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I romanzi C f a aro Giorgio, pochi minuti mi hanno chiesto di scrivere il tuo coccodrillo (come che sogna vi si chiama in gergo il pezzo sulla morte di una persona). di ANTONIO D'ORRICO CONTINUA ALLE PAGINE 14E15 CORRIERE DELLA SERA PlrcoIa tregua divisioni reali Ilirnl 'r( e:ullarlr) 1 hc rirnh i1 lond fl n1 illrl

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I romanzi C faaro Giorgio, pochi minuti

mi hanno chiesto discrivere il tuo coccodrillo (come

che sognavi si chiama in gergo il pezzo sullamorte di una persona).

di ANTONIO D'ORRICO CONTINUA ALLE PAGINE 14E15

CORRIERE DELLA SERA

PlrcoIa tregua divisioni reali

Ilirnl 'r( e:ullarlr)1 hc rirnh i1 lond fl n1 illrl

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Artista multiforme, passò da «Drive In» alla letteratura. Martedì i funerali nella sua Asti

Il comico (e cantante)che rivoluzionò il thrillerGiorgio Paletti fece ridere e tremare pocando coni sentimenti

Comico, cantante, scrittore, attore, pittore. Giorgio Faletti ha vissu-to molte vite. Giorgio Faletti è morto ieri a Torino, alle Molinette doveera ricoverato da martedì dopo un periodo di cura a Los Angeles. Ave-va 63 anni (era nato ad Asti il 25 novembre 1950, una laurea in Legge)e combatteva contro un tumore. La camera ardente verrà allestita lu-nedì al Teatro Alfieri di Asti (dalle 1o), i funerali saranno celebratimartedì alle 15 nella Chiesa della Collegiata di San Secondo. Numerosele manifestazioni di affetto arrivate dal mondo dello spettacolo, dalleistituzioni, dallo sport (dalla Juve di cui era tifoso, dal Milan), dai fan.Asti gli intitolerà la biblioteca. Sulla sua pagina web per tutto il giorno,ieri, è passata una sua frase di fiducia e coraggio: «Ho sempre sostitui-to la paura di non farcela più con la speranza di farcela di nuovo».

di ANTONIO D'ORRICO ta. Ti dissi che mi piaceva molto. Tu sorridevi ma noneri appagato. Andasti via. A farla sentire a qualcun al-

SEGUE DALLA PRIMA

ì per lì, te lo confesso, ho pensato , ed è stato ilprimo riflesso, di rifiutare di farlo. C'è qualcosadi osceno nello scrivere un necrologio. E lodisse perfettamente Christopher Hitchens, il

giornalista inglese. Disse che i giornalisti , sotto sotto,amano scrivere i coccodrilli perché è la sfida estremadello stile. E ci credeva così tanto Hitchens da arriva-re a scriversi, in diretta, il suo necrologio . Era pienodi stile.

Però poi mi è venuta in mente Sherazade , la prota-gonista delle Mille e una notte , che grazie alla su-spense dei suoi racconti riusciva a rinviare , di volta involta, la morte . Tante volte i giornali si sbagliano edanno per morto uno che non lo è. Certo , se la magiadi Sherazade fosse possibile , scriverei il tuo necrolo-gio a vita come quei parlamentari che fanno ostru-zionismo e parlano ininterrottamente senza mai la-sciare l 'aula. Siccome la curiosità non ti è mai manca-ta, immagino che vorresti sapere che cosa ci mettonel tuo coccodrillo . Di sicuro ci metto la prima voltache ci siamo visti. Fine 1993? Primissimo 1994?

Tu eri un comico di Drive In e volevi andare a can-tare una canzone a Sanremo e l'avevi incisa in unacassetta . Passasti dalla Baldini & Castoldi, la casa edi-trice che ti aveva pubblicato un libro, perché avevi bi-sogno di far sentire quella canzone a qualcuno.

Ma non c'era nessuno. C'ero io. Meglio di niente,devi esserti detto. Non ci si conosceva quasi. Mi chie-desti: «Ce l'hai un minuto?».

Ti seguii fuori. Ci chiudemmo in macchina , un'uti-litaria. Infilasti la cassetta nel mangianastri . Finestri-ni serrati . Come spie . Perché, per il regolamento diSanremo, quella canzone non doveva sentirla nessu-no prima della gara. Pena l'esclusione dal Festival.

