che i bambini mostrano notevoli abilità di trasformazione di elaborazione delle informa-

zioni del viso fin da subito; i neonati sono più sensibili ai volti e possono già distinguere

la faccia della madre dagli altri volti subito dopo la nascita (Fiel et al., 1984). I risultati

di diversi studi hanno rilevato che i bambini, già all’età di 6 anni, mostrano tutti i mar-

catori tipici di visione (Crookes & McKone, 2009) anche se le abilità di elaborazione

delle facce sembrerebbero migliorare nell’adolescenza (Batty & Taylor, 2006).

Vari studi in letteratura esaminano gli effetti del cambiamento del punto di vista sul-

la percezione del volto, rilevando differenze nelle prestazioni tra i soggetti con TD e

quelli con ASD. Ad esempio, Morin e collaboratori (2015) hanno rilevato che nel com-

pito di discriminazione delle identità facciali, adolescenti e adulti con ASD, manifestano

maggiori difficoltà, rispetto ai partecipanti con TD, solo in condizioni di cambiamento

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del punto di vista, ad esempio da frontale a laterale; questi dati sono coerenti con i risul-

tati degli studi precedenti. Ciò indicherebbe che la percezione atipica del volto

nell’ASD potrebbe derivare da una difficoltà percettiva, piuttosto che da un’origine di

natura sociale. Nello studio di Guy e collaboratori (2017), valutando differenti punti di

vista, è stata osservata la capacità di discriminazione dei volti in bambini e adolescenti

con e senza ASD. Ad esempio, i volti visti di profilo, implicano un accesso limitato a

determinate funzionalità del viso (ad esempio, un occhio o una parte del naso) e la for-

ma di una caratteristica specifica differisce tra le visualizzazioni anteriori e laterali. Da-

to che il volto di un individuo è costantemente in movimento nelle routine quotidiane, e

quindi percepito da differenti punti di vista, questo tipo di approccio è particolarmente

utile per valutare strategie locali e globali degli individui. I risultati di questo studio, in-

dicano che durante lo sviluppo, soggetti con ASD e con TD sembrano percepire allo

stesso modo i volti presentati frontalmente (punto di vista). Tuttavia, quando le facce

sono rappresentate da differenti angolature, la percezione ottimale si riduce, in modo

specifico, in entrambi i gruppi (ASD – TD), nello specifico quando l’accesso ai segnali

locali viene ridotto al minimo. Questi risultati evidenziano come, le differenze nella di-

scriminazione del volto, attraverso il punto di vista, potrebbero emergere solo dopo l’età

di 15 anni nell’ASD. Pertanto tali dati rilevano la tendenza nei soggetti con ASD a svi-

luppare abilità percettive a livello globale a un ritmo più lento rispetto ai soggetti con

TD, con conseguente differenza nei gruppi solo in età adulta. I risultati dello studio

(Guy et al., 2017) sono indicativi della mancanza di un deficit generale nella percezione

del volto nell’ASD, in linea con i risultati della revisione di Weigelt e collaboratori

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(2012). Tuttavia, appare importante osservare la tendenza dei soggetti con ASD in ado-

lescenza nella condizione di cambiamento del punto di vista. Pertanto, la ricerca futura

dovrebbe dedicarsi agli studi longitudinali, in particolare durante il periodo vulnerabile

dell’adolescenza, al fine di verificare la traiettoria di sviluppo percettiva specifica di

questi soggetti. Ciò permetterebbe di chiarire il dibattito sulla percezione globale e loca-

le di immagini sociali e non e valutare la capacità di giudizio durante l’evoluzione dei

soggetti con ASD.

2.3.4 Caratterizzazione degli aspetti sociali e non sociali nell’ASD:Empaty Quo-tient EQ, Sistemizing Quotient SQ e Autism Sperctrum Quotient AQ

Al fine di spiegare le caratteristiche sociali e non sociali della condizione autistica,

la teoria basata sulle capacità empatiche e di sistematizzazione - Empaty Quotient EQ e

Sistemizing Quotient (E-S), sostiene che i due fattori siano necessari. Secondo la teoria

E-S, l’ASD non può essere spiegato solo facendo riferimento all’empatia (che appare

sotto la media), ma anche in riferimento ad un secondo fattore psicologico (di sistema-

tizzazione), che appare nella media o anche sopra la media in questa categoria di sog-

getti. La sistematizzazione è l’unità per analizzare o costruire dei sistemi, ovvero qual-

siasi tipo di sistema. Ciò che definisce un sistema è che esso segue delle regole e quan-

do sistematizziamo stiamo cercando di individuare le regole che governano il sistema, al

fine di prevedere come quel sistema si comporterà (sistemi da collezione, meccanici,

numerici, naturali, motori, etc.) (Baron-Cohen, 2006). Le persone con autismo ad alto

funzionamento (HFA) o Sindrome di Asperger (AS) presentano un punteggio più alto in

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SQ rispetto alle persone della popolazione generale, se appaiati per età mentale (Baron-

Cohen et al., 2003) e inoltre è stata rilevata una significativa differenza di genere, con

maggiore capacità di sistematizzazione per gli uomini e, migliori capacità empatiche

per le donne. A tal proposito, il cervello maschile è stato definito psicometrico, con pun-

teggi significativamente migliori di sistematizzazione rispetto alle capacità empatiche

dei soggetti di sesso femminile; invece, il cervello femminile è stato definito apparte-

nente ad un profilo cognitivo opposto. Utilizzando queste definizioni, l’autismo può es-

sere considerato come un estremo del normale profilo del cervello maschile (Baron-

Cohen, 2002).

La teoria E-S non si concentra solo sui punti di debolezza (empatia), ma anche su

quelli di forza (sistematizzare) e considera come le differenze dello stile cognitivo fanno

parte di un continuum riscontrato nella popolazione generale, piuttosto che essere consi-

derate un deficit. Una critica mossa alla teoria E-S fa riferimento alle evidenze rintrac-

ciate piuttosto limitate.

L’EQ e il SQ appaiono legate ad altre teorie cognitive, quali la teoria della debole

coerenza centrale e la teoria del deficit delle funzioni esecutive. Poiché la teoria della

debole coerenza centrale presenta manifestazioni differenti nello stile cognitivo dei sog-

getti con ASD (Happè, 1997), la teoria E-S, invece, pone un’eccellente attenzione al

dettaglio (nella percezione e nella memoria), dal momento che quando si sistematizza si

presta attenzione ai piccoli dettagli. Questo perché ogni piccolo dettaglio, in un sistema,

potrebbe avere un ruolo funzionale. La differenza tra queste due teorie è che mentre la

prima vede come negativo che le persone con autismo abbiano un’eccessiva attenzione

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alle informazioni e al dettaglio (elaborazione locale) e mai per il sistema, con una pre-

sunta incapacità di integrare le singole parti in un tutto, la teoria E-S considera questa

stessa modalità di funzionamento come una qualità manifestata dai soggetti con ASD

(eccellente attenzione al dettaglio), altamente propositiva, importante per comprendere

un sistema, al fine di raggiungere una comprensione definitiva (per quanto piccolo e

specifico il sistema possa essere). La teoria della debole coerenza centrale prevede che

le persone con autismo o AS saranno per sempre perse nel dettaglio e non raggiunge-

ranno mai una comprensione del sistema nel complesso poiché ciò richiederebbe una

visione globale. Invece, la teoria E-S predice che, nel corso del tempo, la persona po-

trebbe arrivare alla comprensione di un intero sistema, data l’opportunità di osservare e

controllare tutte le variabili in quel sistema.

Vale la pena notare come la teoria basata sul funzionamento esecutivo deficitario (EFD)

nell’ASD (Ozonoff et al., 1991) presenti maggiori difficoltà a spiegare i casi di buona

comprensione di un intero sistema, come ad esempio il calcolo del calendario o le co-

siddette fissazioni per oggetti o comportamenti nell’ASD. Così, mentre la teoria EF, per

un soggetto con ASD a basso funzionamento che scuote stringhe vicino ai suoi occhi,

considera questo comportamento come ripetitivo e stereotipato, derivante da qualche di-

sfunzione neurale, la teoria E-S riconosce lo stesso comportamento come un segno

dell’individuo che “comprende” la fisica del movimento della stringa. Nello specifico, il

soggetto potrebbe manifestare tale comportamento proprio perché trarrebbe piacere dal

movimento che appare esattamente lo stesso ogni volta che viene ripetuto; oppure emet-

tendo una lunga e rapida sequenza di suoni, il soggetto potrebbe conoscere esattamente

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il modello acustico e ottenere una condizione di benessere dalla conferma che la se-

quenza è la stessa ogni volta.

La teoria E-S, dell’empatia e della sistematizzazione, si propone di distinguere

l’ASD da altre condizioni. Infine, i due fattori (E-S) sono stati dimensionalizzati al fine

di riconoscere come i tratti dell’autismo si fondono perfettamente con quelli della popo-

lazione generale. Oggi la nozione di spettro autistico non è più definita da qualsiasi net-

ta separazione dalla “normalità”. Piuttosto che trattare l’autismo come un disturbo di-

stinto e circoscritto è stato utilizzato un approccio dimensionale per studiare la presenza

di tratti autistici variabili presenti nella popolazione generale (Hoekstra et al., 2007).

La distribuzione “normale” di tratti autistici nella popolazione generale è possibile

rilevarla attraverso l’Autism Spectrum Quotient (AQ) (Baron-Cohen & Clubley, 2001).

Inoltre è stata accertata la correlazione inversa dell’Autism Spectrum Quotient (AQ) con

l'Empaty Quotient (EQ) (Baron-Cohen & Wheelwright, 2004). L’Autism Spectrum Quo-

tient (AQ), (Baron-Cohen & Clubley, 2001) è uno strumento ben validato e utilizzato

per quantificare tratti autistici negli adulti dotati di un’intelligenza normale. L’ASD

rappresenta l’estremo superiore di una costellazione di tratti che possono essere distri-

buiti continuamente nella popolazione generale (Pvien et al., 1997, Baron-Cohen &

Clubley 2001; Baron-Cohen et al., 2006; Constantino & Todd, 2003). Vari studi effet-

tuati al fine di quantificare i tratti autistici nella popolazione, hanno trovato punteggi

elevati nei parenti di persone con ASD, in particolare su due delle cinque sotto-scale

dell’AQ, abilità sociali e di comunicazione, riportando punteggi più alti di tratti ASD

rispetto al gruppo di controllo. Per le altre tre scale, attenzione ai dettagli, commutazio-

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ne o tolleranza al cambiamento e immaginazione, non sono state riscontrate differenze

tra i gruppi (Bishop et al., 2004; Constantino et al., 2006).

In un altro studio di Ruta e collaboratori (2012) è stata dimostrata una differenza di

genere (M/F) di espressione del BAP, con punteggi maschili superiori rispetto a quelli

femminili sui punteggi totali dell’AQ, in particolare sull’immaginazione, la comunica-

zione e l’attenzione ai particolari. Dalle evidenze scientifiche (Ruta et al., 2012), è stato

rilevato che i genitori di soggetti con ASD mostrano, rispetto ai controlli, scarse abilità

sociali e di comunicazione e le madri di bambini con ASD presentano maggiori difficol-

tà nell’immaginazione rispetto alle madri di controllo.

L’AQ nella versione italiana, rappresenta una misura cross-culturale affidabile del feno-

tipo allargato e può essere utilizzato per identificare un gradiente di gravità fenotipica di

tratti autistici nei familiari di soggetti con ASD (Ruta et al., 2012).

Visto che avere un bambino con autismo, comporterebbe la possibilità di presentare

tratti correlati all’ASD, considerati fattori di rischio diffusi tra i parenti di primo grado

(Baron-Cohen, 2006), nel 2009 è stato proposto il primo studio di associazione tra geni

candidati per l’ASD e i tratti autistici dell’AQ e dell’EQ nella popolazione generale

(Chakrabarti et al., 2009). In questo studio, sono stati identificati 27 geni significativi,

alcuni dei quali associati ai tratti autistici riscontrati nella popolazione generale e in

soggetti con Sindrome di Asperger - AS. Nello specifico 19 geni significativi sono stati

osservati per l’associazione rilevata con uno o entrambi i tratti dell’ASD - AQ e EQ in

un campione tipico di soggetti adulti. Lo studio di questi specifici geni, necessita di es-

sere replicato e approfondito ulteriormente.

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2.3.5 La Teoria Estrema del Cervello Maschile (EMB) come estensione della Teoria E-S.

La teoria E-S è stata estesa alla teoria Estrema del Cervello Maschile dell’autismo -

EMB - Extreme Male Brain (Baron-Cohen, 2002). Questo perché ci sono chiare diffe-

renze di sesso per alcuni domini espressi dai soggetti: le femmine ottengono punteggi

migliori nelle capacità empatiche, rispetto ai maschi che, invece, mostrano buone abilità

di sistematizzazione. Così spiegato, l’autismo, potrebbe essere considerato come un

estremo del profilo tipico del cervello maschile. Per intendere come EMB sia

un’estensione della teoria E-S, si ha la necessità di considerare le due dimensioni (E) (S)

come indipendenti (E per l’empatia e la S per la sistematizzazione) in cui si osservano

differenze individuali nella popolazione. Secondo questa teoria, ci sono 5 modalità di-

verse di funzionamento del cervello:

• Tipo E (E> S): persone con una maggiore capacità a empatizzare;

• Tipo S (S> E): persone in cui la loro capacità di sistematizzazione è superiore ri-

spetto alle loro capacità empatiche;

• Tipo B (S = E): persone il cui la capacità a empatizzare appare adeguata così come

la loro capacità di sistematizzazione (B sta per bilanciata);

• tipo estremo E (E »S): persone in cui la loro capacità di empatia è sopra la media,

ma presentano difficoltà quando si tratta di sistematizzare;

• tipo estremo S (S »E): persone in cui la capacità di sistematizzazione è sopra la

media, ma sono in discussione quando devono manifestare capacità empatiche.

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La teoria EMB, estesa al livello neurologico, permette di rilevare alcuni risultati in-

teressanti (Baron-Cohen, Knickmeyer et al., 2005) che riportano anomalie e differenze

nelle dimensioni di alcune specifiche aree del cervello tra soggetti con ASD e con TD.

Questi “tipi di cervello” definiti a livello cognitivo e psicometrico, dovrebbero correlare

con le differenze strutturali e funzionali a livello neurale. Tali aspetti dovrebbero essere

maggiormente valutati e osservati in studi futuri.

Il modello E-S predice che le femmine abbiano un cervello di tipo E, e i maschi, un

cervello di tipo S. Per le persone in condizioni dello spettro autistico, si prevede con

maggiore probabilità, la presenza di un cervello di tipo estremo S (Wheelwright et al.,

2006). Se si valutano le misure di empatia e sistematizzazione (EQ e SQ) nella popola-

zione generale, i risultati si adattano a questo modello ragionevolmente bene. I maschi

(54%) hanno maggiormente un cervello del tipo S e le femmine (44%) un cervello del

tipo E, mentre le persone con autismo o Asperger (65%) presentano un estremo del cer-

vello maschile (Goldenfeld et al., 2005). È interessante notare che mentre il sesso è un

forte predittore di tipo cerebrale nella popolazione generale, nella popolazione con ASD

non lo è. Sia i maschi sia le femmine con ASD hanno statisticamente più probabilità di

avere un cervello estremo di tipo S.

Oltre alle prove EQ e SQ, esistono altre prove che supportano la teoria EMB; ad

esempio, attraverso l’Eyest-Test, è possibile dimostrare differenze di genere

nell’esecuzione di tale compito, con le donne che presentano in media un punteggio più

alto rispetto agli uomini, e le persone in condizioni dello spettro autistico presentano un

punteggio ancora più basso rispetto ai maschi tipici (Baron-Cohen & Jolliffe, 1997).

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Dorris e collaboratori (2004) hanno rilevato che i fratelli di bambini con ASD, invitati a

riconoscere una regione del volto e cioè l’espressione emotiva attraverso gli occhi e ad

etichettare con una parola (tra 4 proposte) ciò che la persona sta pensando o provando,

eseguono in modo peggiore tale task rispetto ai controlli. Questi studi suggeriscono che

non è raro riscontrare espressioni dell’ampio fenotipo autistico tra i parenti di primo

grado di individui affetti e spesso, oltre alle difficoltà di comunicazione e interazione

sociale, manifestano anche difficoltà di riconoscimento emotivo o di lettura delle mente

altrui. Nell’Embedded Figures Test i maschi in media sono più veloci rispetto alle fem-

mine; inoltre, le persone con autismo sono ancora più veloci rispetto ai maschi tipici e i

parenti presentano punteggi migliori rispetto ai controlli (Baron- Cohen, & Hammer,

1997).

La teoria della cecità mentale si è dimostrata particolarmente utile per spiegare, in

parte, il funzionamento cognitivo nelle condizioni dello spettro autistico, ma il suo valo-

re è limitato alle funzioni sociali e alla difficoltà di comunicazione non riuscendo a

spiegare le caratteristiche comportamentali e trascurando anche le difficoltà

dell’empatia affettiva. Per queste ragioni, la teoria E-S, a due fattori, sembra essere più

adatta a spiegare l’insieme delle caratteristiche sottostanti l’ASD. Questa teoria sembra

anche più applicabile rispetto alla teoria della debole coerenza centrale o della difficoltà

nel funzionamento esecutivo in quanto, quest’ultime, presentano carenze riguardo

l’universalità e le capacità esplicative.

