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III SESSIONE – Beni comuni e partecipazione: quale sussidiarietà per una società civile? Intervento di: Paolo Raffaelli – ANCI Nazionale Ringrazio la Camera di Commercio di Perugia ed il Laboratorio dell’economia civile per questo importante appuntamento che offre la possibilità di uno sguardo profondo ed esteso all’interno del contesto umbro, ma non soltanto. La tavola rotonda di domani sarà l’occasione per portare, a grandi linee, quelle che sono le proposte dei Comuni italiani su questa delicata materia che io tendo a non valutare come una tematica specifica di Terzo Settore ma una riflessione su cos’è oggi un effettivo sviluppo economico sostenibile. Mi riallaccio dunque all’intervento del collega Sindaco di Perugia Renato Locchi che mi lascia l’opportunità di rappresentare l’orientamento dei Comuni dell’Umbria e pertanto farò un discorso di comunità incentrato su alcuni, pochi, punti che mi paiono essenziali. Una griglia di priorità. Intanto questo dibattito si svolge in un momento non qualsiasi della storia del nostro Paese: mi riferisco a un Paese che in certi periodi della sua vicenda quotidiana appare sempre più come una comunità sull’orlo di una crisi di nervi, con un quadro di priorità delle proprie problematiche che appaiono più segnate da forme di urgenza, di violenza e di intemperanza, e dal modo in cui queste vengono amplificate dai media, che non da una selezione accurata delle necessità vere. Credo che su questo terreno non sia neanche indispensabile fare esempi troppo accurati: un giorno un’emergenza assoluta è data dal rom assassino, un giorno dal poliziotto che spara da una piazzola di sosta ad un tifoso, un altro giorno ancora il problema è quello dell’insicurezza delle città. La conseguenza può essere che in città in cui non c’è storicamente neppure un rom si inneschino grandi battaglie per liberarla dai rom. A me pare che questa deriva del senso delle priorità dei bisogni del Paese contenga un effettivo rischio di criticità per il funzionamento della nostra democrazia. 179

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III SESSIONE – Beni comuni e partecipazione: quale sussidiarietàper una società civile?

Intervento di: Paolo Raffaelli – ANCI Nazionale

Ringrazio la Camera di Commercio di Perugia ed il Laboratoriodell’economia civile per questo importante appuntamento cheoffre la possibilità di uno sguardo profondo ed esteso all’internodel contesto umbro, ma non soltanto. La tavola rotonda di domanisarà l’occasione per portare, a grandi linee, quelle che sono leproposte dei Comuni italiani su questa delicata materia che iotendo a non valutare come una tematica specifica di TerzoSettore ma una riflessione su cos’è oggi un effettivo sviluppoeconomico sostenibile. Mi riallaccio dunque all’intervento delcollega Sindaco di Perugia Renato Locchi che mi lascial’opportunità di rappresentare l’orientamento dei Comunidell’Umbria e pertanto farò un discorso di comunità incentratosu alcuni, pochi, punti che mi paiono essenziali. Una griglia dipriorità.

Intanto questo dibattito si svolge in un momento non qualsiasidella storia del nostro Paese: mi riferisco a un Paese che in certiperiodi della sua vicenda quotidiana appare sempre più comeuna comunità sull’orlo di una crisi di nervi, con un quadro di prioritàdelle proprie problematiche che appaiono più segnate da formedi urgenza, di violenza e di intemperanza, e dal modo in cuiqueste vengono amplificate dai media, che non da una selezioneaccurata delle necessità vere.

Credo che su questo terreno non sia neanche indispensabile fareesempi troppo accurati: un giorno un’emergenza assoluta èdata dal rom assassino, un giorno dal poliziotto che spara da unapiazzola di sosta ad un tifoso, un altro giorno ancora il problemaè quello dell’insicurezza delle città. La conseguenza può essereche in città in cui non c’è storicamente neppure un rom siinneschino grandi battaglie per liberarla dai rom.

A me pare che questa deriva del senso delle priorità dei bisognidel Paese contenga un effettivo rischio di criticità per ilfunzionamento della nostra democrazia.

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Quella che si coglie in questa sala e in altre sale come questaè l’altra faccia della medaglia, cioè la consapevolezza nonilluminista, vissuta nella pratica quotidiana, nell’operatività, chela ricchezza sociale e il capitale umano sono elementiassolutamente fondamentali per ogni disegno di crescita chevoglia essere tale e che la città, la comunità, sono organismivitali, biologici, con i loro modelli di sviluppo e non macchineo costruzioni inerti a cui si possono imporre momenti di stasi omomenti di riproduzione dall’esterno.

