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1 Versione provvisoria Alfonso Vuolo I tempi del processo costituzionale e la tutela cautelare (a mio padre) SOMMARIO: 1. Quadro normativo e delimitazione del campo di indagine. - 2. I tempi del processo costituzionale. – 3. Durata dei giudizi comuni, riti speciali e tutela cautelare. - 4. Il fondamento costituzionale del potere cautelare delle autorità giurisdizionali. - 4.1. Segue: … e i possibili adattamenti nei giudizi innanzi alla Corte. - 5. Vincoli comunitari e poteri cautelari del giudice costituzionale. - 6. Gli aspetti critici del provvedimento cautelare. - 7. La tutela cautelare nei conflitti di attribuzione: a) tra soggetti. – 7.1. Segue: b) tra poteri dello Stato. - 8. La tutela cautelare nei giudizi sulle leggi: a) in via principale. – 8.1. Segue: b) in via incidentale. - 9. Analisi dei presupposti per la sospensione dell’atto impugnato: a) il fumus boni iuris. - 9.1. Segue: b) il periculum in mora. - 10. L’impulso di parte o d’ufficio. - 11. Lo svolgimento del procedimento. - 12. La struttura e l’efficacia del provvedimento cautelare. - 13. Conclusioni. 1. Quadro normativo e delimitazione del campo di indagine. – Il tema della tutela cautelare si mostra ancora suscettibile di approfondimenti in sede scientifica. La scarsa attenzione prestata sull’argomento costituisce, probabilmente, il riflesso di diversi fattori: la scarna disciplina positiva, i risalenti meccanismi di impugnativa delle leggi regionali in via principale e, non ultimo, un atteggiamento culturale (se così può definirsi) restio a trasporre nei giudizi innanzi alla Corte strumenti che grande importanza hanno assunto nell’economia dei processi comuni. La dottrina, infatti, non aveva esitato a definire l’unico caso di sospensione degli atti impugnati – espressamente previsto nei conflitti intersoggettivi – come un “notevolissimo potere concesso alla Corte” 1 . Più recentemente, dall’estensione di siffatta tutela al giudizio di legittimità in via principale, sarebbe derivato, a parere di alcuni, l’ulteriore indebolimento dell’idea che la legge sia espressione del più alto livello di rappresentatività politica generale 2 . 1 G. GROTTANELLI DESANTI, I conflitti di attribuzione tra lo Stato e le Regioni e tra le Regioni, Milano, 1961, 152. 2 C. PINELLI, Art. 9, in AA. VV., Legge “La Loggia” – Commento alla legge 5 giugno 2003 n. 131 del titolo V della Costituzione, Rimini, 2003, spec. 189.

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Versione provvisoria

Alfonso Vuolo

I tempi del processo costituzionale e la tutela cautelare

(a mio padre)

SOMMARIO: 1. Quadro normativo e delimitazione del campo di indagine. - 2. I tempi del processo costituzionale. – 3. Durata dei giudizi comuni, riti speciali e tutela cautelare. - 4. Il fondamento costituzionale del potere cautelare delle autorità giurisdizionali. - 4.1. Segue: … e i possibili adattamenti nei giudizi innanzi alla Corte. - 5. Vincoli comunitari e poteri cautelari del giudice costituzionale. - 6. Gli aspetti critici del provvedimento cautelare. - 7. La tutela cautelare nei conflitti di attribuzione: a) tra soggetti. – 7.1. Segue: b) tra poteri dello Stato. - 8. La tutela cautelare nei giudizi sulle leggi: a) in via principale. – 8.1. Segue: b) in via incidentale. - 9. Analisi dei presupposti per la sospensione dell’atto impugnato: a) il fumus boni iuris. - 9.1. Segue: b) il periculum in mora. - 10. L’impulso di parte o d’ufficio. - 11. Lo svolgimento del procedimento. - 12. La struttura e l’efficacia del provvedimento cautelare. - 13. Conclusioni.

1. Quadro normativo e delimitazione del campo di indagine. – Il tema

della tutela cautelare si mostra ancora suscettibile di approfondimenti in sede scientifica. La scarsa attenzione prestata sull’argomento costituisce, probabilmente, il riflesso di diversi fattori: la scarna disciplina positiva, i risalenti meccanismi di impugnativa delle leggi regionali in via principale e, non ultimo, un atteggiamento culturale (se così può definirsi) restio a trasporre nei giudizi innanzi alla Corte strumenti che grande importanza hanno assunto nell’economia dei processi comuni.

La dottrina, infatti, non aveva esitato a definire l’unico caso di sospensione degli atti impugnati – espressamente previsto nei conflitti intersoggettivi – come un “notevolissimo potere concesso alla Corte”1. Più recentemente, dall’estensione di siffatta tutela al giudizio di legittimità in via principale, sarebbe derivato, a parere di alcuni, l’ulteriore indebolimento dell’idea che la legge sia espressione del più alto livello di rappresentatività politica generale2.

1 G. GROTTANELLI DE’ SANTI, I conflitti di attribuzione tra lo Stato e le Regioni e tra le

Regioni, Milano, 1961, 152. 2 C. PINELLI, Art. 9, in AA. VV., Legge “La Loggia” – Commento alla legge 5 giugno 2003 n.

131 del titolo V della Costituzione, Rimini, 2003, spec. 189.

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Al momento resterebbero estranei a qualunque previsione il giudizio in via incidentale e il conflitto interorganico, sui quali si soffermerà l’attenzione in modo specifico. Per evidenti ragioni, poi, non è compatibile la tutela cautelare con la struttura del giudizio di ammissibilità del referendum abrogativo. Per i giudizi di accusa, invece, l’art. 12, c. 4, L. cost. 1/1953 (sostituito dalla L. cost. 1/1989), stabilisce il potere della Corte di disporre d’ufficio la sospensione del Capo dello Stato dalla carica3. Tuttavia, quest’ambito, essendo del tutto eccentrico rispetto agli altri, in quanto risponde a logiche e presupposti del tutto eterogenei, non sarà oggetto di considerazione.

Nel riferirsi alle esperienze dei giudizi comuni, si terrà conto del processo amministrativo (principalmente4), civile, e, in alcuni casi, di quello tributario, senza tralasciare taluni interessanti sviluppi che in argomento stanno maturando in sede comunitaria.

E’ utile prendere le mosse da alcune insuperabili osservazioni, in materia, degli studiosi del processo civile.

Il primo riferimento è al Chiovenda, dal quale la stessa Corte costituzionale5 ha mutuato, dopo decenni, l’assai efficace espressione: “La necessità di servirsi del processo per ottenere ragione non deve tornare a danno di chi ha ragione”6. Proprio il pericolo del danno che potrebbe prodursi dal compimento del processo giustifica – anzi, impone – la necessità di offrire i rimedi cautelari.

Il secondo è al Calamandrei che riteneva: “In un ordinamento processuale puramente ideale, in cui il provvedimento definitivo potesse essere sempre istantaneo, in modo che, nello stesso momento in cui l’avente diritto presenta la domanda, subito potesse essergli resa giustizia in modo pieno e adeguato al caso, non vi sarebbe più posto per i provvedimenti cautelari”7.

Queste poche notazioni sono utili a definire l’oggetto della presente indagine: nei giudizi affidati alle cure della Corte si può riproporre la stessa esigenza dalla quale scaturisce la necessità dei rimedi cautelari nei giudizi comuni? L’ordinamento appronta meccanismi forti che prevengono la produzione di atti illegittimi (a tacere, ora, di meri comportamenti) prima dell’assunzione della loro efficacia? E, se no, i congegni processuali innanzi alla Corte sono tali da escludere che si produca il bisogno di ottenere provvedimenti provvisori?

Le domande poste pretendono risposte articolate, in quanto la struttura dei giudizi costituzionali è sensibilmente diversa anche in ragione della differente natura degli atti che possono venire in rilievo.

Questi, nell’ambito dei vari giudizi innanzi alla Corte, sono normalmente considerati validi ed obbligatori finché non siano eliminati, in

3 Ulteriori disposizioni attuative sono poi stabilite dall’art. 23, L. 20/1962, e dall’art. 17

delle norme integrative per i giudizi di accusa. 4 In ragione delle obiettive caratteristiche comuni che giustificarono la formulazione

dell’art. 22, L. 87/1953, che, per quanto non previsto, rinvia al regolamento di procedura innanzi al Consiglio di Stato. Sul punto, la relazione alla proposta di legge dell’on. Tesauro, pubblicata in Le Leggi, 1953, 285 ss.

5 Ad esempio, sentenza 253/1994. 6 G. CHIOVENDA, Istituzioni di diritto processuale civile, I, Napoli, 1935, 147. 7 P. CALAMANDREI, Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari,

Padova, 1936, 20. Lungo questa linea la Corte costituzionale ha affermato che la garanzia costituzionale della tutela cautelare debba ritenersi imposta solo fino al momento in cui non intervenga, nel processo, una pronuncia di merito che accolga - con efficacia esecutiva - la domanda, rendendo superflua l'adozione di ulteriori misure cautelari, ovvero la respinga, negando in tal modo, con cognizione piena, la sussistenza del diritto e dunque il presupposto stesso della invocata tutela (sentenza 165/2000).

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base al principio, definito da Hans Kelsen, dell’autolegittimazione, accolto secondo diversa intensità nei vari ordinamenti8.

Poche sono le eccezioni, costituite da forme di controllo preventivo: a) le leggi statutarie delle regioni di diritto comune ai sensi dell’art. 123 della Costituzione9; b) le leggi sulla forma di governo delle regioni ad autonomia speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano, secondo quanto stabilito dalla legge costituzionale 2/2001; c) le deliberazioni legislative della Regione siciliana10, salvi i casi di sopravvenuta promulgazione totale della legge, decorsi trenta giorni dall’impugnazione11.

A parte i casi elencati, il giudice costituzionale è chiamato a compiere lo scrutinio di atti generalmente già efficaci ed eseguibili anche nelle more del giudizio12: potrebbe, quindi, in astratto profilarsi il bisogno di approntare una adeguata cautela per le situazioni da essi pregiudicate.

Con specifico riguardo ai giudizi sulle leggi, può notarsi che alcuni meccanismi di garanzia che si collocano all’interno del procedimento legislativo possono ridurre, ma non escludere, la formazione di atti illegittimi e, quindi, attenuare l’eventuale bisogno di tutela cautelare per i soggetti lesi. La promulgazione della legge statale, infatti, pur presentandosi come un

8 H. KELSEN, La garanzia giurisdizionale della costituzione (La giustizia costituzionale), in

La giustizia costituzionale, Milano, 1981, 163. 9 Nelle sentenze 304/2002, 469/2005 e 12/2006, la Corte ha espresso l’avviso che l’art.

123, da un lato, appaga le istanze autonomistiche con l'attribuzione allo statuto di un valore giuridico che lo colloca al vertice delle fonti regionali e con la scomparsa dell'approvazione parlamentare; dall'altro, salvaguarda il principio di legalità costituzionale attraverso una protezione adeguata alla speciale collocazione dello statuto nella gerarchia delle fonti regionali. La previsione di un controllo di legittimità costituzionale in via preventiva delle deliberazioni statutarie è intesa, infatti, ad impedire che eventuali vizi di legittimità dello statuto si riversino a cascata sull'attività legislativa e amministrativa della Regione, per le parti in cui queste siano destinate a trovare nello statuto medesimo il proprio fondamento esclusivo o concorrente.

Resta, forse, impregiudicata la possibilità che il giudizio si trasformi da preventivo in successivo. Infatti, non è stato espressamente sancito che, nelle more del giudizio avviato dal Governo, non possa comunque essere portato a conclusione l’iter formativo con lo svolgimento del referendum e la promulgazione dello stesso da parte del Presidente della Giunta regionale. La quale evenienza farebbe riemergere l’importanza della tutela cautelare anche con riferimento a questi atti, restando dubbio il mezzo attraverso il quale richiederla: mediante una nuova impugnativa (magari per conflitto di attribuzioni avverso la promulgazione e la pubblicazione della legge, secondo quanto indicato dal giudice costituzionale nella sentenza 469/2005) o un’istanza cautelare accessoria al ricorso preventivo già depositato o, con massimo scrupolo difensivo, con entrambe?

Non sembra casuale che, nel giudizio concluso con la sentenza, 306/2002, la Corte, sia stata adita riguardo ad una deliberazione statutaria con ricorso per conflitto di attribuzioni (poi ritenuto dalla Corte – con criterio sostanzialistico – un giudizio in via d’azione). Non essendo all’epoca ancora entrata in vigore la legge 131 del 2003, è probabile che sia stata scelta la strada del conflitto proprio per assicurarsi la certezza di richiedere alla Corte l’uso del potere di sospensione.

Sul tema, tra gli altri, P. GIANGASPERO, La Corte costituzionale e il procedimento di approvazione degli statuti regionali ordinari: problemi risolti e questioni da definire in tema di interpretazione dell’art. 123 Cost., in www.forumcostituzionale.it; A. CARDONE, Il controllo di costituzionalità sugli statuti regionali. Le lacune del legislatore e la supplenza della Corte costituzionale, in Le Istituzioni del Federalismo, 2002, spec. 677 ss.

10 Si vedano le sentenze della Corte 314/2003 e 351/2003. 11 Ai sensi degli art. 28 e 29 dello Statuto. 12 L’art. 56, D.P.R. 670/1972, recante il Testo unico delle leggi costituzionali

concernenti lo Statuto speciale per la Regione Trentino Alto Adige, stabilisce che non ha effetto sospensivo il ricorso proposto dalla maggioranza del gruppo linguistico, nel Consiglio regionale o in quello provinciale di Bolzano, avverso la legge lesiva della parità dei diritti fra i cittadini dei diversi gruppi linguistici o delle caratteristiche etniche e culturali dei gruppi stessi. Su tale forma di azione si veda F. RIGANO, Il ricorso costituzionale diretto delle minoranze linguistiche, in Prospettive dell'accesso alla giustizia costituzionale (Atti del seminario di Firenze svoltosi il 28-29 maggio 1999)", a cura di A. Anzon - P. Caretti - S. Grassi, Torino, 2000, 199 ss.

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obiettivo strumento di attuazione dell’indirizzo politico costituzionale, non impedisce che l’atto illegittimo concluda il suo iter e quindi dispieghi la propria efficacia nell’ordinamento13. Per la legge regionale l’organo deputato a promulgarla ai sensi dell’art. 121, c. 4, della Costituzione, oltre a non essere dotato del requisito di rappresentare la totalità della comunità di riferimento, è titolare della funzione di indirizzo politico14, sicché non può essere assicurata alcuna garanzia di legittimità15. Le consulte statutarie, poi, svolgono normalmente un ruolo debole, giacché le loro decisioni sono sempre superabili con una nuova deliberazione (talora con maggioranza speciale) dell’organo competente, con riferimento sia ad atti legislativi che ad atti non legislativi16.

Per quanto concerne, invece, questi ultimi, in linea generale, a livello statale non si vede quali garanzie siano offerte se non per alcuni atti dell’esecutivo, come, ad esempio, i regolamenti governativi e ministeriali che sono sottoposti al parere obbligatorio del Consiglio di Stato e al controllo di legittimità della Corte dei Conti. Ma anche qui si tratta di congegni non adeguatamente conformati, perché, nel primo caso, il parere non è vincolante, mentre, nel secondo, il Governo può chiedere la registrazione con riserva, nell’eventualità di mancata apposizione del visto.

Appare, insomma, evidente che le esigenze sottese alla tutela cautelare – che si configura in astratto come strumento di effettività della tutela giurisdizionale – sono potenzialmente presenti con riferimento a tutti gli atti sottoposti alla giurisdizione costituzionale. La pendenza del giudizio, infatti, non incide sull’efficacia e sull’esecutività degli atti impugnati, potendo derivare un irrimediabile pregiudizio per le situazioni giuridiche soggettive, cui la tutela giurisdizionale è in ogni caso preposta.

Anche nei giudizi comuni – e, in particolare, quello amministrativo – la proposizione dell’azione non determina, d’altronde, l’automatica sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato17, salvi casi marginali18. Nel passato la

13 Su tale punto le considerazioni di A. BALDASSARE, Il Capo dello Stato, in Manuale di

diritto pubblico, a cura di G. Amato e A. Barbera, 1994, spec. 475 ss. Si potrebbe poi aggiungere che il rinvio della legge alle Camere in molte occasioni trae giustificazione dalla presenza di sola “manifesta incostituzionalità”. Così ha avuto modo di affermare da ultimo l’ex Presidente Ciampi, secondo il quale il mero “sospetto d’incostituzionalità” abiliterebbe la sola Corte costituzionale ad intervenire ex post, Ciampi e l’accusa di Berlusconi. “Gli consigliai di evitare cambi”, in Corriere della sera, 10 marzo 2007. Ovviamente il discorso si pone nei medesimi termini anche per gli atti aventi forza di legge e per il relativo potere di emanazione affidato al Presidente della Repubblica. Sul ruolo del Presidente della Repubblica nell’esperienza più recente, si veda F. PASTORE, Evoluzione della forma di governo parlamentare e ruolo del Capo dello Stato, Torino, 2003.

14 Anzi, in virtù dell’elezione diretta ormai invalsa in tutte le regioni, ne è l’artefice primario.

15 In argomento le considerazioni di L. PANZERI, Considerazioni introduttive sul potere di rinvio presidenziale delle leggi regionali e sugli altri possibili istituti “compensativi”, in Le Regioni, 2005, 103 SS. Inoltre, non è casuale che al Presidente della Giunta regionale non sia stato riconosciuto espressamente da alcun statuto aggiornato il potere di rinviare la legge al consiglio. Si potrebbe ipotizzare che si tratta di un potere implicito, ma l’argomento pretenderebbe tutt’altro approfondimento che non è possibile in questa sede.

16 Sul punto A. SPADARO, Dal “custode della Costituzione” ai “custodi degli Statuti”. Il difficile cammino delle Consulte statutarie regionali, in Le Regioni, 2006, 1059 ss.; L. PANZERI, La tutela della “rigidità statutaria” alla luce della più recente giurisprudenza costituzionale: quali prospettive per gli organi di garanzia regionali, in Giur. cost., 2005, 813 ss.; S. PARISI, La tutela dello Statuto regionale tra “garanzia” e “controllo”, in La riforma del titolo V della Costituzione e la giurisprudenza costituzionale (Atti del seminario di Pavia svoltosi il 6 – 7 giugno 2003), a cura di E. Bettinelli e F. Rigano, Torino, 2004, 523.

17 Analogamente a quanto avviene nel processo amministrativo. Se in questo, però, la ragione di essere sta nella gerarchia di valori fra l’interesse pubblico, che è a fondamento del potere amministrativo e l’interesse del privato che è a fondamento del ricorso (tra i tanti A. TRAVI, Sospensione del provvedimento impugnato, in Digesto delle discipline pubblicistiche, vol.

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sospensione automatica – da prevedere in sede costituzionale – è stata proposta nei confronti delle leggi statali19, ma sembra condivisibile il diverso avviso, manifestato anche di recente, secondo il quale è lecito ritenere che una siffatta evenienza comporterebbe l’accrescimento – evidentemente non auspicabile – del contenzioso20.

Dalle sommarie indicazioni proposte, si può, quindi, argomentare che la tutela cautelare si impone in astratto nei vari giudizi innanzi alla Corte, dal momento che gli atti che vengono in rilievo sono normalmente efficaci ed esecutivi21.

Posto ciò, è da appurare se la struttura dei giudizi innanzi alla Corte, in relazione alle situazioni giuridiche di cui si invoca la protezione, possa escludere in concreto l’utilità dei rimedi cautelari.

2. I tempi del processo costituzionale. – Mancano previsioni espresse

riguardo ad eventuali termini entro i quali assicurare la definizione del giudizio costituzionale, che, dunque, può essere risolto anche a distanza di anni dal momento dell’esercizio dell’iniziativa (come in effetti, talvolta, si verifica).

Vi è una sola parziale eccezione. L’art. 35, L. 87/1953, modificato dall’art. 9, L. 131/2003, prevede ora che quando è promossa una questione di legittimità costituzionale in via principale22, la Corte costituzionale fissa l'udienza di discussione entro novanta giorni dal deposito del ricorso23. Nulla è, però, detto riguardo alla conclusione del processo: la decisione potrebbe

XIV, 1999, 374), diverse sono invece le situazioni giuridiche che si contrappongono nella generalità dei casi nel processo costituzionale.

18 A titolo esemplificativo, può ricordarsi, in materia di contabilità pubblica, l’appello avverso la sentenza di condanna della sezione giurisdizionale regionale della Corte dei Conti; la sezione giurisdizionale centrale, tuttavia, su istanza del procuratore regionale territorialmente competente o del procuratore generale, quando vi siano ragioni fondate ed esplicitamente motivate, può disporre, con ordinanza motivata, sentite le parti, che la sentenza sia provvisoriamente esecutiva (art. 1, c. 5-bis, D. L. 453/1993, conv. in L. 19/1994). Altro caso è costituito, in materia di contenzioso elettorale, dai ricorsi giurisdizionali che sospendono le deliberazioni del Consiglio regionale della Valle d’Aosta, avverso le quali i ricorsi stessi sono presentati (art. 33, L. 1257/1962).

19 E. ROSSI, Il giudizio di costituzionalità delle leggi in via principale, in Aggiornamenti in tema di processo costituzionale (1993-1995), a cura di R. Romboli, Torino, 1996, spec. 253.

20 F. DRAGO, I ricorsi in via principale nel quadro del novellato titolo V, in www.federalismi.it, 11 aprile 2003, 23, con riferimento al disegno di legge La Loggia che nella stesura del 19 aprile 2002 legava l’effetto sospensivo alla presentazione del ricorso; nonché F. DRAGO, I ricorsi in via d’azione tra attuazione del titolo V e giurisprudenza costituzionale (Il giudizio in via principale delle leggi dopo i problemi legati allo ius superveniens), in Giurisprudenza costituionale, 2004, 4787 ss.

E’ interessante notare che in Spagna lo Stato può invocare l’art. 161, c. 2, della Costituzione determinando la sospensione dell’atto impugnato una volta che il conflitto sia stato comunicato alla Comunità autonoma, mentre questa può solamente chiedere al Tribunale costituzionale la sospensione dell’atto impugnato. Sul punto R. ROMBOLI – R. TARCHI, La giustizia costituzionale in Spagna, in Esperienze di giustizia costituzionale, in Esperienze di giustizia costituzionale, a cura di J. Luther – R. Romboli – R. Tarchi, tomo I, Torino, 2000, spec. 326 ss.; P. MEZZANOTTE, La sospensione delle leggi regionali nell’esperienza costituzionale spagnola: interpretazioni e spunti riflessivi emersi dagli atti di un seminario, in www.federalismi.it, n. 23/2004.

21 In verità, anche per quelli non efficaci non può escludersi l’esigenza di tutela cautelare in presenza di fatti sopravvenuti, per quanto si dirà appresso.

22 Ai sensi degli articoli 31, 32 e 33, della stessa legge 87/1953. 23 Sembra preferibile interpretare la disposizione – in verità non del tutto perspicua – nel

senso che l’udienza debba svolgersi nel termine indicato; non sembra, all’opposto, esservi spazio per una interpretazione diversa tesa a riferire il termine imposto dalla legge alla data entro cui deve essere adottato il decreto di fissazione dell’udienza. Invero, una simile lettura vanificherebbe la ratio della novella.

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intervenire a distanza di lungo tempo dal giorno dell’udienza, anche in ragione dell’eventuale esercizio di poteri istruttori o di altre evenienze che impediscono la rapida conclusione del giudizio.

Soltanto nel caso in cui venga decretata la sospensione dell’esecuzione della legge impugnata, l'udienza di discussione – aggiunge l’articolo ora citato – è fissata entro i successivi trenta giorni e il dispositivo della sentenza è depositato entro quindici giorni dall'udienza di discussione. Ovviamente questa ultima disposizione non compromette, in astratto, l’utilità della tutela d’urgenza nei giudizi di legittimità costituzionale, perché, anzi, da questa trae ragione di essere24.

Deve, più in generale, osservarsi che i termini, non essendo qualificati perentori, in base ad un principio processuale comune, debbono ritenersi ordinatori, sicché la loro inosservanza è priva di conseguenze giuridiche significative25.

La circostanza che non siano assicurati termini entro i quali definire il giudizio non impedisce che questo possa, comunque, concludersi celermente: va, dunque, verificato se la Corte possegga strumenti che le consentano di disporre dei tempi del giudizio, fino a definirlo in un arco temporale tale da rendere inutile la tutela cautelare.

Rispetto alla durata del giudizio è, senza alcun dubbio, determinante il ruolo del Presidente. Questi, ai sensi dell’art. 26, L. 87/1953, decorso il termine per la costituzione delle parti, nomina un giudice per la istruzione e la relazione e convoca entro i successivi venti giorni la Corte per la discussione26. Si tratta, però, di termini “solo indicativi”27, per cui è ampia la discrezionalità del Presidente nell’assolvimento di tali compiti, anche perché alcuni criteri di massima, pure nel passato elaborati, non hanno carattere tassativo28.

Occorre, quindi, chiedersi se i tempi ordinari dei giudizi costituzionali – caratterizzati, come è stato notato, da una struttura semplice che, in linea di principio, dovrebbe favorirne la alacre definizione29 – possano assicurare l’effettività della tutela o se, a tal fine, sia inevitabile l’esercizio di poteri cautelari da parte del giudice.

24 Secondo A. RUGGERI, Note introduttive ad una lettura della legge La Loggia, in I processi di attuazione del federalismo in Italia, a cura di B. Caravita, Milano, 2004, 51, è “largamente prevedibile … il ricorso a forme drastiche di selezione dei casi che potrebbero non giovare alla linearità e coerenza della giurisprudenza stessa”.

