IIS Telesi@ - Controluce Giugno 2012

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L’ oro nero vale più della morale Attualità I tempi cambiano; La crisi resta Costume e società Scuola Il Telesi@ sforna campioni ! Poesia Sull’ orlo del tempo www.controluceblog.it Direttore Vice Direttore Grafico Matteo Di Donato Mario Liverini Luca Giamattei Maria Federica Viscardi Capo Redattore www.iistelese.it LE(G)ALI AL SUD Si conclude il Pon-progetto dell’ IIS Telesi@con la stesura di un decalogo civile, consultabile sul sito della scuola. Fondato nel 2008 da Gianclaudio Malgieri Speciale La fine è il mio inizio Pag. 24 Magazine Giuristi inediti esprimono al mondo le proprie idee

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L’ oro nero vale più della morale

Attualità

I tempi cambiano; La crisi resta

Costume e società Scuola

Il Telesi@ sforna campioni !

Poesia

Sull’ orlo del tempo

www.controluceblog.itDirettore Vice Direttore Grafico

Matteo Di Donato Mario Liverini Luca GiamatteiMaria Federica Viscardi

Capo Redattore

www.iistelese.it

LE(G)ALI AL SUDSi conclude il Pon-progetto dell’ IIS Telesi@con la stesura di un decalogo civile, consultabile sul sito della scuola.

Fondato nel 2008 da Gianclaudio Malgieri

Speciale La fine è il mio inizioPag. 24

Magazine

Giuristi inediti esprimono al mondo le proprie idee

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2 3 - Giugno 2012

SOMMARIOMagazinewww.iistelese.it

La dignità è più importante della vita .........................................................3AttualitàQuando l’oro nero vale più della morale ....................................................4Speculare sulle notizie è sbagliato, ma se si parla di cronaca nera ..........5

Costume e societàI tempi cambiano, la crisi resta ....................................................................6

CulturaLibro universo di emozioni sostituito da un click .....................................8

PoesiaSull’ orlo del tempo .......................................................................................8

GiovaniL’individualismo prepotente delle nuove generazioni ..............................9Quando la tecnologia diventa troppa .......................................................10Vorrei solo che le menti si aprissero di più ...............................................12

Scienze e BenessereFate l’amore non fatevi male! .....................................................................14E se comprassimo anche l’aria? ..................................................................15

PoliticaQuanti rimpiangono la lira? .......................................................................16

ScuolaIl Telesi@ sforna dei campioni ...................................................................17Telesi@ in azione! .........................................................................................18

SportIl grido di una città: conquistata la quarta Coppa Italia .........................19Raggiunto il trentesimo: a Torino si continua a sognare ........................19

Romanzi a PuntateTra la morte ed il cielo aperto (Cap 2) ......................................................20

SpecialeLa fine è il mio inizio ...................................................................................22

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3 3 - Giugno 2012

La dignità è più importante della vita

di Matteo Di Donato

Aveva 72 anni Pietro Paganelli. 72 anni suonati, ma lavorava ancora. Amava quello faceva, come amava sua moglie, i suoi 4 figli e i nu-merosi nipotini. Era un artigiano, orgoglioso del suo mestiere, senza peli sulla lingua. Tutto quello che guadagnava per sfamare la famiglia lo otteneva con il sudore della fronte. Poi c’era quella passione per il mare, per la pesca. Passava mattinate intere al largo, buttando le reti qua e là, nella speranza che le onde e il vento gli dessero una mano. E gliela davano, eccome. A volte tornava a casa da vero e proprio vinci-tore, con il sorriso che gli si stampava sulle labbra. Il mare non lo ave-va mai tradito. Aveva un’officina di riparazioni nautiche a Margellina e lì trascorreva gran parte del suo tempo. Lontano da casa. E per chissà quale futuro. Sognava una vita diversa, credeva di potercela fare. Poi qualcosa cambiò. Oggi Pietro Paganelli non c’è più. Si è sparato un colpo alla testa dopo aver ricevuto una cartella di Equitalia da 30mila euro. Non ha retto il colpo. Ha preferito andare al largo senza più tornare, affondare a picco nella paura di fallire. Ha lasciato una lettera vicino alle chiavi e al telefono: “La dignità è più importante della vita”.

Vincenzo di Tinco, di anni, ne aveva una sessantina. Sessanta appe-na compiuti, per la precisione. Era un commerciante di Ginosa, un comune di 25000 abitanti in provincia di Taranto. Taranto, Puglia, ancora Sud. Si è impiccato lo scorso 8 marzo perché si sentiva vessato dalla sua banca, che gli aveva rifiutato un prestito. Sul sedile della sua auto ha lasciato una lettera implorando aiuto alle istituzioni. Chie-deva garanzie per la sua famiglia, non un’indennità parlamentare. La paura l’ha vinto e gli ha fatto scacco matto. Non è riuscito a sopporta-re la vergogna. Non voleva/poteva affibbiarsi l’etichetta di fallito; i ri-morsi lo logoravano dalla mattina alla sera, gli trapanavano la mente, gli sfiancavano il pensiero. Aveva dato il massimo per niente. Niente, niente, niente. Una vita consacrata all’ansia di sbagliare. Costa fatica respirare. Soprattutto in questa società.

Sono solo esempi. Spaccati di vissuto che purtroppo rientrano nella quotidianità, frammenti di esistenze esasperate, crisi di nervi che vi-brano all’unisono. Potremmo fare tanti altri nomi. Sono gesti estremi che inducono a riflettere, diritti calpestati, aiuti negati, pregiudizi in-differenti che spingono all’emarginazione. È la cultura dell’individua-lismo o l’individualismo di prevaricazione: la ricerca incessante del proprio (essere) particolare. Ogni etica della solitudine implica la po-tenza e dimentica l’essenza della collettività, la solidarietà, il rispetto per chi porta identità diverse, la fraternità con gli uomini nel dolore. È la società che non salvaguarda il merito, il sacrificio, le difficoltà, la sicurezza inter-personale. Che invece di garantire, nega: e siamo tutti in cerca dei perché, in bilico tra le incertezze del domani, senza scogli sui cui arenare i nostri sogni. Invece di tendere la mano, la ritiriamo inconsapevolmente, oppure l’allunghiamo per colpire l’altra guancia. Siamo un noi subordinato al proprio io. Non conosciamo e difendia-mo che noi stessi, tappiamo le orecchie e chiudiamo gli occhi se si parla d’altro, se altro è quello che non riguarda noi. L’humanitas va via via scemando, con il senso della vita che si perde sullo sfondo: la sofferenza che dovrebbe unire, separa e ciò che massifica invece uni-sce, idolatria di modelli convenzionali che emergono conformando tutto. O sei dentro o sei fuori. Invece di sostenere, critichiamo, invece

di comprendere, discriminiamo, uccidendo chi non ha la forza e il coraggio di reagire. Ma tant’è. Bisogna fare qualche passo indietro, ritornare a rispolverare i va-lori del passato: l’umiltà, la filantropia, l’abnegazione di sé stes-si per la ri-nascita dei diritti naturali, il concetto di gratuità che trapassa qualsiasi vincolo o degenerazione egoista ed individuale. Mettere al centro gli uomini e non l’uomo. Confrontarsi, rispettar-si, guardare, guardarsi. Difendere chi è in difficoltà senza punirlo nell’orgoglio. Senza voltafaccia. Il nemico che diventa amico, la speranza di poter sempre contare su qualcuno. È così che si cam-bia Vita, con l’impegno civile e sociale, non con il successo incon-dizionato e amorale. L’etica non ha prezzo, i valori non possono essere venduti. Pietro e Vincenzo sarebbero riusciti ad affrontare quanto li attendeva, se soltanto avessero capito che non erano soli. Che insieme si poteva. Come una banale contrattazione, con un vero contratto sociale. Come una semplice pesca mattutina, con le onde, il vento, il mare. Il mare. Perché la dignità è il frutto stesso dalla vita.

“Due non è il doppio ma il contrario di uno, della sua solitudine”.

“Due è alleanza, filo doppio che non è spezzato”.

Erri De Luca , “Il Contrario di Uno”

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4 3 - Giugno 2012

Quando l’oro (nero) vale più della morale.

Sono ormai più di due anni che tutto il mondo arabo è interessato da una vera e propria rivolu-zione, nota anche come “Primavera araba”. Il 17 dicembre Mohamed Buoazizi si brucia in piazza per protestare contro il sequestro della sua mer-ce da parte della polizia. Dopo pochi giorni si forma un forte movimen-to di protesta comprendente perlopiù studenti e neolaureati, i quali manifestano per avere mag-giori libertà e poter far parte della vita politica del loro Paese. Nel giro di poco questo movimento riesce ad ottenere le dimissioni del Presidente Ben Ali, che decide di andare in esilio volontariamente. Dopo le proteste in Tunisia, gran parte dei gio-vani arabi scendono in piazza a manifestare contro i propri capi di Stato. I motivi che hanno portato molti giovani e non solo a manifestare sono stati più o meno gli stessi in tutti i Paesi: violazione dei diritti umani, aumento dei prezzi dei generi alimentari, corruzione e mancanza di libertà. Durante la prima fase delle rivoluzioni i social network hanno svolto un ruolo fondamentale, in quanto molte persone riuscivano ad organiz-zarsi per manifestare e ancora più importante hanno attirato l’opinione pubblica mondiale su ciò che stava avvenendo nei propri Paesi. I Paesi occidentali, dal canto loro, sono inter-venuti solo laddove c’erano interessi economici molto rilevanti come in Libia. Dopo l’inizio del-le proteste popolari le principali Nazioni euro-pee hanno sostenuto dal punto di vista militare gli insorti: all’inizio solo attraverso raid aerei contro le truppe di Gheddafi, e successivamente fornendo armi e munizioni ai ribelli. La guerra è costata solo all’Italia 200 milioni di euro, ma ad altre nazioni come Francia e Stati Uniti molto di più. Finita la guerra che tra l’altro

ha causato circa sessantamila vittime, le princi-pali compagnie petrolifere occidentali hanno iniziato a spartirsi i vari giacimenti e la parte più grande è toccata a multinazionali americane e francesi. In altri Stati arabi, intanto, stanno avvedendo repressioni ben più massicce di quella libica, ma nonostante ciò molte nazioni non stanno facendo le adeguate pressioni contro i presiden-ti di questi Stati, che ancora tentano con ogni mezzo di mantenere il potere su di essi. In Siria dall’inizio della rivoluzione si contano decine e decine di migliaia di vittime. Secondo i dati ufficiali, dall’inizio della rivolta sono morte ol-tre undicimila persone, ma secondo altri dati le vittime sarebbero molte di più, e il loro numero aumenta giorno dopo giorno. Il Presidente siriano Bashar Assad ha risposto alle proteste prima con dei violenti raid contro i rivoltosi, con uno stile molto “gheddaffiano”, e successivamente ha indetto elezioni politiche. Secondo le opposizioni, Assad ha indetto le ele-zioni solo per dare una parvenza democratica alla Siria, invitato i cittadini a non recarsi alle urne. La reazione internazionale contro il regime di Assad è stata, rispetto a quella contro la Libia, molto più blanda. All’Onu è stata presentata una risoluzione contro la Siria che, però, è stata respinta e nessuna Nazione ha fatto forti pres-sioni nei confronti del governo di Damasco. C’è da dire che la Siria non possiede rilevanti giacimenti petroliferi, e la sue risorse principali sono il turismo e l’agricoltura. Le principali po-tenze difficilmente spenderanno denaro per “ri-pristinare la pace”, in quanto difficilmente po-tranno avere il proprio tornaconto economico. Proprio mentre avvenivano i massacri a Dama-sco, nel piccolo Stato del Bahrein si correva il

