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IIIlll tttuuuooo pppaaasssssseee pppaaarrrtttooouuuttt pppeeerrr lllaaa vvviiitttaaa 1 Come uscire dal conflitto e raggiungere

l’equilibrio

A cura di Pasquale Foglia http://astrologiascientifica.piuchepuoi.it

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111))) IIInnntttrrroooddduuuzzziiiooonnneee 222))) SSSooonnnooo gggllliii eeellleeettttttrrrooonnniii aaa fffaaarrrccciii iiinnnnnnaaammmooorrraaarrreee Fisica e Psiche si incontrano nell’Amore (Prima Parte) 333))) SSSooonnnooo gggllliii eeellleeettttttrrrooonnniii aaa fffaaarrrccciii sssoooffffffrrriiirrreee Fisica e Psiche si incontrano nell’Amore (Seconda Parte)

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777))) EEE ooorrraaa rrreeeaaallliiizzzzzzaaa iii tttuuuoooiii sssooogggnnniii Il dramma della prima volta e la strategia dei piccoli passi

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999))) LLLaaa tttuuuaaa mmmiiinnniiieeerrraaa dddiii dddiiiaaammmaaannntttiii Il vero obiettivo non è il traguardo in sé, ma la scoperta del proprio valore

Questo Manuale fa parte della grandissima biblioteca di Manuali Gratuiti del Network Più Che Puoi, il Circuito Positivo più Grande del Web ed è stato realizzato da:

Pasquale Foglia

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PPPrrreeefffaaazzziiiooonnneee (A cura di Italo Pentimalli) Conosco Pasquale Foglia da ormai abbastanza tempo per potermi permettere di parlarvi di lui con una certa sicurezza. Sono rimasto enormemente colpito dalla sua indomabile volontà di scoprire cosa c’è dentro, sempre più dentro, ancora più dentro, di conoscere cosa c’è dietro ai nostri comportamenti, dietro ai nostri modi di fare, di pensare, dietro ai nostri modi di agire e relazionarci al mondo che ci circonda. Sono rimasto colpito dal suo continuo correggere e aggiornare i suoi articoli, alla ricerca di una perfezione che, in realtà, non esiste e che anzi lui stesso allontana da quelli che possono essere ideali umani. L’uscita dal conflitto e la conquista dell’equilibrio è davvero il miglior regalo che possiamo farci, capace di portarci lontano, fino a raggiungere quell’utopica idea di felicità che, in questo modo, diventa invece molto più reale. Pasquale Foglia ci accompagna lungo questo viaggio con esemplare maestria. Vi invito a leggere con attenzione i capitoli che seguiranno, mettendo da parte per un attimo le vostre valutazioni e conservandole per la fine della lettura. Sono il risultato di 30 anni di studi, di riflessioni e, soprattutto, 30 anni di passione.

Italo Pentimalli http://www.piuchepuoi.it

Capitolo 1

IIInnntttrrroooddduuuzzziiiooonnneee

Cari lettori, sono infinitamente grato al fondatore di PiuChePuoi, Italo Pentimalli, che mi ha lanciato in questa straordinaria avventura insieme a voi. La cosa forse più sorprendente che ho scoperto attraverso i miei articoli e che tu troverai in questo e-book è la legge dell'equilibrio o dell'alternanza la quale ne rappresenta il filo conduttore che ha per scopo la crescita morale, l’uscita dal conflitto e la conquista dell’equilibrio attraverso l’integrazione della positività e della negatività che sono in ciascuno di noi. Infatti, la ricerca della positività ad oltranza rappresenta un eccesso da condannare né più e né meno della cultura della sofferenza e del pensiero negativo. Non c’è scampo alla legge dell’alternanza: fatti furbo, caro lettore, non ti attaccare troppo, impara ad essere distaccato se vuoi restare sereno! Impara a ridertela, a cogliere l’attimo fuggente! Vivi qui, vivi ora, vivi il presente anche se è così evanescente. Soltanto riducendo l’attaccamento alle cose materiali e anteponendo l’amore per te stesso, incondizionato, e per i tuoi cari, riuscirai ad eliminare i dubbi e le paure che ti rendono scialbo e insignificante. Ciò ti consentirà di diventare quello che hai sempre sognato di essere: una persona motivata, piena di entusiasmo, di vitalità, di simpatia e di allegria, ossia una persona carismatica.

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Il segreto dell’entusiasmo e della vitalità però non sta nell’avere un grande sogno da realizzare, ma si ricava più soddisfazione dalla lotta per raggiungere un grande obbiettivo che nel conseguimento della meta stessa. Il vero obiettivo che dobbiamo perseguire, perciò, non è tanto la ricerca del traguardo in sé, quanto la scoperta del proprio valore e della propria identità attraverso il superamento delle prove che la vita ci impone, per raggiungere come un redivivo Odisseo la maturità e l'equilibrio.

Il grande sogno inconsapevole che accomuna e rende uguali gli esseri umani è quello di ritrovare il paradiso dal quale ci sentiamo scacciati, recuperare la divinità intrauterina attraverso il lungo viaggio della vita più o meno sofferto, senza mai riuscirci completamente.

Pertanto, è preferibile vivere la nostra vita come una commedia imperfetta, ma appagante e armoniosa, amandoci e approvandoci nonostante le nostre debolezze e i nostri limiti. E proprio grazie a una mentalità flessibile e tollerante saremo in grado di comprendere, perdonare ed aiutare chi è rimasto impigliato nel conflitto, nel rancore o nella tragedia, anziché ergerci a giudici!

Ti devi convincere, caro lettore, che la felicità permanente è un miraggio stressante e assurdo. Non sarà la ricerca dell'eccellenza a farci raggiungere la felicità! Devi sapere che non soltanto tu, ma anche coloro che hanno scritto e scrivono libri di grande successo sul pensiero positivo, anche i formatori e i coach che ci insegnano tante cose meravigliose e tanti trucchi indispensabili per cavarcela nella vita, hanno le loro giornate storte e s'incazzano quando le cose non vanno per il verso giusto. Noi non possiamo nascondere la nostra negatività, anche se dobbiamo fare di tutto per far prevalere la positività: la ricerca dell'equilibrio tra questi due poli opposti è ciò che io intendo trasmetterti di tutto cuore con questo e-book.

Per soffrire il meno possibile e godere la vita il più possibile è necessario imparare ad essere flessibili e tolleranti. Per diventare flessibile e tollerante devi imparare ad amarti anche quando le cose vanno male e tu non riesci a realizzare le tue aspettative. Accettarsi, approvarsi e amarsi: ecco il segreto delle tre AAA che ti consentiranno di raggiungere la serenità! Amarsi, approvarsi e accettarsi rappresenta il segreto per uscire rapidamente da una crisi e per incorrervi il meno possibile.

Pasquale Foglia

A mia moglie Annamaria che con pazienza proverbiale mi sopporta da circa 38 anni,

e ha fatto di me una persona saggia, flessibile e tollerante,

donandomi amore ed altruismo.

A cura di Pasquale Foglia

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4 Capitolo 2

SSSooonnnooo gggllliii eeellleeettttttrrrooonnniii aaa fffaaarrrccciii iiinnnnnnaaammmooorrraaarrreee “Fisica e Psiche si incontrano nell’amore” (Prima Parte)

Premessa

Gli elettroni ci fanno innamorare? Assolutamente si: vediamo come, quando e perché. Questo articolo dimostra in maniera pratica e semplice che materia e psiche hanno una matrice comune. Non ho mai avuto l’intenzione di scrivere un breve saggio sulla seduzione, quindi non intendo indottrinare i maschi a danno delle femmine o le femmine a danno dei maschi. Il mio vero grande unico obiettivo è stato quello di parlare degli elettroni, di cui sono da tempo immensamente affascinato, e di parlarne possibilmente in maniera originale ed avvincente servendomi del sentimento più magico e agognato, e allo stesso tempo

doloroso e frustante: l’amore, l’istinto più importante e più ambivalente dell’uomo.

1. L’ambivalenza cosmica

Ogni processo vitale e non vitale richiede l’intervento elettrochimico degli elettroni. La forza della natura sta nell’energia degli elettroni. Le orbite descritte dai pianeti intorno al Sole richiamano il moto degli elettroni intorno al nucleo dell’atomo. Il sistema solare è una giostra perfettamente congegnata in cui il movimento di ogni pianeta è sincronizzato con quello di tutti gli altri. È indubitabile, perciò, che i pianeti interagiscano tra di loro nell’intricato equilibrio gravitazionale della sfera celeste, e pertanto la Terra e i suoi abitanti subiscono un’influenza cosmica considerevole. L’uomo è una piccola cellula del cosmo e obbedisce alle sue leggi.

L’ambivalenza dei sentimenti umani sembra essere una conseguenza della dualità del cosmo, la cui manifestazione più nota è il continuo alternarsi dei pianeti tra due punti estremi: l’afelio e il perielio (1). L’ambivalenza umana, nel vissuto quotidiano, è causata dal conflitto che intercorre tra il cervello rettile, che sovrintende agli istinti di base o di sopravvivenza, e la corteccia cerebrale che presiede al processo evolutivo-etico-sociale dell’umanità. Vi sono, infatti, sentimenti istintuali e irrazionali come la collera, la gelosia, l’invidia, la vendetta, l’odio e la malvagità capaci di spazzare via in un attimo ogni capacità di giudizio. L’uomo comune spesse volte ‘ragiona’ soltanto dopo avere sbagliato (leggi anche: dopo essersi ‘raffreddato’). Ma vi sono anche sentimenti nobili e razionali come l’altruismo, la solidarietà, l’abnegazione e l’amore universale che riscattano l’umanità dalle proprie bassezze.

Come ben sappiamo, in ogni persona esistono tutte le coppie di opposti: amore e odio, bene e male, egoismo e altruismo, razionalità e irrazionalità, passionalità e freddezza, ecc. C’è chi sviluppa rigidamente l’autodisciplina e crede fermamente nel libero arbitrio, e chi invece ne resta quasi totalmente privo e si affida all’ineluttabilità del destino: fra i due estremi c’è la grande massa di persone ‘ambivalenti’. Ogni cosa ha sempre due facce, e potremmo anche dire un lato piacevole e uno spiacevole. Soltanto con una buona dose di flessibilità possiamo sfuggire all’ambivalenza dei nostri sentimenti o emozioni, ed evitare lo strapotere di un polo sull’altro con tutte le sofferenze che ne derivano.

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La flessibilità si pratica ascoltando con il massimo rispetto il proprio interlocutore, nella consapevolezza che immedesimandosi nell’altro, non si perde affatto la propria identità, ma al contrario, si crea un’empatia tale che annulla l’ambivalenza individuale e rende soddisfatte entrambe le parti.

2. Le reazioni di ossido-riduzione

La cosa più sorprendente è che l’ambivalenza cosmica si manifesta ovunque, persino nelle reazioni chimiche! Quando due sostanze chimiche vengono a contatto tra loro, vanno soggette ad un processo detto di ossidoriduzione in cui una sostanza si ossida cedendo elettroni e l’altra si riduce acquistandoli. L’ossidazione rappresenta una perdita di elettroni e di energia; invece la riduzione è un acquisto di elettroni e di energia. L’ossidazione è un processo molto comune in natura: la respirazione, per esempio, grazie alla quale le sostanze nutritive, ricche di energia, sono trasformate in acqua e anidride carbonica con sviluppo di calore, è appunto un processo ossidativo. La fotosintesi invece, grazie alla quale l’energia elettromagnetica del sole viene trasformata in materia ed immagazzinata come energia chimica nei tessuti delle piante, è un processo di riduzione. Le ossidazioni avvengono attraverso l’azione di coenzimi detti anche trasportatori di elettroni, i quali (coenzimi) vengono ridotti, ossia assumono gli elettroni carichi di energia provenienti dalla rottura dei legami chimici (2).

Tutte le reazioni biologiche che avvengono nel nostro organismo sono reazioni di ossidoriduzione e consistono nel passaggio di elettroni, quindi di energia o corrente elettrica, da una molecola ad un’altra. L’energia di cui il nostro organismo si serve è sempre quella del sole, la quale viene trasformata in energia chimico-fisica (molecole-alimenti) dalle piante. Possiamo dedurre a questo punto che l’uomo è ambivalente dal punto di vista psicologico proprio perché lo è dal punto di vista fisiologico. È ormai noto che ogni emozione o sentimento corrisponde ad un determinato recettore chimico. Ovviamente i processi di ossido-riduzione sono complessi in quanto nei neuroni avviene la produzione di neurotrasmettitori (quelli adrenalinici, prodotti dal sistema nervoso simpatico, provocano stress e tensione, mentre quelli noradrenalinici, prodotti dal sistema nervoso parasimpatico, generano distensione ed eliminano il dolore).

Dunque, la forza della natura sta nell’energia degli elettroni. Un raggio di luce non è altro che un movimento incessante di elettroni che si spostano da un’orbita all’altra con perdita di energia. Il calore proveniente da una fiamma o da una stufa è provocato dai raggi infrarossi e quindi da elettroni che si spostano velocemente da un’orbita all’altra.

3. Il consumo di energie dell’organismo

L’organismo umano, formato da un insieme di organi, dal punto di vista energetico può essere considerato un complesso di resistenze elettriche, le quali, per il loro funzionamento, richiedono un continuo apporto di energia sotto forma di alimenti. Noi consumiamo energie non soltanto quando facciamo attività fisica, ma anche e soprattutto quando pensiamo e quando ci emozioniamo. Le emozioni negative (paura, ansia, collera, invidia, indecisione, arrabbiature e dispiaceri in genere) provocano un fortissimo dispendio energetico. In generale, tutta la nostra vita dipende dalle emozioni, sia positive che negative. Le emozioni sono strettamente collegate ai pensieri, anzi sono una conseguenza dei pensieri. I pensieri disfattisti e/o di natura ossessiva ci fanno sentire stanchi perché prosciugano tutte le riserve energetiche dell’organismo.

Il sonno consente il recupero delle forze grazie al rallentamento del metabolismo, ma soprattutto perché il pensiero si arresta, benché la vita emotiva continui nei sogni. Gli stessi vantaggi del sonno si ottengono più o meno con la meditazione.

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Con la meditazione si mira a fissare il pensiero, che non si annulla mai, sul cosiddetto mantra che assorbe pochissime energie. Come spiega Giulio Cesare Giacobbe: «Recitando un mantra, tu sposti la carica ossessiva (dei pensieri N.d.A.) su un oggetto neutro, che non ti genera alcuna tensione, e quindi le togli il rifornimento di energia» (3).

Per quanto possa apparire incredibile, noi probabilmente consumiamo più calorie per pensare che per lavorare! Infatti, quando lavoriamo per lo più siamo rilassati e respiriamo bene, mentre quando pensiamo (e quando siamo eccitati) la respirazione diventa superficiale e la combustione dei glucidi è incompleta. Il che spiega perché chi dorme molto ingrassa facilmente, mentre chi dorme poco è magro. Probabilmente la difficoltà della cura dell’anoressia sta proprio nei pensieri ossessivi e nel fatto che si dorme poco o niente. Per recuperare rapidamente le proprie energie bisogna smettere di pensare, bisogna fare il buio nel cervello, occorre interrompere la corrente (elettrica) dei pensieri. Purtroppo, i pensieri battono sempre sugli stessi tasti: i desideri che non riusciamo a realizzare, le preoccupazioni che non ci lasciano mai in pace e le offese ricevute che non si dimenticano mai. Ecco perché una bella vacanza in un posto nuovo, ed anche una semplice gita fuori città e il fare shopping, sono rilassanti: ci distraggono assopendo i pensieri tristi. Anche guardare la televisione o assistere ad uno spettacolo, tanto più se comico o non impegnativo, sono svaghi piacevoli perché non siamo costretti a pensare. Soprattutto la fatica fisica, come per esempio il lavoro nei campi e la corsa (a piedi o con la bicicletta), sopprimono i pensieri tristi in quanto sia perché si resta concentrati sullo sforzo, sia perché il cervello produce endorfine. In genere, è l’intellettuale che va soggetto all’esaurimento nervoso, non il contadino. La fatica vera per noi e per il nostro cervello comincia quando dobbiamo imparare qualcosa di nuovo, ma soprattutto quando pensiamo perché nella maggior parte dei casi non si tratta mai di pensieri gioiosi.

4. La forza di attrazione

Due persone che si cercano con gli occhi instaurando il noto fenomeno emotivo di attrazione-repulsione, attivano un processo energetico. Le forze di attrazione-repulsione sono forze elettriche. In realtà, tutto ciò che avviene nel nostro organismo ha natura elettrica. L’occhio trasforma la luce in segnali elettrici, i quali attraverso il nervo ottico raggiungono il cervello e qui vengono decodificati (interpretati) come oggetti tridimensionali. L’orecchio converte i suoni in segnali elettrici che raggiungono il cervello attraverso il nervo acustico e qui vengono decodificati come voce, rumore, musica, canzoni, ecc. Analogamente la pelle invia segnali elettrici (tattili) al cervello nel quale sono decodificati dando la sensazione di ruvido, liscio, ecc. E così dicasi per l’organo del gusto e dell’olfatto.

Come scrive Massimo Corbucci in “Alla scoperta della particella di Dio” (4):«…Il profumo è il portato del fatto che nel naso abbiamo dei recettori conformati per “accogliere” singole molecole che volano nell’aria. Quando si attiva un recettore, si avvia un processo elettrofisiologico. Anche una sensazione di tocco vellutato è il portato dell’attivazione di recettori sensoriali e dell’avviarsi di una catena neuronale con capolinea nel cervello. Nondimeno la sensazione visiva e le “fantasie” che accompagnano l’incanto della vista di un’Elena, sono conseguenti a un flusso di elettroni nei micro-tubuli degli assoni dei nostri neuroni periferici e centrali. La coscienza stessa è definibile “il moto elettronico”. Quando gli elettroni si muovono partono “pacchetti” di fotoni».

Non c’è da meravigliarsi perciò che anche nel corteggiamento si verificano reazioni di ossidoriduzione nel nostro organismo. Per esempio, una giovane quando si vede corteggiata, è soddisfatta di sé ed è carica di energie, mentre se è stata lasciata si sente del tutto scarica, senza forze, come se le sue energie fossero scomparse: la realtà è che i suoi elettroni hanno subito l’annichilamento!

E allora, domandiamoci che cosa agisce sugli elettroni mettendoci in uno stato di reattività fino al punto da farci innamorare, e che cosa invece li rende per così dire inerti, per cui noi restiamo freddi e razionali. L’attrazione è fortissima all’inizio, quando i due partner si conoscono poco o niente, ma non regge all’usura del tempo.

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M’innamoro perché vedo una persona attraente, cioè una donna (o un uomo) che mi ‘resiste’, letteralmente non cade facilmente nelle mie ‘orbite’ e perciò mi fa sognare e mi fa spasimare.

Eppure, se la stessa identica persona cadesse subito nelle mie braccia, perderebbe immediatamente il suo potere attrattivo e seducente, come ben sanno per istinto e per esperienza tutte le donne! Alla donna moderna il ruolo di preda, ovviamente, non piace per niente, anzi la manda in bestia, ma la verità è quella di sempre ed è bene che le adolescenti benintenzionate se ne rendano conto quanto prima possibile: agli uomini piace andare a caccia (5) e si affezionano soltanto quando la conquista è lenta, difficile ed incerta, ossia quando incontrano… ‘resistenza’.

5. L’agitazione molecolare

L’energia, sia luminosa che termica, che ci proviene dal sole sotto forma di energia raggiante o elettromagnetica, è la più importante fonte di energia perché consente la manifestazione stessa della vita. Gli esseri umani per sopravvivere e riprodursi hanno bisogno di energia sotto forma di calore. Un corpo caldo è predisposto naturalmente ad innamorarsi, mentre è difficile far innamorare una persona fredda. Il caldo primaverile, dopo la lunga pausa invernale, risveglia la natura facendo scoccare, puntualissima, la scintilla dell’amore in tutti gli esseri viventi. Non a caso gli amori più numerosi, intensi e passionali sbocciano sotto il solleone!

La vita è movimento ed il movimento è dovuto all’energia, quindi al moto degli elettroni che sono dotati di proprietà elettriche, attrattive o repulsive a seconda dei casi. «Gli elettroni che sembrano saltellare casualmente all’interno degli atomi dei nostri corpi sono quel meraviglioso mezzo che ci unisce all’universo nella sua totalità (…. ) Noi siamo fatti di cellule, le cellule sono fatte di molecole, le molecole sono fatte di atomi, gli atomi sono fatti di protoni, neutroni ed elettroni»…. (6)

Gli atomi e le molecole di tutti i corpi sono incessantemente animati da un moto caotico che determina la cosiddetta temperatura dei corpi. Se aumenta la temperatura di un corpo, aumenta anche l’agitazione termica delle sue molecole e atomi, mentre se il corpo si raffredda, l’agitazione termica diminuisce. L’energia interna di un corpo è legata alla sua temperatura. Tutto questo è noto. La novità sta nel fatto che questo discorso vale per tutti i generi di corpi, compreso il corpo umano! Noi abbiamo bisogno di introdurre alimenti per tenere costante la temperatura del corpo e abbiamo bisogno di indumenti caldi per proteggerci dal freddo. (Anche gli alberi, per sfuggire ai rigori invernali, durante l’autunno si rivestono di uno strato coibente di tessuto morto –sughero- che poi perdono in primavera). Il corpo umano deve mantenersi costantemente intorno ai 37°C, valore che in genere è piuttosto alto rispetto alla temperatura ambiente, e non può discostarsene altrimenti la frequenza di oscillazione delle sue molecole e atomi potrebbe scendere o salire oltre la soglia vitale!

Una temperatura corporea così alta serve a mantenere in agitazione gli elettroni del corpo umano, ossia a facilitare le reazioni di ossidoriduzione che avvengono nel nostro organismo. La respirazione, che serve proprio a riscaldare il corpo, è un processo biochimico che avviene ad opera di enzimi, i quali diventano inattivi al di sopra e al disotto di un certo grado di temperatura. L’esperienza insegna che aumentando la temperatura aumenta la velocità di qualunque reazione chimica (fino a un valore critico), mentre se la temperatura è bassa le reazioni non avvengono. Il frigorifero ci consente di conservare gli alimenti proprio perché il freddo impedisce lo sviluppo dei microrganismi che attraverso il loro metabolismo ne causano le alterazioni chimiche.

Possiamo renderci conto dell’importanza dell’agitazione molecolare considerando i tre stati fisici dell’acqua: anche intuitivamente capiamo che nel vapore le molecole d’acqua sono in massima agitazione perché hanno abbastanza energia per muoversi liberamente, mentre nel ghiaccio la loro agitazione è minima! In pratica, quando un corpo si riscalda, si spezzano i legami che tengono insieme le molecole.

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Siccome la velocità delle reazioni chimiche dipende dal calore, e dato che esistono recettori chimici (neuroormoni, neurotrasmettitori, neuropeptidi, citochina) caratteristici per ogni tipo di emozione (7), mi sembra logico dedurre che le nostre emozioni aumentano al crescere della temperatura. Come dire che d’inverno siamo più assennati, mentre d’estate siamo più agitati o un pochino… pazzi!

La mente, infatti, è fredda e razionale, ma quando si riscalda diviene preda delle emozioni e diventa irrazionale.

Quanto agli elettroni che entrano in gioco nelle reazioni di ossidoriduzione del nostro organismo, è evidente che la loro agitazione aumenta quanto più siamo nervosi o affaticati, mentre diminuisce quando siamo sereni e riposati.

Giova, a questo proposito, ricordare che gli atomi (di un qualunque composto chimico presente nel nostro organismo) aventi elettroni non eccitati sono allo stato fondamentale; invece quando gli elettroni occupano negli atomi un livello energetico superiore rispetto a quello normale, gli atomi e gli stessi elettroni sono allo stato “eccitato”. Infatti, gli elettroni possono saltare a un livello energetico superiore assorbendo energia (per esempio energia termica): ed in tal caso sono molto eccitati; oppure possono passare ad un livello energetico inferiore emettendo energia (cioè raffreddandosi): in tal caso l’eccitazione diminuisce. I salti degli elettroni producono energia elettromagnetica. Detti salti rappresentano un’autentica pulsazione come quella del nostro cuore. I pensieri stessi che sono informazioni, immagini che si susseguono l’una dietro l’altra come in un filmato e come quelle che vediamo in sogno, rappresentano un flusso di elettroni, dunque corrente elettrica.

Quando due sistemi diversi (Fisica e Psiche) adottano lo stesso linguaggio, anche i fatti che descrivono sono gli stessi: dunque l’eccitazione degli elettroni corrisponde all’eccitazione delle nostre cellule nervose. È evidente, perciò, che quando noi ci eccitiamo, passiamo ad un livello energetico superiore che però non può reggere a lungo e prima o poi deve decadere tornando alla normalità. Come? Nei casi migliori arrivando, per esempio, all’orgasmo o alla sublimazione, e nei casi meno favorevoli sfogando con uno scatto di collera violento e improvviso!

6. L’innamoramento

Un giovane s’innamora di una donna bella (o viceversa) e siccome non la conosce ancora a fondo, almeno all’inizio finisce per idealizzarla, anche perché non è possibile accarezzarla subito come il suo istinto primordiale vorrebbe. In genere, all’inizio del corteggiamento egli si sente respinto, perché nessuna donna avveduta dice subito sì. La donna non deve dire subito sì per fare in modo che l’infatuazione si trasformi in attaccamento. L’incertezza fa stare sulle spine ed eccita i neuroni (e gli elettroni) del giovane innamorato che non sapendo cosa fare, finisce spesso, come suol dirsi, col perdere la testa. È importante però tener presente quanto scrive Giulio Cesare Giacobbe nel saggio ‘Alla ricerca delle coccole perdute’ (8): «Essere innamorati non è amore: è bisogno di essere amati». Secondo il suddetto autore, l’innamorato/a, in buona sostanza, è un bambino/a alla ricerca di attenzioni e coccole.

Il giovane ‘innamorato’ è alla ricerca di attenzioni, di gratificazione e di sesso, e non ha importanza chi sia colei in grado di soddisfare queste sue aspettative, purché gli piaccia. Soltanto se egli trova difficoltà nella conquista avviene la svolta che interessa alle donne: da predatore infantile ed infedele si trasforma in adulto innamorato, responsabile e ‘devoto’. Ecco perché, nel caso in cui la donna dicesse subito sì al suo corteggiatore, lo farebbe a suo danno perché il giovanotto, preso quello che c’è da prendere…, perderebbe in breve tempo ogni interesse. Insomma, la conquista facile fa cessare presto il desiderio perché l’innamorato, come si è detto, è alla ricerca di attenzioni e coccole! E ovviamente, se questo suo bisogno viene subito appagato, il giovanotto si mette alla ricerca di nuove coccole…. Non dobbiamo dimenticare che è sempre la scarsità (e peggio ancora la mancanza o l’indisponibilità) che conferisce valore e attaccamento sia alle persone che alle cose, e soltanto la difficoltà e l’incertezza della conquista, ossia le resistenze in senso generale, accendono letteralmente il cuore di passione.

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Come è noto, l’innamoramento dipende da meccanismi tensionali: più l’altro/a si nega, più diventa un simbolo importante nella mente dell’innamorato/a.

L’inconscio trae la sua energia da eventi carichi di energia emotiva, ovvero dalle ‘resistenze’ e difficoltà da superare.

Quindi più qualcuno si nega, però senza esagerare, più diventa per noi un potente simbolo da conquistare, perché tale simbolo si impossessa dei nostri pensieri come un blocco psichico e/o energetico. (Il meccanismo del blocco mi fa pensare a un ponte in costruzione, lungo le vie nervose, che blocca l’avanzata, la realizzazione del desiderio, da qui il circolo vizioso, il blocco dei pensieri sullo stesso soggetto, fino a quando non si riesce a completare la costruzione del ponte, ossia finché non si formano le sinapsi tra due o più neuroni, il che corrisponde all’allungamento delle ‘vie’ neurali, all’espansione del cervello). I seduttori hanno buon gioco delle loro vittime grazie al meccanismo della penalizzazione: per alcuni giorni riempiono la donna di attenzioni, poi improvvisamente la ignorano. Ciò crea nella donna un improvviso vuoto emotivo da colmare ad ogni costo. Come? Dandosi anima e corpo!

, sazia di corteggiamenti, è inevitabile che si mostri superba e sfuggente perché sa di tenerti in pugno: in tal caso è pronta a evitarti e ti tiene sulle spine, si prende gioco di te. Ciò è nella sua natura femminile. Ma se le togli tutto ciò, illusioni o certezze che siano, se la fai sentire una nullità, lei diventa immediatamente affamata di amore! Perciò, dal suo atteggiamento si capisce a volo se la propria donna, o una donna qualsiasi, ha fame (d’amore), oppure è sazia, ossia se dà o meno per scontate le tue attenzioni per lei. Un partner (donna o uomo che sia) può essere ‘preso’ facilmente quando è debole, ossia quando ha fame, in senso metaforico, ma quando è sazio prepariamoci alle sue resistenze e ai suoi voltafaccia (capricci)!

7. L’alchimia dell’innamoramento

Ma cosa avviene nel nostro organismo per effetto dell’innamoramento? Le molecole e gli atomi –e più brevemente gli elettroni- in tali circostanze entrano in uno stato di forte agitazione, il che aumenta la temperatura del nostro corpo. Ed infatti, non a caso si parla di ‘febbre’ d’amore che non ci consente più di ragionare! Venendo a contatto con una persona attraente dell’altro sesso, ci prepariamo a ‘reagire’ più o meno come fanno le sostanze chimiche. È l’eccitazione -leggi anche l’agitazione molecolare- con il calore che ne consegue, che prepara i due corpi ad unirsi. Ma una volta coronato il sogno d’amore, l’innamorato ritorna gradualmente allo stato ‘normale’, cioè non più eccitato, e altrimenti detto, si ‘raffredda’. Mentre il caldo provoca dilatazione dei corpi ed eccitazione, e perciò spinge verso gli altri, il freddo invece provoca contrazione, solitudine, in quanto riduce l’agitazione molecolare e impedisce l’estrinsecazione dell’amore, cioè il bisogno di legarci a un’altra persona. Tutte le passioni si esauriscono, anche la vita si ‘spegne’, come si spegne una lampadina interrompendo il flusso degli elettroni.

L’amore finisce quando tutte le illusioni ed i bisogni sono stati soddisfatti, ma possiamo anche dire che ci disamoriamo quando gli stimoli negativi superano quelli positivi. In particolare, il senso del proibito e/o del nuovo gioca un ruolo eccitatorio fondamentale in campo amoroso/erotico, per cui è inevitabile il graduale crollo dell’attrazione sessuale quando le proibizioni o/e le novità vengono meno. Per tali motivi, all’interno del matrimonio l’attrazione fisica tende a diminuire col passare del tempo e contemporaneamente aumenta l’interesse verso altri potenziali partner. Il potere attrattivo di un partner, a parità di altri fattori, sembra essere direttamente proporzionale alla sua indisponibilità/disponibilità, fattore questo che ‘accende’ la fantasia ed il desiderio tanto negli uomini che nelle donne. L’indisponibilità, quando lascia una porta aperta, cioè la speranza di riuscire a ottenere un risultato positivo, ha una parentela stretta con il senso del proibito e/o del nuovo e con ciò che oppone resistenza. In generale, le cose che potremmo avere ma che allo stesso tempo non riusciamo a fare nostre, ci sembrano meravigliose perché ci fanno fantasticare e sognare, ci entusiasmano e ci ‘accendono’ di passione: insomma ci eccitano.

