I VOLTI DEL RINASCIMENTO -...

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I VOLTI DEL RINASCIMENTOIN MOSTRA A BERLINO E NEW YORK

Berlino, panorama sulla Sprea, Bode Museum, Fernsehturm, foto Cristiana Coletti

di Cristiana Colettiin viaggio

I VOLTI DEL RINASCIMENTO

In futuro ognuno sar famoso per quindici minuti. Questa una delle pi note e ci-tate frasi di Andy Warhol. Fu scritta per il catalogo di una mostra al Moderna Muse-et (Stoccolma) nel marzo del 1968. Centra, con intuizione e lucidit, un grande para-dosso del nostro tempo. Tralasciando ogni commento scontato e una noiosa critica alla superficialit del sistema dei valori nel mondo contemporaneo, la frase ci con-sente di entrare nel cuore di un dramma. Il desiderio di diventare famoso esprime lambizione delluomo di raggiungere una forma di potere, ma nasce, pi intimamen-te e profondamente, dalla sua volont di essere indimenticabile. su questa volon-

t che la profezia dellartista americano sta appesa come una spada di Damocle.La contemporaneit offre ad ognuno di noi occasioni e mezzi per diventare famosi. Sinnesca, cos, tuttavia, un meccanismo che non smentisce la nostra fugacit. La sottolinea.Come se fosse una sorta di silenzioso dramma, questo pensiero ci accompagna fra le sale del Bode Museum e fa esplode-re con forza tutto lincanto che le opere in mostra suscitano nello spettatore.

Per mirar Policleto a prova fisocon gli altri chebber fama di quellartemillanni, non vedrian la minor partede la belt che mave il cor conquiso.

Ma certo il mio Simon fu in paradiso(onde questa gentil donna si parte),ivi la vide, et la ritrasse in carteper far fede qua gi del suo bel viso.

Lopra fu ben di quelle che nel cielosi ponno imaginar, non qui tra noi,ove le membra fanno a lalma velo.

Cortesia fe; n la potea far poiche fu disceso a provar caldo et gielo,et del mortal sentiron gli occhi suoi.

Petrarca, Canzoniere

Antonio del Pollaiuolo, Ritratto di una dama, 1465/70, Milano, Museo Poldi Pezzoli Museo Poldi Pezzoli, Milano, (Gesichter der Renaissance, HIRMER, pag. 103)

Bode Museum, cupola grande e statua equestre del Grande Elettore, SMB Skulpturensammlung,

foto Maximilian Meisse

GESICHTER DER RENAISSANCEMeisterwerke italienischer Portait-Kunst

BODE MUSEUM BERLINO 25 agosto 20 novembre 2011METROPOITAN MUSEUM OF ART NEW YORK 21 dicembre 2011 18 marzo 2012

Nata da unidea del curatore Stefan Wep-pelmann, sviluppata in collaborazione con Keith Christiansen, la mostra Volti del Rinascimento - Capolavori dellArte del Ritratto nel Rinascimento Italiano patrocinata dallUfficio Esteri della Bun-desrepublik Deutschland e dal Ministerio degli Affari Esteri della Repubblica Ita-liana. Il prezioso catalogo Gesichter der Renaissance - Meisterwerke italienischer Portrait-Kunst, edito da HIRMER, racco-glie i cinque saggi di Patricia Rubin, Be-verly Louise Brown, Peter Humfrey, Stefan Weppelmann e Rudolf Preimesberger.Grande il successo di pubblico registrato durante ledizione berlinese. Le lunghe file alla biglietteria hanno messo alla prova ben duecentocinquantamila visitatori, at-tratti anche da una riuscita campagna pub-blicitaria che ha visto tutta la citt di Ber-lino tappezzata di bellissimi manifesti. Un successo che ha avuto uneco anche sulla stampa, non sempre elogiativa. Citiamo a proposito la critica rivolta alla comunica-zione dellevento da parte di Kia Vahland in un articolo pubblicato dal Sddeutsche Zeitung. La giornalista non ha gradito una simpatica idea pubblicitaria che metteva in relazione alcuni dettagli dei dipinti con frasi ed apprezzamenti del linguaggio quo-tidiano - es. che bella pettinatura!. La Vahland scrive () Evidentemente gli organizzatori non hanno ancora recepito che larte del Rinascimento, come larte Moderna, ha successo gi da sola e non ha bisogno di una pubblicit aggressiva. La gente non va ad una mostra per trovare un mondo che come quello che gi conosce. () Legittima, se vogliamo, ma ecces-sivamente rigida, la critica non ha colto, secondo noi, lo spirito della cosa. Una grande mostra, per quanto seria e scienti-ficamente valida, pu essere accompagna-ta da una campagna pubblicitaria ludica, leggera e divertente, senza per questo per-dere in credibilit. In ogni caso levento ha avuto successo e pu ben essere salutato anche dai noi italiani, fieri delle nostre ori-gini, con un poco di orgoglio soprattutto in un momento cos difficile per limmagi-ne del nostro Paese. Certo, ci basta dare

una rapida occhiata alla provenienza delle opere per ricordare che la prima legge per la salvaguardia del nostro patrimonio cul-turale, non ancora sufficientemente effi-cace, venne alla luce soltanto nel 1909 ed entr in vigore nel 1913. Come sappiamo furono moltissimi i capolavori venduti ed esportati nel tempo. Fra questi i ritratti del Rinascimento, che conobbero un boom di vendite, di falsificazioni ed imitazioni fra gli ultimi decenni del XIX e i primi decenni del XX secolo. Ma torniamo a parlare della mostra.

Dipinti, disegni, medaglie e sculture dei grandi Maestri del Primo Rinascimento. Sono oltre centocinquanta i ritratti esposti - per la prima volta insieme - a disegnare le tappe di una rivoluzione che si svolge in pochi decenni del Quattrocento. Proprio in questo periodo, infatti, avviene la risco-perta del ritratto privato che conosce una rapida e decisiva evoluzione allinterno della relazione fra il committente, con le sue specifiche esigenze, con le sue carat-teristiche e col suo gusto, il contesto e lar-tista. La mostra racconta questa evoluzio-

Filippo Lippi, Ritratto di donna con un uomo al davanzale, 1440/1444, New York, Metropolitan Museum of Art The Metropolitan Museum of Art, New York, (Gesichter der Renaissance, HIRMER, pag. 97)