terzo Gran Premio di Formula 1 dell’anno. L’at-mosfera che c’era, era surreale: all’interno del circuito le prove procedevano regolarmente, ma all’esterno c’erano numerosi scontri tra ma-nifestanti e la polizia. Durante tutto il week-end di gara due persone sono morte negli scontri e molte altre sono state ferite. Ora, voi direte, due persone sono un numero irrilevante; ma rapportato alla popolazione è elevato: è un po’ come se in Italia fossero morte 130-140 persone per una rivolta. Nonostante i morti, il GP si è svolto regolarmente, è nessun team si è espresso contro il regime di questo piccolo Stato. I piloti, dal canto loro, non sono stati da meno, e molti di loro hanno più volte ripetuto di occu-parsi della corsa e della loro monoposto e non di politica. Questi esempi dimostrano che i grandi interes-si economici a volte sono molto più importanti di quelli della popolazione. Per molte Nazioni occidentali vale ancora il principio “Do ut des”, di conseguenza il portare la democrazia o il ro-vesciare regimi dittatoriali da parte di qualcuno interessato solo alle risorse va sempre visto con un po’ di diffidenza. I grandi interessi economi-ci non conoscono ostacoli e non c’è protesta che possa mettersi contro di loro. Questi possono avere anche il retrogusto di mi-gliaia e migliaia di vittime. Molti di questi pos-sono avere l’orrido odore del sangue, ma non c’è da preoccuparsi, quello del petrolio non da fastidio a nessuno, se non a qualche ultra am-bientalista.

La “ primavera araba” e lo sviluppo anti-sostenibile dell’uomo

Di Francesco Artizzu

Attualità

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5 3 - Giugno 2012

Spengo il televisore. Oggi mi è sembrato tutto tranquillo, ma non si sa mai: la tempesta mediatica è sempre dietro l’angolo. Ogni volta che accade qualcosa d’importante, siamo abituati a vedere giornali-sti in trepida attesa che cercano di accaparrarsi la notizia migliore. Fin qui niente di male, perché lo spirito di competizione tra le testa-te dovrebbe spingere tutti a fare sempre di meglio affinché si possa battere la concorrenza. Il problema si ha quando s’inizia a speculare sulle notizie, e questo è una peculiarità tipica del giornalismo tele-visivo. Vanno molto di moda, in questi periodi, i cosiddetti “salotti televisivi”: trasmissioni che hanno lo scopo di informare il pubbli-co sugli avvenimenti quotidiani ma in modo più soggettivo rispet-to ai tradizionali notiziari. Ogni giorno, infatti, sono ospiti di questi programmi personaggi del mondo dello spettacolo e, a volte, anche esperti che commentano gli avvenimenti attraverso riflessioni per-sonali. Troppo spesso, però, capita che gli autori si facciano prendere un po’ la mano, e che le medesime notizie siano al centro di numero-sissimi dibattiti: evidenti tentativi di trarre da un evento il massimo profitto economico. Questa tendenza, già sbagliata a priori, si rivela addirittura scandalosa se si specula su casi di cronaca nera; eppure è avvenuto più e più volte. Dopo un delitto bisognerebbe informare il pubblico in modo molto delicato per non arrecare danno né ai fami-liari delle vittime, già duramente colpiti, né alle indagini che vanno condotte il più possibile lontano dalle telecamere. Capita invece che proprio i “salotti televisivi” seguano le indagini passo dopo passo, in modo morboso e irrispettoso nei confronti delle vittime. Il copione ormai è sempre lo stesso, cambia solo lo sfondo: ad un delitto seguo-no puntate e puntate di dibattiti e paragoni con i precedenti casi, fino a che l’attenzione del pubblico non si concentra su un’altro argomen-to e allora si ricomincia. Purtroppo questi programmi continuano ad avere share altissimi e ad essere seguiti dal grande pubblico. D’altron-de è proprio grazie al pubblico che i programmi televisivi esistono, quindi è principalmente colpa nostra se siamo costretti ad assistere a questi scempi giornalistici. Tutto sommato il pubblico ha dimostrato in più di un’occasione di essere altrettanto irrispettoso del dolore al-trui, organizzando delle vere e proprie gite turistiche per fotografare una nave in avaria o, peggio ancora, un garage nel quale si pensa sia stato commesso un omicidio. Il giornalismo, che dovrebbe essere il principale mezzo di informa-zione, rischia di diventare, in alcuni casi, solo un mezzo di guadagno economico. Mettendo in secondo piano l’informazione si va, quin-di, contro il principio fondante del giornalismo. Speriamo che l’er-rore venga capito e che il giornalismo televisivo possa riavvicinarsi a quello che deve essere il suo scopo principale, senza farsi condizio-nare troppo dal profitto economico che ha già rovinato molti aspetti della società. Riaccendo la tv nella speranza che sia ancora tutto tranquillo.

Quando l’informazione passa in secondo piano

Speculare sulle notizie è sbagliato, ma se si parla di cronaca nera...

No ai salotti televisivi e alle false strumentalizzazioni!

Di Giuseppe Viscusi

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6 3 - Giugno 2012

Incontriamo Guido, un ex carabiniere pensionato, Antonietta insegnante di educazione tecnica alla Scuola Secondaria di pri-mo grado, Alex giovane 20enne appena entrato in polizia e Antonella Sel-vaggio, studentessa del nostro Istituto.

• La vostra adolescenza è stata segnata da un evento molto deci-sivo: la II Guerra Mondiale. Demoralizzati e stremati da questa catastrofe, com’era il vostro sguardo verso il futuro?

Guido: non ti nascondo che dopo la Grande Guerra, quando or-mai l’Italia era scesa in picchiata verso il baratro profondo della crisi, un briciolo di sconforto e di sfiducia nella vita l’ho avuto. Sono, pertanto, dell’opinione che nella vita i rimpianti non por-tano mai ad un miglioramento della situazione. Ad un adole-scente a cui ormai avevano tolto ogni diritto alla felicità non restava che sperare, sperare nel tempo e in un futuro migliore. Mi sono rimboccato le maniche e ho iniziato a lavorare entran-do nei carabinieri. Non avevo molta scelta: se volevo portare il “pane a tavola” alla mia famiglia dovevo cogliere al volo la pri-ma opportunità di lavoro, e fare il carabiniere era una sicurezza lavorativa. Inoltre servire la MIA Patria era per me sia un onore, sia una gioia: significava contribuire ad aiutare il MIO popolo, la MIA terra a risollevarsi e riemergere dalle macerie della Guerra.

Antonietta: non riuscivo a capire perché una donna non poteva, all’epoca, essere al pari dell’uomo. Le mie speranze si concentra-vano molto sul conquistare più diritti e “sgomitare” per raggiun-gere il mondo del lavoro. Ero nel pieno dell’età dove si vive di sogni e la Guerra poteva avermi tolto tutto, ma non la libertà di sperare.

• Perché non hai trovato lavoro anche all’estero? Perché sei volu-to rimanere in Italia?

Guido: Non volevo e non mi pento della mia scelta. Lasceresti mai nel momento del bisogno la tua migliore amica? Io mi sono comportato da buon compagno di vita per la mia Patria, non l’ho lasciata sola. Antonietta: Dopo la Guerra non avevo così forti difficoltà eco-nomiche perché appartenevo a una classe di ceto medio-bor-ghese, ma se pur fossi incorsa in questa situazione, molto proba-bilmente avrei fatto di tutto per aiutare il mio Paese a rinascere restando in Italia a lavorare.

• Anche nel XI secolo si sta vivendo una crisi economica, pur se di diverso genere. Come vedi il futuro dei giovani oggi?

Guido: a essere sincero, tale crisi la paragonerei quasi a quella del dopoguerra. Troppi errori, manovre sbagliate e superficiali hanno generato questa situazione da cui è difficile emergere e il futuro dei giovani non lo vedo molto roseo se non si da un bello “scossone” al sistema amministrativo italiano. Il primo passo va fatto proprio da loro, i giovani, che non devono mai e poi mai avvilirsi, altrimenti è la fine.

Antonietta: la vedo ancora più nera del dopoguerra. A differenza dei giovani di una volta, oggi i ragazzi sono demotivati, hanno perso tutto quell’entusiasmo che dovrebbe indurli a costruire un proprio futuro; un po’ da parte loro e un po’ a causa della crisi. Se i ragazzi non si sbrigano a “svegliarsi” e lottare come si deve sarà difficile che la situazione migliori.

Confronto generazionale

I TEMPI CAMBIANO, LA CRISI RESTA

Intervista esclusiva ai rappresentanti di due epoche:tra ieri e oggi esiste davvero una differenza?

di Fabiola Masotta

Costume e Società

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7 3 - Giugno 2012

• Vuoi mandare un messaggio ai giovani per invogliarli a sperare nel futuro come hai fatto tu in passato?

Guido: Ragazzi non perdete la speranza e cogliete qualsiasi opportunità vi si presenti. Solo l’impegno e il tempo riusciranno a migliorare le cose. Lavorate oggi alla vostra felicità, per non avere rimpianti domani.

Antonietta: Auguro ai giovani d’oggi di trovare la spinta per lot-tare e per costruire il loro futuro. Ragazzi dovete credere in ciò che fate e guadagnare con l’orgoglio ciò che realmente volete, lo so è difficile, ma abbiate fiducia e tutto si risolverà.

… l’altra visione del Mondo…

• Crisi economica: ormai il progresso si è bloccato da un paio di anni e a subirne le spese sono soprattutto i giovani e gli anziani. Da adolescente, e futura forza lavorativa, cosa vedi nel tuo futu-ro?Antonella: Cosa vedo nel mio futuro? Beh a 16 anni è molto difficile prevedere un futuro però, come mi ha insegnato mio pa-dre, in un momento di crisi bisogna puntare alle attività riguar-danti i bisogni primari dell’uomo, quali l’alimentazione, la salute, l’abbigliamento. Credo che intraprenderò gli studi di medicina.

Alex: Ormai parlare di futuro felice è diventato quasi un pensie-ro utopico. Vedo molti sacrifici nel futuro di tutti i giovani che vorranno realizzarsi.

• Hai speranze nel governo Monti? Cosa rimproveri delle rifor-me attuate finora e quali invece appoggi?

Antonella: La politica delle tasse in un momento di recessione è il peggio che si potesse fare; notate che il governo Monti non ha scalfito la politica e le grandi imprese, ma ha messo al muro i lavoratori e soprattutto i giovani che hanno perso volontà di stu-diare e di lavorare. I giovani sono scoraggiati dalla corruzione, dall’allungamento dell’età lavorativa, vedono spostato sempre più in avanti il loro ingresso nel mondo del lavoro e quasi un’utopia il raggiungimento della loro pensione. Non ritengo che il gover-no Monti sia in grado di migliorare il paese in questo momento e credo che ci vorranno tanti anni per ritrovare l’unità sociale e la “stabilità” di una volta. Per rendere l’Italia un paese “normale”, alla pari degli altri Stati occidentali sarebbe necessario un cam-biamento radicale nel modo di pensare della gente e altrettanto radicale da parte della classe politica e dirigente.

