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la musica che unisce 1 I SOLISTI AQUILANI DIREZIONE ARTISTICA Vincenzo Mariozzi Associazione I SOLISTI AQUILANI – Ente morale anno di fondazione 1968 Ministero per i Beni Provincia di Brindisi Comune di Mesagne e le Attività Culturali MARCO RAPATTONI, pianoforte I SOLISTI AQUILANI VINCENZO MARIOZZI, direttore Mesagne - Sabato 6 agosto 2011 - Chiesa Matrice, ore 21.00 UNIONE EUROPEA FONDO SOCIALE EUROPEO 44 a STAGIONE CONCERTISTICA L’AQUILA INCONTRA BRINDISI “LA MUSICA CHE UNISCE”

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la musica che unisce 1

I SOLISTI AQUILANIDIREZIONE ARTISTICAVincenzo MariozziAssociazione I SOLISTI AQUILANI – Ente morale anno di fondazione 1968

Ministero per i Beni Provincia di Brindisi Comune di Mesagnee le Attività CulturaliMinistero per i Beni Provincia di Brindisi Comune di Mesagne

MARCO RAPATTONI, pianoforteI SOLISTI AQUILANIVINCENZO MARIOZZI, direttore

Mesagne - Sabato 6 agosto 2011 - Chiesa Matrice, ore 21.00

UNIONE EUROPEAFONDO SOCIALE

EUROPEO

Ministero per i Beni Provincia di Brindisi Comune di Mesagne

44a STAGIONECONCERTISTICA

L’AQUILA INCONTRA BRINDISI “LA MUSICA CHE UNISCE”

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MARCO RAPATTONI

Si è diplomato giovanissimo in pianoforte con Vera Gobbi Belcredi presso il Conservatorio di Santa Ceci-lia in Roma, ha studiato composizione con Rosolino Toscano e Firmino Sifonia, dopo essere stato iniziato allo studio della musica da Maria Michelini.Ha conseguito il Master in Artist Diploma della In-diama University of Music di Bloomington, vincendo una selezione internazionale bandita da una dele più prestigiose università musicali americane, specializ-zandosi con il pianista ungherese Gyorgy Sebok. A Bloomington ha continuato gli studi di musica da camera, composizione e direzione d’orchestra. Ha quindi collaborato per molti anni con nomi quali Franco Gulli, di cui è stato assistente per la musi-ca da camera, oltre che essere stato a contatto con il violoncellista Janos Starker e Joseph Gingold, in innumerevoli master nel campus di Bloomington. Ha tenuto in quegli anni numerosi recitals e prime esecuzioni con un repertorio cameristico che lo ha visto collaborare con artisti in residence provenienti

WOLFGANG AMADEUS MOZART

Divertimento n. 3 in fa maggioreper archi K 138

Allegro/Andante/Presto

Concerto n. 12 in la maggiore K 414per pianoforte e orchestra

Allegro/Andante/Allegretto

Concerto n. 14 in mi bemolle maggiore K 449 per pianoforte e orchestra

Allegro vivace/Andantino/Allegro ma non troppo

Serenata notturna n. 6 in re maggiore K 239per archi e timpani

Marcia/Menuetto/Rondò

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da tutto il mondo. È stato scelto da G. Sebok per l’esecuzione del teerzo concerto di Bartok nel Fe-stival Bartok di Szombathely in Ungheria, sotto la direzione di L. Somoghj, che è stato anche suo in-segnante per la direzione. Ha inoltre ripetutamente partecipato ai Festivals del Banff Centre of the Arts in Canada e dell’Ernen Musikdorf in Svizzera. In Ita-lia ha vinto il premio della Rassegna Internazionale Stampa Sera, a cura delle “Nuove Proposte Concerti-stiche” del CIDIM, presso la Sala Grande del Conser-vatorio di Torino e ha vinto la selezione dell’Aterfo-rum per il Festival Lisztiano di Ferrara, tenendo poi concerti dedicati a Liszt e Bartok. Ha suonato per importanti istituzioni musicali quali la Barattelli del-l’Aquila, l’Associazione Universitaria dei Concerti di Roma, la Filarmonica Laudamo di Messina, l’Ange-licum di Milano, la Fondazione Toscanini di Parma, apparendo anche con prestigiose orchestre quali la stessa Toscanini, sotto la direzione di G. Gavazzeni, la Filarmonica Rubistein di Lodz con il secondo con-certo di Saint Saens e la Filarmonica di Pesaro, con il primo concerto di Chopin e Liszt, sotto la direzione di Michele Marvulli. È stato ripetutamente in tour-

