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  • Costruttori Romanimensile dell’ACERAssociazione Costruttori Edili di Roma e Provincia

    n. 11-12 novembre/dicembre 2013Nuova serie - Anno XXVII

    Direttore responsabileEdoardo Bianchi

    Direttore editorialeAngelo Provera

    Comitato di RedazioneEmiliano CerasiVeronica De AngelisCharis GorettiGiancarlo GorettiTito MuratoriFrancesco RupertoLorenzo Sette

    Coordinatore editorialeFabio Cauli

    FotografieArchivio ACERPaolo Cornia123RFStudio Moreno Maggi

    Art directionNovella Carè

    Editing, impianti e stampaMarchesi Grafiche Editoriali S.p.A.

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    Editrice Gestedil srl in liquidazione00161 Roma - Via di Villa Patrizi, 11

    ACER, Direttore generaleAlfredo Pecorella

    associato

    I SETTE VIZI DELLA CAPITALE

    NOVEMBRE/DICEMBRE 2013

    2 ACER | ASSEMBLEA ANNUALE 2013

    4 Per ripartire servono certezze di regole e di tempiEdoardo BianchiPresidente dell’Acer

    FATTI13 I sette vizi di Roma Capitale

    di Angelo Provera

    14 ACCIDIAUna città noiosa e indifferentedi Federico Scarpelli

    18 GOLAClientelismo e incertezza delle regoledi Pierluigi Piselli, Avvocato dello Studio Legale Associato Cancrini-Piselli

    20 SUPERBIAL’arroganza della conoscenza: sentirsi superiore agli altridi Luca Zevi, Presidente In/Arch Lazio

    22 AVARIZIASenza investimenti non c’è sviluppodi Emiliano Cerasi, Vicepresidente ACER per le Opere Pubbliche

    25 LUSSURIAUn’economia schiava della politicaIntervista a Mario Baldassarri, Presidente del Centro Studi “Economia Reale”di Fabio Cauli

    28 IRAPer le famiglie finisce alla terza settimanadi F. C.

    30 INVIDIAL’uomo è ciò che egli sa fare per essereIntervista a Domenico De Masi, Sociologo eProfessore di Sociologia del Lavorodi Fabio Cauli

    31 Il concetto di “ozio creativo”di Domenico De Masi

    Acer | Assemblea Annuale 2013

    32 Patto Civico con i costruttoriIgnazio MarinoSindaco di Roma Capitale

    36 Per il 2014 il nostro obiettivoè pagare i fornitori a 90 giorniNicola ZingarettiPresidente della Regione Lazio

    40 Unità tra imprese e professionistiper crescere insieme Carla CappielloPresidente dell’Ordine degli Ingegneri di Roma

    41 Se una città rallenta il propriosviluppo, muore Livio SacchiPresidente dell’Ordine degli Architetti di Roma e Provincia

    42 ll problema della casa è diventatodrammaticamente urgentePaolo BuzzettiPresidente dell’Ance

    LA NOSTRA STORIA44 La Fontana della Galera

    nei Giardini Vaticani di Luca Carrano

    46 Sacro GRAdi Giuseppe Francone

    ACERNEWS47 VISITA DELLA DELEGAZIONE

    DEGLI ARCHITETTI MESSICANIa cura della Fondazione Almagià

    48 THE MAKING OF (A NEW) ROME- RECENT WORKS BY ROMAN ARCHITECTS

  • 2 ACER | ASSEMBLEA ANNUALE 2013

  • 3ostruttori omani

    Assembleaannuale

    L’annuale assemblea dell’ACER si è svolta quest’anno il 23ottobre nella consueta Sala Petrassi dell’Auditorium Parcodella Musica. Hanno preso la parola, oltre al Presidentedell’Acer, Edoardo Bianchi, il Sindaco di Roma Capitale Igna-zio Marino, il Presidente dell’Ordine degli Architetti di RomaLivio Sacchi, il Presidente dell’Ordine degli Ingegneri di RomaCarla Cappiello, il Presidente della Regione Lazio Nicola Zin-garetti e il Presidente dell’Ance Paolo Buzzetti.

  • Autorità, cari colleghi e amici, gentili ospiti, vi dò ilbenvenuto e vi ringrazio di essere qui oggi all’as-semblea 2013 dell’Acer.È la mia prima assemblea da presidente dell’asso-ciazione e non vi nascondo che ne sento tutto il peso,anche a causa della gravissima crisi che il mondodelle costruzioni sta vivendo.Voglio iniziare leggendovi due paragrafi delle con-clusioni della relazione del Presidente Batelli all’as-semblea del 2012.“Il Paese che vogliamo è quello che non distrugge iltessuto imprenditoriale delle piccole e medie im-prese, quello sano, strutturato, quello che paga letasse, che rispetta le regole, che crea e distribuiscericchezza.”“Il Paese che vogliamo è quello dove le nuove gene-razioni non vengano sacrificate sull’altare di un pre-sente senza futuro.”Parole chiare, sostanziali, ampiamente condivise.L’auspicio di Batelli conteneva in sé la denuncia diciò che non c’era e che ancora oggi non c’è.È passato un anno e lo scenario non è mutato, se nonin peggio.Negli ultimi cinque anni gli investimenti nel nostrosettore a Roma e provincia sono scesi di 1/4. Ab-biamo perso 2 miliardi di euro.Capite subito quale effetto sul PIL del territorio que-sto ha comportato.Ma quali effetti ha determinato sul nostro tessutoimprenditoriale e occupazionale?

    Per ripartire servono certezzedi regole e di tempiL’intervento del Presidente Edoardo Bianchi all’Assemblea 2013. In cinque anni persi 22.000 posti di lavoro, è come se chiudesse un’Ilva ogni 2 anni.

    ACER | ASSEMBLEA 2013

    44

    9.000

    8.000

    7.000

    6.0002009 2010 2011 2012 2013

    Valori in milioni di euro

    Fonte: Cresme

    8.700

    7.950

    7.300

    6.770 6.600

    (-25%)

    Investimenti nel settore delle costruzioni a Roma e Provincia

  • L’attività è crollata: in cinque anni le ore lavoratesi sono ridotte di 24 milioni.Anche l’occupazione è crollata.Sono usciti dal mercato regolare 22.000 lavoratori.Ma i nostri operai non hanno fatto notizia. Non sonoandati sulle prime pagine dei giornali. Eppure aRoma chiude un’Ilva (12.000 operai) ogni due anni.Hanno chiuso l’attività 3.000 imprese.È sicuramente un momento difficilissimo che investel’intera economia della nostra città.Una crisi che non ha, come abbiamo visto, rispar-miato l’industria delle costruzioni, generando de-grado del territorio e disagio sociale.Come ha ricordato in campagna elettorale il candi-dato Sindaco Marino, “il tasso di mortalità sullestrade di Roma – morti ogni milione di abitanti – è74, a Barcellona 27, a Londra 29 e a Parigi 16: aRoma si muore sulle strade quasi 5 volte in più chea Parigi”. Sempre il candidato Sindaco Marino ricor-dava come “nella nostra città ci siano dalle 40 alle50.000 famiglie in emergenza abitativa”.

    Altra emergenza è quella di garantire alle nostrescuole un’adeguata manutenzione.È cronaca di tutti i giorni lo stato fatiscente in cuiversano gli edifici scolastici, con i rischi e i disagi chene conseguono.Le due principali istituzioni del territorio – Regionee Roma Capitale – si sono recentemente rinnovate. Da loro ci aspettiamo risposte. Ma che siano incisive.È il momento di scelte coraggiose, rigorose e chiareda parte delle istituzioni e della politica.L’obiettivo è quello di creare nuova occupazione ericchezza. Tutti noi siamo consapevoli che non vipossono essere occupazione e ricchezza senza im-presa. Le nostre imprese, che hanno competenze,qualità e professionalità sono pronte a dare il lorocontributo per cambiare questo scenario.Bisogna puntare sull’edilizia. Perché siamo un set-tore antirecessivo. Perché siamo un efficace volanodi ripresa dell’economia.Perché siamo un settore “labour intensive” e quindiin grado di creare rapidamente occupazione.Perché investire nelle costruzioni vuol dire dare ri-sposte concrete alle necessità del territorio e dei cit-tadini in termini di sicurezza, vivibilità e decoro.

    5ostruttori omani

    Quindi, senza edilizia non può esserci crescita.Abbiamo un tessuto di imprese di ogni dimensione,con una lunghissima storia di professionalità, com-petenze tecnico-amministrative e di radicamentosul territorio.La nostra associazione vive da oltre 70 anni e ha ga-rantito continuità nei rapporti con le istituzioni e conil territorio. Non rappresentiamo imprese dedite al-l’abusivismo o alla speculazione.Non ci riconosciamo in coloro che perseguono lamassimizzazione del profitto in singoli interventi epoi scompaiono, lasciando ferite sul territorio.Siamo invece una forza sociale che per tanti anni hadato risposte concrete e in tempi rapidi alle molte-plici esigenze della città.Dobbiamo sostenere queste migliaia di imprese cheoperano nella legalità. Oggi con molta fatica.

    70.000

    60.000

    50.000

    40.000

    30.0002009 2010 2011 2012 2013

    Fonte: Cassa Edile di Roma e Provincia

    60.444

    56.797

    50.246

    44.277

    38.522

    (-36,27%)

    Operai attivi a Roma e Provincia

    12.000

    11.000

    10.000

    9.000

    8.000

    7.000

    6.000

    5.0002009 2010 2011 2012 2013

    Fonte: Cassa Edile di Roma e Provincia

    11.114

    10.257

    9.730 9.062

    8.197

    (-26,25%)

    Imprese attive a Roma e Provincia

  • 6 ACER | ASSEMBLEA ANNUALE 2013

    Ignazio Marino, Nicola Zingaretti, Paolo Buzzetti

    Questo tessuto si sta progressivamente disgregando.Le imprese sono ferme. I lavoratori in cassa integra-zione o addirittura licenziati. È loro il danno mag-giore. Vi è un concreto rischio che si affermino sulmercato laziale e romano imprese con capitali didubbia provenienza. E, in un momento come questodi scarsità di risorse finanziarie e di difficoltà di ac-cesso al credito, queste imprese possono realmentealterare il mercato regolare.Serve allora un progetto che riesca a coniugare l’esi-guità delle risorse con l’esigenza di dare risposteconcrete alla città e al territorio.In un periodo di recessione le politiche di governonon possono più essere quelle che hanno caratteriz-zato gli anni di crescita economica.Il coraggio è quello che porta a rivedere totalmentelogiche gestionali che hanno prodotto sprechi e inef-ficienze e hanno drenato risorse senza produrre ri-sultati di interesse per la collettività.Quanti uffici, quanti affitti, quante società perfinoall’estero, quante consulenze, quanti compensi aiconsigli di amministrazione e agli organismi di con-trollo, quante spese che incidono pesantemente sui

    bilanci pubblici sono ancora in piedi e non se necomprende più l’utilità!Quanto tutto questo costa ai cittadini!Quante risorse potrebbero essere liberate per desti-narle alla spesa produttiva!Parlo di quella spesa che produce vantaggi alla col-lettività in termini di nuovi beni e servizi e, al tempostesso, stimola sviluppo economico e quindi producericchezza.Sì, sono profondamente convinto che questa debbaessere la strada da percorrere, senza esitazione!E ancora.Altre risorse vanno intercettate e utilizzate.Penso ai fondi e contributi che a livello europeo, na-zionale e regionale sono disponibili per esigenze eprogetti concreti. Abbiamo spesso assistito all’iner-zia o alla superficialità dei comportamenti delle am-ministrazioni. Occorre cambiare marcia.È anche arrivato il momento della vendita del patri-monio pubblico. Strada obbligata per acquisire ri-sorse essenziali per gli investimenti in opere cheservono alla città.È necessario, ovviamente, procedere con rigore, ocu-

