IL BAROMETRO DELL’ECONOMIA I SETTORI ... Sole 24 Ore Impresa & territori 9 Venerdì 6 Gennaio 2017...
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Il Sole 24 Ore Impresa & territori 9Venerdì 6 Gennaio 2017 N. 5
IL BAROMETRO DELL’ECONOMIAI SETTORI
Il trend. Decisiva la diffusione della cultura dell’innovazione anche nelle medie imprese e sui territori decentrati
Fondi Ue. Sono 61 i progetti finanziati dal programma europeo per la ricerca delle Pmi nei settori nanotech, biomed, trasporti ed energia In testa la Electronic System di Novara per il riciclo degli pneumatici
Start up, solo la Spagna batte l’Italia I finanziamenti europei per ricerca e innovazione
Horizon 2020 Sme Instrument Fase 2 Italia
Progetto Valore Beneficiario Tipo imprese Città Provincia Regione
RewTyres 3.542.500 Electronic Systems Pmi Momo Novara Piemonte
Therapd 2.838.126 Glomeria Therapeutics Pmi Chieti Chieti Abruzzo
Phosave 2.733.768 Prophos Chemicals Pmi S. Giovanni in Croce Cremona Lombardia
Profit2 2.613.125 Poggipolini Pmi Roma Roma Lazio
EcoLogic Green Farm 2.488.150 Società Agricola
Serenissima Pmi Conselve Padova Veneto
Progeo 2.443.875 Plc System* Pmi Acerra Napoli Campania
Greenrail2 2.290.837 Greenrail Start up Roma Roma Lazio
Coelux VR 2.179.363 Coelux Pmi Como Como Lombardia
Platinum 2.171.138 Dianax Start up Milano Milano Lombardia
Nicenav2 2.130.798 Civitanavi Systems Start up Civitanova Marche Macerata Marche
Cogem CPVTM 2.098.456 Solergy Italia Pmi Formello Roma Lazio
Pre2pos2 2.091.758 Phidrive Start up Torino Torino Piemonte
ReDeploy 2.025.207 Soltigua Pmi Gambettola ForlìCesena Emilia R.
(*) Al progetto partecipa anche la romana LA.ME.P Fonte: Rapporto Aster
Ilaria VesentiniBOLOGNA
pSono la Electronics System di Novara, la Glomeria Therapeutics di Chieti e la Prophos Chemicals di Cremona le Pmi italiane premiate dall’Ue con i finanziamenti più cospicui alla ricerca e innovazione. Sono le prime tre di 61 tra aziende e startup italiane che hanno partecipato alla seconda fase del programma europeo SME Instrument, lo schema di finanziamento di Horizon 2020 dedicato esclusivamente alle Pmi, che nella Fase 1 (analisi di fattibilità dell’idea, con un contributo forfettario di 50mila euro) aveva visto la partecipazione di 378 nostre imprese(su 2.369 in tutta l’Ue). Di queste 378 sono 61 quelle rimaste in pista nella Fase 2 (con contributida 500mila euro a 2,5 milioni), dove si richiede alle aziende di trasformare l’idea in un prototipo e inuna prima applicazione commerciale. E delle 61 Pmi italiane (che
hanno presentato progetti e nei settori dei trasporti, delle nanotech, dell’energia e del biomed) 13 hanno superato la soglia progettuale dei 2 milioni di euro.
A stilare la graduatoria è Aster,il consorzio dell’EmiliaRomagna che riunisce Regione, atenei, Cnr,
Enea, Unioncamere e associazioni di categoria per promuovere l’innovazione e il trasferimento tecnologico del tessuto produttivo. «L’Italia si posiziona a ottimi livelli rispetto ai principali competitor europei – sottolinea il dg di Aster, Paolo Bonaretti – ed è se
conda solo alla Spagna per numero di partecipazioni allo Sme Instrument. Un dato positivo sono le buone performance delle start up innovative, che rappresentanoil 21% delle Pmi che hanno ottenuto contributi. Una conferma che il lavoro fatto per far crescere le start up di dimensione e capacità progettuale sta dando i suoi frutti. Oggi abbiamo realtà pionieristiche davvero in grado di affrontarela sfida competitiva sul mercato».
