I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

203
Storia dell’arte Einaudi I Ibbetson, Julius Caesar (Farnley Moor (Leeds) 1759 - Masham (Yorkshire) 1817). Educato nella confessione dei moravi e dei quaccheri, giunse a Londra nel 1775-80 ca. Le sue prime opere sono copie da Gainsborough e Wilson, nonché da opere olan- desi del xvii sec., che lo orientarono soprattutto verso il paesaggio e la scena di genere. Un buon esempio del suo stile è Beeston Castle (1793, esposto alla Royal Academy nel 1794: conservato a Nottingham). Eseguí pure scene tratte da Shakespeare per la galleria di Boydell; dopo il 1800 tornò nello Yorkshire, dove finí i suoi giorni. È rap- presentato in musei inglesi di provincia (Leeds, Manche- ster, Nottingham, Newcastle, York), e con numerose opere a Londra, Tate Gall. (i Figli dell’artista, il Ritorno del marinaio sposato e il Ritorno del marinaio celibe). (jns). Ibn al-Bawwa - b (‘Ali ibn-Hila - l) (? - 1022). Era figlio di un portiere della sala delle udienze dei sovrani Bu - yidi, da cui il soprannome di Ibn al-Bawwa - b (poiché in arabo bawwa - b significa ‘portiere’). Fuse i diversi tipi di calligrafia messi a punto da Ibn Muqla‘ e migliorò le tecniche del suo predecessore. Si racconta che copiò 64 esemplari del Corano. Gli si deve anche la copia del - wa - n di poesia di Sala - ma b. G ˇ andal (1017: Istanbul, Santa Sofia n. 4904). I a-B inventò due nuovi tipi di scrittura corsiva, denominati - h . a - - e muh . aqqiq. (so). Ibn Muqla‘ (Baghda - d 886-940). Iniziò come segretario, incaricato di copiare documenti ufficiali per il visir Ibn al-Fura - t. In se-

description

I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Transcript of I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Page 1: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Storia dell’arte Einaudi

I

Ibbetson, Julius Caesar(Farnley Moor (Leeds) 1759 - Masham (Yorkshire) 1817).Educato nella confessione dei moravi e dei quaccheri,giunse a Londra nel 1775-80 ca. Le sue prime opere sonocopie da Gainsborough e Wilson, nonché da opere olan-desi del xvii sec., che lo orientarono soprattutto verso ilpaesaggio e la scena di genere. Un buon esempio del suostile è Beeston Castle (1793, esposto alla Royal Academynel 1794: conservato a Nottingham). Eseguí pure scenetratte da Shakespeare per la galleria di Boydell; dopo il1800 tornò nello Yorkshire, dove finí i suoi giorni. È rap-presentato in musei inglesi di provincia (Leeds, Manche-ster, Nottingham, Newcastle, York), e con numeroseopere a Londra, Tate Gall. (i Figli dell’artista, il Ritornodel marinaio sposato e il Ritorno del marinaio celibe). (jns).

Ibn al-Bawwa-b (‘Ali ibn-Hila- l)(? - 1022). Era figlio di un portiere della sala delle udienzedei sovrani Bu- yidi, da cui il soprannome di Ibn al-Bawwa-b(poiché in arabo bawwa-b significa ‘portiere’). Fuse i diversitipi di calligrafia messi a punto da Ibn Muqla‘ e migliorò letecniche del suo predecessore. Si racconta che copiò 64esemplari del Corano. Gli si deve anche la copia del Dı-wa-ndi poesia di Sala-ma b. Gandal (1017: Istanbul, Santa Sofian. 4904). I a-B inventò due nuovi tipi di scrittura corsiva,denominati rı-h. a-nı- e muh. aqqiq. (so).

Ibn Muqla‘(Baghda-d 886-940). Iniziò come segretario, incaricato dicopiare documenti ufficiali per il visir Ibn al-Fura-t. In se-

Page 2: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

guito a numerosi intrighi, divenne visir egli stesso. Desti-tuito, tre volte fu rimesso in carica, ma finí per morire inprigione, dopo il taglio della mano destra e della lingua.Considerato uno dei fondatori della calligrafia araba, I in-ventò i principî della scrittura detta khatt al-mansu- b (scrit-tura ben proporzionata), fondata sull’armonia delle pro-porzioni dei caratteri e realizzata mediante tracciati geo-metrici, all’interno dei quali sono inscritti i caratteri. Al-cuni studiosi contestano l’attribuzione al visir di tali lavo-ri, e ne ritengono autore il fratello. (so).

IcaIn una vallata peruviana a sud-est di Lima comparve nelxiii sec., nei dintorni dell’attuale città di I, una culturache si estese a tutta la costa meridionale del Perú. La de-corazione della relativa ceramica è costituita da elementigeometrici (greche, triangoli, linee spezzate), nonché dauccelli e pesci stilizzati, che rammentano l’ornamentazio-ne dei tessuti nazca; le giare, le ciotole, le coppe sono de-corate in rosso, nero e bianco su fondo ocra. Sugli arazzi iricami, i tessuti a frange la decorazione è geometrica o co-stituita da animali stilizzati. L’uso dell’ariballo (vasoinca), decorato nello stile ica, compare nel corso del xiv

sec. Tale stile prosegue malgrado l’influsso inca, che di-viene predominante nel 1400 ca.; la conquista della costameridionale del Perú si realizza infatti solo intorno allafine del xv sec. Esempi di questo stile si trovano nelMuseo archeologico di Lima. (sls).

iconaIl termine, letteralmente ‘immagine’, indica nella tradizio-ne ortodossa le «immagini sante» oggetto di venerazionenel culto cristiano, che assunsero, dal concilio niceno II(843) in poi, valenza di vera e propria «dogmatica a colo-ri», corrispondente alla concezione neoplatonica dell’artereligiosa che formula il rapporto tra i e suo prototipocome figurazione «epifanica» del divino escludendo ogniderivazione mimetica dalla natura (Giovanni Damasceno,Difesa delle sacre immagini, viii sec.). Il canone figurativoe l’archetipo iconografico, strettamente legati al culto li-turgico, vennero fissati a partire dal suddetto concilio (ilprimo che ristabilí l’ortodossia del culto delle immagini) ela continuità dei prototipi venne garantita dalla divulga-zione dei manuali per pittori riproducenti modelli, regole

Storia dell’arte Einaudi

Page 3: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

tecniche e spirituali necessarie alla corretta replica dei«tipi»: Cristo (Pantocrator), Vergine (Theotokos, Hode-getria, Eleousa, Blachernitissa e Platytera), i santi ed epi-sodi della loro vita, la figurazione della deisis, alcuni epi-sodi centrali del Nuovo Testamento (in particolare batte-simo, trasfigurazione, crocefissione, ascensione, penteco-ste, morte della Vergine o Dormizione). In origine l’i de-signava ogni tipo d’immagine devozionale, comprenden-do, oltre alle piú diffuse su tavola dipinta, i in diversetecniche e materiali derivati dalla tradizione ellenistica:rilievi in marmo e avorio e in pietra, intarsi marmorei inopus alexandrinum, oreficerie, smalti, tessuti e ceramiche.I laboratori metropolitani si distinsero in particolare altempo dei comneni, nella raffinata trasposizione dell’artemonumentale del mosaico in piccole i portatili le cui mi-nuscole tessere giungono a un grand’effetto di fusione pit-torica. I rari esemplari sfuggiti alle distruzioni degli icono-clasti delle i piú antiche sono dipinti ad encausto su legnoe risalgono al iv-viii sec.; queste immagini, ritrovate nelSinai (monastero di Santa Caterina, che conserva nellasua pinacoteca una delle piú ricche collezioni di i antichee moderne, dal vi sec. all’epoca contemporanea) e a Roma(i detta Madonna della Clemenza, vii-viii sec.: Roma,Santa Maria in Trastevere; risale al periodo del papato delgreco Giovanni VII), testimoniano dell’origine tardo-anti-ca del modello: lo stile astratto e il modulo ieraticodell’immagine frontale (i a grandezza naturale con bustodi Cristo, vi sec.: Sinai, monastero di Santa Caterina, Pi-nacoteca; Vergine con San Teodoro e san Giorgio, vi sec.:ivi) presentano caratteri mutuati dai ritratti funerari delFayyu- m e dal ritratto imperiale (i di San Pietro, vii sec.ca.: ivi; presenza del clypeus con raffigurazioni di Cristo,Vergine, san Giovanni). Il modello dell’i dipinta su tavoladi formato rettangolare, ad immagine singola frontale, ri-marrà il piú usato anche in epoche successive, affiancatoda trittici e da nuove forme e soluzioni iconografiche cheandarono complicandosi progressivamente con lo spegner-si delle manifestazioni iconoclaste (ix sec. in poi): dal qua-drittico all’esadittico, al dodecaorton (o dodecatesio, tavo-la con le dodici feste del calendario liturgico) apposto tragli intercolumni del templon e in seguito inserito nell’ico-nostasi. L’esempio piú antico di questa «icona-calenda-rio» risale all’xi sec. (monastero di Santa Caterina), ma vene sono anche esemplari di piccolo formato destinati alla

Storia dell’arte Einaudi

Page 4: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

devozione privata (cfr. l’i a mosaico delle 12 Feste: Firen-ze, Museo dell’Opera del Duomo); nell’xi sec. si diffuseroi menologi dipinti su i (vite dei santi), in gran parte deri-vati da modelli miniati (cfr. Menologio di Basilio II, del985 ca.: Roma, bv, Vat. gr. 1613), in cui il tono aulico eieratico è abbandonato nella necessità di aderire a unostile piú consono alla tematica narrativa e moralizzantedel soggetto. Lo sviluppo dell’i dipinta, iniziato in epocamacedone (x sec.), trova la sua massima espressione nellostile comneno del xii sec., piú liberamente pittorico e ca-ratterizzato da una forte tensione emotiva (i dipinta delProfeta Elia: monastero di Santa Caterina; mosaico in mi-niatura dell’Ascensione: Parigi, Louvre) e in particolaredurante la «rinascenza paleologa», periodo al quale sonoriferibili gran parte degli esempi dipinti a tempera (terre euovo), su cui veniva stesa una vernice d’olio di lino perfavorire la lucentezza dei colori, mentre sul fondo venivaapplicata una foglia d’oro.Il xiii sec. fu il periodo di maggior espansione dello stilemetropolitano («maniera greca») in Oriente, coprendoun’area che dai Balcani trova riscontro nel linguaggioastratto e ornamentale delle i cipriote (Iconostasi: mona-stero di Santa Caterina) fino in Russia, dove l’influenzabizantina è testimoniata dalla presenza diretta di maestridel Centro (x-xi sec. a Novgorod; xi-xii sec. a Kiev e Vla-dimir; nella seconda metà del xii sec. a Mosca e Novgo-rod con Teofane il Greco), e da esemplari dipinti da arti-sti bizantini come l’i della Vergine di Vladimir (xii sec.:Mosca, Gall. Tret’jakov), creando le basi per una pitturadi i con caratteri propri (→ Russia).Con l’occupazione crociata (1204-91), dell’Imperod’Oriente e il saccheggio di Bisanzio, la pittura delle im-magini devozionali si apre ad esperienze di reciproca in-fluenza e collaborazione tra artisti occidentali (veneziani,toscani, francesi, tedeschi) e orientali sia nei Balcani che aGerusalemme e Cipro. Molti esempi di questo «stile cro-ciato» assimilano espressione realistica occidentale ed ico-nografia greca (cfr. Mosè: monastero di Santa Caterina;Morte della Vergine: ivi), presentando come nel caso dellaCrocefissione (ivi), la nuova interpretazione iconografica diGiunta Pisano nella rielaborazione marcatamente realisti-ca ed enfatica della figurazione che contrasta con la ierati-ca positura degli esempi bizantini d’identico soggetto. La«rinascenza paleologa» chiude la storia dell’i bizantina

Storia dell’arte Einaudi

Page 5: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

che in questo tempo attesta la ripresa di tipi e modelli delx sec. (i a mosaico dei Quaranta martiri: Washington, coll.Dumbarton; la data è riferibile al mosaico della KariyeCamii di Costantinopoli, 1310-20 ca.), in cui la formaclassica si fonde con un forte elemento spiritualizzante(cfr. l’i dipinta dei 12 Apostoli, conservata a Mosca).Il ritorno ai prototipi e il ripetersi dei tipi iconograficiprestabiliti fu un fattore che durò ben oltre la cadutadell’impero di Bisanzio (1453); dopo questa data, venutomeno il mercato centrale, molti artisti si rifugiarono aCreta, grande isola a predominanza greco-ortodossa sottoil protettorato veneziano dal 1204. La colonia di pittori siaccrebbe qui rapidamente, tanto che nel xvi sec. risultanoda documenti d’archivio ben 160 pittori nella città diCandia (Heraklion). Si conosce l’attività di alcuni, tra cuiAngelo Akotantos (attivo dal 1438 al 1450) e AndreasRitzos (attivo dal 1457 al 1492) del quale si conserva laVergine della Passione (seconda metà del xv sec.: Fiesole,Museo Bandini). I maestri cretesi fecero fronte a commis-sioni occidentali (assimilarono nel loro repertorio l’icono-grafia della Pietà e dell’Uomo dei dolori) e richieste dicommittenti greci, per i quali produssero i su modellodell’ideale di bellezza dello stile paleologo. Uno stesso pit-tore poteva esprimersi in due differenti mariere, comeMichele Damaskinos (attivo dal 1520-91) nel lineare efrontale Sant’Antonio (Atene, Museo bizantino) e nel SanMichele influenzato dall’impronta rinascimentale di marcaveneziana (Amsterdam, coll. priv.). Nella seconda metàdel xvi sec. l’influenza occidentale si accrebbe ed i pittoricombinarono ecletticamente ascetismo bizantino e idiomaoccidentale, l’unico che seppe unire struttura dell’i bizan-tina e linguaggio figurativo occidentale in un principiooperativo profondo fu El Greco, come nel Cristo (1600ca.: Edimburgo, ng). La scuola cretese protrasse la suaproduzione fino alla conquista turca del 1715 (tra gli altriEmmanuel Lambardos, Theodoro Poulakis). Dal xvii alxix sec. il fenomeno della pittura di i continuò con i pit-tori itineranti (Cicladi, Tessaglia, Attica, Monte Athos) enel xviii sec. è ancora caratteristico il ritorno ai prototipidella «rinascenza paleologa» (cfr. Laskaris Leichoudis,San Nicola con scene della sua vita, 1733: Atene, MuseoBenakis) recuperati attraverso la Guida della pittura diDionigi di Fuma. (sro).Un gruppo di i, il cui centro di produzione fu probabil-

Storia dell’arte Einaudi

Page 6: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

mente Aleppo, e poi Gerusalemme eseguite a partire dallafine del xvi sec. negli ambienti cristiani di rito melchitainsediatisi in Siria, si collocano, per il carattere popolareed orientale della traduzione degli stilemi bizantini,all’estremo confine della pittura bizantina. Queste i sonoin gran parte firmate, tra i primi autori si ricordano Giu-seppe il pittore di Aleppo (prima metà del xvii sec.), il ce-lebre Silvestro il Cipriota patriarca di Antiochia (1696-1766) e Michele il Cretese. (jle + sr).

iconografiaÈ lo studio del significato delle immagini. Il termine puòapplicarsi al ritratto, e in genere gli archeologhi lo impie-gano in tal senso. Gli storici dell’arte gli conferiscono in-vece un’accezione piú ampia, designando la disciplina ilcui principale oggetto è l’identificazione e la classificazio-ne dei temi delle opere d’arte.S’impiega spesso, erroneamente, come sinonimo il termi-ne ‘iconologia’, benché sia piú corretto ed utile riservarloa una piú complessa interpretazione del senso di un’operad’arte nell’ambito di una specifica cultura.Erwin Panofsky ha indicato tre gradi d’interpretazionedell’opera d’arte (Studies in Iconology, New York 1939;trad. it. Studi di iconologia, Torino 1975): il primo, pro-iconografico determina il soggetto principale o naturale,insieme descrittivo ed espressivo, ad esempio un uomoche ne porti un altro piú vecchio sulle spalle e rechi consé un bimbo; o una donna acconciata con un berretto fri-gio, o un uomo con un garofano in mano. Il secondogrado, iconografico, identifica il tema secondario o con-venzionale: Enea con Anchise ed Ascanio, la personifica-zione della Libertà, un ritratto di Dürer. Infine, l’inter-pretazione iconologica scorge nel tema di Enea e di An-chise un esempio di pietà filiale, riallaccia la personifica-zione della Libertà alle immagini della Rivoluzione france-se, o mostra come il garofano identifichi in Dürer un in-namorato. Panofsky spinge piú innanzi di altri autori l’in-terpretazione iconologica: la integra con l’esame delle ca-ratteristiche stilistiche e formali impiegate talvolta incon-sapevolmente dall’artista ma che, per lo storico, rivelanoatteggiamenti e scelte proprie di un’epoca o di un luogoparticolari, e tali da chiarire la situazione culturale entrola quale l’opera è stata elaborata.Lo studio dell’evoluzione, dei mutamenti e del reciproco

Storia dell’arte Einaudi

Page 7: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

influsso delle formule rappresentative fa anch’esso partedell’i: s’impiega un’immagine tradizionale, per esempioErmes che porta un agnello, o la Vittoria in volo, per unsoggetto nuovo, quale un Cristo assimilato al Buon Pasto-re, o un Angelo librato. Quando la formula nuova non siadatta realmente a quella antica (Giuditta rappresentatasu un cavallo da guerra con la testa di Oloferne, che è unprestito dall’immagine canonica di Salomè che presenta ilcapo di san Giovanni Battista), si parla di «contaminazio-ne».Il metodo iconografico si applica non soltanto alle operedell’arte figurativa, ma anche all’architettura.Storia L’i ha le sue radici profonde nella storia dello stu-dio dell’arte del passato. Di fatto essa ha costituito dalRinascimento, e fino al xix sec., l’oggetto principale dellaricerca, e tuttora costituisce la finalità essenziale dell’et-nografo e dell’antropologo. Le numerose opere pubblicatenel Cinquecento sulle monete, le pietre intagliate e lesculture antiche venivano consacrate ai soggetti rappre-sentati, piú che allo stile. Le monete in particolare venne-ro studiate per il loro valore di testimonianza circal’aspetto fisico degli uomini e delle donne dell’antichità,mentre il rovescio dei pezzi forniva modelli per la rappre-sentazione di concetti come quelli di Vittoria, Fortuna,Giustizia ecc., e il primo manuale consacrato a questotipo di personificazione, l’Iconologia di Cesare Ripa (1a

ed. Roma 1593) li sfruttava ampiamente. AnalogamenteVincenzo Cartari utilizzò tanto le opere d’arte che i testiantichi (Le Imagini degli dèi degli antichi, 1a ed. Venezia1556), mentre altri autori vi cercavano notizie sui costumio i riti. Gli artisti fecero grande uso di tali libri allo scopodi controllare l’esattezza delle loro pitture ispirate a sog-getti antichi o di costruire le proprie allegorie partendo daimmagini generalmente accettate e riconoscibili. Cosí, glistudi iconografici sull’arte antica generarono nuove opered’arte, interpretate dall’i moderna precisamente grazie aquei manuali.Tale tradizione fiorí per tutto il xvii sec. presso autoriquali Girolamo Aleandro il Giovane, Giovanni PietroBellori o Claude Menestrier, i cui scritti a loro volta in-fluenzarono le pitture mitologiche di artisti eruditi comePoussin. Raggiunse l’apogeo all’inizio del Settecento colcompendio di Montfaucon L’Antiquité expliquée (Paris1719, con supplementi successivi). Da tale approccio ico-

Storia dell’arte Einaudi

Page 8: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

nografico all’antichità è nata un’abitudine a classificare leopere d’arte per soggetto. Tale pratica, proseguita dalMontfaucon fino a Clarac (Musée de la sculpture antique etmoderne, Paris 1826-53) ed a S. Reinach (Répertoire de lasculpture grecque et romaine, Paris 1897-98), e generalmen-te impiegata in tutte le opere sulle pietre antiche intaglia-te, si è dimostrata utile particolarmente quando gli altrisistemi, cronologici o topografici, risultino inapplicabili.Le suddivisioni tematiche, impiegate da Adam Bartsch(Le Peintre-graveur, 1a ed. Wien 1802-20), hanno fissatoun procedimento spesso ripreso nei cataloghi successivi.Sviluppo dell’iconografia moderna Lo sviluppo dell’icono-logia nell’ambito della storia dell’arte è dovuto in granparte ad Aby Warburg e alla sua scuola, quantunqueWarburg non fosse un iconologo nel senso moderno deltermine. Il suo principale interesse era quello di scoprirecosa rappresentasse per la civiltà europea la sopravvivenzadel paganesimo e se, in alcuni casi, questo potesse rivelareil significato delle opere d’arte come, per esempio, negliaffreschi del ciclo astrologico di palazzo Schifanoia a Fer-rara. Warburg si interessava all’arte come documento diuna cultura nella quale le credenze astrologiche erano an-cora potenti e le divinità antiche continuavano a sussiste-re sotto tale veste (A. Warburg, Gesammelte Schriften,Leipzig 1932; E. H. Gombrich, Aby Warburg, an Intellec-tual Biography, London 1970). Egli legò alla terminologiaiconografica il concetto di Pathosformel – il gesto espressi-vo tratto dall’antichità – e quello di «inversione»: il gestotroppo espressivo non può ricomparire che tramutato nelproprio opposto (ad esempio, la gamba strappata da unabaccante su un sarcofago di Pentea ricompare in un’operadi Donatello, nel miracolo di sant’Antonio di Padova). A.Warburg lasciò pure un’eredità piú importante, gli allieviformatisi nel suo istituto, che fissarono le basi degli studiiconologici.Uno di essi, Fritz Saxl, rimase fedele all’insegnamento delmaestro ponendo l’accento sulla trasmissione delle imma-gini (tramite le enciclopedie medievali) e interessandosialla cultura e alla religione degli umanisti eruditi: nelculto di Mitra o negli opuscoli della Riforma (F. Saxl,Lectures, London 1957).Fu Erwin Panofsky a centrare l’interesse sull’opera d’artein se stessa, della quale l’ampia padronanza della storiadella cultura gli forniva l’interpretazione. L’iconologia

Storia dell’arte Einaudi

Page 9: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

svolge un ruolo predominante in tutti i suoi scritti; i suoiStudies on Iconology ne fissarono il metodo e fornirono al-cuni esempi tra i piú brillanti della sua applicazione.Altri allievi formatisi nella cerchia di Warburg contribui-rono in larga misura agli studi iconologici (Myth and Alle-gory in Ancient Art di Roger Hink, London 1939; PaganMysteries in the Renaissance di Edgar Wind, London 1959;Symbolic Images di Ernst Gombrich, London 1971). Ri-cerche su temi specifici vennero promosse e pubblicatedalla Biblioteca Warburg (Dürers «Melencolia I» di E. Pa-nofsky e F. Saxl, Leipzig 1923; Hercules am Scheidewegedi E. Panofsky, Leipzig 1930; Apollo und Daphne di W.Stechow, Leipzig 1932; Allegories of the Vices and Virtuesin Mediaeval Art di Adolf Katzenellenbogen, London1939). Ispirata dall’opera di Panofsky, tutta una serie distudi sul significato di singole opere e di tipi iconograficispecifici è comparsa, particolarmente in America, in Scan-dinavia e in Olanda, come l’Imago Pietatis (Icon to Narrati-ve) di Sixten Ringbom, Ab° 1965.Fuori della cerchia immediata di Warburg e dei suoi suc-cessori, l’accento venne posto sull’i piuttosto che sull’ico-nologia. I vari testi sull’i religiosa in Francia di EmileMâle e di Gabriel Millet (Recherches sur l’iconographie del’Evangile, Paris 1916), nonché gli studi di P. Perdrizet(in particolare Speculum humanae salvationis di J. Lutz eP. Perdrizet, Leipzig 1907-1909) e quelli di M. R. James,che proseguono le ricerche di i medievale iniziate da Di-dron e Rohault de Fleury, hanno concentrato l’attenzionesull’importanza di principî quali il rapporto tipologico trale scene dell’Antico e del Nuovo Testamento. L’Art reli-gieux après le concile de Trente (Paris 1932) di Emile Mâleaprí la strada a studi specializzati, come De iconografie vande contra-reformatie in de Nederlanden (Hilversum 1939-40) di J. B. Knipping; e R. van Marle, nella sua Icono-graphie de l’art profane au Moyen Age et à la Renaissance(’s-Gravenhage 1931-32) applicò lo stesso metodo all’arteprofana. Alle enciclopedie generali sulla mitologia e la re-ligione si aggiunsero dizionari specificamente iconografici,come Barockthemen di A. Pigler (Budapest 1956), Attri-buts et symboles dans l’art profane 1450-1600 di G. de Ter-varent (Genève 1958-59), Iconographie de l’art chrétien diL. Réau (Paris 1955-59), come i ricchi volumi dedicati aiSaints in Italian Art di G. Kaftal (Firenze 1952 sgg.), comei diversi repertori, quali il Reallexikon der deutschen Kun-

Storia dell’arte Einaudi

Page 10: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

stgeschichte (Stuttgart 1937 sgg.), il Reallexikon zur byzan-tinischen Kunst (Stuttgart 1966 sgg.) e il Lexikon der chri-stlichen Iconographie (Freiburg 1970 sgg.).Da quando gli studi iconografici hanno rivelato l’impor-tanza fondamentale dei geroglifici e degli emblemi lettera-ri per la comprensione dell’arte del passato (Die Hiero-glyphenkunde des Humanismus in der Allegorie der Renais-sance di K. Giehlow, in «Jahrbuch der... Kunsthistori-schen Sammlung in Wien» (1915); Studies in 17th CenturyImagery di M. Praz (London 1939-1947); The Hieroglyphsof Horapollo di G. Boas (New York 1950); “Icones symbo-licae”, in «Journal of the Warburg and Courtauld Institu-tes» di E. Gombrich (London 1948), l’attenzione si èvolta ai testi essenziali di Giovanni Pierio Valeriano (Hie-roglyphica, 1a ed. Basel 1556), di A. Alciati (Emblema-tum, 1a ed. Augsburg 1531) e di F. Picinelli (Mondo sim-bolico, Milano 1653), del quale è un utile riassunto Em-blemata di A. Henkel e P. Schöne (Stuttgart 1967).Per l’i dell’arte ebraica, fonte classica è divenuta l’operadi E. R. Goodenough Jewish Symbols in the Greco-RomanPeriod (New York 1953-68). Si potrebbero menzionare,per lo studio dell’arte non europea, Etude sur l’icono-graphie bouddhique de l’Inde di A. Foucher (Paris 1900-1905), Legend in Japanese Art di Henri L. Joly (London1908), Elements of Hindu Iconography di T. A. Gopina-thaRao (Madras 1914-1916), Religiöse Plastik der Naturvölkerdi E. Vater (Frankfurt a. M. 1926), Elements of BuddhistIconography di A. K. Coomaraswamy (Cambridge Mass.1935), The Iconography of Tibetan Lamaism di A. K. Gor-don (New York 1939), Myths and Symbols in Indian Artand Civilization di H. Zimmer (New York 1946), AfricanFolktales and Sculpture di Paul Radin (New York 1952),Ancient Indonesian Art di A. J. Bernet Kempers (Cambrid-ge, Mass., 1959), Encyclopedia of Chinese Art Motives diC. A. S. Williams (New York 1960) e Chinese DecorativeArt di Martin Federsen (London 1961).Tra gli studi generali sull’i (e l’iconologia), il migliore èquello di Jan Bialostocki in World Encyclopedia of Art(trad. it. in Enciclopedia Universale dell’Arte, s. v. «Icono-grafia e iconologia», Venezia-Roma 1958 sgg.). In conco-mitanza con il crescente interesse degli studi iconograficisi costituirono diversi archivi fotografici: l’Index di Prin-ceton (di cui esistono esemplari riprodotti nelle bibliote-che di Washington, Berkeley, Utrecht e del Vaticano),

Storia dell’arte Einaudi

Page 11: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

che copre l’arte paleocristiana e quella medievale fino al1400; l’Index iconografico della pittura olandese e fiam-minga, organizzato al Rijksbureau voor KunsthistorischeDocumentatie dell’Aja, e classificato secondo un sistemacomplesso ma rivelatore, concepito da H. van de Waal; ela ricca fototeca del Warburg Institute di Londra.Critica Lo studio dell’i ha sempre avuto i suoi detrattori;e non soltanto fra gli storici dell’arte, che ritengono con-cluso il proprio lavoro una volta che un quadro sia statodatato e attribuito, ma anche tra i sostenitori dell’arte perl’arte. Gli iconografi si sono poi essi stessi spesso espostial biasimo, che viene loro mosso, di disinteressarsi dellostile; e il legittimo uso che essi fanno delle produzioni mi-nori, di cui è noto il soggetto, per chiarire il significato diopere piú importanti, non ha sempre tenuto sufficiente-mente conto delle differenze che esistono tra una xilogra-fia popolare e un’opera di genio.L’argomentazione, secondo la quale gli artisti non si cura-no dei soggetti che trattano, è di difficile giustificazione;tuttavia, l’insistenza dell’iconologo nel dar senso ad opereche assai poco vi si prestano, nonché a cercare un’inter-pretazione piú profonda, oltre il significato esteriore, puòessere eccessiva e scadere nel ridicolo. Creighton Gilbertha mosso una critica a tale tendenza dell’i in On Subjectand Not Subject in Italian Renaissance Pictures, in «ArtBulletin», 1952.Con l’esame del simbolismo insito in gran parte dei detta-gli naturalistici, Panofsky ha espresso in Early Netherlan-dish Painting (Cambridge Mass. 1953) una posizione estre-mamente complessa, che Otto Pächt ha criticato con soli-de argomentazioni teoriche (Panofsky’s Early Netherlandi-sh Painting II, in «Burlington Magazine», 1956) e che hadato adito a fuorvianti banalizzazioni: purtroppo unaschiera di ingenui seguaci per i quali non c’è uccello incielo né filo d’erba che sia privo di significato, e che hadimenticato l’avvertimento dello stesso Panofsky sulla ne-cessità del buon senso e sull’uso del metodo storico, haabusato delle sue conclusioni fino all’assurdo.In senso piú generale, si può sostenere che raramente èpossibile dimostrare o ricusare totalmente un’interpreta-zione iconologica; un testo, anche se conosciuto all’epocae nel luogo della creazione di un’opera, può non essereservito affatto, e le interpretazioni contemporanee posso-no non riferirsi con certezza alle intenzioni dell’artista (J.

Storia dell’arte Einaudi

Page 12: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Montagu, The Painted Enigma and French 17th CenturyArt, in «Journal of the Warburg and Courtauld Institu-tes», 1968). Tale argomentazione, che si applica partico-larmente a quadri problematici, come quelli di Bosch o lemitologie di Botticelli, rimette interamente in questionel’iconologia come disciplina scientifica. Al contrario, le di-chiarazioni personali dell’artista possono servir di base aun’analisi iconologica piú ampia (cosí Karolinska bildideerdi Allan Ellenius, Uppsala 1966). Malgrado queste defi-cienze metodologiche, è pur vero che gli studi iconograficihanno riscosso generale approvazione per il contributoall’interpretazione di molte opere che restavano oscurenel significato. I principî fondamentali dell’iconologia,l’importanza della giusta interpretazione del soggetto perla valutazione totale di un’opera, l’interdipendenzadell’arte e della cultura generale di un’epoca storica nonpossono piú essere messi seriamente in discussione. (jm).

iconologia → iconografia

iconostasiTramezzo a tre porte che nelle chiese ortodosse separa ilsacrario dalle navate. Talvolta in marmo o in muratura, l’iè però di solito in legno. Nell’xi e xii sec. l’immagine diCristo e quella della Vergine (talvolta sostituite dal ritrat-to del santo patrono della chiesa) erano raffigurate sui pi-lastri dinanzi al santuario. Piú tardi vennero trasferite fragli intercolumni principali dell’i. Sullo sportello centrale ègeneralmente rappresentata l’Annunciazione, e sull’archi-trave sono poste alcune icone. Le rappresentazioni dellegrandi feste della Chiesa sono allineate ai lati del gruppocentrale della deisis, vale a dire della Vergine e di san Gio-vanni Battista in preghiera ai due lati di Cristo. La grandedeisis, che comportava la presenza degli apostoli e di altrisanti allineati dopo la Vergine e san Giovanni Battista, inorigine figurava da sola sull’architrave; talvolta, a partiredal xii sec., si è ritornati a questo principio. In Russia le iraggiungono notevole altezza, con diverse fasce di icone.Le icone di Cristo, della Vergine e del santo patrono dellachiesa occupano sempre la fascia inferiore, e la grande dei-sis è raffigurata al di sopra della porta regia. Non solo l’i èassai sviluppata, ma sono maggiori le dimensioni delle sin-gole icone, raggiungendo talvolta piú di 3 m. Le fasce se-guenti comprendono, in successione, le icone delle grandi

Storia dell’arte Einaudi

Page 13: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

feste, dei profeti dei patriarchi, dei cherubini e degli apo-stoli. (sdn).

Idiqut-shahri (Ku™a)Antica città religiosa posta ad est dell’oasi di Tu- rfa-n(Turkestan cinese o Serindia), divenuta capitale sotto ladominazione dei Turchi Uiguri all’inizio del ix sec. Ebbenotevole importanza soprattutto dal vii al x sec. ca. Cintada bastioni, accoglieva molteplici monasteri e santuaribuddisti, nonché alcuni templi manichei. Le vestigia pit-toriche ritrovate sono assai numerose e, in generale, assaibelle. L’attività buddista dovette iniziare verso il iv sec.della nostra èra, poiché diversi frammenti presentano i ca-ratteri dello stile di Qyzyl, cui si riallacciano. La maggiorparte dei monumenti venne peraltro costruita piú tardi,spesso in epoca uigura; cosí le pitture che li adornavanocostituiscono, con quelle di Bäzäklik, il principale lascitodello stile piú evoluto della scuola di Tu- rfa-n. Le particola-ri tendenze artistiche dell’Asia centrale, sviluppatesi inprecedenza dal iv al vii sec., sono state modificate dallamassiccia introduzione di influssi cinesi dopo il vii sec.L’aspetto leggermente angoloso delle figure nelle operepiú antiche scompare nelle piú recenti; i volti e i corpi sifanno piú tondeggianti e persino un po’ gonfi, le curveabbondano e i drappeggi si modificano. Le composizionitendono ad essere piú ariose e lasciano percepire fondichiari sui quali spiccano colori vivi e armoniosi. L’evol-versi delle credenze religiose ha determinato mutamentiiconografici. Ai temi dell’antico buddismo hı-naya-na si so-stituiscono quelli di forme piú recenti della religione,maha-ya-na e piú tardi tantrici. Accanto al Buddha Sa-kyamu- nı-, sino ad allora principale oggetto del culto, altribuddha e bodhisattva divengono le figure principali dicomposizioni spesso simmetriche. Sono circondati da divi-nità secondarie, esseri celesti, monaci e laici in adorazio-ne. S’incontrano anche rappresentazioni dei paradisi. Tal-volta si hanno scene piú movimentate, ove, in nuovi temi,compaiono le divinità, di aspetto terribile, del tantrismo.I donatori e donatrici uiguri sono riconoscibili per il tipoe il costume dai tessuti decorati. Alcuni sono rappresenta-ti su stendardi dipinti, in seta o in tela, e molti presenta-no l’accento di verità proprio dei ritratti. Le opere di ispi-razione manichea sono assai meno numerose, ma notevolianch’esse; in pitture murali dalle armonie cromatiche

Storia dell’arte Einaudi

Page 14: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

chiare sono raffigurati i sacerdoti e gli eletti, dalle lunghevesti bianche e dalle alte acconciature. Numerosi fram-menti ritrovati all’inizio del xx sec. a I dalle spedizionitedesche di von Le Coq e Grünwedel sono conservati aBerlino-Dahlem (Museum für Indische Kunst). (mha).

Ilchester(William Fox-Strangways, quarto conte di) (1795-1865).Diplomatico in Italia dal 1825 al 1838, raccolse una colle-zione dedicata soprattutto alla pittura fiorentina del xiv exv sec., di cui donò una parte al Christ Church College diOxford nel 1828 e nel 1834, con un trittico della scuoladi Duccio, una Madonna della scuola di Piero della Fran-cesca e opere dell’Orcagna, di Sano di Pietro e di Jacopodel Sellajo. I donò la parte residua alla Oxford UniversityGallery (Ashmolean Museum) nel 1850: pannelli di pre-della dell’Orcagna, di Bicci di Lorenzo e di fra FilippoLippi, un San Paolo di Zoppo, un Ritratto di giovane uomoattribuito al Pinturicchio, la Caccia nel bosco di Paolo Uc-cello e il Ritratto di Don Garzia de’ Medici del Bronzino.(jh).

IldegardaÈ chiamato Codice di sant’Ildegarda un manoscritto minia-to eseguito nel 1170 ca., già conservato a Wiesbaden(Landesbibl., Cod I) e scomparso dal 1945. Una copia mi-niata si trova presso l’abbazia benedettina di Sant’Ilde-garda a Eibingen. Sant’I di Bingen (1098-1179), una delledonne piú colte del xii sec., profetessa mistica, scrittrice,medico e viaggiatrice, lasciò nel monastero benedettinoda lei fondato intorno al 1147-50 sul Rupertsberg di Bin-gen la prima serie delle sue visioni, redatta nel 1170 ca.col titolo di Scivias. Il termine coincide forse con l’impe-rativo latino «conosci la via» (di Dio), oppure è una locu-zione tratta dalle 920 parole da lei inventate, costituentiun linguaggio segreto. La seconda parte delle visioni,Liber divinorum operum, scritta sul mistero della fede(Lucca, Bibl. governativa), apparve soltanto all’inizio delxiii sec. La concezione di I sull’essenza del mondo è vici-na a quella di due altre mistiche del xii sec.: Herrade diLandsberg, che, nel suo Hortus deliciarum, volle anch’essaesporre le vie cristiane della salvezza ed Elizabeth diSchönau, che lasciò tre libri sulle sue visioni. Trentacin-que miniature, contraddistinte dall’iconografia e dalla

Storia dell’arte Einaudi

Page 15: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

composizione, si aggiungono nello Scivias alle diverse vi-sioni allo scopo di illustrare la trascendenza. Allegorie earchitetture simboliche, influenzate dall’astrologia e dallacosmologia dell’antichità, contribuiscono a questa «teolo-gia per immagini». All’inizio viene presentata la Visiona-ria; ad essa seguono, fra l’altro, la Sinagoga, rappresenta-zione dell’Antico Testamento, il Coro degli angeli, simbolodi una conoscenza religiosa piú alta, varie visioni che indi-cano nella potenza salvatrice della Chiesa il sacro interces-sore per le persone che hanno smarrito la retta via, poi leCinque Virtú divine, l’immagine della Trinità, la Trinitàvera nell’Unità vera. Tali miniature vivacemente colorate,che impiegano ampiamente l’oro e l’argento, nonché i di-segni a penna del Libro d’ore presunto di sant’I (1190 ca.:Monaco, sb) sono tra le produzioni piú importanti delmedio Reno nel xii sec. Vi si rivelano insieme un certo in-flusso della scuola della Mosa, e quello degli ambienti diColonia e della Sassonia. (gs).

IlkhanidiDinastia mongola che dominò la Persia nel xiii e xiv

sec., il cui impero si estendeva dall’Oxus all’Oceano In-diano e dall’Indo all’Eufrate. Le varie corti, stabilite aBaghda-d, Mara-gha, Tabrı-z e Sult.a-niyya, si circondaronodi artisti che instaurarono un nuovo tipo di miniatura,fortemente influenzata dalla pittura cinese. Cosí, i pae-saggi di stile «impressionista» e poco colorati imitano ipaesaggi cinesi delle dinastie Song e Yuan eseguiti a in-chiostro monocromo. Le illustrazioni del celebre Ja-mi‘at-tawa-rı-kh (Storia universale: Londra, Royal Asiatic So-ciety), opera dello storico Rashı-d ad-Dı-n, rivelano inmodo flagrante quest’intrusione della Cina nella miniatu-ra persiana: le nuvole orlate di frange colorate sono simi-li a quelle che decorano gli arazzi e i ricami cinesi; i dra-ghi, le fenici e le gru sono quanto mai rappresentativi delrepertorio animale dell’Estremo Oriente; l’acqua è rap-presentata a scaglie e onde orlate di schiuma, secondo leantiche convenzioni cinesi; ma i prestiti piú manifestisono gli alberi e le montagne, che hanno intenti tantonaturalistici che calligrafici. Tuttavia, la concezione fon-damentale dell’immagine risponde alle norme persiane: ilpaesaggio riempie gli spazi vuoti. Non esistono limiti de-finiti tra il testo e l’illustrazione, né si ha preoccupazio-ne alcuna della scala nelle composizioni dello Sha-h Na-

Storia dell’arte Einaudi

Page 16: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

meh Demotte, altra opera molto rappresentativa dellascuola ilkhanide. (so).

Illustratore, L’(attivo a Bologna nella prima metà del xiv sec.). Con taledenominazione Longhi designò un anonimo miniatore bolo-gnese, un tempo confuso con un altro miniatore, Niccolò diGiacomo, l’I è pertanto talvolta chiamato Pseudo-Niccolò.Gli si attribuiscono le miniature di numerosi manoscritti –l’Infortiatum di Giustiniano (Cesena, Bibl. Malatestiana),Decretali e un Decreto di Graziano (Roma, bv, Lat. 1389 e1366), Decretali di Bonifacio VIII e Costituzioni di ClementeV (Padova, Bibl. capitolare), Messale degli Archivi capitola-ri di San Pietro in Roma – eseguiti tra il 1340 e il 1350. Intutte queste opere, ove il gusto profano e anzi popolare simescola all’interpretazione sacra, l’I dimostra una libertàd’immaginazione una freschezza narrativa, un senso dellaverità quotidiana che consentono di considerarlo il piú no-tevole miniaturista bolognese del suo tempo. (sr).

illustrazioneImmagine legata ad un testo, l’i ha uno sviluppo connessoall’evoluzione delle tecniche tipografiche e dei procedi-menti incisori (→ incisione). In Occidente i primi esempid’immagini a piena pagina associate a un testo stampato acaratteri mobili sono le xilografie che illustrano le favoledi Boner, pubblicate da Albrecht Pfister a Bamberga nel1461. Inizialmente vengono inserite nei libri immaginipopolari, semplici e di facile lettura, ma già alla fine delxv sec. con il perfezionarsi delle tecniche di riproduzionele figure si fanno piú elaborate e diventano frequenti icasi in cui l’i dei testi viene affidata ad artisti affermati.Alla fine dell’Ottocento, con l’invenzione del retino tipo-grafico, si ottenne riproduzione meccanica di tutta lagamma dei grigi. Si assiste inoltre a un progressivo miglio-ramento della qualità delle immagini e della velocità distampa, grazie all’utilizzo di tecniche meccanizzate, chehanno permesso di sostituire i procedimenti manuali conprocessi fotomeccanici di riproduzione (fotoincisione, fo-tocalcografia, fotolito).

Tecniche� Legno L’incisione su legno di filo, cioè su una tavolatagliata secondo l’andamento della venatura, è la prima ad

Storia dell’arte Einaudi

Page 17: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

essere utilizzata in sede tipografica in quanto consented’inchiostrare e stampare contemporaneamente e in modoomogeneo immagine e testo. Maggiori possibilità di elabo-razione del disegno e di resistenza all’uso nei torchi tipo-grafici sono però offerte da matrici incise su legno ditesta, cioè su tavole tagliate trasversalmente rispetto alsenso delle fibre del legno; tale tecnica conobbe unastraordinaria diffusione nel corso del xix sec.� Taglio dolce Incisione in incavo su metallo, impiegata apartire dal sec. xvi, apprezzata in quanto consente di ot-tenere immagini nitide e precise. Rendeva però piú com-plesse le operazioni di stampa in quanto richiedeva unpassaggio sotto il torchio distinto da quello del testo;venne dunque utilizzata soprattutto per immagini a tuttapagina, fuori testo.� Litografia Il disegno su pietra litografica, come il tagliodolce, ha l’inconveniente di richiedere un passaggio auto-nomo sotto il torchio. Si tratta però di una tecnica ap-prezzata dagli artisti in quanto non richiede un’abilitàspecifica da parte del disegnatore. Con litografie vengonoillustrati alcuni tra i libri piú notevoli del sec. xx.

L’illustrazione in Estremo OrienteL’uso di matrici in legno lavorate a rilievo per ottenerestampe pare noto in Cina già a partire dal vii o vi sec. a.C.; le prime notizie certe di stampe su carta risalgonoperò al vii sec. d. C.� Dal XIV al XVI secolo Testi e immagini a stampa sembra-no seguire percorsi separati, nonostante le tecniche di ri-produzione fossero affini. Tale tendenza non pare modifi-carsi anche con l’introduzione in Corea, verso la fine delsec. xiv, della stampa a caratteri mobili, presto diffusasianche in Giappone. Fanno eccezione alcuni libri religiosigiapponesi, quali ad esempio lo Yulzu Nembutsu Engi (ini-zio del sec. xv) e una biografia di Kobo Daishi (fine delsec. xvi). La Cina dell’epoca Ming (1368-1644) è segnatada un forte aumento della produzione di libri illustrati,dalla sperimentazione di nuovi procedimenti e dal recupe-ro delle tecniche nazionali piú antiche. Una Vita diBuddha pubblicata nel 1486 riprende infatti soggetti raffi-gurati nei rotoli dell’viii sec. A questa data le incisioni,che occupano la metà delle pagine, risultano piú raffinatedelle tavole europee coeve; è però solo dal 1570 che com-paiono i primi testi profani illustrati, con il conseguente

Storia dell’arte Einaudi

Page 18: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

ampliarsi dei tipi e della disposizione delle immagini.� Dal XVII al XIX secolo Già nel sec. xvii in Cina si ese-guono stampe a colori. Si tratta d’immagini affini ai testipittorici coevi, perlopiú derivate da modelli forniti da ar-tisti affermati. È questa la grande epoca dei testi poeticiillustrati. In Giappone, con il pittore calligrafo Koetsu,compare il libro con figure. Dal 1650 cresce la richiesta diimmagini a colori. Tra gli illustratori piú noti figuranoMoronobu (1625-94), primo pittore della scuola ukiyoe,che disegna 150 libri, e, piú tardi, Harunobu (1725-70).A Kyoto si fonda inoltre la scuola di Okyo che, in reazio-ne all’accademismo, si specializza nella caricatura. Nel xix

sec. sono attivi due grandi illustratori, Hokusai e Hiroshi-ge.L’illustrazione in Europa� Il XIV secolo I libri xilografici (Blockbücher) sono iprimi esempi di libri illustrati. Si tratta di raccolte d’inci-sioni, accompagnate da un testo manoscritto o stampato,particolarmente diffuse in Germania e nei Paesi Bassi.Tra gli esempi piú noti figurano l’Ars moriendi, la Bibliapauperum, l’Apocalisse e lo Speculum humanae salvationis.Sono opere in cui l’illustrazione costituisce l’elementoprincipale; i disegni, a volte desunti da modelli piú raffi-nati, sono semplici e lineari, destinati ad essere colorati amano. Nonostante le numerose riedizioni, questi testitendono a scomparire con l’avvento della stampa a carat-teri mobili.� Il XV secolo A Bamberga, nel 1461, compare il primolibro illustrato con testo impresso a caratteri mobili. Sitratta dell’Edelstein di Boner, edito da A. Pfister. In se-guito, ad Augsburg, G. Zainer pubblica alcuni libri im-portanti, quali la Leggenda aurea (1471) e Der Spiegel desmenschlichen Lebens (Lo specchio della vita umana, 1477).A Ulm, J. Zeiner pubblica le Favole di Esopo corredate daimmagini che verranno piú volte riutilizzate, non è raroinfatti che l’editore vendesse o imprestasse le matrici, dicui era proprietario, a colleghi di altre città. A Magonza,nel 1486, compare il Viaggio in Terra Santa di Breydenba-ch, primo libro di cui sia noto il nome dell’illustratore,Reeuwich. Nel 1493 vengono pubblicate le famose Crona-che di Norimberga illustrate da Michael Wolgemut. Unimportante centro editoriale è rappresentato da Basilea,dove dal 1490 al 1494 soggiorna Dürer, che lavora allaNave dei pazzi di Sébastien Brandt (1494).

Storia dell’arte Einaudi

Page 19: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Nei Paesi Bassi i principali centri editoriali sono Lovanio,Bruges e Gouda.In Italia il primo libro illustrato sono le Meditationes diGiovanni Torrecremata, pubblicate a Roma nel 1467.Pochi anni dopo, nel 1472, compare a Verona il De re mi-litari, corredato da aggiornate illustrazioni attribuite aMatteo de’ Pasti. L’i italiana si distingue per l’equilibrioe la linearità delle immagini, arricchite, secondo il gustoumanistico, di elementi tratti dall’antico. Tra gli esempipiú noti si ricordano i Trionfi di Petrarca e, soprattutto, laHypnerotomachia Poliphili, stampata a Venezia da AldoManuzio nel 1499.In Francia, i centri della stampa sono Lione e Parigi. ALione, città di cartiere, ove risiedono stampatori fiammin-ghi e tedeschi, appare nel 1478 il primo libro illustratofrancese, il Mirouer de la Rédemption de l’humain lygnage,per cui vengono impiegate matrici importate da Basilea.Nel 1483 l’editore Guillaume Le Roy comincia a pubbli-care libri illustrati da lionesi; tra i migliori esempi di que-sta produzione si segnala il Terenzio di Trechsel, correda-to da illustrazioni per cui è stato avanzato il nome diPerréal. A Parigi, le piú antiche i conosciute sono quelledel Messale di Jean du Pré. L’editore Guy Marchand pub-blica nel 1485 una celebre Danse macabre e nel 1491 ilCalendrier des bergers, illustrato da tavole attribuite all’in-cisore Jacques Le Rouge. Un ruolo di primo piano è svoltodal calligrafo e miniaturista Antoine Vérard che, oltre apubblicare quasi trecento volumi, rinnova la decorazionedei libri d’ore, che costituiscono la produzione piú carat-teristica dell’editoria parigina.� Il XVI secolo Mentre le tecniche tipografiche, già all’ini-zio del secolo, risultano perfezionate quasi ovunque, laqualità delle i appare eterogenea. Nei paesi germanici glieditori disponevano di cospiqui fondi di legni incisi, chevenivano utilizzati fino a quando non si usuravano. Leedizioni piú belle sono quelle dei testi luterani, spesso il-lustrati da artisti affermati. Hans Cranach prepara i dise-gni per il Passional Christi und Antechristi del 1521 e per laprima Bibbia di Lutero, pubblicata nel 1534; Hans SebaldBeham lavora per le Biblische Historien del 1533. HansGrien Baldung aveva inoltre illustrato Granatapfel (1510)e Burgkmair aveva collaborato al Theuerdank (1517). AFrancoforte operava Jost Amman, il piú produttivo tra gliillustratori germanici. A Basilea Holbein preparava legni

Storia dell’arte Einaudi

Page 20: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

che avevano un’immediata diffusione all’estero: le figuredella sua grande Bibbia compaiono nello stesso anno a Zu-rigo e a Lione e, sempre a Lione, viene pubblicata, nel1538, la sua famosa Danse des morts.Lo sviluppo dell’illustrazione nei Paesi Bassi è piú lento.Tuttavia, già nei primi decenni del Cinquecento appaionoalcuni libri religiosi notevoli, come ad esempio la Bibbiapubblicata nel 1528, cui ha lavorato Luca di Leida. È soloperò verso la fine del secolo che Anversa diventa uno deimaggiori centri editoriali europei, grazie all’arrivo diPlantin e all’opera del suo principale illustratore, Pietervan der Borcht. In Inghilterra la produzione libraria appa-re influenzata dai Paesi Bassi e da Hans Holbein, che sog-giorna a Londra dal 1526. Il primo libro importante è ilVesalio, con i a taglio dolce, pubblicato nel 1545. Nellaseconda metà del secolo i migliori libri illustrati esconodai torchi di John Day.In Italia l’aumento della produzione libraria si accompa-gna all’istituzione, intorno al 1520, di grandi laboratorid’incisione e di riproduzione che producono stampe nonsempre di qualità costante. Il diffondersi del gusto per ilpiccolo formato comporta la nascita di un nuovo stile che,grazie anche al contributo dell’editore veneziano Giolito,si afferma rapidamente. Compare il ritratto-frontespizio,prima su legno e poi a taglio dolce; si ritiene che Tizianoabbia disegnato quello dell’Aretino, pubblicato nel 1537.Era aumentata nel contempo la produzione di opere digrande rilievo su argomenti artistici e scientifici. Unodegli esempi piú illustri è la pubblicazione a Venezia, nel1509, del De divina proportione di Luca Pacioli, illustratoda Leonardo. Nel 1521 compare a Como il De architecturadi Vitruvio, prototipo di innumerevoli edizioni.In Francia, nei primi decenni del secolo, il grande teoricodell’estetica del libro è Geoffroy Tory di Bourges, autoredel famoso Champfleury (1529). I frontespizi vengono or-nati con cornici architettoniche sempre piú elaborate: unmutamento stilistico evidente nei libri d’ore, in quanto laforte richiesta obbligava gli editori ad un rinnovo periodi-co delle matrici. A Lione si pubblicano due celebri seriedi Holbein, le Images de l’Ancien Testament e Simulacres ethistoriées faces de la Mort. Intorno alla metà del secolo sicolloca il momento di maggiore fortuna del libro francesecon la pubblicazione della Hypnerotomachia Poliphili ispi-rata all’edizione aldina. Jean Cousin è autore di un Traité

Storia dell’arte Einaudi

Page 21: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

de perspective (1560) e di un Livre de portraiture, pubblica-to dal figlio, che influenzeranno generazioni di artisti.Verso la fine del secolo si assiste al moltiplicarsi dei libritecnici o storici illustrati, spesso a bulino, come ad esem-pio Les Plus Excellents Bâtiments de France di Androuet duCerceau.� Il XVII secolo Espressioni caratteristiche dell’estetica ba-rocca sono le immagini di grande formato e i frontespiziornati da allegorie complesse. Tale tendenza appare parti-colarmente evidente nei paesi germanici, dove però si re-gistra un generale declino dovuto alla guerra deitrent’anni; continua tuttavia la pubblicazione di libriscientifici.In Italia assumono un rilievo particolare i libri commemo-rativi, come la Pompa funebre per la regina di Spagna, unodei primi testi illustrati da Callot.Nel corso del Seicento si assiste ad una straordinaria fiori-tura dell’editoria dei Paesi Bassi, segnata dall’affermarsi,a livello europeo, di imprese come quelle dei Blaeu e deiJanson ad Amsterdam, degli Elzevier a Leida, dei Plantinad Anversa.Sempre egemone è l’influsso olandese in Inghilterra, dovesi distinguono l’opera del disegnatore Francis Barlow edell’incisore di origine boema Wenceslaus Hollar.In Francia, durante i regni di Enrico IV e di Luigi XIII,l’i appare fortemente segnata dalla presenza di artisti nor-dici, maestri del taglio dolce. Nel 1640 viene istituital’Imprimerie royale, che determina un orientamento clas-sicista nella produzione di libri illustrati: è il caso delleŒuvres di Virgilio e di Orazio e della Bibbia illustrate daPoussin.� Il XVIII secolo In questo periodo si assiste alla diffusionedell’i a taglio dolce e alla produzione di volumi in cui leparti figurate hanno maggiore importanza del testo.Nel corso del secolo la Francia assume un ruolo guidanella produzione libraria. Se, a inizio secolo, le opere diBernard Picart appaiono ancora legate a schemi dell’epocaprecedente, già alla fine del secondo decennio compaionoi di gusto piú moderno. Nel 1718 viene pubblicato Daph-nis et Chloé con tavole desunte dai quadri di Claude Gil-lot nel 1728 De Troy e Lemoine illustrano l’Henriade; nel1734 appare il Molière ornato con 200 figure tratte da di-segni di Boucher. Nella seconda metà del secolo, conEisen e Marillier, si diffonde la moda degli «incisori in

Storia dell’arte Einaudi

Page 22: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

piccolo» (graveurs en petit). Si pubblicano inoltre moltilibri di viaggi, tra cui ad esempio il Voyage pittoresquedell’abate Saint-Non (1781-1786) con disegni di Frago-nard e Hubert Robert. Verso la fine del secolo Fragonardprepara inoltre una serie di disegni per i Contes di LaFontaine (1795), Nel contempo si assiste all’affermarsianche nel campo dell’i, dello stile neoclassico con le edi-zioni di Didot, tra cui figura il Virgilio illustrato da Davide dai suoi allievi Gérard e Girodet.In Inghilterra la produzione libraria è influenzata dalgusto continentale e molte illustrazioni vengono prodottedal francese Gravelot. Tuttavia Hogarth, piú noto per lestampe singole, illustra anche alcuni volumi (Hudibras,1726). Verso la fine del secolo si assiste ad alcuni signifi-cativi rinnovamenti tecnici, come l’introduzione della la-stra d’acciaio, della tavola di testa e delle figure a colori.L’editore Boydell intraprende la monumentale edizione diShakespeare, commissionando le i ad alcuni tra gli artistipiú noti dell’epoca: Reynolds, West, Füssli e Romney.Allo stesso periodo risalgono le acquaforti in rilievo delpoeta e incisore William Blake, che si distingue per la ca-pacità di realizzare un’inedita fusione tra testo e immagi-ni (Songs of Innocente, 1789; The Gates of Paradise, 1793).In Germania si preferisce pubblicare testi letterari di pic-colo formato e almanacchi, libri apprezzati dalla nuovaborghesia. Il piú produttivo autore di i è Daniel Cho-dowiecki (Hermann und Dorothea di Goethe, 1799).L’i italiana del Settecento presenta caratteristiche etero-genee, che rispecchiano i variegati interessi culturalidell’epoca. A Parma lavora il tipografo Giambattista Bo-doni, la cui produzione libraria, ispirata a quella del fran-cese Didot, si distingue per l’eccellente qualità e per la so-bria eleganza delle illustrazioni. Venezia si segnala per l’il-lustrazione dei classici della letteratura italiana: è il caso,ad esempio, della Gerusalemme liberata pubblicata nel1745 con disegni di G. B. Piazzetta o dei rami desunti dafogli di G. Zais per l’edizione degli anni ’70 dell’Orlandofurioso. A Roma, un’originale interpretazione del gustoantiquario viene espressa da Piranesi nelle i per Le anti-chità romane del 1756 e nelle Carceri d’invenzione editenel 1760-61. L’impronta neoclassica, unita alle «invenzio-ni» e ai «capricci» dei paesaggi con rovine di gusto rococòe l’interesse per l’antico sollecitato dai nuovi scavi, trovaampia eco in pubblicazioni di grande impegno, quali ad

Storia dell’arte Einaudi

Page 23: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

esempio Le antichità di Ercolano esposte, opera in otto vo-lumi edita a Napoli tra il 1757 e il 1792 con illustrazionidi R. Pozzi, F. La Vega, N. Vanni su disegno dei fratelliMorghen.� Il XIX; secolo Nel corso del secolo si assiste ad un rapi-do sviluppo delle tecniche, segnato dal passaggio da unalavorazione artigianale ad una industriale, che determinanon solo un forte aumento della produzione di testi illu-strati, ma anche profondi mutamenti stilistici.In Francia, nei primi decenni del secolo, resta dominantel’estetica neoclassica impersonata da David e le pubblica-zioni piú significative sono ancora quelle di Didot (Daph-nis et Chloé, illustrato da Prud’hon). La vignetta xilografi-ca in legno di testa, che sarà molto apprezzata dagli illu-stratori romantici, viene per ora impiegata solo daAlexandre Dessenne. Il momento di cesura può essereconsiderato il 1828, quando appaiono le Chansons di Bé-ranger, illustrate da Henri Monnier e Devéria, e il Faustornato da litografie di Delacroix. Al mutato orientamentoculturale corrispondono alcune novità tecniche, come lapossibilità di eseguire grandi tirature a basso costo e gliinizi della stampa periodica illustrata, che consentono adautori come Célestin Nanteuil Raffet, Charlet, Grandvilleo Gavarni di raggiungere un vasto pubblico. Aquest’epoca Daumier collabora regolarmente con la rivista«La Caricature» e nel 1857, con il Rabelais, ha inizio lafeconda carriera di Gustave Doré. Dal 1865, con l’intro-duzione della riproduzione fotomeccanica, si registra unoscadimento nella qualità delle immagini, a cui i bibliofilireagiscono promuovendo edizioni raffinate. Nel 1869l’editore Lemerre pubblica i Sonnets et eau-fortes con tavo-le di Corot e di Manet. Ancora Manet, nel 1875, esegueuna serie di litografie che illustrano Le Corbeau di EdgarAllan Poe. Nel 1893 compare il Voyage d’Urien di Gideornato da litografie a colori di Maurice Denis.Le numerose novità tecniche determinano in Inghilterra ildiversificarsi dei procedimenti di stampa. Nei primi de-cenni del secolo è ancora Blake l’illustratore di maggior ri-lievo, sia nell’incisione su acciaio (Jerusalem), sia in quellasu legno (Virgile di Thornton). Nel contempo nascono iprimi periodici illustrati, che si avvalgono della collabora-zione di alcuni tra gli artisti piú noti, quali ad esempioJohn Gilbert, che lavora per l’«Illustrated London News»e Whistler, che collabora a «Once a Week». In ambito

Storia dell’arte Einaudi

Page 24: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

preraffaellita si segnalano le illustrazioni del 1855 di Ros-setti e Millais per The Music Master e, ancora di Millais,quelle per The Parables of our Lord, apparso nel 1863. Lafine del secolo è segnata dalla presenza di due grandi per-sonalità molto diverse tra loro, quali erano William Mor-ris, impegnato nel recupero di una dimensione artigianalenella produzione libraria, e Aubrey Beardsley, autore dieleganti illustrazioni di gusto decadente.In Germania, il fondatore dell’i moderna è il pittore diquadri storici Menzel, impegnato dal 1843 al 1856 nellaproduzione dei legni e di alcune litografie a colori per itrenta volumi della Vita e opere di Federico il Grande.. Ilpiú importante giornale illustrato, i «Fliegende Blätter»,utilizza i giovani artisti dell’accademia di Monaco. Da se-gnalare infine le acquaforti eseguite nel 1880 da MaxKlinger, Amore e Psiche e, dello stesso, le litografieBrahms Phantasie del 1894.In Italia, la diffusione e la fortuna della stampa politicadel periodo napoleonico a carattere satirico e d’attualità,favori l’aggiornamento sulle nuove tecniche (acquatinta,incisione a colori, uso della matrice in acciaio), che vengo-no sviluppate soprattutto dagli editori milanesi; l’affer-marsi del collezionismo bibliofilo determina inoltre ritornisperimentali a tecniche antiche. Caratteristica dell’epoca èl’ampia divulgazione di album al tratto, quali ad esempioquelli di Filippo Pistrucci e di Bartolomeo Pinelli L’impe-gno scientifico-documentario diede luogo a pubblicazionid’interesse erudito e geografico molto popolari furonoinoltre le i di viaggi pittoreschi, come ad esempio quelledi E. Gonin per il Viaggio romantico pittorico delle provin-ce occidentali dell’antica e moderna Italia edito a Torino daFelice Festa tra il 1824 e il 1834. La litografia ha unruolo di primo piano nella stampa risorgimentale e nell’id’autore: è il caso di F. Hayez che illustra ventidue sog-getti tratti dall’Ivanhoe di Scott (1822) e che nel 1843fornisce cinque disegni per le Tragedie di Schiller. Nuoviproblemi di modalità di rapporto tra immagine e testovengono posti dall’esigenza di illustrare il romanzo stori-co. A tal proposito è da ricordare l’edizione del 1840 deiPromessi Sposi – curata dallo stesso Manzoni, affiancatoda Massimo d’Azeglio e da Francesco Gonin e con la col-laborazione di diversi artisti stranieri – che sancisce l’in-troduzione in Italia della vignetta xilografica.� Il XX secolo In Francia si fa sempre piú frequente la ri-

Storia dell’arte Einaudi

Page 25: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

chiesta di edizioni pregiate, a tiratura limitata e con illu-strazioni d’autore. Le società di bibliofili si moltiplicanoe, soprattutto, si affermano alcuni editori d’avanguardia.Tra questi si distinguono Vollard, che nel 1900 incaricaBonnard di illustrare Parallèlement di Verlaine, e, piúavanti, si avvarrà della collaborazione di artisti qualiDufy, Rouault e Picasso, Romagnol, che nel 1908 affida aKupka l’illustrazione delle Erinnyes di Leconte de Lisle eKahnweiler che, tra il 1909 e il 1959, licenzia trentaseilibri segnalandosi per aver saputo tempestivamente pub-blicare immagini d’artisti d’avanguardia: da Derain aDufy, Max Jacob, Sonia Delaunay e Picasso. Dopo il1945 anche Miró e Chagall, tra gli altri, saranno protago-nisti di diverse operazioni editoriali. Dopo la fine deglianni ’60 si è sviluppato un altro tipo di pubblicazione: sitratta di testi e riproduzioni fotografiche, sia isolati, siaassociati, interamente concepiti dall’artista, talvolta stam-pati in occasione di una mostra.In Inghilterra, all’inizio del Novecento, persistono lenorme d’illustrazione che avevano guidato la produzionelibraria del secolo precedente. Una tendenza al rinnova-mento si registra comunque intorno al 1915, sollecitatadalle opere del pittore Paul Nash e dello scultore Gill.In Germania, per influsso dello Jugendstil, il libro illustra-to viene profondamente innovato. Tre artisti, Max Lie-bermann, Louis Corinth e soprattutto Max Slevogt, rin-novano la tradizione litografica per le edizioni Cassirer aBerlino. A Dresda il gruppo Die Brücke dà un contributosignificativo alla grafica.In Austria, a Vienna, Kokoschka è impegnato dal 1908nell’esecuzione di litografie per l’illustrazione di libri. Al-fred Kubin è considerato l’interprete ideale dei testi fan-tastici. Intorno al 1920 viene reintrodotto l’uso dell’inci-sione su legno di filo, sfruttata soprattutto da Barlach.Con l’aumento della produzione editoriale e la nascitadelle prime esposizioni specializzate si vanno scoprendo,anche in Italia, le potenzialità espressive dell’i. Valga daesempio l’esperienza di «L’Italia che ride», un periodico acui collaborarono, tra gli altri, Ardengo Soffici, GalileoChini, Duilio Cambellotti, Adolfo Magrini e GiacomoBalla. Anche altre riviste, eterogenee negli orientamenticulturali, contribuirono in modo determinante ad accre-scere l’interesse per la grafica: si pensi ad esempio a«L’Arte decorativa moderna», «Emporium», «Novissi-

Storia dell’arte Einaudi

Page 26: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

ma», «L’Illustrazione italiana», «Il Leonardo». Di note-vole importanza è anche la grafica dei periodici futuristi,da «L’Italia futurista» a «Noi», e soprattutto di «Lacer-ba» che, pur non essendo interamente futurista, pubblicale immagini degli artisti del movimento. Nel ventennio fa-scista una delle riviste di maggior spicco è «Il Selvaggio»,a cui collaborano Mino Maccari, Morandi, Carrà, Rosai.Negli anni ’30 un forte impulso all’i è dato anche dall’af-fermarsi di collane di libri illustrati: dai pioneristici«Classici del ridere» editi da Formiggini alle diverse seriedi volumi per l’infanzia, come la «Biblioteca dei miei ra-gazzi» della Salani e «La scala d’oro» della Utet. I libri fi-gurati d’autore, a tiratura limitata, introdotti in Italia giànegli anni ’20 da Giulio Aristide Sartorio, conoscono, nelsecondo dopoguerra, una considerevole fortuna, coinvol-gendo artisti come De Pisis, Manzú, Campigli, De Chiri-co ed editori come Marderstaig e Tallone. (mpe).