I VOLTI DEL RINASCIMENTO

ne alla luce delle influenze reciproche fra i diversi media e sulla base di una classifi-cazione nuova, il contesto topografico: Fi-renze, le corti italiane di Ferrara, Mantova, Bologna, Milano, Rimini, Urbino e Napoli, la Roma papale e la Repubblica di Venezia. Ma, attenzione, la rivoluzione che le opere testimoniano non si esaurisce nelle fasi e sfaccettature dello sviluppo di un genere. La vera portata dei cambiamenti in atto si svolge su una dimensione interna. Come racconta Stefan Weppelmann nellintervi-sta per il nostro speciale, la mostra vuole far emergere, anche e soprattutto, le scoperte e le problematiche che hanno portato, nel Quattrocento, alla rinascita dellarte allin-

terno di un contesto pi ampio - La mag-gior parte delle opere datano tra il 1460 ed il 1485. La mostra si svolge nellarco di venticinque anni. In questo lasso di tempo si svolge la scoperta del problema del rap-porto fra letteratura e pittura. Gli umanisti propongono dei tpoi che fin dagli antichi sollevavano questioni letterarie ed artisti-che. Ad esempio il problema dellanima. Lanima essenziale per la persona altri-menti ne rimane solo lapparenza. Per par-lare di una personalit e di un carattere si ha bisogno, quindi, di parlare del problema dellanima, che qualcosa di invisibile. Gli artisti si trovano davanti a questo fe-nomeno: devono rappresentare qualcosa

che in principio non rappresentabile. In relazione al problema dellanima ci sono una serie di questioni legate ai sentimenti, ad esempio lamore. Come fare un ritratto sul tema del matrimonio senza fermarsi alla pura simbologia? C la scoperta dello sguardo. Lopera darte diviene un davanti a s. () Nasce lopera darte in quanto opera che vuole essere venerata perch unopera darte e che ha come scopo, non soltanto rappresentare un tema allegorico o scolastico, ma la natura e perfino di pi o ben altro. La questione fondamentale, che si rivela chiave di lettura di questo pro-cesso di scoperta, sollevata dal notevole saggio di Stefan Weppelmann, scaturisce dal complesso problema della somiglianza e si sviluppa allinterno della tensione fra il ritrarre del naturale - la riproduzione dellaspetto fedele alla natura - e ritrarre il naturale - la rappresentazione dellindo-le, della natura interiore.

DAL SACRO AL PROFANORISCOPERTA ED EVOLUZIONE DEL RITRATTO

Il genere del ritratto, che di per s non era una novit nel Quattrocento n unesclusi-va dello scenario artistico italiano, conosce una nuova vita e si sviluppa in concomitan-za col fiorire della societ rinascimentale della ricca Firenze e le vicende che riguar-dano le grandi famiglie che lhanno gover-nata, i Medici, innanzitutto. Negli scambi, alleanze e contrasti fra le vivaci corti della Ferrara della dinastia dEste, la Mantova dei Gonzaga, la Milano dei Visconti e degli Sforza, Urbino dei Montefeltro, la Rimini dei Malatesta. Ed infine, un poco pi tar-di, nella Repubblica di Venezia. La chiave di svolta dello sviluppo e della rapida tra-sformazione del ritratto sta nello sposta-mento degli interessi della committenza che inscindibile dalla rivoluzione cultu-rale gi da tempo in atto. Stiamo parlan-do, naturalmente, dellUmanesimo, con la riscoperta dellantichit e con il fermento di unindagine nuova rivolta alla natura e alluomo. Questo spostamento ha prodotto il passaggio da un utilizzo molto raro del genere, allinterno di un contesto esclusi-vamente religioso e sostanzialmente lega-to e sottoposto ad uniconografia sacra, ad un utilizzo indipendente, assai diffuso, allinterno di un contesto nuovo e pi am-pio. Il crescente sfaccettarsi degli scopi e delle esigenze che lopera doveva soddi-sfare direttamente collegato, infine, alla crescente libert di scoperta ed invenzione da parte degli artisti. Luca Signorelli, Ritratto di un vecchio (Pandolfo Petrucci?), 1510, Gemldegalerie, Staatliche Museen zu Berlin, Jrg P. Anders, (Gesichter der Renaissance, HIRMER, pag. 147)

In precedenza venivano realizzati essen-zialmente i ritratti di fondatori, inseriti nella pala daltare, negli affreschi o nei mosaici delle Chiese. Rarissimi e riservati solo a grandi sovrani e personalit stori-che erano, invece, i ritratti indipendenti da questo contesto religioso. Le forme che si diffusero nel Quattrocento - e che possiamo vedere in mostra - erano la mo-neta, ripresa dai modelli dellantichit, il busto, il dipinto ed il disegno, utilizzato per gli studi preparatori. Allinterno di questo spettro il committente aveva la possibilit di scegliere il medium pi adatto alle sue esigenze. Le occasioni erano svariate: il matrimonio, la morte di un membro della dinastia, lascesa ad una carica importan-te e di prestigio. Anche gli scopi erano di svariata natura e spesso coesistevano: si faceva realizzare un ritratto per uno scopo diplomatico, ma allo stesso tempo per mo-strare e ribadire il proprio potere. Oppure veniva commissionato il ritratto di una donna in occasione del suo matrimonio in quanto omaggio, ma anche per costruire e consolidare limmagine della dinastia e, quindi, di nuovo, per ribadire la potenza politica della famiglia. Nel saggio di Patricia Rubin sul ritrat-to a Firenze, leggiamo, ad esempio, che nel 1421 il duca di Milano, Filippo Maria Visconti, invi a Firenze un suo ritratto a cavallo, dipinto su tela, che doveva servire da modello per la realizzazione di una scul-tura votiva in cera destinata alla chiesa di Santa Maria Novella. Le due citt avevano recentemente stretto un patto. Nonostan-te ci i fiorentini erano scettici perch consapevoli delle ambizioni politiche del duca. La statua votiva che lo rappresen-tava, piazzata dentro una delle chiese pi importanti di Firenze, dove il Papa suo amico aveva avuto residenza non molto tempo prima, doveva servire a mostrare

la sua devozione ma si rivolgeva, contem-poraneamente, anche ai fiorentini facendo allusione al proprio potere. Significativo , poi, lutilizzo del ritratto in situazioni parti-colari, come un accadimento di importanza storica. Patricia Rubin racconta dellatten-tato del 26 aprile 1478, quando, durante una messa nel Duomo di Firenze, venne brutalmente ucciso Giuliano de Medici, mentre il fratello Lorenzo riusc a salvarsi. Nel giro di pochi giorni fu fatta vendetta. Gli attentatori vennero impiccati alle fine-stre dei Palazzi civici. In segno di gratitudi-ne per lo scampato pericolo, i sostenitori di Lorenzo de Medici fecero installare delle sculture votive in cera a grandezza

naturale in importanti santuari di Firenze ed Assisi. Lorenzo de Medici commissio-n a Sandro Botticelli i ritratti di otto dei traditori da dipingere sulla facciata della prigione vicino a Palazzo Signoria. Rubin scrive che questi erano concepiti come ritratti parlanti completati da iscrizioni in versi in cui i giustiziati riconoscevano la loro colpa in quanto traditori e dichiarava-no di aver meritato la terribile esecuzione. A Botticelli fu commissionata anche la re-alizzazione di un grande ritratto su tavola per commemorare Giuliano de Medici. Accanto al soggetto sono dipinti i suoi attributi La finestra per met aperta, una tortora e un ramo secco, insieme a simbo-

Sandro Botticelli, Ritratto di Giuliano de Medici, 1478, Washington, The National Gallery of Art Art Resource, New York, (Gesichter der Renaissance, HIRMER, pag. 176)

Pisanello, Medaglia di Giovanni VIII Paleologo, 1438/39, Mnzkabinett, Staatliche Museen zu Berlin,

(Gesichter der Renaissance, HIRMER, pag. 196)