  • 7ostruttori omani

    latezza, avendo chiara la visione di ciò che deve re-stare pubblico e ciò che invece può essere con pro-fitto messo sul mercato.È arrivato il momento di passare dalle parole aifatti! Ma non è più pensabile di agire ulteriormentesulla leva fiscale. Cittadini, lavoratori e impresesono al limite della loro capacità contributiva. Laleva fiscale deve invece servire a far ripartire l’eco-nomia e non a reprimerla. Lavoriamo allora sugli incentivi: quelli che già cisono e quelli che potranno servire a rilanciare il mer-cato delle costruzioni, sia per quanto riguarda il pa-trimonio pubblico sia quello privato.Insomma, Roma ha necessità di investire su séstessa. Serve però un netto cambio di passo, servediscontinuità rispetto alle inefficienze che hanno peranni caratterizzato l’attività delle amministrazioni.Però, discontinuità sull’azione ma non azzeramentoo smembramento delle strutture amministrative,che possono determinare ritardi e stalli di operati-vità. Non ce lo possiamo permettere, perché la listadelle cose che servono è lunghissima. Nell’immediato occorre però privilegiare gli interventidi carattere prioritario e di immediata realizzabilità,anche per recuperare il nulla degli ultimi anni.Nel frattempo è necessario programmare il futuro.Stiamo qui immaginando e auspicando una nuovastagione di investimenti, che segni una netta inver-sione di tendenza in termini di risorse e di modalitàdi affidamento dei lavori pubblici.Ecco quello che è successo, purtroppo, negli ultimi5 anni in termini di bandi di gara. Abbiamo toccato il fondo.Non possiamo che risalire, ma lo dobbiamo fare evi-tando le anomalie del passato.Ci aspettiamo infatti che l’azione amministrativa,nella fase di affidamento dei lavori e in quella rea-lizzativa, sia strettamente aderente ai principi guidadella legislazione sui lavori pubblici.Questa affermazione può sembrare scontata, ma leesperienze degli ultimi anni ci hanno insegnato chescorciatoie e deroghe sono state ampiamente utiliz-zate. Il principio della concorrenza va garantito.Basta con le riserve di mercato per pochi operatorieconomici, come per esempio le grandi concessioniaffidate senza gara. Basta con l’utilizzo di strumenti

    eccezionali di affidamento dei lavori pubblici, comela procedura negoziata che sottrae alla concorrenzaimportanti spazi di mercato.Il principio di economicità impone di destinare le ri-sorse agli interventi che abbiano un sollecito im-patto per il soddisfacimento dei bisogni collettivi.La manutenzione e la riqualificazione del territorioe del patrimonio rispondono appieno a questa esi-genza e producono effetti positivi sull’occupazione. Ma manutenere vuol dire investire le risorse neces-sarie. Le nostre strade versano in un tale degradoche interventi manutentivi superficiali sono privi direale efficacia. Se si vuole realmente affrontare ilproblema e dare risposte concrete, l’amministra-zione deve mettere in campo un programma di ma-nutenzione straordinaria, sia per la grande viabilitàsia per quella di competenza dei municipi, e dotarlodelle adeguate risorse.Il principio della trasparenza impone l’utilizzo di cri-teri di aggiudicazione di tipo automatico. Il ricorsoa quelli discrezionali deve essere limitato ai soli casiin cui sia realmente necessario l’apporto tecnico eprogettuale delle imprese.I principi di efficacia e tempestività impongono di as-sicurare l’integrale copertura finanziaria dei lavori,la predisposizione di progetti attendibili e realizzabilie la sollecita definizione delle procedure di gara.Come si conciliano con questi principi le numerosegare aggiudicate i cui lavori non vengono affidati?

  • 8 ACER | ASSEMBLEA ANNUALE 2013

    Come si conciliano le procedure di gara, ancorchéper modesti importi, che si trascinano per mesi emesi? Come si conciliano le proroghe di contratti dimanutenzione in attesa di nuove gare?Non si conciliano!Efficacia vuol dire anche favorire l’operatività deltessuto imprenditoriale composto quasi esclusiva-mente da piccole e medie imprese.Sia applicata la norma che impone di affidare lotti dipiccole e medie dimensioni.E per ultimo, ma non certo per importanza, voglioricordare un principio che è alla base dei rapporti traamministrazione e operatori privati: quello dell’ese-cuzione del contratto con correttezza e buona fede.Di questo principio è stato fatto strame negli ultimianni, non pagando alle imprese il corrispettivo deilavori eseguiti e oggi addirittura limitando enorme-mente la possibilità di presentare riserve e di otte-nere l’equo risarcimento dei danni subiti.Saremo attenti e determinati guardiani del rispettodi tutte queste regole e agiremo in tutte le sedi con-tro ogni tentativo di elusione.Correttezza e rispetto dei diritti sono princípi che na-turalmente valgono anche per l’urbanistica.Il piano regolatore di Roma nel 2008 ha disegnato losviluppo della città, con precise scelte pianificatorie. Quelle scelte non possono essere messe in discus-sione. Perché hanno determinato diritti e legittimiinvestimenti imprenditoriali. Noi vogliamo svolgere la nostra attività nel rispettodelle regole, ma pretendiamo che la pubblica ammi-nistrazione rispetti i nostri diritti e garantisca chequesti possano essere esercitati con tempi definiti ecerti. Certezza sul piano normativo, certezza sui di-ritti, certezza sui tempi delle procedure amministra-tive sono elementi irrinunciabili per fare impresa einvestire.Per entrare sul concreto e fare un esempio, chi è ti-tolare di un diritto alla compensazione non può ri-manere sospeso senza sapere dove e quando“atterrare”. E se è “atterrato”, non possiamo addi-rittura chiedergli di ridecollare.Ricordiamoci che le compensazioni non sono natedalla volontà imprenditoriale, ma sono la conse-guenza dell’eliminazione di previsioni edificatoriecontenute nella “variante delle certezze”.

    E poi, alcune disposizioni delle norme tecniche di at-tuazione del PRG hanno necessità di una attenta re-visione, in quanto non agevolano il percorso perl’avvio degli interventi. È il caso dei print, importantestrumento per la rigenerazione del territorio, chesconta procedure complesse e farraginose.Non è un caso che su 162 ambiti di intervento indi-viduati dal PRG, solo uno – quello di Pietralata –dopo sette anni è pervenuto alla prima delle due de-libere necessarie per l’approvazione. Con questitempi e complessità procedurali, quale operatore èancora disposto a investire? Vorremmo che questaamministrazione si caratterizzasse con un deciso im-pulso all’avvio di questi programmi.

    Ma più in generale, sostenibilità economica e normetecniche mirate sono ingredienti imprescindibili perrealizzare quella rigenerazione urbana, della cui ne-cessità siamo tutti convinti sostenitori.Ci sono nella nostra città numerosi ambiti connotatida degrado, che necessitano di riqualificazione fisicaconiugata a interventi di natura culturale, sociale,economica e ambientale, finalizzati a un incrementodella qualità della vita.Accogliamo la sollecitazione che ci viene dall’ammi-nistrazione e siamo disponibili a collaborare per scri-vere insieme le regole della rigenerazione urbana.Su questa nuova frontiera vogliamo essere pionieriinsieme all’amministrazione.Ma, mentre siamo impegnati a disegnare il futuro,sosteniamo e diamo avvio senza indugio ai pro-grammi urbanistici di immediata attuazione.Quindi, concentriamoci sui problemi reali e non di-sperdiamo energie per tentare, in nome di unastratto principio di discontinuità, superflue rivisita-zioni di regolamentazioni che non hanno evidenziatocriticità.Abbiamo apprezzato il metodo del dialogo che èstato adottato dall’amministrazione capitolina e conquesto metodo vogliamo proseguire. Ma è anchegiunto il momento di passare dalle discussioni ai fatticoncreti. Non è nostra la denuncia sullo stallo del-l’attività dell’assemblea capitolina.Voglio ora soffermarmi su un tema sul quale datempo si concentra l’attenzione di tutti, soprattuttonelle fasi elettorali: parlo dell’emergenza abitativa.

    8

  • 9ostruttori omani

    È un’emergenza alla quale bisogna dare risposte.Sono oltre dieci anni che si fanno delibere program-matiche, ma non si è vista ancora un’abitazione.È un fatto che negli ultimi anni l’edilizia residenzialepubblica non sia stata messa fra le priorità della pub-blica amministrazione.Eppure c’è qualcosa che può produrre a Roma 5.700alloggi. Si chiama bando regionale 355 ed è del2004. Sono stati individuati gli operatori e assegnatele aree.Non appena la Regione definirà le modalità di ero-gazione del finanziamento e attuerà le opportune rimodulazioni dell’operatività dell’intervento, all’in-domani apriremo i cantieri e dopo due anni le casesaranno pronte.

    C’è poi anche il piano casa regionale sul quale op-portunamente la Giunta ha apportato modificazionivolte a una maggiore semplificazione procedurale ecertezza interpretativa. Ci auguriamo che il consi-glio possa prendere in considerazione anche la ne-

    cessità di superamento di alcuni ulteriori aspetti evarare quanto prima la nuova legge.Ma anche così non si riuscirà a esaudire l’intera do-manda. Siamo pronti a collaborare con le ammini-strazioni per individuare e realizzare le soluzioni piùopportune.Perché dobbiamo avere tutti ben chiaro, come pre-vede la nostra Costituzione, che la casa è un diritto.Lo abbiamo ribadito nell’inverno scorso, nel nostroconvegno “Se la casa è un diritto”, denunciando l’in-sensibilità politica di fronte al crollo del mercato im-mobiliare.Abbiamo evidenziato le sue conseguenze sul pianoeconomico e sociale.Abbiamo sottolineato e documentato che non era-vamo di fronte a una bolla immobiliare, come alcuniavevano sostenuto, ma agli effetti di una gravissimacrisi finanziaria ed economica e al blocco del creditosoprattutto nei confronti delle famiglie.La necessaria cautela da parte degli operatori inve-stitori ha indotto anche alcuni di questi a non ritirare

  • i permessi a costruire e a ritardare l’avvio di nuoveiniziative. Se questo è vero, è anche opportuno collo-care il fenomeno nelle sue giuste dimensioni: dei 700permessi a costruire ancora giacenti presso gli ufficidell’amministrazione comunale solo una minimaparte – circa il 10% – riguarda interventi di un certorilievo. Gli altri sono relativi a piccoli interventi di pri-vati, localizzati soprattutto nelle zone di recupero.Ma ritorniamo alle dinamiche del mercato immobi-liare. Oggi, dopo otto mesi dal nostro convegno suldiritto alla casa, lo scenario non sembra essere moltodiverso.Ci sono però segnali positivi che vengono soprattuttodalla consapevolezza dell’importanza di ricreare lecondizioni affinché l’esigenza possa tradursi in do-manda reale. Il recente decreto del governo “delfare” rilancia il fondo per le giovani coppie. Sceltacondivisa e rafforzata a livello regionale ed espres-samente richiamata come impegno nel programmaelettorale del Sindaco Marino. Supportare le fasce

    sociali deboli e le giovani coppie che vorrebbero ac-cedere a una abitazione deve essere obiettivo con-creto e da perseguire con decisione.Il secondo aspetto incoraggiante riguarda le dinami-che stesse del mercato.I dati del primo semestre del 2013 evidenziano unsignificativo rallentamento della caduta delle com-pravendite che fanno intravedere i primi segnali diripresa del comparto.Ma se è vero che il secondo semestre di questo annopuò avviare una fase di uscita dalla crisi, è necessa-rio intercettare questi segnali e sostenere con poli-tiche appropriate la ripartenza. Ovvero ci sono tuttele condizioni economiche per favorire una ripresa. Il nodo da sciogliere resta quello del credito.Una recente elaborazione del Cresme su dati dellaBanca d’Italia testimonia che nel 2012 l’erogazionedi mutui per l’acquisto di abitazioni nella provinciadi Roma ha registrato un vertiginoso calo del 42,6%rispetto al 2011.I dati del 1° trimestre 2013 rispetto a quelli dellostesso periodo del 2012 segnano un’ulteriore ridu-zione pari al 42,4%.Eppure il fabbisogno c’è ed è sensibile.

