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I Tempi del la Terra

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Direzione scientifica del progetto di ricerca

Renata Salvarani

Coordinamento editoriale

Giuliana Manfredi

Ricerca, documentazione e iconografia

Samuele Briatore

Progetto grafico, impaginazione e copertina

BosioAssociati, Savigliano (CN)

In copertina

Santo Stefano di Sessanio, fotografia Per gentile concessione di Sextantio s.p.a.

ISBN 978-88-8103-788-9

© 2011 Edizioni Diabasisvia Emilia S. Stefano 54 I-42100 Reggio Emilia Italia

telefono 0039.0522.432727 fax 0039.0522.434047www.diabasis.it

Il volume è stato realizzato dall’Università Europea di Roma nell’ambito del progetto di ricerca “Dal restauro alla gestione programmata.

Una metodologia per castelli, torri e chiese medievali” (2010-2012) cofinanziato da Fondazione Cariplo

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Diabasis

Samuele Briatore

Valorizzazione dei borghi storici minori

Strategie di intervento

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RingraziamentiSi ringrazia per la supervisione la professoressa Renata Salvarani; per la cortese collaborazione Antonio D'Alosio, sinda-co del Comune Santo Stefano; Daniele Kihlgren e Leonilde Alimonti della ditta Sextanio s.p.a.; Luciano Sestili e GiovanniFerrauti, sindaco e vice sindaco del comune di Calcata. Per lo studio di Torri Superiore si ringraziano Lucilla Borio eGiorgio Villosio. Un ringraziamento speciale all’ architetto Manuel Torresan per la supervisione alle relazioni architet-toniche e alla definizione del concetto di recupero.

Comune di Santo Stefano di Sessanio

Comune di Calcata

Ecovillaggio Torri Superiore

Il volume è realizzato con il patrocinio

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Samuele Briatore

Valorizzazione dei borghi storici minoriStrategie di intervento

Introduzione

Capitolo primo Recupero1.1. Evoluzione del concetto di recupero1.2. Il recupero dei nuclei storici minori1.3. Il recupero sostenibile del patrimonio esistente1.3.1. La conoscenza come strumento1.3.2. Il recupero ecoefficiente del costruito

Capitolo secondo Valorizzazione

Capitolo terzo Recupero e valorizzazione verso il turismo sostenibile3.1 Turismo sostenibile: Il Quadro Internazionale3.2 Turismo sostenibile: Il Quadro dell’Unione Europea3.3 Turismo sostenibile: Il Quadro Italiano

Focus. Borghi storici minori: sostenibilità, marchi e network

Capitolo quarto Casi di studio

Santo Stefano di SessanioCenni storiciFilosofia dell’interventoValorizzazioneRecupero urbano e architettonicoRisultatiRassegna stampa

Torri SuperioreCenni storiciFilosofia dell’interventoValorizzazioneRecupero urbano e architettonicoRisultatiRassegna stampa

CalcataCenni storiciFilosofia dell’intervento

ValorizzazioneRecupero urbano e architettonicoRisultatiRassegna stampa

Bibliografia essenziale

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La storia dei paesaggi italiani coincide con quella delle sue stratificazioni e del mo-

dificarsi continuo tramite aggiunte e sottrazioni di manufatti. Fin dall'antichità gli uo-

mini si sono sempre appropriati delle costruzioni delle generazioni precedenti mo-

dificandole secondo i propri bisogni. Oggi la consapevolezza della necessità di ri-

durre i consumi energetici e di costruire in modo sostenibile è diventato un impre-

scindibile criterio progettuale, che ha portato a riscoprire e a rendere attuali antiche

modalità di progettazione, in grado di utilizzare l'esistente come risorsa preziosa.

Questo approfondimento vuole trattare l'approccio bioclimatico e sostenibile al

recupero del patrimonio edilizio esistente, in particolare a quello dei centri storici mi-

nori, anche in funzione di un sempre maggiore sviluppo del turismo che va alla ri-

cerca di esperienze all'insegna di una sostenibilità globale. Lo scopo dello studio è di-

mostrare come le esigenze del turismo, della valorizzazione e del recupero possano

interagire efficacemente.

Il recupero edilizio permette di risparmiare l'uso del suolo per nuova edificazio-

ne, con tutti i vantaggi ambientali che questo può comportare assieme al risparmio

energetico messo in atto con un recupero ecoefficiente. La valorizzazione di un be-

ne, anche attraverso un adatto, studiato e calibrato cambio di destinazione d'uso,

permette di innescare circoli virtuosi che possono giovare all'economia e la socialità

di un intero territorio. Il crescente mercato del turismo sostenibile, può essere la

spinta propulsiva per recuperare edifici e paesaggi del nostro paese, evitando il fe-

nomeno dell'abbandono e conservandone la memoria storica.

Nella seconda parte dello studio le tematiche trattate teoricamente troveranno la

loro applicazione pratica nei tre casi di studio: Santo Stefano di Sessanio, Torri Su-

periore e Calcata. Questi borghi sono rappresentativi per le diverse tipologie terri-

toriali di valorizzazione: Torri Superiore è un piccola frazione di Ventimiglia in pro-

vincia di Imperia all’interno dell’area del Parco Regionale del Roja, Calcata è un co-

mune in provincia di Viterbo inserito nel Parco Regionale del Treja e Santo Stefano

di Sessanio è un comune in provincia de L’Aquila all’interno del Parco Nazionale del

Gran Sasso e Monti della Laga.

I tre borghi storici sono stati scelti per la virtuosità dell’intervento e per i pecu-

Introduzione

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liari aspetti organizzativi e gestionali. Per virtuosità dell’intervento si intende un'a-

zione programmata che raggiunge efficacemente gli obiettivi prefigurati in parten-

za con un utilizzo ottimale delle risorse; azioni, sempre aderenti alla filosofia inizia-

le dell’intervento, che nel tempo raggiungono una sostenibilità economica autono-

ma, realizzano un sistema economico competitivo e generano ricadute positive sul

territorio, rispettandolo nella sua complessità ambientale, sociale e antropologica.

Oltre agli aspetti pratici della valorizzazione e del recupero verranno messi in luce i

risultati ottenuti, quantificandone la domanda e l'offerta, nonché la loro diffusione

attraverso la stampa, comprendendo la risonanza degli interventi e gli argomenti su

cui le testate si sono concentrate in modo più puntuale.

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Capitolo primo

Recupero

Una quota sempre crescente degli interventi edilizi in Italia riguarda il patrimonioesistente, questo avviene sia perché le aree edificabili sono limitate sia perché imanufatti italiani sono spesso caratterizzati da buona qualità architettonica e delsistema costruttivo che ne rende vantaggioso il recupero, al fine di poterne prolungarela vita ed essere adeguato alle esigenze della vita moderna. A queste tradizionalimotivazioni si sta inoltre diffondendo quella di una maggiore consapevolezzadell'importanza culturale dei centri storici minori, della bellezza dei loro paesaggi edella rilevanza della loro valorizzazione, che comporta una maggiore sensibilità al temadella loro conservazione. L'aspetto interessante e affascinante dei borghi antichi,solitamente composti da architetture formalmente molto semplici, da una chiesa e,talvolta, da un palazzo signorile, sta nella ricchezza e nella complessità degli spazipubblici e collettivi che si sono venuti a formare nei secoli dalla sovrapposizioni diinnumerevoli interventi edilizi. Un tessuto spontaneo, quindi, cresciuto a partire da unimpianto medievale che ha modificato il paesaggio utilizzandone gli stessi materiali ecolori, un inserimento consolidato dal tempo che li ha resi un tutt'uno armonico.

Il recupero è tornare in possesso di ciò che è andato perduto, la riacquisizione diuna condizione scomparsa, ed è un'azione solitamente complessa che deve saperconiugare il rispetto dell'esistente (materiali, forme, significati, storia) con le esigenzedei fruitori attuali, tenendo conto delle risorse e delle capacità disponibili, cercando unequilibrio tra le diverse istanze con l'apporto di diverse discipline.

1.1 Evoluzione del concetto di recupero

Le posizioni attuali del restauro hanno raggiunto negli ultimi decenni una più maturafase di convergenza rispetto alle secolari opposizioni tra le varie scuole di pensiero chehanno visto il restauro stilistico, filologico, storico, scientifico, critico, conservativo emolte altre tipologie fronteggiarsi nei dibattiti, negli scritti e nella pratica.

Si può affermare, quindi, che il restauro abbia raggiunto un elevato livello storico-critico, in cui le opposizioni tra le più recenti teorie della conservazione2 e del restaurocritico3 si siano attenuate in favore di una posizione critico-conservativa. Si cerca inquesto modo di evitare la mummificazione di un bene garantendone la vita attraversol'uso, pur limitando il campo delle funzioni attribuibili solamente a quelle compatibilicon la sua conservazione.

L'attenuazione delle posizioni è dovuta anche al progressivo ampliarsi del campodei beni oggetto di tutela verso i beni di carattere etno-antropologico e di culturamateriale, quindi tutti gli aspetti visibili di una cultura, compresi i manufatti urbani epaesistici. Già la Carta di Venezia nel 1964 estendeva il concetto di monumento alle«opere modeste che, con il tempo, abbiano acquistato un significato culturale»4. Si è

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avuta quindi, col passare del tempo, l'estensione di un campo disciplinare che, nato peroccuparsi della salvaguardia e della trasmissione alle generazioni future dei monumentiintesi come emergenze isolate, si è ampliato fino a occuparsi dell'ambiente urbano epaesistico, valutati anch'essi come testimonianza di civiltà. Ecco, quindi, che alla parolarestauro si sono sempre più spesso affiancate quelle di recupero, riuso, riqualificazione erivitalizzazione, termini che comprendono non soltanto la necessità di mantenere in buonostato di conservazione le strutture materiali, ma aggiungono a queste implicazioni sociali,economiche e tecniche.

La cultura del recupero si configura a questo punto come una materia in cuiconfluiscono realmente molteplici apporti multidisciplinari; come nota Boscarino5 airestauratori di monumenti si sono aggiunti a partire dagli anni Sessanta altri addetti, cultorie operatori, per i quali il restauro non poteva essere soltanto quella disciplina che costituiva«momento metodologico del riconoscimento dell’opera d’arte nella sua consistenza fisica e nella duplice

polarità estetico-storica, in vista della trasmissione al futuro»6 come asseriva Cesare Brandi in queglistessi anni, ma anche occasione di valorizzazione di un bene architettonico del quale venivariconosciuto anche il valore economico. L'attenzione del restauro appare destinata coltempo, quindi, ad allargarsi ad una quantità di beni architettonici che va dall'edilizia minoreai capolavori, iniziando anche a parlare di heritage culturale o patrimonio storico-artisticocon una connotazione economicistica, che a volte si è anche scontrata con i principi delladisciplina del restauro.

Architetti, urbanisti e non solo, iniziano a sostenere l'importanza del recupero di quelpatrimonio che era ritenuto minore e che il giudizio storico-critico di valore nonammetteva al gruppo di quei monumenti, più o meno isolati, che invece dovevano farsiforieri di valori di civiltà, memorie individuali e collettive. Questo nuovo pensiero includeanche le costruzioni più modeste, l'ambiente naturale e l'insieme degli spazi pubblici nelnovero degli oggetti da studiare e da affrontare nella pratica, non solo se artistici o storici,ma anche solo come testimonianza dei processi formativi dell'architettura, della città edel territorio.

In questi primi anni, il discorso intorno al Recupero diventa continuo, acceso esistematico e si inizia a sostenere che le problematiche legate ai centri storici non possonoessere affrontate esulando dal resto della città. Si scrive, ad opera di studiosi e tecnici, laCarta di Gubbio del 1961 al termine del convegno promosso da Giovanni Astengo“Salvaguardia e risanamento dei centri storico-artistici” in cui si ravvisa la necessità diredarre dei piani di risanamento conservativo dopo la ricognizione e la classificazione deicentri storici con l'individuazione delle zone da salvaguardare e recuperare; si sottolineal'inadeguatezza dei criteri operativi di ripristino stilistico, diradamento e isolamento deimonumenti. Ad opera degli stessi promotori del convegno nasce l'ANCSA, un'associazionesenza fini di lucro il cui scopo è quello di promuovere iniziative culturali ed operative asostegno dell’azione delle amministrazioni pubbliche per la salvaguardia e lariqualificazione delle strutture insediative esistenti, ribadendo così un ruolo nonsecondario del recupero sulla nuova costruzione.

Dopo alcune esperienze applicative, tra le quali si ricorda il piano di Pier LuigiCervellati per il centro di Bologna, di un metodo “tipologico”, in cui si tenterà di seguirela duplice strada della lettura filologica per i monumenti e la riconduzione ciascuna alproprio tipo riconosciuto come dominante per l'architettura minore, negli anni settantamatura l'idea dell'unicità di ciascun edificio, in quanto risultato di una propria storia, nonper forza riconducibile a tipi precedentemente codificati. Siamo ai primi anni, vari enotevoli esempi di piani e di recuperi si susseguono (Gubbio con Astengo, Urbino con DeCarlo, Bergamo con Astengo e Dodi) ma ancora con difficoltà le discipline del restauro e

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del recupero si integrano in un'azione condivisa: la prima ancora impegnata nellasalvaguardia dell'istanza storica ed estetica, gli attori della seconda più incentrati sul“bene economico” che permetteva di rimettere sul mercato volumetrie e posizionipregiate. Importante sottolineare che l'ANCSA nel 1970 avanzava il principio del centrostorico non solo come bene culturale ma anche economico, definendolo nel congressodel 1972 risorsa da difendere, il cui riuso pubblico doveva essere un'alternativa allenuove edificazioni in aree di espansione.

Gli argomenti del dibattito culturale sono fatti propri dalla Carta del Restauro del1972 che nel suo quarto allegato si occupa di centri storici in un'accezione omnicom-prensiva, elevando a dignità di tutela non soltanto i monumenti, ma «tutti gli insediamenti

umani le cui strutture, unitarie o frammentarie, anche se parzialmente trasformate nel tempo, siano

state costituite nel passato o, tra quelle successive, quelle eventuali aventi particolare valore di

testimonianza storica o spiccate qualità urbanistiche o architettoniche [...] anche indipendentemente

dall'intrinseco pregio artistico o formale o dal loro particolare aspetto ambientale». La carta inoltre allarga il campo di intervento anche all'esterno del centro storico,

in quanto non può esistere la sua tutela senza un insieme di azioni pianificatorie delterritorio circostante. «Il restauro non va limitato ad operazioni intese a conservare solo i caratteri

formali di singole architetture [...] ma esteso alla sostanziale conservazione delle caratteristiche

d'insieme dell'intero organismo urbanistico [e perchè esso] possa essere adeguatamente salvaguardato,

anche nella sua continuità nel tempo e nello svolgimento in esso di una vita civile e moderna, occorre che

i Centri Storici siano riorganizzati nel loro più ampio contesto urbano e territoriale [...] in modo da

ottenere la salvaguardia e il recupero del centro storico a partire dall'esterno della città.» «Si potrà

configurare così un nuovo organismo urbano, nel quale siano sottratte al centro storico le funzioni che

non sono congeniali ad un suo recupero in termini di risanamento conservativo [inteso come] il

mantenimento delle strutture viario-edilizie in generale, il mantenimento dei caratteri generali

dell'ambiente che comportino la conservazione integrale delle emergenze monumentali ed ambientali più

significative e l'adattamento degli altri elementi o singoli organismi edilizi alle esigenze di vita moderna,

considerando solo eccezionali le sostituzioni, anche parziali, degli elementi stessi e solo nella misura in

cui ciò sia compatibile con la conservazione del carattere generale delle strutture del centro storico.» Come emerge dalla Carta del 1972 gli scopi a cui si deve informare il recupero non

sono solamente quelli propri del restauro, ma viene aggiunto anche il riuso come mezzoper mantenere in vita gli edifici esistenti e tramandarli al futuro assieme al paesaggio eagli spazi urbani che hanno contribuito a formare. Le sperimentazioni nei pianiregolatori degli anni Sessanta e Settanta, i numerosi convegni e i risanamenti pilota didieci città italiane finanziati dalla Gescal, contribuirono a diffondere il concetto di"centro storico" e dell'importanza culturale ed economica della sua tutela. Le attività sisvolsero sulle due scale complementari dell'urbanistica e dell'edilizia attraverso la Legge457/78 Norme per l'edilizia residenziale che al titolo IV regola gli interventi di recuperodel patrimonio edilizio esistente, prescrivendo di identificare nel PRG le zone daassoggettare ai piani di recupero, istituiti con la medesima legge assieme alle categoriedi intervento. A scala edilizia la normativa esigenziale-prestazionale si affianca all'approcciooggettivo-descrittivo, consentendo di definire il comportamento in esercizio atteso dallasoluzione tecnologica e verificare se questo potrà soddisfare il sistema esigenzialeatteso dall'utenza; quest'evoluzione della normativa si rivela di particolare importanzaper il recupero, il cui scopo è riportare in regime di mercato i manufatti residenzialisecondo i criteri qualitativi di un determinato periodo storico o riconvertire manufatticostruiti in altri tempi per altri scopi.

Gli elementi finora analizzati suggeriscono la direzione di un sempre maggioreambito di intervento: dal monumento, al centro storico, al centro contestualizzatonell'ambito urbano da cui non può essere scisso. Negli anni Ottanta, mentre prosegue

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il tentativo di trovare una sintesi tra conservazione e trasformazione, le frontiere piùavanzate del recupero si rivolgono agli insediamenti minori rurali o, comunque, diantica origine agricola inglobati durante l'espansione del tessuto urbano; i casi notevolidi quegli anni sono costituiti da Pesaro e Napoli. Il Piano Particolareggiato del centrostorico di Pesaro8 venne approvato nel 1979 e, in attuazione della Legge 457/78,vengono elaborate soluzioni per recuperare i borghi e i nuclei rurali compresi nel PianoRegolatore Intercomunale dell'area Pesarese. A Napoli, invece, si colse nel 1981l'occasione della ricostruzione post terremoto per elaborare un programma in cuiviene compresa l'attuazione del “piano delle periferie”9, già approvato dal Comunenel 1980, in cui gli antichi nuclei del contado, i Casali assorbiti dall'espansioneperiferica, fossero il perno attorno a cui far ruotare la riqualificazione urbana e ilrecupero degli alloggi popolari, che furono 3.000 su 8.600 alloggi totali.

Il tema del recupero si è ormai affermato negli ambienti accademici, presso leAmministrazioni e anche presso un pubblico più vasto. Durante gli anni ottanta si èassistito a fenomeni nuovi quali il calo demografico e la deindustrializzazione: il primoha rallentato le pressioni della speculazione edilizia selvaggia che ha degradatol'ambiente e spesso causato una bassa qualità di vita nelle nuove urbanizzazioni, laseconda ha lasciato grandi vuoti nei centri urbani ponendo il problema dellariqualificazione delle aree dismesse. Questi fattori, assieme all'impossibilità di ridurrela città ad una somma di tipi, portano a vedere il recupero come strumento chiave perrileggere la città esistente e progettare quella futura. Esempi notevoli su questetematiche sono l'esposizione dei progetti per il riuso del fabbricato industriale delLingotto di Torino (1984), il programma biennale d'intervento per il recupero dei Sassidi Matera (1988), gli studi per Siena, Piacenza e Città di Castello che propongonometodologie di intervento che consentano la flessibilità d'uso degli edifici nel rispettodei caratteri storici.

La ricerca si indirizza per tutti gli anni Ottanta verso nuovi strumenti di interventoin ambito urbano proseguendo nella direzione di ampliare gli ambiti di recupero, inparticolare nel 1986 l'ANCSA propone l'istituzione del PRU (piano di riqualificazioneurbana), mentre nel convegno del 1989 si discute a Palermo della «dimensioneintegrata del recupero». Queste elaborazioni culturali verranno fatte proprie dallegislatore che negli Novanta approva diverse norme per la riqualificazione urbana,tra cui la Legge 179/92 Norme per l'edilizia residenziale che istituisce i Programmi diintervento e la Legge 493/93 che istituisce i Programmi di Recupero Urbano, siaffidano agli Enti Locali gli strumenti e i finanziamenti per trasformare le tradizionalipolitiche della casa in occasioni per trasformare tessuti urbani consolidati e degradatiper favorire una più equilibrata distribuzione dei servizi e delle infrastrutture emigliorare la qualità ambientale e architettonica dello spazio urbano, al fine di eliminarele condizioni di abbandono e di degrado edilizio, ambientale e sociale che investono learee urbanizzate.

Come già successo nei decenni precedenti, la Nuova Carta di Gubbio del 1990anticipa i temi che saranno oggetto di dibattito, legislazione e applicazione negli anninovanta e duemila. Essa estende il concetto di recupero a tutta la città, allargandol'orizzonte dal “centro storico” al “territorio storico” e ponendo l'accento non più sul“come” intervenire ma sul “perché” si interviene in un modo piuttosto che in un altro:la validità di un progetto è fondata sui suoi fondamenti conoscitivi (concetto espressooriginariamente nel seminario di Gubbio del 1981) e ogni scelta originerà uno scenariodiverso; la conoscenza diventa strumento di tutela dei valori e della memoria in una fasestorica in cui le città sembrano perdere la loro identità a causa di nuovi fattori globalidi cambiamento.

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Verso l'integrazione degli strumenti di governo del territorio e di recuperodell'esistente, in un momento di trasformazioni strutturali della città, non solo italiana,ma europea, una ulteriore evoluzione degli strumenti precedenti è rappresentata dalPRUSST (Programmi di Riqualificazione Urbana e di Sviluppo Sostenibile del Territorio)introdotto con il D.M. 8.10.1998, in cui l'ambito di intervento si amplia rispetto ai PRU,non solo zone di un singolo comune, ma ambiti territoriali più vasti all'interno di quadriprogrammatici organici, in cui si attuano interventi orientati all’ampliamento e allariqualificazione delle infrastrutture, all'ampliamento e alla riqualificazione del tessutoeconomico-produttivo-occupazionale, al recupero e alla riqualificazione dell'ambiente,dei tessuti urbani e sociali degli ambiti territoriali interessati.

A sancire definitivamente l'importanza del paesaggio, anche nell'accezione dipaesaggio urbano, sono la Convenzione Europea del Paesaggio10 nel 2000 e il Codicedei Beni Culturali nel 2004, in cui, al Titolo I della Parte Terza si definisce il paesaggiocome il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali, umani e

dalle loro interrelazioni, si pone come obiettivo la tutela il paesaggio [...], in quanto espressione

di valori culturali con l'obiettivo di salvaguardarli o recuperarli attraverso attività di

conoscenza, informazione e formazione, riqualificazione e fruizione del paesaggio nonché, ove possibile,

la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti e integrati promosse dalle amministrazionipubbliche, sottolineando che la valorizzazione è attuata nel rispetto delle esigenze della tutela.

È il binomio formato da sviluppo sostenibile, nella sua definizione consolidata disostenibilità economica, ambientale e sociale e da tutela dell'identità culturale e storica,il paradigma del recupero dagli anni Novanta fino ai giorni nostri. Il modello divivibilità dei borghi storici italiani è stato oggetto di ricerche internazionali11 enazionali,12 di studi sulla sostenibilità energetica e ambientale finanziati dallaCommissione Europea, ma attualmente sembrano alla ricerca di una nuova definizionein un momento in cui sono gli outlet suburbani e i centri commerciali a sostituire glispazi del centro storico come spazio pubblico contemporaneo per eccellenza. Dopoil recupero fisico del centro storico appare ora necessario recuperare il suo innatodinamismo, senza esasperarne l'immagine secondo stereotipi, la ricerca di vitalità nonpresume l'imitazione degli esempi contemporanei dei “non-luoghi” o “super-luoghi”ma il valorizzare gli spazi dei centri storici come Luoghi tout court, riscoprendo la lorocapacità di far convivere cultura, ambiente, economia e storia, come è avvenuto persecoli fino ai giorni nostri.