Alex: Ora come ora ho fiducia solo in me stesso. Monti sta af-frontando la crisi in maniera molto drastica e i risultati sono sot-to gli occhi di tutti. Non voglio dargli colpe a parte per qualche riforma esagerata tipo quella sulle pensioni. Ma qualcosa è stato fatto anche se è ancora troppo poco per affrontare una crisi così grande. Appoggio il super bollo sulle auto di lusso, gli incentivi, seppure minimi, ai giovani che scelgono la strada dell’agricoltura e mi piace come sta combattendo l’evasione fiscale.

• Per cercare lavoro hai intenzione di rimanere in Italia o viag-giare all’estero? Perché?

Antonella: Ho intenzione di trasferirmi all’estero per il resto del-la mia vita, in primo luogo perché in Italia non vedo un futuro

roseo per me e per la famiglia che vorrò costruirmi, in secondo luogo perché credo che all’estero le persone laureate o comunque le persone che hanno deciso di studiare e di essere liberi profes-sionisti sono apprezzate di più. In questa direzione mi sto impe-gnando molto con lo studio della lingua inglese e credo che tutti dovrebbero farlo.

Alex: Io rimango. Se tu hai un problema a casa tua mica scappi e lo vai a risolvere altrove?! Io rimango perché amo questo Pa-ese e sono sicuro che prima o poi ritorneremo la grande Italia che siamo (o eravamo?!). Per il lavoro ho fatto una scelta, come ho detto prima: bisogna fare sacrifici. Scappare non è sempre la soluzione!

• Pensi che studiare sia importante nella vita?

Antonella: Studiare... Si credo sia sempre importante studiare nella vita, per crearsi una cultura personale ed essere in grado di elaborare un proprio pensiero. Soprattutto se consideriamo la globalizzazione e la crescente competizione nel mondo del lavo-ro, dobbiamo ritenere la cultura e la conoscenza fondamentali e indispensabili per potersi affermare. Sostengo che in Italia, pur-troppo, il sistema scolastico non sempre risulti adeguato. Trovo veramente imperdonabile il fatto che nelle scuole non si studi la lingua inglese al pari dell’italiano. La conoscenza di questa lin-gua straniera è, a mio giudizio, indispensabile per trovare lavoro, tanto all’estero quanto nel nostro Paese.

Alex: Lo studio è alla base di tutto.

• Grazie per la vostra collaborazione.

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8 3 - Giugno 2012

Non sperate di liberarvi dei libri !

Libro… universo di emozioni sostituito da un click.

di Maria Rosaria Lavorgna

Mai come in questi tempi si è temuta “l’ estinzione dei libri”. I temibili avversari che minacciano di soppiantare le pub-blicazioni cartacee sono gli e-books, che permettono di ac-quistare numerosi titoli a un prezzo minore e soprattutto a impatto zero. Questi moderni tablet, largamente diffusi tra i giovani, riscontrano però la diffidenza dei lettori adulti che, restii alle novità, si chiudono alla tecnologia.Ma può l’ e-book sostituire il libro? Umberto eco afferma di no. Egli sostiene che mai nel corso dei secoli un nuovo mez-zo di comunicazione ha sostituito totalmente il precedente. Avremo dunque una diarchia tra lettura su schermo e lettura su carta. La vera ragione per cui i libri avranno lunga vita è quella che abbiamo le prove che sopravvivono in ottime con-dizioni per molti anni, mentre non abbiamo alcuna prova della durata di un supporto elettronico. Inoltre a un libro si ci affeziona, sfogliandolo si provano emozioni, tutte sensa-zioni annullate dai tablet.Il contatto con uno schermo freddo non è affatto compara-bile con il lieve tocco della mano che volta la pagina, liscia flessuosa, profumata. La presenza stessa del libro ti rincuora: i libri discorrono con noi, ci consigliano e si legano a noi con una sorta di familiarità attiva e penetrante.Libri o e-books: l’importante è leggere! È questa la conclu-sione di mesi di dibattiti e polemiche.La pienezza della cultura si ottiene dalla lettura, e se non si legge per istruirsi, si legge per vivere. La lettura è il rifugio migliore nei momenti di solitudine e tristezza, come una buona amica ti conforta, ti distrae, ti conduce in un mondo perfetto in equilibrio tra te stesso e l’infinito.Non c’è miglior modo per viaggiare che sedersi in poltrona e leggere un buon libro: “forse non ci sono giorni della nostra adolescenza vissuti con altrettanta pienezza di quelli che ab-biamo creduto di trascorrere senza averli vissuti, quelli pas-sati in compagnia del libro prediletto”.

Ma l’importante è leggere!

8 Cultura e Poesia

SULL’ORLO DEL TEMPOVivo una favola eternaMi dondolo su sogni incantatiTentato da giochi di luceBarcollo tra le trame di fondoSospinto mollemente nel nullaSciolgo i nastri del casoCurvato da meticolosa folliaMi porto sull’orlo del tempoVado, deciso, ritornoCerco l’inspiegabile curaStrappo le pareti di rasoScorgo le chiavi della meravigliaDietro una semplice porta Trovo il modo di stare al mondoMi sento un equilibrista Che danza su un filo di setaIn cerca di un finale diversoIn un giorno qualunque con te.

Amedeo Votto

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9 3 - Giugno 2012Giovani

E’ da tempo che esamino gli sviluppi di questa nuova società. In essa si alternano, a mio avviso, generazioni sempre più insensate, e il divertimento di queste continue trasformazioni sta proprio nel constatare la consapevolezza della loro condizione. Sono molteplici, per non dire innumerevoli, i fattori che giustifi-cano la mia analisi, e si presentano perlopiù come vincoli invisi-bili alla maggior parte dei ragazzi.E’ piacevole notare come alcuni riescano a confutare la loro idiozia mentre cercano di celarla agli occhi altrui. Per fare degli esempi, quanti sono coloro che (fonte inesauribile di tutto ciò è Facebo-ok) fanno sfoggio di una vuota erudizione, citando frasi di grandi pensatori? E quante volte accade che queste loro conoscenze si rivelano vane e inconsistenti? Per non parlare poi di coloro i cui sproloqui vertono unicamente nelle più grette bestemmie; perché bestemmiare qualcosa di cui non si crede l’esistenza? Sono invece tentativi, irrazionali e malriusciti, di offendere i credenti.Una delle cose, però, che più ha istigato le mie riflessioni, è la fal-sità nei rapporti interpersonali. Sembra quasi che l’affetto sincero per un amico, come qualunque forma di affetto al di fuori della famiglia, siano decadute sotto l’influsso di una nuova vanità indi-viduale: i comportamenti di determinate persone non trapelano nulla di onesto, le loro azioni derivano da pensieri prettamente egoistici. D’altro canto, quando la benevolenza sembra affacciarsi esitante, è subito coperta da un perbenismo ipocrita, e le amicizie vanno e vengono. Ognuno cerca di apparire anticonformista, tanto che il conformi-smo è diventato l’anticonformismo stesso, e viceversa.I sentimenti sono succubi della futilità: in tempi come questi la mediocrità e l’ignoranza, oltre a completarsi l’un l’altra, sono pre-miate.Tutto questo vale per chi, leggendolo, si sente colpito. Sono il pri-mo a mettere in dubbio i miei comportamenti e il mio modo di essere; le mie parole sono rivolte a coloro che sanno di non farlo. Chi sinceramente non si identifica nei problemi affrontati, con-verrà con me su tutto; chi si riconosce in quanto detto sorvolerà senza preoccuparsi più di tanto.E’ piuttosto deludente appurare come, anche in seguito a prediche e ammonimenti educativi, le persone interessate ignorino la veri-tà dei fatti e si immedesimino in individui privi di difetti: come si preferisca il pettegolezzo rispetto a un buon libro, un falso sorriso al porre realmente la propria fiducia in qualcuno, immorali risate circa argomenti su cui si dovrebbe riflettere in silenzio e tacere ogni irrispettosa ingiuria.

Sai riconoscere i tuoi difetti?

L’individualismo prepotente delle nuove generazioni

Contro il perbenismo di massa c’è soltanto una soluzione: essere se stessi.

di Andrea Rotatore

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10 3 - Giugno 2012

Gli effetti dei media sui giovani

QUANDO LA TECNOLOGIA DIVENTA TROPPA

Bambini che trascorrono le loro giornate al pc o davanti alla tv: a lungo andare può essere pericoloso.

Nessuno può negare o minimizzare l’importanza dei media nel-la vita infantile e quindi nella formazione degli adolescenti. Ma quali sono gli effetti? In quale senso questi modificano attitudini e comportamenti?Innanzitutto è necessario prendere in considerazione le due con-seguenze principali dell’utilizzo della tecnologia e, più precisa-mente, dei contenuti che la tecnologia e i nuovi tipi di media pos-sono offrirci: l’immediatezza e la molteplicità.I contenuti sono oggi immediati, nel più completo e ampio senso della parola: ogni cosa è alla portata di un clic. Il che è sconcer-tante se paragonato ai metodi di ricerca di venti, o anche dieci anni fa. Questa impressionante velocità riduce i tempi, quindi i ragazzi sono spinti (teoricamente) a fare molte più cose, dato che impiegano meno tempo a farle. Nonostante ciò, la velocità por-ta all’atrofizzazione dei processi mnemonici, in quanto avere un particolare contenuto sempre a portata di mano riduce la volontà di ricordare quella cosa. Possiamo ricollegarci al pensiero Plato-nico riguardo ai libri, estremizzandolo alla tecnologia odierna: se una persona ha sempre a portata di mano un particolare con-tenuto non è spinta a ricordarlo, avendo la sicurezza di poterlo riprendere sempre. Potremmo però controbattere che i libri non hanno diminuito le capacità di memoria delle persone, ma anzi hanno contribuito a tramandare memorie di molte persone nel corso dei secoli.L’immediatezza dei contenuti porta anche ad una banalizzazione

del processo di ricerca, che in questo caso è totalmente estraneo al ragazzo. Analizzando i diversi casi, cosa è meglio? Una ricerca sui libri, che comporta il movimento fisico del ragazzo (da non sottovalutare), l’atto della ricerca reale e quindi l’inevitabile con-fronto con altre cose che non si stanno cercando, ma che amplia-no la cultura del ragazzo oppure un clic su Google e il risultato pronto?Uno studente preparato, del resto, deve sapere distinguere tra diverse fonti, quindi utilizzare capacità non trascurabili di se-lezione, lettura, confronto e infine scelta delle fonti più accurate. Ancora, l’immediatezza può essere estremamente nociva sull’a-spetto comportamentale dello studente, poiché può indurlo ad un’eccessiva impazienza verso qualsiasi cosa e, di conseguenza, ad una generalizzata insoddisfazione da parte della realtà (non perfetta, veloce e multipla come la rete). Un’insoddisfazione che, nei casi più gravi, porta il ragazzo a volersi isolare ancora di più dalla realtà, a non volersi confrontare con altre persone e con i si-stemi tradizionali di studio, nonché ad una voglia di abbandonare senza tentare abbastanza.Le nuove tecnologie hanno anche un ottimo punto di forza: la molteplicità dei contenuti. Si apre allo studente moderno, nonché ad ogni cittadino internet-munito, un mondo intero di conoscenza, un vero globo di in-formazioni diverse e interessanti. È sufficiente pigiare un bottone per spostarsi in epoche e luoghi diversi, creando una differente concezione dello spazio e del tempo.