25 I termini nei confronti dei giudici sono privi di sanzioni dirette: la loro inosservanza (nonostante la costituzionalizzazione del principio di ragionevole durata del processo) può comportare al più l’avvio di un provvedimento disciplinare (inimmaginabile nel caso dei giudici costituzionali) o rilevare ai fini del diritto all’equa riparazione previsto dall’art. 2, L. 89/2001. Si tenga presente, tuttavia, che la Corte europea dei diritti dell’uomo, con decisione del 27 febbraio 2003 (Niederboster c. Germania), ha accertato la violazione dell’art. 6 CEDU per eccessiva durata di un giudizio costituzionale pendente davanti al Tribunale federale tedesco, in relazione al mancato esercizio del potere officioso di sospensione cautelare che ad esso compete.

26 L’art. 26 si riferisce ai giudizi promossi in via incidentale, ma si applica anche agli altri giudizi innanzi alla Corte in virtù del rinvio ad esso contenuto negli artt. 34, c. 2, 37, c. 4, e 41, L. 87/1953.

27 G. ZAGREBELSKY, La giustizia costituzionale, Bologna, 1988, 88-89. Secondo A. CERRI, Corso di giustizia costituzionale, Milano, 2004, 75, il potere organizzativo del Presidente si è ridotto dopo lo smaltimento dell’arretrato. In dottrina si veda anche G. D’ORAZIO – G. LA GRECA – P. PRATIS, Sull’organizzazione del lavoro della Corte costituzionale in sede giurisdizionale, in Strumenti e tecniche di giudizio della Corte costituzionale (Atti del convegno, Trieste 26-28 maggio 1986), Milano, 1988, spec. 370 ss.

28 Originariamente, ai sensi dell’art. 8, c. 1, delle Norme integrative, nel convocare la Corte, il Presidente doveva tenere conto dello stato delle cause pendenti. Tale disposizione è stata soppressa con la modifica delle norme integrative avvenuta nel 2004.

29 G. FALCON, La Corte costituzionale italiana e i suoi utenti, in La giustizia costituzionale ed i suoi utenti (Atti del convegno internazionale in onore del Prof. Valerio Onida, Milano 15 aprile 2005), Milano, 2006, 124.

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In particolare, va accertato se vi siano termini incompribili a disposizione delle parti, che impediscono al giudice, qualora lo voglia, di pervenire – in considerazione della situazione da salvaguardare – alla decisione conclusiva in tempi rapidissimi.

Nei giudizi di legittimità costituzionale in via principale occorre tenere conto che il ricorso deve essere depositato entro dieci giorni dalla notificazione30, la parte convenuta può costituirsi entro i successivi venti giorni dalla scadenza per il deposito del ricorso31, ossia entro trenta giorni dalla notificazione (primo termine incomprimibile). Il Presidente della Corte, inoltre, fissa il giorno dell’udienza con decreto che deve essere notificato alle parti costituite almeno venti giorni prima dell’udienza. Ne consegue che l’udienza di discussione non può tenersi prima che siano decorsi almeno sessanta giorni dalla notificazione del ricorso32. Naturalmente bisogna, poi, aggiungere i tempi tecnici per assumere la decisione, per la stesura della pronuncia e per il deposito in cancelleria. L’eventuale sentenza di accoglimento, pertanto, non potrebbe intervenire prima di tre mesi dal deposito del ricorso: è un intervallo in cui possono prodursi lesioni irreversibili nella sfera giuridica del ricorrente e che rende plausibile l’utilità concreta di misure cautelari.

Ad identica conclusione deve pervenirsi per i conflitti intersoggettivi. Va, infatti, considerato che il termine per il deposito è di venti giorni dall’ultima notificazione33. Se pure nello stesso termine dovesse avvenire la costituzione in giudizio del resistente, vi sarebbe da attendere la fissazione dell’udienza che deve essere comunicata almeno venti giorni prima alle parti costituite. E’ verosimile che l’udienza di discussione non possa svolgersi prima di cinquanta giorni circa dalla pubblicazione (o avvenuta conoscenza). E’ significativo che la stessa Corte abbia inserito, tra le norme integrative, la previsione (art. 28) della possibilità di presentare la richiesta di sospensione anche nel corso dell’udienza fissata per l’esame della domanda principale. Ciò prova la necessità di offrire adeguata cautela in ogni momento del processo, anche quando sia, addirittura, imminente la decisione conclusiva.

Ancora più lunga è la durata dei conflitti tra poteri dello Stato, che, fra l’altro, si caratterizzano per l’assenza di un termine decadenziale entro cui promuovere l’azione. Depositato il ricorso, il Presidente fissa la camera di consiglio per il preliminare accertamento dell’ammissibilità da dichiararsi con ordinanza, che assegna un termine per la notifica del ricorso. Questo va poi depositato entro i successivi venti giorni, termine entro il quale possono costituirsi le altre parti. Solo a questo punto può essere fissata l’udienza, con decreto da comunicarsi almeno venti giorni prima. L’utilità concreta della misura cautelare, dunque, non viene meno anche in questo caso.

Il discorso essenzialmente non muta se pure si considera l’art. 9, L. cost. 1/1953, secondo il quale il Presidente della Corte, quando lo ritenga necessario, può con provvedimento motivato ridurre fino alla metà i termini

30 Artt. 31, 32 e 33, L. 87/1953. Si aggiunga che il deposito può essere effettuato avvalendosi del servizio postale: in tal caso, ai fini dell’osservanza dei termini, vale la data di spedizione postale (art. 30 delle norme integrative, aggiunto dall’art. 12 della delibera della Corte costituzionale del 10 giugno 2004). Tale disposizione si applica anche per i conflitti di attribuzione.

31 Art. 23, u.c., delle Norme integrative, modificato nel 2004. Prima si intendeva dal giorno dell’effettivo deposito (sentenze 155/1985 e 477/2000).

32 Quand’anche si ricorra alla tecnica delle decisioni separate su questioni sollevate con un unico ricorso, su questo punto, V. COCOZZA, I profili processuali, in Le Regioni, 2004, spec. 485; nonché E. BINDI, La Corte costituzionale e la tecnica della scissione dei ricorsi, in Corte costituzionale e processo costituzionale, a cura di A. Pace, Milano, 2006, 43 ss.

33 Art. 27, c. 3, delle Norme integrative.

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dei procedimenti. In questa eventualità, le ragioni dell’urgenza del provvedere possono ridursi, ma non essere soppresse del tutto. Può, al più, ipotizzarsi che il ricorrente accorto chieda l’emanazione di misure cautelari e, coevamente, la dimidiazione dei termini, ancorché questa sembri una prerogativa del Presidente la quale non pretende l’istanza di parte (benché non possa nemmeno essere esclusa).

Le riflessioni che precedono sono suffragate anche dal dato statistico. Se si considera l’anno 2006, il tempo medio che è intercorso tra la

pubblicazione dell’atto di promuovimento e la trattazione della causa è stato superiore ad un anno per i giudizi in via principale e di quasi due anni per i conflitti34.

Non diversamente è avvenuto nell’anno 200535. La usuale durata dei giudizi innanzi alla Corte induce, quindi, a ritenere

plausibile la sussistenza dei presupposti a cui è ancorata, normalmente, l’emanazione di misure cautelari.

Semmai stupisce che, come è stato evidenziato in dottrina, anche nei conflitti tra enti, ove l’esperienza della tutela d’urgenza è largamente consolidata in virtù del risalente dato positivo, la lunghezza dei tempi impiegati per la decisione nel merito non è bilanciata dalla tempestività del provvedimento della Corte sull’istanza diretta ad ottenere, per gravi motivi, la sospensione dell’efficacia dell’atto contestato36. Ma su questo si tornerà.

Deve, altresì, notarsi che anche per i giudizi in via principale resta sostanzialmente vanificata l’accelerazione che ha voluto imprimere il legislatore con la modifica dell’art. 35, L. 87/1953, primo periodo.

3. Durata dei giudizi comuni, riti speciali e tutela cautelare. – Il ritardo

strutturale delle decisioni nei giudizi costituzionali, in realtà, è dato che accomuna – sia pure con diversità di accenti – qualsiasi esperienza processuale.

Da qui la necessità di offrire alle parti adeguate forme di tutela d’urgenza, che, peraltro, permangono – e ciò merita la massima considerazione – anche quando il legislatore si sia preoccupato di innestare sul ramo del “processo ordinario”37 riti speciali (o alternativi a quello ordinario), che si contraddistinguono per la maggiore speditezza.

34 Si veda, Relazione sulla giurisprudenza costituzionale del 2006, Palazzo della

Consulta, 8 febbraio 2007, spec. 12. Si consideri nel dettaglio che la durata media dei diversi giudizi è pari a:

a) 319,54 giorni per i giudizi in via incidentale (con sei casi trattati entro i 50 giorni e tre casi oltre i 1000 giorni);

b) 392,40 giorni per i giudizi in via principale (con due casi trattati entro i 100 giorni e tre casi oltre i 1000 giorni);

c) 729,55 giorni per i conflitti tra enti (con un caso trattato entro i 100 giorni e quattro casi oltre i 1000 giorni);

d) 668,29 giorni per i conflitti tra poteri dello Stato (con il caso più velocemente trattato dopo 126 giorni e quattro casi oltre i 1000 giorni).

A ciò bisogna aggiungere il tempo medio di 37,06 giorni per il deposito della decisione. 35 Ibidem. 36 M. SCUDIERO, Linee propositive, in Regioni e Corte costituzionale (L’esperienza degli

ultimi quindici anni), a cura di S. Bartole, M. Scudiero, A. Loiodice, Milano, 1988, 245. Per i dati del periodo di riferimento si veda M. VILLONE, Analisi quantitativa e notazioni ricostruttive, ivi, spec. 202 ss.

37 Quantunque sia difficile in ogni ambito giurisdizionale distinguere il rito ordinario da quello speciale. Sul punto C. MANDRIOLI, Diritto processuale civile. III) I procedimenti speciali di cognizione e i giudizi arbitrali, Torino, 2006, 7 e ss.; F. DE LEONARDIS, I riti, in Diritto processuale amministrativo, a cura di A. Sandulli, Milano, 2007, 129 ss.

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Senza alcuna pretesa di completezza possono ricordarsi, tra quelle vigenti, le seguenti disposizioni38.

Prendendo le mosse dal codice di procedura civile, è inevitabile il riferimento agli articoli 806 e seguenti, secondo i quali le controversie aventi ad oggetto diritti disponibili possono essere risolte mediante arbitrato che deve concludersi nel termine fissato dalle parti e, in mancanza, entro 240 giorni39 dall’accettazione della nomina; tale termine è prorogabile, in presenza di determinate circostanze, di ulteriori 180 giorni. E’ forse uno dei pochi casi in cui la mancata osservanza del termine produce conseguenze giuridicamente rilevanti sulla pronuncia definitiva. Infatti, il lodo, se è pronunciato dopo il termine stabilito, è nullo a condizione che, alla scadenza e prima della deliberazione del lodo medesimo, la parte abbia notificato alle altre e agli arbitri che intende far valere la decadenza di questi ultimi. La brevità del rito, salvi i casi di sospensione, non impedisce tuttavia che nel corso del procedimento possano profilarsi situazioni bisognevoli di provvedimenti cautelari, che, però, ai sensi dell’art. 818, c.p.c., competono, salva diversa previsione di legge, al giudice ordinario.

Molto più ricca è la casistica del processo amministrativo. L’art. 23-bis, c. 3, L. 1034/1971, per alcune “materie sensibili”40,

configura il cosiddetto “rito abbreviato”, che si caratterizza per la dimidiazione, in generale, dei termini (salvo quelli relativi alla proposizione del ricorso) e per il fatto che il giudice amministrativo, chiamato a pronunciarsi sulla domanda cautelare41, accertata la completezza del contraddittorio, ovvero disposta l'integrazione dello stesso ai sensi dell'articolo 21, se ritiene ad un primo esame che il ricorso evidenzi l'illegittimità dell'atto impugnato e la sussistenza di un pregiudizio grave e irreparabile, fissa la data di discussione nel merito alla prima udienza successiva al termine di trenta giorni dal deposito dell'ordinanza. Non è, però, esclusa la possibilità di emanare misure cautelari con ordinanza, nella quale dovranno essere enunciati “i profili che, ad un sommario esame, inducono a una ragionevole probabilità sul buon esito del ricorso”42. Orbene, non vi è dubbio che, nella specie, si tratti di presupposti

38 Altri casi di accelerazione dei giudizi si sono avuti tra cui quello ex art. 14, D. Lgs. 190/2002, in materia di infrastrutture e insediamenti produttivi strategici oppure ex art. 19, D. L. 67/1997, in materia di lavori pubblici.

39 L’art. 820, c.p.c., è stato modificato dall’art. 23, D. Lgs. 40/2006. Prima della riforma il termine era fissato in 180 giorni.

40 Procedure di affidamento di incarichi di progettazione, procedure di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, di servizi pubblici e forniture, ivi compresi i bandi di gara e gli atti di esclusione dei concorrenti, procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate alle predette opere, provvedimenti adottati dalle autorità amministrative indipendenti, procedure di privatizzazione o di dismissione di imprese o beni pubblici, nonché quelli relativi alla costituzione, modificazione o soppressione di società, aziende e istituzioni ai sensi dell'articolo 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142, provvedimenti di nomina, adottati previa delibera del Consiglio dei ministri ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400, provvedimenti di scioglimento degli enti locali e quelli connessi concernenti la formazione e il funzionamento degli organi.

41 Ciò che può verificarsi anche appena cinque giorni dopo la notificazione del ricorso. 42 In questo solco si colloca anche l’art. 246, D. Lgs. 163/2006 (Codice dei contratti

pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), per il quale nei giudizi davanti agli organi di giustizia amministrativa che comunque riguardino le procedure di progettazione, approvazione, e realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi di preminente interesse nazionale, e relative attività di espropriazione, occupazione e asservimento, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 23-bis, legge 6 dicembre 1971, n. 1034 con alcune eccezioni ossia: non occorre domanda di fissazione dell'udienza di merito, che ha luogo entro quarantacinque giorni dalla data di deposito del ricorso; in sede di pronuncia del provvedimento cautelare, si tiene conto delle probabili conseguenze del provvedimento stesso per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché del preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dell'opera, e, ai fini

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cautelari particolarmente qualificati che, secondo parte della dottrina, si giustificano sia in relazione alle materie interessate sia perché la rapida definizione del merito dovrebbe drasticamente ridurre (ma, si badi, non eliminare) il rischio di effetti irreversibili43.

Ancora più celere sembra essere il rito speciale di cui all’art. 25, c. 5, L. 241/1990, in materia di accesso ai documenti della pubblica amministrazione, perché l’azione va promossa entro trenta giorni dalla determinazione dell’amministrazione e il tribunale amministrativo decide in camera di consiglio entro trenta giorni dal deposito del ricorso44. La mancanza di espresse previsioni circa la tutela d’urgenza non è ostativa, ad avviso di chi scrive, all’applicazione, in presenza dei relativi presupposti, dell’art. 21, L. 1034/197145. E’, infatti, interessante notare che riguardo al giudizio sul silenzio dell’amministrazione – particolarmente accelerato, essendo deciso in camera di consiglio, con sentenza succintamente motivata, entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso (art. 21-bis, L. 1034/1971)46 – l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha ritenuto che possa svolgersi in tempi incompatibili con le esigenze di protezione immediata del ricorrente, in special modo quando sia necessaria un’istruttoria, per cui i due rimedi possono concorrere47.

Nel processo amministrativo, tra gli altri48, forse è il rito (non a caso denominato) “immediato” a garantire tempi di definizione così celeri da avvicinarsi – pur senza raggiungerlo – al giudizio istantaneo evocato dal

dell'accoglimento della domanda cautelare, si valuta anche la irreparabilità del pregiudizio per il ricorrente, il cui interesse va comunque comparato con quello del soggetto aggiudicatore alla celere prosecuzione delle procedure; la sospensione o l'annullamento dell'affidamento non comporta la caducazione del contratto già stipulato e il risarcimento del danno, eventualmente dovuto, avviene solo per equivalente.

43 R. DE NICTOLIS, Il nuovo contenzioso in materia di appalti pubblici, Milano, 2007, 474. 44 In dottrina sono state espresse perplessità riguardo al rispetto dei termini da parte

del giudice amministrativo, M. P. CHITI, L’effettività della tutela giurisdizionale tra riforme nazionali e influenza del diritto comunitario, in Dir. proc. amm., 1998, 503 ss.

45 Così R. PROIETTI, L’accesso ai documenti amministrativi, Milano, 2004, spec. 89. 46 Presenta evidenti analogie con tale rito il giudizio per l’impugnazione dei

provvedimenti di diniego dell’iscrizione o cancellazione all’albo per le associazioni di volontariato regolato dall’art. 6, c. 5, L. 266/1991.

47 Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 9 gennaio 2002, n. 1, in Foro amm. CDS, 2002, 46, con nota di F. SATTA, Impugnativa del silenzio e motivi di merito; pronuncia ripresa da ultimo da Consiglio di Stato, sez. IV, 21 febbraio 2005, n. 578, in Foro amm. CDS, 2005, 378.

48 In questo quadro deve menzionarsi anche l’art. 10, L. 146/1990, secondo il quale i soggetti che promuovono lo sciopero, le amministrazioni, le imprese e i singoli prestatori di lavoro destinatari del provvedimento, qualora abbiano interesse, possono proporre ricorso contro l'ordinanza che imponga le prestazioni indispensabili, nel termine di sette giorni dalla sua comunicazione ovvero dal giorno successivo a quello della sua affissione nei luoghi di lavoro. Vero è che la proposizione del ricorso non sospende l'immediata esecutività dell'ordinanza, ma, se ricorrono fondati motivi, il tribunale amministrativo regionale, acquisite le deduzioni delle parti, nella prima udienza utile sospende il provvedimento impugnato anche solo limitatamente alla parte in cui eccede l'esigenza di salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati.

Ancora può essere richiamato in questa sede l’art. 10, L. 28/2000, alla cui stregua i provvedimenti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in materia di parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie per la comunicazione politica, possono essere impugnati dinanzi al tribunale amministrativo regionale del Lazio entro trenta giorni dalla loro comunicazione. In caso di inerzia dell'Autorità, i soggetti interessati possono chiedere al tribunale amministrativo, anche in sede cautelare, la condanna dell'Autorità stessa a provvedere entro tre giorni dalla pronunzia. In caso di richiesta cautelare, i soggetti interessati possono trasmettere o depositare memorie entro cinque giorni dalla notifica. Decorso tale periodo e comunque non oltre il settimo giorno, il tribunale si pronunzia sulla domanda di sospensione nella prima camera di consiglio. Le stesse regole si applicano per l'appello al Consiglio di Stato.

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Calamandrei49. Esso è applicabile in ogni giudizio ed è regolato dall’art. 26, L. 1034/1971, secondo il quale, nel caso in cui si ravvisino la manifesta fondatezza ovvero la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso, il tribunale amministrativo regionale e il Consiglio di Stato decidono con sentenza succintamente motivata, anche mediante un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo, ovvero, se del caso, ad un precedente conforme. E’ meritevole di considerazione che la decisione in forma semplificata è assunta, nel rispetto della completezza del contraddittorio, nella camera di consiglio fissata per l'esame dell'istanza cautelare, ovvero fissata d'ufficio a seguito dell'esame istruttorio50. Può, dunque, verificarsi che la decisione intervenga a distanza di dieci giorni dalla notifica del ricorso (se non addirittura cinque per le materie sensibili di cui all’art. 23-bis, L. 1034/1971); il che denota una notevole rapidità nella definizione, certo maggiore che in qualunque giudizio innanzi alla Corte.

A tale rito si è ispirato il legislatore nel riformare il codice di procedura civile per le materie societarie, pur definendolo nell’occasione “giudizio abbreviato”51. Siffatto modello va espandendosi, probabilmente anche in ragione dell’avallo ricevuto dal giudice delle leggi, secondo il quale la pronuncia nella fase cautelare viene resa superflua da una tutela ancora più piena ed immediata costituita dalla pronta decisione di merito, a condizione che esistano tutti gli altri presupposti (contraddittorio, sufficienza delle prove acquisite, ecc.)52.

Dalla rassegna compiuta possono quindi tracciarsi le seguenti linee legislative:

a) è principio generale che la celerità (a volte anche notevole) del rito non esclude, a priori, il potere cautelare del giudice;

b) in alcuni casi è proprio l’emanazione delle misure cautelari ad imporre la sollecita conclusione del merito53;

c) in altri casi la definizione immediata del giudizio può trarre occasione proprio dalla presentazione della domanda cautelare incidentale54.

Lo strumentario della tutela cautelare, peraltro, va sempre più rafforzandosi. Valga solo il riferimento alle misure cautelari provvisorie introdotte dalla L. 205/2000 nel processo amministrativo. Prima della

49 Si veda il paragrafo 1. 50 Previsto dal secondo comma dell'articolo 44 del testo unico delle leggi sul Consiglio di

Stato, approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, e successive modificazioni. 51 Ci si riferisce all’art. 24, D. Lgs. 5/2003, che, al comma 4, stabilisce che all'udienza di

comparizione, il giudice designato, se ritiene che la causa sia matura per la decisione di merito senza bisogno di ulteriore assunzione di mezzi di prova ovvero che il giudizio sia comunque in condizione di essere definito, ne dà comunicazione alle parti presenti e le invita a precisare le rispettive conclusioni di rito e di merito; nella stessa udienza pronuncia sentenza, al termine della discussione. Sulla similitudine tra la decisione in forma semplificata nel giudizio amministrativo e il giudizio abbreviato nelle materie societarie, F. DE SANTIS, Il giudizio “abbreviato” nelle controversie societarie, in Riv. dir. proc., 2003, 1063 ss.

52 Sentenza 427/1999, che si riferisce all'art. 19, c. 2, D.L. 67/1997, convertito con modifiche dalla L. 135/1997. In tutti gli altri casi, il giudice è tenuto a pronunciarsi sulla domanda di sospensione, in base agli ordinari poteri cautelari, ivi compreso l'esercizio di potere di sospensione a tempo, ovvero parziale o collegato a determinati adempimenti processuali.

53 Analogamente nel processo tributario la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato fa sì che la trattazione della controversia deve essere fissata non oltre novanta giorni dalla pronuncia, ai sensi dell’art. 47, c. 6, D. Lgs. 546/1992.

54 Non si verifica, tuttavia, alcuna conversione del giudizio cautelare in giudizio di merito, con la conseguenza che i termini a difesa delle parti sono solo quelli propri del giudizio cautelare. Il giudice può decidere il ricorso anche se non siano decorsi i termini stabiliti dall'articolo 22, c. 1, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come precisato da C.d.S., sez. IV, 1 ottobre 2004, n. 6431, in Foro amm. CDS, 2004, 2805. In tale eventualità non vi sarebbe l’esigenza di valutare l’esistenza del periculum in mora (Corte cost., sentenza 427/1999).

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trattazione della domanda cautelare, in caso di estrema gravità ed urgenza, il ricorrente può, contestualmente alla domanda cautelare o con separata istanza notificata alle controparti, chiedere al presidente del tribunale amministrativo regionale di disporre misure cautelari provvisorie; il presidente, anche in assenza di contraddittorio, provvede con decreto motivato che sarà efficace sino alla pronuncia del collegio, cui l'istanza cautelare è sottoposta nella prima camera di consiglio utile. E’ una misura che, con le dovute eccezioni, rievoca quanto stabilito dall’art 669-sexies, c. 2, c.p.c., alla cui stregua, quando la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare l'attuazione del provvedimento, il giudice provvede con decreto motivato assunte – ove occorrano – sommarie informazioni55. Non v’è dubbio che queste disposizioni mirano ad assicurare la tempestiva (ancorché provvisoria) decisione, fino al punto – se si vuole – di farla quasi coincidere con il deposito dell’atto introduttivo del giudizio, stimandosi insoddisfacenti, per l’effettiva protezione delle situazioni giuridiche in gioco, anche i ristretti termini per la pronuncia cautelare “ordinaria”.

Merita, inoltre, considerazione un dato di assoluto significato, ovvero che il carattere strumentale dell’azione cautelare rispetto a quella principale (di cognizione o annullamento) va sensibilmente attenuandosi.

Nel processo amministrativo, ad esempio, è acquisito da tempo che “nella sede della tutela cautelare la giurisprudenza amministrativa è riuscita ad assicurare al privato ricorrente (...) una effettività di intervento che, per i tempi, i contenuti e la rilevanza esterna, è molto superiore a quella che si realizza nel giudizio di merito”56.

Ancora più indicativa è la recente tendenza che si registra nel processo civile. Ci si riferisce al novellato art. 669-octies, cc. 5, 6 e 7, che prefigura la possibilità di misure cautelari (ma solo quelle idonee ad anticipare gli effetti della sentenza di merito, oltre quelle emesse in seguito a denuncia di nuova opera o di danno temuto) con efficacia sine die57. In tal modo verrebbe meno il carattere essenziale della provvisorietà delle misure cautelari58. Si è osservato che la tutela cautelare “sembra evolvere verso un procedimento il cui fine non è tanto la cautela di un diritto (oggetto di un successivo processo), quanto piuttosto quello di far conseguire a chi ne abbia bisogno (indipendentemente da un giudicato che ne accerti il diritto) un provvedimento in grado di fornirgli immediatamente l’utilità sostanziale di cui abbia necessità”59. Ciò che sarebbe

55 In tal caso fissa, con lo stesso decreto, l'udienza di comparizione delle parti entro un

termine non superiore a quindici giorni, assegnando all'istante un termine perentorio non superiore a otto giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. A tale udienza il giudice, con ordinanza, conferma, modifica o revoca i provvedimenti emanati con decreto.

56 F. LUBRANO, Il giudizio cautelare amministrativo, Roma, 1997, 82, secondo cui “forse per lo stimolo della fissazione normativa di tempi brevi per il suo intervento, forse perché nella sede cautelare si trova in modo costante a contatto con le esigenze che direttamente si ricollegano al provvedimento amministrativo, forse perché nella sede cautelare direttamente emergono in modo immediato i problemi dell’attività amministrativa e degli interessi ad essa collegati, certo è che il Giudice con il processo cautelare nella sua attuale struttura ha potuto (e saputo) assicurare al massimo grado quella effettività di tutela che dovrebbe essere in via di principio propria di qualsiasi istituto processuale”. E’ stato anche affermato che “è solo nel processo di sospensione che il contrasto d’interessi viene affrontato nella sua cruda sostanzialità”, M. NIGRO, Processo XI) Processo amministrativo, in Enciclopedia giuridica Treccani, vol. XXIV, 1991, spec. 7; analogamente F. BENVENUTI, Processo amministrativo (ragioni e struttura), in Enciclopedia del diritto, vol. XXXVI, 1987, 454.