I VOLTI DEL RINASCIMENTO

leggiare la perdita e limperturbabile amo-re. In relazione alle iniziative di comme-morazione del fratello, Lorenzo de Medici fece realizzare da Bertoldo di Giovanni una medaglia con il suo ritratto da un lato, ed il ritratto di Giuliano dallaltro. Le due teste stanno sospese sopra una scena narrativa che raffigura lattentato. La scritta in lati-no e la raffigurazione della scena allantica conferiscono alla medaglia un peso storico ed alludono a modelli antichi per sottoline-are il ruolo di Lorenzo in quanto salvatore della Repubblica. Generalmente le opere venivano realizzate su commissione ed affidate ad un artista scelto appositamente per loccasione. Va da s che la concorrenza sul mercato au-mentava. Di conseguenza lartista doveva far breccia sul cuore del committente at-traverso la sua inventiva ed il suo ingegno. Anche questo fu un motore che spinse levoluzione del genere.Molto diffusi nei Palazzi della Firenze dellepoca erano i ritratti su busto dei membri della famiglia che venivano espo-sti sopra le porte o nelle camere. Proprio la riscoperta e la diffusione dellutilizzo di questa forma portarono, a partire dal 1450, anche grazie allinfluenza dei ritratti della pittura fiamminga, ad unevoluzione della forma del ritratto dipinto. Dalle raf- figurazioni di profilo - esempi eccellenti in

mostra sono i dipinti su tavola di Antonio del Pollaiuolo Ritratto di una dama - si giunse ai ritratti di tre quarti. Nelle corti italiane, invece, il medium uti-lizzato pi frequentemente era la moneta e lartista pi richiesto in questo campo Pisa-nello, anche se, naturalmente, non manca-vano i ritratti dipinti. La moneta, tuttavia, riusciva meglio a soddisfare le esigenze dei signori, comunicando in modo sintetico lo status, il potere, le caratteristiche e le ambizioni della personalit raffigurata. La moneta poteva, inoltre, essere riprodotta in vari esemplari che venivano offerti in dono in occasione di matrimoni, oppure inviati agli alleati per scopi diplomatici.Nel suo saggio Beverly Louise Brown rac-conta quanto le medaglie di Pisanello, che servirono successivamente da modello per il dipinto, rispondessero alle esigenze di Leonello dEste, figlio illegittimo di Nicol III dEste. La folta capigliatura non solo unallusione al suo nome (piccolo leone), ma anche un riferimento al re degli ani-mali ed al coraggio da sovrano di Leonel-lo. Oltre a ci il suo aspetto da leone ricor-da la moneta di Alessandro Magno, dove raffigurato Ercole con una pelliccia di leone sulla testa e con tratti del viso ugualmente spigolosi. () Non certamente un caso

Pisanello, Medaglia di Leonello dEste (recto), 1441, Dr. Stephen K. e Janie Woo Scher, New York, (Gesichter der Renaissance, HIRMER, pag. 203)

Pisanello, Medaglia di Leonello dEste (verso), 1441, Dr. Stephen K. e Janie Woo Scher, New York, (Gesichter der Renaissance, HIRMER, pag. 203)

che lillegittimo Leonello, la cui pretesa sul territorio di Ferrara era assolutamente contestabile, si volesse sentir legato al leggendario fondatore dellimpero. An-dando oltre la semplice raffigurazione del-le fattezze esteriori, i ritratti di Pisanello portarono un contributo alla legittimazione dellambizione politica di Leonello. Legati da ambizione, alleanze e rivalit, ma anche da modelli culturali condivisi, i signori delle corti italiane avevano in co-mune il gusto. Per questo motivo erano molto frequenti gli scambi di opinione sul valore di un artista e lartista stesso riceve-va commissioni in varie zone dItalia. Pisa-nello, esempio per eccellenza di artista no-made, fu anche il primo ad essere assunto alla corte di Alfonso V dAragona. Questa nuova posizione garantiva allartista una sicurezza economica e molti privilegi so-ciali. Lesempio fu seguito successivamen-te da Ludovico Gonzaga, che invit Andrea Mantegna alla sua corte. Il Mantegna era fra tutti gli artisti il pi avaro di lusinghe quando si trattava di ritratti e non sempre i signori erano soddisfatti. Tuttavia grande fu lentusiasmo di Ludovico Gonzaga per le scene affrescate da Mantegna nella famosa Camera picta, o Camera degli sposi, una celebrazione politico-dinastica dellintera famiglia Gonzaga. Unisola a parte allinterno di questo pano-rama la Repubblica di Venezia. Gli artisti che maggiormente influenzarono levolu-zione del ritratto furono i fratelli Gentile e Giovanni Bellini, da una parte, e Antonello da Messina, dallaltra. Questultimo, ispi-rato dal modello fiammingo, introdusse il ritratto di tre quarti. La particolarit della scena veneziana rispetto al resto della penisola strettamente legata al contesto

socio-politico. Limmagine che gli storici hanno potuto ricostruire di questo scena-rio abbastanza attendibile, nonostante il fatto che molti dipinti, citati in varie fonti, sono andati distrutti a causa di incendi. Sicuramente rari erano i ritratti di donna, di membri della Chiesa e di soldati in ar-matura. Frequenti, invece, naturalmente, i ritratti dei dogi. Ritratti che vennero in un certo modo, a volte, anche contestati dai contemporanei. Venezia era una Repubbli-ca. Per questo, nonostante il potere rico-

nosciuto al doge, i membri del Consiglio salutavano con scetticismo e resistenza ogni tentativo di ambire a maggior potere politico. Peter Humfrey racconta nel suo saggio che il ritratto del doge Agostino Barbarigo, realizzato da Giovanni Bellini, era destinato, per uninsolita volont del doge stesso, allaltare maggiore della chie-sa di Santa Maria degli Angeli a Murano, dove non fu mai portato. I contemporanei erano costernati di fronte al tentativo di Barbarigo di conferire a se stesso unecce-

Pisanello (Antonio Pisano), Ritratto di Leonello dEste, 1444, Bergamo, Accademia Carrara Accademia Carrara, Bergamo, (Gesichter der Renaissance, HIRMER, pag. 206)

Gentile Bellini, Ritratto di un uomo (Autoritratto?), 1496, Kupferstichkabinett, Staatliche Museen zu Berlin, Jrg P. Anders,

(Gesichter der Renaissance, HIRMER, pag. 358)

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siva magnificenza principesca. Nonostante latteggiamento pio e devoto che esprime il suo portamento, il doge ha voluto farsi raffigurare con una mantella dermellino e una preziosa corona di gioielli. Un altro aspetto peculiare della scena ar-tistica veneziana sono i ritratti dei membri delle molte confraternite laiche e delle cinque Scuole Grandi cui aderivano citta-dini e patrizi. I membri di queste istituzioni portavano abiti disadorni ed uniformi per esprimere il loro attaccamento patriottico con il sistema governativo oligarchico e repubblicano di Venezia e come chiara op-posizione alla millanteria delle corti prin-cipesche o delle pseudo-corti come quella dei Medici a Firenze. Da questo spirito

patriottico nasceva anche la commissione dei ritratti, che, in conformit alle esigenze delletica collettiva che lo contraddistin-gueva, erano solitamente privi di attribu-ti o allusioni emblematiche agli interessi personali del soggetto. I dipinti dal titolo Ritratto di un giovane uomo di Antonello da Messina e Giovanni Bellini, esposti in mostra, sono degli splendidi esempi. Fra questi spicca il dipinto di Antonello da Messina datato 1478, poich qui lartista rinuncia allo sfondo nero, che di solito ricorreva nei suoi ritratti, per inserire un paesaggio. Questo lultimo ritratto che Antonello da Messina dipinse ad un anno dalla sua scomparsa. Al di l delle svariate differenze fra i parti-

colari contesti geografici, cui abbiamo ac-cennato, c una costante che riassumiamo citando unaffermazione di Patricia Rubin Il valore di un ritratto si lasciava misurare in base al suo scopo, al gusto personale ed alla somiglianza raggiunta.

