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CHRONIC CARE MODEL IN ITALIA: ESPERIENZE REGIONALIPROF.SSA MARIAROSARIA BONETTI

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Università Telematica Pegaso Chronic Care Model in Italia: esperienze regionali

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

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Indice

1 PREMESSA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3

2 APPLICAZIONE DEL CCM NELLA REGIONE TOSCANA ------------------------------------------------------- 5

3 APPLICAZIONE DEL CCM NELLA REGIONE LOMBARDIA -------------------------------------------------- 10

4 APPLICAZIONE DEL CCM NELLA REGIONE EMILIA ROMAGNA ---------------------------------------- 13

5 CONCLUSIONI --------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 18

BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 20

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1 Premessa

In un documento del 2005 l’OMS ha indicato le strategie per il contenimento dei costi legati

all’aumento delle patologie croniche, in una popolazione che ha una vita media sempre più lunga:

passare da una medicina di attesa ad una medicina di iniziativa.

L’allora ministro della salute On. Livia Turco, presentando la traduzione italiana del

documento, scriveva: “ in Italia abbiamo un sistema di cure che funziona come un RADAR, il

paziente appare per essere curato e scompare quando è guarito. Perfetto per le malattie acute, ma

non per le malattie croniche, per le quali serve invece un modello di assistenza diverso. Occorre

evitare che le persone si ammalino, ma anche che chi è già ammalato vada incontro a ricadute,

aggravamenti e disabilità. Un sistema, insomma, adatto alle malattie che non guariscono e che

devono essere seguite, nel territorio, adeguatamente attrezzato”.

La sanità di iniziativa mette al centro il paziente, non aspetta che arrivi sulla soglia, ma che

sia capace di andargli incontro, raccogliendo la sua domanda di salute anche quando inespressa e

prima che evolva con un aggravamento o una complicanza.

Per fare questo non è necessario aggiungere servizi o altro, ma è necessario ridisegnare le

cure primarie utilizzando come riferimento il Chronic Care Model.

Dal 2003 ad oggi, tutti i piani sanitari italiani, che sono triennali, per rispondere alle

esigenze del nuovo scenario politico-economico e sociale in tema di malattie croniche, hanno

dettato indicazioni di possibili strategie da attuare tra cui:

trasformare gli obiettivi dettati in progetti specifici e ad attuarli;

investire nella qualificazione delle risorse umane;

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adottare soluzioni organizzative e gestionali innovative ed efficaci;

adeguare gli standard quantitativi e qualitativi;

garantire i Livelli Essenziali di Assistenza su tutto il territorio nazionale.

Sulla scorta di quanto detto, nell’ambito delle politiche e strategie da adottare per

fronteggiare il problema della cronicità, le Regioni hanno avviato dal 2003 progetti a sostegno della

prevenzione e cura delle malattie croniche. Di seguito analizzeremo alcune applicazioni.

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2 Applicazione del CCM nella Regione Toscana

DELIBERAZIONE 16 luglio 2008, n. 53 Piano sanitario regionale 2008 - 2010.

In tale deliberazione la Regione Toscana, al Cap. 4 dal titolo “Un piano per il cittadino: i

grandi progetti”, al punto 4.3.1 parla di :“La sanità di iniziativa in ambito territoriale. Il Chronic

Care Model”.

Tuttavia, alla luce di ulteriori acquisizioni scientifiche e coerentemente con le indicazioni

del Consiglio Sanitario Regionale (parere n. 37 del 2008), la Giunta regionale ha ritenuto di dover

adottare una versione evoluta del CCM (Expanded Chronic Care Model, ECCM Figura. 1) nella

quale il singolo paziente sia calato nella più ampia dimensione della comunità e dove gli aspetti

clinici considerati dal medico di famiglia siano integrati da quelli di sanità pubblica, quali la

prevenzione primaria collettiva e l’attenzione ai determinanti di salute.