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Il che significa che gli elettroni del nostro corpo si agitano più velocemente: anziché correre in linea retta, liberamente, si soffermano e si agitano come quando incontrano una resistenza.

Il concetto di eccitazione è molto importante e merita un approfondimento. L’eccitazione nasce da un desiderio molto forte. Il forte desiderio e l’eccitazione compaiono quando c’è la speranza di realizzare la propria conquista, ma allo stesso tempo l’incertezza regna sovrana. Dunque sono la fantasia e i dubbi a mettere in agitazione/eccitazione i nostri corpi, o più esattamente gli elettroni che scorrono nelle nostre cellule nervose. Il che significa anche che quando c’è la certezza della conquista, ossia quando sappiamo cosa fare ed è tutto facile, il desiderio diminuisce e l’eccitazione rallenta; viceversa quando le cose si mettono male (ma non in modo irrimediabile), il cuore accelera e si è praticamente cotti di passione! Questa situazione si verifica quando non sappiamo cosa fare e tutto è incerto: gli elettroni si agitano perché non possono proseguire perché non conoscono la strada da seguire.

Tutto quello che ci manca crea un vuoto dentro di noi, una depressione che inghiotte letteralmente i nostri pensieri, i quali hanno appunto il compito di colmare il vuoto, ossia di risolvere i problemi costruendo un ponte di collegamento tra due neuroni, il che significa acquisire nuove conoscenze, andare oltre. Purtroppo molte volte non ci riusciamo, e comunque le cose vanno sempre le lunghe. Ma una volta realizzato l’obbiettivo, ci ‘raffreddiamo’, ossia finisce l’eccitazione e finisce anche il desiderio e la passione per quella data persona o cosa. Il cervello apprende attraverso continue associazioni e ripetizioni. Nel momento in cui è stata completata la costruzione della (o delle) sinapsi grazie alle associazioni e alle ripetizioni, i nostri esercizi si sono trasformati in abitudine e quindi tutto diventa automatico e non richiede più lo stesso impegno e la stessa energia di prima, per cui non spasimiamo più per quella persona o per quella cosa. Ed ecco che compare quasi subito un nuovo desiderio, un nuovo interesse. Sembra che i pensieri non sappiano fare altro: desiderare, desiderare, desiderare, ossia costruire nuove sinapsi, nuove connessioni, nuovi ponti, nuove corsie preferenziali, nuove conoscenze ed esperienze, nuove abitudini. Costruito il ponte, la sinapsi, siamo in grado di affrontare rapidamente i problemi relativi a quella esperienza grazie all’automatismo. L’abitudine, dunque, si forma facendo molte volte la stessa cosa: la ripetizione serve a collegare tra loro i neuroni creando una lunga catena, una via neurale preferenziale, veloce come un’autostrada perché automatica, inconscia. Ovviamente una abitudine non si forma in un attimo perché occorre del tempo per creare una via neurale. Una volta formata la via neurale i neurotrasmettitori arrivano velocissimamente a destinazione.

8. L’importanza del calore

Ritornando all’innamoramento, ci rendiamo conto che la conquista di una donna da parte di un uomo (e viceversa) è analoga alla formazione di una via neurale, di una nuova abitudine, il che richiede molte energie che servono a vincere le resistenze e ciò si traduce ovviamente in sviluppo di calore. È ancora una volta il caso di pensare alla febbre d’amore. Il calore aumenta l’agitazione molecolare e l’energia interna dei corpi, cioè la forza di attrazione che ci induce a cercare un legame amoroso con un’altra persona accelerando le reazioni biochimiche. È proprio per questo motivo, secondo me, che in primavera-estate sbocciano tanti amori: l’energia in eccesso crea una tensione interna che deve essere scaricata… al più presto possibile.

Potremmo dire che due persone ‘interagiscono’ proprio come due sostanze chimiche ‘reagiscono’ tra loro, trasformandosi come per magia in un prodotto completamente nuovo. Anche la fusione di un corpo maschile con un corpo femminile provoca un autentico prodigio: la nascita dei bambini! L’alchimia dei sentimenti umani sembra obbedire perciò alle stesse leggi che governano le reazioni chimiche, perché in entrambi i casi avvengono processi di ossido-riduzione che sono favoriti dal calore. Giova qui citare Jeffrey Satinover, che nel suo saggio ‘Il cervello quantico’, così scrive (9): «Nelle reti viventi l’equivalente di una piattaforma vibrante viene fornito semplicemente dal movimento altalenante di atomi e molecole, ovvero dal calore. L’energia che mantiene la temperatura del nostro corpo intorno ai 37 gradi viene utilizzata dal cervello per mantenere i neuroni in uno stato di costante reattività, pronti a scattare».

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Evidentemente, ciò significa che quella meravigliosa e poco conosciuta macchina che è il nostro cervello, che è un organo elettrico, coordina la nostra attività fisiologica ed emotiva grazie al semplicissimo meccanismo del caldo e del freddo: infatti, data la obbligatorietà della temperatura del corpo a 37°C, anche una piccolissima variazione termica, esterna o interna, è sufficiente a scatenare o rallentare reazioni ormonali e/o enzimatiche importantissime. Ricordo che gli enzimi sono dei biocatalizzatori sensibilissimi ai valori termici e sono costituiti da proteine che hanno il compito specifico di demolire oppure di sintetizzare determinate molecole. Il metabolismo di tutti gli esseri viventi dipende dall’azione degli enzimi!

9. La resistenza elettrica

Le prove a sostegno di una teoria sono rappresentate, come sempre, dalla sua applicazione pratica. Ora io sostengo che la causa prima dell’innamoramento e/o dell’attrazione erotica è l’eccitazione degli elettroni del nostro corpo e sostengo che l’amore in senso lato è sempre preceduto e/o accompagnato da una reazione termica del corpo. Ciò equivale a dire che nei Paesi caldi e nei mesi primaverili-estivi, si è più portati ad amoreggiare e a fare sesso, mentre nei Paesi freddi, e nei mesi autunno-invernali, si pensa soprattutto a lavorare. Ed allora, la domanda più appropriata a dimostrazione di questa teoria potrebbe essere la seguente: come si può suscitare l’amore in un partner freddo in funzione degli elettroni? Ed ancora: cosa dovrei fare per piacere di più al mio partner? Cosa si deve fare quando il marito (o la moglie) ci manca di rispetto?

È risaputo che l’attrazione fisica si indebolisce col trascorrere del tempo passato insieme. Per evitare che ciò accada, è necessario ravvivarla ‘imitando’ il principio della resistenza elettrica. In tal modo si diventa magicamente più importanti agli occhi della persona amata e ritorna il colloquio all’interno della coppia! Quando incontriamo un po’ di ‘resistenza’ ci rendiamo conto che non possiamo essere assolutamente ‘sicuri’ della nostra relazione, nasce cioè la paura di potere perdere il proprio partner (o la propria partner), per cui la sua resistenza ce lo fa apparire prezioso e insostituibile!

Si sa che la resistenza elettrica è l’attrito che il flusso di elettroni incontra passando attraverso un circuito: non potendo muoversi velocemente a causa della resistenza intrinseca del materiale, gli elettroni liberi urtano contro gli atomi e per effetto degli urti e dell’attrito, la loro energia si trasforma in calore. In pratica, è ciò che accade, per esempio, nel ferro da stiro, nella stufa elettrica, nello scaldino e nella lampadina a incandescenza. Giova sottolineare che nella febbre (che è una infiammazione del sangue che si manifesta con una forte accelerazione del polso e della respirazione e con la secchezza della bocca) l’aumento della temperatura corporea è causata proprio da una forsennata agitazione degli elettroni conseguente a processi biochimici molto più veloci indotti dal sistema immunitario. Ciò significa che le varie molecole hanno una molteplicità di azioni, ossia non solo metaboliche ma anche psichiche (emozionali). Dunque, in fisica si ottiene calore dalla resistenza elettrica perché gli elettroni passano ad uno stato di forte agitazione; ugualmente, in campo amoroso, facendo resistenza, mettiamo in agitazione il partner, generando in lui attraverso l’agitazione dei suoi elettroni, l’eccitazione, il calore, il desiderio, l’amore, anche se prima si mostrava freddo e scostante.

10. La resistenza amorosa

Ricordo che la passione amorosa nasce dalla concomitanza di tre fattori: amicizia più speranza più dubbio, per cui, come suggeriscono gli autori stessi di Tattiche d’amore” (10), per eccitare una persona, ossia per metterla in agitazione, occorre instillare qualche dubbio in più! Infatti, una persona si innamora – traduci si attacca, ha bisogno dell’altra, pensa sempre a lei – quando si rende conto che l’altra può fare a meno di lei. Fino a quando il vostro partner crede, a torto o a ragione, di tenervi in pugno, aspettatevi eventualmente tutte le offese o i capricci. Quando invece nascono dei dubbi, quando si rende conto che le vostre attenzioni non sono scontate, quando teme di potervi perdere se si comporta male, allora scattano la paura, l’attaccamento e le attenzioni. Quindi per far innamorare una persona occorre mettere in agitazione il partner facendo la dovuta resistenza.

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Ma in che modo possiamo mettere in atto la resistenza in campo amoroso? La resistenza in amore si attua con i silenzi e mostrandoci freddi (in mancanza di sorprese, di regali e di attenzioni); non facendoci vedere o sentire per un certo tempo (quando non ci sentiamo apprezzati abbastanza); in altri casi, si ottiene lo stesso scopo civettando per fare ingelosire il partner; ed ancora evitando di baciarlo o di fare sesso. Perciò, quando il vostro o la vostra partner, o anche l’amica del cuore si dimentica del vostro compleanno, non disperatevi! Restituite la mancanza di rispetto alla prima occasione e l’avrete in pugno! Se non restituite l’offesa siete spacciati perché ce ne saranno altre. La restituzione dell’offesa provoca una brusca caduta dell’autostima nel partner che entra in agitazione per cui avviene l’accelerazione dei suoi elettroni; e soltanto quando il suo cuore entra in agitazione lei diventa bisognosa di lui o viceversa, ossia ha bisogno di coccole e di baci. Quando le attenzioni diventano abituali, scontate, non sono apprezzate, anzi finiscono per dare fastidio, ma non appena vengono meno, ci rendiamo conto di quanto ci mancano. Si dice infatti che in amore vince chi fugge. Ancora più eloquente è l’espressione che utilizza Giulio Cesare Giacobbe nel testo già citato: «Le donne sono fatte così: più le cerchi più ti mandano al diavolo; più le mandi al diavolo più ti cercano». In generale, le donne non sopportano gli uomini invadenti. Il troppo storpia sempre, come per esempio lo stare continuamente appiccicati al partner, e peggio ancora quando lo si asseconda sempre; il contrario è dato dall’assoluta mancanza di coccole, di novità, di sorprese e di regali!

Applicando il principio della resistenza, si verifica quasi subito un’inversione dei ruoli tra i due partner, ponendo quello debole in uno stato di superiorità e quello forte in uno stato di inferiorità. In quest’ultimo, il brusco calo dell’autostima, con l’incertezza e l’agitazione che ne conseguono, provoca l’eccitazione ed il calore necessario, fattori che lo predispongono all’amore, dunque a ‘reagire’! In questo caso i suoi elettroni sono costretti a fermarsi, non possono correre liberamente, non possono letteralmente fuggire! Una persona fredda è indifferente, non reagisce, quindi non può legarsi e tanto meno fare sesso, proprio come due sostanze chimiche non reagiscono se la temperatura è bassa. La persona fredda ha gli elettroni liberi di correre in linea retta, non trovano ostacoli, non trovano resistenza.

All’uopo, giova ricordare che le femmine dei mammiferi si accoppiano soltanto quando sono in… calore! A tale proposito, è interessante osservare una cagna in calore che prima di accoppiarsi porta il ‘pretendente’ di qua e di là, come se sapesse che sottraendosi abilmente all’ultimo momento… l’eccitazione del maschio raggiunge l’acme. La stessa donna, se prima non si ‘riscalda’ letteralmente con baci e carezze e con belle parole, non si lascia andare. A volte occorre la classica cenetta, che genera calore, tanto calore, per vincere le ultime resistenze…. Naturalmente, non dimentichiamo che anche l’uomo necessita di eccitazione per compiere la penetrazione; e la sua eccitazione è forte non solo con una partner nuova, ma anche con quella solita che sappia essere irresistibile e seducente: ossia quella che non si concede subito, che sa fare quel minimo di resistenza senza negarsi e senza offendere il partner! È la velata resistenza della partner, quindi l’incertezza sulla propria riuscita, che crea l’eccitazione e il desiderio, è la resistenza che provoca l’afflusso di sangue nei corpi cavernosi! Ovviamente quando il partner è già super-eccitato non occorre fare alcuna resistenza, anzi questa potrebbe essere controproducente.

È evidente che il calore abbassa le difese mentali predisponendo il corpo a ‘unirsi’ ad un altro corpo. Senza calore non c’è vita, non ci sono avance, non ci sono rapporti; ma è anche vero che esso spesso ci rende vulnerabili emotivamente e bisognosi di coccole, proprio come quando abbiamo la febbre! Soprattutto quando fa troppo caldo e l’aria è irrespirabile, l’agitazione eccessiva degli elettroni indotta dal processo biochimico della termoregolazione, ci provoca spossamento, per cui diventiamo lamentosi, nervosi e instabili. È quello che succede anche a seguito degli insuccessi: una agitazione troppo forte finisce per provocare l’annichilamento temporaneo degli elettroni, il che ci fa sentire impotenti e senza energie. Infatti, elettrone è sinonimo di energia. Quando la febbre è alta ricorriamo alla borsa di ghiaccio sulla testa. Non so dove ho letto che i pazzi esagitati sono sottoposti ad una doccia ghiacciata: evidentemente occorre abbassare di parecchio la temperatura del loro corpo per farli stare buoni.

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Ribadisco: la mente è fredda e razionale, ma quando si riscalda (come a seguito di raptus, di collera, di gelosia, ecc.) diventa irrazionale e si compiono azioni di cui poi ci si pente. Il che spiega perché soltanto con la freddezza e la premeditazione vengono consumati efferati delitti contro l’umanità. In generale, tutte le volte che ci sentiamo agitati, potrebbe bastare una lavata di faccia con acqua fredda per ritrovare l’equilibrio. L’acqua che si fa bere a chi ha subito un forte spavento ha appunto un effetto rasserenante.

Ma ritornando all’amore, cosa dovremmo fare per far innamorare la persona che ci interessa? Dobbiamo sollecitare i suoi elettroni mettendola in agitazione con messaggi abilmente contrastanti: un passo avanti e due indietro, suggeriscono gli autori di ‘Tattiche d’amore’, e dobbiamo allo stesso tempo rallentare i nostri elettroni, cioè restare freddi in modo da poter continuare a ragionare. Un modo di fare del genere è scioccante, immorale, cinico? In realtà le femmine, favorite dalla natura da una maggiore freddezza rispetto ai maschi, usano spontaneamente questa tattica che consente loro di scegliere con tutta calma il ‘partito’ migliore! Tuttavia, l’amore è così coinvolgente che non consente di giocare con i sentimenti altrui e avvolge nei suoi tormenti anche i furbi e i duri! Ovviamente, quando la donna s’innamora perde la sua proverbiale freddezza, intesa sia in senso fisico che psichico, e diventa anch’essa vulnerabile; e lo è ancora di più se il suo amore non è corrisposto, e peggio ancora se viene lasciata!

Conclusioni

La teoria e la pratica confermano che un po’ di resistenza, finta o reale che sia, da parte della partner, fa scattare come per incanto l’eccitazione e il desiderio nel partner maschile ed è perciò tanto più necessaria quando più la coppia è diventata tiepida sessualmente. Occorre sapersi rendere indisponibili per farsi desiderare, bisogna allontanarsi (ogni tanto) per restare accanto. La lontananza fa sentire la mancanza e fa nascere il desiderio di rivedersi. Invece la vicinanza, la vita in comune stanca, fa litigare e allontana. Persino le pietre di un maestoso palazzo, col passare del tempo, finiscono per separarsi tra loro e sgretolarsi, perché la malta che le univa si ‘ossida’: il processo ossidativo provoca la perdita del potere ‘legante’! L’ossidazione è una perdita di elettroni, è una perdita di energia. Per evitare che il palazzo vada in rovina occorre procedere ad una manutenzione costante. Gli elettroni rappresentano dunque la malta, il cemento, l’energia psico-fisica che unisce gli innamorati, le pietre di un palazzo e… tutte le cose del creato, energia però che tende ad ossidarsi, tende ad esaurirsi e perciò deve essere continuamente rinnovata.

La conquista di una donna da parte di un uomo, o viceversa, dal punto di vista neurale non è altro che un processo di apprendimento. Si tratta di apprendere come superare le difficoltà che si frappongono alla conquista. Più la conquista è difficile, più lungo è il processo di apprendimento e tanto più lunga sarà la via neurale o catena di neuroni che dovrà formarsi. Quando le cose vanno troppo per le lunghe, la via neurale resta incompleta… In una persona non innamorata, altrimenti detta fredda, gli elettroni non incontrano resistenza e corrono velocissimamente lungo le vie neurali già formate. Quando però una persona s’innamora (per la prima o l’ennesima volta) nascono sempre difficoltà perché occorre creare una nuova via neurale, e in mancanza di essa gli elettroni incontrano resistenza e si agitano e si eccitano. L’attrito, le resistenze, le difficoltà che gli elettroni incontrano lungo il percorso neurale che si va formando ex-novo provocano sviluppo di calore accompagnato da emozioni più o meno forti: ecco come nasce la febbre d’amore, il tumulto della passione. La persona innamorata è calda e confusa e non ragiona come una persona normale o fredda. Le sue energie vengono spese tutte nel corteggiamento perché gli elettroni fanno di tutto per aggirare la resistenza in quanto il loro istinto è quello di arrivare a destinazione. Probabilmente è la stessa forza istintuale degli elettroni che crea le sinapsi e allunga le vie neurali.

Se non ci fossero resistenze lungo il percorso degli elettroni, noi non ci accorgeremmo neanche della presenza di un partner e non ci sarebbe né innamoramento, né desiderio di conquista.

A cura di Pasquale Foglia

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La conquista e l’innamoramento sono una conseguenza dell’istinto di sopravvivenza degli elettroni, il che trova conferma nella sindrome di Stoccolma.

La bella prigioniera s’innamora della bestia non per effetto delle premure, della gentilezza o del fascino del suo sequestratore, ma soltanto perché è questo l’unico modo per assicurarsi la sopravvivenza o condizioni di vita migliori. Gli elettroni quando incontrano un ostacolo se ne innamorano per esorcizzare il pericolo e neutralizzare il nemico facendoselo amico ed alleato. Gli elettroni vogliono essere liberi di correre e odiano gli ostacoli perché provocano il loro logoramento e il surriscaldamento, perciò essi affascinano, conquistano e si legano a tutto ciò che blocca la loro corsa naturale e istintuale. Gli elettroni preferiscono più il freddo che il caldo perché la presenza di calore significa presenza di ostacoli, di resistenze. Una volta che i nostri elettroni sono riusciti a superare l’ostacolo, cessa l’attrito e scompare il calore, e a quel punto anche l’amante più appassionato diventa freddo, indifferente e razionale.

Bibliografia

1. Pasquale Foglia –L’aspetto pratico esistenziale degli elettroni – Ricerca ’90, nn. 62,63,64/2005;

2. Enciclopedia della scienza e della tecnica –De Agostini;

3. Giulio Cesare Giacobbe - Come smettere di farsi le seghe mentali e godersi la vita – Ponte alle Grazie;

4. Massimo Corbucci – Alla scoperta della particella di Dio – Macro Edizioni;

5. Greg Behrendt –Liz Tuccillo – La verità è che non gli piaci abbastanza – Salani Editore;

6. Massimo Teodorani - David Bohm: La fisica dell’infinito –Scienza e Conoscenza;

7. Joe Dispenza – Il cervello. Dove scienza e spirito si incontrano – Macro Video;

8. Giulio Cesare Giacobbe – Alla ricerca delle coccole perdute – Ponte alle Grazie;

9. Jeffrey Satinover – Il cervello quantico - Macro Edizioni;

10. Mcknight - Phillips - Tattiche d’amore – TEA.

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Capitolo 3

SSSooonnnooo gggllliii eeellleeettttttrrrooonnniii aaa fffaaarrrccciii sssoooffffffrrriiirrreee “Fisica e Psiche si incontrano nell’amore” (Parte Seconda)

Sommario: Premessa; 1. L’attaccamento genera sofferenza; 2. Felicità e tristezza; 3. I blocchi energetici; 4. Sistema simpatico e parasimpatico; 5. I desideri; 6. Distacco e serenità; 7. La terza legge di Newton; 8. La possessività e le aspettative esagerate; 9. Apprezziamo la diversità; Conclusione; Bibliografia.

Premessa

Gli elettroni ci fanno soffrire? Assolutamente si, ma ci fanno anche gioire. Vediamo come, quando e perché. Vorrei ricordare però innanzitutto che: “Noi siamo fatti di cellule, le cellule sono fatte di molecole, le molecole sono fatte di atomi, gli atomi sono fatti di protoni, neutroni ed elettroni”….E teniamo anche presente che: “Gli elettroni che sembrano saltellare casualmente all’interno degli atomi dei nostri corpi sono quel meraviglioso mezzo che ci unisce all’universo nella sua totalità. (1)

1. L’attaccamento genera sofferenza

Con l’articolo "Sono gli elettroni a farci innamorare" abbiamo visto che per fare innamorare la persona che ci interessa occorre sollecitare i suoi elettroni mettendola in agitazione con messaggi abilmente contrastanti, e allo stesso tempo dobbiamo rallentare i nostri elettroni in modo da poter ragionare con più freddezza. Detto diversamente, per conquistare più facilmente una donna (o un uomo) dobbiamo restare un "tantino" distaccati, perché se ci attacchiamo "troppo" la sofferenza diventa inevitabile! Ovviamente, non è facile parlare di distacco quando si ha a che fare con ragazzi e giovani innamorati: l’amore è così coinvolgente che ci fa dimenticare tutti i buoni propositi iniziali. L’amore non ci consente di giocare e avvolge nei suoi tormenti anche i duri e i furbi. L’amore genera automaticamente attaccamento; l’amore stesso è attaccamento. Non c’è amore senza attaccamento. Ma siccome l’attaccamento genera sofferenza, l’amore diventa… sofferenza.

Se l’amore viene corrisposto ci sentiamo felici e soddisfatti, mentre se siamo stati respinti scatta la sofferenza. L’uomo che è stato respinto in genere si innamora di più, ma dovrebbe sapere che non è tanto della sua bella che si è innamorato (attaccato), quanto piuttosto del suo "rifiuto", rifiuto che nessuno essere umano è disposto ad accettare. Il rifiuto mette la partner (o il partner) su un piedistallo per cui essa ci appare molto più bella e/o più interessante di quanto non sia effettivamente! Viceversa, la conquista facile la fa precipitare in basso. Eppure, si tratta sempre della stessa identica persona!

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Ma a proposito degli abbandoni c’è un’altra importante considerazione da fare: il nostro inconscio ormai si era abituato a quella fidanzata (o fidanzato) e ora che essa (o esso) non c’è più, sentiamo un vuoto insopportabile che non possiamo accettare, come anche nel caso di morte del proprio congiunto. Non si può accettare subito la perdita perché non ci abbiamo ancora fatto l’abitudine. Insomma è chiaro: l’inconscio, il nostro volano, è schiavo letteralmente delle abitudini, degli automatismi, per cui è più che ovvio che di fronte ad ogni novità e/o cambiamento vada in tilt, non li accetta volentieri, perché ha bisogno di tempo per abituarsi, per assuefarsi. Tutto ciò perché nel nostro cervello, ogni novità, per essere accettata e fatta propria, richiede la costruzione di una rete neurale, di una nuova strada con tanti punti o ponti di collegamento (le famose sinapsi) con le strade (consapevolezze, conoscenze, abitudini, automatismi) già esistenti. Completata la costruzione della nuova via neurale, che richiede sempre più o meno tempo, si acquisisce una nuova abitudine e l’automatismo ad essa collegato, e tutto comincia a filare liscio, veloce e senza intoppi.

Nel caso della fidanzata(o) che ci ha lasciati, continueremo a sentirne la mancanza - e perciò anche a idealizzarla - fino a quando non ci innamoreremo di una valida sostituta: insomma la regola generale è che chiodo scaccia chiodo, o meglio ogni abitudine per essere eliminata richiede l’acquisizione di una nuova abitudine. E si è visto sperimentalmente che occorrono da 3 a 4 settimane.

Anche la medicina allopatica usa la regola chiodo scaccia chiodo, ovvero molecola-composto che cura-guarisce-scaccia un’altra molecola, quella che causa la malattia o dolore all’interno dell’organismo. Ho parlato non a caso di molecola per richiamare il fatto che c’entrano sempre gli elettroni. Purtroppo però, molte volte, con le medicine tradizionali -se non si sta attenti- si aggiusta una cosa e se ne guasta un’altra.

2. Felicità e tristezza

Ma cos’è veramente la felicità? E cos’è la sofferenza, la tristezza? Quando i nostri elettroni incontrano una resistenza che viene facilmente superata, noi ci sentiamo pienamente soddisfatti; se invece la resistenza della controparte è eccessiva al punto che i nostri elettroni non riescono a passare, ossia a superare l’ostacolo incontrato, allora la nostra agitazione - e quindi l’agitazione dei nostri elettroni - diventa troppo forte, eccessiva, e noi ci sentiamo frustrati e senza forze.

Mentre nel caso della corrente è facile capire gli effetti derivanti dalla resistenza elettrica, definita brevemente dagli effetti termici e/o luminosi che l’accompagnano, come ad esempio nello scaldino e nella lampada ad incandescenza, non è altrettanto facile capire gli effetti pratici della resistenza in amore, ed in generale della resistenza in campo metafisico, perché in questi casi non sembra esistere nulla di materiale o di tangibile. Ma anche quando riceviamo un’offesa verbale non c’è nulla di materiale, eppure andiamo in collera e ci “riscaldiamo”; e quando pensiamo a cose tristi e avvilenti ci sentiamo svuotati e senza energie! Il fatto è che le parole e i pensieri contengono energia o sono fatti di energia. Detto ancora più spregiudicatamente, il pensiero è un’immagine creata da un flusso di elettroni e quindi, trattandosi di elettroni possiamo applicare ad essi il principio della resistenza elettrica per capire come ci dobbiamo muovere per soffrire il meno possibile o per non soffrire affatto ed anzi gioire.

3. I blocchi energetici

Quando c’è una resistenza eccessiva lungo le vie neurali (che sono vie elettriche) si prova sofferenza perché essa ostacola il libero flusso degli elettroni (o se preferisci delle energie) e ne provoca la concentrazione in un dato punto: si crea così un blocco. Al blocco energetico si accompagna ovviamente uno squilibrio energetico. È così che nascono le emozioni tossiche (rabbia, rancore, senso di colpa, ansia, ecc) che sono sempre causate da blocchi energetici. Il blocco degli elettroni in un dato punto del corpo, essendo stato interrotto il loro libero flusso, genera tensione: per esempio, il mal di testa! Un sintomo, un’emozione o una sensazione sono causati sempre dal blocco dell’energia in un dato punto, ossia sono blocchi di energia.

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La tensione deve essere scaricata prima o poi, ma se il blocco persiste, essa diventa troppo intensa e determina un dolore localizzato e/o una sofferenza generalizzata. L’aggressività verbale che troviamo spesso in alcune famiglie come una vera e propria abitudine, è causata appunto da un accumulo di tensione o stress, che scatta con una reazione aggressiva non appena viene messo in discussione il senso della propria importanza attraverso critiche, rimproveri e dinieghi: l’aggressività serve insomma a negare la nostra vulnerabilità.

Secondo me, anche il dolore fisico e qualunque sintomo sgradevole sono causati da blocchi di energia, da una concentrazione di elettroni, ossia di particolari composti chimici o scorie vere e proprie che causano dolore concentrandosi, come blocchi energetici, in una precisa parte del corpo: classico esempio, l’acido lattico nelle gambe affaticate. Quindi, per stare bene fisicamente ed emotivamente le energie (ossia gli elettroni), ovvero le reazioni energetiche o biochimiche, devono avvenire (fluire) liberamente. Quando ciò non è possibile, ossia quando gli elettroni incontrano una resistenza troppo forte ed insormontabile, sia di natura esterna che interna, c’è sofferenza perché compare il blocco energetico. I sentimenti repressi come la rabbia, la tristezza, l’invidia, l’amore stesso negato, tutto ciò che non ci piace perché ci fa paura, causano blocchi energetici e quindi malattie fisiche e/o psicosomatiche. I condizionamenti ai quali siamo sottoposti fin dalla più tenera età, avvelenano la nostra esistenza nascondendo e reprimendo aspetti importanti della nostra personalità attraverso la creazione di blocchi energetici che sono innanzitutto blocchi emotivi. I blocchi coincidono con le credenze limitanti, a loro volta collegate ai programmi inconsci iscritti durante l’infanzia e durante l’adolescenza, che sono la vera causa delle abitudini negative e dei nostri fallimenti.

I blocchi energetici o emozionali sono molto pericolosi perché bloccano le nostre energie, ci impediscono di affermarci, ed in altre parole provocano insuccessi, fallimenti, vergogna, delusione e dolore, il che fa nascere l’odio contro se stessi impedendoci di amarci e di accettarci per quello che siamo; e tutto ciò blocca anche la nostra creatività, la nostra capacità decisionale e il nostro intuito. I blocchi ci fanno diventare delle persone perdenti e fisicamente acciaccate.

4. Sistema simpatico e parasimpatico

I blocchi energetici sono causati dalle nostre paure (paura di fallire, paura di riuscire, paura di essere respinti, paura di essere inadeguati, paura di essere abbandonati, paura dei cambiamenti, ecc.). Le paure attivano il sistema nervoso simpatico che mette in circolo l’adrenalina e i glucocorticoidi che svolgono la funzione atavica di “combatti o fuggi” di fronte al pericolo aumentando immediatamente il battito cardiaco, allo scopo di inviare attraverso il sangue più sostanze nutritive ai muscoli, e aumentando contemporaneamente il ritmo respiratorio per fornire al sangue tutto l’ossigeno necessario per bruciare completamente gli zuccheri.