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2.3.6 Aspetti rilevanti della cognizione sociale: Eyes Test e Faces Test

Esiste un canale comunicativo non verbale corrispondente a quello che Baron-Cohen

(2001) chiama “il linguaggio degli occhi”. Dagli studi di ricerca, emerge che soggetti

con un normale sviluppo, sembrino molto abili a comprendere questo linguaggio non

detto, mentre le persone con autismo o con Sindrome di Asperger - AS - presentino no-

tevoli difficoltà a decifrare lo stato emotivo attraverso lo sguardo.

La priva versione del test della lettura della mente attraverso lo sguardo (Eyes –

Test) è stata pubblicata nel 1997 (Baron-Cohen & Jolliffe, 1997) al fine di valutare la

capacità di mentalizzare negli adulti. Sebbene questo strumento sia riuscito a discrimi-

nare gli adulti con (AS) o con autismo ad alto funzionamento (HFA) dai controlli, lo

stesso, presentava incertezze a livello psicometrico. In seguito tale task è stato modifica-

to (Baron-Cohen et al., 2001) migliorando il potere di rilevare le differenze individuali,

anche se sottili, nella cognizione sociale. Nei soggetti con ASD o AS i deficit della co-

gnizione sociale potrebbero essere camuffati dall’apprendimento di alcune strategie

compensative. Pertanto, risulta necessario, utilizzare strumenti altamente sensibili in

grado di rilevare anche le anomalie più sottili.

L’utilizzo dell’Eyes-Test presuppone che il soggetto, cui viene proposto tale compi-

to, abbia una conoscenza del lessico e della semantica appropriata agli stimoli presenta-

ti, rilevanti per etichettare l’espressione emotiva attraverso gli occhi. Ciò permetterebbe

di riconoscere gli stati mentali altrui, attribuire un giudizio e associare l’etichetta verba-

le corrispondente all’espressione emotiva dell’immagine rappresentata. Nell’Eyes-Test è

importante che il soggetto abbia una capacità di identificazione e attribuzione della rela-

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tiva condizione mentale in questione senza la necessità di inferire il contenuto di tale

stato mentale.

I risultati dell’Eyest Test mostrano che i maschi adulti nella popolazione generale ot-

tengono punteggi inferiori rispetto alle donne. Dagli adulti eseguiti con soggetti con AS

e con HFA, si rileva come gli stessi, eseguono in modo peggiore tale compito se para-

gonati ai soggetti di controllo normali e con Sindrome di Tourette (TS) (una patologia

differente dall’ASD, inclusa come gruppo di controllo). Il gruppo TS non manifesta dif-

ferenze significative rispetto alla popolazione generale. Anche i genitori di bambini con

ASD presentano punteggi inferiori rispetto a quelli rilevati nella popolazione generale,

confermando la presenza del fenotipo allargato all’interno di questa specifica categoria

di soggetti, portatori dei geni dell’ASD (Bailye et al., 1995, Baron-Cohen et al., 2001).

L’Eyes Test è stato modificato rispetto alla versione originale al fine di aumentarne

la sensibilità e la specificità delle risposte, massimizzando così la possibilità di rivelare

anche sottili differenze individuali. Nello specifico, sono state aumentate le possibilità

di risposta (da 2 a 4 opzioni) e il numero degli elementi - foto delle espressioni della re-

gione degli occhi (da 25 a 36 stimoli). Inoltre, la prima versione del test comprendeva

entrambi gli stati mentali, di base e complessi, e quindi anche elementi facili da identifi-

care. Si evince che le emozioni di base (felicità, tristezza, rabbia, paura e disgusto) sono

essenziali perché riconosciute universalmente, senza la necessità di attribuire una cre-

denza alla persona e vengono facilmente identificate anche dai bambini con TD molto

piccoli (Ekman e Friesen, 1971; Harris, 1991; Walker, 1982, cit. in in Baron-Cohen et

al., 2001). Gli stati mentali complessi, invece, comportano l’attribuzione di una convin-

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zione o di un’intenzione - uno stato mentale cognitivo - alla persona.

Nella versione rivista del test gli elementi sono limitati a stati mentali complessi, in

modo da rendere il compito molto più impegnativo, aumentando la probabilità di ottene-

re una gamma più ampia di prestazioni in un campione casuale di adulti. Inoltre è stato

attentamente controllato il numero di foto (maschili e femminili) rispetto alla versione

originale, in cui sono state presentate più foto femminili. Pertanto, il riconoscimento

delle espressioni emotive della regione degli occhi è stato valutato mostrando foto di en-

trambi i sessi, al fine di controllare l’effetto della generalizzazione e i risultati sono ap-

parsi simili in entrambi i compiti. Nella versione originale del test le parole per etichet-

tare l’espressione emotiva erano sempre opposti di tipo semantico (ad esempio, interes-

sato vs indifferente, o simpatico vs antipatico) e ancora una volta ciò rendeva il test

troppo facile. Il test in sostanza chiedeva di distinguere tra stati mentali con valenza

emotiva da positiva vs negativa. Nella versione rivista del test, ancora una volta, è stato

aumentato il livello di difficoltà, garantendo, per quanto possibile, la presenza di 3 paro-

le con una valenza emotiva simile alla parola bersaglio (Figura 5).

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(Fig. 5) Eyes-test (Baron-Cohen et al., 2001)

Nella nuova versione del test, appare considerata la difficoltà legata alla comprensio-

ne del significato delle parole, pertanto è stato inserito un glossario comprendente tutti i

termini caratterizzanti i vari stati mentali presentati.

La versione rivista di tale test, in linea generale, conferma i dati riportati in precedenza,

considerando le prestazioni normali al di sotto dell’effetto tetto (che si ottiene quando il

livello di difficoltà del compito è piuttosto basso per cui le prestazioni dei soggetti sono

ai livelli massimi).

Una critica alla revisione del test degli occhi potrebbe essere rivolta alla rappresentazio-

ne di stimoli statici in contrasto con la presenza stimoli dinamici che caratterizzano il

mondo reale.

Gli stati mentali possono essere letti attraverso le espressioni del volto, degli occhi e

della bocca anche se, le diverse parti implicate, possono avere un valore differente nella

capacità di decodifica dell’elaborazione delle informazioni tra vari gruppi di soggetti. È

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stato valutato e osservato il diverso ruolo che hanno le parti del viso (occhi - bocca e

tutto il viso) nel compito di riconoscimento degli stati emotivi in soggetti con ASD e

con TD. Il Faces-Test (Baron-Cohen & Jolliffe, 1997), valuta la capacità di identificare

le emozioni dalle espressioni del volto ed è caratterizzato da 20 stimoli (fotografie di

volti femminili) esprimenti diversi stati emotivi, tra cui dieci emozioni di base (felicità,

tristezza, rabbia, paura, disgusto, gioia, etc) e dieci emozioni complesse (pensieroso, in-

trigante, arrogante, curioso, disinteressato, interessato, colpevole, etc). I soggetti, sotto-

posti a tale compito, hanno la possibilità di scegliere tra 2 risposte per ogni espressione

emotiva rappresentata. Tale esperimento ha rilevato che soggetti adulti normali, invitati

a codificare le espressioni emotive dal volto o solo da alcune parti di esso (occhi o boc-

ca), mostrano migliori capacità nell’attribuire stati mentali di base e complessi attraver-

so tutto il viso, il quale si è dimostrato più informativo rispetto ai soli occhi o alla bocca.

Nello specifico per gli stati mentali complessi, le rappresentazioni emotive espresse dal-

la regione degli occhi, hanno prodotto prestazioni significativamente migliori

dell’osservare solo la bocca, dimostrandosi parti del volto capaci di trasmettere infor-

mazioni tanto quanto l’intero viso. Ciò può essere spiegato poiché gli stati mentali com-

plessi non sono facilmente esprimibili attraverso la sola bocca, a differenza di quelli di

base, come la felicità o la tristezza. Tale dato è la dimostrazione che gli occhi di un’altra

persona contengono informazioni sufficienti per individuare gli stati mentali complessi

del volto.

Soggetti adulti con autismo o AS sono stati testati utilizzando la stessa procedura

(volto intero - occhi - bocca). I risultati hanno mostrato una significativa riduzione di

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valore rispetto agli adulti normali sul riconoscimento emotivo degli stati mentali com-

plessi, soprattutto dalla regione degli di occhi, rilevando ancora una volta specifiche dif-

ficoltà di cognizione sociale per questi gruppi di soggetti.

Lo studio del BAP, sia come entità categoriale sia come entità dimensionale, merita

particolare attenzione in quanto estremamente eterogeneo. È fondamentale capire la

tendenza generale e specifica del BAP nella popolazione dei soggetti a rischio. Pertanto,

è opportuno scegliere strumenti di valutazione adeguati in grado di rilevare le sottili

anomalie cognitive, sociali e comportamentali caratterizzanti l’autismo e i loro parenti.

La variabilità delle manifestazioni del BAP appare una sfida non solo per l’esplorazione

del fenotipo allargato in quanto tale, ma anche per lo studio dell’ASD in generale.

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CAPITOLO 3

Broad Autism Phenotype: un contributo empirico

3.1 Valutazione del profilo neuropsicologico dell’adulto

Studi sui familiari hanno ripetutamente confermato la presenza dell’ampio fenotipo auti-

stico (BAP) tra i parenti di soggetti con ASD (Bolton et al., 1994; Bishop et al., 2004; Hur-

ley et al., 2007). Questi studi possono contribuire a chiarire e valutare la presenza del BAP e

identificare i tratti di alcune componenti suscettibili a livello neurocognitivo e genetico

dell’autismo. Pertanto, appare importante individuare i correlati neuropsicologici e socio-

cognitivi nei parenti di primo grado al fine di comprenderne il funzionamento. Il raggiungi-

mento di questo obiettivo potrebbe spiegare il legame tra il BAP dei genitori e le traiettorie

di sviluppo della condizione autistica del proprio bambino.

3.1.1 Ipotesi e obiettivi dello studio

Nello studio del BAP appare di fondamentale importanza valutare domini e sotto-domini

delle specifiche abilità che sembrerebbero alterate nei parenti dei soggetti con ASD. È ne-

cessario capire quali tratti comportamentali potrebbero essere considerati distintivi del BAP.

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Pertanto, la scelta degli strumenti di valutazione diviene fondamentale affinché sia possibile

rilevare non solo le sottili anomalie dell’ampio fenotipo autistico ma anche i sottodomini di

modelli comportamentali, cognitivi e sociali (Cruz et al., 2013). Infatti, questo studio ha lo

scopo di valutare l’esistenza dell’espressione dell’ampio fenotipo autistico nei genitori e

l’impatto del BAP sulla severità sintomatologica del bambino con ASD. Nonostante questi

risultati siano stati confermati da recenti ricerche (Maxwell et al., 2013), non è ancora chiaro

come la presenza e la gravità del BAP presente nei genitori di bambini con ASD siano corre-

late alla sintomatologia autistica e allo sviluppo delle abilità sociali del bambino; inoltre, un

altro dato molto interessante sul quale porre attenzione è capire se lo stato del BAP dei geni-

tori incida, in base al genere, su tale condizione. La relazione tra il fenotipo dell’adulto e il

livello di severità del bambino rimane ancora poco esplorata.

Premesso che:

a) i parenti di primo grado di bambini con autismo (genitori) manifestano vari livelli

di espressione del BAP e che

b) in tale gruppo di soggetti è stata rintracciata la presenza di un funzionamento co-

gnitivo e sociale, anche se lieve, simile a quello dello spettro autistico

Qualora le ipotesi (a-b) fossero confermate, allora lo studio si propone di indagare:

1) l’impatto delle espressioni fenotipiche del BAP, cognitive e sociali, in due gruppi

di genitori (ASD vs TD)

2) la relazione genitore-bambino nello sviluppo tipico e atipico

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3) l’incidenza della differenza di genere sul BAP, sullo stile cognitivo e sul funzio-

namento sociale dei genitori di entrambi i gruppi

In base a quanto detto finora, gli obiettivi del presente studio sono:

• Valutare domini e sottodomini del BAP tramite un assessment neuropsicologico

associato al funzionamento cognitivo e sociale dei genitori di soggetti con ASD e

con TD

• Esaminare se le caratteristiche familiari del BAP variano secondo la diagnosi e la

severità sintomatologica del bambino con ASD

• Valutare come l’espressione fenotipica dei genitori di bambini con ASD potrebbe

influenzare la relazione genitore-bambino e la traiettoria di sviluppo di

quest’ultimo all’interno della condizione autistica.

Visto che il BAP appare una componente dimensionale e categoriale diffusa nella popo-

lazione in generale, la batteria di valutazione scelta mira ad approfondire diversi aspetti del

fenotipo autistico tra i parenti di primo grado dei soggetti con ASD, ovvero la rilevanza di

alcuni sotto-domini del BAP rintracciati in specifiche manifestazioni comportamentali e nei

tratti di personalità del campione in oggetto.

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3.2 Metodo

3.2.1 Partecipanti, Metodi e Procedure

Il campione della presente ricerca è costituito da genitori di bambini con ASD e da

genitori di bambini con TD. In totale hanno partecipato allo studio 57 madri (M=38;

DS=4.9) e 54 padri (M=42; DS=7.9) - gruppo ASD - e 46 madri (M=40; DS=5.3) e 46

padri (M=43; DS=5.3) - gruppo TD. In alcuni casi, all’interno della coppia, uno dei ge-

nitori si è rifiutato di partecipare al progetto di ricerca.

Nel gruppo di genitori con TD, sono stati esclusi dallo studio i dati di diciotto sog-

getti, in quanto, dalla valutazione anamnestica, è stato osservato che alcune delle carat-

teristiche presentate non rientravano nei criteri di inclusione per partecipare alla ricerca

(due coppie di genitori adottivi e non biologici, due coppie di genitori con sospetto di

ASD per il loro bambino e con familiarità di primo grado per lo stesso disturbo, un ge-

nitore con ritardo mentale lieve, un genitore di nazionalità straniera e con difficoltà di

comprensione della lingua scritta e parlata ed infine, quattro coppie di genitori con

bambini che presentavano ritardo del linguaggio). Alcune famiglie (N=9), che inizial-

mente avevano aderito al progetto di ricerca e ottenuto i questionari per la compilazione

degli stessi, successivamente, non hanno riconsegnato il protocollo di valutazione, non

partecipando neanche alle prove di carattere cognitivo e sociale. Inoltre, nonostante non

tutti i partecipanti abbiano completato il protocollo di ricerca, comprendente la valuta-

zione del profilo neuropsicologico e degli aspetti di cognizione sociale, per l’analisi sta-

tistica, sono stati esaminati i dati riferiti ai questionari e alle specifiche prove eseguite

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dai soggetti. In particolare, sebbene l’unità di rilevazione dei dati sia stata la coppia ge-

nitoriale, nell’analisi sono stati considerati le indicazioni riportate dai singoli individui

caratterizzanti il campione.

Sulla base delle precedenti considerazioni, hanno completato l’intero protocollo di ricerca

27 coppie del gruppo con ASD e 25 coppie del gruppo con TD. Il resto del campione ha par-

tecipato allo studio completando una parte della batteria di valutazione; pertanto vengono

considerate nello specifico le singole prove sostenute dai partecipanti.

I bambini del gruppo con ASD presentano una diagnosi di disturbo dello spettro autistico

che varia da sintomatologia lieve di autismo (N=30 bambini) a severa (N=30 bambini), se-

condo i criteri diagnostici del DSM 5 (APA, 2014) (Manuale Diagnostico e Statistico dei di-

sturbi mentali). I soggetti del gruppo con ASD sono stati reclutati presso l’Azienda Ospeda-

liera Universitaria - Policlinico G. Martino di Messina, l’Unità di Ricerca ISASI (Istituto di

Scienze Applicate e Sistemi Intelligenti) del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) di

Messina e l’Azienda Sanitaria Provinciale - ASP3 (Centro per i Disturbi dello Spettro Auti-

stico); il gruppo di controllo dei genitori è stato reclutato nella popolazione generale e nelle

scuole di Messina e Catania.

I criteri di inclusione per il gruppo ASD sono:

- genitorialità biologica

- nazionalità italiana

- età dei genitori compresa tra i 25 e i 55 anni

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- bambini con diagnosi di disturbo dello spettro autistico da lieve a severa

(età compresa tra i 2 ai 6 anni)

I criteri di esclusione sono:

- presenza di altre condizioni mediche

I criteri di inclusione per il gruppo TD sono:

- genitorialità biologica

- nazionalità italiana

- età dei genitori compresa tra i 25 e i 55 anni

- bambini con sviluppo tipico (età compresa tra i 2 e i 6 anni)

- assenza di disturbi del neurosviluppo nei parenti di primo o di secondo

grado

I criteri di esclusione sono:

- presenza di altre condizioni mediche

I due gruppi sono stati appaiati per età e per livello di quoziente intellettivo – QI.

