Idea Diffusa03.qxp ok · agire anche nel campo delle relazioni industriali, sulla scia della...

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di ROSARIO STRAZZULLO coordinatore area contrattazione Cgil nazionale U n sistema produttivo in transizione, con segnali di recupero sempre più estesi che tuttavia non bastano all’Italia per recuperare il ritardo accumulato verso i principali Paesi europei. È questo, in estrema sintesi, ciò che emerge dal recente rapporto dell’Istat sulla competitività dei settori produttivi, commentato in questo numero di Idea Diffusa da alcuni esperti e componenti della Consulta Industriale della Cgil. Se il dossier indica che c’è un lungo tratto di strada ancora da compiere, giocoforza è evidente che alcune scelte diventano decisive. Anzitutto occorre insistere sul piano delle politiche industriali, continuando con gli strumenti già adottati grazie a Impresa 4.0 (si attendono per il 2018-19 incrementi di capitale materiale e immateriale). Per colmare il gap culturale verso la digitalizzazione si può agire anche nel campo delle relazioni industriali, sulla scia della stagione aperta dalla recente intesa con Confindustria sul modello contrattuale. Ma per completare una strategia in grado di sostenere la ripresa di produttività e la competitività del nostro Paese servono almeno altre tre cose: coinvolgere il Mezzogiorno in tutti i processi sopra descritti; insistere sugli investimenti pubblici in infrastrutture sociali (cioè il welfare) e materiali; puntare maggiormente sugli investimenti in asset immateriali (ricerca e sviluppo, prodotti della proprietà intellettuale e brevetti). Lo conferma il rapporto stesso, indicando chiaramente che nei Paesi europei di riferimento la componente immateriale degli investimenti – caratteristica peculiare dei processi di digitalizzazione – costituisce la parte più reattiva della ripresa. In Italia, invece, la parte più vivace è quella legata ai macchinari, e intanto viene confermato il nostro ritardo su vari campi: utilizzo del web, velocità di connessione, tecnologie a supporto del trattamento e condivisione dei dati di business. Il rapporto segnala anche il ruolo di stimolo costituito dai provvedimenti normativi e soprattutto fiscali adottati dai governi dell’ultima legislatura. In realtà, in parallelo ai limiti della ripresa industriale, si sono però evidenziati quelli relativi alla parte occupazionale che è cresciuta nello stock ma non nelle ore lavorate, nella componente a tempo determinato e molto meno in quella a tempo indeterminato. Interessante, poi, la proposta di una mappatura originale basata sull’interazione tra capitale fisico, capitale umano (titolo di studio e anzianità) e grado di digitalizzazione. La sintesi che se ne ricava è illuminante: ben due imprese su tre sono indifferenti alle trasformazioni; pochissime (appena il 3 per cento) quelle digitali “compiute”. Il percorso verso la digitalizzazione è ancora lungo. IDEA DIFFUSA INSERTO DI INFORMAZIONE SUL LAVORO 4.0 / Aprile 2018 Imprese digitali, la strada è ancora lunga I segnali di recupero ci sono, tuttavia non bastano se due aziende su tre sono indifferenti alle trasformazioni. Questo dice l’ultimo rapporto dell’Istat sulla competitività, nel quale è descritto un sistema che può fare molti passi in avanti. Ecco quali © PIXABAY PRIMO PIANO Scarica il pdf completo del Rapporto Istat sulla competitività dei settori produttivi (link) PER APPROFONDIRE

Transcript of Idea Diffusa03.qxp ok · agire anche nel campo delle relazioni industriali, sulla scia della...

