IL “COLLEZIONISTA” UN ASILO E I SUOI MILLE “TESORI” · coli che nell’asilo trovavano...

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44 tmgiugno trentinoattualità Sotto, la signora Franca Bronzini Zecchini, ex Presidente dell’Asilo “Rosmini” di Rovereto R overeto è una città dal traffico aggressi- vo. Quando program- mi di andarci, devi invocare qualche decina di volte il proverbiale San Pancrazio affinché “facendoti spazio” ti conceda la grazia di un parcheggio, che sia uno. In- somma, tutto il preambolo per dire che arriviamo all’ap- puntamento con la signora Franca Bronzini Zecchini con una mezz’ora buona di ritardo. Dal sorriso con cui ci accoglie, però, capiamo di essere stati perdonati. Siamo a Rovereto, dopotutto... Entriamo nell’Asilo Rosmini, di Corso Rosmini, di fronte alla Casa Natale di Antonio Rosmini. Diciamo la verità: una mezza idea su chi sia il fautore di quest’opera be- nefica ce la siamo già fatta. Sebbene per mezzo del suo te a piedi, i bambini dalle valli nella Città della Quercia, affi- dandoli all’asilo di via Malcan- ton, l’attuale via della Terra, a ridosso del castello. Prima di allora, le lavoratrici erano costrette a portarsi i pargoli sul posto di lavoro, con tutti i disagi conseguenti. La ma- lusanza era stata interrotta dall’intervento di alcune fa- miglie benestanti della cit- , assieme all’onnipresente autore de “Delle Cinque pia- ghe della Santa Chiesa”. Nel 1875, le suore di Maria Bambina, dunque, aprono ROVERETO, ASILO “ROSMINI” , IN CORSO ROSMINI, DAVANTI ALLA CASA NATALE DEL FILOSOFO: SU CHE PERSONAGGIO STIA DIETRO LA NASCITA DI QUESTA STRUTTURA VI SONO POCHI DUBBI. MENO CONOSCIUTO È COSA CI STA “DENTRO”... IL “COLLEZIONISTA” erede, don Francesco Paoli, fu proprio il filosofo e sacer- dote roveretano a mettere a disposizione un terreno di proprietà della sua famiglia per erigere l’asilo. In prece- denza, le lavoratrici della manifattura e della filanda ogni mattina portavano, ad ore impossibili, rigorosamen- di Pino Loperfido UN ASILO E I SUOI MILLE “TESORI”

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trentinoattualitàSotto, la signora Franca Bronzini Zecchini,

ex Presidente dell’Asilo “Rosmini” di Rovereto

Rovereto è una città dal traffico aggressi-vo. Quando program-

mi di andarci, devi invocare qualche decina di volte il proverbiale San Pancrazio affinché “facendoti spazio” ti conceda la grazia di un parcheggio, che sia uno. In-somma, tutto il preambolo per dire che arriviamo all’ap-puntamento con la signora Franca Bronzini Zecchini con una mezz’ora buona di ritardo. Dal sorriso con cui ci accoglie, però, capiamo di essere stati perdonati. Siamo a Rovereto, dopotutto...Entriamo nell’Asilo Rosmini, di Corso Rosmini, di fronte alla Casa Natale di Antonio Rosmini. Diciamo la verità: una mezza idea su chi sia il fautore di quest’opera be-nefica ce la siamo già fatta. Sebbene per mezzo del suo

te a piedi, i bambini dalle valli nella Città della Quercia, affi-dandoli all’asilo di via Malcan-ton, l’attuale via della Terra, a ridosso del castello. Prima di allora, le lavoratrici erano costrette a portarsi i pargoli sul posto di lavoro, con tutti i disagi conseguenti. La ma-lusanza era stata interrotta dall’intervento di alcune fa-miglie benestanti della cit-tà, assieme all’onnipresente autore de “Delle Cinque pia-ghe della Santa Chiesa”. Nel 1875, le suore di Maria Bambina, dunque, aprono

ROVERETO, ASILO “ROSMINI”, IN CORSO ROSMINI, DAVANTI ALLA CASA NATALE DEL FILOSOFO: SU CHE PERSONAGGIO STIA DIETRO LA NASCITA DI QUESTA STRUTTURA VI SONO POCHI DUBBI. MENO CONOSCIUTO È COSA CI STA “DENTRO”...

IL “COLLEZIONISTA”

erede, don Francesco Paoli, fu proprio il filosofo e sacer-dote roveretano a mettere a disposizione un terreno di proprietà della sua famiglia

per erigere l’asilo. In prece-denza, le lavoratrici della manifattura e della filanda ogni mattina portavano, ad ore impossibili, rigorosamen-

di Pino Loperfido

UN ASILO E I SUOI MILLE “TESORI”

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l’asilo sul terreno ceduto da don Paoli.Franca Bronzini Zecchini è l’ex Presidente dell’Asilo Ro-smini, ma per capire quanto poco di ex ci sia in lei basta osservare con quanto entu-siasmo ci parla del “suo” asilo e della sua lunga sto-ria. Il vociare dei bambini si percepisce in lontananza, mentre seguiamo la signora nei piani inferiori. Una specie

di sotterraneo dove un tem-po stava la grande stufa che scaldava la struttura (appesa al muro, come un cimelio, la vecchia pala usata per cari-care il carbone).Diciamo la verità. Trovarci in una sorta di archivio ordina-tissimo, pieno di faldoni di cartone rinchiusi in vetrinet-te, anziché nella bottega delle meraviglie Mr. Ma-gorium, lì per lì, ci delude