LA CREAZIONE DEL MONDONELLOPERAINTRODUZIONE ALLINTERVISTA CONSTEFAN WEPPELMANN

La somiglianza condicio sine qua non perch unopera possa essere riconosciuta in quanto ritratto. Ma cosa vuol dire esat-tamente e a quali aspetti della persona si riferisce? Quando e secondo quali criteri si ritiene, infine, che la somiglianza sia stata raggiunta? Da quello che si evince dagli scambi di let-tere e da vari altri documenti conservati, uno dei committenti pi difficili ed esigenti del Quattrocento fu Isabella dEste. Dama di grande cultura, sensibilit e gusto raffi-nato, la marchesa si informava e cercava con attenzione lartista che avrebbe potuto soddisfare le sue aspettative. Restituiva il ritratto quando la somiglianza non era stata raggiunta. Nel 1493 respinse, ad esempio, un ritratto realizzato da Andrea Mantegna perch el Pictore me ha tanto mal facta che non ha alcuna de le nostre simiglie: havemo mandato per uno fore-stere, qual ha fama de contrafare bene el naturale. Una delle opere che pi hanno incontrato la sua approvazione , invece, una medaglia che Gian Cristoforo Roma-no realizz nel 1498. Il doppio mento di Isabella vistoso ma le stato dato un naso pi elegante, simile ad unaquila, la pettinatura fatta di riccioli morbidamente

Antonello da Messina, Ritratto di giovane uomo, 1478, Gemldegalerie, Staatliche Museen zu Berlin, Jrg P. Anders, (Gesichter der Renaissance, HIRMER, pag. 341)

Gian Cristoforo Romano, Medaglia di Isabella dEste (recto), 1498, Wien, Kunsthistorisches Museum

Kunsthistorisches Museum, Wien, (Gesichter der Renaissance, HIRMER, pag. 240)

raccolti, ispirata al modello classico, cos voluminosa che distrae abilmente dalla corpulenza. scrive Patricia Rubin. Il proto-tipo per il ritratto fu forse la medaglia di Livia, sposa dellimperatore Augusto, ma indipendentemente dalla questione del prototipo, la medaglia doveva richiamare alla memoria, al di l della semplice so-miglianza fisica, lo spirito, lintelletto e la bellezza interiore di Isabella. . Il verso della medaglia mostra, infatti, unallego-ria complessa, di difficile interpretazione anche per i suoi colti contemporanei, che fu tagliata sulla persona. Lesempio un poco atipico rispetto ai consueti ritrat-ti femminili, dove le virt attribuite alla donna sono generalmente castit, amore, bellezza ecc. Tuttavia mette in evidenza quanto il concetto di somiglianza nel ri-tratto oscillasse tra la raffigurazione cre-dibile e riconoscibile della persona nel suo aspetto esteriore, lidealizzazione dei suoi tratti e la rappresentazione delle sue qua-lit interiori. Lesigenza di raggiungere una somiglianza allinterno di questa dialettica figlia del contesto storico-culturale del Quattrocento. Stefan Weppelmann scrive Sin dallantichit la fisionomia viene fis-sata attraverso limpronta del viso. Ma il ritratto dovrebbe cogliere anche lindole del soggetto rappresentato, asseriscono neoplatonici come Pietro dAbano allinizio del XIV secolo. Per questo motivo nel XV secolo, allinterno dei circoli umanisti, vie-ne sottolineata la distinzione fra ritrarre del naturale, la riproduzione dellaspetto esteriore secondo natura, e ritrarre il na-turale, la rappresentazione dellanimo se-condo lindole. Questa distinzione rivela un paradosso: La somiglianza del ritratto

non si lascia produrre contemporaneamen-te in relazione alle due nature, quella este-riore e quella interiore. Lartista, di conse-guenza, deve inventare una soluzione che tenga conto di questo paradosso e che lo superi, andando oltre la rappresentazione del mondo visibile, senza, per, infranger-ne le leggi.Il titolo di questa mostra avrebbe potuto essere La scoperta della personalit op-pure La rivoluzione dellarte. Ha detto Stefan Weppelmann durante lintervista per il nostro speciale. Lo abbiamo incon-trato a Berlino per una conversazione che si rivelata molto illuminante e che ci consente di entrare nel cuore della vera rivoluzione del Rinascimento.

Sandro Botticelli, Ritratto di giovane donna (Simonetta Vespucci?), 1476, Gemldegalerie, Staatliche Museen zu Berlin, Jrg P. Anders, (Gesichter der Renaissance, HIRMER, pag. 121)

Bode-Museum Museumsinsel Berlin-Mitte Staatliche Museen zu Berlin. foto: Atelier Tesar

I VOLTI DEL RINASCIMENTO

INTERVISTA A BERLINOCON STEFAN WEPPELMANN

Cristiana Coletti: Quando e come nata lidea della mostra?

Stefan Weppelmann: Lidea nata nel 2003 quan-do ho lavorato per un breve periodo al Metropo-litan Museum di New York e mi sono accorto quanto importante la collezione dei busti e dei dipinti del primo Rinascimento. Sono rientrato a Berlino durante la fase di ristrutturazione e rial-lestimento del Bode Museum ed ho visto come stava rinascendo. un museo che ha la pi importante collezione di busti rinascimentali al mondo dopo il Bargello. Collegando i due mondi - quello che ho visto a New York e quello che ho visto a Berlino - ho pensato che sarebbe stata una bella idea collaborare con New York per mettere insieme i busti e i dipinti di Berlino con quelli di New York.

C. C.: Come si sviluppato successivamente il concetto della mostra?

S. W.: Dopo questa idea iniziale ho lavorato molto insieme a Keith Christiansen al Metropolitan e la mostra cresciuta e cresciuta. Abbiamo mes-so in un database ogni cosa che ci sembrava interessante. Ci siamo resi conto di una serie di problemi. Innanzitutto che sino ad ora il ritratto era stato studiato in modo cronologico, partendo, cio dal 1420 fino al 1490, senza dare molta im-portanza al contesto topografico in cui un dipinto o un busto sono nati. E proprio questo stato il nostro punto di partenza per proporre qualcosa di diverso: studiare i ritratti in relazione al contesto topografico.