Il protocollo somministrato ad entrambi i gruppi di genitori (ASD vs TD) è costituito dalle

seguenti prove: test neuropsicologici e cognitivi (questionari self-report, intervista struttura-

ta) e due compiti che indagano aspetti legati al riconoscimento delle emozioni dagli occhi e

dal volto (oltre che abilità di lettura della mente altrui). Per ogni questionario, i partecipanti

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sono stati istruiti a leggere ogni affermazione con molta attenzione al fine di poter rilevare e

valutare il loro accordo o disaccordo. Inoltre, per i partecipanti allo studio è stato possibile

scegliere l’ordine di compilazione dei questionari, sulla base delle preferenze personali. Tut-

ti i partecipanti hanno letto e firmato il consenso informato relativo al progetto di ricerca.

3.2.2 Strumenti di valutazione del BAP

La valutazione del profilo neuropsicologico, cognitivo e sociale dei parenti di primo gra-

do e del gruppo di controllo è caratterizzata da prove comportamentali quali questionari,

scale, test verbali e di performance e task cognitivi e di lettura della mente, con lo scopo di

rilevare e valutare la presenza di aspetti specifici del fenotipo allargato tra i genitori.

I partecipanti aderendo all’intero protocollo di ricerca hanno risposto e/o eseguito circa

621 items/prove (N=444 items self-report, N=24 items definiscono l’Intervista Strutturata

per l’Alessitimia, N=57 items costituiscono il task di lettura della mente e circa N=96 items

rilevano abilità verbali e di performance).

Di seguito sono riportati i questionari self-report utilizzati per lo studio, l’Intervista Strut-

turata per l’Alessitimia, le prove verbali e di performance insieme alla descrizione dei task

socio-cognitivi.

Nello specifico la valutazione neuropsicologica è caratterizzata dai seguenti questionari e

test: Autism Spectrum Quotient (AQ); Empaty Quotient (EQ); Sistemitizing Quotient (SQ);

State Trait Anxiety Inventory - Forma Y (STAI-Y); Beck Depression Inventory II (BDI – II);

Parenting Stress Index - Short Form (PSI /SF); Big Five Questionnaire (BFQ); Emotion Re-

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gulation Questionnaire (ERQ); Toronto Alexthymia Scale (TAS, 20); Toronto Structured In-

terview for Alexthymia (TSIA); Attachment Style Questionnaire (ASQ).

In una prima fase dello studio sono stati valutati gli aspetti neuro-comportamentali dei

genitori associati al BAP, inclusi domini e sottodomini, attraverso la diffusione di questiona-

ri basati sulla valutazione generale dei tratti di personalità (comportamento rigido, tratti per-

fezionistici, personalità socialmente distaccata, ansia, depressione, alessitimia, stile di attac-

camento nell’adulto, difficoltà di regolazione emotiva e indici di stress). Questi strumenti,

scelti per il loro specifico costrutto teorico di riferimento, permettono di esaminare, attraver-

so una serie di domande, i tratti di personalità rilevanti per l’autismo e per il BAP (Losh et

al., 2007). In seguito alla raccolta dei dati neuropsicologici sono stati valutati gli aspetti co-

gnitivi e sociali (EF, CC e ToM), attraverso l’utilizzo della Scala WASI - Wechsler Abbre-

viated Scale of Intelligence – Second Edition WASI (Wechsler, 2011) e due task di cogni-

zione sociale, Eyes-test e Faces-test.

3.2.3 Strumenti neuropsicologici

- Autism Spectrum Quotient (AQ): è un test di screening che misura l’entità dei tratti au-

tistici nella popolazione adulta (Baron-Cohen & Clubley, 2001; Kloosterman & Parker,

2011). È un questionario self-report costituito da 50 items che identifica come ogni adulto,

di intelligenza normale, possa presentare caratteristiche del fenotipo autistico. I punteggi

vengono calcolati su scala Liker a 4 livelli “da assolutamente d’accorso ad assolutamente in

disaccordo”. L’AQ è stato progettato in forma breve, facile da usare e da compilare. Inol-

tre è stata accertata la correlazione inversa con l’Empaty Quotient (EQ) (Baron-Cohen &

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Wheelwright, 2004). L’AQ nella versione italiana, rappresenta una misura cross-culturale

affidabile del fenotipo allargato e può essere utilizzato per identificare un gradiente di gravi-

tà fenotipica di tratti autistici nei familiari di soggetti con ASD (Ruta et al., 2012).

- Empathy Quotient (EQ) – Systemizing Quotient (SQ): L’EQ e SQ sono stati sviluppati

al fine di esaminare le tendenze del comportamento empatico/sistematico degli adulti

(Baron-Cohen & & Wheelwright, 2003; Baron-Cohen & Wheelwright, 2004). Sono

questionari self-report (EQ composto da 40 items e SQ composto da 75 items) con un

formato Likert di risposta a 4 livelli “da assolutamente d’accorso ad assolutamente in

disaccordo” contenente un elenco di affermazioni su situazioni di vita reale, esperienze e

interessi in cui vengono rilevate capacità empatiche e sistematizzazione nell’adulto. I

risultati di EQ e SQ hanno mostrato una significativa differenza di genere, con capacità

empatiche maggiori per le donne e di sistematizzazione per gli uomini (Baron-Cohen, 2009;

Wheelwright et al., 2006). Questi questionari rilevano buona affidabilità test-retest e alta

coerenza interna.

- STAI -Y - State Trait Anxiety Inventory - Forma Y: ideato da Spielberger nel 1964 e

stampato nel 1970 (cit. in Pedrabissi & Santinello, 1996). È uno strumento che permette di

valutare in modo preciso l’ansia di stato e l’ansia di tratto, formato da 40 items (20 per

l’ansia di stato e 20 per l’ansia di tratto) valutati dal soggetto in termini di intensità “da

quasi mai a quasi sempre”. Tale strumento è usato in svariati ambiti di ricerca. Nello

specifico, nel seguente studio è stata presa in considerazione solo la scala che valuta l’ansia

di tratto, in altre parole, una condizione stabile della personalità che caratterizza l’individuo

e che si riferisce a come il soggetto si sente abitualmente. L’ansia di tratto è diversa tra gli

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individui per frequenza e intensità. Più alti sono i livelli di ansia di tratto, maggiore è la

probabilità che un individuo possa sperimentare punte elevate di ansia di stato in situazioni

percepite come disturbanti (cit. in Pedrabissi & Santinello, 1996).

- II Beck Depression Inventory - BDI II (Beck & Brown, 1996): è uno strumento molto

valido e attendibile, costituito da 21 items, che valutano la presenza e la severità dei sintomi

depressivi, sia nella popolazione normale che tra i pazienti psichiatrici (Steer et al., 1998).

Tale scala rappresenta un aggiornamento dell’inventario originale, il Beck Depression

Inventory (Beck et al., 1961) che sebbene mostrasse caratteristiche adeguate in termini di

attendibilità test-retest, consistenza interna e validità di costrutto, la sua validità di contenuto

è apparsa via via più dubbia con il susseguirsi delle varie edizioni del Manuale Diagnostico

e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM) e delle conseguenti modifiche apportate nei criteri

che definiscono i disturbi depressivi.

- Parenting Stress Index – Short Form (PSI–SF): lo strumento si basa sull’assunto che

lo stress che un genitore sperimenta è frutto congiunto di determinate caratteristiche del

bambino, del genitore e situazioni strettamente legate al ruolo genitoriale. È un questionario

self-report utilizzato per l’identificazione precoce di quelle caratteristiche che possono

compromettere il normale sviluppo del bambino, nello specifico, bambini con disturbi

emotivi e comportamentali e genitori che rischiano di vivere in modo disfunzionale il

proprio ruolo genitoriale. La forma breve del PSI è costituita da 36 items suddivisi in tre

sotto-scale: distress genitoriale (PD) (12 items), interazione genitore-bambino disfunzionale

(P-CDI) (12 items) e bambino difficile (DC) (12 items); l’attenzione è focalizzata sul

genitore, sul bambino e sulle loro interazioni. Dalla somma dei vari items è possibile

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ottenere anche un punteggio di Stress Totale che fornisce un’indicazione del livello

complessivo di stress genitoriale che un individuo sta sperimentando (Abidin, 1990).

- Big Five Questionnaire (BFQ): basato su 5 grandi fattori, indaga le dimensioni

fondamentali della personalità: Estroversione, Amicalità, Coscienziosità, Stabilità Emotiva e

Apertura Mentale. Rappresenta le 5 dimensioni della personalità ad un livello di generalità

intermedio, rispetto ai modelli che contemplano poche dimensioni estremamente generali

(come i 3 super fattori di Eysenck) e i modelli che esaminano un maggior numero di

dimensioni di portata più specifica, ma di minor generalizzabilità (come i 16 fattori di

Cattel, 8 di Comrey). Il BFQ è un questionario composto da 132 items valutati su scala

Likert a 5 livelli “da assolutamente vero ad assolutamente falso per me”. Il Big Five

rappresenta una cornice di riferimento condivisa per la descrizione della personalità, e

rispetto alla quale è possibile esaminare i più importanti criteri esterni, come il successo

lavorativo, il benessere psicologico, l’adattamento adeguato del soggetto. Questo strumento

è utilizzato in diversi settori in cui si articola l’intervento psicologico: organizzativo, clinico,

della salute e anche dell’educazione e dell’orientamento (Caprara et al., 1993).

- Emotion Regulation Questionnaire (ERQ) (Gross & John, 2003): è un questionario

self-report con un formato Likert a 7 livelli “da per niente d’accordo a totalmente

d’accordo”. L’ERQ, composto da 10 items, permette di valutare differenze individuali

secondo l’utilizzo di due strategie emotive: la rivalutazione cognitiva (consiste nel tentativo

di pensare alle situazioni in modo da alterarne il significato e l’impatto emozionale) e la

soppressione (consiste nel tentativo di inibire o ridurre in corso il comportamento emotivo-

espressivo) (Gross, 1998). La regolazione delle emozioni è efficace e fondamentale per

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diversi aspetti dell’adattamento sano che va dal funzionamento affettivo alle relazioni sociali

(Gross, 2001; 2007). Questa differenza fondamentale tra rivalutazione e soppressione

conduce alla previsione che le due strategie dovrebbero differire nelle loro implicazioni per

più domini del funzionamento psicologico, come l’affetto, la cognizione, e l’interazione

sociale (per una rassegna, vedi Gross, 2001; Gross & John, 2003). Nel complesso i risultati

suggeriscono che la rivalutazione ha in genere conseguenze più favorevoli rispetto alla

soppressione (Gross, 1998; 2001). Nel seguente studio è stata utilizzata la versione italiana

che ha evidenziato buone proprietà psicometriche (vedi Balzarotti, John e Gross, 2010).

- Toronto Alexithymia Scale (TAS, 20): è la scala più utilizzata in ambito clinico e di

ricerca per la valutazione dell’alessitimia (Taylor & Parker 2003). La TAS, 20 è un

questionario di autovalutazione costituito da 20 items ai quali i soggetti rispondono

attraverso una scala likert a 5 livelli, da “per niente d’accordo a molto d’accordo”. La TAS,

20 tuttavia presenta il grosso limite, come tutti i self-report, dell’autovalutazione da parte del

soggetto di stati psicologici che gli appartengono. L’autovalutazione del soggetto costituisce

una variabile che non può essere controllata. Ciò implicherebbe dei bias self-report, in

quanto, la percezione e il riconoscimento dei propri stati psicologici potrebbero essere

differenti se la valutazione fosse fatta da un clinico esperto, poiché la caratteristica

principale dell’alessitimia è l’assenza di riconoscimento dei propri stati emotivi. Per

superare questo limite, nel presente studio, è stato utilizzato congiuntamente un altro

strumento, Toronto Structured Interview For Alexthymia (TSIA).

- Toronto Structured Interview for Alexithymia (TSIA): è un’intervista clinica strutturata

composta da 24 items valutati tramite scala likert a tre livelli (0, 1 e 2) (Caretti &

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Schimmenti, 2011). La TSIA è stata sviluppata dal “gruppo di Toronto” diretto da Graeme J.

Taylor al fine di sopperire i limiti applicativi della TAS-20. Inoltre, la TSIA si differenzia

dalla TAS, 20 per la presenza di una scala che indaga i processi immaginativi. La TSIA con

il suo metodo di inchiesta, che comprende domande di approfondimento e di verifica,

consente di eseguire una valutazione più accurata dello stato emotivo del soggetto.

Nonostante sia stata costruita nel contesto specifico della ricerca sull’alessitimia, la TSIA è

uno strumento altamente valido e attendibile che può essere utilmente applicato in contesti

diagnostici e di ricerca, su campioni clinici e non clinici, per la misurazione del costrutto più

ampio di disregolazione affettiva.

- Attachment Style Questionnaire (ASQ) (Feeney, Noller, Hanrahan, 1994): strumento

self-report composto da 40 items valutati tramite scala likert a 6 livelli “da “totalmente in

disaccordo” a “totalmente d’accordo” e consente di rilevare differenze individuali dello

Stile di Attaccamento nell’adulto attraverso cinque fattori: -Fiducia (FI) (fattore legato

all’attaccamento “sicuro”); -Disagio per l’Intimità (DI) (fattore legato all’attaccamento

“insicuro/evitante”); -Secondarietà delle Relazioni (SR) (enfasi sul successo personale e

sull’indipendenza a svantaggio delle relazioni, quindi fattore legato all’attaccamento

“insicuro/evitante”); -Bisogno di Approvazione (BA) (bisogno di essere accettati dagli altri,

fattore legato all’attaccamento “timoroso e preoccupato”); -Preoccupazione per le Relazioni

(PR) (avvicinamento ansioso all’altro allo scopo di appagare il proprio bisogno di

dipendenza; fattore quindi legato all’attaccamento “insicuro/ansioso-ambivalente”).

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3.2.4 Strumenti per la valutazione degli aspetti cognitivi e sociali

L’osservazione delle specifiche abilità cognitive è stata valutata tramite la seguente scala:

WASI-II -Wechsler Abbreviated Scale of Intelligence Sec. Edition - (Wechsler, 2011).

Nello specifico la scala WASI-II consente di rilevare stime di QI in modo rapido ed

efficiente quando la somministrazione di una batteria completa non è fattibile, né necessaria;

inoltre permette di ottenere stime corrette di funzionamento cognitivo per scopi

professionali, riabilitativi e di ricerca. Tale scala è caratterizzata da 4 subtest:

Il subtest Disegno con cubi (13 items) valuta la capacità di analisi e la sintesi di stimoli

visivi, l’intelligenza fluida, la percezione visiva-motoria, la coordinazione oculo-manuale e

la capacità di organizzazione percettiva. Si compone di 13 disegni geometrici rossi e bianchi

presentati bidimensionali nel libretto. La costruzione di ogni disegno presenta un limite di

tempo (Figura 6).

(Fig. 6) Subtest Disegno con cubi - WASI - Wechsler Abbreviated Scale of Intelligence – Second Edition (WASI, 2011)

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Il subtest Vocabolario (31 items) comprende 3 stimoli (immagini) e 28 elementi verbali;

tale substest è stato progettato per misurare la conoscenza che i soggetti hanno delle parole,

la formazione dei concetti verbali, l’intelligenza cristallizzata e il livello di sviluppo del lin-

guaggio.

Il subtest delle Matrici – (ragionamento) (30 items) valuta l’intelligenza fluida, visiva, la

capacità di classificazione e la capacità spaziale, il rapporto tra le diverse parti,

l’elaborazione simultanea e la capacità di organizzazione percettiva.

Il subtest Somiglianze (24 items) misura la formazione dei concetti verbali, l’intelligenza

cristallizzata, il ragionamento astratto, associativo, il pensiero categorico e l’espressione

verbale.

Le valutazioni della ToM e la decodifica delle emozioni vengono rilevate attraverso i se-

guenti task: Eyes Test e Faces Test.

- EYES TEST – Test di riconoscimento delle emozioni dagli occhi. Questo test,

sviluppato dall’Autism Research Centre dell’Università di Cambrige (Baron-Cohen,

Wheelwright& Jolliffe, 1997; Baron-Cohen & Plumb, 2001) è uno strumento che valuta la

capacità di comprendere le emozioni attraverso l’interpretazione e la decodifica di segnali

non verbali quali lo sguardo (capacità di Mind Reading). L’Eyest Test, nella forma originale

è presentato in due versioni - carta-matita e computerizzata.

- Il FACES TEST – Test di riconoscimento delle emozioni attraverso il volto, anch’esso

sviluppato presso l’università di Cambrige (Baron-Cohen, Wheelwright & Jolliffe, 1997), è

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uno strumento che valuta la capacità del soggetto di identificare le emozioni semplici e

complesse dalle espressioni facciali (capacità di Mind Reading). Anche il Faces Test, nella

forma originale è presentato in due versioni - carta-matita e computerizzata.

In questo studio, l’utilizzo dell’Eyes-Test – (Baron-Cohen & Plumb, 2001) (Figura 7)

consente la valutazione della capacità dell’adulto di inferire stati psicologici ed emotivi da

immagini (regione degli occhi), proposte tramite Ipad (Figura 8). I partecipanti hanno la

possibilità di scegliere una delle quattro risposte fornite, attraverso lo schermo touch screen.