di Mario Liverini

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11 3 - Giugno 2012

Una molteplicità eccessiva può però portare alla scelta di fonti scorrette, influenzate, modificate, alterate. Un’ottima risorsa può rivelarsi errata o incompleta, e magari lo studente non se ne rende neanche conto, affidandosi a contenuti sbagliati. Un’altra importante distinzione deve essere fatta tra i metodi di fruizione dell’informazione in generale: televisione, computer e consolle varie (per queste ultime parliamo di consolle video-ludi-che, esterne all’informazione classica). La televisione è sicuramente l’opzione meno consigliabile, in quan-to in primo luogo non permette una molteplicità sufficiente al ra-gazzo per comprendere un’informazione senza filtri e, in secondo luogo, lo rende completamente passivo e lo esclude persino dall’at-to della “ricerca” dell’informazione (non si può neanche scegliere cosa guardare: il telegiornale si concentra su particolari notizie e non ne dice altre che potrebbero risultare più interessanti); in ul-tima analisi è l’opzione che favorisce di meno il contatto con altre persone.Il dato sconcertante è che il 22% dei bambini trascorre più di quat-tro ore al giorno guardando la televisione. Non è meglio stimola-re l’intelligenza, la curiosità e l’ingegno con giochi come Lego o giochi da tavolo? Nel caso la tecnologia debba essere un must, i videogiochi sono sicuramente un’importante fonte di stimoli per un ragazzo, e circa il 60% dei bambini gioca abitualmente ai vide-ogames. Un utilizzo eccessivo di piattaforme video-ludiche porta sicuramente a una grave dipendenza, ma l’utilizzo consapevole e

coscienzioso può favorire il ragazzo, aiutandolo a prendere deci-sioni velocemente, considerando tutte le variabili in gioco (come nei giochi “sparatutto”, dove pochi secondi possono fare la diffe-renza nella vita del personaggio fittizio all’interno del gioco). Il computer è, infine, la macchina tecnologica che può maggior-mente aiutare gli adolescenti nella vita odierna, sopratutto per-ché implica un reale coinvolgimento della persona nelle attività compiute.Avendo analizzato il problema della diffusione della tecnologia tra gli adolescenti, possiamo comprendere che la tecnologia può essere un ottimo, reale e concreto aiuto nella vita di un adole-scente, e sicuramente questo sta modificando gli stili di vita dei ragazzi in un modo impressionante, anche se è impossibile pre-vederne gli esiti sul lungo periodo.

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12 3 - Giugno 2012

I giovani e la società

VORREI SOLO CHE LE MENTI SI APRISSERO DI PIU’

Un ragazzo omosessuale e la sua esperienza

“Sai, vorrei solo che le persone si abituassero a relazionarsi con ragazzi come me”. Con queste parole si è aperta una piacevolissima chiacchierata con un ragazzo molto simpatico e desideroso di esprimersi.

“C’è tanta ignoranza in giro, purtroppo. Colpa delle piccole realtà e dell’arretratezza sociale”. E non posso che darti ragione, d’altronde è proprio così. “Penso al mio futuro e mi vedo lontano da qui, in una grande città, dove ci sia più libertà di espressione, dove potrei vivere del tutto questa mia scelta di vita”.

Ti capisco, è difficile convivere con una società fondamentalmente non pronta a ricevere cambiamenti! Ma adesso, se permetti, vorrei cercare di capire le ragioni della tua scelta.

“Certo. Ero poco più che un ragazzino, mi avvicinavo all’adolescenza, quando per puro gioco, con un amico del mare, ho avuto il mio primo rapporto sessuale. All’inizio lo avevo preso come uno scherzo, poi ho cominciato a crederci davvero e man mano ho guardato i ragazzi del mio stesso sesso con occhi diversi, gli occhi dell’amore.”

Quindi, in un certo senso, lo hai capito molto tempo fa che il tuo orientamento era diverso dagli altri; e come ti sei reso conto che il sesso femminile non ti attraeva?

“Le donne mi affascinano: se vedo una bella ragazza le parlo, le do anche un bacio magari, ma non provo le stesse sen-sazioni di quando ho a fianco un uomo”.

Capisco. E i tuoi genitori come si sono rapportati con questa tua scelta? Hai provato a dir loro qualcosa?

“Ho provato a dire che avevo baciato un ragazzo. Mio padre l’ha presa molto male, arrivando a minacciarmi pesante-mente. Mia madre, più sensibile, ha avuto una reazione opposta: ha cercato, infatti, di parlarmi ma, poi, è scoppiata in lacrime ritenendomi colpevole delle minacce di mio padre, visto che fino ad all’ora era la persona più tranquilla di questo mondo.”

Vedo che la tua non è una situazione molto facile.

“Sì è vero, però ho sempre cercato di evitare la depressione ed essere felice. Sono molto lunatico e versatile, riesco ad ester-nare sentimenti positivi e sopprimere quelli negativi, sono un po’ come un attore!”.

di Chiara Armellino

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13 3 - Giugno 2012

VORREI SOLO CHE LE MENTI SI APRISSERO DI PIU’

Bene, sono contenta per te. “Grazie, sono riuscito a parlare con mia sorella della mia omosessualità e lei lo ha accettato in maniera naturalissima, com’è giusto che sia, com’è giusto che facciano tutti”.

Per tuo dispiacere posso solo dirti che analizzando le cose, questo Paese non è ancora pronto alla piena concezione di orientamenti sessuali diversi e credo che ne avremo ancora per molto.

“Purtroppo questo lo so anch’io e cercherò di farmi scivolare addosso la fastidiosa ignoranza delle persone che a volte infieriscono nei miei rapporti personali”.

Nonostante tutto, spero tu riesca a farti strada e a far valere la tua posizione, con un augurio speciale per il futuro!

“Grazie a voi e alla disponibilità per questa intervista, alla prossima. Con la speranza che qualcosa possa cambiare!”.

Il protagonista di questo articolo ha preferito l’anonimato per ragioni di privacy. Concludo dicendo che come lui, tanti ragazzi vivono quest’angoscia di non potersi esprimere completamente come vorrebbero. Siamo la ge-nerazione del futuro, siamo disposti a farci più in là per far posto ad altre idee?

Controluce ha incontrato 2 componenti della squadra, Davide Campa-gnano della VA scientifico e Francesca Acanfora della IIIA scientifico, che ci hanno raccontato la loro fantastica esperienza a Cesenatico.

Prima esperienza nazionale per l’IIS Telesi@, vi sareste mai aspettati un risultato simile?

Francesca: Non voglio nascondere che ogni volta che si partecipava alle provinciali si andava sempre un po’ disillusi, anche se la speranza era l’ul-tima a morire. Sfiorare la vittoria negli anni passati ci ha stimolato ancora di più; non ce l’aspettavamo, ma lo speravamo!

Davide : Essendo una squadra nata quest’anno con poca penso che un risultato del genere non l’avrebbe pronosticato nessuno.

Con che spirito siete arrivati a Cesenatico?

Francesca: Siamo arrivati a Cesenatico pieni di emozioni!!! Agitazione, speranza, felicità, paura... consapevoli che non saremmo stati primi ma certi che la matematica sarebbe stata ancora una volta motivo di diverti-mento.

Davide: Lo spirito era quello di lottare fino alla fine, impegnandoci insie-me e cercando di portare alto il nome dell’istituto, nonostante conosces-simo le difficoltà.

Cosa si prova a confrontarsi con così tanti ragazzi di città diverse?

Francesca: Vedere tutti quei ragazzi riuniti per la matematica è stato bel-lissimo, sembrava un concerto, emozionante! Confrontarsi con loro è stato molto positivo: abbiamo capito come condurre gli allenamenti dei prossimi anni, abbiamo scambiato del materiale, fatto nuove amicizie...

Davide : Il confronto è la cosa fondamentale affinché un ragazzo possa crescere. Dal confronto si capisce il livello della nostra conoscenza, si ca-pisce dove e come migliorarsi. In un’esperienza come quella che abbiamo avuto, il confronto ci ha fatto comprendere che c’è ancora molto lavoro da fare, ma allo stesso tempo è stato incoraggiante e stimolante.

Che ruolo gioca la calma in una competizione del genere?

Francesca: E’ importantissimo essere calmi!!! Pensa che per l’agitazione abbiamo sbagliato più volte il problema jolly! Ovviamente però nemme-no troppo calma è giusta!

Davide: La calma è fondamentale, in quanto senza si andrebbe subito nel panico, dato l’alto livello della gara.

Qual è stato il momento più emozionante di questa meravigliosa espe-rienza?

Francesca: Per me il momento più bello è stata la cerimonia di apertura della gara, quando il cronista ha salutato tutti e i ragazzi si sono scate-nati battendo le mani sui tavoli. Ci ha dato la carica, l’adrenalina. E poi, quando i ragazzi della Normale sono intervenuti per decretare la fine e impedire ai consegnatori di dare qualche risposta fuori tempo: sembrava una coreografia.

Davide: Quando ci siamo seduti intorno al tavolo, circondati da altre 30 squadre, con il pubblico sulle gradinate che faceva un tifo da stadio. Que-sto sicuramente è stato il momento più emozionante.

Grazie ragazzi per la disponibilità, alla prossima e in bocca al lupo per tutto quello che verrà!

Numeri e magia: intervista ai ragazzi che hanno partecipato alle fase nazionale delle Olimpiadi di Matematica.

Di Anna Nero.

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14 3 - Giugno 2012

Un’educazione tra pari

Di Maria Federica Viscardi

Diventa sempre più difficile, oggi, riuscire a comunicare. È vero, face-book, twitter, le semplici caselle di posta elettronica hanno facilitato la trasmissione di informazioni, internet fa da grande mediatore di notizie in tempo reale e Skype consente videochiamate istantanee dai due capi opposti del mondo.Eppure, in questo continuo circolo di chat, parole e immagini, quanto è rimasto della comunicazione, quella vera? Ben poco. Non è un caso che siano andate definendosi, giorno dopo giorno sempre più calcate, le differenze tra una classe e l’altra, come in una gerarchia: l’alunno nei confronti del professore, il figlio nei confronti del genitore, il paziente nei confronti del medico. Anche la confidenza sta venendo a mancare.L’insegnante non insegna più la vita, ma soltanto la sua materia; il genito-re non educa al mondo, ma si limita a trasmettere il necessario; il medico non dà più consigli, ma cura e basta.

FATE L’AMORE, NON FATEVI MALE!

L’esperimento della Peer Education tra gli studenti del Telesi@: essere informati non fa mai male!