C. C.: Qualera lobiettivo?

S. W.: Uno dei nostri scopi principali era far vedere che la ritrattistica di Firenze si distingue netta-mente da quella di Venezia, che arriva molto pi tardi, e che le corti italiane hanno tutta unaltra ri-trattistica rispetto ai due centri che ho appena no-minato. In secondo luogo le altre mostre sul tema hanno solitamente impostato la problematica del ritratto concentrandosi su un tipo di ritratto, su un medium. Ma non si mai tentato veramente di capire quali siano le influenze reciproche fra i vari media o quale fra questi fosse il pi impor-tante ed ha stimolato gli altri in un determinato periodo. Per questo ci sembrato assolutamente necessario fare qualcosa che comprendesse tutti e quattro i mondi del ritratto fra i quali, soprat-tutto, il disegno. Il terzo punto che i ritratti sono stati studiati spesso in chiave tematica. Per esem-pio le belle donne e cerano solo ritratti di don-ne. Oppure currency of fame dove ci sono solo medaglie che rappresentano signori che volevano farsi vedere come potenti o rappresentanti di una certa autorit politica. Noi volevamo fare qualco-sa di diverso, certo, senza ignorare la funzione che il ritratto aveva, ma evitando di raggrupparli in quella maniera artificiale. Ci siamo resi conto che molti ritratti sono nati per una variet di signi-ficati. C anche un altro aspetto: spesso quando si parla di ritrattistica si comincia con Giorgione, Tiziano, Velasquez o Raffaello. Si studia quindi il primo Cinquecento in quanto momento in cui il ritratto fiorisce. Anche perch nel Quattrocento

il genere era molto mescolato alla pittura sacra ed agli arredi liturgici. Soprattutto nel Quattro-cento, per, furono impostati tutti i fondamenti importanti per la scoperta della personalit. Per questo ci interessava puntare lattenzione solo sul Quattrocento.

C. C.: Allinterno di questa logica, come avete scelto le opere per la mostra? Ci sono state diffi-colt per i prestiti?

S.W.: Volevamo avere le opere chiave e non quelle secondarie. Abbiamo ridotto il numero di ogget-ti compresi nel nostro database iniziale, che ne contava pi di seicento, a duecento. Ci siamo detti che questi sono i duecento pezzi che fanno la storia dellarte perch sono i primi esemplari o quelli pi originali. Perch sono le opere degli ar-tisti pi importanti o contributi fondamentali che hanno avuto, poi, un seguito. Da questo progetto con duecento pezzi - che sarebbe stato al cento per cento la mostra ideale - abbiamo dovuto esclu-dere certi pezzi che non potevano assolutamen-te viaggiare, ad esempio il dittico di Piero della Francesca agli Uffizi, ed alcuni altri pezzi che non abbiamo neanche chiesto in prestito, la Monna-lisa. Siamo arrivati ad un numero di centottan-tacinque oggetti che abbiamo chiesto in prestito. Di questi ne abbiamo ottenuti centosettantanove. Siamo arrivati, quindi, molto vicino al progetto che volevamo realizzare. Si pu dire che la mostra si dispone in modo ideale. Per il novanta per cen-

to si vede proprio la medaglia accanto al disegno, accanto al dipinto. Le cose disponibili le abbiamo potute mettere per la prima volta insieme in ma-niera tale che per lo spettatore possibile vedere i rapporti, anche senza aver letto niente.

C. C.: Quali opere avrebbe voluto esporre ma non ha potuto ricevere in prestito?

S. W.: Giovanna Tornabuoni (ndr. Domenico Ghirlandaio) della Collezione Thyssen-Borne-misza (ndr. Madrid). Lopera pu viaggiare ma non labbiamo ottenuta, non so per quale moti-vo. Forse perch la loro opera pi importante. Allinterno della Collezione Thyssen ha uno sta-tus particolarmente significativo. Questo lunico prestito che, secondo me, manca in mostra perch importante. Ma la medaglia di Giovanna Torna-buoni in mostra. Altrimenti abbiamo ottenuto tutte le opere importanti, addirittura il dipinto di Leonardo da Vinci.

C. C.: Come stato concepito lallestimento?

S. W.: Per quanto riguarda larchitettura dellal-lestimento il nostro scopo era avere la visione di qualcosa di completo. Ed stato un problema perch ci sono degli oggetti molto piccoli, delle tavole piuttosto grandi e delle sculture abbastanza massicce. Per questo in mostra lilluminazione mirata. C il buio come elemento che bagna tutti gli oggetti e crea ununit. A questo si aggiungo-

Stefan Weppelmann, foto C. Schnitger

no i pannelli coperti di velluto che abbiamo usato per creare una certa uniformit sulle pareti. Un disegno piccolo, ad esempio, disposto sul pan-nello grande. Se c una scultura al centro della sala, questa ha una specie di ombra sulla parete dietro, ovvero il pannello. Si crea cos pi o meno una storia raccontata sulle pareti ed ogni tanto ci si sposta a vedere una scultura nella sala. Il nostro obiettivo era che tutti gli oggetti della mostra, me-daglie, tavole, disegni o sculture, venissero guar-dati con la stessa attenzione. Non volevamo, cio, fare una mostra di bellissimi dipinti, dove, poi, in unaltra stanza scende la luce e ci sono un po di disegni o qualche medaglia, magari messa male e che non si pu vedere. Abbiamo, quindi, investito molto lavoro e molto denaro nella presentazione delle medaglie ad esempio. Tutte hanno la pro-pria vetrina e sono accanto ai dipinti.

C. C.: Mi sposto sui contenuti. Cosa accade nel Quattrocento?

S. W.: Gli umanisti propongono dei tpoi che fin dagli antichi aprivano questioni letterarie ed artistiche. Ad esempio il problema dellanima. Lanima essenziale per la persona altrimenti ne rimane solo lapparenza. Gli artisti si trovano davanti a questo fenomeno: devono rappresentare qualcosa che in principio non rappresentabile. In relazione al problema dellanima ci sono una serie di questioni legate ai sentimenti, ad esem-pio lamore. Come fare un ritratto sul tema del matrimonio senza fermarsi alla pura simbologia? C la scoperta dello sguardo. Lopera darte di-viene un davanti a s. una vera rivoluzio-ne se pensiamo allarte medievale che continua comunque ad essere importante durante tutto il Quattrocento. Questa aura del sacro deve essere in qualche modo trasposta e trasformata in qualcosa di profano. Non che si cercava di creare nuovi martiri o nuovi santi ma oggetti realizzati per es-sere venerati.Nasce lopera darte in quanto opera darte che vuole essere venerata perch unopera darte e che ha come scopo, non soltanto rappresentare un tema allegorico o scolastico, ma la natura e perfino di pi o ben altro. Nascono, quindi, no-zioni di astrattismo. Astrattismo non in senso medievale, dove una colomba simboleggia Dio ed una colomba astratta, ma un astrattismo voluto e ricercato che caratteristico alla volont di fare unopera darte e non di fare, ad esempio, una disposizione teologica. La personalit si fa rappresentare quindi in un medium che gi in partenza considerato unopera darte e si rende parte di questo. La persona reale cerca di corri-spondere allideale che crea di s. C la nascita della nozione che noi mettiamo in scena la nostra personalit.

