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Il 68 in America e in Europa (cenni)

Un primo segnale della rivoluzione giovanile venne dagli Stati Uniti. Già alla metà degli anni Sessanta, infatti, scoppiarono rivolte nei campus universitari americani in difesa dei diritti civili, contro le discriminazioni razziali che colpivano gli afroamericani e contro la guerra in Vietnam, giudicata imperialistica. In Europa i fermenti operai e studenteschi si coagularono nel biennio 1967-1968 ed esplosero in un’unica grande rivolta che attraversò tutto il mondo industrializzato. A Parigi gli studenti, con parole d’ordine come «l’immaginazione al potere», diedero vita nel maggio del 1968 a una vera e propria sollevazione contro il governo guidato dal conservatore Charles De Gaulle. I bisogni di innovazione sociale e culturale dei giovani si saldarono con le lotte degli operai, i quali, però, una volta raggiunti i propri obiettivi, abbandonarono il movimento studentesco a se stesso, determinandone la scomparsa. Le grandi manifestazioni del ‘maggio francese’, nel 1968, contribuirono comunque al tramonto politico del presidente De Gaulle. Nei Paesi dell’Est la rivolta espresse anche richieste di autonomia dall’oppressione sovietica. Al riguardo, fu emblematica la rivolta di Praga (oggi Repubblica Ceca), la “primavera di Praga”, inaugurata dal segretario del Partito comunista Alexander Dubcˇek, repressa nel sangue dalle truppe del Patto di Varsavia (1968) che posero fine al processo di rinnovamento, e all’esperienza di un socialismo dal “volto umano”. La rivolta si estese a Polonia, Germania, Iugoslavia, Cina, Messico, Giappone.

Politica e società dal 1968 alla fine degli anni '70 (in sintesi)

La vita politica italiana continuò a essere dominata dalla DC, che rimase il partito di maggioranza relativa, ed espresse fino al 1983 tutti i Presidenti del Consiglio. Fino al 1976 la maggioranza di governo rimase sostanzialmente basata sul centro-sinistra e si ebbero così i governi presieduti da Giovanni Leone (giugno-dicembre 1968); Mariano Rumor (1968-70, 1973-74); Emilio Colombo (1970-72); Giulio Andreotti (1972-73); Aldo Moro (1974-76). Il quadro cambiò quando la necessità di affrontare con decisione la recessione economica, innescata nel 1973 dalla crisi petrolifera, portò al cosiddetto governo della "non sfiducia", formato da Andreotti nel 1976-78, grazie al l'astensione nel voto di fiducia parlamentare di tutti i partiti dell'arco costituzionale (compresi i comunisti). Si aprì così la breve fase della "solidarietà nazionale" (1978-79), dopo la quale si ritornò alla formula del centro-sinistra. Nel 1971 fu eletto il nuovo presidente della Repubblica, il democristiano Giovanni Leone, che si dimise nel 1978 perché sospettato di essere

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coinvolto in episodi di corruzione. Gli succedette il socialista Sandro Pertini (1978-85).