di ROSARIO STRAZZULLOcoordinatore area contrattazioneCgil nazionale

Un sistema produttivo intransizione, con segnali direcupero sempre più estesi che

tuttavia non bastano all’Italia perrecuperare il ritardo accumulato verso iprincipali Paesi europei. È questo, inestrema sintesi, ciò che emerge dalrecente rapporto dell’Istat sullacompetitività dei settori produttivi,commentato in questo numero di IdeaDiffusa da alcuni esperti e componentidella Consulta Industriale della Cgil. Se il dossier indica che c’è un lungotratto di strada ancora da compiere,giocoforza è evidente che alcune sceltediventano decisive. Anzitutto occorreinsistere sul piano delle politicheindustriali, continuando con glistrumenti già adottati grazie a Impresa4.0 (si attendono per il 2018-19incrementi di capitale materiale eimmateriale). Per colmare il gapculturale verso la digitalizzazione si puòagire anche nel campo delle relazioni

industriali, sulla scia della stagioneaperta dalla recente intesa conConfindustria sul modello contrattuale. Ma per completare una strategia in gradodi sostenere la ripresa di produttività e lacompetitività del nostro Paese servonoalmeno altre tre cose: coinvolgere ilMezzogiorno in tutti i processi sopradescritti; insistere sugli investimentipubblici in infrastrutture sociali (cioè ilwelfare) e materiali; puntaremaggiormente sugli investimenti inasset immateriali (ricerca e sviluppo,prodotti della proprietà intellettuale ebrevetti). Lo conferma il rapporto stesso,indicando chiaramente che nei Paesieuropei di riferimento la componenteimmateriale degli investimenti –caratteristica peculiare dei processi didigitalizzazione – costituisce la parte piùreattiva della ripresa. In Italia, invece, laparte più vivace è quella legata aimacchinari, e intanto viene confermatoil nostro ritardo su vari campi: utilizzodel web, velocità di connessione,tecnologie a supporto del trattamento econdivisione dei dati di business.

Il rapporto segnala anche il ruolo distimolo costituito dai provvedimentinormativi e soprattutto fiscali adottatidai governi dell’ultima legislatura. Inrealtà, in parallelo ai limiti della ripresaindustriale, si sono però evidenziatiquelli relativi alla parte occupazionaleche è cresciuta nello stock ma non nelleore lavorate, nella componente a tempodeterminato e molto meno in quella atempo indeterminato. Interessante, poi,la proposta di una mappatura originalebasata sull’interazione tra capitale fisico,capitale umano (titolo di studio eanzianità) e grado di digitalizzazione. Lasintesi che se ne ricava è illuminante:ben due imprese su tre sono indifferentialle trasformazioni; pochissime (appenail 3 per cento) quelle digitali “compiute”. Il percorso verso la digitalizzazione è ancora lungo. ■

IDEA DIFFUSAINSERTO DI INFORMAZIONE SUL LAVORO 4.0 / Aprile 2018

Imprese digitali, la strada è ancora lunga

I segnali di recupero ci sono, tuttavia non bastano se due aziende su tre sono indifferentialle trasformazioni. Questo dice l’ultimo rapporto dell’Istat sulla competitività, nel quale è descritto un sistema che può fare molti passi in avanti. Ecco quali

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PRIMO PIANO

Scarica il pdf completo delRapporto Istat sulla competitivitàdei settori produttivi (link)

PER APPROFONDIRE

di LUCA BELTRAMETTIprofessore ordinario di politica economicaall'Università di Genova

Con riferimento alla congiuntura eal ruolo degli investimenti nellaripresa, il recente Rapporto

dell’Istat delinea un quadro complessonel quale emerge un Paese che con faticasta uscendo dalla drammatica crisiiniziata nel 2008, anche se con circa unanno di ritardo e pari alla metà rispettoalla media dell’area euro (0,2 per centomedio annuo contro 0,4 per cento nelperiodo dal secondo trimestre 2013 allafine del 2017). Rispetto alle precedentifasi storiche di uscita da cicli negativi, laripresa è più debole principalmente acausa di una meno forte espansione deiconsumi finali (+0,2 per cento medioannuo nell’ultimo quinquennio).