    Abbiamo raffrontato la produzione di nuove abitazionicon il numero delle nuove famiglie nella provincia diRoma negli anni che vanno dal 2005 al 2011. Emergeun saldo costantemente negativo, che complessiva-mente si aggira intorno a 95.000 abitazioni.Occorre quindi assecondare la domanda.

    10 ACER | ASSEMBLEA ANNUALE 201310

    40.000

    35.000

    30.000

    25.000

    20.000

    15.000

    10.000

    5.000

    02005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

    Fonte: Centro Acer su dati Ance/ISTAT

    35.457

    23.813

    15.672

    33.473

    16.71917.89814.794

    9.357

    24.912 27.656

    34.246

    17.214

    10.046

    Raffronto andamentoNuove famiglie / nuove abitazioni

    nella Provincia di Roma

    12.997

  • 11ostruttori omani

    Alla politica, a chi ha responsabilità di governo, noichiediamo un impegno forte nei confronti del si-stema bancario affinché torni a svolgere la sua fun-zione primaria, quella di assicurare flussi finanziariagli attori del mercato.È questa una condizione imprescindibile.

    Signor Sindaco, signor Governatore, colleghi e amiciè giunto il momento di guardare al presente come auna premessa del nostro futuro.È oggi che noi costruiamo il nostro avvenire.Per questo dobbiamo collaborare, cercare il dialogo,il confronto costruttivo. Il momento è quanto maidifficile. Ma non dobbiamo abbatterci.Anzi, dobbiamo lasciarci alle spalle ogni atteggia-mento ispirato allo sconforto e alla sfiducia.Dobbiamo impegnarci a sconfiggere questo clima dirassegnazione e di pessimismo.

    In modo concreto, non demagogico, fondando l’otti-mismo su un’analisi attenta e puntuale di ciò che èpossibile fare, aprendoci reciprocamente alla fiducia,a un metodo di lavoro nuovo.Dobbiamo saper cogliere gli elementi positivi, le po-tenzialità che abbiamo di fronte.E dobbiamo farlo ognuno per le sue competenze ri-spettando i ruoli. Con trasparenza, in uno spirito dicollaborazione al fare.

    Oggi governare deve essere sinonimo di scelte co-raggiose, forse impopolari ma rigorose e chiare.Se questo avverrà, noi saremo al vostro fianco.Perché, lo ripeto, noi siamo una potenzialità irrinun-ciabile di questa città.E non abbiamo alcuna intenzione di abdicare al no-stro ruolo di protagonisti di un nuovo sviluppo e diun futuro migliore.

    Gli interventi dell’Assemblea 2013 continuano a pag 32

  • “Capitale corrotta, nazione infetta” recitava un vecchio e celebre titolodell’Espresso.Le cose, probabilmente, oggi sono cambiate. Grazie alla dissennata riforma del titolo quinto, alla crescita inconti-nente delle regioni – ormai trasformate in parodie di staterelli preuni-tari, con tanto di ambasciate all’estero – alla perdita di controllo sullaspesa pubblica nazionale e locale, la corruzione, che doveva albergarenei soli palazzi del potere, asserragliati nella Capitale, ha preso a scor-rere in modo omogeneo e in mille rivoli per tutto il Paese.La “Roma ladrona” di bossiana memoria ha lasciato il campo a un de-terioramento crescente delle classi politiche e amministrative locali,continuamente nell’occhio del ciclone per l’utilizzo improprio del de-naro pubblico. Questo non toglie, tuttavia, che alcuni vizi tipici della Capitale non sianodel tutto tramontati.Accanto al resoconto dell’Assemblea dell’ACER, al centro della quale èstata la relazione del presidente Bianchi, largamente basata sull’inca-pacità della classe politica di fermare una spesa corrente spesso clien-telare e sicuramente improduttiva, abbiamo deciso di chiedere apersone che operano in diversi campi della cultura e della produzioneun’opinione circa i vizi della capitale.Sette. Perché sette sono i vizi capitali (e magari anche i re di Roma).Ma potevano essere, forse, anche di più.

    I sette vizi di Roma Capitale

    di Angelo ProveraDirettore editoriale

    13ostruttori omani

  • Tra i molti vizi che si attribuiscono alla capi-tale, solo uno è entrato a far parte così profon-damente della sua immagine pubblica dasembrare una caratteristica tradizionale dellacittà. L’accidia, sia come scarsa propensione allavoro produttivo, banale pigrizia, sia nell’ac-cezione più raffinata di abulia e indifferenzamorale. Spesso se ne parla come di qualcosache contagia i cittadini, ma sembra dipendere

    essenzialmente dal contesto in cui si trovano. Nel nostro immaginario,d’altra parte, nessuna città italiana è più antropomorfizzata di Roma,fino ad attribuirle una sorta di personalità autonoma. Una città pigra-mente adagiata sulle sue abitudini, sottilmente amorale o perlomenononcurante. Incapace, o più probabilmente non intenzionata, a realiz-zare qualsiasi miglioramento sostanziale. Dunque città eterna nel senso, vagamente crepuscolare, di qualcosache rimane sempre uguale a sé stesso. Eco persistente di un passatoradicalmente anomalo, come quello precedente alla breccia di Porta Pia.Se tra Sette e Ottocento lo sviluppo urbano è visto ovunque come segnodi cambiamento, modernità e scioglimento dei legami tradizionali, inquel periodo Roma rappresenta agli occhi del mondo l’esatto opposto:una paradossale città anti-moderna, dove nobili ed ecclesiastici, scac-ciati da moti e rivoluzioni, si rifugiano alla ricerca di un supplementodi ancien régime. Al tempo stesso affascinati e disgustati, i miglioriscrittori europei la visitano e la descrivono come un fossile vivente. Al-cuni, per esempio Stendhal, si soffermano sul carattere della popola-

    14 FATTI

    Una città noiosa e indifferenteTriste e malinconica, Roma appare quasi indolente mentre i ruderi antichi fanno daquinta scenica al traffico e allo smog.

    La mancanza di cure e interesse per Roma rischia di generare depressione.

    di Federico Scarpelli

    L’ACCIDIA ROMANA È VISTA SIACOME SCARSA PROPENSIONE AL LAVORO PRODUTTIVO SIA NELL’ACCEZIONE PIÙ RAFFINATA DI ABULIA E INDIFFERENZA MORALE.

    I sette vizi di Roma Capitale > ACCIDIA

  • 15ostruttori omani

    zione: fiero, persino feroce, con la lingua lunga el’abitudine al coltello, ma al tempo stesso abituato,per amore o per forza, a chiedere e a servire. L’acci-dia romana viene costruita letterariamente a partiredall’immagine di questo passato stagnante, dovenon esiste una vita civica, dove il benessere dipendedalla benevolenza dei potenti e il caratteristico di-sincanto è l’unica forma d’indipendenza possibile.Anche per questo, come coronamento del nationbuilding risorgimentale, era così importante “redi-mere” Roma, conquistandola al progetto dello statoliberale. Quasi subito, però, mentre la città cominciala sua mutazione, e vi si riversano moltitudini dinuovi abitanti, mentre viene sventrata e ristrutturatanelle sue zone più antiche, si consolida il mito pitto-

    resco della “Roma sparita”, dagli omonimi acquerellidi Roesler-Franz, ai libri di Zanazzo e Trilussa, allapubblicistica popolare sulle gesta dei bulli. Sotto ilprofilo simbolico, come abbiamo visto, questa “veraRoma” è quasi un’anti-città. E quanto più i veri ro-mani (qualunque cosa essi fossero) diventano intro-vabili, tanto più si fissa nell’immaginario una sortadi identità stilizzata, nella quale il vizio capitale del-l’accidia trova una postuma nobilitazione culturale. Ma, attenzione, per molti versi la cosiddetta cittàeterna somiglia piuttosto a una boom-town. LaRoma papalina riusciva a riempire appena un terzodella cerchia, che oggi ci appare ridicolmente ristretta,delle Mura aureliane; ma con l’arrivo dei piemontesiquesto paesone sonnacchioso improvvisamente

  • esplode. In nessun’altra città italiana il ritmo dellastoria, per almeno un secolo, risulta più accelerato.I nemmeno 250.000 abitanti della Roma pontificiadiventano mezzo milione all’inizio del Novecento eun milione già alla fine degli anni Venti. A questopunto Napoli (che era grande quasi il doppio) è su-perata, e i centri del Nord, malgrado lo sviluppo in-dustriale, non tengono il passo. Con gli anniSettanta, si raggiungono i due milioni di abitanti. Nelfrattempo la città ha mangiato territorio a ritmi ad-dirittura superiori all’incremento demografico, hadisseminato intorno a sé, e poi puntualmente inglo-bato, borgate, borghetti, baraccopoli e “abusivismodi necessità”, come anche quartieri e quartierini re-sidenziali. Il fenomeno è talmente imponente e notoda rendere inutili ulteriori dettagli. Oggi il ritmodelle trasformazioni è forse meno straordinario, manon per questo la città si è fermata. Si sta radical-mente “metropolizzando”, nel suo tipico modo di-sordinato, attirando nella sua orbita comuni distanti,sparpagliando nell’hinterland “nuove centralità ur-bane”, e richiamando, come tutte le grandi città, co-piosi apporti da terre straniere. Vista sotto questaprospettiva, la città accidiosa e inerte diventa qual-cosa di caotico e inafferrabile, sregolato e furiosa-mente attivo. Fa venire il dubbio che Roma sembriferma proprio perché si muove tanto velocementeda ingannare l’occhio.Allora la disincantata passività romana non è cheuna fantasia letteraria, un mito? Dire questo sarebbeeccessivo. Quello che emerge sono piuttosto le con-traddizioni di una storia complessa, e la necessità,per raccontarla, di coniugare diverse chiavi di let-tura. Il cinema italiano, nei suoi periodi di maggiorevitalità, ha saputo descrivere la città proprio met-tendo insieme i suoi (apparenti) opposti: provincia-lismo e sradicamento, tratti vernacolari e processistorici di omologazione, modernizzazionesgangherata e immobilismo stagnante.Peraltro, il cinema è una delle pochissimeindustrie davvero proprie di una città dasempre abituata a consumare risorse chenon produce.Fa parte di queste contraddizioni il fattoche, malgrado il cambiamento radicaledella popolazione e quello parziale delle

    classi dirigenti, problemi antichi sembrino effettiva-mente riapparire in forme nuove. La dipendenza dal-l’assistenzialismo e l’intossicazione da clientelepassano dalla Roma del Papa re a quella dei partiti,dal patronage delle famiglie aristocratiche alle as-sunzioni in massa all’ATAC e all’AMA. La pigrizia el’abulia trovano simboli popolari nei ministerialisempre accusati di lavorare blandamente e nei co-mitati d’affari in riunione permanente tra circolisportivi e ristoranti.