Scienze e Benessere

E poi, inevitabilmente, si parla di giovani che vanno controcorrente, che sognano di lavorare all’estero e che “non hanno più i valori di un tempo”.Il vero male sta nella disinformazione: le radici della degenerazione che stiamo vivendo sono frutto di una disillusione che nasce dal timore, dal tabù, dall’imparità che è venuta a crearsi, nonostante i mille pretesti di “abbattere ogni barriera” di cui buona parte della società si fa precettrice.Quello che manca è un’educazione tra pari, un’occasione di confronto, dove chi sa mette a disposizione degli altri la propria conoscenza, invitan-do i propri interlocutori a dar vita ad un costruttvo dialogo.È proprio questo l’obiettivo della Peer Education, ultimo esperimento a lieto fine dell’IIS Telesi@, in collaborazione con l’Istituto Materno Infan-tile di San Salvatore Telesino.Il corso, che ha coinvolto un gruppo di studentesse al IV anno del Liceo Classico, ha voluto mettere in campo le competenze dei ragazzi per cam-biare il proprio modo di vivere, per “stare meglio nel proprio ambiente”. Unici requisiti richiesti: sane motivazioni, impegno, interesse alle relazio-ni con gli altri, capacità di lavorare in gruppo e tanta buona volontà!Dopo un primo periodo di reclutamento dei Peer, cioè di coloro che era-no effettivamente interessati al miglioramento del benessere proprio e altrui, curando la qualità dello stare bene insieme, si è cominciato a lavo-rare in squadra.Il primo incontro è stato interamente dedicato alla conoscenza degli altri: con il monitoraggio della Dott.ssa Carmen Festa, ogni Peer si è descritta e poco per volta ha preso confidenza con le sue colleghe; tutte assieme poi hanno riflettuto su possibili tematiche da affrontare.Dopo una dettagliata analisi delle possibilità, all’unanimità si è scelto di discutere di uno degli argomenti apparentemente più chiacchierati, ma in realtà complesso e spinoso: le malattie sessualmente trasmissibili. Gli adolescenti che non si sono mai accostati alla materia sentono il biso-gno di ricevere notizie attendibili da parte di chi ne sa di più.E allora ecco che il progetto prende vita nel suo aspetto pratico: informare un gruppo di persone valide e motivate che, poco alla volta, comuniche-ranno ai loro coetanei, esattamente “alla pari”, quello che hanno appreso, rendendo possibile il passaggio del testimone ad altri desiderosi di porta-re avanti quest’iniziativa.

E così, poco per volta, i tabù cominciano a crollare, gli argomenti più scottanti vengono affrontati con un equipe di esperti e la cattiva informa-zione viene allontanata e sostituita dalla consapevolezza.Una manciata di incontri sono stati sufficienti a tracciale le linee guida dell’iniziativa, che vedrà il suo competamento solo l’anno prossimo quan-do, finalmente, le Peer Educators del Telesi@ avranno la possibilità di di-vulgare il frutto del loro impegno. Sono previsti incontri con le future classi quarte e quinte, in un primo momento del Liceo Classico poi, a seconda della riuscita dell’esperimento, anche degli altri indirizzi.Insomma, sembra proprio che ci si stia mobilitando verso un’apertura mentale che garantisca a tutti la corretta (in)formazione.Ciò che deve far riflettere è il fatto che un progetto del genere sia stato condotto proprio nella scuola: sono i giovani che devono rivoluzionare quanto di sbagliato si è costruito in tanti anni e il successo della Peer Edu-cation è una prova tangibile dell’interesse adolescenziale. E allora non ci resta altro che augurare buon lavoro a Quelle della Peer, come loro stesse si definiscono, sperando che diventino una famiglia sempre più grande!

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15 3 - Giugno 2012

L’acqua è un bene comune da salvaguardare!

E SE COMPRASSIMO ANCHE L’ARIA?

di Angelica Ciaburri

A causa dello spasmodico consumo e dell’incessante produzione di beni ali-mentari di gran parte del mondo occidentale e delle insicurezze alimentari dei paesi sottosviluppati, il mondo dell’industria sembra avvicinarsi sempre più ad una condizione di stallo, non in grado di apportare alla futura po-polazione mondiale gli alimenti rispondenti al suo fabbisogno.Dal 10 al 13 Giugno 2002 si è svolto a Roma il vertice della Fao ( Agenzia delle Nazioni Unite per l’Alimentazione). L’incontro, a cui parteciparono 180 delegazioni statali, terminò con la stesura di un documento in cui si ricercavano i possi-bili rimedi per il grave problema della fame nel mondo, una piaga che tutt’o-ra affligge 800 milioni di persone, un essere umano su sette, provocando 24 morti al giorno, il 75% dei quali bambini al di sotto dei cinque anni.Il vertice della Fao del 2002, comprendendo i rischi che un modello alimentare di matrice industriale avrebbe potuto provocare al sistema dell’approvvigiona-mento del cibo, sottolineò l’importanza del diritto dei popoli all’autogestio-ne delle risorse, dal momento che i Paesi maggiormente afflitti dalla sotto-alimentazione sono costantemente costretti ad esportare la maggior parte dei generi alimentari prodotti dalla loro agricoltura. Inoltre il programma della Fao si propose l’obiettivo di dimezzare il numero delle persone afflitte dall’insicurezza alimentare entro il 2015, con sussidi e incentivi ammon-tanti alla modesta cifra di 24 milioni di dollari all’anno – cifra finora mai stata raggiunta, tanto è vero che le persone denutrite diminuiscono al rit-mo medio di 6 milioni all’anno contro i 22 previsti.Ciò nonostante, diverse nazioni considerante nel corso del Novecento sottosviluppate, negli ultimi anni, hanno adottato intelligenti politiche di produzione e fruizione delle ri-sorse alimentari in grado di incentivare l’economia e rispondere alle diverse esigenze dell’intera popolazione. Negli anni Sessanta l’India ha attuato una rivoluzione verde ( presa poi a modello da altri Paesi in via di sviluppo), ba-sata sulla coltivazione di cereali ad alto rendimento, sull’uso di fertilizzanti e concimi, su nuovi sistemi d’irrigazione; ciò ha consentito un aumento della produzione agricola e ha permesso di fronteggiare in parte la forte crescita della popolazione verificatasi nella seconda metà del secolo passato.Nel suo ultimo libro, “La fine del cibo”, Paul Roberts, eminente profes-sore di economia statunitense, denuncia e profetizza un destino che la condotta dell’industria alimentare sta contribuendo a rendere giorno dopo giorno sempre più reale: l’ampio divario che separa l’accesso e l’utilizzo dell’alimentazione dalle diverse fette della popolazione mon-diale testimonierà nel giro di qualche anno la fine della sua età dell’oro.Il professore Roberts osserva una piccola e al coltempo importante contraddizione che regola l’economia alimentare mondiale: seppure la produzione di cibo eccede quasi del 20% le necessità dell’intera popo-lazione mondiale, la circolazione del cibo non è garantita a tutti Pae-si. Milioni di persone, in particolare dei territori africani, non hanno la possibilità di accedere al patrimonio alimentare prodotto. Qualora

tali popolazioni sottosviluppate avessero la possibilità di accedere alle stesse ed identiche risorse alimentari consumate da gran parte del-le popolazioni occidentali, l’industria e l’agricoltura non sarebbero in grado di garantire in breve tempo a tutti il giusto fabbisogno.I terre-ni sui quali è possibile esercitare una produzione agricola di stampo industriale diminuiscono in continuazione e le epidemie alimentari dovute alla poca parsimonia con la quale il mercato regola i suoi pro-dotti si dileguano. Nel giro di qualche anno, seppure si trovasse un modo per far sì che le diverse regioni del mondo abbiano la possibilità di edificare infrastrutture e dinamiche economiche in grado di pro-durre e/o accedere allerisorse alimentari richieste, l’intero pianeta non sarebbe in grado di tenere testa alle domande nel tempo necessario.Le cause che hanno portato alla realtà nella quale viviamo sono mol-teplici, ma tutte confluiscono, secondo il professore Roberts, ad una distorta concezione del consumo alimentare. Si è ritenuto giusto pro-durre e immettere sul mercato generi alimentari di lavorazione invece di prodotti di pronto utilizzo derivanti dall’immediata agricoltura. Le miscele di materie, i generi alimentari di produzione industriale, così definiti da Paul Roberts, rispondono a chiare esigenze del mercato: sono facili da produrre perché si basano su modelli già configurati. I generi alimentari naturali, al contrario, richiedono una minuziosa manodopera e una continua sussistenza. Tra la quantità e la qualità del prodotto, l’industria alimentare ha deciso di abbracciare la quantità, così da ricavare il massimo al fronte di minime spese.D’altro canto, la cultura alimentare adottata da gran parte della popolazione mondiale ha favorito il dileguarsi di questo fenomeno. La compravendita di cibi di pronto utilizzo e l’adozione di un regime alimentare ferreo, com-posto dal susseguirsi degli stessi nutrimenti, hanno immobilizzato il sistema agro-alimentare del mondo favorendo il dileguarsi di malattie legate all’alimentazione.In virtù del destino che ci aspetta a braccia aperte, il professore Paul Roberts suggerisce una radicale trasforma-zione mentale circa il modo stesso di concepire l’alimentazione, com-posta da una maggiore selezione dei nutrimenti in base al rapporto che essi possono trasmettere alla nostra conformazione salutare e un attento esamine delle quantità dei prodotti da acquistare.

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16 3 - Giugno 2012

2012: esattamente dieci anni fa, il 1 Gennaio del 2002 l’Italia diede il benvenuto al nuovo anno che portava con sé un enorme speranza: l’Euro.L’Euro nacque nel 1999, inizialmente era solo un’unità di conto virtuale ma dopo appena tre anni ecco la svolta: diventa la nuova moneta per i dodici degli allora quindici Stati membri. Si salutarono le vecchie banconote, a partire dalla Lira (rimpianta da molti), al Franco e soprattutto al Marco tedesco, la moneta più salda su cui fu modellato l’Euro.Anche l’Italia aderì a questo cambiamento, per entrare nell’Europa che valeva, per aver un buon “punteggio” rispetto alle altre Nazioni. L’Italia quindi si trovò a dover realizzare dei cambiamenti importanti che provocarono sacrifici a politici e a cittadini tra cui l’imposizione di una tassa per la neo-moneta.All’inizio di questo anno l’euro è già in crisi, la situazione diventa insostenibile, giorno dopo giorno, e mentre la banca centrale europea è impegnata a difenderlo, l’Italia, come anche la Spagna e la Grecia, cerca di difendere se stessa.Nel dicembre del 2011, la Germania ha avuto l’appoggio

dall’Unione Europea per impegnarsi nel Fiscal Compact, come l’ha battezzato Mario Draghi - da novembre custode dell’Euro come presidente BCE - ovvero un impegno ad applicare le regole del patto di bilancio come se fosse stato modificato il Trattato. Modifiche che potrebbero essere riviste tra qualche tempo.L’Euro purtroppo ci delude, si era imposto come l’unico mezzo per riprenderci da una crisi profonda, sembrava poter superare il dollaro, o almeno affiancarsi ad esso, ma ha mostrato la sua sensibilità rispetto alla borsa americana. E mentre qualcuno pronostica il ritorno da parte di ogni Stato alla propria moneta, innanzitutto della Germania all’amato Marco, altri sperano ancora che questa situazione sia solo di passaggio.Tutto il mondo osserva Roma e osserva l’Euro per vedere se, con lo spread ancora alle stelle, riuscirà a mantenere le promesse.

