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2015, http://www.scanzo.eu C:\Users\roberto\Desktop\testi_15_16\II CSCU_ITA\poesia\03_forme particolari di poesia e ispirazione.docx (1) Strana poesia Per quanto riguarda le composizioni artistiche, l'ispirazione si riferisce ad una irrazionale ed incomprensibile esplosione di creatività. Letteralmente il termine significa "respirare su" ed ha le sue origini in Grecia. Nelle prime discussioni sull'ispirazione (nelle opere di Omero e di Esiodo) è fondamentale l'importanza riconosciuta al respiro di Dio. L'oracolo di Delfi, per esempio, così come altre sibille, riceveva dei vapori considerati divini da una caverna sacra ad Apollo prima di pronunciare la profezia. Secondo il pensiero greco, un poeta era ispirato quando cadeva in estasi e veniva trasportato al di fuori della sua mente, a contatto con i pensieri di Dio. Le divinità che concedevano l'ispirazione erano le Muse, guidate da Apollo. Per i poeti italiani del Dolce Stil Novo le Muse ispiratrici erano invece le proprie dame, donne trasfigurate in creature angeliche, simbolo di un ideale irraggiungibile. Il concetto di "ispirazione" come fenomeno mistico fu ripreso in Inghilterra, nel XVIII secolo, dalla nascente psicologia. Il filosofo John Locke, invece, descrisse l'ispirazione come un'eco mentale di idee che si richiamavano a vicenda. Secondo i romantici l'ispirazione era causata dal genio, una specie di "dio interno" al poeta che fungeva appunto da fonte di ispirazione. Gli scrittori romantici, come Edgar Allan Poe, Ralph Waldo Emerson e Percy Bysshe Shelley descrivevano l'ispirazione in termini molto simili a quelli dei Greci, ovvero come qualcosa di misterioso ed irrazionale. Era il genio che parlava dentro di loro che si limitavano a riportare per scritto quanto sentito. Tuttavia Emerson, nel suo saggio sull'"Ispirazione" parlava anche di modalità pratiche attraverso cui l'ispirazione sarebbe stata resa possibile o facilitata, come la vita in solitudine, la conversazione, ecc. In alcuni casi Samuel Taylor Coleridge parlava addirittura di scrittura automatica (sperimentata anche, molti anni più tardi, da William Butler Yeats). Sigmund Freud e gli psicologi successivi consideravano l'ispirazione localizzata all'interno della psiche dell'artista, grazie alla quale potevano riemergere conflitti psicologici non risolti o traumi infantili. L'ispirazione secondo Freud proveniva direttamente dal subconscio. Proprio per questo i surrealisti annotavano i momenti di ispirazione in diari o tramite la scrittura automatica, in quanto desiderosi di raggiungere la vera sorgente dell'arte. Secondo Carl Gustav Jung l'artista è l'unico che dentro di sé porta ancora le tracce di una memoria razziale non acquisita con l'esperienza ma derivante dal patrimonio genetico, ed è colui che sente con maggiore forza, e quindi è in grado di esprimerlo, il conflitto tra l'"anima" primitiva e l'ego civilizzato. Per questo l'ispirazione si configura di nuovo come una sorta di "genio" che riesce a portare alla luce quanto è nascosto. Gli artisti che hanno seguito il pensiero di Jung hanno dato enfasi soprattutto al primitivismo e allo studio dell'arte e dei miti preistorici. Secondo i filosofi materialisti l'ispirazione rappresenta il conflitto tra la base economica e le posizioni sovrastrutturali economiche, oppure un dialogo inconsapevole tra ideologie in competizione, o anche lo scheda II - ITA [03] ITA © & ® 34.0 – 2015