57 C. MANDRIOLI, Diritto processuale civile, vol. IV, Torino, 2006, 239. 58 Secondo quando affermato da P. CALAMANDREI, Introduzione allo studio sistematico dei

provvedimenti cautelari, cit., 11. 59 G. OLIVIERI, Brevi considerazioni sulle nuove forme del procedimento cautelare uniforme,

in www.judicium.it, 13 maggio 2005, 2 e 3.

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in linea con la necessità di assicurare la ragionevole durata del processo di cui all’art. 111, c. 2, della Costituzione.

L’attuale indirizzo legislativo in materia processuale induce, quindi, a ritenere che il baricentro della tutela delle situazioni giuridiche soggettive tende progressivamente a muovere verso il giudice della cautela, “capace di soddisfare adeguatamente ed a tempo potenzialmente indefinito numerose istanze”60.

L’eco di siffatte tendenze si avverte flebilmente nei giudizi innanzi alla Corte: eppure, per quanto semplici e brevi possano essere gli stessi, nulla esclude che, ai fini dell’effettività, possa imporsi la tutela cautelare anche al loro interno.

4. Il fondamento costituzionale del potere cautelare delle autorità

giurisdizionali. – Tenendo conto del principio chiovendiano sopra riferito, il giudice costituzionale, come noto, ha più volte rimarcato, con riferimento ai giudizi comuni, l’ineludibilità della tutela cautelare, giacché essa è strumentale all’effettività della tutela giurisdizionale61, garantita dall’art. 24 della Costituzione62. Con riferimento all’art. 700, c.p.c., ha persino affermato che esso “si esibisce quale espressione di direttiva di razionalità tutelata dall'art. 3 comma primo, e [in materia di pubblico impiego] dall'art. 113 Cost.”63.

Riguardo al sistema di giustizia amministrativa, è stato rilevato che “il potere di sospensione dell’esecuzione dell'atto amministrativo è un elemento connaturale ad un sistema di tutela giurisdizionale che si realizzi, in definitiva, con l'annullamento degli atti della pubblica amministrazione”, al punto che “una esclusione del potere medesimo o una limitazione dell'area di esercizio di esso con riguardo a determinate categorie di atti amministrativi o al tipo del vizio denunciato contrasta col principio di uguaglianza consacrato nell'art. 3 della Costituzione, qualora non ricorra una ragionevole giustificazione del diverso trattamento”64.

Si tratta di congegni processuali orientati ad assicurare l’effettività della tutela giurisdizionale, che derivano, quali logici corollari, dai principi di

60 E. DALMOTTO, Il rito cautelare competitivo, in www.judicium.it, 26 ottobre 2006, 3. 61 Sentenza 253/1994. 62 Sentenza 165/2000. In dottrina, tra gli altri, F. SORRENTINO, Le garanzie costituzionali

dei diritti, Torino, 1998, 20 e ss.; F. G. SCOCA, Processo cautelare e Costituzione, in Dir. proc. amm., 1983, 311 e ss.

63 Sentenza 190/1985. 64 Sentenza 284/1974. Riguardo ai diversi trattamenti ipotizzabili, è utile richiamare la

sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 24 novembre 2005, n. 10, secondo la quale “la non impugnabilità immediata di atti aventi effetti sicuramente lesivi (quali quelli di esclusione dal procedimento elettorale), con conseguente improponibilità anche di eventuali misure cautelari, non appare contrastante con il principio, affermato dalla Corte costituzionale (v. sentenza 27 dicembre 1974, n. 284), secondo cui il potere di sospensione dell'esecuzione dell'atto amministrativo è un elemento connaturale del sistema di tutela giurisdizionale. Questo perché nella fattispecie in discorso non si prospetta una esclusione o una limitazione dell'area di esercizio del potere medesimo, ma si stabilisce soltanto un criterio di accorpamento di tutte le impugnative riferibili allo stesso procedimento elettorale, ragionevolmente giustificato - a quanto si è visto - dall'intendimento del legislatore di consentire lo svolgimento della consultazione nel termine stabilito, spesso corrispondente a quello riguardante altri analoghi procedimenti, per evidenti ragioni di concentrazione dell'impegno politico ed amministrativo richiesto per le tornate elettorali. Né può ritenersi che la possibilità di accordare misure cautelari con riguardo agli atti endoprocedimentali (ad esempio: ammettendo liste escluse o escludendo liste ammesse) possa rappresentare un mezzo efficace per scongiurare il pericolo di successivo annullamento dell'intero procedimento elettorale, poiché bisogna ricordare, invece, che si tratta pur sempre di strumenti con efficacia provvisoria, in attesa di una definitiva pronuncia sul merito”.

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struttura dell’ordinamento costituzionale tra cui, non ultimo, quello democratico65.

In verità, anche con riferimento alla datata questione circa la mancanza dei poteri cautelari delle commissioni tributarie sugli atti di riscossione, la Corte, nel far salvo il sistema, riteneva comunque che la tutela fosse assicurata dalla “sospensione amministrativa” a cura dell’Intendente di finanza, avverso il cui rifiuto era possibile ricorrere al giudice amministrativo. Le copiose critiche della dottrina spinsero il legislatore, nell’introdurre l’incidente cautelare nel processo, a farne uno dei punti più significativi della riforma66.

La natura del potere cautelare, indipendentemente dalle sue declinazioni nei vari giudizi, manifesta una matrice unitaria che si estrinseca in alcuni principi comuni, individuabili nel carattere (normalmente) strumentale di siffatta tutela, nel “tipo” di cognizione e nei presupposti (il fumus e il periculum) alla cui sussistenza è ancorata la concessione della misura d’urgenza67. All’opposto, permangono tratti distintivi, come, ad esempio, la tipologia di misure adottabili in relazione agli interessi (oppositivi o pretensivi) sottesi alla domanda principale68, il regime delle impugnazioni delle pronunce cautelari69 e la tutela ante causam70.

La Corte non ha esitato a definire la tutela cautelare una “garanzia costituzionale”71, che si impone nei vari sistemi processuali fino al momento in cui non sia intervenuta la decisione di merito72. Se, come visto, le decisioni di merito della Corte – né in via astratta né in via di prassi – non intervengono in tempi rapidi rispetto al deposito dell’atto introduttivo del giudizio, si deve convenire che la garanzia in questione non può soffrire eccezioni proprio dinanzi all’autorità che, per antonomasia, è deputata a far osservare i principi intangibili dell’ordinamento.

4.1. Segue: … e i possibili adattamenti nei giudizi innanzi alla Corte. – Si

potrebbe obiettare che le situazioni giuridiche sottese alle azioni esperibili davanti al giudice costituzionale abbiano natura diversa rispetto a quelle dei

65 Sentenze 18/1982, 100/1987 e 346/1991. 66 La lunghezza dei tempi di siffatto iter poteva, di fatto, essere in contrasto con le

esigenze di tutela immediata intrinseche della fase cautelare, sul quale punto si vedano, riassuntivamente, le osservazioni di S. MENCHINI, Art. 47, in Il nuovo processo tributario. Commentario, a cura di T. Baglione, S. Menchini, M. Miccinesi, Milano, 2004, 472 ss.; nonché di P. RUSSO, Sospensione dell’esecuzione IV) Sospensione della procedura esecutiva – Dir. trib., in Enciclopedia giuridica Treccani, vol. XXIX, 1993.

67 Sul punto le sentenze della Corte 326/1997 e 359/1998. 68 Nel processo tributario è ammessa la sola sospensione dell’atto impugnato e così era

anche nel processo amministrativo fino alla modifica dell’art. 21, L. 1034/1971, ad opera della L. 205/2000, la quale ha sancito la possibilità per il giudice di emanare le “misure cautelari, compresa l'ingiunzione a pagare una somma, che appaiono, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso”.

69 Ad esempio, nel processo tributario non è ammessa impugnazione avverso l’ordinanza ai sensi dell’art. 47, c. 4, D. Lgs. 546/1992, mentre nel processo amministrativo è consentito l’appello al Consiglio di Stato e nel giudizio civile il reclamo innanzi al Collegio.

70 Non ammessa nel processo tributario e, salvo limitate eccezioni, nel processo amministrativo.

71 In dottrina il concetto di garanzia è stato lucidamente ricostruito quale congegno o meccanismo preordinato alla tutela di un interesse, di cui si avverte la precarietà e l'insicurezza di fronte al pericolo ch'esso sia compromesso da attività o eventi avversi, così S. GALEOTTI, Garanzia. V) Garanzia costituzionale, in Enc. dir., vol. XVIII, 1969, 492.

72 Dal quale momento la relativa tutela è rimessa alla discrezionalità del legislatore, cfr. sentenza 165/2000, nella quale ci si riferisce alla mancata previsione della possibilità di sospendere la sentenza di primo grado sfavorevole al contribuente. Al riguardo si veda M. ESPOSITO, Tutela cautelare e processo tributario, in Giur. cost., 2003, 1483 ss.

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giudizi comuni, sicché non pretenderebbero una tutela cautelare in attesa della definizione del processo.

Questa osservazione, se pure coglie una parte della verità, non può essere condivisa completamente, se non altro perché lo stesso legislatore, con riguardo sia ai conflitti tra enti sia ai giudizi di legittimità in via principale, ha riconosciuto alla Corte il potere cautelare.

La tutela d’urgenza, in effetti, si impone ancor di più nei giudizi costituzionali (con la sola eccezione, forse, dell’accesso in via incidentale), giacché le situazioni giuridiche coinvolte hanno esclusivamente – o, almeno, prevalentemente – natura non patrimoniale: nel caso di loro pregiudizio derivante dalla durata del processo a cognizione piena, esse, dunque, non possono essere riparate adeguatamente a posteriori nella forma della tutela risarcitoria o per equivalente monetario. Ricorrono, quindi, le condizioni per ampliare – e non restringere – la tutela in questione nel giudizio costituzionale.

Nel processo amministrativo, peraltro, l’azione di risarcimento dell’interesse legittimo leso non è stata intesa come rimedio alternativo a quello cautelare, ma aggiuntivo o residuale, a testimonianza della considerevole capacità pervasiva dell’istituto73.

Il parallelo col processo amministrativo ritorna utile anche sotto altro aspetto. E’ stato affermato che la “protezione degli interessi legittimi richiede una tutela cautelare addirittura più efficace di quella dei diritti, in quanto la fonte costitutiva del rapporto è il provvedimento unilaterale e autoritativo dell’amministrazione (non il contratto), di talché il giudice deve essere in grado di intervenire con la massima tempestività per evitare compromissioni definitive di chi già versa in status subjectionis”74. La tutela cautelare costituirebbe un bilanciamento processuale dello squilibrio tra le parti derivante dal diritto sostanziale75.

Potrebbe analogamente dirsi per gli atti che vengono in rilievo nei giudizi costituzionali (specialmente per quelli legislativi) con la deduzione che anche in questi si impone l’intervento sollecito del giudice.

Tale aspetto merita maggiore approfondimento, poiché è difficile immaginare che lo Stato versi in una situazione di soggezione di fronte all’atto (anche legislativo) regionale (e viceversa), o che lo sia un potere dello Stato rispetto ad atto o comportamento di altro potere.

Si innesta, dunque, su questo discorso il tema della possibilità che in astratto la parte resistente abbia, nelle varie forme di giudizio, gli strumenti per poter neutralizzare l’esecuzione dell’atto illegittimo, fino alla declaratoria da parte del giudice costituzionale, con intuibili conseguenze riguardo alla insussistenza dell’interesse a promuovere l’azione cautelare. Ad esempio, la legge statale invasiva delle competenze regionali può essere inapplicata nel

73 Precedentemente alla sentenza 26 marzo - 22 luglio 1999, n. 500 delle Sezioni Unite

civili della Corte di cassazione e ai noti sviluppi legislativi, si era fatto leva sulla irrisarcibilità dell’interesse legittimo per avvalorare l’importanza della tutela cautelare nel processo amministrativo, C. RIBOLZI, Problemi costituzionali e pratici della sospensiva nel processo amministrativo, in Studi in onore di Antonio Amorth, vol. I, Milano, 1982. Non sono mancate, nel passato, decisioni di segno opposto, secondo cui va respinta la domanda cautelare, se il danno ingiusto, eventualmente subito, possa essere facilmente riparato con l’eventuale risarcimento, T.a.r. Lombardia, Brescia, 14 luglio 1998, n.590, in Dir. proc. amm., 1999, 581, con nota di E. M. BARBIERI, Riflessi della tutela risarcitoria sulla tutela cautelare nel processo amministrativo. Si veda anche A. ROMANO TASSONE, Risarcibilità del danno e tutela cautelare amministrativa, in Dir. amm., 2001, 23 ss..

74 D.M. TRAINA, La proposizione del ricorso e la tutela cautelare, in Codice della giustizia amministrativa, a cura di G. Morbidelli, Milano, 2005, 524.

75 A. TRAVI, Art. 21, sez. VI, in Commentario breve alle leggi sulla giustizia amministrativa, a cura di A. Romano, Padova, 2001, 776.

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territorio di una Regione, se questa, con proprio atto (magari legislativo), ne stabilisce l’inefficacia. E’ questo, appunto, il tema delle cosiddette “leggi di reazione”, che farebbero svanire “la necessità di servirsi del processo per ottenere ragione” e, di conseguenza, la ragione di essere della tutela cautelare76.

A tal proposito la Corte ha stabilito che le inevitabili sovrapposizioni fra le leggi statali e regionali possono trovare soluzione mediante il promovimento della questione di legittimità costituzionale, secondo le scelte affidate alla discrezionalità degli organi politici statali e regionali. E’, invece, implicitamente escluso dal sistema costituzionale che il legislatore regionale (così come il legislatore statale rispetto alle leggi regionali), anziché agire in giudizio, ai sensi dell'art. 127 Cost, utilizzi la potestà legislativa allo scopo di rendere inapplicabile nel proprio territorio una legge dello Stato che ritenga costituzionalmente illegittima, se non addirittura solo dannosa o inopportuna. Dunque, né lo Stato, né le Regioni possono pretendere, al di fuori delle procedure previste da disposizioni costituzionali, di risolvere in modo unilaterale gli eventuali conflitti tra i rispettivi atti legislativi77. Non si può, come è stato osservato, “spostare sul piano della schermaglia legislativa questioni che andrebbero invece trattate con gli strumenti pacifici della cooperazione o con le armi del processo costituzionale”78.

In riferimento a tale questione non vanno sottaciuti, per completezza, due casi in cui la Corte rigettava l’istanza di sospensione, proposta in un conflitto di attribuzioni tra enti, per l’insussistenza in quel momento di gravi ragioni: la Regione ricorrente, nelle more del giudizio, aveva disposto la disapplicazione del provvedimento impugnato nell'ambito del proprio territorio, adducendo esplicitamente che l'atto dello Stato si mostrava lesivo delle proprie competenze costituzionalmente assistite79. Nel merito, tuttavia, veniva dichiarato che non spettava alla Regione siciliana la potestà di disapplicare l’atto statale impugnato, in quanto “l'ordinamento costituzionale demanda appunto [alla] Corte di giudicare sui conflitti di attribuzione tra lo Stato e le Regioni (art. 134 Cost.); di dichiarare a chi spettino le attribuzioni in contestazione, e di annullare gli atti viziati da incompetenza (artt. 38 e 41 legge 11 marzo 1953, n. 87); di sospendere per gravi ragioni, in pendenza del giudizio, l'esecuzione degli atti che hanno dato luogo al conflitto (art. 40 stessa legge)”. Nei confronti dell'atto statale ritenuto invasivo della sua competenza, la Regione aveva lo strumento idoneo – di cui, fra l’altro, si era avvalsa – per ottenerne la rimozione80. Il riferimento espresso all’art. 40, L. 87/1953, dovrebbe, dunque, far ritenere illegittimi gli atti intesi a sancire la non applicazione di quelli degli altri enti, anche sul piano della tutela cautelare. Con ogni probabilità, la reiezione dell’istanza cautelare sull’atto statale era

76 G. CHIOVENDA, Istituzioni di diritto processuale civile, I, Napoli, 1935, 147. In questo

quadro non ha ragione di collocarsi l’art. 51, c. 2, dello Statuto sardo (L. cost. 3/1948), secondo il quale: “La Giunta regionale, quando constati che l'applicazione di una legge o di un provvedimento dello Stato in materia economica o finanziaria risulti manifestamente dannosa all'Isola, può chiederne la sospensione al Governo della Repubblica, il quale, constatata la necessità e l'urgenza, può provvedervi, ove occorra, a norma dell'art. 77 della Costituzione”. E’ stato giustamente notato che esso non aggiunge nulla ai poteri di cui dispongono in generale la Giunta e il Governo, A. PACE, Sulla sospensione cautelare dell’esecuzione delle leggi autoapplicative impugnate per incostituzionalità, cit., spec. 525.

77 Mediante proprie disposizioni di legge (cfr., sentenza 198/2004), o, tanto meno, per mezzo di atti amministrativi di indirizzo che dichiarino o presuppongano l'inapplicabilità di un atto legislativo rispettivamente delle Regioni o dello Stato (cfr., sentenza 199/2004).

78 R. BIN, Sulle “leggi di reazione”, in Le Regioni, 2004, spec. 1380. 79 Ordinanze 13/1976 e 115/76. 80 Sentenza 166/1976.

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giustificata anche dal fatto che la domanda di sospensione, proposta dal governo avverso l’atto regionale, veniva abbinata al merito su istanza dell’avvocatura, alla quale aveva aderito la difesa regionale.

Possono essere diverse le conclusioni nell’ipotesi in cui lo Stato (e solo esso, a dimostrazione della posizione asimmetrica che rispetto alla Regione occupa nel sistema in quanto tutore dell’unità giuridica dell’ordinamento81) invochi uno specifico fondamento all’esercizio del potere di inibitoria su atti di enti territoriali. Ad esempio, ai sensi dell’art. 120, c. 2, il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni, nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria, oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e, in particolare, la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali.

Nel quadro dei poteri sostitutivi si colloca, evidentemente, anche quello relativo alle inadempienze circa l’attuazione e l’esecuzione degli atti comunitari, che gode, peraltro, di un autonomo fondamento costituzionale, dal momento che il quinto comma dell’art. 117 affida alla legge statale la disciplina delle modalità di esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato nei confronti delle Regioni e delle Province autonome nelle materie di loro competenza.

Proprio da ultimo, a seguito dell’ordinanza del 19 dicembre 2006 emessa dal Presidente della Corte di giustizia, su ricorso della Commissione delle Comunità europee, il Governo con decreto legge 297/2006 ha sospeso l’applicazione della legge ligure 36/2006 in materia di caccia, perché in contrasto con l’art. 9 della direttiva 79/409/CEE82.

Tale vicenda solleva una molteplicità di tematiche di non poco momento, anche in considerazione del fatto che la legge ligure è stata pure impugnata dal Governo innanzi alla Corte costituzionale. E’ stato, infatti, osservato che la più sollecita presentazione del ricorso, con la produzione di coeva istanza cautelare, avrebbe consentito alla Corte di sospendere la legge in parola, essendo questa soluzione più conforme a quanto previsto dall’ordinamento costituzionale83. Ma, a parte la peculiarità della vicenda, sarebbe coerente ritenere, in generale, che nel nostro sistema il potere del Governo di sostituirsi agli enti territoriali84 sia utilizzabile solo in via

81 Sul tema C. PADULA, L’asimmetria nel giudizio in via principale (La posizione dello Stato

e delle Regioni davanti alla Corte costituzionale), Padova, 2005. 82 Il decreto è stato poi convertito con la legge 15/2007. Nel preambolo del decreto legge

è citato l’art. 10, L. 11/2005 (su tale legge si veda M. CARTABIA – L. VIOLINI, Le norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari. Commento alla legge 4 febbraio 2005, n. 11, in Le Regioni, 2005, 475 ss.), ma nella relazione governativa al disegno della legge di conversione si fa leva sull’art. 120, c. 2, della Costituzione e sull’art. 8, L. 131/2003.

83 G. ARCONZO, Sospensione con decreto legge di leggi regionali: quando i casi di scuola diventano realtà, in www.forumcostituzionale.it.. In argomento R. DICKMANN, Osservazioni sull’esercizio del potere sostitutivo mediante sospensione in via legislativa di leggi regionali, in www.federalismi.it, 7 febbraio 2007.

84 Secondo C. PINELLI, Art. 9, cit., spec. 188, esiste un parallelismo tra l’art. 35, L. 87/1953, e l’art. 120 della Costituzione, perché, come di fronte al rischio di un pregiudizio irreparabile determinato da atti subordinati alle leggi (perchè esclusivamente ad essi sembra riferirsi l’art. 120 Cost.), è dato il rimedio del potere sostitutivo, così di fronte al rischio di un pregiudizio irreparabile determinato, in situazioni affini, da leggi ed atti aventi forza di legge dello stato o da leggi regionali, è dato il rimedio del potere sospensivo, ed è dato dall’organo di chiusura del sistema, l’unico che possa per Costituzione provvedere sul punto.

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sussidiaria rispetto al rimedio giurisdizionale85, a meno che non si voglia aderire alla tesi per la quale, analogamente a quanto avviene in altre esperienze, rientra nella discrezionalità dello Stato avvalersi del potere sostitutivo oppure ricorrere all’organo di giustizia costituzionale, invocandone il potere di sospensione86. In ogni caso la necessità di ottenere dalla Corte provvedimenti provvisori potrebbe restare immutata, con la differenza che, in tal caso, a doverli richiedere è l’ente che ha subito l’esercizio del potere sostitutivo.

5. Vincoli comunitari e poteri cautelari del giudice costituzionale. – Anche

dall’ordinamento comunitario pervengono spinte verso la più ampia affermazione della tutela cautelare negli ordinamenti nazionali.

E’ ormai pacifico che, quando una legge o un atto amministrativo nazionale neghi un diritto riconosciuto dalla normativa comunitaria, l’ effettiva tutela di questo implica per il giudice nazionale il potere di disapplicare la norma interna che gli impedisca di pronunciare provvedimenti provvisori, assicurando in tal modo la piena efficacia della pronuncia giurisdizionale definitiva87.

Si è anche assistito a casi in cui le norme comunitarie possono stabilire forme attuative proprie, derogando al riparto delle competenze tra Stato e Regioni fissato in Costituzione88.

Orbene, se fosse possibile – sia pure con le dovute cautele – rintracciare qualche punto di contatto tra le situazioni giuridiche dei singoli e le competenze degli enti, ne deriverebbe che, in caso di assunta lesione di queste, aventi fondamento comunitario, la Regione avrebbe una pretesa qualificata ad ottenere dal giudice costituzionale adeguata cautela, anche a prescindere da una norma interna che permetta ciò.

L’osservazione potrebbe apparire superflua, dal momento che alla Corte è affidato il potere cautelare sia nei conflitti intersoggettivi sia, ora, nei giudizi di legittimità costituzionale proposti in via principale. Ma conserva, al di là del suo rilievo teorico, un’importanza pratica in relazione al quadro normativo preesistente all’entrata in vigore della legge 131 del 2003 e ai conflitti tra poteri dello Stato.

Se le premesse da cui si muove sono esatte, le conclusioni alle quali si può pervenire sono di grande interesse.

Infatti, se il potere cautelare deriva (comunque) alla Corte dalla necessità di tutelare le competenze definite da norme comunitarie con le quali risultano in contrasto atti legislativi o amministrativi nazionali, a maggior ragione la tutela d’urgenza si impone quando si tratta di offrire adeguata

85 Come, ad esempio, nel caso in cui siano decorsi i termini per l’impugnativa principale

avverso la legge regionale. 86 A. GRAGNANI, La cognizione cautelare nel processo costituzionale: l’esperienza del

Tribunale costituzionale federale tedesco, in Rivista di Diritto costituzionale, 2005, spec. 186. 87 Corte di giustizia delle Comunità europee, sentenza 19 giugno 1990 (causa C

213/1989), Factortame. Al riguardo si veda M. P. CHITI, L’effettività della tutela giurisdizionale tra riforme nazionali e influenza del diritto comunitario, in Dir. proc. amm., 1998, 499; E.M. BARBIERI, Diritto comunitario ed istituti generali del diritto amministrativo nazionale, in Riv. trim. dir. pub. com., 1994, spec. 17 ss.

88 Fermo il rispetto dei principi costituzionali fondamentali. Si vedano le sentenze della Corte 399/1987 e 126/1996. In dottrina V. ONIDA – M. CARTABIA, Le Regioni e la Comunità europea, in Trattato di diritto amministrativo europeo, a cura di M. P. Chiti e G. Greco, 1997, spec. 606 ss.; più di recente B. DE MARIA, La legge europea, in Il trattato costituzionale nel processo di integrazione europea, a cura di M. Scudiero, vol I, Napoli, 2005, 567 ss.

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protezione a quelle competenze fondate su previsioni costituzionali89, che possono, in qualche caso, legarsi a principi portanti dell’ordinamento. In caso contrario, ne discenderebbe la violazione del principio d’eguaglianza, poiché per le pretese (in termini di competenza) che fondino su norme comunitarie – ma siano misconosciute da norme primarie interne – sarebbe garantito un trattamento di maggior favore rispetto all’ipotesi in cui le competenze abbiano fondamento, anche indiretto, in principi costituzionali supremi.

Anche procedendo ad una comparazione con altri ordinamenti, ci si avvede che, sovente, agli organi di giustizia costituzionale sono affidati poteri cautelari rispetto agli atti che innanzi ad essi sono impugnati, ivi inclusi quelli formalmente legislativi90.

Non solo, ma è dato rilevare che in alcune esperienze – ad esempio per lo Staatsgerichtshof, istituito nel 1919 con la Costituzione di Weimar – i poteri cautelari sono stati rivendicati come impliciti, logicamente connessi per l’esercizio delle funzioni espressamente previste, al fine di assicurare gli effetti delle decisioni di merito91. D’altronde lo stesso Chiovenda era dell’avviso che doveva ritenersi implicitamente esistente la figura generale del provvedimento provvisorio cautelare92.