La crisi politica degli anni '70

Il ciclo politico iniziato nel 1968 fu caratterizzato dall'ondata di contestazione contro i rapporti politico-sociali dominanti; inaugurato dal Sessantotto degli studenti, fece registrare il momento più alto dello scontro sociale nel corso delle lotte operaie dell'autunno caldo del 1969. Protagonista dell'ondata di scioperi operai del 1969 furono i tre sindacati (CGIL, CISL e UIL), collegatisi operativamente dopo le scissioni degli anni '40, ma soprattutto gli strati meno qualificati, e più numerosi, della classe operaia del nord, che insieme agli studenti diedero vita alle organizzazioni della sinistra extraparlamentare (Lotta continua, Potere operaio, Avanguardia operaia), e nelle fabbriche formarono dei "comitati di lotta", spesso in polemica e in contrasto con gli organismi sindacali. Le rivendicazioni dell'autunno caldo, come quelle della contestazione studentesca, posero anche l'esigenza: -di uno sviluppo non autoritario dei rapporti di lavoro in fabbrica - di un'evoluzione della democrazia politica in senso partecipativo. Questa spinta riformatrice portò negli anni seguenti a importanti risultati: nel 1970 fu infatti introdotto lo Statuto dei lavoratori, che allentava la discrezionalità dei datori di lavoro sui dipendenti, mentre negli stessi anni vennero approntate altre riforme nel campo sociale e dei diritti civili (miglioramento delle pensioni e dei trattamenti di maternità e disoccupazione; liberalizzazione degli accessi universitari; riforma del sistema carcerario e manicomiale), che culminarono nella legge Loris Fortuna-Antonio Baslini, che introdusse il divorzio (1970), poi confermata da un referendum popolare (il primo dell'Italia repubblicana) tenutosi nel 1974. Tra i fenomeni politici più rilevanti degli anni '70 vi fu la costante crescita elettorale del Partito comunista italiano, che si affermò come la seconda forza politica nazionale, divenendo maggioranza in molte aree del paese (Umbria, Toscana, Emilia Romagna), dove le amministrazioni locali furono guidate da "giunte rosse". Nel corso degli anni '60 e '70 il PCI completò la sua autonomia politica dall'URSS, già avviata da Togliatti, soprattutto durante la segreteria di Enrico Berlinguer (1972-84), il quale elaborò nel 1973 la strategia del compromesso storico, volta a ricercare un avvicinamento tra le forze progressiste cattoliche (dentro e fuori alla DC) e quelle laiche e marxiste, con il fine di realizzare la riforma della società e della politica italiana.

La strategia della tensione

In questi stessi anni che videro un generale spostamento a sinistra del paese si intensificarono i tentativi eversivi della destra neofascista e dei servizi

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segreti deviati per favorire una involuzione autoritaria del regime politico. Questo disegno di destabilizzazione, la cosiddetta strategia della tensione, prese avvio con la strage di Piazza Fontana a Milano (12 dicembre 1969), dove una bomba uccise 17 persone, proseguì poi l'anno successivo con il tentativo di colpo di Stato di Junio Valerio Borghese (che occupò per alcune ore il Ministero dell'Interno) e continuò con uno stillicidio di attentati, tra i quali i più sanguinosi furono: la strage di Piazza della Loggia a Brescia (1974); quella del treno Italicus (1974); quella della stazione di Bologna (1980). Le oscure trame di quel periodo della storia italiana si sono caricate di ulteriori sospetti dopo la recente scoperta (1990) dell'organizzazione paramilitare clandestina denominata "Gladio", collegata alla NATO e operante in Italia con il fine di contrastare i comunisti, ritenuti testa di ponte di una eventuale invasione da parte sovietica.

Il terrorismo rosso

Ad acuire la tensione politica degli anni '70 contribuì la scelta di alcuni settori estremisti della sinistra extraparlamentare di dar vita al terrore rosso, con l'obiettivo di accelerare il corso della storia e quindi portare all'abbattimento rivoluzionario dello Stato borghese. In base a questa analisi iniziò così l'attività della più decisa organizzazione terroristica dell'estrema sinistra italiana, quella delle Brigate Rosse, fondata nel 1970 da Renato Curcio. L'azione illegale fu giustificata sul piano ideologico anche da alcuni gruppi studenteschi; si ebbe così una ripresa esasperata e violenta del movimento giovanile, il cui momento culminante fu raggiunto nel 1977. Inoltre, a partire dal 1976 le Brigate Rosse passarono dagli attentati dimostrativi all'azione sanguinosa, imitati da numerose altre organizzazioni analoghe; si innescò quindi una sequela di brutali ferimenti e omicidi, che provocò diverse decine di vittime. Il momento di massima tensione tra lo Stato e il terrorismo rosso fu vissuto in seguito al rapimento di Aldo Moro (con l'uccisione di 5 uomini della scorta), effettuato a Roma il 16 marzo 1978. In quell'occasione i brigatisti erano decisi a imporre allo Stato una trattativa per salvare la vita di Moro, ma il governo e la maggioranza delle forze politiche sostennero la linea della fermezza, contrari a ogni cedimento al ricatto dei terroristi. Moro fu allora ucciso dai brigatisti e il suo cadavere venne ritrovato il 9 maggio a Roma. L'ostilità della grande maggioranza dell'opinione pubblica ai disegni eversivi e la risoluta azione repressiva coordinata dal generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa consentirono poi il progressivo smantellamento delle Brigate Rosse e delle altre organizzazioni terroristiche.