1.2 Il recupero dei nuclei storici minori

L'interesse verso i centri storici minori si può ritenere figlio del grande interesse chesi è sviluppato a partire dagli anni Cinquanta intorno al tema della salvaguardia deicentri storici tout court ad opera delle associazioni di tutela, prima fra tutte ItaliaNostra che li ha proposti all'attenzione della società civile e della comunità scientifica,e poi dell'ANCSA che con i vari documenti elaborati decenni prima che divenisserolegge dello stato ha sollecitato il legislatore a porre dei freni e a reindirizzare lo sviluppoedilizio, declinato anche nel tema del recupero.

Oggi finalmente il tema dei centri storici minori sembra attrarre l'attenzione deiricercatori, dei tecnici, degli amministratori e della società come accadde negli annisessanta e settanta per i centri delle maggiori città italiane. Economia, politica, turismo,tecnica urbanistica e architettonica sono solo alcuni dei vari settori della società che sistanno interessando, ognuno secondo le proprie competenze, della tutela evalorizzazione di questi ambiti territoriali. Lo scopo di ognuno, tuttavia, dovrebbeinformarsi a un unico obiettivo: salvare la testimonianza portata da un cospicuo

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patrimonio di edifici, spazi, attività, cultura, storia e identità. Se la sensibilità attuale èrivolta alla tutela e alla conservazione del territorio, non si può non considerare che iborghi adagiati nel paesaggio italiano ne costituiscono una parte caratterizzante,fondamentale e irrinunciabile.

L’unitarietà e l'integrità degli spazi, degli edifici, dei materiali di questi luoghicostituiscono valori da tutelare, da valorizzare e da comunicare. In questo sensovarie associazioni e iniziative descritte in questa ricerca di muovono verso unadirezione corretta: il Club dei Borghi Antichi, le Bandiere Arancioni, per citarne unpaio, e varie numerose iniziative dei singoli territori consentono di mantenere in vitaquesti nuclei storici, di mantenere attiva la comunità che vi abita e far conoscere alpubblico vasto la bellezza e le potenzialità di questi luoghi, offrendo attività diindubbio interesse che nella vita della maggior parte di noi si sono dimenticati.

I centri storici minori rappresentano un patrimonio storico-architettonico-urbanistico da preservare dal degrado e dall'oblio con azioni di rivitalizzazioni che neevitino lo spopolamento, in atto da molti decenni, e lo stato di definitivo abbandono.Una legge per la rivitalizzazione dei centri storici minori13 e il sostegno alle attività chevi si svolgono è in fase di approvazione al Parlamento, nel testo vengono definitidestinatari del provvedimento i comuni al di sotto dei 5.000 abitanti, ma appareevidente che questa definizione non è sufficiente a definire cosa si intende per centrostorico minore. Come analizza Gian Ludovico Rolli14, i comuni con una popolazioneal di sotto dei 5.000 abitanti sono 5868 su 8101 comuni italiani ed è un dato risaputoche ogni comune abbia più frazioni e borghi al suo interno, la stima dei borghi antichiarriva così a circa 20.000, la maggior parte dei quali rappresenta un valore storico-artistico e sovente versa in condizioni di abbandono e degrado. Spesso, tuttavia, questicomuni di qualche migliaio di abitanti godono di una certa vitalità, e a seconda deicontesti territoriali (si pensi all'entroterra appenninico) possono costituire delle piccolecittà che non necessitano così urgentemente di essere salvate. Verso dove bisognaindirizzare questi sforzi di valorizzazione prima che l'abbandono e il degrado diventinoirreversibili? Molto probabilmente in quei nuclei che, penalizzati dallo spostamento deibaricentri produttivi (industrializzazione) e dalla necessità di nuovi stili di vita (urbani),non sono stati in grado di ammodernarsi e, proprio per questo, appaiono oggi ai nostriocchi come dei brani intatti della storia che si sta dimenticando. I centri storici, chesarebbe meglio definire antichi, piuttosto che storici in quanto non si possono metterequesti luoghi fuori dalla storia, che hanno risentito pesantemente di questa cesuraepocale per la società italiana, dalla metà del novecento in poi hanno iniziato aspopolarsi per motivi economici e demografici, a favore di grandi centri urbani o diquelli minori ma prospicienti le città o grandi vie di comunicazione.

Elio Piroddi nota che con questi nuclei collassati «si sono formate aree di vera e propria

marginalità, non recuperabili per forza propria, ma sono con eventuali iniezioni dall'esterno. [...]

Migliaia di piccoli comuni, frazioni, borghi che costituiscono il giacimento forse meno celebrato e più

nascosto, ma anche il tessuto connettivo della nostra storicità urbanistica. Ma, come spesso accade nella

storia dell'uomo, il rischio della perdita di un bene ha fatto crescere la consapevolezza del suo valore.»15

Le azioni di recupero non possono prescindere dalla conoscenza approfondita delnucleo consistente nell'individuazione e comprensione delle dinamiche demografiche,di crescita economica, dei rapporti topografici col territorio circostante, di sviluppourbanistico nonchè delle tipologie dell'edilizia storica e delle tecniche costruttive locali.

Sebastiano Monti identifica una delle problematiche relative al recupero dei centristorici minori nel loro isolamento, geografico e sociale. «La debolezza tradizionale dei

centri storici minori, misurata in genere secondo la dimensione socio-demografica (spopolamento e

invecchiamento), economica e della marginalità (bassi livelli occupazionali, scarsi investimenti

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produttivi), oltre che dell’abbandono del patrimonio abitativo per lo più fatiscente e repulsivo, va

sicuramente combattuta ed eliminata innanzitutto con la costruzione di regole precise relative

all’insediamento umano e all’affermazione di una cultura di auto-governo, capace di esprimere e

rafforzare un adeguato progetto sostenibile in direzione di un razionale governo dei processi di

trasformazione, utili a «riabilitare» ed a «fare riabitare» spazi altrimenti refrattari ad uno stabile e

funzionale insediamento umano e produttivo, nel quadro di una politica complessiva mirante a

riaffermare in modo prioritario una diffusa e variegata sostenibilità globale (sostenibilità ambientale,

territoriale, sociale, politica ed economica), che consideri i centri storici minori non come organismi a sé

stanti, ma come parti di un sistema organicamente articolato».16

Il recupero fisico e la valorizzazione dei centri storici minori, identificati nella loropiccola dimensione e nella loro numerosità, quindi, non può non passare ancheattraverso una messa in rete di altri nuclei, accomunati da una caratteristica fisica,dall'appartenenza ad uno stesso territorio o da un'attività comune. Un esempio disistema territoriale locale, di più borghi solidali interagenti tra di loro all'interno di unprogramma comune è rappresentato dai “Borghi sostenibili del Piemonte” perrinnovare la tipologia di offerta turistica in una chiave di sostenibilità ambientale o dalPIT “Borgo Terminio Cervialto” in provincia di Avellino in cui alla ricostruzione delborgo medievale di Castelvetere sul Calore si sono affiancati processi diriqualificazione urbana dei comuni circostanti in cui ogni borgo si è specializzato in unanicchia di attività destinata alla fruizione turistica.

Da quanto esposto finora emerge la necessità di politiche pubbliche cheincentivino questo tipo di recupero, in quanto oltre all'effetto positivo del restauro deisingoli manufatti si viene a creare una catena virtuosa di cui può beneficiare l'interacomunità di un territorio.

1.3 Il recupero sostenibile del patrimonio esistente

Da sempre l'uomo ha ripensato il patrimonio edilizio e urbano ereditato dai propripredecessori, bisognoso di soddisfare le mutate esigenze della società, ma ancheconsapevole della scarsità delle risorse, nei secoli si sono riadattati ai più diversi usi gliedifici nati con funzioni diverse, mutandone spesso la forma oltre che il significato. Èquello che si è fatto con gli anfiteatri e i templi romani, trasformati in fortezze e chiese,ma è anche quello che ancora oggi facciamo noi trasformando residenze nobiliari inmusei e monasteri in sedi universitarie.

Il modo di operare, da allora ad oggi, è molto cambiato. Le trasformazioni attualitendono a tenere in considerazione la compatibilità delle nuove funzioni con laconservazione della testimonianza storica del manufatto, non solo per gli edifici dimaggior pregio di cui si occupano con attenzione le discipline afferenti al restauro,ma anche per il patrimonio minore riconosciuto sia nel valore economico sia in quellostorico.

Questo discorso, valido per ogni edificio esistente, lo è ancora di più se calato nellarealtà dei centri storici minori descritti nei paragrafi precedenti. Gli aspetti daaffrontare, nella realtà di oggi, sono di due tipi: la rifunzionalizzazione - valorizzazionedei fabbricati e il loro recupero edilizio in termini di sostenibilità e risparmioenergetico. Si tratta di un intervento che mira all'individuazione di una destinazioned'uso compatibile con le forme, il luogo e i materiali, che renda l'intera operazionesostenibile anche dal punto di vista economico e al consolidamento-recupero dellamateria.

Il recupero del patrimonio esistente nei centri storici minori riguarda non solo illoro aspetto tecnologico, funzionale e normativo, ma anche al mantenimento dei loro

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caratteri storici. Anche se spesso non si tratta edifici vincolati, l'approccio dovrebbepuntare agli obiettivi propri del recupero degli edifici tutelati, in particolare mantenerele informazioni contenute nelle sue forme e nelle sue componenti, conservarnel'integrità e assicurare la protezione dei suoi valori culturali.

1.3.1 La conoscenza come strumento

Date queste premesse diventa imprescindibile un progetto di conoscenza, i cuiscopi sono in particolare di capire le cause che hanno portato al degrado le strutturemateriali e reperire le informazioni sui metodi costruttivi locali dell'epoca, per poter inseguito elaborare una risposta ottimale nel progetto di restauro e recupero. In relazioneai diversi obiettivi dovranno essere elaborati diversi livelli di conoscenza da elaboraree restituire criticamente

Sinteticamente si può affermare che il progetto di conoscenza in un recupero siarticola in due grandi parti: l'analisi del contesto e l'analisi dei manufatti.

L'analisi del contesto è una componente spesso sottovalutata negli interventi direcupero, ma di importanza fondamentale per la valutazione della sua fattibilità e dallaquale spesso emergono elementi decisivi per il progetto. La conoscenza del contestoavviene attraverso il rilievo e l'analisi di tutti quei fattori ed emergenze che sono tipicidel territorio, in un'area di influenza che sarà commisurata alla portata dell'interventoa cui si deve dare risposta progettuale.

Gli elementi di cui tener conto sono molteplici e i metodi per reperire i dati sonovari, e dovranno essere calibrati sulle necessità di informazioni richiesta dallo specificocaso. Tra gli aspetti da indagare vi è sicuramente l'accessibilità, in funzione dell'uso chesi prevede dell'edificio, quindi strade, autostrade e parcheggi, ma anche mezzi pubblicidi linea, ferrovie, distanza dalle fermate, dai porti e dagli aeroporti, tempi di percorrenza.L'analisi dell'evoluzione territoriale e urbanistica dell'abitato tramite carte storiche edelle tecniche costruttive tramite manuali sull'edilizia storica. Lo studio dei vari pianivigenti (comunali, paesistici, di coordinamento, tematici), delle norme locali(regolamenti edilizi e di igiene), di eventuali vincoli, ma anche lo studio dellecaratteristiche del lotto, distanze dai confini e da facciate esistenti. Lo studio poi potràapprofondirsi fino ad analizzare ai vari livelli le funzioni primarie insediate o di progetto,nonchè la presenza di servizi e di attività commerciali. L'elenco dei fattori di analisipotrebbe comprendere ancora numerosissimi elementi, ma questi potranno essereindividuati efficacemente solo di volta in volta dai tecnici incaricati di effettuare l'analisio redigere il progetto, tenendo sempre presente che il progetto dovrà dare risposta allecriticità emerse e sfruttare o enfatizzare le potenzialità del territorio e del contesto.

La conoscenza dell'edificio ha come obiettivo l'individuazione dei metodi diintervento più adeguati per risanare i degradi e delle soluzioni tecniche per le parti nuovee per un'adeguata impiantistica. L'analisi del manufatto inizia certamente con il rilievometrico e la sua restituzione grafica che permette di effettuare le prime ipotesi, ma ciònon prescinde da una adeguata conoscenza della storia e delle tecniche costruttive delluogo, solo in mancanza delle quali si potrà ricorrere a saggi di campioni e costose analisicon particolari telecamere. La conoscenza della stratigrafia si involucri, copertura esolaio rappresenta senza dubbio la parte più complessa di questa parte di lavoro pre-progettuale, ma con un'adeguata conoscenza dei dati dimensionali e una buonaconoscenza delle tecniche costruttive locali si può giungere alla formulazione di unaricostruzione attendibile delle caratteristiche e prestazioni di un edificio. Questo puòessere sufficiente o meno in ragione di obiettivi progettuali, di importanza di un edificio,di previsione di interventi di demolizione o di aggiunta; in tal caso, se dall'incrocio deidati ricavati non emerge un quadro sufficientemente chiaro sullo stato di fatto, si

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valuterà se indagare con metodi invasivi come demolizione di parti e prelievi o consofisticate analisi non invasive come con termocamere e endoscopi.

Questa prima ricognizione degli elementi di contesto e la valutazione dellecaratteristiche e delle potenzialità dell'edificio, permette di poter stabilire l'opportunitàdell'intervento e suggerire le eventuali funzioni compatibili nel caso sia previsto uncambio di destinazione d'uso. Da questo paragrafo si comprende come non possaesistere una griglia di operazioni univoca per gli interventi di recupero, ma per tutte levarie voci deve essere definita una soglia minima di conoscenza in relazione agli scopi chesi vogliono perseguire, sia a livello urbano-territoriale per esempio un cambio d'uso daabitazione ad albergo diffuso, sia a livello edilizio come un adeguamento normativo, unamanutenzione straordinaria, un risanamento energetico, una trasformazione integrale.

1.3.2 Il recupero ecoefficiente del costruito

L'architettura del passato, soprattutto quella rurale, ha sempre prestato attenzioneal clima come importante componente del progetto, nella consapevolezza che unedificio opportunamente costruito e ben orientato, a parità di costo, avrebbe garantitonel lungo periodo risparmio e un maggior comfort interno, sia estivo che invernale. Lafebbre edilizia del dopoguerra, in parte a causa di fenomeni speculativi e in parte acausa della necessita di dare o ridare una casa a tutti gli italiani, sembra aver fattodimenticare fino agli anni novanta l' importanza del buon costruire, sia a livello dirisparmio energetico sia di benessere e salubrità degli alloggi.

Sono state proprio le caratteristiche climatiche e la necessità di reperire materiali dacostruzione a breve raggio che hanno permesso la costruzione nei secoli del grannumero di paesaggi di cui è ricco il nostro paese, ogni luogo possedeva un tipo benfunzionante in funzione del clima e delle risorse locali.

L'architettura bioclimatica, di cui si sta riprendendo coscienza oggi non fa altroche riprendere un sapere antico che era stato accantonato dalle tecnologie di controlloambientale che si sono sviluppate negli ultimi decenni e hanno fatto in modo di potercostruire uno edificio in ogni luogo e con ogni orientamento, dimenticando che inmancanza di energia artificiale, le condizioni di comfort interno ne sarebberofortemente compromesse. L'architettura bioclimatica, invece, si concretizza in unmodello abitativo che garantisce un adeguato comfort abitativo con il controllo passivodel microclima, riducendo o eliminando completamente l'uso di impianti meccaniciper il condizionamento invernale o estivo.

Il recupero ecoefficiente del costruito supera il concetto di efficienza energetica,integrandolo in uno più ampio che tiene conto anche della salubrità degli ambienti divita, alla durabilità e manutenibilità dei materiali da costruzione per tutto il loro ciclodi vita, tenendo conto anche dell'energia grigia, l'energia impiegata per le fasi direalizzazione, trasporto, installazione, dismissione o sostituzione del prodotto e dellecomponenti. Pertanto tale modalità di intervento rappresenta una doppia vantaggiosaopportunità in quanto consente da un lato di rendere efficienti gli edifici dal punto divista energetico, e dall'altro permette il recupero del patrimonio edilizio conconseguente riduzione del consumo di territorio. Inoltre, se compiuto in sinergia conle amministrazioni locali, la cultura del recupero può coniugare le istanze della tutelaambientale a quelle di riqualificazione urbana e di promozione sociale; è quanto staavvenendo secondo le linee guida europee della riqualificazione e del recuperosostenibile nei quartieri di edilizia pubblica, in cui si tenta di realizzare nuove condizionidi benessere fruitivo all'interno di una qualità globale.

Tiziana Ferranti ricorda che in Italia «i contratti di quartiere dimostrano l’apertura anche

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del nostro Paese verso le politiche d’intervento integrato sull’esistente.

Politiche capaci di risolvere in modo complessivo il problema del recupero attraverso il miglioramento

dell’accessibilità delle aree periferiche, la realizzazione di nuove connessioni urbane, il miglioramento della

fruizione dello spazio collettivo quale connettivo tra gli edifici, l’incremento delle dotazioni impiantistiche,

l’aumento delle diversità tipologiche, un miglioramento complessivo della qualità ed un adeguamento

della flessibilità d’uso in funzione dei nuovi modelli abitativi contemporanei.»17

A differenza di questi edifici di edilizia residenziale pubblica, gli edifici storici,oggetto di studio di questo approfondimento, presentano buone caratteristiche dibioecologicità e sostenibilità dei materiali, ma presentano in molti casi problemi diinefficienza energetica, scarsità di illuminazione e di aerazione secondo le esigenzeabitative di oggi. Grazie alle buone tecniche costruttive si cui si accennava sopra,prima tra tutte la grande inerzia termica dovuta alle masse murarie, il raggiungimentodei comfort termoigrometrici e del risparmio energetico è un obiettivo alla portatadelle attuali tecniche di recupero utilizzando materiali naturali e sostenibili, nel solcodella tradizione costruttiva. L'uso di questi materiali deve però accompagnarsi anchea un'attenta progettazione, all'analisi del contesto e all'utilizzo di fonti energeticherinnovabili.

Il recupero ecoefficiente di un edificio di valore storico e architettonico richiedecapacità e attenzione progettuali maggiori di quanto richiesto da un edificio privo diqualità, in quanto i gradi di libertà sono minori sia a livello tecnologico che formale; daessi viene richiesta una maggiore consapevolezza nel perseguire il duplice obiettivo delmiglioramento delle prestazioni e della conservazione dei caratteri architettonici. A talfine si devono elaborare soluzioni innovative che si interfaccino correttamente con letecniche costruttive e i materiali della tradizione, quali la pietra, il laterizio, il legno e laterra; questi materiali sono facilmente reperibili in loco, spesso riutilizzabili e provenientida cicli di produzione scarsamente inquinanti. Non bisogna scordare, inoltre, chel'utilizzo di materiali naturali, oltre ad avere minore impatto ambientale, ha semprebenefici per la salute di chi andrà ad abitare quegli edifici.

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Capitolo secondo

Valorizzazione

La valorizzazione di un bene culturale, sia esso un edificio, un paesaggio o unatradizione, gli attribuisce il riconoscimento della sua importanza nel sistema di valoridi una comunità. Questa azione, culturale e comunicativa, si inserisce nella rete disimboli che contribuisce alla definizione di un territorio18.

Diventa essenziale prima di prendere in considerazione la valorizzazione sotto-lineare che cosa si intende per patrimonio culturale. Nel D.Lgs del 22 gennaio 2004n. 42, all’art.1 si chiarisce che «Il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni

paesaggistici e l’art. 2 chiarisce che sono beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi de-

gli articoli 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico

e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi

valore di civiltà». Sul patrimonio culturale è particolarmente significativa anche la de-finizione di paesaggio che dà Alberto Predieri: «il paesaggio non significa solamente le ‘bel-

lezze naturali’ o anche quelle che ad opera dell’uomo sono inserite nel territorio, né la sola natura,

ma la forma del territorio, o dell’ambiente, creata dalla comunità umana che vi si è insediata, con

continua interazione della natura e dell’uomo19».Sempre seguendo la definizione affermata dal codice dei beni culturali la valo-

rizzazione è intesa come «esercizio delle funzioni e delle discipline della attività dirette a pro-

muovere la conoscenza del patrimonio culturale e assicurare le migliori condizioni di utilizzazione

e fruizione pubblica del patrimonio stesso al fine di promuovere lo sviluppo delle cultura20».Da questo punto è facile intuire che la valorizzazione è fortemente vicina al con-

cetto di tutela e conservazione ma non può esserne sinonimo. Andrea Carandini, Presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali, duran-

te la giornata di studio organizzata dal FAI21, spiega che il concetto di tutela, pur es-sendo unico, si articola in tre componenti essenziali: conoscenza, tutela e valorizza-zione di cui solo la tutela è, e deve restare, competenza esclusiva delle Soprintendenze, le quali so-

le possono garantirla, al di sopra di ogni altro interesse economico e sociale, come vuole la nostra Co-

stituzione. Le Università devono affiancare le Soprintendenze per la conoscenza, presupposto es-

senziale della tutela, e gli enti territoriali devono partecipare alla valorizzazione, che senza cono-

scenza e tutela non avrebbe senso. Carandini considera la valorizzazione come una serie diazioni che portano a tradurre il bene culturale in narrazione storica capace di arriva-re alle grandi masse, con la coscienza che non tutto può essere valorizzato. I beni cul-turali costituiscono un tessuto di cultura visibile, che contiene solo in potenza la informazione sto-

rica, che per tradursi in atto va esplicitata ai visitatori. Comprendiamo che per Carandini lavalorizzazione è fondata sulla conoscenza e sull’informazione.

Durante la stessa giornata di studio Roberto Cecchi, Direttore Generale per i be-ni architettonici e paesaggistici del MiBAC, parte dalla considerazione del bisogno di va-lorizzazione dei beni culturali in vista del loro non rendimento economico. Emerge dal-

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la sua analisi il problema più rilevante nel concetto di valorizzazione, ossia la sua unionecon la tutela. Il limite della valorizzazione sta nella tutela, qualsiasi impresa di valorizzazione

non può incidere il recinto della tutela. Deve fermarsi obbligatoriamente su quel confine. Ma tute-

lare che cosa significa? Tutelare vuol dire che non si possono fare azioni che superino quei presidi po-

sti a garanzia “della protezione e della conservazione per fini di pubblica fruizione. Lo stesso tema viene affrontato da Andreina Ricci che sottolinea il nesso tra la tute-

la, l’utilizzo, il recupero e la valorizzazione dichiarando che «si è arrivati così a una certasclerotizzazione dei ruoli e dei saperi, secondo una schema che vede da un lato i profa-natori del tempio e dall'altro i difensori; e ciò risulta deleterio quando interferisce sul rap-porto tra tutela e valorizzazione. La valorizzazione deve essere uno strumento per la co-noscenza, non una minaccia alla tutela»22.

La valorizzazione è diventata negli ultimi anni un’opportunità concreta di investi-mento, oltre alla sua funzione educativa e materiale tangibile della memoria storica, il pa-trimonio culturale è riconosciuto come luogo dove intraprendere iniziative culturali eazioni capaci di sviluppare il livello socio-economico locale e del territorio23. Non solo,la valorizzazione diventa il prodotto esportabile dell’insieme dato dal territorio, il pae-saggio, il beni culturali e la collettività. Infatti diventano essenziali per un intervento di va-lorizzazione vincente il sostegno e l’approvazione della collettività che diventa garante eproprietario del patrimonio stesso.

Il processo assume significato quando si rende portatore di messaggi culturali e di si-nergie nate sul territorio; se inteso come semplice processo economico, l’intervento per-de il suo aspetto identitario e sinergia territoriale, diventando un semplice intervento abreve periodo destinato al fallimento o alle denaturalizzazione dell’offerta. La valorizza-zione deve rendere fruibili i beni culturali in comunicazione con il territorio in modo dacomunicarne, esportarne e rendere attraente il significato intrinseco di valore della ci-viltà24. Anche Luisa Bonesio indica che il territorio non è un deposito inerte e fermo dirisorse e di beni, ma lo considera come un patrimonio di valore inalienabile e inimitabi-le, quindi unico, che racchiude specificità culturali, storiche e artistiche da tutelare e va-lorizzare in un’ottica di sviluppo sostenibile.