6. Gli aspetti critici del provvedimento cautelare. – Si è tentato di

dimostrare finora che, in linea di principio, la tutela d’urgenza si impone anche nel processo costituzionale.

Ciò posto, meritano considerazione alcuni inconvenienti che possono discendere dall’emanazione di provvedimenti provvisori. Ad esempio l’esercizio (o il mancato esercizio) del potere cautelare può immettere la Corte nel fuoco delle polemiche, ravvicinando la decisione (sebbene provvisoria) al tempo delle scelte politiche, analogamente a quanto avviene con il giudizio di ammissibilità del referendum abrogativo93.

In dottrina il profilo problematico, in verità, è stato evidenziato da tempo. Rilevava, infatti, Carl Schmitt che “la logica interna di ogni tipo di giurisdizione pensata a cose fatte conduce inevitabilmente a che la giusta decisione giudiziaria giunga soltanto post eventum. Si cerca di correggere questo svantaggio con ‘decisioni provvisorie del tribunale’, cosicché il giudice viene a trovarsi nella situazione di dover prendere misure politiche o di doverle impedire e diventare politicamente attivo in un modo che lo rende un potente fattore della politica statale interna ed eventualmente anche di quella

89 Anche quindi nell’ambito dei conflitti tra poteri. 90 Per tutti il lavoro di A. PREDIERI, Appunti sui provvedimenti cautelari nella giustizia

costituzionale, in G. MARANINI (a cura di), La giustizia costituzionale, Firenze, 1966, 173 ss. 91 A. GRAGNANI, La cognizione cautelare nel processo costituzionale: l’esperienza del

Tribunale costituzionale federale tedesco, cit., spec. 172. Esprime perplessità sul punto S. BARTOLE, Considerazioni sul funzionamento della Corte costituzionale, in Regioni e Corte costituzionale (L’esperienza degli ultimi quindici anni), cit., 80-81, secondo cui “è verità tutta da provare che ci sia stretta e vincolata implicanza” fra il potere di sospensione e il potere del sindacato di costituzionalità.

92 G. CHIOVENDA, Istituzioni di diritto processuale civile, I, Napoli, 1935, 256. Di diverso parere P. CALAMANDREI, Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari, cit., 50, secondo il quale i provvedimenti cautelari debbono considerarsi eccezionali, per cui le norme che li disciplinano sono comunemente ritenute strictae interpretationis.

93 Su questo profilo S. STAIANO, Corte costituzionale e trasformazione del sistema politico, in AA.VV., Diritti di libertà e diritti sociali tra giudice costituzionale e giudice comune, Napoli, 1999, 281 ss.; sui pericoli insiti nella rapidità delle decisioni della Corte E. CHELI, Il giudice delle leggi, Bologna, 1996, 40. Sulle vicende in generale del referendum abrogativo M. LUCIANI, Art. 75. La formazione delle leggi. Tomo I,2. Referendum abrogativo, in Commentario della Costituzione, fondato da G. Branca e continuato da a A. Pizzorusso, Bologna-Roma, 2005.

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estera”94. Non appare, però, inevitabile – come invece lo era per l’Autore – che la giurisdizione, finché rimanga giurisdizione, giunga politicamente troppo tardi, tanto più tardi quanto più il processo si svolge in modo preciso e accurato, in modo conforme allo Stato di diritto. Se la legalità costituzionale deve essere preservata, è ineluttabile che anche il potere cautelare, di cui costituisce uno strumento, sia affidato all’organo di giustizia costituzionale, affinché venga esercitato tempestivamente.

Sotto altro aspetto, non v’è dubbio alcuno che la tutela cautelare è insidiosa: essa offre una protezione al soggetto che la invoca, fondata non sulla cognizione piena ma sulla probabilità (specie se il provvedimento è reso – come deve essere – sulla base anche del fumus e non del solo periculum). Il provvedimento cautelare può, pertanto, essere ribaltato dalla decisione definitiva del giudizio, con l’effetto che la misura cautelare resa si riveli un danno ingiusto per chi sarà poi risultato vittorioso nel merito95.

Un’evenienza del genere è ancora più allarmante nei giudizi innanzi alla Corte, giacché la concessione della misura cautelare, che non abbia seguito nel merito, alimenterebbe in una data materia l’instabilità del quadro ordinamentale di cui soffrirebbe una platea indeterminata di soggetti (normalmente delimitata, invece, negli altri giudizi, specie quello civile).

Vero è che l’incertezza normativa è un elemento connotativo (praticamente insopprimibile) che affligge l’ordinamento policentrico96: ma, rispetto ad esso, è bene che l’attività della Corte, per la posizione ad essa assegnata nel sistema, si riveli come un fattore di mitigazione piuttosto che di esasperazione.

La prassi segnala il dato univoco per cui l’accoglimento dell’istanza cautelare è stato sempre seguito dall’accoglimento del ricorso nel merito97, salve le pronunce di rito con le quali è stata dichiarata la cessazione della materia del contendere98 o l’estinzione del processo99.

All’opposto, la reiezione dell’istanza cautelare non prelude al rigetto del ricorso (anche – se come logico – può accadere100), giacché molte volte essa scaturisce dall’insussistenza di gravi ragioni101. Parimenti la rinuncia alla

94 C. SCHMITT, Der Hüter der Verfassung, 1931, trad. it. Il custode della costituzione, a

cura di A. Caracciolo, Milano, 1981, 55. 95 A. PROTO PISANI, Procedimenti cautelari, in Enc. giuridica Treccani, vol. XXIV, 1991, 11. 96 Tra i tanti, F. PIZZETTI, Le nuove esigenze di governance in un sistema policentrico

‘esploso’, in Le Regioni, 2001, 1153 ss.; oppure, sia consentito rinviare al più recente A. VUOLO, La semplificazione nell’ordinamento policentrico, in Le funzioni amministrative nel sistema delle autonomie locali, a cura di S. Staiano, Napoli, 2006, 77 ss., nonché in www. federalismi.it, 1/2007.

97 Ord. 21/1960 – Sent. 43/1960 (ricorso statale); Ord. 74/1965 – Sent. 21/1966 (ricorso statale); Ord. 71/1968 – Sent. 105/1968 (ricorso statale); Ord. 82/1968 – Sent. 128/1968 (ricorso statale); Ord. 1/1972 – Sent. 66/1972 (ricorso statale); Ord. 50/1977 – Sent. 157/1988 (ricorso statale); Ord. 83/1978 – Sent. 473/1988 (ricorso regionale); Ord. 94/1980 – Sent. 183/1981 (ricorso regionale); Ord. 115/1981 – Sent. 191/1987 (ricorso regionale); Ord. 305/1986 – Sent. 798/1988 (ricorso provinciale); Ord. 1040/1988 – Sent. 256/1989 (ricorso statale); Ord. 41/2001 – Sent. 103/2002 (ricorso regionale).

98 Ord. 74/1967 – Sent. 117/1967 (ricorso statale). 99 Ord. 114/1969 – Ord. 144/1969 (ricorso statale). 100 Ord. 21/1960 – Sent. 43/1960 (ricorso regionale); Ord. 113/1969 – Sent. 150/1969

(ricorso statale); Ord. 13/1976 – Sent. 166/1976 (ricorso statale); Ord. 168/1981 – Sent. 730/1988 (ricorso statale).

101 Si è avuto l’accoglimento dopo la reiezione dell’istanza cautelare nelle seguenti occasioni: Ord. 80/1975 – Sent. 206/1975 (ricorso regionale); Ord. 122/1975 – Sent. 247/1976 (ricorso statale); Ord. 136/1979 – Sent. 100/1980 (ricorso regionale); Ord. 119/1983 – Ord. 759/1988 (ricorso regionale); Ord. 121/1983 – Sent. 21/1985 (ricorso regionale); Ord. 125/1983 – Sent. 39/1984 (ricorso regionale); Ord. 195/2004 – Sent. 233/2004 (ricorso regionale); Ord. 545/2002 – Sent. 129/2004 (ricorso regionale).

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istanza di sospensione, che determina il non luogo a provvedere (se definitiva) o il rinvio all’udienza di merito (se limitata ad una pronuncia immediata a seguito della camera di consiglio), non vieta, come ovvio, l’esame del merito della questione con esiti variabili (a volte di rigetto102 ed altre di accoglimento103).

Ora, se è vero che “i provvedimenti cautelari mirano, innanzitutto, a far presto, lasciando che il problema del bene e del male, cioè della giustizia intrinseca del provvedimento, sia risolto successivamente colla necessaria ponderatezza nelle riposate forme del processo ordinario”104, è altrettanto vero che la Corte ha finora dimostrato di saper fare soprattutto bene ma di non voler fare tanto presto.

7. La tutela cautelare nei conflitti di attribuzione: a) tra soggetti. – Nel

chiedersi se la tutela cautelare si sia affermata in ciascun ambito di giudizio innanzi alla Corte costituzionale, è naturale prendere le mosse dal conflitto di attribuzioni tra enti, poiché questa è stata la sola forma di giudizio a godere, sin dall’inizio dell’esperienza della giustizia costituzionale, di previsioni espresse in tema di potere cautelare.

L’art. 40, L. 87/1953, ha stabilito infatti che l'esecuzione degli atti che hanno dato luogo al conflitto di attribuzione fra Stato e Regione, ovvero fra Regioni, può essere, in pendenza del giudizio, sospesa dalla Corte per gravi ragioni con ordinanza motivata105.

La decisione cautelare tende ad impedire che la pronuncia definitiva possa risultare tardiva e, perciò, non idonea a ripristinare quello che è stato definito l’ordine costituzionale delle competenze106.

Si è sostenuto in passato che la sospensiva nei conflitti intersoggettivi fosse stata prevista in quanto coerente con la natura non legislativa degli atti impugnati107. Più specificamente, la funzione in questione era definita, come si

I casi decisi poi nel merito con pronunce di inammissibilità sono i seguenti: Ord.

253/1974 – Sent. 289/1974 (ricorso regionale); Ord. 50/1977 – Sent. 157/1988 (ricorso provinciale); Ord. 118/1983 – Sent. 215/1988 (ricorso regionale); Ord. 241/1986 – Sent. 1001/1988 (ricorso regionale); Ord. 12/1991 – Sent. 148/1991 (ricorso regionale).

Quelli di cessata materai del contendere: Ord. 36/1979 – Ord. 332/1982 (ricorso regionale); Ord. 122/1983 – Sent. 2/1988 (ricorso regionale); Ord. 487/1987 – Sent. 307/1988 (ricorso regionale).

Quelli di estinzione del processo: Ord. 70/1966 – Sent. 101/1966 (ricorso statale); Ord. 115/1976 – Sent. 4/1978 (ricorso regionale); Ord. 123/1983 – Ord. 296/1987 (ricorso regionale).

102 Ord. 120/1983 – Sent. 298/1986 (ricorso regionale); Ord. 124/1983 – Sent. 743/1988 (ricorso regionale); Ord. 141/1983 – Sent. 417/1988 (ricorso regionale).

103 Ord. 223/1986 – Sent. 201/1987 (ricorso regionale e provinciale); Ord. 224/1986 – Sent. 201/1987 (ricorso regionale e provinciale); Ord. 225/1986 – Sent. 201/1987 (ricorso regionale e provinciale); Ord. 116/2004 – Sent. 196/2004 (ricorso regionale su decreto legge e legge di conversione); Ord. 117/2004 – Sent. 198/2004 (ricorso statale sulla legge); Ord. 118/2004 – Sent. 198/2004 (ricorso statale sulla legge); Ord. 119/2004 – Sent. 198/2004 (ricorso statale sulla legge).

I casi di estinzione del processo sono i seguenti: Ord. 230/1993 – Ord. 287/1993 (ricorso regionale); Ord. 101/2001 – Ord. 403/2001 (ricorso statale).

104 P. CALAMANDREI, Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari, cit., 20.

105 L’art. 28 delle norme integrative ha poi aggiunto che: la sospensione dell'esecuzione degli atti può essere richiesta in qualsiasi momento; la Corte provvede in camera di consiglio con ordinanza motivata, uditi i rappresentanti delle parti e previe le indagini che ritenga opportune; le parti possono presentare documenti e memorie; l'istanza può essere presentata anche all'udienza di discussione.

106 V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale. II) L’ordinamento costituzionale italiano. Le fonti normative. La Corte costituzionale, Padova, 1984, 440.

107 A. RUGGERI – A. SPADARO, Lineamenti di giustizia costituzionale, Torino, 2001, 377.

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è accennato, un “notevolissimo potere concesso alla Corte e che mette in luce gli aspetti propri della giustizia amministrativa indubbiamente presenti nell’istituto del conflitto fra Stato e regioni e tra regioni”108.

Il punto merita qualche precisazione. Questa affermazione va in primo luogo inquadrata nel contesto

normativo dell’epoca, lì dove non era previsto identico potere del giudice costituzionale nei giudizi in via principale.

Dall’esperienza si ricava, però, il dato di sospensioni disposte dalla Corte su atti non propriamente amministrativi, come, ad esempio, le decisioni dell’autorità giudiziaria109. Il giudice costituzionale ha avuto modo di affermare che “la natura dell'atto, che si affermi invasivo dell'altrui competenza costituzionale, non ha mai assunto … rilievo determinante ai fini della ammissibilità di conflitti tra Stato e Regioni. Atti idonei a provocarne l'insorgere sono stati, infatti, ritenuti così concreti provvedimenti amministrativi, come regolamenti ed altri atti generali; così atti di controllo, come pronunce giurisdizionali od atti connessi con l'esercizio della funzione giurisdizionale” ed anche atti connessi all’esercizio della funzione legislativa, quale la promulgazione della legge regionale110.

Il conflitto tra enti, in realtà, può avere ad oggetto atti che possono essere dotati di implicazioni politiche superiori alla stessa legge statale o regionale, come, ad esempio, il decreto presidenziale di scioglimento degli organi regionali111.

La normativa che regola questo giudizio è, comunque, della massima importanza, giacché l’art. 28 delle Norme integrative, nello stabilire che l’istanza di sospensione può essere presentata anche in udienza, è sintomatico di come la Corte stessa avverta la necessità di offrire in qualsiasi momento il provvedimento cautelare più idoneo a proteggere la situazione pregiudicata, anche quando sia prossima la decisione di merito112.

7.1. Segue: b) tra poteri dello Stato. – Nei conflitti di attribuzione tra

poteri dello Stato, come è noto, non vi è una corrispondente previsione circa il potere cautelare della Corte. E’ stato affermato in dottrina che “il legislatore non ha ritenuto consentaneo alla natura dei poteri dello Stato di assoggettare i loro atti alla potestà sospensiva della Corte”113, a dimostrazione dell’atteggiamento critico che circondava il tema della tutela d’urgenza nel processo costituzionale. E’ stato pure notato che la notevole incisività del potere di sospensione su atti e comportamenti degli organi supremi dello Stato richiederebbe una specifica disposizione legislativa114.

Vero è che altra parte della dottrina è stata di diverso avviso. Il Predieri ha ritenuto che il potere cautelare nei conflitti interorganici possa essere

108 G. GROTTANELLI DE’ SANTI, I conflitti di attribuzione tra lo Stato e le Regioni e tra le

Regioni, cit., 152. Così anche più recentemente A. PISANESCHI, Brevi note sulla “sospensiva” nel confitto tra Stato e Regione, in Giur. cost., 1991, 72.

109 Il riferimento è, come noto, alla ordinanza 94/1980. 110 Sentenza 40/1977. 111 Sull’impugnabilità di questi atti si veda M. SCUDIERO, Scioglimento del Consiglio

regionale, in Enc. giuridica Treccani, vol. XXVIII, 1992. 112 In tal caso la pronuncia cautelare dovrà sempre precedere quella di merito, perché,

come è stato notato, l’incidentalità del processo cautelare è temporale e non logica, G. PALEOLOGO, Sospensione dell’esecuzione II) Sospensione dell’esecuzione dell’atto amministrativo e altre misure cautelari, in Enciclopedia giuridica Treccani, vol XXIX, 1993, 2.

113 Corsivo non testuale, M. MAZZIOTTI DI CELSO, I conflitti di attribuzione fra i poteri dello Stato, vol. II, Milano, 1972, 165.

114 F. SORRENTINO, Garanzie costituzionali. Art. 137, in Commentario della Costituzione, a cura di Branca, Bologna-Roma, 1981, 493.

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esercitato dalla Corte perché desumibile da norme di principio, non opponendosi nemmeno l’ostacolo, presente nei giudizi di legittimità, della riserva di legge costituzionale di cui all’art. 137, c. 1, della Carta115. Il richiamo all’effettività della tutela è stato utilizzato anche per sostenere l’applicazione analogica dell’art. 40, L. 87/1953, che è preordinato a che l’esecuzione dell’atto non finisca con l’eludere il giudizio della Corte: “il principio dell’effettività della garanzia costituzionale, pregiudicata dai tempi ordinari di svolgimento del giudizio, autorizzerebbe la Corte a ragionare piuttosto per analogia che a contrariis, in presenza di un pericolo di danno grave e irreparabile all’ordine costituzionale delle competenze”116. Appare, invece, più complicata la praticabilità del rinvio al regolamento di procedura innanzi al Consiglio di Stato, dal momento che la struttura del giudizio (e in particolare la preliminare valutazione dell’ammissibilità del ricorso in camera di consiglio anche in assenza di contraddittorio) non è del tutto sovrapponibile al giudizio amministrativo ordinario. Si è finanche ipotizzata la possibilità di una sentenza additiva della Corte che dichiari l’illegittimità della L. 87/1953 nella parte in cui non prevede la tutela cautelare nei conflitti interorganici, soluzione che, peraltro, avrebbe il pregio di positivizzare l’istituto117.

Si può ritenere che la tutela cautelare nel caso in questione si impone senza alcun dubbio, perché l’effettività della tutela, discendendo da un principio supremo dell’ordinamento (24 cost.), non può essere messa in discussione118. Anzi, proprio nel conflitto tra poteri l’ipotetica assenza di idonee misure cautelari potrebbe risultare, a volte, fatale ai fini dell’esigenza di tutela effettiva della competenza che si assume lesa119, essendo il giudizio strutturato in maniera molto più elaborata rispetto agli altri, se solo si considera la preliminare fase dell’ammissibilità del ricorso120. La validità di tali considerazioni permane anche nei casi in cui la Corte fissi, come pure è accaduto, la camera di consiglio il giorno successivo al deposito del ricorso e

115 A. PREDIERI, Appunti sui provvedimenti cautelari nella giustizia costituzionale, in La

giustizia costituzionale, a cura di G. Maranini, Firenze, 1966, 204. 116 Così G. ZAGREBELSKY, Processo costituzionale, in Enciclopedia del diritto, vol. XXXVI,

1987. 117 I. LOLLI, La sospensione cautelare degli atti impugnati nei conflitti fra poteri: ancora

un’occasione mancata della Corte costituzionale, in Giur. cost., 1997, spec. 1744. Ma si può osservare, tuttavia, che la proposizione di un incidente di legittimità costituzionale (con ogni probabilità in sede di ammissibilità e, dunque, senza le garanzie del contraddittorio e, verosimilmente, di un giudizio) andrebbe incontro all’inconveniente di privare di tutela cautelare immediata il ricorrente di quel conflitto, a meno che non si ritenga ammissibile una tutela interinale (sulla scorta di quanto avviene nel giudizio amministrativo a quo). In tal caso, si farebbe esercizio di un potere che la legislazione vigente non prevede, per stessa ammissione della Corte, che avverte la necessità di sollevare l’incidente di costituzionalità.

118 Esprime con nettezza il suo favor alla misura cautelare in relazione al principio di effettività della tutela giurisdizionale A. CERRI, Corso di giustizia costituzionale, cit., 388.

119 Diversa la prospettiva di chi ritiene che la Corte abbia gli strumenti per poter venire incontro ad esigenze di celerità incidendo sui tempi del proprio giudizio, con l’abbreviazione dei tempi delle notifiche, l’opportuna predisposizione del proprio ruolo e la data delle udienze. Sul punto E. MALFATTI, Il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, in Aggiornamenti in tema di processo costituzionale (1996 – 1998), a cura di R. Romboli, Torino, 1999, 429; nonché E. MALFATTI – R. TARCHI, Il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, in Aggiornamenti in tema di processo costituzionale (1993 – 1995), a cura di R. Romboli, Torino, 1996, 410 – 411. Di diverso avviso I. LOLLI, La sospensione cautelare degli atti impugnati nei conflitti fra poteri: ancora un’occasione mancata della Corte costituzionale, cit., spec. 1746, secondo la quale la indubbia rapidità con la quale la Corte – se vuole, ben si intende – può definire il giudizio non sgombra il campo dal dubbio se effettivamente la tutela approntata sia immediata ed efficace.

120 E a tacere del fatto che la Corte non è sempre padrona dei tempi delle decisioni, come nel caso di esercizio di poteri istruttori, sul quale punto richiama l’attenzione I. LOLLI, La sospensione cautelare degli atti impugnati nei conflitti fra poteri: ancora un’occasione mancata della Corte costituzionale, cit., spec. 1742.

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nello stesso giorno depositi l’ordinanza di ammissibilità121, giacché comunque occorre attendere la comunicazione dell’esito di quest’ultima, la notificazione del ricorso, il suo successivo deposito e la fissazione dell’udienza pubblica. E’ stato affermato che “nei conflitti ‘a tempi brevi’ … l’interesse dei ricorrenti si risolve nella domanda cautelare, dato che neppure una discussione del merito fissata tempestivamente potrebbe garantire una tutela efficace”122.

La Corte è, quindi, chiamata a colmare l’apparente vuoto normativo. La soluzione obbligata è già nel sistema, giacché la Corte potrebbe

riferirsi all’art. 40, L. 87/1953, adeguando lo strumentario predisposto dalla norma nell’ipotesi in cui il ricorso abbia ad oggetto il comportamento omissivo di altro potere: la natura pretensiva dell’interesse azionato renderebbe inadeguata una risposta del giudice in termini di mera sospensione123. Non sembrano esserci ostacoli ad una lettura di questo tipo, anche perché è ben nota l’elasticità degli istituti nel processo costituzionale, che si è manifestata particolarmente accentuata proprio nei conflitti di attribuzione124.

Se poi si considera che proprio le vicende della tutela cautelare, in qualsiasi settore giudiziario, si caratterizzano da sempre – per usare le parole dell’Andrioli125 – per “il mirabile lavorio da taluni definibile pretorio” delle autorità giurisdizionali con il quale sono state integrate regole positive incomplete o deficienti, pare logico concludere che nessun ostacolo si frapponga alla ricostruzione proposta.

In conclusione, ciò che resta più significativo è il fatto che, in questo ambito di giudizio, l’esercizio del potere cautelare è stato più volte richiesto al giudice costituzionale, che, quando non ha ritenuto l’istanza cautelare assorbita nella pronuncia di inammissibilità del ricorso126, si è pronunciato, in più di un’occasione, sulla domanda rigettandola127. In sede di merito è stata

121 Si vedano le considerazioni di M. CECCHETTI, Problemi dell’accesso al giudizio sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, in Prospettive dell'accesso alla giustizia costituzionale (Atti del seminario di Firenze svoltosi il 28-29 maggio 1999)", a cura di A. Anzon - P. Caretti - S. Grassi, Torino 2000, spec. 374 – 375.

122 B. RANDAZZO, Il rigetto dell’istanza cautelare in un conflitto tra poteri, in Giur. cost., 2000, 1335; E. MALFATTI, Il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, in Aggiornamenti in tema di processo costituzionale (1999 – 2001), a cura di R. Romboli, Torino, 2002, 212 – 213. Invece, S. GRASSI, Conflitti costituzionali, in Digesto delle discipline pubblicistiche, vol. III, 1989, 385, ritiene che la tutela cautelare non sarebbe necessaria, in quanto la notifica del ricorso, che segue il giudizio di ammissibilità, farebbe scattare per l’organo controinteressato l’obbligo di non dar seguito all’esercizio della competenza oggetto della contestazione.

123 Secondo A. CERRI, Corso di giustizia costituzionale, cit., tuttavia, con l’ordinanza 121/1983 la Corte mostra difficoltà a superare i limiti di una misura puramente negativa, mentre per B. RANDAZZO, Il rigetto dell’istanza cautelare in un conflitto tra poteri, cit., 1335, l’ord. 137/2000 lascerebbe spiragli aperti.

124 R. BIN, L’ultima fortezza (Teoria della Costituzione e conflitti di attribuzione), Milano, 1996, 157 e 160, secondo cui nei conflitti tra poteri si registra la presenza “di poche regole derogabili da parte dell’organo decidente perché subordinate all’interesse affidato alla sua cura”, sicché ciò ostacola il formarsi di un diritto processuale costituzionale. In realtà l’elasticità degli istituti è propria della giustizia costituzionale complessivamente intesa, sul punto V. COCOZZA, I profili processuali, cit., spec. 494 ss.

125 V. ANDRIOLI, Su la sospensione del provvedimento impugnato, disposta dal giudice amministrativo, in Riv. dir. proc. civ., 1942, II, 29 ss.; sulla possibilità di estendere le forme di tutela nei conflitti di attribuzione M. MASSA, I poteri cautelari nei conflitti di attribuzioni, in Quaderni costituzionali, 2002, spec. 262 ss.

126 Ord. 384/2004. 127 Oltre alla ordinanza 171/1997, citata alla nota precedente, può ricordarsi

l’ordinanza 137/2000 di cui si riporta la motivazione: “infine, restando impregiudicata la questione in ordine all'ammissibilità della sospensione dell'atto impugnato nel giudizio sui conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato (ordinanza n. 171 del 1997), non sussistono i presupposti per l'accoglimento della domanda cautelare, in quanto non v'è luogo a disporre una misura sospensiva inerente ad una deliberazione che, in ogni caso, realizza già, a detta degli stessi ricorrenti, "una minuziosa e dettagliata disciplina degli aspetti relativi alla comunicazione

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poi giustificata l’utilità della pronuncia definitiva, perché l'interesse del ricorrente è quello di ottenere la decisione sulla spettanza delle attribuzioni in contestazione, che rappresenta l'oggetto principale del giudizio128.

