I.baldini Lippolis, L'Oreficeria Nell' Imperio Di Constantinopoli IV-VII

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GENERALE

Presentazione di Raffaella Farioli Campanati Premessa

1. L'oreficeria bizantina I. I problemi della ricerca 11. La retorica e la rappresentazione dei gioielli 111. L'archeologia dei tesori IV. La continuit della tradizione artigianale e 111 discontinuith dei modelli2. La tipologia e i motivi decorativi I. Corone. diademi e aghi crinali Il. Orecchini 111. Collane. pendenti e fermagli IV. Fibule V. Lamine VI. Bracciali VII. Anelli V111. Cinture e fibbie

3. La gerarchia e i simboli del nuovo impero cristiano Bibliografia e abbreviazioni IndiciIndice dei inusei e delle collezioni. 3-57 - Indice dei luo~lii provenienza. 267 - Indidi ce per sozzetti. 373 - Indice delle inoiietc. 277 - Indice dei tipi e delle varianti. 279

Referenze iconografiche

Isabella Baldini Lippolis

L'OREFICERIA NELL'IMPERO DI COSTANTINOPOLI TRA IV E VI1 SECOLO

EDIPCGLIABari 1999

M

Iii

copertina: Atene, Museo Benaki. Coppia di orecchini (inv. 1807).

Sul retro: Ravenna, S. Vitale. Particolare del mosaico con il corteo di Teodora.

Volume pubblicato con il contributo del Dipartimento di Archeologia dell'universit di Bologna e della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna

01999 - Edipuglia srl, via Dalmazia 22/b - 70050 Bari-S. Spirito tel. 080. 5333056-5333057 (fax) - http://www.edipuglia.it - e-mail: [email protected] Consulente editoriale: Giuliano Volpe Redrrzione: Valentina Natali Cmertina: Paolo Azzella Starnpa: La Nuova Tecnografica - Modugno (Ba)ISBN 88-7228-222-5

L'et tardoantica senza dubbio un periodo storico particolarmente complesso e articolato, contraddistinto da fenomeni eterogenei e a volte contraddittori e da processi di trasformazione che modificano in maniera sostanziale non solo le condizioni sociali ed economiche, ma anche l'assetto politico e l'identit culturale del mondo classico. Per la comprensione di questa fase fondamentale della costruzione dell'Europa moderna la ricerca archeologica fornisce certamente una prospettiva di studio privilegiata, permettendo di recuperare informazioni diversificate e dirette anche attraverso il confronto tra risultati e metodi differenti. I1 recupero dei contesti e delle associazioni tra i materiali, le ricerche sul patrimonio iconografico e sui significati ideologici, l'analisi delle tradizioni artigianali, dalle opere musive e scultoree alle produzioni ceramiche, lo studio delle forme e dei significati della cultura del reimpiego forniscono risultati ed informazioni che contribuiscono a restituire un'immagine pi concreta del lungo e intenso periodo compreso tra il IV ed il VI1 secolo. L'impegno scientifico universitario deve essere volto proprio verso la ricerca di una comprensione organica dei fenomeni culturali, artistici e produttivi del periodo, e in questa direzione necessario sollecitare anche i giovani ricercatori, verso un confronto metodologico costruttivo e un adeguato approfondimento degli strumenti critici disponibili al fine di realizzare, per quanto possibile, una visione complessiva e interdisciplinare dei fenomeni presi in esame. In questa direzione un momento fondamentale di ogni lavoro rimane sempre l'esame filologico dei materiali, il recupero delle associazioni, le proposte di sintesi e di lettura organica che possano offrire nuovi elementi di discussione e di confronto. I1 lavoro condotto da Isabella Baldini sulle oreficerie di et bizantina parte senza dubbio da queste premesse e da queste esperienze scientifiche, proponendosi di offrire una visione complessiva di un'espenenza produttiva sino ad ora presa in esame in maniera frammentaria e a volte ancora fortemente ancorata a tradizioni interpretative antiquarie (cap. 1.1). In questo senso sono particolarmente apprezzabili le capacit di riflessione e rielaborazione dell' Autrice, interessata allo studio dell'oreficeria sin dalle prime esperienze di ricerca effettuate con la preparazione della tesi di laurea, una raccolta critica della documentazione disponibile sugli esemplari di produzione e di provenienza siciliana; il percorso proseguito anche attraverso sostanziali esperienze di formazione, sia in Italia che all'estero, che hanno reso possibile lo studio di specifiche tipologie, come gli orecchini a corpo semilunato, e la ricerca su rilevanti collezioni e aree produttive in Grecia, in Turchia, in Siria e in Italia, sempre affrontata con entusiasmo, impegno e seriet. I1 risultato ora edito appare certamente importante come contributo significativo a sollecitare ulteriormente la ricerca, offrendo un imponente corpus documentario di oltre 800 reperti suddivisi per oggetti e tipologie, che restituiscono per la prima volta un'immagine globale delle varie esperienze produttive dell'artigianato prezioso nel mondo costantinopolitano e nelle aree da esso direttamente influenzate. Lo studio consente, anche in questo caso per la prima volta, di vedere collegate la documentazione archeologica (cap. 1 .I11e 1 .IV) alle testimonianze letterarie e iconografiche (cap. l.II), in relazione all'analisi morfolo-

L'oreficeria nell'itnpero di Costantiizopoli tra IV e VII secolo

gica generale del materiale noto (cap. 2), permettendo di fornire quindi tutti i principali elementi di riferimento per lo studio di questo settore. Inoltre, non mancano alcuni significativi approfondimenti sugli aspetti legati alla circolazione dei modelli espressivi aulici, ritenuti significativi indicatori di status, in un fenomeno di omologazione che trova ispirazione nei comportamenti e nelle scelte dei ceti sociali elevati, e in particolare della corte imperiale (cap. 3). L'esigenza di un'esposizione analitica ed organica sugli innumerevoli dati disponibili costituiva una necessit fondamentale per una classe di oggetti spesso considerata solo per il suo valore materiale o estetico, conosciuta in genere in maniera estremamente disomogenea, con difficolt di ricerca determinate anche da edizioni non specialistiche, difficilmente rintracciabili a causa del loro carattere locale; non bisogna dimenticare, infine, che gli studi pi importanti finora disponibili, traccia evidente nella conduzione del lavoro, per il carattere stesso dell'indagine, limitato a settori geografici specifici o a tematiche particolari, segnalavano in maniera ancora pi significativa la mancanza di uno strumento di lavoro unitario, che si ponesse il problema della produzione nei suoi aspetti complessivi. importante inoltre che la ricerca sui materiali, anche per queste produzioni venga ricollegata alla necessit di una lettura contestuale, di un recupero delle associazioni e del loro significato, ad un attento esame della composizione e del valore archeologico dei vari rinvenimenti e del loro livello di affidabilit, sottolineando un'esigenza di metodo che costituisce una premessa imprescindibile per la ricostruzione storica dei fenomeni produttivi. La raccolta critica del materiale edito, la presentazione di numerosi reperti inediti, la revisione diretta di molti altri gi noti costituiscono le premesse per la riflessione su un settore che trova gli studi sul tardoantico arretrati rispetto ai risultati conseguiti nell'analisi sulle analoghe produzioni di et classica; la documentazione raccolta contribuisce pertanto in maniera determinante alla comprensione di un tema di importanza non trascurabile per la conoscenza della societ coeva, stabilendo collegamenti con altre espressioni figurative e artigianali e recuperando in sostanza il significato archeologico dei manufatti come documenti di storia. I1 lavoro di Isabella Baldini Lippolis si presenta dunque e per metodologie di ricerca e per i risultati conseguiti come una monografia organica, che colma una lacuna nel settore degli studi sulla fine della tarda antichit e del mondo protobizantino.

PREMESSA

Ad Anna Sojin ed ElennL'analisi stilistica pu risolvere solo in minima parte i numerosi problemi posti dallo studio dell'oreficeria, produzione meglio comprensibile applicando innanzitutto una verifica rnetodologica consapevole e ponendo la necessaria attenzione al sistema di riferimento restituito dalla ricerca archeologica. Nel caso delle manifatture bizantine. in particolare, il problema appare pi erave, sia per l'incidenza dei reperti privi delle informazioni sui contesti di pertinenza. con un grave pregiudizio per una conoscenza corretta dei riferimenti culturali e cronologici, sia per la mancanza di una proposta di lettura tipologica generale. Si dispone invece di specifici contributi su alcune classi di oggetti in cui frequente il ricorso non sistematico all'uso dei rimandi incrociati tra i reperti, che non possono essere considerati risolutivi in quanto gli stessi materiali di riferimento presentano analoghe difficolt di inquadramento. La complessit dei problemi delineati non permette una risoluzione univoca e definitiva, soprattutto per il carattere estremamente lacunoso delle conoscenze e dei materiali che dovrebbero costituire il fondamento della ricerca, quelli cio rinvenuti a Costantinopoli. in Turchia e in Siria. I1 lavoro condotto stato finalizzato quindi a verificare la possibilit di una sintesi omogenea delle informazioni disponibili per contribuire alla dialettica scientifica. L'esame si fondato su un repertorio di attestazioni. cercando di ampliarlo il pi possibile sulla base del materiale edito e della ricerca diretta di alcune collezioni e contesti, per offrire una campionatura delle produzioni che potesse rispecchiare almeno in parte la situazione reale dell'artigianato orafo tra IV e VI1 secolo nelle regioni dipendenti culturalmente da Bizanzio. I1 catalogo stato ampliato anche ad alcune manifestazioni locali o in materiale non pregiato, come bronzo e vetro, che fossero per riconducibili alla tradizione formale orientale. in maniera diretta o come derivazione dai modelli: anche in questo caso stato perseguito il tentativo di delineare l'aspetto generale del fenomeno artigianale, escludendo di poter presentare una documentazione esauriente e completa di tutte le attestazioni note. Per lo stesso motivo non sono stati inseriti alcuni reperti che non sembravano affidabili, sia perch probabilmente non autentici, sia perch di scarso interesse da un punto di vista tipologico, cercando di privilegiare invece i manufatti con dati di provenienza e associazioni sicure o quelli, anche decontestualizzati, che potessero comunque fornire elementi utili alla ricostruzione di aspetti morfologici o produttivi significativi. I1 confronto con le fonti letterarie ed iconografiche coeve parso uno degli strumenti fondamentali dell'analisi, utile alla ricostruzione di una maglia di riferimenti ai quali ancorare forme ed elementi decorativi. Nella stessa prospettiva si cercato di riconsiderare in maniera critica anche i numerosi tesori di oreficeria noti, per cercare di trarne indicazioni incrociate sulle caratteristiche tipologiche e cronologiche dei manufatti; anche in questo caso si sono esclusi i contesti apparentemente estranei all'ambito preso in esame, eccetto alcuni che, pur essendo relativi ad aree politicamente esterne all'Impero d'oriente, per diversi aspetti sembravano porsi in uno stretto rapporto di dipendenza culturale da esso. In sostanza si cercato di proporre la costruzione di un sistema che desse forma ad un fenomeno produttivo complesso, attraverso l'aggregazione dei datiL

L'ore3ceria nell'irnpero di Costantinopoli tra N e VII secolo

in un modo che potesse essere funzionale ad una migliore valutazione dei singoli elementi. I tipi riconosciuti per ciascuna classe rappresentano quindi solo un'ipotesi di lavoro, da discutere e costruire in maniera pi dettagliata, per comprendere problemi artigianali e cronologie, alla luce delle implicazioni di carattere sociale che, gi da un esame preliminare, emergono come un aspetto condizionante per le varie forme di produzione e di consumo. La ricerca si fondata su una prima ricognizione del materiale siciliano, condotta per una tesi di laurea in Archeologia Cristiana discussa nel1'a.a. 1987188 presso l'universit degli Studi di Bologna, sotto il coordinamento e con il fondamentale sostegno scientifico di R. Farioli Campanati. In questa occasione sono stati preziosi la collaborazione della direzione del Museo Archeologico Regionale di Siracusa e i consigli di P. Porta, che ha seguito la ricerca di tesi. Nel prosieguo del lavoro importanti suggerimenti si devono a C. D'Angela, disponibile a discutere sia aspetti generali che problemi di specifica interpretazione dei reperti. Una borsa di studio offerta dalla Scuola Archeologica Italiana di Atene diretta da A. Di Vita ha reso possibile lo sviluppo delle tematiche relative alle collezioni greche e turche e, in particolare, l'analisi della tipologia degli orecchini a corpo semilunato. I materiali di provenienza cretese sono stati esaminati grazie alla disponibilit del Soprintendente M. Bourbudakis e di L. Kalokerinos, mentre per quelli del Museo Kanellopoulos sono debitrice alla responsabile della collezione, N. Saraga, e all'Eforia competente. L'edizione del lavoro, realizzata anche per la disponibilit della Fondazione della Cassa di Risparmio in Bologna, non sarebbe stata possibile senza l'interessamento di G. Sassatelli, direttore del Dipartimento di Archeologia dell'universit di Bologna. A G. Volpe sono grata, inoltre, per aver offerto l'occasione di inserire lo studio tra le monografie curate da Edipuglia. Per la collaborazione ricevuta in vari momenti della ricerca, sono riconoscente a J. Alchermes, L. Baldini, L. Cali, L. Consoli, C. Gianfranceschi, A. Indellicati e S. Zuzzi. Nel lavoro di redazione sono debitrice alla disponibilit e cortesia di V. Natali. Un grazie particolare, infine, ai miei genitori e a mio marito per aver incoraggiato, sostenuto e condiviso questo lavoro.