Figura 1 - Expanded Chronic Care Model

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Con tale progetto, il legislatore, ha inteso orientare le strutture sanitarie toscane:

ad utilizzare un modello assistenziale di gestione delle malattie croniche che – a

differenza di quello classico della medicina d’attesa disegnato sulle malattie acute –

sia in grado di assumere il bisogno di salute prima dell’insorgere della malattia, o

prima che essa si manifesti o si aggravi;

riorganizzare le cure primarie valorizzando l’assistenza ai cittadini sul territorio;

coinvolgere coinvolgendo i medici di famiglia e infermieri;

ridurre il ricorso al ricovero ospedaliero;

garantire al paziente interventi adeguati e differenziati in rapporto al livello di

rischio;

mirare di più alla prevenzione che al miglioramento della gestione delle malattie

croniche in ogni loro stadio e a tutti i livelli del sistema sanitario, con effetti positivi

attesi per la salute dei cittadini e per la sostenibilità stessa del sistema.

Il progetto ha previsto la costituzione di moduli, entità territoriali, in cui lavorano in team

varie professionalità tra cui i MMG e infermieri.

Alla fine del 2014 in Toscana avevano aderito alla sanità d’iniziativa circa il 50% dei medici

di famiglia, organizzati in “moduli”, in ogni modulo lavorano circa 10 medici e 2 infermieri del

territorio, questi ultimi con il compito di supportare i pazienti nell’autogestione delle malattie e

gestire il follow up (invitare i pazienti alle visite periodiche, verificare e discutere con i pazienti

l’insorgenza di problemi nella gestione della malattia).

I primi moduli di sanità di iniziativa (SI) in Toscana sono stati avviati nel 2010 per quattro

patologie croniche: scompenso cardiaco, broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), ictus,

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diabete di tipo II e i pazienti sono stati arruolati secondo precisi criteri clinici d’inclusione, fissati

nella normativa regionale che accompagnava il Progetto.

Le attività che si sono organizzate e svolte sono state: di richiamo, follow up, educazione

sanitaria, empowerment, e monitoraggio.

L’Agenzia Regionale Sanitaria (ARS) ha avuto il compito di fornire il supporto tecnico con

la produzione di reports destinati al governo clinico delle cure primarie e per lo studio di impatto

dell’implementazione del Expanded Chronic Care Model (ECCM).

La prima fase attuativa del progetto, è partita nel 2010 nell’azienda sanitaria di Firenze: 3

zone territoriali coinvolte (Firenze città, Nord-Ovest, Sud-Est), 12 moduli coinvolti, 125 MMG

coinvolti, un bacino di riferimento di oltre 150.000 assistiti.

Nel 2011 sono stati aggiunti altri 3 moduli con un totale di 27.418 altri assistiti afferenti ad

ulteriori 24 MMG; il totale diventò dunque 180.769

Dopo due ulteriori fasi di estensione le cifre attuali (inizio 2015) sono le seguenti: bacino di

utenza 420.000 assistiti (circa il 60% del totale), 30.000 arruolati per 4 patologie, 335 medici

coinvolti, 45 infermieri, 22 aggregazioni funzionali coinvolte. A fine 2016 dovrebbe essere coperta

l’intera popolazione di assistiti.

Elemento fondamentale per lo sviluppo organizzativo e l’estensione della sanità d’iniziativa

in Toscana è la stratificazione del rischio, ossia la valutazione in termini di complessità assistenziale

delle persone con patologia cronica o con importanti fattori di rischio, per diversificare le strategie,

l’approccio assistenziale, l’utilizzo di strumenti e la composizione del team; ai fini

dell’orientamento del modello secondo la logica suddetta, l’infermiere si configura come la figura

professionale più adatta a seguire il malato cronico dalle prime fasi di malattia alla fase di

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terminalità (dalla parte bassa all’apice della piramide del rischio secondo la nota rappresentazione

del modello di stratificazione del rischio dell’organizzazione sanitaria “Kaiser Permanente”).

Stratificazione della popolazione secondo il

livello di rischio (Expanded CCM, Kaiser

Permanente)

FASI

TERMINALI

ALTO RISCHIO

RISCHIO MEDIO Patologia conclamata

BASSO RISCHIO

Fasi iniziali della patologia

Esposti al rischio

Cure di fine vita

Case

management

Disease management

Self

managemet

Prevenzione

primaria

Medicina delle persone sane,

anticipatoria

Prevenzione secondaria,

mantenimento stato di salute

Target terapeutici

Appropriatezza Team multidisc.

Appropriatezza team

multidisciplinari

Nel 2014 l’ARS ha nel 2014 ha effettuato 2 studi sull’applicazione del ECCM in Toscana,

su pazienti arruolati dal 2010, paragonando i dati ai 4 anni precedenti il progetto, per il modulo

diabete e il modulo scompenso cardiaco.