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Strana poesia

Per quanto riguarda le composizioni artistiche, l'ispirazione si riferisce ad una irrazionale ed incomprensibile esplosione di creatività. Letteralmente il termine significa "respirare su" ed ha le sue origini in Grecia. Nelle prime discussioni sull'ispirazione (nelle opere di Omero e di Esiodo) è fondamentale l'importanza riconosciuta al respiro di Dio. L'oracolo di Delfi, per esempio, così come altre sibille, riceveva dei vapori considerati divini da una caverna sacra ad Apollo prima di pronunciare la profezia. Secondo il pensiero greco, un poeta era ispirato quando cadeva in estasi e veniva trasportato al di fuori della sua mente, a contatto con i pensieri di Dio. Le divinità che concedevano l'ispirazione erano le Muse, guidate da Apollo. Per i poeti italiani del Dolce Stil Novo le Muse ispiratrici erano invece le proprie dame, donne trasfigurate in creature angeliche, simbolo di un ideale irraggiungibile. Il concetto di "ispirazione" come fenomeno mistico fu ripreso in Inghilterra, nel XVIII secolo, dalla nascente psicologia. Il filosofo John Locke, invece, descrisse l'ispirazione come un'eco mentale di idee che si richiamavano a vicenda. Secondo i romantici l'ispirazione era causata dal genio, una specie di "dio interno" al poeta che fungeva appunto da fonte di ispirazione. Gli scrittori romantici, come Edgar Allan Poe, Ralph Waldo Emerson e Percy Bysshe Shelley descrivevano l'ispirazione in termini molto simili a quelli dei Greci, ovvero come qualcosa di misterioso ed irrazionale. Era il genio che parlava dentro di loro che si limitavano a riportare per scritto quanto sentito. Tuttavia Emerson, nel suo saggio sull'"Ispirazione" parlava anche di modalità pratiche attraverso cui l'ispirazione sarebbe stata resa possibile o facilitata, come la vita in solitudine, la conversazione, ecc. In alcuni casi Samuel Taylor Coleridge parlava addirittura di scrittura automatica (sperimentata anche, molti anni più tardi, da William Butler Yeats). Sigmund Freud e gli psicologi successivi consideravano l'ispirazione localizzata all'interno della psiche dell'artista, grazie alla quale potevano riemergere conflitti psicologici non risolti o traumi infantili. L'ispirazione secondo Freud proveniva direttamente dal subconscio. Proprio per questo i surrealisti annotavano i momenti di ispirazione in diari o tramite la scrittura automatica, in quanto desiderosi di raggiungere la vera sorgente dell'arte. Secondo Carl Gustav Jung l'artista è l'unico che dentro di sé porta ancora le tracce di una memoria razziale non acquisita con l'esperienza ma derivante dal patrimonio genetico, ed è colui che sente con maggiore forza, e quindi è in grado di esprimerlo, il conflitto tra l'"anima" primitiva e l'ego civilizzato. Per questo l'ispirazione si configura di nuovo come una sorta di "genio" che riesce a portare alla luce quanto è nascosto. Gli artisti che hanno seguito il pensiero di Jung hanno dato enfasi soprattutto al primitivismo e allo studio dell'arte e dei miti preistorici. Secondo i filosofi materialisti l'ispirazione rappresenta il conflitto tra la base economica e le posizioni sovrastrutturali economiche, oppure un dialogo inconsapevole tra ideologie in competizione, o anche lo

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sfruttamento di una "fessura" nell'ideologia della classe dominante. Comunque, in ognuno di questi casi, l'ispirazione è propria di quegli artisti particolarmente predisposti a percepire i segnali di una crisi esterna. Nella moderna psicologia l'ispirazione non è studiata frequentemente, ma è generalmente vista come un processo interamente interiore.

ARS e INGENIUM

natura fieret laudabile carmen an arte quaesitum est: ego nec studium sine diuite uena nec rude quid prosit uideo ingenium; alterius sic altera poscit opem res et coniurat amice.