La conoscenza è il legame con il territorio, è il frutto di una riflessione che met-te in luce anche le teorie del restauro, rilevando che la valorizzazione dei beni cultu-rali non può essere solo più estetico ma deve acquisire un criterio ermeneutico co-me quello sostenuto da Urbani. A questo proposito Andreina Ricci mette in guardiadal pensare che accumulare frammenti di preesistenza sia uguale all’accomunare me-moria, sottolineando l’importanza della riattualizzazione dell’azione, attestando cheil ricordare può avvenire solo nel presente25.

La valorizzazione, come commercializzazione dei beni culturali o trasformazio-ne della cultura in prodotto economico, è stata ampiamente criticata soprattutto dal-le associazioni e dai comitati cittadini che trovano accordo sull’intendere l’azionecome un’opportunità di crescita e di investimento per il mercato culturale, puntan-do all’allargamento del pubblico e alla fruizione compatibile e sostenibile dell’offer-ta culturale presente sul territorio. Il Premio Nobel Elionor Ostrom26 fornisce un’in-teressante osservazione sulla gestione dei beni collettivi che può essere facilmente ri-condotta ai beni culturali; il suo studio rileva che la privatizzazione delle risorse e legestioni centralizzate oltre ad essere molto costose sono inefficaci, mentre prevedeun utilizzo organizzato con regole spontanee e doveri gestionali, la studiosa affermache attraverso, in una logica di autogoverno dei beni pubblici, si possa evitare losfruttamento eccessivo favorendo il sostegno dell’azione collettiva27, riferito ai beniculturali. Questa teoria darebbe l’opportunità alla collettività di inserirsi nella vitaattiva dell’offerta culturale fornendo i requisiti fondamentali di una valorizzazione

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adeguata e orientata al mercato, come la riconoscibilità e l’accessibilità28. Inoltre si deve considerare una sorta di subordinazione della valorizzazione alla

tutela dei beni culturali, per ovvi motivi di degrado e di denaturalizzazione del bene.La tutela è di importanza prioritaria, oltre ad essere dettata dall’art. 9 della Costitu-zione italiana: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecni-

ca. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione», è definita rispetto allosviluppo anche nell’art. 3-ter e quater del D.Lgs. n. 152 del 2006 che chiarisce che leazioni della pubblica amministrazione devono essere finalizzate a dare primaria con-siderazione alla tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale.

Una politica rivolta alla sinergia di conservazione e valorizzazione tutela e pre-viene eventuali impatti negativi sulle realtà locali, allungandone la durata nel tempoe la redditività. Tale aspetto viene anche tenuto in considerazione dall’Organizza-zione Mondiale del Turismo che consiglia di adeguare l’offerta turistica alle aspetta-tive del visitatore valorizzando il patrimonio culturale territoriale, tenendo contodell’impatto ambientale e della sostenibilità del territorio.

Il rischio che la valorizzazione non tenga in primaria considerazione la tutela è laperdita della memoria storica e del patrimonio che rende quel territorio unico nel-l’offerta; inoltre il riscontro si ha anche a livello economico, nella perdita di attratti-vità del luogo: degradando e abusando del patrimonio viene a mancare il principiobase fondamentale della valorizzazione. La valorizzazione rappresenta un fattorechiave per la competitività territoriale e per la qualità della vita; inoltre, come già sot-tolineava OECD nel 2005, valorizzare un territorio partendo dalla valorizzazione diun bene culturale significa aumentare l’ attrattività e l’offerta locale favorendo inve-stimenti economici non solo culturali29.

L’integrazione con il territorio e con le comunità locali diventa elemento essenzialeper permettere lo sviluppo dell’offerta economica dei beni culturali. La vera opportunitàe sfida negli ultimi anni per i beni culturali è stata l’integrazione delle politiche di inter-vento tra Stato, enti locali e privati, che – oltre al recupero – si sono orientati verso la pro-mozione e la gestione programmata di azioni indirizzate alla valorizzazione e alla soddi-sfazione dei nuovi bisogni di conoscenza di un pubblico più esigente. Il coinvolgimentodei privati nella valorizzazione è espresso nel codice dei beni culturali che stabilisce chegli interventi possano essere sia di iniziativa pubblica che di iniziativa privata, definendol’iniziativa privata come un’attività socialmente utile e di solidarietà sociale, non preve-dendo quindi l’intervento privato in chiave economica e di profitto.

L’ importanza rilevante nella valorizzazione dei beni culturali di origine privata èrappresentata dalle Fondazioni bancarie, le quali entrano in gioco dove la sinergiaeconomica tra Stato e Regioni non riesce a colmare le numerose lacune presenti nel-la realtà dei beni culturali. Le Fondazioni bancarie per statuto perseguono scopi diutilità sociale nei settori dell’arte, dei beni storici e delle attività culturali.

Facendo rifermento ai dati ACRI30 tra il 2008 e il 2009 l’erogazione all’arte, alleattività e ai beni culturali è stata di 408,3 milioni di euro pari al 29,40% degli investi-menti totali a fronte di 9.103 iniziative. Dal Rapporto in esame si nota che l’erogazioneper la conservazione e la valorizzazione dei beni architettonici e archeologici riman-gono l’ambito principale di intervento. Il contributo delle Fondazione è destinatomaggiormente al recupero del patrimonio monumentale, soprattutto nei centri sto-rici, inoltre gli interventi puntano all’aumento della fruibilità dei beni culturali daparte dei cittadini, favorendo attività di valorizzazione e nuove destinazioni funzio-nali di interesse pubblico. Per favorire l’intervento delle Fondazioni bancarie nel feb-braio del 2009 è stata sancita un’intesa fra il MiBAC e ACRI.

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Capitolo terzo

Recupero e valorizzazione verso il turismo sostenibile

Il recupero e la valorizzazione dei borghi medioevali minori sono spesso pro-mossi al fine di creare una nuova opportunità economica per il territorio. Creandouno spazio attraente si promuove il recupero e la valorizzazione ambientale e cultu-rale a fini turistici attraverso interventi mirati e integrati che permettano di metterea sistema l’offerta del luogo coinvolgendo operatori pubblici e privati.

3.1 Turismo sostenibile: il quadro internazionale

Il Turismo sostenibile si inserisce nei principi più ampi dello sviluppo sostenibile(tollerabile a lungo termine dal punto di vista ecologico, realizzabile sul piano econo-mico, equo sul piano economico e sociale per le popolazioni locali) di cui, di volta involta, costituisce una specificazione. La prima definizione di turismo sostenibile risa-le al 1988 e si deve al UNWTO31: «le attività turistiche sono sostenibili quando si sviluppano in mo-

do tale da mantenersi vitali in un’area turistica per un tempo illimitato, non alterano l’ambiente (na-

turale, sociale ed artistico) e non ostacolano o inibiscono lo sviluppo di altre attività sociali ed econo-

miche»; questa definizione segue al Rapporto Brundtland32 del 1987 in cui veniva de-scritto come sviluppo sostenibile lo “sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compro-

mettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni». In relazione al turi-smo, secondo il Rapporto Brundtland le attività turistiche sostenibili sono quelle chenon alternano l’ambiente, non ostacolano le altre attività sociali ed economiche, man-tenendosi vitali per un tempo illimitato, in questo modo si mira alla redditività di un da-to territorio nell’ottica di lungo periodo.

Nel 1992 la Conferenza Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo33 promossa dall'O-

NU avvia il programma Agenda 21, con esso si gettano le fondamenta per l’avvio di unpercorso di sostenibilità che integra sviluppo e tematiche ambientali. L’approvazionedel documento Agenda 21, che costituisce il programma d’azione per il XXI secolo,promuove tra le azioni da intraprendere il ruolo del turismo per la salvaguardia delle ri-sorse naturali. Con la Conferenza Mondiale sul Turismo Sostenibile34 del 1995 WTO,UNEP35, UNESCO e UE scrivono la Carta per il turismo sostenibile (Carta di Lanzarote)in cui si sanciscono i principi base di un turismo sostenibile, definendone le priorità egli obiettivi, fa appello ai governi affinché adottino Piani di sviluppo sostenibile nel tu-rismo e propone concrete linee d’azione da intraprendere. Si rivolge inoltre agli ope-ratori del settore e ai turisti stessi esortandoli all’adozione di nuovi modelli comporta-mentali, che consentano una crescita razionale e responsabile.

Un ulteriore attore del turismo mondiale è il World Travel and Tourism Council(WTTC) che rappresenta il settore industriale dei viaggi e turismo a livello mondiale. Nel1996 la definizione di turismo sostenibile data dal WTTC, assieme al WTO e al Consigliodella terra è «Lo sviluppo turistico sostenibile soddisfa le esigenze attuali dei turisti e delle regioni di

accoglienza, tutelando nel contempo e migliorando le prospettive per il futuro. Esso deve integrare la ge-

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stione di tutte le risorse in modo tale che le esigenze economiche, sociali ed estetiche possano essere sod-

disfatte, mantenendo allo stesso tempo l’integrità culturale, i processi ecologici essenziali, la diversità bio-

logica e i sistemi viventi36». Dal 2003, con la “Blueprint for New Tourism37” il WTTC inco-raggia i governi ad adottare una politica di sviluppo sostenibile del turismo; si tratta diuna strategia che tenta di far coesistere gli interessi economici dell’industria con gli in-teressi delle autorità governative e quelli delle comunità locali.

L'ultima definizione di turismo sostenibile che l’UNWTO ha elaborato risale al 2004ed è di tipo operativo: Linee-guida e prassi di gestione per lo sviluppo sostenibile del turismo sono

applicabili a tutte le forme di turismo in tutti i tipi di destinazioni, compreso il turismo di massa e i va-

ri segmenti del turismo di nicchia. I principi della sostenibilità riguardano gli aspetti ambientali, eco-

nomici e socioculturali dello sviluppo del turismo e un idoneo equilibrio deve essere instaurato tra que-

ste tre dimensioni per garantire la sostenibilità nel lungo termine.

Di conseguenza, il turismo sostenibile deve: utilizzare al meglio le risorse ambientali che rappre-

sentano un elemento chiave dello sviluppo del turismo, preservando i processi ecologici essenziali e faci-

litando il mantenimento delle risorse naturali e della biodiversità; rispettare l'autenticità sociocultura-

le delle comunità ospitanti, conservare il loro patrimonio architettonico, di vita e di cultura e favorire

la comprensione e la tolleranza interculturale; assicurare operazioni economiche proficue di lungo pe-

riodo, offrendo benefici socioeconomici equamente distribuiti tra tutti gli interlocutori sociali, tra cui oc-

cupazione stabile, possibilità di conseguire un reddito e servizi sociali per le comunità ospitanti, non-

ché contribuendo alla riduzione della povertà.

Lo sviluppo del turismo sostenibile richiede la partecipazione informata di tutti i soggetti interes-

sati, una forte leadership politica per assicurare un’ampia adesione e stabilire il consenso. Realizzare

il turismo sostenibile è un processo continuo che richiede un costante monitoraggio degli impatti, con ap-

plicazione di misure preventive e/o correttive ogni volta che sia necessario. Il turismo sostenibile dovrebbe

anche mantenere un alto livello di soddisfazione turistica e assicurare al turista un’esperienza signifi-

cativa, accrescendo la sua consapevolezza riguardo alle problematiche di sostenibilità e favorendo le pra-

tiche di turismo sostenibile tra i turisti38. Non si tratta di una definizione rigida quanto di una cornice concettuale destinata

a favorire una comprensione reciproca dello sviluppo sostenibile del turismo; essa vie-ne utilizzata come base per elaborare statistiche e indicatori relativi al monitoraggio de-gli impatti ambientali e socioculturali del turismo.

Il WTO e l'UNEP hanno elaborato nel 2005 una guida39 di approcci e strumenti efficaciper lo sviluppo e l'implementazione di politiche per il turismo sostenibile. I principi delturismo sostenibile sono analizzati dettagliatamente e vengono fornite raccomandazio-ni utili per il governo delle attività turistiche. Vengono delineati i 12 obiettivi del turismosostenibile: vitalità economica, prosperità locale, qualità del lavoro, equità sociale, soddi-sfazione dei visitatori, controllo locale, benessere della comunità, ricchezza culturale, in-tegrità fisica, diversità biologica, efficienza delle risorse, purezza ambientale.

Ai sopracitati fondamentali incontri internazionali e ai documenti che ne sono sca-turiti, hanno avuto luogo ulteriori dibattiti che ne hanno meglio declinato i significatiper paradigmi specifici del turismo come la Dichiarazione di Calvià (1997) e la Carta diRimini (2001) che interessano le aree del Mediterraneo, la Dichiarazione di Montreal(1996) e la Dichiarazione di Manila (1997) che contemplano gli aspetti sociali del turi-smo, la Dichiarazione di Djerba (2003) che riconosce la reciproca influenza tra turismoe cambiamenti climatici, il Codice Mondiale di Etica del Turismo (Santiago del Cile,1999) che promuove un turismo responsabile e sostenibile, accessibile a tutti e equonella condivisione dei benefici a tutti i settori della società, Questo tipo di accordi in-ternazionali, iniziati ormai da più di vent’anni, ha avuto indiscussi effetti positivi sul rio-rientamento delle politiche turistiche di molti paesi e dell'Unione Europea che hannointrodotto nei rispettivi ordinamenti norme che riconoscono e tutelano il valore in-

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trinseco dell’ambiente. Esso, nei suoi molteplici aspetti, costituisce la base dello svi-luppo turistico, di cui costituisce la variabile più fragile e, al contempo, più necessaria.

3.2 Turismo sostenibile: il quadro dell’Unione Europea

Il turismo è un’opportunità economica che risulta di rilevante peso nell’UnioneEuropea come dimostra la Comunicazione della Commissione UE del 200740, la qua-le riconosce il ruolo cruciale del turismo, come settore chiave dell’economia europeain quanto può avvalersi di una vasta gamma di prodotti e di destinazioni grazie al suopatrimonio storico, artistico e culturale.

Il Trattato di Lisbona41 attribuisce per la prima volta competenza specifica sul turismoall’Unione Europea, dove nell’art. 195 l’Unione Europea può promuovere la competi-tività delle imprese in tale settore e incoraggiare la creazione di un ambiente propizio alloro sviluppo, oltre a favorire la cooperazione tra Stati membri, in particolare attraversolo scambio delle buone pratiche e sviluppare un approccio integrato al turismo garan-tendo che questo settore sia preso in considerazione nelle sue altre politiche.

La UE è la prima destinazione turistica mondiale con i suoi 380.000.000 di arrivi tu-ristici pari al 42% degli arrivi internazionali del mondo nel 2007, il flusso è aumentatodi 55.000.000 di arrivi rispetto al 200042. L’industria turista dell’UE genera più del 5%del PIL, indirettamente genera il 10% occupando circa il 12% della forza lavoro. Nel-l’ottica di valorizzare e promuovere le risorse ambientale e culturali la UE si orienta adun ampliamento dell’offerta turistica, dando maggior spazio al cosiddetto turismo dinicchia anche attraverso il Progetto Eden43, un progetto che promuove lo sviluppo dimodelli di turismo sostenibili in tutta l’Unione Europea.

Nel 2002 l’Unione Europea promuove uno studio dal titolo Using natural and cultural

heritage for the development of sustainable tourism in non-traditional tourism destinations44 nel qualesi evidenziano le sfide e le opportunità del turismo basato sul patrimonio ambientale eculturale di destinazioni non convenzionali. Il turismo esaminato è quello del tempo li-bero e delle aree rurali, una panoramica interessante per gli interventi e le politiche adot-tate per la valorizzazione dei centri minori e del turismo di nicchia.

Dopo l’accettazione globale dell’espressione sviluppo sostenibile ci sono state nu-merose interpretazioni che hanno declinato la sostenibilità nei vari settori economicie campi accademici, così è accaduto anche per il turismo. Come è accaduto per il con-cetto di sostenibilità che si offre a numerose letture, così anche per il turismo sosteni-bile non esiste una definizione univoca.

L’ultima interpretazione che ne da l’Unione Europea è descritta nell’Agenda per unturismo europeo sostenibile e competitivo45, dove la Commissione e altre istituzioni eu-ropee si propongono un impegno a lungo termine in attuazione della Strategia di Li-sbona per la crescita, l’occupazione e lo sviluppo sostenibile.

Gli obiettivi per la sostenibilità del turismo sono incentrati sulla creazione di pro-sperità economica, coesione ed equità sociale, tutela ambientale e culturale. Le azioniper perseguire tali obiettivi comprendono la conservazione e la gestione sostenibiledelle risorse naturali e culturali, la riduzione al minimo del loro impiego e del loro in-quinamento. Inoltre vengono evidenziate le problematiche connesse all’attività turisticacome la produzione di rifiuti, l’effetto stagionale della domanda, l’impatto ambientaledei trasporti, l’accessibilità dell’offerta e il miglioramento della qualità del lavoro.

Un primo quadro d’azione per affrontare le suddette tematiche prevede tre politi-che pubbliche di sostegno. In primo piano viene suggerita una gestione sostenibiledelle destinazioni, attraverso una progettazione efficace dell’impiego dello spazio, uncontrollo dello sviluppo e degli investimenti in infrastrutture e servizi salvaguardando

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le esigenze della comunità locale e dell’ambiente. Successivamente si tratta la compe-titività delle aziende in un’ottica di costruzione della sostenibilità, vista come fattorechiave all’interno dei processi decisionali per la crescita a lungo termine. In ultimo, lasensibilizzazione dei cittadini alle tematiche della sostenibilità è oggetto di attenzioneper ottenere progressi sostanziose nella consapevolezza individuale.

La Commissione Europea si impegna nel documento citato a realizzare azioni nonsolo con investimenti economici ma anche con la creazione di piattaforme locali per lacondivisione di idee, progetti e buone pratiche, oltre che a promuovere le destinazio-ni d’eccellenza e integrare la sostenibilità nelle politiche della Commissione.

Nell’ultima Comunicazione della Commissione Europea del 201046 si ribadisce lostretto legame tra competitività turistica e sostenibilità dal momento che la qualità del-le destinazioni dipende in gran parte dal loro ambiente culturale e ambientale.

La sostenibilità del turismo riguarda numerosi aspetti come l'utilizzo responsabile delle risorse na-

turali, la considerazione dell'impatto ambientale delle attività (produzione di rifiuti, pressione eserci-

tata su acqua, suolo e biodiversità, ecc.), l'impiego di energie “pulite”, la protezione del patrimonio e

la salvaguardia dell'integrità naturale e culturale delle destinazioni turistiche, la qualità e durata dei

posti di lavoro creati, le ripercussioni economiche locali o la qualità dell'accoglienza. Questi principi so-

no in larga misura presenti nelle strategie turistiche adottate a livello nazionale e regionale, anche se non

sono sufficientemente tradotti in azioni concrete.47

La Commissione ha introdotto vari strumenti per valutare la gestione ambientaledelle imprese come il Marchio Europeo di Qualità Ecologica (ecolabel UE) e il siste-ma comunitario di ecogestione (EMAS), ma la reazione da parte delle imprese turisticheè stata assai diversa nelle varie regioni d’Europa, pertanto la Commissione sta colla-borando con la Rete delle Regioni Europee per un turismo competitivo e sostenibile(NECSTouR)48 e sulla Rete delle destinazioni d’eccellenza (EDEN) al fine di testare unsistema di indicatori di sostenibilità turistica49 in modo da poterla estendere a tutte le de-stinazioni turistiche europee che adottano pratiche efficaci, come una gestione re-sponsabile delle risorse e condizioni ottimali per i servizi e la sicurezza.

Come obiettivo prossimo la Commissione vuole sviluppare un marchio europeo peril “turismo di qualità”, per incrementare la fiducia dei consumatori e premiare gli sforzidei professionisti virtuosi. Inoltre, attraverso la Commissione Europea del Turismo(CET), la Commissione Europea promuove l’immagine dell’Europa verso i paesi terzi conil sito www.visiteurope.com il cui obiettivo sarà sempre più quello di proporre l’immaginedell’Europa come un insieme di destinazioni turistiche sostenibili e di qualità.

3.3 Turismo sostenibile: il quadro italiano

Se il quadro europeo presenta segni di attenzione specifica al turismo sostenibilecon progetti e protocolli di certificazione, non altrettanta rilevanza viene data a livellonazionale dalle istituzioni statali, mente si possono riscontrare buone pratiche messein atto da Regioni ed enti locali o da associazioni ambientaliste. Ciò è in parte dovutoalla non ben definita competenza in materia di turismo tra Stato e Regioni che la leg-ge quadro sul turismo50 definiva materia concorrente Stato-Regioni, mentre la riformadel titolo V della Costituzione51 non la includeva né tra le materie di competenza esclu-siva né concorrente, assegnandola di fatto alle sole regioni. La legge quadro, tuttavia,fissa un telaio di principi generali e strumenti di coordinamento, tra i quali all'articolo1 comma 2 si afferma che la Repubblica tutela e valorizza le risorse ambientali, i beniculturali e le tradizioni locali anche ai fini di uno sviluppo turistico sostenibile. Più in ge-nerale la legge prevede misure di sostegno per la riqualificazione delle imprese turisti-che rispetto allo sviluppo di marchi di qualità, certificazioni ecologiche e tutela del pro-dotto turistico locale. Alla legge quadro segue il D.P.C.M. 13.09.2002 che sancisce

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l'accordo tra Stato, Regioni e Province Autonome in cui si enunciano i principi per

l'armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico al fine di assicurare l'unitarietà

del comparto turistico e la tutela dei consumatori, delle imprese e delle professioni turistiche, nonché de-

gli operatori e dei lavoratori del settore.52 In esso si afferma che tutte le attività e servizi turi-stici devono rispettare tutte le normative volte alla sostenibilità ambientale.

Tra le azioni nazionali che potrebbero favorire lo sviluppo del turismo sostenibiledegli ultimi anni vi è la reintroduzione del Ministero del Turismo, il rafforzamento del-la struttura amministrativa e l'istituzione di tavoli permanenti con le Regioni e le asso-ciazioni di categoria.