In particolare sono stati messi a confronto:

1. uno studio sui pazienti diabetici arruolati nella SI definito “gruppo diabetici Esp”

confrontati con pazienti diabetici di medici che non aderiscono alla SI definito

“gruppo diabetici noEsp”;

2. uno studio sui pazienti con scompenso cardiaco arruolati nella SI definito gruppo

scompensati Esp rispetto a pazienti con la stessa patologia e iscritti con medici che

non aderiscono alla SI definito “gruppo scompensati noEsp”.

Le analisi sono state effettuate confrontando variabili quali l’età, il genere, precedente

terapia, presenza di patologie e il loro stadio e grado di complessità, l’ASL di residenza, comorbilità

e precedenti valori del periodo “pre” 2010.

Gli effetti principali emersi sono stati:

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maggiore adesione ai protocolli di monitoraggio;

più ricoveri per pazienti diabetici o con pregresso ictus;

meno ricoveri per scompenso e BPCO.

Dal Progetto regionale “sanità d’iniziativa” alla riorganizzazione delle cure primarie, aspetto

interessante è rappresentato dalla nascita delle prime Case della salute (CdS); luogo ideale per la

sperimentazione di un team di cure primarie che, partendo dall’esperienza dei moduli di sanità

d’iniziativa, ha sviluppato un nuovo paradigma assistenziale basato su l’interazione di diverse

professionalità, integrazione sociosanitaria, continuità di percorsi, proattività d’intervento, ruolo

attivo dell’utenza, collaborazione con enti locali, Terzo settore, università ed altri soggetti.

“Le Case della Salute hanno rappresentato uno dei pilastri della riforma della sanità

Toscana. Si tratta di strutture dotate di team multiprofessionali che funzionano come una sorta di

grande ambulatorio sui territori. Avviate con la delibera regionale di fine 2012 con un programma

che ha puntato sul potenziamento dell’assistenza sul territorio, assegnando un ruolo chiave ai

medici di medicina generale rafforzando tutte quelle modalità assistenziali extra-ospedaliere che

hanno il vantaggio di evitare ricoveri impropri e alleggerire dunque la pressione sugli ospedali. E tra

le azioni prioritarie individuate dal programma di riorganizzazione c’è proprio la promozione della

presa in carico globale del cittadino sul territorio, attraverso l’implementazione del modello

assistenziale Casa della Salute.

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3 Applicazione del CCM nella Regione Lombardia

Così come nel resto del mondo e delle Regioni italiane l’aumento delle patologie croniche e

i relativi costi richiedono un adeguamento delle risposte assistenziali sia sul piano clinico che

organizzativo gestionale.

Nella Regione Lombardia i malati cronici sono in costante aumento, i dati regionali contano

circa 3,2 milioni di pazienti, pari al 31,8%, della popolazione assistita, rappresentando ben il 79,6%

della spesa sanitaria per attività di ricovero e cura, specialistica ambulatoriale e consumo di farmaci

Le strategie organizzative attuate per fronteggiare il governo della cronicità, muovono verso

l’approccio di una medicina d’iniziativa più consono alla gestione di malattie croniche.

Il nuovo modello assistenziale che la Regione ha realizzato a partire dal 2010 con Decreto di

Giunta Regionale IX/937 è il modello CReG (Chronic Related Group), disciplinato con DGR

n.1479 del 30.03.2011 e da successive disposizioni regionali.

Un modello centrato sulla persona che ha l’obiettivo di garantire al malato cronico il

miglior compenso clinico, ritardare il danno d’organo, le acuzie, le invalidità e/o disabilità, una

modalità di presa in carico delle persone affette da malattie croniche finalizzata ad assicurare la

continuità del percorso assistenziale.

Le modalità di erogazione avvengono :

presso gli studi dei medici di famiglia e a domicilio dei pazienti, coinvolge al

momento attuale 63.475 pazienti (circa il 60% dei pazienti attesi) e 484 MMG,

gli ambiti territoriali coinvolti sono Bergamo, Como, Milano città e Milano 2,

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riguarda patologie croniche come la BPCO, scompenso cardiaco, diabete,

insufficienza renale cronica, ipertensione e cardiopatia ischemica.