Tutti i segnali provenienti dagli organi di senso arrivano all’amigdala, autentica sentinella delle emozioni, la quale va in emergenza di fronte a ogni cosa nuova. Patrizia Salvini, nel suo autentico capolavoro “La mappa della felicità” (2), la definisce “fifona”, perché l’amigdala ci mette in allarme ad ogni minima novità, senza aspettare se il pericolo sia reale, oppure no. Ma siccome noi non siamo più animali, ma essere civilizzati, l’azione del sistema nervoso simpatico resta quasi sempre infruttuosa, perché al mondo d’oggi non è più possibile combattere o fuggire – per esempio, non sempre si può affrontare il nostro datore di lavoro o il superiore incollerito - cosicché l’adrenalina resta cronicamente in circolazione nel sangue senza risolvere il problema, per cui i muscoli ed i tessuti restano impregnati di carburante (zuccheri = energia) non utilizzato completamente.

Gli zuccheri non completamente utilizzati (ossia bruciati) provocano la contrazione (o tensione) dei muscoli e questo è il motivo della sensazione di stanchezza che proviamo. In fondo, il meccanismo è identico alla presenza di acido lattico nelle gambe affaticate: anche l’acido lattico è un carburante perché deriva dallo zucchero non completamente bruciato.

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È facile capire che la presenza cronica di adrenalina nel sangue impedisce l’azione rilassante del parasimpatico, per cui si sta sempre in allerta, le paure non scompaiono e restano dentro causando una rabbia sommersa, preoccupazioni, ansia e a volte panico. Una prova di questo clima di paura sotterranea che si vive è data dalla apparente assoluta indifferenza con cui ascoltiamo le notizie alla radio e al telegiornale, notizie che nel 95% dei casi sono sempre disastrose e tragiche. (Le notizie stesse se non annunciano fatti delittuosi e tragici non meritano di essere notizie….). In un clima del genere non desta meraviglia che qualunque segnale di novità, qualunque cambiamento anche il più piccolo viene percepito come un potenziale pericolo, anziché come occasione di crescita. In realtà, le crisi sono sempre una grande opportunità di crescita, e col senno di poi possiamo dire che non vengono mai per nuocere, ma rappresentano il balzo indietro prima del nuovo slancio. Il nostro errore più grande è quello di reprimere le cosiddette emozioni negative, ossia quelle che ci fanno paura. Infatti non esistono emozioni negative, ma soltanto utili messaggi provenienti dall’inconscio. Tutto ciò che rifiutiamo o che cerchiamo di tenere lontano, continuerà a perseguitarci, ossia a creare blocchi e malattie, fino a quando non lo accetteremo completamente, fino a quando non completeremo l’esperienza.

La presenza cronica di adrenalina nel sangue compromette il nostro sistema immunitario, danneggia la digestione degli alimenti, rovina il sistema cardiocircolatorio e provoca il crollo fisiologico delle giunture delle ossa: insomma le paure indeboliscono il nostro organismo e lo predispongono a diverse malattie. È chiaro perciò che occorre assolutamente imparare a gestire le nostre paure, dobbiamo imparare a rilassarci e distrarci di più, e poiché il nostro organismo ha perduto più o meno completamente, durante il giorno, la naturale funzione equilibrante del sistema nervoso parasimpatico, ci dobbiamo concedere assolutamente una vacanza! Per nostra fortuna il nostro corpo continua a lavorare durante il sonno: il parasimpatico produce gli ormoni del rilassamento e ciò consente il riciclaggio delle cellule più vecchie o danneggiate riconosciute attraverso i loro messaggi elettromagnetici. E perciò, quando il riposo è insufficiente avviene perciò un rapido deterioramento della salute.

5. I desideri

Cos’è un desiderio? È la mancanza di qualcosa che ci attira e che vorremmo avere a tutti i costi. I pensieri - dunque gli elettroni - si concentrano su questo desiderio che non riusciamo ad appagare e quindi si crea un blocco di energia, un blocco di elettroni: diciamo pure che non avviene la reazione chimica che forma la sinapsi (consapevolezza) che libererebbe dall’ingorgo e dal desiderio. La concentrazione di elettroni causata dal mancato sbocco -o mancata reazione- crea, dunque, un blocco e una tensione in un dato punto del corpo: il desiderio, infatti, se è troppo forte, ci fa stare male! Anche i dispiaceri, i disappunti, i contrattempi, i rifiuti, le offese e le critiche agiscono allo stesso modo: arrestano il libero flusso degli elettroni e ci fanno star male. Dunque il dolore, da qualunque cosa generato, è sempre un problema di arresto o mancanza di sbocco degli elettroni, ossia si tratta di un blocco energetico causato da una resistenza troppo forte, a cui si accompagnano intensi stati emotivi.

L’errore più comune che si commette nella vita in generale, compresa quella amorosa, è l’accelerazione: ad un certo punto, quando le cose si sono messe bene e il risultato agognato sembra a portata di mano, anziché attenderne il naturale epilogo, si finisce col premere sull’acceleratore. Anziché continuare quello stato idilliaco fatto di attenzioni e rispetto reciproco, che ci fa sentire bene e che porterebbe spontaneamente all’approdo finale, si commette l’errore di premere improvvisamente sull’acceleratore, il che porta spesso alla inevitabile comparsa della resistenza da parte dell’innamorata(o) che magari non è ancora pronta(o) e perciò si chiude, ci ripensa, si rifiuta. In questi casi, per rimediare al mal fatto, cioè alla propria fretta o impulsività, bisogna mostrarsi contriti, tristi e chiedere scusa.

Se ci pensiamo bene, ci rendiamo conto che spesse volte la causa della nostra insoddisfazione sta nel fatto che non sappiamo aspettare: vogliamo tutto e subito, non proprio come i nostri bambini, ma quasi…. Per tali motivi ci scontriamo con la lentezza degli eventi, in senso generale.

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Purtroppo la realizzazione di un obbiettivo o di un desiderio è sempre lenta e faticosa.

Se non acquisiamo la convinzione, anzi la certezza che ogni cosa matura soltanto quando è giunto il suo momento, finiremo con attaccarci troppo ai risultati e saremo portati a forzare i tempi. Insomma la nostra impazienza è la causa principale della nostra insoddisfazione e/o infelicità, ma l’impazienza deriva dall’attaccamento eccessivo al risultato. Non sto dicendo che non ci dobbiamo dare da fare ed impegnare a fondo, non sto dicendo che non dobbiamo agire, tanto più che l’azione e l’accelerazione sono quasi spontanee, generalmente non ce la facciamo a stare fermi, ad aspettare. Voglio dire soltanto che non dobbiamo attaccarci troppo ai risultati, ma imparare ad attendere, insomma dobbiamo avere molta pazienza. Non bisogna pensare sempre alla stessa cosa, dobbiamo pensare anche ad altre cose, coltivare i nostri hobby e in generale distrarci, rilassarci di più. Un viaggio, per esempio, in un luogo interessante e suggestivo dove non siamo mai stati prima riesce spesso a guarire persino un esaurimento nervoso, anzi maggiore è la durata del viaggio, più esso è efficace per il nostro benessere psico-fisico: la vacanza ci fa ritornare l’entusiasmo e la voglia di vivere.

Ma perché ci mettiamo quasi sempre così tanto tempo a realizzare i nostri desideri? I desideri nascono nella nostra mente conscia, ma per realizzarli dobbiamo affidarci e confidare nella potenza della nostra mente inconscia, la quale è dotata di una grande forza di inerzia e per giunta è almeno un milione di volte più potente. È chiaro che se non c’è conflitto tra conscio ed inconscio, il desiderio viene realizzato molto velocemente, ma purtroppo il desiderio stesso che nasce nella nostra mente conscia, sorge quasi sempre come compensazione ed in contrapposizione ai programmi registrati nella mente inconscia. Dunque la mente è spesso in conflitto con l’inconscio. Per cancellare i programmi inconsci e realizzare i nostri desideri ci vuole tantissimo tempo: ci vuole tantissimo tempo per cancellare le nostre credenze limitanti e sostituirle con quelle potenzianti perché le convinzioni sono autentiche vie neurali, dunque sono inconsce ed automatiche. In fondo, il meccanismo utilizzato dal cervello è sempre lo stesso: soltanto con la ripetizione si acquisisce una nuova abitudine come imparare una lingua, guidare l’automobile, suonare uno strumento musicale, ballare, imparare un nuovo mestiere, mentre il disuso cancella l’abitudine. Più ci esercitiamo e prima impariamo, e quando abbiamo imparato bene attraverso la pratica e gli esercizi abbiamo acquisito una nuova abitudine per cui i nostri gesti diventano automatici perché partono direttamente dal cervelletto, dall’inconscio. Non esistono scorciatoie: anche se è sempre noioso e faticoso, bisogna ripetere gli esercizi fino alla nausea per poter imparare.

Se siamo convinti di essere negati per il ballo o che siamo negati per le lingue straniere, non dobbiamo meravigliarci di impiegare tantissimo tempo per raggiungere un qualche risultato positivo, perché non ci eserciteremo mai con convinzione e con costanza. Ci riusciremo pure, ma dopo tanto, tantissimo tempo. Ovviamente i tempi si accorciano se c’è una motivazione valida, ma soprattutto diventano brevi e proficui se ci convinciamo che siamo portati per il ballo e per le lingue straniere. Il tempo impiegato serve proprio a cambiare le nostre credenze da limitanti a potenzianti! Insomma, le credenze negative presenti nel nostro inconscio bloccano le nostre energie, "disarmano" i nostri elettroni i quali per essere attivi e reattivi devono trovarsi allo stato energetico superiore che soltanto l’entusiasmo può dare. Le credenze positive e potenzianti ci tengono in uno stato di eccitazione costante, anche se comunque andremo soggetti ad alti e bassi, perché è la vita che ci prepara trabocchetti che ci precipitano giù, ma in realtà servono per portarci ancora più su.

6. Distacco e serenità

Il libero flusso dell’energia (degli elettroni) genera benessere; il loro ristagno crea malessere. Il dolore e la tensione sono causati dalla negazione delle emozioni che ci fanno paura, il che ci assorbe tutte le nostre energie, mentre se le accettiamo e le sperimentiamo, l’energia fluisce liberamente, il dolore e la tensione scompaiono, e noi viviamo una emozione molto intensa e salutare. E allora come possiamo facilitare il libero flusso delle emozioni, ossia in che modo possiamo accettarle? Possiamo accettarle attraverso il distacco, ossia evitando un eccessivo attaccamento.

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Perciò è chiaro che l’attaccamento alle cose e/o alle persone dà luogo a un arresto o blocco degli elettroni (ossia non si formano le sinapsi o punti di collegamento tra i neuroni) ed è così che si manifestano le emozioni di cui abbiamo paura. (Deepak Chopra collega al rancore le malattie cardiovascolari e le morti improvvise).

Anche i desideri insoddisfatti provocano blocchi perché il desiderio in sé è attaccamento. Ed anche l’amore non corrisposto genera un blocco energetico perché ci fa attaccare ancora di più.

Per stare bene fisicamente ed emotivamente dobbiamo restare alquanto distaccati. Per non soffrire non bisogna mai essere troppo attaccati. In poche parole, è proprio l’attaccamento che genera la resistenza! Se c’è distacco c’è anche libero flusso. Il distacco nasce, secondo me, dalla consapevolezza che ogni cosa giunge a maturazione al momento giusto: benedetta perseveranza! Quando manca questa convinzione, allora l’attaccamento alle cose materiali o/e alle persone diventa eccessivo a causa, tra l’altro, del ritardo nella realizzazione dei propri obiettivi, cosicché noi diventiamo schiavi dei nostri desideri o dei nostri istinti e manchiamo di flessibilità e di rispetto per il prossimo, ossia tendiamo a voler imporre per forza le nostre idee e le nostre soluzioni. Senza un oculato distacco, perciò, si verifica a nostra insaputa un continuo autosabotaggio. Grazie al distacco si acquisiscono buone abitudini e convinzioni potenzianti e cresce ovviamente l’autostima e il piacere di vivere perché siamo guidati dalla perseveranza e dalla certezza che tutto giunge al momento giusto. Attraverso il distacco si possono vivere meglio i sentimenti e le emozioni, anziché reprimerli o ignorarli.

Ma perché l’attaccamento alle cose materiali o alle persone genera resistenza e blocco e quindi sofferenza? Perché l’attaccamento crea un impatto massiccio e aggressivo (degli elettroni) per cui è inevitabile la resistenza del “mezzo”, mentre un approccio morbido o distaccato apre la strada facilmente e senza sforzi, anche se più lentamente, perché anche la resistenza diventa morbida. La fretta e la velocità eccessiva spesso rappresentano un boomerang, provocando scontri e/o ingorghi (di automobili in autostrada). Generalmente è bene non forzare gli eventi, altrimenti aumenta la resistenza, aumenta lo stress, aumentano le difficoltà e gli insuccessi. Forzare la situazione presente equivale ad accrescere la resistenza incontrata, in senso generale, dunque a soffrire (3).

7. La terza legge di Newton

Si può capire meglio l’effetto della resistenza considerando la terza legge di Newton: ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Il che significa che se noi esercitiamo un’azione troppo forte, avremo una reazione altrettanto forte, mentre se siamo morbidi, anche la reazione sarà morbida. Dal punto di vista esistenziale, l’attaccamento rappresenta l’esercizio di una azione troppo energica, per cui avremo una reazione altrettanto energica, cioè uguale e contraria. Ora l’opposto dell’attaccamento è il distacco: quindi un eccessivo attaccamento, anziché promuovere un maggiore trasporto e affetto nel nostro partner, come molti di noi ingenuamente si aspettano, ne provoca invece il distacco, ossia una maggiore freddezza o lontananza. Per lo stesso principio, se siamo noi stessi distaccati, avremo come conseguenza un maggiore attaccamento dall’altra parte!

Ma perché, direte voi, sono così sicuro di quello che dico? Io penso che l’attaccamento è amore, è calore, ed in base ad una caratteristica fondamentale dell’Universo, il calore fluisce sempre da un oggetto caldo a uno freddo! A questo punto diventa estremamente chiara la metafora "In amore vince chi fugge": chi fugge, infatti, fugge perché è freddo, perché non sente niente; ed invece chi insegue, insegue perché è caldo, ed è come un bambino che ha la febbre: sente il bisogno di coccole. Una persona calda (o innamorata) irradia energia elettromagnetica perché al suo interno gli elettroni, essendo bloccati dalle resistenze del partner, sono molto eccitati e/o agitati e perciò sviluppano calore; mentre una persona fredda è sempre calma e serena, e sta bene da sola non essendo innamorata. È sempre l’amore che ci mette in eccitazione!

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8. La possessività e le aspettative esagerate

Più ci attacchiamo alle persone e più ci accorgiamo che non sono come noi vorremmo, che sono imperfette, che non ci soddisfano. Se invece siamo sufficientemente distaccati, le apprezziamo di più, le vediamo così come sono e come devono essere, le accarezziamo mentalmente, le amiamo veramente: ed esse non ci deludono. Soltanto una buona dose di distacco ci consente di non perdere di vista i nostri obbiettivi, le motivazioni per le quali agiamo; mentre l’attaccamento esagerato ci rende schiavi degli eventi e perciò rischiamo di smarrire la rotta diventando facili prede delle emozioni negative e dello stress. È qui il caso di rimarcare che la maggior parte delle disfunzioni biologiche cominciano sempre a livello molecolare o atomico (ioni).

Siamo noi, con i nostri atteggiamenti possessivi, con le nostre paure e le nostre aspettative esagerate che intralciamo e allontaniamo le persone che amiamo. Siamo noi che plasmiamo le cose che ci interessano, le cose di cui abbiamo bisogno e le avviciniamo oppure le allontaniamo senza rendercene conto. Siamo noi che attiriamo i nostri successi con un atteggiamento distaccato e fiducioso, oppure i nostri fallimenti con un comportamento possessivo e ansioso.

9. Apprezziamo la diversità

Sorridiamo di più alla vita ed essa ci sorriderà! Abbandoniamo le nostre paure, diamo fiducia ai nostri figli e alle persone care, diamo fiducia a noi stessi con un atteggiamento sereno e distaccato: diamo tempo al tempo! Non possiamo pretendere che tutti i nostri figli siano uguali, che tutte le persone siano uguali, o meglio come noi vorremmo che fossero. Non tutti i figli possono essere pronti e capaci, quello più lento maturerà più lentamente: dobbiamo avere fiducia nella vita, dobbiamo scrollarci di dosso le paure che sono sempre in agguato e che sono la nostra rovina! Alcuni figli sono più servizievoli ed educati, altri sembrano più egoisti e disordinati; alcuni sono musoni ed incerti, altri invece sono socievoli e impulsivi. Eppure sono tutti nostri figli, li abbiamo fatti noi.

Rispettiamo la loro diversità: sono nati in un dato giorno e a quella precisa ora, sono nati sotto un cielo diverso, hanno una natura a volte profondamente diversa. Eppure sono tutti figli nostri: stesso padre e stessa madre, anche stesso ambiente, stessa educazione, eppure sono diversi! Amiamoli così come sono, aiutiamoli quando non ce la fanno, plasmiamoli con una fiducia immensa, con un affetto incondizionato e con l’esempio. Se non avremo fretta, se non alzeremo troppo la voce, se li accarezzeremo spesso, se non ci faremo prendere dall’ansia e dalla paura, se sorrideremo spesso, se avremo il dono magico della perseveranza, essi acquisiranno un grande entusiasmo per la vita e saranno guidati da una grande passione, perciò diventeranno tutti campioni, magari in campi diversi, perché sono diversi.

Conclusione

Quando la mente inconscia viene programmata da genitori, zii, nonni ed insegnanti in modo sano ed equilibrato, il successo nella vita diventa assicurato. Purtroppo la programmazione che riceviamo, in genere, è sempre più o meno difettosa, perché nessuna delle persone suddette è abbastanza sana ed equilibrata, anche perché, come suol dirsi, nessuno nasce imparato. Guai a sentirsi dire che siamo sfortunati e guai a "ripeterci" di essere sfortunati: la sfortuna non farà che perseguitarci perché l’inconscio ci guiderà infallibilmente sull’autostrada della sfortuna!

Una persona potrà ritenersi veramente completa e soddisfatta quando riuscirà a restare calma e lucida di fronte a qualunque contrattempo e quando riuscirà a ridersela di se stessa anche quando riceve critiche ingiuste ed ingiustificate. E questo avviene quando, nonostante il doloretto fastidioso, nonostante le critiche, nonostante la brutta notizia, continuiamo ad accettarci ed amarci totalmente e profondamente. Perché soltanto quando l’accettazione di sé è totale e incondizionata e quando l’amore di sé è completo e incondizionato il nostro corpo "vibra" in modo armonioso e sublime, proprio come quando ci abbandoniamo ad una sonora risata e ci liberiamo magicamente da ogni affanno o preoccupazione.

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22 Bibliografia

1) Massimo Teodorani - David Bohm: La fisica dell’infinito –Scienza e Conoscenza;

2) Patrizia Salvini - La mappa della felicità - www.piuchepuoi.it;

3) Deepak Chopra - Le sette leggi spirituali del successo - Lo Scrigno.

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23 Capitolo 4

LLLeee dddooommmaaannndddeee eeettteeerrrnnneee “Tutto dipende dall’alternanza”

Eccoci alle domande eterne: perché l’amore non dura per sempre? Perché la felicità è così effimera? Perché la nostra vita è caratterizzata sempre da alti e bassi? Ecco, la terza domanda è molto illuminante e ci darà le risposte che l’uomo cerca da sempre!

Gli esseri umani sono sempre in fase di apprendimento. L’apprendimento non è soltanto l’andare a scuola, imparare a guidare, a suonare uno strumento o a fare determinati esercizi: ogni cosa che facciamo è apprendimento. La nostra vita è un continuo apprendimento. E l’apprendimento è sempre più o meno doloroso: per esempio, quando non conosciamo la soluzione di un problema, quando

non riusciamo a guarire da una malattia, quando ci troviamo di fronte a un dilemma, quando non riusciamo a conquistare la donna del cuore. Il dolore è causato dall’ignoranza, ossia dalle nostre ridotte capacità iniziali, dalla nostra mancanza di esperienza, e così pure gli insuccessi o fallimenti. Durante la fase di apprendimento, che è una sorta di fluttuazione, si manifestano le emozioni.

Il cervello apprende attraverso il meccanismo delle associazioni e delle ripetizioni. Lo scopo delle ripetizioni è quello di dare il tempo al cervello di fare le associazioni necessarie, ossia mettere assieme, allacciare, collegare, concatenare, sistemare le nozioni nuove con quelle già presenti nell’inconscio, un nuovo esercizio o movimento fisico con quelli già conosciuti, una nuova operazione con quelle già note. L’associazione o concatenazione è più o meno analoga alla deframmentazione del nostro computer. La ripetizione, nel caso dell’apprendimento, può cessare soltanto quando le associazioni sono al completo, ossia quando è stato imparato tutto alla perfezione. A quel punto la nuova via neurale è completa ed è stata creata una nuova abitudine/conoscenza per cui, come nel caso della guida dell’automobile, ogni nostro movimento come frenare o accelerare o sterzare avviene velocemente e automaticamente, né più e né meno di come avviene automaticamente la respirazione, la circolazione del sangue, o la digestione degli alimenti.

È chiaro perciò che in una via neurale, costituita da dendriti e neuriti, ogni neurone deve avere le stesse conoscenze di quelli vicini. Ciò è possibile soltanto se esiste una rete neurale unica per tutte le cellule dell’organismo, estremamente complessa e intricata, proprio come esiste una sola linea elettrica nella nostra abitazione. Per tali motivi un grave trauma è come un corto circuito in casa: salta il collegamento neurale di quell’organo o di quell’arto alla rete centrale, per cui la riabilitazione sarà lenta e dolorosa e non sempre completamente soddisfacente. L’energia elettrica che dà vita ad ogni singola cellula del corpo proviene da un’unica rete centrale, proprio come la corrente elettrica della nostra abitazione proviene dalla stessa centrale che alimenta anche le altre abitazioni vicine.

Se si interrompe in qualche modo il collegamento alla centrale da cui ci proviene l’energia elettrica, la nostra abitazione resta al buio. I nostri corpi sono predisposti per utilizzare l’energia del sole attraverso gli alimenti prodotti dalle piante, ma sono sottoposti a logoramento, ad invecchiamento, per cui ad un certo punto non siamo più in grado di ricaricare le energie attraverso l’alimentazione, s’interrompe il collegamento (indiretto) con la centrale solare, scompare la luce (l’energia, la vita) e dentro di noi resta il buio, la morte.

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Il nostro cuore pulsa, ossia la sua azione è intermittente: ad ogni sistole, spinta, contrazione, fa seguito una diastole, risucchio, dilatazione del cuore stesso. Anche la respirazione è caratterizzata da due fasi complementari: l’inspirazione, in cui l’aria esterna entra nei polmoni, e l’espirazione in cui l’aria interna (vapore acqueo e anidride carbonica) fuoriesce dai polmoni. Ogni movimento vitale ha una natura sinusoidale con una cresta (positiva) e un avvallamento (negativo); proprio come ha un andamento sinusoidale l’alternanza tra il giorno e la notte e l’alternanza delle stagioni. Il nostro organismo è una propaggine del cosmo e pertanto ogni fenomeno naturale si rispecchia dentro di noi.

Neanche l’energia elettromagnetica o raggiante proveniente dal sole ha un flusso costante, ma è intermittente come una pulsazione essendo formata da pacchetti quantici. Del resto, le onde elettromagnetiche sono appunto onde, dunque hanno una cresta e una depressione. Insomma ogni manifestazione vitale e non vitale è caratterizzata da una semicurva concava e una convessa, come un’onda. Ed è per tali motivi cosmologici che noi, nonostante tutta la nostra immensa cultura e consapevolezza, siamo sempre soggetti agli sbalzi di umore e non possiamo farci assolutamente niente. Tutto deve pulsare, ossia ogni fenomeno richiede una pausa, un vuoto, è seguito a breve distanza di tempo dall’effetto contrario. Dopo un periodo di grande entusiasmo o euforia, di esaltazione, arriva inesorabile un periodo di tristezza, di caduta. Ecco perché le emozioni hanno un andamento ciclico e mutano continuamente come le condizioni meteorologiche le quali cambiano da un giorno all’altro e da un’ora all’altra. Ed ecco perché la felicità è sempre così effimera e perché l’amore non può durare per sempre.

Come sarebbe insensato opporsi ai mutamenti del tempo, così è insensato rifiutare le proprie emozioni. Ed è sbagliato distinguere le emozioni in positive e negative, desiderando le prime (gioia, soddisfazioni, entusiasmo, ardore, amore corrisposto) e rifiutando le seconde (paura, dolore, tristezza, risentimento, delusioni, ecc). Tutte le emozioni hanno una loro ragion d’essere e noi dobbiamo soltanto capirne il messaggio e trovare la soluzione più adeguata al fine di evitare pericolosi blocchi emotivi o energetici. Le emozioni sono fatte di energia e l’energia deve sempre fluire liberamente. Le emozioni non possono essere rifiutate o negate. Il dolore è causato non dall’emozione in sé, ma dal suo blocco, dal suo rifiuto. Il risentimento, per esempio, causa sempre dolore. Soltanto se accettiamo le nostre emozioni (rabbia, paura, ecc.), soltanto se ci consentiamo di percepirle e di viverle, ci sarà l’esperienza di una intensa sensazione anziché un dolore insistente ed insopportabile. Per quanto banale possa essere l’esempio che propongo, le cose stanno in queste termini: fa più male la paura di uno schiaffo che lo schiaffo in sé! Insomma, reprimere un sentimento, bloccare le energie vitali diventa una causa di malattie psicosomatiche e fisiche; al contrario vivendo i sentimenti, l’energia fluisce liberamente e ci sarà benessere fisico e psichico.

Ma cos’è esattamente l’energia vitale che deve fluire per stare bene in salute? Ogni emozione corrisponde a una determinata molecola e quindi rappresenta energia chimica. Per capire l’importanza del libero flusso dell’energia dobbiamo parlare della respirazione. Facciamo un paragone molto semplice: se l’uva è scadente, anche il vino che otterremo sarà scadente. Analogamente, se l’aria che respiriamo è di qualità scadente, anche la qualità della nostra respirazione sarà scadente. E cosa comporta una respirazione scadente? Comporta una scarsa produzione di energie (o meglio di molecole di ATP) e molte scorie! E perché si producono scarse energie e compaiono le scorie? E cosa sono queste scorie che, restando nell’organismo, lo avvelenano e lo indeboliscono? Per capire come stanno le cose basta pensare ad una scoria classica: l’acido lattico che si forma nelle gambe affaticate. L’acido lattico è un sottoprodotto della respirazione dovuto a carenza di ossigeno: la molecola di glucosio, che è lo zucchero da cui ricaviamo le energie utili al funzionamento degli organi e dei tessuti, quando la respirazione non è completa, a causa della scarsità di ossigeno disponibile, non si trasforma totalmente fino a produrre acqua e anidride carbonica e molecole di ATP, ma dà luogo a composti chimici intermedi, come appunto l’acido lattico, che sono ancora ricchi di energia. Ed è questa energia chimica non trasformata che viene meno all’organismo che perciò si stanca facilmente; e sono i composti chimici intermedi che, restando inutilizzati, formano scorie che provocano tensioni muscolari e danni fisici all’organismo!

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Una buona respirazione pertanto va intesa sia come qualità dell’aria utilizzata (per esempio, aria salubre oppure viziata), sia come modalità stessa della respirazione (per esempio, profonda o superficiale): una respirazione profonda e con aria salubre comporta la totale combustione o ossidazione del glucosio, quindi la mancanza di scorie e la produzione di molte molecole di ATP. (L’ATP o acido adenosintrifosfato è un accumulatore di energia destinata a essere utilizzata a breve termine dalla cellula. Ai legami tra i gruppi fosfato dell’ATP è associata un’elevata quantità di energia chimica, per cui quando vengono scissi a seguito di idrolisi enzimatica, l’energia viene liberata e resa subito disponibile per attivare il metabolismo cellulare) (1). Una buona respirazione è sempre associata al rilassamento del corpo. Viceversa quando cui eccitiamo o siamo agitati, il che è la stessa cosa dal punto di vista energetico, la respirazione diventa rapida e superficiale per cui entra poca aria nei polmoni, e difettando l’ossigeno la combustione dei glucidi è incompleta: pertanto compare la stanchezza.

Il bello della vita sta nella pulsazione, nell’intermittenza degli eventi, nel pieno e nel vuoto, nell’alternanza di valori opposti! Dunque la nostra fortuna, inverosimile a credersi, sta proprio nella mancanza di continuità della felicità e dell’amore; la nostra fortuna sta proprio negli alti e bassi della vita, nella continua alternanza di umore! Infatti, se fosse diversamente, una volta fatto l’amore con la partner tanto a lungo desiderata, e per tutto il tempo che vogliamo, non ne sentiremmo più bisogno! Ed invece, cosa succede? Dopo aver fatto l’amore e raggiunto un magnifico orgasmo, ci sentiamo stanchi e scarichi, ma dopo breve tempo sentiamo una carica più forte di prima, e vogliamo fare l’amore di nuovo. Se non ci fosse la pausa di riposo, non ritornerebbe il desiderio.

Il fatto che (nella maggioranza dei casi) ci stanchiamo di stare sempre la stessa persona, e ci stufiamo persino del sole più azzurro e incantevole invocando l’arrivo della pioggia, significa che abbiamo bisogno dell’alternanza, di valori opposti e complementari. Insomma, la natura è predisposta per il meglio, anche quando non fa comodo a noi…. È il cattivo tempo che ci fa apprezzare il bel tempo. Cosicché, anche se è vero che a causa del meccanismo dell’alternanza ci tocca spasimare e soffrire e subire sbalzi di umore, soltanto così possiamo desiderare e apprezzare il ritorno della gioia.

Bibliografia

1) Enciclopedia della scienza e della tecnica – De Agostini.

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Capitolo 5

EEE’’’ lllaaa pppaaauuurrraaa ccchhheee ccciii fffoootttttteee “Quando ci tiriamo indietro…”

Nella vita non riesce chi è più bravo, ma chi è più audace (1). La persona audace è coraggiosa, ardimentosa, valorosa, forte, animosa, temeraria, spericolata, focosa, impetuosa: i sinonimi sono davvero tanti! Una persona audace ricerca le novità, approfitta di tutte le buone occasioni, non si spaventa e non indietreggia se gli viene chiesta di fare una cosa che non ha mai fatto precedentemente. È pronta ad imparare. Si mette continuamente in gioco.

Gli piace fare tantissime cose, imparare mille mestieri. E ci riesce benissimo perché ha le convinzioni giuste per farcela. Considera la vita una sfida e una crescita continua per cui approfitta di ogni occasione per darsi da fare, è una persona pratica, è un uomo d’azione, non si

arrende mai, ha sempre un obbiettivo chiaro e preciso da raggiungere e si sente sempre sufficientemente motivato.

La persona audace ha imparato a tenere sotto controllo le paure, anzi a servirsene: le affronta senza pensarci due volte e va avanti! Quando si trova di fronte ad un muro cambia strategia e prosegue nella direzione dei suoi obbiettivi.