Imparato (Imperato), Gerolamo(attivo a Napoli dal 1573 alla morte, 1607). Formatosi se-condo alcune fonti presso il padre Francesco (figura tutto-ra non documentata dal punto di vista artistico), si avvi-cinò dapprima alla maniera di Marco Pino, per poi aprirsia soluzioni di dolcezza cromatica baroccesca tipiche diampi settori della pittura napoletana verso il 1575. Intrat-tenne rapporti imprenditoriali ed intensi scambi di culturafigurativa con Wenzel Cobergher, Giovanni Angelod’Amato, Francesco Curia e Teodoro d’Errico, lavorandoa Napoli e nel Viceregno, ma anche esportando dipinti inSpagna. Sue prime opere sono il Gesú tra i Dottori (1591-92, firmato: Burgos Santa Maria de la Vid) e l’Annuncia-zione (firmata e datata 1591: Castiglione Cosentino SantaMaria dell’Olmo), alle quali segue un fitto catalogo di di-pinti di soggetto religioso, in cui il clima devozionale dellacontroriforma è vitalizzato da un impegno formale di altaqualità: la Deposizione (Napoli, Santi Severino e Sossio); laMadonna del Carmine con i Santi Francesco d’Assisi e Fran-cesco di Paola (1598: Napoli, Spirito Santo); la Natività(1603: Napoli, Gesú Nuovo); l’Immacolata (firmata e data-ta 1606: Vibo Valentia, San Raffaele); il Martirio di sanPietro da Verona (1607: Napoli, San Pietro Martire). (rla).

impastoMateria pittorica costituita da pigmenti e legante aventefunzione costruttiva nei confronti dell’immagine. Il termi-

Storia dell’arte Einaudi

Page 27: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

ne nasce nella letteratura artistica nel sec. xvii: Boschinilo definisce fondamento del colorito, con riferimentoall’uso di Tiziano e dei veneti di realizzare l’abbozzo concolpi di pennello risoluti e intrisi di colore denso, per tor-narvi con ritocchi e velature di finitura. In seguito il si-gnificato si amplia sino a connotare la qualità cromatica edisegnativa dell’opera, indipendentemente dagli aspetticompositivi e iconografici: la figura che non mostra stentoè di buon impasto (Baldinucci) sia se realizzata con unamescolanza di colori composta sulla tavolozza e sembrifatta come di un solo tocco, sia se realizzata direttamentesulla tela con pennellate di colori diversi (Lacombe). Sino-nimo di colorito (Milizia), trova largo impiego anche nellacritica artistica contemporanea. L’i può essere piú o menocorposo a seconda della quantità di diluente utilizzato alarghe masse e uniforme, oppure vibrante e mosso daicolpi del pennello o della spatola. Un’errata proporzionefra i componenti può dar luogo, nel tempo, a crettaturaanomala e a problemi di conservazione.Vasi di i: ceramiche archeologiche di argilla non depuratacon additivi lavorate a mano. (co).

Imperiali → Fernandi, Francesco, detto l’

impresa → emblema.

impressionismoMostre del gruppo In Francia, durante il secondo Impero,alcuni giovani artisti, che cominciavano ad affermare lapropria personalità, si erano resi conto del fatto che lapittura tradizionale e ufficiale non corrispondeva piú alleesigenze dell’epoca; inoltre, erano stanchi del sistematicorifiuto delle loro tele da parte dell’unica manifestazioneufficiale, il salon. Decisero di costituire un gruppo, di fon-dare una «società». La guerra del 1870 ritardò la realizza-zione del progetto. In seguito questi artisti riuscirono adorganizzare una «società anonima in cooperativa di arti-sti, pittori, scultori, incisori, a capitale e personale varia-bili», il cui primo fine era di allestire mostre libere, senzagiuria e senza premi onorifici. La prima mostra si tenne aParigi, al n. 35 del boulevard des Capucines, nello studioda poco lasciato libero dal fotografo Nadar. Ebbe luogodal 15 aprile al 15 maggio 1874; comprendeva 165 tele ditrenta diversi autori. Cézanne vi presentava tre opere,

Storia dell’arte Einaudi

Page 28: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Monet cinque quadri e sette schizzi a pastello, Degasdieci quadri, disegni e pastelli, Sisley cinque paesaggi,Berthe Morisot nove dipinti, acquerelli e pastelli, Pissarrocinque paesaggi, Renoir, presidente della società, sei telee un pastello. Tra gli altri partecipanti figuravano Boudin,Bracquemond, Cals, Lépine, Rouart. In occasione di talemostra al gruppo venne dato il nome di i, ispirato daiquadro di Monet Impressione al levar del sole (1872: giàParigi, Museo Marmottan). Con varie vicissitudini, e mal-grado i disaccordi interni, la società giunse ad organizzareotto mostre. La seconda ebbe luogo al n. 11 di rue Le Pe-letier nell’aprile 1876, con diciotto partecipanti. Degas viespose ventiquattro opere, Pissarro dodici, Monet diciot-to tele, Renoir quindici, Sisley otto; Berthe Morisot eraancora presente, ma Cézanne rifiutò di esporre. La terzamostra si tenne al n. 6 di rue Le Peletier nell’aprile 1877contava anch’essa diciotto partecipanti. Vi erano rappre-sentati Monet con ventidue tele e Pissarro con ventidueopere; Cézanne, che era tornato ad unirsi al gruppo, inviòsedici opere, Monet venti tele, Sisley diciassette, BertheMorisot diciannove. La quarta mostra, che si tenne inavenue de l’Opéra n. 28 nell’aprile-maggio 1879, lasciòper la prima volta un modesto utile nelle casse della so-cietà. Comprendeva quindici partecipanti, tra i quali perla prima volta Mary Cassatt; Degas vi inviò probabilmen-te meno di dodici tele; Pissarro vi espose trentotto opere,Monet trentanove quadri, e Gauguin venne invitato adesporvi, fuori catalogo, una scultura. Si possono invecenotare le defezioni di Cézanne, Renoir, Sisley e BertheMorisot. La quinta esposizione, tenutasi in rue des Pyra-mides 10 nell’aprile del 1880, ospitò ancora quindici par-tecipanti, ma vi si osserva l’assenza di Monet, Renoir eSisley, e la presenza di Gauguin, che espose sette tele edun busto in marmo; Degas inviò otto quadri, Pissarro un-dici tele ed una serie di acquaforti; Berthe Morisot erarappresentata da quindici fra tele ed acquerelli. Nel 1881,la sesta mostra tornò a tenersi al n. 35 del boulevard desCapucines, con tredici partecipanti. Degas inviò una sta-tuetta e sette opere, Pissarro undici quadri, Moriset settetele, Gauguin due sculture ed otto quadri. Si riscontral’assenza di Cézanne, Monet, Renoir e Sisley. Nel 1882,per la settima esposizione, il gruppo si riduceva ad ottopartecipanti, presentandosi nel mese di marzo alla galleriadi Durand-Ruel, accanito sostenitore di questa pittura an-

Storia dell’arte Einaudi

Page 29: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

cora incompresa. Pissarro vi espose trentasei opere,Monet trentacique, Renoir venticinque, Sisley ventisettepaesaggi, Berthe Morisot nove tele e Gauguin dodici.Per molti anni la società restò poi inattiva. Le disputeestetiche si fecero sempre piú aspre, e l’i venne ormai at-taccato da un certo numero di artisti e anche all’internodello stesso gruppo. Redon gli era ostile, mentre Seuratmirava a fondarlo su basi scientifiche. Malgrado tutto sidecise di tenere un’ottava mostra, che ebbe luogo in rueLaffitte 1 nel maggio-giugno 1886, con diciassette parteci-panti. Fu l’ultima. Degas vi era rappresentato con cinqueopere e dieci pastelli, Pissarro con venti tele, pastelli,guazzi e acquaforti; Berthe Morisot vi espose quattordiciopere, Gauguin diciannove, e Seurat, provocando vive di-scussioni, sei tele e tre disegni. Monet e Renoir manife-starono il proprio dissenso nei riguardi del nuovo venutorifiutando di esporre alla mostra; ed anche Sisley se neastenne.Precursori; scoperte L’i non è una scuola, ma innanzitutto un comune atteggiamento di alcuni artisti verso iproblemi essenziali della propria arte. Anche quando imezzi impiegati sono condivisi e quando sono mutuamen-te vicini i risultati restano profondamente individualizza-ti. Una visione collettiva si crea soltanto in occasione dibrevi periodi di lavoro in comune, in un determinatoluogo. I pittori che hanno partecipato all’i non sono mol-tissimi; e, per ciascuno di loro, va preso in considerazionel’intero complesso delle sue opere. Quanto oggi va sotto ilnome di i è il risultato d’una lunga evoluzione che pone lapittura dell’Ottocento sotto il segno del paesaggio. I varitentativi si concatenano, su ambedue le rive della Manica.In Inghilterra, Constable che negli schizzi a olio eseguitidal vero studia le ininterrotte trasformazioni del paesag-gio, o Turner, la cui opera si concentra sullo studio dellaluce. In Francia Delacroix, che ha studiato lungamente iveneziani, presagisce le leggi del divisionismo cromatico,dei colori complementari e dei contrasti, o Corot che èapostolo della «pittura all’aperto», e resta fedele al pae-saggio. Infine Courbet ricompone instancabilmente lestrutture delle alte fustaie, delle scogliere gessose della suaterra natale. I precursori del movimento sono rintracciabi-li in Daumier, per le sue ricerche ritmiche, Millet, nei pit-tori di Barbizon, Rousseau, Daubigny, Diaz, e infine neipittori di marine Boudin e Jongkind. Inoltre due grandi

Storia dell’arte Einaudi

Page 30: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

scoperte realizzate nel xix sec. contribuirono a svilupparela percezione e, nel contempo, sconvolsero i canoni tradi-zionali: la fotografia e la codificazione dei colori dovuta aChevreul. La fotografia, inventata da Niepce, venne pre-sto considerata uno straordinario strumento d’investiga-zione. Giungevano con essa, in certo modo, a compimen-to tutti i mezzi utilizzati a partire dal Rinascimento perconsentire agli artisti di ritrovare la realtà, di imitare lanatura con esattezza. La fotografia apparve il mezzo attoa ridurre preliminarmente le vedute naturali a superfici,ove ogni cosa assumeva la giusta collocazione. Il paesaggioviene in tal modo ricondotto a piani e masse, ma l’occhioscopre pure, nell’immagine fotografica, effetti ottici chel’artista può assumere a propria base incontrovertibile.Alcuni tra gli impressionisti furono i primi a servirsene si-stematicamente. Infine, le scoperte del chimico Chevreulhanno importanza fondamentale. Direttore della manifat-tura dei Gobelins, egli pubblicò tra il 1828 e il 1831 lesue lezioni di chimica applicata ai colori e alla tintura, enel 1839 la memoria intitolata De la loi du contraste simul-tané des couleurs et de l’assortiment des objets colorés con-sidéré d’après cette loi dans ses rapports avec la peinture; poi,nel 1864, l’opera Des couleurs et leurs applications aux artsindustriels à l’aide des cercles chromatiques.. Osservandoche la giustapposizione degli oggetti colorati, la «legge deicontrasti simultanei tra i colori», consente di prevedere lemodificazioni che ciascun oggetto colorato subisce in vici-nanza di un altro oggetto colorato, egli riassume i suoi ri-sultati in due punti: ogni colore tende a colorare i colorivicini col proprio complementare; se due oggetti hannoun colore in comune, l’effetto della loro giustapposizioneè di attenuare notevolmente l’elemento comune. Gli im-pressionisti trovarono nelle teorie di Chevreul sia un am-pliamento della visione che una conferma della propria in-tuizione. Ma esse li interessarono soltanto nella misura incui tali dati sperimentali consentirono loro di rivelare me-glio le proprie individuali e soggettive emozioni. Ormai l’ipoteva trascurare le convenzioni tradizionali dell’arte deldipingere: il disegno, la prospettiva, l’illuminazione distudio. Forme e distanze vengono suggerite attraverso levibrazioni e i contrasti di colore, considerando il soggettounicamente entro la sua atmosfera luminosa e nel mutaredell’illuminazione. Si spiega cosí la predilezione degli im-pressionisti per tutto ciò che sia in moto, e per l’acqua in

Storia dell’arte Einaudi

Page 31: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

particolare, che si presta ad ogni riverbero. Si può ricor-dare a questo proposito il passo di P. Claudel: «L’acqua èlo sguardo della terra, il suo strumento per guardare iltempo». Nel modo, del tutto peculiare, che li caratteriz-zava, gli impressionisti tenteranno, con la sensazione vis-suta, d’iscrivere anche sulla tela il tempo che scorre insie-me all’acqua.Gli artisti; incontri storici Tranne Camille Pissarro, natonelle Antille nel 1830, i pittori che formarono il gruppoimpressionista nacquero tutti entro lo spazio d’un decen-nio, tra il 1832 e il 1841. Per la maggior parte erano natia Parigi, da agiate famiglie borghesi: Manet (1832), Degas(1834), Sisley (1839, di genitori inglesi), Monet (1840),Guillaumin (1841), Cézanne (1839, provenzale), Renoir(1841, da una modesta famiglia del Limousin), Bazille(1841, di Montpellier), Berthe Morisot (1841). A questivanno aggiunti i nomi di Fantin-Latour, di Grenoble(1836) e dell’americano Whistler (1834). Appartengonoinvece a generazioni successive Gauguin, Van Gogh, Seu-rat, Toulouse-Lautrec, che, all’inizio della carriera, attin-gono all’i.. Gli impressionisti cominciarono ad unire i pro-pri destini dopo il 1850, quando Manet entrò nello studiodi Couture, insegnante presso l’Ecole des beaux-arts. Nel1855 l’esposizione universale di Parigi, ove per la primavolta veniva allestita un’importante mostra dei Beaux-Arts, ampiamente aperta a partecipazioni straniere, favorígli incontri ed i contatti. La didattica ufficiale avevaun’impronta decisamente accademica. Tutti i giovani pit-tori, che non potevano evitare di passarvi, se ne allonta-navano rapidamente, interrogandosi sulle strade nuoveaperte da personaggi come Courbet o Corot. Il problemaattuale era, di fatto, quello che si ponevano Courbet e isuoi amici scrittori. Nel 1856 Duranty fondò la rivista«Réalisme», e i caffè si animarono di discussioni: al Ta-ranne si potevano incontrare Fantin-Latour coi suoiamici, al Fleurus gli allievi di Gleyre. Ma il centro vero eproprio era la birreria dei Martyrs, sotto l’egida di Cour-bet, intorno al quale erano Baudelaire, Champfleury,Banville, Castagnary. Gli artisti lavoravano spesso al Lou-vre, cercandovi modelli – e qui s’incontrarono fra gli altriManet, Fantin-Latour, Whistler – o in uno studio liberorecentemente aperto, sul quai des Orfèvres, all’AcadémieSuisse. Intanto si moltiplicavano i segni di rinnovamento.Per esempio, nel 1856, l’incisore Bracquemond entrava in

Storia dell’arte Einaudi

Page 32: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

possesso di alcune incisioni di Hokusai: le stampe giappo-nesi esercitarono un considerevole influsso sulle concezio-ni pittoriche dei giovani artisti. Nel 1859 l’ingiustizia ècosí manifesta nelle decisioni della giuria del salon che ilpittore Bonvin decise di esporre nel proprio studio alcuneopere respinte. In tale occasione Courbet si legò a Whi-stler e a Fantin-Latour. In quell’epoca Monet giungeva aParigi, e scopriva meravigliato, nel Salon Daubigny,Corot e Rousseau. L’insegnamento di Boudin, di cuiaveva fruito a Le Havre, lo incitò ad iscriversi all’Acadé-mie Suisse, anziché all’Ecole des beaux-arts, e qui incon-trò Pissarro. Poco dopo fece il servizio militare in Algeria:«Le impressioni di luce e di colore che ebbi laggiú, - diràpiú tardi, - dovevano essere il germe delle mie future ri-cerche». Nel 1861 Delacroix completava gli affreschi inSaint-Sulpice; la loro esecuzione, a grandi pennellate di-scontinue, consente, in distanza, un effetto di fusa omo-geneità. Dal canto suo Manet si orientava verso una pit-tura di contrasti, nella quale cercava di liberarsi dagli «ar-zigogoli» visivi derivanti dall’insegnamento impartitonegli studi ufficiali. La sua opera corrisponde in quel pe-riodo alle concezioni di Baudelaire, il quale proclamava lamodernità della visione e la sostituzione degli elementi diattualità alle convenzioni fittizie: la Musica alle Tuileries(Londra, ng) dà per la prima volta un’espressione com-plessiva di una società, al di là del carattere simbolico cheancora caratterizzava le grandi composizioni di Courbet.Ruolo di Manet Un passo decisivo venne compiuto conl’esposizione, nel marzo-aprile 1863, di Musica alle Tuile-ries. Questo quadro colpí profondamente il giovaneMonet, che non ne conosceva ancora l’autore. La reazionescoppiò il 15 maggio dello stesso anno, dinanzi al Déjeu-ner sur l’herbe (Parigi, mo) esposto al Salon des réfusés,organizzato per decisione dell’imperatore, tanto viveerano state le proteste suscitate dal rigore della giuria delsalon. Lo scandalo toccò il culmine col salon del 1865, oveManet espose l’Olympia (ivi), dipinta due anni prima.Questa pittura franca, priva di simboli, essenzialmente vi-siva, sembrava negare l’ordine sociale. I nudi, al centro diambedue i quadri, benché ripresi da modelli classici nonhanno piú nulla delle convenzioni consuete delle figure discuola. Il trionfo di Manet fu presto sancito dai giovanipittori. A lui si volsero spontaneamente Monet, Sisley,Renoir, Bazille, che avevano appena lasciato lo studio di

Storia dell’arte Einaudi

Page 33: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Gleyre. Erano ancora, nel 1865, sconosciuti; ma con essisi preparava il cambio della guardia. Per qualche annoManet fu la personalità dominante del gruppo, fino al mo-mento in cui Monet s’impose ai compagni, proponendouna nuova avventura.Monet e la pittura all’aperto Dopo le prime esperienzecon Boudin, per sua stessa confessione Monet deve aJongkind la «definitiva educazione» dell’occhio. A contat-to con lui migliorò la propria tecnica, irrobustí i suoimezzi.Lasciando Le Havre per Parigi, entrò con entusiasmonello studio di Gleyre. Là incontrò altri tre allievi, Sisley,Renoir e Bazille, dei quali divenne amico. L’audacia dellesue intuizioni, la consapevolezza che ebbe delle propriepossibilità, infine la sua tenacia, ne fecero un animatoredel gruppo. Nel 1863 Monet indusse i compagni a recarsia dipingere nella foresta di Fontainebleau; qui Renoir in-contrò per caso Diaz, il quale generosamente lo aiutò.Ammirava Daubigny, che frequentava e che non cessòmai di sostenere i futuri impressionisti, in particolarequando fu membro delle giurie del salon. Dopo la chiusu-ra dello studio di Gleyre (1864), soggiornò varie volte congli amici a Chailly-en-Bière. Là tentò di realizzareall’aperto un’immensa tela di 28 m2, che intitolò a suavolta Déjeuner sur l’herbe (1865). Rimasta incompiuta, fupoi tagliata (Parigi, mo e coll. priv.); sembra fosse, negliintenti di Monet, un tentativo di spingere piú innanzil’esperienza di Manet. Impressionò profondamente i suoiamici, che se ne rammentarono, in particolare Bazillequando questi realizzò la Riunione di famiglia (1867-68:Parigi, mo). Monet dipinse l’anno seguente, nel medesimospirito, un’altra tela meno ambiziosa e meno vasta, Donnein giardino (ivi), anch’essa eseguita all’aperto. Nonostantefosse gravato da problemi finanziari, Monet arrivava a di-struggere le sue tele per evitarne la vendita all’asta. Tornòa dipinti di dimensioni modeste, nei quali, la figuraumana perse, progressivamente, di importanza, a favoredi un interesse sempre maggiore verso la natura. A varieriprese (1867-69) tentò invano di esporre le proprie tele alsalon. Dopo aver dipinto la strada che conduce alla fatto-ria di Saint-Siméon prima nella luce estiva, poi sotto laneve, s’interessò di paesaggi urbani, rinnovandone la de-scrizione attraverso l’uso della veduta panoramica o zeni-tale, tali ricerche dovevano ispirare tutti gli impressionisti

Storia dell’arte Einaudi

Page 34: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

fino alla fine del secolo. Nel 1866, a Sainte-Adresse, di-pinse marine di grande novità, realizzando combinazionivarie di piani sviluppati a bande parallele, o innestati indiagonale. Alla fine del 1868 si stabilí con la famiglia aBougival. Renoir, che abitava non lontano, a Ville-d’Avray, venne a lavorare presso di lui. Le loro impressio-ni si completavano; e, posti dinanzi allo stesso motivo,per la prima volta essi offriranno interpretazioni parallele,conservando ciascuno il proprio linguaggio distintivo, masforzandosi ambedue di creare un nuovo modo di dipinge-re. Dopo aver trattato il tema della barca, dell’acqua, deiriflessi, proseguirono in comune le ricerche, il cui fruttofu la serie della Grenouillère, una spiaggia presso il risto-rante Fournaise. In questi quadri nel contempo analoghi ediversi, simile è soltanto il trattamento dell’acqua, a toc-chi allungati di chiari e scuri alternati. In Renoir le figuresi fondono col fogliame e i personaggi perdono ogni indi-vidualità, avviluppati in sfumature delicate e luminosi ri-flessi. In Monet, invece, i contrasti sono assai piú netti ela luce sembra incollarsi ai personaggi. I dettagli sonotrattati con grande audacia visiva. Insieme, Renoir eMonet studiano inoltre i riflessi del sole sulla neve, sfu-mata di rosa o di giallo, facendone risaltare le ombre, az-zurrastre o malva. Condussero un’esistenza estremamentedifficile, vicina alla miseria; ma ciascuno di loro proseguíaccanitamente il proprio lavoro, e se il loro modo di vive-re fu analogo, mantennero una propria individualità. CosíRenoir, portato dagli amici nella foresta di Fontainebleau,serbò una certa reticenza nei riguardi della pitturaall’aperto: sembra aver sempre bisogno, per applicare letecniche nuove, di ricorrere alle densità e ai volumi dellafigura umana, all’unità cromatica. Affrontò il soggetto at-traverso pennellate finissime, il che alleggerisce le masseprincipali e racchiude le forme in un nimbo poetico; si li-berò allora di una tecnica liscia e smaltata che aveva senzadubbio tratto dalla precoce pratica della pittura su porcel-lana. Sisley, dal canto suo, si affermò come paesaggista.La sua analisi si esprime in variazioni cromatiche assaisottili, ma in tono minore. Bazille restò un po’ in dispar-te, e cogliere le apparenze lo interessò meno della veritàpsicologica. Pissarro fu l’unico che svolse un ruolo presso-ché pari a quello di Monet. Seguí agl’inizi l’esempio diCorot, il che implica sfumature alquanto diverse dalle fol-gorazioni e dai voltafaccia appassionati di Monet; Pissarro

Storia dell’arte Einaudi

Page 35: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

si affrancò progressivamente dall’influsso di Corot osser-vando la campagna, dove decise di stabilirsi. Intorno al1868-70 praticò istintivamente una sorta di frammenta-zione del tocco che preannuncia il divisionismo, e che èanche un modo per esprimere la diversificata densità dellamateria. Durante questa fase non va trascurato l’influssodi Berthe Morisot. Quest’ultima accoglie le impressionicon franchezza e semplicità, e ciò dà alle sue opere un ca-rattere spontaneo e innovatore. Nel 1866 divenne allievadi Manet. E sarà lei, infine, a stimolarne la curiosità nelcampo della pittura chiara. Verso il 1865 Degas è diventa-to amico di Manet, cui si sente piú vicino, anche se la suaconcezione della pittura è molto diversa. Non ha alcunainclinazione per la pittura all’aperto; lo fa solo per periodibrevissimi. Nulla è meno spontaneo e libero della suaarte. Come Manet, rappresenta la vita della società. I suoitemi saranno, di volta in volta, i gesti determinati dallapratica di un mestiere: musicisti, parrucchiere, lavandaie,danzatrici. S’interessa anche dell’effimero, degli effettidella luce artificiale, che affronterà nei quadri dedicati aicaffè-concerto e al music hall. Si appassionò di fotografia,che utilizzò molto, cogliendo la vita nella sua istantaneità.Attraverso la danza e le corse di cavalli, mostra quanto lointeressi il movimento. In questo stesso periodo, la fortepersonalità di Cézanne s’impone agli amici, ma, per il ca-rattere ombroso, resta un isolato. A ogni salon, deliberata-mente, presenta soltanto le opere che a suo avviso scanda-lizzeranno di piú la giuria. Ammira profondamente Dela-croix, Daumier, i veneziani; e concepisce in un primotempo vaste composizioni romantiche dalla fattura goffa etormentata. Ma, sotto le apparenti brutalità, persegue ilfilo di un suo ragionamento per elaborare un diverso si-stema di pittura. Rispetto agli amici, intende manifestarela solidità e la stabilità delle cose; la sensazione, per lui, èsoltanto un mezzo per giungere a superare durevolmentel’emozione, e per molto tempo sembrerà in ritardo rispet-to all’evoluzione dei compagni. Egli costituí inoltre lostrumento di collegamento tra i futuri impressionisti ecolui che doveva esserne il primo sostenitore. Emile Zola,nel 1866, accettò di curare sull’«Evénement» la criticadel salon. Ne approfittò per definire la propria concezionedell’arte, intesa come combinazione tra due elementi: unofisso e reale, la natura, l’altro individuale e soggettivo, iltemperamento dell’artista. Infine, prese coraggiosamente

Storia dell’arte Einaudi

Page 36: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

le difese di Manet, i cui quadri quell’anno vennero rifiu-tati in blocco dalla giuria. Le violente proteste dei lettoriobbligarono Zola ad interrompere la serie dei suoi artico-li, ma ne dedicò a Cézanne i testi, successivamente raccol-ti in opuscolo. Un anno dopo infine, in occasionedell’esposizione universale, cui Manet e Courbet parteci-pavano presentando le proprie opere in due padiglioni ap-positamente costruiti, Zola pubblicava un ampio e perti-nente studio su Manet. A suo avviso il merito di Manet èquello di dipingere per masse, di aver scoperto il tocco, dipartire sempre da una notazione piú chiara di quella esi-stente in natura. Mentre l’esposizione di Manet non in-contrò l’atteso successo, quella di Courbet attirò di piúl’attenzione, e consentí a tutti i giovani pittori di misura-re l’importanza e l’ampiezza del suo lavoro. L’interventodi Zola a sostegno di Manet doveva avere riscontri dura-turi, e fornire una cementazione teorica alle riunioni digiovani artisti e scrittori. Brillanti, appassionate, talvoltarumorose e tempestose, queste riunioni si tenevano alloraal caffè Guerbois, ai Batignolles. Scrittori come Zola, Du-ranty, Astruc, Duret, Burty, Claudel v’incontravano i pit-tori, nonché alcuni sostenitori e primi collezionisti. Con-sentendo comuni prese di coscienza su taluni problemi,soprattutto tecnici, esse ebbero un ruolo importante nellastoria dell’i.La guerra del 1870 e il soggiorno a Londra Benché l’i ve-desse praticamente la luce alla Grenouillère (1869), laguerra del 1870 e gli eventi successivi dovevano dirigerneil corso, e farne precipitare gli sparsi elementi costitutivifino alla definizione di un linguaggio. Tutti gli artisti do-vettero attraversare la fase preliminare del rifiuto. Par-zialmente toccati dallo spirito rivoluzionario degli inizidel 1870, credettero nella possibilità di un generale pro-gresso e s’interessarono dello sviluppo delle scienze speri-mentali. Alla notizia della dichiarazione di guerra allaPrussia ciascuno reagí a suo modo, ma a tutti sembrò che,innanzi tutto, andasse salvata la pittura. Bazille si arruolòe presto cadde a Beaune-la-Rolande. Cézanne lasciò Aix-en-Provence ritirandosi all’Estaque. Renoir fu arruolatoin un reggimento di corazzieri, prima a Bordeaux, poi aTarbes; Degas e Manet tornarono a Parigi, arruolandosisolo dopo la caduta dell’Impero. Monet restò a Le Havre,e poi si recò a Londra, ove lo raggiunse Pissarro. La cor-nice abituale della vita si era spezzata. Ciascuno scopriva

Storia dell’arte Einaudi

Page 37: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

che la soluzione, in quella catastrofe, era di rimettersi allavoro. Fin dal romanticismo, gli scambi letterari ed arti-stici tra l’Inghilterra e la Francia erano stati numerosi efecondi. Per Monet e Pissarro, in quella fase del loro svi-luppo, il forzato soggiorno del 1870-71 comportò nuoviinflussi, conferme ed incontri. I due artisti furono sorpre-si «soprattutto dai paesaggisti» inglesi, che piú si accosta-vano alle loro ricerche «nei riguardi della pittura all’aper-to, della luce e degli effetti fuggevoli». Infine, «quantoalla divisione dei toni», Turner confermava in loro la vali-dità del procedimento. Sia Monet che Pissarro infattis’interrogavano sempre sul modo di trattare le ombre,sulla divisione dei toni e sul mezzo tecnico migliore daimpiegare per raggiungere l’intensità luminosa desiderata.Riscontravano pertanto nell’opera di Turner e in quella diConstable un sostegno, una conferma del proprio tentati-vo. Infine Daubigny, che anch’egli soggiornava a Londra,commosso dalle difficoltà finanziarie dei suoi amici, lipresentò al suo mercante Durand-Ruel, che aveva apertouna galleria in New Bond Street. Durand-Ruel fu il mer-cante degli impressionisti: fu il primo, e per lungo tempoil solo, che osò impegnarsi per loro, non esitando a gioca-re, sulle proprie scelte, la sua fortuna. Svolse un ruolo de-terminante prima per la sopravvivenza, poi per il trionfodi questa nuova pittura.L’effimero Sollecitato da Daubigny, Monet compí, primadi ritornare in Francia, un soggiorno in Olanda, e lo pro-lungò fino alla fine del 1871, incantato dalla luce dei luo-ghi. Realizzò una serie di tele (Mulini in Olanda, Mulini aZaandam), ove l’opacità e la fluidità si contrappongono esi completano come termini estremi di una contraddizionefondamentale in corso di risoluzione. Tornato a Parigi, sistabilí ad Argenteuil. Da quel momento, acquistò un veroe proprio ascendente sul gruppo. Importante fu il suoesempio per Manet, che si decise a dipingere all’aperto.La prima impresa fu magistrale: nella tela Claude Monetnel suo studio (Monaco, np) Manet riuscí a immergere iprofili nella luce animata dagli scintillanti effettidell’acqua. Dal 1872 al 1874 il cammino di Monet è riccoe complesso. Sfrutta alternativamente tocchi tagliati, leg-germente distanziati, come nel Battello da diporto, oppureposati con vivacità, come nelle Regate, con tempo grigio, adArgenteuil. Nel 1872 realizzò a Le Havre, con una pennel-lata estremamente spontanea e fluida, Impressione al levar

Storia dell’arte Einaudi

Page 38: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

del sole (già a Parigi, Museo Marmottan). Nel 1873 dipin-se con Renoir lo Stagno con anatre; l’uno e l’altro adotta-rono un tocco a virgola, molto minuto, che consentiva dinotare ogni lampo di colore, ogni mutamento di luce. Du-rante l’estate del 1874 il processo creativo di Monet ebbeun’accelerazione. In una serie di tele di abbagliante fre-schezza, Il ponte di Argenteuil, La Senna ad Argenteuil, Ve-lieri ad Argenteuil, l’artista persegue i riflessi, i fremitidell’acqua, i lampi di luce. Variava la sua tecnica, impie-gando di volta in volta pennellate ampie o tocchi a virgo-la. Scomponeva il tono, dispiegava al massimo lo spazio,spezzava masse e superfici. Ma, guardando l’esperienzanella sua totalità, va notato che per lui non si trattavatanto di catturare il fuggevole quanto di esprimere, attra-verso la sensazione che ne traeva, la durata, ricollegando-si, in questo, alle riflessioni di Bergson.Renoir: ricerca della densità L’amichevole sodalizioMonet-Renoir, in due momenti decisivi, rivela la partesvolta da Auguste Renoir nell’elaborazione della tecnicaimpressionista. L’opera di questo pittore è caratterizzata,in quel periodo, da una ricerca di unità e da un uso simme-trico dei complementari. Nelle sue opere di Argenteuil, Re-noir riprende da Monet il tocco allungato. Utilizza pennel-late fini, che dànno un effetto di brulichio cui Monet nonrestò indifferente. Ma continuarono a premergli il volume ela densità, e restò interessato alla figura umana, sia ritraen-do gli amici, sia rappresentando volti e corpi di donne a luicare. Non tentò mai una ricerca psicologica, cercò soltantodi tradurre nella rappresentazione l’apparenza carnale, edun piacere nel contempo visuale e tattile. Nelle sue compo-sizioni del 1875-76, l’Altalena, il Moulin de la Galette (Pari-gi, mo), impiegò la figura umana in modo assai originale,come motivo costituente del paesaggio, sul quale la lucepuò giocare con maggiore ricchezza e fantasia.L’evoluzione di Pissarro, Cézanne e Sisley Tornato aLouveciennes nel 1871, Pissarro si stabilí fino al 1884 aPontoise; i suoi primi paesaggi di Louveciennes sonomolto vicini a quelli che aveva fatto nel 1870. Anche Si-sley si stabilí a Louveciennes, poi a Port-Marly, ove restòfino al 1877. I due pittori operano con spirito analogo,anche se Pissarro è piú saldo, piú sicuro, Sisley piú poeti-co, un poco incerto dinanzi all’immensità dei cieli, alloscintillio delle acque. Quest’ultimo proseguirà il lavoronon solo con perseveranza, ma anche con una sorta di

Storia dell’arte Einaudi

Page 39: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

noncuranza che spiega perché egli sfiori i temi, piú cheapprofondirli. Pissarro invece è in grado di distaccare daipaesaggi a lui familiari elementi importanti, facendonemotivi in sé autosufficienti. Conferisce cosí saldezza epersino un certo tono epico anche alle annotazioni piúlievi della vita rurale, trattandole su un registro piúampio. Pissarro fu amico di Mary Cassatt, Guillaumin e,in modo del tutto particolare, di Cézanne, il quale, permolti mesi, tra il 1872 e il 1873, lavorò al suo fianco aPontoise: questo ritiro di studio, accanto a un amico ri-spettoso e attento, trasformò la tecnica e l’arte dell’om-broso pittore. Il passaggio in Cézanne a una pittura chiarasi manifestò quando, in occasione di un soggiorno pressoil dottor Gachet ad Auvers-sur-Oise, Cézanne realizzò laCasa del dottor Grachet e soprattutto la famosa Casadell’impiccato (Parigi, mo).Degas: i meccanismi della vita Dopo un viaggio a NewOrleans, Degas si stabilí a Parigi; il lavoro che intrapreselo mostra definitivamente dedicato agli aspetti della vitaquotidiana, di cui persegue la sistematica esplorazione. Isuoi mezzi sono diversi da quelli degli amici. Non è at-tratto dalla pittura all’aperto e rivendica i diritti dell’im-maginazione. Di fatto si dimostra osservatore fedele, ad-dirittura maniaco, della realtà. E benché operi in studioin base a disegni e schizzi, egli è forse colui che meglio dàl’impressione di cogliere la vita nelle sue palpitazioni efluidità piú delicate: utilizza illuminazioni di scena violen-te e direzionate, in contrasto con penombre, mezzetinte,luci incerte, creando per un unico oggetto gamme assai di-verse d’intensità. Le tecniche d’inquadratura e d’impagi-nazione tratte dall’arte dell’Estremo Oriente, le vedutezenitali, le diagonali, sono per lui il mezzo per fissare, perun medesimo soggetto, variazioni sorprendenti.Presenza della città La vita urbana non poteva rimanereestranea agli impressionisti, appassionati di tutte le realtàcontemporanee. Monet dipinse tra il 1876 e il 1878 pae-saggi urbani alla stazione Saint-Lazare, sul ponte d’Euro-pa, agli scali ferroviari, paesaggi ove la modernità deltema viene sopraffatta da rarefatte atmosfere. Quanto aManet, realizza una serie di scene parigine i cui soggetti,improntati dal naturalismo di Zola e di Maupassant, sonotrasfigurati dalla libertà, dall’improvvisazione con cuisono trattate: Nana (1877: Amburgo, kh), il Bar delle Fo-lies-Bergère (1881: Londra, Courtauld Inst.).

Storia dell’arte Einaudi

Page 40: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Dispersione del gruppo Gli anni 1878-82 furono assai dif-ficili, sia per ragioni economiche (la produzione degli im-pressionisti non attirava acquirenti) sia per contrasti in-terni. Tuttavia il movimento prosegue la propria attività.Théodore Duret pubblica un opuscolo, Les peintres impres-sionnistes (Paris 1878). Charpentier, che fa uscire un setti-manale d’arte e letteratura offre ad alcuni pittori il pro-prio locale, ove nel 1879 sono esposti i pastelli di Renoir,nel 1880 i quadri di Manet e di Monet. Nel 1881, la con-giuntura economica migliora un poco: Durand-Ruel ri-prende i propri acquisti e comincia persino a versare pic-coli compensi mensili a vari artisti. Grazie ai suoi sforzi,il gruppo, in occasione della mostra del 1882, presentavaancora una relativa coesione. Ma non esisteva piú la vo-lontà di un’azione comune. Ciascuno intendeva prosegui-re, ormai, sulla strada che si era tracciata. La maggiorparte degli artisti si erano allontanati da Parigi. Sisley siera stabilito a Saint-Mammès, presso il canale del Loing,Monet aveva scoperto Giverny, Pissarro era a Eragny, nelcuore del Vexin. Cézanne era tornato in Provenza. Re-noir vagabondò, prima di scegliere la costa mediterranea.Gli impressionisti restavano comunque mutuamente lega-ti: si frequentavano e continuavano a scambiarsi idee etemi di riflessione. Grazie all’energia di Monet l’Olympiadi Manet entrerà nel Museo del Lussemburgo a Parigi.Cosí pure Renoir, esecutore testamentario di Caillebotte,riuscirà a vincere le riserve dei funzionari e a far accettare38 sui 67 quadri che erano stati donati al Louvre. Impe-gnati nel condurre a compimento la propria opera perso-nale, gli impressionisti si mostrarono indifferenti rispettoalle nuove ricerche ed alle personalità piú giovani che siandavano affermando accanto a loro. Il solo Pissarro,sempre generoso, serbava contatti coi pittori della giovanegenerazione. Fu lui che protesse la vocazione tardiva diGauguin. S’interessò anche di Seurat, che s’impegnavanella formulazione scientifica delle conquiste empirichedell’i. Durante l’ultima mostra del gruppo, nel 1886,Monet, Renoir, Caillebotte e Sisley preferirono astenersi,dominata da Pissarro, e grazie alla presenza di Seurat, cheper sua insistenza accettò di esporre, essa fu una mostraaperta verso l’avvenire. Infine, la pubblicazione nel 1886,per mano di Félix Fénéon, dell’importante testo Les Im-pressionnistes, che preannunciava il superamento dell’i eche prendeva posizione a favore di Seurat (per il quale la

Storia dell’arte Einaudi

Page 41: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

critica coniava il termine ‘neo-impressionismo’), indicavache si era definitivamente voltata pagina. ( jlas + sr).

imprimituraVasari denomina i (o mestica) una particolare mescolanzadi oli e pigmenti siccativi da usare come ultimo stratodella preparazione – lo strato preparatorio finale –, adattaa ogni tipo di supporto (legno, tela, muro, pietra) su cui siintende dipingere a olio (1.21-24). Il vocabolo derivadall’azione di premere, di pressare l’impasto allorquandolo si stende sulla superficie e lo si pareggia con le mani,secondo un antico procedimento già descritto da Eraclio(3.25) e di nuovo menzionato da Vasari. L’i regola ilgrado di assorbimento del legante da parte della prepara-zione e dà il tono di base, scelto non solo in funzionedell’influenza che dovrà esercitare sulla luminosità dei co-lori e sull’armonia dei loro accostamenti, ma anche delladurata di tali caratteristiche nel tempo. La colorazionepuò variare dal bruno al rosso, al grigio, al giallino, alrosa, al bianco, a seconda dell’epoca e della sensibilitàdell’artista, nonché del soggetto rappresentato (→ prepa-razione). La voce i fu adottata anche in ambito europeo:imprimeure, impression; emprimidura, imprimacion; ecc.Quando, nel corso del Seicento, col progredire della tecni-ca a olio, gli strati preparatori, intermedi e finale, ebberocomposizione analoga, con i si passò quasi sempre a indi-care la preparazione nel suo insieme, anche se in piú stratidiversi per colore, spessore, ecc. L’uso del termine ‘mesti-ca’ rimase circoscritto all’area toscana (Vasari, Borghini,Baldinucci). Vale ricordare che una certa confusione hacreato il manuale di Secco Suardo, edito nel 1866, quan-do l’autore definí arbitrariamente i la preparazione agesso e colla, e mestica quella composta con altre sostanzestemperate in olio. (mni).

InayatPittore indiano, attivo durante il regno dell’imperatoremoghul Jaha-ngı-r (1605-27). Il suo nome compare su nu-merosi album di disegni o pitture di animali, accanto aquello di Mansur, cui molto si avvicina dal punto di vistastilistico. Lavorò anche durante il regno di Sha-h Jaha-n(1627-58), poiché è autore di un Gruppo di asceti datato1631 (Londra, bm), tema che in seguito divenne uno deisoggetti favoriti degli artisti moghul. (jfj).

Storia dell’arte Einaudi

Page 42: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Inca(Figlio del sole). Denominazione del sovrano che regnavasul popolo quechua del Perú prima della conquista di Pi-zarro (1200 ca. - 1532) e che finí con l’indicare l’interapopolazione precolombiana. Le origini dell’impero incasono ancora mal conosciute. Popoli di lingua quechua sistabilirono nella valle di Cuzco intorno al 500-600 d. C.;le tracce piú antiche della loro esistenza sono state scoper-te a Chanapata. Sin da quest’epoca compare un vasellamenero lucido, con disegni geometrici o zoomorfi applicatied incisi, e un altro a pitture geometriche bianche sufondo rosso. Questa ceramica andò man mano sviluppan-dosi parallelamente allo stabilirsi dell’egemonia inca sullaregione di Cuzco. Accuratamente eseguita, la ceramica«inca antica» (1200-1438) – scodelle piatte, coppe – è di-pinta in rosso e nero oppure in nero e bianco, sul fondobruno dell’argilla o su fondo crema. I disegni, geometrici,sono di fattura lineare. Il pieno sviluppo dell’impero incacominciò con l’inizio dell’espansione territoriale, sotto ilregno dell’i Pachacuti (1438-71). Gli I si rivelarono eccel-lenti architetti civili e militari; ma nel campo dell’arte edella decorazione furono inferiori ai loro predecessori. Lalana di vigogna e di alpaca, utilizzata allo stato grezzo, ve-niva tinta con colori vegetali. Le raffigurazioni di animalisono frequenti: gruppi di uccelli in broccato a colori viva-ci, bordure multicolori. I motivi zoomorfi o geometricisono disposti a gradini e scacchiere e, trattati a due o trecolori, spiccano su fondo unito. Le armonie cromatiche, adominante rossa, gialla, nera e bianca, sono meno splen-denti di quelle degli antichi tessuti di Paracas e di Nazca.Il vasellame, di grana fine e di metallica durezza, è rifini-to con maggior cura rispetto a quello del periodo prece-dente. La decorazione dell’ariballo, vaso tipicamente inca(specie di anfora a fondo conico munita di due anse late-rali), è costituita da motivi geometrici, rosso-bruno, neroe banco, dipinti su fondo crema o bruno-chiaro. La basedel collo è talvolta ornata da una piccola testa stilizzata dianimale, o il collo stesso è circondato da protuberanze cherichiamano un volto umano. Un piatto con manico, spessoconcluso da una testa in rilievo, costituisce un’altra formatipica della ceramica inca: la sua decorazione, simile aquella dell’ariballo, è sull’interno del vaso. Nella maggiorparte di questo vasellame un medesimo motivo è ripetutopiú volte, quasi senza variazioni. Gli oggetti in pietra

Storia dell’arte Einaudi

Page 43: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

erano incisi con linee geometriche. I recipienti metallicivenivano talvolta arricchiti con incrostazioni di pietre co-lorate e di conchiglie. Il kero, recipiente di legno ripresoda una ceramica di Tiahuanaco, è dipinto con scene a piúpersonaggi; alcuni di tali recipienti hanno forma antropo-morfa o zoomorfa. I colori impiegati sono il rosso, il mar-rone, il giallo e il nero. Le raccolte piú importanti di og-getti inca decorati si trovano a Cuzco (Museo archeologi-co), a New York (American Museum of Natural History)e a Monaco (Museum für Völkerkunde). (sls).

Inchbold, John William(Leeds 1830 - Headingley (Leeds) 1888). Cominciò comedisegnatore presso un litografo londinese; poi si dedicòall’acquerello. Nel 1847 entrò alla Royal Academy, doveespose per la prima volta nel 1851. Viaggiò in Europa e inAlgeria, e visitò piú volte la Svizzera, dove soggiornò in-sieme a Ruskin, che si era interessato al suo lavoro (ilLago di Lucerna, 1857: Londra, vam). Impegnato nella ri-produzione fedele della natura, venne considerato ai suoitempi uno dei principali paesaggisti preraffaelliti (l’Iniziodella primavera: Oxford, Ashmolean Museum). Nel 1877pubblicò una raccolta di versi, Annus Amoris. La suaopera è rappresentata a Londra (Tate Gall. e vam). (mr).

incisioneL’i d’arte è una tecnica per produrre immagini che, ese-guite in incavo o in rilievo su una matrice, possono poi es-sere stampate in piú esemplari.L’i sembra già nota in Egitto e in Cina in epoca antichis-sima, intorno al vii-vi sec. a. C.; le prime stampe su cartaappaiono però in Cina nel vii sec. d. C. e, in Europa, in-torno alla metà del Trecento. Si tratta inizialmente dimatrici in legno con cui vengono riprodotti motivi di ca-rattere popolare. In seguito, grazie al rapido sviluppo tec-nico e all’introduzione di matrici in metallo, l’i diventauna forma espressiva autonoma, pur continuando a rap-presentare, fino all’invenzione della litografia (fine delsec. xviii) e dei procedimenti fotomeccanici (fine del sec.xix), l’unico strumento disponibile per la riproduzioned’immagini. Persa gradualmente questa funzione, conl’avvento e l’adozione universale dei metodi di riprodu-zione meccanica, l’i diviene esclusivamente un mezzod’invenzione; tale concezione, prioritariamente creativa,

Storia dell’arte Einaudi

Page 44: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

ha favorito, soprattutto nel nostro secolo, sperimentazio-ni di vario genere.Le tecniche Esistono due tipi fondamentali di i: l’i incavo, nella quale le parti che devono risultare inchiostratesulla stampa vengono scavate in una matrice di metallo;questo procedimento è caratteristico di tutte le tecnichecalcografiche (acquaforte, bulino, puntasecca, ecc.); l’i inrilievo, nella quale i segni che risultano inchiostrati sullastampa corrispondono alle parti risparmiate, cioè lavoratein rilievo, in una matrice in legno (xilografia) o di lino-leum (linografia). Nel primo caso la matrice - generalmen-te in rame o zinco, ma anche in acciaio od ottone - puòessere incisa in modo diretto, con ferri di varie forme, oin modo indiretto, grazie all’azione corrosiva di un acido.In entrambi i casi, l’inchiostro calcografico viene in unprimo tempo distribuito su tutta la lastra e in seguitoasportato dalle parti piane della matrice, in modo da la-sciare inchiostrate solo le parti incise. Il segno stampatorisulta d’intensità e spessore corrispondente alla profon-dità e alla forma di quello inciso sulla matrice.Metodi fondamentali d’incisione diretta� Bulino È la tecnica originaria dell’i su metallo, partico-larmente adatta al rame, piú resistente e compatto dellozinco. Essa prende il nome dal ferro che si usa per incide-re: una lama d’acciaio con punta affilata e tagliente a se-zione romboidale, triangolare o a foglia d’ulivo con laquale si scava la lastra. Eliminate con un raschietto le pic-cole sopraelevazioni che si creano ai bordi dei solchi(barbe), ne risulta un segno netto e senza sbavature.� Puntasecca Usata inizialmente come integrazione erafforzamento di altre tecniche (con qualche eccezione,prima fra tutte quella di Rembrandt), si sviluppa cometecnica autonoma verso la fine del xix sec. Si ottiene inci-dendo il metallo con la puntasecca, un utensile di acciaiocon la punta a sezione circolare, che graffia la lastra. Allebarbe relativamente cospicue che si creano sui bordi deisolchi si deve l’effetto sfumato dei segni e la profonditàdei neri che caratterizzano le stampe ottenute con questatecnica. La fragilità di queste barbe condiziona però la ti-ratura, che deve essere limitata a circa trenta esemplari,aumentabili solo con l’acciaiatura della lastra.� Maniera nera o mezzotinto Nata in Germania intornoalla metà del Seicento, venne perfezionata in Olanda econobbe un grande successo in Inghilterra nel xviii e xix

Storia dell’arte Einaudi

Page 45: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

sec. È l’unica tecnica che consente di ottenere i passaggichiaroscurali, in quanto non si procede per progressiva ag-gregazione di segni dal bianco verso il nero; all’inverso,tutta la superficie della lastra viene preparata alla resa diun nero assoluto dal quale si ricavano poi, a ritroso, tutti ivalori intermedi, dai grigi al bianco. La preparazione dellalastra avviene attraverso ripetuti passaggi incrociati di unferro fornito di una lama semicircolare seghettata (mezza-luna, pettine, berceau) che lascia sul metallo dei segni pa-ralleli. I valori intermedi, fino al bianco, si ottengonoquindi premendo le asperità con brunitoi o eliminando lebarbe dalla superficie incisa con dei raschietti. Come perla puntasecca, alla quale questa tecnica si avvicina ancheper il valore vellutato e profondo dei neri, conviene usareil rame, piú resistente dello zinco e adatto a un’eventualeacciaiatura.Metodi fondamentali d’incisione indiretta� Acquaforte Tecnica molto diffusa, viene spesso preferi-ta al bulino per la facilità e rapidità d’incisione che per-mette e per il segno morbido e sottile che consente di ot-tenere. Con una punta d’acciaio si scalfisce infatti solouno strato di vernice posto sulla lastra, mentre l’incisionedel metallo avviene grazie all’attacco di un acido diluito.Questo, penetrando negli incavi aperti dalla punta, inci-derà il metallo ad una profondità – corrispondente poiall’intensità del nero sulla stampa – proporzionale allaconcentrazione dell’acido e ai tempi di morsura. Schema-ticamente si procede in questo modo: su una lastra sgra-nata e lavata si stende uno strato uniforme e sottile divernice acidoresistente, con pennello e a freddo se liqui-da, con tampone o rullo e a caldo se solida. Seccata e an-nerita con nerofumo la vernice, in modo da far risaltare itratti incisi, la lastra è pronta per essere disegnata con lapunta e immersa nell’acido: una sola`volta (morsura piana)o piú volte (morsura multipla) a seconda che tutti i valorisiano già definiti con il disegno o debbano invece essereaccentuati con una maggiore profondità d’incisione. Inquesto secondo caso, per ogni morsura parziale la lastrava lavata in acqua corrente e asciugata; quindi bisogna ri-coprire con vernice a rapida essiccazione i segni chehanno già raggiunto la profondità voluta e non devonopiú essere acidati.� Vernice molle È un metodo affine all’acquaforte, concui si ottengono però segni sgranati, simili a quelli di un

Storia dell’arte Einaudi

Page 46: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

disegno a carbone o a matita. Si procede ricoprendo acaldo una lastra con vernice solida, arricchita di sego ovaselina affinché raffreddandosi non indurisca (vernicemolle). Si sovrappone quindi un foglio di carta leggera esu questa si disegna con una matita; la vernice aderirà allacarta lasciando un segno nitido, d’intensità proporzionalealla durezza della matita e alla pressione esercitata. To-gliendo la carta, nelle parti corrispondenti al disegno trac-ciato la vernice si stacca e sul metallo si riproduce lagrana della carta utilizzata; a questo punto la lastra èpronta per la morsura che, per la particolare delicatezzadella vernice molle, deve avvenire in una soluzione moltodiluita.� Acquatinta Caratteristica di questa tecnica, scopertanel xviii sec., è una particolare preparazione, o granitura,della lastra che consente di ottenere i valori tonali perzone e non per aggregazione di segni. Estremamente ver-satile, viene usata, al pari della maniera nera e a volte insua combinazione, come mezzo per imitare i valori chiaro-scurali e per la produzione, con piú lastre, di stampe a co-lori. I metodi di esecuzione sono molti, ma i piú diffusisono il metodo della resina e il metodo del sale. Con ilprimo si sparge sulla lastra uno strato di polvere di resinaacidoresistente e la si fissa alla lastra fondendola al caloredi un fornello. Raffreddata, la lastra è pronta per la mor-sura. I valori, dal grigio chiarissimo al nero, dipendonodai tempi di morsura; la qualità materica dalla grana edalla densità della resina. Nel secondo si copre con salefino una lastra preparata con vernice solida non affumica-ta e la si riscalda fino a quando il sale non penetra nellavernice ammorbidita. Una volta raffreddata, la lastraviene immersa in acqua tiepida in modo che il sale sisciolga creando dei piccoli fori in cui, al momento dellamorsura, penetrerà l’acido.Esistono vari altri metodi d’i, diretti, indiretti o misti,tutti riconducibili ai principî descritti (il puntinato, le ro-telle, la matita grassa, lo zucchero, ecc.). Altri, piú recen-ti, sono a base di resine sintetiche che, distribuite sulla la-stra allo stato plastico, possono essere modellate o inciseprima d’indurire e far corpo con il metallo. (mpe).

IndiaEpoca preistorica Pitture rupestri sono note in I da assailungo tempo; ma il problema della loro origine preistorica

Storia dell’arte Einaudi

Page 47: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

viene studiato solo da pochi anni. Tali pitture si trovanoin ripari sotto roccia dei monti Vindhya (I centrale) e, piúa sud, nella regione di Chittor (a Chitiakuba) e in quelladi Gwalior a Ba-da-mi. Le pitture piú antiche rappresenta-no animali di grandi dimensioni, come l’elefante diAdamgad, in tinta monocroma rossa piatta o in profilatu-re di colore scuro. Pitture piú recenti, anch’esse di tiponaturalistico, rappresentano scene in cui uomini armati dilance e d’arpioni cacciano tori e rinoceronti. Graziose an-tilopi dal corpo coperto di linee e di spirali (rappresenta-zione anatomica?) vengono trattate a profilature nere obianche. Ardua la datazione di queste opere, cui si so-vrappongono pitture piú recenti; gli unici elementi origi-nari sono la rappresentazione di animali scomparsi in I dadue millenni, nonché scene di vita pastorale. (yt).L’èra buddista Le vestigia pittoriche, poco numerose,dell’I pro-islamica si limitano a pitture parietali spesso inassai cattivo stato. Tuttavia la letteratura ci fornisce ungran numero d’informazioni sull’antica pittura; in talmodo apprendiamo che essa non si limitava agli affreschidai santuari, ma che conobbe tutta una tradizione profa-na, e costituí persino uno dei passatempi favoriti dellabuona società. Uno dei temi piú comuni dei racconti o deilavori teatrali sanscriti è quello degli amanti che eseguonoil proprio ritratto. Quest’arte del ritratto sembra svolges-se un ruolo notevole nella conclusione dei matrimoni a di-stanza, il che farebbe ritenere che fossero apprezzati i cri-teri della rassomiglianza. Ugualmente era di moda posse-dere, nella propria casa, una galleria di pittura. La pittu-ra, considerata arte profana per eccellenza, venne senzadubbio disprezzata dai primi monaci buddisti; ma i lorosuccessori presto compresero il vantaggio che potevanotrarre da un’iconografia dipinta. Il pellegrino cinese Fa-hien, che visitò l’I nel v sec. d. C., riferisce di aver assi-stito a feste religiose nel corso delle quali le strade eranodecorate con dipinti mobili, eseguiti senza dubbio su stof-fa e tesi su un’armatura di bambú. L’I possiede inoltretrattati di pittura, detti silpa-sa- stra, il piú celebre dei quali(il Vis.n. udharmottara, redatto tra il iv e il v sec. d. C.) insi-ste sul fatto che la pittura deve raggiungere «l’esatta ras-somiglianza con quanto è visibile della natura», e che l’ar-tista deve conoscere perfettamente la scienza degli scorcie i principî della danza, necessari a una rappresentazionecorretta e armoniosa della figura umana, inoltre, si attri-

Storia dell’arte Einaudi

Page 48: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

buiva alla pittura alto valore morale ed educativo.� La pittura murale, arte religiosa buddista e giaina (I-X se-colo) Soltanto questa solida tradizione, che si avverte at-traverso testimonianze letterarie, può spiegare la maestriatecnica di cui dànno prova gli artisti che hanno decoratole grotte piú antiche di Ajan.t.a-, intorno all’inizio della no-stra èra. Gli affreschi di Ajan.t.a-, la cui esecuzione si pro-lungò per diversi secoli, costituiscono l’unico complessoche possa consentirci un corretto giudizio della ricchezzapittorica dell’I «classica», intorno al v-vi sec.: epoca incui vennero anche decorate le grotte buddiste di Ba-gh, ilsantuario induista di Bad- a-mi e la rupe di Sigirı-ya nell’isoladi Ceylon. Tale pittura appare improntata ad uno stile na-turalistico, nel senso che attinge ispirazione dallo spetta-colo del mondo, ma ne ha trasposto l’immagine in una vi-sione idealizzata da cui scompare ogni dettaglio accidenta-le, a vantaggio di una sintesi armoniosa, nella quale i voltiderivano senza dubbio dai tipi convenzionali del teatro,mentre i gesti s’ispirano ai principî della danza. Nuovetendenze compaiono nel Deccan settentrionale a partiredall’viii sec.: già nelle pitture piú tarde di Ajan.t.a-, i con-torni risultano rigonfi e il caldo modellato dei personaggitende a scomparire, a Ellora- la linea s’irrigidisce e perdele sue morbide inflessioni, cedendo il passo ad una costru-zione angolosa dei personaggi, il cui volume a poco a pocosfuma, mentre l’esasperazione di taluni tratti del viso an-nuncia molto nettamente le convenzioni che verrannousate nella miniatura della scuola del Gujara-t. Invece nelregno pallava dell’I meridionale, le pitture murali del tem-pio di Panamalai dell’viii sec., e quelle della grotta giainadi Sittannava-sal, verosimilmente del ix sec. serbanoun’elegante mollezza, e i personaggi sono modellati conleggerezza. D’altronde, appunto nell’I meridionale l’artedell’affresco conobbe i suoi ultimi grandi successi con lepitture, di vigoroso dinamismo, del Ra- jara- jesvara diTanjore, dell’xi sec. Infatti nella pittura murale si verificaa partire dal ix sec. un generale declino a favore dellascultura. Nel Sud stesso le distruzioni subite dal regnoindú di Vijayanagar (1350-1565) in occasione della suasconfitta contro gli stati islamici del Deccan, comportaro-no la scomparsa di un gran numero di opere d’arte; gli af-freschi del palazzo-tempio di Lepakshı-, in parte superstiti,rammentano ormai soltanto lontanamente il naturalismodelle antiche pitture murali il loro stile si accosta moltissi-

Storia dell’arte Einaudi

Page 49: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

mo alla stilizzazione bidimensionale della miniatura giainadel Gujara-t.� Le miniature giaina del Gujara-t e buddiste del regno pa-la(XI-XIII sec.) Mentre la pittura murale è in piena regressio-ne (e si dovrà attendere il xix sec. per ritrovare complessiimportanti come quelli di taluni palazzi ra-jpu- t), all’iniziodell’xi sec. appaiono manoscritti dipinti rel Gujara-t e nelRa-jastha-n occidentale, e nel regno pa-la del Bengala e delBiha-r. Nessuna testimonianza letteraria fa pensare chel’illustrazione di manoscritti sia stata pratica correntenell’antica I, tuttavia, questa modalità di pittura prevalsefino al xix sec.; e, nel corso dei secoli, l’illustrazione miròad acquisire una sempre maggiore autonomia rispetto altesto. Nel Gujara-t e nel regno pa-la l’impiego della fogliadi palma impone alla pagina um formato stretto e allunga-to, che lascia alle pitture incorniciate dal testo soltantouno spazio ridotto. La scuola gujara-tı-, specializzata alme-no all’inizio nell’illustrazione di testi giaina, si ricollegasul piano stilistico all’arte tarda dell’affresco di Ellora-; mal’intento di animare grandi superfici lascia qui il posto auna ricerca di ornato su uno spazio ristretto, mediantearabeschi brillantemente colorati. La pittura pa-la appare,sin dalle sue prime manifestazioni, un’arte ben sicuradelle proprie formule, e paga di ripeterle fino alla suascomparsa; lo stile delle illustrazioni, che si limitano allarappresentazione di alcune divinità del pantheon buddi-sta, sembra essere un adattamento alla pittura della bril-lante scuola di scultura che fiorí nei grandi centri del Biha-r e del Bengala nel ix e nel x sec.L’èra islamica La dominazione musulmana, che s’intensi-ficò in tutta l’I settentrionale a partire dal xiii sec., senzadubbio non fu, all’inizio, un fattore troppo favorevole allapittura. La scuola gujara-tı- restò attiva nel xiv e nel xv

sec., ma la scuola pa-la scomparve dall’I nel xiii sec., sottoi colpi degli invasori, per cercare rifugio nel Nepal.� Le miniature «indigene» pre-moghul (XVI secolo) Nei cen-tri musulmani dell’epoca del Sultanato, i rari documentidel xv e del xvi sec., anteriori cioè all’epoca moghul, atte-stano una completa assenza di solide tradizioni artistiche;le miniature dello Hamza Na-meh di Tubinga o dell’AmirKhusrau (Washington, Freer Gall.) sono grossolane tra-sposizioni, fortemente intrise d’arte persiana. Il Nimat Na-meh di Mandu (Londra, Indian Office Library), dipin-to verso il 1500, è opera piú accurata, e senza dubbio do-

Storia dell’arte Einaudi

Page 50: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

vuta ad un incarico della corte; ma le illustrazioni, mal-grado alcuni elementi locali, rimangono interamente nellalinea della scuola persiana di Shı-ra-z. Due manoscritti delLaur Chanda, prodotti anch’essi in ambito musulmanonella prima metà del xvi sec. (il primo è conservato aBombay, Prince of Wales Museum; l’altro a Manchester,John Rylands Library) dimostrano una maggior indipen-denza dalle formule stilistiche persiane; in essi sono piúnumerosi, e meglio assimilati, gli elementi tratti dalla tra-dizione indiana, senza dubbio attraverso l’arte giaina delGujara-t e dell’I occidentale. Non è certo che il tramiteper i pittori dei centri musulmani con una pittura «indige-na» sia stato quello con la miniatura giaina del Gujara-t,infatti da alcuni anni la scoperta di manoscritti «indú»della prima metà del xvi sec., eseguiti in uno stile che silibera nettamente dalle formule dell’arte giaina gujara-tı-,consente di definire una corrente di pittura «indigena»pre-moghul. Le miniature del Vanaparvan del Maha-bha-rata(Bombay, Asiatic Society), datato al 1516 e dipinto dicerto nella parte orientale dell’Uttar Pradesh, quelle diMr. gavatı- probabilmente eseguite nella stessa regione (Be-nares, Bharat Kala Bhavan), e infine quelle di un testogiaina, il Maha-pura-n. a, dipinto nel 1540 a Palam alla peri-feria di Delhi, (Jaipur, Ba Diwanji Dicambar Mandir), in-dicano chiaramente che corporazioni di artisti della regio-ne di Delhi e dell’attuale Uttar Pradesh si erano affranca-te da alcune convenzioni della pittura giaina gujara-tı-,come l’occhio sporgente, e che avevano adottato un trat-tamento piú realistico della figura umana, pur conservan-do un gusto dei colori vivi, elemento che le distingue con-siderevolmente dalle chiare armonie dei pittori del LaurChanda. Tali miniature «indigene» presentano diversi ca-ratteri comuni con le opere che sono state raggruppate in-torno a un Caurapac~a-sika- (Bombay, coll. N. C. Mehta) ead illustrazioni del Bha-gavata-Pura-n. a disperse in numerosecollezioni. Ma le miniature dello stile caurapac~a-sika-, la cuidatazione e localizzazione rimangono tuttora ipotetiche,sono assai piú ambiziose e di qualità molto superiore alVanaparvan del 1516 e al Maha-pura-n. a di Palam. Sono gliautentici prototipi della pittura ra-jpu- t del xvii sec.