Poiché il tema odierno mi pare essere quale sviluppo economicosostenibile, in questa situazione concreta e in prospettiva, alloraaffronterò alcune questioni che io avverto come elementipesanti di difficoltà e di rischio. Io ho iniziato a fare il Sindacodella mia città, Terni, nove anni fa, e fin da subito incominciammoa porre come tema centrale quello del bilancio sociale annualee di mandato: oggi, purtroppo, la situazione dei Comuni italianiè tale che dal bilancio sociale si sta arrivando alla cattiva prassidel bilancio di cassa.

Il Comune, per i tagli di bilancio, per la progressiva espansionedei controlli funzionali delle Magistrature contabili e amministrative,per i modelli di funzionamento interistituzionali che non sonosempre e dovunque i più adatti, si avvia ad essere sempre di piùun livello nel quale la dimensione dell’orientamento della spesarischia di essere fortemente contratto.

Questo in una situazione nella quale nelle nostre realtà ilcambiamento è invece – parto anche qui da un’ esperienzaconcreta, quella della seconda città dell’ Umbria – in progressivo,fortissimo mutamento: mutamento della composizionedemografica, dei rapporti fra le generazioni, delle composizionietniche, degli assetti urbani, delle modalità di sviluppo.

Noi siamo in una fase nella quale al punto più basso di capacitàeconomico finanziaria dei Comuni corrisponde la necessità piùalta di riformulazione delle modalità di funzionamento dei nostrimodelli di welfare.

Vorrei che su questo ci soffermassimo perché c’è il rischio,altrimenti, che non ci sia pienamente questa consapevolezza,

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che va vista non come un dato di fatalità ma come un nodo dasciogliere; si apre sempre di più nei territori una forbice tra lenecessità di nuovo sviluppo e una propensione delleAmministrazioni comunali di rispondere alle loro difficoltàeconomico- finanziarie attraverso una perenne conferma dell’esistente, ripiegandosi su se stesse, rifiutando di rimettere indiscussione dalle radici le modalità di funzionamento delle propriepolitiche di welfare.

Lo dico partendo dall’esperienza di una città, Terni – ma non èda meno Perugia – che ha una rete di welfare forte,solida,strutturata e un tessuto associativo altrettanto significativo etuttavia lì sento degli scricchiolii della cui pericolosità vorreiriflettere con voi.

Molti presenti avranno avuto certamente in mano nelle ultimesettimane il volume ponderoso, ma molto importante, dell’AUR(Agenzia Umbria Ricerche) che riassume i dati della quartaindagine sulla povertà in Umbria: molte cose tranquillizzanti, stiamomeglio qui che altrove, stiamo molto meglio che nella media delPaese, abbiamo una reattività forte, ci sono le vecchie suocereumbre che ancora rappresentano un elemento di tenuta nellefamiglie, siamo di fronte insomma ad un sacco di cose che ciconsentono di dire che questo è sempre il pezzo d’Italia cheregge, ma ci stanno anche alcuni elementi che danno il sensodi uno spiazzamento forte.

Intanto quello che io chiamo la dialettica tra urlo e silenzio: daun lato abbiamo una progressiva crescita di bisogni urlanti,fortemente autoproposti, che sono il più delle volte bisogni mediche hanno già un forte livello di protezione ma che hanno ancheuna forte capacità di rappresentanza, di rendersi visibili, e quindiavendo già ottenuto ottengono di più perché urlano e, dall’altro,una quota minoritaria assolutamente priva di peso e di voce macon bisogni crescenti talmente radicali (ovviamente radicali nonrispetto al Nord est del Brasile ma rispetto al contesto umbro)da vergognarsi persino della propria espressione.

Qui c’è, per esempio, un nodo assolutamente fondamentalesul terreno della collaborazione fra Amministrazioni municipali eTerzo Settore e in modo particolare sul versante delle politiche

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per uno sviluppo economico sostenibile, perché non c’è dubbioche se il mix tra propensione al conservatorismo della Pubblicaamministrazione, alto volume delle campagne mediatiche eorientamento al mercato delle imprese di Terzo Settore ci portaad alimentare una spirale per cui chi strilla prende sempre di piùe chi tace invece viene relegato sempre più dentro il silenzio.

Ci troviamo dentro un meccanismo che diventa assolutamenteingovernabile o, peggio ancora, che ingovernabile diventaperfettamente autogovernato con le urla sempre più forti e isilenzi sempre più impotenti.

C’è quindi un nodo forte da sciogliere, non solo un nodo dipratica politico amministrativa ma anche un nodo teorico cheriguarda il modello di approccio da adottare su questo versante.

Faccio un rapidissimo esempio per concludere: non so quanti divoi hanno avuto in mano in questi mesi un libro molto più citatoche letto, molto più comprato che approfondito, “Gomorra”di Roberto Saviano. Interessa poco la storia della camorra chec’è dentro, interessa a me molto, e credo che può interessarea noi, il modo in cui viene dipinto, soprattutto nei primi quattroo cinque capitoli, il modello di funzionamento della cinturaperiferica nord di Napoli tra Secondigliano e Casal di Principe.