Quindi, il potere cautelare, pur definito, in qualche caso, extra ordinem129, non è stato mai dichiarato non “consentaneo” al ruolo della Corte. Questo atteggiamento potrebbe avere delle profonde implicazioni, ad avviso di chi scrive, se lo si raccorda con analoghe posizioni assunte dalla Corte in altri ambiti di giudizio e, in particolare, in quello di legittimità in via principale prima della riforma del Titolo V.

8. La tutela cautelare nei giudizi sulle leggi: a) in via principale. – La legge

131 del 2003, nel modificare l’art. 35, L. 87/1953, ha introdotto il rimedio della sospensione della legge impugnata anche nel giudizio di legittimità costituzionale in via principale.

Prima, però, di esaminare la normativa vigente, è opportuno svolgere qualche considerazione su quella precedente.

Nessuna esigenza cautelare poteva affiorare in occasione dell’impugnativa statale della delibera legislativa regionale (con la sola eccezione delle leggi siciliane promulgate in pendenza di giudizio), dato che questa, non avendo ancora perfezionato il proprio iter, era priva di efficacia; non altrettanto poteva essere per l’impugnativa regionale di leggi statali130. L’asimmetria tra Stato e regioni si sarebbe potuta affievolire, se solo la Corte avesse esercitato il potere cautelare sulle leggi impugnate dotate di efficacia. Una tale eventualità non avrebbe messo in discussione la posizione di sovranità interna dello Stato, poiché la sospensione sarebbe conseguita “pur sempre ad una pronuncia del giudice delle leggi, il quale, così come ha il potere di paralizzare definitivamente l’efficacia delle leggi incostituzionali, allo stesso modo, e allo stesso titolo, potrebbe sospenderle in attesa di giudizio” 131. D’altronde sarebbe stato anomalo che, con riguardo alla lesione della propria

politica", soltanto al dichiarato scopo di determinare nei confronti della Commissione parlamentare uno "stimolo a provvedere" in ordine all'ampliamento degli spazi della "comunicazione istituzionale”. Per A. GRAGNANI, I conflitti di attribuzione tra poteri: la tutela cautelare, in A. PIZZORUSSO – R. ROMBOLI, Le norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale dopo quasi mezzo secolo di applicazione, Torino, 2002, spec. 155, potrebbe trattarsi semplicemente della soluzione più conveniente al principio di economia processuale.

128 Sentenza 49/1998, punto 3 del considerato in diritto. Ma è evidente che la ragione della cautela si impone: altrimenti, la parte che ha ragione non potrà “ottenere per quanto possibile praticamente tutto quello e proprio quello che … ha diritto di conseguire a livello di diritto sostanziale”, per mutuare le parole di A. PROTO PISANI, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 2006, 591.

129 Ordinanza 171/1997, relativa alla mancata previsione, nel regolamento approvato dalla commissione di vigilanza, della partecipazione del comitato promotore del referendum ad alcune trasmissioni, per cui vi era somma urgenza nel provvedere, tant’è che nel ricorso era evidenziato il serio rischio della vanificazione della garanzia della tutela in sede di conflitto tra poteri. Nell’occasione il ricorso era depositato il 24.5.97, la camera di consiglio si teneva il 2.6.1997, l’ordinanza di ammissibilità del conflitto ma anche di rigetto dell’istanza cautelare era del 5.6.1997. L’istanza era rigettata con la seguente motivazione: “quanto alla richiesta di provvedimento cautelare avanzata dai ricorrenti impregiudicata ogni valutazione in ordine alla configurabilità, nel giudizio sui conflitti tra poteri dello Stato, dell'istituto della sospensione dell'atto impugnato non v'è ragione di far luogo alla sollecitata misura extra ordinem nei confronti di un atto che prevede eguale ripartizione del tempo tra le opposte indicazioni di voto, nel contesto di una programmazione che assicura la complessiva presenza dei comitati promotori durante tutto l'arco delle previste trasmissioni”.

130 E analogamente per il ricorso di una Regione avverso altra legge regionale. Ma è da ricordare la modestia del dato quantitativo per questo tipo di impugnativa.

131 V. ONIDA, I giudizi sulle leggi nei rapporti tra Stato e Regione. Profili processuali, in Strumenti e tecniche di giudizio della Corte costituzionale (Atti del convegno, Trieste 26-28 maggio 1986), Milano, 1988, 196 – 197.

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competenza, la Regione avesse potuto chiedere la sospensione dei soli atti non legislativi, considerato il confine estremamente labile fra questi e quelli legislativi, che, talvolta, assumono carattere provvedimentale.

Preme evidenziare che, in ripetute occasioni, le regioni ricorrenti hanno proposto l’atto introduttivo corredato dall’istanza cautelare. E, cosa assai significativa, il giudice delle leggi, pur dando conto della proposizione della domanda di sospensione nelle decisioni di merito, non ha mai affrontato gli aspetti concernenti l’ammissibilità dell’istanza132. E’ indicativo il fatto che la Corte non abbia mai voluto ex professo spogliarsi del potere cautelare (anche lì dove avrebbe avuto gioco facile nel liquidare la questione in assenza di espresse previsioni) a testimonianza – se così si può dire – del convincimento recondito (e costante negli svariati decenni di attività) dell’utilità di siffatto potere in presenza di eventuali atti gravemente lesivi dell’ordine costituzionale133.

L’affinità tra conflitto intersoggettivo e giudizio in via d‘azione134 avrebbe potuto giustificare anche in questa sede il ricorso per analogia all’art. 40, L. 87/1953, ma è stata contestata da alcuni per la prossimità strutturale con i conflitti tra enti dei soli conflitti tra poteri135.

Si è, pure, ipotizzato il promovimento di un incidente di legittimità costituzionale136, o, anche, la risoluzione della lacuna mediante il ricorso alle

132 Si vedano ad esempio le ordinanze 507/1993 e 508/1993, in cui l’istanza di

sospensione è assorbita nella pronuncia di inammissibilità del ricorso proposto avverso un decreto legge non convertito in legge. In dottrina, tra gli altri, G. FALZONE, L’inibitoria giudiziale dell’operatività degli atti giuridici, Milano, 1967, 14, aveva ritenuto applicabile il noto aforisma ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit, sicché la mancata previsione della sospensiva nel giudizio sulle leggi, a differenza di quanto previsto nei conflitti tra enti, significava che alla Corte non si era inteso riconoscere tale potere.

133 Ad esempio nella sentenza 302/1988, è affermato che “l'immediata fissazione dell'udienza per il dibattimento delle questioni di costituzionalità sollevate dal ricorso di cui in epigrafe induce a considerare assorbita la richiesta formulata dalla Regione Toscana affinché questa Corte sospenda cautelarmente l'efficacia del decreto-legge impugnato (d.l. 12 gennaio 1988, n. 2), in quanto ritenuto produttivo di effetti gravemente pregiudizievoli nei confronti dell'esercizio delle competenze costituzionalmente garantite alle regioni, in conseguenza di un uso del decreto stesso che si assume come macroscopicamente illegittimo. Ciò preclude a questa Corte di esaminare ogni altra questione relativa a tale richiesta, a cominciare dalla sua stessa ammissibilità”. Analogamente è avvenuta con la sentenza 314/1990 in cui si legge che: “La fissazione dell'udienza per il dibattimento delle questioni di costituzionalità sollevate dai ricorsi delle Regioni Emilia-Romagna, Umbria e Toscana nonchè del conflitto proposto dalla Regione Toscana induce a considerare assorbita la richiesta di sospensione del decreto-legge impugnato, presentata dalle suddette regioni”. L’assorbimento della richiesta cautelare si è verificato anche con le sentenze 1033/1988, 88/2003, 62/2005.

134 Da ultimo, in tal senso, anche G. GEMMA, Impugnativa di leggi regionali e nuovo art. 127 della Costituzione, in La riforma del titolo V della Costituzione e la giurisprudenza costituzionale (Atti del seminario di Pavia svoltosi il 6 – 7 giugno 2003), a cura di E. Bettinelli e F. Rigano, Torino, 2004, spec. 404 ss.

135 I. LOLLI, La sospensione cautelare degli atti impugnati nei conflitti fra poteri: ancora un’occasione mancata della Corte costituzionale, cit., spec. 1742 – 1743. Tuttavia riguardo alla omogeneità dei due giudizi sembrano interessanti le considerazioni svolte dalla Corte nella sentenza 306/2002.

136 Nella sentenza 307/1983 è rappresentata l’istanza, non riscontrata dalla Corte, della Regione ricorrente, difesa da Valerio Onida, nei seguenti termini: “La difesa della Regione ha rappresentato "l'ipotesi che il giudizio, e la dichiarazione (auspicata dalla ricorrente) di illegittimità della legge giungano quando gli effetti pregiudizievoli derivanti dalla sua applicazione si siano per intero, o quasi, prodotti: tanto che si potrebbe perfino temere (benché l'ipotesi, a giudizio della ricorrente, vada esclusa) che, trascorso l'intero anno 1983, l'utilità stessa del giudizio venga ritenuta superata". Ai fini della tutela cautelare, ha presentato, unitamente al ricorso per la dichiarazione della illegittimità costituzionale delle menzionate norme della legge n. 130 del 1983, istanza con la quale ha chiesto che questa Corte sospenda l'esecuzione delle impugnate norme, "previa, se del caso, rimessione davanti a se stessa, e successivo accoglimento, della questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 24

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norme relative al giudizio amministrativo, in virtù di quanto stabilito dall’art. 22, L. 87/1953, o, in via subordinata, ai sensi dell’art 12 delle preleggi, alle norme del codice di procedura civile, alle quali rinvia il regolamento di procedura innanzi al Consiglio di Stato137.

L’attenzione, ciò nonostante, si è appuntata sulla circostanza che l’applicazione della tutela cautelare sarebbe impedita nei giudizi di legittimità costituzionale dalla riserva di legge costituzionale di cui all’art. 137, c. 1, della Costituzione, atteso che la disciplina della sospensione rientrerebbe in quella delle forme del giudizio di legittimità138. Tale dibattito139, essendosi riproposto con identità di accenti, in occasione della citata modifica dell’art. 35, L. 87/1953, sarà con la dovuta attenzione considerato più avanti.

Vero è che l’introduzione della misura cautelare nel giudizio di legittimità è stata auspicata da molti all’indomani della trasformazione del sistema di impugnazione delle leggi regionali da preventivo in successivo, in quanto “integrazione necessaria” della disciplina vigente al fine di evitare la produzione di effetti irreparabili nelle more della decisione del giudice delle leggi140.

L’art. 9, L. 131/2003, ha sostituito l’art. 35, L. 87/1953, ammettendosi ora il potere di sospensione della legge. Nello svolgimento del dibattito parlamentare l’attenzione prestata sul punto è stata modesta. Può essere interessante rilevare che, originariamente, il disegno di legge non prevedeva l’incidente cautelare, ma si limitava a riformare l’art. 35 nel senso che l’udienza di merito avrebbe dovuto essere fissata entro trenta giorni dal deposito del ricorso in via d’azione e il dispositivo della sentenza depositato entro quindici giorni dall’udienza di discussione141. In virtù degli emendamenti approvati dalla Commissione affari costituzionali al Senato142, si è determinato e 134 della Costituzione, delle norme concernenti i giudizi di legittimità costituzionale delle leggi statali promossi in via principale dalle Regioni, nonché delle altre norme concernenti i giudizi davanti alla Corte (fra cui l'art. 40 della legge 11 marzo 1953, n. 87), nella parte in cui non prevedono il potere della Corte stessa di disporre la sospensione delle disposizioni di legge impugnate, quanto meno allorché si tratta di disposizioni temporanee e di immediata applicazione, aventi struttura e natura di leggi-provvedimento”.

137 G. ABBAMONTE, Il processo costituzionale italiano. I) Il sindacato incidentale, Napoli, 1957, spec. 20.

138 Così A. PREDIERI, Appunti sui provvedimenti cautelari nella giustizia costituzionale, in G. MARANINI (a cura di), La giustizia costituzionale, Firenze, 1966, 203, pur essendo questi dell’idea che la legge possa attribuire ad altro atto (ordinanza di sospensione) l’effetto di far cessare l’efficacia dei precetti contenuti in una legge.

139 Ripreso all’indomani della riforma dell’art. 35, L 87/1953, da A. NANIA, La sospensiva cautelare: dal conflitto di attribuzioni tra Stato e Regioni al giudizio sulle leggi, in www.federalismi.it, 18 aprile 2002.

140 Tra gli altri, E. GIANFRANCESCO, Il controllo sulle leggi regionali nel nuovo art. 127, in La Repubblica delle autonomie. Regioni ed enti locali nel nuovo titolo V, a cura di T. Groppi e M. Olivetti, Torino, 2003, 150-151. All’opposto sono state espresse perplessità a tal riguardo: la tutela cautelare non avrebbe ragione di essere nel giudizio di legittimità costituzionale in via principale, perché, oltre al fatto che i tempi delle decisioni sono rapidi, non è ammessa la medesima tutela nel giudizio in via incidentale, così F. R. DE MARTINO, La legge regionale nell’art. 127 della Costituzione, in La riforma del titolo V della Costituzione e la giurisprudenza costituzionale (Atti del seminario di Pavia svoltosi il 6 – 7 giugno 2003), cit., spec. 363-364. Ma questo sarebbe tutto da verificare secondo F. DRAGO, I ricorsi in via principale nel quadro del novellato titolo V, in www.federalismi.it, 11 aprile 2003.

141 Senato della Repubblica, XIV legislatura, Disegno di legge, n. 1545, comunicato alla presidenza il 26 giugno 2002

142 Durante il dibattito nella Commisione affari costituzionali al Senato, il presidente della stessa presentava un emendamento, teso a riconoscere al ricorrente la possibilità di chiedere la sospensione dell’atto impugnato o di parte di esso, qualora fosse stato determinato un irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico o all’ordinamento giuridico della Repubblica; il presidente della Corte, previa deliberazione sommaria sull’ammissibilità della richiesta, avrebbe convocato nel più breve termine il Collegio, dandone avviso alle parti interessate. Al riguardo il

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che: a) in via generale la Corte fissa l’udienza di discussione del ricorso in via principale entro novanta giorni dal deposito (e non più trenta); b) il giudice costituzionale d’ufficio può adottare i provvedimenti di cui all’art. 40 della L. 87/1953, ove l’esecuzione dell’atto possa comportare il rischio di un irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico o all’ordinamento giuridico della Repubblica; c) in tal caso l’udienza è fissata nei successivi trenta giorni e il dispositivo della sentenza è depositato entro quindici giorni dall’udienza di discussione. L’articolo, approvato in assemblea senza ulteriori modifiche143, è stato poi completato nell’altro ramo del Parlamento, venendo aggiunto tra i presupposti per la sospensione “il rischio di un pregiudizio grave ed irreparabile dei cittadini”144.

Come si è avuto modo di accennare, la previsione espressa non ha sopito le polemiche, che si sono appuntate, in particolare, sul fatto che la sospensione della legge necessita di una previsione di rango costituzionale sia per effetto della riserva di cui all’art. 137, c. 1, della Costituzione, sia perché la disciplina esaustiva di una fonte, quale la legge ordinaria, è di livello costituzionale145, con la conseguenza che una ulteriore causa di cessazione – oltre a quelle previste dagli artt. 75 e 136 della Costituzione – della sua efficacia (sia pure temporanea) non può essere contenuta in atti aventi eguale forza146.

Questa tesi non ha raccolto consensi unanimi. E’ stato, ad esempio, sostenuto che la tutela cautelare non si

sostanzierebbe in un giudizio, sicché sarebbe fuori dalla riserva citata, in quanto l’inibitoria degli atti giuridici trae ragione dalla gravità delle conseguenze di fatto che andrebbero a prodursi147. In proposito, tuttavia, si registra il consolidato orientamento della giurisprudenza comune che

ministro La Loggia reputava possibile l’inserimento del potere di sospensiva in una legge ordinaria, ma evidenziava, altresì, che era stata preferita dal Governo l’alternativa di una rapida definizione del merito di siffatti giudizi, perché la sospensione della legge, specie se statale, avrebbe procurato delle difficoltà. Si veda Senato della Repubblica, XIV legislatura, Resoconto sommario della seduta n. 207 della Commissione affari costituzionali del 5 novembre 2002.

Successivamente, su proposta del ministro, l’emendamento veniva riformulato, prevedendo il potere di sospensione della Corte da esercitarsi d’ufficio. Il solo sen. Villone metteva in evidenza la degradazione della legge al rango di atto amministrativo, ritenendo la sospensiva uno strumento improprio e rinvenendo la soluzione delle questioni poste nell’introduzione di una clausola a tutela dell’interesse nazionale. Di opposto avviso il sen. Bassanini, secondo il quale il rimedio della tutela cautelare sarebbe stato necessario, anche ove fosse stato restaurato il principio dell’interesse nazionale. Si veda Senato della Repubblica, XIV legislatura, Resoconto sommario della seduta n. 208 della Commissione affari costituzionali del 5 novembre 2002.

143 Tra gli emendamenti presentati degno di nota è quello del sen. Villone (emendamento 8.104 (testo 2), Senato della Repubblica, XIV legislatura, Resoconto stenografico, 313° seduta dell’Assemblea del 22 gennaio 2003), che, in caso di approvazione, avrebbe eliminato il potere di sospensiva e, in presenza degli stessi presupposti, (rischio di un irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico o all’ordinamento giuridico della repubblica), avrebbe imposto alla Corte la rapida definizione del giudizio nel merito, mediante la fissazione dell’udienza di merito entro trenta giorni e il deposito del dispositivo della sentenza entro i successivi quindici.

144 Emendamento 8.4 dei deputati Boato e altri, Camera dei deputati, XIV legislatura, I commissione, seduta del 18 marzo 2003.

145 S. BARTOLE, Considerazioni sul funzionamento della Corte costituzionale, cit., 80-81. 146 A. ANZON, Le potestà legislative dello Stato e delle Regioni, Torino, 2005, 108. E’ stata

anche richiamata la violazione dell’art. 73, c. 3, della Costituzione da E. ROSSI, Il giudizio di costituzionalità delle leggi in via principale, in Aggiornamenti in tema di processo costituzionale (1993-1995), a cura di R. Romboli, Torino, 1996, spec. 252.

147 A. PACE, Sulla sospensione cautelare dell’esecuzione delle leggi autoapplicative impugnate per incostituzionalità, cit., spec. 528.

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riconosce il carattere di giudizio all’incidente cautelare148, che è “processo nel processo”, secondo la felice espressione del Sandulli149.

Secondo altri, le forme e le condizioni coinciderebbero con l’accesso in via incidentale e principale stabiliti dalla L. cost. 1/1948150. Si è pure osservato che la L. cost. 1/1953 ha rinviato alla legge ordinaria la regolamentazione di “forme, limiti e condizioni delle funzioni” assegnate alla Corte dalle precedenti leggi costituzionali, sicché è stata superata la primitiva distinzione e ciò consente di ritenere applicabile l’art. 39, R.D. 1054/1924151.

Può notarsi che la previsione costituzionale del potere di annullamento delle leggi dovrebbe, a maggior ragione, contenere il più circoscritto potere di sospensione, proprio nell’ottica di garantire il principio costituzionale di cui all’art. 24152.

Sul piano della teoria generale può rilevarsi, inoltre, che la supremazia della Costituzione sulla legge comporta la possibilità per il giudice di disapplicare questa se in contrasto con quella, indipendentemente da un’espressa attribuzione: paradigmatica l’esperienza degli Stati Uniti d’America153. Per cui, se è implicito tale potere, a maggior ragione è implicito quello di inibire gli effetti della norma invalida nelle more del giudizio di costituzionalità, tanto più in considerazione del fatto che l’annullamento della legge produce effetti retroattivi con il limite dei rapporti esauriti.

Si potrebbe sostenere che il potere cautelare sia a tal punto connaturato al sistema giurisdizionale (anche costituzionale)154, da poterlo escludere solo quando vi sia una disposizione (costituzionale o, forse, anche legislativa da sottoporre a scrutinio stretto di ragionevolezza) che preveda espressamente in tal senso155.

148 Si veda tra le tante, C.d.S, sez. IV, 6 aprile 2006, n. 1791, in Foro amm. CDS, 1128. 149 A. M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, vol II, Napoli, 1989, 1464; in

dottrina, tra gli altri, anche G. PALEOLOGO, Il giudizio cautelare amministrativo, Padova, 1971, spec. 57 ss.

150 G ABBAMONTE, Il processo costituzionale italiano. I) Il sindacato incidentale, cit., spec. 10.

151 C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, vol. II, Padova, 1976, 1391. 152 Sentenza 284/1974, nella quale, con riferimento al sistema della giustizia

amministrativa, è stato affermato che, se è vero che ex art. 113, c. 3, della Costituzione, resta demandata alla legge ordinaria la determinazione dei casi in cui possono annullarsi gli atti della P.A. e delle autorità a ciò deputate, è anche vero che nella giurisdizione generale di annullamento degli atti illegittimi, è naturale e conseguenziale l'attribuzione, all'organo medesimo deputato all'annullamento, del concorrente potere di sospensione cautelare dell'atto impugnato, che consente, infatti, di anticipare, sia pure a titolo provvisorio, l'effetto tipico del provvedimento finale della giurisdizione, permettendo che questo intervenga re adhuc integra. L’esclusione del potere medesimo o una limitazione dell'area di esercizio di esso, con riguardo a determinate categorie di atti amministrativi o al tipo del vizio denunciato contrasta col principio di uguaglianza consacrato nell'art. 3 della Costituzione, qualora non ricorra una ragionevole giustificazione del diverso trattamento.

153 M. CAPPELLETTI, Il controllo giudiziario di costituzionalità delle leggi nel diritto comparato, Milano, 1978, spec. 59 – 61.

154 Per A. GRAGNANI, La cognizione cautelare nel processo costituzionale: l’esperienza del Tribunale costituzionale federale tedesco, cit., 160 e 180, “il potere cautelare del giudice costituzionale è considerato uno strumento processuale costituzionalmente doveroso per la garanzia dell’effettività delle decisioni rese dal giudice costituzionale in tutti i giudizi di sua competenza”.

155 Si può osservare, ad esempio, che, se il potere cautelare avesse avuto bisogno di un’espressa previsione costituzionale, non avrebbe avuto alcun senso la previsione di cui all’art. 56, D.P.R. 670/1972, secondo cui non ha effetto sospensivo il ricorso proposto dalla maggioranza del gruppo linguistico, nel Consiglio regionale del Trentino o in quello provinciale di Bolzano, avverso la legge lesiva della parità dei diritti fra i cittadini dei diversi gruppi linguistici o delle caratteristiche etniche e culturali dei gruppi stessi. Il legislatore costituzionale in questo caso ha, probabilmente, ritenuto implicito il potere de quo e ha voluto precisare che la sospensione della legge necessita di un apposito provvedimento della Corte.

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E’ inopportuno, in ogni caso, sopravvalutare l’argomento della riserva di legge costituzionale, giacché il legislatore ordinario non ha fatto di più di quello che era stato previsto dall’art. 27, L. 87/1953, relativo all’illegittimità consequenziale, benché questa comporti il potere di annullamento di norme mai gravate da impugnativa, mentre il potere cautelare implica la sospensione dell’esecuzione di norme effettivamente impugnate156.

L’importanza della questione sul piano teorico tende a svanire su quello concreto. Innanzitutto, perché la Corte, pur avendone avuto molteplici occasioni, già prima della riforma, non si è mai pronunciata sul punto: anzi, più in generale, anche riguardo agli altri giudizi (in particolare il conflitto tra poteri), non si è mai spogliata del potere cautelare e, nonostante abbia sempre manifestato una ritrosia a legittimarlo sotto il profilo teorico, è entrata nel “merito” delle questioni, sia pure per negare la tutela invocata.

E’ risolutiva, infine, la circostanza che il giudice delle leggi, quando è stato chiamato, di recente, a pronunciarsi sulla domanda di sospensione proposta dal ricorrente157, non ha sollevato l’incidente di legittimità costituzionale sull’art. 35 novellato per contrasto con gli artt. 137, c. 1, o anche 70, 73, c. 3, e 134 della Costituzione. Delle due l’una: o perché non condivide le censure che sono state mosse a siffatto potere, o perché, in maniera del tutto pragmatica e coerente rispetto ai comportamenti assunti anche prima della riforma, ritiene “utile” disporre del potere cautelare ancorché sia restio ad esercitarlo.

E’ evidente che con la modifica dell’art. 35, L. 87/1953, è superata anche l’ipotesi, pure affacciatasi nel dibattito, di autoassunzione del potere di sospensiva da parte della Corte mediante la previsione dello stesso con una norma regolamentare158.

8.1. Segue: b) in via incidentale. – Immaginare un potere cautelare della

Corte costituzionale anche nel giudizio proposto in via incidentale potrebbe sembrare improprio, giacché il giudice a quo può accordare la tutela d'urgenza alla parte che lamenti la lesione della situazione giuridica di cui è titolare, in quanto derivata dalla norma di rango primario sospetta d'incostituzionalità.

Le modalità processuali di tale tutela si sono rivelate alquanto diversificate, giacché in alcune occasioni l'istanza cautelare è stata accolta e la questione di legittimità è stata sollevata solo durante la successiva fase di merito; in altre, invece, il giudice a quo ha sollevato la questione durante la fase cautelare, per pronunciarsi sulla domanda di sospensione dopo la pronuncia del giudice delle leggi159; in altri casi ancora, l'ordinanza cautelare, pronunciata dal giudice, ha avuto effetti temporanei, ovvero limitati fino alla restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale, adita con coeva

156 F. DRAGO, I ricorsi in via principale nel quadro del novellato titolo V, in

www.federalismi.it, 11 aprile 2003. 157 Ci si riferisce in particolare all’istanza decisa con ordinanza 245/2006. Forse più

problematico, benché non impossibile, poteva apparire l’instaurazione ex officio dell’incidente di costituzionalità in occasioni delle domande di sospensione decise con le ordinanze 117, 118 e 119 del 2004, ove la Corte ne ha disposto il rinvio della trattazione all’udienza di merito.