Avvertenza: nel catalogo, salvo diversa indicazione, le immagini precedono le rispettive schede; le misure espresse sono in centimetri e in grammi; nella descrizione dei reperti sono state utilizzate le seguenti abbreviazioni: L lunghezza I larghezza a altezza d diametro P peso p.i. provenienza incerta S.P. senza provenienza s.1.c. senza luogo di conservazione s.n. senza numero Le iscrizioni sono state riportate nella trascrizione e nello scioglimento forniti dalla bibliografia specifica. Analogamente ci si regolati per la denominazione delle pietre utilizzate nei gioielli nei casi in cui non sia stato possibile un esame autoptico degli esemplari.

l. L'OREFICERIA BIZANTINA

I PROBLEMI DELLA RICERCA

' Ad esempio, Labarte 1872.

La disattenzione per l'oreficeria bizantina riflette una situazione che interessa in generale la cultura tardoantica; infatti, la ricerca archeologica su queste fasi stata considerata per lungo tempo secondaria rispetto a quella sull'et greco-romana, concidendo con lo scarso interesse generale per l'artigianato e la cultura materiale come documenti di una specifica struttura sociale e strumenti di conoscenza storica. Le ricerche sulle produzioni post-classiche di gioielli appartengono ad una fase recente degli studi, che solo negli ultimi decenni hanno superato pregiudizi metodologici di base e una diffusa superficialit nella presentazione dei reperti. Pur essendo frequentemente oggetto di attenzione, a causa del valore intrinseco dei manufatti, spesso l'oreficeria non stata infatti equiparata alle altre manifestazioni artistiche, sottovalutandone le possibilit di indagine morfologica e cronologica e limitando le analisi a generiche considerazioni di tipo antiquario. Lo scarso rigore con cui stato affrontato l'argomento, oltre che da motivazioni di carattere preconcetto nei confronti del materiale post-classico, stato certamente causato dalla difficolt di reperimento delle indicazioni sui luoghi e sui contesti di provenienza. Questa lacuna della documentazione si deve a fattori diversi, che dipendono sia da motivazioni tecniche, legate all'adozione di una prassi di scavo spesso poco accurata, sia dal valore intrinseco degli oggetti di oreficeria, immediatamente percepibile, aspetto che li ha frequentemente esposti a furti e depredazioni. Soprattutto in passato la possibilit di trarre un immediato vantaggio economico dai manufatti in oro e argento ha perci determinato un fraintendimento della stessa attivit archeologica, scambiata per una ricerca di tesori nascosti. A sua volta la mancanza di indicazioni circa i contesti di provenienza dei gioielli ha condizionato il progresso nello studio dell'oreficeria bizantina, dando luogo a proposte interpretative spesso superficiali e a generalizzazioni arbitrarie, che rispecchiano un frequente disordine di metodo. Gli stessi termini cronologici appaiono assai imprecisi nella letteratura scientifica, spesso applicati senza ricerca critica, fondandosi esclusivamente su ipotesi precedenti, alle quali si attribuisce un valore assoluto. L'impossibilit di determinare i luoghi di provenienza degli oggetti rende inoltre aleatori i tentativi di stabilire nessi tra manufatti e officine produttrici, costringendo ad affidarsi a criteri estetici che prescindono dall'analisi delle caratteristiche morfologiche. Infine bisogna ricordare un diffuso pregiudizio di base che riguarda le opere di insieme sull'oreficeria antica, le quali solitamente non trattano il periodo bizantino se non per dimostrare un processo evolutivo nella sua fase di decadenza, con accenni alle soluzioni formali del periodo, considerate epiloghi distorti e fraintesi dell'oreficeria greco-romana, oppure esordio di una nuova sensibilit artistica e formale che introduce l'esperienza artigianale del Medioevo ' . Nei rari casi in cui l'interesse sembra essere maggiore, vengono proposti frequenti riferimenti ad un artigianato orafo siriano e costantinopolitano, senza tuttavia distinguere vaghe ipotesi da reali conoscenze su queste produzioni, tuttora assai poco documentate e difficilmente definibili, a causa della parzia-

L'oreficeria bizantiila

Guarneri 189 1.7. 'Claud. Epith. 10-13..ILanciani 1895.

lit delle attestazioni di sicura provenienza e soprattutto della scarsit e incompletezza delle edizioni. La ricerca sull'oreficeria bizantina in sostanza si basa in prevalenza sui manufatti rinvenuti in Occidente o conservati in musei occidentali, e ritenuti di importazione costantinopolitana; si effettua quindi un'analisi indiretta, suffragata in alcuni casi dai confronti stilistici con altre classi di materiali e dalle fonti letterarie, mentre continua ad essere molto limitato il collegamento diretto con una campionatura di sicura provenienza orientale. La precariet di tale sistema interpretativo viene messa in evidenza da distinzioni cronologiche spesso di carattere soggettivo, che riguardano addirittura l'ambito culturale di pertinenza dei materiali, come i tentativi, spesso forzati e preconcetti, di considerare antitetiche l'oreficeria bizantina e quella barbarica: in molti casi, soprattutto in Italia, la ricerca attuale tende invece a sottolineare la necessit di porre il problema conoscitivo in termini diversi, cercando di valorizzare i numerosi rapporti di scambio culturale e tecnologico piuttosto che proporre una lettura formale su un piano di contrapposizione etnica. I problemi cui si accennato appaiono tanto pi gravi quanto pi carente l'intero sistema di tutela dei beni archeologici. In alcuni paesi la situazione ancora oggi molto difficile, come documenta la scarsit di informazioni sui luoghi di provenienza dei reperti venduti nelle aste internazionali: si tratta di un fenomeno difficilmente quantificabile, anche perch il materiale acquistato non sempre ricompare in collezioni pubbliche o comunque fruibili, almeno attraverso cataloghi scientifici. Solo nell'ultimo trentennio l'edizione di reperti da scavi stratigrafici permette in alcuni casi di unire all'analisi stilistica e storico-artistica dei singoli oggetti anche indicazioni sul loro significato cronologico, socio-culturale e tecnologico, stabilendo un rapporto tra i dati archeologici e la documentazione letteraria ed iconografica. In Italia soprattutto l'inadeguatezza dell'indagine sul terreno e la difficolt di una tutela non sempre efficace dei beni rinvenuti ad avere determinato in passato la vendita sul mercato antiquario internazionale e la conseguente dispersione di un ingente numero di gioielli. Molti di essi, infatti, non potevano essere acquisiti dai musei di Stato per mancanza di fondi e di una idonea legislazione di salvaguardia. In diversi casi, inoltre, accaduto che gli oggetti rinvenuti pervenissero in mano di privati per essere utilizzati come materiale non lavorato, finendo per essere fusi o trasformati, in quella che, alla fine del secolo scorso, fu definita la metempsicosi dei gioielli?. Gli esempi purtroppo sono numerosi e riguardano anche reperti di significato storico insostituibile, come il corredo di oreficerie funerarie pertinenti alla famiglia imperiale teodosiana, che comprendeva gioielli attribuiti dalla tradizione addirittura a Livia3; nella prima met del XVI secolo l'esplorazione di uno dei mausolei imperiali annessi a S. Pietro a Roma restitu, infatti, numerosi gioielli e monete che finirono parzialmente dispersi e, per la maggior parte, furono addirittura fusi Jagli orafi vaticani -'. Un altro caso riguarda le oreficerie bizantine ritrovate agli inizi di questo secolo a Pantalica (Sicilia), che subirono la stessa sorte nonostante i tentativi di

I problemi della ricerca

1904, 367-368; Id., 1942, 134-141; Pace 1949,437438; Fallico 1975. Vbid. Dennison 1918; Greifenhagen 1970,65-71; Berli11 1988. Kondakov 1896. 9Sambon 1906. InHarnpel 1905.11, 15-39. "Dalton 1901; Id. 1912. I2Marshall1907; Id. 191 1. l' Di Cesnola 1903. IJDalton 191 1. l 5 Riegl 190 1. l6 Rosemberg 19 10. l 7 Guilhou 1912; Knlebdjian 1913. I S Ad esempio Fiorelli 1878; Orsi 1896; Id. 1904; Mengarelli 1902; Taramelli 1904; Patroni 191 1;Tararnelli 1919; De Rinaldis 1916; Pasqui 1919; Putorti 1920; Beliaev 1929. I9Salinas 1873 ; Id. 1886; Pollak 1903; Hakkly Bey 1906; Sarnbon 1906; Orsi 1910; De Ridder 191 1: Id. 1924: Accascina 1929; voi Falke 1929; Zahn 1929. ?"Ebersolt1923. ? ' Cabrol, Leclerq, Dictionnaire.