Zone di depressione economica? Assolutamente no, zone dimiracolo economico occulto e nero, fuori dalle regole.

E’ quello secondo me il concetto vero del libro di Saviano, poic’è tanto di immaginifico, di costruzione narrativa, ma quello èun concetto su cui io credo dobbiamo riflettere, il punto teoricodel mio assillo su come muoversi in questo momento dentro questogrumo di contraddizioni della società tardo-capitalista o post-capitalista.

La frantumazione del tessuto sociale è quella che infradicia anchele opportunità di sviluppo economico; non c’è sviluppo economicoche garantisca la crescita equilibrata di un territorio se non tieneinsieme oltre alla quantità, la qualità, la solidità e il sistema direlazioni. Lo sviluppo economico senza regole né qualità socialee qualità urbana è un elemento che accresce il degrado, lo

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incrementa perché introduce un elemento di profittabilità di unasituazione in progressiva decomposizione.

Le regole e la qualità sociale urbana come condizioneindispensabile perché anche la crescita economica producarisultati positivi.

E per questo io mi sento di poter dire, proprio traendo la moraledi quelle poche primissime pagine del libro di Saviano, che larete dell’associazionismo, dell’impresa non profit, è rete che hauna valenza semantica plurale, non è solo rete di collegamentoe di contatto ma è anche rete di protezione dalle cadute;lasciatemi usare una metafora: è la rete elettrosaldata che reggeil cemento sociale e ne impedisce lo sgretolamento.

Noi siamo, lo voglio dire con grande chiarezza, come Comuniumbri, dentro un tavolo aperto in Regione, un tavolo faticoso;e siamo ancora lontani da questo modello di ridiscussione degliapprocci. Lo avvertiamo come esigenza, ma fatichiamo adarrivarci, a misurare le nostre forze, le nostre contraddizioni rispettoa questo necessario nuovo approdo: vorrei dire che siamo forsenella fase dell’ attraversata dell’ Atlantico in cui gli equipaggi diColombo cominciano a ribellarsi perché non vedono arrivare l’altra sponda ma sono troppo lontani per tornare indietro.

Sento che qui abbiamo un nodo forte da sciogliere, sono convintoche in questo contesto aver convocato questo convegnorappresenti anche una sfida forte, di ricerca, di approfondimento,di analisi.

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III SESSIONE – Beni comuni e partecipazione: quale sussidiarietàper una società civile?

Intervento di: Giustino Trincia – Segretario GeneraleCittadinanzattivaConvegno/evento Nazionale sul Terzo Settore(Intervento non riesaminato dal relatore)

Grazie per l’invito, io in realtà sono uno dei due vice-segretarigenerali di Cittadinanzattiva, ho preso un po’ alla lettera il titolodi questa sessione, vorrei proporvi, naturalmente in maniera moltoschematica, anzitutto tre proposte per quanto riguarda i benicomuni.

Ringrazio molto anche i relatori sia della prima sessione di oggi,ma anche di questa, perché veramente molto ricche di spuntie quindi li ringrazio veramente di cuore. Beni comuni, vogliometterne tre in evidenza, il primo quello della Tenerezza Sociale.

Tenerezza sociale, quindi cultura dell’accoglienza, del rispetto,della tolleranza, della promozione sociale. Il secondo benecomune, l’Accessibilità, l’accessibilità a beni e servizi, si è parlatodell’acqua, io voglio sottolineare il ruolo dell’istruzione di certeopportunità, anche di quelle lavorative.

Il dott. Mastrobuono parlava del tema della crescita, io,sinceramente non penso che ci sia un problema di accettarel’equazione sviluppo e crescita, il problema è quale crescita e inche modo si esercitano le responsabilità diffuse, rispetto a unacrescita che sia sostenibile, quindi accessibile. Terzo bene comune,quello della Cittadinanza, che sintetizzo nell’esercizio di diritti edoveri, ma anche di poteri e responsabilità.

Considerare queste quattro gambe del tavolo cittadinanzasignifica anche ricomporre la divisione individuale e quella sociale.Quale sussidiarietà, allora, per una società civile? L’ha già citataGregorio Arena e la voglio riesplicitare, la sussidiarietà orizzontale,l’articolo 118, ultimo comma della nostra Costituzione: Stato,Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni favorisconol’autonoma iniziativa dei cittadini singoli e associati nellosvolgimento di attività d’interesse generale, sulla base del principiodi sussidiarietà. Condivido, qualcuno l’ha già forse accennato,

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che c’è una certa timidezza da un lato, e dall’altra una scarsaattenzione a cogliere la portata veramente straordinaria di questainnovazione Costituzionale.