Periodo moghul� Le prime miniature moghul e deccani (XVII secolo) L’im-peratore moghul Akbar (1556-1605) riuscí a sottomettere

Storia dell’arte Einaudi

Page 51: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

tutta l’I settentrionale durante la seconda metà del xvii

sec., mentre la coalizione dei tre regni musulmani delDeccan (Ah. madnagar, Bı-ja-pur e Golconda) era riuscita apiegare lo stato di Vijayanagar nel 1565. Nell’impero mo-ghul e nei regni del Deccan nacquero brillanti scuole diminiatura, che hanno in comune uno stretto rapporto conl’arte della Persia e un ricco apporto «indigeno». Mentrenel Deccan la sintesi tra l’arte persiana e una pittura indi-gena (che fu con ogni probabilità quella del regno diVijayanagar) si realizzò armoniosamente, la miniatura mo-ghul dell’epoca di Akbar mantenne sempre un aspettocomposito. Gli ambiziosi progetti di Akbar, desideroso dipossedere cronache storiche all’altezza del suo regno, do-vevano apparire troppo estranei agli artisti persiani e indúper consentire la fioritura di uno stile omogeneo. NelDeccan si sviluppò un’arte ricca e colorata che testimoniauna sensibilità originale per la natura; la prima metà delxvii sec., con le composizioni di Golconda, dal fascinoprezioso e raffinato, e con i grandiosi ritratti di Bı-ja-pur,costituisce l’età d’oro della pittura in questa regione.Nella stessa epoca, sotto il regno di Jaha-ngı-r (1605-1627),la pittura moghul conobbe i suoi successi certo piú belli,con miniature di abilità tecnica considerevole, la cui mi-nuziosità disegnativa e accuratezza nei dettagli sonoconformi allo spirito stesso del sovrano, grande appassio-nato di fatti curiosi, mentre lo stile delle scene ufficiali sifa maestoso e solenne. La potenza dell’impero di Akbar edi Jaha-ngı-r conferisce immenso prestigio al laboratorio dicorte, stabilito a Delhi: esso esercita il suo influsso sucentri remoti dalla capitale, nei quali si pratica uno stilemoghul di provincia. Nel momento stesso in cui la pitturamoghul raggiunge il culmine, alla fine del regno di Jaha-ngı-r e all’inizio di quello di Sha-h Jaha-n (1627-57), compaiononei vari stati ra-jpu- t, tutti soggetti all’autorità imperiale,brillanti scuole di pittura.� Le miniature ra-jpu- t (XVII secolo) Si è talvolta dedotto daquesto sincronismo che le scuole di pittura ra-jpu- t sianonate per impulso dell’arte moghul; l’aristocrazia ra-jpu- t,nell’intento di imitare le mode imperiali, si sarebbe dedi-cata in quel tempo a patrocinare artisti la cui formazione«popolare» spiegherebbe il sapore autoctono delle minia-ture del Mewa-r o del Bu- ndı-, o dello stile di Ma-lwa. Ècerto che le miniature piú antiche eseguite in questi diver-si centri del Ra-jastha-n intorno al 1630 accordano ampio

Storia dell’arte Einaudi

Page 52: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

spazio alle mode dell’abbigliamento o dell’architetturadella corte di Akbar o di Jaha-ngı-r; inoltre, la loro qualitàtecnica, e il realismo di taluni dettagli, sono dovuti conogni verosimiglianza a contatti con l’arte moghul. Tutta-via nella loro stessa concezione, queste miniature del Ra-jastha-n restano totalmente estranee all’arte moghul. Ispi-rate da una tradizione religiosa e letteraria assai piú anticadell’avvento dei moghul in I, corrispondono a criteri este-tici particolari, presenti sin dal xv sec. Durante il regnodi Jaha-ngı-r, la pittura moghul è in effetti un’arte di corte,narrativa e aneddotica, espressa con una tecnica brillante,che riesce a fondere in stile originale le tradizioni artisti-che persiane «indigene» e alcune riprese dirette dalla pit-tura europea; sono composizioni dai colori delicati e raffi-nati caratterizzate da ariosi paesaggi. La miniatura ra-jpu- tè del tutto diversa sia per la composizione ritmata da unospazio suddiviso in pannelli astratti di colore, che per lastilizzazione dei dettagli trattati senza spessore, e la suadrammatica utilizzazione dei contrasti tra colori vivi.� Fine della pittura deccani; apogeo della miniatura moghuldi provincia (fine del XVII-XVIII secolo) Nella stessa epoca lavitalità artistica del Deccan, continuamente assillato dalletruppe moghul, si esaurisce. I regni di Golconda e di Bı-ja-pur, che alla fine del secolo soccombono ai colpidell’imperatore Awrangze-b (1658-1707) non produconoormai nulla di confrontabile con le realizzazioni del primoquarto del sec.; l’influsso dell’arte moghul si fa d’altrondesentire fortemente nei ritratti dei nobili deccani. L’ostilitàdi Awrangze-b, devoto musulmano, nei riguardi degli arti-sti, e il declino dell’impero sotto i suoi successori nel xviii

sec., avrebbero potuto comportare la scomparsa dell’artemoghul. Invece i pittori moghul, privati del sostegno im-periale, furono costretti a trovare una nuova clientelanell’aristocrazia agiata, cui offrirono soggetti piú familiaridi quelli in uso nei laboratori imperiali; cosí, accantoall’arte del ritratto, che resta assai vivace, si diffonde lamoda delle miniature ispirate da soggetti di harem: donneche fanno toeletta, concerti, danze e scene d’amore, not-turne su terrazze di marmo bianco. Tali pitture, dal delica-to romanticismo, con i grandi paesaggi delle cacce imperia-li dell’epoca di Sha-h Baha-du- r (1707-12) e di Farrukhsiyar(1713-19), sono le ultime creazioni della scuola moghul.Tale ne fu il successo negli stati ra-jpu- t, da provocare, allafine del xvii sec., l’abbandono degli stili tradizionali.

Storia dell’arte Einaudi

Page 53: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

� Sviluppo della pittura ra-jpu- t I torbidi che agitavano lacapitale e l’inimicizia che Awrangze-b manifestava nei ri-guardi dei pittori furono senza dubbio le cause dell’emi-grazione di questi ultimi verso le corti ra-jpu- t, che, affran-cate dal timore dell’autorità imperiale, imitavano lapompa della corte di Delhi, si moltiplicarono cosí i ritrattiufficiali, le scene di udienza, le parate a cavallo, inoltreforse per impulso di una clientela femminile, le scene diharem ebbero anch’esse gran voga. Mentre l’arte moghuldi Delhi tendeva, nel corso del xviii sec., ad irrigidirsi informule stereotipe, i centri del Ra-jastha-n, come il Marwa-r, il Bu- ndı- o il Kishanga-rh, riuscirono verso la metà delsecolo, con un ritorno sempre piú sensibile alle concezioniestetiche ra-jpu- t e con un’invenzione formale di stravagan-te vitalità, a rinnovare interamente i temi ereditatidall’epoca tarda della scuola di Delhi. I pittori della scuo-la di Hydera-ba-d nel Deccan, a partire dal 1720, sepperoanch’essi imprimere un forte sapore locale allo stile mo-ghul mediante elementi tratti dalla pittura del Ra-jastha-n emediante la riesumazione del paesaggio delle antiche scuo-le deccani. Il xviii sec. fu però l’epoca in cui apparveroscuole brillanti in zona paha-rı-, nell’alto Punjab. Alla finedel xvii sec. fiorí intorno al Bahsolı- uno stile che per il vi-goroso impressionismo, rammenta le piú antiche creazionidella pittura ra-jpu- t, ma a partire dal 1740 le mode moghulinvadono le nazioni montane, ansiose di pace inquell’epoca turbolenta. Tuttavia gli artisti che operarononella seconda metà del xviii sec. nel Jammu, nel Guler,nel Ka-ngra-, nel Chamba- e negli altri piccoli stati non tar-darono a praticare uno stile pittorico originale per l’ele-gante stilizzazione e la visione poetica e raffinata.L’epoca moderna� Gl’influssi occidentali e la pittura contemporanea (XIX-XX

secolo) L’influsso crescente della pittura europea in I nelcorso del xix sec. comportò un sempre maggiore distaccodalle scuole «indigene», benché si continuassero a produr-re dipinti di qualità in zona paha-rı-, nel Ra-jastha-n, nelDeccan e persino nel vacillante impero moghul. Tuttavial’enfasi o il manierismo di queste opere non riescono a ce-larne la scarsa inventività. Pittori artigiani eseguono inquesto periodo, per una clientela inglese, scene di vita in-diana fortemente ispirate una tecnica occidentale dell’ac-querello; la scuola di Patna è uno dei centri piú attivi diquesto genere di pittura, che comprende anche ritratti di

Storia dell’arte Einaudi

Page 54: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

funzionari e ufficiali britannici. Le scuole di belle artifondate dagli Inglesi a Bombay, a Calcutta o a Madrasdiffusero ampiamente in I l’accademismo in auge in Euro-pa nell’Ottocento, ma i lavori archeologici di AlexanderCunningham, di Burgess e di Fergusson, nella secondametà del secolo, contribuirono a rivelare l’arte dell’anticaI, mentre la pubblicazione di alcuni affreschi di Ajan.t.a- daparte di Griffith nel 1896 risvegliò immenso interesse.Venivano fondati in parecchie grandi città, come Calcut-ta, Lahore e Madras, musei di archeologia e di arte appli-cata e lo stile ra-jpu- t moghul sostituiva, negli edifici uffi-ciali, l’arte vittoriana. Nei primi anni del xx sec. E. B.Havell, direttore della scuola di belle arti di Calcutta,svolse una vera e propria campagna a favore di una mi-gliore comprensione dell’arte indiana, che venne partico-larmente ben accolta nel Bengala, nel quadro della reazio-ne nazionalista e del movimento swadeshi; egli fondò nel1907 l’Indian Society of Oriental Art, che si sforzò di farconoscere l’arte indiana e di promuovere l’artigianato tra-dizionale. Dopo la scoperta degli affreschi di Ajan.t.a-, cheimpressionarono moltissimo gli artisti indiani, la pitturamoghul e le scuole ra-jpu- t vennero rimesse in auge grazieall’attività di E. B. Havell e ai lavori di storici dell’artecome A. K. Coomaraswamy, che fu conservatore del di-partimento indiano del Museum of Fine Arts di Boston,o di O. C. Gangoly, primo redattore capo della rivistapubblicata dall’Indian Society of Oriental Art, o ancoradi Stella Kramrisch. Le miniature moghul, che erano statespesso giudicate un sottoprodotto della pittura persiana, equelle ra-jpu- t, ritenute, secondo i criteri dell’accademismoufficiale occidentale del xix sec., goffe manifestazioni ar-tigianali, vennero riprodotte in numerose pubblicazionisin dall’inizio del xx sec., ed esposte tanto in I che in Eu-ropa e negli Stati Uniti.� La scuola del Bengala Alcuni artisti, a disagio per le dif-ficoltà che incontravano nel conciliare la propria forma-zione artistica puramente occidentale con la mentalità in-diana, sognarono di ricreare un’arte nazionale, incoraggia-ti da uomini come Havell, dalla rivelazione dei tesori arti-stici del passato e dalla scoperta delle tecniche artigiane,rimaste ancor vive nel Bengala malgrado i danni prodottidelle produzioni manifatturiere. Tale movimento, cheaveva centro a Calcutta, fu in gran parte diretto da Aba-nindranath Tagore, con l’aiuto del fratello Gaganendra-

Storia dell’arte Einaudi

Page 55: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

nath Tagore e l’incoraggiamento del cugino, il celebre Ra-bindranath Tagore. Abanindranath elaborò una didatticaartistica, insieme al pittore Nanda Lal Bose, le cui teorieverrano riprese presso l’università di Shantiniketan, fon-data da Rabindranath Tagore nel 1917. Questa scuolabengalese praticava essenzialmente l’acquerello e s’ispira-va, col piú totale eclettismo, une tecniche della pittura ci-nese, giapponese, moghul o ra-jpu- t e all’arte dei pittori diAjan.t.a-, senza trascurare peraltro il preraffaellismo britan-nico, il simbolismo di maestri come Gustave Moreau oOdilon Redon, l’espressionismo tedesco e persino il cubi-smo, il tutto intriso da un sentimentalismo un poco artifi-ciale. Malgrado il coraggio implicito e malgrado la sua im-portanza nella storia dell’arte moderna indiana, in quantoponeva con chiarezza il problema dell’identità dell’artistaindiano, tale tentativo di rinascenza, artificiale nella scel-ta dei mezzi, doveva giungere, nei suoi risultati ad unaproduzione eclettica priva di grande qualità.La pittura contemporanea I movimenti artistici europei,impressionismo, nabis, fauvisme, hanno influenzato moltogli artisti indiani contemporanei; ma questi ultimi si sonosforzati, per esempio Sher Gil – senza dubbio la pittricepiú dotata della generazione precedente l’indipendenza –,di conservare la propria originalità utilizzando tecnichedell’artigianato e il gusto indiano della stilizzazione. Dopol’indipendenza (1947) si assiste alla creazione di una scuo-la moderna di pittura, il cui dinamismo si afferma sulpiano nazionale nella prima esposizione nazionale dell’ac-cademia di belle arti (Lalit Kala Akademi) nel 1955, e sulpiano internazionale nella prima triennale di Delhi nel1968. Gli artisti piú noti sono M. F. Husain e K. Khannai cui temperamenti lirici si collocano a mezza strada traastrattismo e figurazione, Paniker, Ramachandra. Unricco panorama della produzione indiana contemporaneapuò vedersi nella National Gallery of Modern Art diDelhi.La conoscenza della pittura indiana Le prime notizie con-cernenti la pittura indiana giungono in Europa all’iniziodel xvii sec., attraverso i padri gesuiti e i viaggiatori chetornano dalla corte moghul. Nel 1639 una serie di minia-ture di Ra-gama-la- venne esposta alla Bodleian Library diOxford, presentata dall’arcivescovo Laud. Rembrandtesegue, intorno al 1655, copie da ritratti moghuldell’epoca di Sha-h Jaha-n. La grande rivelazione sarà, per

Storia dell’arte Einaudi

Page 56: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

l’Occidente come per gran parte dell’élite indiana, la pub-blicazione degli affreschi di Ajan.t.a- alla fine del xix sec.,ma si dovrà attendere il xx sec. perché vengano veramen-te scoperte le qualità specifiche delle miniature moghul edeccani, che sino ad allora erano state tutt’al piú conside-rate sottoprodotti interessanti della pittura persiana,tanto apprezzata dai conoscitori europei; tutto ciò cheaveva di originale la pittura moghul passava allora per in-capacità o incomprensione dei modelli persiani. E. B. Ha-vell fu tra i primi a riconoscere l’originalità delle scuole dipittura indiana nel suo Indian Sculpture and Painting (Lon-don 1908), cosí pure V. Smith in History of Fine Art inIndia and Ceylon (1911). Le scuole ra-jpu- t, ritenute deriva-ti folkloristici dell’arte moghul, furono oggetto di un’im-portante pubblicazione, Ra-jpu- t Painting (1916), opera delgrande storico indiano dell’arte Ananda Coomaraswamy.Mentre i grandi musei europei organizzano a livello didat-tico la loro sezione di miniature indiane, si moltiplicanogli studi scientifici, che prediligono la pittura moghul,come mostrano gli studi di Laurence Binyon e di ThomasArnold The Court Painters of the Grand Moguls (1921), oquelli di Percy Brown Indian Painting under the Mughals(1923), che precedono l’importante saggio in francese diIvan \™ukin La peinture indienne à l’époque des GrandsMoghols du musée du Louvre (1929). L’indipendenza dell’Inel 1947 diede notevole impulso alla rivalorizzazione delpatrimonio culturale indiano: nello stesso anno venne or-ganizzata presso la Burlington House di Londra una mo-stra dell’arte dell’I e del Pakistan, con una sezione rap-presentativa delle scuole di pittura indiana. In Franciavenne organizzata una selezione di miniature nella mostradei «tesori dell’arte indiana» al Petit-Palais di Parigi. L’Iha compiuto recentemente uno sforzo considerevole peruna migliore conoscenza della sua pittura, particolarmenteattraverso la Lalit Kala Akademi, che organizza esposizio-ni ed edita numerose pubblicazioni. Da alcuni anni la pit-tura indiana risveglia crescente interesse in tutto ilmondo, mentre lo sviluppo del turismo consente a mi-gliaia di visitatori di scoprire gli affreschi di Ajan.t.a-. NegliStati Uniti mostre importanti, in particolare quelle orga-nizzate dall’Asia House di New York, concretano un inte-resse sempre crescente per l’arte indiana, che rimane pe-raltro ancora poco nota; enormi raccolte restano tuttoradi difficile accesso, e per un buon numero di scuole ra-jpu- t

Storia dell’arte Einaudi

Page 57: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

manca ancora uno studio dettagliato come quello dellapittura paha-rı- di Karl Khandalavala (Paha-rı- MiniaturePainting, 1959), o una monografia simile a quella tentataper la pittura del Ma-lwa da Anand Krishna (Malwa Pain-ting, 1968).Raccolte di pittura indiana Le collezioni di pitture mo-ghul e ra-jpu- t hanno avuto sorti diverse. Le pitture ra-jpu- tsono in gran parte rimaste, fino all’inizio del xx sec., diproprietà delle famiglie aristocratiche indiane, ove era co-stume offrirle in dono, o darle in dote, o persino fornirlein garanzia. La pittura moghul ha attirato assai prestol’attenzione degli stranieri di passaggio alla corte imperia-le, e sin dal xviii sec. alcune miniature moghul entraronoin collezioni europee; tuttavia, durante il regno di Akbare di Jaha-ngı-r, la maggior parte dei pittori lavorarono perla biblioteca imperiale, e solo alla fine del xviii sec. com-parve la figura del mecenate privato. Ma le sciagure poli-tiche che si abbatterono sull’impero moghul nel corso delxviii sec. furono fatali per numerose raccolte dell’aristo-crazia moghul, e la biblioteca imperiale stessa venne sac-cheggiata nella presa di Delhi da parte del persiano NaderSha-h nel 1730; una parte dei capolavori presero la stradadell’Iran, ove appassionati europei li acquistarono a parti-re dal xix sec., ritenendoli varianti della miniatura persia-na. Si spiega cosí l’ingresso in collezioni private e inmusei di album che erano appartenuti alle raccolte degliimperatori moghul e dei notabili della loro corte. I mem-bri della Compagnia delle Indie e i funzionari britannicihanno ampiamente contribuito all’arricchimento delle rac-colte della Gran Bretagna per tutto l’Ottocento; alla finedel xix sec. si comincia a prendere coscienza del valorecommerciale delle miniature moghul, poi dei dipinti paha-rı- dello stile di Guler o di Ka-ngra-. I mercanti di Delhi odi Lahore passarono l’I al setaccio, dato che numerose fa-miglie si spogliano in questo periodo delle proprie colle-zioni, sia per motivi finanziari, sia perché tali miniaturenon erano piú alla moda per un’aristocrazia che preferivaloro le nudità accademiche dei salons di pittura europei.Parenti o domestici fecero allora man bassa attingendolargamente alle raccolte mal custodite da padroni negli-genti. Si comprende meglio, cosí, la rapidità con cui,all’inizio del xx sec., si formano nel mondo importantiraccolte, senza dimenticare l’industria del falso o del re-stauro abusivo, i cui casi si moltiplicano allora tanto in I

Storia dell’arte Einaudi

Page 58: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

che in Europa, particolarmente nel campo della pitturamoghul dell’epoca di Akbar. Le collezioni pubbliche piúimportanti sono, in I, l’Indian Museum di Calcutta, ilNational Museum di Delhi, il Bharat Kala Bhavan di Be-nares, il Prince of Wales Museum di Bombay, lo StateMuseum di Lucknow, nonché i musei di Alla-ha-ba-d e diChandiga-rh. Tra le collezioni private, piú importanti, lemeno conosciute sono quelle degli antichi sovrani deglistati indiani. Alcuni di questi maragià possiedono migliaiadi miniature, che si sono accumulate nel palazzo di fami-glia da generazioni. Fra tali collezioni principesche, è cele-bre, specialmente per il Razm Na-meh della biblioteca diAkbar, quella del maragià di Jaipur. Il maragià di Kishan-garh conserva un insieme assai bello della scuola locale. Iragià degli stati himalayani di Tehri-Garhwal e di Lam-bargaon possiedono alcune delle miniature piú belle deglistili di Guler, di Garhwal e di Ka-ngra-. L’I conta anchegrandi collezionisti privati tra i quali va citato Sri GopiKrishna Konoria di Patna e di Calcutta. Egli ha riunitonel corso dell’ultimo trentennio un complesso di pitturera-jpu- t che può confrontarsi soltanto con quello del BharatKala Bhavan di Benares, e che conserva in particolare unaraccolta unica di pitture del Bu- ndı- del xvii sec. e una no-tevole serie d’illustrazioni di manoscritti nello stile delMewa-r. L’Europa non può certo pretendere di rivaleggia-re con le collezioni indiane. Citiamo peraltro l’importanteraccolta conservata a Londra dal British Museum, el’India Office Library, la Bodleian Library di Oxford e lacollezione di Charles Beatty, oggi biblioteca pubblica aDublino. La Francia conserva alcune belle pagine di ma-noscritti a Parigi (Museo Guimet e bn, Gabinetto dellestampe). Le importanti collezioni un tempo raccolte aBerlino sono oggi suddivise tra il nuovo Museo d’arte in-diana di Berlino Ovest (Museum für Indische Kunst, conminiature ra-jpu- t) e il dipartimento di manoscritti islamicidi Berlino Est (Pergamon Museum, miniature moghul).Negli Stati Uniti citiamo il Museum of Fine Arts di Bo-ston, la Freer Gall. di Washington, il Metropolitan Mu-seum di New York, il museo di Cleveland, il Fogg ArtMuseum di Cambridge Mass., nonché il County Museumof Art di Los Angeles. (jfj).

India, Bernardino(Verona 1528-90). Si forma in un ambiente dominato

Storia dell’arte Einaudi

Page 59: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

dalle personalità di G. F. Caroto e di Domenico Brusasor-ci; successivamente si orienta verso i testi mantovani diGiulio Romano, ma piú ancora appare attento alle espe-rienze tra Roma e Fontainebleau di Perino e Primaticcio.Tale interesse è assai evidente nella sua attività di fre-scante per le fabbriche del Palladio e del Sammicheli, cuiattende nel ventennio 1550-70 (Verona Palazzo Canossa,Vicenza Villa Pojana e Palazzo Thiene), partecipando alladiffusione del genere della grottesca in Veneto. Neglianni successivi produce esclusivamente dipinti d’altare(Adorazione dei pastori, 1572: Verona, San Bernardino;Santa Giustina, 1576: Verona, Castelvecchio; Madonna colBambino e sant’Anna, 1579: Verona, San Bernardino), ca-ratterizzati da una spiccata astrazione formale e dal pre-valere di una gamma di toni freddi, con un processo chesembra sviluppare i motivi della scuola di Fontainebleau.La Conversione di san Paolo (Verona, Santi Nazaro eCelso) rivela qualche ricordo invece dei modi «irregolari»di Andrea Schiavone. (sr).

Indiana, Robert(New Castle Ind. 1928). Si stabilí a New York dopo averstudiato, dal 1949 al 1954, all’Art Institute di Chicago,alla Skowhegan School of Painting nel Maine, al Collegeof Art di Edimburgo e all’università di Londra. Contra-riamente ad altri artisti che contribuirono all’affermazio-ne della Pop’Art, la sua opera si avvicina a quella di LeonPolk Smith, di Jack Youngerman o di Ellworth Kelly, cheI frequentò intorno al 1958: artisti che aderirono ad unastrattismo colorato e controllato, rigorosamente hardedge. Sin dall’inizio degli anni ’60 le sue opere presentanouna sensibilità simile a quella delle prime creazioni degliartisti pop. Come loro, I tratta soggetti semplici ed imme-diati, numeri, segni, monosillabi, spesso carichi di valoreaffettivo («Eat», «Die» «Love»). Quando sfrutta untesto piú elaborato lo trascrive al modo di un segno (RedDiamond American Dream Nr III, 1962: Eindhoven, Ste-delijk Van Abbe Museum, God is a Lily of the Valley,1961: New York, coll. E. Ward). Questo lavoro intornoal senso delle parole delle immagini e dei colori differen-zia I dagli altri artisti pop. L’artista accetta la volgaritàquotidiana, ma non senza elevarla al livello della poesia,che, per converso, nei suoi quadri diviene semplice segno.I espose a partire dal 1962 alla Stable Gall. di New York.

Storia dell’arte Einaudi

Page 60: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Numerose retrospettive della sua opera sono state tenutein Olanda, Germania e negli Stati Uniti. (jpm).

Indiani del NordamericaL’uso di uno stesso appellativo che raggruppa le etnie delNordamerica (oltre duecento) si giustifica piú per un con-fronto tra produzioni artistiche diverse, che per dedurnetratti in comune. La specificità delle risorse naturali edelle strutture sociali fa sí che criterio di unità sia il regio-nalismo, e addirittura il tribalismo. A seconda delle varieclassificazioni, si possono distinguere da tre a otto regionidotate di particolarità stilistiche specifiche. L’importanzadella pittura e dell’incisione come arti autonome o decora-tive è notevole, e l’esecuzione del vasellame o delle scul-ture piú belle coincide spesso con lo sviluppo di tecnichee stili propriamente pittorici: scultura e pittura degli I delNord-Ovest; vasellame e pittura degli I del Sud-Est. Sipuò ritenere che l’uso del colore come elemento decorati-vo in tutti i campi abbia contribuito presso gli I alla fiori-tura di una pittura in quanto tale, vale a dire all’organiz-zazione dei colori, delle forme e dei motivi entro una su-perficie piana. Benché l’antichità delle varie vestigia notesia relativa (da due a tremila anni), si deve insistere sullarecente scomparsa di tradizioni artistiche conseguente allacolonizzazione dell’America del Nord da parte dei bian-chi, e sulla trasformazione di quest’arte (e dunque di alcu-ne sue tecniche) in artigianato, a fiíi turistici, praticatonelle riserve. Per la relativa unità dogli stili e delle tecni-che pittoriche si distinguono tre grandi regioni: il Nord-Ovest, il Sud-Ovest e la regione delle pianure; altrove lapittura è pressoché soltanto una tecnica decorativa.Il Nord-Ovest La costa canadese sul Pacifico da Vancou-ver-all’Alasca, è abitata da numerose tribú di pescatori ecacciatori. Grandi foreste di abeti e di cedri fanno sí cheil legno sia il materiale maggiormente utilizzato. Tali so-cietà, la cui ricchezza è rivelata dalla molteplicità e dallaqualità degli oggetti prodotti, nonché dalle loro strutturesociali gerarchizzate, attribuiscono al colore un ruolo pre-dominante. Rare sono le vestigia preistoriche: soltanto al-cuni petroglifi di controversa datazione stanno a ricordareun insediamento antichissimo nella regione. Raffiguranoanimali in foggia naturalistica, ritrovati a Nanaimonell’isola di Vancouver. Fondamentale presso le attualitribú è l’unità stilistica e visuale sia nella scultura sia

Storia dell’arte Einaudi

Page 61: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

nell’incisione e nella pittura. Distinguere gli oggetti scol-piti e dipinti (pali totemici, cassoni, maschere) rispettoalle superfici piane dipinte (pareti di case, stoffe) puòsembrar cosa ovvia; resta nondimeno il fatto che l’impie-go del colore e la pratica della pittura s’integrano in unaconcezione generale dello spazio, dei volumi e delle super-fici sia estetica sia religiosa che sociale, la simmetria adot-tata comporta lo sdoppiamento della rappresentazione.L’animale viene raffigurato quasi fosse spaccato in duedalla testa alla coda; i due motivi vengono presentati suambo le parti mediante profili congiunti. Spesso talunidettagli si trasformano in nuovi elementi convenzionali:per esempio un occhio rappresenta un’articolazione. Ispi-randosi quasi esclusivamente al mondo animale (marino eterrestre), gli artisti procedono per simbolizzazione deitratti essenziali (per esempio, un orso viene «riassunto»nel modo seguente: una grande chiostra di denti, una lin-gua protratta, un angolo brusco tra la fronte e il muso, elarghe zampe). Tali tratti possono sfociare in un disegnoridotto a non piú di uno o due simboli. Le manifestazionipittoriche migliori sono quelle che si sono potute rilevaresulle facciate delle abitazioni, costruite con assi squadrate.Rappresentano spesso l’essere mitico dal quale ha originela famiglia; e sono prodotte da un artista di professione.Imbevute le tavole con olio di uova di salmone, il pittoreapplicava, mediante pennelli in peli di porcospino, il nero(carbone di legna) e il rosso (scorza di ontano), anch’essimescolati ad olio. Le canoe, i cassoni e la maggior partedegli oggetti d’uso in legno erano decorati nello stessomodo. Quanto al principio rappresentativo, esso era appli-cato anche alle «coperture» chilkat. È possibile contrap-porre l’arte piú stilizzata delle etnie tlinghit, haida e tsim-shian a quella kwakiutl, nootka e salish, le cui figure sonopiú naturalistiche. Il consimile impiego del principio dellarappresentazione sdoppiata sulla costa nordoccidentale delNordamerica, nella Cina arcaica e in Nuova Zelanda, hasollevato il problema dell’origine e delle fonti dell’arte edei motivi pittorici degli I del Nord-Ovest (studi ed ipo-tesi di L. Adam e C. Lévi-Strauss).Il Sud-Ovest Gli Hopi, i Navajo e gli Zuno vengono spes-so designati col termine generale di «Pueblo». Sono popo-lazioni che praticano l’agricoltura (mais) o l’allevamentodel bestiame (pecore) e vivono in ambiente relativamentepovero. Loro materia prima essenziale è l’argilla. La loro

Storia dell’arte Einaudi

Page 62: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

arte estremamente simbolica si riscontra in particolarenella cornice delle pitture murali hopi e delle pitture na-vajo su sabbia, ed è caratterizzata da uno stretto legametra rappresentazione pittorica e significato religioso. Lepale da danza in legno dipinto, nonché la ceramica deco-rata, la cui fama è dovuta sia all’antichità sia alla qualità,partecipano esse pure di questa rigorosa simbiosi. Pitturedi questo genere coprono le pareti dei kiva, termine hopiche designa uno spazio circolare al centro del villaggio,scavato a mo’ di sotterraneo, e coperto. Il kiva è nel con-tempo «tempio, club, laboratorio e dormitorio». Esseriumani, animali e oggetti sono riprodotti in modo naturali-stico, ma anche stilizzato. Su pitture del xvi sec. possonoriconoscersi costumi cerimoniali impiegati ancora di re-cente. Il sito di Awatovi nell’Arizona settentrionale pos-siede un kiva nel quale sono sovrapposti oltre cento stratidi calce: nel corso degli scavi del 1938 si dovette ricorrerea tecniche particolari per scollare e conservare ciascuno diessi. I colori impiegati, di natura inorganica, sono assainumerosi: giallo, verde, azzurro, rosso, bruno, nero, bian-co. I panieri e i tessuti dei Pueblo confermano il senso de-corativo bidimensionale di tali etnie.Le pianure Le numerose popolazioni stanziate ad ovestdel Mississippi erano sedentarie prima dell’arrivo deibianchi; l’avvento del cavallo, in un ambiente naturaleparticolarmente favorevole alla caccia e allo spostamento,ne trasformò il genere di vita, che divenne quello di popo-li nomadi e cacciatori. Il fenomeno li indusse a praticareun’arte e una pittura funzionali strettamente adatte alleloro risorse naturali e ad oggetti trasportabili. La pelle dibisonte (o talvolta di daino e di alce), sfruttata per molte-plici usi (tende, abiti, sacche, scudi), si prestava immedia-tamente come superficie piana e trasportabile, che si pote-va decorare. Le composizioni pittoriche si svilupparonosui tipi (tende) e sulle pelli utilizzate per abiti o copertu-re. La preparazione della pelle comportava molto lavoro;spesso la superficie rimaneva rugosa, il che obbligava adincidere il disegno sulla pelle stessa per fissare i colori:bruno, rosso, giallo, nero, azzurro e verde. Fino al xviii

sec., tali colori erano di origine naturale e locale; lo svi-luppo del commercio con gli Europei ne introdusse peròdi nuovi. Il significato simbolico dei colori variava daetnia ad etnia; cosí, il rosso significava presso i Dakota iltramonto del sole o il tuono, presso i Sioux e gli Arapaho

Storia dell’arte Einaudi

Page 63: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

il sangue o l’uomo, presso i Crow la longevità. A mo’ di«pennelli» s’impiegavano l’osso, il corno o il legno. Ilpennello piú diffuso era costituito dalla parte porosa di unosso di bisonte: la punta serviva a tracciare i tratti, il ta-glio a stendere i colori. Infine, serviva come fissatore unasostanza collante, ottenuta grattando pelli o code di casto-ro. I divieti religiosi comportavano una divisione del lavo-ro secondo i sessi: i motivi astratti e geometrici eranoopera delle donne quelli figurativi e naturalistici degli uo-mini. Come per i colori, nomi e significati variano daetnia ad etnia. I due stili si ritrovano sui tipi: le avventu-re del possessore erano dipinte al centro, in stile naturali-stico, con bordure geometriche in alto e in basso. Sullepelli, le cui dimensioni variano da m 2,50 × 1,80 a 1,00 ×0,50, i due stili venivano applicati separatamente. I moti-vi geometrici (tratti paralleli, quadrati, cerchi) sono gene-ralmente incorniciati mediante linee giustapposte che deli-mitano un vasto pentagono, piú o meno corrispondentealle forme naturali di una pelle intera. Compaiono pressotutte le etnie; l’etnologo americano Ewers le ha classifica-te in cinque tipi. I motivi figurativi (calendari, biografie,visioni immaginarie), nei quali dominano i temi di cacciae di guerra, si trovano soprattutto presso le tribú delNord: Mandan, Dakota, Teton e Crow. La pelle piú anti-ca che si conservi, opera di un artista mandan, data al1800 (Cambridge Mass., Peabody Museum). Tale pitturafigurativa non mostra alcuna preoccupazione d’ordine;uomini e animali vi sono rappresentati di profilo, senzapiano di sfondo. Il senso della composizione viene indica-to disponendo la pelle con la testa a sinistra e la coda adestra. La pittura indiana si è sviluppata in modo autono-mo, com’è dimostrato dal suo regionalismo; la sua ric-chezza inventiva ha pochi paralleli presso altri popolidetti «primitivi». Le raccolte piú belle si trovano a NewYork (Museum of the American Indian, Fond. Heye;American Museum of Natural History). (jgc).

Indipendenti, GliNella pittura cinese si raggruppa sotto questa denomina-zione un insieme di pittori non ortodossi dell’epoca Tang,che praticavano una tecnica pittorica «senza costrizioni»(yi pin). I piú noti sono Zhang Zao, che dipingeva con lapalma della mano o tenendo due pennelli insieme e WangXia, alias Wang Mo (Wang ‘l’inchiostro’), il quale, in

Storia dell’arte Einaudi

Page 64: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

stato di ebbrezza, utilizzava i propri capelli tuffati nell’in-chiostro per dipingere le nebbie e le nuvole dai suoi pae-saggi. A questo cenacolo si ricollega il gruppo di calligrafidi cui faceva parte Huaisu. Gli I dell’epoca Qing sono piúspesso chiamati «Individualisti Qing». (ol).

Indipendenti, Società degli artistiEsito del movimento di rivolta degli artisi francesi control’onnipotenza della giuria del salon ufficiale, la Societàdegli artisti indipendenti fu creata a Parigi nel 1884. Il re-golamento riflette chiaramente il suo programma: la So-cietà, fondata sul principio della soppressione della giuriad’ammissione, ha per obiettivo di permettere agli artistidi presentare liberamente le loro opere al giudizio delpubblico. Presto, comunque, alla preoccupazione di libe-rare gli artisti viventi dalla costrizione del salon si è ag-giunta quella di onorare la memoria di pittori ormaimorti. Dal 1891 un simile omaggio postumo è stato reso aVan Gogh e a Dubois-Pillet, uno dei fondatori della So-cietà. L’anno successivo 46 quadri e disegni di Seurat ri-cordavano uno dei suoi primi esponenti che, con OdilonRedon e Rousseau il Doganiere, aveva contribuito a atti-rare l’attenzione sulla Società nascente. Nel 1911 la sala41 rivelò la pittura cubista al grande pubblico. Altre espo-sizioni vennero dedicate non piú a un singolo artista, maa dei periodi di attività della Società: Trent’anni di arte in-dipendente, Paul Signac e i suoi amici, il Quadrato degli an-tichi (1906-1909). I cataloghi di queste manifestazioniraccolgono nomi prestigiosi. La Società continua a evoca-re il proprio passato per mezzo di retrospettive e organiz-za esposizioni annuali, restando fedele alla sua massima:«né giuria né ricompensa». (mtf).

IndonesiaNulla ci è noto circa la pittura dell’antica Giava (dall’viii

sec. ca. al xvi sec. d. C.), poiché l’avvento dell’islamismone interruppe lo sviluppo e ne distrusse i resti. Invecenella vicina isola di Bali, ove alle tradizioni antiche si me-scolarono le tendenze autoctone, la pittura continuò lapropria evoluzione. Come era accaduto per la letteratura el’arte giavanesi, la mitologia e le leggende epiche indiane(soprattutto il Ra-ma-yan. a) fornirono il repertorio iconogra-fico di base per dipinti di grandi dimensioni, eseguiti tal-volta su cotone, talvolta su legno. La medesima fonte ispi-

Storia dell’arte Einaudi

Page 65: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

ratrice si riscontra nei lavori di piccolo formato (illustra-zione di manoscritti, pitture su scorza d’albero o su zuc-che, ceramiche, astucci di bambú). Quella tendenza a pro-filare le silhouettes e a concepire le figure bidimensional-mente, che già troviamo nella scultura tarda Indo-giavane-se, si manifesta anche nello stile pittorico e infine nellemarionette, ritagliate in lamine di cuoio, del teatro delleombre (wayang). Accanto allo stile arcaizzante si trovapure, a partire dagli anni ’30 del nostro secolo, uno stilefortemente influenzato dall’Occidente, principalmentepitture ad acqua e ad inchiostro di china. Si riprendonoelementi dalla vita quotidiana: scene di villaggio, o di fu-nerali, sono trattate in composizioni originali profonda-mente intrise di spirito indonesiano. Nel xix sec., aGiava, Raden Saleh fu il primo pittore indonesiano adimpiegare la pittura a olio e a creare uno stile del tuttoeuropeo. (mba).

Induno, Domenico(Milano 1815-78). Formatosi all’Accademia di Brera sottol’influsso del Sabatelli e di Hayez si dedicò alla pittura distoria provandosi dapprima in soggetti biblici e medievali.In seguito, dopo il 1846, si volse piú particolarmente atemi patriottici (Arrivo del bollettino della pace di Villa-franca: Roma, gnam) o di genere, minuziosamente dipinti,che risentono talvolta del linguaggio dei macchiaioli(Scuola di sartine: Milano, gam; l’Antiquario: Firenze,gam) e dei pittori svizzeri conosciuti dopo i moti rivolu-zionari del ’48, quando si rifugiò prima in terra elvetica epoi, con il fratello, nella Firenze granducale. La sua pittu-ra di genere trascende il livello di un gustoso, illustrativoaneddotismo, ma non è priva di fresche osservazioni dalvero, realizzate con grande abilità tecnica. Predilesseanche soggetti sentimentali di vita quotidiana, familiare(Supplente alla mamma, 1857: Padova, mc).Il fratello Gerolamo (Milano 1827-90) si dedicò anch’eglialla pittura di storia, ispirandosi all’Hayez nelle sue primeprove. Garibaldino, attinse alle guerre d’indipendenza eal sentimento patriottico l’essenziale della sua ispirazione(il Cacciatore delle Alpi: Milano, Museo del Risorgimento;Battaglia della Cernaia, coll. priv.), acquistando consensi efama anche per certa inclinazione patetica del racconto(Triste presentimento, 1862: Milano, Brera). Molto notoanche come ritrattista di eroi risorgimentali (Mazzini, Ga-

Storia dell’arte Einaudi

Page 66: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

ribaldi: Torino, Museo del Risorgimento), lasciò forse laparte migliore della sua opera in dipinti di paesaggio (Pe-scarenico, 1862: Milano, Brera); nei suoi quadri di batta-glia si possono scorgere talora analogie con aspetti dellapittura romantica francese. (jv + sr).

infantile, pitturaL’interesse per la pittura, e piú in generale per l’arte deibambini, è fenomeno relativamente recente, non anterio-re agli ultimi decenni del sec. xix; si venne allora costi-tuendo la stessa nozione di un’arte prodotta dai bambini,fornita di autonome e peculiari caratteristiche. Come èstato osservato (W. Viola, Child Art, 1942), può ritenersiche la scoperta dell’arte infantile sia parallela, o piuttostoconseguenza, della scoperta del bambino come essereumano fornito di una specifica personalità, diversa daquella dell’adulto.Occorrerà preliminarmente chiarire come con p i si inten-da far riferimento alle diverse manifestazioni artisticherealizzate dai bambini, che peraltro hanno proprio nellapittura genericamente intesa (ma in particolare nel dise-gno realizzato mediante l’uso di matite colorate o no,penne, ecc.) il mezzo tecnico di uso piú comune. Si trattadunque di un’arte che sotto il profilo tecnico risulta di ne-cessità molto elementare, basata su procedimenti solita-mente ricorrenti, che tuttavia, in alcuni casi, e speciequando si giunga ad un’età piú avanzata (sei-dieci anni),non esclude tecniche relativamente complesse, compren-denti l’uso di pennelli, colori, pastelli, ecc., rimanendo ilsupporto costituito di solito da un foglio di carta o da uncartoncino, che possono peraltro variare nel tipo, nellospessore e nella consistenza.Il primo specifico intervento critico sul problema dellapittura infantile può indicarsi in uno studio di AdolpheSiret (L’Enfant de Bruges) del 1876, nel quale l’autoreprende in esame il caso di Frédéric van de Kerkhove, unbambino figlio di un pittore di Bruges, morto all’età diundici anni, che avrebbe realizzato un notevole numero dipitture su pannelli di legno, oggi disperse, rese note –dopo la morte – dal padre. Il caso fu all’epoca assai dibat-tuto, anche per il dubbio affiorante che molti dei dipintiattribuiti a Frédéric fossero stati ritoccati dal padre. Anoi interessa in particolare rilevare come il Siret non riu-scisse allora a sottrarsi all’idea del bambino-genio, princi-

Storia dell’arte Einaudi

Page 67: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

pio rifiutato da tutti gli studiosi che su basi scientifiche sisono successivamente occupati della natura, delle motiva-zioni e del significato dell’arte irfantile. Il primo ad avereaffrontato il problema senza contingenti sollecitazioniemotive o fuorvianti pregiudizi fu lo storico dell’arte ita-liano Corrado Ricci, il quale si giovò, tra gli altri, per lasua ricerca di Adolfo Venturi. Il Ricci espose i suoi risul-tati in una conferenza del febbraio 1885 poi pubblicatadel 1887 (L’Arte dei bambini) e successivamente piú volteristampata. L’orientamento e i convincimenti del Riccipossono già intendersi dalla seguente notazione: «Qual èla norma che guida l’arte dei bambini?... I bambini de-scrivono l’uomo e le cose invece di renderle artisticamen-te; cercano di riprodurle nella loro compitezza assoluta enon nella risultanza ottica. Fanno insomma coi segni ladescrizione che, né piú né meno, farebbero con la paro-la». In effetti il Ricci, in modo certo non sistematico, af-fronta alcuni dei problemi di fondo relativi all’arte deibambini, che saranno poi ripresi e sviluppati negli studisuccessivi; in particolare si segnalano: l’individuazionedella fase poi definita del «ghirigoro» o dello «scaraboc-chio»; la tendenza evidente sino ad una certa età a ridur-re nella rappresentazione la forma umana alle parti ritenu-te essenziali senza alcuna preoccupazione di verosimi-glianza; l’applicazione conseguente della «legge di inte-grità», quale si rivela ad esempio nel disegnare un voltoumano visto di profilo con due occhi; l’uso della «traspa-renza», ossia il rappresentare anche le cose che sono den-tro un contenitore, ad esempio una casa, e che pertantonon dovrebbero essere visibili; lo studio dei rapporti traarte infantile e arte «primitiva» (preistorica e della «deca-denza»); l’impossibilità di assimilare l’arte dei bambini aquella degli adulti («L’arte come arte è a loro sconosciu-ta»). Nel complesso può dirsi che lo studio del Ricci sibasi su di un principio fondamentale, che sarà poi varia-mente ripreso, ossia che l’arte dei bambini non può essereconsiderata con gli stessi strumenti critici di cui ci si serveper giudicare l’arte degli adulti; è dunque implicito che ibambini non producono oggetti «artisticamente» validi,ma offrono attraverso le loro pitture e i loro disegni docu-menti del loro sviluppo intellettuale.Un problema che ha interessato in particolare gli studiosi– in specie gli psicologi – che hanno affrontato l’argomen-to è quello degli stadi di sviluppo nella pittura e nel dise-

Storia dell’arte Einaudi

Page 68: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

gno dei bambini. Il primo ad avere tentato una sistema-zione dell’evoluzione del disegno infantile fu James Sully(Studies of Childhood, 1896), cui si rifece, fornendone unapiú sistematica definizione, Cyril Burt (Mental and Schola-stic Test 1922); gli stadi di sviluppo fissati dal Burt sono:1) ghirigoro (2-5 anni); 2) linea (4 anni); 3) simbolismodescrittivo (5-6 anni); 4) realismo descrittivo (7-8 anni);5) realismo visivo (9-10 anni); 6) repressione (11-14 anni);7) ripresa artistica (adolescenza).Ma il piú organico, completo e ancor oggi insostituibilestudio sul disegno – e in generale sull’arte – infantile sideve a Georges-Henry Luquet; preceduto da uno studiodel 1913 (Dessins d’un enfant), originato dall’interpretazio-ne dei disegni della figlia, il Luquet nel 1927 pubblicò LeDessin enfantin, volume piú volte ristampato e divenutoun classico e insostituibile riferimento per gli studi sull’ar-gomento. Il Luquet non era uno psicologo né un pedago-go, e neppure uno storico dell’arte: i suoi interessi preva-lentemente storico-filosofici lo portano cosí ad un approc-cio piú libero e sperimentale, sempre peraltro sostenutoda un rigoroso metodo scientifico. Tra le varie intuizionie le originali interpretazioni del Luquet andranno almenosegnalate: l’assimilazione del disegno infantile al gioco;l’automatismo grafico; l’individuazione di un determinan-te «modello interno» («Nei disegni dal vero il bambino...copia il proprio modello interno e non l’oggetto») l’affer-mazione di una caratterizzazione essenzialmente «realisti-ca» del disegno infantile, con la distinzione di diversi esuccessivi momenti (realismo involontario o fortuito, rea-lismo volontario, in tre fasi: realismo mancato realismointellettuale, realismo visivo). Pur senza affrontare il pro-blema in modo specifico, non rientrando nei suoi interes-si, il Luquet intuisce ed afferma esplicitamente come nellaconcreta pratica pedagogica il bambino debba essere la-sciato libero di disegnare ciò che vuole, senza che l’educa-tore intervenga per accelerare i tempi del passaggio dauno stadio all’altro: principio poi universalmente accoltodalla moderna pedagogia e da tutti gli autori che si sonopiú attentamente interessati alla questione (H. Read, A.Stern, M. Bernson).Dal campo degli studi sulla pittura infantile nasce cosí ladisciplina che è stata definita – in Italia anche in sedescolastica – «educazione artistica». Un apporto fonda-mentale si deve allo studioso inglese Herbet Read, i cui

Storia dell’arte Einaudi

Page 69: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

interessi prevalenti rientrano nei campi dell’estetica edella sociologia dell’arte. Il Read nel 1943 pubblicò untesto divenuto ben presto uno strumento obbligato perogni operatore del settore: Education through Art, reso initaliano con Educare con l’arte (1a ed. 1954). In esso Readsi occupa in un esteso capitolo dell’arte dei bambini,anche alla luce dei precedenti studi sull’argomento – sot-toposti talvolta ad una critica serrata – ma con una visio-ne ampia e articolata del problema, cui apporta osserva-zioni e proposte originali e di grande interesse. Tra questeci sembra dover segnalare: l’importanza attribuita allacomponente imitativa del comportamento dell’adultonell’orientare il disegno infantile in senso realistico; l’at-tenzione portata sulle implicazioni e i significati connessiai concetti di ‘immagine’, ‘segno’ o ‘simbolo’, ‘rappresen-tazione’; il riconoscimento dell’attività grafica del bambi-no come «speciale mezzo di comunicazione, con delle suecaratteristiche e leggi», e come tale pertanto considerataquale «attività sociale»; il tentativo di una classificazioneempirica dei disegni dei bambini fondata non come finoad allora era stato fatto su principî di ordine psicologicoma stilistico, con l’individuazione di otto categorie fonda-mentali; il convincimento che il declino dell’arte del bam-bino dopo gli undici anni è determinato dall’attacco por-tato dalle cosiddette «attività logiche» (aritmetica, geo-metria, fisica, chimica, storia, geografia, ecc.). «Il prezzoche paghiamo per questa distorsione della mente dell’ado-lescente, – egli scrive, – è sempre piú caro: una civiltà dioggetti odiosi e di esseri umani mal formati, di menti ma-late e di infelici vite domestiche, di società divise: unmondo preso da follia distruttiva». Occorre osservare chequanto allora lamentato dal Read, e proprio per una piúavvertita coscienza delle implicazioni connesse al proble-ma, si è, almeno in parte, risolto in senso positivo conuna consapevole attenzione portata da psicologi, pedago-ghi ed educatori in genere al problema stesso; in generalepuò dirsi che la pratica dell’«educazione artistica» si basaormai su alcuni principî consolidati: 1) l’arte dei bambiniha leggi, caratteri e particolarità che non consentono diassimilarla a quella degli adulti; 2) la libera espressione delbambino non deve in alcun modo essere vincolata o coar-tata, e ciò diversamente da quando con la ‘lezione di dise-gno’ si pretendeva fornire nozioni e schemi cui ciascunodoveva secondo precise norme e regole attenersi, 3) l’in-

Storia dell’arte Einaudi

Page 70: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

tervento dell’educatore deve configurarsi come quello diuna guida discreta, di un accorto consigliere capace di co-gliere le necessità e le attese del bambino: «L’educatoreaiuta la creazione... Egli ha ben compreso il suo ufficioquando, simile a un maestro d’orchestra in mezzo ai suoimusicisti, fa risuonare in ogni fanciullo le vibrazioni dellasua anima» (A. Stern).V’è poi da rilevare come l’arte dei bambini sia stata stu-diata e utilizzata dalla psicologia della percezione per me-glio comprendere e chiarire i meccanismi e gli elementicostitutivi del processo artistico. Non rientrano in modospecifico in questo campo ma complementari e di notevo-le interesse sono le esperienze di Viktor Lowenfeld (TheNature of Creative Activity, 1939, trad. it. La naturadell’attività creatrice, 1968): dallo studio di prodotti «arti-stici» di bambini ciechi o deboli di vista egli giunge a con-cludere che nei soggetti menomati della funzione visiva sideterminano «immagini» non visive, basate sulla espe-rienza tattile, che si realizzano in forme plastiche, indi-pendenti da ogni impressione visiva. Un’attenta conside-razione del disegno infantile in rapporto alla percezionevisiva è stata poi manifestata da Rudolph Arnheim (Artand Visual Perception: a Psychology of the Creative Eye,1954; trad. it. Arte e percezione visiva, 1971; questi sipone in netta contrapposizione alla teoria intellettualistica– il «modello interno» del Luquet – in base al fondamen-tale principio che i bambini si basano essenzialmente suinformazioni visive; cosí che essi – come i primitivi (pro-blema sul quale si tornerà piú avanti) – disegnano a suoavviso ciò che vedono, senza operare deformazioni, limi-tandosi a fornire descrizioni dei caratteri generali deglioggetti, cosí come vengono percepiti. L’importanzadell’arte infantile quale strumento di comprensione del fe-nomeno artistico in generale è decisamente sostenutadall’Arnheim; «Io non so pensare ad alcun fattore essen-ziale dell’arte o ad alcuna creazione artistica la cui fontenon si possa riconoscere nell’opera del bambino».Nell’ampia e sistematica indagine di Arnheim si possonoindividuare alcuni punti di particolare interesse: la defini-zione dello scarabocchio come «presentazione» e non«rappresentazione», frutto cioè della eccitante esperienzadi produrre qualcosa di visibile prima non esistente, ana-logamente alla propensione all’attività grafica degli scim-panzé, tema, quest’ultimo, in modo specifico studiato da

Storia dell’arte Einaudi

Page 71: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Desmond Morris (The Biology of Art, 1962; trad. it. Bio-logia dell’arte, 1969); la definizione del cerchio, forma chenon evidenzia alcuna direzione, quale primo e piú sempli-ce pattern visuale; la stretta connessione ancora evidentenella produzione grafica infantile tra l’atto del disegnare equello del gesticolare; la formulazione della «legge delladifferenziazione», basata sul principio che «una caratteri-stica percettiva verrà resa nel piú semplice modo possibilefinché non è ancora differenziata»: principio bene esplica-to dal cerchio – come si è visto il piú semplice pattern vi-suale – il quale, finché la forma non viene differenziata,vale a raffigurare non solo la rotondità bensí qualsiasialtra forma; l’originaria indifferenziazione della grandez-za; lo studio del passaggio dalla rappresentazione sulpiano alla profondità, con la conclusione che la rappresen-tazione della tridimensionalità è propria di uno stadioavanzato ed è solo in parte originata dalla spontanea ri-cerca del bambino. Arnheim affronta infine il problemadel rapporto tra arte infantile e arte «primitiva», temache, sin dal Ricci ha variamente interessato gli studiosi,egli cita l’esempio delle figure a centri concentrici, defini-te da Jung con il termine sanscrito man. d. ala, motivo pre-sente nei disegni infantili di tutto il mondo e ricorrentenell’arte «primitiva» di epoche e aree diverse. Piú in ge-nerale può dirsi che l’arte infantile è l’espressione di alcu-ne tendenze innate, proprie della natura umana, che nellesocietà piú evolute vengono gradualmente superate e mo-dificate per l’azione di stimoli e condizionamenti mentrein altri contesti culturali – quelli genericamente definiti«primitivi» – la loro azione continua piú a lungo o risultaaddirittura permanentemente operanteAltro problema sul quale la critica, piú di recente, ha por-tato la sua attenzione è quello del rapporto tra l’arte in-fantile e alcune manifestazioni dell’arte contemporanea; sitratta di quelle correnti, come il surrealismo, che esaltanonel procedimento creativo l’importanza dell’automatismopsichico; o che, come nel caso del pittore francese JeanDubuffet, con il suo Art brut, si rifanno ad un particolare«primitivismo», nel quale rientrano appunto le manifesta-zioni artistiche dei bambini, degli alienati dei carcerati,dei «non professionisti» in genere. Significativo chenell’almanacco del Blauer Reiter (1912), curato da F.Marc e W. Kandinsky, fossero inseriti alcuni disegni dibambini. La pittura, o piú in generale l’arte infantile, si

Storia dell’arte Einaudi

Page 72: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

rivela dunque come un campo di ricerca che ha assuntouna notevole complessità di implicazioni: lo studio deiprodotti «artistici» dei bambini interessa in primo luogo,come si è visto, gli psicologi e i pedagoghi, per gli elemen-ti che questo tipo di attività fornisce alla comprensionedello sviluppo della personalità psichica del fanciullo e perla possibilità di utilizzare la naturale propensione verso leattività disegnative al fine di un corretto ed armonico svi-luppo della personalità (educazione artistica). Escluso inogni caso che la produzione «artistica» infantile abbiaun’autonoma validità estetica, tale da farla assimilare aquella degli adulti (cosí che non si dovrebbe neppure cor-rettamente parlare di un’«arte infantile»), è piuttostodalla indagine sui meccanismi della percezione visiva chein essa si manifestano in modo spontaneo e dai rapporticon l’arte primitiva o con alcune correnti artistiche con-temporanee, che lo storico dell’arte può trarre utili ele-menti di riferimento per la comprensione del fenomenoartistico e per il tentativo di definire le origini e le moti-vazioni del suo stesso costituirsi. (mp).

informaleL’i non può essere considerato un movimento, né unavera e propria tendenza; fin dall’inizio esso fu definitouna «poetica», cui aderirono artisti tra loro molto diversisulla base di un comune atteggiamento di fondo nei con-fronti della pittura, tra gli anni immediatamente successi-vi la seconda guerra mondiale e l’inizio degli anni ’60.Rientrano cosí nell’ambito dell’i le ricerche di raggruppa-menti diversi (come l’Art brut o il tachisme in Francia,l’Action Painting negli Stati Uniti, lo spazialismo o il nu-clearismo in Italia) e, piú spesso, i percorsi individuali disingoli artisti, in particolare in Europa e negli Stati Uniti.Numerosissimi furono i pittori che aderirono, per uncerto periodo, all’i. Per darne qui solo un elenco indicati-vo e necessariamente sommario si citano, tra i molti, perl’Italia in particolare Burri, Morlotti, Moreni, Mandelli(le «tre M» del critico F. Arcangeli), Fontana in una certafase, Vedova, Rotella, Scialoja, Turcato; in Francia, tragli altri, Fautrier, Dubuffet, Hartung, Mathieu, Michaux,Wols; in Spagna soprattutto Tápies; nell’Europa del Nordi pittori del gruppo Cobra; negli Stati Uniti, esponentidell’Action Painting, che fu in stretto rapporto con lo svi-luppo della stagione dell’i europeo, furono, tra gli altri,

Storia dell’arte Einaudi

Page 73: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Pollock, Gorky, De Kooning, Rothko, Motherwell,Tobey, Kline, B. Newman, S. Francis, C. Still.I motivi dominanti dell’i emergono con evidenza dalleopere che, nella loro specificità, rivelano tutte un sostan-ziale abbandono dei fondamenti della cultura pittoricaprecedente. L’antico binomio forma-colore, attorno alquale si erano sviluppate sia la storia delle vicende figura-tive che le piú recenti ricerche astratte, veniva abbando-nato, dagli artisti dell’i, a favore della materia. Sulla ma-teria, che è colore ma anche carta, tela, legno e tuttoquello che tradizionalmente costituiva il supporto o il te-laio dell’opera, l’artista agisce, nella pittura informale,con un gesto che varia a seconda dei casi: segno, macchia,taglio, graffio, strappo, bruciatura, dripping (sgocciolamen-to). Il gesto non è piú indirizzato verso una rappresenta-zione o un’espressione formale, come nella pittura prece-dente; esso è ora unicamente manifestazione dell’esisten-za dell’artista. È questa componente materica e aniconica,che si ritrova in tutte le opere informali, che dà la misuradi un profondo mutamento rispetto alla tradizione dellapittura occidentale. Dipingere non è piú rappresentare oesprimere attraverso una forma figurativa o meno, ma sol-tanto manifestare nella materia, l’atto di esistenza del sin-golo. In questo senso è stato detto che nell’i viene stravol-to quello che, in termini linguistici, è definito come il rap-porto tra significante e significato: le diverse azioni com-piute dall’artista sulla tela non sono piú espressione di unrapporto tra la rappresentazione e la realtà ma esistono diper sé, in quella sorta di presente assoluto che nasce dallascelta di far coincidere il momento dell’ideazione conquello dell’esecuzione. Tutti gli artisti che aderirono all’iaffermarono infatti, con accenti diversi, l’assoluta coinci-denza del creare e dell’agire ogni idea che precede il gestodi dipingere è eliminata; l’azione del pittore nasce dallacasualità e dal rapporto, spesso sentito come fortementeempatico, con la materia. Si comprende da questo puntodi vista quanto sia stata complessa, nell’i, la relazione conla pittura del passato: profondamente consapevoli dei«precedenti» costituiti dall’impressionismo, dalle avan-guardie storiche, dal surrealismo, i pittori dell’i mescola-rono, ad alcune tracce di continuità, segni di distanza e dirottura. Cosí le «eredità» della cultura artistica europea –dalla «scrittura automatica» dei surrealisti alle prime for-mulazioni astratte di Klee e Kandinsky, indietro fino alla

Storia dell’arte Einaudi

Page 74: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

pittura del tardo Monet – riemergono nella pittura infor-male espressamente svuotate del loro senso originario.Come scrive nel 1960 G. Mathieu, nell’i «si assiste alladissoluzione di tutte le forme note per ritrovare il puntozero, il nulla a partire dal quale tutto può divenire possi-bile».La questione del rapporto con il passato attraversa delresto l’intera storia della poetica informale; riemerge in-fatti con accenti diversi, talvolta opposti, nelle opere enelle dichiarazioni degli artisti o negli scritti dei criticiche per primi se ne occuparono (si pensi in particolare aF. Arcangeli, P. Restany, H. Rosenberg, M. Tapiè). Lavarietà di letture e interpretazioni è tale che la storia dellapittura informale s’intreccia costantemente con quelladelle sue definizioni. Un tema ricorrente, nella diversitàdelle singole posizioni, sembra essere appunto la riflessio-ne sul tempo trascorso: un passato culturale e individualeche la cesura della guerra ha contribuito ad allontanare.Ritorna infatti nelle parole di diversi artisti il tema dellamemoria e della perdita del passato: da alcuni sentita conrimpianto, da altri rivendicata come un rifiuto e procla-mata come necessaria. Cosí talvolta è la memoria indivi-duale che riaffiora nell’atto del dipingere, come per Mi-chaux: «Quando incominciai a dipingere mi tornò allamente il mio mondo... i ritmi di cui avevo nostalgia, e inquei ritmi collocavo precipitosamente delle tracce brevi,piene di elettricità, delle violente tracce di cose esistenti»(1959). In altri casi invece ogni legame con il passatoviene bandito con tragica determinazione, come in Wolsche, pur essendosi formato sull’eredità della cultura delBauhaus, scrive su un disegno: «La prima cosa che io al-lontano dalla mia vita è la memoria». In un artista comeFautrier, invece resta essenziale proprio l’attaccamento alpassato, di cui la materia conserva le tracce: «La materiaè memoria», egli scrive, e riconosce ancora una funzioneineliminabile nella genesi dell’opera alla «cosa vista» poi-ché, sostiene ancora, «nessuna forma d’arte può dareemozione se non ci si mette una parte di reale». Dubuffetproclama al contrario il proprio disinteresse per la pitturadi coloro che dipingono ciò che vedono, dichiarandosipiuttosto a favore di quella pittura che rappresenta «spet-tacoli che il pittore desidera vedere e che non ha altrapossibilità di incontrare che allestendoli da solo». Ancheper Wols il rapporto dell’artista con la visione è ormai del

Storia dell’arte Einaudi

Page 75: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

tutto scisso dalla realtà: «Vedere è chiudere gli occhi»,egli afferma, e una simile spinta a privilegiare il contattocon l’interiorità e ad ampliare il campo della percezionetradizionalmente affidato alla pittura si ritrova nelle paro-le di Hartung: «Quello che proviamo è molto piú fortedei rossi, degli azzurri che vediamo attorno a noi. E pernoi pittori tutto questo è da esprimere... l’esperienza ri-dotta alla sola visione non ci fa conoscere l’oggetto e nem-meno il mondo. Non esdudo il fatto di vedere, al contra-rio, ma la vista non è il solo nostro modo di conoscere.Abbiamo ben altre maniere di conoscere».Per gli artisti dell’i europeo il rapporto con il passato as-sunse dunque quasi sempre i caratteri di un conflitto dila-niante: anche l’esperienza della guerra e del nazismo pesò,evidentemente, sia sul tentativo di rifiutare il passato siasu quello, che pure è presente nella cultura dell’i di ritro-vare in esso i segni di un cammino possibile. Per i pittoridell’Action Painting americana, invece, e non tanto pergli immigrati dall’Europa, come Gorky, quanto per glistatunitensi, come Pollock, la pittura sembra ora poterconsistere in un gesto con il quale disfarsi del bagagliodella tradizione europea. Si afferma cosí, soprattutto conPollock, che adotta la tecnica casuale del dripping, unaconcezione essenzialmente empatica dell’atto del dipinge-re. Cosí egli dichiarava, tra l’altro, che «il quadro ha unavita sua e io non cerco che di farla venir fuori. È soltantoquando perdo contatto con la tela che il risultato è un di-sastro. Altrimenti si stabilisce uno stato di pura armonia,di spontanea reciprocità, e l’opera riesce bene». La diffe-renza con i motivi dominanti nell’i europeo emerge chia-ramente dalle parole di Rothko che individua come «osta-coli» alla piena chiarezza dell’opera «la memoria, la geo-metria», o in quelle di B. Newman che, riprendendo lastessa idea scrive, nel 1948: «L’immagine che produciamoha in se stessa l’evidenza della rivelazione reale e concre-ta, che può essere capita da chiunque voglia guardarlasenza i nostalgici occhiali della storia».Nella molteplicità di aspetti della pittura informale la cri-tica ha voluto individuare alcune tendenze generali, sullabase delle caratteristiche dominanti nell’opera dei vari ar-tisti. Si distinguono cosí (ma non se ne dà qui che un ac-cenno breve e sommario) le ricerche del segno e del gesto– che racchiudono i percorsi di artisti come Hartung,Soulages, Fontana, Wols, Michaux, i pittori del gruppo

Storia dell’arte Einaudi

Page 76: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Cobra in Europa e quelli di pittori come Tobey, Still,Kline, Motherwell, Pollock, Gorky, De Kooning, Francisnegli Stati Uniti – e le ricerche dette della materia, pro-prie di pittori europei come Fautrier, Dubuffet, Burri,Tàpies.Per quello che riguarda il complesso panorama della pittu-ra informale in Italia → Italia; per gli Usa → Action Pain-ting. (sg).

ingakyo- o eingakyo-

Illustrazione giapponese del Su- tra delle cause e degli effetti,spesso copiato in epoca Nara; se ne conoscono quattromakimono, suddivisi tra il Ho-on’in e il Jo-bon Rendaiji diKyoto, l’università di belle arti di Tokyo e l’antica coll.Masuda, eseguiti successivamente tra il 730 e il 770,senza parlare delle copie posteriori, la piú antica dellequali risale al ix sec. Le miniature corrono in panoramacontinuo al di sopra del testo in calligrafia, che narra lesuccessive incarnazioni del Buddha. L’assenza di propor-zioni, il trattamento arcaico delle rocce e degli alberi, lagamma ristretta dei vivaci colori e il fascino ingenuo deipersonaggi sono altrettante caratteristiche che rivelanouna trasposizione diretta da un originale cinese perdutodell’epoca dei Tang. Mentre però il rotolo del Ho-on’insegue fedelmente il modello, gli altri rotoli rivelano unadattamento giapponese, che si avverte nella tendenza na-turalistica e in un ritmo decorativo. (ol).