C. C.: Cosa significa il termine Rinascimento, legato soltanto alla riscoperta dellantichit?

S. W.: Nel XV secolo nasce la possibilit di con-cepire se stesso in quanto essere che pu creare il mondo e non pi in quanto elemento ordina-to ed inserito in un determinato sistema divino, allinterno del quale si pu vivere solo in virt del destino.Il mondo viene creato sempre e di nuovo nelle opere darte. Non a caso Leon Battista Alberti crea come suo emblema un occhio alato con tentacoli

per afferrare la realt. Perch locchio percepisce il mondo e mette lartista nella condizione di costruire il mondo. Quindi la realt in quanto costruzione. Il concetto nasce intorno al 1450. Questa la vera rivoluzione del Rinascimento e non tanto il fatto, cui si riferisce il termine, che ci sia una ripresa dellantichit. Certamente anche questo gioca un ruolo importante: la numismati-ca, i sarcofagi, le antiche rovine eccetera. Tutto ci viene apprezzato e ne viene riconosciuto il valore al contrario di quanto accadeva nel Medioevo. Ma il vero motore per cui il Rinascimento un nuovo inizio dellarte questa coscienza della realt in quanto costruzione. Il termine viene spesso frain-teso: Rinascimento in quanto rinascita dellanti-chit, in realt la rinascita dellarte che comin-cia a funzionare in modo analogo come nellanti-chit. Sta qui il parallelismo. Questa convinzione che la realt dipenda dalla percezione del singolo e che una costruzione non si manifesta solo nei

ritratti ma anche nei sistemi politici del tempo, nella scoperta della prospettiva, nelle nozioni ma-tematiche, nei nuovi modelli astronomici. Nessu-no oserebbe realizzare un modello astronomico se non fosse cosciente di essere in grado di vedere e comprendere qualcosa ed di poterla interpretare ed ordinare in modo nuovo. In questo ampio con-testo si inserisce la questione del ritratto.

C. C.: Il suo saggio per il catalogo intitolato Sullo sguardo dellermellino dietro le spalle - La somiglianza nel ritratto del primo Rina-scimento italiano. Qual limportanza del concetto di somiglianza in questo contesto?

S. W.: Volevamo evitare, almeno attraverso i testi in catalogo, che il pubblico pensasse che la ritrat-tistica del Quattrocento si ponesse come problema la somiglianza con la realt o con la natura e che lobiettivo fosse la mimesis. Non volevamo si cre-

Antonio del Pollaiuolo, Ritratto di una dama, 1460/65, Berlin, Staatliche Museen zu Berlin, Gemldegalerie Staatliche Museen zu Berlin, Jrg P. Anders, (Gesichter der Renaissance, HIRMER, pag.102)

I VOLTI DEL RINASCIMENTO

desse, quindi, che lo sviluppo fosse da un ritratto astratto di profilo ad un ritratto che si rivolge pi direttamente allosservatore con i gesti o con le mani. C unaltra riflessione da fare: Un ri-tratto ha bisogno della somiglianza per essere chiamato ritratto. Diventa un ritratto nel mo-mento in cui ha come presupposto una persona concreta, che ha una storicit ed agisce e che dal suo agire trae la legittimazione per il ritratto. Do-podich il ritratto viene adeguato a tutta quella serie di necessit che nel XV secolo hanno portato proprio allutilizzo del genere: si vuole sottoline-are una virt o trasportare delle allegorie legate ai principi del Rinascimento, oppure idealizzare la bellezza, la saggezza, in modo quasi manie-ristico. La somiglianza diviene una forma di astrazione. Non esiste, quindi, una somiglian-za in quanto traduzione della natura nellopera. Ogni opera gi per definizione unopera darte e non ha somiglianza con la natura. Nel ritratto il problema della somiglianza diventa un para-dosso. Nellutilizzo del medium scelto ci sono gi

i presupposti di un allontanamento dalla natura: la bidimensionalit e i colori, che non esistono in natura. Parlerei di somiglianza, quindi, in quanto invenzione. Per questo allinizio della mostra c il Reliquiario di san Rossore, che rappresenta il Santo come se Donatello lavesse visto veramente ma in realt una completa invenzione. Lopera diametralmente opposta a questa quella di Giovanni Bellini, dove il mo-naco Fra Teodoro da Urbino si fa rappresentare con gli attributi di san Domenico. Qui accade lesatto contrario: una persona assume la forma di un Santo e diventa, cos, una persona astratta. Mentre nel Reliquiario Donatello fa diventare una persona astratta, che nessuno conosce, una persona reale perch gli conferisce un volto. Que-sti sono i due poli fra i quali si svolge la mostra. In un certo senso un circolo vizioso. Il proble-ma del ritratto continua ad esistere per un intero secolo o, addirittura, fino ad oggi.

C. C.: Continuando a parlare della questione

del ritratto, quali novit affiorano nellopera di Leonardo da Vinci La Dama con lErmel-lino esposta qui a Berlino?

S. W.: Leonardo ha, innanzitutto, unidea comple-tamente diversa del ritratto. Tutti gli altri tentano di formulare qualcosa e di definirne chiaramente i contorni - come dice la stessa parola francese portrait che viene dal latino e significa por-tare alla luce - questi pittori vogliono portare qualcosa alla luce, la personalit o laspetto di qualcuno. Leonardo fa qualcosa di diverso. Vuole spingere la figura di nuovo verso buio, lascia i contorni indefiniti e si concede anche una certa vaghezza nel suo dipinto, lo sfumato leonarde-sco. Grazie a questo riesce ad avvicinarsi molto alle nostre abitudini visive. Mentre parliamo ora, ad esempio, percepiamo con gli occhi alcune cose mentre il resto sfocato. Nel ritratto di Ce-cilia Gallerani proprio cos. Il dipinto apposi-tamente composto in modo da corrispondere alle nostre abitudini visive, per questo ha un effetto straordinariamente credibile. In fin dei conti, per, si tratta di unopera che sta fortemente nellatelier. Non ha niente a che fare con la natu-ra. Alla corte degli Sforza, ad esempio, non cera-no giovani signore a passeggio con animaletti selvaggi. unopera assolutamente allegorica ed artistica. Leonardo il primo che vuole realizzare unopera che resti legata alla natura ma che non riconosca pi la natura in quanto limite. il pri-mo artista che prende coscienza della costruzione della realt in quanto risultato della percezione umana. La percezione umana diviene, quindi, il limite col quale si deve misurare la credibilit di unopera. Ci che non possiamo vedere - secondo Leonardo - non pu entrare in unopera darte. Per questo, ad esempio, gli antichi dipinti fiam-minghi, dove tutti gli elementi del quadro ven-gono rappresentati con la stessa precisione, non risultano credibili. Leonardo concede al dipinto una sfocatura. E proprio la sfocatura, lindistinto, lindeterminato, tutte queste parti del dipinto che nessuno pu leggere ragionevolmente, consento-no di interpretare. Si pu sgusciare dentro le cose. un concetto molto moderno. Come Gille Deleu-ze ha scritto On se coule dans un visage plutt quon nen possde un (ndr. Deleuze, Guatta-ri, 1997). Ognuno crea sempre nuovamente se stesso perch si d sempre un nuovo volto. un discorso complesso, per questo la mostra non impostata in modo cronologico. Si tenta di vedere il ritratto in quanto concetto darte e non sempli-cemente come una sorta di sviluppo.