P. Orsi, allora direttore del museo di Siracusa, di assicurare allo Stato almeno alcuni oggetti (fig. 1): scoperto nel 1903, questo tesoro appare particolarmente emblematico delle difficolt incontrate dall'amministrazione statale nel recupero dei materiali preziosi, facilmente smembrabili e trasportabili lontano dall'area di rinvenimento. I taccuini e le osservazioni dell'orsi, che riusc fortunosamente a far fotografare e disegnare gran parte degli elementi rinvenuti, redigendone anche un elenco, sono a questo riguardo estremamente significativi j: ad essi si deve, tra l'altro, la possibilit di riconoscere alcuni dei gioielli, conservati oggi presso collezioni americane 6, mentre altri, ancora inediti a quasi un secolo di distanza, possono essere confluiti in collezioni private. Furono ugualmente dispersi i trentasei gioielli di un unico ripostiglio venuto alla luce in Egitto (fig. 2), venduti tra il 1909 e il 1912 da un antiquario del Cairo a privati e ad istituzioni americane e tedesche7. La pubblicazione di questi reperti, datati tra il DI e il VI secolo, venne curata a qualche anno dalla scoperta da W. Dennison, che dedic un'intera monografia ad un'analisi dettagliata delle oreficerie, offrendone una descrizione anche dal punto di vista tecnico e iconografico. La sua opera contribu a far conoscere meglio anche altri tesori del VI secolo, rinvenuti nello stesso decennio in Cilicia (Turchia) X, a Cipro e in Ungheria"', ancora poco noti nella bibliografia: per la prima volta l'attenzione venne focalizzata su espressioni artigianali difficilmente oggetto di trattazioni scientifiche, considerate marginalmente anche nei cataloghi generali dedicati interamente ad oreficerie, come quelli del British Museum curati da O.M. Dalton e da F.H.S. Marshall 12,e del Metropolitan Museum of Art di New York, comprendente i gioielli ciprioti della collezione Palma di CesnolaI3. Al Dalton si deve anche un capitolo sull'oreficeria nel suo manuale sull'arte bizantina del 1911 che, per i tempi, costituisce un importante tentativo di sintesi generale del problema, esemplificato attraverso i materiali conservati al British Museum l". Pi specificatamente orientato a chiarire il significato del Ku~zstwollentardoantico attraverso le manifestazioni artistiche ed artigianali era stato, quasi un decennio prima, il capitolo sulle cosiddette arti decorative post-classiche di A. Riegl l" che aveva rilevato le affinit decorative tra oggetti in inetallo e coeve manifestazioni scultoree. L'analisi morfologica dei manufatti, alla base dell'esame formale proposto dal Riegl, rimase l'elemento guida per altri studi di tipo storicistico, che valorizzarono gli aspetti tecnici di esecuzione dei gioielli, allontanando la ricerca dai problemi legati ad una visione di insieme: si pu ricordare a questo proposito lo studio in quattro volumi di M. Rosemberg, del 1910-1925, che tracciava una storia delle tecniche orafe (> 16. Nonostante queste prime elaborazioni della documentazione nota, nel primo trentennio del secolo non esisteva ancora un interesse specifico per i gioielli bizantini, che continuavano ad apparire saltuariamente in cataloghi d'asta 17, rendiconti di ritrovamenti casuali l8 e parziali rassegne dei materiali di musei e collezioni Iy. Gli unici tentativi di sintesi sull'argomento sono costituiti da uno studio di J. Ebersolt sulle arti suntuarie co~tantinopolitane~~~ e da varie voci del dizionario curato da F. Cabrol e H. Leclercq2J, ancora oggi utile strumento di cono-

L'oreficeria birantinn

Segall 1938. Breglia 1941. ? Ivi, 14. . ' '51vi, 129-131. 26 Baltimore 1947. 27 Riegl 1901; Aaberg 1923; Fuchs 1938; Aaberg1945. 28 Davidson 1952. ?'Gjerstad 1956. Rahmani 1985. Adamesteanu 1963; Bonomi 1966; Fallico 1967. j2 Burger 1966; Barkoczi 1968. MDelvoye 1965. Karagheorghis 1962. 3sCoroviCLjubinkoviC 1963. '"rehier 1936,45. Pace 1949.l?

''

scenza per l'ampiezza della documentazione, impostato con un taglio antiquario e che include anche indicazioni storico-letterarie. Durante il secondo trentennio del Novecento le conoscenze sull'oreficeria bizantina migliorarono grazie alla pubblicazione di cataloghi di collezioni private fino ad allora inedite, come quello curato da B. Segall e destinato ad illustrare i materiali in oro e argento conservati presso il Museo Benaki di Atene2!. Una ricerca importante in questo periodo riguarda invece le oreficerie del Museo Nazionale di Napoli, pubblicate da L. Breglia nel 1941 '3; il sistema di distinzione adottato in questo caso utilizza raggruppamenti cronologici: all'oreficeria romana vengono attribuiti i gioielli del I-V secolo, mentre quelli del VI-XV secolo vengono considerati elementi bizantineggianti e del periodo longobard~~%queste due categorie sono dedicate osservazioni conclusiA ve, che presuppongono un atteggiamento pregiudiziale per lo scarso valore estetico dei gioielli post-antichi ed esprimono la necessit di astrarre singoli pezzi di particolare rilievo; inoltre si pongono in antitesi i gioielli di tradizione bizantina e quelli di aspro gusto barbarico, considerandoli espressione di due tradizioni entrambe presenti in Italia'j. I1 catalogo di una mostra inaugurata alla Walters Art Gallery di Baltimora nel 1947 26 costituisce il primo serio tentativo di divulgazione di una serie di materiali di provenienza italiana ed orientale, acquistati sul mercato antiquario e conservati presso i musei statunitensi: la maggioranza dei cataloghi americani posteriori si basa su questa prima presentazione che, senza tentare alcuna classificazione tipologica, ha l'indubbio merito di avere consentito la conoscenza di gioielli quasi completamente ignoti alla letteratura scientifica. Contemporaneamente iniziavano a svilupparsi anche gli studi sulle tecniche dell'oreficeria e su particolari tipologie, come le fibule, note prevalentemente grazie alla ricerca scientifica di area germanica2'. I1 dodicesimo volume della serie di monografie dedicate dalla Scuola Americana a Corinto 'S, invece, presenta per la prima volta un gruppo di gioielli tardoantichi provenienti da un'area di scavo omogenea in un centro dell'impero orientale, con ipotesi di datazione e illustrazione di elementi fino ad allora trascurati, come gli esemplari in bronzo e le matrici; a questo testo si affiancano, nello stesso periodo, i risultati della spedizione archeologica svedese a Cipro, che include anch'essa l'edizione degli oggetti in metal10'~.Questi esempi hanno dato l'avvio alle pubblicazioni sistematiche di oggetti di oreficeria da scavo: per la possibilit di trarre indicazioni sulla cronologia dei manufatti e sulle associazioni all'intemo dei corredi, appaiono particolarmente rilevanti le indagini sistematiche svolte nelle necropoli post-classiche di Israele3" della Sicilia" e dell'Ungheria )?,mentre per altre aree sono stati proposti studi che recuperano i dati noti per regioni culturalmente omogenee, come la stessa Co~tantinopoli~~, Cipro3"e la Serbia 35. Per quanto riguarda la Sicilia molte informazioni si dovevano all'attenzione dimostrata da P. Orsi per i materiali bizantini da scavi di necropoli: sulla base di questa documentazione, L. Brehierjh e successivamente B. Pace 37 giungevano ad ipotizzare l'esistenza di botteghe orafe locali, sottolineando la necessit di verificare tale possibilit sulla base di un esame complessivo delle oreficerie coeve provenienti da Costantinopoli e da altre regioni dell'Impero.

I problemi della ricerca

C.A. Mansuelli, in Ori Emilia 1958.7-27. '9Arnandry 1963. Becatti 1955. 'l Coche de la Fert 1956. 42 Ivi, 97-99. '" Heurgon 1958. 44 Banck 1962; Ead. 1966. Ross 1962; Id. 1965.

Nel 1953 fu organizzata la mostra dedicata all'oreficeria antica dell'Ernilia Romagna: nell'introduzione al catalogo G. Mansuelli metteva in risalto il ruolo svolto dai gioielli nella ricostruzione del quadro storico del17artee notava le possibilit di influssi stilistici orientali in aree occidentali e barbariche 38, secondo una linea di tendenza valorizzata dagli studi successivi. Tra le collezioni di gioielli decontestualizzati pubblicate in questo stesso periodo si deve ricordare, inoltre, la raccolta di H. Stathatos, conservate nel Museo Nazionale di Atene ed edita sistematicamente nel 1953 da P. A m ~ i n d r y ~ ~ . Interamente dedicata all'oreficeria antica, una monografia di G. Becatti, pubblicata nel 1955, presentava i gioielli barbarici come epilogo delle testimonianze di questa classe di manufatti: essa viene caratterizzata da elementi tipologici e stilistici peculiari, quali un vivo senso coloristico e un uso preponderante delle pietre, che non escludono la presenza di elementi attinti a tradizioni orafe diverse, come quella bizantina, alla quale tuttavia non viene fatto un chiaro n f e r i m e n t ~ ~ ~ . L'anno successivo anche E. Coche de la Fert pubblicava una breve storia dell'oreficeria antica aggiungendo per la prima volta, alla semplice esposizione dei tipi di gioielli pi diffusi, diversi paragrafi dedicati alle grandi collezioni, al mercato antiquario e ai falsi 4'. Alcune tra le raccolte citate appartengono oggi ai pi importanti musei europei ed americani, come la De Luynes, confluita nel Cabinet des Medailles di Parigi, la De Clercq, acquistata da H. de Boisgelin e poi donata al Louvre, la Von Gans, oggi al Museo di Berlino, le raccolte di J. Pierpont Morgan e di C. Palma di Cesnola, al Metropolitan Museum of Art di New York4!. Nello stesso periodo si moltiplicavano infine le notizie su nuovi rinvenimenti di oreficerie bizantine, come quelle del tesoro di Tns, in Algeria, analizzato dalla pubblicazione di J. Heurgon, del 1958.". Nel decennio 1960-1970 la bibliografia sull'oreficeria bizantina si ampliava ulteriormente grazie a presentazioni di materiali in gran parte inediti o poco noti di area orientale, come i gioielli delle collezioni sovietiche, presentati e analizzati da A. Bancka, con un importante incremento del quadro delle conoscenze e delle possibilit offerte dalla disciplina. I1 catalogo di M.C. Ross dei gioielli della Dumbarton Oaks Collection di costituisce tuttora Washington, pubblicato in due volumi nel 1962 e nel 196545, uno degli studi pi accurati sulle oreficerie bizantine: pur trattandosi di un'opera che si occupa di materiali da collezione, viene cercata infatti una ricostruzione dei contesti, offrendo un'approfondita descrizione degli oggetti corredata da numerosi confronti e da un buon apparato illustrativo. I1 Ross fornisce uno strumento insostituibile nello studio dei gioielli di provenienza orientale, che sono noti pi attraverso questa documentazione indiretta che sulla base degli esemplari rinvenuti sicuramente in situ; per la prima volta, inoltre, viene ipotizzata una correlazione tra gioielli e fenomeni di manifestazione di status economico e sociale, aspetto che costituisce una delle chiavi interpretative pi convincenti nello studio drll'oreficeria bizantina. Nella mostra italiana del 1961 intitolata Ori e argenti dell'ltalia antica significativa invece l'assenza di un'introduzione sulle oreficerie bizantine, che

L'oreficeria bizantinn

O i Italia 1961.23 1-237. r 47ArtByzantin 1964, con introduzione all'oreficeria bizantina di M.C. Ross, 357-362. Babritsas 1954. 4"tilianou 1969. Higgins 196 1. Coche de la Fert 1967. 52 Carducci 1962. j3Peroni 1967. Lipinsky 1975b. 55 Lepage 1971.46

