I satelliti di Urano, Nettuno e Plutone -...

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O TITANIA O UMBRIEL O OBERON STELLA O O ARIELE MIRANDA O URANO ANELLI IMMAGINE FANTASMA O I satelliti di Urano, Nettuno e Plutone Quando nel gennaio 1986 Voyager 2 passerà vicino a Urano e, nel 1989, vicino a Nettuno, invierà riprese ravvicinate anche dei loro satelliti le quali potrebbero confermare quanto ora si sa grazie alle osservazioni da terra sostanze molecolari comuni nel sistema solare hanno forti bande d'assorbimento caratteristiche. Anche osservata con i te- lescopi più grandi, però, la radiazione proveniente da satelliti piccoli e lontani è estremamente debole. I rilevatori per l'infrarosso non sono stati in grado di risolverla in spettri fino alla fine degli anni settanta. Le teorie sull'evoluzione del sistema solare danno un'idea di quali risultati sia legittimo attendersi nello studio della composizione di corpi delle regioni più esterne. Si ritiene che la formazione dei satelliti e dei pianeti abbia avuto inizio con l'aggregazione di granelli di polvere congelati condensatisi dalla nebulosa so- lare primitiva in via di raffreddamento. La composizione dei granelli e quindi dei corpi più grandi dipende dalla loro di- stanza dal Sole. Nella regione calda vici- no al Sole infatti riuscivano a condensare solo sostanze relativamente refrattarie. Di conseguenza i pianeti interni, cioè Mercurio, Venere, la Terra e Marte, so- no corpi rocciosi costituiti principalmen- te da metalli e da i loro ossidi e silicati. Alla distanza di Giove la nebulosa solare si raffreddava invece a temperature suf- ficientemente basse per permettere la formazione di ghiacci; sembra che il ghiaccio d'acqua in particolare costitui- sca una percentuale significativa dei sa- telliti di Giove e la maggior parte di quel- li di Saturno. Ancora più lontano dal Sole, alle distanze di Urano, Nettuno e Plutone, si dovrebbe trovare ghiaccio d'acqua, ma anche ghiacci di composti più volatili: metano e ammoniaca. di Robert Hamilton Brown e Dale P. Cruikshank p roprio poco più di 200 anni fa l'os- servazione di un astronomo di- lettante raddoppiò le dimensioni del sistema solare conosciuto. Guardan- do attraverso un telescopio fatto in casa di sei pollici di diametro William Her- schel scopriva Urano, il settimo pianeta. Sessantacinque anni dopo veniva indivi- duato Nettuno; come Urano, è un pia- neta gigante di dimensioni pari a circa quattro volte quelle della Terra. Pluto- ne, non più grande della Luna e due volte più lontano dal Sole di Urano, non emerse dall'oscurità fino al 1930. A quell'epoca, grazie allo spirito di inizia- tiva degli astronomi e al rapido miglio- ramento dei loro strumenti, era diventa- to evidente che i tre pianeti esterni non percorrevano in solitudine le proprie or- bite. Finalmente si scoprì che Urano possiede almeno cinque satelliti e Net- tuno almeno due. Nel 1978, su una fo- tografia sgranata di Plutone venne rive- lato il suo primo satellite. Fino a poco tempo fa dei satelliti di Urano, Nettuno e Plutone si conosceva poco più dei parametri orbitali. Le sonde Pioneer e Voyager, invece, avevano in- viato immagini sbalorditive e una gran quantità di dati sui satelliti di Giove e di Saturno, trasformando quelle macchio- line lontanissime in mondi dei quali è possibile intravedere la storia, anche se solo a grandi linee. Per Urano e Nettuno sta per iniziare un analogo periodo di scoperte. Voyager 2, lanciato nell'agosto 1977, passerà nelle vicinanze di Urano il prossimo gennaio, avvicinandosi a me- no di 29 000 chilometri da Miranda, il suo satellite più interno. Poi la sonda incontrerà Nettuno, nell'agosto 1989, al suo ultimo rendez-vous prima di abban- donare il sistema solare. Liberi dalla ne- cessità di indirizzare la sonda verso un altro obiettivo, i responsabili della mis- sione si accingono a sfruttare al massimo l'incontro finale. Voyager 2 volerà a me- no di 10 000 chilometri da Tritone, il satellite più interno di Nettuno. Si pre- vede che le immagini riprese dalle appa- recchiature fotografiche ad alta risolu- zione riveleranno strutture superficiali anche di poche centinaia di metri. In preparazione dei passaggi ravvici- nati di Voyager 2 le ricerche sui satelliti di Urano e Nettuno condotte da terra hanno assunto un ritmo molto più ser- rato. Lo stesso vale per Plutone, per certi aspetti più simile a un satellite che a un pianeta, e per il suo satellite Caronte. L'aumento di interesse insieme a un grande miglioramento nella tecnologia dei rilevamenti telescopici comincia a fornire conoscenze sulle proprietà fisi- che di questi corpi. Quella che segue, quindi, è un'anteprima, un primo sguar- do un po' confuso ad alcuni oggetti che promettono di rivelarsi tra i più interes- santi del sistema solare. C on i telescopi a terra è possibile ap- prendere molte cose importanti sui satelliti lontani. Innanzitutto si possono determinare la forma, le dimensioni e il periodo dell'orbita e quindi prevedere con precisione la loro posizione. Soprat- tutto, però, la conoscenza dei parametri orbitali di un satellite mette in grado i ricercatori di calcolare la massa del pia- neta e l'intensità del suo campo gravita- zionale in vari punti. Spesso è possibile ricavare anche la massa del satellite os- servando le perturbazioni che induce sulle orbite degli altri. Conoscendone anche il diametro, si può calcolare la densità media, da cui è possibile dedurre la composizione complessiva. Si possono raccogliere informazioni sulla composizione superficiale in modo più diretto dalle bande spettrali di assor- bimento della luce solare riflessa dal sa- tellite. Confrontando lo spettro osserva- to con quelli, ottenuti in laboratorio, di vari elementi o composti chimici è pos- sibile identificare alcuni dei costituenti della superficie del satellite. La regione dello spettro migliore per questi studi è quella dell'infrarosso vicino (tra uno e cinque micrometri di lunghezza d'onda), perché in questo intervallo quasi tutte le Nell'immagine elettronica, ottenuta da Brad- ford A. Smith dell'Università dell'Arizona e da Richard J. Terrile del Jet Propulsion La- boratory, compaiono i cinque satelliti di Ura- no. L'immagine in luce visibile, prodotta con un dispositivo a scorrimento di carica colle- gato con il telescopio da 2,5 metri della Car- negie Institution di Washington in Cile, mo- stra anche i sottili anelli di particelle scure che circondano il pianeta. L'asse di rotazione di Urano giace quasi nel suo piano orbitale; at- tualmente il suo polo sud punta verso la Terra e il Sole. L'orbita di Miranda, il satellite più interno, è inclinata di parecchi gradi, mentre quelle degli altri satelliti sono sul piano equa- toriale di Urano. Le righe verticali sono do- vute a difetti del dispositivo elettronico. 18 19

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O TITANIA

O UMBRIEL

O OBERON

STELLAO

O ARIELE

MIRANDAO

URANO

ANELLI

IMMAGINE FANTASMA O

I satelliti di Urano, Nettunoe Plutone

Quando nel gennaio 1986 Voyager 2 passerà vicino a Urano e, nel 1989,vicino a Nettuno, invierà riprese ravvicinate anche dei loro satelliti le qualipotrebbero confermare quanto ora si sa grazie alle osservazioni da terra

sostanze molecolari comuni nel sistemasolare hanno forti bande d'assorbimentocaratteristiche. Anche osservata con i te-lescopi più grandi, però, la radiazioneproveniente da satelliti piccoli e lontaniè estremamente debole. I rilevatori perl'infrarosso non sono stati in grado dirisolverla in spettri fino alla fine deglianni settanta.