un po’. Ma bastano solo po-chi minuti per riaversi dalla delusione. Il tempo cioè di cominciare ad aprire le scato-le di cartone e... voilà, come per incanto ecco che comin-cia un piccolo, ma intenso, viaggio nel tempo. Bambo-line, automobiline di lat-ta, marionette, tombole, organetti e poi i “ferri del mestiere” degli asiloti, pennini, lavagne, ecc.Per un momento ci perdia-mo con la mente nell’imma-ginare le centinaia di manine paffute che per giorni e giorni ci hanno giocato, instanca-bili come solo un bimbo di quell’età sa essere. Oggetti che avevano la pretesa di so-stituirsi alle cure della mam-ma, ai suoi gesti affettuosi, alla sua cara compagnia. Pic-

coli che nell’asilo trovavano anche il proprio angolo di pa-radiso, considerate le condi-zioni quasi sempre disagiate in cui versavano le proprie famiglie. Andare all’asilo, per loro, doveva proprio significa-re pura felicità...La voce della nostra inter-locutrice ci desta da questa sorta di sogno ad occhi aper-ti: “Il fatto che tutti questi oggetti siano ancora qui è una specie di miracolo ed è dovuto alla pazienza e alla cura delle tante persone e maestre che sono passate di qui nel corso degli anni” dice con soddisfazione la signora Franca. Ed è vero. Dopo due importanti ristrutturazioni, due guerre – durante le quali il “Rosmini” viene adibito a quartier generale milita-

Le Sorelle Agazzi, all’anagrafe Rosa Agazzi e Carolina Agazzi, sono state due

pedagogiste sperimentali. Il loro metodo educativo, assieme al metodo montes-soriano, inaugura l’era dell’attivismo italiano. Corrente pedagogica nata all’inizio del XX sec., fon-data sull’idea che al centro dell’apprendimento ci sia

l’esperienza e che il bambino non sia più spettatore ma attore del processo formati-vo. Pure rifacendosi al Kindergarten di Froe-bel, le sorelle Agazzi esaltano la vitalità e la spontaneità

dell’infanzia, punto principale del loro pensiero peda-gogico e non condividono lo scolasticismo aportiano. Criticano la precocità dell’educazione poiché intendono formare bambini e non scolari. Il bambino deve crescere in un ambiente familiare che stimoli la sua creatività e deve avere un continuo dialogo con l’adulto. L’educatri-ce deve richiamare il ruolo della madre. L’attività del bambino è il punto centrale del processo educativo. L’ambiente in cui si sviluppa l’attività del bambino deve essere semplice e composto di materiali che fanno parte della sua quotidianità.

METODO AGAZZIANO, QUESTO SCONOSCIUTO

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re – l’evacuazione del 1915, anno in cui viene trasformato inn deposito libri e magazzi-no delle derrate alimentari.Una bella storia, questa dell’asilo “Rosmini” e dei suoi giocattoli, che sembra esistere da sempre. Però ci deve pur essere stato un momento di partenza, un episodio da cui è scaturita questa incredibile collezio-ne. “In effetti un aneddoto c’è – ci conferma la Bronzetti – e riguarda il ritrovamento, durante i lavori del 1997, di una misteriosa e gigante-sca cassa che conteneva di tutto di più.”A quanto pare, ci si rese conto quasi subito che il valore della scoperta era tale da spingere la direzio-ne dell’Asilo a rivolgersi al Servizio Beni Archivistici della provincia autonoma di Trento. Non c’erano solo giocattoli, ma migliaia e mi-gliaia di preziosi documenti che potevano avere un rile-vante valore storico: fatture, lettere, richieste, solleciti... Il tutto venne così affidato a studiosi e archivisti di pro-fessione che cominciarono a catalogare, catalogare, cata-logare. Un lavoro da profes-sionisti in cui però si decise di coinvolgere, in qualche

misura, anche i piccoli dell’asilo. Possiamo dunque immaginarli, questi uomini e donne in miniatura, avvolti nel grembiulino di ordinanza, maneggiare automobiline ed elicotteri, lasciandosi scap-pare, di tanto in tanto, qual-che competente opinione a riguardo. E adesso, signora? Qual è il passo successivo del vostro progetto? “Stiamo lavoran-do alla preparazione di un catalogo e di una grande mostra celebrativa, finan-ziati dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Ro-vereto”.Ma la ricerca è finita o con-tinua? “Continua certamen-te...” sorride la signora Fran-ca. “Anzi, colgo l’occasione per lanciare un appello a tutti i lettori di Trentino-mese, affinché ci aiutino a trovare altri reperti dell’a-silo Rosmini.” Ecco, dun-que, gli ex asiloti, i loro figli e nipoti diano una ripassata a cantine, caneve e armadi e facciano subito una telefona-ta a Rovereto. Niente paura. L’asilo chiede solo di poterli catalogare e di esporli nella mostra. Al termine verranno regolarmente restituiti ai le-gittimi proprietari.Info: tel. 0464.421541. ■

Uno degli oggetti più preziosi dell’archivio dell’Asilo “Rosmini” è il cosiddetto Albo d’Oro bullonato,

datato 1845. Tra le prime iscrizioni c’è la donazione dell’Imperatrice Maria Anna, seguita da moltissime altre annotazioni su acquisti cancelleria, ecc. Quello che salta subito all’occhio – oltre alla preziosità del do-cumento e all’eleganza del cofanetto in legno che lo contiene – è l’estrema modestia dell’importo donato dalla testa coronata. Considerata la sua posizione, pare strano che il suo importo (300 fiorini) venga superato ab-bondantemente da quello di molte altre donazioni, come quella dei signo-ri Candelpergher, di Amalia Conzatti, Gio-vanni Reiterer e così via. Braccino corto d’altri tempi...

ALBO D’ORO: IL BRACCINO CORTO DELL’IMPERATRICE MARIA ANNA