Inghilterra → Gran Bretagna

Inglés, Jorge(attivo in Castiglia nella seconda metà del xv sec.). Primorappresentante in Castiglia del nuovo realismo fiammin-go, è citato nel testamento del marchese di Santillana(1455), in cui viene fatta menzione della stesura del con-tratto per il Retablo degli angeli che il pittore eseguí alloraper la cappella dell’ospedale di Buitrago. Quest’opera(Madrid, coll. del duca dell’Infantado) riserva un postoessenziale ai ritratti dei committenti D. Inigo López deMendoza, primo marchese di Santillana, e sua moglie, di-sposti ai lati della Vergine scolpita sui laterali del retablo.Queste grandi figure inginocchiate ricordano quelle di Ni-colas Rolin e Guigone di Salins, i donatori del Polittico diBeaune, dipinto da Van der Weyden (destinato anch’esso

Storia dell’arte Einaudi

Page 77: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

ad un altare di un ospedale). Per analogia stilistica sonoattribuiti ugualmente ad I il Retablo di San Girolamo(conservato a Valladolid), proveniente dal monastero dellaMejorada ad Olmedo, con scene di interni solidamentecostruite, il Retablo della Vergine (chiesa di Villasandino),un Cristo morto tra la Vergine e san Giovanni (conservatoa New York) e una Danza di Salomé (Vienna, coll.Strauss).Se si ignora tutto dell’origine e della formazione di questoartista (il cognome Inglés può indicare il paese della suafamiglia), i suoi dipinti denotano uno stile fiammingo,nettamente determinato dall’arte di Robert Campin.Dalla lezione del grande innovatore della scuola di Tour-nai riprende il forte rilievo delle forme, la luce cruda chedistacca le figure, le pieghe spezzate, il gusto per i parti-colari e le nature morte disposte nelle nicchie, ed infine laprospettiva di paesaggi visti attraverso una finestra. Nelcorso della sua evoluzione, si nota una certa ispanizzazio-ne dei modelli fiamminghi, che è caratterizzata dall’accen-tuazione del realismo tragico delle figure e dall’accumula-zione degli ornamenti che tendono a riempire gli spazivuoti delle composizioni. La sua influenza s’esercita sunumerosi pittori castigliani della seconda metà del xv

sec., in particolare sul Maestro di Sopetran e sul Maestrodella Luna. (mdp).

Ingres, Jean-Auguste-Dominique(Montauban 1780 - Parigi 1867). Il padre Joseph, pittore,miniaturista, scultore e ornamentista, gl’insegnò il dise-gno, e anche il violino. Ma l’istruzione del fanciullo, alcollegio dei Fratelli delle scuole cristiane di Montauban,fu limitata, come egli deplorò per tutta la vita. Nel 1791entrò nell’accademia reale di Tolosa, ove ebbe come mae-stri il pittore Joseph Roques, antico allievo di Vien (ilmaestro di David) e lo scultore Jean-Pierre Vigan. Ebbepure lezioni dal paeaggista Jean Briant e dal violinistaLejeune. Fu persino secondo violino nell’orchestra del Ca-pitole. Per tutta la sua vita la musica fu il suo violon d’In-gres. Nel 1797 partí con certificati di lode dei suoi maestriper Parigi.Parigi (1797-1806) Sin dal suo arrivo entrò nello studiodi David, che stava dipingendo le Sabine. Nell’ambientedei suoi compagni di studio I conobbe i Muscadins, cheerano attratti dal medioevo; i Primitivi, o Pensatori, o

Storia dell’arte Einaudi

Page 78: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Barbus che s’interessavano alle forme arcaiche dell’arte edella letteratura (i vasi greci o «etruschi», i dipinti deiprimitivi italiani, Omero e i poemi dello pseudo-Ossian).Pur non aderendo a queste poetiche, fu profondamenteinfluenzato dall’ambiente artistico, insieme classico e ar-caicizzante, nel quale operò fino al 1801. In questo perio-do dipinse numerosi Studi di nudo accademici (Montau-ban, Museo Ingres, Parigi Louvre, enba). Nel 1801 vinseil primo grand prix de Rome con gli Ambasciatori di Aga-mennone (ivi; bozzetto a Stoccolma, nm). Non potendorecarsi immediatamente a Roma per ragioni politiche e fi-nanziarie, si stabilí nell’antico convento dei cappuccini,non lontano da molti altri ex allievi di David: Gros, Giro-det Granet e lo scultore fiorentino Bartolini. Qui eseguídei ritratti che sono i suoi primi incarichi e i suoi primicapolavori: Autoritratto a ventiquattr’anni (1804, rimaneg-giato in seguito: Chantilly, Museo Condé), i tre ritrattidella Famiglia Rivière (1805: Parigi, Louvre), Napoleone Isul trono imperiale (1806: Parigi, Museo dell’esercito). Taliopere, esposte al salon del 1806, vennero giudicate severa-mente dalla critica: si rimproverava loro il «genere secco eritagliato», lo stile «gotico», imitato da «Jean de Bruges»(Jan van Eyck). I fu profondamente e durevolmente colpi-to da quest’incomprensione, con la quale dovette misurar-si piú volte.Roma (1806-20) Giunto a Villa Medici nell’ottobre 1806dopo aver ammirato a Firenze gli affreschi di Masaccio,scoprí entusiasticamente Roma, in particolare le Stanze diRaffaello in Vaticano e la Cappella Sistina, ma anche lechiese, i ruderi di monumenti romani e le collezioni di an-tichità. Dopo i due bei ritratti di Granet e di Madame De-vauçay (1807: conservati a Aix-en-Provence e Chantilly),dipinse numerosi nudi, in particolare la Bagnante a mezzafigura (conservato a Bayonne) e la Bagnante detta «di Val-pinçon» (1808: Parigi, Louvre), «invio da Roma» che fuapprezzato a Parigi per la finezza del modellato e per glieffetti di luce riflessa. Invece le deformazioni espressivedel suo ultimo invio, Giove e Teti (1811: Aix-en-Proven-ce, Museo Granet), provocarono il sarcasmo degli ambien-ti accademici parigini. Alla fine del 1810, terminato il pe-riodo di pensionato, I decise di rimanere a Roma, dovel’amministrazione imperiale e la numerosa colonia france-se gli potevano garantire commissioni e incarichi. Dipinsenumerosi ritratti di alti funzionari (Marcotte d’Argenteuil,

Storia dell’arte Einaudi

Page 79: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

1810: Washington, ng; Moltedo, 1810: New York, mma;Cordier, 1811: Parigi, Louvre; Bochet: ivi; Devillers, 1811:Zurigo, Fond. Bührle) e grandi composizioni: Romolo vin-citore di Acrone (1812: Parigi, enba, deposito al Louvre),dal disegno arcaizzante, e il Sogno di Ossian (1813: Mon-tauban, Museo Ingres), di ispirazione preromantica, am-bedue per il palazzo imperiale di Monte Cavallo al Quiri-nale, e Virgilio legge l’Eneide (1812: conservato a Tolosa)per Villa Aldobrandini, residenza del governatore diRoma. Risalgono al 1814, al ritorno da un soggiorno aNapoli (ove dipinse una Dormiente oggi scomparsa), treopere fondamentali, ove l’arte degli arabeschi espressivitocca il culmine: il ritratto di Madame de Senonnes, termi-nato nel 1816 (Nantes, mba), la Grande Odalisca (Parigi,Louvre) e Paolo e Francesca (Chantilly, Museo Condé).Nel frattempo si era sposato, nel 1813, con una modistadi Guéret, Madeleine Chapelle. Alla caduta dell’Impero,nel 1815, perdette tutta la sua clientela. Dovette eseguire,per vivere, ritratti disegnati a matita dei membri dellanuova colonia inglese (le Sorelle Montagu, 1815: Londra,coll. priv.) o ritratti di famiglia (la Famiglia Stamaty,1818: Parigi, Louvre), genere che disprezzava, ma in cuidiede prova di notevole talento per l’eleganza e la natura-lezza delle pose e la precisione incisiva del tratto. Dipinseallora quadri a soggetto storico, di piccole dimensioni: En-rico IV riceve l’ambasciatore di Spagna (1817: Parigi, Petit-Palais), la Morte di Francesco I (1818: ivi), il Duca d’Albaa Sainte-Gudule (1815-19: Montauban, Museo Ingres) eRuggero e Angelica (1819: Parigi, Louvre).Firenze (1820-24) Chiamato dal suo antico condiscepolo,lo scultore Lorenzo Bartolini, si stabilí per quattro anni aFirenze, dove studiò Raffaello, dipinse alcuni mirabili ri-tratti (Bartolini, 1820: Parigi, Louvre; Gouriev, 1821: Le-ningrado, Ermitage; Monsieur Leblanc e Madame Leblanc,1823: New York, mma) ed eseguí un notevole incaricoper conto del governo francese: il Voto di Luigi XIII(1820-24: collocato nella cattedrale di Montauban nel1826, con l’esecuzione della Messa dell’incoronazione diCherubini).Parigi (1824-35) Nell’ottobre 1824 I portò a Parigi ilquadro, che al salon ebbe accoglienze trionfali: per il sog-getto religioso e per il ricordo delle Madonne di Raffaelloesso appariva il simbolo del classicismo e della tradizione,rispetto al Massacro di Scio di Delacroix, manifesto del ro-

Storia dell’arte Einaudi

Page 80: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

manticismo, presentato allo stesso salon. Da allora I sipose a difensore della dottrina classica ed ebbe una bril-lante carriera ufficiale: croce della Legion d’onore, elezio-ne nell’accademia di belle arti (1825). Aprí uno studio ecominciò a formare numerosi allievi. L’Apoteosi di Omero(1827: Parigi, Louvre), destinata a un soffitto del Louvre,ottenne grande successo negli ambienti classicheggianti ri-spetto al Sardanapalo di Delacroix: per la scelta degli arti-sti e degli scrittori antichi e moderni che circondano ilpoeta, il quadro testimonia le convinzioni dell’artista. IlRitratto di M. Bertin (1832: ivi) è uno dei culmini dell’artedi I per la veridicità dell’individualizzazione e nel con-tempo per la portata generale della rappresentazione so-ciale, quella della grande borghesia dell’epoca di Luigi Fi-lippo. L’insuccesso del Martirio di san Sinforiano (1834:Autun, Cattedrale), da cui fu molto toccato, lo decise anon esporre piú ai salons e ad accettare la carica di diret-tore dell’Accademia di Francia a Roma.Roma (1835-41) Accolto trionfalmente a Villa Medici damolti suoi antichi allievi, dedicò la maggior parte del suotempo all’amministrazione e alle trasformazioni dellavilla, organizzò una biblioteca; arricchí le collezioni di cal-chi di sculture antiche, fondò un corso di archeologia. Di-pinse poco: l’Odalisca con la schiava (1839: CambridgeMass., Fogg Museum), Antioco e Stratonice (1840: Chan-tilly, Museo Condé). Fece un viaggio a Ravenna, ove dise-gnò i monumenti bizantini, a Urbino, in pellegrinaggioraffaellesco (1839) e ad Assisi, dove copiò gli affreschi diGiotto.Parigi (1841-67) Risale a questo periodo una serie di ri-tratti mondani, che gli causarono pene infinite, e chesono dei capolavori: la Contessa d’Haussonville (1845:New York, Frick Coll.), la Baronessa James de Rothschild(1848: coll. priv.), Madame Gonse (1845-52: Montauban,Museo Ingres), Madame Moitessier in piedi (1851: Wa-shington, ng) e seduta (1856: Londra, ng), la Principessade Broglie (1853: New York, mma, coll. Lehman). La suafama cresceva di continuo, e I ricevette numerosi impor-tanti incarichi di decorazioni monumentali: l’Età dell’oro,grande pittura murale nel castello di Dampierre (1842-49,incompiuto); l’Apoteosi di Napoleone I, soffitto per il mu-nicipio di Parigi (1853, distrutto nel 1871: modello a Pa-rigi; Museo Carnavalet); due serie di cartoni per le vetra-te della Cappella di Saint-Ferdinand a Parigi e per la Cap-

Storia dell’arte Einaudi

Page 81: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

pella di Saint-Louis a Dreux (1842 e 1844: Parigi, Lou-vre). Dipinse inoltre quadri religiosi: la Vergine davantiall’ostia (1841: Mosca, Museo Pu∫kin), Giovanna d’Arcoall’incoronazione di Carlo VII (1854: Parigi, Louvre), Gesúfra i dottori (1862: Montauban, Museo Ingres), cui è statorimproverato un convenzionale raffaellismo, responsabiledel tono lezioso dello «stile Saint-Sulpice». Tuttavia, Inon aveva affatto perduto il proprio vigore creativo. Trequadri di nudi ne concludono l’opera: VenereAnadiomene, iniziata sin dal 1808 a Roma, ma condotta atermine a Parigi solo nel 1848 (Chantilly, Museo Condé),la Fonte (1856: Parigi, Louvre); e soprattutto il Bagnoturco (terminato nel 1863: ivi), capolavoro degli ultimianni. I, che aveva perduto la prima moglie nel 1849,sposò in seconde nozze, a settantun anni, Delphine Ramel(il cui ritratto, datato 1859, è a Winterthur, coll. OskarReinhart). Morí a Parigi il 14 gennaio 1867.Il linguaggio di Ingres La vita di I si confonde con la suacarriera artistica, ripartita tra Parigi e Roma. Vi si posso-no distinguere due grandi periodi, separati dai successidel Voto di Luigi XIII al salon del 1824 e dell’Apoteosi diOmero del 1827: una fase di «espressionismo arcaizzan-te», anticlassica, e una classica e ufficiale.Di fatto esse sono unificate da tratti fondamentali e dure-voli, oltre che da una forte personalità: si tratta di evolu-zione, piú che di vera e propria frattura. Della sua forma-zione nello studio di David, I conservò, come attestano iCahiers, l’abitudine d’ispirarsi, per i soggetti dei suoi qua-dri, alla storia e alla letteratura antica, ai modelli dellesculture antiche e ai quadri di Raffaello e di Poussin. Masull’esempio di alcuni tra i suoi condiscepoli, sensibili allacorrente pro-romantica, nutrí un profondo interesse per ilmedioevo e per la storia nazionale, per Dante e per Os-sian, per i quadri dei primitivi italiani o fiamminghi e peri vasi greci arcaici, senza peraltro ignorare forme d’artepostclassiche come quella ellenistica o come il manierismotoscano del xvi sec. Per dare alle composizioni una basestorica, si documentava scrupolosamente copiando incisio-ni o calchi. La diversità stilistica tra le opere che assume-va a modelli produsse inevitabilmente discrepanze: l’esat-tezza nella resa dei particolari pregiudicò a volte la veritàdell’insieme. Ma egli impose alle sue appropriazioni unlinguaggio personale di grande autorità, che ne ristabiliscel’unità. Tale linguaggio, di solito arcaizzante e di un anti-

Storia dell’arte Einaudi

Page 82: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

conformismo provocatorio durante la prima fase, si placae diviene piú classico durante la seconda. Non per questoI trascurò il lavoro dal vero: tutti i suoi quadri sono pre-ceduti da disegni di studio, talvolta molte centinaia, sumodelli dal vero che spesso faceva posare negli atteggia-menti delle statue o delle figure dipinte cui s’ispirava.Cercò ostinatamente l’esattezza del movimento, ma pre-ferí l’immobilità, gli atteggiamenti di lungo riposo. Racco-mandava agli allievi la verità, l’«ingenuità», non per ri-produrre passivamente la realtà, ma per cogliere e affer-mare il carattere individuale del modello, figura nuda o ri-tratto. Qui interviene la stilizzazione: che è scelta, accen-tuazione del carattere, all’occorrenza esagerazione, da cuiquelle «deformazioni» (il collo di Teti o di Francesca, letre vertebre «supplementari» della Grande Odalisca) che icritici del suo tempo gli rimproverarono come «errori»,ma che conferiscono alle sue forme qualità espressive cuiegli deliberatamente sacrificò la struttura anatomica e laverosimiglianza. Stirava le proporzioni, ricercava le curveondulate, gli arabeschi dei contorni. Preferiva le formepiene e rotonde, da cui eliminava quelli che consideravadettagli: «Si deve modellare rotondo, diceva, e senza det-tagli interni visibili». Il suo modellato liscio non comportaombre o luci molto marcate, ma passaggi sottili di mezze-tinte. Tale tendenza a stilizzare dall’esterno, coi contorni,lo conduce a una certa geometria: per questo alcuni movi-menti artistici del xx sec. si sono rifatti a lui. Appunto acausa delle audacie della sua giovinezza, delle sue «bizzar-rie», egli venne talvolta apprezzato da Baudelaire che tut-tavia gli preferiva Delacroix, piú colorista e piú poeta. In-fatti I fu soprattutto disegnatore. Delacroix costruiva colcolore; il colore di I appare, invece, sovrapposto al dise-gno; ma non sempre è discordante e sgradevole come sidice: i ritratti di Madame de Senonnes, di Granet e dellaContessa d’Haussonville, la Bagnante di Valpinçon sono,sotto questo aspetto, capolavori. Se nella seconda fase diI si constata un certo ritorno a un classicismo puro tradi-zionale, i tratti essenziali del suo linguaggio restano visibi-li; e la sua ostilità nei riguardi dell’Institut e dell’Ecoledes beaux-arts non venne mai meno. Essa si spiega nonsoltanto con l’incomprensione di cui diede prova l’accade-mia nei riguardi delle sue opere giovanili e con le umilia-zioni subite, ma anche, piú profondamente, con la sua op-posizione permanente alla dottrina neoclassica del «bello

Storia dell’arte Einaudi

Page 83: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

ideale» ereditata da Winckelmann e da David e incompa-tibile con la sua tendenza all’affermazione espressionistadel carattere individuale. Benché seguisse una carriera uf-ficiale e venisse eletto sin dal 1825 nell’accademia di bellearti, di cui presto divenne uno dei personaggi piú influen-ti, fino alla morte ebbe serie dispute dottrinarie coi colle-ghi. Il pregiudizio corrente, che ne fa un pittore «accade-mico», è dunque privo di fondamento. Malgrado le sueambizioni, era anzitutto un realista e un visivo – un «oc-chio», come è stato detto –, non un uomo d’immaginazio-ne. Tali qualità non sono peraltro quelle che fanno ilgrande «pittore di storia» che egli pretendeva di essere,genere nel quale troppo spesso fallí. Riuscí invece magi-stralmente nel nudo e nel ritratto: ha lasciato in questidue campi alcuni tra i capolavori dell’arte universale, nonsoltanto nei dipinti, ma anche negli innumeri studi dise-gnati e nei ritratti a matita, che costituiscono la parte piúpopolare della sua arte. (dt).I lasciò alla città natale, Montauban, un incomparabilecomplesso di quadri e disegni (oltre quattromila, in granparte studi preparatori per le composizioni e per alcuni ri-tratti), che consentono di studiare i suoi metodi composi-tivi meglio di quanto sia possibile per qualsiasi altro gran-de artista del xix sec.; tanto piú che a Montauban sonoanche raccolte le incisioni e i libri di cui si serví. (sr).

Inness, George(Newburgh N.Y. 1825 - Bridge of Allan (Scozia) 1894). Ilsuo primo maestro fu, intorno al 1839, un certo Baker,ma dal 1842 I prese l’abitudine di disegnare e dipingereall’aperto. Le prime tele mostrano l’influsso di Durand diCole e degli altri pittori della Hudson River School, dicui può venir considerato un seguace tardo. Soggiornòmolte volte in Europa, stringendo rapporti familiari con ipittori della scuola di Barbizon, Rousseau, Daubigny e so-prattutto Corot, il cui influsso si ritrova tanto nella Basili-ca di San Pietro, Roma del 1857 (New Britain Conn., am)quanto in composizioni successive (Nei boschi, Montclair,1890: Davenport Io., ag; Plenilunio d’autunno, 1891:Washington, Corcoran Gall.), ove le forme si dissolvononella luce, rammentando d’altro canto le ultime tele diTurner o di Whistler. Malgrado lo schiarirsi della tavoloz-za alla fine della sua vita, I non adottò mai il tocco o lamaniera impressionisti, che aveva peraltro conosciuto in

Storia dell’arte Einaudi

Page 84: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Europa. I suoi paesaggi, il piú celebre dei quali è senzadubbio Pace e pienezza (1865: New York, mma), traduco-no un sentimento intimo e soggettivo della natura. I halasciato una copiosa opera (oltre seicento dipinti vennerotrovati nel suo studio dopo la morte), oggi suddivisa franumerose collezioni private e pubbliche, come quelle diCleveland (am), di Buffalo (ag), di Providence R.I. e diChicago (Art Inst.). (sc + jpm).

Innocenti, Camillo(Roma 1871-1961). Giovanissimo entra in contatto conHans von Marées e il Deitz, per avvicinarsi poi a Dome-nico Morelli e ad Ettore Tito. Nel 1901, nel corso di unsoggiorno in Spagna, studia Goya e Velázquez ed eseguenumerosi acquerelli di paesaggi e costumi andalusi. Aderi-sce poi al gruppo dei Venticinque della Campagna Roma-na. Dal 1906 si dedica allo studio di figure femminili, ilsoggetto a lui piú congeniale, che gli frutterà la maggiorfama. Un viaggio di aggiornamento a Parigi è documenta-to nel 1911, quando il gusto a lui congeniale era profon-damente mutato. I preferisce dipingere la Roma crepusco-lare e dannunziana della belle époque, illustrando conmodi divisionisti interni abitati da eleganti signore, rievo-cando Bonnard e Vuillard ma senza inquietudini e senzaproblemi. Espone assiduamente alle rassegne della Seces-sione (Le villeggianti, La sultana), cui è tra i primi ad ade-rire. Dopo la guerra si dedica anche alla scenografia e allarealizzazione di costumi per il cinema (Ben Hur, Cirano, Ipromessi sposi). Vive al Cairo dal 1925 al 1940 dove dirigela scuola di belle arti. (mvc).

Innocenzo da Imola(Innocenzo Francucci) (Imola 1490 ca. - Bologna 1545ca.). Il momento iniziale di I risente sia di conoscenzedella pittura toscana, sia del primo classicismo bolognesedi Francesco Francia (Madonna coi santi Cassiano e PierCrisologo (Imola, Pinacoteca), ricca di spunti fiorentini laMadonna e santi di Bagnara, datata 1515, è già in collega-mento con Bologna). La sua fama e la fortuna che incon-trò nell’Ottocento purista (lo apprezzava Pietro Giordani)sono maggiormente legate agli anni bolognesi, in cui eglifu tra i protagonisti del rinnovamento, in senso decisa-mente raffaellesco, della cultura figurativa in Emilia e inRomagna (famoso è l’Arcangelo Michele: Bologna, pn). A

Storia dell’arte Einaudi

Page 85: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Bologna visse stabilmente, ma continuò ad inviare opereanche in Romagna. La sua attività si conclude con gli af-freschi eseguiti nella Palazzina della Viola. (acf).

insegne dipinteSembra che possano considerarsi vere e proprie i d gli af-freschi dipinti all’esterno di certe botteghe di Pompei: peresempio quella che mostra una venditrice al banco, men-tre si appresta a servire da bere a un cliente seduto, senzadubbio in uno dei numerosissimi spacci di bevande dellacittà. Un altro affresco, che rappresenta operai tintorimentre tingono, cardano e asciugano una stoffa, svolgevaprobabilmente lo stesso ruolo.Nel medioevo ogni casa aveva la propria insegna, in modoche la si potesse riconoscere, anche se non vi si svolgevaalcun commercio. Ma di solito tali insegne erano scolpitenella pietra o nel legno della facciata. Le i d sospese eranoeseguite sia su tavolette, sia su lastre di metallo dai bordispesso frastagliati. Ne rimangono ancora in gran numero,in Inghilterra e in Germania, risalenti al xvi-xviii sec., in-teressanti per i bracci di sostegno in ferro battuto cuisono appese piú che per i motivi dipinti, generalmenteassai rozzi. Non c’è dubbio però che i migliori artisti, nelmedioevo e durante il Rinascimento, almeno, non rifuggi-vano da tali lavori, in epoche in cui accettavano volentieridi dipingere vessilli, scudi o aste di lancia. E dato che, inItalia e in Germania, dipingevano anche intere facciate dicase, alcune parti di tali decorazioni dovevano spesso co-stituire l’insegna sotto il cui nome esse erano conosciute.Qui, tuttavia, riserveremo il nome di i d a quelle che fa-cevano pubblicità ad un’attività commerciale. La piú anti-ca oggi conservata, il Pestapepe attribuito a Melozzo daForlí (Forlí, pn), sarebbe quella di un farmacista. Lo siscorge mentre pesta le sue droghe in un mortaio. Si trattacertamente di un affresco distaccato dalla decorazione di-pinta di una facciata. Il pannello di porta che raffigura lostesso soggetto, dipinto all’inizio del xviii sec. da AntoineRivalz (M. di Tolosa), chiudeva la farmacia del conventodei Cordiglieri e non è dunque propriamente un’insegnacommerciale.A Basilea è conservata un’insegna sospesa, dipinta nel1516, sulle due facce di un pannello ligneo, da Hans Hol-bein il Giovane. È l’insegna di un maestro di scuola, chesi vede in una sala mentre insegna a scrivere a due uomini

Storia dell’arte Einaudi

Page 86: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

e sull’altra faccia mentre, aiutato dalla moglie, fa leggeretre fanciulli e una bambina. Ma opere simili, cosí antiche,sono testimonianze molto rare, perché le i d, anche fatteda buoni maestri, non hanno resistito alle intemperie.Hogarth ha mostrato un pittore, inerpicato su una scala,mentre dipinge o rinfresca un’insegna. Sembra che a par-tire dal xvii sec. furono soprattutto gli artisti debuttantiad accettare tali incarichi, a meno che non vi siano staticostretti dalla miseria. Caravaggio avrebbe dipinto l’inse-gna di una mescita per estinguere il debito contrattovi. Ilgiovane Stella, ammalatosi mentre passava per Sens,avrebbe indennizzato il padrone dell’albergo Saint-Martin«dipingendo un’insegna di cui il re ed il reggente ebbero,in seguito, un lato per ciascuno». Si trattava dunque diun’insegna appesa, una delle cui facce raffigurava senzadubbio san Martino.Giovanissimo, nel 1718, François Lemoyne dipinse un’in-segna per un parruccaio di Amiens. Misurava circa m0,80 di altezza per 2,25 di larghezza e apparteneva dun-que al tipo «a soffitto», essendo agganciata, con leggerainclinazione, sopra la bottega, di cui rappresentava l’inter-no, animato da una ventina di clienti e di camerieri.Il Louvre di Parigi conserva il disegno di un progetto diWatteau per un’i d analoga, anteriore di una decinad’anni. È invece poco prima della sua morte che il grandeartista dipinse, in otto mattinate, per la bottega del suoamico Gersaint, mercante di quadri sul ponte Notre-Dame, l’immensa insegna che si conserva a Berlino (Char-lottenburg). Anch’essa presenta l’interno della bottega,come sembra fosse allora in uso, il che si spiega col fattoche le finestre, piccole, impedivano di distinguere l’inter-no dalla strada. Nello stesso anno Chardin, allora venten-ne, dipinge per un chirurgo barbiere un’insegna larga m4,46 ed alta solo 0,72, rappresentante «un uomo ferito daun colpo di spada, che era stato portato nella bottega diun chirurgo, per essere medicato». Il commissario, laguardia, alcune donne e altre figure ornavano la scena,che era vivacizzata da molto «fuoco ed azione» - cosí diceCochin. Anche Greuze dipinse l’insegna del mercante ditabacco di nome Nicolle, ove si vedeva un Urone fumarela pipa, soggetto ispirato dall’opera comica di Marmontele Grétry, che allora si rappresentava alla Comédie-Italien-ne, pochi metri piú in là.Ma le i d eseguite da veri artisti restarono comunque

Storia dell’arte Einaudi

Page 87: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

rare, e quelle di Watteau e di Chardin vennero presto ac-quistate dagrandi amatori. La maggior parte delle i d usci-vano dalle mani dei pittori-rigattieri del ponte Notre-Dame, la cui reputazione era mediocre. La moda perduròper gran parte dell’Ottocento.Pochissime sono le i d salvate dalla demolizione delle bot-teghe o dalle trasformazioni della città. Si conosce soltan-to da un disegno (Madrid, Museo municipale) la composi-zione della bella insegna del Caffè del Levante, in calleAlcalá, che Leonardo Alenza dipinse nel 1830 ca. e cherappresenta l’interno del caffè, gremito di clienti. Invecedue lunghe insegne di una fabbrica di cappelli di Barcello-na, una delle quali mostra molte donne che presentano aun cliente diversi modelli di acconciatura, e che sonoopera probabile del catalano Salvador Mayol, del 1820ca., sono state messe in vendita a Parigi nel 1959,Prud’hon dipinse un’insegna analoga, che fu una delle sueprime opere, per il cappellaio Charton a Cluny (Cluny,Musée Ochier). Vi si scorgono cappelli di ogni sorta e dueoperai nell’atto di tingere il feltro. E, sembra, è propriol’i d dal giovane Gérard con un cavallo su ciascuna dellefacce quella che ancor oggi è appesa a Montmorency, di-nanzi all’AIbergo del Cavallo Bianco. Capolavoro del ge-nere è senza dubbio la magnifica insegna che Géricault di-pinse in gioventú sulla porta di un maniscalco di Rouen, ilquale vi è rappresentato mentre regge con la mano un fo-coso cavallo (Zurigo, kh). Boilly e Debucourt dipinserociascuno un’insegna per la ditta di generi alimentari Cor-cellet, al Palais-Royal. Sia l’uno che l’altro rappresentaro-no un ghiottone a tavola. La prima è senza dubbio quellache ancora si vede nella bottega, la seconda, a forma dilunetta e un tempo situata sopra la vetrina, è certamentequella di cui la casa Corcellet fece dono al Museo Carna-valet. Il museo di Nyon (Svizzera) conserva l’i d eseguitada Courbet per un albergo di quella città, che raffigurauna natura morta nello spirito di Chardin. Si potrebberoancora citare Due Pierrot di Gavarni, noti dall’incisione, emolte altre i d da Champmartin, Horace Vernet, Detaille,Willette.I due pannelli oblunghi di natura morta dipinti da Diazsui due lati della vetrina di una bottega di primizie sonocertamente i d, per fortuna conservate in una coll. priv.(jw).

Storia dell’arte Einaudi

Page 88: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

InuitNome del complesso di popolazioni autoctone il cui habi-tat si estende sulle terre artiche, dalla Groenlandia orien-tale alle due rive dello stretto di Behring. Benché l’originedegli I resti assai controversa, si ammette generalmenteche le migrazioni dei primi popoli pre-inuit furono provo-cate dalla spinta di popolazioni siberiane del periodo me-solitico e neolitico. L’archeologia ha rivelato una serie diculture risalenti all’incirca all’inizio dell’èra cristiana, lecui origini vanno forse cercate nelle culture consimili diUelen (Siberia) e di Dorset (Alaska settentrionale), chedatano rispettivamente al 1000 e al 600 a. C. È probabileche i Vichinghi raggiungessero la Groenlandia, persino ilLabrador, fin dal x sec., ma solo intorno al xiii sec. alcuninavigatori stabilirono contatti e rapporti con gli I..Pitture parietali Le pitture protostoriche vennero eseguitesulle rocce nella zona meridionale del Cook Inlet e nelSud-Ovest dell’Alaska. A Tuxedny Bay sono state scoper-te figurazioni animali (orsi, cigni e quadrupedi) dipinte suuna parete rocciosa. Le superfici sulle quali tali pitturesono state eseguite non presentano alcuna traccia di pre-parazione; la tecnica è rudimentale e le figure, appena ab-bozzate, non sono tutte nella medesima scala. A IndianIsland (penisola di Kenai), le pitture sono soltanto trattiverticali e chiazze rosse. A Bear Island sempre nella peni-sola di Kenai, sono state scoperte pittografie molto inte-ressanti, che presentano alcune composizioni raggruppate,ma soprattutto soggetti isolati: pesci, orsi, balene, foche;si nota la presenza di una figura umana estremamente sti-lizzata. Le pitture, di color nero e talvolta rosso, sono piúbrillanti di quelle di Tuxedny Bay; le figure, piú piccole,presentano contorni piú delicati. Nella grotta di SandiCove (penisola di Kenai), le pitture sono deteriorate; ma ècerto che gli autori intesero comporre una scena raggrup-pante balene e animali terrestri stilizzati, dei quali èardua l’identificazione. Poste in disparte rispetto alle abi-tazioni permanenti, le pitture inuit non sembra sianostate eseguite a scopo artistico. Sono certamente anterioriall’èra cristiana, ma la datazione resta difficile da fissare.Decorazione mobile Gli I si sono rivelati abilissimi nelladecorazione di oggetti d’uso. Nell’incisione di avori di tri-checo, svilupparono una scrittura pittorica che, per l’eco-nomia dei mezzi, resta ineguagliata. Le scene di vita quo-tidiana, che costituiscono il soggetto delle incisioni, sono

Storia dell’arte Einaudi

Page 89: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

rappresentate fedelmente, ma senza realismo; le formesono schematizzate in un sobrio stile grafico. Le pipesono decorate con scene finemente incise: le zone superio-ri e inferiori dei cannelli rettangolari sono ornate consemplici decorazioni geometriche. L’ocra rosso e il nerocostituiscono l’essenziale della decorazione. La quasi tota-lità degli avori incisi e degli altri oggetti a noi noti dataad epoca postcolombiana (1700-1850). Elementi di deco-razione mobile si trovano a New York (American Mu-seum of National History e Museum of American In-dian) e a Washington (Smithsonian Inst.). (sls).

ionica, ceramicaL’uso archeologico attuale conserva quest’appellativo ge-neralissimo per alcune serie di vasi del vi sec. a. C., il cuiluogo di produzione è ancora mal precisato entro la zonaionica della costa ovest dell’Asia Minore e delle isoledell’Egeo orientale. Accanto ad una comune ceramica de-corata con semplici tratti orizzontali, numerosi gruppi dicoppe, datati dal 560 al 510 ca., hanno in comune un’ec-cellente qualità tecnica e un disegno a figure nere che ri-chiama quello delle coppe attiche contemporanee dette«dei piccoli maestri». Oltre che a Samo, dove certamentene vennero fabbricate almeno alcune, e a Smirne, ne sonostate trovate addirittura a Naucrati e in Etruria. La piúcuriosa (Parigi, Louvre) rappresenta un razziatore di niditra due alberi che occupano decorativamente l’intera su-perficie del medaglione, con un senso del paesaggio raronell’arte greca. (cr).

iper-realismoTendenza pittorica comparsa negli Stati Uniti alla finedegli anni ’60 di questo secolo, essenzialmente in Califor-nia e a New York, con essa si ricuperavano gli strumentiessenziali della pittura (tele e pennelli) messi in crisidall’avanguardia contemporanea (Arte concettuale, LandArt, Arte povera, Body Art) e una rappresentazioneprofondamente realistica della natura. Di facile compren-sione, non tardò ad avere grande successo e a suscitareemuli europei. Le vennero dedicate numerose manifesta-zioni, da cui derivò un rinato interesse per tutte le formed’arte realistiche. L’i, basandosi sulle immagini fotografi-che, appare a prima vista, e semplicisticamente, una cor-rente il cui scopo è di riprodurre la realtà con precisione e

Storia dell’arte Einaudi

Page 90: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

oggettività. Il realismo appartiene alla tradizione della pit-tura americana. Già all’inizio del secolo l’Ash-Can Schoolpraticava una pittura populista realistica, e negli anni ’20i «precisionisti» (Schamberg, Demuth, Sheeler) si eranodedicati a rappresentare il nuovo contesto sociale, caratte-rizzato dal diffondersi dell’industria, ricorrendo progressi-vamente alla fotografia come punto di partenza del pro-prio lavoro. Tale intento di produrre opere realistiche, ri-flesso di un’autentica identità, si accentuò con la «grandedepressione», che rafforzò il sentimento nazionale (pittoridell’American Scene: Hopper, Benton, Artisti regionali-sti). Iscrivendosi in questa linea del realismo sociale e na-zionale, e riprendendo in parte la lezione della Pop’Art,l’i tenterà di cogliere la banalità quotidiana, insieme poe-tica e triviale. Ampliando il campo iconografico propostodalla Pop’Art, l’i in teoria non privilegia alcun tema speci-fico. Di fatto ogni artista delimitò poi la sua personale te-matica, rispondendo cosí ad esigenze commerciali e allanecessità di crearsi un’immagine di stampo facilmenteidentificabile. Chuck Close si specializzò nel ritratto (Ri-chard, 1969: Parigi, mnam, cap. Ludwig), Robert Bechtle(Dattiers, 1970-71: Aquisgrana, Neue Gal., coll. Ludwig)e Ralph Goings (Caravane Airstream, 1970: ivi) nei veicolia motore, Richard MacLean nei cavalieri (Mexican Sunsetwith Straitshooter, 1969: Parigi, coll. Boussenot), RobertCottingham nelle insegne luminose (Art, 1971: NewYork, coll. Karp), mentre Richard Estes dipinse veduteurbane (Broadway: Parigi, mnam, coll. Ludwig). DonEddy rappresentò carrozzerie di automobili (Senza titolo,1971: conservato a Saint-Etienne) e David Parrish detta-gli di motociclette; John Salt mostrò relitti di automobili(Veicolo fermo con interno in gommapiuma gialla, 1970).Citiamo pure Malcom Morley, che tenta un’esplorazionemeno sistematica di eventi sociali (Campo di corse, 1970:Aquisgrana, Neue Gal., coll. Ludwig). In Francia, Hu-cleux produce Cimiteri (Parigi, mnam), uno dei suoi prin-cipali temi, e Schlosser dipinge corpi umani in primissimopiano. La precisione, la clinica freddezza nel minimo det-taglio, l’assenza di qualsiasi contenuto emotivo, lo sguar-do distaccato, i colori levigati e crudi, la quasi totale as-senza di materia, un certo feticismo dell’oggetto sono lecaratteristiche dell’i; il gioco poggia tutto sulla copia illu-sionistica della neutralità e della fedeltà della visione foto-grafica. Nessuno di questi artisti riproduce integralmente

Storia dell’arte Einaudi

Page 91: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

una fotografia: essa è soltanto il punto di partenza di unlavoro lungo e minuzioso. Parrish dipinge direttamente apennello su una diapositiva proiettata su tela, accentuan-do alcuni particolari della composizione. Close ingrandi-sce a tal punto dei ritratti fotografici che la distorsionedovuta alla ripresa fa letteralmente penetrare lo spettatorenel soggetto rappresentato. Morley quadretta la tela e di-pinge in seguito un quadratino dopo l’altro, sforzandosi diconservare la maggior distanza possibile rispetto all’imma-gine che traspone. MacLean lavora su documenti proietta-ti con un episcopio. Soltanto Hucleux utilizza diapositive,direttamente, senza ritoccare la proiezione. L’i, visioneformalista piú che analitica, tende a dimostrare, a forza divirtuosismo, che la pittura può creare l’illusione della ve-rosimiglianza con l’esattezza del linguaggio fotografico.(bp).

IpponaAntica città punica, posta ove sorge l’attuale Bona (Alge-ria). Fu centro prospero della provincia proconsolare ro-mana di Numidia, come testimoniano i bei pavimenti amosaico scoperti nel quartiere delle ricche ville (Trionfo diAnfitrite, le Nove Muse; scene di caccia o di pesca). (mfb).

IranBenché copra un vastissimo intervallo di tempo (dal v mil-lennio ai nostri giorni) e sia legata a stili diversi, la pitturadell’i presenta certe costanti, dovute alla relativa unitàgeografica di quest’immensa pianura delimitata da monta-gne, che quasi sino ad oggi ha ospitato popolazioni noma-di di tradizione antichissima, gravitanti intorno ad alcunicentri urbani, mercati o santuari. D’altronde, attraverso itempi, si ritrovano nell’arte dell’i alcuni caratteri stilisticiricorrenti e una predilezione per determinati temi, che ri-flettono quel tipo di vita nomade: cosí il gusto per le rap-presentazioni di animali del deserto, levrieri, aquile estambecchi, tanto nella ceramica dipinta di Susa, in Elam,nel iv e nel iii millennio, quanto a Tape Siyalk, nell’Iransettentrionale, oppure in quella dei primi iraniani propria-mente detti, giunti dal Nord verso l’xi sec. a. C. Al reper-torio tradizionale che essi presto adottarono, si aggiunsel’immagine del cavallo, recente conquista di questi invaso-ri cavalieri (ceramica dipinta del «genere Lurista-n»). Unaltro carattere dell’arte iranica derivò anch’esso da motivi

Storia dell’arte Einaudi

Page 92: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

politici e sociali, ed è quello dell’arte ufficiale: questo ter-ritorio vastissimo e poco popolato, ha veduto succedersiprima dinastie scaturite dalle tribú degli Achemenidi (vi-iv sec. a. C.), dei Parti (iii sec. a. C. - iii sec. d. C.), e deiSasanidi (iii-vii sec.), poi dinastie persiane: Selgiuchidi (xi

sec.), khan mongoli (xiii. sec.), Safavidi (xvi-xviii sec.). Iprincipi favorirono un’arte di corte che poneva l’accentosulla potenza politica, come nelle grandi composizioniachemenidi di mattoni smaltati di Susa, ove sfila la guar-dia del sovrano (v sec. a. C.), oppure sulla vita «cortese»dei grandi feudatari persiani, illustrata dalle cacce daiconcerti, dalle scene galanti nei giardini dai ritratti, che siritrovano nelle arti del colore: le miniature, i tessuti, i ri-vestimenti ceramici. (aca).Ceramica dipinta (dal V al I millennio a. C.) Come inMesopotamia, ciò che, prescindendo da ogni altra tecnica,ha rivelato il talento pittorico dei primi artigiani iranici, èstata la ceramica di epoca antichissima. Mentre tuttavia ivasai mesopotamici avevano inventato la policromia, iloro emuli iranici non sembra ricercassero il gioco croma-tico, concentrando la propria genialità sulla composizionedecorativa. Nel corso del v millennio si diffuse su un’im-mensa area geografica un vasellame dipinto i cui principalilaboratori sono Anau, Tape Hesa-r, Rey, Tape Siyalk anord-est, Tall-e Baku- n e Tall-e Nokhodı-, presso Persepoli,a sud-est; Tape Giya-n, sul versante nord delle montagnedel Lurista-n, e infine la piana di Susa, a sud-ovest delpaese. I primi esempi di decorazione di vasi fatti a manosono, come nella Mesopotamia settentrionale, puramentegeometrici, e vanno dal grigio al nero, a seconda della cot-tura, su fondo crema o rossastro, ottenuto mediante pre-parazione (Siyalk I, Susiana a). Linee concentriche, qua-drettature, triangoli, zigzag o festoni costituiscono laparte maggiore di un repertorio che già indica gusto perl’equilibrio e la simmetria. Nella fase seguente figuranoancora i motivi geometrici, ma con una ricerca piú avan-zata nell’uso di vari registri o nell’alternanza degli ele-menti. Compare la rappresentazione animale, costituitasoprattutto da stambecchi e gazzelle, elementi favoriti delrepertorio iranico, ma le silhouettes sono assai schematiche(Siyalk II, Susiana b). La rappresentazione umana compa-re col medesimo schematismo (Siyalk III, Susiana c-d):sfilate di personaggi dai corpi emaciati, che si tengono permano, con la testa rasa oppure ornata da ciuffi di capelli,

Storia dell’arte Einaudi

Page 93: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

trattati come a stampino. Nella Susiana l’uomo brandiscel’arco. Ma tutto ciò che precede sembra pura preparazio-ne alla sorprendente fioritura dell’officina di Susa detta«Susa I» o «A» ( = Susiana e), la cui produzione è statascoperta nel 1907-1908 da J. De Morgan in una necropolidella metà del iv millennio. Verso questa stessa epoca, aTape Hesa-r, a nord-est di Siyalk calici a piede sono deco-rati da fregi di animali, stambecchi, leopardi, inquadratida motivi geometrici bruni su fondo beige, mentre a Tall-e Baku- n, presso Persepoli, coppe profonde a fondo conicorecano all’esterno mufloni dalle enormi corna che occupa-no pressoché l’intero campo, rammentando, ma con unacerta esuberanza, la stilizzazione dei vasi di Susa I. Risa-lenti all’inizio del i millennio, in una necropoli di TapeSiyalk sono state rinvenute brocche con becco, la cui de-corazione color vinaccia o bruna su fondo crema associaanimali stilizzati di forme tormentate con motivi a scac-chiera o a zigzag. Tale produzione è verosimilmente operadi tribú originarie dell’Asia centrale. Per lo sviluppo suc-cessivo dell’arte iranica fino al xvii sec., → persiana, pit-tura. (asp).La pittura moderna I primi esempi di pittura a olio ispira-ti dall’arte occidentale vengono realizzati in I durante ilregno della dinastia safavide (1502-1722), da parte di arti-sti olandesi che lavorarono agli affreschi della chiesa degliArmeni a Isfahan. Sa-nı- al-Mulk Ghaffa-rı-, il primo pittoreiranico familiarizzatosi con la pittura di cavalletto, venneinviato a Roma dal re Qa-ja-r Mohammad Sha-h (1834-48);ne riportò copie di tele italiane che suscitarono vivo inte-resse. Sua opera principale è il Ricevimento di capodanno,dato da Na-ser ad-Dı-n Sha-h (1848-1896), oggi al Museo Ira-n-Ba-sta-n a Teheran. Nel 1840 nasceva Kama- al-MulkGhaffa-rı-, noto pittore accademico, che studiò a Parigi.Tornato a Teheran vi fondò la scuola delle arti, che fu ilcrogiolo dell’evoluzione pittorica moderna iraniana. Laprima generazione di artisti formata da questa scuola, ri-trattisti o paesaggisti si esprime in stile accademico. I piúimportanti sono E. Ashtya-nı-, M. A. Heydarya-n, A. Sa-degı-, H. A. Vazı-rı- e due donne, C. Shaqa-qı- ed E. Kha-jeNu- rı-. Sembra che il linguaggio accademico abbia dato atali artisti la capacità, nuova per l’I, di riprodurre fedel-mente la realtà, ciò conferisce alle loro opere valore docu-mentario. Nel 1946 ventitré pittori fondano il Club degliartisti, il cui ruolo consiste nel consentire agli artisti stessi

Storia dell’arte Einaudi

Page 94: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

la possibilità materiale di operare e di esporre, e nell’orga-nizzare studi ove i debuttanti si possano formare. Nellostesso tempo i rapporti tra l’I e l’Europa dànno agli ira-niani l’occasione di venire a conoscenza delle tendenze edegli stili occidentali, consentendo loro di sviluppare conmaggiore libertà la propria personalità. Cosí, il cubismoviene introdotto dalle opere di D. Ziya-pu- r e di H. Ka-zemı-,l’impressionismo da quelle di M. Vı-sh-Key ed M. Sheyba-nı-.Nel 1949 viene inaugurata la prima galleria di pittura (A

-

pa-da-na-), cui molte altre seguiranno, sovvenzionate inparte dallo stato. Il Club degli artisti si trasforma in isti-tuzione governativa nel 1954, poi in Ministero delle arti edella cultura nel 1964. Tale ministero è d’ora innanzi ilmecenate e il principale cliente degli artisti in tutti i set-tori. L’accademia delle arti applicate è organizzata dalMinistero delle arti e della cultura. La stessa universitàfonda la facoltà di belle arti. I pittori si recano in Europae negli Stati Uniti, donde riportano in patria tecnichenuove e nuovi stili. Nelle loro opere domina peraltroun’atmosfera poetica e decorativa tipica dello spirito ira-niano. A partire da questo periodo si assiste allo sviluppoparallelo dei vari linguaggi. Si possono distinguere diversetendenze principali: la pittura ispirata alla miniatura, rap-presentata da A. Esfandya-rı-, M. Vazı-rı-, che progressiva-mente si orienta verso l’astrattismo, N. Oveysı-; quella deipittori impegnati nella ricerca espressiva, come B. Mohas-ses, che presenta affinità col surrealismo, B. Saffa-rı-, A.Sa’ı-dı-, che opera spesso a Parigi e dipinge soprattuttograndi paesaggi, J. Taba-taba-’ı-, Momayyez, soprattutto in-cisore e disegnatore, P. Tanavvolı-, dal brio candido e po-polare, L. Matı-n Daftarı-, il cui linguaggio, di aspetto naïf,si accosta talvolta all’Op’Art. Di fatto la pittura non figu-rativa iraniana di rado è totalmente astratta. Si tratta diuna trasposizione degli oggetti, dei paesaggi, dei perso-naggi e persino della calligrafia persiana, trasposizione cuisi dedicano C. Shashva-q, S. Sepehrı-, K. Ka-tu- zya-n, chespessissimo s’ispira alla Pop’Art, B. Boru- ja-nı- e numerosedonne, tra cui B. Sadr, J. Darru- dı-, M. Seyhu- n, M. Ho-seyuı-, che sfrutta la calligrafia e la ceramica iraniana. Intali tele, come in quelle di S. Barı-na-nı-, s’incontra soprat-tutto una ricerca di sfumature e di ritmo. A partire dal1960 si sviluppa in I una scuola dotata delle seguenti ca-ratteristiche: la pittura è strettamente bidimensionale, itemi sono attinti al passato pittorico e soprattutto artigia-

Storia dell’arte Einaudi

Page 95: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

nale dell’I (metallo, ceramica, tessuti), nonché all’arte reli-giosa, da cui sono ripresi i simboli e la grafia della scrittu-ra persiana. Occorre notare che tali pittori si sono formatisoprattutto in I; i piú notevoli sono H. Zenderu- dı-, M.Qandrı-z, S. Tabrı-zı-, F. Pı-la-ra-m, M. ’Arabsha-hı-. Citiamoinfine due pittori iraniani di qualità attivi all’estero; M.Jekta-’ı-, stabilitosi a New York e la cui maniera cromaticarasenta l’astrattismo, e N. Asar, che opera a Parigi e lecui grandi tele oniriche prendono le mosse da paesaggireali. (zf).

Iraq → Mesopotamia

Iriarte, Ignacio de(Azcoitia (Guipuzcoa) 1621 - Siviglia 1685). Di nome, fa-miglia, luogo di nascita baschi, appartenne però alla scuo-la di Siviglia, dove si formò come pittore ottenendo unrapido successo di paesaggista. Fu tra i fondatori dell’ac-cademia di pittura nel 1660, e suo primo segretario.Amico di Murillo, che ne lodava i paesaggi, collaboròforse con lui per alcuni sfondi di quadri. Esportò persinopaesaggi all’estero. Sfortunatamente se ne conosce soloun’opera del 1665, Paesaggio di montagna (Madrid,Prado); altri due quadri al Prado (Paesaggio con rovine an-tiche, Paesaggio con pastori) appartengono probabilmentealla stessa serie. Sono opere robuste, piuttosto severe, inuna gamma di verde scuro e rosso, ma ricche di atmosferae abilmente composte in profondità. Esse possono serviredi riferimento per identificare altri paesaggi dispersi neimusei di vari paesi. I è tra i rari paesaggisti nella Spagnadel secolo d’oro, e quasi l’unico che operasse fuoridell’ambiente di corte. (pg).

IrlandaL’apogeo dell’arte irlandese si ebbe con la miniatura me-dievale dal vii al xii sec., periodo alla fine del quale co-minciò ad affermarsi la supremazia inglese. Le condizionipolitiche consentirono in seguito solo nel xvii sec. una ri-presa di attività autoctona, che dovette interferire spessocon quella della Gran Bretagna, ma che nondimeno riuscía salvaguardare la propria originalità.Preistoria In I l’arte megalitica raggiunge una ricchezza euna varietà che trova equivalenti solo in Portogallo, regio-ne da cui sembra provenire. I celebri passaggi coperti di

Storia dell’arte Einaudi

Page 96: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

New Grange, Dowth e Knowth, alla foce del Boyne, mo-strano, oltre a un’architettura grandiosa, simboli incisiche sembrano legati alle credenze religiose del luogo. Spi-rali, rotelle, cerchi concentrici fregi a spina di pesce, zig-zag profondamente incisi creano un universo iI cui signifi-cato ci sfugge. Pietre erette riprendono i medesimi moti-vi, soprattutto le volute. Quest’arte, che l’abate Breuilsuddivideva in numerosi periodi sembra essersi diffusa in-torno al 3000 a. C. (yt).Miniatura Un certo numero di manoscritti databili dal vii

al xii sec. possono ricollegarsi ad uno stile decorativo rap-presentato in I, nella stessa epoca, da opere di scultura(grandi croci) e di oreficeria. Alcuni di essi sono stati pro-babilmente miniati nella stessa I, mentre altri venneroprodotti presso fondazioni irlandesi in Scozia (Iona), inInghilterra (Lindisfarne) o sul continente (Bobbio, Ech-ternach, Honau, San Gallo, Péronne); le varianti stilisti-che riflettono tali diverse origini e i vari contatti culturaliche dovettero avere i miniatori influenzati sia dall’artesassone, sia da quella continentale, merovingia e carolin-gia, oppure da manoscritti mediterranei. Elemento carat-teristico di tale stile è un trattamento astratto che vadall’ornamentazione alle rappresentazioni figurate, e chesi spiega probabilmente col fatto che l’arte cristiana d’I èstata elaborata in un ambiente nel quale esisteva giàun’arte narrativa di grande sottigliezza, fondata sull’artedi La Tène, importata in I poco prima dell’inizio della no-stra èra. I missionari che si recarono in I nel v sec. vi por-tarono con ogni probabilità manoscritti, e insegnaronovari tipi di scrittura latina che gli scribi irlandesi ben pre-sto deformarono traendone la maiuscola e la minuscola ir-landesi: tali scritture resteranno caratteristiche dei mano-scritti del paese nel corso dei secoli. Solo sullo scorcioestremo del vi sec. e all’inizio del vii si trovano mano-scritti la cui scrittura presenta già tratti distintivi, e nellaquale si notano i primi tentativi di decorazione. Tali ma-noscritti sono il Cathach di san Colombano (Dublino, ra),redatto probabilmente in uno dei monasteri fondati dasan Colombano nel Nord dell’I o nell’Ovest della Scozia,e alcuni manoscritti provenienti dalla biblioteca del mona-stero di Bobbio, fondato sugli Appennini dal monaco mis-sionario irlandese san Colombano all’inizio del vii sec.(Milano, Ambrosiana). Il Cathach è un salterio mutilato,ove ciascun salmo ha inizio con una maiuscola leggermen-

Storia dell’arte Einaudi

Page 97: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

te rilevata in colore (rosso e forse giallo), spesso contorna-ta da un puntinato rosso e composta da curve e spiralianaloghe a quelle che decorano l’oreficeria irlandese dellastessa epoca. Tali maiuscole sono talvolta ornate da unatesta d’animale o da una piccola croce, che trovano paral-leli anche nell’oreficeria e sui pilastri scolpiti in pietra. Imanoscritti di Bobbio, alcuni dei quali sembrano di pro-venienza irlandese, mentre altri vennero redatti sul posto,presentano i medesimi caratteri, cui si aggiungono ele-menti tratti da manoscritti del Vicino Oriente, tra cui lapagina-tappeto coperta di ornamenti che si trova in unOrosio di scrittura irlandese conservato all’Ambrosiana diMilano. Altri manoscritti un po’ piú tardi e d’ineguale im-portanza dal punto di vista decorativo presentano caratte-ri analoghi, tra cui le iniziali contornate o sovraccarichedi puntinato: un Antifonario scritto a Bangor nel Norddell’I alla metà del vii sec. (ivi) e portato a Bobbio in dataprecoce, la copia della Vita di san Colombano di Adam-nan, fatta a Iona alla fine del vii sec. (Sciaffusa, Bibliote-ca, ms 1) e un frammento di evangeliario proveniente pro-babilmente da Lindisfarne (Durham, Biblioteca, msA.II.10). I manoscritti prodotti in I e tutti quelli che quivennero scritti e miniati fino all’arrivo dei Normanni allafine del xii sec. provengono evidentemente dagli scriptoriadi tali monasteri, che costituivano il corpo stesso dellachiesa irlandese. Una serie di evangeliari di lusso, che ri-salgono alla fine del vii sec. e all’inizio dell’viii, mostranotale stile piú sviluppato e arricchito da elementi tratti siadall’arte sassone (ornamentazioni zoomorfe), sia da mo-delli mediterranei (intrecci, motivi angolari, ecc.): Libro diDurrow (Dublino, Trinity College Library), Evangeliario diEchternach (Parigi, bn), Libro di Lichfield (Lichfield, Cat-tedrale), Libro di Lindisfarne (Londra, bm), ms A.II.17della biblioteca di Durham, Ms Rawlinson G. 167(Oxford, Bodleian Library), Collectio Canonum (Colonia,Cattedrale), Libro di Maihingen (castello di Harburg inGermania), Evangeliario della cattedrale di Treviri. Il re-pertorio decorativo si arricchisce di elementi zoomorfi,con quadrupedi e uccelli, combinati in interminabili tessi-ture, che con le spirali e gl’intrecci costituiscono i motividecorativi essenziali. Hanno lasciato tracce i contatti conmanoscritti mediterranei, evidenti nei ritratti di evangeli-sti del Libro di Lindisfarne, scritto in Inghilterra, e nellearcate dei canoni di concordanza del Libro di Maihingen e

Storia dell’arte Einaudi

Page 98: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

del Libro di Treviri, evidentemente eseguiti sul continente.Il manoscritto di Treviri denuncia inoltre, in alcune pagi-ne, un forte influsso merovingio. Due teorie si confronta-no sull’origine di tale decorazione. Alcuni ne fissano ilcentro di elaborazione nel monastero di Lindisfarne, ovesarebbero stati scritti e decorati il Libro di Durrow, ilLibro di Echternach, il Libro di Lindisfarne e forse moltialtri libri importanti: il loro stile apparirebbe quindi comeuna derivazione dell’arte sassone combinata con l’arte,impregnata di tradizioni mediterranee, dei monasteri vici-ni di Jarrow e di Wearmouth (Inghilterra settentrionale),da cui tale stile sarebbe passato in I. Altri scorgono intale decorazione uno sviluppo dei primi tentativi irlande-si, rappresentati dal Cathach e dai manoscritti di Bobbio:tale sviluppo avrebbe avuto centro in alcuni grandi mona-steri irlandesi sotto l’impulso dei vari contatti, dovutiall’attività dei missionari irlandesi, con l’Inghilterra e conil continente; da qui proverrebbero in ogni caso il Libro diDurrow, il Libro di Lichfield, il Ms Rawlinson G. 167 eprobabilmente il Libro di Echternach. Il persistere di que-sto stile in I non soltanto fino al xii sec., ma fino al me-dioevo avanzato, mentre in Inghilterra esso scomparivasin dalla fine dell’viii sec., e il fatto che in I esso presentifino al xii sec. paralleli con la scultura e l’oreficeria, sem-brano confermare la seconda ipotesi. L’impianto decorati-vo di tali manoscritti è piuttosto costante: cornici o arcateper i canoni di concordanza, preceduti, nei rari casi in cuiil manoscritto è completo, da una o piú pagine miniate:pagina d’ornamento, pagina cruciforme, pagina coi quat-tro simboli degli evangelisti. Tali manoscritti sono per lamaggior parte di dimensioni abbastanza notevoli (moltimisurano 34 × 25 cm ca.) e presentano tutti un’impagina-zione molto accurata. Molti di essi sono sopravvissuti gra-zie al fatto di essere ospitati in un biblioteca continentale,sia che siano stati eseguiti nello stesso monastero da unoscriba irlandese, sia che vi siano stati portati in anticadata. Solo il Libro di Durrow proviene da un monasteroirlandese. Peraltro la scomparsa dei manoscritti conservatinella stessa I si spiega anche troppo bene con le distruzio-ni massicce operate dai Vichinghi nei monasteri irlandesidurante il ix e x sec. Per lo stesso motivo la produzionedalla fine dell’viii all’xi sec. è rappresentata da manoscrit-ti d’importanza assai ineguale, che sono probabilmente ipochi resti di una produzione ben piú abbondante. Alla

Storia dell’arte Einaudi

Page 99: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

metà o allo scorcio dell’viii sec. appartengono un evange-liario di fattura poco accurata e nondimeno strettamenteapparentato al Libro di Lichfield (San Gallo, Biblioteca,ms 51, un altro dal colore vivacissimo e dal disegno spes-so impulsivo, dipinto e scritto, secondo il colophon, daMacRegol abate di Birr in I, morto nell’820 (Oxford,Bodleian Library), qualche manoscritto tascabile, vergatoin minuscole, come il Libro di Mulling, il Libro di Dimma(ambedue a Dublino, Trinity College Library), il MessaleStowe (Dublino, ra). Si ha poi il Libro di Kells (Dublino,Trinity College Library), la cui ampiezza decorativa nonha equivalenti fra questa produzione, il che senza dubbiosi spiega con l’importanza del monastero di Iona-Kells, dacui esso proviene. Il Libro di Armagh (ivi) datato 807, ècontemporaneo di una parte del lavoro del Libro di Kells egli si apparenta nello stile. Altri grandi monasteri irlande-si ne possedevano forse di simili, come quello di cui la bn

di Torino conserva qualche resto proveniente da Bobbio(ms O.IV.20). Tale manoscritto, come il Libro di Kells e ilLibro di San Gallo, contiene illustrazioni a piena pagina.Tanto nell’Ascensione o nel Giudizio universale del fram-mento di Torino, quanto nella Crocifissione e nel Giudiziouniversale del manoscritto di San Gallo, o nella Cattura enella Tentazione del Libro di Kells, lo stile resta assaiastratto, dominato piú dalle esigenze decorative chedall’intento espressivo. Il Libro di Mac Durnan (Londra,Lambeth Palace Library), eseguito nello scriptorium di Ar-magh, presenta soltanto la decorazione comune di unevangeliario, ma un Salterio molto danneggiato, che faparte del fondo Cotton al British Museum di Londra (msVitellius F.XI) recava anch’esso illustrazioni a piena pagi-na all’inizio di ciascuna delle tre sezioni che lo compone-vano. Due di esse sono sopravvissute e rappresentano laLotta tra Davide e Golia, dallo stile rozzo e molto stilizza-to, e Davide musico, piú fantasioso e lineare. L’aspetto èstrettamente parallelo a quello delle grandi croci scolpiteirlandesi dell’inizio del x sec., data confermata dalla pa-leografia del salterio. Un altro salterio (Cambridge, SaintJohn’s College, ms C.9), un poco piú tardo (inizio dell’xi

sec.) e notevolmente ben conservato, costituisce fino a uncerto punto un’imitazione di quello del British Museum,in uno stile, però, meno energico. Le tre sezioni sono pre-cedute da miniature con Davide e il leone, la Crocifissionee Davide e Golia. All’inizio dell’xi sec. con il contenimen-

Storia dell’arte Einaudi

Page 100: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

to delle invasioni vichinghe, l’attività degli scriptoria irlan-desi si rianimò, essendo in parte scomparse le cause delledistruzioni, ci sono pervenuti una ventina di manoscrittipiú o meno decorati, risalenti ad epoca prenormanna. Al-cuni possono riallacciarsi allo scriptorium di Clonmacnois(contea di Offaly), altri a quello di Glendalough (conteadi Wicklow), altri infine allo scriptorium di Armagh, non-ché ad altri scriptoria apparentati dell’Irlanda settentriona-le, come Bangor e Down. Il repertorio decorativo restapressoché identico a quello dei periodi precedenti. Tutta-via le spirali divengono assai rare, e l’ornamentazionezoomorfa, come nell’oreficeria e nella scultura della stessaepoca, presenta spesso analogie con motivi scandinavicontemporanei, nei quali l’animale è avviluppato in unarete di fogliame e di serpenti. Le rappresentazioni figura-te sono estremamente rare e si riducono a qualche simbo-lo evangelico, sussistente in due manoscritti di Armagh.Tranne questi due evangeliari, i manoscritti piú notevolisono da un lato un Libro dei vangeli scritto a Bangor o perBangor (contea di Down; oggi a Oxford, Corpus ChristiCollege, ms 122), le cui grandi iniziali sono costituite daun animale azzurro e violetto piegato a forma di lettera,prigioniero di un intrico di serpenti giallo oro, in risaltosu un gran cartiglio irregolare rosso vivo; e dall’altro daun piccolo salterio di provenienza incerta, fatto forse peruno dei monasteri cistercensi irlandesi, la cui perfezioneesecutiva ci riconduce quasi ai lavori dell’viii sec. (Lon-dra, bm, add. ms 36.929). La conquista normanna allafine del xii sec. non comportò nella miniatura la stessarottura con la tradizione decorativa locale che si ebbenella scultura e nell’oreficeria. Gli scribi del xiv, xv, xvi

sec., e persino del xvii e del xviii, continuarono a scriverein caratteri irlandesi e ad impiegare maiuscole fatte dicombinazioni di animali. Non si tratta piú, d’altronde, diopere provenienti da scriptoria monastici, ma del lavoro discribi laici, raccolti in scuole familiari, che copiano testiantichi e si trasmettono di padre in figlio tipi di scritturae di decorazione del tutto tradizionali. Le iniziali che or-nano tali manoscritti sono spesso soltanto ripetizioni mo-notone e alquanto goffe di motivi antichi, benché qualchepittore mostri talvolta un senso piú originale della decora-zione. Capolavoro di questo periodo è il Libro di Ballymo-te copiato nell’I occidentale da numerosi scribi all’iniziodel xv sec. (Dublino, ra). (fh).