Nel 2010 Il Ministero del Turismo e il Ministero dell'ambiente hanno sostenuto lapartecipazione di alcune località italiane al progetto europeo “EDEN” (attivo dal 2006)per la promozione delle destinazioni minori, che coniugano sostenibilità e crescitaeconomica; esso ha messo finalmente in evidenza l'importanza dei cosiddetti “centriculturali minori” che tra le destinazioni turistiche italiane sono in continua crescita du-rante tutto l'arco dell'anno con picchi di occupazione delle camere nei mesi di luglio, di-cembre e gennaio che nella nel 2010 che si aggirano attorno al +7% su base annua.53 Suquesto tema il parlamento sta elaborando una proposta di legge per il recupero e la ri-qualificazione dei centri storici dei comuni minori (popolazione inferiore ai 5.000 abi-tanti) al fine di promuoverne lo sviluppo e la tutela, la valorizzazione dei “centri com-merciali naturali” e il risanamento del patrimonio edilizio anche a fini della promozio-ne turistica e culturale del territorio. Ai comuni che rientreranno nei parametri quali-tativi del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti si prevede l'attribuzione del marchio“Borghi Antichi d'Italia”, il quale consentirà ai borghi un'adeguata visibilità, nonchè lapossibilità di attingere al “Fondo Nazionale per il Recupero, la tutela e la valorizzazionedei centri storici e dei borghi antichi d'Italia” e ai finanziamenti dei Programmi Ope-rativi Regionali e Nazionali.54

Attenzione alla sostenibilità turistica da un punto di vista ambientale viene dimo-strata dal Ministero dell'Ambiente con l'approvazione della Strategia Nazionale per laBiodiversità da parte della Conferenza Stato-Regioni.55 Il documento si pone obiettivistrettamente legati allo sviluppo sostenibile, tra cui la conservazione della diversità biologica,

considerata sia a livello di gene, sia a livello di specie, sia a quello di comunità ed ecosistema;

l’utilizzazione durevole, o sostenibile, dei suoi elementi; la giusta ed equa ripartizione dei vantaggi che

derivano dallo sfruttamento delle risorse genetiche e dal trasferimento delle tecnologie ad esso collegate56 .Dopo un’approfondita analisi dei danni che lo sfruttamento turistico può arrecare a li-vello ambientale, socio-economico e culturale, e riconosciuta, tuttavia, l'importanzaeconomica del settore, il documento propone il turismo come efficace mezzo per rag-giungere gli obiettivi prefissati dalla strategia con un elenco di obiettivi specifici, prioritàdi intervento e attori coinvolti.57

L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ente di ricerca vigi-lato dal Ministero dell'Ambiente, è un’ulteriore istituzione che si occupa di turismosostenibile. In particolare gestisce la banca dati GELSO58, acronimo di Gestione Loca-le per la Sostenibilità, che si propone di mettere a disposizione degli operatori e dei cit-tadini progetti di buone pratiche per lo sviluppo locale nei principali settori di inter-vento delle politiche sostenibili: Agenda 21, Agricoltura, Edilizia e Urbanistica, Ener-gia, Industria, Rifiuti, Territorio e Paesaggio,Turismo, Trasporti. I progetti vengono se-lezionati, in base a criteri di ammissibilità e qualificazione, tra i vincitori di bandi del Mi-nistero dell'Ambiente, progetti LIFE, Agende 21 locali con la collaborazione di Enti Lo-cali, ARPA, Enti Parco, Comunità Montane e associazioni ambientaliste, per essere poi

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messi in rete e condivisi anche a livello europeo tramite la Direzione Generale Am-biente dell'Unione Europea. Attualmente Circa il 30% dei progetti riguarda il rag-giungimento di una qualità turistica nel rispetto dell’ambiente naturale, il 17% dei pro-getti opera mediante la sensibilizzazione degli operatori turistici, il 14% è volto a ga-rantire le identità culturali, a tutelare il patrimonio artistico e a differenziare l’offerta tu-ristica, infine circa il 6% dei progetti punta ad ottenere le certificazioni ambientali diqualità. Essendo il turismo una politica intertematica, che influenza e viene influenza-ta da altre politiche, l’ISPRA ha definito degli obiettivi strettamente turistici per i progettida ammettere alla banca dati GELSO: aumentare le certificazioni ambientali nel setto-re turistico, aumentare le strutture ricettive e turistiche contraddistinte dal Marchio diQualità Ambientale (MQA), incentivare iniziative volte alla diversificazione dell’offer-ta turistica, alla redistribuzione dei flussi e alla valorizzazione delle aree meno fragili, ga-rantire un turismo di qualità nel rispetto dell’ambiente, garantire un turismo di qualitàsalvaguardando l’identità culturale e sociale dei residenti, sensibilizzare gli operatorituristici ad una gestione ecologica delle strutture ricettive e turistiche, tutelare e pro-muovere il patrimonio storico-culturale.

Si può affermare che nel nostro Paese i maggiori avanzamenti nel campo del turi-smo sostenibile vengono da progetti e iniziative di enti locali, regioni e associazioni.

Durante la Seconda Conferenza Internazionale sul Turismo Sostenibile, tenutasi aRimini nel novembre 2008, promossa dalla Provincia di Rimini, dall'UNWTO, dallaCommissione UE, dal Governo Italiano e dall'ICLEI, è stata approvata “Seconda Car-ta per il turismo sostenibile”, la cosiddetta “Carta di Rimini”, che recepisce gli AalborgCommitments del 2004 in chiave turistica e la comunicazione UE “Agenda per un tu-rismo europeo sostenibile e competitivo” del 2007, ampliandone i concetti di sosteni-bilità e promuovendo indirizzi operativi. Tra le maggiori novità della carta vi è quello delconcetto di sostenibilità del rapporto tra “città turistica” e “città dei residenti”, la salva-guardia della qualità della vita e la promozione dell'occupazione attraverso una mini-mizzazione dell'impatto ambientale e una massimizzazione del benessere sociale, se-condo un piano d'azione che si esplica nelle raccomandazioni della Carta59.

La Provincia di Rimini, con ICLEI, ha promosso nel 2000 la creazione di un “Networkdelle Città per il Turismo Sostenibile” all’interno del progetto LIFE “Strategies and In-struments for a Sustainable Tourism in the Mediterranean coastal areas” che raccoglietrenta destinazioni turistiche accomunate dalla volontà di sviluppare ed implementareprogetti comuni per rendere più sostenibile il settore turistico, scambiare informazioni ebest practices. La Provincia coordina dal 2005 il progetto SUVOT (Sustainable & VocationalTourism) co-finanziato dal Programma Europeo Interreg IIIC60.

Una Regione particolarmente attenta allo sviluppo sostenibile del turismo è la To-scana, che già dal 2008 ha sostenuto il programma europeo ERNEST-European Resear-ch NEtwork on Sustainable Tourism per sviluppare e rafforzare un coordinamento deiprogrammi regionali di ricerca sul turismo sostenibile e si è fatta promotrice, insieme al-la regione spagnola della Catalogna e alla francese Provenza-Alpi-Costa Azzurra, delprogetto europeo NECSTouR che punta alla condivisione delle esperienze e del dibat-tito su varie voci che toccano il tema del turismo così come proposte dalla Carta di Fi-renze61: qualità della vita e del lavoro, impatto dei trasporti, strategie di destagionalizza-zione, tutela attiva del patrimonio culturale e ambientale e identità delle destinazioni alladiminuzione e ottimizzazione delle risorse naturali, in primis dell’acqua, oltre che deiconsumi di energia e della gestione dei rifiuti. Al progetto hanno poi aderito altre 15 re-gioni e 21 organismi di sostegno. Nell'ambito delle politiche per la competitività dell’of-ferta turistica toscana è stato approvato nel 2009 il “Progetto Speciale di Interesse Re-

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gionale Toscana Turistica Sostenibile & Competitiva”62 finalizzato a «sperimentare forme in-

tegrate di sostegno ai protagonisti del Sistema turistico toscano, prevede infatti la possibilità di identifica-

re specifiche strategie e obiettivi [...] compatibili e coerenti con i principi della competitività e sostenibilità

del turismo della Toscana».63 In particolare con questo progetto si vogliono attivare concre-tamente le soluzioni innovative elaborate all'interno del Modello NECSTouR, trasfe-rendo al livello degli Enti Locali adeguati strumenti e modelli organizzativi che relazio-nano le attività locali con la dimensione regionale ed europea, anche attraversol'istituzione degli “Osservatori Turistici di Destinazione” che, a loro volta, consentano ladiffusione e applicazione delle buone pratiche.

La promozione del turismo sostenibile in Italia, allo stato attuale, è sostenuta da as-sociazioni ambientaliste e di settore. Legambiente, sezione Turismo di qualità, ha elabo-rato un proprio decalogo di azioni richieste alle strutture ricettive aderenti, declinate se-condo le diverse vocazioni turistiche dei territori; il Touring Club Italiano conferisce ilmarchio Bandiera Arancione alle piccole località dell'entroterra che si distinguono perun’offerta di eccellenza e un’accoglienza di qualità; il Centro Turistico Studentesco CTS

propone specifici prodotti turistici orientati alla sostenibilità, campagne di sensibilizza-zione in collaborazione con l'Unione Provincie Italiane64, incentivi al turismo in aree pro-tette e la messa a punto di un disciplinare per gli “alberghi verdi” che intendono aderireal progetto; WWF Italia, ufficio turismo, promuove e sensibilizza attraverso la sua rete didiffusione stili di viaggio sostenibili; l'Associazione Italiana Turismo Responsabile AITR

è una ONLUS che riunisce tutte le varie anime del turismo responsabile, sostenibile ed eti-co, conta tra i suoi soci Organizzazioni Non Governative, piccoli tour operator, orga-nizzazioni e associazioni nazionali impegnate sul versante culturale, sociale e ricreativo,case editrici e aziende. La sua attività ha come scopo quello di promuovere iniziative disolidarietà e di sostegno al Turismo Responsabile, sostenibile ed etico al fine di elevare lacoscienza e la crescita personale dei cittadini, per la promozione di stili di vita e com-portamenti di consumo e vita solidale.

Si denota la mancanza di voci specifiche per monitorare la sostenibilità delle impre-se e delle destinazioni turistiche da parte dell'ISTAT, della Banca d'Italia, di Unioncame-re e dell’Osservatorio Nazionale del Turismo, nonostante la commissione europea abbiamesso a disposizione degli istituti di statistica nazionali un manuale apposito per la mi-surazione dello sviluppo sostenibile del turismo.65 Già nel 2005 la Commissione per laGaranzia dell'Informazione Statistica sollecitava i soggetti competenti a includere nelleloro rilevazioni nuovi indicatori su aspetti strategici del settore quali, appunto, quelli sulturismo sostenibile66, ma ancora nel parere sul triennio 2010-2013 si sollecita l’Istituto diStatistica ad andare avanti sul progetto ISTAT 02462 relativo agli indicatori dello svilup-po sostenibile, segno che non saranno disponibili dati ufficiali nel breve periodo67.

Note1 Nel 2010 l’Italia ha registrato un aumento del 10% delle dichiarazioni di inizio lavori per ristrutturazioni, 452.000

domande a fronte delle 447.000 del 2009 e delle 353.000 del 2008. Fonte: Osservatorio su Imprese e PubblicaAmministrazione su dati Agenzia delle Entrate. OIPA magazine del 12/01/2011 www.oipamagazine.eu.

2 Cfr. A. Bellini Definizione di Restauro in B. Paolo Torsello, Che cos'è il restauro? Nove studiosi a confronto, Marsilio,Venezia, 2005; M. Dezzi Bardeschi, Restauro: punto e da capo, Frammenti per una (impossibile) teoria, Franco Angeli, Milano, 1991’

3 Cfr. G. Carbonara, La reintegrazione dell’immagine. Problemi di restauro dei monumenti, Bulzoni, Roma, 1976; G.Carbonara, Trattato di restauro architettonico, UTET, Torino, 1996.

4 Carta di Venezia, 1964, art. 1: «La nozione di monumento storico comprende tanto la creazione architettonicaisolata quanto l’ambiente urbano o paesistico che costituisca la testimonianza di una civiltà particolare, di un’evoluzionesignificativa o di un avvenimento storico. Questa nozione si applica non solo alle grandi opere ma anche alle operemodeste che, con il tempo, abbiano acquistato un significato culturale».

5 S. Boscarino, Dal restauro al recupero, in A. Cangelosi, R. Prescia (a cura di), Sul restauro architettonico, Milano 1999,

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pp. 139-146.6 C. Brandi, voce “Restauro” in Enciclopedia Universale dell’Arte, vol. XI, Venezia-Roma 1963, coll. 322-332.7 “Carta di Restauro 1972”, Circolare n° 117 del 6 aprile 1972 Ministero della Pubblica Istruzione.8 Il Piano regolatore particolareggiato del centro storico, approvato dalla giunta regionale il 14 marzo 1979, era stato

adottato dal Comune di Pesaro il 18.12.1974 con la delibera n. 381. Venne redatto dal Gruppo Architetturadell’Università di Venezia composto da Luciano Semerani, Carlo Aymonino, Costantino Dardi, Giovanni Fabbri,Raffaele Panella, Gianugo Polesello.

9 Il Piano delle periferie del comune di Napoli consisteva principalmente nell'individuazione delle aree da assoggettarea piano di recupero, ai sensi della legge 457/1978 e nell' individuazione delle aree particolarmente degradate da sottoporrea piani di edilizia pubblica (Pdz) ai sensi della legge 167/1962. Il piano delle periferie fu approvato con delibere nn.1 e 2del 16 aprile 1980 del Consiglio Comunale di Napoli.

10 La Convenzione Europea del Paesaggio viene adottata il 19 Luglio 2000 dai Ministri della Cultura edell'Ambiente del Consiglio d'Europa nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze e viene ratificatadall'Italia con la Legge 9 Gennaio 2006 n. 14 e recepita all'interno del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio.

11Nel 1991 il prof. Richard S. Levine della U.S. Kentucky University elesse Todi “la città più vivibile del mondo”.Vedi “Todi come una città sostenibile,” inaugurazione anno accademico Università della Terza Età, ottobre 1992,Todi, Italy; “Todi città del futuro,” e “Come Todi può divenire città ideale e modello per il futuro,” in «Il Sole 24 Ore»,Milano, Italy, 28.11.1991.

12 Della valorizzazione dei borghi storici si occupa da numerosi anni il CENSIS. Vedi in particolare Censis -Paesaggio e beni culturali per la valorizzazione del territorio, n.11, novembre 2003.

13 Progetto di Legge Tommaso Foti “Disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici e dei borghiantichi d'Italia” Atto Parlamentare n.169 Relazione Finale della Commissione del 20.04.2011.

14 G. L. Rolli, Conoscenza, rappresentazione, recupero urbanistico dei centri storici minori, Alinea, Firenze 2004, p. 9.15 E. Piroddi, Si può dare un futuro ai centri storici minori, in G. L. Rolli, Salvare i centri storici minori, Alinea Editrice, Firenze

2008, pp. 36, 37.16 S. Monti, Centri storici minori, in IGM, Italia - Atlante dei Tipi Geografici, Edizioni Istituto Geografico Militare,

Firenze, 2004, p. 649.17 T. Ferranti in Ponte, l'informazione essenziale di gestione e tecnica per costruire, progettare «Recupero» n. 12, Tipografia del

Genio Civile, Roma, 2008. 18 Vedi R. Salvarani, Storia e valorizzazione del territorio, Vita e Pensiero, Milano, 2005, pp. 103-106.19 Vedi R. Salvarani, Storia e valorizzazione del territorio, Vita e Pensiero, Milano, 2005, pp. 103-106.20 A. Predieri, voce Paesaggio, in Enc. Dir., vol XXXI, Milano 1981, p.506.21 Art. 6 DL 22 gennaio 2004, n. 42 recante il «Codice dei beni culturali e del paesaggio» ai sensi

dell’articolo 10 della Legge 6 luglio 2002, n. 137 (Gazzetta Ufficiale 24 febbraio 2004, n. 45). 22 Giornata di studi organizzata dal FAI al Castello di Masino, Caravino (TO) 2009.23 M. Andrioli, Nude pietre. Meno potere di veto ai soprintendenti, più valorizzazione. «Il Riformista» 24 ot-

tobre 2006.24 R. Grossi e M. Meneguzzo, La valorizzazione del patrimonio culturale per lo sviluppo locale. Primo rap-

porto annuale. Federculture – T.U.P Touring Club Italiano Editore, Milano 2002, p. 83.25 S. Mancuso, Per una metodologia della valorizzazione dei beni archeologici: analisi e prospettive in Calabria,

Rubbettino, Roma 2009, p. 50.Cfr. A. Ricci, Attorno alla nuda pietra, Donzelli, Roma 2006.

26 Il 12 ottobre 2009 è stata insignita del Premio Nobel per l'economia, insieme a Oliver William-son per l'analisi della governance e in particolare delle risorse comuni.

27 E. Ostrom, Governare i beni collettivi. Marsilio, Venezia 2006. 28 R. Grossi e M. Meneguzzo, La valorizzazione del patrimonio culturale per lo sviluppo locale. Primo rap-

porto annuale. Federculture – T.U.P Touring Club Italiano Editore, Milano 2002, p. 83.29 OECD, Culture and local development, Parigi 2005.30 XV Rapporto. Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio spa, Roma 2010.

31 United Nations World Tourism Organization.32 Our Common Future - Documento rilasciato nel 1987 dalla Commissione mondiale sull’am-

biente e lo sviluppo WCED.33 United nations conference on environment and development, Rio de Janeiro, 3-14.06.1992.34 World Conference on Sustainable Tourism, Lanzarote, 27-28.04.1995.35 United Nations Environment Programme, assieme al WTO è riiconosciuta dalla Commissione

delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile (CSD) come la principale organizzazione di assistenzaall’attuazione di Agenda 21 sulle tematiche del turismo.

36 Agenda 21 per l’industria Viaggi e Turismo: verso uno sviluppo sostenibile dal punto di vistaambientale, 1996.

37 Blueprint for New Tourism, WTTC, Londra 2003.38 Indicators of sustainable development for tourism destination a guidebook. UNWTO 2004.39 Making Tourism More Sustainable, A guide for policy makers, UNEP e WTO, 2005.

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40Comunicazione della Commissione-Agenda per un turismo europeo sostenibile e competitivo n.621 del 2007. 19.10 2007 Bruxelles.

41 Trattato di Lisbona 2007/C306/01 Gazzetta Ufficiale UE-13.12.2007 entrato in vigore il 1.12.2009.42 Studio sulla competitività del’industria europea del turismo - condotto nell’ambito del contratto qua-

dro per gli studi sulla competitività settoriale ENTR/06/054. 2009 Rotterdam, ECORYS SCS Group.43 European destination of Excellence-UE.44 http://ec.europa.eu/enterprise/sectors/tourism/documents/studies/index_en.htm.45 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo al Consiglio, al Comitato Economi-

co e Sociale Europeo ed al Comitato delle Regioni-Agenda per un turismo europeo sostenibile e com-petitivo n. 621 del 2007. 19.10 2007 Bruxelles.

46 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo al Consiglio, al Comitato Economi-co e Sociale Europeo ed al Comitato delle Regioni -L'Europa, prima destinazione turistica mondiale -un nuovo quadro politico per il turismo europeo n. 352 Bruxelles, 30.6.2010.

47 Ivi, p.11.48 NECSTouR - Network of European Regions for a Sustainable and Competitive Tourism è uno

strumento per la condivisione di un percorso attuativo tra un gruppo di regioni, autonomie locali, sta-ti membri e Commissione europea, ma anche con imprese, forze sociali e consumatori.

49 NECSTouR si propone come una piattaforma di condivisione di buone pratiche, sperimenta-zione di modelli condivisi di misurazione dei fenomeni e di dialogo sociale, per la valutazione delle lo-calità turistiche sulla base di cinque indicatori: responsabilità sociale e ambientale, qualità della vitadelle popolazioni residenti, tutela del patrimonio culturale e ambientale, destagionalizzazione dei flus-si turistici e trasporto e mobilità

50 Methodological work on measuring the sustainable development of tourism. Luxemborug: offi-ce for official publications of the European Communities, Bruxelles 2006.

51 Riforma della legislazione nazionale del turismo, L. 135 del 29.03.2001 pubblicata nella G.U.n.92 del 20.04.2001.

52 Modifica dell'articolo 117 della Costituzione con L. Cost. 3 del 18.10.2001.53 D.P.C.M. 13 settembre 2002 pubblicato nella G.U. n.225 del 25.09.2002.54 Focus sui prodotti di nicchia del turismo italiano, elaborazione Isnart per Osservatorio Nazionale

Turismo 25.01.2011.55 Progetto di Legge Tommaso Foti &Disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri

storici e dei borghi antichi d'Italia& Atto Parlamentare n.169 Relazione Finale della Commissione del20.04.2011.

56 Intesa sullo schema di “Strategia nazionale per la biodiversità”, predisposta dal Ministero del-l’ambiente e della tutela del territorio e del mare ai sensi dell’art. 6 della Convenzione sulla diversità bio-logica, fatta a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992 e ratificata dall’Italia con la legge 14 febbraio 1994, n. 124Repertorio n. 181/CSR del 7 ottobre 2010.

57 Ivi p. 4.58 Ivi pp.122-125.59 http://www.sinanet.isprambiente.it/it/gelso.60 Carta di Rimini per un Turismo Sostenibile e Competitivo, Rimini, 29.11.2008.61 www.turismosostenibile.provincia.rimini.it.62 Euromeeting for sustainable tourism, Palazzo degli affari, Firenze 17.11.2007.63 Deliberazione Giunta Regionale Toscana n.763 del 07.09.2009.64 Progetto speciale di interesse regionale Toscana Turistica Sostenibile & Competitiva, Allegato A, p. 3.65 Protocollo d'Intesa tra UPI e CTS in tema di turismo sostenibile siglato a Roma, Ottobre 2006.66 Vedi nota 12.67 Parere della commissione per la garanzia dell’informazione statistica sul programma statistico na-

zionale 2006-2008 del 29.07.2005 pag. 38.68 Parere della commissione per la garanzia dell’informazione statistica sul programma statistico na-

zionale 2010-2013 del 17.05.2010 pag. 21.

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Con le premesse fatte diventa chiara l’importanza della sostenibilità ancheper la valorizzazione dei borghi medioevali e delle località turistiche alternative.

La valorizzazione ha come passaggio fondamentale la divulgazione dellapropria offerta turistica e l’inserimento nei network nazionali e internazionali,capaci di raggiungere un gran numero di utenti di una determinata categoria diconsumatori. L’inserimento in questi network insieme alla possibilità di certi-ficazione diventa necessario quando un viaggiatore informato, come quello at-tuale, è attento alle proprie esigenze non solo culturali, ma anche eco-ambien-tali; tale tipologia di turista si affida ad organismi certificatori e di controllo perdecidere la propria destinazione.

Per questo motivo, già dal 2001, numerosi enti locali e associazioni solleci-tano le istituzioni ad intervenire in favore della riqualificazione urbana dei bor-ghi storici con l’istituzione di un fondo nazionale per il recupero, la tutela e lavalorizzazione dei centri storici e dei borghi medioevali. I destinatari dei fondisaranno appunto quei centri storici che avranno ricevuto la certificazione diborgo antico, un marchio che seguirà dei criteri non solo storici e conservativi, maanche ambientali e indirizzati alla sostenibilità.

Una simile iniziativa è stata realizzata nel 2001 sotto la spinta dell’ANCI1, con

la creazione del marchio “I Borghi più Belli d’Italia”, gli obiettivi dell’azione so-no la protezione, la promozione e lo sviluppo dei comuni riconosciuti dal Club

2.

I Comuni che sono ammessi alla certificazione non possono superare i15.000 abitanti e devono possedere un patrimonio architettonico e/o naturalecertificato dalla documentazione rilasciata dalla Sovrintendenza delle Belle Ar-ti. Tra i criteri di selezione inoltre vengono valutate la compattezza el’omogeneità della massa costruita, la possibilità di percorsi diversi all’internodel Borgo, la preservazione del legame tra microsistema urbano, storicamentedeterminato, e ambiente naturale circostante. Anche la valorizzazione diventaun indicatore, prendendo in considerazione l‘organizzazione di parcheggi ester-ni, rinnovamento e abbellimento delle facciate, cura del verde pubblico e in-stallazione di fioriere

3.

La sostenibilità e il fattore ambientale costituiscono criterio di selezione erientrano a pieno titolo tra gli scopi del Club che li sancisce nel proprio statu-to. Oltre a riunire e collegare in un circuito turistico di qualità i Comuni asso-ciati, il Club si propone di diffondere, presso l’opinione pubblica nazionale e in-ternazionale, la conoscenza delle bellezze della provincia italiana, definendoun “marchio” che garantisce originalità e armonia. Tale garanzia permette aglienti locali di costruire nuove opportunità per l’offerta turistica, partecipare suc-

Capitolo terzo

FocusBorghi medioevali: sostenibilità, marchi e network

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cessivamente alle analoghe attività internazionali e di valorizzare e promuovere leproduzioni tipiche locali.

Il marchio “I Borghi più Belli d’Italia”, grazie al consenso dei Comuni, del pub-blico, delle istituzioni e della stampa, ad oggi è l’unico marchio di certificazione peri borghi antichi e conta 193 Comuni associati.

