Il bompresso

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http:/ /spazioinwind.libero.it/spray/ Pagina - 1 Il Bompresso © 2004 – by Spray Il bompresso che era quasi scomparso dalla prua delle imbarcazioni a vela da crociera costruite negli ultimi 30 anni, parallelamente alla diffusione dell’armo a sloop bermudiano con randa “Marconi”, sta nuovamente tornando di moda con il diffondersi dell’uso del gennaker tra i croceristi. Il gennaker altrimenti noto come spinnaker asimmetrico, MPS, spanker, flasher, compare nella sua attuale versione una decina di anni fa come vela da regata quale evoluzione dello Spi per le andature al traverso e al lasco. La relativa facilità di utilizzo anche per l’assenza del tangone e le dimensioni più contenute ( circa il 20% in meno dello spi classico) unitamente ad un interessante range di utilizzo che, in funzione del taglio, e in condizioni di vento leggero, va dalla bolina larga al gran lasco con buone prestazioni velocistiche, ne hanno determinato negli ultimi anni una rapida diffusione tra i croceristi. Sebbene sia possibile utilizzare il gennaker murando la vela direttamente sul musone di prua, l’impiego del bompresso permette di spostare verso prua il centro velico e, a parità di dimensioni della vela, di ridurre l’area di inefficienza in prossimità della ballumina laddove andandosi a sovrapporre alla randa, specialmente con vento leggero, si determina la perdita del flusso lamellare riducendo di conseguenza il rendimento. Al tempo stesso l’uso del bompresso facilita le manovre eliminando l’interferenza tra base e pulpito e, allontanando l’inferitura dallo strallo, si riduce la possibilità di fare la “caramella” quando la vela si sventa. D’altro canto la presenza di una appendice “stabile” a prua può costituire in certe condizioni un intralcio per le operazioni di ancoraggio e ormeggio specialmente laddove la presenza del bompresso non sia stata originalmente prevista dal progetto dell’attrezzatura di coperta. La soluzione ottimale sembrerebbe quindi quella di poter disporre di un bompresso “mobile” da poter armare e disarmare facilmente a seconda delle necessità. Infatti è verso questa soluzione che si sono orientate le produzioni degli scafi da regata prima, con la comparsa dei bompressi retrattili a scomparsa e successivamente degli scafi da crociera. Sono quindi molti i croceristi che si stanno ponendo il problema se e come realizzare e armare un bompresso sulla loro imbarcazione. Sull’argomento come è ovvio che sia vi sono pareri discordanti anche perché come già detto sopra, i vantaggi nell’impiego del bompresso per un utilizzo tipicamente crocieristico non sono poi così evidenti se paragonati alla difficoltà i realizzare correttamente un intervento di questo tipo sull’attrezzatura di coperta. Esistono peraltro soluzioni alternative che vanno dal semplice impiego del gennaker murato direttamente sul musone di prua a quella di utilizzare il tangone dello Spi laddove si disponga di un armo con altezza della campana

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Il Bompresso © 2004 – by Spray

Il bompresso che era quasi scomparso dalla prua delle imbarcazioni a vela da crociera costruite negli ultimi 30 anni, parallelamente alla diffusione dell’armo a sloop bermudiano con randa “Marconi”, sta nuovamente tornando di moda con il diffondersi dell’uso del gennaker tra i croceristi.

Il gennaker altrimenti noto come spinnaker asimmetrico, MPS, spanker, flasher, compare nella sua attuale versione una decina di anni fa come vela da regata quale evoluzione dello Spi per le andature al traverso e al lasco.

La relativa facilità di utilizzo anche per l’assenza del tangone e le dimensioni più contenute ( circa il 20% in meno dello spi classico) unitamente ad un interessante range di utilizzo che, in funzione del taglio, e in condizioni di vento leggero, va dalla bolina larga al gran lasco con buone prestazioni velocistiche, ne hanno determinato negli ultimi anni una rapida diffusione tra i croceristi.

Sebbene sia possibile utilizzare il gennaker murando la vela direttamente sul musone di prua, l’impiego del bompresso permette di spostare verso prua il centro velico e, a parità di dimensioni della vela, di ridurre l’area di inefficienza in prossimità della ballumina laddove andandosi a sovrapporre alla randa, specialmente con vento leggero, si determina la perdita del flusso lamellare riducendo di conseguenza il rendimento.

Al tempo stesso l’uso del bompresso facilita le manovre eliminando l’interferenza tra base e pulpito e, allontanando l’inferitura dallo strallo, si riduce la possibilità di fare la “caramella” quando la vela si sventa.

D’altro canto la presenza di una appendice “stabile” a prua può costituire in certe condizioni un intralcio per le operazioni di ancoraggio e ormeggio specialmente laddove la presenza del bompresso non sia stata originalmente prevista dal progetto dell’attrezzatura di coperta.

La soluzione ottimale sembrerebbe quindi quella di poter disporre di un bompresso “mobile” da poter armare e disarmare facilmente a seconda delle necessità. Infatti è verso questa soluzione che si sono orientate le produzioni degli scafi da regata prima, con la comparsa dei bompressi retrattili a scomparsa e successivamente degli scafi da crociera.