Sono le paure che ci bloccano, sono le paure che non ci fanno riuscire nella vita, sono le paure che non ci fanno realizzare i nostri desideri, sono le paure che ci fanno sentire una nullità, sono le paure che non ci fanno crescere, sono le paure che ci paralizzano. La colpa dei nostri insuccessi è dovuta sempre e soltanto alle paure! Ogni volta che c’è un problema nella nostra vita ricordiamoci di questa metafora: È la paura che ci fotte! Ogni volta che non ci sentiamo come vorremmo, c’è la paura in azione!

Le paure hanno mille volti. Le paure sono all’origine di ogni malessere. Più viviamo di paure e più siamo dei falliti. Come scrive Giorgio Nardone in “Oltre i limiti della paura”, il fantasma ci insegue e ci spaventa a morte se scappiamo; se invece lo affrontiamo, svanisce. Più osiamo e più riusciamo vincenti. Il segreto del successo, di ogni genere di successo sta nel saper trasformare la paura in coraggio; insomma bisogna, detto in una parola sola, osare!

La paura crea un blocco energetico: blocca gli elettroni, ossia impedisce le reazioni chimiche che forniscono l’energia utile per spingersi all’azione. La paura ci rende incapaci di proseguire; la paura ci rende incapaci di interagire; la paura ci rende incapaci di comunicare con noi stessi e con gli altri; la paura ci rende incapaci di pensare in modo razionale e positivo; la paura ci rende impotenti e senza idee; la paura ci fa temere i cambiamenti; la paura ci trattiene nella nostra “comfort zone”: la paura rovina la nostra esistenza!

Le paure dipendono dalle nostre credenze limitanti che ci boicottano continuamente. Se non cambiamo i credo inconsci (limitanti) il nostro modo di agire sarà sempre lo stesso per cui otterremo sempre gli stessi risultati. (3) Continueremo ad avere paura delle novità, dei cambiamenti, non avremo abbastanza fiducia nelle nostre capacità e non riusciremo mai a concludere nulla.

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La nostra vita, i nostri pensieri, i nostri comportamenti, le nostre emozioni, le nostre fortune e sfortune dipendono dalle nostre credenze, perché sono le credenze che azionano le paure e il modo di affrontarle o di controllarle. Purtroppo non è facile liberarci dalle paure e dai nostri credo limitanti, in quanto dopo tanto tempo che ce ne siamo serviti inconsapevolmente, sono diventate abitudini e quindi scattano automaticamente! Le paure hanno messo radici nel nostro inconscio e sono diventate istintive, perciò hanno il pieno sopravvento sulla nostra volontà.

Tuttavia, il compito della paura è di proteggerci dai pericoli! Ci vuole anche prudenza nella vita, altrimenti saremmo degli scavezzacollo continuamente esposti ai pericoli. La paura non è altro che un eccesso di prudenza, ma un eccesso talmente grande che ci toglie la forza di agire. L’energia necessaria all’azione viene consumata totalmente dalla paura, dall’indecisione! La paura divora le nostre forze, ecco perché ci sentiamo sempre stanchi, sfiduciati, nervosi, stressati. L’eccessiva prudenza deriva dalla mancanza di sicurezza, dal fatto che temiamo troppo le conseguenze delle nostre azioni, temiamo che ci possa succedere qualcosa di molto grave se ci "buttiamo"; la paura perciò ci toglie il coraggio e la fiducia, cosicché alla fine preferiamo lo status quo: dunque non rischiamo, non usciamo dalla nostra zona di confort. E purtroppo resta tutto come prima. Continuiamo a stare male.

Ma perché allora la prudenza è diventata talmente grande da paralizzarci del tutto? Perché la prudenza, che è utile e necessaria quando rientra nella norma, si è trasformata in una paura paralizzante? La risposta è semplice e la conosciamo tutti: durante l’infanzia abbiamo ricevuti così tanti rimproveri (e spesso anche sberle!) dai nostri genitori e insegnanti, abbiamo sentito così spesso urla spaventose e insopportabili in famiglia, siamo stati castigati e intimoriti così tante volte, ci è stato tolto così frequentemente l’affetto, che abbiamo perso la voglia di metterci in gioco, ci siamo sentiti degli incapaci e dei buoni a nulla. Per non subire altri rimproveri, altre sberle, altri castighi ci siamo fatti furbi…: abbiamo rinunciato a essere spontanei, a essere noi stessi, a essere persone normali; abbiamo rinunciato a essere rispettati, ascoltati e amati! Ci siamo "convinti" di non meritare nulla dalla vita, di non valere nulla, e ci siamo sentiti in colpa per la nostra situazione. Ci siamo bloccati al punto di partenza e non siamo più capaci di partire, di fare il primo passo. E ci siamo chiusi nella nostra corazza e nella nostra tristezza e nella nostra pigrizia. Per evitare il dolore che spesso proviene dalle relazioni, tendiamo ad anestetizzare il nostro cuore, finendo per apparire freddi e distanti. Tendiamo a vivere ‘a distanza’, lontano da rapporti che potrebbero provocarci dolore o sofferenza. E con il passare del tempo ci facciamo il callo, come suol dirsi, e purtroppo anche l’abitudine, e ora non ci facciamo più caso perché l’abitudine si è trasformata in automatismo. Il nostro inconscio ha ricevuto l’ordine che dobbiamo essere dei falliti, che non dobbiamo riuscire, per cui nonostante oggi non la pensiamo più così e ci sforziamo di migliorare, ci impegniamo al massimo, ed il più delle volte siamo anche bravi e preparati, nonostante tutto ciò continuiamo a fallire e a soffrire.

Il guaio peggiore è che le paure e i sensi di colpa vengono automaticamente trasmessi di generazione in generazione, di padre in figlio, perché l’educazione che riceviamo si basa su divieti di ogni genere, in particolare su divieti legati alla morale o alla religione, che fanno a pugni con la nostra naturale animale, con i nostri istinti insopprimibili. Le pressioni e le imposizioni che riceviamo fin dalla più tenera età fanno parte di un retaggio culturale che è difficile eliminare e purtroppo fanno spesso danni irreparabili.

Ovviamente, anche una forte gelosia tra fratelli o tra sorelle, e tra fratelli e sorelle, genera molti problemi esistenziali. L’invidia non è da meno rispetto alla gelosia. Conosco diversi casi di malattie gravissime che potrebbero avere come causa scatenante il proprio senso di inferiorità (e di frustrazione) rispetto alla sorella che ha avuto un matrimonio più fortunato.

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All’origine troviamo comunque sempre una scarsità di carezze e di amore presunta o reale durante i primi anni di vita, mai sufficientemente compensata. Anche se in nessun corso di motivazione o di autostima o di PNL si parla quasi mai di queste due emozioni antiche come il genere umano, ritengo che esse siano estremamente pericolose perché creano un profondo dissidio interiore, diciamo pure un’autentica e sotterranea lacerazione tra valori primari e totalmente opposti: l’amore fraterno e il bisogno di primeggiare dell’io, altrimenti detto egoismo. Anche se molti se ne sono dimenticati, la gelosia e l’invidia promuovono pur sempre i principali automatismi emotivi del genere umano.

L’atteggiamento mentale negativo necessariamente attirerà soprattutto risultati negativi. Ormai tutto è diventato automatico (o inconscio): di fronte a ogni cambiamento, di fronte alla minima novità anche promettente per noi, quella “fifona” (4) dell’amigdala ci mette subito in apprensione, fiuta il pericolo, fa scattare immediatamente l’allarme: e ci paralizza all’istante! Ormai l’amigdala, la sentinella del sistema limbico o cervello rettiliniano, si è specializzata a fiutare pericoli da ogni parte, vede soltanto minacce, e perciò ci provoca stress continuo (cioè stanchezza, preoccupazioni e nervosismo) che presto si trasforma in ansia; e queste emozioni consumano le nostre energie e noi ci sentiamo maledettamente stanchi, cosicché non abbiamo forze sufficienti per affrontare i problemi esistenziali! Per non essere preda dell’ansia (giacché ci conosciamo fin troppo bene e sappiamo già quali sono le nostre reazioni quando si profilano cambiamenti nella nostra vita), per non farci fregare da quella fifona dell’amigdala - che è diventata ancora più fifona a causa del lavaggio negativo del cervello che abbiamo subito durante l’infanzia e/o l’adolescenza, rinunciamo già in partenza. Anziché affrontare le novità ed essere felici delle opportunità di crescita che si presentano, ci blocchiamo. Quella codarda dell’amigdala, che è una struttura fondamentale dell’inconscio, ci ha plagiati! Ormai è lei che comanda e noi non sappiamo reagire. Riconosciamolo apertamente perché è salutare: siamo diventati dei vigliacchi, accettiamola questa dura verità, convinciamoci che i nostri problemi esistenziali sono causati quasi unicamente dalla mancanza di coraggio: insomma, è la paura che ci fotte!

L’amigdala – in realtà ce ne sono due, una per ogni emisfero – o l’ipotalamo o il sistema limbico nel suo insieme, insomma non importa chi sia esattamente, è la sentinella che sta a salvaguardia della nostra persona con il compito di dare l’allarme, ma le persone non sono tutte uguali! C’è chi si fa sotto dalla paura, come suol dirsi, ogni volta che deve prendere una decisione, e chi invece decide in un attimo! In mezzo c’è la grande massa intermedia. Questa diversità dipende ovviamente dalle paure o dalle sicurezze acquisite durante l’infanzia prima e poi durante l’adolescenza, insomma dipende dalle abitudini apprese. La nostra vita dipende dalle nostre credenze e dalle nostre abitudini.

Più a lungo si protraggono le preoccupazioni, l’ansia e la depressione e più si consolida la rete neuronale prevalente o prioritaria del nostro cervello che ci crea quel malessere specifico. All’inverso, i credo potenzianti e i pensieri positivi reiterati nel tempo creano una rete neuronale prevalente che produce entusiasmo e ottimismo. È facile capire che le abitudini, a livello dei neuroni, non sono altro che circuiti nervosi particolarmente sviluppati proprio in conseguenza dell’uso reiterato, come se fossero delle autostrade facilmente percorribili.

L’intensità della paura varia ovviamente da individuo a individuo, e questa diversità è importantissima perché ci dice che non dobbiamo essere obbligatoriamente succubi della paura. Perciò, ogni volta ci capita di tirarci indietro, dobbiamo subito avere la consapevolezza che è la paura che ci sta bloccando! E cosa possiamo fare per uscire dal circolo vizioso in cui spesso ci siamo cacciati inconsapevolmente? Cosa potremmo fare per aiutare i nostri figli in difficoltà o i nostri amici fifoni? Dobbiamo innamorarci della nostra amigdala! Si, dobbiamo amarla, corteggiarla e sedurla! Dobbiamo capire insomma che essa, in fondo, agisce innanzitutto per il nostro bene, ci mette in guardia, cerca di proteggerci, ma sta a noi non farci sopraffare.

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Come dicevo sopra, dobbiamo amarci completamente e profondamente, dobbiamo accettarci nonostante tutte le difficoltà e i nostri insuccessi, perché l’amore e l’accettazione incondizionata di sé, spesso possono ridarci l’autostima e l’energia psichica necessaria per vincere l’ansia e la paura dei cambiamenti, e consentirci di rischiare, di non avere più paura dei fallimenti, di affrontare le sfide della vita con una mentalità vincente!

In realtà l’amore e l’accettazione di sé non bastano, occorre anche un’altra cosa fondamentale, come vedremo nell’articolo "Il segreto del benessere". Occorre anche comprendere che è normale fallire, è normale sbagliare, e per favore non dimentichiamolo mai, è normale e giusto essere egoisti! È normale, giusto e salutare pensare a se stessi, prima di tutto a se stessi, pur senza esagerare! Anche l’egoismo non fa eccezione: ogni eccesso diventa difetto, dunque né poco, né molto. Possiamo affermare con tutta sicurezza che la saggezza è proporzionale alle proprie esperienze, agli errori commessi e ai propri fallimenti. Chi non sbaglia non impara. Chi non fallisce mai non cresce. Chi non affronta le paure soccombe, si trova sempre al punto di partenza: e l’inizio è sempre micidiale per tutti, tutti sudano sette camice quando fanno una cosa per la prima volta. Chi ha paura non ha mai provato, per lui o lei è sempre la prima volta che si trova in quella data situazione, e la prima volta crea sempre paura, difficoltà, dubbi, insicurezza!

L’amore e l’accettazione di sé aiutano a sconfiggere la paura, proprio perché la paura è nata da una insufficienza di amore, da troppi rimproveri. La mancanza di amore genera la mancanza di fiducia e di sicurezza, dunque genera la paura che è appunto mancanza di sicurezza e di fiducia nelle proprie capacità! La mancanza di fiducia e di sicurezza distrugge inutilmente le energie utili per fare il primo passo che è sempre il più difficile. La mancanza di amore distrugge il sano egoismo, cioè l’amore per se stessi. Quando ti senti amato sei forte e invincibile. Soprattutto, allorché siamo in grado di amarci e di accettarci completamente e profondamente, i nostri pensieri diventano positivi e potenzianti, non ci innervosiamo di fronte ai contrattempi, non ci inalberiamo o chiudiamo di fronte alle critiche, ci rialziamo rapidamente dopo una sconfitta e siamo pronti per la vittoria, non ci spaventiamo di fronte alle difficoltà, non perdiamo la calma e la sicurezza, e cominciamo a capire che per riuscire nella vita bisogna sacrificarsi ed impegnarsi al massimo, perché senza impegno e senza sacrifici e senza determinazione e senza perseveranza non si va da nessuna parte.

In fondo, il meccanismo di apprendimento del nostro cervello è semplicissimo: basta ripetere gli esercizi che ci vengono consigliati, fare pratica senza risparmiarci, fino a quando gli esercizi non diventano un’abitudine e quindi automatici! Il lavaggio del cervello, stavolta positivo, si basa sulla ripetizione di parole potenzianti, di pensieri positivi che cancellano quelli negativi, fino a quando le nuove convinzioni non si impiantano nell’inconscio, nella parte arcaica del nostro cervello e diventano a questo punto automatici, come quando, per evitare un incidente con l’automobile, pigiamo istintivamente il piede sul pedale del freno!

Più ripeti gli esercizi, qualunque tipo di esercizi, e più impari in fretta e diventi in gamba e sei apprezzato dagli altri e riesci nella vita: la pratica rafforza la rete neuronale prioritaria e aumenta le molecole dell’entusiasmo! Ma ricordati che essere bravi non basta: devi anche essere audace per mettere a frutto la tua bravura. Non devi avere paura dei cambiamenti e delle novità, ma devi approfittare delle occasioni che si presentano. Non devi rinunciare ai tuoi desideri e ai tuoi sogni. Devi essere entusiasta della vita. Non ti devi far fottere dalle paure!

Le paure sono le emozioni più normali e più utili che ci siano, non le possiamo ignorare, né le possiamo eliminare, ma possiamo controllarle e approfittare del loro messaggio, servircene per caricarci maggiormente e motivarci.

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Nella vita riesce chi è audace. In genere le persone audaci sono persone sportive e amanti della palestra: non hanno paura di nulla, neanche di volare con un deltaplano o di buttarsi da un aereo col paracadute. Dunque, cosa aspetti? Buttati anche tu e cambierai in un attimo!

Ricordiamoci di una cosa importantissima, fondamentale, secondo me risolutiva: per vincere la paura bisogna soltanto fare il primo passo, perché non è la paura in sé che ci ferma, ma è il primo passo che ci blocca. Insomma, abbiamo paura perché la prima volta che facemmo il primo passo finì male! E ora siamo convinti che se osiamo succederà esattamente la stessa cosa. L’inconscio ci sta proteggendo! I circuiti nervosi poco sviluppati ci conducono in un vicolo cieco e noi abbiamo paura perché ci troviamo di fronte ad un muro invalicabile, o se volete, sull’orlo di un burrone. E allora è giunto il momento di parlare con il nostro inconscio, dobbiamo dirgli chiaramente che adesso le cose sono cambiate, e dobbiamo pregarlo di farci fare di nuovo il primo passo. Dobbiamo ricordargli che adesso siamo in grado di rifare il primo passo senza problemi. Insomma, ora che sappiamo finalmente come stanno le cose, e cioè che si tratta soltanto di rifare il primo passo per vincere quella maledetta paura, dobbiamo farlo sapere all’inconscio con una chiacchierata in modo che lui ci lasci liberi di agire. E così la paura (del primo passo) scompare e siamo in grado di partire, di muoverci, di vivere pienamente la vita col beneplacito del nostro inconscio.

Bibliografia

1) Robert T. Kiyosaki – Padre ricco padre povero – Gribaudi;

2) Giorgio Nardone – Oltre i limiti della paura - Superbur;

3) Antony Robbins - Come migliorare il proprio stato mentale, fisico, finanziario – Bompiani;

4) Patrizia Salvini - La mappa della felicità – www.piuchepuoi.it

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Capitolo 6

IIIlll ssseeegggrrreeetttooo dddeeelll BBBeeennneeesssssseeerrreee “Come raggiungere il benessere psicofisico e riuscire nella vita”

Ecco il più grande segreto, quello che ci fa resuscitare, che sconfigge tutte le paure, che ci consente di apprezzare la vita, che ci ridona l’entusiasmo, che raddrizza anche le situazioni più complicate. Basta con la disperazione!

La soluzione dei nostri problemi di salute, dei nostri problemi di riuscita, dei nostri problemi di comunicazione, è stata sempre a portata di mano, l’abbiamo intravista tante volte. Non c’era bisogno di spendere tanti soldi per seguire i corsi di automotivazione e di crescita: l’autostima può crescere in un attimo! Non c’è bisogno di leggere tanti libri nella speranza di trovare finalmente la soluzione agognata; non c’è bisogno di consultare uomini di scienza che spesso stanno peggio di noi, vivacchiano come noi, si arrangiano e cercano di sopravvivere con la loro professione.

Non c’è bisogno di ascoltare la conferenza del grande illuminato d’oltreoceano che ci fa camminare sui carboni ardenti senza scottarci. L’autosuggestione è cosa buonissima, ma non è definitiva…. La visualizzazione è una cosa splendida, ma non è definitiva. L’accordo tra conscio ed inconscio è fondamentale per la conquista della serenità, ciononostante non ci preserva dai colpi improvvisi della sorte e quindi dall’umore nero.

Forse stai pensando: "Ecco l’esaltato di turno che pensa di risolvere i problemi della gente con la sua trovata!". Io non ti sto dicendo che risolverai sicuramente i tuoi problemi. Lo scopo di questo mio articolo è quello di aiutarti a sentirti bene fisicamente e psichicamente, il che, come è risaputo, è la base di partenza per mettere a frutto i tuoi sforzi di crescita e di miglioramento. Perciò, segui il mio ragionamento, continua a leggere senza pregiudizio e scoprirai qualcosa che sicuramente già sai, ma che non hai mai preso nella dovuta considerazione. Ti confesso che io ricorro sempre a questo rimedio quando mi accorgo che mi sto deprimendo, perché è inevitabile sentirsi un po’ giù ogni tanto, e magicamente mi rimetto in sesto!

Infatti, non si può essere sempre entusiasti o su di giri, perché la vita è piena di sorprese spesso spiacevoli. Il giorno segue la notte e la notte segue il giorno, ininterrottamente. Non basta tenere la luce accesa per bloccare l’oscurità. Anche la lampadina alla fine si fulminerà. E ritornerà il buio. Ma poi sorgerà ancora il sole ed è di nuovo luce. L’alternanza è una cosa indispensabile ed è inevitabile: c’è sempre alternanza tra luce e buio, tra sonno e veglia, tra estate e inverno, tra bel tempo e cattivo tempo e tra gioia e dolore.

Non si può lavorare ininterrottamente. Non si può restare svegli tutta la notte. La natura cerca, pretende, impone il riposo. Guai a non riposare. Guai a sfrenarsi e a non fermarsi mai. Dopo l’orgasmo occorre il riposo. Dopo una giornata di lavoro occorre il riposo. Dopo un anno di lavoro occorre una vacanza alle Maldive…. Ma tutto ciò non allontanerà per sempre il cattivo tempo, non farà brillare ininterrottamente il sole nella nostra vita. L’alternanza è la caratteristica principale del cosmo e nessuno, ribadisco nessuno, può sottrarvisi.

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Forse tu sei un fachiro e riesci a trattenere il respiro? E riesci a stare sottoterra per molti minuti rallentando i tuoi processi vitali: bella dimostrazione di abilità e di resistenza! Ciò non significa che si può eliminare l’inspirazione o l’espirazione! Ogni processo vitale e non vitale ha un andamento sinusoidale, con una cresta e una depressione, ovvero un’esaltazione e una caduta: vedi l’elettroencefalogramma, vedi l’elettrocardiogramma, vedi le onde sonore, le onde elettromagnetiche, l’onda provocata dal sasso lanciato nel lago….. L’equilibrio oscilla sempre tra due opposti, fra l’alto e il basso, tra destra e sinistra, tra sotto e sopra.

L’alternanza tra gioia e dolore, come quella tra giorno e notte e tra caldo e freddo, è il meglio che poteva capitare al genere umano, a dimostrazione del fatto che la vita non è soltanto tristezza e dolore, come sostengono alcuni, ma è anche gioia e felicità, purché si sappiano prendere le decisioni giuste al momento opportuno e si sappia come uscire al più presto possibile da un momento difficile. Senza alternanza sarebbe sicuramente peggio. Il sole non tramonta mai? Che noia! Il caldo non finisce mai? Che disastro! Il freddo intenso non diminuisce mai? Che tragedia! Mancanza di sonno? La pazzia è in agguato! Non smetti mai di lavorare? La fine arriva improvvisa! Nelle aree della Terra in cui mancano le stagioni e l’alternanza tra il giorno e la notte, la vita non è affatto agevole!

Ed allora dove sta il segreto del benessere? Qual è il segreto che ci dà la possibilità di controllare le paure, che ci fa eliminare l’autosabotaggio e che ci consente di vivere abbastanza bene, di riacquistare la fiducia e la serenità dopo un momento di burrasca? In realtà non si tratta di un segreto: è il classico uovo di Colombo! Si tratta di qualcosa che pratichiamo continuamente nella prima parte della nostra vita e che soprattutto i giovanissimi fanno naturalmente.

Andiamo per gradi. Per riuscire nella vita ci dobbiamo impegnare a fondo e sacrificarci, perché è risaputo che senza sacrifici e senza impegno (allenamento) non si va da nessuna parte. Assodato ciò, dove sta il problema? Insomma, perché tu sei restio a impegnarti a fondo, a sacrificarti un poco nonostante i tanti vantaggi promessi? Il motivo è semplicissimo: per poterti impegnare e sacrificare devi innanzitutto prendere una decisione in tal senso, ma per mettere in atto questa decisione occorrono energie ed entusiasmo in quanto è molto più confortevole restare nella propria comfort zone e non fare nulla! Per uscire dalla propria zona di comfort e darsi da fare per il proprio cambiamento occorrono davvero tante energie e molto coraggio! E tu nella condizione in cui ti trovi adesso, caratterizzata magari da una più o meno forte sfiducia in te stesso, dove lo trovi l’entusiasmo, dove lo prendi il coraggio, e soprattutto dove le prendi le energie? Se sei rimasto senza lavoro e senza un soldo, senza vie d’uscita, senza idee e senza prospettive, sei disperato e prostrato al massimo per cui è naturale che la tua autostima sia sottozero e che tu soffra terribilmente temendo il peggio! Sennonché una via d’uscita c’è, ossia è facile ritrovare l’entusiasmo e le energie e il coraggio e l’autostima e la voglia di vivere: basta fare una attività fisica abbastanza impegnativa e faticosa, come per esempio la corsa a piedi o in bicicletta, per sentirsi abbastanza presto di nuovo fiduciosi e pieni di idee! Sei disposto a questo sacrificio?

Non occorre che tu parta come un razzo…: le cose si fanno gradualmente. Anzi, guai a esagerare nello sforzo, specialmente all’inizio. Non si parte mai con la quarta marcia, si parte con la prima! Non ti piace la corsa? Nessun problema: puoi salire e scendere le scale del palazzo dove abiti molte volte al giorno, evitando l’ascensore, oppure puoi rimediare egregiamente con una ciclette o qualunque attrezzo sportivo da camera. Il potenziamento graduale dei tuoi muscoli potenzia anche la tua forza di volontà e combatte la pigrizia che è la peggiore attitudine/abitudine che si possa avere perché causa il fallimento della propria vita. La pigrizia ci uccide a poco a poco; o meglio ci annulla senza accorgercene, il che è anche peggio: la pigrizia non fa atrofizzare soltanto i muscoli, atrofizza anche il cervello!

Ma vi pare cosa da poco che gli uomini più potenti della Terra si mettano a correre e a sudare?! Li abbiamo visti tutti in televisione quei personaggi famosi che, insieme alle loro guardie del corpo, corrono e sudano nonostante l’età ed il loro enorme potere!

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Persino il papa deve prendersi la sua bella vacanza e fare lunghe camminate in montagna!

Come mai, nonostante i loro interminabili impegni, riescono a trovare il tempo per farsi una magnifica corsa e sudare abbondantemente? Evidentemente ne vale la pena. Infatti, è proprio quella corsa, quella sudata, quella faticaccia, quel sacrificio di natura fisica, che consente loro di tenere ritmi di vita intensi ed estenuanti senza crollare! Certo, per ricaricarsi potrebbero anche scegliere la via più breve e più semplice, quella della droga: ma la droga è la soluzione delle personalità destinate a soccombere! Molte persone, specialmente quelle che hanno una vita sociale intensa, pur avendo il merito di resistere allo spinello, per combattere lo stress si abbuffano di cibo, e ben presto sono colpite dal diabete e da problemi cardiovascolari, oltre che andare incontro ad una disgustosa grassezza. L’alternativa al cibo e allo spinello, che ci fa stare bene lo stesso, anzi assai di più perché ha tanti altri vantaggi e soprattutto è senza controindicazioni, è ovviamente la corsa!

E tu che forse stai continuamente a lamentarti della tua vita e a commiserarti per la tua sfortuna, la possiedi una tuta da ginnastica? Da quanto tempo non fai una sudata come Dio comanda? Da quanto tempo non corri a piedi? Li vedi o non li vedi i ragazzi che si allenano nel parco? Li vedi o non li vedi i gruppi di ciclisti la domenica? Lo vedi o non lo vedi il tuo amico “fortunato” che suda maledettamente correndo a piedi o in bicicletta? Tu sei convinto che corra perché è grasso? O credi che lo faccia perché vuole apparire bello? Forse dici: "Chi glie lo fa fare a sudare a quel modo"! Non ti suggeriscono niente i ragazzi che non smettono mai di correre e sono così pieni di vita? E credi che i Clinton e i Bush si mettano a correre per non mettere pancia? O forse supponi che possa trattarsi di puro esibizionismo, di rilancio della propria immagine? Come sei ingenuo e ignorante!

Forse non lo sanno bene neanche coloro che corrono regolarmente: credono che la corsa li manterrà in forma! La corsa va ben oltre la forma fisica! È questo il segreto per stare bene e per combattere lo stress, l’ansia, il panico e la depressione! Sono il movimento, la corsa, il sudore, il segreto del benessere! La corsa non solo ci fa stare bene fisicamente, ma ci aiuta enormemente ad avere successo, perché dal movimento (veloce) del corpo deriva ogni sorta di benessere.

È risaputo che le persone più volitive ed impegnate socialmente sono quelle che si muovono molto e le persone che si muovono molto sono anche quelle che si trovano più spesso sulla traiettoria delle buone occasioni. Le persone volitive sembrano favorite dalla fortuna perché sono sempre ben informate e perché sono piene di vitalità: la corsa, perciò, abbatte la pigrizia fisica e mentale e spinge alla realizzazione personale e sociale migliorando i contatti con gli altri e la comunicazione in generale.

I ragazzi stanno benissimo perché non stanno sempre in movimento; al contrario, i vecchi sono depressi perché stanno troppo fermi. Purtroppo, non è necessario essere anziani per diventare depressi ed infelici: lo si diventa a qualunque età, basta fare una vita sedentaria, basta una vita con poco o niente movimento.

Qualcuno dirà: chi me la dà la forza di correre o di camminare! Ma non dovremmo mai arrivare a questo punto, perché quando si è depressi, non abbiamo voglia di fare niente; quando siamo giù di morale, abbiamo soltanto voglia di soffrire. Conosco una donna sulla cinquantina che è più o meno depressa già da alcuni anni e va avanti tra medici, ambulatori e farmacie. Ma quando ha la rara possibilità di andare a ballare, si scatena: quale depressione, quale infelicità, quali pensieri negativi, quale ansia, quale tachicardia! Quando balla il suo corpo rinasce! Scompaiono magicamente i dolori. E lei è felice! Dunque, dove sta il suo errore? Riprende la vita sedentaria! Non c’è da meravigliarsi, perciò, se continua a correre dai medici ad ogni doloretto e se ha continuamente bisogno di fare analisi, ed è sempre in ansia in attesa dei risultati, mentre la sua stanchezza fisica e psichica diventa sempre più allarmante…! La convinzione principale di questa donna è di essere debole e bisognosa di cure e di protezione, perciò crede di essere predisposta ai malesseri.

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E i malesseri e le malattie arrivano puntuali perché l’inconscio non delude mai!

Io mi sono fatto la mia idea ed è questa: nel sangue delle persone stressate e infelici circolano troppe molecole della paura, e quando più si avanza negli anni, più le cose peggiorano, a meno che non ci diamo da fare: dobbiamo metterci la tuta e le scarpette da ginnastica e cominciare a correre. Perché quando corriamo il corpo ringiovanisce. Il corpo gioisce quando si muove perché tutti i suoi organi e tessuti si tonificano, vengono eliminate rapidamente e senza medicine le sostanze tossiche accumulate all’interno, le tensioni scompaiono mentre i muscoli si rilassano, ed il cervello risponde a questo stato di benessere totale rilasciando le molecole della felicità. Quando corriamo l’ossigeno affluisce con forza all’interno delle vie respiratorie, inonda tutti i capillari del nostro corpo e raggiunge magnificamente il cervello che, trovandosi nelle migliori condizioni fisiologiche, rilascia le famose endorfine! Inoltre la corsa, secondo me, è ancora più rilassante e benefica della meditazione e rinforza egregiamente il sistema immunitario.

Il cervello, dunque, quando è ben ossigenato e rilassato, rilascia le endorfine! Ma perché gli scienziati usano sempre nomi difficili che fanno perdere il nesso con la realtà! Io preferisco chiamare queste sostanze con il loro vero nome: molecole dell’entusiasmo, molecole del coraggio, molecole antipaura.