(Fig. 7) Eyes Test - (Baron-Cohen et al., 2001)

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(Fig. 8) Eyes Test - (Baron-Cohen et al., 2001) Implementato su Ipad

Il Faces-Test, task di riconoscimento delle espressioni emotive dal volto (Figura 9), pre-

sentato tramite Ipad (Figura 10), permette di valutare nell’adulto la capacità di identificare le

emozioni semplici e complesse dalle espressioni facciali attraverso la riproduzione di imma-

gini. I partecipanti hanno la possibilità di scegliere una delle 2 risposte fornite. La valutazio-

ne della ToM attraverso tale dispositivo rende il task facile, veloce nella somministrazione e

nell’elaborazione dei dati. Questi ultimi sono acquisiti istantaneamente attraverso

un’applicazione sviluppata ad hoc per Ipad. I dati, salvati automaticamente nel log.data, va-

lutano, in entrambi i compiti, l’accuratezza delle risposte e i tempi di reazione dei soggetti

per ogni singolo item e per tutta la durata del task.

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(Fig. 9) Faces-test (Baron-Cohen, 1997)

(Fig. 10) Faces Test – (Baron-Cohen, 1997) Implementato su Ipad

La valutazione delle abilità socio-cognitive è preceduta da una fase iniziale in cui i sog-

getti devono leggere una lista di parole seguita da esempi a carattere emotivo; ciò permette

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al soggetto di familiarizzare con le etichette emotive presentate successivamente nel compi-

to.

L’idea di sostituire l’Eyest-Test e il Faces-Test nella forma carta matita o computerizzata

con un dispositivo tecnologico – touch screen, quale l’Ipad, nasce dalla possibilità di ridurre

le difficoltà circoscritte alla somministrazione ed evitare i bias dei metodi tradizionali. La

portabilità e la flessibilità dell’Ipad, per questo task, rende immediata la registrazione di una

ampia quantità di dati nella popolazione esaminata. Inoltre, la semplicità a livello tattile

dell’hardware e quindi della modalità touch screen, sembrerebbe essere preferibile all’uso

del computer in quanto riduce la necessità di alcune competenze, come la coordinazione

oculo-manuale tra mouse e tastiera.

Nella costruzione di questi dispositivi, al fine di ridurre la presenza di bias percettivi

(Franklin et al., 2008; Franklin et al., 2010), il colore dello sfondo è stato modificato da

bianco a nero per rendere chiara la percezione della figura dallo sfondo in termini di tonalità

e luminosità (Figura 11) (Sitdhisanguan et al., 2012).

(Fig. 11) Scelta dello Sfondo e Contrasto

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128

Le differenze della tonalità e della luminosità tra immagine (foto reali in bianco e nero),

sfondo (di colore nero) e risposte target inserite all’interno di un rettangolo colorato, si adat-

terebbero alle indicazioni riportate in letteratura (Sitdhisanguan et al., 2012) permettendo ai

soggetti di focalizzare la loro attenzione sulle specifiche rappresentazioni visive. L’area tar-

get da osservare e decodificare richiamerebbe l’attenzione del soggetto in quanto nettamente

separata e in contrasto con lo sfondo. Pertanto, si presume che, lo sfondo nero, in quanto co-

lore acromatico, neutro e privo di tinta, così come il bianco e il grigio, diverso dal tradizio-

nale sfondo del test carta-matita, non abbia influito a generare differenze percettive nelle

scelte delle risposte date dai genitori. Va ricordato che, i parenti di primo grado non presen-

tano le stesse alterazioni sintomatologiche dei soggetti con ASD; nello studio, basato

sull’ampio fenotipo autistico, ciò che va indagato, sono manifestazioni sotto-soglia, simili

alla condizione di spettro autistico, ma non per forza qualitativamente e quantitativamente

equivalenti alla condizione clinica dei soggetti coinvolti. Pertanto il colore dello sfondo, per

i motivi sopra citati, non sembrerebbe influenzare le risposte del soggetto nella decodifica

delle emozioni.

4.1 Analisi Statistica

L’analisi dei dati è stata eseguita utilizzando il pacchetto statistico IBM - SPSS 24

per Mac OS-X. Al fine di poter analizzare le differenze delle variabili esaminate tra i

due gruppi di genitori (gruppo 1 –ASD; gruppo 2 –TD) e all’interno del gruppo con

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129

ASD, sono state condotte analisi descrittive delle caratteristiche cliniche e demografiche

del campione tramite T test, test per campioni indipendenti, analisi bivariata mediante

distribuzione di frequenza doppia 2x2, Chi-quadrato, Phi, V di Cramer e correlazione di

Pearson. Sono stati considerati statisticamente significativi i risultati con un valore p

<0.05 e p <0.01.

4.2 Risultati

4.2.1 Caratteristiche cliniche e demografiche del campione

Dai risultati dello studio, il campione della ricerca, caratterizzato da genitori di bam-

bini con ASD e con TD appare omogeneo. Infatti, dalle analisi descrittive non si rileva-

no differenze statisticamente significative trai i due gruppi di genitori (ASD e TD) per

età e per livello di QI (Tabella n.1).

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Tabella n.1 Caratteristiche cliniche e demografiche del campione totale (N= 201)

1 ASD M=n. 57 NA; n.36 QI – ASD P= n. 52 NA; n. 31 QI 2 TD M=n. 46 NA; n.29 QI – TD P= n. 46 NA; n. 23 QI

Genitori Gruppo N Media

Età DS gl t p

M NA 1 57 38 4.9 101 -1.140 0.16 2 46 40 5.3

P NA 1 52 42 7.9 96 -1.150 0.29 2 46 43 5.3

Genitori Gruppo N Media QI

DS gl t p

IQV M 1 36 98 9.7 63 -1.037 0.30

2 29 100 8.2 IQP M 1 36 100 13.3 63 -0.801 0.43

2 29 103 12.3 IQT M 1 36 99 11.1 63 -1.408 0.14

2 29 105 22.6

IQV P 1 31 97 8.1 52 0.783 0.43 2 23 95 8.7

IQP P 1 31 101 12 52 1.649 0.10 2 23 106 12.1

IQT P 1 31 102 23 52 0.317 0.75 2 23 101 8.6

ASD=Autism Spectrum Disorder; TD=Typical Development; Gruppo:1=ASD; 2=TD; gl=gradi di libertà; t=test T per l’uguaglianza; p=valore di p-significatività a due code; Genitori: M=Madre – P=Padre; NA=Neuropsychological Assessment; QI: Quoziente Intellettivo WASI (Wechsler Abbreviated Scale of Intelligence); QIV=Quoziente Intellettivo Verbale; QIP=Quoziente Intellettivo Performance; QIT=Quoziente Intellettivo Totale.

Inoltre, confrontando le medie delle variabili considerate, quali età e quoziente intel-

lettivo (QIV, QIP e QIT), nel test T per campioni indipendenti non si evincono valori

significativi nei due gruppi di genitori (p>.05).

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131

4.2.2 Familiarità e variabilità delle caratteristiche cliniche e demografiche dei partecipanti

In generale, nei gruppi con ASD e con TD, la familiarità per il ritardo del linguaggio

(RL), ritardo mentale (RM) e per l’autismo (ASD) (Figura 12) e i livelli di istruzione e

occupazione permettono di rilevare differenze significative tra i gruppi soprattutto per

RL, ASD e per l’occupazione lavorativa paterna. In particolare, come riportato in tabel-

la (n.2) è possibile rilevare la significatività delle variabili riferite al RL, RM e ASD nei

genitori del gruppo con ASD e con TD. Questi ultimi non presentano casi di autismo

all’interno della famiglia; tale dato rientra nei criteri di inclusione dello studio. È oppor-

tuno specificare come i livelli di familiarità per ritardo del linguaggio (RL), ritardo men-

tale (RM) e autismo (ASD) siano maggiormente presenti nelle famiglie in cui vi è al-

meno un membro con diagnosi di ASD. Questi dati sembrerebbero confermare la mag-

giore vulnerabilità dell’espressione fenotipica del BAP all’interno di questa specifica

categoria di soggetti. Inoltre, tali risultati potrebbero essere indicativi per gli studi futuri

al fine di comprendere la relazione tra condizione autistica e presenza del BAP nei pa-

renti di primo grado. Pertanto, sarebbe auspicabile approfondire le correlazioni tra gli

aspetti legati alla genetica e all’espressione del BAP all’interno delle famiglie con ASD.

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132

(Fig. 12) Familiarità RL, RM e ASD nei due gruppi di genitori TD e ASD

Tabella n.2 Familiarità RL, RM e ASD Gruppo Media RL DS gl t p χ2

p

1 1.58 0.5 69 3.839 0.000 2 1.19 0.3 12.23

(1) 0.000

Gruppo Media RM DS gl t p χ2

p

1 1.37 0.4 70 1.533 0.13 2 1,21 0.4 2.29

(1) 0.13

Gruppo Media ASD DS gl t p χ2

p

1 1.39 0.4 37 4.912 0.000 2 17 (1) 0.000

Gruppo: 1=ASD; 2=TD; RL=Ritardo del Linguaggio; RM=Ritardo Mentale; ASD=Autism Spectrum Disorder; gl=gradi di libertà; t= test T per l’uguaglianza; p=valore di p-significatività a due code; χ2= chi-quadrato; p=valore.

0%   10%   20%   30%   40%   50%   60%   70%  

RL  

RM  

ASD  

TD  

ASD  

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133

I livelli di istruzione e di occupazione delle madri e dei padri non permettono di rile-

vare differenze significative tra i due gruppi (ASD e TD), nonostante siano stati rilevati

alti livelli di non occupazione nelle madri del gruppo con ASD rispetto alle madri del

gruppo con TD (Figura 13). Ciò potrebbe essere indicativo delle limitazioni e delle dif-

ficoltà per le madri del gruppo con ASD di gestire il lavoro e la carriera professionale,

data la condizione autistica del proprio bambino. Le madri, ancora oggi, sembrano esse-

re le principali figure di riferimento e accudimento dei propri figli con ASD e allo stesso

tempo sono portatrici di una maggiore condizione di disagio rispetto ai padri.

(Fig. 13) Occupazione Materna

Livelli di occupazione delle madri: Gruppo: 1=ASD; 2=TD 0=Disoccupata-non occupata; 1=Legislatori, imprenditori, alta dirigenza; 2=Professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specia-lizzazione; 3=Professioni tecniche; 4=Professioni esecutive nel lavoro di ufficio; 5=Professioni qualificate nelle attività commerciali e nei servizi; 6=Artigiani, operai specializzati e agricoltori; 7=Conduttori di impianti, operai di macchinari fissi e mobili, conducenti di veicoli; 8=Professioni non qualificate; 9=Forze armate.

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134

I dati relativi ai livelli di occupazione paterna evidenziano differenze significati in-

ter-gruppi, (t(88) = 2.083, p <0.05, χ2= 20 (9), p <0.05 (Figura 14).

(Fig. 14) Occupazione Paterna

Livelli di occupazione di padri: Gruppo: 1=ASD; 2=TD 0=Disoccupato-non occupato; 1=Legislatori, imprenditori, alta dirigenza; 2=Professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specia-lizzazione; 3=Professioni tecniche; 4=Professioni esecutive nel lavoro di ufficio; 5=Professioni qualificate nelle attività commerciali e nei servizi; 6=Artigiani, operai specializzati e agricoltori; 7=Conduttori di impianti, operai di macchinari fissi e mobili, conducenti di veicoli; 8=Professioni non qualificate; 9=Forze armate.

4.2.3 Variabilità degli aspetti clinici nei genitori del gruppo con ASD e con TD

Nel test T per campioni indipendenti vi è una differenza significativa inter-gruppi ri-

spetto alle variabili misurate quali livelli di ansia, tratti di personalità, livelli di depres-

sione, stile di attaccamento dell’adulto, regolazione emotiva, capacità di lettura della

mente e livelli di stress genitoriale (Tabella n. 3).

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Tabella n.3 Variabili cliniche significative e differenze tra i genitori (ASD-TD)

Genitori Gruppo Media DS gl t p STAI-Y M 1 50 11 98 3.324 <0.01 P 1 49 10 87 2.475 <0.05 BFQ -M M 2 43 9 93 -2.219 <0.05 P 2 45 10 90 -2.096 <0.05 BFQ - E P 2 52 10 90 -1.964 <0.05 BFQ -A P 2 51 11 90 -2.240 <0.05 BFQ -C P 2 54 8 83 -3.115 <0.01 BDI M 1 68 25 95 3.074 <0.01 P 1 65 24 88 1.997 <0.05 ASQ - F M 2 67 25 90 3.200 <0.01 P 2 68 24 87 -4.102 <0.01 ASQ - PR M 1 40 32 89 2.229 <0.05 ERQ - SOP P 1 15 5 84 2.176 <0.05 TSIA - DIF M 1 2 1 70 2.146 <0.05 TSIA - DDF P 1 3 3 55 3.565 <0.01 TSIA -EOP M 1 3 2 64 1.981 <0.05 P 1 4 3 58 3.067 <0.01 TSIA - IMP M 1 4 2 68 3.514 <0.01 P 1 4 2 58 4.946 <0.01 TSIA - OT M 1 7 3 70 3.840 <0.01 P 1 8 4 55 4.742 <0.01 TSIA - AA P 1 5 5 55 3.093 <0.01 TSIA -TOT M 1 11 4 63 3.222 <0.01 P 1 14 9 53 4.528 <0.01 EYES-TEST R

M 1 5 2 65 3.004 <0.01

FACES-TEST R

M 1 1 0.5 67 3.115 <0.01

STRESS TOT

M 1 52 26 91 5.420 <0.01

P 1 45 24 66 4.238 <0.01 PD M 1 62 31 93 3.513 <0.01 P 1 45 24 74 2.415 <0.01 P-CDI M 1 71 25 93 5.297 <0.01 P 1 66 29 73 4.659 <0.01 DC M 1 86 15 65 5.304 <0.01 P 1 76 23 79 4.059 <0.01 DIF M 1 60 32 92 2.507 <0.05 P 1 53 31 75 2.502 <0.05

Gruppo:1=ASD; 2=TD; gl=gradi di libertà; t=test T per l’uguaglianza; p=valore di p-significatività a due code; STAI-Y=State Trait Anxiety Inventory–Forma Y; BFQ–E=Big Five Questionnaiere–Estroversione; BFQ–A=Big Five Questionnaiere–Amicalità; BFQ–M=Big Five Questionnaiere–Apertura Mentale; BDI=Beck Depression Inventory; ASQ–F= Attachment Style Questionnaire–Fiducia; ASQ–DISF=Attachment Style Questionnaire–Preoccupazione per le relazioni; TSIA–DIF=Toronto Structured Interview for Alexithymia–Difficoltà nell’Identificare Sentimenti; TSIA–DDF=Toronto Structured Interview for Alexithymia–Difficoltà nel Descrivere i Sentimenti; TSIA–EOP=Toronto Structured Interview for Alexithymia–Pensiero Orientato all’Esterno; TSIA–OT=Toronto Structured Interview for Alexithymia–Pensiero Operatorio; TSIA–AA=Toronto Structured Interview for Alexithymia–Consapevolezza Affettiva; TSIA–TOT=Toronto Structured Interview for Alexithymia–Alessitimia Totale; EYES-TEST R=Task di mindreading Reaction-time; FACES-TEST R= Task di mindreading Reaction-time; PSI–TOT=Parenting Stress Index–Total; PSI–PD=Parenting Stress Index –Parental Distress; PSI–P-CDI=Parenting Stress Index–Parent-Child Dysfunctional Interaction; PSI–DC= Parenting Stress Index –Difficult Child; PSI–DIF=Parenting Stress Index–Risposta Difensiva.

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136

Come si evince dalla tabella (n.3) la maggiore espressione dei domini e dei sotto-

domini del BAP, appare manifestata, anche se sotto-soglia, nei genitori del gruppo con

ASD. Questi ultimi presentano tratti ansiosi ed elevati livelli di depressione rispetto al

gruppo con TD. Nello specifico, nella coppia genitoriale, sono le madri ad essere più

depresse. Inoltre, queste ultime presentano uno stile di attaccamento ansioso-

ambivalente, esprimendo difficoltà nelle relazioni sociali per via del loro avvicinamento

ansioso all’altro caratterizzato dal bisogno di dipendenza. La presenza di uno stile di at-

taccamento disfunzionale (ansioso-evitante, timoroso e preoccupato) nelle famiglie con

ASD, le espone maggiormente ad esprimere un fenotipo autistico più marcato.

I padri del gruppo con ASD, più delle madri, presentano uno stile di pensiero orien-

tato alla soppressione e una tendenza a inibire o ridurre il comportamento emotivo-

espressivo. Inoltre, la presenza di tratti alessitimici è stata significativamente riscontrata

tra i familiari di soggetti con ASD, con maggiori difficoltà di regolazione emotiva nei

padri. Questo è un indicatore importante, insieme agli altri sotto-domini del BAP, mani-

festato all’interno delle famiglie con ASD.

Le abilità di mentalizzazione risultano inficiate nel gruppo con ASD rispetto ai geni-

tori con TD e nello specifico le madri con ASD appaiono più lente e quindi impiegano

più tempo e compiono un maggiore sforzo cognitivo nel compito di lettura della mente.

I genitori del gruppo con ASD risultano significativamente più stressati dei genitori

con TD. La coppia con ASD sperimenta elevati livelli di stress nell’ambito del loro ruo-

lo genitoriale, contraddistinto dall’ansia, dalle difficoltà esperite nelle interazioni di-

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sfunzionali con il proprio bambino che potrebbero avere origine dalle caratteristiche

comportamentali di quest’ultimo. Sono le madri, ancora una volta, a manifestare più di-

stress genitoriale, ovvero ansia, disagio, coping negativo agli eventi stressanti, ecc. Inol-

tre, manifestano un alterato senso di competenza genitoriale, stress legato alle restrizioni

sociali, conflitto nella coppia, mancanza di supporto sociale e depressione. In generale

l’evidenza di tali fattori disfunzionali influenza negativamente le competenze e il ruolo

genitoriale di questa categoria di soggetti.