Gli Stati che vacillano..e l’Euro ce la fa?!

Quanti sono coloro che rimpiangono la Lira?

di Gaia Lavorgna

Politica

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17 3 - Giugno 2012

“Il TelesI@ sforna campIonI”

di Lucrezia Burro

Antonio Cusano, studente della 2S3, indirizzo di studi Scientifico del nostro Istituto, le classifiche le guarda dall’alto. Nell’ultimo mese il suo nome circola tra i corridoi del nostro Liceo per via dei suoi ottimi risultati. Ha infatti partecipato alla fase finale della gara Matematica e Realtà organizzata dal dipartimento di Matematica e Informatica dell’Universtità degli Studi di Perugia e si è classificato secondo nella graduatoria nazionale delle Olimpiadi delle Scienze Naturali 2012. Nel prossimo autunno ci sarà per lui il miglior epilogo per un cammino già glorioso; dopo la fase d’istituto (ironia della sorte, non superata), le gare regionali e, infine, la seconda postazione in nazione, avrà la pos-sibilità di affrontare la fase internazionale a Buenos Aires. Il suo, come leggerete, è uno di quei casi in cui la fortuna è degna compagna delle imprese dell’uomo. Uomo che però, coglie l’occasione, accetta l’aiuto offertogli e lo integra con le proprie capacità. Dopo un inizio parados-salmente non ottimale (arrivato sesto, avrebbe sfiorato la possibilità di passare alla gara successiva), il seguito è stato più che perfetto. Fase dopo fase ha proceduto speditamente la scalata verso il successo, clas-sificandosi tra i primi posti sia in regione che in nazione. Segno di un destino meritatamente conquistato.Controluce non poteva che dedicare un’intervista a questo “punta” della scuola, che meglio non avrebbe potuto essere rappresentata.Quando è iniziata l’avventura, quanto credevi di arrivare fino a questo punto da uno a dieci?In realtà per qualche strano motivo non avevo neanche superato la fase di istituto, sarà stata la distrazione. Ma poi Alfonso Martone della 2S2 non è voluto andare, quindi l’ho sostituito io. Da quel momento ho deciso di impegnarmi a fondo. Quando mi hanno proposto di andare alle regionali ci credevo poco, quattro o cinque direi, perché pensavo fossero di livello più alto. Poi inaspettatamente sono arrivato primo. Una settimana prima delle nazionali non sono stato bene quindi mi sono messo a studiare e ho finito entrambi il libri scolastici (biologia e scienze della terra). Prima della prova ero molto teso. Dopo confron-tandomi con gli altri, ho notato che era andata relativamente bene, ma mi sono accorto anche di aver sbagliato una domanda per distrazione e già da subito ho cominciato a preoccuparmi.Che sensazione hai provato quando hai saputo che avresti avuto la possibilità di andare a Buenos Aires?Quando il prof ha cominciato a chiamare i vincitori e i quattro della squadra nazionale sul palco è stata la parte più emozionante: sapevo di essere andato bene ma non ero arrivato decimo, neanche ottavo, sesto nemmeno. Quando ha chiamato anche il quarto e il terzo ormai avevo perso le speranze e poi.... secondo classificato: Cusano Antonio del Te-lesi@. Non ci credevo , ricordo solo di essere salito sul palco e di essere stato contentissimo. Poi dopo controllando le classifiche ho constata-to che rispondendo correttamente anche a quella terza domanda che ho sbagliato per distrazione, un errore davvero sciocco, sarei arrivato primo in entrambe le classifiche ( quelle normali dove ho raggiunto il terzo posto e quelle per le IESO dove sono arrivato secondo). Ci sono rimasto malissimo e continuo tuttora a tormentarmi. Sinceramente ancora non credo che andrò a Buenos Aires.. e non ci penso quasi mai... arriverà il momento di cominciare a farlo.Che cosa credi ti abbia aiutato ad avere quella marcia in più rispetto agli altri? Oltre alla genetica, visto che sono portato per natura per le materie scientifiche (ho letto il libri di scienze come semplici rac-conti), penso che mi abbia aiutato molto la voglia di riscattarmi dopo

i pessimi risultati della fase di istituto e di dimostrare a tutti quanto valevo realmente.Quali sono i tuoi progetti futuri? Cosa hai intenzione di studiare dopo il liceo?Non ho ancora dei progetti futuri ben specifici, sicuramente continue-rò a studiare come ho sempre fatto e mi iscriverò all’università, certa-mente a una facoltà scientifica, ma sono ancora indeciso.Come ti stai preparando per affrontare le finali a Buenos Aires?Non ho ancora iniziato a studiare per le Internazionali. Comincerò quando si chiuderà la scuola: penso di leggere il libro scolastico di Scienze della Terra che mi hanno dato come premio; inoltre i primi dieci classificati nazionali hanno diritto a partecipare ad uno stage di una settimana all’Università di Camerino (nelle Marche).Cosa ti aspetti da quest’esperienza? Penso che in Argentina sarà mol-to dura ma, comunque vada, per me sarà lo stesso importante. Avrò modo di conoscere persone nuove, di andare in posti mai visitati pri-ma e, poi, chissà, potrebbe essere (e lo spero fortemente) il primo di una lunga serie di viaggi e vittorie personali.A giudicare dal suo impegno e dalla sua tenacia, siamo certi che gli si prospetta un futuro costellato di meravigliose soddisfazioni.

Scuola

Antonio CusAno: unA sCAlAtA verso il suCCesso

Prossima tappa: Buenos Aires

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18 3 - Giugno 2012

L’ultima curva prima del rettilineo.

Telesi@ in azione

“Trovandomi con un motore rotto e senza cellulare nel deserto, ho avuto il tempo di riflettere prima dell’arrivo dei soccorsi ed il mio primo pensiero è stato quel meraviglioso mondo del Telesi@!”

di Andrea Burro

Nella natura dell’uomo c’è da sempre la voglia di conoscere ciò che accadrà nel futuro. Gli uomini fanno tabelle, studiano grafici e inventano formule per cercare di conoscere sempre di più, senza però capire che non sanno molto, perché se lo avessero compreso realmente avrebbero smesso di cercare di afferrare qualcosa di inaf-ferrabile. C’è chi siede per ore davanti a palle di vetro, a televisori di ultima generazione, a computer, a tablet, cercando di prevedere anche soltanto quello che potrebbe accadere un secondo dopo e quando finalmente ci arriva è troppo tardi, perché il futuro cambia continuamente: un secondo ed è presente, due secondi ed è passa-to. Proprio mentre sto scrivendo stanno avvenendo fatti che avrei voluto scrivere e quando tu lettore leggerai questo articolo saran-no successe parecchie cose dal momento in cui io ho consegnato quello che tu ora stai leggendo. Non voglio perciò soffermarmi sul futuro, bensì sul passato, o meglio sul passato recente del nostro istituto e ancora più precisamente sull’ultimo anno scolastico. Se guardo avanti l’estate è sempre più vicina, però se mi fermo un attimo e mi giro indietro rivedo tante cose: personalmente l’anno scolastico 2011/2012 è stato diverso da tutti gli altri, perché sono entrato nel mondo dei “grandi”, dei liceali! Ho visto gli “atleti” del Telesi@ trionfare ad Olimpiadi che non hanno nulla da invidiare a quelle che si terranno in quel di Londra questa estate. Ho visto trionfare il nostro istituto a pallavolo; ho visto la squadra di mate-matica esaltarsi, disperarsi, pregare, sperare e infine volare a Ce-senatico; ciò che per i giovani matematici rappresenta più o meno la finale di Coppa Italia per i calciatori. Il risultato che hanno con-seguito è irrilevante (e a me al momento ignoto) perché resta co-munque una grandissima vittoria per il nostro liceo. Ho visto clas-si decollare, mangiando dolci catalani o vedendo le meraviglie di Berlino, Madrid e Barcellona o guardando il dolore racchiuso nel-le pietre di Auschwitz. Ho visto note sul registro, alunni in ritardo, alunni in anticipo, corridoi vuoti e corridoi pieni, ho visto ragazzi uscire a ricreazione soltanto per vedere la loro dolce metà, li ho visti andare a Mak TT, li ho visti andare a Torino, Padova, in In-ghilterra, a Riccione e in tante nuove colonie del Telesi@. Ho preso parte a Pon, mi sono scoperto matematico, scienziato e perché no,

anche giornalista! Ho visto ragazzi protestare e scioperare, ne ho visti altri andare a scuola e poi li ho visti tutti insieme nel cortile. Ho visto ragazzi esultare per un voto di un compito come Tardelli nei mondiali del 1982 e altri che dicevano la frase più ripetuta da tutto il liceo “oggi manca la prof ”. Ho visto come una partita di calcio poteva cambiare l’umore di alcuni alunni il lunedì mattina e li ho visti vendicarsi battendo a calcetto altre classi. Ho visto tra-pezi, formule, rombi, quadrati e cerchi bianchi, viola, verdi e blu e ho visto mani alzate e teste abbassate sui banchi. Ho visto film, video e laboratori. Ho conosciuto la nostra preside, ho visto una penna che scorreva sul registro incutere più terrore del peggior dei film horror, ho visto ragazzi guadagnare tempo durante le interro-gazioni aspettando il suono di quella campanella che non arrivava mai e altre volte arrivava troppo presto; ho votato i rappresentanti d’Istituto e della Consulta, ho incontrato nuovi amici, alcuni di loro li ho anche votati come rappresentanti di classe e li ho visti condurre assemblee e partecipare a quelle d’Istituto. Ho visto pro-fessori arrabbiati e altre volte li ho visti scherzare con gli alunni, perché la scuola non deve essere una lotta tra docente e discente, bensì un viaggio in una macchina da rally: l’alunno deve guidare, l’insegnante deve guidarlo! Insomma, alla fine ho “semplicemen-te” visto il Telesi@! Adesso se guardo avanti l’estate è sempre più vicina, però se mi fermo un attimo e mi giro indietro rivedo circa 250 giorni, 700 parole, 8 mesi e 345 pagine di diario!