Tra l’inizio del 2014 e la fine del 2017 si èregistrata in Italia una forteaccelerazione degli investimenti incapitale materiale al netto dellecostruzioni: tasso medio annuo dell’1,8per cento, ampiamente superiore aquello tedesco e a quello medioeuropeo. È molto ragionevole ritenereche tale positivo andamento sia in largamisura imputabile alle politiche delcosiddetto “piano Calenda”. Il RapportoIstat richiama tuttavia l’attenzionesull’investimento in attività immaterialiche assume particolare rilevanza nelcontesto della trasformazione digitalein atto: tale tipologia di spesa ècresciuta nella media dell’area euroanche nel drammatico arco temporale2008-17 segnalando che l’investimentoin proprietà intellettuale è sostenuto

da componenti strutturali (dunque non cicliche) molto robuste. In tale componente dell’investimentopurtroppo l’Italia è in ritardo (si veda l’infografica). In altri termini, sembra che nel nostroPaese prevalgano tipologie diinvestimento tradizionali inmacchinari e relativamente poco sispenda in forme di investimenti legateall’economia della conoscenza, come ibrevetti. Non sorprende dunque che atali dinamiche si associ una minorecrescita della produttività italianarispetto ai principali paesi europei. Inparticolare, la produttività totale deifattori che misura il miglioramentonella capacità di organizzare gli inputproduttivi è cresciuta nel periodo 2009-16 dello 0,8 per cento medioannuo: meglio del dato francese (0,5)ma inferiore di quello tedesco (1,3). In sintesi, il rapporto implicitamentesuggerisce che per rafforzare la ripresaitaliana e determinare un’espansionedell’occupazione e un aumento deisalari occorra imboccare con piùdecisione la strada della “economiadella conoscenza” anche investendo inattività immateriali, competenze eformazione a tutti i livelli delleorganizzazioni produttive. ■

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Economia della conoscenza,chiave per la ripresa

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CAPITOLO 1 | INVESTIMENTI

Idea Diffusa,l’innovazione al serviziodella contrattazioneUn bilancio e molte prospettiveRomaSala Di VittorioCgil nazionale Corso d’Italia, ore 9:30-13:30

Un anno dopo il lancio di IdeaDiffusa, siamo pronti con nuoveinterfacce e nuovi progetti peralimentare la nostra intelligenzacollettiva sul lavoro 4.0. All’iniziativa sarà presente tutta la segreteria confederale, conconclusioni di Susanna Camusso.

14GIU2018

L’AGENDALa spesa in attività immateriali(PRODOTTI DELLA PROPRIETÀ INTELLETTUALE)

2008

-13

+1,5%

+13,2% +12,1%

2014

-17+8,6%

+17,5% +17,9%

È questa la strada da seguire peraumentare i salari efavorire l’occupazione

aprile 2018

di GIUSEPPE SURDIgruppo ricerche industriali e finanziarie “Fabio Gobbo”, Università Luiss

Il Rapporto Istat sulla competitività dei settori produttivi cirestituisce la fotografia di un sistema industriale che nel2017 sembra camminare di nuovo su due gambe,

sostenuto da una domanda interna in significativaespansione (+4,1 sul 2016 è la crescita dei ricavi delle venditein Italia), superando la “zoppia” di performance delle industrietrainate essenzialmente dall’export nel periodo 2013-2017,seppur con la battuta di arresto del calo del fatturato versol’estero del 2016. La dinamica congiunturale spinge l’industriaa un impiego significativo delle risorse a disposizione cometestimoniato da un grado di utilizzo degli impianti nel 2017che pare essere tornato a livelli pre-crisi dell’inizio del 2000,sebbene su una base produttiva probabilmente più ristretta.Sulla base di questa spinta, dalle analisi qualitative rilevatedall’Istat, il 30 per cento delle imprese ha affermato di averaumentato il personale, in particolare a bassa qualifica,sebbene in alcuni settori l’assunzione di alte qualificheprofessionali sia stata nel corso del 2017 significativa(farmaceutica, macchinari, elettronica, apparecchiatureelettriche). Oltre il 40 per cento delle imprese ha dichiarato diaver aumentato il capitale fisico, attraverso nuovi investimentiche hanno riguardato in media il 67 per cento delle imprese econ una diffusione settoriale dell’attività di investimento che,all’estremo più basso, ha coinvolto circa il 40 per cento delsettore legno e riparazione e manutenzione dei macchinari e,all’estremo più alto, circa il 90 per cento di quelle che sioccupano di altri mezzi di trasporto e di autoveicoli.Riflesso di questa attività è l’andamento della fabbricazionedei macchinari e delle attrezzature, spinto sul lato internoda un incremento della domanda del 3,8 per cento che siaffianca a una crescita del fatturato verso l’estero del 4,9,comunque più ampia e vivace. La dinamica produttiva diquesto settore sembra d’altro canto essere tornata in unambito fisiologico in particolare nel processo costituzione edecumulo delle scorte, soprattutto rispetto agli anni 2011-2012 in cui il rapporto fatturato-produzione avevatoccato i punti più bassi dal 2010 in poi.Questo quadro congiunturale viene arricchito dal confrontocon le dinamiche della competitività che l’Istat cerca di