née in Germania, Ungheria e Italia con la Budapest Chamber Orchestra, con cui ha inciso Malediction, di Franz Liszt, e ha eseguito un vasto repertorio di concerti per pianoforte e orchestra da camera di Mozart nella doppia veste di direttore e solista. Ha eseguito il Concerto in Do di Rota, dedicato a Bene-detti Michelangeli, in prima esecuzione e diretta ra-diofonica al Festival di Radio France di Montpellier, con l’Orchestra dell’Opera di Lione diretta da James Judd e poi nella stagione sinfonica dell’Opera di Lio-ne. A Milano ha partecipato al progetto “John Cage e Andy Warhol” dell’Associazione Aism all’Auditorium del Palazzo delle Stelline e alla rassegna “Beetho-ven e i contemporanei” per la stagione della Socie-tà Umanitaria, organizzata in collaborazione con il Progetto Collettività del Teatro alla Scala per giova-ni e lavoratori. Ha tenuto seminari per la Scuola di Musica per la Didattica di Fiesole. È stato invitato dall’Istituzione Sinfonica Abruzzese per l’esecuzio-ne dei concerti di Shostakowich. Direttore Artistico del “Progetto Palcoscenico” di Alta Formazione Mu-sicale, per cameristi e strumentisti, che la Regione Abruzzo attua in collaborazione con la Fondazione

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del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, l’Accade-mia del Teatro alla Scala e l’Istituto Musicale Pesca-rese, in un’esperienza, prima in Abruzzo, di studio e produzione musicale sponsorizzata dalla Comunità Europea. In passato ha collaborato con l’Accademia Musicale Pescarese sia in veste di direttore che soli-sta. È docente di Pianoforte Principale presso il Con-servatorio “G. Verdi” di Milano.

VINCENZO MARIOZZI

Direttore artistico e musicale dei Solisti Aquilani è stato primo clarinetto solista nell’Orchestra dell’Ac-cademia Nazionale di Santa Cecilia dal 1968, ha studiato con Gambacurta presso il conservatorio di Roma dove ha poi insegnato per molti anni. Già primo clarinetto solista dell’Orchestra del Teatro Massimo di Palermo, ha ricoperto lo stesso ruolo nella World Symphony Orchestra. Nel 1967 è sta-to premiato al Concorso internazionale di Ginevra. Come solista ha tenuto concerti sotto la direzione di Markevich, Kurz, Previtali, Zecchi, Ceccato, Ren-

zetti, Marriner, U. Benedetti Michelangeli, Maag, Sinopoli, Sawallisch, Giulini e Gatti. Svolge anche un’intensa attività cameristica con tournée in Spa-gna, Belgio, Austria, Francia, Germania, Unione Sovietica, Australia, Nord e Sud America. Molto ap-prezzata in occasione del bicentenario mozartiano, la sua interpretazione del Concerto K 622, proposta anche al prestigioso festival Europa Mozart Praha. Ha effettuato molte registrazioni per la Rai e diverse incisioni discografiche, le più recenti sono dedicate alle sonate per clarinetto di Brahms e al concerto di Mozart con l’Orchestra da Camera di Mantova oltre ai quintetti per clarinetto di Mozart e di Brahms per l’etichetta Hamphlion. Apprezzatissimo didatta del suo strumento, tiene corsi e masterclass in Italia e all’estero. Fondatore e direttore artistico del Festi-val Internazionale di Fiuggi, ha debuttato come di-rettore d’orchestra nei principali teatri di Caracas e Lima riscuotendo un grande successo di critica e di pubblico. Ha diretto, per la stagione lirica del Tea-tro “Petruzzelli” di Bari, Così fan tutte di Mozart, con notevole successo e apprezzamenti da parte della critica specializzata.