L’entusiasmo del poeta

Ora, orsù, conosci ciò che rimane e ascolta meglio. E non mi sfugge quanto queste cose siano oscure: ma con un duro tirso una grande speranza di lode colpì il mio cuore e nello stesso momento mi incusse nel petto il soave amore delle Muse, ispirato dal quale ora con animo forte giro per i luoghi intatti delle Pieridi, mai toccati prima dal piede di nessuno. È bello avvicinarsi alle fonti mai toccate e bere, ed è bello raccogliere nuovi fiori e da lì procurarsi una corona illustre per la mia testa con cui le Muse non hanno coperto prima le tempie a nessuno; in primo luogo perché insegno grandi concetti e mi sforzo di liberare l'animo dagli stretti nodi delle religioni, poi perché, su una materia tanto oscura, faccio versi tanto chiari toccando tutte le cose con la dolcezza delle muse. Infatti anche questa cosa sembra avvenire con raziocinio; ma, come i medici, quando tentano di dare ai bambini il tetro assenzio, prima cospargono l'orlo intorno alla tazza con il dolce miele e il biondo liquido affinché la sprovveduta età dei fanciulli venga illusa fino alle labbra, e intanto beva l'amaro succo dell'assenzio e, una volta sviata, non resti danneggiata, ma piuttosto, guarita con una tale azione, recuperi le forze, così ora io, poiché sembra che questa dottrina sia per lo più troppo severa per quelli da cui non è stata trattata e che la gente si allontana da questa, ti volli esporre col canto delle Pieridi la nostra dottrina e quasi aspergerlo col dolce miele della Musa, per veder se, per caso, potessi in tale modo legarti nostri versi, fino a che tu intenda tutta la natura delle cose, e di quale forma

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ordinata consista. Ma poiché ho insegnato che i solidissimi corpi della materia girano in eterno invitti nel tempo, ora, orsù, esaminiamo quale sia il limite del loro insieme, e no; e poi il vuoto che è stato scoperto ovvero il luogo e lo spazio, in cui ogni cosa viene fatta, vediamo se il tutto risulti completamente finito o se si spalanchi immenso ed enormemente profondo.

Quelle che il canto bello d'Esiodo ispirarono un giorno, mentr'egli pasturava le greggi sul santo Elicona, quelle medesime Dive narrarono a me ciò ch'io narro, le Muse Olimpie, figlie di Giove, dell'ègida sire. "Pastori avvezzi ai campi, gran bíndoli, pance e null'altro, favole molte sappiamo spacciar ch'ànno aspetto di vero; ma poi, quando vogliamo, sappiamo narrare anche il vero". Disser del sommo Giove cosi le veridiche Figlie; e a me diedero un ramo di florido alloro, stupendo, ch'io ne tagliassi uno scettro, m'infusero in seno la voce divina, ond'io potessi cantare il presente e il futuro, mi disser di cantare la stirpe dei Numi immortali, e loro stesse, sempre, del canto al principio e alla fine; ma perché mai qui sto cianciando di rupi e di quercie? Su', dalle Muse dunque comincia, che allegran di Giove l'eccelsa mente, quando intonano gl'inni in Olimpo, e dicono le cose che furono e sono e saranno, con le parole espresse. Dal labbro alle Dive, la voce infaticabile scorre, soave. La casa di Giove è tutta un riso, allorché s'effonde la voce di giglio di queste Dive: echeggia la vetta nevosa d'Olimpo, echeggiano le case dei Superi. Ed esse, spargendo l'ambrosia voce, prima l'origine cantan dei Numi, cui generò da prima la Terra col Cielo profondo: così nacquer gli Dei, che largiscono agli uomini i beni. E Giove cantan poi, degli uomini padre e dei Numi, e quanto egli è piú forte dei Numi, quanto è piú possente. Cantan degli uomini poi la progenie, poi dei Giganti. Allietano cosí la mente di Giove in Olimpo le Olimpie Muse, figlie di Giove, dell'ègida sire: le generava nella Pïèride al padre Croníde Mnemòsine, che quivi regnava sui campi Eleutèri: ed esse dànno oblio nei mali, e riposo dai crucci.