rilevare attraverso l’indicatore sintetico di competitività(Isco), che misura l’evoluzione dei settori manifatturierisulla base di quattro dimensioni – rapporto tra valoreaggiunto per addetto e costo del lavoro per dipendente,redditività rispetto al valore aggiunto, quota di fatturatoesportato, quota di imprese innovatrici – calcolandolo sia inottica strutturale sia congiunturale. Accostando l’evoluzionestrutturale 2008-2015 e quella congiunturale 2015-2017individuata dall’Istat, emerge la persistenza di incrementicompetitivi così misurati in un numero limitato di settori(chimica, altre manifatture e pelle) a dimostrazione dellacomplessità intersettoriale del sistema manifatturiero edelle evoluzioni cui stiamo assistendo. ■

3aprile 2018

Il sistema è sostenuto da una domandainterna in significativa espansione.Segnali positivi che riguardanosoprattutto la fabbricazionedei macchinari e delle attrezzature

L’industriatorna su duegambe

CAPITOLO 2 | COMPETITIVITÀ©

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Se il 67% delle imprese ha fatto investimenti, la maggior parte (il 40% delle imprese) ha dichiarato di aver aumentatoil capitale fisico, mentre solo una fetta minoritaria (il 27% delle imprese)ha fatto investimenti di altra natura(soprattutto capitale immateriale)

Occupazione

Investimenti

Il 30% delle impreseha aumentato il personale,in particolare a bassa qualifica

I settori in cui l’assunzione di alte qualifiche professionali è stata più significativa:

farmaceutica macchinari elettronicaapparecchiature

elettriche

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di ANNALISA MAGONEpresidente di Torino Nord Ovest

Il capitolo 3 del Rapporto Istat mette afuoco le dinamiche d’innovazionedelle imprese mostrando nel triennio

2014-2016 i segni di un miglioramento,con quasi la metà delle aziende italianespinte a introdurre qualche formad’innovazione (+4 per cento rispetto altriennio precedente). Ma la propensione

a innovare non segue una via maestra,tutto dipende dal modo con cui sicombinano gli specifici asset dellasingola impresa: dimensione, mercati disbocco, internazionalizzazione,partecipazione a reti di cooperazione,l’impiego di ricerca e sviluppo, design. E non ultimo, il capitale umano. La propensione nei confrontidell’innovazione digitale è una sorta di