Le teorie sull'evoluzione del sistemasolare danno un'idea di quali risultati sialegittimo attendersi nello studio dellacomposizione di corpi delle regioni più

esterne. Si ritiene che la formazione deisatelliti e dei pianeti abbia avuto iniziocon l'aggregazione di granelli di polverecongelati condensatisi dalla nebulosa so-lare primitiva in via di raffreddamento.La composizione dei granelli e quindi deicorpi più grandi dipende dalla loro di-stanza dal Sole. Nella regione calda vici-no al Sole infatti riuscivano a condensaresolo sostanze relativamente refrattarie.Di conseguenza i pianeti interni, cioèMercurio, Venere, la Terra e Marte, so-no corpi rocciosi costituiti principalmen-

te da metalli e da i loro ossidi e silicati.Alla distanza di Giove la nebulosa solaresi raffreddava invece a temperature suf-ficientemente basse per permettere laformazione di ghiacci; sembra che ilghiaccio d'acqua in particolare costitui-sca una percentuale significativa dei sa-telliti di Giove e la maggior parte di quel-li di Saturno. Ancora più lontano dalSole, alle distanze di Urano, Nettuno ePlutone, si dovrebbe trovare ghiacciod'acqua, ma anche ghiacci di compostipiù volatili: metano e ammoniaca.

di Robert Hamilton Brown e Dale P. Cruikshank

p

roprio poco più di 200 anni fa l'os-servazione di un astronomo di-lettante raddoppiò le dimensioni

del sistema solare conosciuto. Guardan-do attraverso un telescopio fatto in casadi sei pollici di diametro William Her-schel scopriva Urano, il settimo pianeta.Sessantacinque anni dopo veniva indivi-duato Nettuno; come Urano, è un pia-neta gigante di dimensioni pari a circaquattro volte quelle della Terra. Pluto-ne, non più grande della Luna e duevolte più lontano dal Sole di Urano, nonemerse dall'oscurità fino al 1930. Aquell'epoca, grazie allo spirito di inizia-tiva degli astronomi e al rapido miglio-ramento dei loro strumenti, era diventa-to evidente che i tre pianeti esterni nonpercorrevano in solitudine le proprie or-bite. Finalmente si scoprì che Uranopossiede almeno cinque satelliti e Net-tuno almeno due. Nel 1978, su una fo-tografia sgranata di Plutone venne rive-lato il suo primo satellite.

Fino a poco tempo fa dei satelliti diUrano, Nettuno e Plutone si conoscevapoco più dei parametri orbitali. Le sondePioneer e Voyager, invece, avevano in-viato immagini sbalorditive e una granquantità di dati sui satelliti di Giove e diSaturno, trasformando quelle macchio-line lontanissime in mondi dei quali èpossibile intravedere la storia, anche sesolo a grandi linee. Per Urano e Nettunosta per iniziare un analogo periodo discoperte. Voyager 2, lanciato nell'agosto1977, passerà nelle vicinanze di Uranoil prossimo gennaio, avvicinandosi a me-no di 29 000 chilometri da Miranda, ilsuo satellite più interno. Poi la sondaincontrerà Nettuno, nell'agosto 1989, alsuo ultimo rendez-vous prima di abban-donare il sistema solare. Liberi dalla ne-cessità di indirizzare la sonda verso unaltro obiettivo, i responsabili della mis-sione si accingono a sfruttare al massimol'incontro finale. Voyager 2 volerà a me-

no di 10 000 chilometri da Tritone, ilsatellite più interno di Nettuno. Si pre-vede che le immagini riprese dalle appa-recchiature fotografiche ad alta risolu-zione riveleranno strutture superficialianche di poche centinaia di metri.

In preparazione dei passaggi ravvici-nati di Voyager 2 le ricerche sui satellitidi Urano e Nettuno condotte da terrahanno assunto un ritmo molto più ser-rato. Lo stesso vale per Plutone, per certiaspetti più simile a un satellite che a unpianeta, e per il suo satellite Caronte.L'aumento di interesse insieme a ungrande miglioramento nella tecnologiadei rilevamenti telescopici comincia afornire conoscenze sulle proprietà fisi-che di questi corpi. Quella che segue,quindi, è un'anteprima, un primo sguar-do un po' confuso ad alcuni oggetti chepromettono di rivelarsi tra i più interes-santi del sistema solare.

Con i telescopi a terra è possibile ap-prendere molte cose importanti sui

satelliti lontani. Innanzitutto si possonodeterminare la forma, le dimensioni e ilperiodo dell'orbita e quindi prevederecon precisione la loro posizione. Soprat-tutto, però, la conoscenza dei parametriorbitali di un satellite mette in grado iricercatori di calcolare la massa del pia-neta e l'intensità del suo campo gravita-zionale in vari punti. Spesso è possibilericavare anche la massa del satellite os-servando le perturbazioni che inducesulle orbite degli altri. Conoscendoneanche il diametro, si può calcolare ladensità media, da cui è possibile dedurrela composizione complessiva.

Si possono raccogliere informazionisulla composizione superficiale in modopiù diretto dalle bande spettrali di assor-bimento della luce solare riflessa dal sa-tellite. Confrontando lo spettro osserva-to con quelli, ottenuti in laboratorio, divari elementi o composti chimici è pos-

sibile identificare alcuni dei costituentidella superficie del satellite. La regionedello spettro migliore per questi studi èquella dell'infrarosso vicino (tra uno ecinque micrometri di lunghezza d'onda),perché in questo intervallo quasi tutte le

Nell'immagine elettronica, ottenuta da Brad-ford A. Smith dell'Università dell'Arizona eda Richard J. Terrile del Jet Propulsion La-boratory, compaiono i cinque satelliti di Ura-no. L'immagine in luce visibile, prodotta conun dispositivo a scorrimento di carica colle-gato con il telescopio da 2,5 metri della Car-negie Institution di Washington in Cile, mo-stra anche i sottili anelli di particelle scure checircondano il pianeta. L'asse di rotazione diUrano giace quasi nel suo piano orbitale; at-tualmente il suo polo sud punta verso la Terrae il Sole. L'orbita di Miranda, il satellite piùinterno, è inclinata di parecchi gradi, mentrequelle degli altri satelliti sono sul piano equa-toriale di Urano. Le righe verticali sono do-vute a difetti del dispositivo elettronico.