    IL CINEMA ITALIANO HA SAPUTO DESCRIVERE LACITTÀ METTENDO INSIEME I SUOI (APPARENTI) OP-POSTI: PROVINCIALISMO E SRADICAMENTO, TRATTIVERNACOLARI E PROCESSI STORICI DI OMOLOGA-ZIONE, MODERNIZZAZIONE SGANGHERATA E IM-MOBILISMO STAGNANTE.

    16 FATII

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    Roma è da sempre centro di qualcosa che la oltre-passa, così come i famosi palazzi del potere caratte-rizzano la città, ma al tempo stesso le sfuggono. Ladimensione strettamente urbana, comunale, civica,è sempre stata schiacciata o scavalcata da più vastie solenni poteri che vi hanno sede e influiscono di-rettamente su di essa. Il disincanto e la difficoltà aprendere in mano il proprio destino, insomma, sonoanche uno stato di cose. Certo, fra l’antico Consigliodi nomina papale e le elezioni a suffragio universalenon si può parlare di continuità. Eppure, i candidatisindaci che spesso sembrano “paracadutati” sulla

    città in base a logiche politiche distanti, ci ricordanoche Roma non è quasi mai una faccenda puramenteromana. Così anche l’accidia, o meglio, quella stranainerzia, così pervasiva eppure non incompatibile conattivismo disordinato e caos, sembra segnare la città,farne la sua vetrina, e tuttavia non rimanere circo-scritta a essa. Per questo, forse, la Roma della commedia all’ita-liana e della Dolce vita riuscì per almeno un paio didecenni a rappresentare l’efficace metafora cinema-tografica delle contraddittorie trasformazioni di unintero Paese.

  • Parlare di infrastrutture e appalti oggi e, per di più, farlo avendo comeriferimento dell’esame la realtà laziale e in particolare quella romana,comporta una seria riflessione sulle criticità dell’attuale momento.Sarebbe facile, quasi semplicistico, limitare il discorso alle proceduredi gara, alle aggiudicazioni a prezzi eccessivamente bassi, ai contenziosie così via, ma una tale impostazione risulterebbe fuorviante e falsataalmeno sotto due profili. In primo luogo, le procedure presuppongo unmercato che funzioni, in cui vi sia un’offerta di lavori, da parte dellaP.A., in grado di soddisfare la domanda delle imprese; se così non fosse– come di fatto non è per la scarsezza di appalti – potremmo correre ilrischio di effettuare meri esercizi di stile, totalmente avulsi dalla realtàdelle cose, seppur curati e attenti. In secondo luogo, le stesse procedurepresuppongo la presenza di soggetti – funzionari pubblici – che operinocorrettamente, poiché anche la procedura astrattamente più valida edefficace può risultare non idonea al perseguimento del proprio scopo,se affidata nelle mani di soggetti non in grado di attuarla. Sotto il primoprofilo, è evidente la priorità della salvaguardia del mercato, su cui in-cidono pesantemente i maxi tagli alla spesa pubblica, da un lato, e ilpeso del patto di stabilità, dall’altro, conducendo a una fortissima con-trazione delle gare d’appalto, sia per nuovi lavori sia, soprattutto, perle manutenzioni ordinarie e straordinarie. Ma non solo. Le imprese sonoin difficoltà finanziarie sempre maggiori anche a causa dei ritardati pa-gamenti da parte delle Amministrazioni. A ciò si aggiunga che il nu-mero delle procedure concorsuali, già di per sé dirompente, è in crescitae genera un effetto a cascata: gli operatori economici ancora sani, in-fatti, rischiano di essere coinvolti in situazioni debitorie causate da altri

    Clientelismo e incertezza delle regoleGli appalti pubblici tra inefficienze amministrative, dubbi normativi e concorrenzaestrema.

    di Pierluigi PiselliAvvocato dello Studio Legale Associato Cancrini-Piselli

    I sette vizi di Roma Capitale > GOLA

    18 FATTI

    Non é quella che spinge a rubare la marmellata ma a cercare una cosa e subito volerne un’altra.

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    soggetti, in crisi di liquidità, cui sono legati da rap-porti economici e commerciali.Di fronte a questa situazione appare evidente comela salvaguardia del mercato delle opere pubbliche,anche con misure normative e/o regolamentari stra-ordinarie e derogatorie, debba essere momento cen-trale, sia per il Legislatore sia per ciascuna PubblicaAmministrazione. Occorre far ripartire il sistemaeconomico-produttivo e, per questo, sono indispen-sabili piani straordinari possibilmente pluriennali perl’edilizia e le infrastrutture.In merito al secondo pro-filo, invece, bisogna rimarcare come il comporta-mento spesso inadeguato dei funzionari pubblicirivesta, nel quadro della problematica in analisi, im-portanza non secondaria. Con ciònon si intende né generalizzare népuntare l’indice contro la categoria,la quale, seppure tra molte diffi-coltà, è sempre in prima linea nellacura delle istanze tecnico-operativeper la migliore tutela dell’interessepubblico. Si vuole, al contrario, richiamare l’atten-zione su un sistema che, passando attraverso mec-canismi di controllo sempre più fini a sé stessi edecontestualizzati, spinge verso la prassi del “nondecidere” – e, quindi, del non fare – al fine di assu-mersi la minor responsabilità possibile. È certamentepiù semplice decidere di aggiudicare un contrattoall’offerente che ha fatto il ribasso più alto, che va-lutare seriamente l’anomalia dell’offerta. Non inte-ressa che, poi, l’opera non sia effettivamenteeseguita e che generi costi – diretti o indiretti – perimporti ben superiori a quelli originariamente sti-mati. Ancora, è meno complicato respingere le ri-serve delle imprese con la laconica frasetta “poichéinfondate in fatto e in diritto”, che valutarle compiu-tamente. Anche qui, non importa che, poi, l’inevita-bile successivo contenzioso comporti pesanticondanne per l’Amministrazione. In un tale conte-sto, appaiono fuori luogo talune preoccupazioni delLegislatore, come quella di limitare drasticamente ilricorso agli arbitrati (come se questi costituissero lacausa delle domande di risarcimento e non un mezzodi risoluzione delle controversie), ovvero limitare ildiritto dell’appaltatore di iscrivere riserve in conta-bilità (non potendo le stesse superare il 20% dell’im-porto del contratto): con interventi di questo tipo chenon vanno al cuore del problema, si introducono forti

    limitazioni a diritti costituzio-nalmente tutelati, disincenti-vando lo svolgimento di

    attività imprenditoriali. A tutto ciò si aggiunge il pro-blema della complessità del quadro normativo e l’in-certezza che questo genera negli operatori.Come noto, la materia degli appalti pubblici è statanegli ultimi anni interessata da un susseguirsi con-tinuo di norme e disposizioni in un affastellamentonormativo spesso confuso che pone in difficoltà leparti contrattuali. E, se si considera che gli estremispesso si toccano, la troppa normazione spessoeguaglia – sul piano degli effetti – l’assenza di norme(soprattutto se si ha riguardo all’interpretazione giu-risprudenziale a volte ondivaga su questioni digrosso rilievo). Ecco allora che, al fianco della tuteladel mercato, prende corpo l’istanza della semplifica-zione e della trasparenza.Ma come raggiungere con rapidità un tale obiettivo?Non certo attraverso ulteriori leggi che, in nomedella semplificazione, intervengano qua e là sull’im-pianto normativo procedurale già esistente, con au-mento del rischio di complicare e destrutturareulteriormente il sistema. Unica via percorribile è, al-lora, quella completamente derogatoria (ancorché condurata limitata nel tempo) affiancata ai piani straordi-nari sopra prospettati, con la convinzione che, ove talesoluzione si rivelasse efficace, sarebbe poi molto sem-plice trasformare la deroga temporanea in regola sta-bile e definitiva.

    LA GOLA DEGLI APPALTI È IL DESIDERIO DI VINCERE A TUTTI I COSTI.

  • Superbia di un costruttore è diffidare di chiunque cerchi di convincerloche si può realizzare un giusto profitto anche attraverso operazioni di-verse da quelle che è abituato a intraprendere.Negli ultimi trent’anni la produzione edilizia si è concentrata sulla di-latazione informe degli aggregati urbani, con un consumo di suolo euna perdita di identità delle città senza precedenti.Superbia, o pigrizia, è pensare – a questo punto utopisticamente – dipoter continuare ad arricchirsi così, facendo resistenza di fronte a qua-lunque ipotesi di coinvolgimento in complesse politiche di rigenera-zione urbana.Superbia di un architetto è pensare che la sua concezione dello sviluppourbano e territoriale sia più avanzata di quello dell’uomo comune.Mentre gli architetti continuavano a guardare esclusivamente alla “cittàcompatta”, il mondo imprenditoriale e sociale si misurava con la dimensionedel territorio e, in particolare, delle grandi infrastrutture della mobilità.Mentre gli architetti continuavano a discettare di grandi complessi re-sidenziali, si scatenava un individualismo edilizio senza precedenti, chedava vita a una villettopoli di cui molto tardivamente la professione hapreso atto.Superbia di un costruttore è pensare di poter fare a meno dell’archi-tettura.È pacifico che tutti i progetti di una certa dimensione sono firmati daun architetto. Ma tale firma, ormai lo sappiamo bene, non garantiscela presenza di architettura. Come si distingue allora un progetto meramente edilizio da un progettodi architettura? Ormai la risposta è di pubblico dominio: il progetto edi-

    L’arroganza della conoscenza: sentirsi superiore agli altriMentre gli architetti continuano a guardare esclusivamente alla città compatta, il mondo imprenditoriale e sociale si misura con la dimensione del territorio.

    di Luca ZeviPresidente In/Arch Lazio

    I sette vizi di Roma Capitale > SUPERBIA

    20 FATTI

    Elevarsi sugli altri per pensare solo a se stessi non è fare gli interessi della città.

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    LA CRISI NELLA QUALE SIAMO IMMERSIIMPONE CON FORZA UN CAMBIO DIDIREZIONE CHE, COMPRENSIBILMENTE,METTE IN DIFFICOLTÀ I PROGETTISTINON MENO DEGLI IMPRENDITORI.

    lizio occupa suolo con interventi di natura fonda-mentalmente monofunzionale, che compromettonol’attività produttiva che precedentemente vi insi-steva; tali interventi aggravano inoltre la situazionedel traffico urbano a causa del pendolarismo non sol-tanto fra residenza e lavoro, ma anche fra residenzae altre funzioni che fanno parte della quotidianità ur-bana; il progetto di architettura introduce organismipolifunzionali integrati – integrando creativamentele preesistenze edilizie e ambientali – capaci di par-torire non semplicemente una nuova porzione di“folla solitaria”, ma una dimensione autenticamentecomunitaria.Superbia di un architetto è pensare di assolvere alsuo dovere attraverso un approccio dominato daconsiderazioni prevalentemente estetiche o etiche.Non che quelle considerazioni non siano importanti! Ma un architetto ha storicamente il compito di inter-pretare le esigenze dell’uomo contemporaneo – ur-bano o rurale che sia (tendenzialmente entrambicontemporaneamente) – non raccogliendo semplice-mente la sua domanda esplicita, ma interpretando isuoi comportamenti nella direzione di un habitat chesappia esaltarne le potenzialità.Sappiamo che questa ambizione ha dato luogo in unpassato ancora recente a insediamenti poveri e alie-nanti. Sappiamo che sulle ceneri di questa ambizioneè maturata la spinta individualistica cui si è accen-nato e che sembra oggi impossibile comporre in pro-getto collettivo.Ma, mentre tutte le altre professioni possono limi-tarsi a prendere atto delle mutazioni antropologichein atto, all’architetto non è concesso il semplice ade-guarsi. Suo compito è essere consapevole dei biso-gni, ma anche dei pericoli – ecologici e sociali – insitinei comportamenti messi in atto spontaneamentedai cittadini e cercare di orientarli verso un processodi evoluzione dell’insediamento che non sia desti-nato a riproporre in forma aggravata la crisi nellaquale siamo immersi oggi.