evidenziatore che colora i punti didebolezza e di forza del sistemaproduttivo italiano: l’elementodimensionale si conferma dirimente (tra le piccole imprese, il 66 per cento èindifferente), ma ciò che colpisce è chel’Italia soffre di una forma estrema del“morbo europeo”, l’incapacità disfruttare a pieno le potenzialità dell’Ict acausa di meccanismi imperfetti diselezione del management e degli scarsiinvestimenti nel capitale umano. I dati disponibili sulle conseguenzeoccupazionali dell’innovazione, intermini di variazione di posizionilavorative e ricomposizione degli skillrichiesti dalle imprese, dipingono unquadro assai sfaccettato. Nell’ultimoanno la digitalizzazione si èeffettivamente accompagnata a unamaggiore creazione di posti di lavoro:nelle digitali compiute e digitali incompiute,una su due ha aumentato le posizionilavorative di circa il 3,5 per cento (5 voltein più rispetto all’insieme delle imprese),mentre nelle indifferenti la performanceoccupazionale è stata più modesta. Sepoi si guarda all’occupazione in chiavequalitativa (quale occupazione?), nelleindifferenti e nelle sensibili vincolate i ruolialtamente qualificati si vannoassottigliando, mentre crescel’occupazione media e bassa; alcontrario, si segnala la riduzione dellefigure dirigenziali generiche nelleimprese più propense alladigitalizzazione, a favore di incrementioccupazionali considerevoli nelleprofessioni (high-skilled) di naturascientifico-intellettuale e tecnica.Nella marcata eterogeneità delledinamiche occupazionali, un elementoè chiaro: più si amplia la distanza fra leimprese che si digitalizzano rispetto allealtre, più si divarica la dinamicaoccupazionale. L’Ict non è “equanime”, èun booster per le imprese che ce la fanno,ne accelera la corsa, ma non aiuta leimprese che sono culturalmenteindietro. Inoltre, più l’innovazione è“rotonda”, si compone cioè di pratichedove interagiscono innovazione diprodotto e processo, organizzative e dimanagement del capitale umano, piùmigliorano la performance aziendale e irisultati occupazionali. ■

Segnali positivi,manon per tutti

CAPITOLO 3 | OCCUPAZIONE

Nelle imprese “digitali compiute“e “digitali incompiute”, il lavoro è aumentato cinque volte in piùrispetto all’insieme delle imprese

Direttore responsabile Guido IoccaInserto a cura di Maurizio MinnucciEditore Edit. Coop. società cooperativa di giornalisti,Via delle Quattro Fontane, 109 - 00184 RomaReg. Trib. di Roma n. 13101 del 28/11/1969Proprietà della testata Ediesse SrlGrafica e impaginazione Massimiliano Acerra

A cura di Chiara ManciniUfficio Progetto Lavoro 4.0, Cgil nazionaleCorso d’Italia 25 - 00184 RomaTel. [email protected] Idea Diffusaa cura dell’Agenzia Lama

IDEA DIFFUSA

Considerando la propensione alla trasformazione digitaledelle imprese, queste vengono classificate in 5 gruppi:

indifferenti: non hanno fatto investimenti né li ritengono rilevanti; sensibili vincolate: pensano di investire, mahanno una dotazione di capitale fisico e umano medio-bassa che le frena;digitali incompiute: per le quali ladigitalizzazione, ben presente, non ha ancora influenzato la produttività;sensibili: con livello medio di digitalizzazione e buona dotazione di capitale fisico e umano;digitali compiute: dove è forte la percezione delle tecnologie digitali siano strumenti rilevanti, per l’attività e per il futuro.

63%

22%

2,3%

9,7%

3%

La classificazione delle imprese

aprile 2018

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BOYF

OTOP

AGES

/FLI

CKR

5aprile 2018

di DANIELA PALMAEconomista Enea

In quali termini le nuove misure dipolitica industriale previste nel piano“Impresa 4.0” recentemente

introdotto dal governo italiano potrannomigliorare le performance del sistemaproduttivo nazionale potenziandone il tessuto innovativo? Questo insostanza il cruciale interrogativo chematura a valle dell’analisi del rapporto