Storia dell’arte Einaudi

Page 101: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

L’epoca moderna (XVII-XIX secolo) La turbolenta storiad’I spiega come sia assai scarso il numero di dipinti giuntisino a noi e risalenti al periodo che separa i miniatori me-dievali dalla metà del xvii sec. I pochi quadri noti risalgo-no alla fine del xvi sec.; sono ritratti, opera quasi certa-mente di stranieri. All’inizio del xvii sec. alcune effigi dicarattere piuttosto primitivo fanno supporre che iniziassea manifestarsi un’attività locale. Si deve però attendere il1660 ca. perché le condizioni politiche consentanoun’espansione artistica. La «compagnia» di San Luca (col-tellinai, painter-styners, cartai), fondata nel 1670, contavatra i suoi membri pittori di ritratti e di armature. JamesGandy, allievo di Van Dyck, si recò in I nel 1661 colduca di Ormonde, lavorandovi fino alla morte. Il periododi relativa pace tra il 1660 e il 1685 fu seguito dalla disa-strosa guerra degli Orangisti. Il miglior pittore irlandesedell’epoca, Garrett Morphey, fu ritrattista. Due impor-tanti ritrattisti dell’inizio del xviii sec., Hugh Howard eCharles Jervas, influenzati ambedue da Kneller, fecerocarriera all’estero, mentre artisti di minor talento restaro-no in I. Francis Bindon che fu soprattutto architetto, siformò nell’accademia di Kneller e dipinse alcuni ritratti.La situazione cominciò a migliorare intorno al 1730; furo-no allora attivi in I numerosi pittori di talento. Il piú no-tevole fu James Latham, formatosi ad Anversa, autore diritratti realistici. Con Stephen Slaughter, un inglese chelavorò molto in I, egli influenzò i pittori della generazionesuccessiva, come Philip Hussey, Anthony Lee e ThomasFrye, che fu anche buon incisore a mezzotinto. JohnLewis fu ritrattista e autore di scene di genere. RobertHunter fu l’unico pittore di valore dell’epoca che trascor-se in I tutta la vita. La pittura di paesaggio si andò affer-mando piú lentamente del ritratto. Francis Place, pittoreinglese di vedute topografiche, lasciò anch’egli, alla finedel xvii sec., alcune vedute d’I. Il paesaggio propriamentedetto compare con un olandese, Johann van der Hahen,specializzato in vedute topografiche di città irlandesi e dicase di campagna. Esiste anche un certo numero di vedu-te, piú arcaiche, di case del xviii sec., alcune sono decora-zioni murali. A poco a poco il paesaggio abbandonò laconcezione topografica per un’interpretazione con accentiromantici della natura. Dalla metà del xviii sec. un certonumero di acquerellisti e d’incisori tracciò vedute urbanee di campagna. L’attività artistica fu stimolata nel 1745

Storia dell’arte Einaudi

Page 102: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

ca. dalla creazione delle scuole della Società di Dublino.Per influsso di Robert West, di formazione francese, daqueste scuole uscirono numerosi pastellisti di talento. Ilpiú importante fu Douglas Hamilton, che piú tardi lavoròin Italia e adottò la pittura a olio. La seconda metà del se-colo fu dominata soprattutto da tre artisti: NathanielHone, James Barry e Thomas Hickey. Hone lavorò so-prattutto in Inghilterra, dove fu uno tra i fondatori dellaRoyal Academy. Edmund Burke portò con sé Barry in In-ghilterra nel 1764. Egli vi sviluppò uno stile neoclassico edivenne, nella seconda metà del xviii sec., uno dei mae-stri della pittura di figura. Hickey, formatosi nelle scuoledella Società di Dublino, fu ritrattista in Inghilterra, poisul continente e in India, dove morí. George Barret, chefu solo paesaggista, proseguí la tradizione di Wilson. L’in-glese Francis Wheatley eseguí in I alcuni bei quadri, inparticolare scene di storia contemporanea, e influenzò ipittori irlandesi. I fratelli Thomas Roberts e Thomas Sau-telle Roberts, nonché William Ashford, si specializzarononei paesaggi con architetture. William Sadler, paesaggista,rappresentò pure incendi e altre catastrofi naturali. LaRoyal Hibernian Academy venne fondata a Dublino nel1823 sul modello della Royal Academy di Londra. A par-tire dal 1826 tenne, il piú regolarmente possibile, una mo-stra annuale. Aprí anche scuole per lo studio di pezzi an-tichi e del modello dal vero, già esistente in quell’epoca.Molti pittori irlandesi fecero carriera all’estero. Nato in Ie formatosi nelle scuole della Società di Dublino, FrancisDanby trascorse in Inghilterra la maggior parte della suavita, dipingendo magnifici paesaggi d’intonazione roman-tica. James Arthur O’ Connor dipinse alcuni paesaggi to-pografici in I, ma recatosi anch’egli in Inghilterra, il suostile si caricò di sfumature romantiche. Sir Martin ArcherShee proseguí la tradizione del xviii sec. nel ritratto. For-matosi nella scuola della Società di Dublino, raggiunse inInghilterra una posizione elevata, succedendo nel 1830 aLawrence come presidente della Royal Academy. Allametà del xix sec. l’I ebbe numerosi pittori di storia e digenere. William Mulready raggiunse il successo con sceneinfantili. Daniel Maclise, che studiò a Cork, fu pittore distoria; e fu tra gli artisti scelti per decorare il Parlamentoa Westminster nel 1844. Sir Frederick Burton, eccellenteacquerellista, abbandonò la pittura per dirigere la Natio-nal Gallery di Londra. (js).

Storia dell’arte Einaudi

Page 103: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

L’epoca contemporanea Non si può sostenere che esista,nella seconda metà del xix sec., una scuola di pittura pro-priamente irlandese. L’arte irlandese si lega infatti stilistica-mente ed economicamente a quella inglese. I due pittori ir-landesi piú importanti dopo il 1850, Daniel Maclise e Fre-derick Burton, presentano scarsi caratteri specificamente ir-landesi, tranne la scelta di alcuni soggetti. La generazionesuccessiva si formò all’estero. Nathaniel Hone, autore dipaesaggi di vigorosa liricità, lavorò in Francia a Barbizon.Walter Osborne studiò all’accademia di Anversa, comemolti altri pittori irlandesi dell’epoca. Pittore di genere e dipaesaggi, e anche ritrattista, fu meno noto di John B. Yeatso di Sarah Purser, che eccellette nel ritratto e fu, soprattut-to, l’iniziatrice dell’arte del vetro. Harry Clark, il cui stile siavvicina all’Art Nouveau, si dedicò anch’egli alla pittura divetrate. Roderick O’Conor, brillante colorista, incontròGauguin a Pont-Aven, e W. J. Leech lavorò anch’egli inBretagna; le sue audaci contrapposizioni cromatiche furonoimportanti per i giovani pittori. Con John Lavery e WilliamOrpen si concluse la lunga genealogia di pittori irlandesiche ebbero successo in Inghilterra. Orpen ha lasciatoun’opera potente e drammatica, condiscepolo di AugustusJohn nella Slade School di Londra, esercitò grande influssoin I come docente. In George Russell la pittura interferiscecon la letteratura irlandese, allora riscoperta. Nel corso delperiodo successivo, la pittura fu «dominata da un accademi-smo romantico derivante da Orpen; e il crescente sentimen-to nazionale la orientò verso l’interpretazione del paesaggioirlandese, in particolare della costa occidentale». Sean Kea-ting, personalità dominante degli anni ’20 attinse ispirazio-ne dalla vita dell’Irlanda occidentale e dalla guerra civile. Siritrova il tema dell’Ovest in Patrick Tohy e Charles Lamb.Paul Henry dipinse sagaci vedute di questa regione. JacobB. Yeats resta la figura piú importante dell’epoca; la vitaall’Ovest fu anche il suo tema preferito, ma l’esecuzione fuassai piú moderna e il suo vigore creativo non si smorzò.Mainie Jellett ed Evie Hone lavorarono a Parigi con AlbertGleizes ed introdussero in I il cubismo. Negli anni ’30 Jel-lett fu tra i principali rappresentanti dell’arte moderna in I;la sua espressione fu ora interamente astratta, ora nell’am-bito di una figurazione derivante dal cubismo. Benché lapoetica intransigente illustrata da questi artisti non avessegrande diffusione, fu decisiva per l’affrancamento dell’arteirlandese. Si andò sempre piú approfondendo il solco tra la

Storia dell’arte Einaudi

Page 104: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Royal Hibernian Academy, che raccoglieva gli artisti tradi-zionalisti, e i giovani pittori aperti alle nuove idee. Nel1943 si tenne la prima Irish Exhibition of Living Art. Isuoi organizzatori intendevano «offrire a un vasto pubblicoun panorama delle opere significative di artisti contempora-nei, senza distinzioni di scuola o di stile». Tale mostra, unodei cui pionieri fu Louis Le Brocquy, svolse un ruolo decisi-vo per l’educazione degli artisti, dando occasione di manife-starsi a giovani artisti stranieri. Gli anni ’40 e ’50 furonoimportanti per la pittura irlandese, in gran parte figurativa;essa sfruttò al massimo i procedimenti nuovi messi a puntodal fauvisme e dal cubismo. Colin Middleton e Dan O’Neiltentarono ambedue di sfruttare espressivamente il colore ela forma, mentre Gérard Dillon fu l’unico pittore «primiti-vista» irlandese. In generale la tendenza predominante èquella espressionista, in virtú della quale è stato abbandona-to l’astrattismo puro; ma tale situazione si è modificata conPatrick Scott e i suoi paesaggi schematici ridotti a diagram-mi, con Camille Souter, malgrado il convenzionale lirismodelle sue vedute e con Deborah Brown, che sfrutta i rap-porti della forma o del materiale e che spesso utilizza la telae la fibra di vetro. Infine, l’autodidatta Cecil King riprendei dati dell’astrattismo, a olio, a pastello e, piú tardi, in car-toni per arazzi. (js).Una concezione vicina alla Nuova Figurazione è illustratada Robert Ballagh e John Devlin. Michael Farrell dipingegrandi forme decorative su cartoni tagliati e smussati. Dal1943 l’Irish Exhibition of Living Art espone le opere diartisti stranieri contemporanei accanto a quelle di artistiirlandesi. I contatti con l’estero si sono enormemente am-pliati a partire dal 1960 ca., sfociando in grandi mostreinternazionali. (sr).

IrukaptahLa tomba di I (o Ptahiruk, com’era talvolta chiamato), in-tendente ai mattatoi reali, venne scoperta a S.aqqa-ra nel1940 dal Servizio delle antichità egiziane. è scavata nellaspianata rocciosa a sud del viale che conduce dal vestiboloal tempio funerario del re Unas. Si tratta di uno strettocorridoio di m 2 ca. × 13 di profondità, dal soffitto basso.Le pareti sono scavate da nicchie o sono maldestramentescolpite con statue inserite nella roccia. Sono inoltre inparte ornate da pitture, tra i rari esempi conservatidell’arte del Regno Antico. Dominano le scene di macello,

Storia dell’arte Einaudi

Page 105: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

improntate ad un realismo che in generale agli Egizi ripu-gnava. La tecnica, rozza e sommaria – tracciato rapidodelle figure, applicazione a blocchi e senza sfumature deiquattro colori impiegati (ocra rosso, nero, bianco e rosa),mimetizzazione della parete rocciosa, mal spianata me-diante uno strato di giallo luminoso che serve da fondo –,annuncia la fine della VI dinastia e lo stile provinciale del«primo periodo intermedio» (2300-2100 a. C. ca.). (am).

Isaachsen, Olaf(Mandal 1835 - Kristiansand 1893). Si formò a Christia-nia (Oslo) dal 1850, poi a Düsseldorf dal 1854 al 1859; fuinfluenzato soprattutto dal romanticismo idealizzato diAdolph Tidemand. Partí per Parigi, ove fu allievo di Cou-ture (1859-60) e di Courbet (1861-62). Quest’ultimo l’im-pressionò vivamente per la sua tecnica e il suo programmarealista. Tornò in Norvegia nel 1864; nell’isolata valle diSetesdal, dove la vita si svolgeva in modi ancora assai ar-caici, scoprí i soggetti di una pittura contadina realista,che tuttavia descrisse con i toni cupi del tardo romantici-smo. Dopo un nuovo viaggio a Parigi (1874) subí l’influs-so della pittura en plein air e dell’impressionismo. Citiamotra le sue opere conservate a Oslo (ng) Giovane contadinodi Setesdal (1866), Magazzino viveri Setesdal (1878), l’Albe-ro dei lillà (1881). (1Ø).

Isabella d’Este Gonzaga(Ferrara 1474-1539). Figlia di Ercole I d’Este duca diFerrara, diventata marchesa di Mantova nel 1490 in se-guito al matrimonio con Francesco II Gonzaga (1483-1519), rivelò notevoli capacità politiche e nel contempo sidimostrò colta ed esigente protettrice delle arti. Giovanis-sima, si circondò di umanisti (Bembo), poeti (Ariosto), di-plomatici (Baldassarre Castiglione). Per il suo studiolo,ben presto famoso, impiegò gli artisti allora piú celebri,che contribuirono a creare uno dei momenti piú «moder-ni» della storia pittorica tra Quattro e Cinquecento. Ilprogramma ideologico dello studiolo – la cui vicenda è do-cumentata dalla corrispondenza di I con gli artisti stessi econ i suoi agenti a Milano, Venezia e Bologna – nacqueprobabilmente da un’idea della duchessa, sviluppata dagliumanisti di corte e realizzata dagli artisti con una certaautonomia, soprattutto nel caso di Mantegna, il quale at-tinse con grande libertà a fonti classiche e a testi medie-

Storia dell’arte Einaudi

Page 106: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

vali. Nel Parnaso (1497) Mantegna rappresentò l’unionedi Marte e Venere, origine dell’armonia del mondo (leMuse). Pallade scaccia i vizi dal giardino della virtú (Mante-gna, 1502) e la Battaglia tra la castità e la lascivia (Perugi-no, 1505) alludono alla sconfitta dell’amore terreno, cosícome i due dipinti di Lorenzo Costa (Isabella nel regnod’Amore, 1506, letto anche come La corte di Isabella o Ilregno delle Muse; Il mito di Como, 1511 ca.). In cinqueepisodi viene cosí celebrato il trionfo dell’Amore celeste:tema assai diffuso nelle corti rinascimentali, ma tradotto,nello studiolo mantovano, con una coerenza e un rigoreineguagliati. Piú tardi, tra il 1528 e il 1530, Correggioeseguí per lo stesso ambiente il Trionfo della Virtú e i Tor-menti dei vizi (oggi al Louvre di Parigi come anche la seriepiú antica). I tentò invano di ottenere un dipinto per lostudiolo da Giovanni Bellini (il quale eseguí tuttavia perlei il Festino degli dèi oggi a Washington, ng) e fu in trat-tative con Leonardo per lo stesso scopo (dei rapporti Leo-nardo-Isabella resta documento nel bellissimo ritratto diprofilo, un cartone già bucherellato per lo spolvero, oggial Louvre di Parigi). Grazie a una sorprendente tenacia ea una schiera di agenti lucidamente guidati, I raccolse unaconsiderevole collezione di dipinti (tra cui un quadro diJan van Eyck), sculture antiche e oggetti d’arte, conserva-ta nella «Grotta» del palazzo. Divenuta reggente dopo lamorte del marito (1519), fece decorare (1522) nuovi ap-partamenti per mano di Leombruno (ne resta soltanto lavolta della scalcheria).Il figlio di I e Francesco, Federico, ne ereditò la passioneper l’arte: vennero chiamati allora a corte, oltre al ferrare-se Dosso, Giulio Romano Correggio e Tiziano, che eseguíun ritratto della duchessa (Vienna, km). (sr).

Isabella la Cattolica, regina di Castiglia(Madrigal de Las Altas Torres 1451 - Medina del Campo1504). A differenza del marito Ferdinando d’Aragona,che amava la politica e la guerra piú che le lettere, laprima regina di Spagna fu curiosa d’ogni forma di cultura,sull’esempio del padre letterato, protettore dei poeti, edel fratello appassionato di musica. Grande lettrice sindall’infanzia, volle apprendere il latino e raccolse una bi-blioteca di varie centinaia di volumi: libri di cavalleria,poesia e storia accanto ad opere devote e trattati di mora-le. Seguí di persona i lavori delle sue grandi fondazioni re-

Storia dell’arte Einaudi

Page 107: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

ligiose – conventi, ospedali reali, collegi universitari –; ilPrado di Madrid conserva un bel disegno di Juan Guas, ar-chitetto di San Juan de Los Reyes a Toledo, che la presen-ta in ginocchio nel coro della chiesa col marito. Ebbe allasua corte molti pittori, il piú noto dei quali, Juan de Flan-des, restò al suo servizio dal 1496 alla sua morte. Del Re-tablo della Regina Cattolica, quindici piccole tavole dellaVita di Cristo (sulle quaranta degli inventari) sono espostenel palazzo reale di Madrid. Per gli altri pittori mancano leopere certe, in particolare per Michael Sithium (Sittow),altro fiammingo cui si è attribuita senza prove la Verginedei Re Cattolici (Madrid, Prado), prezioso documento ovecon i sovrani appaiono i loro figli, l’inquisitore Torquema-da, confessore di I, e l’umanista italiano Pietro Martired’Anghiera, precettore dell’infante; lo spagnolo Antoniodel Rincón è il presunto autore del Ritratto di Isabelladell’accademia di storia di Madrid (di fatto i ritratti dellaregina, relativamente numerosi, restano anonimi). I im-piegò pure miniatori: per lei Francisco Flores miniò nel1496 il bel Messale della cappella reale di Granada. I ac-quistò anche molte opere d’arte fuori di Spagna, per lamaggior parte disperse nell’asta che seguí la sua morte (alcastello di Toro, 1505). Gli arazzi di Arras e di Bruxellessono noti soltanto dagli inventari, come i dipinti, quasitutti religiosi e che sarebbero stati in numero di 459 (inbase a stime probabilmente eccessive). Ma I riuscí a con-servare uniti una quarantina di dipinti cui senza dubbioteneva particolarmente, lasciandoli in eredità alla cappellareale di Granada, che doveva ospitare la sua tomba. Talecollezione consente di apprezzare la molteplicità dei suoiinteressi. Il predominio fiammingo è schiacciante, confor-memente ai gusti della nobiltà castigliana – R. van derWeyden, Memling e altri accanto al capolavoro di Bouts,il grande trittico della Passione –, ma non va dimenticatala presenza di due maestri italiani, Botticelli e Perugino, edel primo pittore castigliano dell’epoca, Pedro Berruguete,nonché addirittura di icone bizantine. Con I ha inizio quelmecenatismo artistico, e in particolare quella predilezioneper la pittura, che sarà tradizione costante della corte diSpagna per molti secoli. (pg) .

Isabey, Eugène(Parigi 1803 - Montévrain (Lagny, Seine-et-Marne) 1886).Figlio di Jean-Baptiste Isabey fu costretto dal padre a de-

Storia dell’arte Einaudi

Page 108: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

dicarsi alla pittura. Nel corso della sua vita cercò ispirazio-ne nei luoghi e nelle regioni visitati durante i suoi viaggi:la Normandia (dove tornò molto spesso), la Bretagna, l’Al-vernia, il Mezzogiorno della Francia, l’Algeria (accompa-gnò la spedizione di Algeri come pittore ufficiale), l’Olan-da e l’Inghilterra. Esordí al salon del 1824 con dipinti dimarine, genere che continuò a praticare (porti, scene dispiaggia, tempeste in mare, scene di pesca), e nel qualeespresse il meglio della sua produzione. In tali dipinti simanifesta l’influsso dei paesaggisti inglesi e in particolaredi Bonington. Da lui I apprese il gioco delle mezze tintebionde e dei grigi delicati che suscitano una luce madre-perlacea (il Ponte di legno: Parigi, Louvre), aggiungendospesso a tali pacate movenze l’impeto d’un temperamentoromantico (il Porto di Dieppe, 1842: Nancy, mba) e talvol-ta suggerendo una patetica grandiosità (l’Imbarco delle Ce-neri a Sant’Elena 1842: Versailles). Ma da Bonington trasseanche il gusto dell’intimismo (Mme Isabey e sua figlia: Pari-gi, Museo Carnavalet), e soprattutto le ambientazioni sto-riche. Trattate a olio o a guazzo con tratto minuzioso, essericordano i dipinti olandesi del xvii sec., di cui spesso ri-prendono la composizione e l’ambiente (Sposalizio a Delft,1847: Parigi, Louvre). Per le caratteristiche della sua artee dei suoi mezzi espressivi, I fu uno dei piú importantimaestri minori romantici. Per l’influsso diretto esercitatosu Bourdin e su Jongkind, cui insegnò a rappresentare laluminosità dell’atmosfera, costituí uno dei principali anellitra la scuola dei paesaggisti del 1830 e l’impressionismo.Le sue opere sono conservate in numerosi musei: Amiens,Béziers, Caen, Dieppe, Honfleur, Laval, Le Havre, Marsi-glia, Montpellier, Nantes, Perpignano, Reims, Tolosa, Pa-rigi (mo). (ht).

Isabey, Jean-Baptiste(Nancy 1767 - Parigi 1855). Sin dal 1780 entrava aNancy nello studio di Claudot, maestro di Augustin. AParigi dal 1785, ottenne l’incarico dei ritratti dei duchid’Angoulême e di Berry. La regina lo notò, e la sua car-riera di ritrattista di corte apparve segnata. Ma con la Ri-voluzione i suoi modelli presero la via dell’esilio; la reginagli chiese un ultimo «ritratto di consolazione». Protettodal suo maestro David, I partecipò alla Raccolta di ritrattidei deputati dell’Assemblea nazionale e, nel 1791 e nel1793, poté esporre ritratti di membri della Convenzione e

Storia dell’arte Einaudi

Page 109: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

di personaggi in vista. Nei salons del 1794 e del 1797 in-trodusse, con la Partenza, il Ritorno e la Passeggiata inbarca, il genere, nuovo per la Francia, del disegno alla ma-niera inglese ad acquatinta. Era ormai sempre piú dimoda. Professore di disegno all’Institut Campan di Saint-Germain, venne presentato dalle sue allieve Ortensia edEugenia di Beauharnais alla loro madre, la futura impera-trice Giuseppina, di cui fu il miglior ritrattista in numero-si disegni, acquerelli e miniature (1798: coll. del baroneLejeune; l’Imperatrice incoronata di fiori: Angers, mba;l’Imperatrice apprende la vittoria di Austerlitz: coll. del Prin-cipe Napoléon; Davanti alla propria psiche: Parigi, Louvre;Dopo il divorzio: ivi). Piú numerose ancora le effigi delprimo Console, che ne apprezzò la rassomiglianza, ottenu-ta senza sedute in posa (Bonaparte a Malmaison, salon del1802: Malmaison; Rivista del Quintidi, salon del 1804: Pa-rigi, Louvre; Visita alla manifattura dei fratelli Sevenne:Versailles). Con l’Impero, I divenne «Pittore disegnatoredel Gabinetto di Sua Maestà, delle cerimonie e delle rela-zioni con l’estero, Organizzatore delle feste pubbliche edelle feste private alle Tuileries, Disegnatore del Sigillodei Titoli, Primo Pittore della camera dell’Imperatrice peri doni»; da qui i suoi disegni per gli stemmi della nuovanobiltà, per l’ordine della Legion d’onore (incendiatisotto la Comune), le miniature dell’imperatore o dell’im-peratrice che ornano parecchie tabacchiere, le effigi di in-timi della corte e soprattutto, in collaborazione con Fon-taine e Percier, l’esecuzione del monumentale Librodell’incoronazione di S. M. l’Imperatore (Malmaison; dise-gni preparatori a Parigi, Louvre). Scenografo in capo deiteatri imperiali, assegnato alla manifattura di Sèvres perla Tavola dei marescialli (1806-10: Malmaison) o per il Se-crétaire della famiglia imperiale (progetto conservato a Sè-vres), I temeva di cadere in disgrazia dopo il divorzio diNapoleone da Giuseppina; ma, inaugurando per lei la fa-mosa serie dei portraits en voiles, venne nominato inse-gnante della nuova imperatrice ed ebbe l’incarico di duegrandi miniature rappresentanti l’Imperatore e l’Imperatri-ce in abito di nozze (Vienna, km) nonché di una collanache raccoglieva per Maria Luisa i volti dei membri dellasua famiglia. Toccò ancora a lui eseguire per l’imperatored’Austria il primo ritratto del Re di Roma (Vienna, km;studio a Parigi, Louvre; esemplare di Napoleone I: Mal-maison). Rovinato dalla caduta dell’Impero, I venne però

Storia dell’arte Einaudi

Page 110: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

incaricato grazie a Talleyrand di rappresentare il Congres-so di Vienna (bozzetti a Parigi, Louvre), durante i centogiorni poté portare a Napoleone un ultimo toccante ricor-do, Maria Luisa col figlio (coll. del Principe Napoléon).Malgrado un ritratto di Luigi xviii e il titolo di pittore digabinetto di Carlo X, la sua popolarità scemò. Sotto LuigiFilippo fu dimenticato, e dovette sopravvivere con unamagra pensione. Come ultima consolazione Napoleone IIIlo fece commendatore della Legion d’onore. Narrò i suoiricordi nei Mémoires. (nhu).

Isakson, Karl(Stoccolma 1878 - Copenhagen 1922). Studiò presso l’ac-cademia di belle arti di Stoccolma dal 1897 al 1901 e di-morò a Copenhagen dal 1902 fino alla morte. Effettuònumerosi viaggi di studio a Parigi (1905, 1907, 1911 e1913-1914). Trasse i temi delle prime opere, per la mag-gior parte perdute, dalla mitologia nordica ed eseguí com-posizioni allegoriche nello spirito fin de siècle. I suoi primisoggiorni a Parigi lo orientarono verso i problemi del colo-re e della struttura. Dal 1905 al 1907 studiò attentamenteDelacroix e Manet; durante il suo periodo detto «grigio»la sua pittura è tutta tonale: grigio, ocra e marrone (studidi modellati, nature morte, ritratti). La scoperta a Pariginel 1911 dell’arte di Cézanne, di Matisse e dei cubisti fudeterminante per la sua evoluzione. I dipinse allora natu-re morte, interni, nudi, paesaggi (tra cui quelli delle isoledi Bornholm e di ChristiansØ), costruiti per piani chiari,ove i colori complementari e contrastati, sottilmente di-gradati, si accostano sempre piú alla gamma pura dellospettro. Tali dipinti, nei quali si ripetono con variazioniinfinite sempre gli stessi motivi, venivano considerati dalpittore pure esercitazioni per un grande progetto su temabiblico che schizzi dai colori brillanti e di visionaria sug-gestione annunciavano sin dal 1920 (Resurrezione di Laz-zaro, versioni a Göteborg e a Stoccolma, mm). L’arte di I,che da vivo era completamente sconosciuto in Svezia, perla purezza delle linee e la capacità espressiva ha esercitatoun influsso assai forte sulla pittura svedese e danese delxx sec. è rappresentato particolarmente a Stoccolma (nm

e mm), e nel Louisiana Museum in Danimarca. (tp).

Isenbrant (Ysenbrandt), Adriaen(? - Bruges 1551). Allievo di Gérard David, fu iscritto

Storia dell’arte Einaudi

Page 111: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

come straniero nel 1510 nei registri della ghilda di Bru-ges. Hulin de Loo gli attribuí due tavole rappresentanti laVergine dei sette dolori: una è conservata nella chiesa dellaVergine a Bruges, l’altra, a grisaille (sul verso, il donatoreGeorge van de Velde, sua moglie e i suoi figli) al mrba diBruxelles. I numerosi dipinti religiosi o i ritratti che si ac-costano ad opere tipiche come la Vergine entro un paesag-gio (conservati a Gand, Anversa, e Londra, ng) e la Fugain Egitto (Vienna, km), dimostrano l’esistenza di una gros-sa bottega che l’artista avrebbe diretto, e ricordano, salvoqualche dettaglio, l’arte di Gérard David. Infatti I subíl’influsso della scuola di Anversa (Q. Metsys, paesaggi diPatenier). Il Trittico della chiesa della Vergine a Lubecca(sola opera datata 1518), distrutto durante l’ultima guer-ra, l’Adorazione dei pastori (Basilea, km), il Pesatore d’oro(New York, mma) presentano un modellato dolce delleforme che risente dello sfumato leonardesco e che lo avvi-cinano ad Ambrosius Benson. (php).

Isenmann, Caspar(? - Colmar 1472 ca.). Fu forse maestro di Martin Schon-gauer. Le testimonianze sulla sua vita si limitano a qual-che menzione negli archivi della città di Colmar e in quel-li della chiesa di Saint-Martin: nel 1433, la quietanza perla dipintura della Tavola da calcolo municipale, opera di«Caspar, pittore», che accede allo stato di borghese nel1436 e, trent’anni dopo, viene iscritto nel registro dellepensioni di Saint-Martin dopo l’esecuzione, dal 1462 al1465, della doratura e dei dipinti di un polittico probabil-mente montato e scolpito, secondo i termini di un con-tratto del 1462. Di tale altare, smantellato nel 1720, re-stano sette pannelli, datati 1465 ed illustranti Scene dellaPassione con, sul rovescio, figure di Santi (Colmar, Museodi Unterlinden). La monumentalità, malgrado il piccoloformato, l’eleganza e l’esattezza dei movimenti, la poten-za espressiva (che preannuncia talvolta Grünewald) deipersonaggi e delle scene, collocate entro un paesaggioassai ampio, di colline dolci e ciuffi sferici d’alberi, defini-scono le caratteristiche generali dell’arte di I. Il suo lin-guaggio, vicino a quello di Konrad Witz, si distingue perla fusione, che allora si generalizza a Colmar, fra la tradi-zione germanica e le correnti fiamminghe, introdotteforse da Jean de Malines, che passò a Colmar tra il 1460 eil 1464. (bz).

Storia dell’arte Einaudi

Page 112: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Iser, Iosif(Bucarest 1881-1958). Studiò a Monaco e a Parigi(Académie Ranson). Disegnatore notevole, usava definirecon pochi tratti i caratteri di una forma. Fino alla vigiliadella prima guerra mondiale praticò soprattutto il disegnosatirico, collaborando a riviste e giornali rumeni, francesitedeschi e spagnoli. Dopo il 1919 soggiornò a Parigi peroltre dieci anni. Amico di Derain, di Othon Friesz e diPascin, si consacrò alla pittura e all’incisione. Passò dauna visione decorativa ad una pittorica, e raggiunse unamonumentalità tramite l’ampiezza della costruzione lapienezza formale e lo splendore dei colori chiari. I suoipaesaggi della Dobroudja, ove scopre il fascino dell’Orien-te povero, di Campulung, di Francia, Italia o Spagnaesprimono specificamente l’anima del paese, che egli tra-dusse in valori plastici. I ha esposto a Bucarest, a Parigi(fino al 1932), a New York (1948), alla Biennale di Vene-zia (1954) e a Vienna (1957). è rappresentato a Bucarest(am, e coll. pubblica M. Weinberg), nei musei rumeni ein coll. priv. in Romania, in Francia, in Israele, negli StatiUniti e in Canada. (ij).

IshibashiCollezione, composta per la maggior parte da dipinti fran-cesi della fine del xix sec., messa insieme a partire dal1930 da Shojiro- Ishibashi, presidente della compagniaBridgestone; è ora collocata in un museo, il BridgestoneMuseum of Art, che il collezionista ha fatto costruire alcentro di Tokyo e che è stato inaugurato nel 1952. Vi sipossono vedere, oltre alla Negazione di san Pietro di Rem-brandt, alcuni Corot, Manet (Ballo mascherato all’Opéra,l’arrivo, 1873) Pissarro, Degas, Monet (Inondazione a Ar-genteuil, 1877), Sisley, Renoir (Donna dal corsetto rosso),Cézanne (Autoritratto con cappello floscio), tele di Gau-guin, Rousseau, Van Gogh, Bonnard, Matisse, Picasso,Modigliani, Soutine, De Chirico, nonché opere di pittorifigurativi giapponesi della prima metà del xx sec. (app).

islamica, pitturaDelle tre grandi religioni, buddista, cristiana e islamica,quest’ultima è l’unica che abbia rifiutato di porre l’artepittorica al servizio della propria fede. è inesatto asserireche il Corano abbia vietato la pittura: esso non contienealcun versetto che sostenga quest’affermazione (si ha

Storia dell’arte Einaudi

Page 113: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

un’allusione indiretta in un unico passo, che mette inguardia i credenti contro gli «idoli», «esecrabili invenzio-ni di Satana» (5.92). Questa tendenza ha parecchie cause.Tra i convertiti alla nuova religione erano numerosi gliebrei, che dal giudaismo ereditavano un certo rifiuto dellarappresentazione di esseri viventi. Inoltre, il terminearabo che designa il pittore mus.awwir, è anche uno deinomi di Dio: nel pensiero musulmano, l’artista che rap-presenta un essere vivente usurpa la funzione creativa diDio, sforzandosi di assimilarsi a Lui, atto blasfemo per ec-cellenza. In questa diffidenza verso le rappresentazioni fi-gurative si deve inoltre scorgere l’antica credenza, comu-ne a tutto l’Oriente, che l’immagine sia una sorta di dop-pio della persona; di conseguenza, attentare all’immaginecomporta sofferenza per la persona vivente, il che spiegala rarità dei ritratti nei paesi musulmani. Tuttavia, nellasua stessa casa di Medina, il profeta Maometto non sem-bra essersi opposto alle rappresentazioni di uomini e ani-mali, purché esse non lo distraessero dalla preghiera epurché figurassero nel posto conveniente, su cuscini otappeti. L’intolleranza e l’irrigidimento delle opinionicrebbero però con gli anni; e quando, nel ix sec., le tradi-zioni ricevettero forma canonica, la condanna della pittu-ra e della scultura divenne definitiva. Quest’intransigen-za, però, ebbe l’unico risultato di bandire le immagini di-pinte dai soli edifici religiosi. Il califfo, che avrebbe dovu-to far rispettare i divieti religiosi, fu spesso il primo a in-frangerli. Non soltanto gli Omayyadi, dei quali furono ce-lebri lo scarso zelo religioso e la negligenza delle interdi-zioni, fecero eseguire pitture nei propri palazzi; ma glistessi Abbasidi, noti per la loro devozione, contravvenne-ro alla legge: i loro palazzi di Sa-marra- vennero coperti daaffreschi. Ciò spiega perché la pittura musulmana fossesoprattutto una pittura di corte.� Diversità delle scuole Se l’islamismo, in quanto religio-ne, non ha consentito quanto il cristianesimo la fiorituradelle opere d’arte ha peraltro contribuito a conferire indi-vidualità alle manifestazioni pittoriche che videro la lucenei paesi i cui responsabili politici, sociali e culturalierano frutto della concezione teocratica dello stato, cheesso sosteneva. Impadronendosi di quelle regioni dellaSiria e della Mezzaluna fertile che avevano conosciutosplendide civiltà, gli Arabi, il cui patrimonio artistico erascarso, gradatamente scoprirono la ricchezza dei mezzi

Storia dell’arte Einaudi

Page 114: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

espressivi dei lasciti culturali precedenti. Seppero assimi-larli, aggiungendovi la vitalità delle proprie caratteristicheoriginali. Man mano che le conquiste si estendevano, l’ap-porto artistico delle varie comunità etniche che entravanoa far parte dell’impero arricchí il patrimonio artistico co-mune. Possiamo cosí considerare «pittura islamica» leopere siriaco-palestinesi, tanto debitrici dell’antichità clas-sica e dell’arte bizantina, le opere irachene, ove si scorgenetta l’influenza sasanide; le pitture persiano-turche, lecui numerose scuole assorbiranno le correnti venutedall’Estremo Oriente; le pitture moghul, che realizzeran-no un’originale sintesi di elementi indiani, persiani, turchie persino europei (le opere importate dai gesuiti alla cortedi Akbar ebbero infatti grande risonanza tra gli artisti sti-pendiati dall’imperatore); le manifestazioni pittorichedelle province occidentali della Spagna musulmana edell’Africa settentrionale; e persino le opere siciliane, che,realizzate a Palermo per i principi cristiani, rimasero fede-li a numerose tradizioni musulmane.� Diversità dei pittori La rarità dei documenti conservati -conseguenza dello zelo iconoclastico, delle distruzioni cau-sate dalle numerose guerre che devastarono queste contra-de, delle condizioni di conservazione, che il clima caldo,l’umidità, la mancanza di precauzioni rendevano difficili -costituisce una delle maggiori difficoltà nello studio dellapittura islamica. Si aggiunga l’assenza di biografie dei pit-tori: si deve arrivare al x sec. per trovare nelle cronachequalche isolato particolare concernente la loro vita. Per iperiodi precedenti, conosciamo soltanto alcuni nomi di ar-tisti che, essendo nel contempo poeti, ebbero solo perquesto la possibilità di passare ai posteri. Per giunta molteopere sono rimaste anonime. Il primo pittore che firmò isuoi lavori, discretamente e a lettere minuscole, sembrasia stato Behza-d. Tuttavia resta assai difficile tracciare lastoria della pittura islamica, soprattutto agli esordi, e ci sideve accontentare di dati parziali sullo sviluppo delle artipittoriche nei paesi conquistati dagli eserciti musulmani. Iprimi artisti stipendiati dai nuovi padroni vennero reclu-tati tra gli autoctoni e gli stranieri: cristiani delle chiesenestoriane, che si convertirono all’islamismo in rivoltacontro i loro signori di Costantinopoli e il cui contributofu molto importante durante le prime generazioni (il con-fronto tra le opere siriaco-mesopotamiche musulmane e leillustrazioni dei lezionari e degli evangeliari nestoriani ri-

Storia dell’arte Einaudi

Page 115: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

vela un buon numero di tratti comuni e un’innegabile pa-rentela); bizantini, che nel corso delle incursioni bellicheseppero conquistarsi il favore dei loro nemici esercitandola propria arte; persiani, che consideravano le tradizioniartistiche dei loro avi parte integrante del patrimonio na-zionale; manichei, che coltivavano particolarmente la pit-tura per motivi religiosi (il loro fondatore Mani era eglistesso stato pittore e aveva illustrato i propri scritti, laricchezza straordinaria della decorazione delle varie copiedelle sue opere non ha mancato d’inffuenzare l’arte mu-sulmana della miniatura); popoli della Transoxiana, cheper le loro relazioni col buddismo avevano sviluppato unapropria tradizione artistica ben prima che l’islamismo at-traversasse l’Oxus.� «Ateliers» e tecniche Non possediamo dati precisi sulmodo in cui lavoravano i primi pittori al servizio dei calif-fi; ma è probabile che venissero organizzati assai prestoateliers reali, di cui conosciamo meglio il funzionamentoper le fasi piú tarde. Questi ateliers gravitavano attornoalla biblioteca del sovrano, e impegnavano una quantitànotevole di personale. Il pittore che desiderava entrare afarne parte doveva presentare un saggio del suo lavoro; sequesto veniva approvato, il soprintendente di palazzoprendeva la decisione finale. A parte i favoriti del sovra-no, i pittori erano funzionari retribuiti piuttosto misera-mente, in relazione al loro basso rango sociale; cosí, sisforzavano di passare rapidamente nelle categorie, meglioricompensate, dei calligrafi e dei doratori. Quando venneadottata l’abitudine di firmare le opere, alcuni accompa-gnarono il proprio nome con la locuzione al-mudhahhib ‘ildoratore’, anche se nella pittura non figurava oro, poichéin tal modo si assicuravano una piú alta considerazione. Imembri di questi ateliers erano ordinati in gerarchia: dopoil capo-atelier venivano i calligrafi e i doratori, poi i pitto-ri, i preposti a disegnare i margini, coloro che approntava-no i miscugli d’oro o li pestavano, coloro che lavavano ilapislazzuli, e infine coloro che eseguivano altre operazio-ni minute. Può dare un’idea dell’estensione di tali ateliersquello che organizzò a Tabrı-z, nel xiii-xiv sec., Rashı-d ad-Dı-n, primo ministro di due principi mongoli della dinastiailkhanide persiana, Gha-za-n Kha-n (1295-1304) e Olgia-utu-(1304-16): la loro biblioteca, destinata a suo centro didat-tico e capace di ospitare da seimila a settemila studenti,conteneva 60 000 volumi manoscritti. Questo vero e pro-

Storia dell’arte Einaudi

Page 116: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

prio sobborgo di 30 000 residenze, 1500 botteghe e 24caravanserragli, ospitava un notevole numero di addetti.� I materiali L’atelier forniva tutti i materiali di cui si ser-vivano gli artisti: la carta, estremamente brillante; l’oro,abbondantemente impiegato nei manoscritti miniati eusato altrettanto ampiamente per le combinazioni croma-tiche; i lapislazzuli (materia a partire dalla quale si ottene-vano i meravigliosi blu lucenti delle miniature); e tutti iprodotti di base che servivano alla composizione dei varicolori. Cosí, si otteneva il rosa partendo da un miscugliodi quattro parti di cerussa di Kashgar (carbonato di piom-bo) e una di vermiglio. Il verde era un miscuglio di orpi-mento (solfuro naturale di arsenico) e indaco, nella pro-porzione di una parte per l’orpimento e da quattro a seiper l’indaco, a seconda della tonalità voluta. L’orpimentoveniva talvolta sostituito dal peori, specie di terra giallaproveniente dall’India. Si aggiungeva inoltre nerofumoper avere un verde piú scuro. Il color melanzana si ricava-va partendo da un miscuglio di nerofumo e hormozi, terraocra bruna proveniente dall’isola di Hormu- z nel GolfoPersico. Il giallo era orpimento o peori, il bianco della ce-russa di Kashgar mescolata a uno speciale olio, e il nero siotteneva partendo dal nerofumo stemperato nell’olio.� Affreschi e pitture murali Dovettero essere estremamen-te diffusi nei primi secoli dell’islamismo, nei palazzi deicaliffi e dei principi; sfortunatamente un buon numero ditali edifici, costruiti in mattoni, non hanno resistito all’in-giuria del tempo; e i resti pervenuti fino a noi conservanosolo una minima parte dell’antica produzione.Sotto gli Omayyadi (metà del VII-VIII secolo) Le primepitture islamiche conosciute provengono da un sitoomayyade scoperto nel 1898 a Qus.ayr ‘Amra (Giordania),ove il califfo omayyade al-Walı-d aveva fatto edificareverso il 712 una dimora e un bagno. Il soffitto e le partisuperiori delle pareti del palazzo erano decorati con gran-di affreschi rappresentanti scene allegoriche nelle qualis’individuano nettamente influssi ellenistici, persiani epersino indiani. Anch’esso di epoca omayyade, il palazzodel Qas.r al-H. ayr al-Gharbı- (Siria) presenta sulle pareti af-freschi che datano al 730, caratterizzati dalla loro fedeltàalla tradizione classica regionale.Sotto gli Abbasidi (fine dell’VIII secolo; gli affreschi diNishapu- r) Le pitture murali di Sa-marra- si collocanonell’area abbaside, fortemente intrisa di tradizioni sasani-

Storia dell’arte Einaudi

Page 117: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

di. Scoperte compiute tra il 1936 e il 1939 a Nishapu- r(Iran orientale) gettarono luce nuova sulla pittura abbasi-de. Provengono da vari edifici e si possono suddividere indue gruppi: pitture monocrome e pitture policrome. Unpannello del primo gruppo (fine viii - inizio ix sec.), con-servato in museo a Teheran, è eseguito al tratto e a lavisnero. Rappresenta un cacciatore vestito di un ricco costu-me, che reca un elmo, due spade e uno scudo; i dettaglidel costume sono di origine sasanide, ma le spade e l’elmorivelano influssi dell’Asia centrale. Le pitture policromerisalgono approssimativamente alla stessa epoca; sonoframmenti di ampie composizioni con figure umane ed es-seri di origine diabolica. Tali affreschi, piú tardi di quellidi Sa-marra-, uniscono elementi iraniani ed ellenistici. I co-lori impiegati sono il bianco, il nero, il blu, il rosso, contonalità intermedie. Il museo di Teheran conserva uno diquesti frammenti, che rappresenta un volto di donna daicapelli neri e ricciuti, circondato da un alone, e che ricor-da i personaggi delle pitture uigure scoperte a Ku™a(Turkestan cinese). Le piú interessanti fra tali pitture diNishapu- r sono costituite dagli affreschi di una sala di unpalazzo costruito sui bastioni. Risalgono al ix sec. e pre-sentano motivi decorativi del tutto apparentati agli stuc-chi e alle pitture di Sa-marra-. Uno di tali pannelli (NewYork, mma) presenta una composizione particolarmenteoriginale di motivi cruciformi formati da fior di loto,palme, pigne e mani, di carattere magico. Si tratta dellarappresentazione della mano destra di Fatima, figlia diMaometto, che si trova spesso disegnata sulle pareti osulle porte delle case e sui mezzi di trasporto, sui luoghicioè in cui si pensa che possa allontanare «il malocchio».La presenza di tali mani in quest’insieme eteroclito dicolor rosso, bianco, azzurro e nero, è alquanto inattesa. ANishapu- r vanno anche notate le pitture degli stucchi cheadornano le nicchie del palazzo. I motivi sono quelli delregistro classico della decorazione abbaside dei primitempi, ancora fortemente influenzata da quella omayyade:motivi floreali assai formali, vasi, palmette o semipalmet-te diverse. I colori usati per tali stucchi sono il rosso, ilbianco e il giallo. L’azzurro è impiegato per il fondo, ilnero per le linee dai vasi.Sotto i Fatimidi d’Egitto Un’altra scuola di pittura muraleè quella dei Fatimidi d’Egitto. Doveva essere piuttostoimportante, poiché nei documenti della Geniza del Cairo

Storia dell’arte Einaudi

Page 118: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

(in lingua araba, ma scritti in caratteri ebraici, scopertinella sinagoga del Cairo nel 1890 e costituenti una fontedi prim’ordine per la storia egiziana), vengono menzionatispecialisti di affreschi. Sfortunatamente non ce ne restanopiú che pochi frammenti conservati al museo del Cairo(decorazione di nicchie, attribuita al x sec., ove in un in-treccio geometrico figurano palmette, arabeschi, uccelli epersonaggi seduti con in mano una coppa). Palermo, for-temente segnata dalla tradizione abbaside di Sa-marra- edall’influsso fatimide, in quanto era stata in vassallaggiodi tali principi, fornisce un ulteriore esempio di affreschicon le pitture del soffitto della Cappella Palatina dei renormanni, che datano alla fine della prima metà del xii

sec. Come a Nishapu- r, anche qui si hanno nicchie dotatedi una decorazione dipinta. Ancora piú a ovest, anche laSpagna musulmana fu tributaria dello stile metropolitanodell’epoca abbaside, come attestano gli affreschi del palaz-zo di Granada, che risalgono alla prima metà del xii sec. ecostituiscono l’esempio, pressoché unico, di quale fosse lapittura ispano-moresca. Infine, all’altro estremo dell’impe-ro e pressappoco nella stessa epoca, gli affreschi della saladelle udienze del palazzo ghazna-vide di La∫kar-i Ba-za-r, inAfghanistan, attestano il permanere di tale tradizione dipittura murale nel mondo musulmano.La miniatura prima dell’invasione mongola Le prime mi-niature conosciute provengono dall’Egitto fatimide e ri-salgono al ix, x e xi sec. Sfortunatamente solo minutiframmenti (Vienna, bn) ci documentano questa scuola dipittura, la cui attività è attestata nel xv sec. dal grandestorico dell’Egitto Maqrı-zı-, che menziona i manoscrittiriccamente miniati della biblioteca dei califfi fatimidi.Benché non si possieda alcun manoscritto illustrato ante-riore al xii sec. per le scuole di pittura siriaco-mesopota-miche, le fonti letterarie indicano l’esistenza di tali operesin dal ix e x sec., eseguite da artisti cristiano-nestoriani.Le opere di tali scuole giunte sino a noi risalgono all’ini-zio del xiii sec. e si caratterizzano sia per la sopravvivenzadella tradizione classica – evidente nelle composizionigeometriche che inquadrano i personaggi e nel modo dirappresentarne le pieghe delle vesti – sia per la manifesta-zione della loro appartenenza al mondo islamico: i perso-naggi sono vestiti al modo arabo, e il loro atteggiamentoieratico ben si conviene allo stile di corte del califfo. Atale scuola appartengono le illustrazioni del Kalı-la wa

Storia dell’arte Einaudi

Page 119: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Dimna, eseguite probabilmente in Siria verso il 1200-20 econservate a Parigi (bn, ms arabo 3465), quelle delMukhta-r al-Hikam wa mah. a

-sin al-kala-m (Le migliori sen-tenze e i motti piú famosi) di al-Muba∫∫ir (Istanbul,Topkapi Sarayi, Ahmet III, 3206), probabilmente siriachee risalenti alla prima metà del xiii secolo e anche quelledei Maqa-ma-t, eseguite nel 1222 (Parigi, bn, ms arabo6094). La scuola mesopotamica sembra aver recepito uninflusso alquanto forte dal manicheismo, che, abolito inIran, era divenuto la religione nazionale della tribú turcadegli Uiguri nell’Asia centrale. Alcuni emigrati manicheisi erano conquistati il favore del califfo al-Ma-‘mu- n e ave-vano cosí potuto trasmettere agli artisti iraniani le lorotradizioni pittoriche. Numerosi manoscritti illustrati sonoattribuiti alla scuola abbaside della Mesopotamia, di cuisembra fosse centro Baghda-d, e attestano l’importanzaculturale ed artistica del mondo musulmano prima dell’in-vasione mongola. Tra essi il Materia medica di Dioscoride(1229: Istanbul, Topkapi Sarayi, Ahmet III, 2127), le cuipitture sono debitrici all’iconografia bizantina e in parti-colare a quella dei Vangeli, e due esemplari di Maqa-ma-t ilprimo probabilmente illustrato nell’Ira-q settentrionale nelcorso del secondo quarto del xiii sec. (Parigi, bn, msarabo 3929), il secondo scritto in calligrafia e dipinto daun certo al Wası-t.ı- (1237: ivi, ms arabo 5847). Si può sup-porre l’esistenza di piccoli ateliers locali legati alla cortedei dinasti selgiuchidi (A

-tabe-g) dell’alta Mesopotamia.

Cosí, ad Amida (l’attuale Diyarbakir), il sultano Na-sir ad-Dı-n Mah. mu- d (1200-22) fece redigere dal suo ingegnerepersonale, al-Gaza-’irı-, il celebre Kit.ab fı- ma‘rifat al-h. iyalal-handasiyya (Libro della conoscenza dei procedimentimeccanici), che tratta dei meccanismi degli automi, e feceillustrare il testo. Una copia di quest’opera del 1254 è at-tribuita alla scuola di Mossul.I Mongoli (periodo degli Ilkhanidi: gli influssi cinesi)L’invasione mongola, il cui vandalismo fece scomparirebuon numero dei tesori precedenti, segnò un arresto nellastoria della miniatura. Passata la tempesta i nuovi dinasti,gli Ilkhanidi, nelle loro corti di Baghda-d, Tabrı-z, Mara-ghae Sult.a-niyya, si circondarono di artisti. Si vide comparireallora un nuovo stile di pittura, fortemente influenzato daelementi cinesi. Erano sempre esistiti stretti rapporti trail Turkestan mongolo e la Cina. La tecnica dei cinesi erapiú avanzata di quella degli iraniani, e la miniatura dei

Storia dell’arte Einaudi

Page 120: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

paesi musulmani beneficiò di quest’apporto. Il primo ma-noscritto di quest’epoca che ci sia giunto è il Mana-fi‘ al-h. ayawa-n (Dell’utilità degli animali, 1298: New York, pml,500), le cui illustrazioni vennero eseguite a Mara-gha. Al-cune di tali pitture sono realizzate nello stile tradizionaledella scuola mesopotamica, il cui arcaismo si fonde goffa-mente col naturalismo introdotto dalla Cina in tali regio-ni. Un’altra opera importante di questa scuola mongolailkhanide è il Ja-mi‘ at-Tawa-rı-kh (Storia universale), copia-to e illustrato a Tabrı-z all’inizio del xiv sec., ove le ripre-se dalla Cina sono ancor piú manifeste che nell’opera pre-cedente, ma il capolavoro di questa fase mongola è senzacontestazione l’illustrazione del Sha-h Na-meh noto colnome del suo antico proprietario, Demotte (Tabrı-z, 1330-36). Du- st Muha-mmad, critico persiano del xv sec., scrisseche lo stile moderno della pittura, quale lo si concepiva aisuoi tempi, era cominciato con quest’opera magistrale.Periodo dei Gialairidi Agli Ilkhanidi successero i Gialairi-di mongoli, che proseguirono le tradizioni pittoriche deiloro predecessori. Tra le pitture attribuite a tale fasevanno citate quelle del Kalı-la wa Dimna e del Sha-h Na-mehdegli album di Istanbul (1360-74), e quelle degli ‘Aga-’ ibal-Makhlu- qa-t (Le meraviglie della creazione), eseguite aBaghda-d (1388: Parigi, bn, suppl. pers. 332), ove compareuno stile nuovo che prefigura la pittura timuride. Si ag-giungano le illustrazioni del Diwa-n di Kirma-nı-, opera diJunayd (1396: Londra, bm, Add. 18 113), uno dei massi-mi monumenti della pittura persiana.Periodo dei Timuridi Soppiantando gli Ilkhanidi, i Timu-ridi - nuova dinastia mongola consentirono a scuole di pit-tura già fiorenti di conoscere una nuova età dell’oro: Shı-ra-z, Tabrı-z, Hera-t doteranno la Persia di un’abbon-dante produzione di miniature che si possono considerarel’espressione classica dell’arte persiana del libro. La rap-presentazione umana vi occupa un posto preponderante, eriflette i vari influssi che l’hanno suscitata. I visi sonoschematici, gli occhi allungati e a mandorla; le varie ma-niere di collocare la pupilla consentono d’indicare la dire-zione dello sguardo. Il movimento, espresso in modo pre-ciso e dinamico e sotto aspetti imprevisti, conferisce aquesti personaggi uno stile da marionette, i cui atteggia-menti rigidi e a scatti ci incantano per la freschezza e laspontaneità. L’originalità del paesaggio timuride, semplicedecorazione subordinata alla rappresentazione degli attori

Storia dell’arte Einaudi

Page 121: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

(siano esseri umani o animali), si manifesta nella concezio-ne dello spazio. Gli artisti rinunciano alle rappresentazio-ni precedenti dello spazio in Iran, piatte e decorative, e sisforzano di creare l’illusione della profondità. La decora-zione architettonica occupa in questa pittura un posto im-portante. Si armonizza felicemente con la natura per ser-vire di cornice ai personaggi; ma tradisce gli errori di pro-spettiva di questa scuola, che sembra ignorare le linee difuga. Un’ultima caratteristica della pittura timuride ri-guarda la ricchezza dei colori: oro delle praterie, argentodei ruscelli, smeraldo delle pianure, azzurro o blu profon-do dei cieli, rosa dei fiori, malva delle steppe compongonouna sinfonia in cui l’arditezza e lo splendore dei toni nonvengono meno nella resa delle delicate sfumature. I gran-di nomi da ricordare per questa fase sono ‘Abd al-H. ayy,Ba-ysunqur, Behza-d, Ja’far al-Tabrı-zı-, Giya-t. ad-Dı-n.La dinastia persiana dei Safavidi Con la dinastia safavide(1501-1786), il centro della miniatura persiana si spostada est ad ovest. Hera-t resta una scuola attiva, ma la pro-duzione piú notevole si trova a Tabrı-z ove il sovrano Sha-h T.ahma-sp apre agli artisti la sua corte. Durante laprima metà del xvi sec., l’influsso di Behza-d domina tuttala miniatura persiana. Tra le grandi opere, citiamo laKhamseh di Niz.a-mı- (1525: New York, mma, Jackson eYohannan 8), il Dı-wa-n di Mı-r ‘Ali Chı-r (1526: Parigi, bn,suppl. turc 316) e lo H. a-fiz. ; di Sa-m Mı-rza- (1533: Cambrid-ge Mass., coll. priv.). Nella seconda metà del xvi sec. gliartisti seguono le tradizioni pittoriche della corte di Sha-hT.ahma-sp, ma le opere rivelano declino tecnico e le compo-sizioni sono stereotipe. ‘Abdı- Mawla-na, ‘Abdulla-h, A

-qa-

Mı-rak illustrano questo periodo.La scuola di Buchara Nella medesima epoca fioriva lascuola di pittura di Buchara, capitale degli Uzbeki, nemicidei Safavidi, fedeli alle tradizioni di Hera-t. Le illustrazio-ni di Mihr e Moshterı-, poema di Assa-r (1523: Washington,Freer Gall., n. 32.6), e quelle del Busta-n di Sa‘dı- (1556:Parigi, bn, suppl. persan 1187), sono le opere piú rappre-sentative di tale scuola, caratterizzata da una semplifica-zione compositiva e da una tavolozza dai colori primarivivi, di gamma piú limitata. Sotto il regno del safavideSha-h ‘Abbas I, A

-qa- Riz.a- si distingue per il virtuosismo

del disegno e le sue doti di ritrattista, ma la scuola dellapittura safavide segue la medesima curva discendentedella dinastia che la protegge; e quando gli invasori afgha-

Storia dell’arte Einaudi

Page 122: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

ni la detronizzano l’illustrazione del manoscritto passeràdi declino in declino, finché non ne saranno distrutti ifondamenti stessi, quando la litografia e la stampa verran-no a sostituire l’opera calligrafica.La scuola turca. La scuola moghul Nella grande famigliadella pittura islamica vanno anche menzionate le scuole diminiatura turca e moghul.Ceramica islamica La conquista araba aprí una nuova èranella storia della ceramica. Il vasellame dell’Oriente medie-vale è infatti «una delle glorie incontestate della civiltà mu-sulmana» (J. Sauvaget). Assimilate, in un primo tempo, letradizioni locali, gli artigiani dell’Egitto, della Siria, dellaMesopotamia e dell’Iran svilupparono tecniche nuove che liportarono al rango di maestri nelle arti della terracotta.Scoprirono gamme di colore la cui luminosità e intensità ri-cordano le pietre preziose (blu turchese, verde rame, violadi manganese); la loro piú originale invenzione è quella deiriflessi metallici, o lustro, che furono i soli al mondo ad im-piegare finché non ebbero trasmesso le loro ricette ai cera-misti spagnoli e italiani. Tali riflessi vengono ottenuti me-diante l’applicazione sullo smalto di un sottile strato di os-sidi metallici. Il calore del forno e i fumi dovuti alla com-bustione di materie organiche (ad esempio catrame) trasfor-mano tali ossidi in un metallo puro e brillante, incorporatonello strato vitreo dello smalto. Poi, ulteriormente perfezio-nando la propria tecnica, gli artigiani incorporarono ossidicoloranti nell’impasto, per giungere a riflessi iridati di variocolore. A tale perfezione tecnica vanno aggiunte la varietà,la libertà e la fantasia delle forme plastiche, la ricchezza de-corativa, che si vale dell’epigrafia, i motivi geometrici, laflora, la fauna e la rappresentazione di personaggi. Sindall’epoca abbaside (viii-xiii sec.), la ceramica è abbondan-temente rappresentata. Sa-marra-, Raqqa, Susa videro rivive-re la vetusta tecnica della terra smaltata cara all’antica Per-sia, e nascere quella della faenza a riflessi lustri, la cui piúsontuosa raccolta è quella delle mattonelle del mih. ra-b diuna moschea di Qayrawa-n, allora capitale della provincia,piú o meno indipendente, di Ifrı-qya-. L’Egitto timuride esoprattutto fatimide apportarono anch’essi il loro contribu-to allo sviluppo della ceramica, come attestano le straordi-narie raccolte del Museo arabo del Cairo. Fu pure preziosol’apporto delle varie dinastie turche: selgiuchidi dall’xi alxiii sec., con i loro famosi rivestimenti di ceramiche, di cuisi possono vedere begli esemplari a Konya in Turchia; otto-

Storia dell’arte Einaudi

Page 123: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

mane dal xv al xx sec., di cui gli ateliers dell’Asia Minore(Iznik, Kutahya) fornirono i mirabili esempi di ceramichedi rivestimento che ornano le moschee e i palazzi di Istan-bul. Citiamo ancora, oltre alle celebri realizzazioni dellascuola detta «ispano-moresca», gli ateliers siriani del xvii exviii sec., di cui sono notevoli le serie di piatti a decorazio-ne floreale. In questa breve rassegna non va dimenticatol’Iran orientale: le ceramiche moghul di Rayy, di Nishapu- r,di Sa-va, di Samarcanda, arricchite da influssi cinesi, pre-sentano anch’esse una grande perfezione tecnica e una riccavarietà ornamentale.Tessuti islamici Riprendendo le tradizioni sasanidi, coptee bizantine, le dinastie musulmane delle varie regionidell’impero organizzarono centri di tessitura da-r at.-t.ira-z,ove si fabbricavano e decoravano i tessuti di lusso riserva-ti all’uso del sovrano per i suoi abiti e per i suoi doni aigrandi personaggi del regno o ai principi stranieri. Questestoffe presentano una decorazione policroma, nella qualeha ruolo privilegiato l’epigrafia, poiché i caratteri cufici siprestano meravigliosamente alla composizione delle bor-dure geometriche che adornano spesso questo tipo di stof-fa. Si trovano anche decorazioni vegetali e floreali, tra lequali spesso s’inseriscono animali e personaggi umani.Tuttavia le rappresentazioni religiose dei tessuti copti ebizantini sono scomparse totalmente dalle composizioniarabe, essendo incompatibili con la legge coranica. Alcunicentri di produzione acquistano fama mondiale, comequelli di Alessandria e di Damietta per l’Egitto fatimide,Palermo per la Sicilia (i cui pezzi piú famosi sono conser-vati a Vienna), Málaga e Murcia per la Spagna, Tabrı-z,Yazd, Ka-sha-n per l’Iran. Un buon numero di tali stoffevennero portate in Europa dall’Oriente dai pellegrini edai mercanti medievali, e donate alle chiese per avvolgerele reliquie di personaggi venerati. Tale è l’origine dellosplendido taglio di seta, ornato di pavoni, conservato neltesoro della cattedrale di Saint-Sernin a Tolosa; e quellodello pseudo-sudario di Cristo conservato nell’abbazia diCadouin (Périgord), che reca il nome del califfo fatimideal-Musta‘lı- (1094-1101). Ogni taglio che usciva dal labora-torio doveva infatti recare il marchio d’origine e il nomedel sovrano regnante. I laboratori erano sottoposti a stret-ta sorveglianza, e la fabbricazione dei tessuti per motivifiscali, veniva controllata. Tale moda dei tessuti con bor-dure passò successivamente in Europa: dove abiti, man-

Storia dell’arte Einaudi

Page 124: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

telli e persino paramenti ecclesiastici vennero prodotticon bordure dotate di scritte arabe (come la cappa di sanMesme, discepolo di san Martino, conservata nella chiesadi Saint-Etienne di Chinon). Frequenti le rappresentazio-ni di tessuti di questo genere nelle tavole trecentesche se-nesi, specialmente negli indumenti della Vergine. (so).