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MIRANDA

Il passaggio di Voyager 2 attraverso il sistema di Urano offrirà unaveduta ravvicinata del pianeta e di Miranda, il suo satellite più interno.I disegni, che sono stati adattati da simulazioni al calcolatore messe apunto dagli organizzatori della missione al Jet Propulsion Laboratory,raffigurano le inquadrature che verranno riprese dalle apparecchiatu-

re fotografiche della sonda da punti diversi della sua traiettoria.Voyager 2 si sta avvicinando al polo sud, illuminato dal Sole, di Uranoa una velocità di circa 53 000 chilometri all'ora. Dieci giorni primadel momento di massimo avvicinamento al pianeta, che sarà il 24gennaio 1986, la macchina fotografica grandangolare della sonda in-

quadrerà ancora tutto il sistema dei satelliti (/ ). Due ore prima del-l'avvicinamento massimo (2 ) la sonda si starà accostando al pianoequatoriale di Urano tra le orbite di Miranda e di Ariele. Passando ameno di 29 000 chilometri da Miranda. un'ora dopo, la macchinafotografica ad alta risoluzione della sonda potrà riprendere immagini

(3) in grado di rivelare la presenza di una qualche forma di attivitàvulcanica, come per esempio colate di ghiaccio recenti dal punto divista geologico. Circa 13 minuti dopo, mentre Voyager 2 attraverseràil piano equatoriale di Urano, le immagini ad alta risoluzione mostre-ranno il lato non illuminato del pianeta e il bordo dei suoi anelli (4).

Urano e i suoi cinque satelliti - Obe-ron, Titania, Umbriel, Ariele e Mi-

randa andando dall'esterno verso l'in-terno - costituiscono il terzo sistema disatelliti in ordine di grandezza dopoquelli di Giove e di Saturno. Il più pic-colo del gruppo, Miranda, è sei volte piùdebole di quello immediatamente più lu-minoso, ed è stato scoperto nel 1948; daallora non sono più stati osservati satel-liti nuovi di Urano nonostante gli sforziriuniti di molti studiosi con i più granditelescopi e i rilevatori più sensibili.Voyager 2 intraprenderà in questo sensouna ricerca speciale che, se l'esperienzadi Giove e Saturno è indicativa, può dar-si riveli piccoli satelliti sfuggiti all'osser-vazione da terra.

I satelliti noti di Urano percorronoorbite praticamente circolari i cui piani,tranne nel caso di Miranda, coincidonocon quello equatoriale del pianeta entropochi decimi di grado. Anche se le orbitedei satelliti sono molto regolari, l'orien-tazione di tutto il sistema è insolita: ilsistema è inclinato su un lato così che gliassi di rotazione sia del pianeta sia deisatelliti giacciono quasi nel piano orbi-tale del primo. Alcuni ricercatori attri-buiscono questa strana orientazione diUrano, come pure le inclinazioni menoaccentuate degli altri assi planetari, al-l'impatto di un planetesimo nelle primefasi della storia del pianeta. È stata avan-zata inoltre l'ipotesi che una catastrofedi questo genere avrebbe influenzato an-che l'evoluzione dei satelliti di Urano,

ma per ora non esistono indicazioni con-sistenti a favore o contro la proposta.

Nel 1979, prima ancora che fosse pos-sibile determinare con sicurezza la massae le dimensioni dei satelliti di Urano,abbiamo accertato la presenza di ghiac-cio d'acqua sulla superficie dei quattrosatelliti più esterni. Gli spettri nell'infra-rosso vicino che abbiamo misurato conil telescopio da quattro metri del KittPeak National Observatory presentava-no tutti la caratteristica tipica del ghiac-cio: due bande di assorbimento ampie eintense alle lunghezze d'onda di 1,5 e di2,0 micrometri. Nel 1983 uno di noi(Brown) e Roger N. Clark dello UnitedStates Geological Survey hanno risoltoper la prima volta lo spettro di Miranda:pur essendo relativamente approssima-tivi, i dati evidenziano abbastanza chia-ramente la banda di assorbimento a 2,0micrometri.

A quel tempo B. Thomas Soifer e col-laboratori del California Institute ofTechnology avevano confermato i nostririsultati precedenti. Inoltre i loro spettrifacevano pensare alla presenza di un al-tro composto sulla superficie dei satellitidi Urano. Pur non riuscendo a identifi-carlo, i ricercatori conclusero che il nuo-vo componente era nettamente più scu-ro del ghiaccio d'acqua.

Durante la misurazione del diametrodei satelliti di Urano abbiamo verificatoche la loro riflettività (albedo) è davveroinferiore a come dovrebbe essere se fos-sero composti di ghiaccio d'acqua puro

polverizzato. La relazione tra diametroe albedo merita una spiegazione più am-pia. Data la grande distanza dei satellitidi Urano, non è possibile misurare diret-tamente il diametro dei dischi che pre-sentano a un osservatore sulla Terra.D'altra parte, l'intensità misurabile dellaluce che riflettono non fornisce un'indi-cazione inequivocabile delle dimensioni:un satellite di una data luminosità po-trebbe essere piccolo e avere una albedoelevata, oppure essere grande e relativa-mente scuro.

È possibile risolvere l'ambiguità misu-rando il flusso termico del satellite, chedipende anch'esso dalle dimensioni edall'albedo. La luce solare che non vieneriflessa riscalda la superficie del satellitee viene riemessa come energia a lun-ghezze d'onda maggiori nell'infrarosso(tra 20 e 100 micrometri nel caso deisatelliti di Urano). Combinando le mi-surazioni radiometriche del flusso di ca-lore nell'infrarosso con quelle fotometri-che della luminosità è possibile in teoriacostruire e risolvere un sistema di dueequazioni nel quale le due incognite so-no il diametro e l'albedo del satellite.

Ciononostante la misurazione del dia-metro dei satelliti di Urano mediante latecnica fotoradiometrica si è rivelata dif-ficile. La temperatura superficiale deisatelliti è infatti di soli 80 kelvin (gradicentigradi sopra lo zero assoluto) e Ura-no non si trova mai più vicino alla Terradi circa 2,7 miliardi di chilometri. Inoltreil vapore acqueo dell'atmosfera terrestre

assorbe buona parte della radiazione in-frarossa incidente. Di conseguenza ilflusso termico proveniente dai satelliti diUrano risulta a mala pena rilevabile an-che da parte dei migliori telescopi perinfrarosso; in realtà quello di Mirandanon è rilevabile affatto.

Uno dei migliori telescopi per infra-rosso è lo strumento della National Ae-ronautics and Space Administration col-locato sul Mauna Kea (nell'isola di Ha-waii) e che, a un'altezza di 4200 metri,gode di una atmosfera relativamenteasciutta. Nel 1981, lavorando in questoosservatorio insieme a David Morrisondell'Università di Hawaii a Manoa, ab-biamo misurato il flusso termico e cal-colato il diametro e l'albedo dei quattrosatelliti esterni di Urano. Abbiamo sco-perto che essi sono molto più grandi escuri di quanto si fosse ritenuto quandosi supponeva che la loro superficie fossecostituita da puro ghiaccio d'acqua. Puressendo notevolmente più piccoli deiquattro satelliti galileiani di Giove, delsatellite di Saturno, Titano, e della Luna,questi corpi sono tra i più grandi satellitidel sistema solare.

ual è. allora, la sostanza che ne oscu-ra la superficie? All'inizio ci stupiva

l'assenza, anche sugli ultimi spettri adalta risoluzione, di bande di assorbimen-to diverse da quelle che si potevano at-tribuire al ghiaccio d'acqua. Presto, pe-rò, si è profilata una spiegazione possi-bile: la sostanza scura poteva essere neu-

tra dal punto di vista spettrale. In altreparole potrebbe trattarsi di un materialeincolore che riflette pochissima luce eassorbe a tutte le lunghezze d'onda piùo meno nella stessa misura.