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La solidarietà nazionale

Aldo Moro era stato il principale artefice del progressivo inserimento dei comunisti nell'area di governo e, proprio il giorno del suo rapimento, Andreotti si accingeva a presentare un governo monocolore democristiano che, per la prima volta dal 1947, avrebbe avuto il voto favorevole anche del PCI. La drammaticità della situazione politica spinse tuttavia risolutamente alla realizzazione del governo di solidarietà nazionale di Andreotti (1978-79), durante il quale furono compiute le importanti riforme della sanità (1978, istituzione delle Unità socio-sanitarie locali - USSL), della chiusura dei manicomi (1978) e della liberalizzazione dell'aborto. La contrapposizione tra il PCI e la DC causò però l'esaurimento del l'esperimento della solidarietà nazionale, così si ritornò alla formula del centro-sinistra con un nuovo governo Andreotti (marzo-agosto 1979) e con i governi guidati da Francesco Cossiga (1979-80).

Gli anni '80

La politica italiana fu caratterizzata negli anni '80 dalla flessione elettorale della DC, che rimase comunque il partito di maggioranza relativa, dal declino del PCI, vittima della crisi del socialismo in URSS e nell'Europa orientale e delle fortune elettorali del Partito socialista italiano, guidato da Bettino Craxi (1976-92). La scena politica andò inoltre ulteriormente frammentandosi con il sorgere di formazioni minori e locali e la buona affermazione del Partito Radicale, guidato da Marco Pannella, impegnato sui temi dei diritti civili, e dei Verdi, che seppero raccogliere e stimolare l'attenzione delle giovani generazioni per l'urgenza dei problemi di tutela dell'ambiente.

Questi nuovi rapporti di forza resero instabile il quadro politico, che fu dominato da una successione di governi di centro-sinistra guidati da Araldo Forlani (1980-81), a cui fecero seguito i governi della Repubblica guidati da un non democristiano, prima il repubblicano Giovanni Spadolini (1981-82) poi il socialista Craxi (1983-87); quindi ancora i democristiani Fanfani (1982-83; aprile-luglio 1987); Giovanni Goria (1987-88), Ciriaco De Mita (1988-89), Andreotti (1989-92). Democristiano fu anche il presidente della Repubblica Francesco Cossiga (1985-1992). Dal punto di vista economico e sociale, l'Italia proseguì negli anni '80 la sua crescita, che ha permesso al nostro paese di collocarsi in una posizione di primo piano nella graduatoria dei paesi industrializzati del mondo. L'espansione economica fu favorita dal contenimento del costo del lavoro, reso possibile da un indebolimento dei sindacati, a partire dalla grave sconfitta subita dal Movimento operaio nello scontro con la FIAT, che nel 1980 procedette a massicci licenziamenti. La CGIL scatenò in quell'occasione un lungo sciopero contro l'azienda torinese, ma dovette rinunciare alla lotta dopo la rivolta antisindacale dei tecnici e degli impiegati, appoggiati dalla direzione della FIAT.

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In questo contesto il governo Craxi varò nel 1984 un decreto legge che ridusse l'automatismo della scala mobile, diminuendo il grado di copertura dei salari nei riguardi dell'aumento del costo della vita. Nello stesso periodo però, anche l'inflazione si ridusse (a un tasso annuo oscillante tra il 4,5 e il 7%) e il ribasso del dollaro e dei prezzi del petrolio favorirono anche il riequilibrio della bilanci dei pagamenti con l'estero. Al positivo corso dell'economia fece da drammatico contraltare la diffusione della criminalità organizzata (mafia, camorra e 'ndrangheta), che poté giovarsi anche della collusione con uomini politici e non esitò a uccidere magistrati e funzionari dello Stato. Continuarono inoltre le oscure trame politiche ed economiche di poteri occulti, tra cui quelli legati alla loggia segreta della Massoneria, denominata P2, guidata dal gran maestro Licio Gelli. Relativamente a questi anni è infine da ricordare che nel 1984, Italia e Santa Sede firmarono un nuovo concordato in base al quale il cattolicesimo cessò di essere religione ufficiale dello Stato italiano e materia obbligatoria nelle scuole, così come avevano stabilito nel 1929 i Patti lateranensi.