158 Sostenuto da E. GIANFRANCESCO, Il controllo sulle leggi regionali nel nuovo art. 127, in La Repubblica delle autonomie. Regioni ed enti locali nel nuovo titolo V, a cura di T. Groppi e M. Olivetti, Torino, 2003, 151. Ma per S. BARTOLE, Considerazioni sul funzionamento della Corte costituzionale, cit., 80-81, l’ipotesi veniva, in ogni caso, a scontrarsi con l’atteggiamento di cautela mostrato dalla Corte sull’argomento.

159 Da ultimo, sentenza della Corte 104/2007, relativa alla questione sollevata dal Consiglio di Stato in sede di appello avverso un’ordinanza cautelare del tribunale amministrativo.

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pronuncia, facendo così salva la permanenza del requisito della rilevanza nella fase incidentale del giudizio principale160.

La pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’ordinanza potrebbe indurre altri giudici a promuovere la medesima questione che dinanzi ad essi si pone, oppure a sospendere il giudizio fino alla pronuncia del giudice delle leggi, facendo, se richiesto, anche uso dei poteri cautelari propri, secondo le modalità appena accennate.

Tutto ciò indurrebbe a ritenere che il tema della tutela cautelare non abbia spessore problematico nel giudizio proposto in via incidentale.

Ad analoghe conclusioni può giungersi anche in relazione alle leggi provvedimento. E' stato evidenziato che raramente un concreto provvedimento che ha la forma (e, pertanto, il valore) di legge può essere autoapplicativo161: necessita quasi sempre di ulteriori provvedimenti amministrativi rispetto ai quali i destinatari possono recuperare adeguate forme di tutela giudiziaria, impugnando questi e chiedendo che la Corte sollevi la questione di legittimità sulla disposizione primaria di cui costituiscono, appunto, applicazione. Ora, può ben darsi che sull'atto applicativo di una legge provvedimento venga opposto un ricorso giurisdizionale con il quale si chiede l'adozione di misure cautelari, ove ricorra il danno grave ed irreparabile. L’adozione delle più idonee misure cautelari da parte del giudice adito, in questo caso, renderebbe superflua l’adozione di rimedi cautelari anche da parte della Corte, perché l’esecuzione della legge, proprio per il suo contenuto concreto, sarebbe già stata paralizzata.

Dopo la riforma dell’art. 35, L. 87/1953, è stata, però, rilanciata l’idea dell’opportunità di attribuire alla Corte analogo potere al fine di evitare danni irreparabili o comunque gravi ai diritti fondamentali162. La sospensione della legge si giustificherebbe, in tal caso, per avere efficacia erga omnes: si perseguirebbero, così, le finalità di protezione dei diritti inviolabili e dell’ordine costituzionale nel suo complesso, valicando le sfere giuridiche di cui sono titolari le sole parti del giudizio a quo.

Esaminando con attenzione il novellato art. 35, L. 87/1953, si potrebbe supporre che, a prescindere da interpretazioni estensive pure possibili, già ora la Corte possa far uso di siffatto potere: isolando, infatti, il primo periodo che si riferisce ai giudizi in via principale per quanto concerne la fissazione dell’udienza, il secondo periodo – che prevede, appunto, la sospensione – potrebbe applicarsi al giudizio in via incidentale. Ma, considerato nel suo complesso, l’art. 35 sembra riferirsi alla sola questione di legittimità costituzionale in via principale.

160 Da ultimo si veda Corte costituzionale sentenza 12 gennaio 2000, n. 4. Il requisito della rilevanza, invece, non sussiste nell'ipotesi in cui il giudice accordi la

sospensione tout court e rimetta la questione alla Corte, dal momento che si è esaurita la fase cautelare, e, dunque, la trattazione dell'incidente costituzionale deve essere rinviata alla fase di merito. In argomento sia consentito rinviare a A. VUOLO, L’accesso al giudizio costituzionale nella fase cautelare del processo amministrativo e la tutela delle situazioni giuridiche soggettive, in Prospettive dell'accesso alla giustizia costituzionale (Atti del seminario di Firenze svoltosi il 28-29 maggio 1999)", a cura di A. Anzon - P. Caretti - S. Grassi, Torino 2000, 693 ss.; nonché Misure cautelari e sindacato diffuso sulla legge, in Il giudizio delle leggi e la sua “diffusione” (Atti del seminario di Pisa svoltosi il 25-26 maggio 2001 in ricordo di Giustino D’Orazio), a cura di E. Malfatti – R. Romboli – E. Rossi, Torino, 2002, 545 ss.

161 In dottrina è stata comunque rimarcata la necessità di approntare una adeguata tutela cautelare anche nei confronti di leggi autoapplicative, A. PACE, Sulla sospensione cautelare dell'esecuzione delle leggi autoapplicative impugnate per incostituzionalità, cit., 517 ss.; ID., Decreti legislativi d'esproprio e tutela cautelare, in Giur. cost., 1968, 594 ss.

162 R. ROMBOLI, La prospettiva costituzionalistica, in AA. VV., Nuove forme di tutela delle situazioni soggettive nelle esperienze processuali. Profili pubblicistici, Milano, 2004, spec. 103 – 104; E. MALFATTI – S. PANIZZA – ROMBOLI, Giustizia costituzionale, Torino, 2003, 182.

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In ogni caso sembra remota l’eventualità della sospensione, perché, se bisogna attendere il decorso del termine a disposizione delle parti per costituirsi (in ragione del richiamo all’art. 25) e se si considera che, nella normalità dei casi, la norma impugnata è da tempo vigente, è problematico immaginare la sussistenza dell’effettiva urgenza del provvedere.

9. Analisi dei presupposti per la sospensione dell’atto impugnato: a) il

fumus boni iuris. – L’art. 40, L. 87/1953, richiama le sole “gravi ragioni” per la sospensione dell’atto impugnato in un conflitto tra enti. Analogamente ad altre normative di giurisdizioni speciali, esso s’ispira alla formula adoperata nell’art. 39, R.d. 1054/1924, per i giudizi innanzi al Consiglio di Stato163.

Il novellato art. 35, invece, per i giudizi di legittimità si riferisce al “rischio di un irreparabile pregiudizio all'interesse pubblico o all'ordinamento giuridico della Repubblica”, ovvero al “rischio di un pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti dei cittadini”.

Sembra, dunque, che l’unico presupposto per la concessione della misura cautelare – per gli uni e gli altri – sia quello (latamente inteso) del periculum.

In realtà la tutela cautelare nel processo costituzionale è andata allineandosi, quanto ai presupposti, alle esperienze ben più solide dei giudizi comuni, lì dove, accanto alle gravi ragioni di cui si è detto, si è affermato, in via pretoria, il fumus, che ormai – per principio generale – è presupposto indefettibile della tutela cautelare164, finendo, in alcuni casi, per essere positivizzato165.

Ma in cosa consiste il fumus? Secondo la Corte costituzionale, esso “deve risultare da un semplice

giudizio di verosimiglianza, concretizzantesi in una valutazione probabilistica circa le buone ragioni dell'attore, le quali vanno preservate dal rischio di restare irreversibilmente compromesse durante il tempo necessario a farle valere in via ordinaria”166. Non si tratta, quindi, di una cognizione approfondita e completa, perché – come è stato affermato – sarebbe a tal punto preferibile aspettare il provvedimento principale senza duplicazioni di indagini167.

Nei giudizi costituzionali, in talune occasioni, il requisito in parola è stato espressamente considerato dalla Corte168. Nella maggior parte dei casi non vi è menzione di esso, sicché – si è finito con l’osservare – la sua valutazione costituisce “fattore di riserva, che, come nei giudizi amministrativi, lascia sussistere un rilievo privilegiato della valutazione dell’irreparabilità del danno”169.

163 A. TRAVI, Art. 21, sez. VI, cit., 765. 164 A. TRAVI, Sospensione del provvedimento impugnato, in Digesto delle discipline

pubblicistiche, vol. XIV, 1999,378; nonché A. AZZENA, Irreparablità del danno e gravi ragioni per la sospensione nei conflitti di attribuzione fra Stato e Regioni, in Le Regioni, 1980, 1010.

165 Come accaduto proprio nel giudizio amministrativo, laddove il novellato art. 21, L. 1034/1971, ora impone che l’ordinanza cautelare oltre a motivare in ordine alla valutazione del pregiudizio allegato indichi i profili che, ad un sommario esame, inducono ad una ragionevole previsione dell’esito del ricorso. Su tali modifiche, tra gli altri, E. F. RICCI, Profili della nuova tutela cautelare amministrativa del privato nei confronti della p.a., in Dir. proc. amm., 2002, 276 ss.; R. GAROFOLI, La tutela cautelare degli interessi negativi. Le tecniche del remand e dell’ordinanza a contenuto positivo alla luce del rinnovato quadro normativo, ivi, 2002, 857 ss.

166 Sent. 326/1997, con riferimento alla misura ante causam nel giudizio civile. 167 P. CALAMANDREI, Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari, cit.,

63. 168 In particolare le ord. 102/2001, 152/2006. 169 A. CERRI, Corso di giustizia costituzionale, cit., 337. Ma è abbastanza radicato il

convincimento che un’analitica motivazione sul fumus costituirebbe un forte “precedente

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La sensazione che si avverte è quella che il requisito, anche quando nella motivazione non vi sia traccia espressa, è costantemente valutato. Ne è significativa prova la tendenziale corrispondenza tra accoglimento della domanda di sospensione e accoglimento del ricorso.

Anzi, ciò induce a ritenere che la Corte, nel concedere la misura cautelare, sia (quasi) certa delle buone ragioni del ricorrente, spingendosi così più avanti di quello che dovrebbe essere un mero giudizio di verosimiglianza.

In verità, anche le situazioni pregiudicate che giustificherebbero l’esercizio del potere cautelare sulle leggi da parte della Corte sono formule non completamente schiacciate sul versante del danno, ma sembrano, almeno, sottintendere una valutazione sul fumus.

9.1. Segue: b) il periculum in mora. – L’art. 40, L. 87/1953, subordina

l’emanazione della misura cautelare alla sussistenza di “gravi ragioni”. In molte pronunce (di accoglimento) la Corte si limita a ripetere la

sussistenza delle “gravi ragioni” senza offrire alcun elemento idoneo ad identificarle170; in altre (di rigetto) si riferisce, vagamente, all’insussistenza di “gravi motivi”171.

Alcune volte il giudice costituzionale fa intendere che occorre, genericamente, la gravità ed irreparabilità del danno172, che, invece, in altre occasioni, sono circostanze adeguatamente rappresentate173. L’irreparabilità è data dall’obiettiva impossibilità (o anche dalla sola estrema difficoltà174) della riduzione in pristino, qualora il giudizio di merito dovesse risolversi a favore della parte ricorrente175. Il “grave pregiudizio” può essere anche di natura finanziaria176, oppure consistere nell’incertezza interpretativa che deriva dall’esecuzione dell’atto gravato177. La Corte, in alcune occasioni, tende a

infraprocessuale”, così da ultimo M. MASSA, I poteri cautelari nei conflitti di attribuzioni, cit., spec. 257.

170 Ord. 71/1968, 82/1968, 114/1969, 1/1972, 50/1977. 171 Ord. 113/1969, 253/1974, 80/1975, 122/1975. 172 A volte non riscontrata, come nel caso in cui l'esecuzione dell'atto impugnato,

comporti solo lo svolgimento di attività istruttorie e propedeutiche, cfr. ord. 12/1991. 173 Ord. 115/1981, secondo cui il divieto di compiere specifiche attività militari può

effettivamente determinare un concreto e non riparabile pregiudizio all'esercizio della funzione di difesa del territorio nazionale.

174 “Il diniego della chiesta sospensione, essendo suscettibile di risolversi nello sconvolgimento di posizioni soggettive stabizzatesi da tempo, potrebbe comportare, in attesa del giudizio sul merito del ricorso, tale ulteriore complicazione della vicenda, da rendere estremamente difficoltosa l'eventuale restituzione in pristino e nuocere, quindi, al buon andamento dell'amministrazione” (ord. 305/1986).

175 Ord. 125/1983, 36/1079, 136/1979. 176 Ord. 41/2001, nella quale è avvertito il grave pregiudizio finanziario lamentato dalla

Regione ricorrente, anche in ragione delle ulteriori more del giudizio derivanti dalla sospensione del medesimo a seguito della decisione della Corte di rimettere innanzi a sé questione di legittimità costituzionale delle disposizioni legislative cui l'atto impugnato dà attuazione.

177 “La circolare ministeriale impugnata, in quanto indirizzata a "tutte" le direzioni marittime ed a "tutte" le capitanerie di porto, è suscettibile di determinare non soltanto contrasti di valutazioni e di comportamenti fra le amministrazioni rispettivamente interessate, ma anche concreti pregiudizi, inerenti ai limiti, ai tempi, alle modalità della pesca del novellame di sarda e di anguilla nel mare territoriale della Sicilia” (ord. 83/1978). Ma secondo P. MILAZZO, L’impugnativa regionale del “codice dell’ambiente”: un’occasione per qualche riflessione sulla struttura ed i limiti del potere di sospensione delle leggi nell’ambito dei giudizi in via d’azione introdotti dalla regioni, in www.forumcostituzionale.it, e anche in Le Regioni, n. 1/2007, non può sorreggere la misura cautelare l’incertezza normativa che deriverebbe dall’atto legislativo impugnato, dal momento che “una sospensione della legge potrebbe aggravare il problema stesso, anziché semplificarlo, lasciando l’assetto normativo sub iudice per un significativo periodo di tempo”.

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mascherare le valutazioni di inammissibilità del ricorso sotto le spoglie dell’inesistenza del danno grave ed irreparabile178.

Sulla configurazione del danno effettivo assume rilievo anche la rapida fissazione del merito, che può escludere la sussistenza di un irreparabile pregiudizio179, sebbene poi sia stato sancito che le "gravi ragioni" non dipendono dall'eventuale ritardo della decisione della Corte, che comunque non determinerebbe – per sé solo – la cessazione della materia del contendere180. La sospensione è stata concessa anche perché l’esecuzione degli atti impugnati avrebbe potuto pregiudicare gli effetti della decisione di merito181.

Nell’identificazione del danno molta importanza è riconosciuta all’apporto delle parti costituite. Vi sono stati, infatti, casi in cui è stato dichiarato il “non luogo a provvedere”, quando le parti hanno concordato, in virtù di provvedimenti sopravvenuti, la cessazione della materia del contendere182; in altri, addirittura, il danno non è apparso irreparabile anche in considerazione delle dichiarazioni rese a verbale dall'avvocato dello Stato in camera di consiglio183. Per contro, è stata rigettata la domanda di sospensione per insufficiente illustrazione, da parte del ricorrente, di adeguate ragioni184.

Alcune volte le gravi ragioni sono identificate in concetti alquanto elastici come l’interesse generale185 o il pubblico interesse186.

Insomma, la gravità del danno è spesso esplicitamente considerata dalla Corte nell’accezione della irreparabilità dello stesso: non vi è, infatti, dubbio alcuno che per il rilascio della misura cautelare la lesione sofferta dal ricorrente deve essere qualificata rispetto a quella che fonda il mero interesse al ricorso.

La valutazione del periculum, dunque, si accosta, non poco, a quella effettuata dal giudice amministrativo, ma, secondo alcuni, non dovrebbe coincidere con essa, perché la gravità del danno deve essere saggiata anche in relazione alla spettanza della competenza controversa187. Tuttavia, questo

178 G. MOR, La sentenza sospesa, in Le Regioni, 1980, 1010 ss.; A. CERRI, Problemi

processuali e sostanziali relativi all’ammissibilità del conflitto di attribuzione tra Stato e regione, in Giur. cost., 1968, 1398. In un caso recente, invece, l’istanza cautelare è stata assorbita nella decisione di inammissibilità del ricorso principale, sentenza 2/2007.

179 Ord. 195/2004. In questo caso: il ricorso è stato depositato il 24.12.2003; l’istanza di sospensione il 9.4.2004; la camera di consiglio si è tenuta il 9.6.2004 mentre l’udienza pubblica il 6.7.2004; la sentenza è stata depositata il 16.7.2004.

180 Ord. 168/1981. 181 Ord. 1040/1988, la cui motivazione è la seguente: “Ritenuta l'urgenza di provvedere

in ordine al decreto 19 ottobre 1988 del Presidente della Giunta regionale della Sardegna, con il quale sono stati indetti i referendum da svolgersi l'11 dicembre 1988; che in ordine a tali referendum ricorre l'esigenza di disporre la chiesta sospensione, in quanto lo svolgimento di essi prima della decisione di merito potrebbe pregiudicare gli effetti della medesima; che, invece, in ordine allo stesso provvedimento, relativo al referendum da svolgersi il 16 aprile 1989, non sussistono analoghe ragioni di urgenza”.

182 Ord. 230/1993. In tal caso il dispositivo dell’ordinanza è il seguente: “La Corte costituzionale, riservata ogni pronuncia sull'ulteriore corso del processo, dichiara che non vi é luogo a provvedere sulla domanda, avanzata dalla Regione Emilia- Romagna, per la sospensione dell'esecuzione della circolare del Ministero del tesoro 23 dicembre 1992, n.13/Istituti di previdenza, impugnata con il ricorso in epigrafe”.

183 Ord. 125/1983. 184 Ord. 48/1987. 185 Ord. 74/1967. 186 Ord. 74/1965. R. CHIEPPA, Osservazione, in Giur. cost., 1965, 1223, auspica “una

maggiore e più sufficiente motivazione, che è garanzia di ogni provvedimento nelle forme processuali, non solo per dimostrare che l’organo giurisdizionale ha valutato gli elementi offerti, ma anche che la valutazione è stata compiuta in modo parziale e non arbitrario”.

187 A. PISANESCHI, Brevi note sulla “sospensiva” nel confitto tra Stato e Regione, cit., 76-77.

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profilo non affiora adeguatamente nelle pronunce cautelari, a fronte della considerazione di cui è oggetto nelle pronunce di merito.

Traspare in qualche caso l’apprezzamento del danno non nella sola prospettiva del ricorrente, ma nel suo raffronto con il pregiudizio che deriverebbe al resistente dall’invocata misura cautelare188, rinvenendosi in tale tecnica di giudizio qualche eco della dottrina della casualità adeguata, elaborata dal Tribunale tedesco, secondo la quale occorre tenere conto della parte che può tollerare in modo migliore il rischio di una decisione errata, sulla base della data situazione di interessi189.

In definitiva, è evidente che la verifica si caratterizzi per la notevole flessibilità propria della sede cautelare, restando ampio il margine di discrezionalità della Corte nel concedere o negare la tutela cautelare190.

Considerazioni a parte meritano i presupposti richiamati dal novellato art. 35, L. 87/1953. “Enunciati con qualche affanno linguistico e, forse, pure obiettiva ridondanza”191, le locuzioni adoperate sono talmente ampie da rendere arduo lo sforzo di razionalizzarle. Sembrano costituire clausole di chiusura del sistema di giustizia costituzionale, per cui solamente la giurisprudenza della Corte potrà, in relazione ai casi concreti, ricondurre a sistema le aporie pur presenti.

Qui può solamente osservarsi che, intanto, è stata, in qualche misura, positivizzata l’esperienza giurisprudenziale finora maturata, dal momento che è richiamato il requisito dell’irreparabilità, ancorché non scevro di qualche ambiguità. Ad esempio, il pregiudizio deve essere, in un caso, solo “irreparabile” (per l'interesse pubblico o per l'ordinamento giuridico della Repubblica), mentre, nell’altro, “grave ed irreparabile” (per i diritti dei

188 “Pertanto, apparendo l'accoglimento della domanda di sospensione meglio rispondere al pubblico interesse, deve ritenersi che ricorrono le gravi ragioni di cui all'art. 40 legge 11 marzo 1953, n. 87” (ord 305/1986).

189 A. GRAGNANI, La cognizione cautelare nel processo costituzionale: l’esperienza del Tribunale costituzionale federale tedesco, cit., spec. 202 – 203.

190 A. PIZZORUSSO, La tutela cautelare nei giudizi costituzionali sui conflitti fra enti, in I processi speciali. Studi offerti a Virgilio Andrioli dai suoi allievi, Napoli, 1979, 305; nonché R. ROMBOLI, Gli aspetti processuali del conflitto di attribuzioni tra Stato e Regioni negli ultimi svolgimenti della giurisprudenza della Corte costituzionale, in Le Regioni, 1989, 428.

In qualche caso l’inesistenza del fumus sembra riverberarsi negativamente anche sulla sussistenza delle gravi ragioni. Così l’ord. 102/01, la cui motivazione è la seguente: “Con la delibera del Consiglio regionale della Lombardia del 15 settembre 2000, gli elettori della Regione Lombardia sono chiamati a pronunciarsi sull'opportunità che la Regione medesima "nel quadro dell'unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie alla promozione del trasferimento delle funzioni statali in materia di sanità, istruzione, anche professionale, nonché di polizia locale"; che tale quesito è posto - secondo il preambolo della delibera della quale esso forma parte integrante - nella prospettiva "di un rafforzamento delle prerogative autonomistiche spettanti alla Regione e di riconduzione di materie di competenza dei ministeri ad un modello di amministrazione e gestione ispirato ad un effettivo federalismo che, in base al principio di sussidiarietà, valorizzi il ruolo e le autonomie di tutti i soggetti istituzionali locali", al fine di "intraprendere iniziative istituzionali necessarie alla promozione del trasferimento delle funzioni statali in materia di sanità, istruzione, anche professionale, nonché di polizia locale, alla Regione, nel quadro dell'unità nazionale"; che la delibera consiliare in questione non coinvolge "scelte fondamentali di livello costituzionale" in presenza delle quali non è consentita la separata consultazione di frazioni del corpo elettorale (sentenza n. 496 del 2000) e che pertanto non ricorrono quelle gravi ragioni che, sole, giustificano la sospensione dell'esecuzione degli atti che danno luogo al conflitto di attribuzione tra Stato e Regione (art. 40 della legge 11 marzo 1953, n. 87)”. Sul punto le notazioni critiche di S. BARTOLE, Ovveruling o qualification di precedente con ordinanza di reiezione della domanda di sospensiva di atto impugnato per conflitto di attribuzioni, in Giur. cost., 2001, 635; M. OLIVETTI, L’ordinanza della Corte costituzionale sul referendum consultivo lombardo, in Giur. it., 2215; nonché F. GABRIELE, Referendum regionale consultivo e rigetto della istanza di sospensione, in Giur. it., 2001, 2218.

191 A. RUGGERI, Note introduttive ad una lettura della legge La Loggia, in B. CARAVITA (a cura di), I processi di attuazione del federalismo in Italia, Milano, 2004, 50.

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cittadini). Riguardo a quest’ultimi, poi, l’irreparabilità del danno, come è stato notato anche in precedenza, è obiettivamente difficile, giacché per il singolo cittadino è sempre possibile il ricorso ad un giudice comune al quale chiedere il provvedimento cautelare più idoneo192. Inoltre, pare ragionevole che la misura cautelare possa essere adottata anche per la protezione delle situazioni giuridiche di soggetti che non abbiano la cittadinanza.

Le formule adoperate, mentre si “adattano” all’impugnativa governativa della legge regionale, sembrano, invece, oltrepassare i motivi per i quali la Regione può impugnare gli atti legislativi statali. Se così fosse, si determinerebbe una forte asimmetria nella possibilità di accesso alla tutela cautelare193, che, per giunta, apparirebbe anche irrazionale in considerazione del potere d’ufficio che è riconosciuto alla Corte.

Non è facile dipanare il groviglio. Al fine di recuperare qualche coerenza all’impianto, possono qui

indicarsi alcuni elementi ricostruttivi. Innanzitutto, i lavori preparatori alla legge 131/2003 inducono a

scartare l’idea che la sospensione possa interessare la sola legge regionale, sebbene essa tragga origine dalla modificazione dell’art. 127 della Costituzione194. La lettera della disposizione, d’altronde, non limita il rimedio alle leggi regionali.

E’ da appurare se il ricorso regionale sia effettivamente incompatibile con i presupposti dell’art. 35, secondo periodo. A titolo esemplificativo, la violazione di una competenza regionale non potrebbe, in astratto, essere lesiva dell’ordinamento giuridico (si badi, non statale ma) della Repubblica, tale da giustificare la misura? Si è proprio sicuri che la legge statale non possa determinare un pregiudizio grave ed irreparabile ai soggetti che appartengono alla comunità regionale? E, analogamente, l’atto legislativo nazionale non potrebbe, mediante la violazione della sfera di competenza assegnata alle Regioni, determinare, di riflesso, la lesione dell’interesse pubblico in generale?

Se, effettivamente, vi fosse un rapporto di continenza tra i presupposti a cui è ancorata la sospensione d’ufficio ed i motivi per i quali la Regione può adire la Corte nell’impugnare le leggi statali, non si profilerebbe il rischio – pure paventato – che la coerenza del sistema è fatta salva solo nel caso in cui alla sospensione di tali atti faccia seguito l’accoglimento del ricorso della Regione, perché l’annullamento dell’atto (sebbene per ragioni difformi) proteggerebbe, comunque, le situazioni giuridiche tutelate dall’art. 35195.

Va, però, evidenziato il convincimento che, per le ragioni in precedenza illustrate, la sospensione della legge non deve necessariamente legarsi al potere d’ufficio della Corte: anzi, è da ritenere che l’ente che ricorre possa sempre presentare istanza, affinché, in presenza di una lesione grave ed irreparabile, il giudice costituzionale eserciti il potere in questione.

192 E. LAMARQUE, Articolo 9, in L’attuazione del nuovo titolo V, parte seconda, della

Costituzione. Commento alla legge ‘La Loggia’ (Legge 5 giugno 2003, n. 131), a cura di P. Cavaleri e E. Lamarque, Torino, 2004, 252-253; M. D’AMICO, Le modifiche al processo costituzionale nell’art. 9 della legge 5 giungo 2003, n. 131, in I processi di attuazione del federalismo in Italia, a cura di B. Caravita, Milano, 2004, 403 – 404.