In alcuni esperimenti di laboratorioabbiamo scoperto che era possibile ri-produrre approssimativamente gli spet-tri dei satelliti con spettri di ghiacciod'acqua a grana fine, cioè brina, copertodi chiazze isolate uniformemente distri-buite di carbone di legna. I satelliti han-no albedo diverse e parallelamente i mo-delli superficiali che ne riproducono me-glio i singoli spettri si distinguono per lepercentuali di ghiaccio d'acqua e carbo-ne di legna. Quest'ultimo è solo un ma-teriale comodo in laboratorio; prove-nendo da organismi viventi probabil-mente non esiste sui satelliti di Urano.Come il carbone di legna, però, è pro-babile che la sostanza scura sulle super-fici dei satelliti sia neutra dal punto divista spettrale e rifletta dal 5 al 15 percento della luce incidente. Tra i materialiche corrispondono a questa descrizionevi sono la magnetite, un ossido di ferro,diversi minerali in forma di silicati e unpolimero organico scuro che si trova nel-le meteoriti carbonacee primitive.

Eppure vi è motivo di credere che for-se questi materiali rocciosi non spieghi-no le chiazze scure sui satelliti di Urano.Gli studi teorici di David J. Stevensondel California Institute of Technologyfanno pensare che i satelliti siano abba-stanza grandi da avere subito una diffe-

renziazione fisica. Durante questo pro-cesso il calore proveniente dal decadi-mento di elementi radioattivi nelle rocceavrebbe fatto fondere l'interno dei satel-liti permettendo al materiale roccioso diassestarsi spostandosi verso il nucleo. (Siritiene che la massima parte dei satellitipiù piccoli non subisca differenziazioneperché il calore sfugge dall'interno pri-ma di dar luogo alla fusione.) Inoltre,secondo Stevenson, la fusione potrebbeessere stata accompagnata da una estesaattività vulcanica. L'acqua liberata nelleeruzioni vulcaniche avrebbe coperto lasuperficie di uno strato di ghiaccio quasipuro a grana fine, sommergendo qual-siasi affioramento roccioso.

Steven W. Squyres, ora all'Ames Re-search Center della NASA, e Cari Sagan,della Cornell University, hanno propo-sto una spiegazione dell'origine del ma-teriale scuro forse compatibile sia con ladifferenziazione, sia con il rinnovamentovulcanico della superficie. Secondo la lo-ro ipotesi la luce ultravioletta del Solescinderebbe il metano imprigionato neicristalli di ghiaccio d'acqua sulla super-ficie dei satelliti. Il carbonio e l'idrogenoatomici risultanti si ricombinerebberocon il metano formando polimeri idro-carburici complessi di colore rosso scuro.Esperimenti di laboratorio compiuti damolti ricercatori hanno confermato cheil ghiaccio di metano, o il ghiaccio d'ac-qua contaminato da metano, forma ef-fettivamente polimeri organici scuri -analoghi a quelli scoperti nelle meteoriti

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Tritone e Nereide (al centro delle croci) sono i due satelliti di Nettuno. Tritone, il più grande,ha circa le dimensioni della Luna. (Qui sembra molto più grande di quanto non sia in realtà.)Probabilmente Nereide ha un diametro compreso tra 150 e 525 chilometri. La fotografia,ripresa con il telescopio canado-franco-hawaiano del Mauna Kea, è di Christian Veillet.

o0,4

0,4

0,3

0,2

0,1

O

1,2

0,9

0,6

0,3

O

0,4 OBERON DENSITÀ: 2,6 0,7

0,3 GHIACCIO

0,2 I. ROCCIA

0,1

Ni.

f

DIAMETRO: 1630 -± 140O

0,4

0,3

0,2

0,1

-

-

UMBRIEL

i i

DENSITÀ: 1,4 -± 0,7

DIAMETRO: 1110 -± 100

-

I i

li i

I

I I

11ARIELE

ii i

DENSITÀ: 1,3 ± 0,5

DIAMETRO: 1330 -± 130

I i

MIRANDA

i

DENSITÀ: -1:: 3

oDIAMETRO: 500 i 220

1,0 1,5 2,0 2,5

LUNGHEZZA D'ONDA (MICROMETRI)

È possibile dedurre la composizione dei satelliti di Urano dagli spettri della loro rifiettivitànell'infrarosso vicino e dalla loro densità media. Gli spettri dei quattro satelliti esterni hannotutti bande marcate di assorbimento alle lunghezze d'onda di 1,5 e 2,0 micrometri, caratteri-stiche entrambe del ghiaccio d'acqua. I dati relativi a Miranda sono approssimativi (i trattiverticali indicano il margine di errore), ma è evidente una intensa banda di assorbimento a 2,0micrometri. Gli spettri del satellite (pallini) corrispondono molto bene a quelli dei modelli dilaboratorio a due componenti (curve), costituiti da ghiaccio d'acqua e carbone di legna. Siritiene che tutti i satelliti abbiano una superficie di ghiaccio e un nucleo di roccia, ma ladifferenza di densità media (misurata in grammi per centimetro cubo) suggerisce che Arielee Umbriel abbiano strati di ghiaccio più spessi di Titania e Oberon. Il valore della densità diMiranda è troppo incerto perché sia possibile trarre conclusioni sulla sua struttura interna. Idiametri sono dati in chilometri. Per confronto, la Luna ha un diametro di 3480 chilometri.

carbonacee - quando viene sottoposto aradiazioni di alta energia. Non è neces-sario che si tratti di luce ultravioletta: loinscurimento del ghiaccio può essereprovocato anche da raggi gamma comequelli provenienti dal centro della Ga-lassia o da particelle cariche di alta ener-gia come quelle presenti nelle fasce diVan Allen formate dal campo magneticoterrestre.

Se buona parte del metano alla super-ficie dei satelliti di Urano fosse stata tra-sformata in materia scura si potrebbespiegare perché questo composto non visia stato ancora osservato nonostantequasi tutti i modelli della formazione delsistema solare ne prevedano la presenza.È possibile anche che le bande d'assor-bimento molto intense del ghiaccio d'ac-qua nascondano le caratteristiche spet-trali tipiche del metano e dell'ammonia-ca. Sfortunatamente a bordo di Vo-yager 2 non esistono strumenti proget-tati per raccogliere dati particolareggiatisulla composizione superficiale dei satel-liti. Le immagini trasmesse dalla sondaforniranno alcune informazioni nuove,ma per ottenere un'indicazione conclu-siva della presenza di metano e di am-moniaca e dell'identità del costituentesuperficiale scuro sarà necessario affi-darsi al miglioramento delle osservazio-ni da terra o a sonde spaziali future.Quale che sia la natura della sostanzascura, è probabile che minuscole parti-celle di essa formino i nove anelli sottilidi Urano: anch'essi sono neutri dal pun-to di vista spettrale e posseggono unaalbedo ancora inferiore a quella dellechiazze scure sui satelliti.