Perché è straordinaria, perché propone almeno questi passaggi,il primo, lo dico molto schematicamente per ragioni di tempo, lafine del monopolio della rappresentanza dell’interesse generaleda parte dello Stato; secondo, un rapporto di pari dignità tracittadini, anche singoli, organizzazioni civili e istituzioni pubbliche,quale preludio ad una Democrazia cooperante; terzo, l’obbligoper le istituzioni pubbliche di favorire e non più di riconoscere,sostenere e promuovere l’attivismo civico che opera per la tuteladell’interesse generale; quarto passaggio, il primato del fare edell’agire, qui credo che ci sia una riflessione anche autocritica,che le organizzazioni civiche nelle loro diverse espressioni debbonofare, il primato del fare e dell’agire rispetto all’appartenere.

Non sono facilitate le organizzazioni, le sigle in quanto tali, mavengono favorite le azioni, l’agire, l’autonoma iniziativa deicittadini, in quanto correlata alla tutela di un interesse generaledi un bene comune. Questo prelude ancora alla messa indiscussione alla radice dei vecchi criteri della rappresentanzatipici del mondo politico, sindacale e associativo.

Criteri logori, su cui dobbiamo riflettere, su cui inviterei soprattuttochi ha responsabilità, la classe dirigente che non è solo politica.La crisi della classe dirigente del nostro Paese non è solo una crisidella cosiddetta “casta”.

Io non mi occupo di partiti, non faccio campagna elettorale,non sono iscritto a nessun partito, non lo sono mai stato, credoche votare sia un diritto/dovere, per essere chiaro.

Mi batto perché il nostro movimento rafforzi la sua indipendenza,la quale a mio avviso non significa indifferenza o qualunquismo.Credo però che ci sia una riflessione da fare sul tema dei vecchischemi della rappresentanza, anche delle organizzazioni deicittadini.

Concludo, dando solo dei titoli, poi manderò casomaieventualmente il testo.

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Quali sono gli spazi, alcuni spazi, ne voglio citare cinque, solo pertitoli. Prima opportunità, una delle cose più importanti della leggefinanziaria del 2008 è questo comma 461 che prevede ladefinizione, il monitoraggio e la revisione degli standard quantitativie qualitativi dei servizi pubblici locali, con il concorso dei cittadinie delle organizzazioni civiche, che non sono solo quelle deiconsumatori.

Seconda opportunità, la valutazione civica dell’amministrazione,in cui ho lavorato undici anni, e non sono assolutamente d’accordosu questa cultura dei fannulloni, c’è un patrimonio di risorse umaneinestimabile, poi ci sono anche quelli, ma non si può generalizzarea proposito di capitale sociale e fare di ogni erba un fascio.

Non c’è dubbio comunque che se vogliamo rilanciarel’amministrazione del nostro Paese, dobbiamo creare uncoinvolgimento attivo civico dei cittadini, degli utenti, e non solodegli utenti ma dei cittadini, per la sua valutazione.

Terzo elemento, la formazione congiunta alla cittadinanza, iosono allibito, quando si parla d’immigrazione. Si continua a parlaredi non avere la casa, un contratto di lavoro e via di seguito, maperché non si pensa anche che i cittadini in questo Paese - sianoo no Italiani, questo secondo me è sinceramente secondario -bisogna anche metterli in condizioni di capire quali sono diritti edoveri, potere e responsabilità, così come comprendere glistrumenti di partecipazione, d’impegno civico di tutela dei diritti.

Auspico che un domani, chissà quando, nelle scuole italiane enelle Università, venga introdotto un insegnamento di educazionealla cittadinanza, di pratiche alla cittadinanza, o come dire,recuperare la vecchia educazione civica, intendendola peròcome socializzazione alla vita democratica.

Questa educazione la possiamo fare insieme, le istituzionipubbliche, il mondo della scuola naturalmente e le organizzazioniciviche. Quarta opportunità, la co-regolazione e la tutela delmercato, in questi anni è passata l’idea che sui prezzi e le tariffenon si possa fare nulla. Non è vero, è la prima forma disubordinazione a un primato assoluto del mercato, che invecedovrebbe, a proposito di responsabilità d’impresa, tenere contodi alcune considerazioni.

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L’Italia è un paese che si sta impoverendo, ma sono le personead impoverirsi , gli esseri umani, perché questo succede quandonon hai accessibilità. Abbiamo alcuni milioni di persone chehanno problemi e non si curano, perché i farmaci costano ancoratroppo, o perché c’è un’intramoenia che viene fatta negliospedali, per cui noi paghiamo un servizio sanitario pubblico incui c’è una lista d’attesa di mesi e mesi per visite che sonoessenziali, poi però se lo fai in privato dentro una struttura pubblicaintramoenia, dopo 10 giorni, 5 giorni, 4 giorni, tu accedi.Ecco i cambiamenti che bisogna fare, anche dal punto di vistadella tutela del mercato.

Quinta opportunità, la gestione pacifica dei conflitti, nel nostropaese gli eventi peggiori della cronaca - da cui purtroppo siamosubissati dai diversi tg, dai media, e fa parte della realtà - è unasocietà in cui si è alzata tantissimo la conflittualità, la tensione, cisono dinamiche di conflitto e non solo nelle grandi città.