    Superbia di un costruttore è non credere che la naturadel proprio operare debba necessariamente esserecommisurata alla fase storica che stiamo vivendo.Se consumare suolo attraverso un processo di edifi-cazione tendenzialmente infinito, indipendente-mente da qualunque considerazione di opportunitàe lungimiranza, ha rappresentato un ottimo affarenegli ultimi trent’anni, oggi non è più così, per ra-gioni pratiche assai più che morali.Oggi l’unico grande business che si para dinanzi aun costruttore – alla categoria dei costruttori – èl’avvio di un processo allargato di rigenerazione delterritorio, traendo il giusto profitto dal riequilibrio diun paesaggio che non di rado egli stesso ha contri-buito fortemente a squilibrare. Superbia, in quest’ot-tica, è sperare di aggirare – anziché superare – gliostacoli che un cambiamento dei comportamenti diquesta portata inevitabilmente comporta.Superbia di un architetto è pensare di non doverrinnovare alla radice il proprio armamentario pro-fessionale.La crisi nella quale siamo immersi impone con forzaun cambio di direzione che, comprensibilmente,mette in difficoltà i progettisti non meno degli im-prenditori. La realizzazione di un habitat sostenibile,che sappia rappresentare il passaggio da uno svi-luppo basato su un’utopistica prospettiva di ”crescitaillimitata” a una rigenerazione del territorio ispirataalla green economy, rappresenta oggi la grandesfida. All’auspicabile volontà di “cambiare pelle” deicostruttori non può non sposarsi un altrettanto de-terminato impegno dei progettisti nell’elaborare lemetodologie capaci di far fronte a questa sfida.Anche per gli architetti, in ultima analisi, si tratta diuna scelta convenienza: l’espansione illimitata, loabbiamo visto, non ha avuto bisogno di vera proget-tualità, se non per le realizzazioni di carattere “ce-lebrativo”; la rigenerazione urbana e territoriale nonpotrà non realizzarsi che grazie al coinvolgimentodelle migliori energie progettuali, che potranno cosìa loro volta superare la grave crisi occupazionale cheopprime il settore.In conclusione, superbia comune a costruttori e ar-chitetti è mantenersi ciascuno nell’alveo della pro-pria autosufficienza, senza prendere atto che letrasformazioni del territorio devono essere pianifi-cate attraverso la coniugazione della cultura d’im-presa con la cultura del progetto, com’è nel codicegenetico dell’Istituto Nazionale di Architettura daoltre 50 anni.

  • 22 FATTI

    Senza investimenti non c’è sviluppoIl bilancio di Roma Capitale influisce per molti aspetti sulla vita dei cittadini. La maggiorparte dei soldi nel 2013 è stata impiegata per la spesa corrente, cioè per il funziona-mento della macchina amministrativa. Per lo sviluppo economico, le manutenzioni e iservizi sono rimasti fondi del tutto insufficienti.

    di Emiliano CerasiVicepresidente ACER per le Opere Pubbliche

    Mai avrei immaginato, all’inizio della mia attività imprenditoriale, ditrovarmi un giorno a redigere un articolo sull’argomento dei lavori pub-blici, associando quest’ultimo a uno dei vizi capitali. Meglio. Non avreimai creduto che il modo migliore per descrivere l’andamento attualedel mercato fosse l’accostamento di questo con uno dei sette peccati,forse il peggiore: l’avarizia. Bisogna intendersi bene, prima di procedere, sul significato da attri-buire a questo concetto. Per avarizia si è soliti intendere la scarsa pro-pensione di un soggetto a spendere e a mettere a disposizione delprossimo ciò che si possiede. Declinando tale definizione al settore di mia competenza, come Vicepresidente OO.PP. dell’Associazione, è possibile constatare un preoc-cupante parallelismo. Si assiste, infatti, nel settore degli appalti, a una drastica riduzione dellaspesa destinata al comparto dei lavori pubblici. E tale drastica riduzione riguarda in particolare Roma Capitale.L’amministrazione, vuoi per carenza effettiva di fondi, vuoi per i para-dossali effetti derivanti delle regole della finanza pubblica, di fatto haradicalmente tagliato dal proprio bilancio questa voce. In questa ottica,si deve intendere l’avarizia nella spesa pubblica. Una contrazione delmercato di riferimento e un interlocutore pubblico incapace di dare unapronta risposta. I dati parlano chiari.Limitando l’analisi esclusivamente al territorio di Roma e Provincia, ilsettore delle costruzioni, giunto al quinto anno consecutivo di crisi, sitrova in una situazione drammatica: 22mila posti di lavoro finora persi(-36%), -25% di risorse pubbliche investite con una perdita di circa 2miliardi di euro. Le imprese edili sono in ginocchio anche a causa deiritardati pagamenti da parte di numerose pubbliche amministrazioni:

    I sette vizi di Roma Capitale > AVARIZIANon sempre il risparmio è sinonimo di buon governo.

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    Si tratta di semplici indicazioni legate a una rifles-sione personale, frutto di anni di esperienza sulcampo. In primo luogo, segnalo l’assoluta necessitàdi una rivisitazione della politica di bilancio da partedel Comune di Roma. Mi spiego meglio. Il Comunedovrebbe mutare profondamente la filosofia di fondoe la ratio che ispira la sua politica di bilancio. Nell’ambito di un bilancio che, complessivamente,continua a registrare, comunque, importi e sommeingenti, occorre riequilibrare il rapporto tra quantodestinato alla spesa corrente e quanto, invece, de-stinato a investimenti. Tale operazione di riequilibrioconsentirebbe uno spostamento di carichi finanziaritale da consentire una maggiore capacità di spesapubblica, ora vincolata ai ferrei parametri imposti dalPatto di stabilità. Ciò comporterebbe, in pratica, unamaggiore capacità di spesa per Roma Capitale.Altro elemento da considerare è l’enorme spesa so-stenuta per il mantenimento delle varie società con-trollate e partecipate dal Comune di Roma, spessoaddirittura inutili. Anche qui sarebbe sufficiente unamaggiore responsabilizzazione nella gestione, conrelativa attribuzione delle funzioni assegnate a que-ste realtà a uffici interni alla P.A., per recuperare unaelevatissima fetta economica. Immagino la difficoltàdi un riordino delle competenze, sotto questo profilo,ma ritengo altrettanto indispensabile tale misura perottenere un risparmio da investire nel settore degliappalti.

    ostruttori omani

    si registra la chiusura di circa 3.000 imprese (-27%).L’attività è crollata: le ore lavorate si sono ridotte dicirca 24 milioni di unità (-45%). Il numero di bandi pubblicati nel territorio laziale hasubíto una riduzione del 60%.Ancora più significativi i dati che riguardano il nostrointerlocutore tradizionale: basti pensare che negli ul-timi cinque anni l’importo degli investimenti diRoma Capitale destinati a opere pubbliche si è con-tratto del 70% e che il numero di bandi di gara pub-blicati nell’ultimo anno registra una flessione del40% rispetto all’annualità precedente (in linea conun trend precedente che va avanti da almeno 4/5anni a questa parte).Il panorama non lascia adito ad alcun dubbio: la crisiè profonda e di drammatiche dimensioni. Se la situazione dovesse proseguire il rischio di un de-fault del settore è certo e, con esso, quello dell’interaeconomia nazionale. Bisogna tenere presente, infatti,che l’edilizia rappresenta il volano della economia diuna nazione e una delle voci che maggiormente con-tribuiscono alla formazione del PIL di un Paese. Non intendo in questo senso limitare il mio articoloa una sterile constatazione dei fatti. Intendo, piuttosto, cercare di apportare un contri-buto. Sono consapevole di non poter indicare alcuna“panacea di tutti mali”, ma è altrettanto vero che èindispensabile assumere un atteggiamento fattivo,teso allo studio di possibili rimedi.

  • In tale ottica, a onor del vero, debbo dire che in ri-petuti incontri avuti con il neo-Assessore Morganteabbiamo registrato una forte sensibilità su queste te-matiche e, quindi, una capacità di interlocuzione chereputo foriera di positivi sviluppi. Sarà, probabil-mente, per la matrice più tecnica che politica che ca-ratterizza la storia dell’Assessore, ma le tematicheda noi evidenziate hanno trovato un ascolto attentoe sensibile e spero, quindi, che la parte più pura-mente “politica” sia in grado di cogliere gli spunti ele riflessioni che, come ACER, abbiamo rappresen-tato in tutte le sedi opportune.Devo rilevare, inoltre, un altro importante fattore ri-conducibile al leitmotiv dell’articolo. Volendo ricondurre la carenza di appalti a una situa-zione di avarizia da parte del soggetto pubblico, nonpuò tacersi come logica conseguenza di questo viziosia una certa ottusità di vedute. Infatti, l’assenza di un serio programma di investi-mento da destinare alle opere pubbliche comportaevidentemente un risparmio apparente nel breve pe-riodo che, in un concetto di medio e lungo termine,si traduce invece in una dilatazione notevole dispesa. Basti pensare, sotto questo profilo, alla poli-tica perseguita dal Comune in merito alla manuten-zione stradale di sua pertinenza. Limitare gliinterventi unicamente alla componente manutentivaordinaria, tralasciando completamente quella stra-ordinaria, infatti è una scelta discutibile. Ciò significaassistere a un inesorabile processo di degrado dellearterie stradali cittadine che, oltre a incrementareesponenzialmente i rischi di possibili incidenti, do-vranno essere un domani manutenute a costi assaipiù consistenti.Per non parlare, poi, dello stato increscioso in cuiversa il nostro patrimonio culturale, enorme volanoper l’economia capitolina, che rischia il degrado acausa dell’assenza di risorse da destinare al restauroe alla manutenzione. Anni e anni di mancati investi-menti adeguati in questo settore minacciano, oggi,di rendere irrimediabile e irrecuperabile la situa-zione. È il momento di una inversione di rotta. Il soggetto pubblico deve modificare la sua strategiadi investimento per il settore, ispirando la sua poli-tica di bilancio a un profondo revirement rispetto aquanto fatto sino a ora, in virtù del quale occorre de-stinare le risorse disponibili non tanto a poche grandi

    opere, ma a tante piccole e medie opere che hannouna più rapida cantierizzazione e, quindi, più rapidieffetti benefici per l’occupazione.Concludo, richiamando le recenti vicende connessea due Paesi extraeuropei: Stati Uniti d’America eGiappone. Qui le crisi finanziarie sono state superateproprio attraverso un serio e analitico programma diinvestimento nel settore delle costruzioni. Sul puntomi sento di abbracciare una visione keynesiana delpossibile rimedio. L’economista sosteneva, infatti,che il reddito di una nazione è dato dalla sommatoriadi consumi e investimenti. In uno stato di sotto oc-cupazione e capacità produttiva inutilizzata, qualequello caratterizzante il nostro panorama, sarebbepossibile incrementare l’occupazione e il reddito sol-tanto passando per il tramite di un aumento dellaspesa per consumi o attraverso investimenti.Dalla condizione di avarizia attuale, volendo tornareal tema dell’articolo, si deve passare a una forma dimaggiore e ponderata generosità diffusa, in grado digarantire un recupero del mercato. Tutto questo si può fare.La politica usi il buon senso, rinunci ai privilegi e allademagogia dando dimostrazione di coraggio e se-rietà. Oggi più che mai si deve credere nel prodigioe miracolo di una ripresa, contando sulle tante pro-fessionalità e sullo spirito di iniziativa che contrad-distingue, da sempre, la nostra categoria.