Prima nella classifica domestica per utilizzo dello SME Instrument (tra il 2014 e settembre 2016) è la Electronics System di Momo (Novara) con un progetto da oltre3,5 milioni di euro per il riciclo degli pneumatici industriali. Seconda Glomeria Therapeutics di Chieti, che sta lavorando a un sensore intelligente e biocompatibile per la dialisi peritoneale (2,8 milioni di euro). La Prophos Chemicals di San Giovanni in Croce (Cremona) è terza con un proget
to green da 2,7 milioni di euro per ilrecupero di fosfato da polveri estinguenti esauste. Ci sono anche l’azienda meccanica romanabolognese Poggipolini, attiva nel settore della meccanica di precisione, che con 2,6 milioni di euro sta industrializzando la produzione di viti in titanio; e la Società Agricola Serenissima di Conselve(Padova), che con circa 2,5 milionidi euro sta avviando una coltivazione intensiva di microalgheper l’alimentazione bio di animali.
«Siamo alla metà della programmazione, non dell’utilizzo dei fondi (Sme Instrument ha una dotazione di circa 3 miliardi di euro nel settennio, sugli 80 miliardi di Horizon 2020, ndr) ma ciò che sta emergendo è l’efficacia del metodo di valutazione introdotto con questo strumento, capace di stimolare le imprese migliori e far emergere i progetti più innovativi, grazie a una semplificazione dell’architettura e dei requisiti»,
sottolinea Bonaretti. Tanto che l’EmiliaRomagna (seconda, dietro alla Lombardia, per progetti presentati, 67 contro 119) ha fatto proprio il meccanismo europeo divalutazione per i bandi regionali.
A livello europeo sono due imprese francesi ad aggiudicarsi i contributi più cospicui, seguite dauna Pmi tedesca, un’estone e un’irlandese. «L’auspicio è che lo Sme Instrument venga rafforzato finanziariamente nella prossima programmazione – conclude il dg di Aster – perché ci sono molti progetti sopra soglia che non attingono a contributi. È un ottimo strumento per spingere l’innovazione e dimostra, a dispetto dell’ondata di antieuropeismo, che quando a Bruxelles si lavora bene l’Europa diventa un punto di riferimento per tutti i Paesi membri e non solo la Germania, ma anche Spagna, Italia e Francia riescono a giocare sullo stesso piano».
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MECCANISMO EFFICACEIl dg Bonaretti: «Va rafforzato questo strumento comunitarioperché è in grado di stimolarePmi e business eccellenti con un gioco alla pari tra Paesi»
Il digitale cavalca Industria 4.0Nel 2017 la produzione (+1,7%) consoliderà il trend dell’anno appena concluso
Andrea BiondiMILANO
pLe aziende grandi stanno continuando a fare la loro parte, con investimenti stabili quando non addirittura crescenti. Da questo punto di vista c’è un trend abbastanza chiaro: si bilancia il nuovo con la riduzione degli impegni sui fronti Ict più tradizionali. Ma c’è una tendenza che nel digitale in Italia si sta facendo sempre più spazio. E che per caratteristiche e numeripuò veramente cambiare in posittivo il verso della partita. A spingere sulla digitalizzazione l’ultimo anno sono state molte medie imprese. E il processo nel2017 dovrebbe raggiungere unconsolidamento.
È un segnale importante quello che arriva dalle ultime rilevazioni Assinform, condotte con lacollaborazione di NetconsultingCube. Un’indicazione che si associa a una dinamica del processo di digitalizzazione del Paeseche nei numeri risulta essere piùpositiva del lento miglioramento del quadro macroeconomico: secondo le ultime rilevazioni di AssinformNetconsulting Cube il mercato digitale italiano (informatica, telecomunicazioni econtenuti) crescerà dell’1,4% nel2016 (a 65,79 miliardi di euro) e dell’1,6 % nel 2017 (a 65,83 miliardi). Dopo la svolta del 2015, che hainterrotto una fase negativa che durava da anni, il mercato digitale italiano sembra così entrato inun ciclo di crescita stabile.