Guardate io sono nato in questa terra, in un centro di 35.000abitanti nell’Umbria, vivo a Roma da circa 20 anni, giro non soloin Italia, e vi assicuro che da molte parti è così, per cui è centraleil tema su quale tipo di crescita favorire.

Ecco io avevo sviluppato questi temi, credo che queste cinqueopportunità siano opportunità per contribuire ad incrementareil capitale sociale, a promuovere la coesione sociale. La coesionesociale è un fatto concreto, non è un fatto che riguarda solo ilcuore, i buoni sentimenti.

Per la produzione dell’empowerment dei cittadini e delle comunità,noi dobbiamo mettere in condizione i cittadini e le comunità diesercitare correttamente e direttamente diritti e doveri, poteri eresponsabilità.

Questo richiamo significa chiamare in gioco anche i cittadiniamministratori pubblici, i cittadini politici, i cittadini sindacalisti,anche loro ne hanno bisogno, i cittadini imprenditori che forse inItalia ne hanno particolarmente bisogno in diverse zone del paese,perché altrimenti noi continuiamo a parlare tra di noi senza riuscirea dare strumenti concreti per fare della sussidiarietà orizzontaleuna cultura che vive, che si alimenta. Grazie.

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III SESSIONE – Beni comuni e partecipazione: quale sussidiarietàper una società civile?

ConclusioniIntervento di: Maria Rita Lorenzetti – Presidente Regione Umbria

Beni comuni e partecipazione: quale sussidiarietà per una societàcivile

Appunti per l’intervento della Presidente:

L’idea di sviluppo che si vuole sostenere

Lo sviluppo è tale se libera risorse; per questo tutto il terzo settore(il volontariato, l’associazionismo, la cooperazione sociale)rappresenta un attore significativo dello sviluppo per la suacapacità di intercettazione e di organizzazione delle potenzialitàindividuali e collettive spesso inespresse, delle intelligenze, deitalenti che i circuiti codificati non sempre riescono ad accogliere,con l’esito di una dispersione di risorse preziose per lo sviluppodella comunità.

Poiché lo sviluppo è strettamente collegato a due fattori, lapossibilità di esercitare una serie di diritti (salute, istruzione,formazione, un civile abitare ecc.) e di stare dentro un processodi coinvolgimento sociale che riguarda sia il proprio progetto divita che quello della comunità di appartenenza, ben si evidenziail valore fattuale e di senso del capitale sociale e del sistemadelle reti che infrastrutturano la società regionale.

Capitale sociale e infrastrutture della cittadinanza

La promozione delle reti sociali e delle attività su base localecostituisce una risorsa strategica per lo sviluppo e l’innovazionenel quadro di un potenziamento dei processi concertativi comepratica di integrazione positiva fra tutti gli attori dello sviluppolocale.

La Regione Umbria ha incardinato tutta la sua programmazionesu questo modello di relazioni pur riconoscendo, ad oggi, lapresenza di un gap fra quanto sancito negli Atti e il livello attuativogestionale.

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Tuttavia questo approccio supera i tradizionali paradigmi diriferimento a favore di un codice dell’azione sociale dove leistituzioni tendono a divenire attivatori di processi sociali volti adaprire interlocuzioni trasversali per costruire alleanze e convergenzegeneratrici di capitale sociale diffuso.

In quest’ottica per capitale sociale intendiamo la rete di relazionicapace di mobilitare l’azione collettiva e in particolare dipromuovere l’agire solidale in cui i beni prodotti diventano benicollettivi fondati su processi sostenibili, in termini di coesione socialee legami di comunità.Sotto questo aspetto diventa necessario instaurare un circuitovirtuoso tra capitale sociale, beni comuni e spazi pubblici.

Che cosa si intende per bene comune

Il bene comune può essere inteso come quel patrimonio indivisibilenel quale proiettare il diritto di ciascuno in una relazione diinterdipendenza con l’altro.

Come dice il prof. Zamagni il bene comune è “ il luogo di ciò chenon è proprio e cioè il luogo delle relazioni interpersona”.Curare questo “luogo” significa lavorare sui processi dicapacitazione (capabilities) suscitando l’agency in cui i cittadinida destinatari passivi diventano co -agenti delle scelte e degliinterventi che li riguardano, valorizzando i potenziali locali emoltiplicando i reticoli di fiducia e le relazioni primarie a carattereinformale.

Pertanto consenso, fiducia, senso di appartenenza, mobilitazionesono beni immateriali che servono a promuovere e a rafforzarel’identità collettiva nel contesto locale.