    24 FATTI

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    » L’economia italiana è ancora in recessione?Dal 2007 a oggi, noi abbiamo perso il 9% di PIL, raddoppiato la disoc-cupazione da 1,5 a 3,1 milioni di persone. Sostanzialmente oggi in Italiamancano circa 3 milioni di stipendi (rispetto al 2007) tra i disoccupati,i cassaintegrati e i cosiddetti scoraggiati – coloro che neanche cercanopiù. Facendo due conti parliamo di circa 50 miliardi di euro all’annoche non vengono più distribuiti. Allora è evidente che di conseguenzascendono i consumi, le imprese non fanno investimenti, perché a chivenderebbero i prodotti? Siamo di fronte a una chiarissima crisi da do-manda: cioè la gente non ha i soldi e quindi non spende, quei pochi in-dividui che hanno un po’ di soldi non spendono per prudenza, questoè il fondo del pozzo nel quale ci siamo cacciati.

    » Professore, cosa bisogna fare per avere sul serio una ripresa econo-mica?È evidente che dobbiamo stimolare operazioni dal lato dell’offerta, dellaproduttività, dell’innovazione tecnologica, della competitività. Tuttequeste operazioni avranno effetto tra 3-5-10 anni e poi non fronteg-giano il tema della mancanza di domanda. Si è parlato tanto di cuneofiscale. È evidente che nella legge di stabilità è stato affrontato l’argo-mento, ma la misura delle quantità monetarie messe a disposizione ètotalmente irrilevante rispetto al problema. C’è un’altra valutazione dafare e cioè che in questo momento è inutile ripartire queste risorse –che comunque sono scarse. Andrebbero quadruplicate per avere unminimo di effetto tra le imprese che assumono perché le imprese di

    Un’economia schiava della politicaNon ci mancano i mezzi di bloccare la recessione e di accelerare la ripresa. Ma “volere è potere”. Troppi soldi “buttati” per corruzione accanto a quelli non incassati per evasione.

    di Fabio Cauli

    I sette vizi di Roma Capitale > LUSSURIA

    Mario Baldassarri

    Intervista › Mario Baldassarri (Presidente del Centro Studi “Economia Reale”)

    Non un connotato sessuale, ma una valenza assoluta di eccedere: guai arispettare solo i forti.

  • produzione, – sgravi o non sgravi dell’IVA – non as-sumono se la gente non entra in negozio a comprare!

    » Secondo l’Ocse ci sarà una “ripresina” dello 0,6%nel 2014, poi dello 0,8%, poi arriverà all’1%. Lei èd’accordo?Siamo precipitati in “fondo al pozzo”, la domanda è:quando è che usciremo per rivedere la luce del sole?È quella la vera ripresa. Certo sempre meglio salireche continuare a precipitare, però il tema vero èquando usciremo dal pozzo? Il mio Centro Studi hacalcolato che, per tornare ai livelli di prima dellacrisi, con questo andamento, dobbiamo aspettarefino al 2023/2024. Allora cosa vuol dire questo? Chechi aveva 25 anni nel 2007, nel 2023/2024 avrà 40anni; chi aveva 35 anni ne avrà 50, quindi stiamo di-cendo a un’intera generazione di italiani che nellaparte centrale della loro vita debbono vivere in fondoal pozzo, che non è una bella prospettiva!

    » Cosa bisogna fare per accelerare questi tempi, perarrivare a una vera ripresa magari nel 2018 inveceche nel 2020?Lo dico da sempre, è ineludibile, occorre passare at-traverso “Scilla e Cariddi”: che cosa rappresentanooggi questi ostacoli? Sono i 60 miliardi di ruberie,malversazioni e sprechi che stanno dentro la spesapubblica e i 100 e passa miliardi che mancano acausa dell’evasione e dell’elusione. Dal lato delle en-

    26 FATTI

    trate cioè ci sono 160 miliardi di euro di risorse cheo vengono buttate via (spesa) o non vengono raccolte(evasione).La Corte dei Conti ha individuato esattamente quellevoci specifiche di spesa che avevo denunciato ancheio: non tagli orizzontali generici, ma singole voci dispesa in cui si nascondono sprechi, acquisti di benie servizi, erogazioni di fondi perduti, e le oltre 7.000società per azioni in house delle Regioni e degli Entilocali, accanto a quelli buttati per corruzione e aquelli non incassati per evasione.Quanto abbiamo fatto per 30 anni viene chiamato il“mistero della finanza pubblica italiana” perchéchiunque legga i giornali ogni anno vede che ab-biamo tagliato la spesa e aumentato le tasse. Alloraqualcuno ci deve spiegare come mai abbiamo il terzodebito pubblico del mondo, perché se effettivamenteavessimo tagliato la spesa e aumentato le tasse do-vevamo avere un debito pari a zero. Qual è il mi-stero? Semplice: che i tagli di spesa sono stati linearima soprattutto riferiti alle previsioni future non aldato storico dell’anno prima.

    » Altro problema, il debito delle istituzioni verso leimprese.Questa è l’altra ipocrisia. Per non far apparire il de-bito… non si paga, visto che il debito pubblico è percassa: se non pago non risulta che sono indebitato.Siamo arrivati a 80-90 miliardi di euro di debito della

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    P.A. In un Paese che è in queste condizioni con mi-liardi di crediti delle imprese che non vengono pa-gati, con minore credito da parte delle banche, ladomanda vera è: l’Italia sta facendo un miracolo?Perché qualunque altro Paese al mondo sarebbeesploso.Quel gruzzoletto che ci ha consentito questi 2-3 annidi “tirare a campare” in un certo senso è finito, daqui il rischio che io vedo di esplosione sociale ed eco-nomica.Nei piccoli centri, nei paesi, la rete sociale familiaree dell’amicizia in gran parte allunga il tempo diquella resistenza proprio perché questo patrimonioaccumulato non è solo un patrimonio personale del-l’individuo ma è della comunità, quindi è chiaro che,se si vive in un paese di 3.000 abitanti, si regge me-glio la situazione di crisi, ma nelle grandi città questodiventa esplosivo.

    » Come vede la situazione del Bilancio di Roma Ca-pitale?La situazione del Comune di Roma è la dimostra-zione sul territorio di quello che ci siamo detti all’ini-zio e cioè le oltre 7.000 società ex municipalizzateche poi si chiamano Atac, Acea, Ama ecc. Quandoarriva un Sindaco giustamente deve portare i suoidirigenti per un problema di fiducia, ma quelli delprecedente Sindaco restano. Allora si creano strati-ficazioni geologiche che provocano un aumento dellagalassia dei dipendenti pubblici. Senza consideraretutte le società per azioni in house dove si nomi-nano consigli di amministrazione, consulenti in ma-niera totalmente libera perché sono società didiritto privato.

    » La casa è un diritto?La casa è un diritto, una necessità, per noi italiani èanche l’obiettivo primario visto che noi abbiamomeno mobilità di altri Paesi.In America gli Stati sono responsabili di quella chesi chiama sell tax, ossia tassa sulle vendite che quisi chiama IVA. I Comuni in tutto il mondo civile ba-sano la loro fiscalità sulle case, il problema però èche, mentre in America la somma delle tasse alloStato federale, alla Regione e ai Comuni fa il 34%,da noi fa il 47%, perché? Quando nella commissione

    bicamerale si discusse dell’Imu, io dissi, benissimo,volete fare l’Imu, c’è una condizione essenziale, chedeve essere detraibile dall’Irpef perché questo vuoldire federalismo, cioè lo Stato riduce l’Irpef esatta-mente dell’importo che il cittadino deve pagarecome Imu ai comuni.

    » Roma è all’altezza di essere Capitale del Paese?Le rispondo con un personaggio di Tomasi da Lam-pedusa. Nel Gattopardo è scritto: se vogliamo chetutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi. Oggiè la stessa cosa, cioè cambiamo i cappelli, le eti-chette ma sotto non cambia nulla, questo è il tema:Roma non è Roma Capitale perché lo scrivono sulleauto della municipale!

  • Ogni giorno nelle aule giudiziarie diRoma vengono dibattute 10 o 12cause di sfratto per morosità: un nu-mero notevole che esprime da solo ilmalessere dei romani rispetto al pro-blema casa. Il problema investeormai, oltre alle fasce più deboli dellapopolazione (famiglie monoreddito,portatori di handicap, anziani ultra-sessantacinquenni e malati), anchefasce crescenti del ceto medio.Aumentano i poveri a Roma e nelresto d’Italia. I minori in povertà as-soluta nella Capitale sono oltre30.000 su un totale di 684.000 per-sone nelle regioni del centro Italia. Ilnumero degli ospiti nelle mense ca-pitoline convenzionate è passato dai13.000/15.000 del 2012 ai16.000/20.000 del 2013 (con un in-cremento del 20%).Il numero dei pasti serviti, invece, èpassato da 643.000 a 785.000, conun aumento del 21%. A usufruirnesono stati cittadini appartenenti a

    Per le famiglie il mese finisce alla terza settimanaChe Natale sarà quello del 2013? L’economia non cresce, la popolazione è a rischiopovertà. I creditori sono le banche, i debitori le famiglie, le imprese e i lavoratori.

    di F. C.

    I sette vizi di Roma Capitale > IRA

    28 FATTI

    Non è la sigla dell’Esercito Repubblicano Irlandese, ma è quella che sisente nel cuore e che non si vorrebbe mai esprimere.