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Poesia, verso, “a capo” e mise en page:

l’esempio dei carmina figurata

Fig. 1: Simia di Rodi, Scure

Fig. 5: Hrab. Maur. Laus s. crucis 1

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Fig. 7: Hrab. Maur. Laus s. cruc. 28

Fig. 8: Millán, Los signos de la mano

Fig. 10: von Greiffenberg, Handschrift zum

Figurendichtung in Kreuzform

Fig. 12: Apollinaire, La colombe et le jeu d’eau

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Giochi locoplei

Tristan Tzara, “Per fare una poesia dadaista” Da Manifesto sull’amore debole e l’amore amaro, 1921 Prendete un giornale. Prendete delle forbici. Scegliete da questo giornale un articolo avente la lunghezza che desiderate dare alla vostra poesia. Ritagliate l’articolo. Ritagliate poi con cura ciascuna delle parole che formano l’articolo e mettetele in un sacchetto. Agitate dolcemente. Tirate fuori ciascun ritaglio uno dopo l’altro disponendoli nell’ordine in cui sono usciti dal sacchetto. Copiate scrupolosamente. La poesia vi rassomiglierà. Ed eccovi diventato uno scrittore infinitamente originale e di una sensibilità incantevole, benché incompreso dal volgo. Il primo Manifesto surrealista del 1924, definì così il surrealismo:

« Automatismo psichico puro, attraverso il quale ci si propone di esprimere, con le parole o la scrittura o in altro modo, il reale funzionamento del pensiero. Comando del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica e morale. »

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I surrealisti sono stati formidabili manipolatori del linguaggio e appassionati cultori dei giochi di parole, sperimentati con grande assiduità e serietà. Il gioco, in particolare quello con le parole, è per i surrealisti il veicolo elettivo di una rivelazione intesa come punto supremo dello spirito in cui il comunicabile e l’incomunicabile, il reale e l’immaginario cessano di opporsi, strumento della volontà di decifrare il mondo. André Breton non ama la parola «invenzione», preferisce parlare invece di «rivelazione»: il gioco di parole

rivela significati nascosti, nel senso che risveglia, suscita, rianima significati che abbiamo represso, taciuto. Solo considerando la parola in sé e studiando molto da vicino le reazioni delle parole le une sulle altre, afferma ancora Breton, si può sperare di ridare al linguaggio la sua piena destinazione e con ciò far compiere un passo in avanti alla conoscenza e esaltare in pari misura la vita. I surrealisti hanno inventato numerosi giochi (si veda la voce Surrealisti, giochi nell’Enciclopedia dei giochi di Giampaolo Dossena, Utet). Uno dei più noti è il cosiddetto Cadavere squisito: si tratta di comporre una frase senza che nessuno dei giocatori tenga conto delle collaborazioni precedenti. Il primo giocatore scrive un nome, il secondo un aggettivo, il terzo un verbo, ecc.; poiché il foglio è opportunamente piegato, nessuno vede che cosa ha scritto il precedente. Uno dei primi risultati di questo gioco fu: Il cadavere / squisito / berrà / il vino / nuovo. Un altro gioco inventato dai surrealisti si chiama Arricchite il vostro vocabolario: si prende una parola inventata e la si definisce. Élisa Breton propose la parola «mamou», così definita: Forma oscura dell’impronta di una lupa sulla palma della mano. Il “mamou” resta visibile attraverso il guanto. C’è poi il gioco del sillogismo: il primo giocatore scrive: «Tutti… (e una frase)», poi piega il foglio nascondendo la scritta; il secondo scrive «Ora… (e una frase)» e il terzo «Dunque… (e una frase)». Ne viene fuori uno strano sillogismo, ad esempio: Tutti i gamberi sono imprudenti. Ora una notte può essere luminosa. Dunque la vita è corta. Altro gioco dei surrealisti è Uno dentro l’altro, raccomandato per sviluppare le capacità metaforiche latenti. Si descrive un oggetto X (bignè) come se fosse un altro oggetto Y (una lacrima) che descrive se stesso. Esempio: «sono un piccolissimo bignè, di sapore lievemente salato, né croccante, né ripieno; posso comparire a un pranzo d’esequie ma anche su una tavola circondata d’allegri commensali». Fatte queste premesse, vi propongono un esercizio di chiara derivazione surrealista. Scrivete una poesia sulla falsariga di quella riportata nell’esempio sottostante, poesia che André Breton dedicò alla sua donna (vedi L’union libre, 1931). La mia donna dai capelli di fuoco di paglia Dai pensieri a lampi di colore Dalla vita di clessidra La mia donna dalla vita di lontra tra i denti della tigre La mia donna dalla bocca a coccarda e a mazzolino di stelle d’ultima grandezza Dai denti a impronta di topo bianco sulla terra bianca […] La mia donna dalle spalle di champagne E a fontana con teste di delfini sotto il ghiaccio La mia donna dai polsi di fiammiferi La mia donna dalle dita d’azzardo e d’asso di cuori