I CReG sono una innovativa modalità di presa in carico dei pazienti che, a fronte della

corresponsione anticipata di una quota predefinita di risorse (come i DRG), deve garantire, senza

soluzioni di continuo e cali di assistenza, tutti i servizi extraospedalieri (prevenzione secondaria,

follow up, monitoraggio persistenza terapeutica, specialistica ambulatoriale, protesica,

farmaceutica) necessari per una buona gestione clinico organizzativa delle patologie croniche.

Come funzionano i CReG? Le ASL devono individuare un soggetto che si fa carico

della gestione complessiva del percorso assistenziale, Provider (un medico o un

organizzazione di Medici di Medicina Generale (MMG) , una Onlus, una Fondazione, una

Azienda Ospedaliera o una Struttura Sanitaria accreditata sia intra- che extra-ospedaliera), a cui

vengono assegnate le risorse economiche necessarie secondo rimborsi tariffari predefiniti.

La definizione del rimborso è molto simile a quella che viene utilizzata

per classificare e pagare le attività erogate in acuzie (DRG) dagli ospedali.

Ad ogni raggruppamento omogeneo di patologia o pluripatologia è assegnata una

tariffa che comprende i consumi per le componenti: ambulatoriale, farmaceutica,

ossigeno, protesica minore.

Le tariffe sono circa 150 (con una media di 1.100 €), comprendono

le pluripatologie e sono stratificate a seconda del livello di gravità.

Il soggetto scelto dovrà coordinare tutti gli attori coinvolti nella gestione della patologia, gestire

virtualmente le risorse messe a disposizione e garantire le necessarie competenze di tipo

amministrativo, organizzativo e gestionale, e garantire alcuni servizi quali il centro servizi e call

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center h12 per 365 giorni/anno, programmi informatici in grado di interagire con il SISS (Sistema

Informativo Socio Sanitario) per costruire un Electronic Patient Record per i pazienti presi in

carico, servizi di telemedicina e tele monitoraggio, ecc..

Il progetto che ha visto coinvolte le 4 ASL si chiama “Buongiorno CReG”. Per ciascun

paziente è stato creato un piano di cura dedicato (ne sono stati emessi oltre 100.000) ed è stato

fornito un kit di telemonitoraggio contenente, a seconda della patologia, misuratore di pressione

arteriosa, bilancia, ECG monotraccia, glucometro e pulsossimetro.

Una volta effettuate autonomamente le misurazioni a domicilio (più di 20.000 dal 2012 a

oggi), i dati vengono trasmessi al Centro Servizi Telematico attraverso un modem cellulare in

dotazione: il personale sanitario procede alla valutazione dei dati ricevuti, gestisce eventuali

situazioni fuori dalla norma, verifica la compliance al piano di telemonitoraggio e alla terapia

farmacologica e trasmette i dati al medico di base del paziente.

Il Centro Servizi Telematico, disponibile h24, contatta inoltre periodicamente i pazienti per

verificarne lo stato di salute e la percezione sui servizi erogati.

Dai feedback ricevuti emerge l'efficacia del Buongiorno CReG: il 66,6% dei pazienti crede

che la partecipazione al programma influisca positivamente sul proprio stato di salute e il 51%

ritiene che abbia stabilizzato o migliorato lo stato di salute. Il 74,77% dei pazienti ritiene che avere

a disposizione un Centro Servizi sia di aiuto per la gestione della patologia cronica. Per quanto

riguarda l'aderenza del paziente al piano di cura, il 66% dei pazienti esegue tutte le prestazioni

previste e il 93% consegna al medico di base gli esiti.

Per i pazienti trattati nella sperimentazione si siano registrati minori ricoveri ospedalieri e un

minor numero di accessi al Pronto Soccorso.

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4 Applicazione del CCM nella Regione Emilia Romagna

Il Piano Sociale e Sanitario della Regione Emilia Romagna 2008/10 indicava già

chiaramente che per la gestione delle patologie croniche erano necessari percorsi integrati con

“l’obiettivo di garantire alle persone affette da patologie croniche, alle persone con disabilità gravi e

alle persone alla fine della vita, un percorso assistenziale integrato, attraverso lo sviluppo, la

qualificazione e la specializzazione della rete dei servizi, valorizzando e sostenendo il ruolo delle

famiglie e privilegiando quale sede di elezione il domicilio”.

Con il Piano Sociale e Sanitario 2013/14, il governo regionale spinge ancora di più verso il

coinvolgimento di tutti i professionisti sanitari e in particolare alla integrazione professionale.