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19 3 - Giugno 2012

IL GRIDO DI UNA CITTA’: CONQUISTATA LA QUARTA COPPA ITALIA

di Francesco Artizzu

20 maggio. Il Napoli vince la sua quarta Coppa Italia, che mancava alla squa-dra da ben ventidue anni. La vittoria è giunta dopo una difficile partita con-tro la Juventus, terminata con il risultato di 2 a 0. I goal sono stati firmati da Cavani su calcio di rigore, e da Hamsik. Sono stati grandissimi i festeggia-menti. La partita è iniziata con il ricordo delle vittime del terremoto dell’E-milia Romagna, e di Melissa Satta, morta nell’attento alla scuola di Brindisi. Successivamente è stato cantato l’inno nazionale, sotto una marea di fischi provenienti da entrambe le tifoserie. Durante tutto il primo tempo le due squadre hanno espresso un buon gioco, segnato da diverse occasioni da goal soprattutto per la Juventus. Nel secondo tempo le due squadre hanno dato il meglio. A seguito di un’azione offensiva, Lavezzi viene buttato a terra dal portiere della Juventus Marco Storari. Per l’arbitro Brighi di Cesena non ci sono dubbi: calcio di rigore più cartellino giallo allo stesso Storari per gioco pericoloso. Sul dischetto si precipita Edinson Cavani che, con un tiro poten-te, batte Storari. Poco dopo Alex Del Piero viene sostituito. Per l’attaccante si conclude una storia iniziata nel lontano 1993, costernata da sei scudetti, una Champions League, una Coppa intercontinentale, una Coppa Italia e tre Supercoppe Italiane. Verso lo scadere Pandev lancia ad Hamsik un assist

perfetto, che il giocatore slovacco trasforma facilmente in goal. Fischiato il novantesimo, esplode la festa. Lo stadio Olimpico di Roma diventa un tripu-dio bianco azzurro. Lavezzi, (alla sua ultima partita con il Napoli?), scoppia in lacrime, e tutta la squadra inizia ad esultare. Successivamente inizia la pre-miazione ufficiale, ed un altro Cannavaro, questa volta Paolo, solleva un’im-portantissima coppa al cielo. Sono attimi di gioia per tutti i tifosi napoletani, che da ventidue anni attendevano questo momento. L’allenatore del Napoli Walter Mazzari ha così dichiarato a caldo: “Sono felicissimo, sembrava im-pensabile battere la Juventus in questa stagione. Da tre anni il nostro inno lo cantano tutti e ora l’abbiamo ricantato noi. Tutta la squadra ha fatto qualcosa di straordinario in questo triennio. Questo è un gruppo eccezionale che va premiato e osannato in blocco. Ho un contratto fino al 2013 e intendo rispet-tarlo. Godiamoci questo momento poi ci sarà tempo di pensare ad altro” Ventidue anni fa erano i tempi di Giordano, Maradona ,Gerel-la, Renica e Bagni , e grazie a loro il Napoli fu la prima squadra del sud a vincere uno Scudetto ,una Coppa Italia ed una Coppa UEFA. Chi sa che questo non sia un buon inizio.

Primo trofeo dell’era De Laurentiis.

Sport

Il Napoli ritorna a vincere dopo Maradona.

“Alla Juve vincere non è importante … è l’unica cosa che conta!”- Giampiero Boniperti lo ha affermato con tale sicurezza che tutti ci hanno creduto e la Juventus non si è mai smentita, non ha mai deluso nessuno. E’ una squadra nata per vincere, per far sognare chiunque la segua. Con tanta grinta e de-terminazione, di vittorie ne ha raggiunte davvero tante, posizionandosi tra i club calcistici più titolati al mondo. Anche i record battuti non sono stati pochi e uno molto importante è all’orizzonte, in quanto la squadra è imbat-tuta dal maggio del 2011 in tutte le competizioni disputate: l’unica in Europa. L’abbiamo vista crescere, l’abbiamo vista scoprire dei nuovi talenti, l’abbiamo vista cadere e ci siamo impegnati per farla rialzare, i migliori campioni della storia del calcio mondiale sono passati per la Juventus e ne hanno tutti un bellissimo ricordo. Eh già! Perché a Torino si sta proprio bene. L’8 settembre del 2011 è stato inaugurato il primo stadio italiano di proprietà di un club: Juventus Stadium. “Welcome Home” era lo slogan della cerimonia di aper-tura, e così è stato! Una vera e propria “casa” per tutti i tifosi e i calciatori, un luogo di ritrovo, di appuntamento, con le vittorie ovviamente. Ed è proprio la sera dell’8 che Del Piero urlò: “tante emozioni vi regaleremo in questo

nuovo stadio e tante vittorie arriveranno”. Il 6 maggio 2012, infatti, a Trieste, nello stadio Nereo Rocco, Conte schiera il 3-5-2 come schema d’attacco con-tro il Cagliari. Momenti di grande tensione, siamo quasi alla fine, penultima giornata di Campionato. Contemporaneamente a questa partita, si gioca il derby della Madonnina a San Siro. Alla Juve basta fare l’ultimo sforzo per proclamarsi Campione d’Italia con una giornata d’anticipo. Mirko Vucinic, con una splendida rete al 5’, e la furia di Milito che stava annientando i Mi-lanisti, ci stavano facendo sognare sempre più quel triangolino tricolore. 48’ minuto, l’arbitro fischia la fine: la Juventus batte il Cagliari 2-0, il Milan esce a testa bassa da San Siro battuta 4-2 dall’Inter. La Vecchia Signora è matema-ticamente Campione d’Italia, lasciando ai rossoneri l’amaro in bocca e con-cedendogli un secondo posto che sa di rivincita. Partono i festeggiamenti, in campo e a Torino, i tifosi si riversano nelle strade per festeggiare. Champa-gne e lacrime scorrono a fiumi in questa notte bianconera. I capisaldi della Juventus (Buffon, Del Piero, Marchisio, Chiellini) regalano ai giornalisti pa-role confuse ed emozionate. Sono di nuovo Campioni dopo 6 anni di attesa. E’ arrivato, il trentesimo, ovviamente?!

La Juventus è di nuovo sul tetto d’Italia!

di Chiara Armellino

RAGGIUNTO IL TRENTESIMO: A TORINO SI CONTINUA A SOGNARE

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20 3 - Giugno 2012

Romanzi a puntate

TRA LA MORTE E IL CIELO APERTOCAPITOLO 2

di Ciro Alessio Formisano

Le urla e gli strepitii della stanza accanto divennero tanto insop-portabili da rendere necessaria un’azione risolutiva.Lo specchio dal quale era intento a supervisionare il perimetro del bagno non faceva altro che concedere geometrie distorte, troppo improbabili per risultare corrette e appartenenti al territorio della realtà. Malcom decise allora di darsi una sciacquata alla faccia, speranzoso di ottenere mediante questo quotidiano rito l’assoluto controllo di ciò che sicuramente lo avrebbe atteso dall’altra parte. Si asciugò in fretta e furia, mentre il lavandino continuava a goc-ciolare, descrivendo ritmicamente nel lavabo un suono simile a quello prodotto dal tamburellio delle dita su un tavolo di legno.Riacquistata la padronanza di sé, ritornò nell’ambiente dal quale era fuggito, imbattendosi in una situazione alquanto degenera-ta; tra il disordine generale che regnava ovunque puntasse i suoi occhi trovò, nel pieno sfoggio della sua statuaria altezza, la pri-ma delle due giovani fanciulle in piedi sul letto, sbraitante, con i capelli che le cascavano spettinati tra i seni. La scena sarebbe apparsa pressoché ridicola e priva di interesse qualora l’altra gio-vane fanciulla - quella che fino a quel momento non aveva dato ai presenti motivi di dubitare sulla sua salute mentale - non stesse tentando di sedare la pazzia dell’amica trattenendole una gamba con fare seducente e malizioso. Malcom abbandonò momentaneamente la sua intenzione di ri-solvere la vicenda una volta per tutte, si ritagliò un momento di svago. Preferì rinviare i futuri eventi a tempo debito: il presente non aveva ancora terminato il suo corso.<< Il suffit maintenant! Je n’en peux plus! Vous le comprenez? Qu’est-ce que vous voulez? Ma mère avait raison, ma mère avait raison!>>Hurley, dal canto suo, tentò come potette di essere padrone della situazione: come un torero accortosi della superiorità fisica dell’a-nimale che ha di fronte, si limitò a sventolare il cuscino avanti e indietro, a destra e sinistra, nella speranza che quei movimenti potessero, chissà per quale logica, ammaestrare l’indomabile fille scatenata. Le sue tempie erano divenute in un batter d’occhio ma-dide di sudore per lo sforzo col quale si prodigava da una parte a difendersi e dall’altra ad attaccare. Gli risultava ancora difficile concepire in che modo le donne fossero in grado di sprigionare un simile impeto; gli parve addirittura impossibile reagire o per-lomeno sottrarsi alla tensione necessaria a parare i colpi dell’av-versaria. Lo sventolare cuscini si rivelò una strategia precaria: i

risultati che ottenne non furono altro che calci e pugni.A quel punto Malcom batté le mani, convinto che i fatti non aves-sero ormai più ragioni di rimanere stazionari. In appena quattro repentini passi, avanzò dalla soglia del bagno a quella del letto, afferrò con le braccia la ragazza e la depose sul pavimento, sottra-endola alle avvolgenti mani dell’altra. Lei si alzò, e per tutta risposta gli diede uno schiaffo talmente po-tente, di quelli a cinque dita, che avrebbe vinto qualsiasi competi-zione della categoria - ammesso che ne esistano di gare di schiaffi, ma chi può dirlo.

Eppure Malcom si sarebbe aspettato una conclusione molto più serena per quella vicenda.Tutto era iniziato la sera precedente, quando, girovagando per le vie parigine, Hurley ebbe l’inaspettata idea di consumare in di-scoteca ciò che restava del loro tempo. Dico inaspettata perché chiunque fosse rimasto nella stessa stanza con Hurley per poco più di minuto, lo avrebbe di certo classificato come un bravo ra-gazzo, di quelli casa e chiesa, o comunque non un tipo da disco-teca. D’altronde entrambe le ipotesi si sarebbero rivelate corrette: Hurley era un assiduo frequentatore dell’azione cattolica, la sua presenza era costante in tutte le iniziative della sua parrocchia; e inoltre, a memoria d’uomo, non aveva mai mostrato una certa simpatia nei confronti dei luoghi di intrattenimento giovanile: li considerava dei ritrovi nei quali le persone frustrate e insoddisfat-te consumavano la propria esistenza.<<Vogliamo andare in discoteca?>> aveva chiesto, con tono na-turale, guardando dritto negli occhi Malcom e sorseggiando un caffè che sembrava interminabile mentre il vicolo iniziava a gron-dare di turisti.<<Ch ... che? Cos’è successo?>> rispose sbalordito Malcom, de-stando lo sguardo dal suo interlocutore per rivolgerlo altrove, for-se alle scarpe dei passanti.Una bimba si fermò di fronte alla vetrina di un negozio d’antiqua-riato costringendo la madre che le teneva la mano a retrocedere di un passo. Puntò il dito in un punto, indicando un vecchio gram-mofono degli anni ‘30, contrassegnato da una targhetta arancione che ne segnava il prezzo: 12.000€. <<Un, deux, zéro, zèro, zéro... Qu’est-ce que c’est, maman?>><<C’est un phonographe, il sert pour écouter de la musique>>La bimba rivolse nuovamente lo sguardo alla vetrina, studiando