Per stare bene non è necessario andare dal medico e neanche dallo psicologo o dallo psichiatra: correre (a piedi o in bicicletta) è il segreto per stare bene e riuscire nella vita. E forse non occorre neanche seguire quei costosi corsi di miglioramento personale, spesso dall’efficacia effimera, perché quasi nessun formatore sottolinea abbastanza la cosa più ovvia, l’importanza della corsa (o comunque del movimento fisico) per acquisire il benessere psicofisico capace di infondere le energie necessarie per superare i momenti di scoraggiamento e la naturale antipatia per la ripetizione degli esercizi. E purtroppo, se gli esercizi consigliati dal trainer non vengono ripetuti per almeno 21 giorni o un mese, finché non diventano automatici, il corso (o il videocorso) è più o meno inutile, perché le semplici nozioni non bastano. D’altra parte, nessun risultato arriva subito, bisogna fare i conti con gli inevitabili fallimenti. Il successo in ogni campo dipende non solo dalle conoscenze apprese, ma anche e soprattutto dalla pratica! Soltanto quando facciamo la stessa cosa per un tempo sufficientemente lungo, essa diventa automatica e quindi inconscia, e soltanto allora diventa proficua, redditizia, utile! La semplice conoscenza non basta, come non basta la consapevolezza per eliminare una nevrosi o un tic o un’ansia o un difetto qualsiasi: la consapevolezza spesso è soltanto mentale e per poter diventare efficace deve essere sperimentata sul campo sotto forma di illuminazione o di rivelazione. Ora tu puoi anche convincerti che non sto dicendo balle, che il mio ragionamento non fa una grinza, ma se non sperimenti sul campo i vantaggi della corsa o comunque del movimento fisico, se non ti metti a correre, la consapevolezza non ti sarà di grande aiuto.

Quando vi sentite giù, non è solo perché la vita è difficile e perché i risultati non arrivano, è anche perché, presi da mille impegni, vi muovete poco, per cui l’entusiasmo viene meno: perciò è il momento di fare una bella corsa! La corsa fa aumentare le molecole del coraggio e dell’entusiasmo che tengono sotto controllo (neutralizzano) le molecole della paura, dell’autosabotaggio e della pigrizia. Ricordiamoci che è sempre e soprattutto la paura che ci blocca - questo articolo è appunto il seguito di "È la paura che ci fotte"-; è sempre la mancanza di coraggio e di energia che fa fallire i nostri sforzi. Ribadisco: per uscire dalla zona di comfort occorrono molte energie, molto coraggio. Purtroppo, le molecole della paura che circolano nel sangue ci fanno diventare masochisti, autolesionisti, insomma dei falliti. A volte si diventa dei veri rammolliti, senza forze, estremamente abulici, stanchi persino di parlare, talmente fiacchi da essere incapaci di allungare la mano per salutare un ospite e comportarsi in modo decente! Che pena!

Per ridurre le molecole della paura e aumentare quelle del coraggio, ossia per riacquistare la voglia di vivere ed avere successo nella vita, dobbiamo correre regolarmente, pur senza esagerare, perché se si esagera si rischia di cadere nell’eccesso opposto!

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L’eccesso ci impedirebbe di continuare a correre, di continuare a caricarci e ci costringerebbe a smettere e a stare fermi per parecchio tempo, per esempio a causa di uno strappo. E purtroppo stando fermi perderemmo ben presto il nostro entusiasmo e la grinta necessaria per affrontare le situazioni.

La vita è movimento. Il pianeta su cui viviamo, nel suo moto di rivoluzione, corre a una velocità pazzesca (mediamente 29,8 Km/s); tutti i pianeti corrono velocissimamente intorno al sole! Noi possiamo stare fermi soltanto il tempo necessario per riposare, ma se ci fermiamo troppo, possiamo considerarci… morti! Forse, soltanto con la corsa non riusciremo a risolvere tutti i problemi, perché come già dicevo, per riuscire nella vita occorre impegno e sacrificio; ma non possiamo fare a meno perché la corsa ci fornisce l’energia ed il coraggio di metterci in gioco, di osare, di affrontare e risolvere i problemi, di non temere le sconfitte e di superarle senza conseguenze quando arrivano, quindi di proseguire l’allenamento, l’impegno ed i sacrifici per raggiungere i nostri traguardi! Una cosa è certa: se non corriamo mai, se ci muoviamo poco, staremo malissimo. Staremo malissimo perché se non ci concentriamo sullo sforzo fisico saremo sommersi dai pensieri, e i pensieri non insistono mai sugli eventi positivi, ma soltanto sugli insuccessi, sui desideri e sulle offese ricevute. La cosa più importante da sapere è questa: i pensieri stancano assai più di una corsa a piedi!!! Dunque, non ci sono scuse per chi si muove poco!

Appendice

Sono sicuro che l’articolo ti è piaciuto. Ma so anche che non basta acquisire la convinzione sui vantaggi della corsa per mettersi a correre. La motivazione e la convinzione sui vantaggi della corsa non bastano a eliminare l’abitudine di… non correre. Basta pensare che sui pacchetti di sigarette c’è scritto che il fumo uccide, eppure la gente continua a fumare per abitudine, continua a ubriacarsi per abitudine e continua a drogarsi per abitudine! Un’abitudine negativa può anche uccidere, mentre un’abitudine positiva come la corsa può salvarci la vita.

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Capitolo 7

EEEddd ooorrraaa rrreeeaaallliiizzzzzzaaa iii tttuuuoooiii sssooogggnnniii “Il dramma della prima volta e la strategia dei piccoli passi”

L’amigdala, la sentinella del sistema limbico, funziona come un allarme che ci mette in allerta ogni qualvolta avvista qualcosa di nuovo, di sconosciuto. A me sembra che essa svolga un’azione incondizionatamente utile anche quando eccede nel vedere pericoli. Infatti, i nostri blocchi, i nostri insuccessi, i nostri problemi esistenziali non sono causati dalla paura in sé, ma da quel qualcosa che mette in azione l’amigdala e fa scattare l’allarme! Questa considerazione, come vedremo, cambia le nostre convinzioni e le prospettive sulla nocività assoluta delle paure e ci dà la possibilità di realizzare concretamente i nostri sogni, nonché di eliminare le sofferenze in maniera rapida, efficace e duratura.

Si dice che Walt Disney abbia ottenuto dalle banche il finanziamento per la costruzione di Disneyland dopo aver provato inutilmente trecento volte. Si racconta anche che Tomas Edison abbia fatto mille tentativi prima di riuscire ad inventare la lampadina. Conosciamo tante altre storie di personaggi che prima di diventare famosi e ricchissimi hanno patito la fame più nera. Hanno dovuto superare grandi ristrettezze, difficoltà ed imprevisti, trovando ogni volta un approccio diverso ai problemi. Ovviamente prima di raggiungere il successo questi personaggi erano frustrati, delusi, infelici, spesso al limite del collasso. A noi interessa capire come hanno fatto a non demordere e soprattutto perché alla fine sono riusciti a raggiungere un traguardo favoloso!

Ecco un vincitore del premio Nobel. Ha fatto una importante scoperta in medicina, meritando quel prestigioso riconoscimento! Ora noi vogliamo capire come è riuscito a fare la scoperta, perché tra tanti scienziati che lavorano in un dato campo, soltanto qualcuno sfonda veramente! Vogliamo sapere come ha fatto a superare gli scoraggiamenti, le difficoltà, le critiche che sono molto spietate quando precedono un traguardo molto importante!

Ed ecco invece un giovane diplomato in cerca di lavoro. Ha inviato 100 curriculum, ha attivato numerose conoscenze, ha ricevuto tante promesse, ma è ancora in cerca. Nell’attesa di un posto decente ha accettato, tra l’altro, un lavoro come commesso in un supermercato, lavorando due mesi per oltre 10 ore al giorno e ricevendo 600 euro al mese (senza contributi previdenziali…). Il diplomato o il laureato che non trova lavoro, a prescindere dalla scarsità e precarietà dell’offerta, ha anche la sua parte di colpa: non ha ancora imparato una strategia efficace.

Dunque, qual è il motivo per cui alcuni individui riescono nella vita e altri falliscono? Qual è la strategia che fa si che un atleta diventi un campione e altri hanno soltanto piazzamenti? Qual è la spiegazione per cui un ricercatore riesce a fare una scoperta prestigiosa, mentre altri, ugualmente impegnati, si limitano a pubblicare le loro ricerche e a scrivere libri. La PNL ha lavorato molto su queste questioni e ha escogitato strategie veramente efficaci.

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Ma nonostante l’applicazione della PNL non tutti riescono ad affermarsi come vorrebbero. Insomma, il successo dipende veramente soltanto dal giusto atteggiamento mentale e dalle convinzioni potenzianti, da obbiettivi chiari, dal focus mentale, da decisioni e strategie efficaci e dall’audacia? Sicuramente sono presenti tutti questi fattori nella riuscita personale, ma c’è anche qualcos’altro.

L’eziologia della paura è strettamente collegata all’eziologia del successo in ogni campo, compreso quello scientifico. Il meccanismo della paura o dell’ansia o delle preoccupazioni è sempre lo stesso in qualsiasi circostanza ed è di una semplicità enorme, tanto semplice e tanto evidente che non lo vediamo. Cosicché spesso ne cerchiamo le cause nell’autosabotaggio, nei blocchi interiori, nella pigrizia, nella mancanza di volontà e di coraggio. Sicuramente c’è qualcosa di tutto questo, ma la risposta più logica e onnicomprensiva sta nel fatto che siamo all’inizio di un processo che non conosciamo: e quando siamo all’inizio di qualcosa, di qualunque cosa, ci sentiamo perduti, ci sentiamo impotenti, e abbiamo paura.

Le difficoltà si incontrano soprattutto all’inizio di un processo! La paura è causata dal fatto che ci troviamo di fronte a cose che non conosciamo. L’insuccesso è causato dal fatto che siamo ancora all’inizio del nostro cammino, per cui non conosciamo la strada giusta da seguire e ci smarriamo facilmente. Quando ci perdiamo è inevitabile avere paura e sentirsi in colpa per la propria inadeguatezza. Chi non riesce, non riesce perché è sfortunato o perché è poco intelligente, o poco volenteroso: non riesce perché è ancora all’inizio del suo cammino! Deve fare ancora molta “strada”.

Quando non conosciamo la strada ci smarriamo facilmente. È inevitabile smarrirsi. Non è colpa nostra se ci smarriamo. Non sappiamo dove andare, dunque è normale smarrirsi. Altrettanto è normale sentirsi impotenti e preoccupati quando non riusciamo a risolvere i problemi, quando ci troviamo in un vicolo cieco, quando ci troviamo in una situazione ingarbugliata, quando abbiamo una malattia e i medici non riescono a farci guarire. Anche quando sosteniamo un colloquio di lavoro abbiamo paura; e in genere anche quando sosteniamo un esame. Anche quando prendiamo l’aereo la prima volta abbiamo paura. All’inizio di ogni processo scatta inesorabile la paura!

Nell’articolo “È la paura che ci fotte” abbiamo visto che nella vita riescono soprattutto gli audaci, a maggior ragione se sono bravi. Ma soltanto la bravura non basta. Le persone audaci riescono nella vita perché superano più facilmente lo scoglio dell’inizio! Di fronte ad un vicolo cieco cercano una via d’uscita. Non si scoraggiano. Cercano di andare oltre a qualunque costo. Le persone audaci non si fermano mai! Non indietreggiano, non cambiano prospettiva: continuano nella direzione del proprio obbiettivo. Sono decisi e coerenti: non oscillano di qua e di là come un pendolo, ma seguono una linea retta!

Di qua e di la non si va da nessuna parte. Con un passo di qua e uno di là non si combina nulla nella vita. Andando di qua e di là non si forma un’abitudine e si resta perennemente timorosi di affrontare il nuovo. Non si può andare oltre quel dato punto perché oltre quel punto c’è l’ignoto. E l’ignoto ci spaventa. Non posso andare oltre quel punto perché trovo un muro o un burrone; e allora torno indietro, ma anche dall’altra parte c’è un muro o il vuoto. Soltanto se seguo la strada retta prima o poi arriverò al capolinea. Se vado di qua e di là, avanti e indietro, non arrivo mai a destinazione. Se passo da un lavoro all’altro, ogni volta mi ritrovo al punto di partenza e non imparo nulla. Non mi allontano mai dall’inizio. E l’inizio è sempre più o meno traumatico per tutti. Non divento mai un esperto. Soltanto se faccio sempre la stessa cosa divento abile, capace e meritevole. Devo abituarmi a determinate azioni o esercizi perché soltanto così il mio cervello impara, si espande e corre veloce. L’abitudine si può assimilare ad una lunga catena di neuroni che forma una via larga e veloce come un’autostrada. Quando iniziamo a imparare qualcosa o a fare un nuovo esercizio, non esiste nulla nel cervello, neanche una traccia, neanche un sentiero.

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Quando, per esempio, iniziamo a ballare per la prima volta, siamo handicappati perché nel nostro cervello non c’è ancora la via neurale del ballo. I neuroni richiedono tempo per collegarsi tra loro e costruire un’autostrada neurale; ci vuole tempo per formare le sinapsi o ponti di collegamento tra una cellula e l’altra, il che significa che bisogna fare molta pratica, occorrono molti esercizi al fine di acquisire un’abitudine.

Quando leggi molti libri su uno stesso argomento, viene il momento in cui sei in grado di dire anche tu la tua, anzi è probabile che le tue argomentazioni siano più complete, innovative ed originali, per il semplice fatto che la mente rielabora, analizza e sintetizza tutte le nozioni di cui dispone e quindi, mettendole assieme, va anche più avanti: in termini di neuroni, la catena della conoscenza si allunga molto di più. Analogamente, per scrivere bene, bisogna scrivere molto: più scrivi e più diventi abile a scrivere perché si formano autostrade neurali. Per parlare bene in pubblico occorre prendere spesso la parola: più intervieni e più impari a parlare e ad affascinare l’uditorio. Per ballare bene è necessario ballare molto, anche se all’inizio è frustrante. Ogni cosa all’inizio è difficile, ed è questo il motivo per cui non si è disposti ad iniziare. Per diventare bravi in qualunque settore, non solo dobbiamo apprendere le strategie più efficaci, ma al tempo stesso occorre metterle in pratica, quindi occorrono tantissimi esercizi, molto allenamento. Si diventa abili perché attraverso la pratica i nostri gesti diventano automatici, e i gesti diventano automatici quando ci abbiamo fatto l’abitudine.

Se credi di poter montare con le tue mani un mobile dell’Ikea senza aver mai visto un cacciavite in vita tua, ti sei cacciato da solo in un autentico guaio! Altro che stress! Nessuno si può improvvisare falegname, imbianchino, meccanico, elettricista, idraulico, muratore senza un adeguato periodo di apprendistato. Non è sufficiente la consultazione di un libro fai da te, né basta seguire scrupolosamente le istruzioni: se ti cimenti per la prima volta a imbiancare la casa, o ad aggiustare una tapparella o a riparare un rubinetto che perde, è molto probabile che tua moglie non ti rivolgerà la parola per parecchio tempo! La prima volta, anche la cosa più semplice potrebbe essere un autentico dramma! Quando ti cimenti per la prima volta, devi sapere già in partenza che quel lavoro sarà tremendamente stressante! Se il tuo vicino invece ci riesce facilmente, sappi che non è perché è più capace di te, ma perché ha fatto quelle cose già tante volte.

Noi agiamo soltanto grazie ai neuroni! In ogni azione, sono i neuroni che ci guidano seguendo determinate vie neurali. Ed è facile capire che quando non c’è ancora un’abitudine e la strada neurale corrispondente, ossia la catena di neuroni, ci troviamo di fronte a qualcosa che non conosciamo. E quando nella nostra mente non esiste ancora una strada da seguire, un percorso con cartelli indicatori, quando ci troviamo di fronte a qualcosa di totalmente nuovo, noi andiamo in tilt perché va in tilt il cervello. Così come va in tilt il computer se riceve due o tre comandi contemporaneamente: si confonde, non sa quale comando eseguire, e si blocca.

Quante più sinapsi si formano, più neuroni si collegano tra loro a formare una catena o strada neurale conosciuta e facilmente percorribile. Si dice che noi utilizziamo soltanto una piccolissima parte del nostro cervello. Infatti, il numero di neuroni può ritenersi infinito. Il cervello di uno scienziato si può paragonare ad una città moderna, con le luci che si accendono e si spengono, mentre quello di un sapiente dell’antichità si può paragonare ad una città antica. Ogni abitazione simbolizza un neurone. Possiamo anche comparare le vie neurali o circuiti attivi presenti nel cervello di uno scienziato con quelli di uno studente delle scuole medie: ovviamente non c’è paragone! Un individuo coraggioso, rispetto a uno timoroso, è molto più sicuro e deciso ed ha più scelte a sua disposizione: ciò perché ogni scelta si può paragonare ad una diversa via neurale, ed ogni via neurale è una abitudine appresa. Insomma, la persona audace ha una maggiore esperienza della vita, ha più opzioni, perché ogni opzione corrisponde ad una abitudine e ogni abitudine è una via neurale consolidata.

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Ecco allora che ogni volta ci troviamo a fare qualcosa la prima volta è sempre un grosso problema, perché nel nostro cervello non si sono ancora formate quelle vie neurali, pertanto non esiste un percorso (neurale) da seguire. Tutto il nostro sapere corrisponde a tracce mnemoniche registrate nel cervello. Chi non riesce ad andare avanti è perché si trova ancora all’inizio e perciò è pieno di paure. Per progredire bisogna proseguire per la propria strada vincendo le paure. Ci sono persone piene di curiosità che non arretrano di fronte a nulla e altre che si spaventano facilmente. La stessa cosa si verifica davanti ad una nuova pietanza: c’è chi assaggia subito spinto dalla curiosità e dall’interesse, e chi invece prova una ripulsa immediata senza neanche assaggiare.

C’è chi si blocca di fronte ad un piatto nuovo, chi di fronte a un lavoro nuovo, a una lingua nuova, a un interesse nuovo, ad un esame nuovo. Si potrebbe dire che quasi tutti abbiamo qualche blocco. Il blocco corrisponde sempre ad una strada neurale corta o incompleta, come se la traccia neurale o il filo di corrente arrivasse solo fino a quel punto e soltanto fino a quel punto possono arrivare gli elettroni che trasportano il messaggio o stimolo. A volte la via neurale è interrotta da un trauma, che si può assimilare ad una frana, per cui è disagevole e pericoloso percorrerla.

Ora, per uscire da un blocco si deve ricorrere alla strategia dei piccolissimi passi, perché soltanto un passo piccolissimo ci fa vincere la paura che è quasi sempre presente all’inizio. Il primo passo deve essere piccolissimo, specialmente se la paura si è trasformata in fobia. Con la strategia dei piccolissimi passi non solo si può eliminare qualunque paura, ma si può anche imparare a fare di tutto, anche cose molto difficili, perché il cervello apprende attraverso associazioni e ripetizioni. Quando manca una associazione nel cervello, perché si tratta di una esperienza totalmente nuova, la corteccia cerebrale non sa cosa fare e si deve organizzare, deve preparare una nuova traccia, un nuovo percorso neurale, deve formare nuovi collegamenti o sinapsi, e ciò richiede un po’ di tempo: esattamente il tempo che serve a noi per imparare! Una rete neurale è completa quando abbiamo acquisito una nuova abitudine. Se all’inizio di un nuovo processo, presi dall’eccessivo entusiasmo, cerchiamo di fare un passo troppo lungo, ci blocchiamo facilmente. Appare evidente che un bravo insegnante non è colui che riesce a completare il programma ministeriale, ma quello che non si stanca di ripetere più volte la stessa lezione; ed è ancora più bravo se ogni volta utilizza esemplificazioni, metafore e immagini diverse. Il bravo insegnante non ripete le lezioni agli allievi, ma al cervello degli allievi. Anche gli antichi sapevano che “repetita iuvant”!

Il cervello impara grazie a associazioni e ripetizioni! Le ripetizioni consentono di procedere adagio, il che aiuta le associazioni! Più una nozione, un’immagine viene ripetuta di frequente e più s’imprime nel cervello e si ripresenta al momento opportuno, per esempio al supermercato…, dove scattano le associazioni alla vista delle varie marche dei prodotti. È per questo motivo che le ditte spendono miliardi per la pubblicità televisiva e ci bombardano ossessivamente con spot sempre uguali. Si dice che la propaganda è l’anima del commercio, ed è così perché uno spot televisivo (o radiofonico) ripetuto ad intervalli brevi ipnotizza letteralmente il cervello dei telespettatori. La qualità di un prodotto ormai è strettamente collegata alla frequenza degli spot….

Si può comprendere l’utilità della strategia dei piccolissimi passi, da mettere in atto all’inizio di ogni nuovo processo, pensando alla riabilitazione di un arto dopo un incidente: ci vogliono tanti esercizi mirati per reimparare i movimenti che prima si facevano automaticamente e con disinvoltura, e occorre procedere lentamente, senza forzature, specialmente all’inizio della riabilitazione, anche perché il dolore è fortissimo. Un trauma, più o meno è come uno sforzo eccessivo e defatigante. Quando ci stanchiamo troppo, come per esempio a seguito di un superallenamento o a causa di molte ore di estenuante lavoro, il corpo reagisce con un rifiuto totale a sottoporsi ancora a quello sforzo e a volte può anche ammalarsi. Spesso siamo costretti ad un lungo riposo e quando riprenderemo l’allenamento, non saremo più allo stesso livello di preparazione dell’ultima performance.

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E dovremo ricominciare daccapo, lentamente, gradualmente. L’abitudine appresa, corrispondente ad un’autostrada neurale, s’interrompe in conseguenza di uno sforzo troppo intenso o di un trauma, per cui la riabilitazione nell’uno e nell’altro caso deve avvenire a piccoli passi: più sono piccoli, meglio è. Il trauma provoca la distruzione più o meno totale della via neurale corrispondente, come quando in casa nostra avviene un corto circuito che provoca la bruciatura di un tratto di filo di corrente. Per riparare il guasto e ripristinare la linea elettrica occorre sostituire il filo bruciato o creare una linea ex-novo. La lenta riabilitazione di un arto equivale dunque alla ricostituzione o formazione ex-novo della via neurale distrutta a seguito dell’incidente: occorre, insomma, imparare daccapo. Una via neurale è esattamente come una linea elettrica: se non c’è il filo di rame, oppure il filo è interrotto, il flusso di corrente (che trasporta lo stimolo nervoso) non può avvenire. L’abitudine serve perciò a creare la linea elettrica o linea neurale o via nervosa nel nostro cervello.

La tecnica dei piccoli passi ci porta molto lontano, anche se c’è sempre, come nell’apprendimento, un fattore individuale, per cui ogni individuo ha una velocità iniziale diversa; ma anche la persona più audace e spericolata all’inizio deve fare passi brevi, altrimenti rischia di bloccarsi. Con tale strategia si vince ogni paura e ogni fobia, si vince ogni abulia, ogni blocco ed ogni ritrosia. Un buon diplomatico si accontenta di piccoli successi, perché sa che se chiede troppo rischia di fallire. Con piccole richieste, i sindacati di categoria ottengono rapidamente il rinnovo dei contratti, mentre se pretendono troppo scatta il rifiuto della controparte. Anche il sesso richiede piccoli passi, anzi con questa strategia si porta a letto qualunque donna. Con i piccoli passi si può imparare qualunque gioco, qualunque mestiere e qualunque lingua straniera. Ma se si pretende di imparare velocemente la lingua, e magari il primo giorno ci si esercita per molte ore perché si è freschi e motivati, ci siamo fregati in partenza: ci viene presto la noia o il disgusto, a meno che non lo facciamo per necessità! La motivazione a imparare la lingua scompare e, come spesso succede, rimandiamo per l’ennesima volta. Il passo lungo presuppone uno sforzo maggiore che è fatto con l’illusione di poter imparare subito la lingua, ma siccome le lezioni e gli esercizi diventano presto più difficili e l’apprendimento si fa sempre più duro, essendo partiti all’inizio con la quarta marcia anziché con la prima, ci scoraggiamo ed abbandoniamo.

Con passi piccolissimi si può anche imparare a mangiare quelle cose che alcune persone odiano fin dall’infanzia, come esempio l’aglio o la cipolla: tutto sta ad assaggiarne soltanto una punta infinitesimale. È questo il modo per sbloccare l’avversione. Quand’ero ragazzo non mi piacevano i liquori e ciò mi faceva sentire un po’ handicappato quando capitavo a qualche ricevimento o facevo qualche visita. Così decisi di rimediare. A casa mia, mi misi vicino a una bottiglia e ne assaggiai una goccia da un bicchierino, poi un po’ di più, e ancora di più, finché i sorsi diventarono più decisi e ad un certo punto tracannai direttamente dalla bottiglia. Cosicché mi ritrovai disteso a terra sul pavimento: sentivo un caldo terribile, ma ero contento…. Quindi, una volta superato lo scoglio iniziale con la strategia dei piccoli passi, si potrà procedere più speditamente perché subentra l’abitudine e tutto avviene automaticamente. Insomma, la strategia dei piccoli passi previene l’insorgere della resistenza, di ogni genere di resistenza. (A proposito della resistenza ti consiglio di leggere “Sono gli elettroni a farci soffrire” e “Sono gli elettroni a farci innamorare”).

Le difficoltà dell’inizio ci fanno anche capire che è (quasi) impossibile avere subito il lavoro che ci piace e guadagnare bene, è impossibile avere subito una casa grandissima, è impossibile avere subito un’automobile prestigiosa o una compagna bellissima. Un artigiano o un commerciante o un impresario o un libero professionista non deve aspettarsi di iniziare subito alla grande la sua attività, preso magari da un grande entusiasmo, anzi più grande è l’entusiasmo iniziale, maggiori saranno le delusioni alle quali va incontro alle prime difficoltà. L’entusiasmo è necessario all’inizio, e sicuramente è meglio essere entusiasti e buttarsi nell’iniziativa che essere bloccati dalla paura, ma è bene sapere che l’entusiasmo non ci fa vedere le difficoltà che ci aspettano, proprio come gli innamorati non riescono a vedere i difetti del partner.

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Tutti dobbiamo imparare a fare la gavetta, che significa abituarsi alle difficoltà. Per cominciare, e cominciare bene, dobbiamo accontentarci di fare un piccolo passo. L’importante è iniziare, e quando si inizia bisogna andare piano, occorre essere modesti, prudenti e saggi. Insomma, il bambino deve stare nella culla, non può essere messo in un letto a due piazze! Quanto poi alla crescita personale e professionale, l’ideale è crescere gradualmente, senza fare passi più lunghi della gamba: soltanto così si riescono a superare le difficoltà che sorgono lungo la strada. Infatti, le piante che crescono velocemente verso l’alto, sono facilmente abbattute dal vento perché l’apparato radicale non fa in tempo ad approfondirsi nel terreno. Ugualmente vincere 5 miliardi alla lotteria significa rovinarsi l’esistenza perché anche col denaro, anzi soprattutto col denaro, bisogna crescere gradualmente.

La rete neurale è la nostra personalità ed anche la somma di tutti gli eventi accaduti. Tutto ciò che ci è accaduto è registrato nella rete neurale. Noi crediamo che chi ha fatto una scoperta scientifica ha compiuto una impresa eccezionale. Effettivamente per la gente si tratta di una cosa fuori del comune, ma per lo scopritore stesso non c’è niente di speciale perché ci è arrivato passo dopo passo, quasi senza accorgersene.

Quando fai un ragionamento tecnico o filosofico e ci rifletti sopra, ad un certo punto non sei più in grado di andare avanti. Avviene una specie di blocco. E di blocco si tratta perché in sostanza hai esaurito tutto il tuo percorso neurale: non puoi leggere più nulla dentro di te. Non puoi andare oltre. Ma stai certo che domani o dopodomani avrai un’altra brillante idea, perché il circuito nervoso si allunga di un tanto durante il sonno. A ogni domanda il cervello cerca sempre di dare una risposta. E a domande intelligenti seguono risposte intelligenti. Se insisti con i tuoi ragionamenti, ossia se continui a parlare al tuo inconscio e a te stesso, avrai sempre una nuova risposta perché la mente non si ferma mai; la mente analizza ed elabora continuamente i dati che ha a disposizione. Però si blocca quando le chiedi troppo, ossia quando non le concedi il riposo necessario, quando tu non ti concedi un po’ di svago. Un’idea porta sempre ad una idea superiore perché le cellule neurali sono tanto più ingegnose quanto più si allontanano dal loro inizio, ossia quando più la via o catena neurale è lunga. Più si fa lo stesso lavoro da tanto tempo, e più si diventa esperti e creativi. La conoscenza è una rete neurale estesa ampiamente in tutte le direzioni.

Qualunque studioso può fare la sua bella scoperta se colloquia ad alta voce con il suo inconscio! Come? Registrando su nastro le proprie idee, anziché prendere appunti sul taccuino: poi occorre riascoltarle in continuazione, soprattutto la sera prima di addormentarci e la mattina appena svegli. Riascoltando il nastro scattano nuove associazioni di idee che vanno anch’esse registrate. E così creiamo in pochi giorni una lunga serie di idee registrate per cui gioco forza arrivano idee sempre più brillanti e più sofisticate, fino ad avere una intuizione molto buona e l’ispirazione decisiva! Ma non dobbiamo andare di fretta: facciamo riposare il cervello! E soprattutto dobbiamo compensare lo sforzo mentale con quello fisico, per esempio con una bella corsa e una magnifica sudata -vedi in proposito l’articolo” Il segreto del benessere” -, altrimenti il cervello se ne potrebbe andare per conto proprio…..!

Torniamo ora a una delle domande iniziali: qual è la strategia che fa si che un atleta diventi un campione, mentre la maggior parte di essi ottiene al massimo buoni piazzamenti? Ovviamente dipende anche dalle attitudini fisiche degli atleti, ma a parità di condizioni, diventa campione soltanto chi si prepara meglio. A volte capita che un atleta abbia una performance straordinaria, per esempio vince una tappa lunga e faticosa al giro d’Italia, ma il giorno appresso arriva con molto ritardo al traguardo. Ciò significa che aveva fatto il passo più lungo della gamba, il che può andare bene una volta soltanto, ma in genere è dannoso perché questa strategia toglie la possibilità di ulteriori e più prestigiose vittorie. Il fatto che l’atleta il giorno dopo la vittoria sia arrivato con ritardo al traguardo rispetto ai primi dimostra che il suo tempo di recupero è maggiore di 24 ore, e che lo sforzo prodotto per vincere quella gara è stato di gran lunga superiore alle capacità acquisite con l’allenamento. Pertanto, l’atleta che vince molto è colui che si allena talmente bene che gli sforzi che sopporta durante le gare sono della stessa intensità, o meno estenuanti degli sforzi a cui egli stesso si sottopone durante gli allenamenti.

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Con tale tipo di preparazione egli è “abituato” a vincere, deve vincere per forza, perché ha costituito per tempo le vie neurali tipiche del campione! Insomma, il campione è uno che merita di vincere perché fa sacrifici enormi!

Il ciclista che non ha una via neurale predisposta per la discesa, non può correre alla velocità di 100 Km/ora dietro il discesista: se lo fa cade, subisce un trauma. Il corridore che non ha una via neurale predisposta per la salita, non può stare a ruota dello scalatore: se lo fa scoppia, subisce un trauma. Uno sforzo insopportabile è come un trauma: annichilisce, annienta le forze. Il trauma è causato da una emozione troppo intensa non supportata da una adeguata via neurale. Quando la pressione dell’acqua è troppo forte, le tubature scoppiano. L’emozione è una scarica di adrenalina, è una scarica di corrente elettrica: se è troppo intensa le vie neurali saltano, come salta l’interruttore centrale della nostra abitazione se vi arriva una intensità di corrente eccessiva.