IslandaLa cultura dell’I è caratterizzata dalla posizione insularedel paese, nell’Atlantico del Nord, e dalla sua lunghissimadipendenza politica ed economica dalla Norvegia (finoalla fine dell’viii sec.) e dalla Danimarca (dal xiii sec. allacompleta indipendenza nel 1944). L’arte islandese ha co-nosciuto due periodi fiorenti: nel medioevo e nel xix sec.Il cristianesimo fu introdotto in I nell’anno 1000. Nelcorso dei secoli successivi vennero edificate molte chiese,per la maggior parte in legno, e decorate con rilievi distile vichingo e sculture policrome, espressione spesso diun vigoroso stile provinciale, romanico e gotico. Esse do-vevano essere ornate anche da pitture, oggi scomparse. Ditali epoche si conservano soltanto alcuni manoscritti mi-niati, su pergamena, che attestano grande abilità tecnica.Tali miniature uniscono a uno stile figurativo goticoun’ornamentazione romanica arcaica. Tra i manoscrittipiú rinomati citiamo il Libro di Flatöy, eseguito tra il 1387e il 1394 dal prete Magnús Thórhallsson (Copenhagen,Bibl. reale). Vanno poi citati numerosi paliotti ornati damotivi decorativi e figurativi (conservati a Reykjavik) chenon hanno equivalenti nell’arte tessile del medioevo nor-dico. Dopo la riforma, è sopravvissuta fino al xviii sec.una pittura folkloristica sotto forma di piccoli quadri d’al-tare, dipinti in uno stile ingenuamente spoglio.Nel xix sec. ricompare una pittura islandese di carattererealmente nazionale. La pittura moderna dell’I è dovutaad Asgrimur Jónssonx, Jón Stefánson, Jóhannes Kjarval eGudmudur Thorsteinsson, formatisi alla scuola dell’im-pressionismo francese e tedesco, essa ritrae con vivaci co-lori il paesaggio nazionale. Gli artisti appartenenti alledue grandi correnti internazionali dell’anteguerra, comeErro, si sono generalmente stabiliti nell’Europa continen-tale. (tp).

ispano-fiamminghi, maestriVengono cosí chiamati i pittori spagnoli del xv sec. e

Storia dell’arte Einaudi

Page 125: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

dell’inizio del xvi che dipinsero ispirandosi ai maestrifiamminghi dell’epoca. Nota e apprezzata sin dal xiv sec.dai re d’Aragona l’arte dei Paesi Bassi ebbe gran voga allecorti di Spagna nel xv sec. I re presero l’iniziativa degliscambi, invitando gli artisti per soggiorni piú o meno lun-ghi; comprarono numerosi dipinti o inviarono i loro pitto-ri in apprendistato a Bruges o a Tournai. È noto che Janvan Eyck, membro dell’ambasceria del duca di BorgognaFilippo il Buono venuta a chiedere in sposa Isabella diPortogallo, soggiornò nel 1429 alla corte di Castiglia eforse a quella d’Aragona, che risiedeva allora a Valencia.Non si è conservata alcuna testimonianza della sua atti-vità in Spagna, ma nell’inventario di Alfonso V d’Arago-na figurano due quadri di sua mano acquistati nel 1444:un San Giorgio e un trittico dell’Annunciazione oggi scom-parsi. Nel 1431 il valenciano Luis Dalmau fu inviato dalre nelle Fiandre a perfezionarsi. Qualche anno dopo, nel1439, Luis Alimbrot, pittore di Bruges, soggiornava a Va-lencia. Durante il regno dei re cattolici s’intensificano irapporti tra i due paesi: Isabella la Cattolica ebbe al pro-prio servizio numerosi artisti fiamminghi, come Juan deFlandes, tra il 1496 e il 1519, e Michael Sittow, tra il1492 e il 1502. Per l’oratorio della regina essi composeroun grande retablo comprendente 47 scene della Vita dellaVergine. La collezione reale conteneva oltre quattrocentotavole fiamminghe di cui il Prado di Madrid, la capillareal di Granada e l’Escorial hanno ereditato una parte co-spicua, malgrado le notevoli perdite. Nobili e dignitaridella chiesa seguirono l’esempio reale; i commercianti im-portarono opere d’arte nei porti ove esportavano le lanedella «Meseta». Un documento del 1529 c’informa chedovette essere organizzata a Barcellona persino un’astapubblica di dipinti fiamminghi. La divulgazione di questeopere straniere e soprattutto le grandi novità stilisticheche esse introducevano furono per gli artisti fonte fecon-da di rinnovamento, interpretata da ciascuno secondo lapropria sensibilità. Venne scoperto un nuovo uso dell’illu-minazione, che, con un digradare d’ombre e di luci, con-sente un modellato piú delicato e piú naturale, una pro-spettiva non piú soltanto geometrica ma aerea, che per-mette di ottenere l’illusione totale della terza dimensione;infine, la rappresentazione del paesaggio sullo sfondodelle scene, che sostituirà definitivamente il fondo d’oro.A Valencia Luis Dalmau, tornato dalle Fiandre nel 1436,

Storia dell’arte Einaudi

Page 126: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

rappresenta il primo esempio di artista permeato dall’artedi Van Eyck. Per la Vergine dei consiglieri (Barcellonamac) egli riprende la composizione della Vergine col cano-nico Van der Paele di Van Eyck a Bruges, e il raggruppa-mento degli angeli cantori del polittico dell’Agnello misti-co. In confronto con le opere precedenti si nota qui unnuovo senso dei volumi, e la cura e precisione dei dettaglidella decorazione scolpita. Jaime Baço, detto Jacomart, eil suo collaboratore Juan Reixach seguono le lezioni diDalmau per la collocazione dei personaggi nello spazio,pur conservando un grafismo molto italiano. In quasi tuttii pittori valenciani, infatti, gli elementi nordici vengono asovrapporsi a caratteri italiani presenti sin dalla fine delxiv sec. Cosí il Calvario (Valencia, chiesa di San Nicola),dipinto da Rodrigo de Osona, offre un bell’esempio disintesi tra l’arte di Mantegna e quella di Hugo van derGoes. In Catalogna Jaime Huguet è attratto per qualcheanno, tra il 1445 e il 1450 ca., dalle innovazioni di Dal-mau; nel Retablo di Vallmoll addolcisce il modellato deivolti e conferisce grande importanza a tutti i dettaglidegli oggetti. Durante il suo soggiorno a Barcellona l’an-daluso Bartolomé Bermejo dipinse per il canonico Despláuna Pietà (Barcellona, Cattedrale) tutta intrisa dell’artepatetica di Van der Weyden. Pertanto la critica avanzaspesso l’ipotesi di una formazione nelle Fiandre del mag-giore, forse, tra i pittori ispano-fiamminghi. A Majorca lagrande tavola con San Giorgio che abbatte il drago (Palma,Museo diocesano) di Pedro Nisart è forse il riflessodell’opera di Van Eyck dal medesimo soggetto, che appar-tenne ad Alfonso il Magnanimo. Piú che nelle regioni me-diterranee, la pittura fiamminga venne ampiamente assi-milata in Castiglia alla fine del xv sec. Nei centri di Bur-gos, Palencia, Ávila e Toledo lavorò un gran numero diartisti rimasti anonimi e oggi battezzati Maestri diSant’Ildefonso, della Sisla, di Ávila, di Santa Clara de Pa-lencia o di Palenquinos. Essi trassero dai modelli fiam-minghi un’arte massiccia e scultorea, accentuando leespressioni di dolore dei personaggi, accrescendo il volu-me dei drappeggi e moltiplicando i motivi architettonici.Nel 1455 appare il nome di Jorge Inglés, straniero venutoa lavorare per il marchese di Santillana e autore vigorosoe raffinato del Retablo dell’ospedale di Buitrago (Madrid,coll. del duca dell’Infantado), ove i ritratti dei donatorihanno un ruolo insolito per le composizioni spagnole. Il

Storia dell’arte Einaudi

Page 127: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

suo successore nella casa del marchese di Santillana, ilMaestro di Sopetran, si dedica ad accentuare l’impressio-ne di tridimensionalità nelle quattro Tavole della Vergine(Madrid, Prado). Un solo artista appare veramente un ca-poscuola: Fernando Gallego. A una profonda conoscenzadelle composizioni di Dirk Bouts egli unisce una grandeabilità nella collocazione dei personaggi, vestiti con pesan-ti stoffe dalle pieghe spezzate e con un espressionismospesso patetico e di tono popolare. Autore di numerosePietà, direttamente ispirate a Van der Weyden, Diego dela Cruz collaborò al Retablo dei re cattolici, eseguito nel1497 al momento delle nozze di Giovanna la Pazza conl’erede della casa di Fiandra. Dell’importante centro ec-clesiastico di Toledo vanno ricordati i nomi di Juan de Se-govia e Sancho de Zamora, autori presunti del retablodella Famiglia del connestabile Alvaro di Luna. Infine,nella decorazione degli studioli di Federico da Montefel-tro a Gubbio e a Urbino la mano di Pedro Berruguete siaffianca a quella del fiammingo Giusto di Gand. In Anda-lusia, alla fine del xv sec., molti artisti, come Pedro Sán-chez e Pedro Córdoba, offrono una formula addolcita edelegante dell’arte ispano-fiamminga di Castiglia. Tantonei pittori stranieri stabilitisi in Spagna che presso gli spa-gnoli conquistati dall’arte dei Paesi Bassi si assiste, dopoun periodo di ammirazione un poco servile dei grandimaestri, a un’ispanizzazione progressiva dei modelli. Taleritorno alle fonti si traduce in una drammatizzazione deisoggetti, nel rifiuto di ogni idealizzazione e nell’intensifi-cazione dell’espressione dei sentimenti. (cre).

ispano-moresca, pitturaIl termine si riferisce all’epoca dell’occupazione arabadella Spagna, sotto il califfato degli Omayyadi. Quandonel 750, per impadronirsi del califfato di Baghda-d, gli Ab-basidi massacrarono i membri della dinastia omayyade re-gnante, uno solo dei suoi membri, ‘Abd ar-Rah. ma-n, riuscía fuggire e si recò in Spagna, ove fondò una nuova dina-stia omayyade nella regione che divenne la provincia mu-sulmana dell’Andalusia, con Cordova come capitale araba(al-Qurt.uba). Nel 929 l’emirato di Cordova venne trasfor-mato in califfato, rivale di quello di Baghda-d, e fu centrodell’impero musulmano d’Occidente fino al 1492, data incui il re cristiano di Castiglia portò a termine la reconqui-sta occupando l’ultima roccaforte araba, Granada. Nel

Storia dell’arte Einaudi

Page 128: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

momento in cui l’Europa si stava appena riprendendodalle invasioni barbariche, la Spagna musulmana diedeorigine ad una brillante civiltà e una raffinata cultura.Cordova diventò una città che poté rivaleggiare con Bagh-da-d per i giardini, le moschee e i palazzi, il piú celebre deiquali fu quello di Madı-nat az-Za-hira, fatto costruire nel936 da ‘Abd ar-Rah. ma-n III e di cui gli autori arabi non sistancano di descriverne gli splendori. Nel quadro di que-sta civiltà, le arti conobbero una meravigliosa fioritura,conservando le tradizioni siriache importate dai conqui-statori. Tale fusione tra tradizioni locali e ispirazioniorientali diede luogo a una forma d’arte assai caratteristi-ca, detta appunto «ispano-moresca». Benché la pittura go-desse di alta considerazione, probabilmente per influssocristiano, la Spagna musulmana ne ha conservati solopochi esempi, tra cui i celebri dipinti dell’Alhambra diGranada, unico palazzo del medioevo spagnolo giuntofino a noi in buono stato.

Dipinti murali dell’Alhambra di Granada� La Sala di Giustizia I dipinti che adornano la Sala deiRe, detta «Sala di Giustizia», risalgono alla metà del xv

sec., il momento dell’apogeo della potenza musulmana diGranada, e sono distribuiti sulle tre cupole sormontantigli ambienti quadrati in comunicazione con la Corte deiLeoni. Sono stati eseguiti a bianco d’uovo sul cuoio checopre pannelli di legno di pioppo di 7 cm di spessore,uniti fra loro mediante chiodi protetti da stagno (cheevita la ruggine e l’alterazione dei colori). L’artista ha ap-plicato anzitutto uno strato di gesso e colla spesso 2 mm,di colore rossastro, sul cuoio, per disegnarvi con lo stilo ipersonaggi e la decorazione; ha poi applicato il cuoio ba-gnato sul legno, l’ha teso e lo ha fissato con chiodini atesta quadra. Il fondo dei dipinti è dorato e goffrato. Gliaffreschi rappresentano scene con personaggi. Cosí, suuna delle volte sono illustrati gli amori tra un guerrieroarabo e una cristiana, circondati da astrologhi, cristiani,mori, leoni, orsi e cinghiali. I medesimi personaggi sonovisibili su un’altra delle volte. Qui sono intorno a un’im-mensa fontana; vi si riconosce la cristiana che regge unleone incatenato, signori, paggi, cavalieri, una cacciaall’orso. Si tratta probabilmente dell’illustrazione di unaleggenda, e la scelta di un simile soggetto per adornare ilpalazzo del sovrano è particolarmente significativa: indica

Storia dell’arte Einaudi

Page 129: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

la compenetrazione delle due comunità e fa supporre che irapporti fra di esse fossero spesso felici. Tutta diversa è lavolta centrale, ove figurano i ritratti di dieci personaggicon i loro stemmi, probabilmente ministri in consiglio.L’influenza bizantina su questi dipinti è innegabile. Si no-tano la medesima prospettiva, lo stesso raggrupparsi deipersonaggi, lo stesso disegno di animali e dettagli di abitiidentici a quelli di pitture tardobizantine. Vennero proba-bilmente eseguiti da artisti di formazione cristiana cheoperavano per committenti musulmani.� La Torre delle Dame Una torre della cinta muraria diGranada, nota come «Torre delle Dame», ospitaanch’essa dipinti murali di estremo interesse. Se le primepitture furono eseguite da artisti cristiani, queste sono in-vece di certo opere musulmane. Le scene si sviluppano infregio a scala molto ridotta: ricevimenti principeschi, par-tenza di cavalieri per la guerra, caccia ad animali selvaggi,convogli di prigionieri. La verità degli atteggiamenti, ilrealismo degli animali, la tavolozza, costituita da tonalitàarmoniose e chiare con risalti in oro, fanno di questi di-pinti, malgrado le ingiurie del tempo, opere affascinantiche ricordano la miniatura, e sono inoltre documenti pre-ziosi sui costumi, l’armamento e le vesti degli andalusi.La miniatura L’arte ispano-moresca del libro ci è notasolo da rari documenti. Tre manoscritti illustrati, di ico-nografia piuttosto povera, possono attribuirsi sia alla Spa-gna, sia al Maghreb. Uno, H. adı-th Bayad. wa Riyad. (Roma,bv, ms ar. 368), presenta colori nettamente ispano-more-schi, ma si apparenta per i soggetti e lo stile ai manoscrittidipinti della Siria e dell’Iraq. Citiamo anche le meravi-gliose miniature di alcuni Corani, tra cui l’esemplare re-datto a Valencia nel 1182 (Istanbul, Bibl. dell’università,n. A-6754).La ceramica dipinta In contrasto con la scarsezza dei ma-noscritti, la ceramica ispano-moresca presenta abbondantitestimonianze, di interesse fondamentale. È stata studiatasolo dopo il 1844, quando s’imparò a distinguerla dallaceramica italiana a riflessi metallici, con cui sino ad alloraera stata confusa. Sembra che l’arte della ceramica pene-trasse nel bacino occidentale del Mediterraneo provenen-do dall’Iraq, come suggeriscono i numerosi frammenti divasellame lucido trovati nel corso degli scavi del palazzodi Madı-nat az-Za-hira, infatti essi sono del tutto analoghia quelli di Sa-marra-, e la somiglianza si spiega con i legami

Storia dell’arte Einaudi

Page 130: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

commerciali esistenti tra la Spagna andalusa e gli altripaesi musulmani.� Le botteghe andaluse Se si vuoi credere al geografo al-Idrı-sı-, una manifattura di ceramica dorata esisteva in Ara-gona sin dall’inizio del sec. Altri centri celebri furonofondati tra il xiii e il xv sec., in particolare i laboratori diMálaga e dell’Andalusia, riconoscibili per la decorazionedei vasi: bande con iscrizioni e fregi geometrici, come sulcelebre vaso esposto al museo della Corte dei Leoniall’Alhambra, che potrebbe risalire al xiv sec. Intrecci earabeschi capricciosi racchiudono l’ampia iscrizione orna-mentale che cinge il vaso. Sulla parte ricurva della panciadel vaso due antilopi sono affrontate in una foresta di vi-ticci floreali. Il disegno è sottolineato da riflessi d’oro chesi armonizzano con l’azzurro, che borda le lettere degliarabeschi, e col bianco crema del fondo. La ceramica ve-niva anche utilizzata come decorazione sulle pareti dai pa-lazzi, come mostra la grande placca di rivestimento a de-corazione lucida dell’inizio del xv sec. conservata pressol’Instituto de Valencia de Don Juan a Madrid, uscitaanch’essa dai laboratori di Málaga, si distingue per unadecorazione sontuosa di uccelli e fiori. Gli autori arabi se-gnalano nel xiv e xv sec. nella regione di Valencia, altrilaboratori caratterizzati dalla decorazione dipinta azzurrae soprattutto verde e manganese. I pezzi ritrovati negliscavi effettuati nella regione sono conservati soprattuttoal Museo archeologico di Barcellona; recano una decora-zione di spirito assai arabo, in stretto collegamento conquella esistente negli altri centri della Spagna musulmana:rappresentazioni di animali, ornamentazioni geometrichee floreali di color verde e manganese su fondo bianco.Sono state trovate anche decorazioni a figure umane, in-dice di un certo scambio tra quest’arte e quella dell’icono-grafia romanica della Spagna settentrionale.Lo stile moresco-gotico All’inizio del xv sec. la ceramicalucida, che sino ad allora si era ispirata a quella di Mála-ga, ebbe una straordinaria espansione nella regione di Va-lencia, dando luogo a un nuovo stile, quello «moresco-go-tico», nel quale si nota una stretta fusione tra elementigotici occidentali ed interpretazione musulmana dellafauna e della flora, in mezzo ad arabeschi. Le piastrelle dirivestimento della cupola del convento della Concezione aToledo ne costituiscono l’esempio piú bello. Erano smal-tate e probabilmente rese lucide mediante l’applicazione

Storia dell’arte Einaudi

Page 131: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

di limatura di rame ridotta al forno. La fama della cerami-ca valenciana era assai vasta. Cosí, si può leggere nelleArchives nationales di Parigi, nei rendiconti dell’asta diJacques Cœur nel 1453: «Item, cinque piatti di terracot-ta, opera di Valencia». Cosí pure negli inventari di re Re-nato (del 1471), i piatti in «terra di Valencia» sono desti-nati al castello di Angers. Nel 1455 il Senato di Veneziapubblicava un decreto che vietava ogni importazione diceramica, ad eccezione delle «maioliche di Valencia». Inumerosi frammenti di ceramica valenciana trovati duran-te scavi specialmente in Spagna, in Egitto, nella Franciasud-occidentale, hanno consentito di classificare le deco-razioni in base al genere: decorazione epigrafica, i cui ca-ratteri, piccoli o grandi, sono in genere smaltati in azzur-ro su fondo bigio, con ornamenti lucidi; decorazione geo-metrica, comprendente stelle, rosette e intrecci; decora-zione vegetale, composta soprattutto di grandi foglie divite decorazione floreale, a viticci ornati con foglie e fio-roni; decorazione animale ove predominano le gazzelle egli uccelli, di solito smaltati in azzurro su fondo lucido eaccompagnati da viticci floreali, e infine decorazione a fi-gure, piuttosto rara, su piatti d’epoca alquanto tarda. Ingenere tali decorazioni sono meno convenzionali di quelledella ceramica di Málaga, e la stilizzazione dai motiviresta vicina alla natura.� Gli «azulejos» Un’altra industria ceramica caratteristicadella Spagna musulmana è quella delle piastrelle di rivesti-mento, note con il nome di azulejos, che tappezzavano laparte inferiore dei muri e che coesistono con le ceramichea riflessi metallici. Gli azulejos sono piastrelle in terracot-ta rossastra, di solito smaltate in verde o manganese. I piúantichi, del xiii sec., provengono dai laboratori di Sivi-glia, che si specializzarono in questo ramo. Alcuni si pos-sono tuttora vedere applicati ai monumenti di questacittà. Tali piastrelle, in genere di piccole dimensioni, sonoper la maggior parte decorate con elementi geometrici acombinazione di linee infinite; tuttavia vi si trovano tal-volta stemmi o rappresentazioni di animali. Il contornodegli elementi decorativi è sottolineato da un leggero rilie-vo che contribuisce al vigore del disegno. La tecnica difabbricazione degli azulejos è diversa secondo l’epoca. Nelxiii sec. il procedimento impiegato era noto col nome di«mosaici». Gli operai mettevano insieme piccoli pezzi dicolor bianco, verde, azzurro, nero e giallo. Il procedimen-

Storia dell’arte Einaudi

Page 132: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

to era insieme difficile e costoso; era necessaria una tecni-ca piú semplice e meno cara, che fu quella della cuerdaseca (xv sec.). Il disegno veniva eseguito a piatto, con unpennello impregnato di grasso per impedire ai tocchi dismalto di fondersi tra loro all’atto della posa; essi costitui-vano cosí una specie di partizione ceramica. Un altro pro-cedimento venne impiegato parallelamente: consistevanello stampo a matrice nella terra umida, detta cuenca.Sembra che i vasai dei laboratori di Siviglia impiegasserole stesse tecniche nella fabbricazione dei piatti e dai vasiallora d’uso corrente, come attestano numerosi pezzi con-servati al Museo archeologico di Madrid e al British Mu-seum di Londra, nonché il sorprendente acquamanile aforma di quadrupede (pecora o cane), del xvi sec., in pos-sesso del Louvre di Parigi.I tessuti L’industria del tessuto, anch’essa derivante dallapresenza musulmana prosperò sin dall’inizio del dominiodei califfi omayyadi di Cordova, l’allevamento del bacoda seta e la pratica della tessitura, quali esistevano inOriente, si svilupparono in Andalusia, principalmente adAlmería (una cronaca del xii sec. menziona ottocento sta-bilimenti per la produzione di stoffe di lusso sotto gli Al-moravidi, alla fine dell’xi sec.). Il tessuto piú antico ditipo ispano-moresco (fine del x sec. - inizio dell’xi) è ungrande frammento di seta assai fine, mischiata d’oro (Ma-drid, Accademia reale di storia), ornato con una serie dimedaglioni che bordano due fasce d’iscrizioni in carattericufici. Al centro dei medaglioni sono rappresentate dellefigure, due delle quali sembrano un re e una regina; altro-ve si hanno leoni, uccelli e quadrupedi. Un tessuto del xii

sec. conservato negli archivi della cattedrale di Salamancaè assai rappresentativo del genere diffuso nella Spagnameridionale. Iscrizioni cufiche circolari racchiudono unacoppia di pavoni visti di profilo, ma che si voltano inmodo da trovarsi a becco a becco. Stelle, circondate dafogliame disposto in tondo, riempiono gli intervalli tra icerchi di iscrizioni. I colori sono il rosso e il verde olivasu fondo crema. Questo tipo di disegno si ritrova su nu-merosi tessuti con qualche variante: due quadrupedi sosti-tuiscono talvolta i due uccelli, come sul tessuto conserva-to al Kunstgowerbemuseum di Berlino. Menzioniamoinoltre un genere di tessuto ispano-moresco interamentetributario dell’influsso mesopotamico-persiano: quello ovecompaiono esseri umani. Il sudario del vescovo san Ber-

Storia dell’arte Einaudi

Page 133: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

nardo Calvo (conservato a Vich in Catalogna) rappresentauomini di tipo arabo, inscritti entro ruote. Ciascuno diloro reca un bizzarro berretto, un lungo mantello e unacintura d’oro di tipo islamico, e strangola due bestie chelo assalgono, con testa di vitello e zampe di leone. Il moti-vo è assai prossimo alle decorazioni achemenidi di Perse-poli. Grifoni e palmette di carattere spagnolo - quali sitrovano sugli avori scolpiti - adornano i vuoti tra le ruote.Un fregio di iscrizioni cufiche borda la parte alta del tes-suto. Un’altra decorazione caratteristica di alcuni tessutiispano-moreschi è quella geometrica, ove si alternanobande ornamentali orizzontali e fasce di iscrizioni. Talvol-ta tali decorazioni lineari sono arricchite da stelle o in-trecci che ricordano gli elementi decorativi dei monumen-ti andalusi (tessuto del Museo Valencia de Osma a Ma-drid). L’arte ispano-moresca, nata nel crogiolo entro cui sifusero le tradizioni cristiane e musulmane, fu all’originedi molti influssi orientali esercitatisi sull’arte medievale esoprattutto su quella romanica. (so).

IsraeleA causa della storia della formazione dello stato di I leopere antiche che oggi gli appartengono vanno lette nelcontesto della Palestina. Va notata la particolare ricchezzadi questa regione: se non di affreschi, quanto meno dimosaici pavimentali. In seguito agli intensi lavori archeo-logici portati avanti dalle autorità del paese, tanto sui sitigiudaico-cristiani quanto su quelli antichi, la conoscenzadei monumenti artistici della regione è stata approfondita.Nella maggior parte questi pavimenti, a carattere pura-mente decorativo con interposte rappresentazioni zoomor-fe o umane, si conservano allo stato frammentario. Tratutti i mosaici va citato, per la singolarità del soggetto,quello di Madaba, a sud di Amman. Conservato oggi nellalocale chiesa ortodossa, rappresenta una carta geograficadel v-vi sec., che copre tutto il territorio delle DodiciTribú, il paese di Moab, il Basso Egitto e una parte deiterritori vicini alla Palestina biblica, l’Idumea, l’Ammoni-tide, la Siria. Vi sono indicate tutte le località principalidella storia vetero- e neo-testamentaria rappresentate se-condo la conformazione del momento in cui venne esegui-to il mosaico, con la rappresentazione dei monumenti ca-ratteristici di ognuna di esse. Per vastità il mosaico diMadaba supera quelli, del medesimo genere, che s’incon-

Storia dell’arte Einaudi

Page 134: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

trano altrove in Palestina, ad esempio nella chiesa di SanGiovanni di Gerash (attuale Giordania), ove sul pavimen-to si scorge il disegno di alcune città, fra le quali Alessan-dria e Menfi. Altri mosaici pavimentali raffigurano perso-naggi e scene storiche che li avvicinano sul piano icono-grafico, alla decorazione murale della sinagoga di DuraEuropos. A Beth Alpha si vede uno zodiaco contenente alcentro il carro del Sole, tirato da quattro animali tantogrossolanamente eseguiti che è impossibile definirne la na-tura. Vi si nota anche il Tabernacolo della Thora tra dueleoni. A Maon si scorge una moltitudine di animali entrocerchi. I mosaici piú notevoli si trovano sul monte Nebo(Nebi Mussa), ove gli scavi hanno rivelato un pannellozoomorfo che raggruppa ogni sorta di animali selvatici edomestici in riposo o attaccati da cacciatori. è questo untema ben noto della decorazione bizantina, che si ritrovaanche nel palazzo imperiale. (jle).Il XX secolo L’arte israeliana contemporanea, nel sensostretto del termine, nacque ufficialmente nel 1906; ilprof. Boris Schatz, che desiderava creare un centro d’artespecificamente ebraica, fondò a Gerusalemme la scuola diarti e mestieri «Bezalel». Hanno esercitato influsso consi-derevole sulla pittura israeliana la scuola di Parigi e inparticolare i suoi pittori ebrei (Soutine, Modigliani, Pa-scin e Chagall), e, in seguito, l’arte americana. Le vetratedi Chagall (le Dodici Tribú d’Israele) a Eyn Kerem pressoGerusalemme, e i mosaici ed arazzi che egli eseguí per ilparlamento israeliano (la Knesseth), hanno arricchito ilpatrimonio culturale; ma, fino al 1950 ca., vennero presia modello soprattutto Rouault e Dufy. Fu fortemente av-vertito l’influsso dell’espressionismo quale si sviluppònell’Europa centrale, e va anche menzionato quello diVan Gogh, le cui opere vennero ampiamente diffuse. Gliinizi della pittura in I si collocano dopo la prima guerramondiale. Alcuni artisti, provenienti soprattutto dall’Eu-ropa orientale, si ribellarono alle tradizioni della scuolaBezalel, che si sforzava di creare, con mezzi accademici,un’arte e un artigianato specificamente ebraici, espressio-ni di un poco autentico folklore. L’arte degli innovatorifu inizialmente romantica e realistica insieme, influenzatadal doganiere Rousseau. Il pittore piú significativo fu allo-ra Menahem Shemi, tanto nel suo cupo primo periodo chenel lirismo esplosivo dei suoi ultimi paesaggi. ReuvenRubin s’impose per i temi inediti, piú che per il suo stile;

Storia dell’arte Einaudi

Page 135: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

egli raffigura sempre un mondo bucolico e pastorale.Itzhak Frenkel, che ripartiva il proprio tempo tra Parigi eI, fu realista, poi espressionista; Pinhas Litvinovsky svi-luppò anch’egli una stilizzazione prossima all’astrattismo.La pittura israeliana si è evoluta seguendo le tendenzedella pittura occidentale; gli artisti hanno scopertol’astrattismo piuttosto tardi. Yossef Zaritsky (giunto inPalestina nel 1923) è il pioniere della pittura non figurati-va. Avigdor Stematsky, espressionista lirico, trasponenelle tele, negli acquerelli e nei pastelli i propri statid’animo. Y. Streichman entrò nelle fila dell’astrattismo,poi dell’informale, espose nel 1966 alla Biennale di Vene-zia. Moshe Castel ha soggiornato a lungo a Parigi, assimi-landovi influenze diverse, dalle miniature persiane a Ma-nessier e Fautrier; in seguito il suo stile s’ispirò agli arabe-schi ed agli alfabeti ebraico e arabo, giungendo cosí aduna sintesi decorativa alquanto inedita. Fima, giunto in Inel 1949, è forse l’artista piú personale. Lavora soprattut-to a Parigi, partecipando alle principali manifestazioni in-ternazionali d’arte contemporanea. Marcel Janco (in I dal1941) con Jean Arp e Tristan Tzara diede origine a Zuri-go al Dada nel 1917. In I egli ispirò nuovo vigore nellapittura e fu tra gli iniziatori del gruppo Nuovi orizzonti(1947). Fondò e sviluppò il villaggio di artisti Eyn Hod.Moshe Mokady è stato anch’egli tra gli iniziatori di EynHod; ha soggiornato piú volte abbastanza a lungo a Pari-gi, evolvendo da una pittura figurativa, tragica e cupa,verso un astrattismo decorativo di tonalità chiare. LeaNikel, pioniere dell’astrattismo lirico, che ha esposto nel1964 alla Biennale di Venezia, ha lavorato a Parigi perundici anni; Aharon Kahana ha lavorato oltre trent’anniin I. Egli differisce molto dai pittori astrattisti d’ispira-zione «geografica», e cerca spunti nelle leggende e nell’ar-cheologia. Arie Aroch (1908) si contraddistingue per unapittura allusiva, fatta di memorie frammentarie, di con-giungimenti inattesi. L’arte figurativa è spesso legataall’espressione lirica, talvolta mistica del paesaggio; Mor-decai Levanon ha trovato accenti di sontuoso realismo perdipingere l’atmosfera irrazionale di Safed e di Gerusalem-me. D’altro canto tutta una parte della pittura israelianaricerca consapevolmente il segno, il simbolo e talvoltaanche l’allegoria, spesso ispirandosi al patrimonio spiritua-le ebraico. Mordecai Ardon (in I dal 1933) ricerca unasintesi tra l’arte contemporanea e la spiritualità ebraica.

Storia dell’arte Einaudi

Page 136: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Mediante una raffinata tecnica ha creato un mondo nelquale i simboli giudaici si accostano ai paesaggi stilizzati ealle composizioni astratte. Tra i suoi allievi vanno soprat-tutto ricordati Moshe Tamir, Naftali Bezem e PinhasShaar, che cercano anch’essi di esprimere nel campo dellearti grafiche un mondo simbolico e leggendario. Tra i pit-tori della nuova generazione, tutti, sia pure a vario titolo,sollecitati dall’astrattismo, vanno ricordati Y. Kimchi, M.Kupferman, Nissim Zalayet e Yossef Halevy. è interes-sante constatare che molti provengono dalle comunitàebraiche orientali, dall’Africa settentrionale all’Iraq e alloYemen, e che precisamente fra loro è sorto un vigorosoneo-espressionismo. Un’arte astrattizzante, ove è però av-vertibile l’ispirazione naturalistica, viene praticata daGéula Dagan, nato a Gerusalemme ma operante soprat-tutto a Parigi. Il surrealismo si è molto diffuso, unendoelementi folkloristici e allegorici vari (David Méshulan,Yosl Bergner, Samuel Bak). Le arti grafiche hanno rag-giunto un certo livello: Jacob Steinhardt, uno dei fondato-ri del gruppo Die Pathetiker a Berlino nel 1912, si tra-sferí in Palestina nel 1933; incisore su legno, restò fedelea un espressionismo moderato, che s’ispira alla Bibbia, alpaesaggio israeliano e alla tradizione ebraica. IsidorAschheim, anch’egli proveniente dalla Germania, primeg-giò nel disegno e nella litografia. Anna Tycho, immigratain I da Vienna nel 1910, ha disegnato paesaggi diretta-mente ispirati a Gerusalemme e dalle montagne della Giu-dea. Questa regione tanto singolare, di un’austera bellez-za, ha ispirato pure i disegni di L. Krakauer; quelli diAviva Uri si caratterizzano per il loro carattere impressio-nante ed esplosivo. I pittori israeliani che vivono soprat-tutto all’estero hanno contribuito considerevolmente allosviluppo delle nuove tendenze e dell’arte sperimentale.Avigdor Arikha, dopo aver praticato l’astrattismo, è tor-nato al disegno dal vero. Yaacov Agam ha raggiunto famamondiale come uno dei primi iniziatori dell’arte ottica ecinetica. è autore di un grande soffitto decorativo nel Pa-lazzo della Nazione a Gerusalemme. Motke Blum lavorasoprattutto a Gerusalemme; e le sue pitture, disegni, mo-saici, assemblaggi attestano un originale talento. YugaelTumarkin ed Aika Brown sono, piú che pittori, creatoridi oggetti e di rilievi. Vanno infine ricordati i pittorinaïfs: Angela Seliktar, Moshe Elnatan Hodadad e soprat-tutto Shalom di Safed (Shalom Moskowitz). Quest’ultimo

Storia dell’arte Einaudi

Page 137: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

cominciò a dipingere solo all’età di sessant’anni. Autodi-datta, acquisí una tecnica perfetta, evocando un mondointriso d’intensa fede e di elementi folklorici e poetici.(mt).

Israels, Jozef(Groninga 1824 - L’Aja 1911). Si formò ad Amsterdam(1840-45) presso i pittori romantici allora di moda, Kruse-man e Pieneman. Durante il suo soggiorno a Parigi dal1845 al 1847 fu influenzato da Ary Scheffer, e realizzòquadri d’ispirazione letteraria e storica (Ofelia, 1850: coll.priv.). Tornato in Olanda, cominciò ad interessarsi dellavita degli umili, pescatori e contadini, in una maniera al-quanto aneddotica che molto deve alla scena di genere delxvii sec. (Pescatore annegato, 1861: Londra, Tate Gallery).Stabilitosi all’Aja nel 1871, divenne uno dei rappresen-tanti principali della scuola locale e conobbe notevole suc-cesso. La sua maniera si fece piú leggera, e la fattura piúlibera, attorno al 1890 (Donna alla finestra, 1896: Rotter-dam, bvb). Lasciò inoltre vigorosi ritratti (Willem Roelofs,1892: L’Aja, gm). è rappresentato in musei olandesi e par-ticolarmente all’Aja (gm e Museo Mesdag).Il figlio Isaac Lazarus (Amsterdam 1865 - L’Aja 1934) fuallievo dell’accademia dell’Aja (1880-82) e di quella diAmsterdam (1886-87) deve soggiornò fino al 1903. Dal1878 accompagnò il padre nei suoi viaggi a Parigi, conob-be Manet e Lieberman insieme al quale piú tardi dipinse,e praticò agli inizi un realismo influenzato da Bastien-Le-page; i suoi ritratti e scene militari vennero ben accolti alsalon di Parigi (Partenza delle truppe coloniali, 1883: Ot-terlo, Kröller-Müller). Affascinato dalle tendenze moder-ne dell’epoca, divenne ad Amsterdam, col compagnoBreitner, il miglior rappresentante dell’«impressionismoolandese», associando abilmente la lezione parigina aquella del realismo tradizionale dell’Olanda (Donne allacernita del caffè, 1893-94: L’Aja, gm). Il suo stile e le suetendenze estetiche si fissano verso il 1895, dopo di chel’artista non evolverà, malgrado l’eterogeneità dei perso-naggi da lui frequentati (Mallarmé, Huysmans, ZolaRedon, Van Dongen). A Parigi, dal 1904 al 1913, pro-lungò la tradizione dei nabis (Al bois de Boulogne, 1906:Zeist, coll. priv.). Fu per qualche tempo a Londra durantela guerra, interessandosi al tema del pugilato (1915).Dopo un viaggio in Indonesia, nel 1923 si stabilí definiti-

Storia dell’arte Einaudi

Page 138: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

vamente all’Aja. È rappresentato in musei olandesi, parti-colarmente all’Aja (gm). (mas).

Issel, Georg Wilhelm(Darmstadt 1785 - Heidelberg 1870). Di origine assaiumile, era probabilmente figlio naturale del granducad’Assia-Darmstadt, grazie alla protezione del quale ebbeformazione di pittore, completata mediante soggiorni aParigi nel 1813 e nel 1814-15 (Veduta di Parigi con Saint-Etienne-du-Mont, Sainte-Geneviève e il Panthéon: conserva-to a Heidelberg). Nominato pittore di corte e consigliereaulico, venne incaricato di missioni diplomatiche che gliconsentirono di viaggiare in tutta Europa. Abbandonò inseguito le sue cariche per ritirarsi a Heidelberg. Intera-mente dedito alla pittura di paesaggio, I fu in Germania ilprecursore, per lungo tempo misconosciuto, di quello chevenne chiamato «paesaggio intimo»; per primo volse lasua attenzione ai paesaggi della Foresta Nera e delle Alpibavaresi. Sue opere sono conservate in musei di Karl-sruhe, Darmstadt, Heidelberg. (pv).

IssogneIl castello di I, uno dei principali esempi di dimora signori-le valdostana, fu eretto sul luogo di un’antica casaforte daGiorgio di Challant (1480), priore di Sant’Orso di Aosta,divenuto feudatario di I nel 1494 per volere della cognataMargherita de la Chambre. Lo Challant fece eseguire laricchissima serie di affreschi tuttora conservata e nellaquale sono stati distinti almeno tre cantieri diversi, attivitra la fine del 1400 e il 1509, anno di morte del priore.Il primo nucleo è costituito dalla decorazione della cappel-la, comprese le parti dipinte del polittico dell’altare, dallesette lunette del portico, da due tavole, oggi al castello, maprovenienti verosimilmente da Sant’Orso, con Sant’Anto-nio e devoti e la Messa di san Gregorio (Giorgio aveva fon-dato nella collegiata di Aosta due cappelle, intitolate ai ri-spettivi santi, nel 1501 e nel 1507). Il capomaestro di que-sta impresa, segnato dalla cultura presente a fine secolonell’area compresa tra Torino, Chieri e Pinerolo e ancorasaldamente legata a fatti figurativi oltr’alpini, fu lo stessoartista che aveva eseguito, per la cappella dei Tre Re diIvrea il fondale dipinto e la predella dell’ancona con l’Ado-razione dei Magi (ora Ivrea, Museo Garda) databile sicura-mente tra il 1493 e il 1499.

Storia dell’arte Einaudi

Page 139: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Il secondo nucleo di affreschi, di altra mano, decora glioratori privati di Giorgio e Margherita de la Chambre,adiacenti alle rispettive camere da letto. Pesantemente ri-dipinti nel 1936, non consentono una puntuale lettura, maalcuni dettagli meglio conservati (si veda il perizoma delCristo) e l’impianto iconografico delle scene indicano unacultura ancora memore della tradizione fiamminga presen-te in Savoia e nell’area torinese.Il terzo intervento è legato all’imponente ciclo, con vedutedi paesaggi e il Giudizio di Paride, che decora il salone delcastello e che si deve al pittore che datò, nel 1514, un ex-voto con la guarigione della storpia Wuillerine, conservatoin Sant’Orso di Aosta. Il ciclo è sicuramente anteriore al1509, anno di morte del priore, il cui stemma grandeggiasul camino. Il cantiere attivo in questo ambiente è segnatodalla cultura di area borgognona che, dopo la caduta diCarlo il Temerario, si irradiò con particolare impeto fuoridai confini del ducato. Le soluzioni qui adottate si colloca-no sulla linea segnata da Nicolas Spierinc nel libro d’ore diMaria di Borgogna, cosí come le drôleries, che decorano ilcornicione, si ricollegano a Van Lathem e al suo atelier,anche l’uso della colonna di cristallo, marmo variegato ealabastro ha il precedente all’interno dello stesso ambientee riprende, nel variare delle forme, le colonne adottatedall’anonimo miniatore (ampiamente documentato in Sviz-zera e a Ivrea) che decorò per Giorgio, nel 1499, il Messa-le destinato alla cappella del castello (ora Torino, coll.priv.). Nonostante questi rimandi la tecnica morbida e li-bera del frescante, il suo rifuggire dalla descrizione lentico-lare del paesaggio lo diversificano dalla maniera di strettaosservanza fiamminga e lo collocano tra quegli artisti diarea torinese che segnano una linea stilistica destinata adarrivare fino al secondo decennio del 1500. (erb).

Istanbul (Bisanzio, Costantinopoli)Città turca particolarmente ricca di musei e biblioteche,che conservano importanti raccolte di manoscritti dipintie di quadri: il Topkapi Sarayi, antico palazzo dei sultaniottomani, ove si trovano i celebri album di I provenientidalla collezione di Maometto il Conquistatore, e soprat-tutto frammenti di opere illustrate a Tabrı-z nel xiv e xv

sec., nonché la famosa Galleria dei ritratti dei sultani, ilMuseo delle arti turche e islamiche (bellissime raccolte diCorani di varie epoche e un certo numero di manoscritti

Storia dell’arte Einaudi

Page 140: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

dipinti); la biblioteca dell’università (manoscritti illustratiarabi, persiani e turchi); la biblioteca Millet Kütüphanesi;la biblioteca di Santa Sofia e la biblioteca della Süleyma-niye. → Costantinapoli; turca, pittura. (so).

Istler, Josef(Praga 1919). Si formò presso Walter Höfner in Jugosla-via e fece parte del gruppo surrealista Ra (1945-48). Dal1946 il critico d’avanguardia Karel Teige mette in evi-denza le due tendenze che si affermeranno nella suaopera: l’elemento fantastico e l’astrattismo. I si rese notoanzitutto con incisioni informali, ove cupe strutture siuniscono a segni dettati dall’inconscio: Illustrazioni per unromanzo nero (1945: coll. priv.). Nei dipinti sinteticidell’inizio degli anni ’50 l’artista tende a un’oggettivizza-zione il piú possibile completa dell’immagine, senza chene risultino indeboliti il simbolismo e il significato eroti-co: Figura gialla (1956: Hluboká, Gal. Ale∫). Dando im-portanza sempre maggiore alla materia e alla sua tessitu-ra, I giunge al limite dell’astrattismo immaginativo. Uti-lizzando la tecnica del dripping e altri procedimenti, frut-to della sua esperienza surrealista, dipinge quadri che siriallacciano alla tradizione di StyrskØ e della Toyen. Lefosforescenze e le incandescenze soffocate delle sue ulti-me opere suscitano un’atmosfera di fascino e di magia.(ivj).

IstriaLa particolarissima posizione geografica dell’Istria, incu-neata tra le due coste prospicienti l’Adriatico, quella ita-liana e quella croato-dalmata, e collegata nella sua partesettentrionale con le ultime propaggini carsiche – ovverofriulane – e slovene – ovvero austriache e croate – ne hafatto terreno fecondo d’incontro tra culture diverse: quel-la slava autoctona, quella «adriatica», romana, bizantinao veneta, e quella «nordica», transalpina.Parte del territorio tracico, l’Istria cadde sotto il dominiodei Romani verso il 178-170 a. C. Essi ne colonizzaronosoprattutto gli insediamenti costieri, propizi alla pesca(come Pirano) o con funzioni di porticcioli militarizzati(come Pola), legandoli amministrativamente ad Aquileia.Tale legame rimarrà costante pur nel trapasso di potere daRoma a Bisanzio (regno di Teodorico, che nel 493 istitui-sce i vescovadi, e di Giustiniano, dal 569), e da questa

Storia dell’arte Einaudi

Page 141: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

alle piú frazionate condizioni del periodo altomedievale(dal ix sec. in poi), quando le investiture feudali dell’im-pero germanico (per l’Istria marchesi con diritto eredita-rio e vescovi) si incuneano tra il potere del patriarcatoaquileense e il predominio veneto sulle rotte adriatiche.Scarse ma significative sono le testimonianze pittoriche diquesti secoli in Istria. Accanto ad alcuni resti di pitturaad encausto (Pola, Barcola, Brioni), il periodo romano dali sec. a. C. si caratterizza soprattutto per la produzione dimosaici, di cui Aquileia era uno dei principali centri diproduzione, distinto da altri per la scelta di tinte cromati-che vivaci ed accese e per la predilezione di specifici temiiconografici. Provengono dalla villa di Barcola (oggi aTrieste, Lapidario) un interessante mosaico geometrico ascudo squamato e tessere bianche e nere della prima metàdel i sec. d. C., da Valbandon (presso Pola) e da Isola dueesempi di mosaici con bordura a torri e mura merlate, delii sec., ove la geometrizzazione traduce forse sfrangiaturedi tappeti o schemi architettonici stilizzati. Per il versantedei mosaici monocromi figurati, spicca un frammento pa-vimentale della fine del ii sec., proveniente da un oecusd’una casa di Pola, ove il motivo dei pavoni affrontati,seppur reso schematicamente, sembra anticipare un temacaro all’arte paleocristiana. Durante il iii sec. torna a svi-lupparsi il mosaico policromo e con esso i motivi figurali,che adesso tendono a dilatarsi sull’intera superficie e aconfinare i giochi geometrici alle cornici, come nel casodel mosaico con il Sacrificio di Dirce a Pola. Per tutto ilperiodo tardoantico la scuola di Aquileia piegherà il suolinguaggio ai nuovi contenuti cristiani promossi in primisdal vescovo Teodoro e influenzerà (con una storia e su diun arco di tempo diverso da quello ravennate) un vastissi-mo bacino geografico e culturale dal medio Danubio allapadania, dalla Slovenia occidentale alla Gallia meridiona-le, tra iv e v sec. Un esempio istriano, della fine del iii

sec. viene dalla Casa di Mauro di Parenzo (Pore™), mentres’infittiscono i frammenti databili alla fine del iv sec. einizi v (Parenzo, prima fase costruttiva del duomo; Pola;Zuglio), con un netto prevalere di equilibrate composizio-ni di tipo geometrico, giocate in prevalenza sul terrenocromatico, su quelle di tipo figurale, invero assai rade,che, pur attinte dal repertorio tardo-antico, si piegano allenuove valenze dottrinali, come nel caso di Orsera (Vrsar)e della fase pre-eufrasiana del duomo di Parenzo.

Storia dell’arte Einaudi

Page 142: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Ma i due capitoli fondamentali dell’arte musiva istriana sitoccano in epoca giustinianea, alla metà del vi sec., quan-do con l’intervento di nuove maestranze o di cartoni distretta osservanza ravennate (con uno scarto, dunque, dalfilone aquilense, ormai esauritosi) prende corpo la decora-zione pavimentale e parietale - anche esterna - della basili-ca eufrasiana di Parenzo (di ricco apparato iconografico enotevoli soluzioni decorative, come il contemporaneo usodi stucchi e intarsi, accanto al mosaico, che si mostra insintonia con i bidimensionalismi e le simmetrie della cor-rente bizantina piú conservatrice) e a Santa Maria Formo-sa di Pola una bottega costantinopolitana opera all’inter-no della piú pura corrente classicista, e naturalista, deltempo. Sul finire del vii sec., gli affreschi in parte distrut-ti della chiesa di San Gerolamo di Colmo (Hum) (con An-nunciazione, Visitazione e Passione di Cristo) preannuncia-no quel passaggio stilistico che si attuerà pienamente neimosaici (Annunciazione e Santi) del ciborio della basilicadi Parenzo, commissionati dal vescovo Ottone. Inquest’opera la fedeltà alle componenti e alle tipologie bi-zantine, si rinnova dall’interno, lasciandosi dietro l’arcai-smo d’estrazione macedone presente negli esempi anterio-ri e coniugandosi a moduli lineari piú tesi ed espressivi siallinea ad episodi coevi presenti in San Marco a Venezia,nell’entroterra veneto e sulla costa adriatica, impermeabilied incuranti delle formulazioni giottesche che pervadonoinvece il resto della penisola. Accanto al vivace dispiegomusivo, alcune tracce di pittura murale, come il ciclo pro-babilmente carolingio, ora perduto, nella cappella dell’ab-bazia benedettina dell’Isola di Sant’Andrea, presso Rovi-gno (x sec.), introducono ad un altro fecondo agente dipenetrazione artistica in Istria: sotto gli auspici del pa-triarcato di Aquileia si dà infatti inizio nel ix sec. allafondazione delle prime abbazie benedettine sulla fasciacostiera. Sostenute dalle consolidate relazioni tra le duesponde adriatiche, queste ultime si espanderanno anchenelle zone piú interne, abitate da ceppi slavi, grazie aduna intensa opera di evangelizzazione e colonizzazionedell’entroterra, accogliendo nelle loro comunità maestran-ze bizantine, che propaleranno qui i moduli espressivipropri alla corrente stilistica che percorre l’intero arco co-stiero, da Ravenna a Venezia, Grado e Trieste. In virtúdelle strette relazioni culturali tra il patriarcato di Aqui-leia e i centri di Strasburgo e Ratisbona, sedi imperiali ot-

Storia dell’arte Einaudi

Page 143: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

toniane, questi stessi moduli si mostreranno subito sensi-bili e aperti alle formulazioni piú «romaniche» dell’Occi-dente cioè quelle nordiche, di marca postottoniana, pre-senti nella vasta area germanica meridionale, in Tirolo ein Friuli. Tale peculiare connubio di stili può osservarsinegli affreschi della fine dell’xi sec. della chiesa diSant’Agata presso Canfanaro (Kanfana) (abside con Maje-stas Domini e Santi, arco trionfale), ove è forte la compo-nente ottoniana – geometrizzazione assoluta delle forme,schematismi monotonamente ricorrenti –, pur se l’impian-to figurale rimane del tutto bizantino, come può control-larsi sull’abside centrale della basilica di Aquileia del1031, suo primo referente, cosí come negli affreschidell’abside destra della chiesa abbaziale di San Martinopresso San Lorenzo del Pasenatico, sebbene piú plasticied espressivi dei primi. Nel convento benedettino di SanMichele di Leme presso Klostar si conserva un frammen-tario ciclo di affreschi nella zona absidale, databile alla se-conda metà dell’xi sec.: soprattutto nella drammatica La-pidazione di santo Stefano si è individuata, sugli accenti dibase bizantino e postottoniano, una componente verone-se, che ancora una volta conferma la complessa sostanzalinguistica delle esperienze istriane in epoca romanica. Gliaffreschi in Santa Fosca a Peroj dovevano decorare conun dispiegato apparato iconografico l’intera superficie pa-rietale interna; la ristrutturazione gotica ne ha preservatasoltanto una parte, che allarga ancora lo spettro linguisti-co già delineato, fino a stabilire consonanze con i lineari-smi grafici e le stilizzazioni eleganti del ciclo del monaste-ro benedettino di Monte Maria presso Burgusio in ValVenosta e, piú in generale, con la cultura pittorica bene-dettina piú occidentale.Ma il piú impressivo monumento istriano di questo parti-colare momento storico e stilistico che vede dialogare allapari e in costante collegamento le due coste adriatiche, sitrova nella chiesa cimiteriale di Sanvincenti (Sveti-vin™enat), affrescata quasi per intero dal pittore di originetrevigiana Ognibene, alla metà del Duecento e in cui simescolano proficuamente stilemi e cromie bizantino-vene-ziane con accenti romanico-salisburghesi, secondo modulipregatici che si ritrovano in molta della coeva pittura ve-neto-adriatica (cfr. il secondo strato di affreschi di Sum-maga). A questo esempio si riallacciano tre altri cicli mura-li, tutti databili alla fine del xiii sec. e di uguale program-

Storia dell’arte Einaudi

Page 144: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

ma iconografico, opera di frescanti di matrice locale che,incapaci di emularlo in qualità, ne impoveriscono e arcai-cizzano il dettato tecnico e il contenuto espressivo. Si tro-vano nelle chiese di Sant’Eliseo di Draguc, di Santa MariaMaddalena presso Ballarini (Bazgalij) e di San Sebastiano aBogliuno (Bolijun). A tale decadimento stilistico corrispon-de d’altronde il riflusso e la perdita di potere delle abbaziebenedettine, non piú protette dai patriarchi di Aquileia,impegnati in costanti schermaglie contro la politica espan-sionistica di Venezia e sempre piú assediate dalle rivendi-cazioni dei piccoli e prepotenti feudatari locali.Un tale clima impedí per lungo tempo quei contatti dialet-tici tra le due coste alto-adriatiche che soli potevano assi-curare una linea di continuità e produttività pari a quelladispiegantesi nell’entroterra veneto (cosí come in Friuli enel Tirolo). Soltanto nel Quattrocento inoltrato – se siescludono alcune testimonianze artigianali di pittura loca-le, quali gli affreschi della pieve di Buje, piú alcuni «rim-balzi» di tale cultura impregnata di slavismi in alcunechiese friulane – si riaprirà un nuovo, fecondo capitoloper la pittura a fresco istriana. Del Trecento rimangonoperaltro alcuni pregevoli esemplari di pittura su tavola,segno di un’attenzione sporadica ma non del tutto spentao piegata dall’impoverimento culturale ed economico. Ac-canto a svariate tavole di «madonnari» veneto-bizantini,spicca la pala del beato Leone Bembo, conservata nellachiesa di San Biagio a Dignano, ma proveniente da SanLorenzo di Venezia, ed eseguita nel 1321 da Paolo Vene-ziano e collaboratore, coniugando felicemente eredità bi-zantina e novità giottesche, realismo gotico ed eleganzecromatiche orientali. Sempre al maestro è attribuito il po-littico del duomo di Pirano (1354?).In questo torno di tempo si va modificando anche il peso,fino ad allora preponderante, della committenza religiosasu quella laica: i patrizi veneziani Barbo signori di Monto-na, chiamano, nella seconda metà del Trecento, un italia-no non ignaro delle conquiste spaziali giottesche ad affre-scare la cappella di San Nicola a Raccotole (Rakotule, neipressi di Karojba). Un’altra famiglia veneziana residentead Albona (Lubin) chiama un veneto ad affrescare la pro-pria cappella nella chiesa di San Matteo di Prodol. Accen-ti post-giotteschi si rintracciano sugli affreschi, assai depe-riti, dell’ex chiesa di San Pelagio presso Piemonte, mentreper quelli di Sant’Antonio a Gimino (Zminj), della fine

Storia dell’arte Einaudi

Page 145: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

del Trecento, i referenti principali sono nuovamented’ambito veneziano: tra Catarino e Donato.Come accennato, il Quattrocento segna la nascita di bot-teghe autenticamente autoctone, capaci di rielaborare conun discreto margine di autonomia gli apporti stilistici pro-venienti da quelle medesime aree di referenza già attivein passato. Ad un artista legato alla cultura del litoraleviene riferita la decorazione dell’arco trionfale della chie-sa di San Martino di Vermo (Beram) (dopo il 1431), conla Vergine e angeli musicanti, ancora di tono bizantino,nella zona absidale della stessa chiesa agisce invece un ar-tista legato a modelli gotico-internazionali. Stesse inclina-zioni «fiorite» si trovano a Santa Caterina di Sanvincen-ti, a San Vito di Passo (Paz) (affreschi firmati da un Mae-stro Alberto nel 1461) e a Santa Maria a Portole (Oprta-lij) (arco trionfale), ove Cleriginus (Chierigin) da Capodi-stria si firma nell’anno 1471. Un altro membro della stes-sa famiglia decorò forse la chiesa di Sant’Elena, sempre aPortole, e ad un terzo è attribuita la tavola dell’altar mag-giore della chiesa di San Tommaso a Capodistria.L’influsso delle estreme correnti del gotico internazionalequella d’ascendenza boema e quella piú veristica e dram-matica d’ambito tirolese e alpino, s’intrecciano invece inCarniola (parte meridionale della Carinzia, attuale Slove-nia), come nel Friuli e nell’Istria settentrionale, con lavena rusticale, popolana ed «espressionistica» di altre bot-teghe locali. In Istria, queste si collocano nella sua fasciacontinentale e dànno vita ad una vivace fase culturale,che per la prima volta, dopo la splendida parentesi eufra-siana, e con una qualità certamente modesta e dal caratte-re attardato (anche rispetto alle coeve ed egualmente «pe-riferiche» produzioni della zona carsica, subalpina e slove-na in genere), strapperanno la produzione pittorica istria-na dal ruolo di mera eco, piú o meno ricettiva, di linguag-gi elaborati altrove. Va inoltre sottolineato che gli affre-schisti istriani, a differenza dei loro compagni piú nordici,si mostreranno quasi del tutto insensibili a qualsivoglia in-flusso italiano, invertendo cosí la rotta stilistica che da se-coli aveva visto l’Istria nutrirsi di umori e lieviti veneti edadriatici.Sono due i principali referenti dei maestri istriani, emer-genti dal piú vasto contesto linguistico già delineato: lostile «morbido» ed espressivo antinaturalistico e fiabescodel maestro sloveno Giovanni da Lubiana (ma nativo di

Storia dell’arte Einaudi

Page 146: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Villach, ed erede naturale della tradizione salisburghese ebrissinese), autore, fra i molti, dei cicli murali di Muljava(1456) e Kamenu Vrh, e del suo seguace, piú raffinato elanguido, Wolfgang, che nel 1453 affresca il santuariomariano di Crngrop, presso S.kofja Loka, entrambi assor-biti con il tramite di un raffinato anonimo che decorò nel1471, con scene della Vita di Cristo, una cappella dellachiesa della SS. Trinità a Gimino, e lo stile grafico, veri-stico, drammatico e amoroso delle propaggini tardogoti-che d’area brissinese (cfr. il duomo di Pazin).Privilegiare tali correnti figurative era d’altronde una scel-ta quasi obbligata per chi si trovasse ad operare in questazona, slovena e carsica dell’Istria, se si rammenta l’appar-tenenza politica e amministrativa di quest’area e di unafetta dell’interno stesso della penisola alla contea diPazin, che, dopo aver appartenuto ai conti di Gorizia, dal1374 al 1797 è posta sotto il controllo diretto degliAsburgo. Proprio ad un membro della famiglia tirolese-trentina dei Della Torre, che resse dal 1447 al 1478 lacontea di Pazin (e ai cui vari rami pare possano attribuirsialtre importanti committenze in zona slovena e friulana:Ghirardi, 1972), il nobile Phoebus, si deve la commissio-ne, verso il settimo decennio del secolo degli affreschi delgrande presbiterio (1460) della chiesa di San Nicola aPazin, opera di un agile impaginatore d’origine brissineseprossimo a Jakob Sunter (cfr. il suo intervento nel chio-stro del duomo di Bressanone), il cui esempio agí a lungoe profondamente sulle elaborazioni dei temi iconografici esulle caratteristiche stilistiche proprie delle botteghe au-toctone operanti nella contea e dedite quasi esclusivamen-te alle decorazioni parietali, prima fra tutte quella di Vin-cencius de Kastua (Kastav, pochi chilometri a nord di Ab-bazia (Opatija) che cosí si firma nell’iscrizione latina data-ta novembre 1474 e apposta alla porta laterale destradella chiesetta di Santa Maria delle Lastre presso Vermo,ponendo la propria preziosa – e sinora unica – autografiaa suggello di uno dei cicli quattrocenteschi piú famosi edintatti dell’intera Istria.Il ciclo di affreschi, voluto dalla Confraternita della BeataMaria Vergine, si dipana su tutte le pareti: in controfac-ciata la celebre Danza macabra, Adamo ed Eva, la Ruotadella Fortuna; sulla parete nord il Corteo dei Magi, in quel-la est, in due registri sovrapposti, l’Ultima cena e i SantiLeonardo, Apollonia, Barbara, Martino, Giorgio tre scene

Storia dell’arte Einaudi

Page 147: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

dalla Passione. La parete sud contiene un registro alto conla Vita di Maria e uno basso con la Vita di Gesú. In talebrulicare di eventi e figure, la loquacità narrativa, sempli-ce e incantata espressa dall’équipe di Vincenzo da Kastuasi richiama particolarmente alle atmosfere e ai modelli diGiovanni da Lubiana, mentre lo stile, la stesura d’impian-to grafico a larghe campiture di colore e spesso le compo-sizioni stesse rimandano ai modelli incisori renani (come ilMaestro E. S.) e fiamminghi che circolavano anche inqueste zone confinarie tra Occidente e Oriente slavo eche permisero per oltre un secolo ai pittori locali di ag-giornare il loro linguaggio e il loro repertorio iconografi-co, nonché di affinare, con lo studio di tali modelli, ilproprio modesto bagaglio tecnico. Purtuttavia rimane sor-prendentemente fresca, cosí come disorganica ed ecletti-ca, la vena combinatoria – piú che inventiva – del mae-stro istriano, popolare e fiabesca nel dettato, accesa nellescelte cromatiche, sintetica e curiosa insieme nei dettagli.Attorno a questo caposaldo stilistico ed iconografico vannoraggruppati altri cicli murali d’area settentrionale. Gli affre-schi della chiesa romanica di Zanigrad (1410 ca.), ove si af-facciano influssi d’ambiente friulano, quelli della paretenord della parrocchiale di Pomjan (metà del Quattrocento),i frammenti di Popetre e Dekani, la volta del presbiterio diGazon (fine secolo), la decorazione della parrocchiale e dellachiesa cimiteriale di Kostabona, quella per Santa Maria aBozje Polje presso Vizinada quella di San Giacomo a Bar-ban (1470-80), la grande Crocifissione della parrocchiale diLovran (1470-79), fino agli affreschi di Santa Maria «delLacuzzo» a Dvigrad, firmati nel 1484 da Johannes Aurificisde Pinguente, maestro che torna ad arricchire di italianismiun bagaglio stilistico ancora kastuano, e che da alcuni critici(Fucic, Stele) è assimilato al cosiddetto Maestro colorista at-tivo nella chiesa di Sant’Antonio della stessa cittadina.Quest’ultimo anonimo affreschista fa parte, con Giovannida Kastua, della seconda generazione di artisti istriani,cresciuta a ridosso della botteghe di Vincenzo. La sua at-tività lo porterà molto a nord, in pieno territorio sloveno,come testimoniano gli affreschi di Senicno e le loro riper-cussioni in quelli di Vrh nad Zelimljani, nei pressi di Lu-biana. Giovanni da Kastua è autore degli straordinari af-freschi che coprono per intero le pareti della chiesa dellaSS. Trinità di Hrastovlje, riapparsi soltanto nel 1960 dasotto lo strato di calce che li aveva occultati fino a quel

Storia dell’arte Einaudi

Page 148: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

momento. Con una iscrizione glagolitica sulla parete nord,Giovanni firma il ciclo, datandolo 1490 ed indicandocome committente il parroco di Kubed, Tomic Vrhovic.La ricchezza iconografica della decorazione parietale, at-tenta ai dettagli d’ambiente e al linguaggio dei gesti, in-tensi, a tratti grossolani, è pari alla spigliatezza e all’estro-versione popolana dello stile, che oltre a richiamarsi aquello di Vincenzo, attinge direttamente dai modelli inci-sori tedeschi e fiamminghi. Nell’abside centrale trovanoposto la SS. Trinità e il coro degli Apostoli; in quelle late-rali, varie figure di santi. La volta della navata centrale èdedicata a scene dal Genesi, assai prossime a quelle delpresbiterio di Pazin, che ne sono d’altronde l’unico mo-dello iconografico possibile in ambito regionale, conside-rata la rarità assoluta di tali illustrazioni in area istriana.Sulle volte delle navate laterali si snoda la rappresentazio-ne del Mesi (presente in Istria soltanto a Sanvincenti eVisnjan). Le pareti sud e ovest mostrano scene della Pas-sione e la Danza macabra, tema già incontrato a Vermo equi egualmente condotto secondo l’iconografia nordica,ma privato in un certo senso di quel tono di dolente edorrorosa meditazione propria a questo soggetto.Sulla parete nord è rappresentato il Corteo dei Magi comea Vermo, esso racchiude, nella zona piú bassa, tra lo scal-pitio degli zoccoli, i passi dei Re e del loro fastoso segui-to, scoppiettanti scenette tratte dal piú tipico repertoriodei bestiari medievali e da quello profano delle cacce.La bottega di Giovanni da Kastua è attiva anche a Gradi-sce e a Podpec (Podgorje?, a sud di Crni Kal) nel 1489.Con la scomparsa di questi maestri l’Istria non sembra piúin grado di alimentare nuovi filoni produttivi, e si affi-derà sempre piú a botteghe di provenienza limitrofa. Peril Cinquecento si può parlare di una relativa prevalenza diartisti croati, attivi sul litorale adriatico ed istriano cosícome nel caso di un tal Tomas od Segnia ovvero Senj, chenel 1511 firma gli affreschi di Nadlesek, presso Stari Trg,in Slovenia, molto vicini a quelli della parete sud del pre-sbiterio di Kubed. Qui e altrove la novità piú appariscen-te si estrae dall’accoglienza di motivi rinascimentali diascendenza italiana, che però si rivela subito come parzia-le e superficiale, confinata spesso alle zone di decoro or-namentale, ad alcune scelte «tonali», a sbilenche prospet-tive di sfondo: stesso fenomeno registrabile in certa pittu-ra dell’arco alpino, tirolese e friulana. Degni di nota sono

Storia dell’arte Einaudi

Page 149: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

gli affreschi della chiesetta di San Rocco a Draguc, firma-ti da Antonio Paduan (dal villaggio istriano omonimo) nel1537, un pittore che venne certamente a contatto conl’arte rinascimentale italiana e padana, ma che resta so-stanzialmente fedele al legato tardogotico sviluppatosi interra d’Istria. A Nova Vas, la chiesa di Santo Spirito con-serva un ciclo firmato da Biaxio Raguseo, anch’esso data-bile alla prima metà del Cinquecento.Per quanto riguarda la produzione pittorica su tavola, bi-sogna affidarsi, come già sperimentato nei secoli prece-denti, alla presenza di opere d’importazione, soprattuttovenete e padane, richieste per il decoro di altari e cappelleo di spazi privati e profani. Tale rimarrà, e per lungotempo, la situazione in Istria. Gli ecclesiastici e i nobiliprovengono d’altra parte, o si sono formati, sotto una cul-tura italiana o austriaca ed è ai rispettivi centri di produ-zione artistica che essi si rivolgono per la realizzazione deipropri programmi decorativi. Per il periodo rinascimenta-le ricordiamo la presenza di una tavola di scuola bellinia-na con la Madonna e il Bambino sull’altar maggiore delduomo di Novigrad; di alcune pale di Vittore Carpaccio(una Sacra Conversazione del 1518 nella chiesa di SanFrancesco a Pirano; un’altra a Capodistria); di Alvise Vi-varini (tavola del 1486 presso la curia di Cres; un Cristocon la Vergine e santi nella sacrestia del duomo di Paren-zo); di Benedetto Carpaccio (Madonna in trono tra i santiLuca e Giorgio, del 1541 presso l’ufficio del Consorzio deiSali di Pirano). Bernardino Parentino, noto per la sua at-tività di affreschista in Santa Giustina a Padova, era nati-vo di Parenzo, ma nulla resta della sua mano in Istria.Una Madonna del Sassoferrato si conserva dietro l’altaredi San Francesco a Pirano, ove anche il coetaneo Lazzari-ni lasciava la tela con la Maddalena e san Giovanni Battista;una pala della scuola del Sassoferrato orna l’altar maggio-re della chiesa di Santa Maria della Neve a Pirano; la me-desima chiesetta possiede una Madonna e santi della scuoladel Tiepolo, e altre due opere di identica cerchia sonosull’altare destro del battistero e nella chiesa di San Mi-chele (Madonna della Cintola) a Pirano. Il municipio dellastessa città conserva una tela della bottega di Tintoretto,rappresentante i Nobili della città che adorano la Vergine.Citiamo infine il nome di Teresa Racchini, una pittriceparentina del Settecento, che illustrò in quattro tele i mi-racoli di san Nicola per la basilica della sua città.