4.2.4 L’impatto della sintomatologica autistica sulla genitorialità

All’interno del gruppo con ASD si rilevano differenze significative rispetto alla se-

verità della diagnosi del proprio bambino (1 - ASD = sintomatologia autistica lieve-

moderata; 2 - AUT = severità marcata dei sintomi autistici) rilevata secondo i criteri

diagnostici del DSM 5 e attraverso l’Autism Diagnostic Observation Schedule ADOS-2

(Lord et al., 2012).

La tabella (n.4) riporta, a livello intra-gruppo, la significatività di alcune variabili

che potrebbero essere considerate distintive del BAP. Tra le variabili osservate, vengo-

no descritti di seguito i risultati di specifici tratti di personalità, depressione, alessitimia,

capacità di mentalizzazione, stile di attaccamento dell’adulto, regolazione emotiva e li-

velli di stress.

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Tabella n.4 Variabili cliniche dei genitori e Severità della diagnosi dei bam-bini con ASD

Genitori Gruppo Media ds gl t p BFQ -A

M 1 52 11 44 -2.126 <0.05 BFQ -C M 1 54 8 49 -2.329 <0.05

P 1 52 8 42 -2.407 <0.01 BFQ -M

P 1 45 9 43 -3.007 <0.01 BDI P 2 73 19 43 2.518 <0.05 TAS, 20

P 2 45 12 47 2.118 <0.05 TAS, 20 -DIF P 2 13 7 37 2.229 <0.05 EYEST-TEST A

P 1 23 3 28 -2.924 <0.01 ASD -DISF

P 2 55 28 42 2.122 <0.05 ERQ -SOP P 2 17 4 38 2.791 <0.01 PSI -TOT

M 2 60 24 47 2.334 <0.05 P 2 54 23 32 2.446 <0.05 PSI -PD P 2 59 28 36 -2.048 <0.05 PSI- PCDI M 2 79 20 43 2.502 <0.05 P 2 75 23 29 -2.109 <0.05 PSI -DC M 2 91 6 27 2.664 <0.05 PSI -DIF P 2 66 25 31 2.882 <0.01

Gruppo:1=ASD; 2=AUT; gl=gradi di libertà; t= test T per l’uguaglianza; p=valore di p-significatività a due code. BFQ–A=Big Five Questionnaiere–Amicalità; BFQ–C=Big Five Questionnaiere-Coscienziosità; BFQ–M= Big Five Questionnaiere–Apertura Mentale; BDI=Beck Depression Inventory; TAS,20=Toronto Alexithymia Scale; TAS,20 -DIF=Toronto Alexithymia Sca-le–Difficoltà Identificare Sentimenti; EYEST-TEST A =Task di mindreading Accuratezza; ASQ–DISF=Attachment Style Que-stionnaire–Disagio per l’intimità; ERQ=Emotion Regulation Questionnaire–Suppression; PSI–TOT=Parenting Stress Index–Total; PSI–PD=Parenting Stress Index–Parental Distress; PSI–P-CDI=Parenting Stress Index–Parent-Child Dysfunctional Interaction; PSI–DIF =Parenting Stress Index–Risposta Difensiva; PSI–DC=Parenting Stress Index–Difficult Child.

Nello specifico, i tratti di personalità, valutati attraverso il Big Five Questionnaire –

BFQ, permettono di rilevare differenze intra-gruppo di caratteristiche sociali, empatiche

e degli atteggiamenti rivolti alle esigenze altrui. Tratti di Amicalità, Coscienziosità e

Apertura Mentale sono significativi e maggiormente osservabili all’interno del gruppo

dei genitori con ASD in cui la diagnosi di autismo del figlio è meno severa. In particola-

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139

re, i punteggi osservati nella scala Amicalità (A) e Coscienziosità (C) risultano signifi-

cativi per le madri dei bambini con ASD rispetto ai padri del gruppo con ASD e al

gruppo in generale dei genitori di bambini con AUT; invece, i padri del gruppo con

ASD, rispetto alle madri e al gruppo con AUT, presentano maggiori abilità di Apertura

Mentale (M).

Sebbene i genitori di bambini con un disturbo dello spettro autistico presentino livel-

li di depressione molto elevati rispetto alle famiglie di bambini con sviluppo tipico, dai

risultati non si evincono differenze statisticamente significative per i livelli di depres-

sione materna. In particolare, le madri (AUT-ASD) presentano uno stato depressivo

dell’umore in entrambe le condizioni di severità sintomatologica, mentre l’elevato tasso

di depressione paterna correla significativamente con la severità della diagnosi del pro-

prio bambino (AUT).

Nonostante la scala self-report TAS, 20 non consenta di rilevare differenze inter-

gruppi (ASD e TD), dai risultati è possibile scorgere differenze intra-gruppo (AUT e

ASD) nelle risposte dei soggetti al medesimo test. Nello specifico, i padri del gruppo

con AUT presentano maggiormente una condizione di alessitimia e difficoltà

nell’identificare i sentimenti rispetto alle madri con AUT e al gruppo con ASD in gene-

rale.

In riferimento alle abilità di lettura della mente, con particolare attenzione

all’accuratezza nel compito di mentalizzazione (Eyes-Test), i padri del gruppo con ASD

presentano una maggiore difficoltà rispetto alle madri con ASD nell’identificare le

espressioni emotive a partire dallo sguardo.

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Dai risultati dello studio, lo stile di attaccamento dell’adulto risulta maggiormente

inficiato per i padri di bambini con AUT, con maggiore disagio nell’intimità e presenza

di un attaccamento insicuro-evitante.

Per quanto riguarda la regolazione emotiva dell’adulto, si rileva una maggiore ten-

denza nei padri con AUT a sopprimere il pensiero riducendo o inibendo il comporta-

mento emotivo-espressivo in corso, rispetto alle madri con AUT e al gruppo dei genitori

con ASD in generale.

In relazione ai livelli di stress, si denota la presenza di alterazioni all’interno delle

famiglie con sintomatologia severa di ASD; queste ultime avvertono maggiori difficoltà

nell’interazione con il proprio bambino rispetto ai genitori che hanno bambini con una

diagnosi meno severa, sebbene i padri con AUT, più degli altri, manifestino uno stile di

pensiero difensivo e aspetti di desiderabilità sociale. Nello specifico i padri del gruppo

con AUT presentano maggiore distress, in altre parole più ansia, disagio e maggiore co-

ping negativo agli eventi stressanti. Le madri del gruppo con AUT percepiscono il loro

bambino come più difficile da gestire; queste caratteristiche hanno origine nel tempera-

mento del bambino, ma includono anche pattern di comportamenti acquisiti, comporta-

menti disfunzionali e richiestivi.

I dati finora riportati sono indicativi e meritano un’attenta riflessione poiché ci invi-

tano a riflettere sull’impatto che la severità dell’ASD possa avere sullo stile genitoriale

dell’adulto. L’ASD è esteso lungo un continumm variabile e influenza, con un impatto

differente, la genitorialità in generale. Dai risultati dello studio è possibile osservare

come, al di là del disagio, delle preoccupazioni e delle difficoltà emotive, sociali, rela-

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zionali, manifestate in maggior misura dai genitori di bambini con ASD rispetto al

gruppo dei genitori di bambini con TD, ancora una volta, l’espressione del BAP e le dif-

ficoltà connesse all’adulto vengono espresse in maniera significativa all’interno delle

famiglie in cui il bambino presenta una sintomatologia severa di ASD, con maggiori

difficoltà socio-comunicative e di gestione comportamentale. Pertanto, è possibile de-

durre come il BAP abbia un forte impatto sullo stile genitoriale dell’adulto e correla po-

sitivamente con la severità sintomatologica del bambino autistico.

4.3 Le correlazioni: profilo neuropsicologico e sociale dei genitori del gruppo con ASD

Per rilevare l’impatto del BAP nell’espressione comportamentale dei genitori in ge-

nerale, nella relazione con il bambino e nel funzionamento cognitivo e sociale è stata

applicata una correlazione bivariata di Pearson in considerazione ad alcune variabili,

quali l’età, l’istruzione, l’occupazione, i livelli di QI e i risultati del profilo neuropsico-

logico e sociale (appendice 1 - Correlazioni Madre ASD e appendice 2 - Correlazioni

Padre ASD). La correlazione è significativa a livello 0.01** (a due code) e a livello

0.05* (a due code).

4.3.1 Età, Istruzione e Occupazione dei genitori

Nonostante il disagio e le ansie che i genitori sperimentano durante il percorso di

crescita del proprio bambino con ASD, unite alle difficoltà di accettazione della diagno-

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si, le madri che sono occupate, e quindi realizzate a livello professionale, sembrano mo-

strare più resilienza rispetto a coloro che sono disoccupate, apparendo anche meno

stressate. Dai risultati dello studio, emerge che le stesse, sarebbero professionalmente

occupate, proprio perché il funzionamento socio-comunicativo del loro bambino con-

sentirebbe, contemporaneamente, una gestione adeguata del lavoro e dei bisogni del fi-

glio con una diagnosi meno severa di ASD. Tali dati, infatti, non sono replicati

all’interno delle famiglie in cui il bambino presenta una sintomatologia autistica severa.

Nello specifico, all’interno del gruppo con ASD si rileva una correlazione negativa tra

l’età, il livello di istruzione e lo stress materno, come se le madri più adulte e istruite

avessero una maggiore consapevolezza e capacità di coping nell’affrontare lo stress nel-

la relazione con il proprio bambino con ASD. Inoltre, le madri del gruppo con ASD che

sono istruite e che possiedono buone abilità verbali - QIV, riescono meglio ad identifi-

care le espressioni emotive attraverso lo sguardo nel compito di lettura della mente. An-

che i padri del gruppo con ASD, occupati professionalmente, sono meno depressi e

alessitimici di coloro che sono disoccupati e con un bambino AUT.

4.3.2 QI dei genitori

Sebbene i livelli di QI nei due gruppi con ASD e con TD risultano omogenei,

all’interno del gruppo di genitori con ASD è possibile rilevare come valori elevati nelle

prove verbali e di performance dei padri del gruppo con ASD mostrano una correlazio-

ne positiva con l’istruzione, la capacità di mentalizzazione e la tendenza ad essere aperti

mentalmente alla cultura e all’esperienza. Gli stessi, sembrano essere meno alessitimici,

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depressi e raramente sviluppano stili di attaccamento disfunzionali. Anche le madri del

gruppo con ASD, che presentano abilità cognitive e di performance superiori alla media,

sono maggiormente istruite e occupate professionalmente e riescono meglio a decodifi-

care le emozioni degli altri attraverso la regione degli occhi. Le stesse non manifestano

alessitimia e stili di attaccamento disfunzionali e soprattutto non percepiscono il loro

bambino come elemento negativo e stressante durante le interazioni sociali.

4.3.3 L’effetto della variabilità dell’autismo nei genitori

La severità della diagnosi è correlata con diverse variabili osservate all’interno del

gruppo di genitori con ASD. Nello specifico la sintomatologia autistica all’interno delle

famiglie con ASD è inversamente correlata con l’occupazione. Le madri di bambini con

ASD, con una diagnosi meno severa rispetto alla condizione AUT, sono più amichevoli,

coscienziose e presentano meno tratti di espressione del BAP poiché sono meno siste-

matiche. I padri di bambini con sintomatologia meno severa di autismo, così come le

madri, tendono ad essere coscienziosi, aperti mentalmente, colti, informati e interessati

alle cose in generale. Questi ultimi presentano ridotti livelli di ansia, depressione e ales-

sitimia. Inoltre, i padri che hanno bambini con un quadro clinico meno severo di ASD,

presentano correlazioni negative con lo stile di attaccamento insicuro-evitante rispetto ai

padri del gruppo con AUT. Anche la capacità di decodifica delle emozioni attraverso lo

sguardo è migliore nei padri di bambini con ASD. La severità della diagnosi sembra

avere un impatto significativo sui livelli di stress dei genitori del gruppo con ASD. In

particolare, le madri del gruppo con ASD, in presenza di un adeguato funzionamento

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socio-cognitivo, manifestano una riduzione dello stress in generale e nell’interazione

con il proprio bambino e una migliore percezione dello stesso come meno difficile da

gestire. Dati simili si rilevano anche per i padri del gruppo con ASD e non per il gruppo

con AUT. Nello specifico, i padri di bambini con ASD presentano livelli ridotti di di-

stress genitoriale e scarsa tendenza a utilizzare risposte difensive e a minimizzare le

condizioni di disagio.

4.3.4 AQ, EQ, SQ dei genitori

Sebbene non si rilevino differenze statisticamente significative nei genitori del grup-

po con ASD e con TD, per i tratti autistici (AQ), il quoziente di sistematizzazione (SQ)

e il quoziente di empatia (EQ), appare possibile rilevare differenze interessanti a livello

intra-gruppo (ASD). In particolare, la presenza di elevati tratti autistici AQ delle madri

correla negativamente con il quoziente di empatia EQ, l’estroversione, la tendenza alla

socialità, la stabilità emotiva, l’apertura mentale, lo stile di attaccamento orientato alla

fiducia e l’accuratezza nel compito di lettura della mente. Si rileva, invece, una correla-

zione positiva tra l’AQ delle madri e la depressione, l’alessitimia, l’ansia, difficoltà di

consapevolezza affettiva e distress genitoriale. Anche per i padri, i dati rilevati mostrano

correlazioni simili: l’AQ paterno correla negativamente con il quoziente di empatia EQ,

l’essere socievoli, la stabilità emotiva e l’apertura mentale e positivamente con la de-

pressione, l’alessitimia, l’attaccamento insicuro e lo stress sperimentato nell’interazione

con il proprio bambino.

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Le madri del gruppo con ASD che mostrano elevati livelli di empatia al questionario

self-report EQ sono più estroverse, meno alessitimiche e non sviluppano un attaccamen-

to insicuro; ciò è possibile riscontrarlo anche per i padri del gruppo con ASD. I punteggi

dell’EQ paterno correlano positivamente con l’estroversione, la socialità, l’apertura

mentale e con adeguate abilità verbali, mentre correlano negativamente con

l’alessitimia.

Anche le correlazioni effettuate tra il quoziente di sistematizzazione SQ e le variabili

osservate, permettono di rilevare come le madri sistematiche hanno difficoltà nel compi-

to di lettura della mente, impiegano meno tempo nel decodificare lo stato emotivo altrui

ma commettono più errori. Le stesse, manifestano uno stile di attaccamento timoroso e

preoccupato nei confronti dell’altro ma risultano meno stressate, probabilmente perché

tendono a organizzare la quotidianità in fasi ben scandite, appunto sotto forma di siste-

mi, al fine di poter fronteggiare efficacemente le varie condizioni dell’ASD; inoltre, la

tendenza ad essere sistematiche potrebbe renderle più organizzate e regolate a livello

emotivo. I padri più sistematici presentano una correlazione positiva con i tratti di per-

sonalità tendenti alla scrupolosità, perseveranza, infatti, tendono ad essere più coscien-

ziosi.

4.3.5 Ansia, depressione e stile di attaccamento dei genitori

Nelle madri del gruppo con ASD, i valori elevati alla scala dell’ansia - STAI-Y cor-

relano positivamente con l’AQ, la depressione, l’alessitimia e lo stress genitoriale e ne-

gativamente con l’estroversione, la stabilità emotiva, l’essere socievole e lo stile di at-

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taccamento sicuro basato sulla fiducia. Simili correlazioni si rintracciano anche nei pa-

dri di bambini con ASD, i quali tendono a utilizzare uno stile di pensiero soppressivo e

le loro prestazioni nelle abilità di performance sembrano ridursi in presenza di elevati

tratti ansiosi.

La depressione materna correla positivamente con i tratti autistici dell’adulto - AQ,

l’ansia, l’alessitimia, l’attaccamento timoroso e preoccupato, lo stress in generale e nello

specifico nell’interazione con il proprio bambino. I padri più depressi sono meno occu-

pati professionalmente, meno estroversi, cooperativi e cordiali. Anche la depressione

dei padri correla positivamente con i tratti autistici - AQ, l’ansia, il disagio nelle rela-

zioni sociali, il pensiero soppressivo, lo stress genitoriale, in particolare con la percezio-

ne che gli stessi hanno del loro bambino, ritenuto difficile da gestire e lontano dalle

aspettative di figlio.