Ripartizione regionale marchio “I Borghi più Belli d’Italia”4

Nel 1998, prima della nascita del marchio I Borghi più Belli d’Italia, venne istitui-to il marchio di qualità turistico ambientale del Touring Club Italiano denominato“Bandiera Arancione”, destinato alle piccole località dell’entroterra che si distin-guono per un’offerta di eccellenza e un’accoglienza di qualità.

L’idea di “Bandiera Arancione” è nata in Liguria, dietro l’esigenza della Regio-ne di valorizzare i borghi dell’entroterra. Il Touring sviluppò un modello di anali-si che portò all’individuazione delle prime località “arancioni” e alla volontà dipromuovere il marchio in tutta Italia. Il marchio ha validità biennale ed è subordi-

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nato al mantenimento dei requisiti nel tempo. Gli obiettivi sono la valorizza-zione delle risorse locali, lo sviluppo della cultura dell’accoglienza, lo stimolodell’artigianato e delle produzioni tipiche, l’impulso all’imprenditorialità localee il rafforzamento dell’identità.

Gli elementi chiave per ottenere il marchio sono: la valorizzazione del patri-monio culturale, la tutela dell’ambiente, la cultura dell’ospitalità, l’accesso e lafruibilità delle risorse, la qualità della ricettività, della ristorazione e dei prodottitipici. I criteri di selezione sono incentrati sull’accoglienza, infatti l’iniziativa ol-tre ad essere rivolta a Comuni che devono essere nell’entroterra e non devonoavere più di 15.000 residenti, tiene conto dell’offerta turistica e dell’accoglienzaorganizzata. I Comuni devono distinguersi, inoltre, per tipicità e valorizzazionedella propria identità culturale e offrire risorse artistiche e artigianali.

I dati aggiornati al 2011 ci informano che su 2000 Comuni che hanno pre-sentato la candidatura, solo 189 hanno ottenuto il marchio.

Ripartizione regionale Marchio Bandiera arancione5

A livello europeo il marchio “Ecolabel”6è quello più diffuso e spesso viene

richiesto da strutture e imprese turistiche all’interno dei borghi antichi. I prin-

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cipali vantaggi che se ne ricavano sono una grande visibilità sul mercato e la pos-sibilità di distinguersi tra le aziende dello stesso settore.

A febbraio 2011, nell’ultimo censimento “Ecolabel”, le strutture con questomarchio in Italia sono 152, senza considerare i campeggi. Dal censimento sipuò facilmente notare che quasi la metà delle strutture alberghiere con il mar-chio sono situate in Trentino Alto Adige e che ben 7 regioni (Lombardia,Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Valle d’Aosta) non hanno ot-tenuto alcuna certificazione. Dieci di queste strutture turistiche sono realizza-te all’interno di centri storici in edifici antichi.

Ripartizione regionale Marchio “Ecolabel”

Ecolabel è il marchio europeo di qualità ecologica che premia i servizi virtuosidal punto di vista ambientale: avere questo marchio significa attestare che il ser-vizio o il prodotto ha un ridotto impatto ambientale nel suo intero ciclo di vita.Dal 2003 tale marchio è stato introdotto anche per le strutture ricettive. Il marchioviene riconosciuto e garantito dall’Unione Europea come attestato di eccellenzamolto selettivo, pertanto ha un peso rilevante nella realtà turistica. Grazie ad es-so, infatti, il consumatore avrà la possibilità di distinguere sul mercato i prodottidi alta qualità ecologica e la facoltà di contribuire, attraverso le proprie scelte, allariduzione degli impatti ambientali dei prodotti e dei servizi acquistati.

I criteri di selezione prendono in considerazione tutto il ciclo di vita del pro-

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dotto, tra gli indici più rilevanti vengono valutati il consumo di energia,l’inquinamento ambientale e delle acque, la produzione di rifiuti, il risparmio dirisorse naturali, la sicurezza ambientale e la protezione dei suoli.

8

I marchi danno la possibilità di aumentare la visibilità degli enti e delle azien-de che se ne avvalgono, di confrontare i dati ottenuti e di promuovere le bestpractice. A livello internazionale la scelta di una destinazione turistica per il con-sumatore di nicchia è prevalentemente guidata da network basati su criteri di so-stenibilità, bioedilizia, ecologia e biologicità.

Ripartizione regionale Ecovillaggi

Per quanto riguarda l’eco-sostenibilità possiamo esaminare alcuni casi significa-tivi come “Green Ecovillage Network”

9e R.I.V.E. Il “Green Ecovillage Network”

è una rete crescente di comunità sostenibili e di iniziative che uniscono diverseculture e paesi, l’obiettivo principale è quello di sostenere e incoraggiarel’evoluzione di insediamenti sostenibili nel mondo attraverso scambi di cono-scenze, informazioni e pratiche. L’ecovillaggio è una comunità urbana o ruraleche si sforza di integrare un ambiente di sostegno sociale con un uno stile di vitaa basso impatto ambientale. Negli ultimi anni i membri “Green EcovillageNetwork” promuovono il turismo degli eco villaggi, un nuovo tipo di viaggioverde in cui il turista sperimenta una vita comunitaria in suggestivi ambienti na-turali dove edifici ecologici diventano la cornice di un soggiorno a basso impat-to ambientale.

I borghi medioevali in Europa per le tecniche costruttive originarie, per il loro in-

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serimento paesaggistico e per le tecniche di restauro sempre più attente, mirate e re-sponsabili si prestano facilmente a rientrare nei valori degli ecovillaggi internazionali.Gli ecovillaggi tra Nord e Sud America sono ad oggi 220, in Europa, Africa e Me-dio Oriente sono 214, in Oceania e Estremo Oriente sono 64

10. Migliaia sono i tu-

risti che ogni anno si affidano a questo network per programmare il loro soggior-no. In Italia gli ecovillaggi sono 17, un buon numero per i criteri di inserimento al-l’interno del “Green Ecovillage Network”, basti pensare che in Europa solo la Ger-mania con i suoi 22 ecovillaggi supera l’Italia, la Francia ne conta 11, la Grecia 6, laSpagna 15, l’Inghilterra 7, la Slovacchia 2, la Turchia 7.

11Come è facile notare dal gra-

fico sottostante gli ecovillaggi in Italia sono presenti in solo 9 regioni, lasciando sen-za offerta ben 11 regioni. Questi dati sono di considerevole importanza per ipote-si di valorizzazione e ampliamento dell’offerta turistica regionale.

In Italia esiste il network R.I.V.E.12 che aderisce alla filosofia del “Green Eco-village Network” e si occupa esclusivamente della realtà italiana, è un’associa-zione costituita da comunità, ecovillaggi, progetti di comunità e singole perso-ne interessate a fare conoscere e sostenere le esperienze comunitarie.

Alla rete italiana degli ecovillaggi appartengono esperienze differenti tra lo-ro per orientamento filosofico e organizzativo, ma tutte comunque ispirate a unmodello di vita sostenibile dal punto di vista ecologico, socioculturale ed eco-nomico.13 Interessante notare che sul loro sito web14 viene offerta la possibilitàdi consultare on line la mappatura non solo degli ecovillaggi associati, ma anchedelle strutture commerciali che ne seguono la filosofia, offrono una mappa sa-lute, una mappa di ecoturismo, una mappa di bioedilizia e mappa negozio bio

Note1Associazione Nazionali Comuni Italiani.

2Carta di Qualità Club de “I Borghi più Belli d’Italia” art.1 -http://www.borghitalia.it/docs/cartaqualita.pdf.

3Ivi, art. 2.

4Dati estrapolati dalla Guida a I Borghi più Belli d’Italia, Società Editrice Romana, Roma 2010.

5Dati estrapolati dalla guida on line Bandiere arancioni – www.bandierearancioni.it.6Il sistema dell’Ecolabel europeo è stato creato nel 1992 e modificato nel 2000 dal regolamento (CE)

n.1980/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio.7Fonte ISPRA – Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale – dati aggiornali al 3 febbraio 2011.

8www.ecolabel.eu.

9www.gen.ecovillage.org.

10Dati 2011, Global Ecovillage Network.

11Dati 2010 Global Ecovillage Network.

12Rete Italiana Villaggi Ecologici.

13Manifesto fondazione R.I.V.E. 1996.

14www.mappaecovillaggi.it.

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La valorizzazione e il recupero sono esaminati attraverso tre casi concreti cherisultano rappresentativi dal punto di vista della localizzazione territoriale e per la loroadesione ai maggiori network presenti sulla scena turistica.

L’analisi dei casi, dopo alcuni cenni storici, si concentra sulla filosofiadell’intervento che si propone di mettere in luce gli aspetti inerenti agli obiettivi inizialie ai presupposti dell’azione, dopo aver esaminato questo punto lo studio si soffermasulla pratica della valorizzazione e del recupero, sottolineandone le virtuosità e, quandopossibile, fornendo dati specifici articolati nel tempo. I dati presenti sono stati concessidalle amministrazioni comunali e dalle associazioni presenti sul territorio, per questosi può affermare che quasi tutta la documentazione esaminata è inedita.

Per ogni caso si studio, si quantificheranno i risultati ottenuti non solo dal punto divista economico e sociale, ma anche dal punto di vista comunicativo attraverso l'esamedella rassegna stampa: gli articoli ripresi sono quelli giudicati di maggior interessenazionale e internazionale, inoltre sono messi in risalto quelli che ne sottolineanol’importanza culturale e turistica.

Il caso abruzzese di Santo Stefano di Sessanio è stato preso in esame per il suoaspetto legato all’iniziativa imprenditoriale di Daniele Kihlgren e della Sextanio s.p.a.;il comune è inserito nel circuito de “I Borghi più Belli d’Italia” ed è rappresentativo diun’azione di valorizzazione e recupero legata ad un azione programmata di impiantoimprenditoriale con un grande investimento economico iniziale.

Il caso ligure di Torri Superiore rappresenta un caso unico nel suo genere, legato aduna filosofia di intervento molto radicata negli attori dell’azione. Si tratta di un caso divalorizzazione dove una comunità, attraverso campi di lavoro internazionali e restaurieseguiti in prima persona a proprie spese, è riuscita ad acquisire e recuperare un interoborgo. Torri Superiore fa parte del “Global Ecovillage Network”.

Il caso laziale di Calcata è l’unico di esempio di valorizzazione e recuperospontaneo e individuale, ossia un’azione che non vede una pianificazione preventivadell’intervento ma una serie di azioni apparentemente slegate che, in ultima fase, hannodeterminato la valorizzazione dell’intero borgo. Calcata ha ottenuto il marchio“Bandiera Arancione” del Touring Club Italiano.

Capitolo quarto

Casi di studio

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Santo Stefano di Sessanio

Cenni storici

Santo Stefano di Sessanio è un borgo fortificato medievale che si trova sulla sommitàdi un colle ai piedi del Gran Sasso a 1.251 metri s.l.m., il borgo è circondato da una coronadi monti non molto alti che rendono l’atmosfera suggestiva e legata nell’essenza all’aspettonaturalistico del luogo (Fig.1). Il borgo si trova all’interno del Parco Nazionale del GranSasso e dei Monti della Laga.

Il borgo, di impianto medievale, fonda le sue radici in epoche remote, intorno alpiccolo lago di Santo Stefano sono state rinvenute testimonianze di un insediamentorisalente al periodo neolitico.

In epoca romana si ipotizza che Sextantio fosse attraversata da un diverticolo della Via

Claudia Nova proveniente da Picenze. Sextantio sarebbe stata il pagus, insediamentoamministrativo a cui fanno riferimento i centri minori di campagna e montagna, dellavicina Piana di San Marco che dista sei miglia, da questo forse le origini del nome.

Le prime notizie, dopo la caduta dell’Impero Romano e il conseguente abbandono edecadimento del sistema insediativo, risalgono all' VIII secolo e sono legate alla storia delmonastero di S. Vincenzo al Volturno che ricevette in dono la zona di Carapelle da partedi Desiderio, re longobardo. L’intervento monastico contribuì ad aumentare le terrecoltivabili, determinando il ripopolamento delle campagne dopo l’invasione longobardadel VI secolo.

Il ripopolamento si tradusse in una nuova esigenza insediativa, segnata dallacostruzione del “Castello” o meglio dell’agglomerato di case protette da mura chepossiamo collocare nel XII secolo. La costruzione del borgo è stata realizzata interamentein pietra calcarea bianca che crea un’omogeneità visiva nonostante la stratificazione degliedifici e che nel tempo ha perso il suo originario candore, diventando opaca con tonisabbia. La configurazione urbana dell'insediamento si presenta nella forma topograficatipica dell’Italia Centrale. Nel caso di Santo Stefano di Sessanio la configurazione è rimastainalterata, inoltre le zone limitrofe conservano ancora elementi di archeologia del territoriocome stazzi e terrazzamenti.

La datazione del XII secolo si può derivare dalle prime fonti che vedono Santo Stefanoe la sua chiesa dedicata a S. Pietro, nominate nella Bolla Corografica di Papa Lucio III nel1183. Nel 1191 si parla di Santo Stefano nella donazione della Contessa Margherita diLoreto al convento di S. Maria del Monte, successivamente nella Bolla Corografica diPapa Clemente III viene usata l’espressione di Santo Stefano in Monte.

Nel 1308 si hanno le prime notizie certe dell’esistenza del borgo fortificato che fu unluogo strategico di difesa per la formazione del dominio feudale della Baronia di Carapelle,che nel 1372 era alle dipendenze di Ruggero conte di Celano il quale, consegnandol’amministrazione del feudo al figlio Antonio, provocò una grande ribellione dellapopolazione tanto da far intervenire la Regina Giovanna che riconsegnò il feudo al padre.

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Probabilmente proprio sotto Ruggero si costruì la torre medicea (definizioneimpropria utilizzata successivamente) da cui lo sguardo può perdersi nelle valle delTirino e dell’Aterno spingendosi fino alla Maiella. Databile allo stesso periodo è anchela ripida scalinata che costeggia la Chiesa di S. Maria in Ruvo. Inoltre tra il XIV e il XVsecolo venne edificata anche la chiesa di Santo Stefano Protomartire, organizzata inuna monoaula in cinque campate e caratterizzata da una non comune area presbiterialesu cui si aprono le cappelle e un’abside semicircolare.

Una nuova rinascita per Santo Stefano avvenne grazie al passaggio da Ruggerone,nipote di Ruggero e Conte di Celano, ad Antonio Piccolomini, nipote di Papa Pio II,nella metà del Quattrocento che rimediò ai gravi danni fatti dal suo predecessore. Atestimonianza di questo periodo si possono ancora ammirare, lungo le tortuose einerpicate strade, palazzi quattrocenteschi come la Casa del Capitano.

La Baronia di Carapelle fu dei Piccolomini fino al 27 luglio 1579, quando CostanzaPiccolomini cedette, con atto di Francesco Biffoli, la Baronia a Francesco de' MediciGranduca di Toscana, a cui appartenne fino al 1743, icomprendendo quindi anche laterribile peste che decimò la popolazione nel 1656.

I Medici donarono grande splendore a Santo Stefano, individuando qui la baseoperativa della Signoria di Firenze per il commercio della lana “carafagna” inserendolanel mercato internazionale e incentivando notevolmente lo sviluppo dell’agricoltura edella pastorizia.

A Santo Stefano la presenza medicea è ancora testimoniata dallo stemma nellaPorta Orientale, dal restauro della torre che appunto porta il loro nome edall’intervento del 1600 alla Chiesa di Santo Stefano Protomartire, inoltre vennerocostruiti buona parte delle corti, dei patii e delle logge di cui appartengono ai Mediciquelli centrali disposti ad arco con formelle fiorite, bifore, finestre finemente decorate(fig.2).

Con i Medici si conclude anche l’opera di costruzione del borgo, che ad oggi sipresenta come il frutto di uno sviluppo urbano spontaneo, sfuggito alle leggi dipianificazione, evidente nelle sue stratificazioni storiche.

Si deve attendere il 1810 per la divisione del Baronato, sotto il Regno di Napoli, in5 comuni tra cui Santo Stefano di Sessanio.

Fig. 1. Veduta d’insieme di SantoStefano di Sessanio.

Fig. 2. Porta Orientale.

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Filosofia dell'intervento

L’intervento nasce dalla riflessione di Daniele Kihlgren che decide di recuperare evalorizzare il borgo di Santo Stefano di Sessanio attraverso un investimento privato;l’intervento, come puntualizza il Sindaco D’Aloisio, è stata la scintilla che ha innescatouna sensibilità comune di recupero da parte della cittadinanza dimostratasi attiva epartecipativa.

La filosofia dell’intervento di Kihlgren è stata appoggiata dall’amministrazionecomunale e dall’Ente Parco di Treja che include il piccolo comune. Il punto di partenzanasce dalla riflessione sulle conseguenze disastrose che i centri storici minori hannosubìto a causa della loro ridestinazione turistica, che ne compromette irreversibilmentel'assetto urbano e il rapporto con il territorio, soprattutto tradendo la propria anima.

Questi tipi di intervento sono stati realizzati senza una conoscenza approfondita del

luogo, quindi senza comprenderne la natura, le tradizioni, lo sviluppo storico e il loroinserimento territoriale. Nella maggior parte dei casi è avvenuta un’azione dicementificazione selvaggia spacciata come un'esigenza ricettiva.

Nel caso in esame, invece, si punta alla limitazione fino all'annullamento dellacostruzione di nuove cubature, favorendo il recupero dell’esistente tramite tecnichecostruttive sostenibili e con materiale locale. La costruzione di nuove strutture in moltiborghi italiani ha portato alla perdita dell’identità, dell’unicità e del legame tra borgo eterritorio, come è avvenuto con la costruzione di piccole strutture in forma di chalettirolesi nelle montagne appenniniche della Puglia.

Gli interventi effettuati a Santo Stefano di Sessanio sono, invece, di caratterealtamente conservativo, che non cancellano i segni del tempo, disegnando un quadrosignificativo per la comprensione della tradizione e dell’identità locale, donando aivisitatori e alla collettività una visione integra sulla sedimentazione della memoriaattraverso le stratificazioni costruttive. Questo anche perché i borghi storici minori, nonessendo frutto del genio di un architetto e non valutabili in un singolo elemento, hannobisogno dell'insieme per esistere in quanto tali.

In questo caso è facile riscontrare che la conservazione e la tutela possono conviveresenza problemi con la valorizzazione, anche gli interni delle case hanno mantenuto la loro

Fig. 3. Attività artigianaleall’interno del borgo.

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funzione, senza snaturarne la dignità. Questo tipo di musealizzazione non è rivolta allaricostruzione fanatica e spesso posticcia facilmente riscontrabile in molti altri casi, laspecificità dell’intervento è quella di creare un’atmosfera lirica con gli elementi delterritorio, creando anche nuovi stimoli per la popolazione locale nella creazione dibotteghe artigiane e piccole attività sostenibili (fig.3).

Nelle abitazioni si sono effettuati interventi che portassero alla luce la formaoriginaria, cancellando e rimuovendo le tracce della modernità degli anni sessanta esettanta, che in questi centri storici minori ha portato alla scomparsa del valore unitarioe dell’insieme territoriale verso la prospettiva del seriale.

Ovviamente sono stati concessi alcuni interventi per favorirne il comfort dell’offertaricettiva ma senza mai denaturarne l’anima.

L’intervento si è inoltre occupato anche dello studio e dalla conoscenza tradizionale

e folcloristica locale, grazie al Museo delle Genti d’Abruzzo, per riportare alla lucel'identità culturale della zona, reintroducendo anche patrimoni della tradizione comecoperte, madie e stoffe nella quotidianità della collettività.

La conoscenza del territorio ha come primo obiettivo un recupero filologico e unavalorizzazione non omologata che eviti di cadere nel country di basso folclore, nelmedievalismo retorico e nel fantasy, creando quindi un’offerta unica e non imitabile cheaiuti alla fidelizzazione del turista e della collettività locale.

Le botteghe aiutate a nascere nel borgo di Santo Stefano di Sessanio sono appuntobotteghe rappresentative del territorio a cui appartengono, legate alla tradizione materialecome la cucina della sussistenza, l’artigianato domestico e la filiera produttiva della lana.Tali testimonianze sono possibili attraverso la cultura popolare che vede gli anziani delborgo come gli ultimi saggi.

Non si deve pensare che si sia trascurata la comodità, infatti sono stati inseritielementi dell'arredo contemporaneo, distinguendoli però per forma dall’esistente (fig. 4).

La filosofia dell’intervento non è una ricostruzione integrativa ma un recuperofilologico orientato a rendere facilmente distinguibili gli interventi attuali, aiutando cosìla comprensione dell’unitarietà del borgo.

Fig. 4. Esempio di camera daletto dell’albergo diffuso.

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Valorizzazione

Oggi Santo Stefano si presenta come un piccolo paese senza età, con un impiantotardo-mediovale e proto-rinascimentale articolato in patii, vicoli e paesaggi; il punto diforza del borgo è la completa fusione di esso con l’ambiente circostante.

Gli interventi, oltre all’ideazione e all’investimento iniziale della Sextantio S.p.A.,vede come protagonisti numerosi sponsor:

• Costruzioni Iannini• Banca di Credito Cooperativo• Rosa edilizia s.r.l.• Comune di Bresso• Enel• Fondazione Micron• Costruzioni Soccodato• Istituto Caporale• Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia de L’Aquila• Camera di Commercio de L’Aquila

Unitamente agli sponsor tecnici:• Arteria – installazione di oggetti d’arte• Gruppo Spee• Sandritana Viaggi• Teatro Stabile d’Abruzzo• Sextantio S.p.A.

Inoltre il progetto ha avuto il patrocinio di:• Comune di Firenze• Ministero per i Beni e le Attività Culturali• Ministero del Turismo

e l’adesione del Presidente della Repubblica.

Questa stretta collaborazione tra pubblico e privato ha reso possibile un interventoprofondo e mirato, inoltre la collaborazione tecnica di costruttori, operatori turistici ed’arte ha reso possibile il recupero e l’inserimento nell’offerta turistica. Possiamo direche Santo Stefano di Sessanio è un ottimo esempio di sinergia tra pubblico e privato.

Dopo il recupero e con un’attenta e capillare diffusione dei dati si è proceduto allavalorizzazione del territorio attraverso la conoscenza e la comprensione della storia edell’identità. Il caso di Sextantio ha mosso una serie di attività commerciali di altolivello, incrementando il turismo sostenibile e facendo sì che il Comune di SantoStefano di Sessanio fosse inserito nel network de “I Borghi più Belli d’Italia”.

Ad oggi l’offerta ricettiva si basa su 12 strutture con un numero di posti lettosuperiore a 200, che risulta un dato significativo se rapportato al numero degli abitantiche nel 2009 è appena superiore ai cento. Quando nel 2001 Kilghren investe a SantoStefano, il borgo, per via dell’emigrazione, aveva già subito un decremento del 90%della popolazione residente nell'ultimo secolo.

La struttura dell’albergo diffuso della Sextantio è proprietaria di una quotasuperiore al 30% dei posti letto.

Dobbiamo quindi pensare che la maggior parte della comunità residente abbiatrovato nell’azione della valorizzazione un’opportunità di lavoro, subordinato o inproprio. Il Comune di Santo Stefano di Sessanio rileva che il tasso di occupazione èaumentato di 30 volte.

Oltre alle strutture ricettive la società Sextantio ha realizzato otto spazi conviviali,una sala ristorante, una sala convegni, un centro relax e sei botteghe.

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Recupero urbano e architettonico

La peculiarità dei borghi abbandonati, che hanno subìto un forte spopolamento,risiede in particolare nell’assenza di segni del ventesimo secolo: le consuete palazzine incemento, i capannoni artigianali e industriali, le casette a schiera “stile tirolese” dellaridestinazione turistica anni settanta. Così si presenta Santo Stefano di Sessanio, in cui ilborgo in pietra si fonde armonicamente con il paesaggio naturale che lo circonda e con ilquale ha un rapporto molto particolare, per due ordini di motivi. Il primo è strettamentepratico, e risiede negli scarsi mezzi e nella povertà che hanno costretto gli abitanti a fartesoro delle risorse locali e ad assecondare la morfologia del territorio, il secondo si puòspiegare col concetto di genius loci che caratterizza quei territori e il modo di viverli, e siesplicita anche in un’architettura e in patrimonio storico-culturale specifico.