«Il 2016 afferma il presidentedi Confindustria Digitale, Elio Catania è stato per il sistema delle imprese in anno di forte discontinuità. È successo quello che auspicavamo da molto tempo. E grazie a un lavoro congiunto fra Confindustria e Governo siè arrivati a Industria 4.0, che è unpassaggio fondamentale». Per Catania, «il vero cambiamento siè avuto quando si è deciso di por
re l’innovazione e il digitale in posizione centrale nell’agendapolitica. L’ex premier Renzi e il ministro dello Sviluppo Calendain questo hanno fatto un lavoro davvero rilevante».
Certo, non si tratta dei tassi dicrescita tali da recuperare i ritardi accumulati negli anni. Ma i segnali sono buoni, soprattutto in considerazione del fatto che anche in Italia la domanda digitale sta cambiando e appare spinta dalle componenti più legate all’innovazione di processi, servizi, prodotti. E così, contenuti e pubblicità digitale continueranno a crescere bene (+7% a 10.372 milioni di euro), ma miglioreranno ancora le performance di
mercato dei servizi Ict (+2,9% a 10.878 milioni), del software e delle soluzioni Ict (+5,1% a 6.577 milioni) e rimarrà anche in moderata ripresa il rimanente comparto dei dispositivi e sistemi (+0,6% a 17.208 milioni).
Andando poi più in profonditàrispetto ai macrocomparti, si arriva poi dritti ai veri protagonistidel mercato: cloud e IoT. Sia per il 2016 sia per il 2017, il cloud cresce a tassi del 26%, l’IoT del 17%, il mobile business di oltre il 13% ele soluzioni per la sicurezza del 5%. Dispositivi e sistemi poi risentono positivamente, dal canto loro, dall’aumentata domandadi componenti in banda larga e ultralarga. L’ambito consumer continua a dare soddisfazione, anche perché stanno prendendosempre più piede nuovi servizi(dall’internet banking all’ecom
merce) e canali di svago (i social su tutti). Meno dinamica la Pa.
In questo quadro va però letta,positivamente sia per le cause siaper gli effetti, l’aumentata attenzione delle medie imprese, che ora hanno iniziato ad affiancarsi alle grandi in chiave di trasformazione digitale della propria attività. È positiva perché converge con il progresso e le opportunità offerte dal cloud (abbattimento delle barriere d’accesso a nuove applicazioni e pay per usedelle risorse). È però un trend favorevole anche perché tramitele relazioni di filiera (fornitori) può contribuire a smuovere le resistenze alla digitalizzazione della piccola impresa.
«Il cambiamento spiegaAgostino Santoni, presidente Assinform, associazione industriale che si occupa di digitale e Ict è reale e si va ora estendendoalla media impresa. Ma è ancora molto al di sotto delle soglied’opportunità del Paese. Va assecondato ed esteso e le priorità sono note. Attengono ad una ancora maggiore diffusione della banda larga, alla rivitalizzazionedella Strategia Digitale in tutte lesue componenti, dall’AnagrafeUnica alla Sanità Digitale, alla Scuola. E poi è importante coinvolgere, nel territorio, il maggiornumero di soggetti nei programmi Industria 4.0 e creare nuove competenze digitali, da intendersi anche, se non soprattutto, come capacità di interpretare e concretizzare in chiave imprenditoriale i vantaggi del digitale».
Concorde Cristiano Redaelli, presidente di Anitech, l’associazione confindustriale che sioccupa di Ict, come Assinform.«Le prospettive sono positive.È particolarmente interessantelo scenario che si è aperto conIndustri 4.0. Ora bisognerà stare attenti a non perdere questaoccasione».