All’interno del gruppo con ASD le madri che manifestano uno stile di attaccamento

disfunzionale, caratterizzato da relazioni superficiali, condizioni di disagio e ansia, pre-

sentano correlazioni positive con i tratti autistici dell’adulto AQ, depressione, alessiti-

mia e stress e negative con adeguate abilità cognitive e i tratti di personalità propositivi

e sociali del BFQ. Le madri che manifestano uno stile di attaccamento sicuro, basato

sulla fiducia, tendono a presentare attitudini sociali, relazionali, adeguata regolazione

emotiva e comunicativa simili a quelle sviluppate dai genitori di bambini con TD. I pa-

dri che manifestano un attaccamento disfunzionale mostrano correlazioni positive con i

tratti autistici dell’adulto - AQ, ansia, tratti alessitimici, stile di pensiero tendente alla

soppressione cognitiva e stress genitoriale; per questi ultimi, le correlazioni risultano

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negative con il fattore che caratterizza l’amicalità, l’apertura mentale, le abilità di men-

talizzazione e le abilità cognitive di performance. I padri del gruppo con ASD che spe-

rimentano attaccamento sicuro basato sulla fiducia, tendono maggiormente a utilizzare

uno stile di pensiero tendente alla rivalutazione cognitiva. In generale, la presenza di

uno stile di attaccamento disfunzionale all’interno delle famiglie con ASD, contraddi-

stinto dal disagio relazionale, attaccamento ansioso-evitante, timoroso e preoccupato, le

espone maggiormente ad esprimere un fenotipo autistico marcato.

4.3.6 Profilo personologico dell’adulto: Big Five Questionnaire

I tratti di personalità valutati attraverso il Big Five Questionnaire - BFQ, permettono

di rilevare correlazioni significative con diverse variabili studiate.

Attraverso le scale principali del questionario - (Estroversione, Amicalità, Coscien-

ziosità, Stabilità Emotiva, Apertura Mentale) - riferite ai 5 grandi fattori della personali-

tà, è stato osservato, come per le madri e per i padri del gruppo con ASD il fattore

Estroversione (E) o Energia che caratterizza i soggetti per la loro loquacità, energia, di-

namicità, laddove manifestato, correla negativamente con i tratti autistici dell’AQ, i trat-

ti alessitimici, con uno stile di attaccamento insicuro-evitante e il bisogno di approva-

zione e accettazione da parte degli altri. L’Estroversione invece correla positivamente

con la fiducia e lo stile di attaccamento sicuro nelle madri e buone abilità cognitive di

performance nei padri. Nonostante l’estroversione, i padri del gruppo con ASD hanno

difficoltà a identificare le espressioni emotive dagli occhi, infatti, l’estroversione correla

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negativamente con il tempo impiegato nel dare le risposte al compito di lettura della

mente.

La tendenza alla cooperazione, cordialità, altruismo, amicalità (A) delle madri del

gruppo con ASD, correla positivamente con l’occupazione professionale. L’amicalità

materna e paterna (A) correla negativamente con i tratti autistici dell’AQ, l’ansia, la de-

pressione, l’alessitimia e lo stress genitoriale e positivamente con i livelli di empatia EQ

e l’attaccamento sicuro.

Nonostante alcune madri del gruppo con ASD mostrino buone capacità di autorego-

lazione/autocontrollo e una correlazione positiva tra il fattore Coscienziosità (C) e lo sti-

le relazionale basato sulla fiducia, le stesse, sembrano manifestare delle difficoltà non a

identificare i sentimenti bensì a descriverli agli altri. Il fattore Coscienziosità delle ma-

dri del gruppo con ASD correla negativamente con lo stress in generale e nello specifico

con i livelli di distress genitoriale e lo stress percepito nell’interazione con il proprio

bambino. I padri del gruppo con ASD che sono maggiormente scrupolosi, perseveranti e

Coscienziosi (C) sono più sistematici, meno ansiosi e alessitimici e presentano buone

abilità verbali. I padri di bambini con ASD che cercano maggiormente di autoregolarsi,

essere determinati, affidabili, precisi, non mostrano difficoltà di regolazione emotiva,

riuscendo ad aprirsi agli altri e a stabilire legami emotivi. Allo stesso tempo il fattore

Coscienziosità dei padri del gruppo con ASD correla negativamente con il bisogno di

approvazione, ovvero, con lo stile di attaccamento timoroso e preoccupato.

I dati rilevati per il fattore Stabilità Emotiva (S) nei genitori del gruppo con ASD

correlano negativamente con i tratti autistici dell’adulto AQ, con i livelli di ansia, con la

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depressione, con il bisogno di approvazione, la preoccupazione per le relazioni sociali e

con la difficoltà di consapevolezza affettiva. Pertanto i genitori che tendono ad avere

maggiore controllo delle proprie emozioni e degli impulsi, tendono a descriversi come

poco ansiosi e depressi e predisposti socialmente ad avere rapporti interpersonali. Il fat-

tore Stabilità Emotiva (S) tende a correlare positivamente con il QI di performance delle

madri e negativamente con i livelli di distress genitoriale.

Infine l’Apertura Mentale (M) dei genitori ASD, la predisposizione alla cultura e

all’esperienza correlano negativamente con i tratti autistici dell’adulto AQ, l’ansia, il di-

sagio per l’intimità, la tendenza a enfatizzare il successo personale nelle relazioni e con

lo stress. I padri aperti alla cultura e all’esperienza presentano buone relazioni sociali,

abilità cognitive ed empatiche. In generale, nei genitori che sviluppano discrete abilità

sociali sembrano ridursi i tratti comportamentali, sociali e cognitivi che caratterizzano il

BAP.

4.3.7 Regolazione emotiva e alessitimia dei genitori

I padri del gruppo con ASD, più delle madri, con uno stile di pensiero soppressivo

presentano correlazioni positive con elevati livelli di ansia, depressione, alessitimia, di-

sagio nelle relazioni e attaccamento disfunzionale e maggiore distress genitoriale

nell’interazione con il proprio bambino. Il pensiero soppressivo sembra ridurre la per-

formance dei soggetti alla valutazione cognitiva. Tale pensiero sembra ridursi nei padri

del gruppo con ASD che presentano bambini con una diagnosi meno severa di autismo.

Per i padri che manifestano uno stile di pensiero tendente alla rivalutazione cognitiva, le

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relazioni interpersonali non sembrerebbero inficiate bensì apparirebbero caratterizzate

da uno stile di attaccamento sicuro, basato sulla fiducia. Dati simili sono stati rilevati

anche per le madri di soggetti con ASD. Nello specifico, la rivalutazione cognitiva ma-

terna correla positivamente con la tendenza a mostrare interessate verso eventi nuovi e

la cultura in generale; le stesse mostrano discrete capacità di lettura della mente, e rie-

scono meglio nella decodifica delle emozioni all’Eyes-Test. La rivalutazione cognitiva

delle madri del gruppo con ASD correla negativamente con l’alessitimia, invece la sop-

pressione materna correla negativamente con l’occupazione e positivamente con

l’alessitimia, il disagio relazionale e lo stress.

Le difficoltà di regolazione emotiva sono state riscontrate frequentemente nei padri

del gruppo con ASD. Per questi ultimi l’alessitimia correla positivamente con l’ansia, il

disagio relazionale, l’attaccamento insicuro-evitante e lo stress sperimentato soprattutto

nell’interazione con il proprio bambino. L’alessitimia dei padri del gruppo con ASD,

invece, correla negativamente con l’EQ, l’estroversione, la tendenza a essere scrupolosi,

perseveranti e aperti mentalmente. La presenza di alessitimia sembra inficiare gli aspet-

ti cognitivi e la performance degli stessi. Inoltre, si osservano correlazioni positive tra

alcune difficoltà rilevate alla TAS, 20 e l’intervista per l’alessitimia TSIA. Nello speci-

fico, i padri che presentano elevati livelli di alessitimia alla TAS, 20 mostrano correla-

zioni positive con la difficoltà a descrivere i sentimenti, la tendenza a orientare il pen-

siero all’esterno e la difficoltà nella consapevolezza affettiva valutata attraverso

l’intervista per l’alessitimia TSIA. Anche le madri alessitimiche mostrano una correla-

zione positiva con i tratti autistici AQ, ansia, depressione, disagio relazionale e attacca-

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mento evitante, stile cognitivo tendente alla soppressione e stress soprattutto quando in-

teragiscono con il figlio con ASD. I punteggi delle madri rilevati alla TAS, 20, correla-

no positivamente con la difficoltà a descrivere emozioni e sentimenti agli altri e con le

difficoltà di consapevolezza affettiva dell’intervista TSIA. Le stesse sono meno estro-

verse, cooperative e aperte mentalmente; inoltre, presentano scarse abilità mentali e dif-

ficoltà a sviluppare un attaccamento sicuro basato sulla fiducia.

4.3.8 Le capacità di mentalizzazione dell’adulto

Le abilità di lettura della mente, in generale, appaiono inficiate nei genitori del grup-

po con ASD rispetto ai genitori del gruppo di controllo. Laddove si registra una buona

accuratezza materna (ASD) nelle risposte date all’Eyes-Test, si rilevano correlazioni

negative con il quoziente di sistematizzazione e positive con il livello di istruzione, la

capacità di decodifica delle emozioni del volto (Faces-Test) e le abilità cognitive. Anche

le madri (ASD) più accurate al Faces-Test sono poco sistematiche - SQ. Inoltre la velo-

cità di decodifica al Faces-Test correla positivamente con la velocità di mentalizzazione

manifestata all’Eyes-Test, in questo caso le madri sono veloci in entrambi i compiti di

mentalizzazione. Le madri con buone capacità di lettura della mente hanno un maggiore

controllo delle emozioni e non sembrano sviluppare elevati livelli di depressione.

La sintomatologia meno severa della condizione autistica del proprio bambino corre-

la positivimente con le abilità di decodifica delle emozioni attraverso l’Eyes-Test; per-

tanto, i padri che si trovano in questa condizione sembrerebbero esprimere in maniera

minore i tratti del BAP per questo specifico sotto-dominio. Anche l’accuratezza dei pa-

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dri del gruppo con ASD all’Eyes-Test correla positivamente con la capacità di decodifi-

ca delle emozioni del volto (Faces-Test) e con le abilità cognitive verbali e di perfor-

mance. Le buone capacità di mentalizzazione dei padri con ASD correlano negativa-

mente con lo stile di attaccamento disfunzionale dell’adulto. I padri istruiti e che riesco-

no meglio a decodificare gli stati emotivi al Faces-Test mostrano buone abilità di men-

talizzazione anche all’Eyest-Test.

4.3.9 Livelli di stress dei genitori

Le madri del gruppo con ASD risultano maggiormente stressate rispetto ai padri e al

campione di controllo. Lo stress delle madri di bambini con ASD, così come per i padri

ASD, correla positivamente con ansia, depressione, attaccamento insicuro, difficoltà

nella regolazione emotiva, pensiero soppressivo e alessitimia. Lo stress dei genitori del

gruppo con ASD, invece, correla negativamente con l’occupazione professionale, la si-

stematicità dell’adulto, l’altruismo, l’essere cooperativi, la scrupolosità, la perseveranza

e l’apertura mentale. I padri stressati del gruppo con ASD, hanno maggiori difficoltà ad

interagire con il proprio bambino in quanto quest’ultimo presenterebbe un comporta-

mento imprevedibile. Questi elevati livelli di stress sembrerebbero diminuire all’interno

delle famiglie in cui la sintomatologia autistica del bambino risulta lieve.

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Conclusioni

La genitorialità è una funzione complessa e implica il prendersi cura dell’altro. La na-

scita di un bambino con bisogni speciali rappresenta una notevole difficoltà per i genitori e

la famiglia in generale. Crescere un bambino con ASD può condizionare molti aspetti della

vita familiare, determinando nuovi bisogni e diverse problematicità nel corso dell’esperienza

genitoriale. Le famiglie di bambini con ASD devono adattarsi e riorganizzarsi ad affrontare

le sfide che tale condizione comporta. Questo percorso non è affatto semplice. Al di là delle

complessità legate alla condizione ASD, alcune famiglie presentano delle risorse, forze e

spinte interiori che le aiutano a manifestare e produrre diversi livelli di adattamento.

La presenza del BAP, notevolmente superiore all’interno delle famiglie multiplex

(Constantino et al., 2006; Losh et al., 2008; Maxwell et al., 2013), appare ben consolidata

dagli studi che sottolineano una forte componente genetica implicata nell’ASD (Losh et al.,

2008; Maxwell et al., 2013; Persico, Napolioni, 2013; Colvert et al., 2015). Considerate le

evidenze genetiche nell’eziologia dell’autismo, sulla base degli studi fin adesso esaminati,

l’esigenza di questa ricerca nasce dalla possibilità di rilevare i tratti distintivi del BAP nel

campione valutato. Inoltre, Happè e Ronal (2008) suggeriscono che vi possono essere cause

distinte a livello genetico, cognitivo e neurale che sembrerebbero caratterizzare i familiari

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con diverse espressioni fenotipiche. Le manifestazioni del BAP potrebbero derivare da spe-

cifiche mutazioni o variazioni di numerosi geni implicati nell’ASD.

Spesso, i genitori che sperimentano l’autismo dei propri figli e che presentano di base

delle difficoltà socio-comunicative sotto-soglia, manifestano a vari livelli alterazioni neuro-

psicologiche, sociali, emotive e cognitive. Queste alterazioni rendono i genitori poco consa-

pevoli e scarsamente capaci a fronteggiare il ciclo dell’adattamento familiare alla disabilità;

pertanto, appare difficile, per queste famiglie, percorrere in maniera adeguata, le fasi che

dalla crisi, esperita per la diagnosi del proprio bambino, portano all’adattamento e

all’attivazione dell’adulto nel rispondere efficacemente alla condizione autistica del figlio.

In questa ricerca è stato possibile valutare domini e sotto-domini distintivi del BAP at-

traverso l’utilizzo di strumenti volti a rilevare le caratteristiche neuropsicologiche, sociali,

emotive e comunicative dei genitori, difficilmente esplorate, tutte insieme, in un unico pro-

tocollo di valutazione.

I risultati dello studio confermano che il BAP appare espresso nel gruppo dei genitori di

soggetti con ASD avvalorando l’ipotesi –a (i parenti di primo grado di bambini con autismo

manifestano vari livelli di espressioni del BAP). Tale ipotesi è confermata sia per la valuta-

zione dei domini in generale (abilità sociali e comunicative) sia per la rilevazione dei sotto-

domini del BAP (ansia, depressione, alessitimia, regolazione emotiva, stile di attaccamento,

stress), ad eccezione della presenza dei tratti autistici dell’adulto (AQ - Autism Quotient).

Nonostante l’AQ, nella versione italiana, rappresenti una misura cross-culturale affidabile

della presenza del fenotipo autistico allargato tra i familiari di soggetti con ASD (Ruta et al.,

2012), nel campione esaminato, non si rilevano differenze significative all’interno di questa

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specifica categoria di genitori rispetto al gruppo con TD. Verosimilmente, i genitori (ASD)

del presente campione, essendo inseriti, insieme ai loro bambini, all’interno di centri di ri-

cerca e di riabilitazione, sono frequentemente sottoposti all’attenzione dei clinici e dei ricer-

catori per valutazioni e osservazioni di vario genere, personali e sul bambino. Gli stessi,

sembrerebbero avere familiarità con alcuni dei questionari self-report utilizzati, quali l’AQ.

Ciò avrebbe potuto alterate la qualità delle risposte degli adulti, poiché conoscono ciò che il

questionario intende indagare, probabilmente falsando alcune risposte e appiattendo il valore

della significatività dei risultati inizialmente attesi tra i due gruppi di genitori con ASD e con

TD.

L’ipotesi –b, relativa al funzionamento cognitivo dei genitori (in tale gruppo di soggetti è

stata rintracciata la presenza di un funzionamento cognitivo, anche se lieve, simile a quello

dello spettro autistico) in generale, non consente di rilevare differenze significative tra i ge-

nitori, in quanto dalle valutazioni effettuate a livello cognitivo, entrambi i gruppi (ASD -

TD) presentano livelli di QI omogenei e con prestazioni nella media. Al di là della specifica

valutazione cognitiva, si evince, nei padri del gruppo con ASD, uno stile di pensiero opera-

torio concreto, tendente alla soppressione cognitiva, orientato maggiormente a prestare at-

tenzione a eventi e situazioni esterne piuttosto che a capacità riflessive interiori e presenza di

alterate modalità relazionali. Tali aspetti sembrano in parte riflettere una maggiore espres-

sione cognitiva del BAP che, anche se sotto soglia, sembrerebbe caratterizzare il funziona-

mento cognitivo del cervello autistico. Tali dati, pur non essendo rappresentativi di uno stile

cognitivo simile a quello autistico, ci permettono di fare delle osservazioni oggettive e scor-

gere delle differenze di funzionamento con i genitori che, invece, manifestano in generale,

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elevate abilità cognitive e sociali; questi ultimi, sembrerebbero maggiormente predisposti ad

adattarsi alla condizione autistica del figlio dato le correlazioni positive con alcuni aspetti

della personalità pro-sociale.

Invece, sempre rispetto all’ipotesi –b, riguardante il funzionamento sociale degli adulti

(in tale gruppo di soggetti è stata rintracciata la presenza di un funzionamento sociale simile

a quello dello spettro autistico), le madri del gruppo con ASD, se confrontate al gruppo con

TD, manifestano maggiori difficoltà di mentalizzazione. Nello specifico, le madri del grup-

po con ASD impiegano più tempo a decodificare le emozioni espresse attraverso lo sguardo

(Eyes-Test) o l’intero volto (Faces-Test) rispetto ai padri, compiendo quindi un maggiore

sforzo cognitivo nel compito di lettura della mente. La difficoltà di lettura della mente, in

letteratura, è maggiormente riscontrata nei parenti di soggetti con ASD e nello specifico nei

familiari di sesso maschile, in questo caso i padri, i quali sembrano esprimere in misura

maggiore tale problematicità; quest’ultimo dato è confermato nelle differenze di genere in-

tra-gruppo (ASD) nel campione della presente ricerca.