Da qui derivano due compiti per la sfera pubblica:- da una parte la produzione intenzionale e il conseguente

investimento strategico sul capitale sociale mediante la levapubblica (vedi i servizi di prossimità come ad es. le case diquartiere per gli anziani e le famiglie con anziani)

- dall’altra la costruzione di nuove politiche di welfare centratesu processi inclusivi e pratiche di democrazia deliberativa.

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Occorre investire in capitale sociale come bene pubblico: ilcapitale sociale di reciprocità inteso come rafforzamento internoalla rete (come produzione di vincolo sociale) e capitale socialedi solidarietà inteso come apertura alla costruzione dicollegamento di reti (come legami di responsabilità solidale conaltri).

Un esempio in tal senso è dato dalle strategie di partenariatosociale, ossia le procedure di deliberazione pubblica localeattraverso processi decisionali che vedono soprattutto il territorio(il sistema delle Autonomie locali) protagonista di nuovi modellipartecipativi per la definizione delle strategie di sviluppo sociale.

Valore e ruolo del Terzo settore nelle politiche pubbliche

Dentro il sistema delle relazioni istituzionali il terzo settore entranon come semplice erogatore di servizi ma come soggetto chepartecipa attivamente alle politiche di welfare. Ciò è stato sancitoin anni recenti da leggi nazionali (vedi L. 328/2000) che hannocolmato quel vuoto esistente tra principi costituzionali dicittadinanza sociale e servizi promossi e realizzati da attori diversi,quali istituzioni pubbliche e soggetti sociali.

Nel sistema regionale le pratiche di concertazione vedono unampio coinvolgimento dei soggetti sociali e costituiscono unelemento distintivo delle politiche regionali, dal Patto per losviluppo con i relativi Tavoli tematici (Tavolo regionale del Welfare)fino ai Tavoli territoriali della programmazione sociale di Ambito,dove il terzo settore è presente come interlocutore significativodelle Istituzioni locali.

E’ evidente che tali processi concertativi dovranno essereconsolidati dotandosi di una apposita strumentazione per un loroeffettivo esercizio (a tal proposito richiamo il lavoro in corso direvisione la legge regionale 3/1997 sul sistema di protezionesociale anche quale sede elettiva per declinare concretamenteil principio di sussidiarietà sociale in questa regione).

Tuttavia, va rilevato come in Umbria, in questi anni, siano stateprodotte sperimentazioni ed esperienze nei rapporti fracooperazione sociale e istituzioni locali, in particolare nel quadrodella programmazione sociale di territorio, sul terreno della

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coprogettazione e del partenariato sociale nella produzione diservizi alla persona.

Ad esempio dentro la sperimentazione dei servizi innovativi (ufficidella cittadinanza) sono state prodotte molte esperienze dicoprogettazione che hanno comportato un inserimento deidiversi soggetti sociali nel circuito della produzione del servizio eforme di autorganizzazione, costituitesi dal basso, con compiti dipromozione sociale.

Il ruolo della Regione è particolarmente importante per costruireun efficace sistema integrato poiché ad essa spetta il compitodi “regolare” in modo unitario tutto il sistema di welfare regionale.

Al momento, è stato avviato il nuovo piano sociale regionaleche dovrà sviluppare questo percorso e dare disciplina a queinuovi rapporti sociali che permettono il coinvolgimento el’autorganizzazione dei cittadini nella produzione, nella verificae nel controllo della qualità dei servizi alla persona.

Quale sussidiarietà

La sussidiarietà è uno spostamento di poteri perché vuol diredare ai cittadini gli strumenti per agire, la responsabilità verso lasalvaguardia e lo sviluppo dei beni comuni.

In Umbria l’impegno a costruire un welfare locale costituiscel’opzione culturale e politica per un sistema di valorizzazionedelle risorse che produce qualcosa di più della risposta al bisognoe il cui punto di regolazione sta nell’istituzione rappresentativalocale più vicina ai cittadini, ovvero il Comune.

In tal senso, pensiamo e sosteniamo un impianto che vuolerendere effettivo il principio di sussidiarietà sociale attraversoprocessi condivisi fra istituzioni, soggetti sociali, famiglie, cittadiniorganizzati e non, con l’obiettivo di mettere i cittadini nellacondizione di poter verificare ed incidere sul sistema dei servizi,senza frapporre apparati aggiuntivi burocratico-amministrativifra comunità locale e istituzioni rappresentative.

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Andrea Fora – Presidente Laboratorio Economia Civile

E’ passato circa un anno dall’iniziativa promossa dal Laboratoriodell’Economia Civile. Il lavoro di rielaborazione è stato faticosoper la quantità e la qualità dei tanti autorevoli relatori che hannovoluto essere presenti a questo importante appuntamento. Relatoriche ringrazio tutti, a nome dell’intera Camera di Commercio, perla partecipazione assolutamente non formale, ma ricca dicontenuti ed elaborazioni culturali, che si possono rintracciarenelle trascrizioni degli interventi pubblicati in questi atti.