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ALLA BASECatania (Confindustria digitale): è stato decisivomettere al centrodella politica industrialel’innovazione tecnologica
(*) Stime Fonte: Assinform/NetConsulting, Dicembre 2016
Dati in milioni di euro e variazioni percentuali sull’anno precedente
Dispositivi e sistemi Software e soluzioni ICT Servizi ICT Servizi di reteeContent e Digital Adversting
2012 2013 2014 2015 2016* 2017*
68.141
7.212
27.780
10.525
5.332
17.292
65.162
24.940
10.245
5.475
16.889
7.163
64.234
16.880
5.703
10.215
23.175
8.261
-4,4% -1,4%
64.908
16.987
5.971
10.368
22.608
8.974
+1,0%
65.788
17.110
6.241
10.575
22.165
9.697
+1,4%
65.826
10.878
6.557
17.208
21.810
10.372
+1,6%
0
10.000
20.000
30000
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70.000
Il mercato digitale in Italia
Innovazioni. Accordi di consulenza e con le start up
Digital Magicsmette nel mirinole grandi impresepUn accordo decennale con Universitas Mercatorum, l’università telematica delle Camere di Commercio italianee con l’Università Telematica Pegaso da cui nasce Digital Magics Startup University: il più importante polo italiano di formazione telematica per gli aspiranti nuovi imprenditori diprogetti innovativi. Ma anche un accordo industriale con Innogest, uno dei più importanti fondi italiani di venture capitale gli altri soci di Withfounders,acceleratore “seed” oltre a un aumento di capitale in opzionefinalizzato al finanziamento del piano industriale e l’assegnazione gratuita di warrant per favorire e premiare gli azionisti. Il 2016 appena concluso è stato un anno di grande attività per Digital Magics, business incubator di startup innovative digitali quotato sul mercato Aim di Borsa Italiana. Per il 2017 «stiamo lavorando per realizzare delle exit. Ma al di là di questo puntiamo anche ad aumentare la nostra attività di consulenza per le mediograndi imprese, che mettiamo in contatto con le startup in tema di open innovation».
Marco Gay, vicepresidenteesecutivo del businessincubatore quotato all’Aim e presidente dei Giovani di Confindustria. Digital Magics guarda al 2017 come a un anno che per certi versi dovrebbe imprimere un’accelerazione all’attività di questa società che ogni annosi trova «a vagliare 1.500 idee. Alcune le scegliamo e le incubiamo, ma le altre non restano orfane perché continuiamo a seguirle e periodicamente a incontrarle». In portafoglio ora le startup sono 75, dopo l’accordo con Innogest e Withfounders. Delle exit potrebbe esserci nel 2017.
Intanto l’attività sul territorio è in espansione. Nel 2016 sono state aperte 4 sedi che si sono aggiunte all’headquarter di Milano e all’incubatore di Napoli: Padova, Bari, Palermoe Roma. Nel 2017 aprirà anche la sede di Torino. A indicazione della volontà di andare a cogliere l’offerta di innovazione– o meglio di idee innovative incampo digitale – da parte di startuppers e aspiranti imprenditori.
Il discorso della formazione,per Gay, «è in questo contesto molto importante. L’accordo con Universitas Mercatorum eUniversità Telematica Pegaso aggiunge un altro importantetassello nella strategia “fromtalent to Ipo” della piattaformaper il Digital made in Italy, che Digital Magics sta costruendo insieme a Talent Garden, network europeo di coworking e Tamburi Investment Partners, investment merchantbank. Con Digital Magics Startup University se
lezioneremo i talenti già durante la formazione e creeremo di fatto una nuova generazione di imprenditori con glistrumenti e le metodologie piùmoderne e tipiche del mondo delle startup». Formazione, ma anche irrobustimento con l’accordo sottoscritto lo scorso21 dicembre con Innogest e gli altri soci di Withfounders, a seguito del quale Digital Magics diventa il primo socio di Withfounders, con una quota del 35% del capitale della società. La partnership strategica siglata con i soci di Withfoun
ders contribuirà pertanto anche alla crescita del valore del portfolio delle partecipate di Digital Magics, che si arricchisce, indirettamente, delle 13startup in cui Withfounders hagià investito, insieme a società di venture capital e business angel, e che hanno registrato nel 2015 un fatturato aggregato superiore ai 15 milioni di Euro. L’ingresso delle 13 startup di Withfounders porterà il portfolio di Digital Magics a quota 75 partecipazioni.