Essendo confermate le ipotesi a e b (espressione del BAP nei familiari di soggetti con

autismo e funzionamento cognitivo e sociale simile a quello riscontrato nell’ASD), anche se

per certi versi parzialmente, nello studio è stato ulteriormente indagato l’impatto del BAP

sulla genitorialità in generale e nella relazione genitore-bambino. Inoltre, sono state osserva-

te le differenze di genere nell’espressione del BAP dei genitori di soggetti con ASD e come

queste ultime correlino con il comportamento e le abilità cognitive e sociali. Sono state esa-

minate anche le caratteristiche del BAP correlate alla severità della sintomatologia autistica.

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Nello studio, i dati sopra citati, confermano quanto riportato in letteratura: le madri di

bambini con ASD appaiono maggiormente stressate rispetto alle madri di bambini con TD e

con altri disturbi del neurosviluppo, così anche i padri del gruppo con ASD ma in misura

minore. Confrontando i dati relativi allo stress di madri e padri del gruppo con ASD, si rile-

va una differenza di sesso nelle manifestazioni di disagio legate al ruolo genitoriale. Rispetto

alla condizione di salute mentale, le madri mostrano un livello più alto di depressione in

confronto ai padri. Ciò potrebbe essere indicativo della differente condizione psicologica

vissuta dalle madri; le stesse, rimangono le figure maggiormente coinvolte nell’accudimento

del proprio bambino, nella gestione comportamentale e nell’organizzazione in generale della

vita del soggetto. Pertanto, le madri potrebbero essere più esposte a difficoltà di carattere

emotivo, sociale e mentale poiché maggiormente responsabili della crescita e dello sviluppo

del proprio bambino.

Lo studio sull’alessitimia ha suscitato l’interesse di molti ricercatori a livello interdisci-

plinare, ispirandosi a diverse prospettive di indagine (processi evolutivi dell’attaccamento,

studi di risonanza magnetica funzionale (fMRI), studi di genetica e correlazioni tra alessiti-

mia e capacità di mentalizzazione). Anche nello studio in oggetto, particolare interesse è sta-

to posto alla valutazione dell’alessitimia nell’adulto. Ancora oggi, non è stato possibile indi-

viduare se l’alessitimia sia un tratto di personalità che potrebbe assumere una funzione di ri-

schio per lo sviluppo di una condizione di disagio o essere considerata l’effetto della soffe-

renza dell’adulto. Dai risultati della ricerca, il costrutto alessitimico sembrerebbe associato

all’espressione del BAP nei parenti di primo grado di soggetti con ASD e correlato alla se-

verità della diagnosi di autismo. Studi condotti in piccoli campioni di soggetti con ASD ad

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alto funzionamento e Asperger (Hill et al., 2004) hanno riscontrato nel 48% dei casi alti pun-

teggi per l’alessitimia valutata attraverso la TAS, 20. Anche nello studio di Silani e collabo-

ratori (2008), soggetti con ASD, riportano elevati livelli di alessitimia. Dagli studi esaminati,

sembrerebbe che la manifestazione dei tratti alessitimici e la condizione autistica coinvolga-

no alcune delle stesse regioni cerebrali in cui si registra una riduzione delle risposte agli sti-

moli emozionali (cit. in Taylor et al., 2014). Pertanto, i fattori genetici, così come per

l’autismo, anche per l’alessitimia, potrebbero spiegare la ridotta attività neuronale di alcune

specifiche regioni cerebrali alla base delle emozioni e dei sentimenti.

I dati del seguente studio confermano i risultati riportati in letteratura rispetto

l’associazione tra alessitimia e lo stile di attaccamento (insicuro/ansioso – ambivalente;

preoccupato e timorosi) (vedi Bekendam, 1997; De Rick, Vanheule, 2006; Montebarocci et

al., 2004; Scheidt et al., 1999; Troisi et al., 2001 cit. in Taylor et al., 2014). Inoltre,

l’attaccamento insicuro sembrerebbe essere associato a una ridotta capacità di mentalizza-

zione. Nello studio di ricerca, ancora una volta, sono i genitori di soggetti con ASD a mo-

strare tratti alessitimici e difficoltà di lettura della mente, più dei genitori del gruppo con TD.

Un valore aggiunto che contraddistingue la presente ricerca è dato dall’utilizzo degli stru-

menti di valutazione, i quali hanno permesso di condurre un assessment specifico di tale co-

strutto. Le critiche mosse agli studi empirici sull’alessitimia sono state rivolte all’utilizzo di

un unico strumento self-report di valutazione (TAS, 20 per misurare tale costrutto). A tal

proposito, al fine di migliorare la qualità metodologica del seguente studio, è stato utilizzato

un approccio multi-metodo, il quale implica l’utilizzo di diversi strumenti di valutazione in-

clusa la Toronto Structured Interview for Alexithymia (TSIA).

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La severità sintomatologica dei bambini con ASD, sembrerebbe influenzare

l’espressione del BAP nei genitori. Nello specifico, alcuni aspetti deficitari della personalità,

della regolazione emotiva, della cognizione sociale, insieme a elevati livelli di stress genito-

riale, correlano positivamente con la severità della diagnosi. Nonostante la presenza di alcu-

ni tratti (altruismo, cordialità, cooperatività e amicalità – BFQ) non sembri caratterizzare i

genitori del gruppo con ASD ma piuttosto con TD, le abilità socio-relazionali emergenti nel-

le madri con ASD correlano negativamente con la severità della diagnosi. Anche i padri di

bambini con una sintomatologia lieve – ASD, sarebbero maggiormente predisposti a fare

nuove esperienze, interessati alle novità, aperti alla cultura, più delle madri con ASD e ancor

di più del gruppo di genitori con bambini che presentano una diagnosi severa (AUT). La ri-

levanza della diagnosi non influenza in generale i livelli di depressione dei genitori di bam-

bini autistici, in quanto, sia i genitori di bambini con ASD (sintomatologia lieve) sia i geni-

tori di bambini con AUT (sintomatologia severa) appaiono depressi allo stesso modo, e so-

prattutto i padri del gruppo di bambini con diagnosi severa presentano segni marcati di de-

flessione del tono dell’umore. Questi ultimi sembrerebbero manifestare maggiori tratti ales-

sitimici, determinando una differenza di genere significativa intra-gruppo.

Osservando il gruppo dei genitori di soggetti con ASD, i padri, più delle madri, presen-

tano difficoltà di accuratezza nel compito di lettura della mente (Eyes-Test e Faces-Test),

confermando i dati della letteratura in oggetto.

I genitori di bambini con sintomatologia severa di autismo (AUT) presentano compro-

missioni nelle relazioni di attaccamento; nello specifico, i padri manifestano un maggiore di-

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sagio relazionale per l’intimità e un attaccamento insicuro-evitante. Inoltre, il loro stile di

pensiero appare maggiormente soppressivo rispetto al gruppo con ASD.

Infine, i livelli di stress sono più elevati nel gruppo di genitori di bambini che presentano

una sintomatologia severa di autismo (AUT). Nello specifico, i padri presentano maggiore

distress, accompagnato da eccessivi livelli di ansia, depressione, coping negativo e le madri

tendono a manifestare maggiore difficoltà ad interagire con il proprio bambino, in quanto

non rispondente probabilmente alle loro aspettative di figlio; le stesse non riescono a stabili-

re una relazione funzionale con il piccolo poiché lo percepiscono difficile da gestire a livello

comportamentale. Queste difficoltà sperimentate dai genitori sarebbero correlate direttamen-

te al temperamento del bambino.

Per concludere, la valutazione dei domini (presenza di difficoltà socio-comunicative e ri-

gidità comportamentale) e sotto-domini (ansia, depressione, difficoltà della regolazione

emotiva, stili di attaccamento, alessitimia) tra i parenti di primo grado sembra confermare

l’espressione del BAP e le manifestazioni specifiche ad esso associato (Bora et al., 2017).

Pertanto, il BAP influenza in maniera significativa la genitorialità, sia per i domini in gene-

rale che per i sotto-domini specifici. Infatti, confrontando i dati dei due gruppi (ASD – TD)

è possibile osservare come i genitori del gruppo con ASD esprimano un marcato fenotipo

autistico in alcuni specifici domini, quali la cognizione sociale, i tratti personologici e gli

aspetti emotivi. Inoltre, la maggiore espressione del BAP sembra correlare positivamente

con la severità sintomatologica del bambino con autismo. Infine, è stato osservato come il

BAP si esprima in maniera differente nei due sessi. Laddove i genitori del gruppo con ASD

presentino maggiori risorse interne di adattamento, resilienza e coping funzionale si osserva

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una minore espressione del BAP all’interno delle famiglie. I genitori del gruppo con TD,

presentano tratti meno espressi del BAP e per alcuni domini e sotto domini si rileva

un’assenza di espressione del fenotipo autistico.

Il BAP appare un fenomeno molto complesso ed eterogeneo da valutare, caratterizzato da

specifiche componenti che sono suscettibili di un’indagine genetica e neurobiologica. Sa-

rebbe importante correlare i dati del BAP del campione in oggetto con accurate indagini ge-

netiche al fine di poter studiare e mettere a confronto gli aspetti fenotipici e genotipici nello

stesso campione di soggetti. Inoltre, sarebbe interessante valutare, attraverso studi di neu-

roimaging (fMRI), il funzionamento delle regioni cerebrali e delle strutture neuroanatomi-

che nei genitori dei soggetti con autismo e nei controlli. Questo potrebbe aiutare la ricerca

futura a individuare a priori le emergenti caratteristiche del BAP nei familiari di soggetti con

ASD in corrispondenza alle possibili alterazioni genetiche; ciò porterebbe gli esperti a rile-

vare, in tempo, la complessità fenotipica dell’adulto tarata sull’alterazione del corredo gene-

tico e fornire un adeguato supporto clinico. Lo studio del BAP a vari livelli sembrerebbe

avere un impatto significativo sul processo di adattamento delle famiglie con ASD al percor-

so di abilitazione e riabilitazione. Il funzionamento neuropsicologico dell’adulto, la sincro-

nia parentale all’interno della diade autistica, connessa ai bisogni del figlio, influenzerebbero

positivamente la traiettoria di sviluppo di quest’ultimo.

Poiché l’ampia valutazione del BAP potrebbe aggiungere nuove importanti informazioni

sul funzionamento psicologico, cognitivo e sociale dell’adulto, appare fondamentale consi-

derare, nello studio in questione, i limiti che potrebbero complicare e/o ostacolare

l’approfondimento degli aspetti distintivi del fenotipo autistico nella popolazione esaminata.

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Uno dei limiti di questo studio potrebbe essere caratterizzato dalla scelta dell’ampia bat-

teria di valutazione che, sebbene permetta di valutare domini generali e specifici del BAP,

consentendo di rilevare maggiori differenze tra i gruppi, la stessa potrebbe essere limitante

per il numero elevato di domande e prove a cui entrambi i gruppi di genitori vengono sotto-

posti.

Un altro limite dello studio, osservato nella fase di elaborazione statistica dei dati, po-

trebbe derivare dalla familiarità che i genitori del gruppo con ASD hanno con alcuni degli

strumenti di valutazione utilizzati; ciò probabilmente li avrebbe indotti a produrre dei bias

self-report, ovvero ad alterare la qualità delle risposte date al questionario AQ. Inoltre, la

mancanza di significatività dell’AQ nel campione esaminato (ASD – TD), potrebbe derivare

dalla presenza, a livello dimensionale, dei tratti del BAP, comunemente distribuiti nella po-

polazione generale (TD) e di conseguenza appiattire gli effetti dei risultati attesi nei due

gruppi. Poiché le misure del presente studio costituiscono indici quantitativi di funziona-

mento neuropsicologico in entrambi i gruppi (ASD – TD), gli studi relativi alla valutazione

dei tratti del BAP potrebbero beneficiare di campioni più ampi al fine di migliorare

l’attendibilità dei risultati.

In conformità a quanto detto finora, una valutazione approfondita del fenotipo allargato è

cruciale perché potrebbe fornire una maggiore comprensione sull’eziologia del disturbo.

Inoltre, la conoscenza dell’espressione del BAP tra i familiari è fondamentale per lo svilup-

po di qualsiasi piano di intervento riabilitativo sul soggetto con ASD. Pertanto,

l’approfondimento della presenza dei tratti del BAP non è fine a se stessa, ma l’esperienza

dei genitori, la percezione e la consapevolezza di particolari aspetti, riconosciuti in loro stes-

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si e nel bambino, potrebbero avere un impatto significativo nella pianificazione del tratta-

mento abilitativo - riabilitativo.

La rilevazione del BAP, potrebbe essere utile per sostenere e avviare trattamenti riabilitativi

appropriati in ambienti clinici, mentre in contesti di ricerca, potrebbe aiutare gli studiosi ad

approfondire le conoscenze sui biomarcatori che sembrerebbero caratterizzare l’eziologia

dell’autismo.

Anche se sono necessari ulteriori studi da parte della comunità scientifica per includere il

BAP nella pianificazione del trattamento riabilitativo dei familiari, è opportuno sottolineare

gli importanti progressi individuati nella comprensione e nella valutazione di un costrutto

complesso, quale il Broad Autism Phenotype.

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Appendice 1

Correlazioni Madre ASD età; istruzione; occupazione; severità_diagnosi=severità sintomatologica dell’ASD (1 ASD lieve-moderato; 2=AUT grave); aq= Autism Quotient; eq= Emotion Quotient; sq= Sistematizing; Quotient; tot_stay= State Trait Anxiety Inventory; punti_t_stay= State Trait Anxiety Inventory; e_a_c_s_m bf= Estroversione _Amicalità _ Coscienziosità –Stabilità Emotiva – Apertuta Mentale – Big Five Questionnaire; bdi= Beck Depression Inventory; fattore_somatico_affettivo_bdi= Beck Depression Inventory; fatto-re_cognitivo_bdi= Beck Depression Inventory; tot_tas20= Totale Toronto Alexithymia Scale; diff_tas20= difficoltà a identificare i sentimenti - Toronto Alexithymia Scale; dff_tas20= difficoltà a descrivere i sentimenti - Toronto Alexithymia Scale; eop_tas20= pensiero orientato all’esterno - Toronto Alexithymia Scale; fiducia_asq= Attachment Style Questionnaire; dis_intimita_asq= Disagio per l’intimità - Attachment Style Questionnaire; second_rel_asq= secondarietà nelle relazioni - Attachment Style Questionnaire; bis_approv_asq= bisogno di approvazione - Attachment Style Questionnaire; preoc_rel_asq= preoccupazioni per le relazioni - Attachment Style Questionnaire; rivalutazio-ne_erq= Emotion Regulation Questionnaire; soppressione_erq= Emotion Regulation Questionnaire; tot_tsia= Totale - Toronto Structured Interview for Alexithymia; dif_tsia= difficoltà a identificare i sentimenti - Toronto Structured Interview for Alexithymia; ddf_tsia= difficoltà a descrivere i sentimenti - Toronto Structured Interview for Alexithymia; eop_tsia= pensiero orientato all’esterno - Toronto Structured Interview for Alexithymia; imp_tsia= processi immaginativi - Toronto Structured Interview for Alexithymia; aa_tsia= consapevolezza affettiva - Toronto Structured Interview for Alexithymia; ot_tsia= pensiero operatorio - Toronto Structured Interview for Alexithymia; eye-stest_accuratezza; eysetest_reactiontime; facestest_accuratezza; facestest_reactiontime; qiv= Quoziente Intellettivo Verbale; qip= Quoziente Intellettivo di Performance; qit= Quoziente Intellettivo Totale; pd_psi= distress genitoriale - Parenting Stress Index; pcdi_psi= interazione genitore-bambino disfunzionale - Parenting Stress Index; dc_psi= bambino difficile - Parenting Stress Index; stress_tot_psi= stress Totale - Parenting Stress Index.