Andando di qua e di là non si combina nulla nella vita. Il giovane che non trova lavoro o che passa continuamente da un lavoro all’altro, non ha ancora capito che soltanto facendo l’apprendista può diventare a sua volta maestro.

Il garzone di bottega, imparando tutti i trucchi del mestiere, è destinato a mettersi in proprio; il mozzo di una nave può diventare capitano; ed il sergente potrebbe diventare generale. Soltanto se lo studente segue un corso di studi regolare può diventare professore o professionista. Un giovane non deve mai lasciare il lavoro che non gli piace se prima non ne ha già trovato uno nuovo. Ma la cosa più importante è che non deve mai scoraggiarsi, e per non scoraggiarsi di fronte alle inevitabili difficoltà, trabocchetti, mortificazioni e fallimenti deve guardare sempre avanti! Non deve mai guardarsi indietro altrimenti si deprime e soccombe!

Il cervello non riposa mai, ma è sempre in attività, e fa continui aggiustamenti, rimescolamenti e concatenamenti del materiale mnestico. Questo lavoro si chiama deframmentazione ed è analogo (anche se non uguale) a quello di un computer. La deframmentazione ovviamente è molto più efficace durante il sonno e ha lo scopo di archiviare nella maniera più efficace possibile le esperienze o ricordi nell’inconscio - il nostro disco rigido che ha sede nel cervelletto e corrispondente al cervello rettile - allo scopo di velocizzare la rete neurale ed i relativi programmi. I sogni notturni sembrano essere una conseguenza della deframmentazione, perché nella ricomposizione del materiale mnestico frammentato vengono toccati ricordi (frammenti o cluster) più o meno significativi. Nel sonno ci comportiamo come se i fatti avvenissero realmente, al momento presente e ad una velocità incredibile, ma le scene si svolgono in modo ingarbugliato perché si rimescolano frammenti della nostra vita relativi a tempi diversi. E quando i sogni evocano situazioni emotivamente troppo intense non ancora risolte – e perciò non ancora archiviate in modo definitivo - abbiamo gli incubi e ci svegliamo di soprassalto.

Durante il giorno la corteccia cerebrale domina incontrastata e noi non facciamo altro che pensare, analizzare e giudicare le situazioni e le persone, e perciò ci troviamo spesso a litigare con noi stessi e con gli altri, dato che gli altri pensano, analizzano e giudicano in modo diverso. In tal modo perdiamo la fiducia in noi stessi e ci sentiamo stanchi e stressati. Nel mondo occidentale la vita è stressante per tutti perché viviamo in modo artificiale e innaturale, e sempre più intensamente e affrettatamente, lontano dalla bellezza e dalla fragranza della natura. Ad un ritmo di vita così intenso, per recuperare le energie e la serenità si avrebbe bisogno non di una sola breve vacanza annuale in un posto incontaminato, ma di una vacanza ogni tre mesi….

Durante la notte, grazie al sonno, la coscienza è assente e subentra il cervello medio che è sintonizzato con la grandiosità del creato, per cui noi riposando, all’alba ci ritroviamo idee fresche e meravigliose, e spesso favolose intuizioni. Purtroppo, ragionandoci sopra, la corteccia ce le fa rigettare e così perdiamo tante buone ispirazioni.

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Alcuni sogni si realizzano soltanto quando vi abbiamo rinunciato. È questa la lezione che ci viene dal non attaccamento ai risultati, ai luoghi, alle cose materiali e alle persone. Sembra un paradosso perché non serve a nulla realizzare un sogno al quale non siamo più attaccati! Eppure si tratta della sacrosanta verità! Il distacco è molto difficile da realizzare, ma ha effettivamente qualcosa di portentoso. Quando rinunciamo ai nostri desideri dopo aver lottato invano per la loro realizzazione, noi ci arrendiamo. Riconosciamo la nostra impotenza. Ci distacchiamo dai nostri desideri. Accettiamo la realtà e ci affidiamo alla potenza infinita. Il che significa che escludiamo la corteccia cerebrale, sede del pensiero analitico, razionale e deduttivo. Distaccarsi significa escludere il cervello superiore che non è stato capace di condurre in porto la nave dei nostri desideri. Così non ci pensiamo più. Non ci arrovelliamo più. Ci mettiamo nelle condizioni mentali di chi non ha più nulla da perdere. Ci riposiamo, ci rilassiamo e recuperiamo enormi quantità di energie che prima andavano perdute per cui ci sentivamo stanchi e sfiduciati. Quando escludiamo il pensiero, eliminiamo la corteccia cerebrale che basa le sue capacità analitiche sulle esperienze passate e quindi sulla mancanza e sugli insuccessi, su ciò che non è stata in grado di realizzare, per cui smettiamo di affliggerci e di rimproverarci e accediamo alla potenza infinita del cervello medio.

Il cervello medio, a differenza della corteccia cerebrale, non pensa, non analizza e non giudica, per cui si spezza la catena del passato e ci liberiamo dei fantasmi e delle ossessioni vivendo finalmente nel presente come fanno i ragazzini; e intanto grazie al recupero delle energie e al ritrovato vigore fisico, i nostri sensi si acuiscono e sentiamo una immensa fiducia nel futuro. A questo punto è avvenuto un profondo cambiamento nella nostra mente, tutte le sinapsi si sono collegate tra loro e tutto ci sembra possibile, visualizziamo perfettamente ogni cosa e tutto sembra facile: siamo diventati magnetici e tutti cadono ai nostri piedi!

Le nostre paure e le nostre sofferenze e le nostre emozioni e i nostri insuccessi hanno origine da una fonte ingiustamente famosa: la corteccia cerebrale, la quale ci fa pensare troppo logorando così le nostre energie; inoltre, facendoci vivere nel passato, siamo quasi sempre in conflitto con la naturalezza, la spontaneità e la vivacità del momento presente, il che ci fa perdere il sonno e ci fa riposare meno di quanto sarebbe necessario. La corteccia ci ha resi superiori agli altri animali consentendoci di dominare sulla Terra, di raggiungere il progresso tecnologico e di sopravvivere, ma ad un prezzo altissimo: sottomettendoci con favolosi miraggi, con una avidità enorme, intense emozioni e una stanchezza sempre in agguato, privandoci in tal modo della semplicità, del magnetismo e della sensitività del regno animale, e spesso anche della serenità e della gioia di vivere!

Forse noi siamo fatti per stancarci di tutto, anche della gioia più immensa. Forse la nostra vera natura deriva dall’alternanza tra il giorno e la notte, tra lo yin e lo yang, tra il bel tempo e il cattivo tempo. Ma cosa ci suggeriscono la sistole e la diastole? Cosa ci suggeriscono l’inspirazione e l’espirazione? Cosa ci suggeriscono le arterie e le vene? E cosa ci suggeriscono il giorno e la notte? La vita è possibile soltanto grazie all’esistenza di due polarità tra loro complementari, e dunque l’amore e l’odio, il bene ed il male, la salute e la malattia, la gioia e il dolore, ogni coppia di opposti è essenziale alla vita: la natura suggerisce che ogni elemento della coppia deve fluire obbligatoriamente nell’altro. Sarebbe assurdo sostenere che l’espirazione sia nociva, che la diastole sia dannosa, che le vene non servano, che la notte sia inutile! E dunque non vi sembra altrettanto assurdo considerare sempre in modo negativo l’odio, il male, la malattia e il dolore?

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Capitolo 8

EEE’’’ lll’’’ooorrraaa dddeeeiii sssooogggnnniii iiimmmpppooossssssiiibbbiiillliii “La principale legge del Cosmo”

Il cervello impara attraverso associazioni e ripetizioni. Le ripetizioni servono a favorire le associazioni o concatenazioni degli eventi, ossia a costruire le sinapsi tra neuroni contigui. Quando non sono più necessarie le associazioni terminano anche le ripetizioni. A questo punto abbiamo acquisito una nuova abitudine, ossia si è formata una nuova via neurale o neuronale nel nostro cervelletto(1) che è la sede dell’inconscio. Tutto ciò che parte dall’inconscio è istintuale, quindi automatico e velocissimo. Ma per imparare siamo stati costretti a procedere lentamente e c’è voluto un po’ di tempo. Per imparare a guidare l’automobile abbiamo avuto bisogno di alcune lezioni, ma ora guidiamo automaticamente senza pensare quando dobbiamo mettere il piede sulla frizione, sull’acceleratore o sul freno.

In un articolo precedente - Sono gli elettroni a farci innamorare - ho scritto che la realizzazione di un desiderio è una forma di apprendimento, quindi non è altro che la formazione di un’abitudine. Per esempio la conquista di una donna, dal punto di vista neurale, rappresenta per l’uomo un processo di apprendimento. Si tratta di apprendere come superare le resistenze della donna che ovviamente vuole sapere con chi ha a che fare prima di prendere una decisione. Più la conquista è difficile, più lungo è il processo di apprendimento/convincimento e tanto più lunga sarà la catena o via neurale e il numero di neuroni associati che la compongono.

Ma come mai, nonostante desideriamo certe cose da tanto tempo, non sempre riusciamo a ottenerle? Per esempio, tutti desideriamo diventare ricchi, ma soltanto in pochi vi riescono. Com’è possibile che non si forma una via neurale “efficace” della ricchezza dentro l’inconscio, nonostante lo desideriamo ardentemente da tantissimi anni? Perché le cose vanno troppo per le lunghe? È evidente che non diventiamo ricchi perché non abbiamo ancora imparato abbastanza sulla ricchezza, ossia la via neurale è ancora incompleta. Alcuni desideri infatti sono di difficilissima realizzazione o sembrano addirittura impossibili.

La corteccia cerebrale serve a farci ragionare, a farci apprendere, a farci acquisire un’abitudine, ma la via neurale si forma nell’inconscio per cui chi la farà funzionare automaticamente e velocemente non è più la corteccia, ma il cervelletto. E se la coscienza si intromette troppo, se vuole strafare, ossia se non smettiamo mai di pensare, se ci riposiamo poco o niente, se non lasciamo fare anche e soprattutto all’inconscio, cioè alla nostra parte automatica, diventiamo ossessivi e prigionieri della nostra stessa mente: e allora arriva la depressione e anche qualcosa di peggio. Per equilibrare l’organismo occorre staccare la spina regolarmente mettendo la testa a riposo e facendo lavorare il resto del corpo, soprattutto le gambe e le braccia.

Ma quand’è che la mente diventa ossessiva e andiamo sotto stress? Quando vogliamo per forza risolvere un problema al di sopra delle nostre possibilità. Ogni cosa nuova specialmente se ci capita all’improvviso ci mette sotto stress. (Vedi in proposito l’articolo “E ora realizza i tuoi sogni").

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Quando non possiamo procedere con il nostro passo normale andiamo sotto pressione, come quando in macchina siamo costretti a volte a correre più di quanto ci consente il nostro grado di sicurezza; oppure quando ad un corso di lezioni il docente spiega troppo velocemente e non riusciamo a seguirlo. È vera anche la situazione opposta in cui siamo noi che non possiamo correre come vorremmo. Come ci sono le impronte digitali che sono diverse da persona a persona, così ciascuno di noi ha il suo passo o grado di sicurezza, e siccome il passo degli altri è diverso dal nostro, è inevitabile scontrarsi o andare sotto stress. Quando c’è qualcosa che ci fa star male, e non possiamo risolvere il problema da soli, abbiamo diverse scelte: possiamo allontanarci fisicamente dal male come per esempio fanno gli emigranti, i rifugiati per motivi politici e gli impiegati che non si trovano bene nel loro posto di lavoro; possiamo allontanarci anche soltanto mentalmente in modo da rimpicciolire il disagio, minimizzarlo e migliorare il nostro stato emotivo; possiamo chiedere aiuto ad un parente o ad un amico; possiamo rivolgerci ad uno specialista; e possiamo anche scegliere di combattere. La soluzione più dolorosa è proprio quest’ultima, perché lo scontro è sempre impari (altrimenti non sarebbe un problema) come quando un impiegato è vessato dal proprio capoufficio.

In ogni caso, stress significa agitazione! Siamo stressati perché siamo sempre agitati. L’agitazione provoca il surriscaldamento della corteccia cerebrale che è la parte più sensibile del nostro organismo. Per eliminare l’agitazione e raggiungere la calma dobbiamo raffreddare la testa, metterla letteralmente sotto un getto di acqua fredda…. Un modo certamente meno drastico è il rilassamento, quindi ancora una volta si tratta di far riposare la mente agitata per raffreddarla. In fondo le cose che ho scritto in “Sono gli elettroni a farci innamorare” sono valide in tutti i casi. Sono sempre gli elettroni che vanno in subbuglio (agitazione/stress) quando non possono procedere in linea retta, per esempio lungo il filo di corrente, perché trovano un impedimento, una resistenza; ma è proprio in questi casi che essi diventano utili. Come quando gli elettroni sono costretti a passare da un composto all’altro nelle reazioni chimiche o a scontrarsi tra loro nelle resistenze elettriche, e anche quando formano nuove sinapsi, e naturalmente quando ci innamoriamo. L’attrito dovuto allo scontro tra gli atomi produce calore che, come già detto, è stressante per la corteccia cerebrale che probabilmente si formò proprio durante il periodo delle ere glaciali. È proprio quando dobbiamo risolvere un problema molto difficile che si aguzza l’ingegno, perché l’associazione/concatenazione di un’idea all’altra, di un neurone all’altro, è opera degli elettroni, l’energia vitale che si manifesta anche attraverso i pensieri. Il pensiero è un flusso di elettroni, ossia corrente elettrica biologica. Che cos’è la collera? Una scarica di elettroni!

Siamo noi che creiamo la nostra realtà con i nostri pensieri. I pensieri sono la forza più potente che abbiamo: per pensare bruciamo più calorie di quante ne consumiamo con il lavoro manuale! I pensieri, quando ne ignoriamo l’importanza, possono far più male di qualunque avversario e possono attirarci addosso inconsapevolmente fallimenti e malattie. Capita spesso che il sabotatore è proprio dentro di noi nascosto nell’inconscio. Per esempio, noi dentro il cervelletto abbiamo la via neurale della ricchezza, ma anche quella della povertà: è ovvio che la prima non può funzionare fino a quando è attiva anche la seconda! Se abbiamo convinzioni che si elidono a vicenda, la via neurale che dovrebbe farci realizzare il nostro desiderio non entrerà mai in funzione. Ma è anche il caso di convincerci una buona volta che la contraddittorietà è la cosa più normale che ci possa capitare nella vita, perché è la natura stessa che ci ha fatti ambivalenti dotandoci di tutte le coppie di valori opposti. Del resto, il buon giorno si vede dal mattino quando il gigante che ci sfama, ci cambia i pannolini sporchi, ci coccola e ci canta la ninna nanna, è lo stesso che ci incute paura alzando la voce, minacciandoci e menando le mani: insomma l’ambivalenza è una necessità della vita e lo è da sempre e per sempre.

Dentro di noi abbiamo, dunque, sia il polo della ricchezza che quello della povertà che si elidono a vicenda, a meno che non riusciamo a potenziare la polarità che ci interessa. La via neurale della paura della ricchezza, quindi la predilezione indiretta e inconsapevole per la povertà si forma lentamente quando pensiamo ai ladri e ai delinquenti, ai tanti pericoli che la ricchezza comporta, alle tasse, alle brutte dicerie sui ricchi, e anche perché la cultura cristiana esalta la povertà e ci inculca quest’idea fin da quando siamo piccoli.

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In queste condizioni non può succedere niente di speciale perché siamo noi stessi che abbiamo paura dell’abbondanza, siamo noi stessi che inconsciamente riteniamo che il denaro sia più un male che un bene, anche se constatiamo ogni giorno sulla nostra pelle che senza soldi non si può vivere! Quindi, vedendoci poveri nell’inconscio, il nostro cervelletto continua a sfornare povertà. Insomma, l’inconscio attrae il denaro o lo allontana a seconda del software che gli abbiamo fornito e che rafforziamo continuamente attraverso i nostri pensieri. È evidente che per diventare milionari occorre acquisire la mentalità dei milionari e agire di conseguenza, in modo da indurre l’inconscio a darsi da fare per farci diventare ricchi.

Ma cos’è l’inconscio? È il cervelletto, o un dio che pretende il sacrificio di un agnello per esaudire i nostri desideri? Forse gli antichi la sapevano lunga a questo proposito perché erano molto più sensitivi dell’uomo moderno! L’inconscio è un autentico onnipossente dio dentro di noi e può fare tutto, ma veramente tutto. Dobbiamo visualizzare materialmente la ricchezza in tutti i minimi particolari immaginando cosa faremmo se avessimo molti soldi, in modo da portare tantissime immagini legate ai soldi nella fucina di Plutone, il dio degli inferi. Ma ecco la formula del denaro che mi sento di suggerire ai miei lettori e che è efficace per tutti i settori della vita: occorre dare-dare-dare fino a quando il dare non si trasforma in avere, ossia bisogna arricchire (in senso lato) gli altri per far si che gli altri arricchiscano noi. Quando la ricchezza non arriva, vuol dire che abbiamo dato ancora poco agli altri, non abbiamo contribuito abbastanza a migliorare la vita della gente. Il nostro attuale livello economico, secondo me, è lo specchio di quanto abbiamo dato fino ad oggi: può darsi che fino al momento attuale abbiamo soltanto preso, e perciò ci ritroviamo le… briciole!

Non crediate che quella proposta sia una idea ridicola. Essa al contrario ha il suo fondamento scientifico nel fatto inoppugnabile che tutti i processi vitali e non vitali hanno un andamento sinusoidale. Pensiamo, per esempio, al movimento giornaliero (apparente) del sole che fa capolino all’alba ad oriente (est), squarciando il buio della notte, per poi alzarsi durante la mattinata sempre più rispetto alla linea dell’orizzonte seguendo una curva circolare fino ad arrivare al suo punto più alto alle ore 12,00 locali, che è il momento esatto in cui il sole passa sul punto superiore del meridiano del luogo. Dopo di che la sua traiettoria circolare comincia a scendere per tutto il pomeriggio fino a toccare al tramonto l’orizzonte opposto, quello occidentale (ovest) e così comincia la notte. Il sole continua a scendere per tutta la serata tracciando (sempre apparentemente) una curva circolare, uguale ed opposta a quella superiore, finché alle 24,00 locali raggiunge il suo punto più basso passando sul punto inferiore del meridiano del luogo; poi comincia a risalire per tutta la notte fino a raggiungere il punto orientale del luogo all’alba del nuovo giorno. Il percorso giornaliero (ma anche quello annuale) apparente del sole si può rappresentare sia con una curva sinusoidale, che con un cerchio (perché la sinusoide è una funzione circolare). Tale grafico ci ricorda che in sostanza il giorno va soltanto dall’alba al tramonto, poi comincia la notte. Si tratta di una cosa ovvia, ma le cose ovvie sono estremamente significative: questo tracciato è perenne ed universale, ossia è uguale per tutti i processi che hanno un inizio e una fine. È uguale, identico e preciso per tutte le coppie di valori opposti! Dunque il dare, come il giorno, ha un inizio e una fine, e quando finisce il dare comincia automaticamente l’avere, la notte. Insomma non corriamo il rischio di donare ingenuamente per tutta la vita, perché ad un certo punto le nostre donazioni diventano produttive, si trasformano in avere, in capitali. Ma anche l’avere giunge alla fine, se non si continua a dare. Ed è per tali motivi che i miliardari avveduti (e furbi!) fanno elargizioni da capogiro, perché se non fossero così generosi non potrebbero continuare ad accumulare sempre più. Per esempio, quasi tutti scopiazziamo i programmi della Microsoft, eppure Bill Gates, il grande filantropo, diventa sempre più ricco semplicemente placando la fame insaziabile di Plutone!

Plutone è un dio terribile, come il Dio del Vecchio Testamento; è un dio zoppo e ha una moglie incantevole, Venere, che è assetata letteralmente di tutte le cose più belle e più costose. Venere per ottenere queste cose scatena spesso la gelosia di Plutone, e Plutone è un dio gelosissimo e anche crudele, e quando si scatena la sua collera, è capace di farti fare la fine di… Giobbe. L’unico modo per placarlo è sempre lo stesso: abbuffarlo letteralmente di doni proporzionali ai tuoi guadagni.

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Soltanto grazie a queste laute provvigioni Plutone può fare pace con la sua bellissima donna e così da Diavolo si trasforma in Santo e ti fa resuscitare in un baleno. Plutone è Diavolo e Santo allo stesso tempo, comanda la vita e la morte; Plutone è sia dio che uomo; Plutone simbolizza l’umanità con tutti i suoi pregi e i suoi difetti; Plutone simbolizza l’inconscio; Plutone si nasconde dietro la nuca, nel cervelletto!

Dentro di noi esistono tutte le coppie di valori opposti: se un polo si indebolisce, quello opposto si rafforza, e viceversa, proprio come fanno il giorno e la notte. Dunque per attirare l’abbondanza bisogna accettare la paura della ricchezza e affrontare i presunti pericoli che ci spaventano perché soltanto così essi svaniscono. Bisogna accettare la paura inconscia che si nasconde dietro l’amore impossibile perché soltanto così possiamo trovare la strategia giusta per conquistarlo. Per diventare famosi bisogna accettare la paura della fama, ossia i sacrifici, i rischi e la responsabilità che essa comporta, rinunciando alla predilezione inconscia per la tranquillità dell’anonimato e al piacere della propria comfort zone. Bisogna accettare la paura inconscia del potere se si vuole diventare importanti e potenti. Insomma, per avere successo nella vita si deve ridurre al minimo la forza disgregativa o distruttiva rappresentata dalla polarità limitante o negativa e si deve rafforzare il potere costruttivo o aggregante della polarità potenziante o positiva. In termini di dare e avere, è proprio il dare che è positivo e costruttivo perché dando si fa del bene all’umanità, e perciò bisogna dare il massimo possibile, non soltanto in senso economico e materiale, ma anche in senso civico e morale, senza preoccuparsi dell’avere. L’avere arriverà soltanto se abbiamo fiducia nelle leggi del creato.

Ed allora, qual è il nostro errore? Vogliamo prima avere, e poi se ci resta qualche spicciolo, forse siamo disposti a darlo. E siccome con questo atteggiamento mentale non ci resta niente, continuiamo a non dar niente e a non ricevere niente! Noi abbiamo troppi dubbi su come comportarci perché privarsi di qualcosa quando non c’è l’abbondanza sembra una assurdità, perciò non doniamo nulla e così non aumentiamo mai i nostri averi. Purtroppo l’abbondanza noi non la riconosciamo neanche quando c’è, anzi abbiamo la sensazione che ci manca sempre qualcosa! Vedi per esempio alcuni miliardari tirchi e infelici che ci ricordano l’avaro di Molière! Così non ci rendiamo conto, per esempio, che i continui sbarchi a Lampedusa di gente disperata sono la dimostrazione della nostra ricchezza. Non a caso la nazione più ricca al mondo è proprio quella più multietnica! E i governi sembrano non capire che per promuovere lo sviluppo economico devono costruire continuamente nuove opere pubbliche e ammodernare quelle vecchie, perché solo in questo modo rifioriscono le attività produttive creando un indotto senza fine. Dopo le guerre, la fame e le distruzioni arriva la ricostruzione ed il benessere perché il lavoro produce ricchezza. Le nazioni attualmente più ricche sono proprio quelle che erano state più danneggiate durante l’ultima guerra mondiale! La ricchezza di una nazione si potrebbe misurare dalla quantità e qualità delle sue opere pubbliche, dal numero e dalla efficienza delle sue infrastrutture!

L’Italia è tra le otto nazioni più ricche al mondo perché è ricca di strade, autostrade, ferrovie, aeroporti, porti, metropolitane e tante altre opere pubbliche. Sono le infrastrutture che consentono gli scambi e la distribuzione rapida delle merci. Dove non si costruiscono infrastrutture e non ci sono iniziative pubbliche regna la stagnazione o la recessione, il famoso PIL non cresce per niente, ma cresce soltanto la miseria! Soltanto il lavoro produce ricchezza. Ecco perché gli industriali e gli imprenditori sono sempre ricchi, perché fanno la cosa più encomiabile che ci sia: danno lavoro. E quando non hanno fortuna è soltanto perché fregano i propri stessi lavoratori obbligandoli a firmare una ricevuta per una somma maggiore di quanto ricevono, oppure li fregano al contrario allo scopo di pagare meno contributi. Però il maltolto non resta a loro, finisce nelle mani della camorra, della drangheta e della mafia che rappresentano il lato oscuro o mortale di Plutone!

La conoscenza dell’esistenza in natura delle coppie di valori opposti ci spiana stupendamente la strada.

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Noi non possiamo eliminare il valore della coppia che non ci piace, ma possiamo sicuramente far pendere la bilancia dal lato favorevole o positivo. Per esempio nella coppia antagonista colture/erbacce, è evidente che se vogliamo far prosperare le piante coltivate dobbiamo eliminare le erbacce.

Le erbacce rispunteranno sempre e noi dobbiamo stare sempre lì a estirparle se non vogliamo compromettere i raccolti. Nell’articolo È la paura che ci fotte, ho scritto che: Le paure sono all’origine di ogni malessere. Più viviamo di paure e più siamo dei falliti. Come scrive Giorgio Nardone in “Oltre i limiti della paura”, il fantasma ci insegue e ci spaventa a morte se scappiamo; se invece lo affrontiamo, svanisce. Più osiamo e più riusciamo vincenti. Il segreto del successo, di ogni genere di successo sta nel saper trasformare la paura in coraggio; insomma bisogna, detto in una parola sola, osare! Nella coppia di opposti paura/coraggio, il coraggio deve sempre prevalere sulla paura, altrimenti non avviene alcun cambiamento nella nostra vita.

Ricordate la leggenda del cavallo di Troia? Credete che davvero Ulisse e i suoi compagni si nascosero nel ventre del cavallo di legno? Pensate che davvero i Troiani trasportarono quel mastodontico simulacro all’interno delle mura senza farlo cadere neanche una volta? E quanto tempo dovettero aspettare gli eroi nascosti all’interno prima di uscire? Come la mettiamo con i loro bisogni fisiologici?

Dopo una guerra lunga, estenuante ed inutile, i guerrieri greci erano esausti e delusi. Si rendevano conto che non era facile mettere le mani sui tesori di Troia, ed era duro rinunciare alla ricchezza così a lungo bramata. Ma bisognava accettare la triste realtà, bisognava partire e ritornare in patria, sia pure a mani vuote. Bisognava smettere di lottare. Bisognava smettere di accanirsi inutilmente contro il nemico. Bisognava prendere atto della situazione e accettarla: Troia era inespugnabile perché i suoi difensori erano ancora forti. In realtà, i troiani erano allo stremo delle forze e bastava un ultimo sforzo per annientare la loro resistenza. Ma i greci non lo sapevano. A questi ultimi non restava che rinunciare alla guerra, abbandonare le ostilità e lasciare un grosso cavallo in onore della dea Atena per propiziare il viaggio di ritorno. I guerrieri greci, sfiduciati e stanchi, si nascosero in un’insenatura non lontana da Troia, decisi più a ritornare in patria che a riprendere le ostilità. E intanto passavano i giorni, le ferite guarirono, l’umore migliorò e ritornarono le forze; mentre i troiani, eccitati dall’inattesa partenza del nemico, si diedero alla pazza gioia, si ubriacarono e gozzovigliarono. Rifocillati nel fisico, i greci si ritrovarono anche caricati nel morale e compresero che era giunto finalmente il momento favorevole per sferrare l’ultimo assalto, e così sconfissero i troiani anestetizzati dall’inganno della loro falsa partenza e indeboliti dalle sbornie.

La leggenda del cavallo di Troia è una metafora significativa: quando ci rendiamo conto che un “oggetto” – un grande sogno, un amore, un obiettivo qualunque - è irraggiungibile, è il momento di rinunciare, è l’ora di partire, di allontanarsi da esso. Il distacco dal desiderio ha qualcosa di magico, ha effetti favolosi. Spesso il distacco fa accadere i miracoli, ma come vedremo tra breve non si tratta di miracoli, ma di prodigi dovuti a strategie efficaci. Ciò a cui siamo molto attaccati ci sfugge di mano, scivola via, non riusciamo a trattenerlo, a farlo nostro. La corteccia cerebrale, il pensiero, come ho illustrato precedentemente, ad un certo punto ci rende ossessivi e inconcludenti. Un’idea giudicata troppo, analizzata e soppesata non si realizza mai. Quando non riesci a trovare la soluzione di un problema ti devi alzare e farti una passeggiata. La mente non può ottenere nulla senza ricorrere alla potenza infinita dell’inconscio, il grande incubatoio cosmico.

Due poli opposti come il conscio e l’inconscio s’incontrano, simpatizzano e sinergizzano soltanto quando ciascuno di essi è al minimo, non quando sono al massimo, come abbiamo visto parlando della natura sinusoidale del giorno. Il massimo della luminosità del giorno è il mezzogiorno, il massimo della notte è la mezzanotte: come sono distanti tra di loro! Soltanto all’alba e al tramonto non c’è né distacco né attaccamento, né conscio né inconscio, ma un poco dell’uno e dell’altro, un po’ del giorno e un po’ della notte.

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Ecco perché una coppia di innamorati continua a tubare fino a quando nessuno dei due partner si attacca in modo morboso: non appena aumenta l’attaccamento in uno dei due innamorati, questi diventa scontato e non appare più una persona interessante, degna di amicizia, rispetto e amore, non suscita più alcuna passione, per cui cresce inevitabilmente il distacco nell’altro partner e finiscono per litigare e lasciarsi! L’attaccamento provoca aspettative che verranno quasi sempre disattese dalle persone alle quali siamo legati, facendoci passare dall’oggi al domani dall’esultanza all’angoscia. In generale, quando ci aspettiamo troppo perché siamo molto attaccati, si finisce per soffrire terribilmente a causa di cocenti delusioni, mentre se si vive distaccati non ci aspettiamo granché, viviamo alla giornata, nel qui e ora, ed ecco che come per incanto ci capitano le migliori soddisfazioni. Le aspettative esagerate portano soltanto a grandi delusioni e rifiuti se non sono supportate da efficaci strategie e da azioni adeguate. Ribadisco che la migliore strategia per realizzare i desideri che non riusciamo a materializzare è la rinuncia. La rinuncia o distacco o allontanamento volontario comporta il riposo per la corteccia cerebrale stressata dagli insuccessi; e tuttavia la via neurale del desiderio continua a incubare nell’inconscio, proprio come i semi si preparano a diventare piantine nascosti dentro la terra.