Istat sulla competitività dei settoriproduttivi dopo aver valutato la fasedella ripresa economica e il ruolo che in essa può giocare lo sviluppo delle tecnologie digitali.Con una dotazione finanziariaparticolarmente consistente ancherispetto ai maggiori Paesi europei che giàhanno intrapreso questa strategia, e unraggio di azione che è stato esteso oltrelo stretto ambito della manifattura

concepito in origine, il piano punta aincidere in maniera complessiva su unacrisi di competitività ormai di lungoperiodo e che la recessione economicaha ulteriormente aggravato. Da quil’importanza dell’ampia articolazionedelle misure di incentivazione messe incampo, che intendono dare impulsotanto agli investimenti materiali quantoa quelli immateriali, creando condizioniche facilitino la diffusione delletecnologie digitali nell’ambito di ungenerale incremento dell’investimentoin ricerca e sviluppo da parte delleimprese, ancora molto al di sotto dellamedia europea.Indicazioni più che positive nonsembrano mancare. A giudizio di oltre il60 per cento degli imprenditoridell’industria, il super ammortamento siè dimostrato uno strumento rilevantenella decisione di investire,confermando la necessità di una forteleva di contrasto alla fase recessivaanche per i soggetti di grandedimensione. È apprezzabile quindil’ulteriore sostegno che con la “NuovaSabatini” si intende dare soprattutto alleimprese di minore dimensione perl’acquisto di beni strumentali. Ma se si passa a considerare l’insiemedelle misure volte a stimolarel’innovazione dei processi produttivi, lericadute sono maggiori nei settori a piùelevata intensità tecnologica, come nelcaso dell’iper ammortamentofinalizzato ai processi didigitalizzazione, oppure meno incisiverispetto all’obiettivo prefissato, come nelcaso del credito di imposta sugliincrementi di ricerca e sviluppo.Quest’ultimo risulta premiantesoprattutto per le imprese medio-grandi, mentre tra le imprese eleggibilil’incremento di spesa in ricerca esviluppo delle imprese beneficiarie nonè significativamente diverso da quellodelle non beneficiarie, caratterizzate dalivelli medi di spesa più elevati. Né sirilevano vantaggi per il Mezzogiorno,che rimane anzi emarginato. L’efficacia globale della manovra sembradunque essere finora tendenzialmentecondizionata dallo scarso peso di settoriad alta intensità tecnologica nel sistemaproduttivo italiano, che a tutt’oggi spiegagran parte dell’insufficiente spesa inricerca e sviluppo industriale del nostroPaese così come da tempo rilevato dalleanalisi dell’Enea e nuovamentesottolineato negli ultimi rapporti dellaCommissione europea sull’Italia. ■

Ricerca e sviluppo,l’Italia investe poco

Gli interventi pubblici

62,1 47,6 40,8 23,90

10

20

30

40

50

60

70

SUPERAMMORTAMENTO

IPERAMMORTAMENTO

CREDITO IMPOSTAR&S

NUOVA SABATINI

Totale Piccole Medie Grandi

PER DIMENSIONE

RILEVANZA DEGLI INCENTIVI NELLA DECISIONEDI INVESTIRE DELLE IMPRESE* (2017)

PER SETTORE

Autoveicoli,mezzi di trasporto

Coke

Bevande

Elettronica

Farmaceutica

Carta

Gomma e plastica Apparecchiatureelettriche

Chimica

GLI INCENTIVI DEL GOVERNOsuper ammortamento del 140% iper ammortamento del 250% su investimenti in tecnologie avanzatepatent box tassazione agevolata sui redditi derivanti dall’utilizzo di alcunibeni immaterialicredito di imposta su incremento di R&S fino a un tetto di 20 milioni di €nuova sabatini agevolazioni sui prestiti maggiorate per PMI per investimenti in beni strumentali e nelle tecnologie digitali

Fonte: Indagine sul clima di fiducia delle imprese (novembre 2017)* Percentuale di imprese che hanno dichiarato che gli incentivi sono stati “molto” o “abbastanza” rilevanti

Positivo il giudizio sull’ iper ammortamento, tuttavia l’impattosull’innovazione risulta condizionato dalla scarsa presenza diimprese high-tech, né si rilevano vantaggi per il Mezzogiorno

CAPITOLO 4 | PIANO NAZIONALE “IMPRESA 4.0”