"

vengono tuttavia distinte da quelle barbariche e raggruppate al termine della sezione dedicata alle argenterie romane 6. I criteri distintivi non sono espressi, ma sembrano basarsi essenzialmente sulla provenienza degli oggetti da aree soggette al dominio bizantino (Ravenna, Aquileia, Grado, Puglia e Sicilia), senza affrontare problemi stilistici e comparativi. Ad Atene un'esposizione sull'arte bizantina organizzata nel 1964 con il contributo del Consiglio d'Europa 47 presenta una sezione, curata dallo stesso Ross, dedicata ai manufatti in oro e argento, tra cui alcuni gioielli di un tesoro del VI1 secolo rinvenuto un decennio prima a Mitilene 48 e di un altro importante ritrovamento, avvenuto nel 1902 a Larnbousa di Cipro49. Ulteriori tentativi di sintesi ad opera di R.A. Higgins e di E. Coche de la Fert S I non toccano che marginalmente e superficialmente il problema dell'oreficeria bizantina; C. Carducci in uno studio complessivo sui gioielli non tratta l'argomento, ma segue lo schema evolutivo del Becatti, contrapponendo all'oreficeria romana quella barbarica, che completerebbe la storia antica di questa classe artigianale j2. Dell'oreficeria bizantina si considerano solo alcuni aspetti tecnico-stilistici, come l'uso del traforo e una generica finezza di esecuzione dei gioielli, proponendo a volte, come esempio di tali caratteristiche, esemplari che in seguito hanno subito interpretazioni cronologiche alquanto differenti sulla base di confronti di sicura attendibilit. La palese confusione terminologica tra oreficeria barbarica, tardoantica e bizantina rivela inoltre un'analisi superficiale di aspetti puramente stilistici e qualitativi, che non considera il problema n da un punto di vista culturale n da un punto di vista tecnologico. Pi attento alle esigenze di una ricostruzione critica del contesto di provenienza degli oggetti il volume di A. Peroni sulle oreficerie e sui metalli lavorati rinvenuti nel territorio dui Pavia, del 1967, nel quale si avanzano anche ipotesi interpretative sulla presenza in loco di atelier specializzati, anche sulla base di un'analisi tecnica dei manufatti 53. In quest'ultimo senso appare importante, nell'ambito degli studi in lingua italiana, l'opera di A. Lipinsky, che per un ventenni0 si dedicato all'indagine delle tecniche dell'oreficeria bizantina, cercando di chiarirne terminologia e linee di sviluppo, anche sulla base della poco nota documentazione orientale. Le sue ricerche sono incentrate prevalentemente su problemi tecnici, quali i luoghi di provenienza dei materiali e i procedimenti di lavorazione dei metalli e delle pietre, sintetizzati in un volume del 1975 che estende cronologicamente il proprio interesse fino all'et rinascimentale 54. La profonda dimestichezza dell'autore con i sistemi di lavorazione dei metalli consente, in molti casi, analisi di grande sensibilit, mentre non risultano equivalenti le considerazioni di carattere storico. Ad una classe specifica di oggetti e al suo sviluppo morfologico dedicato un articolo di C. Lepage sui bracciali romani e bizantini, fino allora sostanzialmente ignorati dagli studi 55. La proposta di classificazione tipologica di tali gioielli appare particolarmente rilevante da un punto di vista metodologico: viene avvertita lu necessit di verificare la continuit morfologica con i manufatti di et imperiale, evitando di isolare a priori gli esemplari bizantini rispetto alla tradizione orafa precedente.J

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1. Tesoro di Pantalica (1.111.21), collane (cat. 111.2.b.4, l.c.22, l.c.24, l.c.26 e l.c.23).

2. Londra, British Museum: gioielli del tesoro di Antinoe (1.111.24: cat. 11.5.c.8 e 111.2.b.2).

L'oreficeria bizantina

56 Age of Spirituality 1979, con introduzione ai gioielli di M.C. Ross: 0bjects f;om Dnily Life, 297-301. 57 Segall 1938, 143; Age of Spirituality 1979,297-301. Ibid. 59 Delogu 1974; Volbach 1974; Werner 1974; Bierbrauer 1975; Hessen 1975a;Bierbrauer 1978. Hessen 1971. 6' Melucc0 Vaccaro 1978. 62 Farioli Campanati 1984. 6' Pierides 1971 ; Stathatos 1971; Spieser 1972; Rudolph 1973; Victoria and Albert Museum 1973; Wien 1974; Dorig 1975; Hackens 1976; Clairmont 1977; Kent 1977; Lazovic 1977; Romans and Barbarians 1977; Jewelry 1979. El-Chehadeh 1972. 65 Zouhdi 1971; Id. 1974; Id. 1989. 66 In Italia, ad esempio, D'Angela 1982; Id. 1988. " 7. ad esempio Pani Ermini 1981; Davidson 1984; Berlin 1988.

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Il catalogo della mostra di New York sulla tarda-antichit del 1979 offre una notevole panoramica sulle manifestazioni artistiche comprese tra il IV e il VI1 secolo "6: la sezione dedicata all'oreficeria, curata sempre da1 Ross, propone un notevole numero di oggetti corredati da schede che riuniscono alla descrizione stilistica anche proposte interpretative sulla provenienza. Si rileva la necessit di una verifica da effettuare cas0 per caso, con una revisione del sistema attribuzionistico adottato fino a quel momento, che proponeva una relazione meccanica tra luoghi di ntrovamento dei gioielli e sedi di produzione: viene al contrano evidenziata la possibilit di una circolazione degli artigiani e dei loro prodotti, fenomeno che spiega l'esistenza di uno del- - - - - - - - - - - - - - -

35. Budapest, Biblioteca Nazionale: disegno di statua eque-

stre di Giustiniano.

36. Esempi di corone femminili tra il V e il VI secolo: 1. Aelia Flacilla; 2. Ariadne; 3. Imperatrice di NiS; 4. Imperatrice del Castello Sforzesco: 5.Teodora.

37. Milano, Museo Civico del Castello Sforzesco: ritratto di imperatrice.

Ln tipologia e i motivi decorativi

Id. 1983, fig. 55. .'8Age of Spirituality 1979, 33, n. 27 (datazione al 530-540). 49 Wien 1974, 19, n. A 19, fig. 10; Age of Spirituality 1979, 3 1, n. 25; dittico del Bargello: Grabar 1980, 276, fig. 318; Farioli Campanati 1982, 425-426, n. 266, fig. 356; Paolucci 1994, 16-17 (con datazione ai primi decenni del VI sec.). SnAgeof Spirituality 1979, 292-294, n. 272 (primo quarto del VI sec.); ~mmanuel i993, 116-117. fig. 4. Ad esempio, in Age of Spirituality 1979, 31, 33. Si tratta della prima figura da destra, evidentemente segnalata rispetto alle altre per il diverso rango nell'ambito della rappresentazione. Un'altra, posta in posizione di particolare rilievo, appare immediatamente alla destra dell'imperatrice, indossando invece una sorta di parrucca, posta su una cuffia analoga a quella delle altre dame di corte: v. Angiolini Martinelli 1969,48-50. 53 Ad esempio nella scena delle pie donne al Sepolcro in uno dei pannelli musivi di S. Apollinare Nuovo a Ravenna: Grabar 1980, fig. 164. I4 Tra i numerosi esempi, v. l'affresco delle catacombe di Commodilla: Grabar 1980, fig. 176, e quello di S. Maria Antiqua a Roma: ivi, fig. 178; il mosaico absidale di Parenzo: Prelog 1986, tav. 38, e della Madonna Anghelokristosdi Kiti a Cipro: Grabar 1980, fig. 144; la raffigurazione della Vergine col Bambino del convento di Bauit: ivi, fig. 193; la scena della Pentecoste nel Vangelo di Rabula alla Biblioteca Laurenziana di Firenze: ivi, fig. 233. s5 Delbrueck 1913,336,344345; Wessel 1961, 358; Lipinsky 1962b, 397-398; Angiolini Martinelli 1969.42-45. 56 Age of Spirituality 1979, 32-33, n. 26 (520-530). 57 Ad esempio un esemplare del Louvre di provenienza siriana, pubblicato in Byzance 1992, n. 70. "Farioli Campanati 1982, 332,420-421. n. 250.J7

432-440, che sembrerebbe avere i capelli trattenuti in alto da un filo di perle e gemme, come nell'irnmagine precedente. L'acconciatura potrebbe essere stata utilizzata almeno fino al secondo decennio del VI secolo, quando viene eseguito il dittico in avorio del console Flavio Anastasio, nel quale appare pi volte ripetuta per raffigurare i personaggi femminili della famiglia imperiale 7. Un'altra parallela linea di sviluppo del costume femminile si manifesta almeno a partire dalla fine del V o piuttosto dagli inizi del VI secolo, forse per un pi stretto adeguamento alle norme religiose, con l'adozione di un copricapo non decorato, oppure omato di fili di perle, che tende ad avvolgere in modo sempre pi completo i capelli. La nuova acconciatura documentata ad esempio, nei primi decenni del VI secolo, in un ritratto marmoreo oggi al Castello Sforzesco di Milano (fig. 37) JX, in ritratti della famiglia imperiale, tra i quali due avorid9(fig. 38) identificati come Ariadne, e in un altro busto di imperatrice con la mappa circense, in marmo (fig. 39). In queste raffigurazioni la forma regolare del copricapo, generalmente interpretato come una cuffia sembrerebbe far pensare ad un oggetto semirigido, forse sempre in stoffa, appositamente sagomato per contenere l'acconciatura raccolta in alto del periodo precedente. L'usanza di dividere i capelli in due bande potrebbe inoltre avere influito, nello stesso periodo, sullo sviluppo di una forma caratteristica, insellata al centro e con due rigonfiamenti ai lati, come nel ritratti gi citati: in quello del Castello Sforzesco di Milano (fig. 37), due fasce perpendicolari decorate da un doppio filo di perle si riuniscono in un medaglione circolare a tre pendenti sopra la fronte e in un nodo erculeo sulla nuca; due profilature verticali di rinforzo, chiaramente caratterizzate sul retro della scultura, seguono la bombatura del copricapo. Nei due avori, invece (fig. 38), la fascia di perle presenta un castone centrale quadrato sormontato da tre elementi, forse in lamina, rendendo ancora pi vistoso l'effetto dell'acconciatura. L'uso del copricapo bombato appare in un'ulteriore variante a S. Vitale di Ravenna indossato dalla stessa Teodora (fig. 47); nello stesso mosaico le figure femminili del seguito dell'imperatrice hanno invece il capo velato, coperto da una sorta di cuffia aderente o, in un solo caso, omato di diademas2 (fig. 7a): l'iconografia delle dame imperiali si inserisce in una tradizione iconografica ben consolidata, che sembra evidenziare il carattere cristiano delle immagini: si tratta infatti della forma prevalente scelta per i personaggi femminili neotestamentari 53, e in primo luogo per la Vergine54tra VI e VI1 secolo. Sul capo di Teodora alla forma gi evidenziata di copricapo imperiale sembra invece sovrapporsi la corona imperiale gemmata a fascia, arricchita da un castone rettangolare tra due castoni triangole e con lunghi fili di perle ricadenti sulle spalle s5.La stessa tipologia si riconosce in una testa coeva, attribuita all'imperatrice Eufemia e conservata a NiS (fig. 42)j6 e in pesi in bronzos7, continuando ad essere attestata nella tradizione imperiale successiva, come ad esempio nella raffigurazione costantinopolitana di Zoe, in S. Sofia (fig. 34), o di Irene nella Pala d'Oro di Venezia 5R.J

38a. Firenze, Museo Nazionale del Bargello: avorio con imperatrice stante.

38b. Vienna, Kunsthistorisches Museum: avorio con imperatrice in trono.

39. New York, Metropolitan Museum of Art: busto femminile con mappa.

40. Parigi, Bibliothque Nationale, Cabinet des Mdailles: statuetta di imperatrice.

La ripologia e i motivi decorativi

S9Ageof Spirit~~nlit?l 1979, 30. n. 24; Grabar 1980, fig. 253; Byzance 1992. n. 6. ""V. Berielli 1992, fig. 9. 6 1 De cerimoniis XLVII. Per le acconciature femminili di arnbito aulico in questo periodo a Costantinopoli v. Emmanuel 1993. "Sulla documentazione nurnismatica v. Gerke 1966, 173186. Tra le numerose attestazioni iconografiche si possono ricordare il corteo rnusivo delle vergini e dei martiri di S. Apollinare Nuovo a Ravenna (fig. 74) o la scena del Banchetto di Erode del Codex sinopensis: Grabar 1980,204, fig. 227. 63 Tert., De corono, XIII: coronant et nuptiae sponsos ; v. ... anche Claud. Lnus Serenne 184185: ...iugalem coronam* . h.' V. cap. 1.11, nota 116. V. cap. 1.11, nota 117. "Madrid, Museo Archeologico Nazionale, inv. 653.72: Hubert 1980, 233, fig. 248; G. Ripoll Lopez, in Medievnl Spain 1993, 53-55, nn. 12a-b (con bibliografia). Sull'oggetto v. Cassanelli 1991, 197 (fine VI-inizi VI1 sec.); E. Zanini, in EAM, S.V. corona, 344 (con bibliografia precedente); per altri elementi del tesoro, databili a partire dalla met del VI secolo, v. Farioli Campanati 1982, 41-412, nn. 207-21 1 (con bibliografia). E. Lippolis, in Ori Taranto 1984, 111-1 17.