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    tutte le classi sociali fino anche a ex commercianti epiccoli imprenditori spinti alla povertà dalla crisi. Indefinitiva, le famiglie italiane sono sempre più po-vere. Sono 4,7 milioni le famiglie italiane che negliultimi mesi non sono riuscite a coprire le spese conle entrate mensili. E intaccano quindi (se ce ne sono)i risparmi. O, peggio, s’indebitano.La fotografia è scattata dall’Osservatorio Censis-Confcommercio sul clima di fiducia e aspettativedelle famiglie italiane nel secondo semestre 2013.All’inizio di ottobre sono quasi il 19%, contro l’11,3%di marzo 2012, le famiglie che non riescono a farfronte alle spese, mentre quasi il 50% prevede di ta-gliare i consumi per affrontare la crisi.Una famiglia su 4 ha difficoltà a pagare le tasse.Dalla ricerca emerge poi che 17 milioni di famigliesu 25 hanno abbassato il proprio tenore di vita; unafamiglia su 4 ha difficoltà a pagare le tasse e i tributi;oltre il 72% ad affrontare spese e imprevisti. Per co-prire le spese sono quasi raddoppiate le famiglie chesi sono rivolte alle banche per un prestito (l’11,5%contro il 6% di marzo scorso), mentre oltre il 30% hadovuto posticipare alcuni pagamenti. Dall’indagineemerge ancora che il 4,8% delle famiglie italiane havenduto un immobile per avere soldi liquidi. Misurecontro la disoccupazione (per il 55% delle famiglie)e riduzione delle tasse (per il 42,3%) sono gli inter-venti prioritari che le Associazioni di categoria chie-dono al Governo. Il Censis parla di “fragilità” per“una larga parte del Paese”. L’incertezza, spiega ilCentro studi, “ha preso il sopravvento” sulle famiglie

    assumendo “la forma della preoccupazione e dell’in-quietudine” e il calo dei consumi è sintomo di “unPaese sotto sforzo”, “smarrito, fiaccato da una crisipersistente”. Nel 2013, secondo il Rapporto annualedel Censis, “il 69% ha indicato una riduzione e unpeggioramento della capacità di spesa”. La “fuga” degli italiani all’estero non conosce soste:nell’ultimo decennio il numero di chi ha trasferito laresidenza è più che raddoppiato, da 50mila a106mila. Ma è stato soprattutto nel 2012 che l’in-cremento ha visto un boom: +28,8% tra il 2011 e il2012. Sono soprattutto giovani: il 54,1% ha meno di35 anni. Il 14% degli italiani, secondo il Censis, temedi perdere la propria occupazione e “il 2013 sichiude con la sensazione di una dilagante incertezzasul futuro del lavoro. Sono quasi 6 milioni gli occu-pati che si trovano a fare i conti con situazioni di pre-carietà lavorativa”, ai quali si aggiungono 4,3 milioniche non trovano un’occupazione. La crisi ha portato “una nuova sobrietà”: gli italianievitano “sprechi ed eccessi”. Si tira la cinghia per ri-sparmiare anche perché “i continui cambiamenti” fi-scali “non consentono di effettuare previsioni dispesa”. Se il 76% dà la caccia alle promozioni nei su-permercati e aumenta il numero di persone che vaal mercato, il 53% ha ridotto spostamenti con auto escooter, il 68% ha tagliato cinema e altri svaghi, il45% ha ridotto o rinunciato negli ultimi 12 mesi alristorante. Il bilancio sociale dell’istituto previden-ziale (Inps) calcola una caduta del 4,9% solo nell’arcodegli ultimi dodici mesi. Il reddito disponibile haperso in media l’1,8% all’anno nel periodo della crisi,cioè dal 2008 in poi.

    Il potere d’acquisto delle famiglie è crollato del 9,4%tra il 2008 e il 2012. Lo si legge nel bilancio socialeInps, secondo il quale, solo tra il 2011 e il 2012, ilcalo è stato del 4,9%. Nel complesso nei quattro anniconsiderati il reddito disponibile delle famiglie haperso in media l’1,8% (-2% tra il 2011 e il 2012).

    IL NUMERO DEGLI OSPITI NELLE MENSE CA-PITOLINE CONVENZIONATE È PASSATO DAI13.000/15.000 DEL 2012 AI 16.000/20.000DEL 2013 (CON UN INCREMENTO DEL 20%).

  • 30 FATTI

    » Professor De Masi, è vero che oggi non importa se un concetto siagiusto o sbagliato, ma è importante chi lo sostiene, tipo: lo ha detto ilmio Capo quindi è corretto. Questo vale anche per la politica?Forse questo concetto prima era valido, ma la situazione è cambiata, lamia risposta è la seguente: no, non sono d’accordo. Oggi i politici sonototalmente disprezzati, quindi se qualcuno afferma: “Lo ha detto il po-litico X”, immediatamente la gente non ci crede. E poi perché in lineadi massima negli ultimi venti/trenta anni l’economia ha sopraffatto lapolitica, la finanza ha sopraffatto l’economia, e l’economia è stata so-praffatta dalle agenzie di rating, le uniche entità che vengono prese inconsiderazione sono proprio queste ultime.» Sono loro come comandano?Direi proprio di sì e il resto si adegua.» Ma ogni politico che succede a un altro oggi vuole demolire il pas-sato…È sempre successo, io ho una esperienza di 75 anni. Se leggiamo lastoria romana di Tito Livio: chi viene dopo cerca di fare cose comple-tamente diverse dal suo predecessore e poi dice che non le può fareper colpa di chi è venuto prima. È una litania permanente, da partedi chiunque prenda il comando, che conosciamo molto bene. Ma at-tenzione questo teorema vale anche per le aziende private: le colpesono tutte del Presidente... precedente.» Questo paradosso esiste anche all’estero?Sì, è universale, gli esseri umani sono quasi tutti uguali, ci somigliamodi più tra noi e la Groenlandia che i vicini di pianerottolo.» Come giudica la gente la gestione della cosa politica?C’è un grande fermento a livello sociale che deborda nella politica, daBeppe Grillo a quello dei focolai di contestazione tipo quelli del 9 di-cembre in tutta Italia: la gente è stufa. Ma, e qui sta il paradosso, nes-suno vuole cambiare per sé stesso, tutti vogliono che cambino gli altri.

    L’uomo è ciò che egli sa fare per essereLa storia del genere umano è molto ripetitiva, nessuno vuole cambiare se stesso, ma tutti vogliono che siano gli altri a cambiare.

    I sette vizi di Roma Capitale > INVIDIA

    30 FATTI

    di Fabio Cauli

    Intervista › Domenico De Masi (Sociologo e Professore di Sociologia del Lavoro)

    Deriva dal latino "in video": guardarsi dentro, ma oggi acceca una cittàfonte di inesauribile luce.

  • IL CONCETTO DI “OZIO CREATIVO”

    31ostruttori omani

    potremmo pensare alla Cicala e alla Formicacome esponenti di due approcci opposti alla vitae al lavoro, che invece troverebbero sintesi nelconcetto di “ozio creativo”. Mentre la Cicala sidedica all’ozio ma non è per nulla creativa nelsenso che non produce ricchezza ma si limita agodersi la vita, la Formica è fin troppo laboriosae, pur accumulando ricchezza (sotto forma discorte alimentari), non si gode la vita e muore difatica!L’ozio creativo è una sintesi “hegheliana” traqueste due tesi e antitesi, tra piacere e dovere!Imparando l’arte dell’ozio creativo riusciamo amescolare il piacere del gioco con il “dovere”dello studio e del lavoro, fino a farli diventare untutt’uno in cui, proprio perché si perdono i confini,si annulla la componente faticosa del lavoro e sirecupera la componente creativa e utilitaristicadella creatività derivante dal piacere del gioco!È necessario tuttavia uno sforzo e una buonadose di ottimismo realistico per cercare di con-seguire entrambi questi obiettivi apparente-mente antitetici e contrapposti! L’ottimismoserve per credere possibile una vita in cui ci sipossa permettere il “lusso” di giocare ed esserecreativi mentre il realismo serve per usare la crea-tività nel proprio lavoro e rendere l’ozio creativola fonte di ricchezza.

    Nella società post-industriale in cui la creativitàpredomina sulla manualità, i confini tra lavoro,studio e gioco si confondono. Questa fusionegenera l’ozio creativo. Una situazione in cui si la-vora senza accorgersi di farlo.Il termine ozio non deve far pensare a una situa-zione di passività. Per gli antichi romani il ter-mine otium non significava “dolce far niente”,bensì un tempo libero dagli impegni nel qualeera possibile aprirsi alla dimensione creativa.Nella società attuale la maggior parte dei lavoriripetitivi e noiosi è stata delegata alle macchine;all’uomo è rimasto il monopolio sulla creatività.Rifacendosi alla tradizione delle favole antiche

    di Domenico De Masi

  • Sono davvero grato a tutti voi di avermi invitato apartecipare alla vostra assemblea annuale. La miapartecipazione non vuole essere rituale perché sonoconvinto che da qui può partire la concretizzazionedell’idea di Roma che vogliamo. Come tutti ricor-diamo, quando il rapporto fra l’amministrazione co-munale e l’Acer si è costruito intorno a una visionedi futuro, si sono raggiunti grandi obiettivi. Fu il Sin-daco Luigi Petroselli il primo a siglare con l’Acer unPatto Civico, erano quelli anni di crisi, e la città avevaun’enorme domanda abitativa inevasa, la cui soddi-sfazione richiedeva un profondo cambiamento siadell’azione pubblica sia di quella privata. Quel Pattorappresentò un nuovo modo di governare la Città:amministrazione pubblica e settore privato deciseroassieme cosa fare e come farlo, con in testa un’ideacondivisa collettiva e pubblica per il futuro di Roma.Oggi sono qui perché non solo sono convinto chequel metodo sia di straordinaria attualità ma, soprat-tutto, perché voglio rinnovare quella “ispirazione”costruendo un nuovo Patto Civico fra la Città e le im-prese, fra Roma e il mondo che voi così bene rappre-sentate. Il quadro politico ed economico rispetto aieri è certamente cambiato, la crisi che stiamo vi-vendo - abbiamo ripercorso cosa sono stati gli ultimi5 anni attraverso le slide che il Presidente Bianchiha proiettato - i numeri e i grafici esposti ci fannocapire che la crisi è sistemica e mette a rischio tuttinoi. Nella nostra comunità (non solo una sua parte) siamo

    Patto Civico con i costruttori

    32 ACER | ASSEMBLEA ANNUALE 201332

    Intervento del Sindaco di Roma Capitale, Ignazio Marino. Occorre puntare all’edilizia, settore antirecessivo, volano di ripresa economica.

  • 33ostruttori omani

    tutti più vulnerabili e questo secondo me è indiscu-tibile; quello che dobbiamo fare, e che ci è richiestodi fare, è cogliere questa sfida in modo onesto e me-ditato, guardare a questa crisi anche come a unagrande opportunità per un’innovazione dei sistemidi produzione di consumo e di fare impresa, quelloche è sicuro è che non dobbiamo e non possiamo piùperdere tempo. Non dobbiamo e non possiamo piùfarci abbagliare dagli apparenti successi dell’imme-diato che poi si rivelano veri e propri fallimenti, madobbiamo orientare le nostre scelte su investimenticon ricadute positive sul lungo periodo. Parlo peresempio della revoca del bando sugli ambiti di ri-serva; prima della crisi si poteva forse pensare cheurbanizzare l’agro romano potesse essere stato unottimo affare, almeno per alcuni imprenditori immo-biliari e proprietari fondiari. Si pensava, infatti, chesi sarebbero vendute case e realizzati profitti. Oggi urbanizzare ulteriormente l’agro romano signi-ficherebbe esporre tutti cittadini e imprese a un mo-dello di crescita urbana che in Europa nessunoconsidera più sostenibile né desiderabile. Gli inve-stitori urbani internazionali, infatti, considerano follee rischioso investire oggi in città frammentate e di-sorganizzate, in città caratterizzate da costi elevatis-simi di realizzazione e manutenzione delle

    infrastrutture incapaci di far fronte ai cambiamenticlimatici e alle sfide ecologiche del nostro tempo.Proprio perché non vogliamo che investire a Romasia folle e rischioso, la mia amministrazione dice noa questa impostazione ed è esattamente per la stessaragione che intendiamo dire invece tanti sì a quellescelte utili e coerenti per una Roma capitale dell’ec-cellenza sociale e ambientale. Uscire da questa crisi significa capire davvero, unavolta per tutte, che ciò che sembra un vantaggionell’immediato è invece un cattivo investimento nelmedio termine ed è un vero e proprio disastro se siguarda a lungo periodo. Se questa è la prospettiva,non esistono più decisioni pubbliche o private maesistono solo decisioni collettive che si basano sullavalutazione dei rischi e delle opportunità che collet-tivamente abbiamo calcolato e condiviso. Chiediamo per questo immaginazione e responsabi-lità, chiediamo di riflettere su quali siano i nostri bi-sogni collettivi e le scelte necessarie per realizzarli,quali siano i rischi dal quale proteggerci e le moda-lità sulle quali riusciremo a tutelarci, di capire qualisiano le opportunità pubbliche e non gli opportuni-smi privati. Questa è l’idea che mi porta a riproporreun Patto Civico fra Roma e le vostre imprese, l’hodetto in campagna elettorale, lo dico oggi, da Sin-