Nel tentativo di comprendere l'originee l'evoluzione dei satelliti di Urano,

le informazioni sulla loro composizionecomplessiva sono ancora più importantidella conoscenza delle loro proprietà su-perficiali. L'indice più significativo dellacomposizione complessiva di un oggettoastronomico è la densità media, che sipuò calcolare conoscendo la massa e ildiametro. Christian Veillet del Centred'Etudes et de Recherches Géodynami-ques et Astronomiques di Grasse, inFrancia, ha compiuto negli ultimi tempii primi calcoli affidabili sulla massa deisatelliti di Urano, ritoccando alcune mi-surazioni precedenti delle loro orbite.

Usando le nostre misurazioni del dia-metro dei quattro satelliti esterni, Veilletha riscontrato che Ariele e Umbriel han-no rispettivamente densità di 1,3 e di 1,4grammi per centimetro cubo, mentre ladensità di Titania e di Oberon è circa duevolte maggiore. (Il valore analogo per laTerra è 5,5 grammi per centimetro cu-bo.) Ariele e Umbriel hanno densità cir-ca pari a quelle di molti dei satellitighiacciati di Saturno cosicché la lorocomposizione complessiva è forse simile.Un miscuglio costituito dal 55 per centoin peso di ghiaccio d'acqua, la cui densitàmedia è 0,9 grammi per centimetro cu-bo, e dal 45 per cento di materiale roc-

cioso con una densità di 3,0 grammi percentimetro cubo fornisce il valore esattodella densità complessiva. Seguendo lostesso ragionamento Titania e Oberonsarebbero costituiti da un miscuglio 95per cento roccia e 5 per cento ghiaccio.Supponendo che la fusione abbia fattoassestare la roccia nel nucleo, i due sa-telliti esterni di Urano sarebbero sfere diroccia con uno strato superficiale sottiledi ghiaccio d'acqua; Ariele e Umbrielpossiederebbero invece strati di ghiacciomolto più spessi e nuclei rocciosi assaipiù piccoli.

Questa conclusione, .se è valida, risultapiuttosto sorprendente: se i satelliti sifossero formati contemporaneamente aUrano stesso, il calore liberato dall'ag-gregazione di granelli interstellari e dallacontrazione gravitazionale del protopia-neta avrebbero dovuto causare la con-densazione di una maggior quantità delmateriale pesante vicino a Urano. Aridee Umbriel dovrebbero, quindi, avereuna percentuale di roccia superiore euna percentuale di sostanze volatili in-feriore a quella di Titania e di Oberon.Il risultato contrario di Veillet si potreb-be considerare un'indicazione a favoredell'ipotesi, avanzata da alcuni ricerca-tori, secondo la quale i satelliti di Uranosi sarebbero in realtà formati successiva-mente, nello stesso impatto catastroficoche, si presume, avrebbe fatto coricareil pianeta su un fianco. È necessario tut-tavia considerare con scetticismo i mo-delli attuali della struttura interna deisatelliti perché i calcoli di densità suiquali si basano contengono numerosielementi di incertezza.

La maggior fonte di dubbio è costitui-ta dalle misurazioni del diametro, equindi la situazione dovrebbe migliorarenettamente all'arrivo di Voyager 2 vicinoa Urano in gennaio. Le immagini tra-smesse dalle apparecchiature fotografi-che ad alta risoluzione permetteranno airicercatori di determinare con grandeprecisione il diametro di tutti e cinque isatelliti. Le piccole deviazioni che subiràla traiettoria della sonda per l'attrazionegravitazionale esercitata da Mirandapermetteranno di calcolare con un mag-gior grado di precisione anche la massadi questo satellite.

Altrettanto importante, le macchinefotografiche di Voyager 2 rivelerannol'aspetto dei satelliti. La sonda passerà ameno di 29 000 chilometri da Mirandae a 127 000 da Ariele. Le immagini dientrambi dovrebbero rivelare strutturesuperficiali anche di due chilometri diestensione. L'angolo di avvicinamentodella sonda e la sua velocità elevata, paria circa 10 volte quella di un proiettile dicarabina, permetteranno l'osservazioneparticolareggiata solo di una piccola per-centuale della superficie dei satelliti.Ciononostante è probabile che le imma-gini mostrino macchie di materiale chia-ro e scuro e indichino anche approssima-tivamente in quale misura i satelliti diUrano siano stati craterizzati dalle me-

teoriti e in quale misura ghiaccio nuovoproveniente dall'interno abbia ricosti-tuito la superficie.

Gli studi teorici suggeriscono che l'at-tività vulcanica e la ricostituzione dellasuperficie abbiano forse avuto luogo suAriele e Miranda in un passato prossimodal punto di vista geologico. Entrambiquesti corpi posseggono un'albedo net-tamente superiore a quella degli altri sa-telliti di Urano, una circostanza che in-dica forse come siano coperti da estesidepositi di ghiaccio relativamente nuo-vo, non inscurito. Forse le immagini diVoyager 2 riveleranno colate vulcanichedi ghiaccio. Con un po' di fortuna, po-trebbero registrare persino eruzioni incorso, come è accaduto per Io, il satellitedi Giove.

Tre anni e mezzo più tardi, e più di un

miliardo e mezzo di chilometri do-po, Voyager 2 incontrerà Nettuno e ilsuo grande satellite Tritone. La sondanon passerà vicino a Nereide, l'altro sa-tellite di Nettuno, in moto su un'orbitaellittica molto inclinata che lo porta a piùdi nove milioni di chilometri dal pianeta.Delle proprietà fisiche di Nereide non sisa quasi nulla, a causa della sua deboleluminosità; da questa si valuta che abbiaun diametro compreso tra 150 e 525

chilometri, paragonabile a quello degliasteroidi più grandi.

Tritone, che occupa un'orbita circola-re a circa 350 000 chilometri da Nettu-no, ha dimensioni paragonabili a quelledella Luna, il cui diametro è di 3480chilometri. L'orbita di Tritone coincidequasi con il piano orbitale di Nettuno edè inclinata di circa 28 gradi sul suo pianoequatoriale. È un'orbita retrograda, os-sia il satellite gira intorno al pianeta insenso opposto alla rotazione di quest'ul-timo. Un'orbita retrograda si abbassalentamente perché il rigonfiamento ma-reale che il satellite solleva sul pianetaviene trasportato in senso opposto dallarotazione planetaria; questo rigonfia-mento esercita così un'attrazione gravi-tazionale sul satellite da dietro, rallen-tandolo (si veda l'illustrazione in alto nel-la pagina successiva). I primi calcoli pre-vedevano la fine di Tritone in meno di100 milioni di anni, ma uno studio piùrecente di Alan W. Harris del Jet Pro-pulsion Laboratory indica che l'abbassa-mento dell'orbita è estremamente lentoe che Tritone vivrà ancora per 10 miliar-di di anni circa.