In questi, come in altri luoghi dell'Appennino centro-meridionale, è avvenuta unacancellazione della memoria collettiva, la rimozione di un passato che è stato connotatodall’Unità d’Italia in poi come miseria e abbrutimento. Se l’obiettivo, più o meno palesee cosciente, era questo, è stato naturale andare ad agire su ciò che più lega unapopolazione ai luoghi che abita, cioè il patrimonio architettonico minore, quell'insiemedi edifici ideati e costruiti, secondo le esigenze di sussistenza di chi ne fruisce, daprofessionalità artigianali che affondano le radici in un determinato contesto storico-antropologico.

Si è cercata, quindi, una nuova identità in modelli di sviluppo esterni agendoproprio a partire dai segni più tangibili come le architetture e i loro poveri arredamenti,nonché dall'eliminazione delle tracce del vissuto che avevano modellato quei paesaggiper numerosi secoli.

Il progetto di Santo Stefano di Sessanio, approfittando di un punto di partenzaprivilegiato in cui il borgo abruzzese si è mantenuto per lo più inalterato, è intervenuto,ove necessario, con un approccio di inusuale conservazione di questo patrimoniourbanistico e architettonico, oltre che culturale. Gli interventi, alle diverse scale, hannoseguito il principio guida di non tradire l'anima profonda di questi luoghi, dialogando conla loro identità, attraverso azioni di forte conservazione, riproposizione di elementistoricamente esistenti e introduzioni di elementi nuovi, ma dialoganti, solo doveinevitabile.

Il progetto parte dalla scala urbana per salvaguardare quegli spazi d'insieme e quellepeculiarità paesaggistiche che costituiscono la principale fonte di sviluppo turistico.Al contrario delle ridestinazioni turistiche avvenute in altri luoghi o in altri periodi, chehanno portato a conurbazioni selvagge e alla perdita di quel patrimonio minore che laridestinazione doveva esaltare, qui la Società privata, il Comune e l’Ente Parco hannosottoscritto un innovativo documento per impegnarsi a conservare quell'evocativo esedimentato rapporto tra il borgo storico e il suo paesaggio agrario, che tante volte èvenuto a mancare a causa di politiche di sviluppo urbano, e si è poi ritorto contro losviluppo stesso. Quello che Kihlgren propone è una disciplina del territorio che tutelil’identità dei luoghi e delle popolazioni, inibendo totalmente il costruito ex novoladdove non esiste indice urbanistico che lo richieda, e diventi così vera generatrice dieconomia, più di quanto alcune azioni assistenzialistiche riescano a fare. Una siffattanormativa specifica per i borghi storici di montagna dovrebbe avere come obiettivo laconservazione totale dell'integrità storico-tipologica del costruito ed evitarne lospopolamento, anche attraverso lo sviluppo di attività economiche, fondamentalmentedi tipo ricettivo, con alcune deroghe sulle discipline che regolano l’ospitalità, senza lequali l’obiettivo si presenta irraggiungibile.

Scendendo alla scala architettonica, le linee guida seguite dall’architetto Lelio OrianoDi Zio per la società Sextantio allo scopo di recuperare i manufatti edilizi, e ricalcate poi

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anche da altri piccoli proprietari di Santo Stefano di Sessanio, consistono in primo luogonella conservazione della cubatura originaria, del numero e delle dimensioni delleaperture (porte e finestre), delle partizioni interne e, ove possibile, della destinazioned’uso dei vani nell'originaria organizzazione domestica. Per l’esecuzione dei lavori si èfatto ricorso prevalentemente a materiale di recupero e, quando non possibile, a materialeproveniente dalla stessa area geografica e possibilmente oggetto di correttariproposizione deducibile da diversi studi tipologici su quella parte di patrimonioarchitettonico giunta integra (fig. 6). Sono state conservate, infine, anche le tracce delvissuto delle genti che si sono sedimentate negli intonaci e nelle stratificazioni delcostruito, le quali rappresentano parte integrante, secondo la filosofia d’intervento,dell'identità di questi luoghi, in quanto qui la priorità va data alla conservazione deimateriali come grande testimonianza del sofferto degli abitanti di questo borgo, alcontrario di un intervento di restauro di un’opera di architettura maggiore che punta alrecupero del progetto originario e dell'aspetto formale.

Per quanto riguarda gli interni, l’arredo è stato una componente rilevante del progettoin quanto permette all'ospite di arricchire la propria esperienza attraverso un’unitarietàestetica ed emozionale con l’edificio e con tutto il borgo. Come per gli elementi costruttivi,anche per l’arredo è stato considerato prioritario il recupero di elementi originari: mobilifuori dal tempo e costruiti per secoli secondo un unico stile e le esigenze di un'unica civiltàagropastorale che è sopravvissuta fino a non molti decenni addietro. Letti, madie ecassepanche sono stati restaurati, mentre oggetti di maggiore deperibilità come coperte e

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Fig. 6. Esempio di restauro.

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lenzuola sono state confezionate secondo le tradizionali tecniche (fig.7). Laddove è statonecessario introdurre elementi che storicamente non erano presenti nelle abitazioni rurali,come comodini e armadi, anziché “staccare” e ricorrere a elementi di design contemporaneosi è proceduto con la costruzione secondo le forme tradizionali. Quando, invece, gli elementida introdurre non erano storicamente esistenti (i sanitari, ad esempio) si è optato per un designminimalista che rimanga neutro alla percezione, ed esalti il patrimonio originario.

Il recupero degli edifici è stato eseguito in modo autonomo rispetto alle esigenze di cambiod’uso, nel rispetto della loro integrità architettonica. La volontà è stata quella di restituire ilborgo al suo aspetto più autentico, smontandone, restaurandone e ripristinandone i singolielementi costruttivi, come solai in legno, pavimenti in cotto e travature lignee, consolidandoe ricostituendo murature in pietra e intonaci, ma anche integrando e celando sofisticatedotazioni impiantistiche come impianti elettrici a bassa tensione, comandi remoti,teleriscaldamento radiante a pavimento, internet e intranet per renderlo rispondente allenecessità della vita contemporanea. Le tecniche edilizie adottate per il recupero si sonoavvicinate il più possibile a quelle originali dell'epoca, non solo per una maggioreintegrazione e compatibilità degli elementi o per un recupero stilisticamente adeguato, maanche per la consapevolezza che solo in questo modo avviene la migliore e più duraturaconservazione, anche in caso di eventi sismici, come si è dimostrato con il recenteterremoto de L’Aquila che ha risparmiato il borgo di Santo Stefano di Sessanio cosìristrutturato, ma non la torre sulla quale era stata posta in passato una pesante soletta dicemento armato. Questo tipo di recupero può avvenire soltanto con un’adeguataconoscenza dei materiali, delle tecniche e dei metodi storici che sono il frutto di culturemateriali consolidate e tramandate nei secoli. Dopo il progetto di conoscenza si potrannocapire a fondo le ragioni di forme, geometrie e dimensioni, e l’importanza della distribuzionedelle masse e degli antichi ausili di contrasto alle forze sismiche. Nell’architettura storicaminore non vi sono quasi mai formalismi gratuiti o sterili funzionalismi, ma avviene inmaniera equa e congrua la compresenza di firmitas, venustas e utilitas.

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Tappe del progetto

1999-2000 identificazione ed acquisizione del patrimonio architettonico in stato di abbandono e crollo

2001 ricerca storica delle caratteristiche tipologiche, costruttive e materiche2002-2003 stesura del progetto di recupero e ridestinazione d’uso2002-2005 ricerca del materiale di recupero compatibile da reintegrare2003 avvio del cantiere2004 attivazione della sala ristorante e della sala convegni2005 avvio della ricettività in 6 camere e 2 spazi conviviali2006-06 avvio della ricettività in ulteriori 20 camere e relativi spazi conviviali2006-12 avvio della ricettività in ulteriori 15 camere e relativi spazi conviviali2007-2008 completamento centro relax

I numeri dell'opera

4.000 mq superficie di intervento4.500.000 € investimento totale (90% privato, 10% pubblico)42 camere8 spazi conviviali1 sala ristorante (Fig. 8)1 sala convegni/concerti (Fig.9)6 botteghe1 centro relax

Fig. 7. Camera da letto.Accostamento di designcontemporaneo e tradizione.

Fig. 8. Restauro ultimato dellazona ristorante.

Fig. 9. Restauro ultimato dellasala congressi.

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Risultati

I risultati ottenuti da Santo Stefano sono a dir poco stupefacenti anche grazie allagrande capacità comunicativa di Daniele Kilghren, ideatore e principale investitore diSanto Stefano.

Basandoci sui resoconti pubblici e quelli della Sextantio S.p.A. possiamo notare cheil punto di partenza fissato nel 2001, quando iniziò l’intervento di recupero evalorizzazione, il 75,5% delle abitazioni non era utilizzato, la popolazione dal secoloprecedente era diminuita del 90% e lo sviluppo turistico era pari allo 0% ; in altre parolela popolazione era di 112 persone, le strutture alberghiere erano 3 con un totale di 79posti letto e con 285 presenze annue. Quest’ultimo dato è importante se paragonato al2008, quando dopo i restauri, si sono registrate 7.300 presenze di cui addirittura l’87%provenienti dall’Italia, le strutture ricettive si sono moltiplicate vedendo nascere anchenuovi sistemi dell’economia turistica come locande, affitta camere e bed and breakfast.

Inoltre l’intervento di valorizzazione è stato determinante per l’incremento divalore degli immobile che, secondo i dati dell’agenzia del territorio, hanno avuto unincremento del 90% tra il 2006 e il 2008.

La vocazione turistica si riflette inevitabilmente sul territorio e sull’agricoltura:secondo la Sextantio S.p.A. la ristrutturazione degli ambienti ha un costo di 1600 euroal metro quadro, ed è destinata quindi a riversare nei prossimi 5 anni circa 20 milioni dieuro sul territorio. Il flusso turistico è determinante per la produzione agricola el’artigianato, assicurando un impiego costante degli abitanti. L’utilizzo di prodotti achilometro zero e coltivazioni tradizionali hanno contribuito a far rinascere alcunefigure tradizionali. La valorizzazione ha azzerato il tasso di disoccupazione delterritorio e si può notare che gran parte delle attività sono in proprio.

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Rassegna stampa

La stampa, grazie anche alla forte presenza di Daniele Kihlgren e alla sua visibilitàmediatica, è stata molto presente nella storia di Santo Stefano.

La risonanza dell’intervento vedremo che sarà non sono nazionale, ma europea einternazionale.

Prendendo in esame le tappe salienti è sicuramente giusto partire dall’attenzione daparte della stampa nel 2004 quando non solo il «Washington Post» dedica quasiun’intera facciata al progetto di recupero e valorizzazione del borgo medievale, ma unaltro giornale internazione come il «Financial Times» dedica un articolo puntualeall’intervento vedendolo come un punto di riferimento per i futuri interventi italianiconsiderandolo come la nuova best practice del recupero dei borghi medievali.

La stampa nazionale non tarda a fare la sua comparsa, nello stesso anno ben duearticoli sono dedicati a Santo Stefano di Sessanio da «Il Sole 24 Ore», uno nel lugliodove si diffondono le informazioni e uno nell'agosto dove si quantifica l’operazione,evidenziando il + 40% di flussi turistici dovuti all’intervento registrati dal 2003.

Nel marzo del 2005, sarà «La Repubblica» a dedicare un’intera pagina al borgoinserendolo nell’ordine di buona pratica e evidenziandone la metodologia applicabilead altri borghi medievali. Nell’articolo si nota una particolare attenzione alla Sextantioe soprattutto alla qualità dell’albergo diffuso.

Sempre nel 2005, a pochi giorni di distanza, prima «l’Espresso» sottolineerà lanuova tendenza dei turisti stranieri di battere zone nuove, creando nuovi itinerarituristici non solo focalizzati sul Chianti e sarà nuovamente «Il Sole 24 Ore» adesplicitare l’intervento e la sua filosofia, descrivendo un paese trasformato in albergoin grado di produrre reddito e occupazione conservando la vocazione autoctona delterritorio, quindi senza alterane la specificità.

Sicuramente una delle tappe più importante dal punto di vista della comunicazioneè rappresentato dall’articolo uscito sulla «Rivista del Turismo» del Touring Club deldicembre del 2007. In esso possiamo vedere, accompagnato da un servizio fotograficodi altissimo livello qualitativo, uno scritto a firma del prof. Paolo Panicca ordinario diEconomia all’Università di Tor Vergata che illustra tutti i passaggi e soprattutto sifocalizza sull’aspetto economico e della valorizzazione. Le conclusioni del professoresono estremamente positive infatti evidenzia che il caso di Santo Stefano di Sessanioè riuscito a dimostrare che creare valore attraverso l’innovazione dipenda non solo dalla capacità

strutturale del sistema impresa di soddisfare le esigenze del contesto di riferimento.

Tra il 2008 e il 2009 Santo Stefano di Sessanio è presente su grandi testateinternazionali, nel luglio il «New York Times» dedica un lungo articolo diffondendo lanotizia dell’unicità del borgo e di una formula nuova di turismo culturale, sulla stessaonda di diffusione sarà «Die Zeit» nel maggio del 2009.

Sempre nel 2008 si parlerà del borgo sia su «The Guardian» sia attraverso unservizio televisivo di CBS News.

«Bell’Italia» nel maggio 2008 si concentra sull’aspetto innovativo dell’esperimento,sottolineandone le caratteristiche dell’accoglienza fornendo informazione precise permettersi in contatto con l’organizzazione.

Nel 2010 sarà nuovamente il «New York Times» a tesserne lodi, individuando inSanto Stefano di Sessanio la vera alternativa turistica in Italia.

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Cenni storici

Delineare la storia di Torri Superiore non è semplice, considerando che vienepresa in esame una porzione di Torri, frazione di Ventimiglia.

Infatti il piccolo borgo si trova arroccato sopra la frazione di Torri, piccolo ag-glomerato urbano medievale diviso in due dal fiume Roja, a una decina di chilome-tri dal capoluogo Ventimiglia.

Torri Superiore negli anni Ottanta era completamente disabitata, faceva ecce-zione un solitario, Nando Beltrame, che era l’unico residente. La particolarità di Tor-ri Superiore è la completa aderenza al progetto rurale iniziale, infatti le sue caratte-ristiche costruttive e strutturali sono rimaste intatte nel tempo.

La precisa data di fondazione non è certa, ma grazie agli studi di Eugenio Cais DePierlas si è rintracciato un documento del 1073 che nomina per la prima volta Tor-ri «…actum in castro ubi ture dicitur…»

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La posizione strategica per il controllo della Val Bevera e la vicinanza al mare, faaffermare al professor Nino Lambiglia che Torri nel periodo medievale fosse unavamposto militare

6, facendo risalire il nome Torri pluralizzato dal primitivo ture.

Inoltre il professore afferma che la vocazione militare del luogo è confermata dei co-gnomi storicamente presenti nel borgo, Balestra soprannome di mestiere, ossia ba-lestriere quindi armato di balestra, e Guglielmi derivante dalla tradizione francofo-na dove willihelm corrisponderebbe a elmo.

L’origine dell’insediamento medievale a Torri Superiore, che si presenta come uncomplesso di edifici separati poche centinaia di metri dal villaggio principale, è in-certa; si ritiene che possa risalire al tardo XIII secolo e la sua struttura a roccaforteconfermerebbe la tesi della sua origine militare. Inoltre la particolare struttura di di-fesa del borgo è testimone dei numerosi periodi di invasioni dalla costa e di grandesconvolgimento sociale e religioso nella regione alternati nel tempo. In epoca me-dievale e moderna la zona era particolarmente soggetta a incursioni e saccheggi, so-prattutto da parte di pirati e saraceni.

La struttura medievale del borgo è ancora totalmente visibile, infatti Torri Supe-riore è composto da tre corpi principali, separati da due vicoli interni in parte coperti.Oltre 160 vani con soffitti a volta, a botte o a crociera, solo collegati da un intricatolabirinto di scale e terrazzi (fig.1). Sono tipici del Ponente ligure, strutture fortificatea metà tra la città, il villaggio e l’insediamento militare.

Le strutture sociali di queste comunità erano legate all’economia rurale e alle tra-dizioni comunitarie, infatti sono numerose le testimonianze documentarie che af-fermano le forme di lavoro collettivo. Le forme di intensa vita comune sono inoltretestimoniate da tracce ancora vive come una grande sala che era usata come cucina

Torri Superiore

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e un forno comune, una volta l’anno i capifamiglia si riunivano nell’Assemblea del vil-laggio obbligatoria. Tali forme sociali garantivano la continuità della comunità tramitela tutela del patrimonio, della famiglia e il controllo dei rapporti con il Vescovo

7.

La costruzione degli edifici a Torri Superiore non è frutto di un unico intervento mai lavori sicuramente si sono protratti per diversi secoli, alcune porzioni della fitta grigliacostruttiva del paese sono state ultimate alla fine del settecento. In quest’ epoca il vil-laggio raggiunse la massima densità infatti la struttura testimonia un’accoglienza di piùdi duecento abitanti.

Lo spopolamento avvenuto già nell’ ottocento e concluso nel dopoguerra, è dovutoprincipalmente alla carenza di lavoro, ma un fattore determinante è stato anche la colloca-zione geografica che ha visto per più di un secolo un continuo cambio di confine tra Italia

e Francia, infatti è giusto ricordare l’intenso lavoro di Nilla Gismondi, che nel dopoguerradedicò la sua vita per dare la possibilità a queste zone di essere ancora italiane. Infatti costituìil Comitato per l’Italianità in difesa dai profughi delle zone di confine cedute alla Francia

8.

Filosofia dell’intervento

L’intervento inizia nel 1983 dal volere iniziale di una coppia di torinesi, che appenagiunsero a Torri Superiore ne rimasero affascinati e nel 1989 si impegnarono, conside-rata l’entità dell’intervento, a costituire l’Associazione Culturale di Torri Superiore. At-traverso lo statuto è facile individuare la filosofia dell’intervento: tra le finalità dell’as-sociazione è di primaria importanza dare vita a una comunità basata sull’armonia e sul rispet-

to delle persone, della natura e dell’ambiente, superando ogni tipo di dogma e ideologia precostituita. Questa riflessione fa notare una prima differenza dagli altri esempi di valorizzazio-

ne: in questo caso l’accento non è messo sull’aspetto del recupero del patrimonio cul-turale, architettonico e paesaggistico ma sulla creazione di una societas diversa.

Infatti nei punti a seguire sarà ampliato il concetto secondo cui la vita nel borgocontribuisca al movimento mondiale per la salvaguardia dell’ambiente e la tutela dei di-ritti umani.

Solo tra gli ultimi punti dello statuto troviamo l’interesse artistico e culturale del luo-go, considerato però funzionale alla finalità dell’associazione, infatti si legge che Torri Su-

periore rappresenta un prezioso patrimonio storico culturale del territorio e per i propri caratteri urba-

Fig. 1. Pianta del complesso diTorri Superiori.

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nistici è idoneo alle finalità culturali ed umane che si vogliono perseguire.

Per far sì che il luogo non diventi una località in cui soggiornare solo alcuni mesi al-l’anno, l’associazione si impegna a promuovere attività economiche collettive e indivi-duali che provvedano al sostentamento degli abitanti, permettendo l’insediamento sta-bile a Torri. Per essere associati bisogna essere presentati da due soci e all’atto del-l’ammissione ci si impegna a prestare opera in modo costruttivo e in armonia con glialtri soci. Prima di essere associati il candidato dovrà passare un periodo di prova dimassimo un anno e successivamente dovrà essere accettato dall’intera comunità.

La collettività però non è concepita per essere autoreferenziale e chiusa su sestessa, infatti si impegna a costruire un centro studi per la diffusione, la ricerca el’informazione delle tematiche trattate, inoltre, anche se non si è associati, è possibilesoggiornarvi: sono ospitati tutti quelli che desiderino sostenere e diffondere lo scopo dell’associa-

zione ed i suoi intendimenti. È specificato che nessuno potrà trarre profitto privato dal-la comunità, né percepire una rendita propria.

Il progetto ambizioso era quindi di restaurare interamente il borgo antico e di in-serirvi all’interno una collettività che ne condividesse la spinta originaria. Nel 1995erano agibili solo tre stanze e in esse presero la residenza i primi tre pionieri dell’av-ventura che possiamo riassumere nella parola ecovillaggio (fig. 2). Che cosa sia unecovillaggio non è cosa facile da spiegare, considerati i tanti aspetti e il forte senso diappartenenza a un determinato territorio; a tratti generali possiamo dire che sono in-sediamenti abitativi a misura d’uomo nei quali ci si impegna a seguire e creare mo-delli di vita sostenibili in accordo con l’ambiente.

Questo forte legame con la natura ha caratterizzato la filosofia dell’interventonon solo dal punto di vista della valorizzazione, ma anche per quanto riguarda il re-cupero, infatti Torri Superiore è stata interamente recuperata seguendo i principidella bioarchitettura, infatti nello statuto si evidenzia che l’associazione si impegnaa promuovere e realizzare il recupero e la rivitalizzazione, proteggendo e valoriz-zando i suoi originali caratteri architettonici e urbanistici ovviamente seguendo i cri-teri ambientali e naturalistici su cui è fondata la “comunità”. Il recupero, in vista de-gli ideali di condivisione e di rispetto, è stato svolto grazie a intensi campi di lavorodi giovani provenienti da tutto il mondo autonomamente, attraverso organizzazio-ne ambientaliste, servizio civile internazionale e organizzazioni scoutistiche.

Fig. 2. Torri Superiore all’iniziodella fase dei restauri.

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Valorizzazione

La valorizzazione è incominciata agli inizi degli anni Novanta con i primi acqui-sti da parte dei fondatori dell’associazione: il piccolo borgo era suddiviso in una mi-riade di proprietà come spesso accade in zona disabitate soggette a eredità mai resefunzionali.

L’associazione prende vita nel 1989 e si sviluppa velocemente, grazie a un largoconsenso da parte di reti di cooperazioni ambientali che nel tempo sono diventatepartner del progetto come:

Rete GEN – Global Ecovillage Network

EDE – Ecovillage Design Education

Responsible Travel

Rete RIVE – Rete Italiana Villaggi Ecologici

Accademia Italiana di Permacultura AAM Terra Nuova LegambienteLegacoop Liguria AIAB – ICEA

L’Associazione Culturale “Torri Superiore” non ha scopo di lucro e finalizza tut-te le energie, economiche e operative, alla rivitalizzazione del borgo medievale e al-le attività ad esso connesse.

Grazie a numerosi campi di lavoro giovanili è stato possibile restaurare in pocomeno di 15 anni gran parte del borgo acquisendone più del 90%, soprattutto grazieall’intenso lavoro della comunità, ai fondi personali degli associati e al sostegno daparte Regione Liguria, Provincia di Imperia, Comune di Ventimiglia, Comune diAirole, Comune di Olivetta San Michele, ARPAL – Agenzia Regionale ProtezioneAmbiente Ligure.

Nel 2002 oltre ai 160 vani restaurati viene realizzato un centro ricettivo cultura-le con un ristorante e 24 posti letto, oggi notevolmente aumentati gestito dalla pic-cola Società Cooperativa “Ture di Nirvane”.

Non bisogna cadere nell’errore di pensare che in questo piccolo borgo tutto siain comune, l’organizzazione spiega che la metà degli spazi è destinata ad ambiti pri-vati che ovviamente sono recuperati con la stessa impostazione di quelli collettivi aspese proprie. Infatti le parti private sono concepite per una migliore qualità della vi-ta e soprattutto per una residenza nel lungo periodo. All’interno delle abitazioni peròè raro trovare una zona destinata a cucina, infatti i momenti dei pasti sono scanditidal suono della campana che riunisce in grandi tavoli tutta la popolazione residentee ospitata.