  • daco di questa città. Da parte nostra ci impegniamoa cambiare e migliorare il ruolo dell’Amministra-zione: il nostro obiettivo è sradicare la discreziona-lità, dare la solidità agli atti e alle procedure,eliminando ambiguità. Vogliamo ridurre i conten-ziosi e rendere coerente e trasparente il nesso fra gliobiettivi che l’Amministrazione intende perseguiree le modalità con le quali li realizza. Abbiamo già pronta una proposta per la trasparenzae la legalità. Il prossimo 6 dicembre firmeremo inCampidoglio un Patto tra Roma, le imprese e le partisociali anche sul tema assai importante del massimoribasso. Noi consideriamo la lotta per la trasparenzae contro la corruzione uno degli incentivi più formi-dabili in difesa delle imprese e dell’economia sanadi questa città. Architrave di questo percorso èanche il rilancio e il potenziamento dell’Osservatoriodei Lavori pubblici, strumento di fatto svuotato negliultimi anni. Uno strumento tecnico utile a convo-gliare e favorire un controllo diffuso da parte del-l’Amministrazione, ma anche delle imprese e delleorganizzazioni dei cittadini. Nel nuovo Patto non saremo neutrali, innanzituttosul fronte della legalità e poi sulla qualità dei progetti

    e sul loro rapporto con quei rischi e quelle opportu-nità che avremo collettivamente definito. Vogliamoche a Roma si costruisca meglio e sappiamo cheRoma può contare su di voi e su imprenditori cheamano la città e fanno dell’innovazione lo strumentocon cui guardare al futuro e allo sviluppo del nostroterritorio. In questi pochi mesi non siamo rimastifermi: abbiamo rilasciato 400mila mq di autorizza-zioni per programmi urbanistici; abbiamo approfon-dito e accelerato la formazione e la riscrittura di unregolamento edilizio che come sapete non veniva ri-visitato dagli anni Trenta del secolo scorso e il “pianodel colore” che approveremo a breve. Abbiamo riorganizzato gli uffici puntando a offrirealle imprese una amministrazione più autorevole,qualificata e capace di risolvere in tempi brevi i pro-blemi, ci siamo mossi per dare una risposta imme-diata alle famiglie in condizioni estreme di disagiocon un programma concordato con Ater e RegioneLazio che finanzia la realizzazione di 3.000 alloggicon un investimento di 30 milioni di euro l’anno,sbloccando il bando relativo alla delibera 355 fermodal 2004. Inoltre, siamo nelle condizioni di realizzarecon il settore cooperativo circa 4.000 alloggi di edi-lizia agevolata nel campo del social housing, le ini-ziative previste dai bandi della passata consiliaturarisponderanno a criteri di qualità e rapidità di rea-lizzazione. Abbiamo definito le priorità di un pianosull’edilizia scolastica, abbiamo quindi colto le occa-sioni derivanti dai fondi del “decreto del fare” esiamo riusciti a non perdere i fondi europei sull’effi-cientamento energetico delle nostre scuole. Grazie a questo lavoro siamo oggi pronti a coglierel’importante opportunità offerta dal presidente Ni-cola Zingaretti che ha messo a disposizione 67 mi-lioni di euro per intervenire sulle scuole del Lazio. Il nostro impegno è anche dare attuazione al PianoRegolatore Generale del 2008, il Patto Civico cheproponiamo ad Acer è volto proprio alla realizzazionedel Piano Regolatore e all’avvio di una nuova sta-gione dell’urbanistica romana, quella della rigene-razione, diversa da quella dell’espansione e dellaconservazione. Quello della rigenerazione, che èanche una rigenerazione culturale, è un piano concui guardare la città e l’orizzonte che ci permette difare fronte ai rischi e di cogliere le opportunità rese

    34 ACER | ASSEMBLEA ANNUALE 201334

  • 35ostruttori omani

    evidenti dalla crisi del passato modello di sviluppo.Per questa ragione abbiamo proposto a Roma di im-maginare sé stessa da oggi al 2025, l’anno del Giu-bileo. Il Giubileo è un traguardo collettivo per ilquale attivarsi tutti e da subito. In questo sguardoverso il futuro si inserisce il lavoro che stiamo fa-cendo sull’agenda urbana con cui vogliamo mobili-tare i fondi europei del prossimo ciclo diprogrammazione 2014-2020. Abbiamo calcolato chei fondi europei dovrebbero portare 300-400 milionidi euro già nel 2014 e credo che questo sarà unagrande boccata di ossigeno per le imprese di Romae per quel 40% di giovani romani disoccupati. Tuttoquesto per noi significa rigenerazione, una rigene-razione che deve far leva sul capitale fisico della cittàper dare vita a processi di valorizzazione che coin-volgano sia il patrimonio immobiliare sia il contestourbano entro il quale quel patrimonio è collocato. Una rigenerazione, che auspico anche in termini cul-turali, deve rispondere alla domanda abitativa nonsolo per i volumi entro i quali insediarsi bensì percontesti urbani in cui si produca quel pieno sviluppodella persona umana. Dico questo per citare unpasso della nostra splendida carta costituzionale,perché Roma deve stare al passo con le altri capitalieuropee. In questi anni di crisi le grandi capitalid’Europa si sono dotate di strumenti urbani che oggi,appunto, permettono il pieno sviluppo della personaumana e della cittadinanza urbana, capitali chehanno determinato le scelte residenziali e delle im-prese puntando sulla qualità ambientale, sulla dispo-nibilità dei trasporti pubblici, sui servizi pubblici esulle occasioni di cittadinanza attiva. Roma da que-sto punto di vista ha un potenziale immenso e an-cora largamente inespresso. Nel mondo tutti rincorrono l’ideale della città densa ecompatta, noi lo abbiamo e lo ignoriamo, oppure, an-

    cora peggio, lo umiliamo. Esiste una immensa oppor-tunità di sviluppo, di lavoro e di valorizzazione che de-finirei dormiente e che l’urbanistica dell’espansionefa fatica a mobilitare; per questo allora ci vuole l’ur-banistica della rigenerazione, una rigenerazione chepassa anche attraverso l’impossibilità di guardare alleproroghe eterne come metodo ordinario di governo.Porto un esempio: il bando della manutenzione stra-dale, un bando che noi prorogheremo giusto il tempostrettamente necessario per scrivere bene e insiemela nuova gara, una gara che sia davvero innovativadopodiché, però – prendo un impegno e pretenderòche questo impegno venga rispettato – stop alle pro-roghe eterne a vantaggio secondo me delle impresestesse che sanno di poter lavorare con un interlocu-tore serio, affidabile e rigoroso. Dico questo perché penso che serietà, trasparenza ecertezza delle regole, e rispetto delle stesse, è ilmodus operandi in cui credo, ma anche perché tuttoquesto ce lo impone una crisi spaventosa che le im-prese per prime stanno pagando. Sono però convintodella capacità di Roma e di tutto il suo sistema im-prenditoriale di prendere in mano il proprio destinoe di orientarlo nella direzione migliore per tornare acrescere.

    Ognuno di noi oggi, sia nelle istituzioni sia nelle im-prese, è chiamato a dimostrare che le cose possonocambiare e cambiare in meglio, solo così potremorinnovare la risorsa più importante di cui dispo-niamo: Roma e il suo territorio. Lasciamoci allora conun ultimo impegno: passiamo dal fare sistema a es-sere sistema, un nuovo sistema che ci veda protago-nisti insieme, per vincere la crisi e le sfide future checi attendono, dove il Patto Civico tra Roma e Acer siadavvero il modello di una nuova e più innovativa go-vernance metropolitana.

  • Il Presidente Edoardo Bianchi ci invita a scelte co-raggiose. Il compito di chi ricopre una carica pub-blica è quello di assumersi una responsabilità, diindicare una via possibile per uscire dalla crisi. Perquesto motivo mi metto al servizio di quel Patto Ci-vico che ora il Sindaco Marino ha annunciato volerportare avanti. I problemi che abbiamo ascoltato nelle interviste tra-smesse durante la relazione di Bianchi e le denuncecontenute nel suo discorso introduttivo hanno biso-gno della massima considerazione, guai a far finta diniente, a non guardare in faccia la realtà o peggio agettare la spugna. Si deve scegliere di combattere,e io voglio combattere ma c’è bisogno della collabo-razione di tutti.Il nostro primo impegno in questi 5 mesi è statoquello di portare fuori dal vicolo cieco nel qualesiamo finiti questa nostra Regione. Vi confesso chela prima impressione che ho avuto sedendomi suquella sedia è stato quello di essere un pilota con lacloche in mano che si sta schiantando al suolo:stiamo lavorando per rimettere l’aereo nelle condi-zioni di poter volare. Abbiamo due macigni con iquali fare i conti, il primo è quello delle risorse eco-nomiche e finanziarie. La nostra Regione ha un de-bito finanziario di 10 miliardi di euro mutualizzatisui quali paghiamo un mutuo che pesa nella spesacorrente per 900 milioni di euro l’anno su un bilan-cio libero della regione di 1 miliardo e 600 milionicirca. Se fate i conti su un bilancio di 1 miliardo e

    Per il 2014 il nostro obiettivo è pagare i fornitori a 90 giorni

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    Intervento del Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti.Stiamo lavorando per dare risposte precise alle imprese e ai cittadini. Pronti nuovi bandiper mettere in moto la macchina.

  • 37ostruttori omani

    600 milioni il peso di una rata di mutuo di 900 mi-lioni, capite il perché oggi la nostra Regione è co-stretta a chiudere i bilanci dentro i vincoli del pattodi stabilità e a buttare fuori tutto il resto. Il caso piùemblematico è la follia del tpl di Roma o degli inter-venti per le borse di studio degli studenti universi-tari. L’altra grande tragedia è l’esistenza di oltre 12miliardi di debiti finanziari cioè di debiti certificatidalla Corte dei Conti. Ecco il motivo di quei ritardi dipagamenti, della stretta del credit crunch, di una si-tuazione locale che peraltro sposta risorse economi-che dagli investimenti al sistema del credito.Noi abbiamo iniziato ad affrontare questo tema,siamo la prima Regione italiana che ha avuto mododi sfruttare il decreto 35 del governo e che ci ha per-messo di aggredire il debito dei 12 miliardi con lasottoscrizione di protocolli che stanno portandonell’economia regionale (tra giugno 2013 e gennaio2014), 8 miliardi e 300 milioni di euro di liquiditàper saldare le fatturazioni inevase, dare i soldi ai Co-muni tra cui quello di Roma,