C. C.: Quale opera della mostra la Sua pre-ferita?

S. W.: Il Ritratto di dama(n.d.r. Museo Poldi Pezzoli, Milano) di Antonio del Pollaiuolo. Per questo sta sulla copertina del catalogo, ce lho voluto mettere io. Da una parte perch unope-ra significativa per la mostra, dallaltra perch la giovane donna bella. un quadro dipinto molto bene, anche dal punto di vista estetico e compositivo. una splendida opera darte. C. C.: Un prossimo progetto?

S. W.: Ci sar una mostra in Giappone, Dal Ri-nascimento a Rococ.

Andrea dAssisi, Ritratto di un fanciullo, 1495/1500, Dresden, Staatliche Kunstsammlungen Dresden, Gemldegalerie Alte Meister Gemldegalerie Dresden, (Gesichter der Renaissance, HIRMER, pag. 296)

Leonardo da Vinci, Dama con lermellino (Ritratto di Cecilia Gallerani), 1489/90, Cracovia, propriet della Fondazione Principe Czartoryski, Museo Nazionale Cracovia bpk / Scala, (Gesichter der Renaissance, HIRMER, pag. 71)

LA RIVOLUZIONE DI GIOTTO

Giotto di Bondone, controfacciata, Enrico Scrovegni offre alla Madonna il modellino della Cappella, Cappella degli Scrovegni, Padova

Il saggio di Patricia Rubin per il catalogo della mostra Gesichter der Renaissance Meisterwerke italienischer Portrait-Kunst si apre con limmagine dellaffresco della Cappella degli Scrovegni. Il dettaglio mo-stra il ritratto del fondatore, Enrico Scro-vegni. Non , ovviamente, un caso che Giotto venga citato allinterno di questo contesto. () Nel suo Le vite Giorgio Vasari rico-nosce il pittore Giotto come il primo cui sia riuscito il ritrarre bene le persone vive, il che pi di dugento anni non sera usato. ()

Il nostro viaggio sulle tracce della rivolu-zione dellarte ci riporta indietro al XIV se-colo, inevitabilmente Italia, a Padova. Abbiamo colto loccasione di questa mo-stra internazionale dedicata al ritratto nel primo Rinascimento italiano per incontrare Giuliano Pisani, autore de I volti segreti di Giotto. Il volume, pubblicato da Rizzoli nel 2008, la sorprendente, straordinaria interpretazione degli affreschi della Cap-pella degli Scrovegni che svela la portata delluniverso filosofico-teologico di riferi-mento. Consente, inoltre, di capire cosa ha reso possibile la realizzazione di unopera cos rivoluzionaria.

INTERVISTA A PADOVACON GIULIANO PISANI

Cristiana Coletti: Negli affreschi della Cappella degli Scrovegni Giotto ha realizzato un ritratto di Enrico Scrovegni. Me ne vuol parlare?

Giuliano Pisani: Il ritratto di Enrico Scrovegni il primo ritratto con delle fattezze cos precise degli inizi del Trecento che io conosca. Quando nella controfacciata Giotto ritrae Enrico Scrovegni che porge il modellino della Cappella alla Madonna, a santa Caterina dAlessandria e a Giovanni Evan-gelista, ritrae esattamente le fattezze di Enrico Scrovegni. La riprova data dal confronto con la maschera funebre, conservata nella tomba che si trova allinterno della Cappella degli Scrovegni, e con una statua che lo ritrae a tutto tondo. Le fattezze coincidono perfettamente.

C. C.: C anche un altro ritratto?

G. P.: S. Poi c un altro volto, che quello del religioso che tiene sulle spalle il modellino della Cappella e che con tutta evidenza ne lautore - Giotto rende un omaggio allautore del progetto - che io ho identificato in Alberto da Padova. Si tratta, comunque, di un ritratto di un contempo-raneo. Poi ci sono alcuni volti nella Processione degli Eletti che sono probabilmente dei ritratti di personaggi contemporanei, evidentemente di ambiente patavino, che solo la nostra incapaci-

t di conoscenza non ci fa abbinare ad un nome reale. Poi c da sottolineare questo senso preci-sissimo che Giotto ha di ritrarre realisticamente tutto ci che appartiene al creato. C un grande realismo. Chiaramente nel momento in cui fa un ritratto questo realismo a maggior ragione si ac-centua.

C. C.: questo laspetto rivoluzionario di Giotto?

G. P.: Certamente. Ma ci sono pi aspetti. Innan-zitutto, appunto, il realismo. La rappresentazione di tutti i sentimenti. Lirruzione del quotidiano, dellumano nel mondo del divino. Questo mi pare un aspetto fondamentale. Quindi il pathos con cui rende le emozioni, il dolore, la gioia, lo sde-gno, la violenza. Tutto questo era inimmaginabile prima del Giotto degli Scrovegni. Poi, un altro aspetto rivoluzionario quello della creazione del senso di profondit. Ovviamente non siamo alla prospettiva. Ma i piani sono scanditi anche in spazi molto piccoli. C, quindi, una narrazione che ha un aspetto di assoluta credibilit. Unaltra vera rivoluzione luso dei colori. La capacit di realizzare immagini realistiche con il solo uso del colore. Ci sono personaggi proprio scolpiti con il colore. Queste sono le rivoluzioni straor-dinarie di Giotto che creano un linguaggio nuo-vo. Lei pensi al Duccio di Siena, che addirittura contemporaneo e pure un poco pi giovane di Giotto. Confronti una Madonna di Duccio con la scena della nativit, dove vediamo chiaramente unadolescente di straordinaria femminilit oltre che di grande dolcezza, stesa sul giaciglio a guar-dare il bambino. Era inimmaginabile il pensiero che si potesse fare della Madonna una ragazza bellissima. La Madonna aveva solitamente unal-tra bellezza, non umana.

C. C.: Cosa ha reso possibile questa rivoluzione?

G. P.: Tutto questo non sarebbe stato pensabile se Giotto non avesse avuto, allinterno della Cappel-la degli Scrovegni, la possibilit di esprimersi in piena e totale libert. Una libert che in realt una grande sintonia con il teologo che ha proget-tato il tutto. Giotto muore trentadue anni dopo la

Giotto di Bondone, parete sud, Cristo deriso, Cappella degli Scrovegni, Padova

Giuliano Pisani

UN SALTO NEL TEMPO

LA RIVOLUZIONE DI GIOTTO

LA RIVOLUZIONE DI GIOTTO

realizzazione degli affreschi nella Cappella degli Scrovegni. Delle varie vicende che lo hanno vi-sto impegnato si perso moltissimo. Pensando a quello che rimane del Giotto successivo, parlo della Cappella Bardi o della Cappella Peruzzi a Firenze ad esempio, non c proprio possibilit di confronto. Sembra un linguaggio arretrato. Le faccio un esempio musicale: Mozart e Da Ponte. Siccome i due lavorano con una grande sintonia e si divertono e sono due brillanti nel loro rispet-tivo campo, allora noi possiamo avere quellin-venzione che Cos fan tutte, dove sentiamo che c una totale sintonia fra i due. Allora, un uomo intelligente, un teologo aperto d a Giotto la possibilit di esprimere tutto il suo talento. Se, invece, in un ambiente pi conservatore, il pittore ha a fianco qualcuno che gli dice No, le linee, no, troppo... eccessivo... chiaro che la creativit frenata.