Nelle specifico economico, esiste una sorta di stipendio per tutti quelli che lavo-rano nella comunità, sono istituite però una cassa comune e una cassa alimenti do-ve finiscono i proventi dal lavoro e non dal patrimonio, dove ognuno mette quantopuò. Altre attività economiche sono fiorite nel piccolo ecovillaggio come un labo-ratorio di saponi artigianali biodegradabili, una bottega di ceramica, un’area poliva-lente adibita a corsi di yoga e altre discipline, oltre alla coltivazione e alla vendita deiprodotti.

La comunità si riunisce una volta alla settimana per prendere le proprie decisio-ni col metodo del consenso.

Non bisogna dimenticare che nei periodi di minor lavoro agricolo alcune perso-ne della comunità si rendono disponibili per lavori di muratura e restauro.

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Torri Superiore è un esempio virtuoso per gli ottimi risultati ottenuti non soloeconomicamente ma anche come esempio di collettività, analizzandone la storia ri-sultano vincenti l’integrità e l’aderenza all’idea iniziale.

Le coltivazioni sono ispirate ai principi della permacultura, un sistema di colti-vazione biologica che non fa alcun uso di concimi neppure naturali, per i prodotti dimaggior produzione è possibile rilevare la forte aderenza alle caratteristiche del ter-ritorio, infatti si producono maggiormente ortaggi, olio d’oliva, miele, marmellata.

All’interno del borgo sono realizzati continuamente incontri e convegni sui temiambientali, sulla permacultura e su argomenti attinenti alla filosofia dell’intervento.Anche grazie all’intensa attività del centro studi Torri Superiore è diventato un cen-tro di documentazione e una biblioteca a cielo aperto per documentarsi sui temi diquesta esperienza, fornendo un motivo aggiuntivo e attinente per il soggiorno degli

ospiti. In sintesi possiamo affermare che l’Associazione Culturale Torri Superiore hasvolto la sua attività di valorizzazione e recupero con le seguenti azioni:- Acquisizione e recupero del borgo e dei terreni circostanti.- Avvio di un complesso di attività economiche (artigianato, agricoltura, formazione).- Insediamento stabile o temporaneo dei propri associati secondo una struttura di ti-po comunitario.- Realizzazione di una struttura ricettiva e culturale.- Costituzione di un centro di studi e ricerca sui temi del rispetto ambientale e dellatutela dei diritti umani.

Recupero urbano e architettonico

Il punto di forza del borgo medievale di Torri Superiore è la straordinaria con-servazione dei suoi caratteri originari: l’impianto urbano, la tipologia architettonicae le strutture materiali. Valorizzare questo prezioso patrimonio senza snaturarnel’identità è stato il principio ispiratore di tutta l’opera di recupero e restauro del pic-colo borgo della Val Bevera.

Questa operazione, che i fondatori hanno denominato “riciclaggio urbanistico”,finalizzata alla rivitalizzazione del borgo, è partita da uno stato di fatto assai penoso:il sito era in condizione di completo abbandono, utilizzato come discarica, copertoda macerie e in parte pericolante, i terreni erano incolti e coperti da rovi ( fig.3). Duesole unità abitative avevano l’allacciamento all’elettricità e attingevano a vasched’acqua collegate alla rete idrica.

Fig. 3. Il complesso di TorriSuperiore prima dell’intervento:pericolante e coperto dallavegetazione.

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Le potenzialità del borgo erano tuttavia enormi e i suoi caratteri suggestivi han-no favorito l’inizio delle operazioni di rivitalizzazione con la fondazione dell’Asso-ciazione Culturale Torri Superiore. La struttura architettonica è interamente in pie-tra locale e si sviluppa su otto livelli, due vicoli in parte coperti separano tre corpi difabbrica che al loro interno contano in tutto 160 vani collegati con scale, vicoli e ter-razzi per una superficie utile di tremila metri quadri.

Tra gli obiettivi dell’Associazione vi era il recupero architettonico sostenibile diquel patrimonio collettivo dimenticato, al fine di trasferirvi la propria residenza e leproprie capacità professionali. L’acquisto degli immobili è finalizzato a valorizzare ilpaese come centro culturale aperto al territorio.

L’acquisizione di circa il 90% del paese è stata possibile con l’impegno finanzia-rio degli associati, mentre con la collaborazione di altri organismi ambientalisti e il

Fig. 4. Porzione di facciatarestaurata.

Fig. 5. Particolare di facciatadove emerge il rispetto per letradizioni locali.

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Servizio Civile Internazionale si è arrivati al restauro del patrimonio edilizio, nonchéal recupero di molti spazi aperti.

Lo studio delle strutture edilizie da recuperare e delle tecniche costruttive delterritorio ha permesso di redigere un progetto di recupero che preserva le caratteri-stiche originali integrandole con moderne tecnologie che permettono una vitaconfortevole, ma a basso impatto ambientale (fig. 4). I lavori sono stati eseguiti perla gran parte dai residenti in autocostruzione su progetto dell’architetto GianfrancoFava e del geometra Mauro Fantino, coadiuvati da piccole ditte artigianali locali.

I criteri imposti dal comune di Ventimiglia per il restauro degli esterni degli immo-bili si sono ben sposati con l’idea di recupero del borgo dell’Associazione (facciate inpietra, pluviali in rame, imposte in legno in stile genovese colore verde salvia, ampiez-za delle aperture esterne, ecc.) con un limite di espansione volumetrica del 5 % (fig. 5).

L’Associazione Culturale ha poi approvato ulteriori criteri per il restauro degli interni in-coraggiando l’uso di materiali naturali e di tecnologie per il risparmio energetico. I ma-teriali utilizzati sono stati quindi sabbia e calce, anziché ferro e cemento, isolanti natu-rali come il sughero, legno di sicura provenienza e smalti ecologici.

L’acqua calda sanitaria è prodotta con pannelli solari e i terminali degli impiantidi riscaldamento sono costituiti da superfici radianti a bassa temperatura sia nellastruttura ricettiva sia in alcune case private (in cui comunque non vengono supera-ti i 18°C di temperatura dell’aria) assicurando comfort termico e risparmio energe-tico. È in progetto l’aumento della produzione di acqua calda e l’integrazione sola-re dell’impianto di riscaldamento per diminuire la dipendenza da combustibili fos-sili e i consumi di legna da ardere.

L’energia elettrica viene fornita da una ditta privata ed è prodotta interamente dafonti rinnovabili. È in progetto l’introduzione di pannelli fotovoltaici per arrivare adun impianto di 12 kW di potenza, coprendo così i consumi della Casa per Ferie. Leacque reflue sono raccolte e riutilizzate in un sistema di compostaggio (fig. 6).

I lavori di restauro hanno apportato qualche modifica dal punto di vista distributi-vo: in fase di ristrutturazione si sono aperti varchi e porte che hanno messo in collega-

Fig. 6. Torri Superioreinteramente restaurata e sullavia dell’autosufficienzaenergetica.

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mento vani fino ad allora separati e realizzato diversi percorsi interni. È una trasforma-zione significativa di quello che fu il borgo, specchio del suo mutato uso e della nuovacomunità che lo abita. Tale scelta è stata motivata dal bisogno dei nuovi abitanti di pas-sare ad una “permeabilità sociale” anche attraverso una “permeabilità strutturale”, evo-cando, attraverso il sistema distributivo degli spazi, un senso di condivisione e dinami-smo, permettendo inoltre l’accoglienza dei visitatori e il benessere degli abitanti.

La capienza massima di residenti e ospiti è limitata dal confine fisico del villaggio me-dievale e dall’esiguità dei terreni coltivabili disponibili.

La suddivisione spaziale delle proprietà del borgo si è attestata su un 45% all’Associa-zione Culturale che detiene gli spazi comuni e di lavoro, mentre la restante parte è suddi-visa tra i soci che hanno partecipato alla ristrutturazione; ciascun socio dispone libera-mente della sua proprietà individua-le ma, per accordo interno, essa puòessere venduta solo ad altri soci. Lasuddivisione in spazi comuni e al-loggi privati è stata una delle scelteposte alla base della costruzione, an-che fisica, di questa comunità, rite-nendo che solo disponendo di am-biti privati la convivenza avrebbepotuto essere duratura.

Attualmente questa parte contacirca 20 unità abitative, di cui 18 ri-strutturate e in cui risiedono 14 nuclei familiari.

All’interno della proprietà associativa è operante una struttura ricettiva aperta aisoci e agli ospiti, con licenza di casa per ferie e ristorante così composta:

- 24 posti letto;- 70 coperti in quattro sale da pranzo, cucina e laboratori, bagni e reception per

una superficie di 189 mq;- 30 mq di sala per attività.Per il completamento dei lavori di ristrutturazione della proprietà associativa si

prevede ancora la creazione di una zona convegni composta di 2 sale, di cui unapolivalente, per una superficie di 95 mq, collocata al livello più alto della zona norddel borgo. Attraverso sei ampie finestre si gode di riconoscibilità dall’esterno, ottimaluminosità interna e bella vista sul paese di Torri. Anche questa ristrutturazione saràeseguita secondo criteri di bioarchitettura: calce di alta qualità, sughero per gli iso-lanti, serramenti in legno con vetri ad alto isolamento, pavimenti in legno massellodi origine europea, tinture murarie in calci naturali e trattamento del legno con olii ve-getali (fig. 7). Il soffitto della sala polivalente è realizzato in travature e assito di legnoeuropeo a vista.

Riabitare questo borgo abbandonato da oltre un secolo ha avuto il merito di sal-vare dalla rovina le sue strutture materiali, ma anche il significato di rifondarlo se-condo una nuova dimensione estetica (fig. 8).

Risultati

I risultati di Torri Superiore non possono essere espressi in assoluto a livello tu-ristico perché la valorizzazione in senso stretto non è il primo obiettivo dell’inter-vento, quindi è necessario leggere i dati attraverso una particolare lente che eviden-

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zia la virtuosità dell’azione. Inoltre, essendo una piccolissima frazione, è difficile cal-colare e quantificare precisamente i risultati circoscritti all’intervento; i dati di segui-to sono stati forniti dai soci dell’ecovillaggio. Dall’unico abitante presente agli inizidegli anni Ottanta, oggi la frazione accoglie trenta persona residenti.

Il centro turistico, in gestione dal 1998 alla Società Cooperativa Ture Nirvane, èaperto per 10 mesi all’anno e i dati confermano che le presenze sono di circa 4200ospiti all’anno e di 3500 da parte della comunità residente.

La casa per ferie oggi ha 24 posti letto e una zona pranzo di settanta posti. Gra-zie all’intervento di recupero il borgo ha visto un aumento del valore degli immobi-li del 500%, un dato sorprendente per l’esperienza (Fig. 9).

Forse l’aspetto che ha ottenuto più risultati è la replicabilità dell’intervento, infattiTorri Superiore è diventato il riferimento pratico per l’utilizzo di tecniche di bioedi-

lizia, per l’orientamento alla riduzione dei consumi, per la produzione finalizzata al-l’autoconsumo e per la condivisione degli spazi.

Inoltre verrà potenziata l’offerta turistica con l’ampliamento della fornitura dei ser-vizi e di ulteriori stanze, che ovviamente saranno limitate per via del perimetro circo-scritto di un borgo medievale. Si prevedono anche un incentivo per la produzione agri-cola locale e l’apertura di un mercato locale di produttori delle Val Bevera e Val Roja.

Rassegna stampa

Uno dei primi articoli che evidenzia le potenzialità di Torri Superiore sarà pub-blicato sulla rivista «Essere» nel settembre del 1988 dove Piero Caffaratti, promoto-re del Progetto Torri Superiore, rilascia una lunga intervista nella quale delinea la filoso-fia e la progettualità che desidera intraprendere a Torri Superiore.

Nell’intervista si parla della creazione di un centro sensibile alla natura e alla so-stenibilità architettonica, ricettiva e abitativa. La realizzazione di un villaggio alter-nativo improntato sulla cooperazione è la linea guida del progetto, la creazione di unfalansterio sta prendendo lentamente forma nel piccolo paese di Torri Superiore.In varie parti dell’articolo si chiede ai lettori di partecipare alla ricostruzione del pae-se e alla partecipazione attiva al progetto da parte non solo di italiani ma anche distranieri e così avverrà nel futuro di questo piccolo borgo medievale.

Ci vorrà qualche anno per far sì che i quotidiani nazionali si interessino a TorriSuperiore, uscendo dal circuito della stampa specializzata. L’11 settembre 1993 ilquotidiano «Il Secolo XIX» dirà che il vecchio borgo medievale di torri sta lentamente rina-

scendo grazie al volontariato internazionale; in questo articolo non si parla ancora di ri-strutturazione del borgo ma di pulizia e recupero limitato. In questo periodo «Il Se-

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Fig. 7. Particolare delriscaldamento a pareti radianti.

Fig. 8. Porzione del borgo primadei restauri.

Fig. 9. Esempio di intervento.Particolare dell’interno.

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colo XIX» evidenzia l’acquisizione dell’intero borgo da parte dei promotori dell’in-tervento.

Sarà nel 2000 che Torri Superiore avrà il definitivo lancio mediatico attraverso ilsettimanale «D. La Repubblica delle Donne» allegato a «La Repubblica». Titolo del-l’articolo sarà La favola del villaggio. Un giorno a Torri. Dove in venti vivono un’utopia che fun-

ziona. La giornalista V. Vantaggi dà una descrizione fiabesca, nottetempo del borgo,paragonandola a un disegno di Escher. Per la prima volta l’attenzione si sposta dal-l’aspetto politico-organizzativo orientandosi verso la definizione di ecovillaggio, pa-rola ancora non in uso in Italia ma in uso dagli anni settanta negli Stati Uniti. Difat-ti viene descritta la vita all’interno del borgo medievale come dimostrazione dell’idea che

si può abitare un luogo rispettando le leggi della natura, inoltre vengono descritte le attivitàeconomiche che vogliono intraprendere.

Nel marzo del 2002 due quotidiani nazionali parleranno di Torri, «La Stampa» il 19e «Il Secolo XIX» il 12. L’attenzione ora è rivolta all’apertura delle attività ricettive giàannunciate del 2000. Nel piccolo borgo ligure è stato inaugurato il primo ristorante eil primo albergo. In questi articoli per la prima volta di parla di bioarchitettura e tecni-che di restauro naturali e tradizionali inserite all’interno dell’ottica del risparmio ener-getico, si evidenziano l’utilizzo di intonaci naturali, calce, legno, cotto.

Nella rivista «Volontari per lo sviluppo» si darà molto spazio a Torri Superiore egrazie alla sua distribuzione internazionale assicurerà una diffusione europea delprogetto. Per la prima volta una rivista di settore darà la definizione di ecovillaggi de-finendoli come insediamenti a misura d’uomo, rurali e urbani che aspirano a creare modelli di

vita sostenibile. Oltre alla descrizione dei restauri vengono anche evidenziati gli aspet-ti di gestione ecosostenibile, come l’utilizzo degli scarti della potatura per alimenta-re il fuoco della cucina e del riscaldamento, l’assenza di concimi anche naturali per lacoltivazione e la produzione di cibi e saponi. Inoltre si sottolinea la differenza traagriturismo e ecovillaggio definendolo una comunità.

Nel 2005 il periodico di architettura «Casaviva» è attento all’aspetto del restauroe della preservazione delle caratteristiche architettoniche e ambientali del territorio.

«Terra Nuova» nel giugno 2006 pubblica un intero inserto descrivendo Torri co-me l’alternativa al vuoto consumismo dei centri turistici alla moda. Torri Superiore, piccolo gioiel-

lo di architettura medievale popolare, è considerata qui un’ottima opportunità turistica avocazione culturale, ambientale e sociale. La rivista offre una dettagliata documen-tazione fotografica soprattutto a testimonianza delle modalità di restauro.

Come spesso accade la stampa estera è più attenta rispetto alla stampa naziona-le a ciò che accade in campo culturale. Di seguito riporterò solo gli esempi più im-portanti. Nella rivista «Permaculture Magazine» nel 2004, oltre a descrivere il villag-gio, descrive anche gli abitanti definendoli foolish, idealists or pioneers. Si fa attenzioneal periodo storico della nascita dell’idea, un periodo dove le strutture erano solo incemento e l’idea della pietra e del limo ricordava solo la miseria. Vengono evidenziatii criteri di restauro, molto attuali ora ma assolutamente non contemplati negli anniOttanta. La rivista inglese, con approccio molto tecnico, mette in luce l’importanzadel riscaldamento a bassa entalpia, alimentato da una caldaia mista solare e gas.

Sempre nel 2004, la rivista statunitense «Communities» pone l’accento sul grup-po di persone e la loro scelta responsabile di vivere in modo altro. Descrive i mec-canismi associativi e i relativi costi economici, analizzando gli ingranaggi organizza-tivi. Il giornalista inoltre delinea i profili degli abitanti del piccolo borgo e la moda-lità di accettazione all’interno della comunità.

Nel 2007 sarà l’importante rivista francese «l’Ècologique» a stupirsi per la mera-

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viglia del posto e per lo stile di vita assolutamente non convenzionale. Come in «Per-maculture Magazine» viene analizzata la tecnologia utilizzata soprattutto per il ri-scaldamento e l’isolamento termico, viene messa in luce l’offerta turistica presentesul territorio e le iniziative in essere a Torri come i corsi di yoga e shiatsu.

Nell’ottobre del 2008 anche la stampa spagnola guarda con interesse l’esempio diTorri. «Ecologìa y Desarrollo» vede in questo piccolo borgo un’esperienza di be-nessere e consenso, proponendolo come una meta turistica alternativa dove poterprendere contatto con un passato che può essere un’opportunità per il futuro.

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Calcata

Cenni storici

L’arch. Paolo Portoghesi definisce Calcata, un’arca di Noè incagliata su un Ararat, una

minuscola e celeste Gerusalemme calata dal cielo proprio come la descrive l’Apocalisse9

. Calcata, in-fatti, è considerata uno dei borghi fortificati medioevali meglio conservati in Italia.Secondo Louise Desmond McDermott, questa cittadella era un sito perfetto per viadella sua inespugnabilità dovuta alle particolari conformazioni ambientali.

Ovviamente la storia di Calcata non risale all’epoca medievale, le zone limitrofeerano insediamento falisco fino al V secolo a.C., ma stabilire se la cittadella fortificatafosse occupata dai Falisci risulta impossibile, le analisi stratigrafiche non sono di si-cura lettura considerando l’alveare di grotte presente sotto tutto il borgo. Tomaset-ti

10attribuisce le mura del lato sud e la cosiddetta scala segreta all’epoca dei Falisci

11.

Altri studiosi, come Pasqui e Cozza12, affermano l’origine falisca del paese. I Falisci

furono quindi i residenti della zona fino al 241 a.C. quando, stretti dalla morsa ro-mana, caddero sotto il dominio di Roma con una decimazione della popolazione. Lazona di Calcata e della Valle del Treja fu abitata dai legionari pensionati. Le strade ver-so la capitale furono notevolmente ampliate per favorire i commerci soprattutto digeneri alimentari, di questo intervento ne rimane traccia appena fuori la porta diCalcata, dove è ancora visibile un breve tratto dell’antica strada romana. Le sempremaggiori richieste di prodotti agricoli da parte della Capitale, hanno determinato unperiodo di fioritura economica del territorio, soprattutto dal I secolo d.C..

Il territorio intorno a Calcata, quindi, si presentava come un’insieme di villae ru-

sticae produttrici dei beni agricoli destinati all’espansione della vicinissima Roma.L’insieme di fattorie modificò il suo aspetto tra il III e il V secolo d.C., a causa forsedi qualche pestilenza che dimezzò la popolazione, portando le piccole fattorie a es-sere assorbite da quelle maggiori.

Le notizie nei secoli successivi si diradano notevolmente. Calcata viene nomina-ta nell’ VIII secolo da papa Adriano I che, appassionato di domuscultae, ne creò unacon il nome Capracorum in una zona di più di 100 chilometri quadrati comprenden-te Calcata che doveva presentarsi come una villa rustica. Adriano I inviò, per consa-crare la chiesa nuova, le reliquie di San Cornelio a Calcata.

Sempre secondo gli studi di Louise Desmond McDermott, Calcata viene anchenominato nell’atto di donazione del castello, che probabilmente consisteva solo inuna torre lignea al centro del colle, all’Abate del Monastero di S. Gregorio Magno nel974. Il paese si espanse ulteriormente intorno al XI secolo, portando le mura fino al-l’orlo del precipizio.

Lentamente le proprietà dell’Abate di San Gregorio vennero donate ad alcune fa-miglie, tra cui i Sinibaldi, che nel 1180 erano proprietari di numerose fattorie. Suc-cessivamente Clemente IV concesse alla famiglia dei Prefetti di Vico il diritto di in-

Fig. 1. Veduta d’insieme diCalcata da cui si comprendela sua inespugnabilità.

Fig. 2. Unica porta d’accesso aCalcata.

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vestitura di Nepi, Civitacastellana e Castel Sinibaldi.Il XIII secolo fu molto difficile per il borgo, infatti venne descritto dall’esattore

papale Lanfranco di Scano come un rudere che i nuovi proprietari, i Conti di An-guillara, stavano riedificando. Probabilmente la decadenza dei primi secoli del Milleè dovuta alla continua attività bellica tra guelfi e ghibellini che vedeva Calcata, con-siderata la sua strategicità, al centro delle vicende (Fig. 1).

Il territorio di Calcata passa nuovamente ai Sinibaldi nel 1432 ma le vicende sul-la proprietà non furono tranquille, infatti i Sinibaldi e gli Anguillara si alternarono in-sieme ad altre famiglie nobili al dominio di Calcata. Come già detto, le mire sul bor-go erano dettate dal valore difensivo e di controllo esercitato sul territorio della Val-le del Treja. Il piccolo borgo medievale si trovò nel 1557 al centro della vicenda delrinvenimento del Sacro Prepuzio di Cristo, trafugato anni prima da San Giovanni in

Laterano13. Da questo fatto numerosi avvenimenti legati alla reliquia, custodita nel-

la piccola chiesa fino al 3 febbraio del 1900, videro come teatro proprio Calcata.Il valore di Calcata aumentò ulteriormente, oltre al valore economico si sommò

il valore religioso, infatti nel 1724 fu venduta per 16.500 scudi. La storia di Calcataandò a stabilizzarsi intorno al 1828 quando fu ereditata dalla famiglia Massimo

14.

Calcata rimase difficilmente accessibile fino ad inizio secolo infatti Enrico Aba-te nel 1894 ricorda che il borgo è rimasto uno dei pochi ad essere raggiungibile soloattraverso una mulattiera15 (fig.2).

Gli anni Trenta del XX secolo furono centrali per la storia di Calcata, infatti unalegge obbligava i comuni a sgomberare i paesi considerati pericolanti, tra questi Cal-cata, con la guerra l’abbattimento fu slittato agli anni cinquanta. La popolazione nerestò influenzata e la nuova sensibilità portò alla costruzione della cosiddetta Calca-ta Nuova, nella piana sopra il piccolo borgo medievale.

Negli anni Sessanta il paese può essere considerato completamente disabitato.

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Filosofia d’intervento

L’intervento di recupero di Calcata, non è un’azione programmata da enti e isti-tuzioni ma possiamo più che altro definirlo un movimento comune, legato all’inte-resse per l’arte, la cultura e l’ambiente.

Il piccolo borgo di Calcata rimane, fino ad anni recenti legato alla sua natura ru-rale, in un articolo del 1957 a firma di Luciano Zeppegno su «Le Vie d’Italia», Cal-cata è vista come un paesino dove il tempo si era arrestato e che nonostante la suarealtà ambientale, storica e architettonica viene visitato in media da dieci visitatoril’anno.