Romanzi a Puntate

Giada Stallone ©

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21 3 - Giugno 2012

con occhi pieni di stupore la struttura dell’oggetto che aveva su-scitato la sua curiosità. Le sembrava un grosso comodino, di quel-li che aveva in casa nella stanza di mamma e papà. Strinse per un attimo la mano della madre, come per sollecitarla di un qualcosa, e riprese a camminare. <<E non mi parlare di oroscopo, questa è una sorpresa che non poteva essere prevista da nessuna configurazione cosmologi-ca...>><<No, dico,>> ribatté Hurley, in posizione di difesa <<ci rimane poco tempo prima di partire, meno di ventiquattr’ore, e since-ramente non ne posso più di visite ai musei, giri per i quartieri, negozi di souvenir e bevute di caffè nei Café. Mi sembra di stare a casa. Lì almeno ho il computer...>>Malcom non dava mai retta al suo cervello, di lui non si fidava. Ma delle sue orecchie sì, eccome. Ciò che Hurley aveva pronun-ciato era una precisa richiesta, quella di trascorrere la serata in discoteca. Un’occasione da cogliere al volo. S’era rotto anche lui di stare a Parigi con il dito in bocca.Un gruppo di turisti spagnoli si soffermò ad assistere all’esibizio-ne di un giocoliere dalla pelle olivastra, le cui fiaccole volteggianti stavano lì per lì per spegnersi.Il giorno si apprestava a dare il cambio alla notte. Gli ultimi ba-gliori del tramonto filtravano compatti ovunque, risaltando il rossore sulle gote dei bambini che, rapiti dal continuo volteggio nel quale era impegnato l’artista di strada, si facevano gocciolare incautamente la crema di ormai sciolti gelati sulle scarpe. Il buio iniziò a coprire le strade di un manto bluastro, costringendo i tu-risti a munire le proprie macchine fotografiche di flash; le pareti e le vetrine dei negozi furono tempestati da un susseguirsi di lampi in attesa che l’amministrazione pubblica decidesse il momento di accendere i lampioni, ambasciatori del crepuscolo e registi alla fotografia di infinite cartoline.<<Bene, Hurley, bene. E’ così che si ragiona, è così che si vive! Ca-volo, dico, ci troviamo a Parigi, dopo tutto una misera discoteca la dovremmo pur trovare! Ce ne saranno a centinaia...>> Ormai non connetteva più, il suo sguardo si perse a contemplare i possi-bili frutti di quella serata. Hurley se ne accorse, conosceva fin troppo bene quel mattacchio-ne, e diminuì la posta in gioco. <<A noi una ce ne basta. Modesta, tranquilla, dove si possa stare in santa pace>>.<<Santa...oh, dimenticavo il tuo background culturale tutto cro-cifissi, vangeli e canti gregoriani>> <<Gospel, canto il gospel>> lo corresse, non risentito dalle affer-mazioni dell’amico.<<Sì, James Brown, non dimentichiamo il gospel>>rispose Mal-com con tono sarcastico, di chi la sa troppo lunga per dilungarsi su certe cazzate << Non ascoltare ciò che ti dicono, la discoteca è il luogo più sicuro al mondo. Pensaci, se centinaia e centinaia di persone sono disposte a trascorrere ore e ore nello stesso luogo, pieno di odore di alcolici, sudore e quant’altro, ballando in con-tinuazione senza nesso o ragione, ci sarà un motivo, no? Cioè, voglio dire ...>> Si interruppe, accortosi di non poter argomenta-re quanto e come avrebbe voluto l’affermazione “la discoteca è il luogo più sicuro del mondo”.Decise di puntare dunque sull’ovvio: << E poi le ragazze, Hurley, le ragazze! I loro movimenti così seducenti, così particolarmente studiati davanti allo specchio del proprio bagno. Già me le imma-gino, nella loro casa, davanti il lavandino, a sfoggiare il loro cam-pionario di sorrisi ammiccanti e bacetti ...>> Si bloccò di colpo,

stava per avere un’erezione.Ad Hurley le parole di Malcom sembrarono alquanto ridicole. Fu sul punto di pentirsi di aver azzardato la proposta di andare in discoteca. Chi avrebbe potuto in seguito non biasimarlo.<<Va bene, va bene, non c’era bisogno che mi ragguardassi sulla tua affezione alle discoteche. La conosco già, ora pensiamo a tro-varne una dove passare una bella serata. Chiedo solo questo, in fondo>>A questo punto Malcom chiuse gli occhi, intento ad assaporare un pensiero, forse un ricordo. Altre volte Hurley aveva visto il suo amico perso in un simile stato e sapeva, in cuor suo, che non preannunciava nulla di buono. Fortunatamente furono interrotti dalla venuta di un cameriere; alto e con un paio di lunghi baffi all’insù, elegante nel modo con cui fece slalom tra i tavolini e le sedie per raggiungerli e chiederli: <<Est-ce que vous désirez d’autre, messieurs?>><<Eh? No ... no, merci >><< Je vous conseille d’essayer notre nouvelle spécialité, café au ro-marin>> propose integerrimo l’impeccabile serviente.<<Ok, oui >>Malcom rimase in trans per una decina di secondi intento a mas-saggiarsi una guancia sulla quale era stampato il palmo di un’esile mano. La ragazza la cui insania sembrava dovesse essere abbat-tuta per mezzo delle forze armate raccolse da terra i suoi vestiti, incitando con un indecifrabile gesto la compagna distesa sul letto a fare altrettanto. Nel giro di un paio di minuti si vestirono, si av-viarono all’uscita e sbattettero la porta. Chiusura del sipario.<<Si sono solo dimenticate queste>> prese a dire Hurley, pescan-do dalle lenzuola un bel paio di mutande nere targate D&G.Malcom le strappò dalle sue mani. Le odorò: <<Samantha!>><<Cosa?>><<Samantha...la ragazza, quella lì,>> disse non resistendo all’i-stinto di toccarsi compulsivamente la guancia lesa <<si chiamava Samantha>><<E l’altra?>>Ci pensò su: <<Chi cavolo se lo ricorda...!>>

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22 3 - Giugno 2012

Arrivederci, Telesi@!

La fine è il mio inizio

L’esperienza liceale come punto zero della costruzione della propria personalità

di Alessia Carrino

Speciale

È difficile scegliere cosa scrivere in quello che molto probabilmente sarà il mio ultimo articolo per Controluce. Potrei dire tanto, annoiarvi con sentimentalismi e smancerie che non interessano a nessuno, op-pure potrei limitarmi a dire quell’essenziale che magari può restare im-presso a qualcuno che, come me, ha riposto tante speranze in questi anni. Credetemi, è strano sapere che tra un paio di settimane non avrò più il pensiero di ricominciare un nuovo anno scolastico a Settembre, nuovi litigi per i posti in classe, un nuovo anno da passare con i miei com-pagni, un nuovo anno di interrogazioni e compiti in classe, un nuovo anno di insegnamenti morali (e non solo didattici!) da parte dei prof. Quando sono arrivata al liceo questo momento sembrava così lontano e così breve il tempo per costruire qualcosa di concreto. E, in effet-ti, cinque anni sono pochi per acquisire delle certezze alla nostra età, troppi i cambiamenti a cui andiamo incontro, troppe le novità che ci sconvolgono. Tuttavia, durante questo percorso abbiamo l’opportunità di imparare tanto, di conoscere il passato, di capire come gira il mondo e di sperare in un futuro migliore di quello che la realtà attuale ci pro-spetta. Il liceo è la nostra culla di incubazione, dove siamo ancora pro-tetti, ma iniziamo a costruire davvero ciò che vogliamo essere, a fare delle scelte che ci porteranno chissà dove, a capire l’importanza dell’er-rore e quella della soddisfazione personale. Sono anni a cui è difficile dare una definizione generale, perché ogni giorno è un’esperienza a sé, diversa per tutti. Per me l’importante è sempre stato vivere la scuola come momento di formazione totale, stare in classe e partecipare alla vita scolastica con le persone che il caso ha voluto mettermi vicino, ascoltare e imparare come migliorarmi. Se si pensa solo allo studio la scuola diventa una gabbia, cinque ore di noia, ansia, torture di vario genere in cui un’interrogazione può mandarti al patibolo. Beh la scuola non è solo questo. Lo studio conta, certo, e forse lo si capisce troppo tardi, conta soprattutto per se stessi. Quella solita frase fatta che ci vie-ne detta dai prof - “studiate per voi, non per gli altri”- ha un senso, non solo come sprone a studiare per avere bei voti o per acquisire delle co-noscenze, ma per trovare delle soddisfazioni che ci rendano più forti, più responsabili, più consapevoli delle nostre capacità. E mi sento for-tunata perché in questo percorso ho incontrato professori che, magari senza neppure saperlo, mi hanno insegnato tanto, sono stati come dei secondi genitori, hanno conquistato la mia attenzione e la mia stima con la loro disponibilità, la loro umanità, la passione che mettono nel loro lavoro e la fiducia che hanno riposto nelle capacità degli alunni che si sono trovati di fronte. A loro devo non solo le conoscenze che ho oggi (che con un po’ di volontà in più avrebbero potuto essere anche maggiori), ma soprattutto la determinazione, la buona fede, la passio-ne, l’umanità, i valori in cui mi hanno aiutato a credere anche quando

la realtà non sembrava consentirlo. A questo si affianca tutto un altro aspetto della scuola, ovvero le ami-cizie che vengono a crearsi nel corso degli anni, anni in cui si capisce davvero quanto sia difficile mantenere una coesione, dei rapporti veri e duraturi e quanto questi, allo stesso tempo, siano importanti non tanto all’interno della scuola, quanto all’esterno. Sono i compagni a riempire le nostre mattine, a condividerne con noi gli aspetti positivi e negativi. E sicuramente cinque anni non bastano per conoscere a fondo le per-sone che ci troviamo vicino, forse non basteranno tutti gli anni a venire per dimenticare ognuno di loro, forse non riusciremo mai a superare il distacco, semplicemente porteremo con noi dei ricordi. La fine del liceo non dovrebbe significare la fine dei rapporti, anzi la scuola do-vrebbe essere il punto di partenza per il loro accrescersi. Non posso non essere un minimo sentimentale su questo argomento perché è inevitabile pensare ai miei compagni ed è soprattutto a loro che mi rivolgo, è per loro che sto scrivendo, anche se questo mi costerà commenti poco graditi, anche se mi prenderanno per la solita esagera-ta. E proprio per non esserlo, mi limito a dire GRAZIE, nonostante tut-to, per quello che abbiamo vissuto in questi cinque anni, bello o brutto che sia stato. Vi devo tanto e non mi importa se non vi interessa che sia tutto finito, io vi porto con me, che lo vogliate o no. Mi mancherete. Ci sarebbero tante cose da dire, ma voi che avete ancora qualche anno da passare al Telesi@ avrete modo di sperimentarle da soli. Per me questa esperienza finisce qui, ma in realtà è solo un nuovo inizio che mi si prospetta davanti, un nuovo inizio dove mi porto tutto ciò che ho imparato e tutte le persone che ho incontrato. Vi posso solo consigliare di godervi al massimo questi anni, di appassionarvi anche a ciò che vi viene imposto, cercando un po’ di voi stessi in un brano di letteratura, di filosofia o in un concetto matematico per renderli meno pesanti di quello che sembrano. Il segreto è appassionarsi, al mondo che vi cir-conda e a voi stessi. In bocca al lupo a tutti!

“Perché non esistono scorciatoie a nulla: non certo alla salute, non alla felicità o alla saggezza. Niente di tutto questo può essere istantaneo. Ognuno deve cercare a modo suo, ognuno deve fare il proprio cammino, perché uno stesso posto può significare cose diverse a seconda di chi lo visita.”

Tiziano Terzani

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23 3 - Giugno 2012

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