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I SOLISTI AQUILANI

Si costituiscono nel 1968 sotto la guida di Vittorio Antonellini, su ispirazione e con la collaborazione dell’avvocato Nino Carloni, già fondatore della socie-tà dei concerti dell’Aquila. Vittorio Antonellini li ha condotti per oltre trent’anni. Successivamente sono stati diretti da Franco Mannino e da Vittorio Parisi. L’attuale direttore è Vincenzo Mariozzi.Il Complesso, il cui organico si avvale di strumentisti di alto livello che ruotano nei ruoli all’interno della formazione e sono in grado di sostenere parti soli-stiche di elevato impegno virtuosistico e interpreta-tivo, ha un repertorio che abbraccia le più diverse epoche musicali, da quella pre-barocca alla musica contemporanea, con particolare riguardo ai compo-sitori italiani, senza trascurare interessanti incursio-ni nel teatro d’opera.Per l’ottimo livello delle esecuzioni, l’alto numero dei concerti effettuati, oltre duemila, l’ampio reper-torio, la vastissima dislocazione dei centri raggiunti e l’unanime consenso di pubblico e di critica, I So-

listi Aquilani hanno conquistato una precisa e inso-stituibile posizione nel quadro delle più prestigiose formazioni cameristiche internazionali.In aggiunta alla presenza nei principali cartelloni musicali italiani, sono stati protagonisti di numerose e importanti tournée in Europa, in Medio Oriente, in Africa, in America, Vietnam e Singapore, ospiti delle più prestigiose sale da concerto in America Centrale e del Sud, Austria, Canada, Finlandia, Francia, Ger-mania, Gran Bretagna, Irlanda, Jugoslavia, Libano, Malta, Polonia, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Tunisia, Turchia, Ungheria, Egitto, Lituania, Slovenia, Croa-zia, Giappone.Importanti e significative sono le collaborazioni del Complesso con i più grandi solisti di rilevanza inter-nazionale.Nel 2009 I Solisti Aquilani hanno tenuto un concerto a New York nel Dag Hammarskjold Library Audito-rium del Palazzo dell’ONU.Numerose sono le incisioni discografiche e registra-zioni radiofoniche e televisive in Italia, America Cen-trale e del Sud, Germania, Spagna, Svizzera, Stati Uniti e Giappone.

I SOLISTI AQUILANI

Violini primiIrene Tella – Lorenzo Fabiani

Patrizia De Carlo – Federico Cardilli

Violini secondiPlamena Krumova - Alessandro Marini

Andrea Di Mele – Alessio Gabriele

VioleFabrizio De Melis – Luana De Rubeis

Margherita Di Giovanni

VioloncelliGiulio Ferretti – Giancarlo Giannangeli

ContrabbassoMauro Vaccarelli

TimpaniTommaso Capuano

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Wolfgang Amadeus Mozart(Saliburgo, 27 gennaio1756 – Vienna, 5 dicembre 1791)

Secondo un’opinione ormai diffusa in tutti gli ambienti musicali, Mozart fu “il compositore più universale nella storia della musica occidentale”, un caso miracoloso nel-la storia della musica. Morto a trentasei anni, lasciò circa 630 opere, tutte di straordinario livello artistico. Il som-mo poeta tedesco Goethe sosteneva che tutte le opere di Mozart sono geniali e v’è in esse una forza creativa che continua ad agire, di generazione in generazione, e che mai dovrebbe esaurirsi”. Uno dei maggiori filosofi dell’Ot-tocento, Friedrich Nietzsche, racchiudeva un giudizio co-mune tra artisti e intellettuali scrivendo che Mozart rap-presenta lo spirito apollineo della musica.I tratti caratteristici del cosiddetto stile classico, che con-nota la musica scritta durante la seconda metà del Sette-cento, possono essere ritrovati senza difficoltà nella mu-sica di Mozart giacché chiarezza, equilibrio e trasparenza sono elementi distintivi di ogni sua composizione. Anche chi insiste sulla grazia della musica mozartiana, non può nascondere la potenza eccezionale di alcuni suoi capola-vori, come il Concerto per pianoforte in do minore K 491, la Sinfonia in sol minore K 550, l’opera Don Giovanni.La grandezza di Mozart non va cercata nel materiale con