Nettuno e i suoi satelliti si trovano unavolta e mezzo più lontani dal Sole diUrano e la regione della nebulosa solarein cui si sono formati era probabilmente

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MODELLO

BRINA DIMETANO

BRINA D'ACQUA

AZOTO LIQUIDO

ORBITA CHE SI ABBASSA \ \

\

\

\

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TRITONE

L'orbita retrograda di Tritone si sta abbassando quasi impercettibilmente per effetto delle forzemareali. Mentre Tritone si muove in un'orbita circolare a circa 350 000 chilometri da Nettuno,il suo campo gravitazionale distorce il pianeta facendogli assumere una forma più ellissoidale.(1 due corpi sono disegnati in scala, ma la distanza tra di loro è sproporzionatamente piccola;l'entità dei rigonfiamenti mareali, inoltre, è esagerata in maniera eccessiva.) Poiché il pianetanon è perfettamente elastico e poiché ruota in direzione opposta a quella del moto orbitale diTritone, il rigonfiamento sul lato vicino è sempre leggermente arretrato rispetto al satellite; lasua attrazione gravitazionale agisce (V) su Tritone facendogli perdere quota lentamente. Laforza opposta (L), esercitata dal rigonfiamento sull'altro lato del pianeta, è minore.

1,0

1,0

0,5 1,0 1,5 2,0 2,16

2,5

LUNGHEZZA D'ONDA (MICROMETRI)

Lo spettro dell'albedo di Tritone nell'infrarosso vicino (in basso) suggerisce che la sua super-ficie sia costituita principalmente da ghiaccio di metano e azoto liquido. La maggior parte dellebande di assorbimento corrisponde a quelle dello spettro di brina di metano a grana fine. Nonè così per la banda a 2,16 micrometri, che è invece evidente nello spettro dell'azoto. Lo spettrodi massima corrispondenza è una sovrapposizione dei due a quello di brina d'acqua (in alto).

più fredda. La chimica di Tritone do-vrebbe quindi essere diversa da quelladei satelliti di Urano. D'altro canto pri-ma che fossero disponibili dati, era deltutto prevedibile che il suo spettro nel-l'infrarosso vicino presentasse la tracciatipica del ghiaccio d'acqua molto freddo.L'assenza di questa traccia era la carat-teristica impressionante del primo spet-tro approssimativo di Tritone ottenutonel 1978 da uno di noi (Cruikshank) eda Peter M. Silvaggio, allora all'AmesResearch Center. Altrettanto impressio-nante era la presenza di una intensa ban-da di assorbimento a una lunghezzad'onda di 2,3 micrometri, caratteristicadel metano. Lo studio rivelava comel'acqua poteva anche non essere il ma-teriale volatile dominante sulla superfi-cie di oggetti al confine del sistema sola-re. Sembra che la regione della nebulosasolare in cui si è formato Nettuno fosseprofondamente diversa per temperaturae composizione da quella vicina a Urano.

La scoperta del metano su Tritone fa-ceva intravedere un'altra prospettiva en-tusiasmante: Tritone deve avere unaatmosfera. Il metano è più volatile del-l'acqua; in altre parole la pressione divapore del ghiaccio di metano a una datatemperatura - la sua tendenza a sublima-re trasformandosi in gas - è maggiore diquella del ghiaccio d'acqua. Alle bassetemperature prevalenti vicino a Urano ea Nettuno la quantità di ghiaccio d'acquasuscettibile di sublimazione è pratica-mente nulla, ma il ghiaccio di metanosublima facilmente. Anche se le bandedi assorbimento nello spettro di Tritonepotrebbero essere state prodotte sia dal-la forma congelata, sia da quella gassosadel metano, probabilmente sul satellitesono presenti entrambe; di norma la pre-senza dell'una implica quella dell'altra.

Noi riteniamo che Tritone possa avereanche un oceano. Collaborando conClark nel 1981 abbiamo ottenuto spettrimigliori che rivelavano un'altra caratte-ristica importante: una banda di assor-bimento a 2,16 micrometri non attribui-bile al metano o a idrocarburi analoghi.A titolo di prova l'abbiamo attribuitaall'azoto molecolare. Di norma l'azotonon assorbe nell'infrarosso vicino, mal'interazione delle sue molecole in con-dizioni di alta pressione produce in real-tà deboli bande di assorbimento. Perprodurre la caratteristica spettrale inten-sa da noi osservata, su Tritone l'azotodovrebbe trovarsi a una pressione moltoelevata e, quindi, data la bassa tempera-tura superficiale del satellite, essere con-densato in forma liquida o solida.

In base alla nostra interpretazionedell'osservazione, una grande porzionedi Tritone dovrebbe essere coperta daazoto liquido con una profondità di al-meno alcune decine di centimetri, e forsemolto superiore. Sembra che l'abbon-danza di azoto sia molto maggiore diquella del metano. Può darsi che unapiccola quantità di quest'ultimo si trovidisciolta nell'azoto, ma i dati indicano

che il metano si trova sotto forma diblocchi di ghiaccio in altri punti dellasuperficie.

Vogliamo sottolineare come l'indivi-duazione di azoto su Tritone sia so-

lo un'ipotesi. Se però l'azoto esistesse,esso non dovrebbe essere necessaria-mente in forma liquida: Jonathan I. Lu-nine dell'Università dell'Arizona e Ste-venson hanno proposto, sulla base diun'analisi teorica, che possa trattarsi diun solido congelato. Ulteriori studi con-dotti da terra e i dati di Voyager 2 con-tribuiranno forse a chiarire la questione.

A causa della pressione di vapore ele-vata dell'azoto la sua presenza su Trito-ne in qualsiasi forma implicherebbe cheil satellite abbia un'atmosfera di azoto diuna certa consistenza; la pressione at-mosferica in superficie sarebbe compre-sa tra il 10 e il 30 per cento di quellaterrestre. La Terra e Titano, il satellitedi Saturno, sono gli unici altri oggetti didimensioni planetarie del sistema solareche abbiano un'atmosfera composta so-prattutto di azoto. (Se la Terra venissetrasferita nella posizione di Tritone, labassa temperatura causerebbe la lique-fazione della sua atmosfera che si tra-sformerebbe in un mare liquido profon-do una quindicina di metri. Un'atmosfe-ra di azoto su Tritone risulterebbe quindidi grande interesse per i planetologi.In particolare avrebbe ripercussioni sulproblema dell'origine dell'azoto nel si-stema solare: potrebbe contribuire achiarire cioè se questo elemento si siasviluppato come sostanza pura nella ne-bulosa solare o se derivi dalla fotodisso-ciazione di ammoniaca gassosa in azotoe idrogeno. Si presume che l'ammoniacasia stata abbondante nella nebulosa per-ché lo era l'idrogeno.

Forse ghiaccio solido, oceano e atmo-sfera di Tritone dovrebbero interagire incicli stagionali e giornalieri, come avvie-ne sulla Terra. A causa dell'inclinazionedel suo asse di rotazione, Tritone è in-fatti soggetto a stagioni marcate. Attual-mente il suo polo sud si trova nell'oscu-rità permanente e il suo polo nord vieneilluminato costantemente dal Sole; tra82 anni, quando Nettuno si troverà dal-l'altra parte del Sole, la situazione risul-terà capovolta. Laurence M. Traftondell'Università del Texas ad Austin haipotizzato che l'abbondanza atmosfericadi metano in una determinata regione diTritone vari secondo le stagioni, aumen-tando durante l'estate quando il ghiacciodi metano sublima e diminuendo duran-te l'inverno quando il metano gassosocongela. Analogamente, nella regionepolare oscura l'azoto liquido congele-rebbe solidificandosi. Se fosse molto po-co profondo, il mare di azoto potrebbeanche congelare a latitudini inferiori inun ciclo giorno-notte in sincronismo conil periodo di rotazione tritoniano di5,877 giorni terrestri.