Non solo integrazione ma anche:

• Approccio interdisciplinare ai problemi di salute sia acuti che cronici;

• Sviluppo di strumenti per il monitoraggio delle persone fragili la loro presa in carico;

• Gestione proattiva delle patologie croniche e della fragilità sanitaria;

• Focalizzazione sulle cure domiciliari con particolare riguardo all’assistenza ai malati

terminali (Rete delle Cure Palliative)

• Forte attenzione all’uso appropriato delle risorse;

• Coinvolgimento delle comunità nell’individuazione dei bisogni e delle priorità, attivando

momenti di confronto finalizzati allo sviluppo di empowerment individuale e di comunità

valorizzando e sostenendo il ruolo dei caregivers.

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A tal fine il modello “casa della salute”, con DGR n. 291/2010 “Indicazioni regionali per la

realizzazione e l’organizzazione funzionale delle Case della Salute, punto di riferimento certo per i

cittadini, alle quali rivolgersi per trovare una risposta ai propri problemi di salute”, viene

implementato e riconosciuto come sistema organizzato, integrato, proattivo che pone al centro

dell’intero sistema, il paziente, la famiglie ed i care-givers garantendo percorsi assistenziali che

sviluppano, qualificano e specializzano la rete dei servizi.

La casa della salute è la risposta strutturale, organizzativa e gestionale della Regione Emilia

Romagna per affrontare il tema della cronicità.

La scelta di realizzare la Casa della Salute nasce dall’idea forte che i cittadini possano avere

una struttura territoriale di riferimento alla quale rivolgersi in ogni momento della giornata, che

rappresenti una certezza concreta di risposta competente e adeguata ai diversi bisogni di salute e di

assistenza.

In una fase storica di crisi delle risorse la presenza di strutture di riferimento certe per i

cittadini equamente diffuse nel territorio regionale, che garantiscano l’accoglienza,la presa in carico

e la continuità dell’ assistenza, rappresenta l’ innovazione in grado di assicurare risposte adeguate e

di qualità alla cronicità e a tutte le forme di fragilità sociale e sanitaria, implementando nuovi

modelli di organizzazione dei servizi e dell’assistenza.

La casa della salute è il nodo di una rete integrata di servizi, con relazioni cliniche e

organizzative strutturate con gli altri nodi della rete (assistenza domiciliare, ospedaliera, salute

mentale).

Le relazioni organizzative tra i diversi setting assistenziali sono presidiate dall’infermiere

(care manager) che svolge questo ruolo per gruppi di assistiti omogenei selezionati per patologia o

per target di popolazione.

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I profili di cura definiti dai professionisti (le reti cliniche) sono agiti all’interno della rete

organizzativa (disease management e case management).

Le case della salute sono presidio del Distretto la cui gestione complessiva è affidata al

Dipartimento di Cure Primarie.

Come gli ospedali, anche queste strutture possono avere diversa complessità e oltre

all’attività di assistenza primaria erogata dal nucleo delle cure primarie (MMG, pediatra di base,

infermiere, ostetrica e assistente sociale), possono essere presenti i servizi consultoriali, il

poliambulatorio, il centro di salute mentale, i servizi di igiene pubblica, e i centri diurni e

residenziali per i diversi target di popolazione.

Sono state avviate dal 2012 ad oggi tre tipologie diverse di case della salute:

• casa della salute piccola, che oltre l’attività di assistenza primaria erogata dal nucleo

delle cure primarie: MMG, PLS, infermiere, ostetrica e assistente sociale,

• casa della salute media, possono essere presenti i servizi consultoriali, il

poliambulatorio,

• case della salute grande, in cui possono il centro di salute mentale, i servizi di igiene

pubblica, e i centri diurni e residenziali per i diversi target di popolazione (casa della

salute grande).

Alcuni aspetti essenziali delle case salute sono:

• accoglienza e orientamento ai servizi sanitari, sociosanitari e assistenziali

• erogare nell’ambito appropriato attività di assistenza primaria

• garantire assistenza sanitaria per problemi ambulatoriali urgenti

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• possibilità di completare i principali percorsi diagnostici che non necessitano di

ricorso all’ospedale -gestione delle patologie croniche, attraverso l’integrazione dell’assistenza

primaria coi servizi specialistici presenti.