Storia dell’arte Einaudi

Page 150: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

È certamente un panorama alquanto povero che rispec-chia la posizione decentrata e la vita sonnolenta, quandonon misera, dell’Istria dal xvi al xviii secolo, sotto l’am-ministrazione della repubblica veneziana e degli Asburgo,sfruttata economicamente per le sue risorse portuali e mi-nerarie, lasciata in un lungo e monotono abbandono cul-turale. L’epoca barocca, attardatasi sino alle soglie del xix

sec., si contraddistingue per i piú intensi legami che uni-ranno la penisola alla Dalmazia, le cui coste rimangonosotto il controllo veneto, mentre la Croazia è caduta esoffocata sotto dominazione turca. Gli unici sbocchi con-sentiti restano dunque Venezia e Vienna, sede imperialedegli Asburgo. Questi ultimi nel 1719 proclamano Triestee Fiume porti franchi, con immediate ripercussioni bene-fiche per tutta l’economia costiera istriana. In accezioneveneziana o tedesca dovranno dunque leggersi le scarsetestimonianze (quasi tutte, peraltro architettoniche) diquesta fase stilistica: quand’anche pittoriche e «aggiorna-te» esse si sottomettono pervicacemente al gusto gotico-rinascimentale tuttora vivo nei potenziali committenti.Rari i pittori locali, su cui mancano studi approfonditi,mentre gli artisti operanti in zona provengono tutti dalFriuli e dal Veneto; un pittore del primo Settecento, dibuone qualità, come Francesco Trevisani da Capodistria,si recherà a Roma, per trovar lavoro.Oltrepassata la metà del xix sec., le nazionalità croata eslovena cercano faticosamente di recuperare un propriostile autonomo, accostandosi contemporaneamente allepiú incisive avanguardie europee (cfr. lo studio monacensedi Anton A∆bé, sloveno, ove si forma il primo nucleo diimpressionisti jugoslavi, o quello zagabrese di VlahoBukovac, 1855-1922, sensibile agli esiti del secessionismoviennese). L’Istria pare rimanere in bilico tra le propriedue anime: quella slava e quella adriatica, mentre i suoiartisti piú dotati ed esigenti si recano a Lubiana e Zaga-bria, o addirittura all’estero, come Enrico Fonda, emigra-to a Parigi, per formarsi ed operare in ambienti piú stimo-lanti ed aperti. Dopo il periodo fascista e la successiva an-nessione al territorio della repubblica jugoslava, l’Istria èstata divisa in due fasce amministrative, una croata, consede a Pola, e una slovena, con sede a Capodistria checontribuirono a riallacciarla rapidamente ai destini delledue nazionalità jugoslave confederate, e ad affiancare isuoi artisti agli orientamenti figurativi presenti nel paese,

Storia dell’arte Einaudi

Page 151: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

che non soffrí dell’imposizione, programmata in sede poli-tica, di un’unica ortodossia, quella del realismo socialista,cosí come avvenne in altre nazioni dell’Est europeo. Daquesto momento i pittori istriani si dimostrano in gradodi partecipare al dibattito artistico internazionale, nonrinnegando nel contempo le proprie radici e impegnando-si, invece, nei casi piú rappresentativi, a dar voce e so-stanza alla piú intima natura culturale della loro terrad’origine: una terra a vocazione mediterranea, ma percor-sa da venti nordici e da una sensibilità prepotentementeslava.Segnaliamo, tra i centri ove la ricerca espressiva istriana siè concretizzata con piú slancio creativo e con una maggio-re attenzione alle esigenze di dialogo con il pubblico, lacittadina di Albone promotrice di un importante laborato-rio di scultura in pietra, aperto ad artisti di tutto ilmondo e sede di una delle «colonie» pittoriche piú fertilied attive dell’Istria: Quintino Bassani, Josip Diminic,Eugen Kokot, Renato Percan, Vinko Saina, sono tra gliartisti qui nati e ancora attivi con un proprio atelier.(scas).

ItaliaPer la storia pittorica italiana si rimanda alle singole vociregionali. Qui di seguito si dà una traccia della cultura fi-gurativa in I dal 1945 ad oggi, avendo perso di significa-to, a partire dal dopoguerra, ogni scansione localistica.La prima scintilla di un autentico e radicale rinnovamentopostbellico scocca fuori d’I, a Buenos Aires, dove nel ’46,con un gruppo di giovani artisti e studenti dell’accademia,Lucio Fontana redige, senza poi firmarlo, il ManifiestoBlanco. «L’arte moderna si trova in un momento di tran-sizione nel quale si esige la rottura con l’arte antecedenteper dar luogo a nuove concezioni. Questo stato di cose,visto attraverso una sintesi, è il passaggio dall’astrattismoal dinamismo». Postulata un’arte basata «sull’unità deltempo e dello spazio, libera da qualunque artificio esteti-co inventato dall’arte speculativa» e fondata sull’esperien-za quale «unico cammino che conduce ad una manifesta-zione completa dell’essere», cosí conclude perentoriamen-te: «Concepiamo la sintesi come una somma di elementifisici: colore, suono, movimento, tempo, spazio, la qualeintegri un’unità fisico-psichica. Colore, l’elemento dellospazio suono, l’elemento del tempo, il movimento che si

Storia dell’arte Einaudi

Page 152: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

sviluppa nel tempo e nello spazio, sono le forme fonda-mentali dell’arte nuova, che contiene le quattro dimensio-ni dell’esistenza... L’essere si manifesta integralmente,con la pienezza della sua vitalità».Occorrerà attendere tre anni perché a quel proclama se-guano esiti coerenti, della stessa forza assertiva e di paricarica eretica. Tornato in I nel ’47, dove firmerà nei dueanni successivi i primi manifesti dello spazialismo conGiorgio Kaisserlian, Beniamino Joppolo, Milena Milani,Gianni Dova e Antonino Tullier, Fontana esegue nel ’49Concetti spaziali in termini di buchi ed espone alla Galle-ria del Naviglio di Milano Ambiente spaziale con formespaziali ed illuminazione a luce nera, un ambiente comple-tamente buio ma animato da forme luminose sospese.Spiegherà vent’anni dopo, in Autoritratto, libera conversa-zione tra artisti di varie generazioni con Carla Lonzi: «IlManifesto era teorico... trovare una cosa che potesse cor-rispondere al pensiero senza ricorrere ai trucchi. E allora,siccome il quadro di tre dimensioni: primo piano, secondoe terzo, ideali, da Paolo Uccello, dalla prospettiva... piúin là della prospettiva... la scoperta del cosmo è una di-mensione nuova, è l’infinito, allora buco questa tela cheera alla base di tutte le arti e ho creato una dimensioneinfinita, un x che per me è alla base di tutta l’arte con-temporanea... Io buco, passa l’infinito di lí, passa la luce,non c’è disegno di dipingere. Tutti han creduto che io vo-lessi distruggere: ma non è vero, io ho costruito, non di-strutto, è lí la cosa». Se il Manifiesto Blanco auspica l’av-vento di «un’arte maggiore» come superamento di pittu-ra, scultura, musica e poesia, il Concetto spaziale e l’Am-biente spaziale offrono inedite soluzioni a quella «sintesidelle arti» che, nelle ipotesi delle avanguardie, sottomet-teva la pittura alla grande sorella architettura. La sottra-zione del pieno, cioè della materia, dalla tela, affranca perla prima volta la pittura dalla schiavitú della rappresenta-zione bidimensionale mentre la concentrazione del vuotonelle forme luminose ed aeree traduce l’inerzia della spa-zialità volumetrica in esperienza dinamica e polidireziona-ta.«L’Architettura è volume, base, altezza, profondità, con-tenute nello spazio. La quarta dimensione ideale dell’Ar-chitettura è l’Arte», conferma Fontana.Quali vicende attraversano nel contempo il panorama ar-tistico italiano? A differenza del movimento spazialista o

Storia dell’arte Einaudi

Page 153: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

meglio di Fontana che predica e pratica la rottura conl’arte precedente, altri ne inseguono la continuità, quasi aritessere le fila che un ventennio di oscurantismo avevadrasticamente interrotto.Il dibattito riprende dunque intorno alla polarità, di ma-trice idealistico-crociana, forma-contenuto, astrazione-fi-gurazione. Comune ai due fronti è l’opposizione alla reto-rica del Novecento, l’anelito ad una dimensione interna-zionale, una coscienza morale e politica maturatasi neglianni di lotta al fascismo. Se gli astrattisti, come vedremo,separano nettamente l’ambito politico da quello artistico,altri ne tentano invece una impossibile conciliazione.Già in Corrente, il movimento che dal ’38 coagula intor-no alla rivista «Vita giovanile» diretta da Raffaele DeGrada, artisti come Renato Birolli, Bruno Cassinari, Re-nato Guttuso, Ennio Morlotti, Giuseppe Migneco, AligiSassu, Ernesto Treccani ed Emilio Vedova, pensatori, fi-losofi e letterati quali Edoardo Persico, Enzo Paci, Lucia-no Anceschi e Sandro Bini, la pressione degli eventi e ilcomune impegno antifascista costituiscono il cemento perposizioni sostanzialmente antitetiche. Se infatti De Gradaammonisce: «Preoccupiamoci, oltre che dei mezzi di lin-guaggio, anche del processo civile nella sua complessitàperché i rapporti del fatto arte col fatto totale siano piúchiari», ribadendo dunque l’imprescindibilità del legame,Birolli cosí controbatte: «Coscienza morale dell’artistanon è porre la base per una statua bifronte recanteun’iscrizione a caratteri di bronzo in omaggio al tempo ealla definizione storica». Un diverbio che si traduce sulpiano formale nella contrapposizione tra una opzioneespressionista in continuità con la tradizione romanticafrancese ed una, solo apparentemente piú coraggiosa, diderivazione cubista. Il Manifesto di pittori e scultori, redat-to nel ’43 da Treccani e Morlotti e mai pubblicato, sanci-sce la temporanea vittoria della scelta cubista. «Siamocontrari alla metafisica... siamo contrari al surrealismo...siamo contrari all’espressionismo... siamo contrari alla pit-tura della domenica, dei contemplativi... ci ripugna labella cornice e il “pezzo di pittura”... ci riconosciamo sol-tanto in amore e odio. Picasso con Guernica pone talequestione. Riconosciamo nell’atteggiamento di Picasso unsuperamento dell’intimismo e del personalismo degliespressionisti. Vediamo riflessa nelle tele di Picasso non lasua lotta particolare ma quella della sua generazione. Le

Storia dell’arte Einaudi

Page 154: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

immagini di questo pittore sono provocazione e bandieradi mille uomini». In Picasso dunque gli artisti trovano latanto auspicata mediazione tra le ragioni del quadro el’espressione di contenuti etici e civili.E da questo punto riprende, nell’immediato dopoguerra,il dibattito artistico. Nel ’46, gli artisti e i critici che si ri-trovano a Milano dopo la Liberazione, da Morlotti a Ve-dova, da Testori a Dova e Peverelli, sottoscrivono il Ma-nifesto del realismo, altrimenti nominato Oltre Guernica,pubblicato sulla rivista «Numero» fondata l’anno prece-dente. «Realismo non vuol dire naturalismo o verismo oespressionismo, ma il reale concretizzato dell’uno quandodetermina, partecipa, coincide ed equivale con il realedell’altro... I mezzi espressivi sono: linea e piano anzichémodulato e modellato; ragioni del quadro e ritmo anzichéprospettiva e spazio prospettico, colore in sé, nelle sueleggi e prerogative anziché tono, ambiente, atmosfera». Èsintomatico della piega che di lí a due anni prenderannogli eventi il fatto che artisti come Ernesto Treccani eFranco Francese e un critico come Mario De Micheli,tutti protagonisti dell’imminente movimento realista, ri-fiutino di firmare il Manifesto. Nella scelta cubista chedilagherà per tutto il decennio si riconoscono invece Re-nato Guttuso, Giulio Turcato e Corrado Cagli a Roma eArmando Pizzinato a Venezia. Se si considera che il Ma-nifiesto Blanco e il Manifesto del realismo sono contempora-nei, colpisce lo scarto tra una posizione di radicale rinno-vamento e una di sostanziale continuità, tra la rotturadello spazio canonico e la riproposizione, in versioni piú omeno mimetiche, della pittura come schermo rappresenta-tivo del reale. Eppure, nell’ambiente ufficiale retorico econformista quelle stesse opere dovevano apparire ereti-che, a giudicare dallo scandalo provocato dalla Crocifissio-ne di Guttuso esposta nel ’42 al IV Premio Bergamo odallo scalpore suscitato däll’apparizione alla Biennale del’48 del Fronte nuovo delle arti.Costituitosi a Venezia nel ’46 con Giulio Turcato, Giu-seppe Santomaso, Antonio Corpora, Armando PizzinatoRenato Guttuso, Emilio Vedova, Lorenzo Viani, RenatoBirolli, Ennio Morlotti, Leoncillo e Antonio Franchina,sotto il patrocinio critico di Giuseppe Marchiori, il Fron-te ritenta, e per l’ultima volta, l’operazione unitaria diCorrente, di conciliare cioè le ragioni politiche con quellestilistiche. «Essi intendono avvicinare a una prima base di

Storia dell’arte Einaudi

Page 155: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

necessità morale le loro singolari affermazioni nel mondodelle immagini, assommandole come atti di vita. Pittura escultura, divenute cosí strumento di dichiarazione e di li-bera esplorazione del mondo, aumenteranno sempre piú lafrequenza con la realtà», recita ambiguamente il manife-sto costitutivo. È il Partito comunista italiano, nel qualemolti degli artisti si sentono idealmente o praticamenteimpegnati, a decretarne questa volta il fallimento: la mo-stra ospitata nel ’48 nella sede dell’Alleanza della Culturaa Bologna è stroncata direttamente da Togliatti come«esposizione di orrori e di scemenze». Alla chiamata araccolta del partito ormai all’opposizione, rispondonoquanti, a partire da Guttuso, credono nella priorità delleragioni sociali su quelle formali. Saranno i protagonisti diRealismo, il cui omonimo organo di diffusione uscirà sin-tomaticamente fino al ’56, alla nuova lacerazione provoca-ta dall’invasione sovietica dell’Ungheria. Si distinguonotra loro, oltre ai già noti Guttuso, Francese, Treccani ePizzinato, anche Giuseppe Zigaina, Lorenzo Vespignani,Ugo Attardi e Omiccioli.Su posizioni antitetiche troviamo invece, insieme a Birol-li, tutti quelli che premono per una ricerca di carattereastratto e di respiro europeo. Non senza ambiguità. «Essinon sono e non vogliono essere astrattisti; essi non sono enon vogliono essere realisti; si propongono di uscire daquesta antinomia... essi rimangono fedeli al principio cheuna pittura vale innanzitutto per le sue forme, le sue lineee i suoi colori»: cosí, tornato in Italia nel ’45 dopo l’esilioamericano, Lionello Venturi commenta, nella monografiauscita nel ’52 in occasione della Biennale di Venezia, il la-voro di Afro, Birolli, Corpora, Mattia Moreni, Morlotti,Santomaso, Turcato e Vedova, transfughi astratti delFronte, ora riuniti nel Gruppo degli Otto e che tra breveritroveremo nella vicenda informale. È paradossalmenteproprio nello studio romano di Guttuso che s’incontrano igiovani Carla Accardi, Ugo Attardi, Pietro Consagra,Piero Dorazio, Lorenzo Guerrini, Achille Perilli, AntonioSanfilippo e Giulio Turcato, fondatori, nel ’47, del grup-po Forma, prima vicenda autenticamente astratta del do-poguerra, in ideale continuità con quella milanese e coma-sca degli anni ’30. Nello stesso anno in cui su «Politecni-co» Elio Vittorini pubblica il coraggioso articolo Suonareil piffero per la rivoluzione, essi decretano che «la forma èmezzo e fine» e che «marxismo» e «astrattismo» non co-

Storia dell’arte Einaudi

Page 156: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

stituiscono polarità antinomiche. Maestri riconosciuti Va-silij Kandinskij, cui è dedicato l’omaggio su «Forma 2»,Henri Matisse, Hans Arp e Alberto Magnelli, incontrati oconosciuti attraverso le opere durante i frequenti viaggi aParigi.Anche in ambito strettamente astratto, quale si offre nelledue grandi mostre Arte astratta in Italia nel ’48 alla Galle-ria di Roma e, tre anni piú tardi, in quella Arte astratta econcreta in Italia alla gnam di Roma, non mancano però lepolemiche.«Gli astrattisti pongono il problema della forma in modocompletamente diverso dal nostro e, mentre per noi laforma, per la sua appartenenza alla realtà, è consideratanel suo ambiente quindi interesse plastico per la luce e lospazio, per gli astrattisti al contrario la forma ha valore insé estraendola quindi da ogni problema spaziale e lumini-stico», spiega Perilli in Astrattisti a Milano pubblicato su«Forma 1». Occasione del diverbio è la Mostra interna-zionale d’arte astratta e concreta ospitata nel ’47 al Palaz-zo reale di Milano, tra i cui promotori c’è proprio MaxBill, teorico, dopo Van Doesburg, del concretismo. Mae-stri quali Paul Klee, Georges Vantorgerloo e Vasilij Kan-dinskij espongono accanto agli astrattisti degli anni ’30come Manlio Rho e Luigi Veronesi. Tra gli altri, ci sonoanche Gillo Dorfles e Bruno Munari che, insieme a Gian-ni Monnet e Atanasio Soldati, fonderanno l’anno succes-sivo a Milano il Movimento Arte Concreta.Rigorosamente antinaturalista nelle premesse ligio alleformulazioni astratto-geometriche di Mondrian e VanDoesburg, acceso sostenitore della sintesi delle arti in ac-cezione costruttivista e neoplastica, il Mac è in realtàassai meno conseguente sul piano realizzativo. Sugli orga-ni di stampa del movimento - dal bollettino «Arte concre-ta» a «Documenti d’arte d’oggi» fino ad «AZ» - comenell’attività espositiva – alla libreria Salto e poi allo Stu-dio d’architettura B24 di Milano –, si registra l’assenza diuna poetica unitaria e la disponibilità a contributi plurimi,compresi gli astrattisti di Forma e Lucio Fontana cuiviene attribuita, nel fascicolo di «Documenti» del dicem-bre ’51, la visione spaziale piú moderna.Se i manifesti redatti nel ’52 – del macchinismo, dell’artetotale, sul disintegralismo o sull’arte organica – rivelanouna visione avveniristica e totalizzante dell’arte non alienada suggestioni futuriste, a partire dall’anno successivo, con

Storia dell’arte Einaudi

Page 157: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

la morte di Soldati e l’elezione di Munari alla presidenza,prevarrà invece la componente piú strettamente funziona-lista, a favore della sintesi delle arti e dell’incontro conl’industria. Tra le due posizioni estreme, una vasta gammadi ipotesi pittoriche, astratte ma non necessariamente geo-metriche. È Dorfles a testimoniare tale apertura quando,proprio mentre il Mac si scioglie per fondersi nel ’55 con ilgruppo francese Espace, proclama, nel saggio Organicitànell’astrazione: «Noi crediamo che l’unico settore dell’artecontemporanea che riveli delle precise caratteristiche diautonomia sia proprio quello “astratto-organico”, quellocioè che ha saputo scegliere i nuovi pattern formali in strut-ture mai prima indagate. Arte intimamente legata alla“realtà” del nostro tempo (ad una realtà biologica, scienti-fica, meccanica) e non ad una imitazione naturalistica dienfatiche scene politiche socialiste».Abbiamo detto di «AZ - Arte oggi» come di uno degli or-gani di diffusione del Mac. Fondato nel ’49 da Mario Bal-locco, esso nomina per la prima volta nell’articolo di no-vembre dell’anno successivo, il gruppo Origine, la cui no-vità consiste nell’«attingere alla piú ingenua, libera, pri-mordiale natura», secondo una visione, quindi, nuova-mente aliena da aprioristiche formulazioni geometriche. Ilgruppo, formato da Giuseppe Capogrossi, Mario Ballocco,Alberto Burri e Ettore Colla, che nel ’52 diventerà Fon-dazione Origine sostenuta dalla rivista «Arti visive», sicostituisce in realtà dopo la clamorosa personale di Capo-grossi alla Galleria del Secolo di Roma nel 1950. Intro-dotto da Corrado Cagli, con il quale collaborava sin dal1930, l’artista rivela la repentina ed inattesa svolta astrat-ta nell’invenzione di un segno, da allora cifra distintiva,che, ripetuto in infinite fogge e colori, costruirà lo spazioe scandirà il tempo delle sue superfici.Nello stesso anno Burri licenzia tre opere profetiche:Nero catrame, Sacco e Gobbo. Con esse, il quadro si eman-cipa definitivamente dalle pastoie astratto-figurative,quindi rappresentative, per identificarsi con la materia dicui è costituito. Una materia assunta allo stato originario,con la sua storia, che l’artista ancora compone e dove ilcolore, violento e drammatico asseconda strappi e lacera-zioni. I Catrami, che Burri inizia nel ’48 e che esponenella prima mostra di Origine del ’51 nello studio di Collaa Roma, sono i primi quadri monocromi dove lo stesso co-lore – il nero – è ora lucido ora opaco mentre la materia

Storia dell’arte Einaudi

Page 158: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

umile del catrame è stesa con diverse intensità e spessori.Con Gobbo, invece, costruito inserendo legno o metallotra il telaio e la tela, Burri spinge al massimo le potenzia-lità della superficie, traducendo la tridimensionalità illusi-va in quella reale. I presupposti contenuti nel manifestodi Origine come la «rinuncia ad una forma scopertamentetridimensionale», il colore in funzione espressiva «peren-toria e incisiva», la fine della «compiacenza decorativa»dell’astrattismo, sono dunque realizzati. Non solo. Il mo-nocromo, l’identificazione dello spazio con la materia e latela sagomata costituiscono la lezione che Burri trasmet-terà alla generazione successiva, a Piero Manzoni, a Sal-vatore Scarpitta o a Pino Pascali. Artisti che inizieranno alavorare al volgere di un decennio che lo ha messo all’in-dice, tra l’incomprensione critica – con l’eccezione dipoeti come Libero De Libero, Leonardo Sinisgalli e Emi-lio Villa – e l’ostruzionismo dei canali espositivi ufficiali -nella Biennale del ’52 è relegato nella sezione della graficadove espone Studio per strappo acquistato da Fontana. Nelcorso degli anni ’50, dunque, nelle sedi istituzionali comela gnam di Roma e la Biennale di Venezia e in quelle pri-vate – dall’Art Club fondato nel ’45 sotto l’egida di Enri-co Prampolini alla Galleria del Secolo, da Il Milione allaGalleria del Naviglio – si moltiplicano le esposizioni diarte astratta, sostenute da riviste come «Spazio», «Nume-ro», «Aut Auf», edite nel ’50 e dedicate all’arte modernae alla sintesi delle arti.Nel ’54 il critico francese Michel Tapié, che tre anniprima aveva patrocinato a Parigi le due mostre Véhémen-ces confrontées e Les signifiants de l’informel e pubblicatol’anno successivo Un art autre, nel presentare Capogrossialla Biennale di Venezia lo definisce «pioniere dell’Infor-me Generalizzato», accomunandolo a Jackson Pollock,Georges Mathieu, Serpan e Sam Francis. Il termine, lar-gamente diffuso nella seconda metà del decennio fino anominare una nuova accademia, intende riunire tuttequelle ricerche che, lungi da ipotesi naturalistiche oastratte, aboliscono ogni distanza tra l’artista e la realtà,tra l’opera e il suo autore, per affidarsi a una immediatez-za espressiva, emotivamente partecipata, tradotta in rapi-da gestualità e forte accentuazione materica. Come lo de-finisce Harold Rosenberg nel ’52 a proposito della vicen-da astratto-espressionista americana, il quadro divienel’arena dove si svolge l’azione del dipingere.

Storia dell’arte Einaudi

Page 159: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Sul numero 3 del «Verri», rivista fondata e diretta da Lu-ciano Anceschi nel ’56, dedicato all’informale, UmbertoEco ne parla come di «opera aperta, metafora epistemolo-gica» in un mondo in cui la discontinuità dei fenomeni hamesso in crisi l’immagine unitaria e definitiva, in cuil’ambiguità del segno abolisce la dicotomia fondo-figura,un’opera infine ad alto grado di «informazione» per lasua struttura «improbabile, ambigua, imprevedibile, di-sordinata». Sotto questo termine, però, quasi nuova cate-goria di giudizio, si son volute costringere personalità e ri-cerche diverse e contraddittorie come testimonia la mo-stra bolognese L’informale in Italia dell’83, accomunate,come sembra, solo dal rifiuto di una progettualità di stam-po concreto. Quella mostra è dedicata a Francesco Arcan-geli, il critico bolognese che nel ’54 pubblicava su «Para-gone», rivista fondata nel ’50 da Roberto Longhi, il sag-gio dal titolo Gli ultimi naturalisti seguito, tre anni dopo,da Una situazione non improbabile. Artisti di area lombar-do-padana quali Ennio Morlotti, Pompilio Mandelli, Ser-gio Vacchi, Vasco Bendini e Mattia Moreni, «ritentano lanatura ma la sua proposizione sfugge alla misura intellet-tuale... La visione naturale non è piú una sensazione daadeguare all’opera, ma è un’impressione che subito l’emo-zione stravince». Transfughi di Corrente, del Fronte e delGruppo degli Otto, molti di essi ripropongono però lestesse ambiguità quando, dietro la libera gestualità e lealte paste cromatiche, riaffacciano una spazialità di stam-po illusionistico.In ambito informale viene unanimemente ricondottaanche la vicenda del movimento nucleare. «I nucleari vo-gliono abbattere tutti gli “ismi” di una pittura che cadeinvariabilmente nell’accademismo, qualunque sia la suaorigine. Vogliono e possono reinventare la pittura. Leforme si disintegrano: le nuove forme dell’uomo sonoquelle dell’universo atomico, le forze sono cariche elettro-niche. La bellezza ideale coincide con la rappresentazionedell’uomo nucleare e del suo spazio». Il tono messianicodel primo manifesto, firmato a Enrico Baj e Sergio Dan-gelo nel ’52, sembra ripercorrere per la sua radicalità letematiche che informano i manifesti degli Spazialisti; conessi condividono l’urgenza di adeguare i mezzi dell’artealle conquiste della scienza. Con la differenza fondamen-tale che la rifondazione da essi auspicata concerne il soloterreno della pittura nel quale comunque, come spiega

Storia dell’arte Einaudi

Page 160: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Tristan Sauvage nella monografia del ’62, quelle premessenon trovano riscontri coerenti. «Hanno voluto distrugge-re la pittura e si sono trovati in un mondo da incubo. Unavolta disintegrata, hanno tentato di ricomporre la pittu-ra», commenta Enrico Brenna nella presentazione-manife-sto per la mostra Prefigurazione ospitata non a caso nelloStudio B24 di Milano, già sede del Mac. Dietro la liberaorganizzazione della materia si riaffaccia infatti ben pre-sto un tipo di figurazione di suggestione surrealista.Ma l’importanza del movimento nucleare non risiedetanto nelle realizzazioni pittoriche quanto nell’acceso e di-sinvolto sperimentalismo, nei contatti a livello internazio-nale, nell’aver costituito polo di aggregazione per quantiguideranno il rinnovamento artistico nel decennio succes-sivo. Sin dal ’51 Dangelo instaura rapporti con il gruppoCobra che esporrà per la prima volta in Italia alla Gall.Schwarz di Milano nel ’54, nello stesso anno in cui i nu-cleari aderiranno al Movimento Internazionale per unaBauhaus Immaginista, diretto da Asger Jorn in antitesialla omonima scuola aperta a Ulm da Max Bill. Nel ’55, lamostra Il Gesto alla Gall. Schettini di Milano, organizzatain collaborazione con la rivista «Phases» di Parigi, segnalala presenza di Fontana, del gruppo Cobra, di artisti giap-ponesi e, come precursori, di Sebastian Matta e MaxErnst. Quel titolo assumerà da allora l’organo di diffusio-ne del movimento che uscirà fino al ’59.Due manifesti cruciali accompagnano la lenta dissoluzionedella vicenda nucleare: Per una pittura organica, del giugno’57, è firmato, oltre che da Angelo Verga e Ettore Sordi-ni, anche e per la prima volta da Piero Manzoni. «Il qua-dro è il nostro spazio di libertà in cui reinventiamo conti-nuamente la pittura nella continua ricerca delle nostre im-magini prime». Quelle che lo stesso Manzoni compone,accompagnandole a titoli dai caratteri tipografici, nelleopere nucleari del ’56-57. Tra i molti che sottoscrivono ilmanifesto, di due mesi successivo, Contro lo stile, ci sonoanche Yves Klein e Pierre Restany. Il tono non lasciascampo. Se l’impressionismo ha liberato la pittura dal sog-getto convenzionale, se il cubismo, il futurismo e l’astrat-tismo hanno eliminato l’imperativo della necessità rappre-sentativa, «noi nucleari denunciamo oggi l’ultima delleconvenzioni – lo stile. Noi ammettiamo come ultime pos-sibili forme di stilizzazione le “proposizioni monocrome”di Yves Klein: dopo di ciò non resta che la tabula rasa o i

Storia dell’arte Einaudi

Page 161: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

rotoli di tappezzeria di Capogrossi. Noi affermiamo l’irri-petibilità dell’opera d’arte e che l’essenza della stessa siponga come “presenza modificante” in un mondo che nonnecessita piú di rappresentazioni celebrative ma di presen-ze». Le carte sono tutte in tavola. Nello stesso anno, allaGall. Apollinaire di Milano, Yves Klein presenta in ante-prima mondiale 12 proposizioni monocrome con la presen-tazione di Restany, mentre Piero Manzoni opta per la«tabula rasa» dei primi Achromes. Nel ’58, mentre si con-clude la vicenda spazialista Fontana licenzia i primi Con-cetti spaziali con i tagli e l’anno successivo, mentre i nu-cleari promulgano il Manifesto di Napoli contro l’astratti-smo, firmato anche dai futuri animatori del Gruppo 63,quali Nanni Balestrini, Leo Paolazzi ed Edoardo Sangui-neti, «Il Gesto» pubblica il quarto ed ultimo fascicolo de-dicato all’Arte Interplanetaria.C’è un’ultima vicenda su cui vale soffermarsi per la suavitale duplicità: pur in ambito informale, Pinot Gallizioassume un atteggiamento denigratorio e dissacrante neiconfronti della pittura e piú in generale dell’opera d’arte.Chimico, farmacista, ecologo torinese, attivo nel Labora-torio sperimentale di Alba frequentato da Fontana, aderi-sce nel ’57 all’Internazionale Situazionista fondata daJorn, dove si coagulano esponenti del Bauhaus Immagini-sta e del Gruppo Lettrista francese, già fondatoredell’«Urbanesimo unitario» per la riappropriazionedell’ambiente. Nel ’58, alla Gall. Notizie di Torino diret-ta da Luciano Pistoi, Gallizio espone i primi rotoli di Pit-tura industriale, alcuni buttati a terra, altri affissi alle pare-ti, altri indossati da modelle e visitatori. L’intento è disottrarre aura di sacralità all’opera d’arte: prodotta inquantità industriale, venduta a metraggio, dunque infla-zionata, essa perde cosí ogni valore commerciale e vanifi-ca le leggi del mercato capitalistico, calpestata, indossata,lacerata, è disponibile per chiunque ne voglia fare uso. Loscopo è dichiarato nel Manifesto della pittura industriale –Per un’arte unitaria applicabile, pubblicato ad Alba nel ’59:«Bisogna dominare la macchina ed obbligarla al gestounico, inutile, antieconomico, artistico per creare unanuova società antieconomica, ma poetica, magica, artisti-ca. Tutto questo nuovo comportamento umano sarà ungioco e l’uomo vivrà tutta la sua vita per gioco», dove lavalenza politica assume, come per Jorn, una forte conno-tazione ludica. Nello stesso anno, alla Gall. Drouin di Pa-

Storia dell’arte Einaudi

Page 162: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

rigi, Gallizio allestisce la Caverna dell’antimateria, un am-biente completamente tappezzato di pittura industriale.Solo un anno prima, sempre a Parigi, Yves Klein avevaproposto nella galleria di Iris Clert una soluzione ambien-tale antitetica: nella mostra Il Vuoto ogni opera era assen-te e lo spazio, completamente bianco, impregnato dello«stato sensibile pittorico». Horror vacui e, agli antipodi,anelito al vuoto e alla pura dimensione spirituale, si ri-scontrano anche nelle ipotesi urbane dei due artisti: allaSocietà d’arte di Gallizio, tutta dipinta, Klein contrapponeL’architettura dell’aria eretta con elementi naturali.Il monocromo come azzeramento del pittoricismo infor-male e apertura alle infinite possibilità della superficiecome pure la desacralizzazione dell’opera d’arte e il suoavvicinamento allo spazio dell’esperienza, sono le temati-che nuove che accompagnano il volgere del decennio.Solo sintomi, ancora, se all’intorno, in sedi pubbliche eprivate, l’informale raggiunge proprio allora la sua consa-crazione: nel ’56 gli «ultimi naturalisti» espongono allaBiennale di Venezia presentati da Arcangeli, mentre inquella del ’60 i premi sono assegnati a Emilio Vedova eHans Hartung. Nel padiglione degli Stati Uniti trionfanoinvece gli espressionisti astratti, da Willem De Kooning aFranz Kline, da Jackson Pollock a Mark Tobey, presenteper la prima volta nel ’56. Anche a Roma, durante l’inte-ro decennio meta per gli artisti americani, visitati a lorovolta da pittori quali Afro e Toti Scialoja, le situazioni dipunta espongono quella componente astratto-espressioni-sta che, ad una incontrollata gestualità, predilige una ca-sualità organizzata o un assolutismo cromatico. Cosí,mentre Tapie, Sweeney, e Venturi fondano a Roma laRome - New York Art Foundation nel ’57, La Tartarugaorganizza l’anno successivo le personali di Kline e CyTwombly, in Italia dal ’57. La gnam allestisce invece nel’58, sotto la direzione di Palma Bucarelli, la retrospettivadi Pollock seguita, due anni piú tardi, da quella di MarkRothko.A raccogliere però i fermenti innovativi, i primi cenni diradicale superamento dell’accademia informale furono, aMilano tra il ’59 e l’anno successivo, la rivista e la Gall.«Azimuth», fondate e dirette da Enrico Castellani e PieroManzoni, pubblicata in due fascicoli la prima, attiva inuna messe di esposizioni la seconda. Esattamente diecianni dopo i primi Concetti spaziali, «Azimuth» ne racco-

Storia dell’arte Einaudi

Page 163: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

glie la lezione e, anziché vedere nel maestro spazialista unprotagonista dell’informale, lo addita come padre del suosuperamento dedicandogli, a firma di Guido Ballo, l’arti-colo di fondo del primo numero Oltre la pittura, commen-tato dalle foto di opere segnate da buchi e tagli. Un nu-mero di ricognizione che registra una situazione in fieri,molte le presenze significative a livello internazionale:Target with plaster casts di Jasper Johns che, presente perla prima volta in Italia nella Biennale del ’58, teneva pro-prio nel ’59 la prima personale alla Galleria del Naviglio eMonogram di Robert Raushenberg ai cui combine-paintingsLa Tartaruga dedicava una mostra lo stesso anno, attesta-no uno spostamento d’interesse dall’espressionismo astrat-to al new dada, al superamento cioè della dicotomia traopera e oggetto della sua rappresentazione. È riprodottonaturalmente un monocromo blu di Yves Klein, un decol-lage di Mimmo Rotella, opere cui l’artista attendeva sindal ’54 e, inoltre, lavori di Heinz Mack e Otto Piene chenel ’58 avevano fondato a Düsseldorf il Gruppo Zero.C’è anche un’opera di Gastone Novelli che, definitiva-mente a Roma dal ’55, inizia quel sodalizio con AchillePerilli che si concretizzerà nel ’57 nella fondazione di«L’esperienza moderna». Nelle opere del ’59, come quellapubblicata su «Azimuth», si placa l’irruenza gestuale delleprove precedenti e dalla materia cromatica gessosa e calci-nata, ad evocare la superficie del muro, emergono segni,graffiti e lettere di «un alfabeto ancora da inventare».Manzoni e Castellai sono presenti con opere interlocuto-rie il primo, con un Achrome imbevuto di caolino, di sicu-ra ascendenza burriana – proprio nel ’57 l’artista umbroesponeva alla Galleria del Naviglio Due camicie – mentreil Senza titolo di Castellani è una tela rigonfia sottolineatada fili. Il testo di Yoshaki Tono Spazio pieno e spaziovuoto arricchisce l’opzione monocroma: «Non si può forsedire oggi che anche in pittura si cerca il margine dellospazio, la presenza pregna del vuoto?... Lo spazio biancodella carta era, per i cinesi e i giapponesi antichi, la sor-gente di tutte le possibilità della creazione... La plasticitàè il risultato dell’interpretazione drammatica del vuoto edell’essere. Il bianco è un utero straordinariamente fecon-do dal quale nascono tutte le cose. Non è mai una compo-nente dell’opera». L’affinità con l’aspirazione di Kleinche di lí a un anno compirà il Salto nel vuoto, è evidente.«Perché non vuotare questo recipiente? Perché non libe-

Storia dell’arte Einaudi

Page 164: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

rare questa superficie? Perché non cercare di scoprire ilsignificato illimitato di uno spazio totale, di una luce purae assoluta? Un quadro vale solo in quanto è, essere totale:non bisogna dir nulla, essere soltanto... superficie unica,illimitata, assolutamente dinamica: l’infinibilità è rigoro-samente monocroma, o meglio ancora di nessun colore»,conferma Manzoni in Libera dimensione che, insieme aContinuità e nuovo di Castellani, Una nuova concezione dipittura di Udo Kultermann e L’oscurità e la luce di OttoPiene, compone il secondo fascicolo di «Azimuth». Unnumero tematico dedicato alla Nuova concezione artistica,come la mostra omonima in cui espongono Kilian Breier,Castellani, Oskar Holweck, Klein, Mack, Manzoni eAlmir Mavignier. Le poetiche si chiariscono mentre le te-matiche si focalizzano. Castellani crea già le Superfici a ri-lievo dove «un’entità elementare, linea, ritmo indefiniti-vamente ripetibile, superficie monocroma, è necessariaper dare alle opere stesse concretezza d’infinito e subirela coniugazione del tempo, sola dimensione concepibile,metro e giustificazione della nostra esistenza».L’opera riprodotta di Manzoni è un Achrome, ma a strut-tura regolare e senza spessore materico, mentre alla mo-stra espone già Le linee e i Corpi d’aria. Arrotolata e con-tenuta in un barattolo su cui è specificata la sua lunghez-za, la linea non si può vedere ma solo pensare: «Qui nonesiste piú nemmeno il possibile equivoco del quadro: lalinea si sviluppa solo in lunghezza, corre all’infinito,l’unica dimensione è il tempo». Se Castellani, irriducibileiconoclasta, non abbandona la superficie monocroma mane sonda ossessivamente le infinite possibilità ritmiche eluminose, Manzoni tenta la rifondazione del processo arti-stico, a partire dal suo artefice. Ripone al centro l’artista,non metaforicamente come faceva l’informale, ma fisica-mente prima, con le Impronte e la Merda d’artista, e con-cettualmente poi quando, attraverso il suo potere demiur-gico, cose, persone e persino il mondo posto sulla Basemagica, si trasformano in arte.«Non si tratta di formare, di articolare messaggi. Non c’ènulla da dire: c’è solo da essere, c’è solo da vivere», sen-tenzia, anticipando cosí le due grosse componentidell’arte degli anni ’70 come il «concettuale» e la «perfor-mance».Per tornare ad «Azimuth», Udo Kultermann, che proprionel ’60 patrocinerà a Leverkusen la fondamentale rasse-

Storia dell’arte Einaudi

Page 165: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

gna Monochrome Malerei invitando come italiani Fontana,Dorazio, Scarpitta, Castellani, Francesco Lo Savio e Man-zoni, auspica non già una «nuova concezione artistica»ma, ancora, una «nuova concezione di pittura» e sembraaccennare anche alle nascenti ricerche ottico-percettive:«Meta prima dell’artista è la mobilità del quadro cheaiuta a creare uno spazio in cui l’osservatore penetra.Questo non ha niente a che fare con “profondità spazia-le” ma piuttosto con “attività spaziale”».Proprio a Milano, nel ’59, il manifesto Miriorama sotto-scritto da Giovanni Anceschi, Davide Boriani, GianniColombo e Gabriele De Vecchi, costituisce l’atto di fon-dazione del Gruppo T e propone diversa soluzione allastessa urgenza di superare l’informale. «Consideriamo larealtà come continuo divenire di fenomeni, che noi perce-piamo nella variazione... è necessario che l’opera stessasia in continua variazione». Fondate sulle leggi psico-fisi-che della visione, le opere partono da unità formali mini-me e geometriche che si complicano via via attraverso ilmovimento, percettivo e meccanico, fino a coinvolgere lospettatore nel processo formativo dell’immagine. Accetta-no l’opzione astratta ma la oggettualizzano, traducendo ilmovimento virtuale di forme e colori in movimento reale,e la aggiornano, per accogliere con ottimismo le propostedi collaborazione con il mondo della produzione. Una dia-lettica tra «forma» e «indeterminazione» come accennaUmberto Eco nel sottotitolo di Opera aperta edito nel ’62,e come ribadirà, in occasione della mostra tenutasi nellostesso anno al Centro Olivetti di Milano, il cui titolo Arteprogrammata diverrà poi canonico. Nel ’60, quando ilGruppo T tiene alla Gall. Pater di Milano la prima mo-stra Miriorama – la prima di dodici, fino al ’62 – AlbertoBlasi, Ennio Chiggio, Toni Costa, Edoardo Landi e Man-fredo Massironi fondano a Padova il Gruppo N doveansia sperimentatrice e istanze politiche sono assai piú ac-centuate. Essi professano infatti, come farà contempora-neamente anche il Groupe de recherche d’art visuel a Pa-rigi, l’anonimato e il lavoro di gruppo. Sarà proprio l’im-possibilità di risolvere la contraddizione tra fiducia nellosviluppo industriale e coscienza dell’alienazione implicitanei suoi meccanismi a decretare, nel ’64, la fine di quellavicenda. Tali movimenti, variamente definiti nel corsodegli anni ’60 «ghestaltici», «programmati», «neocostrut-tivisti», «cinetici» e «op», troveranno momenti di con-

Storia dell’arte Einaudi

Page 166: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

fronto internazionale nelle Biennali Nuove tendenze a Za-gabria, a partire dal ’61. Esse registreranno la progressivainvoluzione di una ricerca il cui mordente iniziale cede ilpasso a una sorta di accademia «ottico-cinetica» o, nel mi-gliore dei casi, a un impegno professionale nel campo deldesign.Abbiamo detto della presenza su «Azimuth», alla Galleriadel Naviglio o alla Tartaruga, di Jasper Johns, RobertRaushenberg e Mimmo Rotella. Nel 1960, alla Gall.Apollinaire di Milano, con la quale collabora sin dal ’56,Pierre Restany, già firmatario nel ’57 del manifesto Con-tro lo stile, espone il Manifesto del nouveau realismo. Fir-matari: Yves Klein, Arman, Raymond Hains, DanielSpoerri, Martial Raysse, Jean Tinguely, Villeglé, Cesar e,appunto, Mimmo Rotella. «Cosa proponiamo? L’appas-sionante avventura del reale colto in sé e non attraverso ilprisma della trascrizione concettuale o immaginativa... I“nuovi realisti” considerano il mondo come un quadro, lagrande opera fondamentale... il mondo del prodotto stan-dardizzato e dell’affiche... il significato universale delframmento è uguale a quello dell’insieme, è la parte per iltutto». I manifesti strappati e ricomposti di Hains e Ro-tella, le compressioni di Cesar, le accumulazioni diArman, i «quadri-trappola» di Spoerri, gli inarrestabilimeccanismi di Tinguely, «aboliscono la distanza abusivacreata dal giudizio categorico tra contingenza generaleobiettiva e urgenza espressiva individuale». Il manifestopubblicato a Milano nel ’61 A quaranta gradi al di sopra didada s’incarica di spiegare la distanza tra le due poetiche:«Il ready made non è piú colmo della negatività e della po-lemica ma l’elemento base di un nuovo repertorio espres-sivo. Questo è il nuovo realismo: un modo piuttosto di-retto di rimettere i piedi in terra, ma a 40° sopra lo 0dada». Primo tra i firmatari, nel cui studio il movimentosi era costituito, Yves Klein doveva riconoscersi a stentoin quella poetica, lui che proprio l’anno prima quei piedili aveva sollevati per compiere il Salto nel vuoto. Nel ’60,del resto, alla mostra Il vuoto, tenutasi due anni primaalla Gal. Iris-Clert a Parigi, Arman e Raysse contrappon-gono Il pieno, saturando lo stesso spazio di oggetti di ognisorta.Alla soglia del nuovo decennio, dunque, tutte le temati-che che per la prima volta girano le spalle all’informaleruotano intorno alla vicenda di «Azimuth»: l’azzeramento

Storia dell’arte Einaudi

Page 167: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

monocromo, il nuovo astrattismo ottico-cinetico, il nuovorealismo di carattere oggettuale. E attraverso «Azimuth»passano anche gli sporadici rapporti tra Milano e Roma,altro polo vitale della penisola. È Leo Paolazzi, infatti,ospite sul primo numero della rivista, a presentare nel’59, alla Gall. Appia antica di Roma diretta da EmilioVilla, attento rivelatore di fermenti e talenti, AgostinoBonalumi, Enrico Castellani e Piero Manzoni. L’anno se-guente toccherà invece a Restany di introdurre, nella mo-stra Cinque pittori Roma 1960 alla Gall. La Salita, FrancoAngeli, Tano Festa, Francesco Lo Savio, Mario Schifanoe Giuseppe Uncini. I cinque artisti, che avevano esorditol’anno precedente alla Gall. L’Appunto, erano stati salu-tati da Villa «tra le rare ed energetiche, giovanili testimo-nianze di una imminente ribellione al vizio corsivo odier-no, ecumenico, delle pitture colorate di pletoricomagma». Una situazione disomogenea e in fieri, al di làcomunque dell’informale: Uncini presenta Cemento-arma-to dove la materia è ancora brada e disaggregata; Schifanoi primi monocromi grondanti di pittura; Angeli sagome dicalze strappate e poi velate; Festa monocromi scanditi dastrisce di carta igienica mentre Lo Savio, che proprio nel’60 terrà la prima personale alla Gall. Selecta, gli Spaziluce, dove la vibrazione cromatica della superficie apre ilcolloquio discreto con lo spazio ambientale.La ragione fondamentale della distanza tra i due centri ri-siede nella differenza delle aree di riferimento: mentreMilano è in contatto con l’Europa – soprattutto Francia eGermania – Roma guarda agli Stati Uniti. Le migrazioniche abbiamo registrato nel corso degli anni ’50 s’intensifi-cano nel decennio successivo: Scarpitta nel ’59 torna aNew York e inizia a esporre da Leo Castelli; Schifano vicompie il suo primo viaggio nel ’62; Ileana Sonnabendpensa inizialmente a Roma come base europea e, nel ’63,espone Schifano nella galleria parigina. Solo per citarepochi esempi. Senza considerare che le riviste internazio-nali certificano e fomentano l’esplosione della Pop Art, lapoetica piú adeguata a registrare od esorcizzare il dilagaredella civiltà dei consumi. Quando allora gli schermi diAngeli, di Festa o di Schifano si popolano di immagini odi simboli, sono in molti, tra artisti, galleristi e critici, agridare alla colonizzazione.«I giovani romani, – distingue invece Cesare Vivaldi sulnumero 12 del “Verri” a proposito della Giovane scuola di

Storia dell’arte Einaudi

Page 168: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Roma, cui si sono aggiunti nel frattempo Umberto Bignar-di, Giosetta Fioroni, Jannis Kounellis, Sergio Lombardo,Renato Mambor e Cesare Tacchi, – hanno quale minimodenominatore comune il modo “mediato” di volgere losguardo alla realtà visibile. Il repertorio pop è assentedalle loro tele e i soggetti che vi si possono leggere nonsono insegne stradali, bottiglie di Coca Cola, manifestipubblicitari, barattoli, etichette, giornali, personaggi dei“fumetti”, bensí paesaggi, nudi, persone, oggetti, magarisimboli... Lo sguardo dei nuovi artisti è oggettivo e insie-me naturalistico, spietato e lucido, senza espressionismi,senza soggettivismi e senza sbavature sentimentali, “me-diato” attraverso il piú apparentemente freddo e anonimoe impassibile degli strumenti ottici, l’obiettivo fotografi-co». Coca Cola di Schifano, in effetti, è scritta sempreparziale, inquadrata e angolata; i simboli di Angeli, nonsolo affiancano al dollaro la lupa e l’aquila ma sono dram-maticamente incombenti, mentre le finestre di Festa apro-no su citazioni michelangiolesche. Per non parlare di Kou-nellis, i cui Alfabeti, esposti per la prima volta nel ’60 allaTartaruga, rifiutano l’unità della scrittura e spezzano, ca-povolgono e impaginano liberamente le lettere, attentepiú allo spazio che al messaggio. Ma la distanza non è solonella scelta dei soggetti; come sostiene Maurizio Calvesi,«essi assumono l’oggetto testualmente ma lo volgono a unpolo “neo-metafisico” integrandolo con la dimensionepoetica». Il confronto è inevitabile a Venezia, alla Bien-nale del ’64 quando proprio Calvesi invita Angeli, Festa,Schifano, Fioroni e Titina Maselli ad esporre nella sezio-ne «Gruppi di opere». Roma è ancora culla, negli stessianni, di un nuovo seppur non innovativo movimento. Nel1960, all’Attico, Enrico Crispolti e Roberto Sanesi pre-sentano Possibilità di relazione, primo embrione di quella«nuova figurazione» che troverà la sua consacrazionenella mostra omonima alla Strozzina di Firenze nel ’63.L’esegesi che commenta le opere di artisti come ValerioAdami, Rodolfo Aricò, Concetto Pozzati, Emilio Tadini,Bepi Romagnoni, Guido Strazza, Sergio Vacchi e TinoVaglieri, è oltremodo confusa e contraddittoria: si rifiutal’accademia informale ma nello stesso tempo se ne indivi-dua e preserva la vitalità nella «responsabilità del reale»mentre alla vena malinconica e introversa di quella poeti-ca si contrappone la «possibilità di relazione». Gli esiti,una «nuova possibilità figurale come integralità umana,

Storia dell’arte Einaudi

Page 169: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

veramente realista, rapporti o relazioni effettive, reali,esistenziali», sono disarmanti. Il timore di «cristallizza-zioni mentali» conduce ad una figurazione eclettica nellastruttura linguistica, una miscela di suggestioni baconiane,surrealiste, informali.Edoardo Sanguineti, che proprio nel ’63 è tra i fondatoridel Gruppo 63 a Palermo, individua acutamente, nell’inter-vento sul numero 12 del «Verri» dedicato a Oltre l’informa-le, la nascita della nuova figurazione in ambito nucleare,proprio nella mostra Prefigurazione ospitata nello StudioB24 di Milano esattamente dieci anni prima. I confini stes-si della ricerca non sono ben delineati se si prescinde dalcomun denominatore dell’antiastrattismo: nella mostra diFirenze sono convocati anche Gastone Novelli, MimmoRotella e Mario Schifano mentre in Aspetti dell’arte contem-poranea organizzata sempre nel ’63 a l’Aquila da AntonioBandera ed Enrico Crispolti, gli omaggi vanno addiritturaa Corrado Cagli e Lucio Fontana.Il XII Premio Lissone del ’61 offre lo spaccato della situa-zione, in quattro sezioni presentate da Giulio CarloArgan, Umbro Apollonio e Pierre Restany. Pittori infor-mali ed espressionisti astratti occupano, insieme a Burri,Capogrossi e Fontana, i Valori rappresentativi, sorta di ca-postipiti. Una panoramica di tendenze dall’astrattismostorico alla nuova figurazione, impegna le Rassegne dellapittura italiana e internazionale dove compaiono ancheKlein e Kounellis; le Nuove Poetiche sono divise tra DadaUsa e Nuovi Realisti mentre le ricerche esordienti sonoconfinate nella Sezione informativo-sperimentale aggiuntivaalla rassegna italiana, per giovani artisti italiani. È qui cheincontriamo Angeli, Festa, Lo Savio e Uncini; il GruppoN e T; il Gruppo Milano 61 con Bonalumi, Castellani,Dadamaino e Manzoni e, per la prima volta, Giulio Paoli-ni il cui Senza titolo è una tela bianca monocroma sospesa,sotto polietilene, ad un telaio di legno attraverso alcunifili.Appuntamento cruciale è, nel ’63, la Biennale di San Ma-rino Oltre l’informale, seguita dal Convegno internaziona-le di Verrucchio che ne raccoglie e prolunga le polemiche.La prudenza informa gli interventi degli organizzatori, apartire da quello di Argan, presidente delle commissioni,quando precisa che il titolo della rassegna è semplicemen-te indicativo di una continuità storica. Sono posti in rilie-vo sostanzialmente tre indirizzi di ricerca. La novità, in

Storia dell’arte Einaudi

Page 170: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

campo gestaltico, è la presenza del Gruppo Uno, costitui-tosi a Roma l’anno precedente con Gastone Biggi, NicolaCarrino, Nato Frascà, Achille Pace, Pasquale Santoro eGiuseppe Uncini dove le operazioni ottico-cinetiche sullasuperficie non ricorrono mai a congegni meccanici. LaNuova figurazione, con la paternità di Karel Appel, èsempre piú agguerrita mentre il Nuovo realismo riproponei suoi protagonisti. Significativa, a livello internazionale,la presenza di Jules Olitsky, Kenneth Noland e MorrisLouis, animatori di quella che Clement Greenberg nomi-nerà l’anno successivo a Los Angeles Post painterly abstrac-tion. I «cinque pittori romani» sono ormai fuori dalla fasemonocroma: Angeli con Cimitero francese, esposto nellostesso anno alla Tartaruga, dove svastiche, croci e stelle siallineano lugubri su fondo nero, Festa con Armadio e Laporta rossa; Schifano, infine, con Incidente, in mostraanche alla Gall. Odyssia con l’introduzione di Calvesi eVivaldi. Presente Kounellis con 3 «Alfabeti»; assenti in-vece Paolini e Lo Savio che, come Manzoni, morirà nelcorso dell’anno.I premi conferiti ex aequo al Gruppo T e al Gruppo Zerosanciscono la vittoria della posizione critica di Argan a fa-vore del lavoro di gruppo, ulteriormente motivata negliarticoli apparsi sul «Messaggero» tra agosto e ottobre ’63,proprio alla vigilia del convegno di Verrucchio. Contrap-ponendo la ricerca gestaltica a quella oggettuale, cosí sen-tenzia: «Se il “realismo d’oggetto” colpisce la produzioneindustriale al termine del consumo e la corrente “gestalti-ca” al principio della progettazione, bisogna riconoscereche la manovra a tenaglia dell’arte si sviluppa per ora soloagli estremi dell’arco produttivo della società di oggi.L’arte assiste alla nascita e alla morte, non partecipe dellavita funzionale e dell’esistenza sociale dell’oggetto».La conclusione è apocalittica: «Siamo di nuovo al proble-ma della morte dell’arte, alla profezia di Hegel che nonpuò avverarsi come una sublimazione nella scienza, essen-do la scienza stessa in pericolo di morte, come la mortedella civiltà e della cultura». L’insistenza con cui caldeg-gia la preminenza del momento critico, progettuale e col-lettivo su quello individuale e creativo, scatena la protestaimmediata degli artisti, soprattutto romani, la mozionefirmata, tra gli altri, da Carla Accardi, Piero Dorazio, Ga-stone Novelli, Achille Perilli e Toti Scialoja, cosí decreta:«Noi neghiamo che chiunque possa fare storia prima che

Storia dell’arte Einaudi

Page 171: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

storia sia fatta». Tra quanti trascinano la polemica controla dittatura critica sulle pagine dell’«Avanti», spicca lapersonalità di Carla Lonzi, già attiva alla Gall. Notizie egià collaboratrice del «Marcatre», la prestigiosa rivista in-terdisciplinare fondata e diretta nel ’63 da Eugenio Batti-sti. Con largo anticipo sui tempi, la Lonzi denuncia ilruolo del mercato e delle gallerie nell’indirizzare la criticae decide, senza esitare: «L’atto critico completo e verifi-cabile è quello che fa parte della creazione artistica». è le-cito distinguere nuovamente.Sul modello della Biennale di San Marino, infatti, il di-battito artistico si polarizza intorno al binomio ricerchecinetico-visuali – che trovano nella mostra The responsiveeye al moma di New York nel ’65 la loro consacrazioneinternazionale – e oggettuali. Ne fanno fede le moltepliciesposizioni a confronto come L’arte attuale in Italia, ospi-tata nel ’65 alla gnam di Roma, Tendenze confrontate aNapoli l’anno successivo o, nel ’67, L’impatto percettivoad Amalfi, presentate alternativamente da FilibertoMenna, Cesare Vivaldi e Alberto Boatto. Sarà sempreCalvesi ad invitare i rappresentanti delle due tendenzealla Biennale del ’64 e a quella successiva.Carla Lonzi tenta, invece, negli stessi anni, un approccioantitetico: rinnega il suo ruolo istituzionale per una iden-tificazione totale della militanza critica con quella artisti-ca. È del ’69 Autoritratto, raccolta di conversazioni, a par-tire dal ’65, e per quattro anni, con quattordici artisti di-versi per età, storia e poetica, di cui salvaguarda il tono li-bero, frammentario e colloquiale, alieno da specialistichesistematizzazioni. «Questo libro non intende proporre unfeticismo dell’artista ma richiamarlo in un altro rapportocon la società negando il ruolo, e perciò il potere, del cri-tico in quanto controllo repressivo sull’arte e gli artisti, esoprattutto in quanto ideologia dell’arte e degli artisti incorso nella nostra società». Il titolo, di totale identifica-zione, è già prova di autenticità e specchio dei tempi. Lacopertina è sintomaticamente dedicata a Concetto spaziale.Attese di Lucio Fontana; è ancora l’artista a chiudere conun saluto ironico la serie di anomale riproduzioni chepunteggiano il testo con opere ma, soprattutto, con fotod’epoca degli artisti ritratti tra zii nonni e fratelli. Il tonodelle conversazioni è animato e partecipe, preoccupatoforse per le responsabilità e le scelte che gli eventi socialiimpongono anche agli artisti. Incontriamo della vecchia

Storia dell’arte Einaudi

Page 172: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

guardia Giulio Turcato e Carla Accardi, ex protagonisti diForma, e Mario Nigro, una volta attivo nel Mac. Sorpren-de del primo la colta ed anticonformista capacità di spa-ziare su tematiche politiche e poetiche; della Accardi laattonita ed entusiasta presa di coscienza femminista, men-tre Nigro, involuto e angosciato per la resa dello Spaziototale e del Tempo totale sulla tela, prende le distanze dalvecchio contesto, «Natura morta di figurazioni geometri-che». Cy Twombly, piú volte provocatoriamente chiama-to in causa dalla Lonzi, tace eloquentemente; non cosíSalvatore Scarpitta, appassionato costruttore di automobi-li, che cosí legge il passaggio dalle tele fasciate precedenti:«Invece di applicare il tubo di scappamento al quadro,l’ho rimesso dove stava prima». Particolarmente attentoai mutamenti di costume appare, infine, Mimmo Rotellache narra di test Erotico-surrealisti e di Spettacoli-verità.A passare la mano ai giovani è, però, nuovamente Fonta-na, teso e categorico, attento a rivendicare il portato dellesue invenzioni e furioso contro gli usurpatori come Vedo-va, «il primo elettricista d’Italia». Se «Azimuth» esordivanel ’59 con l’omaggio a Fontana, a distanza di dieci anniil maestro ne riconosce la paternità: «Incomincia ad esse-re valido Klein quando fa tutto blu, che è una dimensio-ne... Lui l’ha intuito lo spazio, però, te lo dico, quelli pro-prio che l’hanno capito siamo io e Manzoni: Manzoni conla linea all’infinito e io col buco».Per assumersi, subito dopo, quella dei nuovi protagonisti:«Forse i giovani fanno quello che tu volevi fare, che nonsei riuscito perché i tempi non erano maturi, li hai forseintuiti... Una trasformazione sulla fine del quadro, dellapittura: l’arte portata in un fatto ormai strutturale, manon in senso costruttivo, strutturale in senso filosofico...Il manifesto spazialista parla chiaro, dunque siamo arriva-ti a quello che io volevo fare». Tra quei giovani ci sonoPino Pascali, Luciano Fabro, Jannis Kounellis e GiulioPaolini. A differenza degli artisti piú anziani, l’istanza po-litica si salda in loro con quella estetica e si traducenell’insistente quesito sul ruolo dell’artista, sui modi dellarifondazione del processo creativo, a partire da un rappor-to rinnovato con la realtà. «Per me atteggiamento esteticoè quando viviamo attraverso una cosa quando la viviamoe non quando la subiamo soltanto... Bisognava ricomin-ciare da capo. Smantellati gli elementi del figurativo pote-vo uscire quieto a guardare le cose. E queste non mi inte-