193 E. LAMARQUE, Articolo 9, cit., 252, parla di sospensione ultra petita. In realtà il giudizio in via principale risente della introduzione di molteplici elementi spuri: tra gli altri, ad esempio, che la Regione può impugnare la legge statale anche su impulso del consiglio delle autonomie locali nonostante che la iniziativa possa esercitarsi, a rigore, solo a tutela della sua sfera di competenza.

194 Si veda il paragrafo 8. 195 P. MILAZZO, L’impugnativa regionale del “codice dell’ambiente”: un’occasione per

qualche riflessione sulla struttura ed i limiti del potere di sospensione delle leggi nell’ambito dei giudizi in via d’azione introdotti dalla regioni, cit.

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Rispetto alla sospensione ordinata su istanza di parte, sarebbe il potere d’ufficio un rimedio aggiuntivo che può essere praticato (anche per i giudizi proposti in via incidentale, se la Corte aderisse alla tesi che in precedenza si è avanzata) solo in presenza di quei requisiti di maggiore rigore196, indicati nell’art. 35, secondo periodo.

I pochi precedenti portano a ritenere la convivenza dei due rimedi, che, per alcuni tratti, sembrano fondersi (o, forse, sovrapporsi).

Infatti, dapprima è sembrato che si volesse ricondurre l’incidente cautelare sugli atti legislativi nell’alveo del giudizio contenzioso: si è ammessa, infatti, l’istanza di parte, che parrebbe, peraltro, essere nella disponibilità di chi la propone, come testimoniano le vicende processuali del condono edilizio, lì dove Stato e Regioni, con l’avallo della Consulta, si sono accordati per il rinvio dell’esame delle istanze cautelari all’udienza, nel frattempo fissata, per la trattazione del merito197.

Ma, più recentemente, la Corte ha rigettato la domanda di sospensione, in quanto la Regione ricorrente “ha prospettato in maniera sostanzialmente assertiva la sussistenza dei relativi presupposti198, omettendo di svolgere argomenti in grado di indurre ad eventualmente adottare, d'ufficio, i provvedimenti di cui agli artt. 35 e 40, della legge n. 87 del 1953”199. Il giudice delle leggi, insomma, dà rilievo, per un verso, all’istanza di parte, ma, per l’altro, tiene a precisare che la sospensione resta un potere d’ufficio, finendo non col rigettare l’istanza proposta ma – si badi – col dichiarare il “non luogo a provvedere”.

10. L’impulso di parte o d’ufficio. – Il tema dell’impulso racchiude

implicazioni di notevole rilevanza. Mentre per i conflitti intersoggettivi l’art. 28 delle Norme integrative fa

riferimento all’istanza di parte, per i giudizi di legittimità costituzionale l’art. 35, L. 87/1953, riconosce alla Corte il potere di adottare d’ufficio la sospensione dell’atto impugnato. E’ stato evidenziato che ciò sarebbe in stridente contrasto con la loro struttura di giudizi di parte.

Le poche indicazioni offerte dalla prassi, come visto, non risolvono i dubbi.

Per i conflitti intersoggettivi, l’art. 40, L. 87/1953, nulla dispone riguardo ad istanze di parte. Si potrebbe, dunque, immaginare che anche per questo tipo di giudizio la Corte possa d’ufficio determinarsi per la sospensione del provvedimento impugnato, ferma restando l’eventualità dell’impulso di parte, espressamente previsto dall’art. 28 delle Norme integrative.

Già tempo addietro, era stata evidenziata la coerenza di una siffatta impostazione con la struttura del giudizio, connotato da uno spiccato carattere ufficioso e inquisitorio: “così come la Corte è libera di acquisire tutti gli elementi istruttori che ritenga necessari per la decisione della controversia ai sensi dell’art. 13, legge 87, indipendentemente dalle allegazioni delle parti, e può pronunciarsi sul conflitto anche se queste non sono presenti nel processo, così essa può esercitare il potere di cautela per assicurare gli effetti della

196 P. CARETTI, Il contenzioso costituzionale. Commento all’articolo 9, in Stato, Regioni ed

enti locali nella legge 5 giugno 2003, n. 131, a cura di G. Falcon, Bologna, 2003, 194. 197 Ordinanze 116, 117, 118 e 119 del 2004. 198 Fra l’altro, tutti quelli menzionati dall’art. 35, L. 87/1953. 199 Ord. 245/2006, corsivo non testuale.

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decisione stessa, senza dover attendere l’iniziativa degli Enti confliggenti e senza esserne condizionata”200.

Ci si avvicinerebbe, in tal modo, a suggestioni kelseniane201, assumendo la Corte un più inteso ruolo attivo nel controllo di legittimità con non lievi ricadute di sistema. E’ interessante notare che il Tribunale costituzionale tedesco, pur nel silenzio della legge, si è riconosciuto il potere di emanare provvedimenti cautelari d’ufficio addirittura prima che il procedimento di merito sia pendente, qualora ci si debba attendere la sua imminente instaurazione202. E’ forse questo un sacrificio inevitabile per gli organi di giustizia costituzionale da compiere in nome della legalità costituzionale203?

Un’ultima notazione può essere utile su questo aspetto. L’iniziativa d’ufficio riconosciuta alla Corte potrebbe essere, invero, meno anomala di quanto appare, se la si giustificasse sulla base della necessità di tutelare gli interessi generali, valicando anche le situazioni giuridiche vantate dalle parti in giudizio, così come avviene, salve le debite proporzioni, in relazione allo stesso potere, riconosciuto d’ufficio al giudice a quo, di sollevare la questione di legittimità costituzionale204.

L’iniziativa di parte nel chiedere la sospensione si configurerebbe, in tal modo, come corollario del diritto di azione previsto dall’art. 24 della Carta, ma il mancato esercizio non impedirebbe alla Corte, qualora non si possano attendere i tempi ordinari per la trattazione del ricorso, di servirsi del potere cautelare a protezione di interessi vitali per la tenuta dell’ordinamento. E questo, probabilmente, non snaturerebbe il ruolo che i Costituenti assegnarono alla Corte205: infatti, non si tratterebbe di un sindacato d’ufficio sulla legge ma del limitato potere di sospendere d’ufficio l’esecuzione di un atto legislativo già impugnato.

200 P. GIOCOLI NACCI, Considerazioni in tema di tutela cautelare, in Strumenti e tecniche di giudizio della Corte costituzionale (Atti del convegno, Trieste 26-28 maggio 1986), Milano, 1988, 516. Contra, G. FALZONE, L’inibitoria giudiziale dell’operatività degli atti giuridici, cit., 83 – 84.

201 Secondo, appunto, H. KELSEN, La garanzia giurisdizionale della costituzione (La giustizia costituzionale), cit., 196, “un istituto del tutto nuovo ma che meriterebbe la più seria considerazione sarebbe quello di un difensore della costituzione presso il tribunale costituzionale che, a somiglianza del pubblico ministero nel processo penale, dovrebbe introdurre d’ufficio il procedimento del controllo di costituzionalità per gli atti che ritenesse irregolari”.

202 A. GRAGNANI, La cognizione cautelare nel processo costituzionale: l’esperienza del Tribunale costituzionale federale tedesco, cit., spec. 196 ss., sottolinea come la sospensione sia stata, altresì, ipotizzata quando il Tribunale debba neutralizzare pericoli che incombono sulla propria posizione nell’ordinamento costituzionale e nel processo politico.

203 R. BIN, L’ultima fortezza (Teoria della Costituzione e conflitti di attribuzione), cit., spec. 163 ss., nota che il potere di ufficio può essere pericoloso per la garanzia del contraddittorio e per l’imparzialità del giudicante come in qualsiasi altra forma di attivismo giudiziale, ma tale riflessione va pure coordinata con la peculiarità del processo costituzionale e della posizione nel sistema della Corte, per la qual cosa non si è esitato ad ammettere, nei conflitti interorganici, la possibilità per la Corte di essere parte e giudice.

204 In argomento si veda F. PIZZETTI – G. ZAGREBELSKY, “Non manifesta infondatezza” e “rilevanza” nella instaurazione incidentale del giudizio sulle leggi, Milano, 1972, spec. 35. Da ultimo, è stato segnalato che nel giudizio a quo, se il difensore “vuole davvero curare gli interessi della parte assistita, [deve] tenerli – non è un paradosso – in qualche modo sullo sfondo, cogliendo invece i profili di interesse generale (costituzionale) della questione”, M. LUCIANI, Corte e avvocatura, in Foro it., 2006, fasc. 10, III, 334. D’altronde, il potere in questione sarebbe in consonanza col potere d’ufficio del Presidente di provvedere alla dimidiazione dei termini, ai sensi dell’art. 9, L. cost. 1/1953. P. CALAMANDREI, Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari, cit., 144-145, osservava che i provvedimenti cautelari costituiscono la zona di confine tra la funzione giurisdizionale e quella, amministrativa, di polizia e non a caso l’unico provvedimento d’ufficio che poteva adottare il giudice civile era la dichiarazione di fallimento che era una misura cautelare.

205 In particolare si veda il dibattito svolto durante la seduta pomeridiana di venerdì 28 novembre 1947, Atti dell’Assemblea costituente, spec. 2634 ss.

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Ritornando al dato effettivo, nel silenzio dell’art. 28 delle Norme integrative, sembra pacifico che l’istanza possa essere proposta dal solo ricorrente: l’ente che ha emanato l’atto può, infatti, decidere di sospenderlo senza la necessità di (e, dunque, l’interesse a) chiedere al giudice una misura cautelare. Difformemente dal processo amministrativo, lì dove i “controinteressati”, in eccezionali casi, hanno interesse a chiedere la sospensione dell’atto impugnato, nei giudizi costituzionali (specialmente nei giudizi in via principale e nei conflitti intersoggettivi, salvo limitatissime eccezioni) altre parti non ve ne sono. E, anche riferendosi ai contenziosi tra regioni, sembra logico immaginare che il Governo, se vuole la sospensione, abbia l’onere di esercitare l’impugnativa, corredandola dell’istanza cautelare.

La sospensione può essere richiesta in qualsiasi momento. L’istanza può essere contestuale al ricorso o separata206. Può essere presentata anche all’udienza di discussione207, con intuibili sofferenze, in quest’ultimo caso, per la controparte costretta “a replicare in modo estemporaneo”208. Per i conflitti, secondo alcuni, può essere proposta anche dal difensore senza necessità di apposito mandato209.

Gli atti di cui si chiede la sospensione non necessariamente debbono coincidere con tutti quelli oggetto dell’impugnazione principale, perché può darsi che alcuni, e non altri, siano effettivamente idonei a procurare danni gravi ed irreparabili al ricorrente210. Per questa ragione, in occasione di istanze che, indistintamente, interessano tutti gli atti impugnati, la Corte potrebbe dar luogo ad “accoglimenti parziali”, ovvero circoscritti ai soli atti (o alle sole parti dello stesso atto) immediatamente e gravemente lesivi. L’art. 35, c. 1, secondo periodo, L. 87/1953, ammette espressamente la sospensione parziale dell’atto impugnato e vi sono precedenti in cui la sospensione è stata circoscritta al territorio della Regione ricorrente, in ragione del parametro invocato211.

L’istanza di sospensione deve essere corroborata da adeguata motivazione. Il requisito potrebbe, tuttavia, perdere rilievo, quando al giudice costituzionale sia riconosciuto il potere d’ufficio di sospendere l’atto impugnato, giacché in questo caso graverebbe sulla Corte l’onere di accertare la sussistenza dei presupposti, anche disponendo le indagini che ritenga opportune, secondo quanto stabilito dall’art. 28, c. 2, delle Norme integrative. La vicenda decisa con la citata ordinanza 245/2006 sembra, però, smentire

206 L’istanza separata non è da notificare secondo A. PIZZORUSSO, La tutela cautelare nei

giudizi costituzionali sui conflitti fra enti, cit., 300-301, che richiama alcune decisioni (71/1968, 1/1972, 36/1979). In questo caso sarebbe opportuna la pubblicazione in Gazzetta ufficiale affinché ne vengano a conoscenza le autorità giurisdizionali che sono chiamate nel frattempo a pronunciarsi su rapporti che fondano sulle norme contestate.

207 Si veda ord. 168/1981. Non è, quindi, richiesta la forma scritta, che sarebbe surrogata dalla menzione della relativa dichiarazione orale nel processo verbale di udienza, secondo G. VOLPE, Art. 137, in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca, Art. 134-139, Bologna – Roma, 1981, 416.

208 N. SATTA, I procedimenti in camera di consiglio nella giustizia costituzionale e amministrativa, Milano, 1980, 69.

209 G. VOLPE, Art. 137, cit., 415. 210 E’ interessante notare che nel caso deciso con l’ordinanza 245/2006 la Regione

Emilia Romagna ricorreva avverso il decreto legislativo 152/2006, recante “Norme in materia ambientale”, limitatamente alle parti per cui si ritenevano sussistenti i presupposti per la concessione della misura cautelare, riservandosi l’impugnativa della restante parte con altro ricorso da notificarsi sempre nel termine di sessanta giorni dalla pubblicazione. Il decreto è stato pubblicato in Gazzetta il 14 aprile, il ricorso è stato notificato e depositato rispettivamente il 24 e 27 aprile, la camera di consiglio si è tenuta il 21 giugno, l’ordinanza è stata depositata il giorno successivo.

211 Ord. 83/1978, con nota di U. POTOTSCHNIG in Le Regioni, 1979, 140.

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una siffatta ipotesi, sicché bisogna attendere gli ulteriori sviluppi della giurisprudenza.

Si può rinunciare all’istanza cautelare, analogamente a quanto avviene col ricorso. Se la rinunzia è accettata dalla controparte, la Corte si limita a darne atto nel dispositivo212; in qualche caso l’adesione non è stata rilevata, benché la controparte fosse costituita213. Si potrebbe ammettere la sufficienza della sola rinunzia del ricorrente in caso di mancata (o non ancora avvenuta) costituzione dell’altra parte, come avviene per il merito214. Più in generale, non sarebbe, forse, il caso di sopravvalutare l’adesione del resistente: la rinuncia alla istanza di sospensiva non può essere assimilata alla rinuncia al ricorso, perché solo questa incide in maniera definitiva su di una posizione sostanziale215. La rinunzia, ammessa anche nel giudizio in via principale216, è in alcuni casi resa oralmente in camera di consiglio217.

Al di là delle difficoltà pratiche connesse ai tempi ristretti della fase cautelare, non sembra necessaria un’autorizzazione ad hoc, affinché il difensore possa ritirare l’istanza di sospensione, essendo una prerogativa della difesa tecnica e non essendo determinante per gli interessi azionati, atteso che l’istanza può essere sempre ripresentata.

Si potrebbe anche rinunziare parzialmente all’istanza così come è ammessa la rinunzia parziale al ricorso. La prassi evidenzia il dato per cui si può anche rinunziare alla “immediata” pronuncia sull’istanza cautelare, rinviando la trattazione all’udienza pubblica fissata per l’esame del merito218.

Va notato che nella riflessione della dottrina sul processo amministrativo sta maturando l’idea che, in osservanza del principio dispositivo, è onere della parte indicare il contenuto e gli effetti del provvedimento d’urgenza che richiede219. Nel processo civile alcuni ritengono che anche nella fase cautelare valga il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex 112 c.p.c.220; altri sostengono, invece, che onere della parte sia solo l’indicazione del bene cautelare perseguito in senso materiale, giacché è essenziale indicare la precisa esigenza di cautela da cui la parte è mossa221. E’ evidente che tale profilo problematico ha rilievo allorché il giudice possa scegliere tra più misure cautelari. Se nel processo costituzionale dovesse prevalere l’idea che la Corte può disporre la sola sospensione dell’atto impugnato, sarebbe superflua ogni precisazione da parte del ricorrente nella domanda cautelare.

212 Ad esempio, ord. 226/1986, 120/1983, 124/1983. Il dispositivo è il seguente “la

Corte costituzionale dà atto della rinunzia all’istanza di sospensione”. Con l’ordinanza 101/2001 la Corte invece dichiara il non luogo a provvedere.

213 Ad esempio, ord. 141/1983. 214 Ord. 239/1974, 164/1991, 234/1999. 215 A. PISANESCHI, Brevi note sulla “sospensiva” nel confitto tra Stato e Regione, cit., 74; G.

ZAGREBELSKY, Processo costituzionale, cit., 1987. 216 Sent. 3/2006, punto 2 del considerato in fatto: l’avvocatura dello Stato, pur

rinunziando all’istanza cautelare (per la quale, fra l’altro, non risulta accettazione della Regione resistente), precisa che resta fermo il ricorso.

217 Ord. 223/1986, 224/1986, 225/1986 (ove è riportata l’adesione dell’avvocatura). 218 Ord. 116/2004, 117/2004, 118/2004, 119/2004. 219 Così F. SAITTA, L’atipicità delle misure cautelari nel processo amministrativo, tra mito e

realtà, in www.giustizia-amministrativa.it. 220 Tra questi G TARZIA – A. SALETTI, Processo cautelare, in Enciclopedia del diritto, V

aggiornamento, 2001, § 3; F. TOMMASEO, Provvedimenti d’urgenza, ivi, vol XXXVII, 1988; da ultimo, C. MANDRIOLI, Diritto processuale civile, cit., 2006, 223.

221 G. VERDE, Appunti su procedimento cautelare, in Foro it., V, 1992, spec. 439.

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11. Lo svolgimento del procedimento. – E’ stato evidenziato, con riguardo ai conflitti tra enti, che per la trattazione dell’istanza cautelare non sono garantiti termini per la parte che la propone: vi è un’ampia discrezionalità della Corte anche in ragione dell’informalità della procedura che si inferisce dall’art. 28 delle Norme integrative222.

Per i giudizi in via principale, invece, pare evincersi dall’art. 35, L. 87/1953, che la Corte non possa adottare il provvedimento cautelare se non dopo venti giorni dalla notifica del ricorso, termine entro cui le parti possono presentare le loro deduzioni.

Nell’effettività, è il Presidente della Corte – analogamente a quanto avviene per la trattazione del merito – il vero dominus dell’istanza cautelare, giacché è nella sua disponibilità la fissazione della camera di consiglio223. E’ anche accaduto che, in casi limite, la domanda di sospensione sia stata trattata oltre cinquecento giorni dopo la sua presentazione224.

Si verifica, molto più frequentemente, che la trattazione nel merito della controversia assorba ogni ragione di provvedere sull’istanza cautelare225, sebbene sia trascorso un notevole intervallo temporale dall’introduzione della stessa226. La Corte, in tal modo, finisce per rinviare ad altre fasi del giudizio la risoluzione delle controversie, benché non vi siano richieste in tal senso delle parti227.

Tale modus operandi potrebbe essere oggetto di nuova considerazione. La trattazione della fase cautelare non è nella disponibilità della Corte o

del suo Presidente, essendo un potere che deriva alla parte dal diritto di difesa costituzionalmente sancito.

Può essere richiamato al riguardo – per effetto del rinvio contenuto nell’art. 22, L. 87/1953, al regolamento di procedura innanzi al Consiglio di Stato – l’art. 36, R.D. 642/1907, secondo il quale il giudice deve pronunciarsi sull’istanza cautelare nella prima udienza pubblica, successiva ai dieci giorni dalla notifica del ricorso, entro cui l’amministrazione (e le altre parti interessate) possono presentare memorie228.

222 A. PIZZORUSSO, La tutela cautelare nei giudizi costituzionali sui conflitti fra enti, cit.,

302. Secondo N. SATTA, I procedimenti in camera di consiglio nella giustizia costituzionale e amministrativa, cit., 68, nel fissare la camera di consiglio, si dovrebbe comunque assicurare il rispetto del termine per la presentazione delle memorie stabilito dall’art. 10 delle Norme integrative.

223 Sulla prosecuzione del processo per impulso del Presidente, G. ABBAMONTE, Il processo costituzionale italiano. II) Questioni di legittimità costituzionale promosse con ricorso, Napoli, 1962, 331 – 332.

224 Ad esempio, i casi decisi con le ordinanze 118 e 119 del 1983. 225 Sent. 150/1982, 337/2005 (di accoglimento di un ricorso depositato il 2

agosto2002), 21/2006 (di accoglimento di due ricorsi, depositati il 10 febbraio e il 12 agosto 2005, avverso atti la cui efficacia era limitata a sei mesi), 31/2006 (di accoglimento di un ricorso depositato il 12 luglio 2004). Ciò si verifica anche per le questioni di legittimità costituzionale: ad esempio sent. 198/2004 e 62/2005, peraltro, ques’ultima, con riferimento ad un decreto legge dell’anno precedente.

226 Sul punto R. ROMBOLI, Il conflitto di attribuzione tra lo Stato e le Regioni, in Aggiornamenti in tema di processo costituzionale (1987 – 1989), a cura di R. Romboli, Torino, 1990, 226 – 227, nota che la tecnica dell’assorbimento suscita notevoli perplessità allorquando la decisione di merito intervenga a distanza di anni.

227 S. GRASSI, Conflitti costituzionali, cit., 377; S. GRASSI, Il giudizio costituzionale sui conflitti di attribuzione tra Stato e regione e tra regioni, Milano, 1985, 287. Sul rapporto tra tempi di decisione e fase cautelare, si vedano anche P. BIANCHI, Il conflitto di attribuzione tra Stato e Regione, in Aggiornamenti in tema di processo costituzionale (1993-1995), cit., 322; L. MANNELLI, Il conflitto di attribuzione tra Stato e Regione, in Aggiornamenti in tema di processo costituzionale (1990-1992), a cura di R. Romboli, Torino, 1993, 246.

228 Così M. SCUDIERO, Linee propositive, cit., 245. Ravvisa la medesima esigenza P. BIANCHI, Il conflitto di attribuzione tra Stato e Regione, in Aggiornamenti in tema di processo

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Vi sarebbe, in tal modo, una coerenza dell’andamento del giudizio, tale da evitare andamenti processuali imprevedibili, che potrebbero dare luogo a trattamenti discriminatori. Si assiste, infatti, a casi in cui la fissazione della camera di consiglio avviene in tempi che sono a volte accettabili229, altre rapidissimi230 ed altre ancora molto lunghi231.

Se la Corte provvedesse tempestivamente (anche magari rigettando l’istanza), si eviterebbe anche l’eventualità di atti tesi a paralizzare l’efficacia dei provvedimenti impugnati: soluzione impropria a cui il ricorrente sarebbe costretto a ricorrere, proprio qualora la Corte tardasse a riscontrare la domanda di sospensione o non provvedesse alla sollecita fissazione della camera di consiglio.

Il principio del contraddittorio nella fase cautelare è assicurato sia nei conflitti intersoggettivi, in quanto debbono essere uditi i rappresentanti delle parti che possono presentare memorie e documenti (art. 28 delle Norme integrative)232, sia nei giudizi di legittimità, considerato che bisogna attendere il termine di venti giorni per la costituzione delle parti (art. 35, L. 87/1953).

Può essere esercitata anche attività istruttoria (art. 28 n.i.), il che, nell’ipotesi in cui non possa attendersi lo svolgimento di essa senza che si verifichi un pregiudizio irreparabile alla situazione sottesa alla domanda, dovrebbe implicare la possibilità di ordinanze sospensive interinali, destinate a diventare inefficaci all’esito dell’istruttoria233, allorché la Corte dovrà pronunciarsi “definitivamente” sulla domanda cautelare. Il modesto utilizzo del potere cautelare, da un lato, e del potere istruttorio, dall’altro, rende, quanto meno, inverosimile una tale prospettiva.

Infine, può essere disposta – per l’evidente connessione – la riunione delle istanze cautelari proposte in distinti giudizi: sia nei casi in cui questi siano promossi dallo stesso ente avverso più atti di altro ente234; sia laddove ciascun ente ricorre avverso il provvedimento dell’altro, determinando un intreccio fra ricorsi incidenti sulla medesima materia235.

costituzionale (1999 - 2001), cit., 171, secondo il quale sarebbe, però, necessaria una revisione delle norme integrative.

Vero è che normalmente nei giudizi amministrativi il suddetto termine è rispettato, ma va pure rilevato che è ammessa la possibilità che non sia trattabile l’istanza alla udienza immediatamente successiva allo spirare del termine e, in tal caso, sarà trattata all’udienza ancora successiva. Quando la riunione in camera di consiglio nella quale viene presa in esame l'istanza di sospensione del provvedimento impugnato non sia la prima successiva al suo deposito (purché dopo la scadenza del termine dilatorio di dieci giorni dalla sua notifica), nè quella ancora successiva, essa deve essere comunicata alle parti mediante biglietto di cancelleria, con l'utilizzazione anche del servizio postale, o, eventualmente, del telegrafo o del telefono, secondo quanto stabilito dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, 20 febbraio 1985, n. 2, in Foro amm., 1985, 18.

229 Come nel caso deciso con l’ordinanza (di accoglimento) 152/2006, laddove il ricorso proposto per conflitto intersoggettivo è stato depositato il 9 febbraio 2006 e la camera di consiglio è stata fissata per il 5 aprile successivo.

230 Non mancano casi in cui la camera di consiglio si è tenuta cinque giorni dopo il deposito dell’istanza cautelare proposta dopo la notifica del ricorso (ord. 535/02).

231 Vi sono casi in cui la sospensione è intervenuta dopo tre anni dal deposito del ricorso (ord. 41/01, conf intersogg) peraltro nella circostanza in ragione del promuovimento di una questione di legittimità costituzionale in via incidentale.

232 In questo caso non sono fissati termini per la loro presentazione il che dovrebbe indurre a ritenere che è possibile presentarli anche in camera di consiglio.

233 Ammessa in dottrina da N. SATTA, I procedimenti in camera di consiglio nella giustizia costituzionale e amministrativa, cit., 67

234 Ad esempio, ord. 21/1960. 235 Ad esempio, ord. 253/1974, 50/1977.

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12. La struttura e l’efficacia del provvedimento cautelare. – La forma del provvedimento cautelare è l’ordinanza, che deve essere motivata, tanto per i conflitti intersoggettivi, in virtù di quanto previsto dall’art. 40, L. 87/1953, quanto per i giudizi di legittimità, per effetto del rinvio dell’art. 35 al citato art. 40.