Nel VI secolo avanzato ancora documentata la forma sagomata insellata al centro e con rigonfiamenti laterali, che in quest'epoca non sono pi bombati ma appuntiti: un busto e una testa di imperatrice conservate a Parigi59(fig. 41) e nel chiostro di S. Giovanni in Laterano"', presentano inoltre una serie di fili di perle applicate, che potrebbero suggerire la presenza di cuciture o di profilature in materiale diverso da quello della base del copricapo. La tradizione dell'acconciatura alta continua in et bizantina fino a raggiungere forme tanto accentuate da impedire addirittura la possibilit di svolgere i movimenti previsti dal cerimoniale, come nel caso dell'investitura di una delle nobildonne zostai, uno dei gradi pi elevati della corte del X secolo, descritta nel Libro della Cerimonie di Costantino Porfirogenito. L'interessata indossava infatti un copricapo detto propoloma, che viene descritto cos ingombrante da non permetterle, se non con enormi difficolt, l'atto di adorazione dinanzi all'imperatore h'. Attributo peculiare e simbolo del potere imperiale, la corona assume con l'avvento del cristianesimo anche una valenza religiosa, caricandosi da un lato del significato della vittoria sulla morte attraverso il sacrificio di Cristo ed il martirio dei santi , dall'altro svolgendo una funzione importante nella liturgia nuziale, come testimonia gi Tertulliano nel I1 secolo Al significato simbolico si pu collegare anche la pratica, in continuit con la tradizione pagana, di offrire corone votive nei luoghi di culto: l'uso largamente documentato a Roma dal Liber Poiztzj7calis"; anche per Ravenna una fonte di IX secolo, Andrea Agnello, attesta la presenza di questi donativi in chiese urbane e suburbane". Un esempio pervenutoci in ottimo stato di conservazione costituito dalla corona di re Recesvindo, oggi a Madrid, databile con esattezza tra il 653 e il 672 (fig. 42). I1 gioiello, che apparteneva ad un tesoro di cui facevano parte almeno altre dodici corone votive, del tipo a fascia decorata a sbalzo e traforo, con perle, pietre e paste vitreee; l'aggiunta di ricchi pendenti e delle catenelle di sospensione lavorate a traforo, rende tuttavia difficile un riscontro puntuale con eventuali oggetti d'uso analoghih6. Lo stesso problema riguarda anche la corona ferrea del tesoro del Duomo di Monza h7,appartenuta alla regina Teodolinda e successivamente utilizzata come votiva (fig. 43), in questo caso soprattutto a causa dei vari interventi di modifica o adattamento effettuati sul gioiello che sembrano averne alterato, almeno in parte, l'aspetto originario. comunque significativa l'adozione di una tipologia risalente alla forma del diadema tardoantico a placche decorate da castoni con pietre, alle quali si aggiungono elementi tipici del linguaggio artistico bizantino, come gli ornati vegetali a cloisons. Gli esempi presentati in catalogo corrispondono ad ornamenti per il capo definibili diademi, e non corone, in quanto non rappresentativi del potere imperiale, ma aventi una funzione privata, prevalentemente estetica oppure funeraria. Tale distinzione, gi adottata per gioielli di et ellenistica", viene quindi utilizzata convenzionalmente anche per gli esempi di epoca bizantina, per i quali non esistono precisi criteri di definizione: Isidoro di Siviglia, ad esempio,Q

41. Parigi, Museo del Louvre: ritratto di imperatrice.

42. Ni5, Narodnj Muzej: ritratto di imperatrice.

43b. Monza, Tesoro del Duomo: Corona Ferrea.

43a. Madrid, Museo Archeologico Nazionale: corona di Recesvindo.

Ln tipologia e i motivi decorativi

Isid. X I X , 31, I . I Zaseckaja, in Goti 1994, .114.

Un esempio da Kefar Giladi in Holy Lund 1986, n. 123. 72 Hier. Epistulae C V I I : ...regum purpura et ardentes diadematum gernmas patibuli salutaris pictura condecoran>. ROSS1968,33. 74 Orsi 1904. 75 Verdier 1960, 128. 76 Age of Spirituality 1979, 37, n. 41.

definisce genericamente diadema un ornamento femminile ex auro et gemmis contextum, senza fornire alcun elemento di carattere tipologico h9. I diademi noti archeologicamente sono fasce auree con pietre e paste vitree incastonate, del tutto simili a quella della dignitaria di Teodora nel citato pannello musivo di S. Vitale (fig. 47) e nelle raffigurazioni delle spose di ceto elevato nei medaglioni e negli anelli nuziali. Gli oggetti pervenuti fino a noi nella maggior parte dei casi appartengono tuttavia all'ambito funerario e ad una zona geograficamente circoscritta, identificabile con l'attuale Crimea: in quest'area, tra l'ultimo quarto del IV e la prima met del V secolo, sono infatti documentate necropoli gote di culto cristiano, con numerosi oggetti di corredo, parte dei quali ritenuti di produzione bizantina70. Questo tardo utilizzo del diadema funerario potrebbe essere interpretato come un segno di continuit del rituale tradizionale in ambienti particolarmente conservatori, svincolati dalle leggi suntuarie vigenti nel resto dell'Impero. L'uso di deporre i defunti con ritratti ornati di corone di foglie in lamina d'oro appare infatti diffuso anche in Egitto, ma solo fino al 111-IV secolo, come documentano i rinvenimenti del Fayyum. Anche in altre aree, come quella israeliana, sono attestati diademi funerari in lamina aurea, ma raramente con pietre, almeno fino alla fine del 111secolo 7 ' . Gli esemplari noti, a fascia leggermente trapezoidale, presentano una decorazione a foglie rese schematicamente mediante tratti incisi e un elemento centrale, costituito da una pietra incastonata (cat. I.5), da una croce (cat. 1.7) o dal busto nimbato di Cristo (cat. 1.8). In questa tradizione si inserisce anche un esemplare, di provenienza forse egiziana, con il chrismon inciso in una delle paste vitree della fascia (cat. I.2), secondo un uso attestato anche da S. Gerolamo in una lettera dei primi anni del V secolo 72. Particolarmente rilevante per la cronologia d'uso di questi diademi, che M.C. Ross ritiene protrarsi fino al VI secolo 73 un esemplare che presenta al centro l'impronta di una moneta di Valentiniano I (364-375) (cat. 1.6). La continuit del tipo fino alla fine del VI secolo potrebbe forse essere confermata dal gioiello, purtroppo perduto, in lamina aurea sbalzata, chiuso da un cammeo grande come una mandorla, rinvenuto insiene agli altri oggetti del tesoro di Pantalica 74. Di difficile interpretazione un elemento trapezoidale in lamina con raffigurazione sbalzata di Thyche, scoperto in Turchia prima del 1921 (cat. 1.1) e conservato alla Walters Art Gallery: interpretato come pendente di corona, esso potrebbe costituire uno dei prependulia di un diadema pi complesso dei precedenti, forse femminile 75, per il quale tuttavia non abbiamo confronti. Un altro unicum, di ignota provenienza, oggi alla Walters Art Gallery di Baltimora, presenta una fascia ottenuta dalla giustapposizione di placche quadrate in lamina (cat. 1.4): la stessa tipologia sembrerebbe raffigurata in un medaglione di Costantino I da Sciscia, oggi a Washington e consentirebbe pertanto una datazione del manufatto al TV secolo 76. Viene attribuito alla fine del VI secolo invece un esemplare del tesoro di Varna (Bulgaria), con decorazione traforata della fascia e medaglione con castoni, pietre e perle (cat. I.3), caratteristica di altri oggetti di oreficeria,

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Corone, diademi e aghi crinali

n Metzger 1990.

In generale su questa classe v. Davidson 1952, 279-280; Amante Simoni 1984, 167; D'Angela 1988, 163-164. 79 D'Angela 1988, 163- 164. Baldini Lippolis 1997, 148 (con bibliografia precedente). 8 ' A g e of Spirituality 1979,306.

soprattutto bracciali, considerati da C. Metzger prodotti di un medesimo atelier di elevato livello artigianale, probabilmente costantin~politano~~. A parte si propongono esempi di aghi crinali in bronzo (cat. I.2.a-C) rinvenuti in Grecia, in Italia meridionale e nel ravennate, per evidenziare la larga diffusione di questo tipo di oggetto, eseguito anche in osso e avorio, tra IV e VI1 secolo 78.La distinzione sulla base della forma della testa (globulare, poliedrica o biconica), proposta da C. D'Angela partendo dall'analisi della documentazione di Avicenna, consente di constatare la diretta continuit delle produzioni da quelle di epoca tardoromana, e di verificare le strette interrelazioni tra mondo indigeno e popolazioni germaniche della penisola italiana j9, ambito nel quale tali oggetti appaiono a volte attestati nelle sepolture di Vi-VI1 secolo in associazione con veli di broccatoSo. A questa produzione minore in bronzo, che risente strettamente delle tradizioni artigianali locali, si affiancava una classe di manufatti di lusso in oro, poco documentata: emblematico , a questo riguardo, il ricordo della presenza di esemplari d'oro, con smeraldi, perle e zaffiri, e d'argento, rinvenuti nella tomba attribuita a Maria, prima moglie di Onoriom,oggi purtroppo perduti e non riconducibili pertanto ad una specifica tipologia.2. Diadema p.i., Egitto Vienna, Kunsthistorische Museum coll. T. Graf oro, paste vitree; L 37.5; 1 3.5 Fascia in lamina con paste vitree incastonate di colore blu, verde e rosso, una delle quali con chrismon inciso. Bibliografia: Swoboda 1900, 47 (IVVI sec.) Cabrol, Leclerq, Dictionvaire, S.V. diadme, fig. 3729.3. Diadema Varna (Bulgaria), tesoro, 1961 Varna, Museo Narorini (inv. I11 555) oro, perle, pietre Fascia in lamina traforata con reticolo di rombi campiti da quadrifogli; elemento centrale trapezoidale collegato mediante cerniere, decorato a filigrana e con castoni includenti cinque perle e cinque pietre. Bibliografia: Metzger 1990, 9-10, fig. 4.coll. E. Guilhou oro, pietre; L 3 1.1; 12.5 Fascia costituita da dieci elementi quadrati in lamina lavorati a giorno con un traforo a reticolo; ciascun elemento ha quattro pietre (ametiste e radici di smeraldo), o perle, incastonate agli angoli e un castone centrale rettangolare o ovale. Placche terminali con bordo esterno arrotondato. Bibliografia: Baltimore 1947, n. 419, tav. LXV; Deer 1955; Coche de la Fert 1961, n. IV; Age of Spiritunlity 1979, 305, n. 277 (IV sec.); Jewelry 1979, 150, n. 420 (V sec.); Deichmann 1993,312.

1. Pendente di diadema o corona p.i., Turchia Baltimora. Walters Art ~ a l l e (inv. r~ 57.546) acquistato a Smirne; coll. Backstitz; coll. Von Gans oro, pietre; L 17.1; 1 3.8 Fascia trapezoidale in lamina decorata a sbalzo, con fascia a girali e clipeo raffigurante un busto femminile con corona turrita, interpretato come Tyche, incoronata da due Vittorie alate e l'iscrizione Koo/pia. Una pietra quadrata incastonata (moderna). Bibliografia: Zahn 1929, 43-44, n. 100; Baltimore 1947, n. 457, Verdier 1960, fig. 3; Jewelry 1979, 150, n. 421 (VI sec.); Metzger 1990, 1O, fig. 5.