Infatti, sarebbe superfluo prendere lezioni di guida quando già sappiamo guidare, e peggio ancora sarebbe stare a pensare quale piede usare per accelerare o per frenare: l’inconscio direbbe alla mente, vaffanculo! Per far accadere le cose buone dobbiamo allontanarci da quelle cattive. Noi abbracciamo, quindi avviciniamo a noi soltanto le persone a cui vogliamo bene, tutte le altre cerchiamo di tenerle lontane! Quindi se un desiderio tarda a realizzarsi e ci fa soffrire, dobbiamo allontanarci da esso, perché quando siamo lontani non ci fa più soffrire, il che ci consente di ragionare con freddezza e discernimento, e passiamo dalla parte vincente. Tutto ciò non vi sembra qualcosa di déjà vu? Infatti è la stessa applicazione del principio che in amore vince chi fugge! Fuggendo noi ci distacchiamo e il partner si attacca. Allontanandoci dal sogno impossibile noi lo attiriamo, lo avviciniamo, lo rendiamo possibile, proprio come succede tra il dare e l’avere, e come ci suggerisce l’avvicendarsi del giorno e della notte. Insomma tutte le strade portano a Roma, tutte le leggi portano a un’unica grande legge.

Ed ecco infatti l’uovo di Colombo: la forza della natura che governa due polarità opposte e complementari e fa in modo che in una coppia un polo non prevalga a lungo sull’altro, è l’equilibrio che a sua volta è governato dall’alternanza! L’alternanza è la legge onnicomprensiva del cosmo e presuppone l’esistenza della dualità o ambivalenza. L’alternanza è pulsazione, è vibrazione, è il ritmo stesso della vita. L’alternanza comporta un intervallo tra le due fasi antagoniste e complementari: pensiamo alla sistole e alla diastole, all’inspirazione e all’espirazione, al sistema nervoso simpatico e parasimpatico. Anche il caldo e il freddo, come il giorno e la notte, si devono equilibrare, e perciò esiste l’estate e l’inverno con l’intermezzo di due stagioni a caratteristiche intermedie, la primavera e l’autunno. La stessa identica cosa accade per l’amore e l’odio, come pure per la gioia e la tristezza.

Volete una chicca sull’equilibrio? Gli italiani usano poco il treno e perciò le FS sono senza soldi. Risultato: la manutenzione delle ferrovie a volte non garantisce la sicurezza dei viaggiatori. Cosa fare in questi casi? Non certo aumentare il prezzo dei biglietti, altrimenti si riduce ancora di più il numero di coloro che trovano conveniente prendere il treno! Gli italiani preferiscono viaggiare con il mezzo proprio, l’automobile. Risultato: la manutenzione stradale costa troppo e l’ANAS è senza soldi mentre le strade e le autostrade diventano sempre più intasate, e tutto ciò fa aumentare gli incidenti stradali e l’inquinamento dell’aria. Per equilibrare i bilanci dell’ANAS e delle FS e diminuire i danni causati dal disequilibrio è necessario trasferire un congruo numero di viaggiatori dalle autostrade alle ferrovie aumentando sensibilmente il costo del pedaggio. È evidente che l’aumento contemporaneo dei biglietti del treno e dei pedaggi sulle autostrade aggraveranno ulteriormente i bilanci di questi Enti nazionali.

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Le giovani coppie si possono paragonare a tante pietre tozze con spigoli taglienti, destinate a trasformarsi in ciottoli perfettamente tondi e levigati. Però ne deve passare di acqua sotto il ponte prima che ciò avvenga! La flessibilità e la tolleranza verso se stessi e verso gli altri sono condizioni basilari per il successo familiare, sociale e professionale, nella consapevolezza che ogni opinione è rispettabile e che ogni scelta o decisione ha sempre i lati positivi e quelli negativi. In una famiglia, in genere, quando migliora un componente migliorano per imitazione anche tutti gli altri, perché questa abilità, sia nel bene che nel male, è automatica e inconscia. Quando un figlio non ingrana è perché anche il padre non ha messo la giusta marcia, e il motivo è sempre lo stesso: un’immagine di sé negativa, una bassa autostima trasmessa dal nonno al padre e dal padre al figlio. La sensazione di scarsa importanza e la mancanza di sicurezza sono le peggiori afflizioni per un essere umano: una donna bella si sente bruttissima e un uomo colto e intelligente si sente una nullità. La guarigione e il salto di qualità arrivano quando i figli si sentono ammirati da entrambi i genitori, e i genitori stanno bene quando si sentono a loro volta ammirati dai figli. Una moglie sta bene quando si sente ammirata dal marito e viceversa. Una donna si innamora e ricambia soltanto quando si sente ammirata. L’ammirazione è mille volte più potente dell’amore! Quando manca l’ammirazione in famiglia vengono meno persino le difese immunitarie!

Quando lottiamo contro il cattivo tempo, o contro le emozioni che non ci piacciono (paura, rabbia, rancore, delusioni, sensi di colpa, ecc.) lottiamo contro noi stessi; quando non accettiamo, rifiutiamo, resistiamo o non ci lasciamo andare, combattiamo contro l’alternanza e danneggiamo proprio noi stessi. È la lotta inutile e sbagliata contro l’alternanza la principale causa del dolore. Il segreto del successo nella vita di tutti i giorni sta sempre e soltanto nell’accettazione consapevole degli eventi, ma dandoci da fare perché certe situazioni spiacevoli non si ripetano, acquisendo una maggiore consapevolezza e imparando le strategie che ci consentono di controllare al meglio le nostre emozioni. Ciò perché il comportamento è strettamente collegato agli stati emotivi (sicurezza, insicurezza, gioia, rabbia, ecc.). Pensiamo per esempio a due squadre di calcio, una con il morale alle stelle e l’altra con il morale a terra: la prima stravince, la seconda perde.

Nella realtà quotidiana noi oscilliamo con il nostro umore dall’alba al tramonto e dal tramonto all’alba: in mezzo c’è il mezzogiorno del distacco e la mezzanotte dell’attaccamento. Fuori metafora, il tran tran quotidiano è interrotto ogni tanto da litigate furiose e da momenti indimenticabili. Ma quando capiamo che anche le litigate sono necessarie e indimenticabili? Forse con un nuovo partner non succederebbe la stessa cosa? Noi passiamo dall’amore all’odio in ogni momento della giornata senza rendercene conto, tanto vi siamo abituati! L’odio è una cosa normale come l’amore. L’odio non è altro che mancanza di amore, proprio come il buio è mancanza di luce. Quando ci rendiamo conto che odiamo ogni giorno? Quando capiamo che è normale odiare anche le persone più care? Noi quando alziamo troppo la voce diventiamo semplicemente… odiosi! Ciò che ci deve preoccupare non è l’odio ma la vendetta e il fondamentalismo religioso!

Insomma, vuoi o non vuoi, assieme al bel tempo arriva anche il cattivo tempo, proprio come nei campi coltivati spuntano erbacce da tutte le parti. In campo umano, assieme alle cose belle arrivano anche le cose brutte: discussioni animate, incomprensioni, delusioni, critiche, invidie, gelosie, tradimenti, incidenti, spese impreviste, furti, malattie, lutti e altre cose storte. Come facciamo a restare sereni in questi casi? Passato il primo momento di sgomento e di rabbia, è il caso di non farne un dramma perché spesse volte si tratta di cose inevitabili e/o incontrollabili. E se è vero che non possiamo cambiare la realtà, possiamo senz’altro cambiare la percezione degli eventi, in modo da evitare di deprimerci controllando, come già detto, gli stati emotivi, senza dimenticare nel momento dello sconforto una cosa importantissima: i mali favoriscono la nostra crescita e vengono per il nostro bene o quanto meno per il bene dei nostri familiari, anche se spesso non lo capiamo e alcuni di essi restano assolutamente inaccettabili.

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Epilogo

Siccome noi siamo Yang e Yin, maschili e femminili e abbiamo tutte le coppie di valori opposti dentro di noi, nel nostro inconscio si sono formate inconsapevolmente sia vie neurali (abitudini/ convinzioni) potenzianti, sia via neurali limitanti. Dunque c’è sempre un sabotatore dentro di noi pronto a entrare in azione non appena abbassiamo la guardia. Per evitare che il sabotatore entri in funzione a nostra insaputa, le abitudini positive dovrebbero essere rafforzate continuamente fino ad annullare “quasi” l’alternanza. Il quasi è d’obbligo. Il punto cruciale è proprio questo: fino a quando riusciremo a farla franca? Fino a quando riusciremo a far pendere la bilancia sempre dal lato più piacevole per noi? Sono stati scritti molti libri su questo aspetto fondamentale della vita. Sto consultando in questo momento proprio uno dei migliori: Cambia la vita in sette giorni di Paul McKenna. Secondo questo autore: «Con ogni nuova abitudine che assumete, c’è un cruciale “punto di non ritorno”, quel punto in cui, ad esempio, diventa più facile fare moto anziché non farlo; mangiare cibi sani anziché grassi; avere una mentalità da ricchi anziché da poveri». Questo concetto “apparentemente” non fa una grinza, e per lungo tempo noi potremo essere al massimo della nostra sicurezza e rendere al massimo delle nostre capacità conseguendo le più grandi soddisfazioni: ma arriverà comunque prima o poi il momento della resa! È questa la legge dell’alternanza! Secondo me, contrariamente all’affermazione di McKenna, proprio quando le abitudini sono spinte al massimo e si è raggiunto il punto di non ritorno, scatta il rovescio della situazione.

Pensiamo a Napoleone e a Hitler: entrambi avevano un esercito invincibile, entrambi erano sicuri di stravincere, e così si cacciarono nell’inferno russo: il loro punto di non ritorno, l’inizio della fine. E quando si tocca il punto di non ritorno scatta inesorabile la legge dell’alternanza e arriva la tragedia che è causata dall’inflazione della sicurezza e dall’azzeramento della prudenza. L’errore di Napoleone e di Hitler fu quello di non essersi “allontanati” in tempo dalla Russia. Dunque neanche le abitudini possono essere spinte al massimo, o meglio, guai a sentirsi onnipotenti e immortali, guai a ritenere la propria vittoria scontata perché siamo troppo abituati a vincere.

Ma perché distaccandoci dal sogno esso si realizza? Il sogno di Napoleone e di Hitler era quello di conquistare la Russia. Per raggiungere Mosca, la capitale di quello sterminato territorio, si spinsero troppo lontano con i loro eserciti e, come sappiamo, le cose si misero male militarmente. Quindi, quando dico che bisogna distaccarsi allontanandoci dall’oggetto del proprio desiderio per poterlo realizzare, affermo in sostanza che bisogna tornare indietro quando esso si rivela irraggiungibile. Allontanarsi dal sogno impossibile significa ritornare indietro e recuperare la sicurezza e le energie: significa invertire la rotta degli eventi fino a quando si è ancora in tempo. La casa, la patria rappresentano la nostra sicurezza. Si sa che la sicurezza è la leva più potente per riuscire nella vita: essa è il fulcro dell’autostima. Non si può fare nulla se manca la sicurezza, la vera spina dorsale. La sicurezza ci mette le ali ai piedi e ci dà il lampo di genio. Se Napoleone e Hitler fossero tornati in patria alle prime avvisaglie negative, avrebbero rispettato la legge dell’alternanza volontariamente e non si sarebbe verificata la disfatta dei loro eserciti. Con l’esercito francese ancora intatto sarebbe cambiato il corso della storia perché lo Zar, non avendo vinto alcuna guerra contro Napoleone, si sarebbe indebolito politicamente ed economicamente. Analogamente, se Hitler si fosse ritirato in tempo dalla Russia, la sua armata sarebbe rimasta intatta e Stalin non avrebbe vinto la guerra. Dunque, rinunciando e distaccandosi dal sogno irraggiungibile, allontanandosi da esso, ritornando in patria in tempo utile, sia Napoleone che Hitler avrebbero evitato la disfatta conservando la potenza militare e il potere politico e avrebbero realizzato indirettamente il proprio sogno. Ma perché non ritirarono subito i loro eserciti? Perché erano esauriti: pensavano 24 ore al giorno, non dormivano più e quindi venne meno il lampo di genio, l’ispirazione che li aveva salvati in altre circostanze! La stessa cosa succede tutti i giorni alle persone che si accaniscono nel voler raggiungere un dato obiettivo senza affidarsi alla vera forza infallibile: il proprio inconscio che lavora bene soprattutto quando dormiamo.

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Il distacco è la cosa più difficile da imparare perché in realtà noi siamo troppo attaccati alle nostre cose. Siamo troppo attaccati al desiderio di essere amati e dimentichiamo che dobbiamo amare noi per primi; siamo troppo attaccati all’avere e dimentichiamo che dobbiamo soprattutto dare; siamo troppo attaccati alla vendetta e dimentichiamo che dobbiamo innanzitutto perdonare; siamo troppo attaccati alla vita e dimentichiamo che la morte ci attende a braccia aperte, pardon incrociate. Noi siamo troppo attaccati alla corteccia cerebrale che ci consente di pensare, di analizzare le situazioni, di impastare la farina come fa il fornaio, ma spesso dimentichiamo che il pane deve cuocere nel forno: le idee vanno sempre affidate all’inconscio! Distacco e attaccamento, amore e odio, egoismo e altruismo, dare e avere, sono tutte coppie di opposti e dunque è più che evidente: dentro di noi abbiamo per ogni coppia tutte e due le vie neurali, l’una a fianco all’altra come i due fili della corrente elettrica “alternata”. È questo il significato dei due cervelli: tra i due emisferi cerebrali ci deve essere l’equilibrio! Tra corteccia e cervelletto ci deve essere l’equilibrio: la vera virtù sta nel corpo calloso, la riuscita sta nel cervello medio! In media stat virtus! Tutte cose risapute. Quando ci incazziamo noi sperimentiamo il distacco; quando siamo delusi o risentiti noi sperimentiamo il distacco; e quando diamo e ci priviamo di qualcosa di nostro, noi esperimentiamo il distacco dall’avere.

Se non vogliamo fare la fine di Napoleone e di Hitler, sia pure nel nostro piccolo, ci dobbiamo distaccare dal possesso materiale, dall’avidità smisurata, dal desiderio di potere illimitato, dall’avere a tutti i costi; dobbiamo diffidare dei nostri pensieri, dobbiamo tenere a bada la corteccia cerebrale: il gioiello dell’Homo sapiens è superbo e insaziabile e quando colleziona vittorie su vittorie, finisce per credersi invincibile! La dobbiamo smettere di pensare soltanto ai nostri diritti, sappiamo bene che ci sono anche i doveri (anche se Pierino risponderebbe che i doveri sono per gli altri). Anche il distacco è una questione di abitudine e quindi, come sempre, possiamo assimilarlo a poco a poco. Ma ora che sappiamo cos’è il distacco, ora che è quasi tutto chiaro nella nostra mente e sappiamo come stanno le cose, non passiamo, per carità, all’eccesso opposto: guai a distaccarci più del necessario!

Quando due fidanzati sono entrambi attaccati, vuol dire che sono innamorati, e lo sono perché l’uno non è ancora abbastanza sicuro dell’altra; significa che nella relazione manca per entrambi il pieno controllo. È la soluzione ideale, quella che ci fa desiderare così tanto l’amore che però, tranne casi rari, non dura a lungo. Quanto prima accade che un partner si attacca un poco di più e contemporaneamente l’altro comincia a distaccarsi della stessa misura: cessa così l’equilibrio. Il paradosso dell’amore sta nel fatto che più l’uomo si attacca, più la donna si distacca e si sente attratta da altri uomini; più la donna si attacca e più l’uomo si raffredda e si sente attratto da altre donne. L’attaccamento unilaterale ingigantisce soltanto i difetti agli occhi del partner distaccato anziché farci meritare più attenzioni come ingenuamente si crede; l’attaccamento fa perdere il controllo e produce ansia e paura di perdere l’amato(a). È quest’ansia, questa paura, questi dubbi che ci accendono di passione quando l’attaccamento è reciproco, ma ci fa soffrire maledettamente quando non siamo ricambiati, ossia quando l’attaccamento è unilaterale. Insomma l’attaccamento unilaterale ci fa diventare vittime e perdenti. Quando entrambi gli innamorati sono distaccati, come accade in quasi tutte le coppie attempate, l’equilibrio viene riacquisito perché nessuno dei due dà il partner per scontato: è anche il caso di coloro che dopo venti anni di fidanzamento non si decidono a sposarsi. Per combattere il paradosso dell’amore occorre che il partner perdente sia più distaccato, ossia aumenti le sue resistenze in modo da ripristinare la giusta distanza, mentre il partner vincente dovrebbe aiutare l’altro con una comunicazione più intima e una maggiore disponibilità.

La vita, dunque, non si può improvvisare: essa è fatta di regole semplici che però non sempre conosciamo. Noi dobbiamo imparare i mestieri che ci interessano e potenziare le virtù perché in genere è molto difficile improvvisare: soltanto la conoscenza ci consente di tenere la negatività sotto controllo. La vita è equilibrio tra valori opposti! Noi prendiamo la scossa elettrica quando il filo positivo e quello negativo si toccano inavvertitamente. Noi sperimentiamo nella nostra vita troppi cortocircuiti! Noi soffriamo perché siamo spinti da un opposto all’altro senza la nostra volontà. Appena ci innamoriamo (attacchiamo) un po’ di più a una persona o a un desiderio, anziché ricevere più amore, diventiamo perdenti. Dovremmo stare continuamente con una livella in mano per non soffrire!

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Per non subire involontariamente i colpi della sorte occorre mettere al centro di ogni coppia di valori opposti una “callosa” resistenza, ossia qualcosa che ne assicuri l’equilibrio. Per ottenere l’equilibrio tra l’amore e l’odio o tra l’egoismo e l’altruismo occorre che ogni fattore incontri una piccola resistenza in modo che nessuno dei due valori raggiunga una tensione elevata; occorre evitare insomma una divaricazione pericolosa! Noi prendiamo spesso la scossa perché usiamo i termini positivo e negativo, dimenticando che non c’è niente di negativo e niente di positivo, perché tutto ha una logica e tutto è necessario. È grazie al dualismo degli opposti che si genera il movimento e la creazione.

Noi usiamo i termini più e meno dimenticando che servono soltanto ad addizionare e a sottrarre. Forse se usiamo il colore rosso per il segno più e quello blu per il segno meno, è meglio. E a proposito della resistenza equilibratrice non dimentichiamo il filo giallo/verde, quello neutro: la messa a terra che ci protegge dalla folgorazione, ossia da una differenza di tensione troppo grande. Intendo dire che il desiderio di vendetta non deve mai raggiungere valori estremi, incontrollabili; la vendetta non si deve mai distanziare troppo dal perdono altrimenti i kamikaze spuntano da tutte le parti. La funzione dei caschi blu (?) dell’ONU è quella di interporsi pacificamente tra le fazioni in lotta, ma si dimentica spesso la cosa più importante: la messa a terra per favorire lo scarico della negatività (costituita da un accumulo abnorme di cariche elettriche negative) attraverso la radicazione dei caschi blu nel territorio: soltanto attraverso l’integrazione nel tessuto sociale degli elementi che formano la forza cuscinetto potrebbe avvenire una pacificazione vera e duratura tra le parti in lotta. E perché si è scelto il colore blu per i caschi e non quello verde-giallo?

Note

(1) Secondo la scuola di Ramtha (Come creare la propria realtà – Macroedizioni), l’inconscio ha sede nel cervelletto o cervello rettile, mentre la coscienza o conscio ha sede nella corteccia cerebrale. Il cervelletto risale all’era dei rettili, ossia è molto più antico della corteccia cerebrale. Perciò il tessuto del cervelletto è assai diverso da quello della corteccia: “…un piccolo frammento di cervelletto possiede in sé più tessuto, più atomi che l’intera corteccia cerebrale”.

Il cervello medio è situato tra la corteccia cerebrale e il cervelletto e rappresenta la sede dell’attività medianica perché è sensibile ai raggi infrarossi, gli stessi che consentono agli animali di comunicare tra loro e di vedere anche di notte, qualità che gli esseri umani, esclusi gli sciamani e i medium, hanno perduto da tempo.

Altri autori preferiscono la distinzione del cervello in emisfero destro e sinistro, separati dal corpo calloso. L’emisfero destro è associativo, irrazionale, sintetico, avventuroso, induttivo, creativo, ricettivo, intuitivo e caldo (emozionale): esso comanda la parte sinistra del corpo. Invece l’emisfero sinistro è ripetitivo, razionale, analitico, cauto, deduttivo, meccanico, scettico, verbale, direttivo e freddo (insensibile): esso comanda la parte destra del corpo.

Agli effetti pratici ciò che conta è la contrapposizione tra conscio ed inconscio o tra due parti del cervello. La perfetta armonia tra conscio e inconscio, o tra emisfero destro e sinistro del cervello, dà luogo all’equilibrio che rappresenta la piena realizzazione della persona umana. L’equilibrio è anche saggezza, illuminazione e creatività. L’equilibrio è anche gioia imperturbabile… fino a un certo punto.

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54 Capitolo 9

LLLaaa tttuuuaaa mmmiiinnniiieeerrraaa dddiii dddiiiaaammmaaannntttiii “Il vero obiettivo non è il traguardo in sé, ma la scoperta del proprio valore”

Dentro di te c’è un tesoro inestimabile, un’autentica miniera di diamanti che però non sai ancora coltivare come si dovrebbe! Effettivamente, sarai in grado di ottenere risultati meravigliosi, diventando vincente nella vita e nella professione, non appena imparerai a far funzionare bene il tuo inconscio! In che modo? Cambiando le tue idee e il modo di pensare e comunicare!

La vita spesso ci mette di fronte a cose nuove, ci espone a situazioni e problemi che non sappiamo risolvere: nessuno ci insegna cosa fare al momento giusto, siamo costretti ogni volta a imparare sulla nostra pelle. Dall’infanzia all’adolescenza, senza volerlo, ci insegnano soltanto a soffrire; dall’infanzia all’adolescenza e anche dopo stiamo sempre a imparare, ma la vita continua a coglierci di sorpresa. Tutto potrebbe essere più semplice e più facile se ci insegnassero da subito a pensare nel modo

appropriato. E tutto sarebbe più semplice e più facile se ci spiegassero subito cos’è l’ambivalenza o duplicità, perché c’è l’amore e l’odio, perché esiste l’egoismo e l’altruismo, perché abbiamo il conscio e l’inconscio! Ci dovrebbero spiegare che tutto ciò che esiste, anche se a volte non ci piace, ha sempre una sua validità e importanza. E invece ci trasmettono soprattutto preconcetti fuorvianti, convinzioni limitanti e suggestioni pessimiste e frustranti! La nostra sofferenza è causata quasi sempre dalla nostra ignoranza e dall’uso non corretto dei nostri pensieri, i quali ci fanno consumare molte energie, essendo essi i principali artefici delle emozioni e il tramite naturale tra mente e corpo.

I nostri problemi derivano dal fatto che da bambini ci hanno insegnato, giustamente, a stare attenti, ad avere paura delle conseguenze, cancellando però quasi del tutto l’altra faccia della medaglia che è la spontaneità e la sfida incosciente dei pericoli, la gioia di giocare e di essere assorbiti totalmente da ciò che stiamo facendo. La sofferenza è stata considerata fino a qualche tempo fa la normalità della vita e non l’eccezione, e ci siamo abituati a rinvangare il passato anziché a vivere nel presente e a preoccuparci del peggio anziché a visualizzare il meglio! E come sempre succede, per correggere la stortura della cultura del dolore, oggi siamo passati all’eccesso opposto del pensiero positivo ad oltranza, al punto che alcuni autori trasmettono l’illusione che la felicità possa essere una condizione permanente ottenibile attraverso il raggiungimento di uno stato di eccellenza, dimenticando però che, in genere, per diventare eccellenti in un settore siamo costretti a trascurare altri settori! Insomma, siamo caduti dalla padella nella brace! Invece dovrebbero dirci a chiare lettere che anche le persone equilibrate ed eccellenti hanno le loro giornate storte, ma hanno anche la capacità di uscire dalla negatività in tempi rapidi e spesso finanche l’abilità di trasformare gli inevitabili problemi esistenziali in altrettante opportunità. La ricerca dell’equilibrio tra positività e negatività, ossia della nostra stabilità emotiva basata sul senso della misura e sull’autolimitazione deve essere il nostro vero, unico, grande e realistico scopo della vita perché le persone sagge non mettono mai in secondo piano il rispetto degli altri e i loro diritti.

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Ci dovrebbero insegnare che l’inconscio è un’autentica miniera di diamanti: imparando a servircene potremmo arricchire la nostra vita e tenere sotto controllo le paure, le preoccupazioni e le sofferenze. Ci dovrebbero spiegare che l’inconscio è tutto e quando la nostra mente conscia è in contrasto con l’inconscio, per noi sono guai: siamo succubi delle emozioni, ci ammaliamo spesso e siamo in conflitto con noi stessi e con gli altri. Ci dovrebbero illustrare perché noi siamo buoni e cattivi allo stesso tempo e perché oscilliamo tra due valori opposti, senza volerlo o senza rendercene conto. Ci dovrebbero dire che noi siamo ambivalenti o contraddittori per natura e non per colpa nostra e che a causa della duplicità delle cose, a partire dall’infanzia si formano dentro di noi due vie neurali o neuronali tra loro contrapposte, per cui ci ritroviamo sia buone abitudini che cattive abitudini, sia convinzioni potenzianti che convinzioni limitanti. È ovvio che le buone abitudini fanno la nostra fortuna, mentre quelle cattive rappresentano la nostra sfortuna. Il guaio è che in tantissime persone ci sono più abitudini negative che positive. E per abitudini negative intendo innanzitutto quelle più comuni e più sottovalutate come l’invidia, la gelosia e il parlar male alle spalle del prossimo: questi sentimenti o emozioni fanno più male di quanto si possa immaginare e inficiano le strategie che impariamo nei vari corsi di motivazione (autostima, obbiettivi, leadership, ecc.). Conosco alcuni professionisti di valore che si fanno distruggere dalla loro mania di perfezione, da troppe regole troppo rigide, dall’assoluta mancanza di tolleranza verso se stessi e verso gli altri, tutte causate secondo me da un odio feroce, dichiarato o non, per il genitore dello stesso sesso, odio che nasconde una gelosia più o meno evidente nei riguardi di un fratello o di una sorella, e/o ancor più sotto, un complesso edipico abnorme mai guarito. L’intolleranza è in assoluto la più grande piaga dell’umanità perché comincia già nelle nostre stesse case, esiste all’interno delle nostre stesse famiglie senza che noi ce ne rendiamo assolutamente conto!

Abitudini e convinzioni riflettono il nostro modo di pensare e creano i nostri schemi mentali e ciò che diventiamo. Ogni abitudine, ossia ogni via neuronale si stratifica nell’inconscio per cui rappresenta un riflesso automatico e pertanto se si tratta di abitudine nociva è necessario liberarsene, anche se, a giustificazione di questa grande difficoltà, un proverbio molto noto afferma che il lupo perde il pelo ma non il vizio. Stare bene o male dipende dal nostro particolare dialogo interiore in quanto è proprio questo rimuginare interno che genera le emozioni e programma le nostre azioni mandando ordini tassativi all’inconscio. Insomma, i nostri pensieri si trasformano in azioni, credenze e comportamenti, proprio come i semi germinando diventano piante: pertanto dobbiamo preoccuparci di non produrre erbacce, di non nuocerci con pensieri tristi e invalidanti. Il nostro corpo è lo specchio dei nostri pensieri e della nostra mente: si vede subito quando siamo tristi e quando siamo allegri. Mettiamo la massima attenzione alle cose che pensiamo! Noi raccoglieremo esattamente ciò che abbiamo seminato, ossia diventeremo ciò che pensiamo. Dobbiamo guardarci dai pensieri negativi e disfattisti e dobbiamo stare attenti a non rimuginare troppo lanciandoci più spesso nell’azione, senza procrastinare le nostre decisioni per paura del fallimento, dei rifiuti o delle delusioni. Inoltre, per conservare la salute mentale è assolutamente necessario equilibrare lo sforzo psichico con un intenso esercizio fisico! In giro c’è molta gente che si affligge perché pensa troppo e perché non sa neanche cosa sia l’inconscio e cosa sia l’equilibrio psicofisico!

La coscienza o conscio, su cui agisce la nostra forza di volontà, non ha dalla sua parte il meccanismo dell’automatismo che è una prerogativa esclusiva dell’inconscio. La coscienza può essere paragonata ad un contadino che coltiva la terra, mentre l’inconscio è la terra stessa. Il contadino per poter raccogliere i frutti deve prima eliminare gli arbusti e livellare il terreno se è accidentato, quindi ararlo e seminarlo; deve poi accudire le piantine, sarchiarle e rincalzarle, difenderle dalle intemperie e dagli attacchi parassitari, concimarle e irrigarle e soltanto dopo un certo tempo può raccogliere i frutti. La terra (l’inconscio) dà frutti saporiti e abbondanti soltanto se il contadino (la coscienza) ha svolto bene il suo lavoro. La terra fa si che un seme possa produrre molti frutti, ma se non viene coltivata con amore ridiventa selvaggia. A questo punto tu giustamente ti stai chiedendo: ma questo benedetto inconscio dov’è? La risposta la conosci già, caro lettore, perché è fin troppo ovvia: ogni cellula del nostro corpo funziona in modo automatico, dunque l’inconscio(1) è il nostro corpo che è sincronizzato (nel bene e nel male) con la mente corrispondente alla coscienza! Soltanto quando mente (coscienza) e corpo (inconscio) sono in perfetto equilibrio tra di loro abbiamo il pieno controllo dei nostri pensieri e della nostra vita.

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I sintomi che ci manda il corpo quando stiamo poco bene rappresentano il modo di comunicare dell’inconscio. Le vie di comunicazione del corpo sono i nervi, le vie di comunicazione della terra sono le strade. Il corpo è come la terra: il primo è alimentato dal sangue che scorre nei vasi, la seconda è alimentata dall’acqua dei fiumi e delle sorgenti.

La sofferenza umana è ovunque e non conosce limiti perché la maggioranza delle persone è ancora all’oscuro di tante cose. Per esempio, quante donne soffrono perché non riescono ad avere figli! Qui l’ambivalenza è al massimo: coscientemente la donna sposata vorrebbe restare incinta, ma inconsciamente ne ha paura, ha timore di avere figli, non li vuole! Ma lei non lo sa, non sa che è essa stessa che non vuole restare incinta! Anzi a sentire un ragionamento del genere si mette a ridere! In realtà noi abbiamo (quasi) sempre due desideri opposti. E in questi casi quale dei due prevale? Ovviamente quello più antico, quello che si è formato durante l’infanzia o l’adolescenza e che è stato più o meno dimenticato perché ormai non ci sono più scontri con la mamma o con il papà, scontri che ci avevano indotto a odiarci, a non amarci. Quando nostro padre o nostra madre ci sgridava e andava su tutte le furie, noi abbiamo imparato a odiarci e abbiamo costruito la via neurale dell’odio per noi stessi in qualità di figli. Una figlia che a torto o a ragione non si sente amata potrebbe convincersi che la cosa migliore per lei è di andarsene al più presto di casa, oppure di non sposarsi affatto per non mettere al mondo altri infelici. Ovviamente è sempre una questione di grado, come pure non bisogna dimenticare la natura intima delle persone che in astrologia è compendiata nel cosiddetto tema natale. I figli non sono tutti uguali: essi interpretano la realtà in modo diverso anche se gli imput e i genitori sono gli stessi. È facile dunque che una ragazza, per motivi vari, si convinca che sia meglio per lei non sposarsi. Ma poi crescendo e maturando e vedendo che tutte le amiche si sposano, anche lei non vuole essere da meno. E ora i giorni e i mesi passano e il figlio non arriva. Ciò la fa stare in pena anche perché le visite mediche, le analisi e le terapie non sembrano approdare a nulla. Se questo è il tuo caso, come puoi sbloccare la situazione?