«In questo quadro stiamospingendo anche per favorire sempre di più i rapporti fra le Pmi italiane e le startup, con programmi di “Open Innovation”. Questo modello può creare valore aggiunto per entrambi le parti».
A.Bio.© RIPRODUZIONE RISERVATA
I NUMERI
75Il portafoglioNel portafoglio di Digital Magicc ci sono oggi 75 start up, dopo l’accordo con Innogest e Withfounders (ha portato in dote tredici start up), di cui Digital Magics ha rilevato una quota del 35 per cento. Quest’anno potrebbero registrarsi delle uscite
4Le nuove sediL’attività sul territorio è in espansione. L’anno scorso sono state aperte quattro nuove sedi che si sono aggiunte all’headquarter di Milano e all’incubatore di Napoli. Sono: Padova, Bari, Palermo e Roma. Quest’anno sarà inaugurata anche una sede a Torino.
GLI OBIETTIVI Marco Gay: valutiamocirca 1.500 idee all’anno,cerchiamo di seguireanche le attivitàche non incubiamo
INTERVISTA Andrea Rangone Politecnico di Milano
p«Colmare il gap culturale è importante tanto e forse anche più della necessità di miglioraresul piano infrastrutturale». Equesto anche perché, neanchetroppo in là, c'é il rischio di doversi trovare a fronteggiare una“possibile bolla” degli scoraggiati dell’innovazione.
Andrea Rangone docente alPolitecnico, fino a poco tempo fa responsabile degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, ora ceo di Digital360, azienda attiva nel B2b di contenuti editoriali, eventi, coaching sul versante innovazione lo dice da tempo, e negli ultimi tempi anche con maggiore convinzione: «Il
grande problema da affrontareè la mancanza di una cultura della domanda».
Perché secondo lei è cosìevidente questo gap?
Il mondo va verso il digitale, èchiaro. Ma molte imprese non se ne rendono conto. Dagli hotel, alle attività turistiche in senso lato, ai Comuni, alla Pa in genere, le possibilità di sfruttamento delle occasioni garantitedal digitale sono molteplici. Ma
in Italia c’è meno consapevolezza che altrove. Anche perchédal digitale possono arrivareoccasioni di lavoro in zone magari meno infrastrutturate.
Il digitale che quindi può garantire occasioni di lavoro anche in zone magari lontanedalle aree urbane?
Senza dubbio. È chiaro che vafatta una distinzione fra hardware e software. Nel primo casola partita è giocata altrove e nonin Italia. Ma da noi il software, latrasformazione di prodotti e servizi del mondo digitale, può rappresentare veramente un’occasione. Già oggi in Italia esistono 80mila operatori del canale Ict. Da aziende maggiori
come Reply o Engineering, fino alle web agency il panorama è vasto. E le possibilità di implementazione non mancano.
Ma come combinare questepossibilità con il gap infrastrutturale, per esempio la mancanza di un’adeguata retefissa a banda ultralarga?
Su questo vado un po’ controcorrente forse nel dire che, se è vero che il problema esiste, è anche vero che il digital divide lovedo fino a un certo punto considerando la capillarità, per esempio, della nostra rete mobile Lte. E con un cloud efficiente si possono abbattere molte barriere. Io vedo molto più lentala dinamica culturale che quella
infrastrutturale. E in questo senso c’è un evidente rischio che occorre considerare.
Quale? Occorre evitare una possibile
bolla. Ci sono aziende che, dopoaver iniziato a sperimentare processi di innovazione, potrebbero smettere di credere in questa strategia non vedendo risultati nell’immediato. Ma ladigital transformation è un processo che richiede un cambio culturale e la capacità di saper aspettare. Se invece si ragiona con i canoni manageriali e di azienda del passato, si rischia dirimanere al palo. L’innovazionerichiede tempo. Richiede la possibilità di darsi tempo per sbagliare, in attesa di risultati che, però, saranno assolutamente gratificanti.
A.Bio.© RIPRODUZIONE RISERVATA
«Evitiamo il rischio di creare una bolla»IMAGOECONOMICA
Politecnico. Andrea Rangone
«Alla sperimentazioneservono tempi lunghi: ma ci sono occasioni anche in aree decentrate »
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