Sono quindi molti i croceristi che si stanno ponendo il problema se e come realizzare e armare un bompresso sulla loro imbarcazione. Sull’argomento come è ovvio che sia vi sono pareri discordanti anche perché come già detto sopra, i vantaggi nell’impiego del bompresso per un utilizzo tipicamente crocieristico non sono poi così evidenti se paragonati alla difficoltà i realizzare correttamente un intervento di questo tipo sull’attrezzatura di coperta.

Esistono peraltro soluzioni alternative che vanno dal semplice impiego del gennaker murato direttamente sul musone di prua a quella di utilizzare il tangone dello Spi laddove si disponga di un armo con altezza della campana

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regolabile che permetta i posizionare il tangone stesso, che deve essere di lunghezza adeguata, appena sopra al pulpito di prua anche se questa soluzione vanifica in parte alcune delle doti di semplicità che hanno fatto la fortuna di questo tipo di vela.

Nell’uso tipicamente crocieristico l’impiego di un gennaker avviene di norma in andature portanti e in condizioni di poco vento. Queste condizioni sono quelle che maggiormente possono beneficiare dall’impiego del bompresso in quanto, come già detto, portare in avanti il punto di mura del gennaker ne migliora l’efficienza e la manovrabilità anche in considerazione che una vela di questo tipo, tagliata per un impiego con venti leggeri, ha dimensioni considerevoli.

Laddove quindi si decidesse di procedere all’installazione del tangone sia esso mobile o fisso è opportuno fare alcune considerazioni preliminari per la corretta scelta e l’adeguato dimensionamento dei materiali e dei punti di ancoraggio in coperta, a partire dalla valutazione dei carichi dinamici in gioco.

Non è cosa semplice determinare in modo analitico e con precisione l’entità delle forze che vanno a scaricarsi sul punto di mura, o sul punto di scotta di un gennaker o di una qualsiasi altra vela, esse dipendono da molteplici fattori quali l’angolo di incidenza, il tipo di flusso lamellare o turbolento, il profilo, ecc. ma sicuramente si può affermare che, in prima approssimazione tali forze sono in relazione lineare con la superficie velica e in relazione geometrica con l’intensità del vento.

Il diagramma riportato, ottenuto da un calcolo approssimato permette di avere una valutazione dell’ordine di grandezza dei carichi in gioco, cosi da poter permettere di effettuare un dimensionamento di massima di materiali e punti di ancoraggio allo scafo.

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Noto il carico massimo che il nostro gennaker potrebbe sviluppare è possibile fare una serie di valutazioni sulla forma e sulle dimensione dell’appendice che si intende andare a realizzare.

E’ necessario innanzitutto definire la lunghezza della parte di bompresso che sporge oltre il punto più avanzato di ancoraggio a prua, tale dimensione dovrà essere determinata tenendo conto che la lunghezza minima sarà quella che permette di armare la vela senza che si determinino, alle varie, andature interferenze con il pulpito di prua. Questa misura potrà quindi variare, anche in modo consistente in funzione della conformazione dello scafo a prua e della forma del pulpito.

Uno scafo con slanci pronunciati e pulpito chiuso a prua richiederà un avanzamento del punto di mura decisamente maggiore rispetto ad uno scafo con slanci ridotti e pulpito aperto.

Una volta determinata la lunghezza del bompresso e in funzione dei carichi a cui dovrà essere sottoposto si potrà procedere al dimensionamento dell’appendice, scomodando un po’ di teoria e ipotizzando di utilizzare per la costruzione del bompresso un profilato tubolare a sezione cilindrica si può calcolare quale sia la dimensione minima del profilato in funzione del carico di rottura del materiale utilizzato.

Per lunghezze considerevoli del bompresso e/o elevati carichi è opportuno ipotizzare l’utilizzo di briglie che permettano di controbilanciare il carico della vela e così da poter utilizzare per la costruzione del bompresso profilati di dimensioni sensibilmente inferiori.

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Sia che si decida di realizzare un’installazione fissa o mobile il dimensionamento del bompresso è equivalente, con i dati sopra riportati è quindi possibile scegliere/verificare la resistenza massima dell’appendice in funzione della lunghezza della parte sporgente ed in funzione delle caratteristiche/dimensioni del materiale utilizzato per la realizzazione.

Al fine di semplificare l’operazione per chi non ha voglia di effettuare tutti i calcoli di seguito è riportato una famiglia di curve a che in funzione carico di sicurezza (KF) del materiale utilizzato esprime i carichi massimi sopportabili (Kg) in funzione della lunghezza (mm) e delle dimensioni del profilato di cui è indicato il modulo di resistenza (W).

Per semplicità è stato considerato solo un profilato di acciaio inox di forma tubolare per il quale è stato considerato cautelativamente un KF = 15 Kg/mm2 in considerazione che il carico di rottura R è compreso tra i 50 e i 100 Kg/mm2 in funzione del tipo di acciaio.

Dal modulo di resistenza (W) è facile risalire alle dimensioni dei diametri interno (d) ed esterno (D) e viceversa attraverso la formula sopra indicata.