Un'altra caratteristica di rilievo cheforse Tritone condivide con la Terra, co-

sì come con Titano, è una chimica orga-nica complessa. Sia il metano sia l'idro-geno, infatti, sono incolori, eppure Tri-tone nella regione visibile ha un coloredecisamente rossastro. Chiaramente sul-la sua superficie deve esistere un altrocomponente chimico. Forse il compo-nente rosso è prodotto da processi chi-mici organici simili a quelli proposti perspiegare le chiazze scure sui satelliti diUrano. Sagan e Bishun N. Khare di Cor-nell hanno dimostrato che l'irraggia-mento ultravioletto di vari miscugli digas metano con ammoniaca, vapore ac-queo e altre sostanze, produce polimeriidrocarburici rossastri. Composti analo-ghi si formano, secondo M. L. Delitskydella Calgon Corporation, quando me-tano disciolto in azoto viene bombarda-to con particelle cariche. Voyager 2 do-vrebbe stabilire se Nettuno sia circonda-to da fasce di Van Allen che potrebberorappresentare la fonte di questo tipo diparticelle.

Ma la sonda riuscirà a fare ben di più!Cinque ore dopo aver raggiunto il

massimo avvicinamento a Nettuno, il 24agosto 1989, passerà a meno di 10 000chilometri da Tritone. Trasmetterà im-magini di buona parte della sua superfi-cie a una risoluzione di poche centinaiadi metri, superiore a quella ottenuta inqualunque passaggio ravvicinato prece-dente tranne quelli della missione Mari-ner 10 per Mercurio e delle missioniApollo per la Luna. In realtà potremmovedere i blocchi di ghiaccio di metano eil luccichio della luce solare che si riflettesul mare di azoto; vedremo forse i con-torni di giganteschi crateri meteoritici ingran parte cancellati dalle intense flut-tuazioni stagionali della meteorologiatritoniana. Per di più, gli spettrometriper l'infrarosso e per l'ultravioletto diVoyager 2 determineranno l'abbondan-za atmosferica del metano, dell'azoto edi altri gas, verificando così i modelliapprossimativi della superficie e dellaatmosfera del satellite.

Contemporaneamente la sonda daràbasi più solide agli studi sulle proprietàinterne di Tritone fornendo le prime mi-surazione attendibili della sua massa edel suo diametro. Recenti misurazioniradiometriche compiute da noi e da altridanno per quest'ultimo un valore di circa3500 chilometri. La valutazione, però,potrebbe essere errata addirittura del 40per cento, perché si basa sull'ipotesisemplificatrice che l'energia solare as-sorbita da Tritone venga riemessa imme-diatamente in forma di calore. Un gran-de oceano volatile e un'atmosfera imma-gazzinerebbero quasi certamente e ridi-stribuirebbero poi una quantità signifi-cativa di calore, violando l'ipotesi.

Tentativi di misurare la massa di Tri-tone da terra, invece, sono ostacolati dalfatto che Nereide, l'unico altro satellitedi Nettuno, è troppo lontano perché lasua orbita venga influenzata in manierasignificativa, e quindi valutabile, dal

campo gravitazionale di Tritone. Di con-seguenza gli studiosi sono stati costrettia valutare la massa di Tritone dall'oscil-lazione quasi impercettibile che essa in-duce nell'orbita di Nettuno. Combinatecon le ultime misurazioni del diametro,queste valutazioni della massa fornisco-no per la densità media di Tritone unvalore di circa otto grammi per centime-tro cubo, superiore a quello di qualsiasipianeta. Secondo tale risultato assai po-co plausibile il satellite sarebbe compo-sto prevalentemente di ferro o altri me-talli, e questo non è certo ciò che ci siaspetta nel sistema solare esterno. Va-lori precisi di massa e di diametro rica-vati dai dati di Voyager 2 risolverannola questione.

Infine, la sonda chiarirà forse se il si-stema di Nettuno possiede un terzo sa-tellite o un anello. Nel 1981, infatti, se-guendo lo svolgimento dell'occultazionedi una stella lontana da parte di Nettuno,Harold J. Reitsema e collaboratori del-l'Università dell'Arizona hanno notatoche la stella si affievoliva diversi minutiprima che il pianeta le passasse davanti.Gli studiosi hanno proposto che la stellafosse occultata da un satellite preceden-temente sconosciuto, così vicino a Net-tuno che la sua immagine scomparirebbenel bagliore del pianeta. William B.Hubbard, pure dell'Università dell'Ari-zona, ha sostenuto invece che la migliorespiegazione delle osservazioni di occul-tazioni di Reitsema e di quelle compiuteda altri si ha collocando intorno a Net-

APOASTRO

ORBITA DI NEREIDE

ORBITA DI TRITONE

PERIASTRO

L'orbita di Nereide è un'ellisse estremamenteeccentrica. Nel punto di massimo avvicina-mento (periastro), il satellite si trova a 1,3milioni di chilometri da Nettuno, mentre al-l'apoastro si trova a 9,7 milioni di chilometri.L'orbita insolita di Nereide fa pensare allapossibilità che il satellite sia stato catturatodalla attrazione gravitazionale di Nettuno.

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È possibile osservare dalla Terra le eclissi di Plutone da parte del suosatellite Caronte durante due brevi fasi dell'orbita del pianeta, il cuiperiodo è di 248 anni. Osservazioni di questo tipo sono state compiuteall'inizio di quest'anno. L'orbita di Caronte è quasi perpendicolare alpiano orbitale di Plutone (in grigio) e al piano orbitale della Terra (incolore). In prossimità dei punti nei quali Plutone si trova rispettiva.

mente più vicino e più lontano dal Sole, il piano orbitale del satellitepassa per il Sole e per la Terra. Le eclissi avvengono quando Carontepassa davanti a Plutone; le occultazioni invece hanno luogo quandoCaronte passa dietro il pianeta. Entrambi gli eventi producono unalieve ma misurabile diminuzione nella luminosità totale del sistema.La serie di eventi attualmente in corso continuerà per diversi anni.

PLUTONE

CARONTE

PIANO ORBITALE DI CARONTE -

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BRINA DI METANO

0,8

0,6

0,4

0,2

O

Caronte si distingue a malapena come una sporgenza sull'immagine di Plutone; qui appare inalto a destra. Caronte è a circa 20 000 chilometri da Plutone e ha una dimensione compresaforse tra un terzo e un mezzo di quella del pianeta. L'immagine è stata ripresa da James W.Christy e Robert S. Harrington dell'US Naval Observatory, che scoprirono Caronte nel 1978.