il quale egli si è cimentato, pronto a rifiutare ciò che gli era estraneo e a ricreare ed assimilare gli elementi con-geniali, ma nella sua forza creativa. Tale originalità, fonte e radice di durevolezza, nasce dal carattere sostanzial-mente diverso, originale e duraturo, delle forme musicali mozartiane, anche in presenza di innegabili reminiscen-ze di modelli contemporanei. Rispetto al cosiddetto stile galante, che dominava nel Settecento con le sue cadenze, l’uso di frasi simmetriche articolate in strutture chiare e l’enfasi su frasi sviluppate con pochi accordi (reazione all’eccessiva complessità della musica tardobarocca), Mo-zart elevò il linguaggio musicale al più alto grado di ra-zionalità e di equilibrio dello spirito, al punto che Goethe gli riconobbe i caratteri che segnarono il periodo aureo dell’arte greca. Per Wagner, Mozart infuse negli strumenti il nostalgico afflato della voce umana per la quale nutriva uno specialissimo amore e orientò verso il cuore della melodia l’inesauribile flusso d’una ricca armonia, dando sempre alla voce degli strumenti l’intensità di sentimento propria della voce umana. In ogni genere trattato, lasciò capolavori d’insuperata eleganza e l’energia di un impul-so innovativo seminato nel futuro della storia musicale.Come bambino prodigio noto in tutta Europa, come com-positore di genio padrone di ogni genere, come protago-nista d’una morte precoce e misteriosa, Mozart sugge-

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stionò come pochi altri la fantasia del pubblico e tuttora vive nell’immaginario collettivo un “mito Mozart” simbo-lo di genio assoluto e di perfezione stilistica.

Nota - La sigla K seguita da un numero indica il numero di catalogo cronologico dell’opera mozartiana definito da Lud-wig von Köckel (1.a edizione nel 1862).

Divertimento in fa maggiore K 138Allegro. Andante. Presto

Fa parte di un gruppo di tre Divertimenti scritti da Mozart a Salisburgo nel febbraio del 1772, a sedici anni, subi-to dopo il rientro dal secondo viaggio in Italia. Anomala è l’assenza del Minuetto in questo come negli altri due Divertimenti (K 136 e K 137) del gruppo. L’atmosfera è quella della musica italiana, che piaceva molto alla corte dell’Arcivescovo di Salisburgo, e la forma musicale orga-nizza una serie di elementi popolari, umoristici e dram-matici con una maturità che fa capire come l’autore si senta ormai padrone della scrittura musicale e quindi slegato dagli antichi modelli di un genere nato, come indica il nome, per divertire. Secondo Einstein, celebre studioso dell’opera mozartiana, questo lavoro è sempli-

cemente una Sinfonia per archi e l’organico di base, vale a dire quattro voci, giustifica l’ambiguità dell’attribuzione all’uno o all’altro genere, vale a dire al Divertimento o alla Sinfonia. Al di là di una definizione appropriata, con la triade K 136, K 137 e K 138, Mozart abbandona la tecnica in un certo senso rudimentale degli sviluppi per elevarsi all’ideale livello delle opere virili, per complessi-tà di struttura degne d’una personalità compiutamente realizzata.

Concerto per pianoforte e archiin mi bemolle maggiore K 449Allegro vivace. Andantino. Allegro ma non troppo

Durante il biennio 1784-1786, Mozart raggiunse il vertice di quell’arco compositivo aperto nel 1782 con i tre Con-certi per pianoforte K 413, K 414, K 415: in sei concerti che entusiasmarono i viennesi, il musicista aprì il gene-re del Concerto per strumento solista e orchestra a quel perfetto dialogo tra pari che fu poi portato avanti fino all’Ottocento inoltrato. Immaginiamo una conversazione in cui un protagonista esprime un’idea che gli altri inter-locutori ripetono con qualche variazione nei particolari: ecco il concerto barocco. Con Mozart, la conversazione

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musicale avviene tra strumento e orchestra in modo che ognuno sia protagonista ed esprima con la stessa proprie-tà ed eleganza concetti diversi sullo stesso argomento. Per il grande pianista Badura-Skoda, questo Concerto è “il più intimo dei Concerti di Mozart, dalla trasparenza e lucidità di un quartetto d’archi”: qui l’autore prosegue il lavoro iniziato con il K 414 e continua quel “romanzo interrotto” assegnando al pianoforte la magnificenza di un racconto sonoro.Il Concerto K 449, quattordicesimo Concerto per pia-noforte nel catalogo mozartiano e primo dei cosiddetti “grandi Concerti viennesi”, commissionato dall’allieva Barbara Ployer, fu scritto a Vienna il 9 febbraio 1784, allorché l’autore ventottenne scriveva ormai soltanto ca-polavori d’ineguagliabile eleganza formale. Mozart lo de-scrisse a suo padre, con parole insolitamente modeste, come “un concerto di genere assai speciale, che meglio si adatta a una piccola piuttosto che a una grande or-chestra”. L’equilibrio generale è raggiunto con esemplare sapienza: lo schema è ricco di modulazioni armoniche le quali sostituiscono in un certo senso il carattere sinfonico e concertante assente. Nel finale, poi, prevale ciò che Pog-gi e Vallora definiscono “vivace spirito contrappuntistico che sostiene la pagina” per assumere “la disinvoltura del linguaggio naturale”. L’unità e insieme varietà tematica e