Un anno in cui tanto è cambiato. Dopo appena 5 mesi dalconvegno il mondo è cambiato. Il crack finanziario e la crisieconomica mondiale ci hanno reso tristemente precursori diargomentazioni di cui oggi tutti parlano. La necessità di ripensareun modello economico fondato esclusivamente sul profitto e suuna concezione individualistica del vivere associato rimandaall’attualità dell’idea di coltivare i beni comuni, la sussidiarietà ei rapporti virtuosi tra profit e no profit.

Per troppo tempo molte persone hanno agito come se l’etica eil business fossero stati ambiti separati pur essendo uomini e donneligi ad un codice etico nella loro vita privata; ciò è accadutopoiché si era diffusa largamente l’idea che negli affari si dovesseparlare la sola lingua dell’economia e del diritto senza il minimoriferimento a quella dell’etica, finendo per collocare il mondodella finanza e dell’economia al di fuori di valori etici.

Ora questa concezione sta profondamente cambiando, vi è unrichiamo forte alle Istituzioni affinché facciano la loro parte, siassumano la responsabilità, si legiferi secondo un’etica dellosviluppo sostenibile anche in ambito economico-finanziario e siponga al centro il vero “bene comune”.

A distanza di un anno...

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Come spesso accade in tempi di crisi, le difficoltà possonofacilmente trasformarsi in opportunità di cambiamento oppurepossono condurre a ripetere nel tempo gli stessi errori che quellacrisi hanno prodotto.

È in quest’ambito che la sussidiarietà può esprimere il suo potenzialeinnovatore.

Le imprese del nostro territorio, le istituzioni, le parti sociali, il mondodella cooperazione sociale e del no profit sembrano pronte adaccogliere questa sfida. Lo hanno affermato tutti, a più riprese,nei tanti interventi che si sono succeduti nel corso delle duegiornate. Molti lo stanno facendo, tramite testimonianze individualieccellenti presenti anche nel tessuto profit: le eccellenze neltessuto agroalimentare, la ricerca della tipicità e dei legami conil territorio, le esperienze di responsabilità sociale, la filantropia, lasensibilità di grandi imprese nel promuovere percorsi diconciliazione e di welfare, sono solo alcuni esempi.

Manca la capacità di fare rete, di codificare un sistema chefaccia del valore individuale, delle testimonianze, undispiegamento di forze integrate. Tutti gli interventi delle duegiornate sono legati da un filo comune: la convinzione che isistemi di welfare agiscono come leva per la competitività delsistema produttivo e che lo sviluppo non può separare la crescitaeconomica dal benessere sociale diffuso di tutte le persone.

E’ su questo terreno che dovremo tutti insieme costruire il futuroe sviluppare le consapevolezze ed i contenuti emersi nel corsodi questo importante convegno: dovremo operare per praticaree costruire la piena partecipazione del mondo economico eproduttivo alla rete di attori sociali impegnati per uno sviluppoqualificato e sostenibile del territorio.

Dovremo operare con una chiave di lettura particolare: renderecompetitivo il welfare, tradurlo in valori “monetizzabili” tanto dafondare il suo interesse verso il tessuto produttivo nel rapportocosti-ricavi. Dovremo essere bravi nel dimostrare la tesi che unrapporto virtuoso tra profit e no profit costituisce una questioneche non riguarda solo il benessere delle persone ma anche lacompetitività del sistema produttivo, la creazione di un “ambiente”

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favorevole allo sviluppo per intercettare i segnali di ripresainternazionale, per garantire la crescita.

Dovremo essere bravi, più bravi di quanto non lo siamo stati finoad oggi. Perché viviamo in un contesto difficile, dove aumentanoi bisogni e la precarietà e diminuiscono le risorse per il welfare.Ma anche il convegno ci ha dimostrato che al contrarioaumentino le tante risorse, non economiche, ma quelle che sigenerano dalla reticolazione tra i diversi attori del sistema.Cambiare la definizione del sistema di welfare permette di scoprireimmense fonti di risorse. Puntiamo a un welfare plurale, l’unicomodo ragionevole per difendere e continuare a promuovere unwelfare universale, in una società aperta, attraverso un’economiaplurale. Avere l’obiettivo del welfare universale che includa enon escluda, significa lavorare per una responsabilità diffusa: nonsono più concepibili super enti a priori.

Il welfare universale è stata una grande conquista ideale, comepoterla offrire anche alle nuove generazioni e a quelle cheverranno?

C’è molto da innovare e inventare soprattutto nei rapporti tra leparti, senza la pretesa che nessuno si senta il tutto. Credo sia unatto di responsabilità che tutti dobbiamo a questo Paese: lafiducia cresce solo dando fiducia, sia nelle piccole che nellegrandi relazioni.

La vera libertà non è semplicemente una scelta tra più alternative,scelta che una volta fatta ci priverebbe di altre libertà. La sferadella libertà è la sfera della speranza contro ogni speranza, lasfera dell’impossibilità, dell’incomprensibile e del non manipolabile.