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Dalle dita di fieno tagliate La mia donna dalle ascelle di martora e di faggiuola […] La mia donna dalle gambe a razzo

cadavre exquis Gioco collettivo surrealista, realizzato per la prima volta nel 1925, a Parigi. Consiste nel far comporre una frase da più persone (senza che nessuna possa conoscere l’intervento dell’altra) nella sequenza sostantivo-aggettivo-verbo-sostantivo-aggettivo. Il nome del gioco deriva dalla prima frase che fu ottenuta: le

cadavre exquis boira le vin nouveau («il cadavere squisito berrà il vino nuovo»). Lo stesso sistema fu adattato al disegno, piegando o coprendo il foglio nelle parti già compilate. Il gioco si inserisce nell’ambito dell’automatismo surrealista e della casuale associazione degli elementi, nella quale tuttavia sembra manifestarsi una sotterranea comunicazione fra i partecipanti. Per le «composizioni in personaggio» sono variamente documentate collaborazioni di A. Breton, V. Brauner, J. Hérold, Y. Tanguy, Man Ray, Picasso.

HAIKU

Matsuo Bashō Vecchio stagno una rana si tuffa. Rumore dell'acqua.

古池や蛙飛びこむ水の音 (furu ike ya kawazu tobikomu mizu no oto) Stanco: entrando in una locanda fiori di glicine.

草臥て宿かる比や藤の花 (kutaburete yado karu koro ya fuji no hana) Yosa Buson Il pruno bianco ritorna secco. Notte di luna.

しら梅の枯木にもどる月夜かな (shiraume no kareki ni modoru tsukiyo kana) Tornando a vederli i fiori di ciliegio, la sera, son divenuti frutti.

来て見れば夕の桜実となりぬ (kite mireba yūbe no sakura mi to narinu) Kobayashi Issa In questo mondo anche la vita della farfalla è frenetica

世の中や蝶の暮らしも忙しき (yo no naka ya chō no kurashi mo isogashiki) Ero soltanto. Ero. Cadeva la neve.

只居れば居るとて雪の降にけり (tada oreba oru tote yuki no furi ni keri)

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Non piangete, insetti – gli amanti, persino le stelle devono separarsi Mizuta Masahide Il tetto s’è bruciato – ora posso vedere la luna Taneda Santoka Insieme sudano buoi e uomini Gli uomini cantano quando lavorano nei campi Masaoka Shiki Il sole declina: la pioggia inumidisce i campi di canapa

Haiku moderni

Jack Kerouac Gli uccelli cantano nel buio. - Alba piovosa. Birds singing in the dark - Rainy dawn. Jorge Luis Borges La luna nuova. Lei pure la guarda da un'altra porta. La luna nueva. Ella también la mira desde otra puerta.[26] Mario Chini CORAGGIO Non pianger; canta. Se canti, ti si schiara il cielo e il cuore.