Per prima cosa devi acquisire la consapevolezza della presenza di due vie neuronali contrapposte, devi cioè convincerti che tu consciamente vuoi il figlio, ma inconsciamente non lo vuoi! È la stessa cosa di chi vorrebbe avere molti soldi e allo stesso tempo ha una opinione pessima dei ricchi: non navigherà mai concretamente nell’abbondanza! Una volta compreso e accettato il concetto di ambivalenza, puoi dire al tuo inconscio che la via neurale vecchia non è più valida, che il vecchio programma è superato e non ti serve più. Devi comunicare con il tuo inconscio e parlargli come se fosse una persona dicendogli chiaramente: “Caro inconscio, io voglio restare incinta”. Proprio così, devi dirglielo non solo nei pensieri, ma anche a voce alta: “Inconscio, io voglio avere un bel figlio e al più presto possibile!” E scegliendo le più belle parole devi dirti ancora: “Carissimo inconscio, io voglio un bel bambino. Desidero diventare mamma. Sì, voglio essere mamma. È bellissimo essere mamma. Voglio sentirmi chiamare mamma!” Devi insistere con queste frasi perché esse trasferiscono una grande energia emozionale al tuo inconscio, dunque al tuo corpo, il quale deve aggiustare parecchie cose dentro di te a livello fisiologico-ormonale perché tu possa restare incinta. Se ti affidi anche alla potenza infinita dell’inconscio e non soltanto alle ipotesi e ai consigli dei medici, non resterai delusa. Devi sapere che l’inconscio entra immediatamente in azione, ma i suoi effetti non si manifestano subito perché per realizzare ciò che noi gli chiediamo oggi, deve prima correggere, eliminare o accantonare ciò che, sempre noi, gli abbiamo chiesto di fare ieri! Anche il contadino per piantare un nuovo frutteto deve prima eliminare le radici e i residui ingombranti della vecchia piantagione. E non è vero, forse, che per guarire una ferita il corpo impiega parecchi giorni? Dunque, impara a fidarti del tuo inconscio, elimina tutti i tuoi dubbi e, come il contadino, aspetta che i frutti giungano a maturazione.

Allo stesso tempo devi fare un’altra cosa importantissima, fondamentale: devi smetterla di accusarti, di odiarti, di angustiarti, di sentirti triste e delusa di te stessa. Devi eliminare al più presto tutti gli epiteti con cui ti apostrofi quando qualcosa va storta perché le parole ripetute più volte si trasformano in realtà per l’inconscio, diventano credenze limitanti e abitudini negative, insomma veri e propri programmi che danno luogo a comportamenti e risultati deludenti. Se tu ti mostri scontenta e infelice, il tuo inconscio non potrà aiutarti.

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57 Soltanto se tu ti accetti e ti ami completamente e profondamente, il tuo inconscio comprende il nuovo messaggio, recepisce la tua richiesta di cambiamento e si mette all’opera. Se invece continui ad essere arrabbiata e delusa di te stessa o ti fai dominare dal risentimento contro questo e quello, l’inconscio capisce che non vuoi cambiare, che preferisci i tuoi vecchi schemi di comportamento, ossia che non vuoi guarire e neanche restare incinta per non mettere al mondo un altro infelice! È questa la convinzione che deve sparire per correggere i tuoi squilibri ormonici!

Ogni via neuronale rappresenta uno stato d’animo specifico. Scontentezza, collera, ribellione, senso di colpa, senso di inadeguatezza e risentimenti attivano sempre le vie neurali più vecchie, quelle che ci hanno insegnato a inciampare e a soffrire. Per sbloccare la situazione e realizzare il tuo desiderio di avere un figlio, ma in generale per realizzare qualunque tipo di desiderio, devi abbandonare le vecchie vie neurali limitanti e crearti un’autostrada velocissima: quella dell’amore incondizionato per te stessa! Devi amarti pazzamente, coccolarti, piacerti, mandarti baci e sorrisi nello specchio e vedrai quanti miracoli accadranno nella tua vita! Se tu ti piaci veramente il tuo inconscio ti fa correre più veloce di una Ferrari! L’amore per se stessi è la principale fonte dell’autoaffermazione.

Devi sorridere spesso a tuo marito, a tuo padre, a tua madre, ai tuoi parenti, ai tuoi amici, ai tuoi colleghi di lavoro, al tuo capoufficio; devi sorridere alla vita e sorriderti nello specchio se vuoi sfruttare la tua miniera di diamanti, se vuoi che il tuo inconscio faccia prodigi. Se tu ami te stessa e sorridi alla vita, il tuo viso ritornerà ad essere fresco e roseo come una volta e il tuo corpo rinascerà e diventerà più bello, più sodo, più vitale e anche… fecondo! Ogni volta che ci giudichiamo, che ci incolpiamo e ci critichiamo, finiamo per provare odio per noi stessi e blocchiamo il flusso delle energie vitali dentro di noi. Ogni difficoltà, ogni fallimento, ogni sofferenza derivano sempre da insufficiente amore per te stessa: non ti piaci abbastanza! E se non ti piaci abbastanza, e quindi non ti ami, non puoi rendere al massimo, anzi ti senti inadeguata, impacciata, pessimista, senza orgoglio e senza entusiasmo: in queste condizioni devi per forza fallire! Quando ti piangi addosso non fai altro che bloccare le tue potenzialità.

La prima cosa che dovrebbero fare ogni uomo e ogni donna è quella di imparare ad accettarsi e ad amarsi nonostante le difficoltà e la situazione critica presente. Accettarsi, approvarsi e amarsi è facile soltanto quando le cose ci vanno bene, ma diventa difficilissimo quando le cose vanno male. In tal caso succede esattamente il contrario: si ripresentano le vecchie vie neuronali (leggi abitudini) dell’autocritica, della disapprovazione e dell’odio per se stessi. E quando ci odiamo, all’inconscio arrivano messaggi di odio e di fallimento per cui “lui” non può fare altro che adeguarsi: l’inconscio esegue sempre gli ordini ricevuti, soprattutto quelli già noti anche se sono nocivi. Quando non ci amiamo perdiamo la sicurezza e la fiducia in noi stessi e ci sentiamo una nullità; insomma l’autostima, che è così essenziale alla riuscita, va sotto zero, al negativo. Ma non appena cominciamo ad amarci e a rispettarci nonostante gli insuccessi, accade qualcosa di veramente miracoloso: la diga che bloccava le nostre potenzialità va in frantumi e dall’oggi al domani la nostra creatività prorompe come le acque tumultuose di un torrente! E tutti si accorgono del grande cambiamento!

Purtroppo, non è facile amarsi perché non è facile perdonarsi, non è facile accettare gli insuccessi, la propria frustrazione, i propri sbagli facendo finta che non ci sono. È invece molto più facile accusare i nostri genitori per averci trasmesso paure e insicurezza; è più facile accusare un capoufficio, un datore di lavoro, un insegnante, l’amico, il fidanzato, il coniuge o chiunque altro per tutto ciò che ci succede. Se non perdoniamo i nostri genitori, non saremo neanche in grado di perdonare noi stessi; fino a quando li accuseremo di essere inadeguati, imperfetti e incapaci, continueremo ad accusare noi stessi di inadeguatezza, imperfezione e incapacità. I figli sono lo specchio dei genitori, nel bene e nel male: se sono scontenti di questo o di quel genitore, vuol dire che odiano una parte di se stessi! Amare totalmente il padre e la madre non è una cosa affatto semplice, anche se la diamo per scontata. Quando accettiamo e amiamo completamente i nostri genitori significa che amiamo e accettiamo totalmente anche noi stessi; significa che abbiamo raggiunto l’equilibrio tra la nostra parte maschile e quella femminile, tra il nostro emisfero sinistro e quello destro, tra il conscio e l’inconscio, e dunque abbiamo raggiunto anche il traguardo della saggezza.

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Spesso, dopo un lungo periodo di successi e di soddisfazioni arriva il momento della crisi. Capita per esempio che un giocatore di calcio, già goleador, non riesca più a fare gol da parecchie giornate e perciò va in crisi. Quando capita una cosa del genere, non si deve lottare contro di essa ma accettare la situazione senza incolpare nessuno; anzi occorre liberarsi di eventuali risentimenti e prendersi una bella vacanza per allontanarsi dal luogo della sofferenza in modo da facilitare il passaggio della crisi. Occorre capire che quella crisi non dipende soltanto da noi, ed è anzi del tutto naturale e prevedibile, nel senso che prima o poi doveva arrivare. Sarebbe irreale se il nostro stato di forma celestiale durasse per sempre! Ogni cosa prima o poi giunge al capolinea e quindi deve tornare indietro per ripartire magari da un livello più elevato, e comunque più cosciente e più maturo. Il corpo non può rendere sempre al massimo, e neanche la mente può sostenere ritmi troppo intensi. La crisi ha proprio il significato di “non ce la faccio più con questi ritmi”! E allora cosa c’è di meglio di un viaggetto in un luogo esotico? Se la vecchia automobile che è stata al diaccio tutta la notte non vuole partire, non serve a nulla continuare a girare la chiave del quadro arrabbiandosi inutilmente. Non si può controllare ciò che ci succede, ma possiamo controllare il nostro modo di reagire modificando i nostri pensieri in modo da non farci sopraffare dalle emozioni negative. La pazienza è la virtù dei forti, e la pazienza è anche accettazione, rassegnazione, certezza che il bel tempo e il cattivo tempo si alternano continuamente. Pertanto, lottare contro il momento presente è dannoso e controproducente proprio come lo è il lottare contro il cattivo tempo. In generale, la contrapposizione riferita sia alle cose che alle persone, non dà mai risultati positivi o apprezzabili, perché esalta soltanto l’emotività e l’irrazionalità. L’unica cosa da fare quando andiamo in crisi è rilassarci, riposarci, recuperare al più presto le energie e, non appena ci sentiamo meglio, riprendere gli allenamenti o l’attività con lo stesso entusiasmo ed impegno di prima della crisi.

A questo punto occorre fare un’importante considerazione. Tutti dicono che dipende solo da noi, che soltanto noi possiamo dare la svolta decisiva alla nostra vita. Questo è giusto, siamo noi a decidere e ad agire, ma io penso anche che le persone care hanno una responsabilità enorme in tutto ciò che ci accade, non solo per quanto accaduto nel passato, ma anche attualmente. Il nostro destino è legato a doppia mandata a quello dei nostri cari, genitori, coniuge o partner, amici e superiori. Se ci sentiamo amati riusciamo a superare assai meglio una crisi che altrimenti ci potrebbe travolgere. Immaginate una persona colpita da una grave malattia o che subisce un incidente invalidante e che allo stesso tempo viene abbandonata dal partner o perda il lavoro! Come può riuscire a farcela? Immaginate un giovane disoccupato che viene anche tradito o abbandonato dalla fidanzata: come può farcela? L’amore e il sostegno di chi ci circonda fanno miracoli! La vita senza amore è un tormento atroce perché scaccia il calore e porta il gelo nel cuore, provoca l’abbassamento delle difese immunitarie e il deterioramento del metabolismo, e così accade quel che non dovrebbe mai accadere: alcune cellule impazziscono….! Molti autori ritengono che il cancro sia causato da un profondo risentimento represso troppo a lungo. Il miracolo della remissione avviene quando si riesce a perdonarsi e/o a perdonare ed amare, nonostante tutto, colui o colei che “aveva” distrutto le nostre speranze!

Se avete un figlio, di qualunque età, che non riesce a soddisfare le vostre aspettative, siatene certi che i suoi problemi sono dovuti a una carenza d’amore risalente all’infanzia, all’adolescenza o anche all’attualità. A volte, anche una forte gelosia più o meno manifesta tra i figli, o di un figlio verso il genitore dello stesso sesso, di cui ho già accennato precedentemente, può rivelarsi problematica e deleteria. Un giovane dentro di sé potrebbe continuare a sentirsi un bambino respinto che lotta disperatamente per essere accettato e amato, e per tali motivi non riesce ad inserirsi, non riesce a vincere un concorso, ci mette troppo tempo per laurearsi o non vi riesce affatto, mentre nei casi peggiori frequenta brutte compagnie! La sua identità è quella del bambino ferito, non amato, rifiutato. La sua convinzione è di non valere nulla, di non essere all’altezza e quindi si sente sfiduciato e sconfitto in partenza. Il figlio può rimettersi in carreggiata e decollare soltanto se vede che il padre (adesso) lo ama veramente, soltanto se constata con i fatti che lo accetta, lo aiuta, non lo abbandona quando egli non riesce a soddisfare le sue aspettative. Il padre (o la madre) deve aiutare il figlio a sentirsi adulto, lo deve aiutare a cancellare la sua inattuale identità di bambino respinto o ferito. Il padre o la madre o entrambi, di fronte ai problemi di un figlio o di una figlia, si devono accollare le proprie responsabilità.

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Spesso sono anche loro che devono crescere smettendola di pretendere da sé, e quindi anche dai figli, il risultato di prestigio, la perfezione, il successo a tutti i costi; altre volte si tratta invece di avere semplicemente più coraggio, costi quello che costi! Il genitore esigente e perfezionista deve capire che quando pretende troppo dal figlio o dalla figlia e sta continuamente a richiamarli e a pressarli, finisce per rovinarne l’esistenza perché li priva dell’autostima e dell’amore per se stessi. E soprattutto deve capire e accettare che non c’è un solo "malato" in famiglia, il figlio che dà problemi, ma probabilmente anche lui stesso è malato perché magari non è ancora guarito del tutto dal suo forte complesso di inferiorità e/o dal suo forte complesso edipico, e si sente tuttora insoddisfatto e insicuro, rispecchiando nel figlio che non riesce la propria scontentezza, le proprie delusioni, le proprie paure e le vecchie rimozioni!

Diciamo la verità: ci sono troppi giovani padri che rifiutano, a vari livelli di gravità o intensità, il proprio figlioletto perché erano stati a loro volta rifiutati e maltrattati dal padre! E ci sono molte giovani madri che rifiutano inconsciamente la propria figlioletta dispettosa perché avevano avuto anch’esse analogo trattamento! Quanti ragazzini iperattivi, ossia turbolenti e indisciplinati sono così perché si sentono rifiutati dal proprio padre! Il padre si vergogna del figlio, lo lascia a casa con la nonna mentre lui esce con la moglie: povero imbecille, dovresti vergognarti di te stesso e non di tuo figlio perché sei stato tu a ridurlo in quello stato! I figli risolvono automaticamente i loro problemi comportamentali quando il genitore esigente comincia lui stesso ad amarsi e ad accettarsi per quello che è, perché soltanto allora riesce ad accettare anche il figlio e a dargli l’amore vero e incondizionato di cui necessita! Insomma, un figlio per diventare "normale" e quindi vincente nella vita deve poter provare ammirazione per il genitore del proprio stesso sesso, là dove invece c’è, in diversi casi, incomprensione e odio più o meno manifesto! Possiamo anche parlare di karma in modo del tutto originale: ciò che è incompiuto o imperfetto in uno o in entrambi i genitori si scarica inesorabilmente sui figli, con tutte le sofferenze che ne derivano!

Comunque, non bisogna mai disperare perché tutto si risolve al momento giusto. Quando un giovane si accorge che il padre (o la madre) che lo rimproverava aspramente quand’era ragazzo, perché magari non andava bene a scuola, ora lo ama, lo sostiene, lo approva e non lo pressa più, ma si fa in quattro per lui trasmettendogli sicurezza e serenità, il grande cambiamento è assicurato e si manifesta all’improvviso: lo si vede da come parla, da come si esprime, da come si muove, tutti notano la sua radicale trasformazione! Dopo aver toccato il fondo, comincia automaticamente una prodigiosa risalita perché scompaiono le convinzioni negative e limitanti, e con esse anche le paure e i blocchi emotivi: svanisce dunque la sensazione di non valere nulla perché emerge l’adulto responsabile e grintoso al posto del bambino sprovveduto e pauroso! Una volta acquisito l’amore che gli era mancato durante l’infanzia e l’adolescenza, arrivano anche i risultati. Ritornano miracolosamente le energie necessarie per mettersi in gioco; scompare la stanchezza cronica, l’abulia e l’insicurezza. Ora il giovane si sente motivato e ha obbiettivi chiari ed un piano d’azione: vuole farsi strada, farsi valere, guadagnare bene e si lancia con entusiasmo nella prima occasione di lavoro.

L’amore autentico fa dunque miracoli perché aiuta ad accettarsi e ad amarsi anche quando le cose non vanno ancora per il verso giusto; l’amore ci aiuta a capire che il successo è sempre preceduto da delusioni, frustrazioni e scoraggiamento perché niente ci viene regalato su un piatto d’argento come quand’eravamo bambini. Insomma, diventiamo adulti imparando ad accettare le inevitabili bocciature della vita e dandoci da fare per evitare il loro ripetersi con un’applicazione costante nella propria crescita e formazione professionale imparando le strategie più efficaci, e soprattutto rialzandoci subito dopo ogni “immancabile” battuta d’arresto. Si diventa adulti uscendo dalla zona di comfort (o di sicurezza) buttandoci con coraggio ed entusiasmo nell’azione; si diventa adulti superando le difficoltà, l’insicurezza e la paura di non farcela; e si diventa adulti facendo in modo che le emozioni positive superino quelle negative. L’amore riscalda il cuore e alimenta il corpo come una fiamma, ma per creare la fiamma occorre una scintilla: l’amore incondizionato delle persone care, la loro spinta carezzevole e l’incoraggiamento affettuoso. Ma attenzione, perché come al solito c’è il rovescio della medaglia: a volte è proprio l’iperprotezione, l’eccessiva indulgenza, l’amore eccessivo e senza incitamenti, la causa della rassegnazione e della decrepitezza di quella figlia o di quel figlio!

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La vita è sicuramente piena di imprevisti, ma è anche abbastanza prevedibile perché il suo funzionamento rispecchia sempre la legge dell’equilibrio, ovvero della dualità e dell’alternanza il cui meccanismo è fin troppo semplice e chiaro. Ogni cosa ha un ciclo ed è prevedibile anche se a volte ancora non conosciamo le leggi relative. Possiamo persino calcolare con esattezza la posizione nel cielo immenso di pianeti lontanissimi come Saturno, Urano, Nettuno e Plutone, non solo al momento presente, ma anche per i tempi passati e futuri! Quasi tutto oggi trova una spiegazione logica e convincente, persino i capricci del tempo: infatti, le previsioni meteorologiche sono sempre più azzeccate e precise. La nostra stessa vita è più comprensibile di quanto si possa immaginare grazie alla legge olistica dell’equilibrio: la somma di due fattori opposti è sempre uguale a zero, ossia se un elemento è +10, l’altro è -10. Come nel caso della bilancia e del gioco dell’altalena, anche nell’altalena della vita, se un braccio scende in basso l’altro sale verso l’alto nella stessa misura.

Per esempio, prendiamo due parole apparentemente semplici e ordinarie: vicinanza e lontananza. E invece come sono significative! Quante cose ci può insegnare questa coppia di opposti! Vicinanza, contatto, unione; bisogno di vicinanza, di contatto, di unione, di possesso. Ardore, passione, desiderio. Ma dopo tanto desiderio, contatto, unione, ardore, godimento, la vicinanza finisce per stufarci, ci riempie e ci colma come un bicchiere riempito fino all’orlo. Dobbiamo sapere già in partenza che il pieno anela al vuoto, che la vicinanza anela alla lontananza, dunque l’idillio non dura in eterno. Prima o poi si comincia a punzecchiarsi, a criticarsi, ad arrabbiarsi anche per sciocchezze. Si è scontenti del partner senza una vera ragione, anche se razionalizzando se ne trovano tante. La realtà è che i bisticci sostituiscono il bisogno di lontananza non soddisfatto e hanno appunto lo scopo di dividere, di separare, di allontanare. L’amore a un certo punto si trasforma naturalmente in antipatia, in insofferenza, in odio che è appunto mancanza di amore. Lo stare troppo vicini si rivela a volte insopportabile, asfissiante: l’unico rimedio in questi casi è un po’ di lontananza per ripristinare appunto le distanze. Ci penserà poi la lontananza stessa a far apprezzare di nuovo le nostre qualità, a far desiderare di nuovo la nostra persona, a farci sembrare di nuovo amabili: dunque a farci tornare ancora una volta insieme. Vostra moglie vi ha mai suggerito di andarvi a fare un viaggetto da solo? Ossia di levarvi dai piedi per un po’? Lei sa benissimo che al ritorno sarete più affettuosi e gentili e la troverete più attraente, e inoltre le porterete un bel regalo! Anzi, a proposito di regali, da quanto tempo li avete sostituiti con le critiche e i bisticci?

Purtroppo, ad un certo punto la coppia non riesce più né a comunicare, né a sopportarsi! E le ragioni addotte sono razionalizzazioni che non centrano mai il vero problema! Se non vi allontanate un po’ beccatevi pure le liti! Ma per gli uomini è così difficile imparare a ridersela, anziché incazzarsi, quando le donne brontolano? Sarebbe peggio se non brontolassero! In ogni caso, per scaricare la troppa negatività reciprocamente accumulatasi tra marito e moglie, o tra due partner, o tra due soci in affari, diciamo pure per neutralizzare l’eccesso vagante di cariche elettriche negative – i soliti elettroni per intenderci! – o si sta a litigare o ci si allontana un po’. Insomma, la lite serve a ripristinare le distanze e quindi anche il rispetto reciproco tra i partner scaricando l’eccessiva tensione (elettrica) accumulatasi e pertanto svolge una funzione equilibrante e utile, anche se litigare troppo fa male ed è assolutamente da evitare. Ma spesso è proprio questo il prezzo da pagare per continuare a stare insieme! Infatti, stare insieme significa comunicare e fare qualcosa di comune accordo, e la lite rappresenta un modo perverso per continuare a comunicare quando non si vorrebbe più stare insieme perché non c’è più accordo. La concordia tra i coniugi presuppone l’equilibrio interiore di ciascuno di essi, ed è proprio questa la parte dolente! Se non diventiamo coscienti della nostra intolleranza, della nostra rigidità, della mancanza di flessibilità reciproca, se crediamo sempre di avere ragione noi e torto l’altro(a), la vita in famiglia continua ad essere un inferno anche cambiando partner! Perdiamo troppi colpi a giudicare il mondo che non è mai come noi vorremmo; consumiamo troppe energie nel tentativo di correggere gli altri, mentre tutto ci apparirebbe meraviglioso se imparassimo ad approvare, apprezzare e accettare noi stessi! Siamo noi il punto dolente, non gli altri: abbiamo troppe regole e per giunta anche rigide e quindi ci troviamo sempre in conflitto proprio con le persone più care che hanno il solo torto di avere regole meno rigide! Tra suoceri e nuore/generi, tra genitori e figli, chi è che si sente mancare di rispetto? Chi ha regole troppo rigide!

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61 Si prova una gioia immensa quando facciamo una buona azione, un favore ad un parente, oppure a un amico, a un conoscente, a una persona qualunque, ma il perdono vale molto di più perché ci libera da tutti i conflitti. Però occorre anche saper dire no quando è necessario, bisogna essere disponibili ma non a disposizione; insomma, non dobbiamo votarci all’altruismo ad oltranza, altrimenti la nostra vita diventa una continua frustrazione perché inevitabilmente tutti si appoggeranno a noi e, abituandosi, non ci daranno più tregua.

Il vuoto non resiste a lungo a restare vuoto, anela a riempirsi; e il pieno non resiste a restare pieno, ha bisogno di svuotarsi. La lontananza non resiste a lungo: anela ad avvicinarsi. Capire la magia dell’alternanza tra vuoto e pieno, tra vicinanza e lontananza, o anche tra giorno e notte, significa aver compreso il magico gioco della vita, l’ondeggiare continuo della realtà, il miraggio delle cose che ci sfuggono e perciò ci attraggono, più ci attraggono e più ci sfuggono. Persino una porta è fatta per essere aperta e per essere chiusa: se resta sempre chiusa è come se fosse un muro, e se resta sempre aperta è come se non ci fosse. Ci vuole qualcuno che si prenda cura di quella porta e l’apra e chiuda a seconda delle necessità. Prenditi cura delle tue cose dunque, ma non prenderle troppo sul serio, non attaccarti più di tanto perché niente è definitivo. Tieni presente la legge dell’alternanza. Alcune cose ti sfuggono e perciò tu le trovi molto attraenti, le desideri e le insegui accanitamente; ma quando finalmente le avrai ottenute, sarai tu a fuggirle desiderando e sognando sempre ciò che ti manca.

Non c’è scampo alla legge dell’alternanza: fatti furbo, non ti attaccare troppo, impara ad essere distaccato e sereno! Impara a ridertela, a cogliere l’attimo fuggente! Vivi qui, vivi ora, vivi il presente anche se è così evanescente. Soltanto riducendo l’attaccamento alle cose materiali e anteponendo l’amore per te stesso, incondizionato, e per i tuoi cari, riuscirai ad eliminare i dubbi e le paure che ti rendono così scialbo e insignificante. Ciò ti consentirà di diventare quello che hai sempre sognato di essere: una persona motivata, piena di entusiasmo, di vitalità, di simpatia e di allegria. Il segreto dell’entusiasmo e della vitalità però non sta nella realizzazione di un grande sogno, ma nell’avere un grande sogno da realizzare, nel senso che si ricava più soddisfazione dalla lotta per raggiungere un grande obbiettivo che nel conseguimento della meta stessa. Dall’infanzia alla vecchiaia, la soddisfazione più appagante è quella di poter gridare a se stesso: ce l’ho fatta! Il vero obiettivo, dunque, non è tanto il traguardo in sé, ma la scoperta del proprio valore e della propria identità attraverso il superamento delle prove che la vita ci impone, per raggiungere come un redivivo Odisseo una grande maturità e uno straordinario equilibrio. E però questo viaggio interiore e questa crescita non si completano mai, com’è dimostrato dall’espansione inarrestabile di quegli imprenditori che pur avendo conquistato un grande impero economico, non hanno ancora raggiunto la serenità e l’armonia.

La vita perciò sembra a volte una vera contraddizione: ci devi credere con tutte le tue forze se vuoi arrivare fino in fondo; ti devi impegnare al massimo, avere la mente focalizzata costantemente sul tuo obbiettivo per poterlo raggiungere; ma allo stesso tempo se ti ci attacchi troppo, se lo vuoi per forza, se lo vuoi subito, il risultato ti sfugge! La realtà è che dobbiamo imparare ad aspettare pazientemente perché ogni cosa ha il suo periodo di incubazione che non ci è dato conoscere e che non possiamo abbreviare o forzare in alcun modo. In ogni caso il risultato che cerchiamo non ci sfuggirà, prima o poi lo raggiungeremo pur attraverso difficoltà, errori e frustrazioni, se continueremo ad avere la mente focalizzata sulla meta. Attenzione però a non illuderci e inebriarci quando ci va tutto a gonfie vele: quando crediamo di essere in una botte di ferro, di tenere la situazione in pugno, di essere diventati potenti ed invincibili, arriva spesso la più grande mazzata della vita! Cosa ci insegna tutto questo? Che è indispensabile conservare l’umiltà e l’equilibrio anche nella grandezza, altrimenti facciamo la fine di Lucifero: siamo scacciati dal paradiso!

In realtà, è proprio questo il grande sogno inconsapevole che accomuna e rende uguali gli esseri umani: ritrovare il paradiso dal quale ci sentiamo comunque scacciati, recuperare la divinità intrauterina attraverso il lungo viaggio della vita più o meno sofferto, senza mai riuscirci completamente.

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Pertanto, è preferibile vivere la nostra vita come una commedia imperfetta, ma appagante e armoniosa, amandoci e approvandoci nonostante le nostre debolezze e i nostri limiti; e proprio in virtù di questa mentalità flessibile e tollerante saremo in grado di comprendere, perdonare ed aiutare chi è rimasto ancora impigliato nel conflitto, nel rancore o nella tragedia, anziché ergerci a giudici e sputare sentenze! Note

(1) Secondo la scuola di Ramtha (Come creare la propria realtà – Macroedizioni), l’inconscio ha sede nel cervelletto o cervello rettile, mentre la coscienza o

conscio ha sede nella corteccia cerebrale. Il cervelletto risale all’era dei rettili, ossia è molto più antico della corteccia cerebrale. Perciò il tessuto del cervelletto

è assai diverso da quello della corteccia: “…un piccolo frammento di cervelletto possiede in sé più tessuto, più atomi che l’intera corteccia cerebrale”. Il

cervello medio è situato tra la corteccia cerebrale e il cervelletto e rappresenta la sede dell’attività medianica perché è sensibile ai raggi infrarossi, gli stessi

che consentono agli animali di comunicare tra loro e di vedere anche di notte, qualità che gli esseri umani, esclusi gli sciamani e i medium, hanno perduto da

tempo.

Altri autori preferiscono la distinzione del cervello in emisfero destro e sinistro, separati dal corpo calloso. L’emisfero destro è associativo, irrazionale, sintetico,

avventuroso, induttivo, creativo, ricettivo, intuitivo e caldo (emozionale): esso comanda la parte sinistra del corpo. Invece l’emisfero sinistro è ripetitivo,

razionale, analitico, cauto, deduttivo, meccanico, scettico, verbale, direttivo e freddo (insensibile): esso comanda la parte destra del corpo.

Io sono convinto che la sede dell’inconscio è il cervelletto da dove comanda ogni cellula del corpo con un meccanismo automatico, e pertanto l’inconscio

coincide con l’intero corpo, mentre la coscienza corrisponde alla mente che ha sede nella corteccia cerebrale.

Agli effetti pratici ciò che conta è la contrapposizione tra conscio ed inconscio o tra le due parti del cervello. L’armonia tra conscio e inconscio, o tra emisfero

destro e sinistro dà luogo all’equilibrio che rappresenta la piena realizzazione della persona umana. L’equilibrio è anche saggezza, illuminazione e creatività.

L’equilibrio è anche gioia imperturbabile, almeno fino a un certo punto.

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L’Autore:

PPPaaasssqqquuuaaallleee FFFooogggllliiiaaa

Pasquale Foglia è un agronomo laureatosi a Portici (NA) nel 1972 con il massimo dei voti, già Vice Questore del Corpo Forestale dello Stato. Studia psicologia da oltre 30 anni (esattamente dal 1973) e astrologia dal 1980; è esperto inoltre di Enneagramma e di PNL.

Ha scritto molto su Ricerca ‘90 e su Linguaggio astrale. Molti articoli si trovano pubblicati sul sito Armonics.

Curatore della Rubrica "Agro-psico-astrologia" su PiùChePuoi.it http://astrologiascientifica.piuchepuoi.it

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Anche tu puoi raggiungere il successo e la serenità eliminando le paure che ti bloccano. Le paure sono come le erbacce: occorre estirparle al più presto

possibile.

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