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4. DiademaI

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S.P. Baltimora, Walters Art Gallery (inv. 57.549)

5. Diadema funerario Kertch (Crimea), via Gospital'naja, 1904 San Pietroburgo, Hermitage (inv. 18201541) oro, granato; L 63.2; a 4.3 Lamina aurea trapezoidale con granato circolare incastonato al centro e foglie in lamina applicate. Bibliografia: I. Zaseckaja in Goti 1994, 114-1 15, fig. 11.2 (ultimo quarto IV-prima met V sec.).

La tipologia e i inorivi decorativi

r6. Diadema funerario Kertch (Crimea), via Gospital'naja, cripta 154, 1904 San Pietroburgo, Hermitage (inv. 18201317) oro; L 47.5, a 3.5 Lamina decorata al centro con l'impressione di una moneta di Valentiniano I (364-375); ai lati foglie schematizzate carnpite da piccoli cerchi. Bibliogra$a: I. Zaseckaja in Goti 1994, 124-125, fig. II.2.a (seconda met IV sec.).7. Diadema funerario p.i., Crimea Richmond, Virginia Museum of Fine Arts Williams Fund oro; L 21 Lamina decorata con foglie di palma e croce greca centrale; fori alle estremit per il fissaggio. Bibliografia: Ross 1968, 19, n. 18.b (VI sec.).

Stelo a circolare e 7 lare.sezione G. Guidonitesta globu- I Bibliografia: Guidi, in Ravenna e Classe 1983, 185, n. 16.8.

2.b a testa poliedrica (V-VI1 sec.)v .

-

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2.a a testa globulare (IV-VII sec.) -

1. Ago crinale Avicenna, necropoli Bari, M u s e o Archeologico (inv. 27833) bronzo, L 5.7 Stelo a sezione circolare e testa poliedrica. Bibliografia: D'Angela 1988, 162, 11.86, tav. LXXIX (V-VI1 sec.).

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1.Ago crinale Corinto Corinto, Museo Archeologico (inv. 8 157) bronzo; L 5.6 Stelo a sezione circolare e testa globulare. Bibliogrclfia: Davidson 1952, 281, n. 2272, tav. l 16 (IV-V sec.). 2. Ago crinale Avicenna, necropoli Bari, M u s e o Archeologico (inv. 27840) bronzo; L 5.8 Stelo a sezione circolare e testa globulare. Bibliografia: D'Angela 1988, 162, n. 8 1, tav. LXXIX (VI-VI1 sec.).

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2.c a testa biconica (VI-VI1 sec.) -.-&

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8. Diadema funerario p.i., Crimea Richmond, Virginia Museum of Fine Arts Williams Fund oro; L 20 Lamina decorata con fori alle estremit per il fissaggio; foglie di palma, triangoli campiti a linee parallele e due croci gigliate ai lati di un pannello rettangolare centrale con busto di Cristo, nimbato e benedicente. Bibliografia: Ross 1968, 19, n. 18.a (VI sec.).

1. Ago crinale Bari, M u s e o Archeologico (inv. 27843) Avicenna, necropoli bronzo; L 2.2 Stelo a sezione circolare frammentario e testa biconica. Bibliografia: D'Angela 1988, 163, n. 92, tav. LXXIX (VI-VI1 sec.)2. Ago crinale Cimitile, Basilica di S. Tornmaso, tomba G2, I1 livello Cimitile, Deposito Soprintendenza (inv. S T 15) bronzo, L 5.2, d testa 0.8, d ago 0.2 Stelo a sezione circolare e testa biconica Bibliografia: Stasolla 1993, 260-261 e 277, n. 32, fig. 47 (VI-VI1 sec.).

3. Ago crinale Classe (Ravenna, Emilia Romagna) Ravenna, Museo Archeologico Nazionale (inv. BO 57946) bronzo; L 5.2

' Aug. Epistulae CCXLV, 2, del 423. ? Isid. XIX, 3 ] , l o : Inaures ab aurium foraminibus nurzcicpatne, quibuspretiosa grana dependent. Harum usus in Graecia: puellae utraque aure, pueri tantum dextra gerebantn. Ad esempio Tert. De cuttu I , 9 , 3: agraciles aurium cutes Kalendarium expendunt*; Cypr. De hab. virgin. 14: d n vulnera inferri auribus Deus voluit...M posteade aurium cicatricibus et cavernis pretiosa grana dependeant ... n ; Joh. Chrys. In Mattheum hom. L X X X I X ; In Johanri. Hom. LXIX; 1 7 epist. 1 ad Philippenses CIII. . Hyer Epistulue. CVII, 5. ' ' Ad esempio v. Byzance 1992, n. 4.

In epoca tardoantica l'uso degli orecchini sembra essere stato quasi esclusivamente femminile, spesso in abbinamento con collane che ne riprendevano gli stessi motivi decorativi. Non tuttavia da escludere un utilizzo anche maschile di questo tipo di gioiello: S. Agostino, attorno alla met del V secolo, lamenta ad esempio l'abitudine da parte di alcuni uomini di portare un orecchino sospeso irz ssinzmis ex una parte auriculis... rzorz ad placerzdum homirzibus sed ad sewierzdum daenzonibus l : si tratta tuttavia probabilmente di un fenomeno circoscritto, forse di origine orientale, come sembrerebbe documentare Isidoro di Siviglia, che definisce greco l'uso maschile di un unico orecchino indossato a destra'. Questi accenni delle fonti appaiono di particolare interesse se confrontati con la documentazione archeologica di alcune aree dell'Impero, come ad esempio la Sicilia e la Sardegna, dove il rinvenimento di orecchini comprende quasi esclusivamente un solo esemplare, o l'Italia meridionale, dove tuttavia lo stesso fenomeno si manifesta in maniera meno accentuata, in rapporto a zone come l'Egitto, da cui provengono solo esemplari a coppie. Anche considerando la mancanza di analisi antropologiche, situazioni di dispersione del materiale o aspetti specifici del rituale funerario, non si pu ignorare l'esistenza di elementi concomitanti alla definizione di un aspetto del costume che potrebbe aver interessato anche l'ambito costantinopolitano, troppo parzialmente documentato per questa tipologia di gioiello per poter essere utilizzato come termine diretto di riferimento. In generale, comunque, la documentazione iconografica e quella archeologica, sebbene spesso imprecise e lacunose, sembrano attestare la generale appartenenza degli orecchini all'ambito femminile: come in et imperiale, infatti, ai numerosi esemplari noti fanno riscontro gli ammonimenti, a volte sarcastici, rivolti alle donne dagli scrittori cristiani affinch non indossino orecchini vistosi e pesanti3 e non permettano alle proprie figlie di forarsi i lobi4. Questi gioielli sembrano infatti considerati, quasi pi~ tutti gli altri, inadi datti ad una donna cristiana, tanto da non comparire quasi mai, al contrario delle corone o delle collane, nelle raffigurazioni della Vergine o di sante. Una delle rare eccezioni costituita dalla rappresentazione di personaggi femminili nei mosaici di S. Maria Maggiore a Roma (fig. 44): qui, tuttavia, pare prevalere il desiderio di evidenziare il ruolo preminente, sia della Vergine che delle altre figure della narrazione musiva, come la sorella del faraone, proprio attraverso gli ornamenti preziosi, che contribuiscono ad indicare lo status e la centralit dei soggetti. Tranne rarissime eccezioni, gli orecchini appaiono indossati solo da personaggi che non appartengono alla sfera del sacro, imperatrici, dame di corte e personificazioni di concetti astratti o delle stagioni, raffigurate nei mosaici parietali e pavimentali. Altre figure femminili con orecchini sono presentate sulle stoffe (figg. 45-46), mentre solo raramente la presenza di fori in corrispondenza dei lobi attesta l'originaria applicazione di questo tipo di ornamento in sculture di marmo '. Nonostante le esortazioni cristiane alla sobriet cui si accennato, tra il IV e il VI1 secolo gli orecchini sembrano essere i gioielli pi diffusi e tipologica-

Ln tipologia e i rnotivi decorativi

mente articolati, manifestando da un lato stretti legami con la tradizione orafa tardo-imperiale, dall'altro documentando i'elaborazione di forme innovative sia da un punto di vista tipologico, sia per l'aspetto iconografico. La totale mancanza di un quadro di insieme al quale fare riferimento nell'analisi delle forme rende estremamente difficile un esame, anche a grandi linee, della ricca documentazione esistente. Si tentata un'esemplificazione di quelle pi diffuse, adottando, per quanto possibile, precedenti ipotesi di classificazione e cercando di dare uniformit ai dati. In questo modo sono stati individuati nove tipi principali, con varianti e sottovarianti che dipendono da carattenstiche formali o tecniche evidenti, ma non necessariamente significative da un punto di vista cronologico. Tipo 1: Tipo 2: Tipo 3: Tipo 4: Tipo 5: Tipo 6: Tipo 7: Tipo 8: Tipo 9: orecchini ad anello semplice (con sei varianti). orecchini ad anello con vaghi. orecchini ad anello con poliedro (con due varianti). orecchini ad anello con pendenti (con sette varianti). orecchini a doppio pendente (con quattro varianti). orecchini a cerchio con applicazione (con sei varianti). orecchini a corpo semilunato (con tre varianti). orecchini a ceste110 (con quattro varianti). orecchini a gancio.

Per le varianti e le sottovarianti di ogni tipo si adottato un criterio discriminante che dipende da elementi formali, quali la diversa forma della verga, la presenza di pendenti, di castoni o di altri elementi decorativi, che vengono specificati nella discussione di volta in volta.

Tipo 1Variante a: a sezione circolare o ovale- senza chiusura

- chiusura a gancio.Variante b: a sezione circolare con decorazione a globetti. Variante C:a sezione circolare con ispessimento al centro. Variante d: a sezione circolare con ispessimento al centro dell'arco inferiore e filo perlinato - senza applicazioni - con applicazioni Variante e: a sezione quadrangolare, circolare alle estremit. Variante f: a sezione piatta. Uno dei tipi pi diffusi l'orecchino costituito da un cerchio di filo metallico rastremato alle estremit: la semplicit di questa forma, attestata com' ovvio anche in altri periodi, non ne consente una datazione su base tipologica,

44. Roma, S. Maria Maggiore: mosaico con Annunciazione (part.).

45. San Pietroburgo, Hermitage: stoffa copta con personificazione di Ge.

46. Londra, Victoria and Albert Museum: stoffa copta con Nike.

Ln tipologia e i motivi decorativi

che risulta anzi impossibile in assenza di validi elementi contestuali di riferimento. Le difficolt di attribuzione cronologica e la frequente presenza di esemplari di scarso valore intrinseco, eseguiti in bronzo o rame, hanno determinato una scarsa attenzione per questo tipo di gioiello, che solo recentemente ha ricevuto una proposta di sistematizzazione da C. Stasolla, sulla base di un contesto omogeneo, costituito dagli esemplari rinvenuti nella necropoli tardoantica di Cimitile 6. In base a questa distinzione gli esemplari proposti, databili tra VI e VI1 secolo, vengono raggruppati utilizzando come elemento discriminante la sezione dell'anello di sospensione, che pu essere circolare o ovale privo di decorazione (variante a: cat. II.l.a.1-5) ) e presentare una decorazione a globetti (variante b: cat. II.l.b.1-2), un ispessimento al centro dell'arco inferiore (variante C: cat. 11.l .C. l-2), oppure entrambi questi elementi (variante d: cat. II.l.d.1-3). La prima forma stata ulteriormente distinta in due gruppi, a seconda del tipo di chiusura, priva di elementi significativi oppure a gancio. In tutte e quattro le varianti gli orecchini presentano soluzioni molto elementari che, oltre ad essere attestate anche in altri periodi ', vengono adottate spontaneamente in ambiti diversi, senza che si debba necessariamente pensare ad interazioni o a specifiche dipendenze morfologiche. Resta perci ipotizzabile, anche se difficilmente verificabile, la possibilit di un'influenza costantinopolitana solo per le varianti pi complesse, con decorazione a granulazione o con fili perlinati applicati alla verga, caratteristiche presenti su altri gioielli di provenienza orientale, con possibili influssi sulla produzione degli esemplari pi semplici in oro e bronzo. Questa derivazione potrebbe essere documentata, ad esempio, dagli esemplari della variante 2.II.l.d, e in particolare dall'orecchino 2.11.1 .d.3 di Atene, che sembra rappresentare una rielaborazione tipologica dell'esemplare costantinopolitano 2.11.1 .d.l, proveniente da un tesoro databile tra la fine del VI e il VI1 secolo e morfologicarnente apparentabile a un bracciale a verga dello stesso rinvenimento (2.VIi.l.b.l). Gli orecchini di Cimitile hanno permesso di riconoscere altre due variet del tipo ad anello semplice, distinte sempre sulla base della sezione della verga, che pu essere anche quadrangolare (variante e: cat. II.l.e.1) o appiattita (variante f: cat. 11.1.f.l): come per gli esemplari precedenti la classificazione non sembra comportare alcuna distinzione cronologica significativa, probabilmente segnalando in questo caso solo differenti attivit artigianali a livello locale.