• promuovere la salute e prevenire le malattie dei singoli e delle comunità

• favorire l’empowerment della persona, sana o malata, come singola, nucleo

familiare, gruppo di pazienti, comunità.

Dati del 2011, tratti da CONVEGNO INTER REGIONALE CARD NORD ITALIA,

contavano in tutta la Regione Emilia Romagna in progetto 102 case della salute di cui 42

funzionanti. In tutte le 42 case salute sono viene garantita:

• accoglienza, valutazione del bisogno, orientamento ai servizi

• continuità assistenziale per piccole urgenze ambulatoriali per tutta la popolazione

del nucleo di cure primarie

• gestione integrata delle patologie croniche.

Programmi attivi in 33 sedi (79%): prevalentemente diabete, patologie psichiatriche minori

e, in misura minore, scompenso cardiaco, BPCO, insufficienza renale cronica; • In 18 casi (43%)

sono presenti sistemi di monitoraggio attivo dei pazienti (sistemi di recall, follow up telefonico,

counselling infermieristico ambulatoriale e domiciliare case management per pazienti complessi).

In 24 casi (57%) integrazione con sanità pubblica per programmi di prevenzione classici , ma anche

per interventi mirati di educazione sanitaria su target di popolazione a rischio. In 29 casi (69%)

programmi di formazione integrata su specifiche patologie. In 4 casi (Parma, Ravenna, Ferrara,

Imola) buoni esempi di formazione trasversale sulla gestione integrata del paziente cronico,

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sull’approccio alla salute proprio della casa della salute e sugli aspetti organizzativi e operativi che

la caratterizzano.

In 34 casi (81% delle 42 sedi attive), è presente un ambulatorio infermieristico per attività

programmate: gestione pazienti stomizzati, medicazioni, terapie iniettive, con fascie orarie di

presenza molto ampie; In 24 casi (57%) viene erogata anche attività ad accesso diretto; La

registrazione delle attività è di norma informatizzata.

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5 Conclusioni

Il nostro sistema sanitario si trova davanti ad un'importante sfida: quella di ripensare la

propria modalità di offerta dei servizi, orientandola ai bisogni crescenti e alle nuove esigenze che

contraddistinguono le società cosiddette evolute.

La tendenza all'invecchiamento della popolazione, con il conseguente aumento delle

patologie croniche, richiede, infatti, un approccio programmato e coordinato, capace di intervenire

precocemente sul problema di salute e di incidere su tutti quei fattori non solo sanitari ai quali è

legato il domani di ogni malato cronico (ad esempio gli stili di vita: alimentazione, attività fisica,

fumo), applicare una medicina di iniziativa, ovvero una medicina che non aspetta il cittadino sulla

soglia, ma che sia capace di andargli incontro, raccogliendo la sua domanda di salute anche quando

inespressa e prima che evolva in un aggravamento o una complicanza.

Per fare questo è però necessario pensare ad un nuovo modello organizzativo, dimostratosi

efficace in altri paesi occidentali, il Chronic Care Model, ossia un sistema che si basa sul lavoro

integrato di diversi professionisti, MMG, Specialisti e Infermieri per primi, e sulla capacità del

paziente di intervenire sul proprio stato di salute.

Il lavoro integrato dei professionisti deve essere in grado di garantire un miglioramento della

qualità e della continuità delle cure mediante una più rigorosa programmazione dei controlli.

Una maggiore informazione e uno strutturato supporto educativo (individuale o di gruppo)

al cittadino/paziente ne aumenterà l'autonomia e la capacità di gestire, assieme al proprio medico, la

propria malattia.

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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

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Le diverse strategie regionali, anche se diverse sotto gli aspetti organizzativi, hanno

dimostrato di poter incidere sia aumentando la qualità dell’assistenza, il gradimento dell’utenza, una

riduzione dei ricoveri ospedalieri e di pronto soccorso.

Quella che è ancora da valutare, lo sarà in un prossimo futuro, la riduzione in termini di

spesa sanitaria.

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Bibliografia

La pianificazione delle Case della Salute nella Regione Emilia Romagna. Disponibile on line al

sito: http://www.saluter.it/documentazione/rapporti/case_della_salute_marzo2013.pdf (ultimo

accesso 14/05/2013)

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Scientifico Editore, 1999

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Toniolo F., Sanità e Regioni. Dalla riforma "bis" del 1992 al Nuovo patto per la salute 2006-

2008. Milano, F.Angeli, 2010

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