Un fatto saliente nella vita del borgo medievale è rappresentato da una legge de-gli anni Trenta che prevedeva lo sgombero di alcuni centri abitati pericolanti, tra cuiCalcata, la vicina guerra mondiale impedì l’applicazione della legge che venne rinviata

agli anni Cinquanta, anche se il borgo non venne mai effet-tivamente sgomberato.

La vita fino agli anni Cinquanta era tranquilla, l’architettoPaolo Portoghesi racconta che la prima volta che entrò nelpaese rimase colpito dalla vita quotidiana e dai riti di quella ci-viltà contadina, le donne che lavavano i panni o che prende-vano l’acqua nell’unica fontana portandola all’abitazione sul-la testa, gli uomini raccolti lungo i muri che raccontavano lagiornata. Il centro quasi oramai disabitato dagli anni Sessan-ta agli anni Ottanta vede il trasferimento di un’onda di “cit-tadini scontenti”, un gruppo eterogeneo di persone prove-nienti per la maggior parte dalla vicina Roma, ma anche da al-tri parti d’Italia e dell’Europa che trovavano in Calcata un ri-fugio dalla frenesia della città. La feroce compravendita degliimmobili delineò una grande speculazione economica a spe-se dei calcatesi. Negli anni a seguire alcuni gruppi di perso-ne, trovarono in Calcata non solo una destinazione per i weekend, ma una vera e propria casa. Questi, decidendo di trasfe-rirsi definitivamente, incominciarono a dedicarsi a profes-sioni alternative legate al turismo, come la produzione di co-

smetici a base di erbe, l’apertura di ristoranti vegetariani e tradizionali, riscoprendo ilpatrimonio enogastronomico, l’allestimento di laboratori di cartapesta e altro.L’intervento che si andrà a delineare risulta molto significativo se confrontato con glialtri due casi presi in esame in questo lavoro di ricerca.

L’intervento di Calcata è un’azione insediativa spontanea che può anche essereconsiderata, con le dovute precauzioni, un intervento anarchico. Non è esistita unavera e propria organizzazione che potesse delinearne l’intervento e gestirne le azio-ni: il piccolo borgo è stato ed è teatro di azioni e di valorizzazioni individuali tese al-la cooperazione e alla convivenza. La sua particolarità, in positivo e in negativo, èriassumibile proprio nell’individualità degli interventi. Analizzando le varie iniziati-ve possiamo comunque trarre un filo conduttore dell’azione, sicuramente le realtàbiologiche, di artigianato e di tutela ambientale sono state ampiamente condivise datutti i nuovi abitanti. Infatti questo piccolo centro si distingue per la cultura gastro-nomica vegetariana e quella biologica a “chilometro zero”. Ma la loro codificazionenon è stata orchestrata da un disegno prestabilito, questo è facilmente individuabiledai restauri e dagli interventi commerciali. L’insieme ne risulta comunque armonio-so e sicuramente unico nel suo genere, il lato che risulta predominante infatti è la ge-nuinità delle operazioni (Fig. 3).

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L’interesse di grandi artisti e di grandi architetti, come Paolo Portoghesi, hannosicuramente dato risalto alla realtà storica, artistica e accademica del luogo. Il re-stauro conservativo del Palazzo Baronale Anguillara, eseguito da Portoghesi, nel1995 è tra gli esempi di restauro conservativo meglio riusciti, oggi meta di studentidi architettura e restauro e sede dell’Ente Parco del Treja (Fig. 4).

Le numerose residenze di artisti e le relative manifestazione che verranno de-scritte in seguito ne daranno il soprannome “Calcata. Il paese degli artisti”.

Valorizzazione

Lo sviluppo spontaneo di Calcata ha portato a delineare un particolare esempiodi valorizzazione in cui popolazione del luogo non è praticamente presente, se non

in modo estremamente marginale, e ostile agli inizi del processo. Come ha definito Paolo Portoghesi la rinascita di Calcata è dovuta negli anni Ses-

santa e Settanta a gruppi di “giovani hippies” e “cittadini scontenti”. Questa nuovapopolazione, inizialmente era presente solo nei weekend, mentre un gruppo decisoa cambiare le proprie condizioni di vita si trasferì stabilmente. Per questo motivo inpoco tempo diventò necessario creare delle attività economiche per far fronte alleesigenze dei nuovi nuclei familiari presenti a Calcata.

Si diede vita così a una valorizzazione particolarmente indirizzata ai temi cari ainuovi abitanti, come la cultura vegetariana, la sostenibilità, l’arte, la cultura e il con-sumo alternativo. Per questo sono nate due associazioni molto particolari: una chesi occupa della promozione della cultura vegetariana, l’altra della promozione delterritorio e di bioarchitettura.

Come già ricordato, grande spinta per la valorizzazione del borgo è statol’intervento di numerosi artisti. Per comprendere la dimensione di questo indirizzoartistico culturale basta pensare che in questo borgo, la cui circonferenza è inscrivi-bile in quella del Colosseo, sono presenti sei associazioni culturali che si occupanonelle rispettive sedi della promozione artistica, culturale, ambientale e musicale.

Questi piccoli nuclei creativi realizzano, grazie anche all’internazionalizzazione

Fig. 3. Scorcio interno delborgo caratterizzatodall’eterogeneità degliinterventi.

Fig. 4. Piazza di Calcata.L’edificio sulla destra è ilPalazzo Baronale restauratodall’architetto Paolo Porghesi.

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delle organizzazioni, eventi di richiamo extra-nazionali, tra tutti ricordiamo l’OperaBosco che nel proprio Museo di Arte nella Natura organizza interventi artistici all’in-terno dei boschi circostanti a Calcata.

La ristrutturazione non è avvenuta in modo mirato e organizzato ma in modo in-dividuale man mano che i “nuovi abitanti” acquistavano le abitazioni; questo tipo diintervento rende divertente a prima vista il borgo medievale, ma di contro è possi-bile vedere alcuni restauri non eseguiti in modo puntuale e rispettando il contesto; si-curamente la maggior parte degli edifici ha ritrovato un nuovo respiro e vita aderentealla forma originaria (fig. 5).

Altra risorsa di Calcata è appunto il patrimonio ambientale che possiede, infattiil borgo è immerso nel Parco della Val Treja che ha sede nella piazza centrale; il Par-co è stato istituito nel 1982 e comprende un territorio di 650 ettari. Tra le particola-

rità più rilevanti emergono la vegetazione che si sviluppa sumuri di tufo verticali, e l’importante trasformazione dell’erba

viperina che nelle estati più secche, solo in questa zona, si rag-gruppa diventando un insieme trasparente e alto; ancora og-gi i botanici ne studiano le causa; questa trasformazione, pervia della sua indicazione territoriale si chiama Echium Calca-

tensis.

Le strutture ricettive, pur non essendo di altissimi stan-dard qualitativi, risultano essere accomunate dal rispetto perle tradizioni e per il luogo, così come i diffusissimi ristoran-ti e bar che conservano il sapore dell’antico senza particola-ri interventi invasivi sulle strutture. Il piccolo borgo era com-pletamente sprovvisto di strutture ricettive: oggi si contanopiù di 50 posti letto disponibili tra bed and breakfast, alberghidiffusi e affittacamere. Questa ventata di novità nel borgo ela sua valorizzazione turistica hanno riportato alla luce graziead alcuni studiosi, spesso originari di Paesi nordeuropei, an-tiche culture e tradizioni popolari. Infatti ad oggi è possibileritrovare artigiani che lavorano il cuoio e la paglia, ridando vi-ta a quegli oggetti di piccolo artigianato ormai dimenticati.L’offerta ovviamente è integrata da altri manufatti non au-toctoni ma curati e originali, evitando quindi di cadere nella

banalità dell’offerta presente in molti altri borghi medievali, scampando quindi ildiffuso processo di omologazione dell’offerta turistica denominata comunementecome “processo di chiantizzazione”.

Gli esempi di eventi di valorizzazione sono legati all’arte e alle mostre, nonché al-le esperienze musicali e culinarie: la maggior parte degli eventi si concentra neiweekend, infatti è possibile trovarsi di fronte a una Calcata deserta durante i giorni la-vorativi e a una Calcata invasa dai turisti durante i fine settimana e nelle festività. In unsecondo momento, l’amministrazione comunale di Calcata ha appoggiato questo in-tervento, favorendo gli scambi internazionali e soprattutto divulgando per le vie uf-ficiali il potenziale culturale e artistico del borgo; tra le maggiori vittorie sicuramenteè l’ottenimento del marchio Bandiera Arancione del Touring Club Italiano. Tale rico-noscimento ha assicurato una visibilità nazionale al borgo, incrementando notevol-mente il numero di presenze annuali. Il Touring Club ne fornisce una fotografia mol-to suggestiva descrivendo Calcata come il luogo dove «le case di tufo rosso di Calcata vec-

chia furono perciò popolate da intellettuali, scrittori e artigiani che portarono nuova vitalità e confe-

rirono al luogo una sorta di spirito bohemien. Per i vicoli di Calcata oggi è possibile ascoltare i mu-

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sicanti, assistere alle esibizioni degli artisti di strada o ammirare le botteghe degli artigiani.»

L’aria internazionale che si respira ricade inevitabilmente anche sulle manifesta-zioni, infatti la maggior attrazione annuale è la festa di Halloween che attira parecchiecentinaia di persone.

La valorizzazione non ha dimenticato sicuramente la componente gastronomi-ca e agricola: sono state riprese molto ricette tradizionale come i tozzetti di Calcata,le ciambelline all’anice e la pizza pasquale. L’attenzione all’ambiente ha portato a ri-cadute importanti anche sul territorio circostante, riportando alcuni campi, incolti daanni, alle coltivazioni autoctone.

Purtroppo non sono presenti dati economici più precisi dell’intervento: alcuni va-lori sono espressi nella parte riguardante i risultati ottenuti.

Recupero urbano e architettonico

Il borgo di Calcata, a differenza degli altri casi di studio qui esaminati, non disponedi un intervento unitario di recupero per la sua peculiare storia. Vale la pena, pertanto,di esaminarne soprattutto la vicenda urbanistica e il suo inserimento territoriale.

Il Regio Decreto del 27 giugno 1935 inseriva il comune di Calcata (allora coinci-dente col borgo medievale) nell’elenco dei centri abitati da demolire per rischio idro-geologico, e ai residenti veniva concesso a titolo gratuito un lotto edificabile su terrenostabile. Bisogna attendere il dopoguerra per l’approvazione del piano della nuova loca-lità con la deliberazione del Consiglio Comunale n. 52 del 1955 e con il decreto n.11637del 30 Marzo 1961 del Provveditorato Regionale delle OO. PP. per il Lazio che porta-rono negli anni 1967-1969 all’effettivo spostamento della popolazione dalla rupe tufa-cea al nuovo insediamento assieme agli uffici comunali, alla parrocchia e alla scuola,ovvero l’intera vita del paese. Solo nel 1993, dopo lunghe battaglie politiche, il ConsiglioRegionale approva la Legge Regionale n. 2 che ammette il borgo antico al consolida-mento, con relativa sistemazione idrogeologica e sanitaria, scongiurando così la demo-lizione del prezioso patrimonio storico e architettonico.

Gli anni del trasferimento nel nuovo abitato di Calcata coincisero anche conl’abbandono del paese: i dati del censimento del 1971 fotografano una popolazionedi 585 abitanti a fronte dei 698 del 1961, riportando la situazione demografica aquella di fine Ottocento. Nei dieci anni successivi, tuttavia, la popolazione crebbe di100 unità fino a raggiungere oggi i 924 residenti, di cui circa 70 nel vecchio borgo.Questi nuovi residenti sono la particolare popolazione di pittori, scultori, fotografi,artigiani, architetti e creativi italiani e stranieri, che a partire dagli anni dell’abbando-no hanno iniziato a far rivivere Calcata antica.

Le caratteristiche urbane che venivano apprezzate erano la piccola scala,l’isolamento del borgo che aveva consentito di conservare le antiche tradizioni (lastrada che raggiunge Calcata risale al 1960); la straordinaria posizione sulla rupe af-facciata sulla valle del fiume Treja, e la collocazione tranquilla a una distanza relati-va da Roma (50 km). Come avviene per molti dei centri storici minori, Calcata nonoffre eccezionali monumenti, ma la sua bellezza risiede nell’insieme di quegli edifi-ci che rischiavano di scomparire assieme all’originale impianto urbano. Al borgo, in-teramente e obbligatoriamente pedonale, si accede attraverso un ampio, doppio por-tale di età medievale parzialmente coperto, riportante lo stemma della famiglia degliAnguillara, che è stato da poco restaurato. All’interno si erge la Chiesa del SS. Nomedi Gesù risalente alla prima metà del Trecento, arricchita da pregevoli stucchi tardo-rinascimentali e da un tabernacolo del XVI secolo di marmi policromi; la chiesa an-tica ha la sua corrispondente nell’abitato nuovo nella Chiesa di S. Cornelio e S. Ci-

Fig. 5. Particolared’intervento. Ingresso diun’ex abitazione convertita inpubblico esercizio.

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priano, inaugurata nel 2009 e opera dell’architetto Paolo Portoghesi, tra i più illustriabitanti del borgo vecchio.

Altro edificio degno di nota è il Palazzo Baronale degli Anguillara che si affaccia supiazza Vittorio Emanuele II, restaurato all’inizio degli anni Novanta per diventare se-de del Parco Regionale Valle del Treja. Qui è presente una sala polifunzionale che fun-ge da spazio riunioni e da spazio espositivo, a disposizione dei membri della comunitàche ne facciano richiesta per eventi culturali come mostre o presentazioni.

Le strette vie si dipanano tra i vecchi piccoli edifici recuperati nel piano terra deiquali trovano spazio botteghe artigiane, atelier d’artista, servizi di ristorazione per ivisitatori e sedi di associazioni culturali (fig.6). Tra questi spazi merita attenzione ilgranaio del paese, il cosiddetto Granarone, sede di un’omonima associazione cultu-rale e risalente al 1632, rimasto attivo fino al 1950 e salvato dalla rovina in anni recenti

dall’intervento di restauro di un cittadino olandese. Al di sotto del livello stradalemolte case hanno grotte scavate nel tufo della rupe che fungevano da depositi, can-tine e, anticamente, anche da tombe e luoghi di culto. Gli enormi sedili di pietra del-la piazza costituiscono un elemento interessante dell’arredo urbano.

Il recupero degli edifici è avvenuto su iniziativa individuale dei singoli nuovi pro-prietari che, pur mancando in quegli anni un piano specifico per il restauro di Calcata,hanno saputo valorizzarne gli elementi architettonici, come i profferli tipici del vi-terbese (fig. 7), i materiali, come il caratteristico tufo rosso, e l’ornato, tanto che ilborgo appare oggi come un insieme armonico e pienamente inserito nel suo terri-torio e nella sua storia (fig.8). Gli interventi più recenti dell’amministrazione comu-nale per favorire la fruizione del borgo antico riguardano la creazione di un par-cheggio di 150 posti auto a poca distanza dal borgo, la costruzione di un anfiteatroe di un’area verde, l’adozione di un regolamento sull’ornato (fig. 9).

Fig. 6. Vicolo interno diCalcata dopo il processo dirivitalizzazione.

Fig. 7. Esempio tipico diprofferlo viterbese.

Fig. 8. Caratteristica portatrilobata inserita in una paretedi tufo rosso.

Fig. 9. Calcata dopo gliinterventi di recupero evalorizzazione. Veduta dallavia d’accesso.

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Risultati

Basandoci sui dati raccolti per il Touring Club nel 2011, possiamo comprendere chegrazie all’intervento di valorizzazione la popolazione residente è tornata ai livelli dei pri-mi del secolo quando erano presenti nel piccolo comune quasi 1000 individui, dopo ilcalo degli anni Settanta, che vedeva dimezzati i residenti, oggi se ne contano 924.

I turisti fino a qualche decennio fa erano completamente assenti, tanto che il bor-go sembrava un angolo di vecchio mondo, dove il tempo si era fermato e la moder-nità non aveva fatto ancora suo ingresso.

Nel 2011 sono stati registrati più di 55.000 turisti di cui 50.000 turisti italiani e5.000 turisti stranieri. L’offerta turistica è più che altro basata su un turismo di gior-nata, considerando la grande vicinanza a Roma. Ma le strutture ricettive si sono no-tevolmente intensificate prevedendo anche un turismo di permanenza.

La vocazione turistica del territorio si riflette inevitabilmente sul territorio e sul-l’agricoltura; la ristrutturazione degli ambienti ha un costo di 1400 euro al metroquadro. Il flusso turistico è determinante per la produzione agricola e l’artigianato,assicurando un impiego costante degli abitanti. L’utilizzo di prodotti a chilometro ze-ro e coltivazioni tradizionali hanno visto rinascere alcune figure tradizionali ormaiestinte. La valorizzazione ha azzerato il tasso di disoccupazione del territorio; si puònotare che gran parte delle attività sono in proprio.

Rassegna stampa

Il caso di Calcata non è nuovo alla stampa, infatti l’attenzione giornalistica al pic-colo comune in provincia di Viterbo non è legata soltanto alla virtuosità della valo-rizzazione, ma anche alla legge che prevedeva l’abbattimento del complesso medie-vale per problemi di stabilità e sicurezza.

Nel gennaio del 1993 il «Corriere della Sera» fa sapere che finalmente è approva-to dal commissario di governo il testo unificato della proposta di legge per il conso-

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lidamento e il risanamento igienico e sanitario di Calcata. Per tale progetto era statostanziato un miliardo di lire a cui, a detta del «Corriere», seguiranno altri stanzia-menti per la salvaguardia. Già nel 1993 si può leggere che la comunità residente tra-dizionale è stata sostituita da ecologisti, mistici e artisti, mentre i vecchi abitanti delborgo sono impassibili agli ultimi mutamenti.

Nello stesso giorno «Il Messaggero» scrive che lo sforzo e l’impegno delle associa-zioni ambientaliste e di tanti amanti del piccolo borgo sono stati premiati. Il commis-sario di governo ha definitivamente ratificato il testo della legge. In questo articolo verràanche posto il problema della precarie condizioni del Palazzo Baronale, che presentacrepe e sventramenti essendo vittima di un pietoso abbandono. Lo stesso Palazzo Ba-ronale che da lì a pochi sarà restaurato dall’architetto Paolo Portoghesi.

Il 1993 è stato un anno importante per Calcata, forse il più significativo, la sere-nità dovuta alla legge che prevedeva il consolidamento ha dato il via a una serie dimanifestazioni e interventi di valorizzazione e promozione anche nel lungo periodo.

Nell’aprile «Panorama» dedica un prezioso articolo al piccolo comune, definen-dola la nuova meta per i radical chic di matrice ecologica. Nell’articolo è dato molto ri-salto alla presenza dell’architetto Paolo Portoghesi e al suo costante interesse per ilcomune, infatti si legge che «Paolo Portoghesi la raggiunge nei week end. È lui che negli anni

Sessanta ne ha fatto scoprire il fascino. In paese lo chiamano il feudatario, ma gli vogliono bene, gli

danno tutti del tu. E solo a Calcata Portoghesi è riuscito a trovare la tranquillità per scrivere il suo

nuovo libro Natura e Architettura».

Nello stesso articolo vengono forniti dati importanti sulle quotazioni della casepassate da poche lire a 5 milioni al metro quadro, Calcata è diventato un posto da vip:infatti nel piccolo borgo si vedono Amanda Sandrelli, Federico Laterza, Dario Bel-lezza, Cesare Vivaldi e tanti altri.

Calcata sarà consacrata come luogo turistico di grande pregio da un articolo diquasi dieci pagine, uscito su «Alisei» nel 1994, l’articolo a firma del suo “padrino”Portoghesi, è arricchito da uno studiatissimo reportage fotografico che rende unpaese quasi irreale e fatato. L’architetto ne evidenzia la storia e il recupero regalandoai lettori immagini oniriche di un passato ormai perduto.

Negli anni che seguiranno tanti sono stati gli articoli usciti sulla stampa naziona-le e internazionale, per tracciarne alcune delle tappe prendiamo il «Corriere della Se-ra» del maggio del 1995, che evidenzia le iniziative che vedono come protagonistaCalcata e la sua Festa Medievale.

Lo stesso evento è stato ripreso dal Messaggero che intitola «Festa medievale a Calcata,

viaggio nel tempo,» in esso si legge: «la festa medievale di Calcata è un evento culturale in sinto-

nia con il particolare contesto storico, archeologico e ambientale in cui il paese è inserito». Calcatanon è quindi solo un paese da visitare, ma diventa un paese da vivere grazie alle nu-merose iniziative, come le passeggiate nei boschi a tema vegetariano, le mostre d’artee le manifestazione per la tutela ambientale, paesaggistica e degli animali.

Altra data importante sarà il 2002, quando i restauri del Palazzo Baronale saran-no ultimati: sul «Corriere della Sera» si legge che dopo sette anni di lavori il Palazzosarà riaperto e che per l’inaugurazione sarà presente il ministro Giuliano Urbani.

Uno degli ultimi articoli più prestigiosi è stato nel 2008 su «Famiglia Cristiana»,che descrive un paese amato dagli artisti, la giornalista Mapelli pone molta attenzio-ne alla storia del borgo e lo descrive come un luogo «dove una manciata di sognatori, a par-

tire dal 1977, ha trasformato in realtà i loro principi di paese. Così, dopo l’abbandono, torna la

vita».

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Note

1Definizione del “Modello Santo Stefano” del Comune di Santo Stefano di Sessanio.

2Il ricavato dagli ingressi, a donazione libera, vanno in donazione alle fondazioni che si occupa-

no della tutela dell’ambiente o del patrimonio storico e architettonico, tra queste Lega Ambiente eItalia Nostra Onlus.

3Non è presente una vera e propria bibliografia, indagine è stata possibile grazie alla documenta-

zione fornita dalla Sextanio s.p.a.. Il documento a cui si fa riferimento in questo punto è un esempio di

trasferimento di valore al territorio, del 14.04.2010.4Fonte CRESA, 2001.

5E. Casi De Pierlas I conti di Ventimoglia: il priorato di San Michele e il principato di Seborga. Paravia, To-

rino 1884.6N. Lambroglia, Toponomastica Intemelia. Dizionario di Toponomastica Ligure. Istituto Studi Liguri,

Bordighera 1946.7S. Langè. L’eredità romanica. La casa europea in pietra. Jaca Book, Milano 1989.

8M. Fini, Val Roja mutilata. Nilla Gismondi, una vita per difendere il diritto di essere italiani, Edizioni

Team 80, Milano 1987.9«Alisei», giugno 1994, pg. 44. Touring Club edizioni, Milano.

10G. Tomasetti, La Campagna Romana, Leo S.Olschki, Firenze 1979.

11L.V. Bertarelli, Nel paese dei Falisci: Civitacastellana, Faleria, Narce (Calcata), Touring Club edizioni,

Milano 1927.12

A. Cozza, A. Pasqui, Materiale per l’Agro falisco, Leo S. Olschki, Firenze 1981.13 Narrazione critico-istorica della reliquia preziosissima del Santissimo Prepuzio di n.s. Gesù Cristo che si ven-

era nella Chiesa parochiale di Calcata Diocesi di Civitacastellana. ristampata ed accresciuta per ordine di S.E. il sig. Marchese Cesare Sinibaldi Gambalunga, Vincenzo Poggioli, Roma 1802.

14E. Guidoni, D. Tamblè, I centri storici di Calcata, Castel Sant’Elia, Monteromano : gli abitanti e le case

nel catasto gregoriano, 1819-1820, D.Ghaleb, Vetralla 2001.15

Guida alla provincia di Roma, Club Alpino Italiano, Milano 1894.

Bibliografia essenziale

Nella bibliografia non sono inseriti i documenti di amministrazioni pubbliche e organizzazioni in-ternazionali, leggi, decreti, proposte di legge, piani regolatori, comunicazioni parlamentari, elaborazionidati, rapporti annuali di istituti di ricerca e organizzazioni, progetti regionali, protocolli d’intesa. Que-ste e altra documentazione utilizzata sono reperibili in nota.

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