Tipo 2In Pani Emini 1993. V . ad esempio l'analogia strutturale della quarta variante con orecchini di et classica a navicella assottigliata: T. Shojer, in Ori Taranto 1984, 130-137. L D'Angela 1992b, 308.

Da tombe molto povere, prive di altri elementi di corredo e quindi di difficile datazione, provengono alcuni orecchini ad anello semplice rastremato, con vaghi in pasta vitrea inseriti direttamente nella verga (Tipo 2). La loro presenza nella necropoli di C a n n ~ (Puglia) Vi colloca cronologicamente tra' VI e VI1 secolo (cat. II.2.3), ma si tratta di un termine che probabilmente deve essere

Orecchini

ritenuto solo indicativo, data l'estrema semplicit della forma. Lo stesso discorso riguarda due esemplari siciliani, rinvenuti in aree cimiteriali datate genericamente in et bizantina, la cui cronologia non pu essere ulteriormente dettagliata (cat. 11.2.1-2).

Tipo 3Variante a: senza pendenti. Variante b: con poliedro decorato a granulazione. Una situazione pi complessa caratterizza gli orecchini ad anello rastremato terminante con un poliedro eseguito nello stesso metallo della verga (Tipo 3, variante a): questi gioielli, denominati da V. Bierbrauer Polyederohrringe mit massivem Endkopfen 9, provengono da aree diverse, tra cui Turchia (cat. II.3.a. l), Grecia (cat. II.3.a.2), Sicilia (cat. II.3.a.3), Sardegna (cat. II.3.a.4), Italia (cat. II.3.a.5-7), Spagna ed Europa centrale, determinando problemi interpretativi circa l'origine della tipologia e i centri di produzione. La presenza del tipo a Conimbriga in un contesto del IV secolo In ha fatto avanzare l'ipotesi di dipendenze della forma-base dal patrimonio tardo romano, con uno sviluppo successivo tra V e VI secolo, nelle altre regioni di sostrato latino e anche in Oriente ' l . Gli orecchini sono diffusi anche nell'oreficeria gota, dando luogo a varianti nelle tipiche forme artigianali barbariche, con poliedro in lamina d'oro traforata e castoni contenenti almandini '?. Un'altra variante, con il poliedro decorato a granulazione (variante b) invece attestata, purtroppo fuori contesto, in Turchia (cat. II.3.b.l), in Siria (cat. II.3.b.2) e in Italia meridionale (cat. II.3.b.3-4): in questo caso potrebbe trattarsi di una rielaborazione costantinopolitana della tipologia di base, esportata dal190riente nelle regioni in stretto contatto commerciale ed amministrativo con la capitale tra il V e il VII secolo.

Tipo 4Bierbrauer 1975, 163-167. Conimbrign VII, 142, n. 217, tav. XXXIV. " Hessen 1983, 17. Dovrebbe essere verificata l'associazione tra orecchini di auesto tipo ed esemplari 'a cestdlo' (v. tipo 8) in un contesto funerario di Summa Vesuviana che comprendeva anche monete di Arcadio: Pagano 1995, 40 (ritrovamento del'O

Variante a: pendenti di filo senza chiusura. Variante b: pendenti di filo con pietre e chiusura a gancio - verga non decorata, un pendente - verga non decorata, due pendenti - verga non decorata, tre pendenti - verga decorata a globetti. Variante C: pendenti di filo con pietre e chiusura ad innesto - verga non decorata, un pendente - verga non decorata, tre pendenti - verga decorata con filo perlinato, un pendente - verga decorata a globetti, tre pendenti

1938).

"Bierbrauer 1978, tav. CIX, 3; per alcuni esempi v. anche Goti 1994, figg. 111.20, 111, 25; In. 59-60,111.86,111, 97.

47. Ravc Teodora

S. Vitale: mosaico con il corteo di

-1.

48. Madaba, sala di Ippolito: mosaico con personificazioni di citt (part.).

72

Orecclziizi

- verga decorata a globetti, quattro o pi pendenti.Variante d: pendenti a treccia o catena con chiusura a gancio - un pendente - tre pendenti. Variante e: pendenti a treccia o catena con chiusura ad innesto - tre pendenti - quattro pendenti. Variante f: pendenti a goccia. Variante g: pendenti circolari. La continuit con la tradizione dell'oreficeria romana si manifesta in maniera evidente negli orecchini ad anello con pendenti mobili (Tipo 4); gli esemplari di epoca bizantina devono essere considerati, infatti, l'evoluzione naturale di precedenti produzioni non attribuibili ad unico centro artigianale, con un'accentuazione di caratteristiche gi evidenti negli esemplari del 11-111 secolo, quali l'accostamento dell'oro o del bronzo a pendenti policromi. Dopo il IV secolo aumentano le dimensioni degli orecchini, che continuano ad essere eseguiti con materiali diversi, oro, argento, bronzo, pietre preziose o paste vitree, evidentemente per offrire la possibilit di costi differenziati. I numerosi documenti iconografici, che confermano l'esistenza del tipo in oro con pietre in relazione ad una classe socialmente elevata, non consentono nella maggior parte dei casi di precisare la variante raffigurata, trattandosi di esemplificazioni rese necessariamente in modo semplificato: tra i numerosi esempi uno dei pi chiari quello che riguarda Serena, raffigurata attorno al 400 nel dittico di Stilicone con un paio di orecchini a cerchio con due grandi pietre pendenti (fig. 46). Nella prima met del VI secolo l'imperatrice Teodora, nel pannello musivo di S. Vitale (fig. 47), sembra indossare invece orecchini a cerchio con un castone quadrato pendente collegato ad un segmento di filo aureo con una perla ed una pietra e anche le dame del suo seguito portano orecchini dello stesso tipo, con pendente di filo aureo ornato di pietre verdi, forse smeraldi (fig. 7). Di difficile identificazione sono gli esemplari rappresentati nei mosaici di S. Maria Maggiore a Roma gi ricordati (fig. 44), e in mosaici pavimentali nord-africani e siriani 13, dove la resa schematica dei particolari rende difficile un preciso riscontro tipologico. La vasta diffusione degli esemplari e la tendenza ad un'omologazione della produzione sono state messe in evidenza da G. Ciampoltrini, in un riesame della tipologia tra IV e VI secolo sulla base di due gioielli in oro da Luni (cat. II.4.c.6) 1 4 . L'uniformit degli orecchini noti e la difficolt nel reperimento di elementi datanti significativi non consentono di chiarire la scansione cronologica delle attestazioni, che continuano ininterrottamente, dopo il IV secolo, almeno fino alla met del VII. Sulla base della documentazione archeologica, sono state distinte sette varianti principali degli orecchini ad anello con pendenti: gli elementi presi in considerazione sono il tipo di chiusura dell'anello di sospensione (a gancio o

" Ciampoltrini 1989, 737, note 7-8. l4 Ibid.

lL tipologia e i rnotivi decorativi a

l 5 Due esempi rappresentativi, uno dei quali con busto dell'imperatore Giovanni I Tzimi(969-976)3in ' l o r y f By' zanlium 1997,244-245, nn. 166-

167.

ad innesto) e la forma del pendente (di filo aureo con perle e pietre, a catena o treccia, a goccia, oppure circolare). Ad una prima variante sono stati ricondotti esemplari di V-VI secolo pervenuti privi di chiusura e non apparentabili con sicurezza ad alcuno degli altri gruppi riconosciuti (variante a: cat. II.4.a.l-6). Questi orecchini non sono riferibili ad un preciso ambito geografico e cronologico: per una coppia in oro rinvenuta in Croazia (cat. II.4.a.2) viene avanzata una proposta di attribuzione al IV secolo, mentre gli altri esemplari si considerano pi tardi, soprattutto sulla base del confronto con tre orecchini appartenenti al tesoro di piazza della Consolazione a Roma (cat. II.4.a.3-5) datato tra la seconda met del V e gli inizi del VI secolo. La forma del pendente costituisce un utile elemento di distinzione per gli esemplari con chiusura a gancio e pendenti costituiti da segmenti di filo aureo arricchiti da perle, pietre o paste vitree (variante b, cat. II.b.1-18). Tra gli orecchini in oro si pu supporre l'esistenza di prodotti costantinopolitani, come farebbe ritenere l'esistenza di esemplari rinvenuti in Turchia (cat. II.4.b.l), in Oriente (presumibilmente i reperti cat. II.4.b.7-9 e 14) o in aree in stretto rapporto con Costantinopoli, come l'Egitto (cat. II.4.b.12-1 3), la Grecia (cat. II.4.b.15), la Sicilia (cat. II.4.b.2-3 e 16) e la Sardegna (cat. II.4.b.4-5); da esemplari privi di contesto documentata anche una variante con verga decorata con triangoli di globetti (cat. II.4.b.17-18), caratteristica pi tarda che, comunque, appare maggiormente attestata tra gli orecchini con chiusura ad innesto. Cronologicamente la variante appare diffusa a partire dal IV secolo: un orecchino costantinopolitano, ritenuto coevo al sarcofago che lo conteneva, costituirebbe uno degli esempi pi antichi (cat. II.4.b.l); entro gli inizi del VI secolo si data un esemplare del tesoro di piazza della Consolazione (cat. II.4.b.6). La continuit di produzione fino alla fine del VI secolo documentata, almeno in Sicilia, da un esemplare in argento (cat. II.4.b.3) rinvenuto con una moneta di Tiberio Costantino (578-582); anche gli orecchini di Corrzus (Sardegna) vengono datati tra la met del VI e il VI1 secolo (cat. II.4.b.4-5), confermando la persistenza della tipologia e i suoi rapporti di stretta analogia con quella con chiusura ad innesto e pendenti di filo aureo (variante C). In quest'ultima variante la differenza nel tipo di chiusura, pi che a ragioni cronologiche, sembra potere essere imputata a preferenze ed abitudini dei singoli laboratori artigianali; rispetto al gruppo precedente, gli esemplari con chiusura ad innesto sembrano manifestare, nella maggior parte dei casi, una resa tecnica pi accurata e un maggiore pregio, includendo spesso pietre di valore elevato o di notevoli dimensioni. Si tratta inoltre del gruppo che avr maggior seguito in Oriente durante l'et mediobizantina IS, evolvendosi in tipi raffinati con bulle ai lati dell'arco di sospensione ed elementi decorativi a smalto cloisonn, con l'aggiunta di perle e pietre inserite, mediante grappe auree, negli anelli saldati inferiormente. Negli esemplari tardoantichi, invece, a tali anelli sono sospesi pendenti, anche se conservati solo in rari casi, come ad esempio nell'orecchino della variante b al Museo di Kassel (cat. II.4.b.17) e in un altro esemplare deconte-