C. C.: Dietro al lavoro di Giotto alla Cappella de-gli Scrovegni c, quindi, un teologo intelligente, aperto?

G. P.: Che ci sia dietro un teologo raffinatissimo e coltissimo evidenziato proprio dal mio stu-dio. Prima si pensava che ci fossero delle asso-lute anomalie teologiche dovute ad una libert di Giotto di fare delle scelte casuali. Faccio un esempio. Di fronte alle Virt teologali nellordine fede, carit, speranza, e non fede, speranza, ca-rit, stato detto mette per ultima la speranza perch visto che ha uno slancio aereo verso lalto accompagna lo sguardo dellosservatore verso la scena del Giudizio Universale. Questa era una spiegazione. Dietro al progetto c, invece, un piano filosofico - teologico estremamente rigo-roso. Ecco, bisogna chiedersi come avveniva, di fatto, il lavoro. Bisognava rispondere alle richie-ste di un teologo che diceva mettiamo queste determinate scene del Nuovo Testamento, op-pure, in alcuni casi, mettiamo delle anticipazioni nellAntico Testamento di quello che sarebbe av-venuto nel nuovo. Mettiamo le Nozze di Cana... Tutto questo veniva indicato dal teologo. Il pitto-re creava limmagine e il teologo la approvava. Sotto il monocromo dellIngiustizia c una scena centrale di delitto. Una donna, verosimilmente incinta, che viene presentata nel momento in cui i suoi assassini le sfilano dalle braccia la veste e laltro la uccide. Ecco, una scena cos cruda, as-sieme ad altre scene crude che ci sono nella sce-na dellInferno, sono scene cos violente con una presentazione di organi sessuali maschili, fem-minili. Tutto questo, che sembra un pre-Bosch, non nella sensibilit dei tempi. evidente che il realismo, che abbiamo citato prima, viene ap-provato. Non concepibile che fosse possibile perch si trattava di un oratorio privato. No. In-tanto perch non era privato, il papa Benedetto XI aveva dato la possibilit di far messa pubblica. Ma, soprattutto, perch un ambiente sacro. In tutto questo sta la prova di quel connubio senza il quale Giotto non avrebbe potuto esprimere, in un ambiente religioso, queste immagini che sono rivoluzionarie.

C. C.: Qual luniverso di riferimento?

G. P.: luniverso agostiniano. Ha creato anche turbamento nellUniversit di Padova perch tutti pensavano, chiss poi per quale motivo, che la grande riproposizione di Agostino sul piano del pensiero occidentale fosse in gran parte dovuta a Petrarca, che un agostiniano perfetto, non ci piove. Luniversit di Padova era ununiversit di

tipo tomistico. Quindi lidea era questa: chi ha portato Agostino nella realt del Veneto e poi nella realt pi generale della speculazione in Italia? Petrarca. Allora, il pensiero che agli inizi del Trecento ci fosse un ciclo di affreschi cos sottilmente agostiniano era inconcepibile. Si creata una situazione strana. Io, che sono un fi-lologo classico di partenza, trovandomi dentro la Cappella degli Scrovegni avevo capito benissimo il rapporto filosofico-teologico del ciclo Vizi-Virt. Fa parte del mio bagaglio culturale. Mentre ve-devo che gli specialisti non lavevano capito.

C. C.: Chi il teologo?

G. P.: Questo teologo io lho identificato in Alber-to da Padova. Aveva due anni meno di Giotto. Nel 1300, quando aveva trentuno anni, Bonifacio VIII lo chiam a commentare le Sacre Scritture al concistoro cardinalizio. Gi allora era considera-to un grande teologo e commentatore. Addirit-tura lo chiamavano il san Paolo redivivo. Nella

parte finale della sua vita era maestro di filosofia e teologia alla Sorbona di Parigi. Ha lasciato uninfinit di scritti di cui non sera occupato nessuno. Visto che io conosco il latino, li ho letti per vedere se saltavano fuori riferimenti con la Cappella degli Scrovegni e li ho trovati.

C. C.: Lei ha fatto anche unaltra scoperta ecla-tante.

G. P.: S. La scoperta dellorso col luccio. Sotto la mandorla di Cristo giudice si diceva sedesse-ro i quattro evangelisti, fatti come simbolo. Nel Giudizio Universale il testo di riferimento lApo-calisse di Giovanni. Dio o Cristo che sia, quando appare nel Giudizio Universale da solo. Non centra niente che abbia con s gli evangelisti. Non centrano nulla. Gli evangelisti sono quelli che hanno comunicato Dio. C unaltra cosa cari-na da raccontare. Nel momento in cui si afferma lavvio dellanno millenario, quindi il trionfo di Cristo, la cosiddetta Majestas Domini, capitolo

Giotto di Bondone, controfacciata, Giudizio Universale, Cappella degli Scrovegni, Padova

Giotto di Bondone, controfacciata, Giudizio Universale (particolare), Cappella degli Scrovegni, Padova

LA RIVOLUZIONE DI GIOTTO

IV dellApocalisse di Giovanni, Cristo appare con i quattro evangelisti, i dodici apostoli, le gerar-chie angeliche e i ventiquattro vegliardi. Qualche ignorante ha confuso la Majestas Domini col Giu-dizio Universale - qui chiaro che un Giudizio Universale - dicendo che non sono stati raffigurati i ventiquattro vegliardi perch non centravano. Per ci sono le gerarchie angeliche, i dodici apo-stoli e, sotto il trono, i quattro evangelisti. Allora, i dodici apostoli ci sono perch sono in Paradiso. Le gerarchie angeliche a maggior ragione. E sotto al trono di Cristo non potevano esserci i quattro evangelisti. Io non ho dato per scontato che ci fossero i quattro evangelisti, perch non poteva esserci un errore teologico cos evidente, sono andato a vedere con gli ingrandimenti necessari. Ho scoperto che per duecento anni qualcuno ha detto che cerano gli evangelisti e gli altri hanno ripetuto sempre. In realt c un orso con un luc-cio e un centauro al posto di quelli che dovevano essere il toro di san Luca e laquila di Giovanni. proprio il rigore della concezione teologica ago-stiniana che ha portato alla scoperta di queste immagini nuove.

C. C.: C anche unaltra novit, giusto?

G. P.: S. Ultimamente mi capitato anche di se-gnalare che ci sono dei volti nascosti nel cielo

del Giudizio Universale. Lha ripreso lANSA venti giorni fa. I volti ci sono. Ora bisogna capire se cera una facciata che era stata dipinta e poi stata cambiata idea e si ricoperto di azzurrite

in quel punto. Dopodich il degrado ha fatto at-tenuare la patina e come si vede il battifilo rosso cos si vedono dei volti. Ma questo ancora da verificare.

Giotto di Bondone, controfacciata, Giudizio Unversale, particolari, il pesce e lorso, il centauro, laquila e il leone, Cappella degli Scrovegni, Padova

Giotto di Bondone, arco trionfale, lAnnunciazione, particolare, Cappella degli Scrovegni, Padova