Storia dell’arte Einaudi

Page 173: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

ressavano piú a livello emozionale, ma per il loro valoreconoscitivo», spiega Fabro. Nel ’65, alla prima personalealla Gall. Vismara di Milano, espone Buco, una lastra divetro riflettente con al centro una zona irregolare traspa-rente: «Non è un problema di forma... Un buco può esse-re trovato anche da un cieco che ignora la forma ma rie-sce a situarlo. Intervengono tutti i nostri sensi per pren-dere possesso di una situazione. Io l’esperienza non la fac-cio col quadro, la faccio vivendo, guardando le cose». Iltitolo dell’opera – piú tardi Fabro userà anche Concettospaziale – confessa una paternità poetica: la trasparenza ela continuità spaziale che Fontana additava nel gesto radi-cale del buco, del taglio o del groviglio luminoso sospeso,si concretizza ora nell’esperienza diretta dello spazio fisi-co; il buco costituisce non piú un pensiero, un atto men-tale, ma la messa a fuoco del campo visuale.«C’è un atteggiamento comune nei riguardi della nascitadi un’opera; tutti e due la consideriamo come un momen-to di grazia. Naturalmente tu, Paolini, mi sembra ti fermiun momentino prima. Il tuo quadro è sempre il momentoultimo prima del momento di grazia». Cosí Fabro si rivol-ge al suo interlocutore privilegiato. La risposta di Paoliniè lucida e lapidaria: «La complessità di elaborazione dicerti miei lavori arriva a fermarsi sempre un gradino sottola supposta semplicità dell’opera... Appena piú in quadella semplicità c’è tutto, insomma, i meccanismi, le rea-zioni, i pensieri».Disegno geometrico del ’60, le tele rovesciate e concentri-che del ’62, memori delle bandiere di Jasper Johns; il ba-rattolo di vernice posato sul telaio e, nella prima persona-le alla Gall. La Salita nel ’64, le tavole di compensato ap-poggiate alla parete, denunciano l’impossibilità dell’opera,per esporne solo la fase preliminare, gli strumenti del me-stiere, un allestimento sempre in fieri. In Delfo o in Mo-nogramma del ’65, poi, intorno a cui si discorre in Autori-tratto, l’artista è dietro o vicino al supporto, tela o parete,ma a braccia conserte o pietrificato nell’attimo in cui alzail braccio impugnando il pennello.All’intelligenza colta e sottile di Paolini che sfiora l’imma-gine solo per rendere percepibile l’idea, Pascali contrappo-ne una generosa e travolgente vitalità, una instancabilesperimentazione sui materiali e le loro combinazioni, gui-date dalla struggente nostalgia per un rapporto armonicotra uomo e natura, quale la società tecnologica ha definiti-

Storia dell’arte Einaudi

Page 174: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

vamente annientato ma che la grande rappresentazionedell’arte può rievocare. «Le mie cose sono sempre al difuori, mai al di dentro. Anche i cannoni: importante perme è che sembrassero cannoni... è la finzione che deter-mina automaticamente l’identificazione con una certa im-magine, una certa parola sul vocabolario, cannone, scultu-ra, Brancusi». Le Armi, che seguono i giganteschi e prote-si Frammenti di donna esposti per la prima volta alla Tar-taruga nel ’65, esordiscono l’anno successivo alla galleriadi Enzo Sperone a Torino, aperta nel ’64. Si tratta dienormi giocattoloni il cui «interno» è assemblaggio diparti differenti ma il cui «esterno» le uniforma mimandole vere armi. Le «finte sculture», animali e mare presenta-ti in due tempi all’Attico lo stesso anno, sono invece alie-ne da intenti mimetici: rinoceronti, giraffe, serpenti e di-nosauri monchi o decapitati invadono lo spazio come atto-ri di uno zoo immaginario ma verosimile, mitico ma tangi-bile: «Io non credo che uno fa le mostre nelle Gallerie,uno fa le Gallerie, uno crea quello spazio che è il propriospazio». Al punto che il «Finto mare» in moduli di legnoaggregabili o quello successivo «Vero» decidono con illoro ingombro la fruibilità dello spazio espositivo.«Mi piaceva il gesto che fa quello lí: andare la mattina,che esce, a dar da mangiare agli uccelli»; cosí, scherzosa-mente, Kounellis spiega alla Lonzi il quadro, esposto nel’67 all’Attico e venduto a un musicista, dove una forestadi rose nere di stoffa attaccate alla tela con automatici èincorniciata da dodici gabbie di uccelli vivi. Dopo leprove con le lettere e i numeri, che anelano a vincere lospazio della tela per avvolgere, come nella performancealla Tartaruga nel ’60, l’artista mentre scrive cantando,Kounellis, insofferente ad ogni codificazione, ricerca«un’unità tra te e il mondo. Io credo che la realizzazionedel socialismo può produrre una unità di questo tipo...Cambiare l’arte coincide con il cambiare le situazioni...Poetica significa unità». Nel quadro sopra descritto, èproprio la cornice, in genere limite inerte, ad animarsi,contrapponendo la natura vera degli uccelli a quella fintadelle rose e costringendo il proprietario ad intervenirequotidianamente sull’opera per alimentarla. «Un duplice econseguente rifiuto, concettuale e manuale, della mimesi edella pittura», osserva Boatto.Sempre nel ’67, all’Attico, la mostra Lo spazio degli ele-menti: fuoco, immagine, acqua, terra, costituisce una prima

Storia dell’arte Einaudi

Page 175: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

messa a punto delle nuove ipotesi. «Acqua, fuoco, terra,aria erano i principi della materia vivente, in sostanzacomponevano un’allegoria della vita. E certo qui è chiarala convergenza tra arte e vita: convergenza ma non iden-tità... Il dialogo principale è tra immagine e realtà, spazioe ambiente, materia e forma... Lo sconfinare dello spazioformale nell’ambiente e il mutarsi delle rappresentazioniin presenza, corrispondono alla sostituzione di uno spazioretrospettivo con uno spazio flagrante, evocato alla puraattualità», spiegano i curatori Boatto e Calvesi. Kounellisespone Margherita di fuoco, un fiore di ferro che vive nellospazio sprizzando fuoco dalla corolla; la natura vera, incontinua trasformazione, colloquia nuovamente con lastruttura rigida del fiore, allo stesso modo dei 9 mcd’acqua di Pascali accolti in contenitori definiti.Alla «ricostruzione della natura» è dedito anche il torine-se Piero Gilardi i cui Tappeti natura erano stati esposti daSperone l’anno precedente. Quei rotoli di fiori e frutta,paziente e fedele ricostruzione in polistirolo, ricordanoforse la Pittura industriale di Gallizio nell’atteggiamentoambivalente nei confronti della civiltà industriale. A dif-ferenza di Kounellis e Pascali, infatti, dove l’assunzionedegli elementi primordiali simboleggia una diversa condi-zione dell’uomo, i soffici e invitanti tappeti di Gilardisembrano decretare l’irreversibilità del processo tecnologi-co invitando però a goderne le possibilità pur illusorie efittizie.«Quando la nostra immagine si riflette nello specchio au-tomaticamente veniamo catturati e coinvolti nello spaziooltre il quadro. Siamo entrati nella dimensione deltempo». Michelangelo Pistoletto, che nel ’63 aveva espo-sto alla Gall. Galatea di Torino le prime superfici spec-chianti, presenta all’Attico Due figure al balcone, due sa-gome serigrafate applicate a uno specchio: sagome che, inquanto immagine, appartengono al passato, pur vivendo,immobili e sospese, lo stesso spazio dove si riflette il pre-sente mutevole e che un futuro continuerà a dinamizzaree attualizzare.Lo spazio degli elementi anticipa di pochi mesi i due grandieventi espositivi dell’anno: Lo spazio dell’immagine al Pa-lazzo Trinci di Spoleto e Arte povera e IM Spazio alla Gall.La Bertesca di Genova. Se la mostra romana sanciva ildefinitivo abbandono della parete per lo spazio, a Folignogli artisti sono invitati dagli organizzatori – da Apollonio

Storia dell’arte Einaudi

Page 176: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

ad Argan, da Calvesi a Germano Celant, da Kultermann aDorfles – a realizzare «un ambiente plastico spaziale»,quindi fruibile, come già l’anno precedente aveva propo-sto la mostra da Sperone Arte abitabile. L’omaggio, inutiledirlo, va, oltre a Colla, nuovamente a Fontana: compressotra le due fonti di luce dell’ingresso e dell’uscita, lo spaziobuio del suo ambiente è completamente risucchiato, comegià nel ’49 alla Galleria del Naviglio, dai percorsi luminosie irregolari che tratteggiano invisibili pareti.Antitetica la soluzione di Castellani: l’Ambiente bianco,dove la circolarità spaziale accelerata dagli angoli smussatiasseconda i ritmi martellanti delle superfici, punta non giàall’abrogazione dello spazio nel vuoto, ma alla sua massi-ma dilatazione, in una totalità spazio-temporale irreale eossessiva.Varia la provenienza degli altri artisti e diverso il loromodo d’interpretare il tema. C’è chi ha costruito nuovispazi, chi ha rispettato e solo commentato quelli dati, chi,infine, li ha occupati al punto di renderli inservibili.Larga la partecipazione dei gruppi cinetico-visuali cheestendono in realtà allo spazio la dinamicità percettivasondata sulle superfici creando, in virtù di fonti luminosein movimento, un forte effetto disorientante.«Guardo ancora la porta chiusa e mi sembra che in quelmomento dietro non ci sia piú né il corridoio né tutto ilresto della casa. Che se l’aprissi in quell’attimo vedreisolo un grande cielo azzurro pieno di nuvole bianche»,cosí Festa commenta Il cielo dipinto su pannelli sconnessiche approfondiscono la tematica delle porte e finestre.Della «giovane scuola romana» è inoltre presente, con letre scatole concentriche Cento Uccelli, Mario Ceroli – chealla Biennale dell’anno precedente aveva proposto CassaSistina. Degli artisti incontrati sulle pagine di «Autoritrat-to» e poi alla mostra Lo spazio degli elmenti all’Attico, ri-troviamo Pascali, Gilardi e Fabro. Se i primi due ripro-pongono Il mare in metri cubi e i Tappeti natura, inedita èla soluzione di Fabro: In cubo è proprio uno spazio cubicoma antropometrico, progettato cioè a misura dell’artistaperché possa continuamente verificarne i limiti e struttu-rato in modo da far permeare dall’esterno luce e rumori.Esattamente come in Buco, Tondo e rettangolo o Mezzospecchiato mezzo trasparente. A rendere invece impraticabi-le lo spazio è Il tubo di Eliseo Mattiacci, un lunghissimo eaggrovigliato serpente di alluminio giallo.

Storia dell’arte Einaudi

Page 177: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

«Cosa sta succedendo? La banalità sale sul carro dell’arte.La presenza fisica, il comportamento, nel loro essere edesistere sono arte. Le sorgenti strumentali del linguaggiosono sottoposte a una nuova analisi filologica. Rinasconoe con esse rivive un nuovo umanesimo... Il cinema, il tea-tro e le arti visive si pongono come antifinzione, voglionoregistrare univocamente la realtà e il presente. Approdanoa un tipo di arte che, mediando un termine dalle ipotesiteatrali di Grotowsky, ci piace chiamare povera... Il pro-cesso linguistico consiste nel togliere, nell’eliminare,nell’impoverire i segni. Siamo in periodo di decultura».Nel settembre ’67, dunque, il proclama di Germano Ce-lant, già allievo di Eugenio Battisti all’università di Geno-va, costituisce l’atto di fondazione dell’Arte povera.Abbiamo già incontrato quasi tutti gli artisti che espongo-no alla Bertesca nella mostra Arte povera e IM Spazio. «Laconstatazione materica sale sull’altare con Pascali e Kou-nellis», il primo con 2 mc di terra, il secondo con La carbo-niera dove il fuoco è ormai allo stadio terminale. AlighieroBoetti, che proprio nel ’67 esordisce alla Gall. Stein diTorino, espone Catasta, non già «mucchio di segni ma isegni dell’accumulo». «Lo spazio di Prini può e deve na-scere dovunque e all’improvviso. Lo spazio diventa scenae platea insieme», sostiene Celant a proposito del Perime-tro d’aria animato contemporaneamente da luci e suoni.Il procedimento tautologico, dunque, quale primo stru-mento di comprensione e possesso del reale, sembra pre-siedere alle prove iniziali di questi artisti. Non li anticipadel resto Manzoni quando sancisce che «la linea è linea eil quadro è quadro»? Si tratta in realtà di un livello assaipiú complesso di quello constatativo. Se la terra e il maredi Pascali o ii fuoco, i cactus, il pappagallo di Kounellissono veramente quello che dicono di essere, propongonoperò entrambi un rapporto con la realtà, la storia o ilmito, non piú metaforico, ma direttamente esperito. PerFabro, poi, tautologia, termune che spesso ricorre nei suoititoli, è «una specie di circumnavigazione della propria co-scienza e della propria esperienza». Pavimento, tautologia,che espone a Genova, infatti, alcuni fogli di giornale di-sposti sul pavimento, ricorda il suo paese, dove le donnepulivano il pavimento e lo coprivano poi per non farlosporcare. «Per questo modo di considerare il lavoro e dipreservarlo, non per ostentazione, ma come fatto priva-to». Per Paolini, invece, è centrale la coincidenza dell’idea

Storia dell’arte Einaudi

Page 178: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

con la sua immagine. «In passato intitolavo i miei lavoricon delle immagini. Oppure, recentemente, il titolo cheavrei dovuto scrivere sul retro del quadro è arrivato a co-stituire il quadro stesso». Come in Lo spazio o Dove, le cuilettere si dispongono sulle facce di un cubo o sul pavimen-to. Come non ricordare allora che nel ’65, a New York,Joseph Kossuth aveva ideato One and three chairs, decre-tando l’equivalenza tra immagine e parola come primopasso verso l’abrogazione dell’immagine stessa?Sul numero 5 di «Flash Art», rivista fondata e diretta nel’67 da Giancarlo Politi, un nuovo grido di battaglia, daltitolo inequivocabile: Arte povera. Appunti per una guerri-glia. L’artista è a un bivio, avverte Celant, o sceglie di vi-vere all’interno del sistema accettandone i linguaggi codi-ficati o di porsi in antagonismo, per progettarsi libera-mente. «Da un lato un atteggiamento ricco, che imita emedia il reale, che crea la dicotomia tra arte e vita,dall’altro una ricerca “povera” tesa all’identificazioneazione-uomo... L’artista da sfruttato diventa guerrigliero,vuole scegliere il luogo di combattimento, possedere ivantaggi della mobilità, sorprendere e colpire». È palese,nei contenuti come nella terminologia, l’indentificazionecon i soggetti sociali che in altre sedi si battono per glistessi ideali.Abolite le barriere tra le discipline, artisti, operatori diteatro e di cinema rifiutano il loro ruolo per partecipare aqualsiasi titolo all’utopia collettiva. Bastino pochi esempi.Alcuni, come Ceroli, Bignardi, Kounellis e Paolini, colla-borano alle scenografie di Ronconi, Ricci e Quartucci;altri, vedi Pistoletto, fondano compagnie teatrali come«Lo Zoo»; altri ancora, come Schifano, Angeli e Luca Pa-tella, producono film sperimentali spinti dalla necessità diregistrazione e informazione; altri, come Fabio Mauri, sidedicano alle performances, altri, infine, come Gilardi, ab-bandonano l’attività artistica per la militanza politica.Il terremoto investe, naturalmente, anche l’attività esposi-tiva. Mentre sono contestati i luoghi deputati come lebiennali, le gallerie si trasformano in scenari per azionispettacolari, come l’esposizione di dodici cavalli di Kou-nellis all’Attico nel ’69.Tre esposizioni, tra il ’67 e il ’70, esplicitano il clima: Contemp l’azione, curata da Daniela Palazzoli nel ’67, si svol-ge contemporaneamente nelle tre gallerie torinesi Stein,Sperone e Il Punto, o, meglio, lungo i percorsi che le col-

Storia dell’arte Einaudi

Page 179: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

legano: un filo rosso unisce i luoghi a 160 m di altezzamentre la palla di giornali di Pistoletto rotola al suolo.Tra le nuove presenze, Mario Merz, Giovanni Anselmo eGilberto Zorio. «Per lui la pittura mi pare fosse un eserci-zio di idee, piú che il fatto di fare il pittore... Quantofosse piú importante l’idea che la pratica della pittura,questa era allora una cosa stranissima e molto molto giu-sta per un artista di oggi» cosí Merz onora il grandeamico Pinot Gallizio, sicuro riferimento nelle primeprove, già esposte nel ’54 alla Gall. La Bussola di Torinoe, otto anni dopo, presentate da Carla Lonzi alla Gall.Notizie: agavi, foglie e alberi, grumi cromatici in crescita.Nelle tre mostre torinesi del ’67 espone oggetti comunicome Impermeabile, trafitti però dal neon che li vitalizzacreando un flusso energetico verso l’esterno.Se Anselmo è già coinvolto dagli equilibri precari, daquell’energia che si accumula nell’attimo di sospensionetra due movimenti, Zorio anticipa, con le strutture chemutano colore, l’indagine sulle reazioni tra i materiali acontatto.Il Teatro delle mostre, ospitato alla Tartaruga di Roma nel’68, è titolo tautologico: venti mostre di altrettanti artistisi succedono infatti in altrettanti giorni nello stesso spa-zio. «Non è l’accadere, non è il succedere, non è l’happe-ning, ma è il succedersi che interessa, la successione noncome flusso ma come processo, ritmo», spiega Calvesi neltitolare il saggio introduttivo proprio Arte e tempo. Soloqualche rappresentazione. Nell’accecante spazio biancocreato da Angeli abbassando il soffitto e appostando unamacchina da presa, Castellani dispone il Muro del tempo:otto metronomi che battono contemporaneamente e finoad esaurimento i loro tempi diversi.Attraverso un foro nella porta della galleria si spia la ca-mera da letto di Giosetta Fioroni mentre Emilio Prini,che condivide lo spazio con Paolo Icaro, legge i nomidelle persone incontrate nel viaggio da Genova, raccoltiin un grande sacco. Se Renato Mambor imballa un uomoin una cassa di legno – il suo aspetto solenne ricorda quel-lo di Che Guevara – Ceroli allestisce un percorso che cul-mina in una parete di ghiaccio. Nanni Balestrini trascrivesulle mura gli slogan degli studenti della Sorbona mentreFabio Mauri riempie la stanza di perlinato di polistirolodove ci si adagia come sul terreno lunare. Nell’ambientecompletamente vuoto, infine, Paolini appende

Storia dell’arte Einaudi

Page 180: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Autoritratto, dove Henri Rousseau, con la tavolozza inmano, si mostra tra la folla di Autoritratto capeggiata daFontana e dalla Lonzi.Per Amore mio a Montepulciano, invece, organizzata nel’70 da Achille Bonito Oliva, gli artisti, tra i quali si di-stinguono Colombo, Fabro, Kounellis, Mauri, Tacchi eMaurizio Nannucci, si convocano reciprocamente. Nel’68, mentre l’Arte povera è in ascesa – si moltiplicano lemostre personali e collettive a Bologna, Amalfi, da Spero-ne, Stein, Deposito d’Arte Presente o L’Attico – a Vene-zia e a Kassel si svolge il confronto internazionale. Pisto-letto e Pascali declinano l’invito alla Biennale, con con-vinzione il primo, con riluttanza Pascali che morirà nelcorso dell’estate. Tra le presenze americane è da segnalarea Venezia quella di Donald Judd, tra i fondatori della Mi-nimal Art, mentre a Documenta 4 partecipa Robert Mor-ris, teorico dell’antiform. Si delinea cosí, come dato carat-terizzante questi anni frenetici, la compresenza od il rapi-do avvicendamento di tendenze contraddittorie o antiteti-che. Se l’arte minimal, infatti, consacrata nel ’66 dallamostra Primary Structures al Jewish Museum di New York,propugna geometrie essenziali, autoreferenziali, seriabili eindustriali, la mostra Eccentric Abstraction, ospitata nellostesso anno alla Fishbach Gallery di New York, ne additail superamento nel rifiuto della tecnologia e nella liberaprocessualità dei materiali. E, ancora, se nel ’67 i Paragra-fi sull’arte concettuale di Sol Le-Witt, già artista minimal,decretano la preminenza dell’idea sull’esecuzione, laprima mostra di Earth Sculptures, alla Dwan Gallery diNew York l’anno successivo, sposta il tiro sulla concretiz-zazione naturalistica dell’arte, come dimostra Walter DeMaria a Monaco quando espone, occupando tutto lo spa-zio, 50 mc di terra. La fondamentale mostra When attitu-des become form, accolta nel ’69 alla Kunsthalle di Berna,raccoglie tali situazioni trainanti cui si aggiunge, per l’Ita-lia, l’Arte povera.Non meravigli questa lunga e dettagliata analisi deglieventi espositivi: l’uscita definitiva del quadro dalla di-mensione tradizionale coinvolge in primo luogo gli spazideputati, travolgendoli o disertandoli. Se l’impiego delcorpo e dei gesti come mezzi privilegiati di espressioneidentifica spesso l’opera con la sua esposizione, agli anti-podi, la coincidenza dell’opera con il suo pensiero, quindicon la sua formulazione scritta, sostituisce spesso l’esposi-

Storia dell’arte Einaudi

Page 181: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

zione con la pubblicazione, piú accessibile e divulgabile.La messe di mostre sancisce inoltre l’estrema mobilitàdegli artisti sullo scenario internazionale: se Zorio, Kou-nellis, Merz, Penone, Fabro e Anselmo allacciano rapporticon galleristi quali Jolas e Sonnabend a Parigi o KonradFisher a Düsseldorf, Sperone, L’Attico, Lambert, Ala e,dal ’75, Ugo Ferranti a Roma e Tacci Russo a Torino,ospitano protagonisti della Minimal, Conceptual e LandArt, da Carl Andre a Dan Flavin, da Richard Long aBruce Nauman.Nel 1970, se Conceptual Art - Arte povera - Land Art allagam di Torino ribadisce lo stesso contesto, Due decenni dieventi artistici in Italia 1950-70 a Prato allarga l’obiettivoprendendo le mosse dalla polarità astratto-figurativodell’immediato dopoguerra. A Roma, invece, al Palazzodelle esposizioni abilmente trasfigurato da Piero Sartogo,ha luogo Vitalità del negativo, promossa e organizzatadagli Incontri internazionali d’arte, dove l’Arte poveraentra a pari merito tra le tendenze chiave degli anni ’60,con il cenacolo di Azimuth, le ricerche cinetico-visuali equelle oggettuali. Riscontriamo alcune novità. Fabro pre-senta De Italia, una carta piegata che conserva ai marginila sagoma dello sperone, una delle versioni cui l’artista at-tende dal ’68 e dove la tautologia formale è contraddettadalla molteplicità dei materiali che ne spinge al limite lariconoscibilità.La rivisitazione storica come l’illustrazione di un saperemitico informano la ricerca di Kounellis. L’inno alla li-bertà dell’Italia risorgimentale è rinnovato dal pianistache suona il Nabucco di Verdi. Merz presenta due capi-saldi della sua poetica: Serie Fibonacci e Igloo ProliferationL’idea di espansione, già in nuce nel neon che trafiggevagli oggetti, si arricchisce dell’adozione della serie numeri-ca a crescita esponenziale; applicata all’igloo, «architettu-ra organica ideale» eretta con materiali naturali simboleg-gia ed auspica una nuova comunione tra uomo e natura,tra micro e macrocosmo.Inedita è la presenza di Vettor Pisani che, proprio nel’70, esordisce alla Gall. La Salita di Roma con Studi suMarcel Duchamp, sorta di scomposizione critica, in chiavepsicanalitica e antropologica, di La Mariée mise à nu parses célibataires, même del maestro dadaista.Alla Biennale del ’72, dove F. Ll. Wright, Le Corbusier,Louis Kahn e I. Noguchi formulano quattro progetti per

Storia dell’arte Einaudi

Page 182: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Venezia, due sono le sezioni trainanti, quelle che estre-mizzano cioè il duplice movimento di espansione e contra-zione dell’espressione artistica. Il libro come luogo di ricer-ca costituisce la prima esposizione di libri d’artista dal ’60al ’72, «testo e contesto dell’artista. Il libro è dunque unterritorio circoscritto sul quale l’artista conduce le sueoperazioni logiche e formali». Vale ricordare che, nel ’68,il dealer dell’arte concettuale americana Seth Siegelaubaveva editato Xerox Book, una serie di interventi studiatidagli artisti appositamente per le pagine messe, nello stes-so numero, a loro disposizione. 5-31 January, dell’annosuccessivo, è una esposizione-catalogo che, come tale, nonnecessita piú di spazi espositivi. Sull’altro versante, la se-zione Persona 2 consiste in una serie di azioni teatrali, im-plicanti l’uso del corpo, che si svolgono nel corso di unagiornata. «Il palcoscenico è lo spazio socratico della reci-proca domanda in cui si misurano le due parti: l’artistacome esibizionista e lo spettatore come voyeur», spiega ilcuratore Bonito Oliva. L’opera che suscita maggiore scal-pore è Seconda possibilità d’immortalità (L’Universo è im-mobile), dove Gino De Dominicis espone un mongoloideseduto mentre osserva un cubo invisibile e una palla digomma l’attimo prima del rimbalzo.«Io penso che le cose non esistono. Per esistere veramen-te le cose dovrebbero essere eterne, immortali, solo cosínon sarebbero solo verifiche di certe possibilità, ma vera-mente cose», chiariva nel ’69 in occasione della primapersonale all’Attico il cui biglietto d’invito consistevanella morte annunciata dell’artista. Capovolgendo ogni lo-gica, De Dominicis sostiene che, se la morte reale è imma-ginaria, il trascendente diventa realtà e gli artisti, unici apossedere il privilegio dell’immortalità, mettono in scenal’impossibile. Come la Piramide invisibile, il Tentativo divolo, il Tentativo di formare quadrati invece di cerchi intor-no a un sasso gettato nell’acqua o la Madonna che ride, cheLucio Amelio esporrà nel ’73 a Napoli.È Harald Szeemann a confermare gli stessi artisti nellaimportante Documenta 5 di Kassel del ’72. Nella sezioneMitologie individuali incontriamo per la prima volta ilnome di Fernando Melani, sorta di eremita pistoiese cheinizia a lavorare nel ’45, a 38 anni. Ha prodotto, traopere e scritti, moltissimo; ha esposto invece pochissimo;sosteneva che «al posto della fantasia bisogna tendere aidati della fisica, ripetibili sperimentalmente e sempre pe-

Storia dell’arte Einaudi

Page 183: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

nultimi» e che occorre «elaborare le materie cosí comequeste vorrebbero elaborarsi se fossero, da sole, capaci diarte». Di lui si è occupata, non a caso, Carla Lonzi, cosícome non è forse un caso se Fabro, presente a Kasselnella stessa sezione, ha aperto la retrospettiva a Rivoli nelluglio ’89 con La casa di Melani, una struttura protesanello spazio. Forse una maglia da ricucire.Nel profluvio di esposizioni che accompagnano il ’73, valemenzionarne due. Riflessione sulla pittura, organizzata adAcireale da Italo Mussa, Filiberto Menna – di cui uscirànel ’75 Linea analitica dell’arte moderna – e TommasoTrini – già direttore della prestigiosa rivista «Data» – af-faccia artisti come Carlo Battaglia e Claudio Verna chel’anno precedente si erano costituiti a Milano come grup-po poi variamente definito «pittura-pittura» o «pitturaanalitica». «Tutto, dove cominciare e dove finire, deveessere progettato prima nella mente. In pittura l’idea deveesistere nella mente prima di prendere in mano il pennel-lo» sosteneva Ad Reinhardt in una delle 39 regole chespiegavano nel ’58 la concezione dell’artisart. Le opere diReinhardt, di Robert Ryman e di Brice Marden o, tra gliitaliani, di Giorgio Griffa, Marco Gastini, Paolo Cofani eCarmengloria Morales, giocano ambiguamente tra conce-zione rigorosa ed emotività cromatica ed ostentano imezzi della pittura, ora monocroma, ora affidata a piccoliinterventi che si ripetono e succedono.Ritroviamo gli stessi artisti nella «linea analitica» dellagrande rassegna Contemporanea organizzata dagli Incontriinternazionali d’arte e curata da Bonito Oliva nel parcheg-gio di Villa Borghese a Roma nel ’73. Linea che accomunaquanti «hanno lavorato su una nozione d’arte intesa comeprocesso di investigazione e di puntualizzazione», doveconvergono la «pittura primaria» di Stella, Newman, No-land e Kelly, la «ricerca modulare» dei minimalisti, «l’artecome riflessione» e, infine, «l’arte del territorio». «Alla co-noscenza intenzionale della linea analitica, si oppone la co-scienza globale e profonda che scardina la specificità dellinguaggio artistico per sconfinare nel territorio totale dellacreatività», spiega il curatore a proposito della linea «sinte-tica» dove confluiscono le varie forme di arte di comporta-mento, quelle che l’anno successivo Lea Vergine sistematiz-zerà nel volume sulla Body Art. Alle opere, che sapiente-mente Piero Sartogo ha collocato tra i setti trasparenti di-sposti a scandire l’immenso spazio, si aggiunge il settore di

Storia dell’arte Einaudi

Page 184: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

poesia visiva e di «controinformazione» sulle lotte operaie,proletarie, studentesche e femministe, sul ruolo dei corpidello stato, sui mezzi di comunicazione.Se il colpo di stato in Cile del ’73 e la strage di Bresciadell’anno successivo condizionano la Biennale «politica»del ’74, interamente focalizzata su cinema, musica e tea-tro, in quella successiva Celant ripropone, a quasi diecianni dalla mostra di Foligno, il tema Ambiente/Arte in unexcursus storico che dal futurismo arriva alla Body Art at-traverso le avanguardie storiche, l’Action Painting, ilNew Dada, la Pop, le vicende minimale poveriste.«Un’arte affidata ad altri e svincolata dal contesto am-bientale significa rendere l’operazione artistica un prodot-to mobile e incontrollabile, la cui unica ragione d’essere èquella di risultare un mezzo di scambio», spiega Celantmarcandone la valenza politica.Se altri eventi dell’anno sono informati dallo stesso spiri-to di ricerca impegnata, la pubblicazione, anticipata nel’72 dalla Citazione deviata, di L’ideologia del traditore diBonito Oliva, annuncia, nell’allegoria di un manierismocontemporaneo, future sciagure.Ancora cinque anni e, sul numero di «Flash Art» di otto-bre-novembre 1979, appare il proclama La Transavanguar-dia Italiana a firma dello stesso critico, che cosí tuona:«L’arte ritorna alle sue ragioni interne, ai soggetti dellasua opera, al suo luogo per eccellenza che è il labirinto,uno scavo continuo nella sostanza della pittura». Un ritor-no, in altre parole, al piacere della pittura da cavalletto,una istigazione alla narrazione figurativa, al saccheggio ditutti i linguaggi dell’arte. Se, come sostiene Bonito Oliva,l’arte degli anni ’60 è «moralistica, repressiva, masochisti-ca e gregaria della politica, quella degli anni ’70 avvia unprocesso salutare di de-ideologizzazione... Se l’arte prece-dente pensava di partecipare alla trasformazione socialemediante l’espansione di nuovi procedimenti e di nuovimateriali tramite la fuoriuscita dal quadro e dal tempostatico dell’opera, quella attuale tende a non farsi illusioniall’esterno di sé e a tornare sui propri passi... L’opera nonha volutamente carattere... astratto e figurativo si pareg-giano... l’immagine oscilla sempre tra invenzione e con-venzione». Il tutto a commento delle opere di artisti qualiEnzo Cucchi, Sandro Chia, Francesco Clemente eMimmo Paladino che avevano esordito invece con provedi carattere concettuale.

Storia dell’arte Einaudi

Page 185: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Il disimpegno, come la presunta obiettività, nascondonoin realtà prese di posizione precise a sostegno, in questocaso, di quella politica del riflusso che segue, dalla metàdel decennio, la fine delle utopie di rinnovamento.Conformismo, cinismo, provincialismo, mortifero vitali-smo guideranno, e in parte ancora guidano, l’azione di ar-tisti in cerca di facili e veloci successi, di galleristi e colle-zionisti avidi di guadagno, di critici, infine, finalmente li-beri dall’onere di capire e giudicare. Sono in molti a cede-re alle lusinghe: se Calvesi inventa la pittura «anacroni-sta», Plinio de Martiis è felice di ospitarla sin dal 1980alla Tartaruga; lo stesso Argan è sdegnato ma con riservatrovando forse questo «banchetto» non cosí «nauseante»;gallerie di punta quali Sperone, L’Attico, Lucio Amelio eToselli capitolano mentre una miriade di nuovi spaziadorni di archi e colonne accolgono rapimenti barocchi,putti e cupidi; riviste come «Flash Art» offrono infine ca-nali di diffusione e palestra per elucubrazioni teoriche.Sono in molti, però, a non cedere e a tenere le posizioni.Basti pensare all’irriducibilità di Castellani o a quanti, daCarla Accardi a Dorazio procedono con coerenza lungo lavia dell’astrazione. Gallerie come Mario Pieroni e UgoFerranti a Roma, Christian Stein a Torino e Milano, Mas-simo Minini a Brescia, Locus Solus a Genova e gli Incon-tri internazionali d’arte a Roma, continuano a sostenerel’Arte povera, minimal e concettuale, aprendola allanuova leva di artisti quali Ettore Spalletti, Remo Salvado-ri e Marco Bagnoli. Mentre la rivista «AEIUO» direttadal 1980 da Bruno Corà certifica e documenta tale conti-nuità poetica.Se le biennali sono contagiate dall’orgia pittorica, Docu-menta 7 a Kassel, diretta nell’82 da Rudi Fuchs, ripropo-ne il tema dell’installazione come colloquio dell’opera conil suo contesto. E, ancora, Kunstverein e Kunsthalle inGermania e Olanda e, in Italia, il museo di Rivoli e quel-lo di Capodimonte, offrono, in mostre fondamentali comeChambres d’amis a Gand nell’86, uno spaccato internazio-nale alternativo a quello pittorico neo-espressionista. Nel1985, alla Kunsthalle di Zurigo, i due fronti s’incontranoper «una discussione» di quattro giorni nelle persone diJoseph Beuys, Jannis Kounellis, Anselm Kiefer e EnzoCucchi. La posta in gioco è la ricerca di una nuova centra-lità, di una nuova ideologia come condizione per il rina-scere dell’immagine. E non si tratta del solo cenno di

Storia dell’arte Einaudi

Page 186: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

svolta. Si profilano infatti, già da alcuni anni, poetichequali la «neogeometrica» e della «riappropriazione» cheseguono, per dirla con Celant, una linea «inespressiva»,dove pittura e scultura raffreddano i loro mezzi per unadistaccata indagine conoscitiva della realtà. I confini in-tanto si allargano: se il Museo Guggenheim di New Yorkapre le porte alla grande retrospettiva di Mario Merz, lagnam di Roma ospita, pur tra vecchie polemiche, la colle-zione Sonnabend, mentre l’opzione monocroma è ripropo-sta nel 1988 dalla mostra La couleur seule a Lione.Cosí, nel periodo che va dalla fine della seconda guerramondiale all’ultimo decennio del secolo, sullo sfondo dipersonaggi e contesti che si sottraggono ai rapidi muta-menti e all’inquietudine delle ricerche, ribollono, si sno-dano ed intrecciano assi d’indagine, situazioni trainanti,incontri tra personalità di spicco, in un panorama affan-noso e smarrito, comunque contro corrente e di creativitàfratturata. (az).

ItalicaAntica colonia romana in Spagna, posta a nord-ovest diSiviglia, sulla riva destra del Guadalquivir. Fu patria degliimperatori Traiano e Adriano. Ne sono sopravvissuti alcu-ni bei mosaici che decoravano gli edifici, in particolareErcole e Nereo e una Corsa di carri (Siviglia, ma). (mfb).

italiota, ceramicaViene cosí denominata la ceramica prodotta, a partire dallametà del v sec. a. C., nelle colonie greche dell’Italia meri-dionale e nella loro zona d’influenza. L’iniziativa della fab-bricazione fu probabilmente dovuta a vasai ateniesi, in re-lazione forse con la fondazione da parte di Pericle, nel442, di Thurioi sul golfo di Taranto. La produzione italio-ta antica, o proto-italiota, è suddivisa secondo gli speciali-sti in due gruppi. La personalità piú spiccata del gruppo Aè il Pittore di Dolone, cosí chiamato da un cratere a calicedell’inizio del iv sec. (Londra, bm), che illustra in chiavecomica un episodio dell’Iliade (canto X), l’imboscata not-turna tesa da Ulisse e Diomede al troiano Dolone; è prege-vole soprattutto per il disegno molto vivace, il gusto deidettagli e l’andamento caricaturale della scena. Il gruppo Asi prolunga nella ceramica lucana, databile per lo piú dal360 al 320 ca.; si tratta di una serie poco numerosa la cuiesecuzione si fa sempre piú trascurata, e il cui interesse ri-

Storia dell’arte Einaudi

Page 187: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

guarda soprattutto i soggetti rappresentati (temi mitologicirari). I vasi proto-italioti del gruppo B, fabbricati probabil-mente a Taranto, sono soprattutto grandi crateri, di qua-lità eccellente, che prolungano fino alla fine del v sec. al-meno lo stile dei vasi antichi del terzo quarto del secolo.Recano grandi scene mitologiche, spesso con numerosi per-sonaggi. Il piú noto è un cratere del Pittore delle Carneadi(Taranto, mn), che mostra su un lato Dioniso tra Menadi edun Satiro, e sull’altro, in due registri, Perseo che brandiscedavanti a satiri la testa di Medusa e i Preparativi della festa ta-rantina delle Carneadi. Il gruppo B è all’origine della cera-mica apula propriamente detta, da cui a sua volta deriva laceramica di Paestum. I vasi campani, numerosissimi pertutto il iv sec., sono soprattutto vasi piccoli, di qualità einteresse mediocri. Tali diversi stili italioti del iv sec.hanno in comune l’intento di imitare, talvolta con moltaapprossimazione, l’aspetto dei vasi attici, mediante l’appli-cazione di uno strato di argilla rossa che modifica il coloretroppo chiaro della terra, nonché uno spiccato gusto per lapolicromia (risalti bianchi e gialli) e prestiti frequentidall’iconografia teatrale (in particolare scene di commedia,riprodotte sui vasi «fliacici», numerosi soprattutto a Pae-stum). In seguito, accanto allo stile di Gnazia, rappresen-tato soprattutto in Apulia, citeremo i vasi policromi diCenturipe in Sicilia, che tentano di riprodurre i coloridella pittura maggiore, e i grandi vasi «plastici», anch’essipolicromi, prodotti a Canossa in Apulia. (cr).

ItsunenPronuncia giapponese del nome del pittore cinese Yi-Ran,che fu alla base della scuola realistica di Nagasaki. (sr).

Itten, Johannes(Süden-Linden 1888 - Zurigo 1967). Cominciò a disegna-re e a dipingere dal 1904, e pur acquisendo una formazio-ne scientifica seguí i corsi della scuola di belle arti di Gi-nevra. Un viaggio a Parigi nel 1910, uno a Monaco nel1911 e uno a Colonia nel 1912 gli rivelarono il cubismo,Der Blaue Reiter e i grandi pittori del tempo: Cézanne ePicasso. Completò la formazione a Stoccarda, presso Höl-zel (1913-16). I primi dipinti astratti (Orizzontale-verticale, 1915: Muri (Berna), coll. Victor Loeb; Incontro,1916: Zurigo, kh) mostrano ricerche sul colore e sui ritmicompositivi. Essi servirono di base al suo insegnamentoquando, nel 1916, fondò a Vienna una scuola privata

Storia dell’arte Einaudi

Page 188: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

d’arte, ove prima dei surrealisti sperimentò le risorse dellascrittura automatica. Dopo aver partecipato allo Sturmnel 1916, espose a Vienna nel 1919, anno in cui conobbeWalter Gropius, che lo invitò ad insegnare al Bauhaus e aWeimar. I vi inaugurò il «corso preliminare»: ove, attra-verso una formazione generale, sensibilizzava gli allievi aimateriali cercando di svilupparne la personalità creativa.Ma questo mistico, adepto del mazdaznan, che cominciavale lezioni con esercizi respiratori e vibratori, dimostravaal Bauhaus uno spirito settario difficilmente compatibilecon le concezioni didattiche di Gropius. Nel 1923 il con-flitto si fece esplicito e Itten, dopo aver diretto vari labo-ratori, lasciò il Bauhaus. Dopo un soggiorno in Svizzera,fondò una nuova scuola a Berlino (1926), poi diresse unascuola del tessuto a Krefeld fino al 1938, anno in cui emi-grò ad Amsterdam; quindi tornò a Zurigo. Qui diresse lascuola del tessuto, la scuola e il Museo delle arti figurati-ve, e fondò il Museo Rietberg. Dopo il 1954, liberato daogni funzione amministrativa, si dedicò interamente allapittura eseguendo composizioni geometriche il cui spazioè organizzato in funzione delle «qualità dinamiche» deicolori, posati piatti (Orizzontale-verticale-diagonale, 1955;Inverno, 1963; Solenne, 1966; Spirali, 1967: Stoccarda,coll. A. Itten). Pubblicò diversi libri (Kunst der Farben,Ravensburg 1967; Mein Vorkurs am Bauhaus, Ravensburg1963). Il piú celebre è il primo, che costituisce una seriedi esperienze miranti a stabilire un’estetica del colore de-terminandone le leggi fisiche. Ma il sistema di I, benchémiri all’obiettività, s’inscrive nella tradizione goethianasenza superare le classificazioni soggettive e strettamenteculturali. (er).

Iturrino, Francisco(Santander 1864 - Cannes 1924). Basco come il suo amicoZuloaga, benché nato in Castiglia, questo artista bohé-mien, enfant gâté, inquieto e bizzarro, ha svolto un ruoloimportante nella storia della pittura spagnola moderna; viintrodusse in qualche modo il fauvisme, ma compí fuoridella penisola, in particolare in Francia, la maggior partedella sua carriera. Dal 1900 la sua alta figura scheletricaera familiare ai pittori d’avanguardia a Bruxelles e a Pari-gi; il quadro di Evenepoel Spagnolo a Parigi (conservato aGand) contribuí a renderlo popolare; il suo Ritratto di De-rain (1914) si trova a Parigi (mnam). Dopo un periodo dipittura cupa in Belgio, doveva esporre agli Indépendants

Storia dell’arte Einaudi

Page 189: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

e al Salon d’automne, evolvendo verso un esaltato croma-tismo. Piú che gli influssi di Renoir e Cézanne, subí quel-lo di Matisse (che doveva accompagnare in Andalusia nel1911). Temperamento d’improvvisatore, focoso e capric-cioso, abbandonò il realismo dei pittori baschi della suagenerazione, rappresentando un’Andalusia ove gitani, ca-valieri, toreri, privi di elementi folklorici, sono solo il pre-testo per fantasmagorie colorate che egli popola pure disensuali nudi femminili, spesso disposti in gruppi turbi-nanti. Fu pure notevole acquafortista. Stabilitosi a Ma-drid dal 1920, effettuò numerosi soggiorni nel Sud dellaFrancia. Il mam di Madrid ne possiede un’opera impor-tante, le Donne in campagna, trasposizione iberica delDéjeuner sur l’herbe di Manet. Il mba di Bilbao, ove nel1926 ebbe luogo una retrospettiva del pittore, gli ha dedi-cato una sala con una dozzina delle sue tele migliori. (pg).

Ivanov, Aleksandr Andreevi™(San Pietroburgo 1806-58). Pensionario dell’accademia diSan Pietroburgo a Roma, frequenta Overbeck e Thor-valdsen. Viene accolto nell’accademia con un’Apparizionedi Cristo a Maria Maddalena, esposta a San Pietroburgo nel1836. Lavorò vent’anni (1837-57) al dipinto Apparizionedi Cristo al popolo (Mosca, Gall. Tret’jakov). La deludenteimpostazione accademica di quest’enorme tela di spiritonazareno contrasta col senso della vita, del colore e delplein air, sorprendente per l’epoca, di seicento studi dipin-ti, paesaggi, nudi, volti o drappeggi (ivi; Leningrado,Museo russo), che fanno di I uno dei grandi creatori dellapittura europea del xix sec. Alcune tra queste tele, per laforza di semplificazione delle forme e lo splendore del co-lore, fanno pensare, con mezzo secolo di anticipo, alle telefauves di Derain. L’estasi mistica dei guazzi di I per leScene di storia sacra (Mosca, Gall. Tret’jakov) ricordano levisioni di Blake e preannunciano le creazioni di Vrubel’.L’artista, tra i primi «indipendenti» della storia della pit-tura, doveva tornare in patria solo nel 1857. (bl)..

Ivanov, Sergej Vasil’evi™(? 1864 - Mosca 1910). Studiò alla scuola di pittura, scul-tura e architettura di Mosca dal 1880 al 1882, poi dal1884 al 1885. Membro della Società degli Ambulanti, sidedicò alla rappresentazione della miseria contadina (Sullastrada, morte dell’emigrante, 1889: Mosca Gall. Tret’jakov),

Storia dell’arte Einaudi

Page 190: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

e all’illustrazione dei movimenti rivoluzionari dell’iniziodel secolo (la Fucilazione, 1905: Mosca, Museo della Rivo-luzione). (bdm).

Ivanovic, Katarina(Szekesfehervar (Ungheria) 1811-82). Figlia di coloniserbi che risiedevano in Ungheria, cominciò i suoi studipresso Joseph Pezsky a Budapest, poi, con l’aiuto delladuchessa Czaky, entrò all’accademia di Vienna. Visse e la-vorò a Belgrado nel 1846-47; tornò poi nella sua città na-tale. Fu il primo artista serbo che soggiornò a Parigi dopoil 1840. Celebre per le nature morte (Grappoli d’uva, Vi-gnaiolo italiano), ma soprattutto per i ritratti (Donna incostume serbo, Le mie due sorelle), vi manifesta un tempe-ramento artistico che richiama alla mente Ingres, come te-stimonia il suo Autoritratto, tra i piú affascinanti ritrattiserbi del xix sec. Meno felici furono i suoi dipinti di ge-nere e di storia. La sua pittura, improntata dal Bieder-meier viennese, rappresenta un’importante tappa nell’evo-luzione della pittura serba del xix sec., per il suo sensodello stile e la viva sensibilità alla linea pura e al colore,ella opera la transizione tra classicismo e romanticismo.Ha lasciato l’intera sua opera al mn di Belgrado. (ka).

IvanovoSotto il nome di I, città della Bulgaria nord-occidentale(regione di Lom), viene raggruppato un insieme di cappel-le rupestri, la piú importante della quali è la Crkvata(chiesa). Il ritratto dello zar Giovanni Alessandro (1331-37) consente di datare questi dipinti, di alta qualità arti-stica. Le Scene della Passione sono state ampiamente svi-luppate secondo il ciclo evangelico tradizionale. Si osservaun’espressione estrema di sentimenti drammatici, nonchéla ricerca del movimento e della profondità nelle composi-zioni. Queste pitture sono tra i migliori esempi dell’artebizantina dei Paleologhi. (sdn).

Iványi Grünwald, Béla(Somogy-Som 1867 - Budapest 1940). Formatosi a Buda-pest e Monaco, frequentò a Parigi l’Académie Julian esubí l’influsso di Bastien-Lepage. Fu con Hollósy uno deifondatori della scuola di Nagybánya, ove la sua arte ebbeuno sviluppo parallelo a quello del suo amico K. Ferenczy(Fra le cime, 1901; Escursione primaverile, 1903). Lasciò

Storia dell’arte Einaudi

Page 191: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Nagybánya nel 1907 stabilendosi a Kecskemét, ove evol-vette verso una pittura decorativa di nudi stilizzati; poi,nel 1920 ca., si accostò alla Scuola della Pianura. La mag-gior parte della sua opera è conservata a Budapest (gn).(dp).

Iveagh(Edward Cecil Guinness, primo conte di) (Clontarf 1847 -Londra 1927). Direttore della birreria Guinness a Dubli-no, costituí un’importante collezione di dipinti, che ac-quistò soprattutto presso Agnew dal 1880 al 1900. Nel1925 divenne proprietario di Kenwood House, a nord diLondra (Hampstead), costruita da Robert Adam, ospitan-dovi la maggior parte della raccolta nell’intento di ricrearel’ambiente di una dimora aristocratica della fine del xviii

sec. Ne lasciò per testamento l’uso al pubblico, cosí essadipende oggi dal Greater London Council. La maggiorparte delle tele appartengono al xviii sec. inglese, con im-portanti opere di Gainsborough: Lady Howe, Sulla via delmercato e Due giovani pastori che si battono con due cani(1783), numerosi Reynolds, molti Romney, la celebre MissMurray di Lawrence e una Marina (1802) degli esordi diTurner completano la collezione, ove figurano anche dueVan Dyck (Henriette de Lorraine, 1634; Giacomo Stuart,duca di Richmond), un Frans Hals (Pieter Van denBroecke), numerose tele olandesi tra cui uno splendidoAutoritratto della maturità di Rembrandt, la Suonatrice dichitarra di Vermeer e una Veduta di Dordrecht di Cuyp.Venticinque tele della collezione, ereditate da A. E.Guinness, contenenti due Claude Lorrain e scene di gene-re olandesi, vennero vendute presso Christie nel 1953.Tra le opere tuttora in possesso della famiglia citiamo unpaesaggio dell’ultimo periodo di Gainsborough, alcuniGuardi e Marlow. Da qualche anno il Greater LondonCouncil organizza importanti mostre a Kenwood House:il Gusto francese nella pittura inglese (1968), Philippe Mer-cier (1969), Lady Hamilton (1972), Joseph Vernet (1976).(jh).

Iverni (Iverny), Jacques(menzionato ad Avignone dal 1410 - ? 1438). Oggi è co-nosciuto, in sostanza, soltanto attraverso un’opera, firma-ta: il Trittico della Vergine col Bambino tra santo Stefano esanta Lucia, dipinto intorno al 1425 per un ramo dei si-

Storia dell’arte Einaudi

Page 192: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

gnori di Ceva ed attualmente conservato a Torino, Gall.Sabauda. Malgrado le reminiscenze senesi, I si rivela so-prattutto un adepto del gotico internazionale nella suaforma parigina, per l’eleganza del disegno, la delicatezzadel sentimento e la raffinatezza del colore. Tale tarda ma-nifestazione di un linguaggio altrove già in via di abban-dono è peraltro indice del risveglio della pittura avignone-se dopo gli anni di crisi del Grande Scisma. È attribuita aI un’Annunciazione con donatori proveniente da Avignone(Dublino, ng). (nr).

Storia dell’arte Einaudi

Page 193: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Elenco degli autori e dei collaboratori.

aaa Aracy Abreu Amaralaba Annie Bauduinabc Antonio Bonet Correaabl Albert Blankertabo Alan Bownessabu Andrea Buzzoniaca Annie Caubetacf Anna Colombi Ferrettiach Albert Châteletacl Annie Cloulasacs Arlette Calvet-Sérullazad Anne Distelada Antonietta Dell’Agliadg Adriano de Gusmãoaem Andrea Emilianiaeps Alfonso Emilio Pérez Sánchezag Andreina Griseriagc Alessandra Gagliano Candelaago Annemarie Goersaj André Jacqueminalb Agnès Angliviel de La Baumelleam Arpag Mekhitarianamm Anna Maria Muraamr Anna Maria Rybkoan Antonio Natalianc Angela Catelloapp Anne Prache-Paillardaq Ada Quazzaar Artur Rosenaueras Antoine Schnapperasp Agnès Spycketav Auguste Viatteaz Adachiara Zevibc Bernard Crochet

Storia dell’arte Einaudi

Page 194: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

bdm Brigitte Pérouse de Montclosbdr Barbara Drudibl Boris Losskybp Béatrice Parentbt Bruno Toscanobz Bernard Zumthorcame Carlo Meliscc Claire Constanscdb Carlo Del Bravocdr Charles Durand-Ruelcfs Christine Farese Sperkencg Charles Goergcge Clara Gelaoch Carol Heitzchw Christopher Waltercmc Carla Maria Camagnicmg Catherine Mombeig Goguelco Carla Olivetticpe Claude Pecquetcpi Claudio Pizzorussocr Claude Rolleycre Claudie Ressortcv Carlo Volpecvo Caterina Volpida Dimitre Avramovdb Dominique Bozoddd Daniela De Dominicisdg Danielle Gaboritdgc Daniela Gallavotti Cavallerodp Denis Patakydr Daniel Robbinsdt Daniel Ternoisdv Dora Vallierea Egly Alexandreeb Evelina Boreaec Enrico Castelnuovoeg Elisabeth Gardnerelr Elena Ramaem Eric Michauden Enrica Neriep Evelyne Pomeyer Elisabeth Rossiererb Elena Rossetti Brezzies Elisabetta Sambo

Storia dell’arte Einaudi

Page 195: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

fa François Avrilfc Françoise Cachinfd’a Francesca Flores d’Arcaisff Fiorella Frisoniffe Filippo Ferrofg Flávio Gonçalvesfh Françoise Henryfir Fiorenza Rangonifm Françoise Maisonfrm Frieder Mellinghofffp Federica Piranifv Françoise Viattefzb Franca Zava Boccazziga Gõtz Adrianigb Germaine Barnaudgbe Gilles Béguingbo Geneviève Bonnefoigh Guy Habasquegibe Giordana Benazzigl Geneviève Lacambregm Gunter Metkengmb Georges M. Brunelgp Giovanni Previtaligr Giovanni Romanogrc Gabriella Repaci-Courtoisgs Gunhild Schüttegsa Giovanna Saporigv Germain Viatteg+vk Gustav e Vita Maria Künstlerhah Hamed Abdallahhb Henrik Bramsenhbf Hadewych Bouvard-Fruytierhbs Helmut Börsch-Supan????hl Hélène Lassallehm Helga Muthhn Henry Nesmeht Hélène Toussainthz Henri Zerneric Isabelle Compinij Ionel Jianouils Isabella Lo Salvoim Ines Millesimiin Ingebourg Neumeisterivj Ivan Jirous e Vera Jirousova

Storia dell’arte Einaudi

Page 196: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

jaf José-Augusto Françajbg Josette Bottineau-Goryjbr Jura Brüschweilerjc Jean Couraljcl Jean Clairjdlap Joaquín de la Puentejf Jacques Foucartjf j Jean-François Jarrigejg Jacques Gardellesjgc Jean-G. Copansjh John Hayesjhm Jean-Hubert Martinjho Jaromir Homolkajhr James Henry Rubinjjl Jean-Jacques Lévêquejl Jean Lacambrejlas Jacques Lassaignejle Jules Leroyjm Jennifer Montagujmu Johann Muschikjnc Jolanda Nigro Covrejns John Norman Sunderlandjpc Jean-Pierre Cuzinjpm Jean-Patrice Marandeljps Jean-Pierre Samoyaultjr Jean Rudeljro Jean-René Ostiguyjs Jeanne Sheehyjt Jacques Thuillierjth Jacques Thirionjv Jacques Vilainjw Jacques Wilhelmka Katarina Ambrozickp Kruno Prijateljlaw Lucie Auerbacher-Weillb Luciano Bellosilba Liliana Barroerolbc Liesbeth Brandt Corsiuslc Luce Caylalcv Liana Castelfranchi Vegaslf Lucia Faedolf s Lucia Fornari Schianchilg Louis Grodeckilh Luigi Hyerace

Storia dell’arte Einaudi

Page 197: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

lm Laura Malvanolma Lucia MasinalØ Leif Østbylv Luisa Vertovamas Marcel-André Staltermast Margaret Alison Stonesmat Marco Tanzimb Mina Baccimbe Marie Bécetmbo Massimo Bonellimbr Manfred Brunnermcv Maria Cionini Visanimdl Martina De Lucamdp Matias Diaz-Padronmfb Marie-Françoise Briguetmfe Massimo Ferrettimga Maximilien Gauthiermgcm Marie-Geneviève de La Coste-Messelièremgm Maria Grazia Messinamha Madeleine Hallademk Michael Kitsonmlc Maria Letizia Casanovamlg Maria Letizia Gualandimni Mara Nimmomo Marina Onestimp Mario Pepempe Maria Perosinompf Mimma Pasculli Ferraramr Marco Roscimri Monique Ricourmrs Maria Rita Silvestrellimrv Maria Rosaria Valazzims Maurice Sérullazmt Miriam Talmtb Marie-Thérèse Baudrymtf Marie-Thérèse de Forgesmtmf Marie-Thérèse Mandroux-Françamvc Maria Vera Crestimwb Michael W. Bauernd Nicole Dacosnhu Nicole Hubertnm Nelly Munthenmi Nicoletta Mislernr Nicole Reynaud

Storia dell’arte Einaudi

Page 198: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

ns Nicola Spinosaok Old≈ich Kulíkol Olivier Lépineorp Orietta Rossi Pinellipa Paolo Ambroggiopb Paul Bonnardpdb Pierre du Bourguetpfo Paolo Fossatipg Paul Guinardpge Pierre Georgelphp Pierre-Henri Picoupm Peter Murrayppd Pier Paolo Donatipr Pierre Rosenbergprj Philippe Roberts-Jonesps Pietro Scarpellinipv Pierre Vaissepva Poul Vadpvo Paul Vogtrch Raymond Charmetrco Raffaella Cortirf Rossella Fabianirg Renzo Grandrla Riccardo Lattuadarlm Roberto Lamberellirm Robert Mesuretrn Riccardo Naldirp René Passeronrpa Riccardo Passonirr Renato Rolirs Roy Strongrt Rossana Torlontanorvg Roger van Gindertaelsag Sophie-Anne Gaysb Sylvie Béguinsbo Silvia Bordinisc Sabine Cottéscas Serenella Castrisd Suzanne Dagnaudsde Sylvie Deswartesdn Sirarpie Der Nersessiansg Silvia Ginzburgsk Stefan Kosakiewiczsls Serge L. Stromberg

Storia dell’arte Einaudi

Page 199: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

so Solange Oryspo Sebastiano Porrettasr Segreteria di redazionesro Serenella Rolfissk Salme Sarajas-Kortesvr Sandra Vasco Roccasvs Sven Seilersz Stanislas Zadoratb Thérèse Burollettc Thérèse Charpentiertp Torsten Palmervb Victor Beyerdvd Vojislav Djuricve Vadime Elisseeffvg Viviana Gravanowb Walther Buchowieckiwj Wladyslawa Jaworskawl Willy Laureyssensws Werner Schmalenbachwv William Vaughanwz Walter Zaninixdes Xavier de Salasxm Xénia Muratovayt Yvette Taborinzf Zahra Farzanah

Storia dell’arte Einaudi

Page 200: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Elenco delle abbreviazioni.

Accademia Galleria dell’Accademia, FirenzeAccademia Gallerie dell’Accademia, VeneziaAlbertina Graphische Sammlung Albertina, Viennaag Art Galleryam Art Museum, Museum of Art, Musée

d’art, Museu de Arte, Muzeul de artaam Altes Museum, Berlino EstAmbrosiana Pinacoteca Ambrosiana, Milanoap Alte Pinakothek, Monaco di Bavieraba Bibliothèque de l’Arsenal, Parigibc Biblioteca civica, Biblioteca comunaleBerlino-Dahlem Dahlem Museum, Berlino Ovestbifa Barber Institute of Fine Arts, Birmin-

ghambl British Library, Londrabm Biblioteca municipalebm British Museum, Londrabn Biblioteca nazionaleBrera Pinacoteca di Brera, Milanobv Biblioteca Vaticana, Romabvb Museum Boymans - van Beuningen, Rot-

terdamCapodimonte Museo e Gallerie nazionali di Capodi-

monte, NapoliCarrara Galleria dell’Accademia Carrara, Berga-

moCastello Museo del Castello Sforzesco, MilanoCastelvecchio Museo di Castelvecchio, VeronaCloisters The Metropolitan Museum of Art - The

Cloisters, New Yorkcm Centraal Museum der Gemeente Utre-

cht, UtrechtEscorial Monasterio de San Lorenzo de El Esco-

rial (prov. di Madrid)

Storia dell’arte Einaudi

Page 201: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Fogg Museum William Hayes Fogg Art Museum, Har-vard University, Cambridge Mass.

gam Galleria d’arte modernagg Gemaldegaleriegm Gemeentemuseum, L’Ajagn Galleria nazionalegnaa Galleria nazionale d’arte antica, Romagnam Galleria nazionale d’arte moderna, Romagnu Galleria nazionale dell’Umbria, Perugiahm Historisches Museumkh Kunsthalle, Kunsthauskk Kupferstichkabinett, Berlinokm Kunstmuseum, Museum für Kunstknw Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen,

DüsseldorfKrollöller-Müller Rijksmuseum Kröller-Müller, Otterlo

(Olanda)Louvre, enba Ecole nationale des beaux-arts, ParigiLouvre, mam Musée du Louvre, salles du Palais de

Tokyo (ex Musée national d’art moder-ne), Parigi

ma Museo archeologicomaa Museu nacional de arte antiga, Lisbonamac Museo de arte de Cataluña, Barcellonamac Museum van Hedendaagse Kunst, Gandmac Museu nacional de arte contemporânea,

Lisbonamac Museo español de arte contemporáneo,

Madridmac Museu de arte contemporânea, San

Paolo del Brasilemad Musée des arts décoratifs, Parigimam Museo d’arte moderna, Musée d’art mo-

derne, Museo de arte modernomamv Musée d’art moderne de la ville de Paris,

ParigiMarciana Biblioteca nazionale marciana, VeneziaMauritshuis Koninklijk Kabinet van Schilderijen

(Mauritshuis), L’Ajamba Musée des beaux-arts, Museo de bellas

artesmbk Museum der bildenden Künste, Lipsiamc Museo civicomfa Museum of Fine Arts

Storia dell’arte Einaudi

Page 202: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

mm Museo municipalemm Moderna Museet, Stoccolmamma Metropolitan Museum of Art, New Yorkmmb Museum Mayer van den Bergh, Anversamn Museo nazionalemnam Musée national d’art moderne, Centre

national d’art et de culture GeorgesPompidou, Parigi

mo Musée d’Orsay, Parigimoma Museum of Modern Art, New Yorkmpp Museo Poldi Pezzoli, Milanomrba Musées royaux des beaux-arts, Bruxellesmsm Museo di San MarcoMuseo Wilhelm-Lehmbruck-Museum, DuisburgMuseo Musée de peinture et de sculpture, Gre-

nobleMuseo Groninger Museum voor Stad en Lande,

GroningaMuseo Museo provinciale (sez. Archeologica e

Pinacoteca), LecceMuseo Musée-Maison de la culture André Mal-

raux, Le HavreMuseo Malmö Museum, MalmõMuseo Westfälisches Landesmuseum für Kunst

und Kulturgeschichte, MünsterMuseo Musée Saint-Denis, ReimsMuseo Musée d’art et d’industrie, Saint-Etien-

neMuseo Musée de l’hôtel Sandelin, Saint-OmerMuseo Museo di storia ed arte, SondrioMuseo Museo provinciale d’arte, TrentoMuseo Ulmer Museum, Ulmmvk Museum für Võlkerkumde und Schwei-

zerisches Museum für Volkskunde Basel,Basilea

ncg Ny Carlsberg Glyptotek, Copenhagenng Nationalgalerie, National Gallery, Ná-

rodni Galerienm Nationalmuseum, National Museumnmm National Maritime Museum, Greenwichnp Neue Pinakothek, Monaco di Bavieranpg National Portrait Galleryõg Österreichische Galerie, Viennapac Padiglione d’arte contemporanea, Milano

Storia dell’arte Einaudi

Page 203: I - Tutti i Pittori dalla A alla Z

pc Pinacoteca comunalePetit-Palais Musée du Petit PalaisPitti Galleria Palatina, Palazzo Pitti, Firenzepml Pierpont Morgan Library, New Yorkpn Pinacoteca nazionalepv Pinacoteca vaticana, Romara Royal Academysa Staatliche Antikensammlungen, MonacoSans-Souci Staatliche Schlõsser und Garten, Pot-

sdamsb Stadtbibliotheksb Bayerische Staatsbibliothek, Monaco di

Bavierasg Staatsgaleriesgs Bayerische Staatsgemäldesammlungen,

Monaco di Bavieraski Städelsches Kunstinstitut, Francofortesks Staatliche Kunstsammlungen, Städtische

Kunstsammlungenslm Schweizerisches Landesmuseum, Zurigosm Staatliches Museum, Städtisches Mu-

seum, Stedelijk Museumsmfk Statens Museum for Kunst, Copenhagenvam Victoria and Albert Museum, Londrawag Walters Art Gallery, Baltimorawag Walker Art Gallery, Liverpoolwag Whitworth Art Gallery, Manchesterwrm Wallraf-Richartz Museum, ColoniaYale Center Yale Center for British Art, New Haven

Conn.

Storia dell’arte Einaudi