1

11

,

stualizzato del British Museum (cat. II.4.c.20): la sporadicit delle attestazioni sembra comunque far escludere una sistemazione delle pietre analoga a quella di et mediobizantina, dal momento che mancano comunque, negli esemplari noti, tracce delle grappe auree utilizzate per il fissaggio di tali elementi decorativi. Per quanto riguarda i possibili centri di produzione valgono le considerazioni gi espresse: un insieme abbastanza omogeneo di esemplari con verga decorata a globetti attribuibili al IV-VI secolo, attestato in Egitto (cat. II.4.c.l-2, 8-9), Sicilia (cat. II.4.c.11-15, 18-19), Italia meridionale (cat. II.4.c.3-4, 16-17) e settentrionale (cat. II.4.c.5), Tunisia (cat. II.4.c.6) e viene generalmente ritenuto di esecuzione costantinopolitana, oppure di realizzazione locale per influsso della capitale d'Oriente. In assenza di una chiara distinzione tra modelli ed imitazioni, una verifica delle caratteristiche tecniche e stilistiche degli esemplari noti pu portare in qualche caso al riconoscimento di gruppi corrispondenti ad ambiti di produzione specifici. A botteghe costantinopolitane, ma diffusi soprattutto sulla costa nord-africana, ad esempio, sembra possibile attribuire gli orecchini con pendente costituito da un castone e da un segmento di filo aureo con pietre, documentati in Egitto e in Tunisia (cat. II.4.c.l-2, 6, 8-9). La provenienza costantinopolitana, come gi accennato, potrebbe essere documentata dal mosaico ravennate con Teodora (fig. 47), che tuttavia non costituisce in ogni caso una prova del luogo di esecuzione degli esemplari noti, ma solo della loro diffusione nella capitale nella prima met del VI secolo. I1 gruppo si colloca, in base ai dati editi, tra la fine del IV e il VI secolo. Probabilmente tra la met del VI e la seconda met dell'VIII secolo la variante si evolve nella forma semplificata eseguita a stampo, spesso in bronzo, che presenta triangoli di globetti e un ispessimento al centro dell'arco inferiore. Questo gruppo di esemplari, ampiamente documentato in Istria, viene ritenuto un'imitazione di modelli bizantini e assume la denominazione di tipo Pinguentino dal nome della necropoli nella quale stato rinvenuto un rilevante numero di attestazioni I h . La stessa tipologia tuttavia si riscontra con frequenza anche in altre localit dell'Impero, in Sicilia (cat. II.4.c.11-15 e 18-19), Puglia (cat. II.4.c.3-4 e 16) e Campania (cat. II.4.c.17), apparentemente con un aumento progressivo dei pendenti, che raggiungono il numero di sei nell'esemplare gi citato del ~ r i t i s h Museum (cat. II.4.c.20). Un'origine orientale si pu ipotizzare con maggiore sicurezza per gli orecchini ad anello, con pendenti costituiti da un segmento di catena o di treccia e con chiusura a gancio (variante d: cat. II.4.d. 1-8) o ad innesto (variante e: cat. II.4.e.l-11). Anche in questo caso la distinzione tra gli esemplari in base alla chiusura non sembra implicare differenze di datazione, ma solo una diversa tradizione artigianale. Invece indicazioni cronologiche possono forse essere desunte dal numero, che anche in qcesto caso sembra subire un aumento progressivo, e dalla forma del pendente, con una probabile posteriorit degli esemplari a treccia rispetto a quelli a catena, di tradizione tardoromana.

La tipologia e i ntotivi decorativi .

~

I7Ross 1968,23. l8 Jordanien 1987,318-319. I y Ross 1965, 69. lo Oltre agli esemplari presentati in catalogo, v. i gioielli siciliani recentemente presentati in Pazzi 1998,48-48 e 71, nn. 37 e 39: si tratta di due pendenti in oro con decorazione traforata a motivi vegetali (L 2.8) e di una coppia di orecchini aurei con anello di sospensione ritorto, ametista sospesa all'intemo della lamina e cinque bulle saldate all'orlo (L 2.8); i manufatti vengono attribuiti al VII-VI11 secolo. V. cap. 2, cat. 11.7. 22 V. cap. 2, cat. 11.7.31-38. I3V.cap. 2,cat. II.5.d.l.

I rinvenimenti riguardano essenzialmente l'area orientale dellYIrnpero, Turchia (cat. II.4.e.l-2), Cipro (cat. II.4.d.8; 2.11.4.e.8-9), Siria (2.11.4.e.10), Palestina (cat. II.4.d.l; 2.11.4.e.3), Egitto (cat. II.4.d.2-5; 2.11.4.e.4 e Il), Ucraina (cat. II.4.d.6-7), collocandosi cronologicamente tra la fine del VI o gli inizi del VI1 secolo, epoca di attribuzione degli orecchini di Lambousa (2.11.4.e.8-9) e i: terzo venticinquennio del VI1 secolo: il termine pi tardo sembra infatti costituito dalla coppia di esemplari (2.II.4.e.10) del tesoro di Palmira. La datazione, oltre che dai dati di rinvenimento degli esemplari noti, viene confermata dalla raffigurazione di questo tipo di orecchini su una stoffa con Hestia, oggi a Washington 17,e nel mosaico della Sala di Ippolito a Madaba (fig. 48) l*. Una migliore qualit di esecuzione ed il riferimento a tecniche e forme orientali si manifestano chiaramente in un'altra variante degli orecchini del tipo a gancio, che ha come elemento distintivo la presenza di un pendente a questo elemento, lavorato a traforo o a filigrana, in alcuni goccia (variante 0: esemplari presenta anche una raffinata inserzione di pietre, perle o paste vitree sospese al centro del pendente. La provenienza degli orecchini da Costantinopoli, Cipro, Israele, Creta e dall'Italia Meridionale ha fatto supporre a M.C. Ross che la stessa capitale d'oriente ne sia stata, tra VI e VI1 secolo, il luogo principale di produzione 19. Una coppia di esemplari del tesoro di Caesarea Maritima (cat. II.4.f.4), databile entro gli inizi del VI1 secolo, e gli orecchini del tesoro di Lalnbousa (cat. II.4.f.2-3), confermano l'ambito cronologico proposto, permettendo probabilmente di precisare ulteriormente l'uso di questo ornamento tra la fine del VI e la prima met del secolo seguente. Lo stesso tipo di pendente viene utilizzato in collane di provenienza orientale, riferibili allo stesso arco temporale e al medesimo orizzonte culturale20:le analogie formali tra gli esemplari potrebbe far pensare ad una produzione in serie di alcuni elementi dei gioielli, utilizzati nelle varie classi di oggetti a seconda delle necessit di committenza. Notevoli affinit si possono notare, inoltre, con gli orecchini a corpo semilunato ", sia per la tecnica a traforo che descrive motivi vegetali (cat. II.4.f.1, 4-6 e 8), sia per la lavorazione dell'orlo della lamina, sia per l'aggiunta, in alcuni esemplari, di un filo aureo con vaghi e perle che segue il profilo esterno dell'orecchino (cat. II.4.f.2-3, 5). In un esemplare del museo di Napoli (cat. II.4.f.6) presente, inoltre, un tipico dischetto saldato al vertice del pendente, che trova stretto confronto in un gruppo di orecchini della stessa forma, con elementi analoghi ai lati dell'anello di sospensione2'. A favore dell'ipotesi di una esecuzione costantinopolitana della variante con pendente a goccia, potrebbe infine essere citata la schematica raffigurazione di orecchini della stessa forma nella coppia di esemplari a disco di Senise, attribuiti al VI1 secolo73. Molto vicino morfologicamente ai precedenti infine un orecchino del museo di Damasco, con pendente circolare decorato a filigrana e con pietre e perle (variante g: cot. II.g.1). La presenza di un filo aureo con perline che segue la sagoma del gioiello e della caratteristica pietra sospesa al centro di esso, accomuna infatti questo esemplare ad alcuni orecchini sia del tipo a goc-

i~l

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Orecchini

cia che a corpo semilunato: pertanto sembra plausibile suporre, anche per questo gioiello una datazione tra la fine del VI e la met del VII secolo.

Tipo 5Variante a: castoni e pendenti di filo aureo Variante b: elemento filigranato e pendenti di filo aureo Variante C: lamina con castoni e pendenti di filo aureo - lamina non traforata - lamina non traforata, a pelta - lamina traforata Variante d: disco con decorazione cloisonn e pendenti cruciformi Una versione pi elaborata del tipo precedente caratterizzata dalla presenza di un doppio pendente collegato all'anello di sospensione, in una forma che ripete in maniera enfatizzata gli elementi decorativi e strutturali degli esemplari del tipo gi esaminato, aumentandone generalmente le dimensioni e utilizzando pietre pi vistose. Negli orecchini di questo gruppo, tutti in oro, i pendenti inferiori sono costituiti da un numero variabile di segmenti di filo aureo con pietre, mentre quelli superiori possono essere rappresentati da un castone (variante a), da un elemento filiganato (variante b), da una lamina (variante C) o da un disco con decorazione cloisorzrz (variante d). Si tratta quindi di gioielli particolarmente appariscenti, non solo per le dimensioni, che superano i 12 cm di lunghezza in esemplare egiziano (cat. II.5.c.8), ma soprattutto per l'originalit dei modelli e per l'elevata qualit di esecuzione, tecnicamente confrontabile con le migliori realizzazioni delle altre classi di gioielli. Questo carattere di eccezionalit, nell'ambito tuttavia di un linguaggio espressivo comune all'area orientale-mediterranea, permette di ipotizzare per alcune varianti una provenienza costantinopolitana, considerando anche l'ambito prevalente di rinvenimento degli oggetti in Turchia e in area egea. Anche la concentrazione cronologica degli oggetti tra il VI e la met del VI1 secolo pu contribuire a definire i caratteri di una produzione specifica di botteghe di alto livello della capitale d'oriente. A parte deve essere considerata l'esistenza di un gruppo omogeneo di provenienza egiziana attribuibile al VII-inizi VI11 secolo, probabilmente realizzato irz loco su ispirazione dei gioielli cui si accennato, in uno stile sontuoso, vivace e originale. Un'attribuzione costantinopolitana certa per gli esempi con il pendente superiore ornato da castoni (variante a) e da segmenti di filo aureo con pietre, rinvenuti in Turchia (cat. II.5.a.l-3): una datazione su base stilistica al IV secolo, ipotizzata per due dei gioielli presentati, potrebbe segnalare l'esistenza di una tradizioiie orafa che tuttavia si sviluppa soprattutto dopo il VI secolo, quando vengono realizzati gli orecchini del tesoro di Mitilene (cat. II.5.a.4). A questo orizzocte cronologico appartiene anche un'altro paio di esemplari, con

Ln tipologin e i rnotivi decornriili

?.'Ageof Spirituality 1979, 314. 'q. 2, cat. 1.3. cap. V. cap. 2, cat. III.l.a.2 e cat. 111.1 .b.9. ?' Esempi senza castoni da Assmeritz in Noll 1974, 72, nn. K.2-7, fig. 5 l , datati al 400 ca. 'X V. cap. 2, cat. VIII.1.2.

il pendente superiore formato da nove castoni con perle e pietre disposte a triangolo (cat. 11.5.a.5), rinvenuto in Spagna meridionale: la sua presenza viene messa in relazione con l'ambiente di corte del re visigoto Recaredo, il quale, nell'ultimo quarto del VI secolo, strinse stretti rapporti con la corte bizantina, adottandone costume e cerimoniale IJ. I1 ritrovamento dei gioielli in Occidente, quindi, probabilmente pu essere spiegato con un'importazione da Costantinopoli, forse come donativo imperiale, pi che con artigiani locali che abbiano imitato