Si può notare che la motivazione sarebbe coerente con quanto stabilito dal sesto comma dell’art. 111 della Costituzione236, secondo cui debbono essere motivati tutti i provvedimenti giurisdizionali, e tra questi – non vi sono più dubbi – rientra la sospensione237. Pur essendo la decisione cautelare esercizio di discrezionalità da parte della Corte, “l’accoglimento dovrebbe essere correttamente motivato con la dimostrazione sia delle conseguenze gravi ed irreparabili prodotte dall’esecutorietà dell’atto sia dalla non manifesta infondatezza del ricorso principale”238. Si è visto sopra che spesso la Corte ricorre a motivazioni decisamente scarne239. E’ stato osservato, al riguardo, che l’obbligo di motivazione, che incombe sul giudice amministrativo, non può essere esteso al giudice costituzionale, giacché solo nel primo caso la motivazione è indispensabile essendo l’ordinanza cautelare impugnabile240: il ragionamento non convince, perché, portandolo alle estreme conseguenze, si dovrebbe pervenire alla conclusione che le pronunce cautelari del Consiglio di Stato non siano soggette all’obbligo di motivazione, in quanto non impugnabili nemmeno con ricorso in Cassazione. Può aggiungersi che la congrua motivazione delle decisioni si impone anche nei confronti della Corte, perché è essenziale ai fini della formazione del consenso intorno alla sua funzione.

Sotto altro aspetto, è stato affermato che è comprensibile il “ritegno” della Corte nell’esporre considerazioni che finiscono per essere, o per apparire, anticipazioni del giudizio definitivo241. Invero, la motivazione dell’ordinanza discende, in special modo, dall’esigenza che la stessa fornisca una regola (provvisoria) di comportamento, alla quale dovranno attenersi le parti fino alla decisione di merito.

L’ordinanza di sospensione può essere soggetta a termine o condizione242.

E’ interessante poi chiedersi se possa avere qualche spazio nel processo costituzionale la tutela ante causam, ossia se l’istanza cautelare possa addirittura precedere l’atto introduttivo del merito della questione o del conflitto, analogamente a quanto avviene nel processo civile.

Si è sostenuto in dottrina che lo stato di pendenza del conflitto, stante l’art. 40, L. 87/1953, resta “un presupposto del provvedimento di sospensione”243. La stessa Corte ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 21, L. 1034/1971, nella parte in

236 Ammesso che possa applicarsi anche ai giudizi costituzionali, ma il profilo meriterebbe maggiore approfondimento.

237 P. GIOCOLI NACCI, Considerazioni in tema di tutela cautelare, in Strumenti e tecniche di giudizio della Corte costituzionale (Atti del convegno, Trieste 26-28 maggio 1986), Milano, 1988, 515.

238 G. VOLPE, Art. 137, cit., 417. 239 S. GRASSI, Conflitti costituzionali, 377. Ma ovviamente vi sono anche casi in cui la

motivazione è congrua come nota anche A. PIZZORUSSO, La tutela cautelare nei giudizi costituzionali sui conflitti fra enti, cit., 303.

240 A. PISANESCHI, Brevi note sulla “sospensiva” nel confitto tra Stato e Regione, cit., 74. 241 G. MOR, La sentenza sospesa, in Le Regioni, 1980, 1010 ss., che ammette però la

necessità dell’esplicito riferimento all’inesistenza del fumus, in presenza di danni irreparabili e gravi, nel caso di diniego della misura invocata.

242 A. PIZZORUSSO, La tutela cautelare nei giudizi costituzionali sui conflitti fra enti, cit., 303.

243 G. VOLPE, Art. 137, in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca, Art. 134-139, Bologna – Roma, 1981, 415.

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cui non prevede siffatta forma di tutela nel processo amministrativo: questo sulla base di svariate ragioni, alcune delle quali possono riferirsi anche ai giudizi costituzionali244.

Al di là delle sollecitazioni derivanti dall’ordinamento comunitario245, la questione, in concreto, perde ogni rilievo nei giudizi innanzi alla Corte, considerato il suo parsimonioso esercizio del potere cautelare. Tra l’altro, si porrebbe l’ulteriore problema di chi debba accordare siffatta tutela, poiché, nei processi comuni, il compito è normalmente affidato al Presidente dell’organo giudiziario adito. Potrebbero applicarsi le disposizioni relative al processo amministrativo, in virtù del rinvio ad esse compiuto dall’art. 22, L. 87/1953, con l’effetto che al Presidente della Corte risulterebbe assegnata tale competenza. D’altronde, ciò sarebbe in sintonia con quanto stabilito per i procedimenti di messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica: l’art. 17, c. 3, delle relative Norme integrative, infatti, dispone che il Presidente della Corte, in caso di eccezionale urgenza, può adottare i provvedimenti cautelari, convocando immediatamente il collegio per le risoluzioni definitive.

Inoltre, qualche circostanza avvicinabile alla cosiddetta tutela inaudita altera parte, può essere rinvenuta nei conflitti interorganici, allorché la Corte, come pure si è verificato, sia chiamata a pronunciarsi sulla sospensione dell’atto impugnato, durante la preventiva fase del giudizio tesa a verificare l’ammissibilità del ricorso, che, come noto, si svolge in assenza di contraddittorio246.

E’ importante, infine, qualche osservazione circa l’efficacia della pronuncia cautelare di accoglimento.

Non sembra che la sospensione interessi unicamente l’esecuzione materiale dell’atto impugnato, benché la lettera dell’art. 40, L. 87/1953, ad essa si riferisca. In realtà, analogamente a quanto accade nel giudizio amministrativo247, la sospensione può – e forse, in alcuni casi, deve – avere

244 Come ad esempio la possibilità di abbreviazione dei termini. La sentenza in

questione è la 179/02. 245 In special modo nella materia degli appalti pubblici. Si veda Corte di giustizia, sez.

VI, 15 maggio 2003, n. 214, in Diritto processuale amministrativo, 2003, 1155, con nota di P. LAZZARA, Tutela cautelare e misure d’urgenza nella giurisprudenza della Corte di giustizia; nonché L. QUERZOLA, La Corte di giustizia ancora come il Benvenuto Cellini dei diritti processuali nazionali: tutela cautelare e processo amministrativo spagnolo (o europeo?), ivi, 2004. E, ancora, Corte di giustizia, sez. IV, 29 aprile 2004, n. 202, in Foro amm. CDS, 2004, 1000, con nota di P. LAZZARA; nonché R. LEONARDI, La Corte di giustizia interviene nel controverso dibattito in materia di tutela cautelare ante causam, in Foro amm. TAR, 1223. Ne è scaturito che l’art. 245, D. Lgs. 163/2006, recante il “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”, stabilisce ora che, in caso di eccezionale gravità e urgenza, il soggetto legittimato al ricorso può proporre al Presidente del Tribunale amministrativo regionale competente per il merito istanza, previamente notificata, per l'adozione delle misure interinali e provvisorie che appaiono indispensabili durante il tempo occorrente per la proposizione del ricorso di merito e della domanda cautelare. Il Presidente, o il giudice da lui delegato, provvede sull'istanza, sentite, ove possibile, le parti, e omessa ogni altra formalità. Su questo argomento si veda R. DE NICTOLIS, Il nuovo contenzioso in materia di appalti pubblici, cit., spec. 500 e ss.

La novità potrebbe innescare un fenomeno di più ampie dimensioni. Lo stesso Consiglio di Stato, chiamato ad esprimere un parere sul citato codice, ha segnalato, infatti, la necessità di assumere le opportune iniziative per estendere la tutela cautelare ante causam dal settore dei pubblici appalti a tutto il processo amministrativo, anche al fine di evitare eventuali censure per disparità di trattamento, così Consiglio St., Atti norm., 6 febbraio 2006, n. 355, in Dir. e giust., 2006, n. 28, 110.

246 Il Bundesverfassungsgericht può adottare ordinanze inauditer partes, che possono essere opposte dalle parti interessate. Sul punto J. LUTHER, La giustizia costituzionale nella Repubblica federale di Germania, in Esperienze di giustizia costituzionale, cit., tomo I, spec. 177 – 178.

247 Per tutti A. TRAVI, Sospensione del provvedimento impugnato, cit., 375.

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capacità espansiva e, dunque, travolgere (sia pure provvisoriamente) l’efficacia dell’atto, così da bloccarne qualsiasi effetto costitutivo. E’ allora comprensibile che nei conflitti intersoggettivi la Corte, nel determinarsi per il rigetto della domanda di sospensione, abbia dato rilievo, in alcune pronunce, alla circostanza che già fosse stato eseguito il provvedimento impugnato248: questo si spiega sulla base della natura dell’atto, quasi sempre a contenuto concreto o puntuale. Ma nei giudizi di legittimità costituzionale è verosimile che la sospensione interessi l’efficacia (oltre che l’esecuzione) degli atti, data la loro distinta natura. E’ inevitabile, quindi, aderire ad un’accezione larga dell’oggetto della sospensione, potendo appunto trattarsi dell’esecuzione e/o dell’efficacia, a seconda dei casi concreti sottoposti al giudice costituzionale: è decisiva, a tal fine, una valutazione caso per caso, tenendo conto del dispositivo dell’ordinanza in relazione alla motivazione e, in particolare, dell’interesse che la misura cautelare intende salvaguardare.

L’inefficacia dell’atto, evidentemente, non vuol dire che esso sia inesistente, non solo perché difficilmente gli effetti medio tempore prodotti possono essere eliminati, ma perché – analogamente a quanto avviene per l’atto sospeso dal giudice amministrativo249 – l’organo competente potrebbe revocarlo, annullarlo o, qualora vi siano vizi formali, emendarli rinnovando il procedimento.

Si è dell’avviso che, salve limitazioni espressamente indicate nell’ordinanza250, l’accoglimento debba avere effetto erga omnes in relazione ad atti aventi contenuto normativo251. Con l’inevitabile conseguenza che sarebbero interessate dalla misura cautelare sulla legge statale anche le regioni che non avessero proposto ricorso (o che lo avessero proposto per motivi differenti), profilandosi in tal caso un problema di partecipazione al giudizio degli enti “controinteressati”252, così come avviene per le pronunce di merito.

E’ condivisibile pure che, in consonanza con l’esperienza del giudice amministrativo, la sospensione abbia efficacia ex nunc in quanto sarebbe incoerente col suo carattere di provvisorietà “una sua esecuzione che si traduca nella rimozione degli effetti di attività già compiute”253.

Gli effetti dell’ordinanza di accoglimento, viceversa, vengono meno ex tunc con la decisione di merito sfavorevole o nel caso in cui il processo si estingua, mentre si consolidano con l’accoglimento del ricorso in tutto o, anche solo, in parte, ove, evidentemente, con la sentenza sia stato accolta soltanto parzialmente la domanda principale254.

Non dovrebbe esservi alcun condizionamento dell’esito della fase cautelare sulla decisione nel merito, ma spesso – forse con eccessiva

248 Ord. 21/1960, 70/1966, 122/1983, 123/1983. 249 D.M. TRAINA, La proposizione del ricorso e la tutela cautelare, cit., 538. 250 Limitazioni che potrebbero essere motivate, ad esempio, o per lo specifico parametro

invocato dalla Regione ad autonomia speciale, oppure dal mancato coinvolgimento della sola Regione ricorrente nei moduli cooperativi preordinati alla formazione dell’atto impugnato.

251 A. RUGGERI, Note introduttive ad una lettura della legge La Loggia, in I processi di attuazione del federalismo in Italia, cit., 50-51, sarebbe logico riconoscere carattere relativo alla sospensione della legge perché altrimenti basterebbe per la paralisi della legislazione statale il ricorso a turno delle regioni; mentre a considerare il dato testuale dovrebbe propendersi per la sospensione assoluta, fatta eccezione per i ricorsi delle regioni a statuto speciale o specializzate ex art. 116, c. 3, della Costituzione.

252 Sul punto le considerazioni di S. BARTOLE, Considerazioni sul funzionamento della Corte costituzionale, cit., 79.

253 A. PIZZORUSSO, La tutela cautelare nei giudizi costituzionali sui conflitti fra enti, cit., 306.

254 A. PIZZORUSSO, La tutela cautelare nei giudizi costituzionali sui conflitti fra enti, cit., 306.

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accortezza – nel dispositivo, sia delle ordinanze di rigetto sia di quelle di accoglimento, è adoperata la formula “riservata ogni pronuncia sul rito e sul merito del ricorso”.

Per i giudizi di legittimità costituzionale, tuttavia, vi sarebbe un condizionamento procedurale nel caso di emanazione del provvedimento cautelare, perché l’art. 35, L. 87/1953, stabilisce che l’udienza di discussione è fissata entro i successivi trenta giorni e il dispositivo della sentenza è depositato entro i successivi quindici dall’udienza stessa255.

Nell’esperienza dei conflitti si rilevano precedenti per i quali nell’ordinanza di accoglimento è fissato il giorno per la trattazione del ricorso256, oppure il rinvio ad una successiva camera di consiglio per la parte del provvedimento non immediatamente sospesa, ove mai non sia intervenuta a quella data la decisione di merito257.

La sospensione, in base a nuovi elementi di fatto e di diritto, può anche essere revocata o modificata, ancorché, come notato, la presunta brevità del processo costituzionale che si svolge in unico grado non dovrebbe offrire molte occasioni alla Corte per tornare su proprie decisioni258. La revoca presupporrebbe l’istanza da parte del soggetto interessato, ma nel caso dei giudizi di legittimità si potrebbe prescindere dalla domanda, coerentemente col potere d’ufficio previsto per la emanazione della misura cautelare; potere d’ufficio che è stato ipotizzato anche nel processo civile, quando, a seguito degli sviluppi del giudizio di merito, maturi un differente convincimento del giudice riguardo alla fondatezza della tutela cautelare259.

Anche qui tuttavia l’ipotesi è a dir poco teorica, perché, verosimilmente, la Corte eserciterà d’ufficio il potere cautelare quando sarà più saldamente orientata a considerare invalida la legge, sicché sarà, in pratica, impossibile la revoca dell’ordinanza.

L’unica misura cautelare prevista dalla legge è la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato. L’art. 35, rinviando all’art. 40, non ha introdotto innovazioni al riguardo. Nel processo amministrativo la riforma del 2000 ha, invece, ampliato il novero delle misure cautelari, ma, come è stato pure rilevato260, la precedente elaborazione giurisprudenziale aveva già ampliato il concetto di sospensiva, tant’è che, venti anni prima della citata riforma, era stata coniata la definizione di “sospensiva propulsiva”, resa con riferimento a comportamenti omissivi dell’amministrazione.

Si è già detto, con riguardo ai conflitti interorganici (ma analogo discorso può farsi per quelli intersoggettivi), che, se l’interesse che muove il

255 Può rilevarsi che in tal caso vi sarebbe una sfasatura tra la motivazione e il

dispositivo, che nel caso di accoglimento del ricorso potrebbe rivelarsi, quanto meno, inopportuna. Infatti, da un lato, il ricorrente non avrebbe alcun giovamento dal solo dispositivo, essendo la situazione di cui è titolare “protetta” dal provvedimento cautelare, e, dall’altro, entrambe le parti non avrebbero – senza la motivazione – la possibilità di intendere il percorso argomentativo a supporto della decisione, circostanza che è essenziale per la conformazione dei rapporti. E’ poi evidente l’inutilità di questo meccanismo nel caso di sentenze interpretative, lì dove il dispositivo si stringe alla motivazione senza ammettere alcuna soluzione di continuità.

256 Ord. 74/1965 (di accoglimento), 74/1967 (di accoglimento), 113/1969 (di rigetto), 114/1969 (di rigetto).

257 Ord. 1040/88. 258 A. PIZZORUSSO, La tutela cautelare nei giudizi costituzionali sui conflitti fra enti, cit.,

303. 259 G TARZIA – A. SALETTI, Processo cautelare, in Enciclopedia del diritto, V aggiornamento,

2001, § 8, sebbene esprimano il loro contrario avviso. Il novellato art. 669-decies farebbe intendere necessaria la proposizione dell’istanza della parte interessata.

260 F. SAITTA, L’atipicità delle misure cautelari nel processo amministrativo, tra mito e realtà, in www.giustiza-amministrativa.it.; in argomento, anche, C. CACCIAVILLANI, Giudizio amministrativo di legittimità e tutele cautelari, Padova, 2002, spec. 181 ss.

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ricorrente non può essere adeguatamente soddisfatto con una misura di carattere conservativo, quale la mera sospensione dell’esecuzione o dell’efficacia dell’atto, sarà inevitabile per la Corte individuare il rimedio più idoneo. La misura cautelare può superare lo schermo fragile della sospensione ed assumere il contenuto più adeguato a proteggere la situazione giuridica minacciata dal provvedimento impugnato: non importa, a tal fine, quale sia il contenuto del dispositivo (accoglimento o rigetto), ma è decisivo, piuttosto, valutare il contenuto della motivazione261.

Se la sospensione è la misura cautelare più confacente al mero annullamento dell’atto impugnato, non altrettanto può dirsi – specialmente, nei giudizi sulle leggi – in relazione a quelle pronunce (additive e sostitutive) con le quali la Corte non si limita a demolire la norma impugnata, ma ne completa o ne sostituisce il contenuto. E’ forse più difficilmente ipotizzabile, in tali casi, la sussistenza di un danno grave ed irreparabile. Non è qui possibile una disamina più approfondita. Tuttavia, si può rilevare che le ordinanze della Corte potranno essere strutturate con carattere interpretativo (specie di rigetto): non a caso molte volte il ricorso mira appunto ad ottenere dal giudice costituzionale la sanzione di una certa interpretazione della disposizione. Questa esigenza, qualora ricorrano gli altri presupposti262, potrebbe trovare adeguato soddisfacimento già nella fase cautelare che risulterebbe così fruttuosa per la successiva attività di tutte le parti del giudizio.

Se ciò avvenisse, probabilmente il processo costituzionale risulterebbe ancora più allineato al processo comune e, in particolare, a quello amministrativo, con riguardo al quale è stato, appunto, evidenziato che “la forma generalissima della funzione cautelare […] è realmente […] correzione della funzione per quanto necessaria a far fronte all’urgenza”263.

13. Conclusioni. – La misura cautelare nel processo costituzionale resta

eccezionale. Ed è un bene che sia così: non è auspicabile che l’incidente cautelare diventi una fase di routine, come è accaduto nel processo amministrativo264. Se tali sviluppi si avessero anche nei giudizi innanzi alla Corte vi sarebbero serie conseguenze per la certezza del diritto e, più in generale, per la tenuta del sistema.

Tuttavia, neppure sembra potersi condividere che, in molti casi, la Corte non fissi la camera di consiglio per la trattazione dell’istanza cautelare proposta, col risultato di vederla assorbita nella pronuncia di merito, anche perché quest’ultima evenienza è frutto della decisione (immotivata) del solo Presidente. L’esame dell’istanza è nella disponibilità della parte che la propone: il giudice costituzionale può solo rifiutarsi di accoglierla, ove manchino i presupposti. Dovrebbe, quindi, trovare applicazione il rinvio alle norme del processo amministrativo, con l’effetto che la domanda di sospensione andrebbe trattata nella prima camera di consiglio utile dopo la notificazione del ricorso.

L’esatto adempimento di questo incombente processuale abbinato all’estremo rigore con il quale la Corte esamina le domande di sospensione

261 Già P. GIOCOLI NACCI, Considerazioni in tema di tutela cautelare, cit., 518 - 519, non

escludeva che la misura cautelare nei conflitti intersoggettivi avesse potuto assumere carattere non conservativo.

262 Sul punto si veda anche A. CELOTTO, Il (pericoloso) consolidarsi delle “ordinanze interpretative”, in Giur. cost., 2003, 1462.

263 G ABBAMONTE – R. LASCHENA, Giustizia amministrativa, in Trattato di diritto amministrativo, diretto da G. Santaniello, vol. XX, Padova, 1997, 270.

264 A. TRAVI, Sospensione del provvedimento impugnato, cit., 384.

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potrebbe, da un lato, favorire la maggiore trasparenza dell’andamento del processo e, dall’altro, evitare il rischio di un ulteriore carico dei ruoli della Corte265.

Peraltro, se sapientemente dosato, il rimedio cautelare potrebbe procurare notevoli benefici al sistema nel suo insieme. La camera di consiglio, tempestivamente fissata, potrebbe, infatti, essere la sede “certa” data alle parti per esporre al giudice le loro ragioni e ottenere, eventualmente, la fissazione del merito a breve.

Non solo, ma potrebbe essere anche l’occasione in cui la Corte può offrire la regola alle quali le parti dovranno temporaneamente uniformarsi fino alla pronuncia di merito. Tutto questo attraverso una motivazione succinta, che, indipendentemente dal dispositivo, se di rigetto o di accoglimento, potrebbe consistere nel sintetico riferimento al punto di diritto o di fatto rilevante266.

Si potrebbe in questo modo anche favorire la successiva risoluzione della lite, con l’ulteriore vantaggio di attenuare l’importanza della pronuncia definitiva, con la quale la Corte potrebbe, nella generalità dei casi, limitarsi a prendere atto della cessazione della materia del contendere. Si potrebbe immaginare, in tal caso, una modifica (legislativa o regolamentare), per effetto della quale, nel caso di emanazione dell’ordinanza (di rigetto o di accoglimento), la fissazione del merito fosse subordinata alla presentazione, entro un certo tempo, di un’istanza della parte ancora interessata ad ottenere la pronuncia definitiva267. Di tal che, se le parti si accordassero o se non avessero interesse a coltivare ulteriormente il ricorso, la Corte potrebbe limitarsi a pronunciarne, sul modello del processo amministrativo, l’estinzione: la fase cautelare risulterebbe, quindi, un fattore di alleggerimento del carico dei ruoli. Gli istituti processuali sarebbero così posti al servizio delle esigenze sostanziali delle parti secondo il modello cooperativo che si è affermato sia nei rapporti tra enti sia in quello tra poteri268.

E’ stato osservato che “la certezza della resa di giustizia in tempi utili è il vero strumento di prevenzione della illegittimità nonché del corretto e produttivo esercizio del potere, che può derivare, come spesso deriva, da chiarificative indicazioni del giudice”269.

Peraltro, quello che può sembrare un limite al sistema dei rimedi cautelari nel processo costituzionale – ovvero che l’unico strumento offerto sia

265 Giacché, probabilmente, il ricorrente, se non è certo della concessione della misura,

eviterà di arrivare alla sede di merito con una pronuncia cautelare sfavorevole, che, nel frattempo, “rafforzerebbe” la posizione della controparte.

266 Un esempio incoraggiante può essere costituito dall’ordinanza 152/2006, con la quale, in un conflitto intersoggettivo, la Corte sospende la conferma del Commissario straordinario dell’Ente parco nazionale dell’arcipelago toscano, in quanto non preceduta da una apprezzabile attività per addivenire all’intesa. In tal caso la Corte sospende l’atto di nomina che è confermativo di altro già in precedenza da essa annullato. In tal caso la sospensione rievoca una “specifica competenza cautelare” riconosciuta alla Cour d’arbitrage in Belgio. Sul punto N. VIZIOLI, La giustizia costituzionale in Belgio, in Esperienze di giustizia costituzionale, cit., tomo II, spec. 426 – 427.

267 Sul punto, ancora, M. SCUDIERO, Linee propositive, cit., 245. 268 Sulla cooperazione la letteratura è sterminata. In particolare per quanto concerne la

giustiziabilità del dovere di leale collaborazione, si veda B. DE MARIA, Sanzionabilità e giustiziabilità dei doveri costituzionali, relazione al convegno I doveri costituzionali. La prospettiva del giudice delle leggi, Acqui Terme, 2006, spec. par. III.2, in corso di pubblicazione; più in generale sul tema, tra i tanti, G. FERRAIUOLO, Leale collaborazione: un principio costituzionale supremo?, in Giurisprudenza costituzionale e principî fondamentali. Alla ricerca del nucleo duro delle costituzioni, a cura di S. Staiano, Torino, 2006, 691 ss.

269 G ABBAMONTE, Attualità e prospettive di riforma del processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2004, 315 ss.

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quello della sospensione – potrebbe rivelarsi un fattore di forza, perché è importante superare il diaframma del dispositivo e dare rilievo alla motivazione: è qui che deve essere indicato, ancorché succintamente, il nucleo problematico della vicenda portata all’attenzione della Corte.

Un tale percorso non dovrebbe suscitare allarmi, se si considera, fra l‘altro, che “il processo costituzionale non è la culla delle coerenze processuali poiché in esso si celebra una vicenda che riguarda l’effettività del sistema di governo nel suo complesso”270.

Dunque la Corte deve essere soggetto attivo dei meccanismi cooperativi, non ritraendosi – a volte quasi aprioristicamente – dall’esercizio del potere cautelare ad essa affidato, ma esercitandolo con l’equilibrio che ha dimostrato di possedere in cinquanta anni di attività.

Osservava Piero Calamandrei che “per trovar la giustizia, bisogna esserle fedeli: essa come tutte le divinità, si manifesta soltanto a chi ci crede”271.

Orbene, se i vari soggetti del pluralismo istituzionale si rivolgono alla Corte, perché questa non dovrebbe “manifestarsi” tempestivamente?

I “devoti” trarrebbero, di certo, nuove ragioni per alimentare la propria fiducia nel sistema della giustizia costituzionale.

270 C. MEZZANOTTE, Processo costituzionale e forma di governo, in Giudizio “a quo” e

promovimento del processo costituzionale (Atti del seminario svoltosi in Roma Palazzo della Consulta nei giorni 13 e 14 novembre 1989), Milano, 1990, spec. 69. Sul tema anche le considerazioni di G. ZAGREBELSKY, Diritto processuale costituzionale?, ivi, 105 ss.; nonché S. PANUNZIO, Qualche riflessione sulla “elasticità” delle regole procedurali nel processo costituzionale, ivi, 259 ss.

271 P. CALAMANDREI, Elogio dei giudici scritto da un avvocato, Milano, 1999 (ristampa), 3.