la ricchezza della forma rivelano una straordinaria gioia creativa. Su questo lavoro, Mozart raccomandava a suo padre: “non mostrarlo a nessuno perché l’ho composto per la signorina Ployer che me l’ha pagato profumata-mente”.

Concerto per pianoforte in la maggiore K 414Allegro. Andante. Rondeau, Allegretto

È il secondo dei Concerti per pianoforte e orchestra (do-dicesimo della serie completa) di una triade di opere formata dai Concerti K 413, K 414 e K 415, che apro-no la grande stagione viennese (1782 – 1786): opere di straordinario valore musicale per la varietà delle forme e dei contenuti espressivi, per la ricchezza agogica, per l’assetto complessivo. Questo ciclo di Concerti è stato pa-ragonato a un grande romanzo non lontano dai Bildun-gsromane (romanzi di formazione) dell’epoca. Concepiti esplicitamente per l’esigente pubblico viennese, i Concer-ti furono presentati innumerevoli volte in occasioni pub-bliche o private; ma la loro struttura dimostra che Mozart guardava più in là del suo tempo e del gusto corrente. Composto nell’ottobre 1782, il K 414 fu eseguito nell’in-verno successivo con l’autore che dirigeva e suonava il

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pianoforte. In nessuno dei generi musicali trattati Mozart fu un iniziatore vero e proprio; tuttavia, per quanto ri-guarda il Concerto per pianoforte, esso deve a lui, autore e interprete delle proprie composizioni, il grandioso svi-luppo formale e di contenuti che avrebbe caratterizzato questo genere per almeno cent’anni. Beethoven ammira-va i Concerti mozartiani per pianoforte al punto da pren-derli a modello dei suoi Concerti. In tali opere il discorso musicale si sviluppa come dialogo paritario fra solista e orchestra, soggetti di uguale importanza. In questo K 414 la ricchezza tematica e la qualità delle singole melodie toccano vertici mai prima raggiunti da altri compositori. Il lavoro fu pensato per essere eseguito anche da un’or-chestra di soli archi, com’è evidente nel primo movimen-to, dove il primo tema è esposto dagli archi secondo uno schema tipico della musica da quartetto. Schema identi-co è applicato all’esposizione del secondo e terzo tema, cui segue l’entrata del solista che riprende il primo tema. Il pianoforte sviluppa i temi con un virtuosismo che mai deborda nella pura spettacolarità.Il clima intimo dell’Andante trova poi sfogo nel terzo mo-vimento, concepito nella forma del rondò bipartito co-struito sul confronto tra solista e orchestra. Ognuno dei tre movimenti si chiude con una cadenza che concede spazio al protagonismo del pianoforte.

Serenata notturna per archi e timpani K 239Marcia (Maestoso). Minuetto. Rondò(Allegretto, Adagio, Allegro)

Il titolo di Serenata notturna dato a questa composizione (la sesta Serenata nel catalogo mozartiano) è di Leopold Mozart, padre di Wolfgang Amadeus. Scritta a Salisbur-go nel gennaio 1776, quando Mozart aveva vent’anni, la Serenata ha una singolare strumentazione “per due piccole orchestre”, anche se la seconda orchestra non fa che doppiare la prima, ruolo che l’antico concerto grosso italiano riservava al “concertino”. La composizione fonde raffinatamente lo stile di Serenata, vale a dire della musi-ca scritta per intrattenere e divertire il pubblico, allo spi-rito del Concerto grosso barocco, che mette a confronto sonoro due gruppi strumentali. C’è da notare la presenza di un solo Minuetto (dopo la tradizionale Marcia) a rap-presentare i movimenti di danza, e qualche bizzarria nel Rondò finale, con metri e tempi differenti, che alludono allo stile scherzoso dei movimenti conclusivi, secondo lo spirito della Final-Musik.

Walter Tortoreto

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