Correlazion

i Madre AS

D1

23

45

67

89

1011

1213

1415

1617

1819

2021

2223

2425

2627

2829

3031

3233

3435

3637

3839

4041

4243

4445

4647

1_età-

2_istruzion

e0,073

-3_occ

upazione

-0,0920,208

-4_sev

erità_diagn

osi0,144

,308*,297*

-5_aq

0,018-0,214

-0,235-0,033

-6_eq

0,0430,151

0,1570,047

-,450**

-7_sq

-0,022-0,152

-0,017-0,128

,288*0,218

-8_tot_

stay-0,065

-0,186-0,237

-0,069,478*

*-0,233

0,182-

9_punti_t_s

tay-0,061

-0,184-0,243

-0,067,477*

*-0,225

0,186,999*

*-

10_e_bf

0,0990,124

0,2460,005

-,286*,286*

0,109-,323*

-,316*-

11_a_bf

0,0920,234

,455**

,288*-,449*

*,451**

-0,062-,313*

-,311*,342*

-12_c_

bf0,168

0,2070,041

,313*-0,075

-0,1040,168

-0,237-0,235

0,179,282*

-13_s_

bf0,111

0,0580,179

-0,043-,440*

*0,013

-0,123-,554*

*-,553**

0,0860,245

0,008-

14_m_bf

0,1770,164

0,2090,000

-,298*0,203

0,151-,329*

-,335*,364*

*,548**

0,254,283*

-15_bd

i0,011

-0,232-0,063

-0,187,289*

-0,0840,13

,615**,

609**-0,24

-,303*-0,264

-,402**-

0,218-

16_fattore_

somatico_a

ffettivo_bdi

0,052-0,098

-0,061-0,11

0,25-0,043

0,089,609*

*,604**

-0,234-,324*

-,311*-,460*

*-0,218

,884**

-17_fa

ttore_cogni

tivo_bdi

-0,047-0,256

-0,096-0,162

0,205-0,031

0,074,565*

*,560**

-0,177-,286*

-,287*-,417*

*-0,189

,857**,6

93**-

18_tot_tas2

0-0,106

-0,152-0,079

0,025,393*

*-,292*

0,046,593*

*,593**

-,334*-,309*

-0,192-,278*

-,420**,4

91**,497*

*,451**

-19_di

ff_tas20

-0,101-0,069

-0,055-0,005

,399**-

0,1740,252

,677**,

680**-0,246

-0,224-0,214

-,299*-,278*

,554**,5

69**,539*

*,853**

-20_df

f_tas20

0,019-0,229

-0,0820,12

,359**-

0,2730,163

,500**,

501**-,393*

*-0,263

-0,058-0,254

-,359**,4

85**,500*

*,404**

,768**,6

31**-

21_eop_tas2

0-0,14

-0,2170,05

-0,2040,242

-0,1050,007

0,0820,077

-0,004-0,269

-0,138-0,049

-0,1780,2

0,1280,209

,576**,

294*0,24

-22_fid

ucia_asq

0,0450,175

,321*0,117

-,365*0,234

0,093-,498*

*-,493**

,300*,457*

*,353*

,388**

0,262-0,259

-0,273-,390*

*-,415**

-,291*-,394*

*-0,222

-23_di

s_intimita_

asq-0,23

-0,093-0,28

-0,007,295*

-0,278-0,138

,346*,355*

-,343*-,327*

0,025-0,212

-,448**0

,1460,119

0,192,492*

*,335*

,539**0

,206-,383*

*-

24_second_

rel_asq

-0,009-0,207

-0,278-0,17

0,127-,374*

-0,0990,16

0,172-0,017

-,369*-0,185

0,081-,464*

*0,066

0,0070,069

,333*0,193

0,16,344*

-0,125,324*

-25_bi

s_approv_a

sq-0,147

-0,219-0,092

-0,032,376*

*-0,225

0,204,572*

*,573**

-,603**

-0,16-0,092

-,307*-0,288

,379**,

330*,412*

*,566**

,596**,

440**0,217

-0,232,357*

0,215-

26_preoc_r

el_asq-0,11

-0,016-0,249

-0,106,357*

-0,0540,252

,520**,

521**-0,289

-0,178-0,214

-,474**-

0,254,315*

0,281,370*

*,351*

,423**,

374**0,084

-,305*,389*

*0,061

,580**

-27_riv

alutazione_

erq-0,035

-0,035-0,043

-0,054-0,202

-0,0690,164

-0,021-0,029

0,0630,242

0,1990,055

0,268-0,054

-0,0550,017

-,362*-0,273

-0,213-,357*

-0,002-0,201

-0,0790,039

0,041-

28_soppres

sione_erq

0,075-0,088

-,335*-0,234

0,054-0,222

-0,0440,165

0,162-0,146

-0,2470,004

0,098-0,109

0,2110,207

0,208,497*

*,401**

,447**0

,258-0,179

,359*0,207

0,152-0,045

-0,01-

29_tot_tsia

0,0770,073

0,0020,108

0,234-0,215

0,1240,132

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0,2740,217

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-30_di

f_tsia0,058

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0,0000,024

0,005-,315*

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*0,147

-0,071-0,114

0,060,187

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-0,0770,031

,452**

-31_dd

f_tsia0,221

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-,439**-

0,033,363*

-0,235-0,115

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*,303*

,464**0

,084-0,099

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,322*0,099

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,676**0

,168-

32_eop_tsia

0,140,004

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,694**0

,175,297*

-33_im

p_tsia-0,241

-0,0720,244

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,344*0,042

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*-0,088

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-34_aa

_tsia0,2

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,458**,4

36**,435*

*0,029

-0,1350,2

-0,001,352*

0,135-0,182

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*,641**

,864**,

320*-0,065

-35_ot

_tsia-0,083

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*0,047

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*,796**

0,152-

36_eyestest

_accuratezz

a0,003

,345*0,26

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-0,127-,334*

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-37_ey

setest_reac

tiontime

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-,430**-

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-0,129-0,081

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0,194-

38_facestes

t_accuratezz

a-0,02

,264*0,092

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*-0,045

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-0,0450,096

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*0,16

-39_fa

cestest_reac

tiontime

0,11-0,06

-0,199-0,029

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-,333*-,396*

-,355*-0,131

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0,1590,196

-0,069-0,081

-,420**-0

,211-0,22

0,006-0,16

-0,131-0,182

-0,124-0,207

-0,089,729*

*-0,098

-40_qi

v0,267

,400*,363*

0,157-0,126

0,07-0,087

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0,1910,09

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-0,127-0,218

-,442**-,

356*-0,289

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-,352*-,380*

0,033-0,241

-0,0660,017

-0,013-0,024

-0,126-0,002

-0,096,594*

*0,129

0,1740,091

-41_qi

p0,214

0,1610,331

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0,017-0,097

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-0,094-,393*

-0,113-0,311

,383*0,205

,369*0,08

,549**

-42_qi

t0,273

0,298,398*

0,174-0,234

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-0,279-0,25

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-,364*-0,068

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,518**0

,1910,296

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*,909**

-43_pd

_psi0,164

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-0,141,332*

-0,073-0,143

,526**,

529**-0,272

-,450**-,

347*-,391*

*-,611**

,436**,4

93**,390*

*,373**

,323*,326*

0,116-,298*

,419**,

316*,326*

,375*-0,181

,291*0,046

0,0850,144

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0,156-0,089

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0,02-

44_pcdi_ps

i-,328*

-,374**-

0,186-,343*

-0,002-0,029

-0,2120,27

0,272-0,08

-0,26-,365*

0,047-,402*

*0,262

0,238,323*

,303*,290*

0,1690,165

-0,0920,192

0,2720,162

0,126-0,09

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-0,129-0,109

-0,0160,03

-0,1510,011

-0,2730,015

0,169-0,039

-,393*-0,036

-0,198,369*

*-

45_dc_psi

-0,09-0,231

-,365**-,

370**0,007

-0,19-0,17

,331*,328*

-0,233-0,282

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,330*,284*

0,0940,019

0,2450,013

-0,1270,154

0,0210,222

,334*0,192

0,226-0,194

-0,262-0,05

0,104-0,249

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-0,1660,019

-0,060,259

,360*-

46_ris_psi

0,147-0,109

-,337*-0,087

,381**-

0,082-0,034

,519**,

522**-0,187

-,423**-0

,255-,427*

*-,556**

,426**,4

77**,400*

*,310*

,343*,295*

0,067-,297*

,377**,

360*,331*

,428**-

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,921**,3

16*0,236

-47_st

ress_tot_ps

i-0,157

-0,254-,349*

-,320*0,022

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,383**,

386**-0,214

-,334*-,311*

-0,177-,501*

*,329*

,358*,349*

,286*0,208

,299*0,071

-0,16,327*

0,2670,208

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,341*-0,118

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-0,1390,127

0,279-0,053

-0,210,141

-0,007,613*

*,803**

,643**,4

93**-

Page 197: Il Broad Autism Phenotype: uno studio empirico …...4 Capitolo 3 Broad Autism Phenotype: un contributo empirico » 109 3.1 Valutazione del profilo neuropsicologico dell’adulto »

197

Appendice 2

Correlazioni Padre ASD

età; istruzione; occupazione; severità_diagnosi=severità sintomatologica dell’ASD (1 ASD lieve-moderato; 2=AUT grave); aq= Autism Quotient; eq= Emotion Quotient; sq= Sistematizing; Quotient; tot_stay= State Trait Anxiety Inventory; punti_t_stay= State Trait Anxiety Inventory; e_a_c_s_m bf= Estroversione _Amicalità _ Coscienziosità –Stabilità Emotiva – Apertuta Mentale – Big Five Questionnaire; bdi= Beck Depression Inventory; fattore_somatico_affettivo_bdi= Beck Depression Inventory; fatto-re_cognitivo_bdi= Beck Depression Inventory; tot_tas20= Totale Toronto Alexithymia Scale; diff_tas20= difficoltà a identificare i sentimenti - Toronto Alexithymia Scale; dff_tas20= difficoltà a descrivere i sentimenti - Toronto Alexithymia Scale; eop_tas20= pensiero orientato all’esterno - Toronto Alexithymia Scale; fiducia_asq= Attachment Style Questionnaire; dis_intimita_asq= Disagio per l’intimità - Attachment Style Questionnaire; second_rel_asq= secondarietà nelle relazioni - Attachment Style Questionnaire; bis_approv_asq= bisogno di approvazione - Attachment Style Questionnaire; preoc_rel_asq= preoccupazioni per le relazioni - Attachment Style Questionnaire; rivalutazio-ne_erq= Emotion Regulation Questionnaire; soppressione_erq= Emotion Regulation Questionnaire; tot_tsia= Totale - Toronto Structured Interview for Alexithymia; dif_tsia= difficoltà a identificare i sentimenti - Toronto Structured Interview for Alexithymia; ddf_tsia= difficoltà a descrivere i sentimenti - Toronto Structured Interview for Alexithymia; eop_tsia= pensiero orientato all’esterno - Toronto Structured Interview for Alexithymia; imp_tsia= processi immaginativi - Toronto Structured Interview for Alexithymia; aa_tsia= consapevolezza affettiva - Toronto Structured Interview for Alexithymia; ot_tsia= pensiero operatorio - Toronto Structured Interview for Alexithymia; eye-stest_accuratezza; eysetest_reactiontime; facestest_accuratezza; facestest_reactiontime; qiv= Quoziente Intellettivo Verbale; qip= Quoziente Intellettivo di Performance; qit= Quoziente Intellettivo Totale; pd_psi= distress genitoriale - Parenting Stress Index; pcdi_psi= interazione genitore-bambino disfunzionale - Parenting Stress Index; dc_psi= bambino difficile - Parenting Stress Index; stress_tot_psi= stress Totale - Parenting Stress Index.

Correlazi

oni Padre

ASD1

23

45

67

89

1011

1213

1415

1617

1819

2021

2223

2425

2627

2829

3031

3233

3435

3637

3839

4041

4243

4445

4647

1_età-

2_istruzio

ne0,179

-3_oc

cupazione

-0,041-,3

42**-

4_severit

à_diagnos

i0,096

0,165-0,18

-5_aq

0,0470,086

0,120,064

-6_eq

0,0880,079

-0,1950

,014-,433

**-

7_sq0,114

0,184-0,03

4,203*

0,112,275*

*-

8_tot_stay

0,021-0,09

50,026

-,300**

,251*-,229

*-0,195

-9_pu

nti_t_stay

-0,055-0

,1220,013

-,310**

,251*-,234

*-0,181

,988**

-10_e

_bf0,072

0,178-0,08

3,252*

-,251*,2

84**,359*

*-,264*

-,269**

-11_a

_bf0,199

0,046-,220

*,271**

-,418**,

477**0

,145-,360

**-,381*

*,350**

-12_c

_bf-0,05

3,388**

-0,185,3

93**0,033

0,175,489*

*-,393**

-,386**,

411**,

231*-

13_s_bf

-0,0390

,109-0,03

60,093

-,343**,

289**,

225*-,488

**-,488*

*0,142

,402**,

242*-

14_m_bf

,249*,310*

*-,295**

,312**-0

,198,293*

*,475**

-,352**-,

351**,3

87**,324*

*,374**

,323**

-15_b

di-0,11

8-0,126

-0,025-,3

64**0,2

-,240*-0

,043,620*

*,635**

-0,118-,3

94**-,259

*-,371**

-,284**

-16_f

attore_so

matico_aff

ettivo_bdi

-0,127-0

,1460,046

-,367**

0,191-,227

*-0,102

,579**,5

93**-0,13

3-,360**

-,295**-,

316**-,

272*,950*

*-

17_fattor

e_cogniti

vo_bdi

-0,007-0

,081-0,16

4-,279**

0,151-0,19

2-0,022

,638**,6

46**-0,09

6-,334**

-,214*-,3

91**-,214

*,807**

,646**

-18_to

t_tas20

-0,015-,2

69**0,122

-0,149,3

27**-,562

**-,250*

,438**,4

33**-,378

**-,286*

*-,368**

-,295**-,

427**,2

69*,254*

,300**

-19_d

iff_tas20

0,116-0,11

60,062

-0,104,

246*-,373

**-0,083

,384**,3

68**-,256

*-,219*

-0,151-,

265*-,210

*,269*

,259*,346*

*,792**

-20_d

ff_tas20

0,136-,281

**0,097

-0,136,3

35**-,487

**-0,12

,383**,3

67**-,356

**-0,193

-,353**-,

287**-,3

26**,269*

,242*,263*

,839**,61

8**-

21_eop_ta

s20-,291

**-,264*

0,147-0,08

40,19

-,466**-,

352**,2

62*,283*

*-,249*

-,256*-,3

55**-0,13

2-,448**

0,1370,135

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*,220*

,412**

-22_f

iducia_asq

0,0230,084

-0,153,3

37**-0,06

7,274*

0,139-,461

**-,462*

*0,175

,321**,

221*0,133

0,189-,340

**-,279*

*-,348**

-0,187-0

,153-0,13

-0,177

-23_d

is_intimit

a_asq-0,05

50,017

-0,026-,

212*,376*

*-,212*

-0,033,4

44**,452*

*-,236*

-,521**-

0,098-,275

*-,215*

,517**,4

65**,468*

*,331**

,252*,309*

*,241*

-,257*

-24_s

econd_rel

_asq0,052

-0,002-0

,069-,216

*,279**

-,291**-

,266*,389*

*,389**

-0,203-,4

11**-,221

*-0,104

-,266*,

239*,228*

,258*,324*

*,282**

,277**0

,178-,357

**,499**

-25_b

is_approv

_asq0,104

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,0620,012

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,404**,3

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1-0,21

-,326**-

0,157-0,06

70,156

0,103,261*

,281**,2

42*,298*

*0,106

-0,097,3

59**,391*

*-

26_preoc_

rel_asq

0,1660,016

-0,092-0

,1740,197

-0,1720

,023,446*

*,426**

-0,028-0

,183-0,08

7-,345**

-0,043,3

61**,307*

*,381**

,373**,35

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198

Ringraziamenti

Desidero ringraziare le persone che hanno contribuito alla realizzazione di questo

studio empirico. Con molto piacere tengo a ricordare tutti coloro che mi hanno aiutato

nella stesura della tesi con suggerimenti, critiche ed osservazioni: a loro va la mia rico-

noscenza, anche se a me spetta la responsabilità per eventuali errori in essa contenuti.

Ringrazio anzitutto Amelia Gangemi - Relatore (Professore presso l’Università degli

Studi di Messina) e Liliana Ruta (Ricercatore ISASI-CNR) per aver creduto in me e per

la fiducia professionale ripostami in questi anni di lavoro.

Proseguo con il ringraziare Giovanni Pioggia (Ricercatore ISASI-CNR) e tutto il

gruppo di ricerca dell’Istituto di Scienze Applicate e Sistemi Intelligenti “Eduardo

Caianiello” (ISASI) - Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), l’Azienda Policlinico

G. Martino di Messina, l’Azienda Sanitaria Provinciale – ASP 3 di Catania e nello spe-

cifico l’Unità di Intervento Intensivo Precoce (UIIP) - Centro per i Disturbi dello Spet-

tro Autistico, l’Università degli Studi di Messina, l’Università degli Studi di Catania e le

scuole di Catania e di Messina che hanno aderito al progetto di ricerca.

Un ringraziamento particolare va a Giuseppe Massimo Bernava (Tecnologo ISASI -

CNR), Renato Scifo (Direttore del Centro per i Disturbi dello Spettro Autistico - NPI),

Sabrina Baieli, (Dirigente Medico, Responsabile del Modulo UIIP - NPIA), Salvatore

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199

Castorina (Docente Ordinario presso l’Università degli Studi di Catania), Roberto Ca-

lanna (Professore - Dirigente presso l’Istituto Comprensivo Carlo Alberto Dalla Chie-

sa), Giuseppina Arnao (Insegnate –Funzione strumentale presso l’Istituto Comprensivo

Carlo Alberto Dalla Chiesa), Rossella Liga, Fulvia Spadaro e tutto lo staff educativo

della scuola dell’infanzia “I Pesciolini”.

Con immenso piacere ringrazio i genitori che con la loro partecipazione hanno con-

tribuito alla realizzazione di questo progetto complesso per sua natura.

Sentitamente tengo a ringraziare la collega Cristina Carrozza, perfetta alleata di que-

sto percorso formativo e di crescita che ci ha unite nel condividere gioie e dolori; la rin-

grazio anche per aver speso parte del proprio tempo per leggere e discutere con me le

bozze del lavoro mostrando sempre interesse e partecipazione. Inoltre, ringrazio con

grande affetto i colleghi e gli amici che mi hanno sempre sostenuto. Infine ringrazio in

modo particolare la mia famiglia e mio marito nell’avermi supportato e sopportato in

questi mesi di intenso lavoro.