PLUTONE

0,4 0,6 0,8 1,0 1,2 1.4 1,6 1,8

2,0

2,2

2,4

2,6

LUNGHEZZA D'ONDA (MICROMETRI)

Lo spettro di Plutone nella regione dell'infrarosso vicino presenta almeno due bande diassorbimento che sono caratteristiche della brina di metano. La forma e l'intensità delle bandenon corrispondono però a quelle dello spettro del metano e questo indica che la superficie diPlutone possiede un altro componente. Un'ulteriore discrepanza si riscontra nella regione delvisibile (compresa tra 0,3 e 0,7 micrometri di lunghezza d'onda), dove Plutone ha un colorerossastro dovuto al fatto che riflette più luce rossa che blu. Potrebbe darsi che la componenterossa sia costituita da idrocarburi complessi derivati dalla fotodissociazione del metano.

tuno un anello discontinuo. Se l'ipotesidi Hubbard si rivelerà esatta sarà forsenecessario modificare il percorso di Vo-yager 2: la traiettoria attuale lo porte-rebbe proprio ad attraversare l'anello.

Né questa sonda né alcuna altra pas-serà vicino a Plutone nel futuro pre-

vedibile. Ciononostante è opportunotrattare in questa sede anche di Plutone.Pur essendo un pianeta con un'orbitacentrata intorno al Sole e accompagnatoda un proprio satellite, Plutone ha di-mensioni paragonabili a quelle di Trito-ne; attualmente si trova anche a una di-stanza circa uguale dal Sole, perché lasua orbita ellittica lo ha spinto tempora-neamente all'interno dell'orbita di Net-tuno. Ciò che impareremo dagli incontridi Voyager 2 con Nettuno e con Uranoaumenterà le nostre conoscenze su Plu-tone e anche su Caronte, il suo satellite.

Per quasi mezzo secolo dopo la suascoperta, avvenuta nel 1930, l'unico da-to conosciuto su Plutone, oltre ai suoiparametri orbitali, era la variazione dellasua luminosità con un periodo di 6,4giorni. Il fenomeno è riconducibile allarotazione del pianeta. Poi nel 1976 unodi noi (Cruikshank), in collaborazionecon David Morrison e Carl B. Pilcherdell'Università di Hawaii, ha trovato unaindicazione spettrofotometrica del fattoche buona parte della superficie di Plu-tone sarebbe coperta di ghiaccio di me-tano. L'alta riflettività implicita in que-sta scoperta induceva a ritenere che ledimensioni e la massa del pianeta fosseroinferiori a quanto si credeva.

Quando è stato scoperto Caronte, nel1978, da parte di James W. Christy eRobert S. Harrington dello US NavalObservatory, è diventato possibile cal-colare la massa di Plutone. I risultati era-no a favore dell'ipotesi che questo pia-neta non fosse più grande della Luna efosse costituito prevalentemente da so-stanze volatili. Caronte è difficile da os-servare separatamente da Plutone - èinfatti una semplice appendice dell'im-magine del pianeta - cosicché la sua mas-sa e le sue dimensioni non sono ancorastate calcolate. Le dimensioni di Carontesono comprese probabilmente tra unterzo e la metà di quelle di Plutone. Lasua massa dev'essere una percentualeconsistente di quella del pianeta, perchéil suo periodo orbitale è uguale al perio-do di rotazione del pianeta: i due corpivolgono sempre la stessa faccia l'unoverso l'altro. Questo sincronismo puòaversi soltanto quando la massa del sa-tellite è più del 5 per cento circa dellamassa del pianeta. (La massa della Luna,per confronto, è inferiore al 2 per centodi quella della Terra; la Luna volge sem-pre la stessa faccia verso di noi, ma larotazione del nostro pianeta non ne èvincolata.)

Caronte ha un'orbita circolare orien-tata in direzione nord-sud, quasi perpen-dicolare al piano orbitale di Plutone. Ciòinduce a ritenere che anche il piano

equatoriale di questo pianeta sia appros-simativamente ortogonale a quello orbi-tale, una proprietà che un tempo si rite-neva esclusiva di Urano. Nella primaparte di quest'anno Edward F. Tedescodel Jet Propulsion Laboratory, RichardP. Binzel dell'Università del Texas adAustin e David J. Tholen dell'Universitàdi Hawaii hanno rilevato Per la primavolta eclissi di Plutone (e occultazioni diCaronte). I fenomeni sono osservabilisolo quando il piano orbitale di Carontepassa per la Terra, ciò che avviene duevolte nel corso dei 248 anni dell'orbitaplutoniana. Le osservazioni nei prossimianni della serie di eclissi attualmente incorso dovrebbero fornire misurazionimolto migliori delle dimensioni di en-trambi i corpi. Sarà forse possibile deter-minare se la loro albedo, e di conseguen-za la loro composizione superficiale, so-no simili.

a superficie di Plutone è dominata dal-11--d ghiaccio di metano, ma deve posse-dere anche un altro componente. L'in-tensità delle bande di assorbimento delmetano varia infatti da una regione al-

l'altra. A quanto sembra la variazione èlegata a quella della luminosità totale delpianeta; pare che siano luminose le re-gioni in cui la copertura di ghiaccio dimetano è più estesa. Nelle regioni scureil metano è coperto da un materiale dicomposizione ignota. Anche su Plutoneil materiale scuro deriva forse dalla fo-tolisi del metano.

La presenza del ghiaccio di metano suquesto pianeta implica, come su Tritone,l'esistenza di un'atmosfera di metano ra-refatta. Uwe Fink e Marc W. Buie del-l'Università dell'Arizona hanno verifi-cato la presenza di gas metano mediantemisurazioni spettrali ad alta risoluzione.Forse che anche Plutone possiede unmare di azoto? Dai dati attuali è impos-sibile dirlo, perché anche sugli spettri adalta risoluzione le bande intense del me-tano coprono la regione dove ne appari-rebbe una dell'azoto. Ciononostante perdimensioni e composizione superficialePlutone e Tritone sembrano simili inmodo allettante e diversi dai più piccolisatelliti di Urano la cui superficie è pre-valentemente coperta di acqua.

Il rapporto tra Plutone e il sistema di

Nettuno è uno degli enigmi ancora inso-luti del sistema solare. Per molto tempoPlutone è stato considerato un satellitesfuggito a Nettuno, anche se non è maistato individuato un meccanismo in gra-do di spiegare il suo trasferimento aun'orbita planetaria. In realtà WilliamB. McKinnon della Washington Univer-sity ha di recente calcolato che Plutonee Caronte non sarebbero riusciti a so-pravvivere a una fuga da Nettuno senzadisintegrarsi. D'altra parte la peculiareorbita retrograda di Tritone fa pensareche si tratti forse di un corpo non origi-nario del sistema di Nettuno. Come os-serva McKinnon, l'ipotesi più sempliceè che Plutone e Tritone si siano conden-sati circa nella stessa regione del sistemasolare esterno - donde le loro somiglian-ze chimiche - e che in seguito il secondosia stato catturato dal campo gravitazio-nale relativamente intenso di Nettuno.

Naturalmente può darsi che l'ipotesipiù semplice non sia esatta. La prove-nienza misteriosa di Plutone e di Tritoneè un altro problema sul quale è probabileche Voyager 2, e insieme un uso genialedei telescopi terrestri, facciano luce.

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