Ormai quasi quindici anni fa, Giuseppe Filippini ci ricordava che

«La storia di questi anni è affascinante e incredibile: siamo arrivatia risultati insperati e c’è ragione di credere che si possanoraggiungere altri traguardi ancora.A una condizione, però: che ciascuno di noi, riprendendo inmano, una volta tornato a casa, le fila della sua storia, si riconoscacome l’unico responsabile di tutta quella vicenda. Il gioco di

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vedere le responsabilità ed eventualmente anche gli errori deglialtri è un gioco che distrugge e ci rende incapaci di quellagenialità e di quell’intraprendenza che si nascondono nel cuoredi ogni uomo.Bisogna che ciascuno di noi sappia, e ne sia cosciente, che da luidipende non solo la sua storia personale, ma anche la storia ditanta altra gente che cammina con lui, specialmente di quellepersone che noi chiamiamo svantaggiate, ma che devono trovarenella nostra solidarietà l’invidiabile vantaggio di sentirsi più amatedegli altri.Questa, in fin dei conti, è l’avventura che ci chiama a essere arteficidi un mondo più umano».

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Indice

Introduzione

Apertura dei lavori ed interventi istituzionali

Alviero MorettiPresidente Camera di Commercio di Perugia pag.

Andrea SammarcoSegretario Generale Camera di Commercio di Perugia pag.

Mauro TippolottiPresidente Consiglio Regione Umbria pag.

Renato LocchiSindaco Comune di Perugia pag.

Andrea ForaPresidente Laboratorio Economia Civile pag.

I SESSIONE

Profit e non Profit: alleanze possibili, reciprocità econtaminazioni per comunità solidali

Antonio FiciProfessore Diritto Privato Facoltà EconomiaUniversità degli Studi del Molise pag.

Pino CiociolaGiornalista - Inviato di Avvenire pag.

Paolo BocciPresidente Legacoop Umbria pag.

Pierluigi BruschiSegretario Generale Cisl Umbria pag.

Giuseppe CappielloDocente di Economia e Gestione delle ImpreseUniversità di Bologna pag.

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Livia ConsoloPresidente Aster-x società consortile del Terzo settore pag.

Luca AngeliniConfindustria Umbria pag.

Paolo Giuseppe GrignaschiDirettore Generale della Federazione delle Banchedi Credito Cooperativo del Lazio, Umbria, Sardegna. pag.

Antonio LanutiPresidente CO.GE. UmbriaComitato Gest. Fondo Volontariato pag.

Fabio MenicacciCoordinatore Nazionale Confartigianato Persone pag.

Antonino MannaioliVice Presidente Associazione delle Fabbricerie D’Italia (AFI) pag.

Francesco PerrottaPresidente Commissione Impresa SocialeCons. Naz. Dott. Commercialisti pag.

Francesco SacchettiConsulente Confcommercio Provinciale(Rapp. Settore Commercio) pag.

II SESSIONE

Le identità del Terzo Settore: nuovi scenari di sviluppoe partecipazione

Stefano ZamagniPresidente Agenzia per le ONLUS pag.

Elio SilvaGiornalista - Il Sole 24ore pag.

Alfredo FerranteDirigente Ministero della Solidarietà Sociale – Divisione CSR pag.

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Giovanni GiacobbePresidente Nazionale Forum delle Famiglie pag.

Antonello ScialdoneDirigente ISFOL – Area Politiche Sociali e Pari Opportunità pag.

Carlo Di SommaPortavoce Forum Regionale Permanente Terzo Settore pag.

Damiano StufaraAssessore Politiche Sociali Regione Umbria pag.

Alberto ValentiniPresidente Comitato Tecnico Scientifico Rete Camere pag.

III SESSIONE

Beni comuni e partecipazione: quale sussidiarietàper una società civile?

Vilma MazzoccoPresidente Nazionale Federsolidarietà/ConfcooperativePortavoce Nazionale Forum Permanente Terzo Settore pag.

Giuseppe FrangiGiornalista Vita non Profit pag.

Gregorio ArenaUniversità di Trento, Presidente del Laboratorioper la sussidiarietà – Labsus pag.

Paolo BeniPresidente Nazionale ARCI pag.

Loris NadottiRappresentante di Francesco BistoniMagnifico Rettore Università degli Studi di Perugia pag.

Luigi MastrobuonoVice Direttore Generale Confindustria pag.

Andrea OliveroPresidente Nazionale ACLI pag.

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Paolo RaffaelliANCI Nazionale pag.

Giustino TrinciaSegretario Generale Cittadinanzattiva pag.

ConclusioniMaria Rita LorenzettiPresidente Regione Umbria pag.

Considerazioni ad un anno dal convegnoAndrea ForaPresidente Laboratorio Economia Civile pag.

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