Mentre ascoltavo, tu eri un po ' nervoso e un po'fiero (sei sempre stato così). La canzone era «Min-chia, signor tenente». E così la sentii per la prima vol-

tro, pensai.Ti avevo detto la verità. Mi era piaciuta davvero.

Tanto che ci puntai sopra una grossa scommessa(soldi che quasi non avevo). Giocai «Minchia, signortenente» prima al Festival. Arrivò seconda (perchéSanremo è Sanremo e non potevano far vincere unrap tragico scritto da un cabarettista).

Non ti ho visto più per nove anni. Non buoni anniper te. Non eri più un comico, non eri diventato uncantante. Avevi lasciato Milano e te ne stavi all'Elba.Pensavi di rilevare un alberghetto dove la sera magaritenere uno spettacolino per gli ospiti cantando qual-cosa alla chitarra. E poi, di pomeriggio, andare a cor-rere con la macchina come un pazzo sul vecchio cir-cuito del rally dell'Elba, tu che eri stato pilota ufficialedella Lancia.

Prima di firmare la resa e, contemporaneamente,l'assegno per comprare l'albergo, scrivesti un libro.Un thriller. Di gusto e ambientazione internazionale(Montecarlo, principato di Monaco, teatro della garapiù bella della tua amata Formula Uno).

L'ufficio stampa della Baldini & Castoldi mi mandòil libro, Io uccido. Passai la notte sveglio a leggerlo.C'era azione e c'era malinconia. C'era la disperazionee c'era la speranza di chi l'aveva scritto. La mattinachiamai l'ufficio stampa Baldini. Mi dissero che il li-bro lo avevano dato al «Venerdì» che avrebbe fatto unpezzo in anteprima. Gli dissi che avrei fatto la coper-tina di «Sette» sparando altissimo. «Venerdì» cosaiDissero loro.

Venni a intervistarti all'ospedale di Niguarda. Nelfrattempo avevi avuto un ictus (tanto per non farsimancare niente, come avresti detto tu). Eri vivo peimiracolo. Non fu una grande intervista. Biascicavi, icmi sentivo jack lo Squartatore. Cercavi di fare qualchebattuta. C'era un gioiello di ragazza al tuo fianco. Ro-berta, tua moglie. Non capiva cosa stava succedendo.Il romanzo, l'ictus, la storia di copertina, le flebo, l'in-tervista. I fili del destino si erano tutti imbrogliati.

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Poi tornarono tutti lisci. Il successo. Un titolo di-ventato proverbiale «Voi non ci crederete ma que-st'uomo è il più grande scrittore italiano» sopra la fo-to dite seduto alla scrivania. Un titolo che ci ha perse-guitato per anni. Nessuno sapeva che in realtà erauna vecchia scommessa finalmente riscossa. Ma erauna persecuzione che faceva allegria. Tu vendevi mi-lioni di copie.

Continuasti a scrivere bestseller. A prendere deci-ne di pillole al giorno (uno squillo del telefonino tiavvisava quando era l'ora) perché non ti tornassel'ictus. E un giorno un personaggio così lo trovai inun tuo romanzo. Ti prendevi in giro.

Finora ho fatto il bravo, Giorgio, ma l'angoscia mista soffocando. Scusami, prendo qualche appuntoper non dimenticarmi le cose che volevo dire. Un ap-punto è per il pastrami gigantesco che mangiammoquella volta per festeggiare di esserci trovati per casoa New York.

Un altro appunto è per quella volta che venni a in-tervistarti all'Elba per il tuo secondo romanzo. Ti sta-vi rifacendo la casa. Nelle fondamenta, su un muromaestro, avevi scritto con la vernice: io uccido. Erauna dedica. Un gesto di gratitudine. Quel giorno al-l'Elba lavorammo duramente, l'intervista, le fotogra-fie (di Mauro Galligani).

Poi mangiammo da Pilade («Guarda che qui han-no calamari come quelli di Ventimila leghe sotto imari, non come quelli che danno a Milano e chesembrano bianchetti al confronto») e tornammo abere l'ultimo bicchiere nel tuo giardino. Per qualcheminuto fummo soli. A parte il gatto rosso. Non di-cemmo una parola, non ce n'era bisogno, ma fu unlungo discorso. Riguardava la vita, i suoi agguati, lesue sorprese, la sua ironia, i doni che fa, le cose, lepersone che prende. Poi, però, subito mi raccontastiuna barzelletta che in un necrologio non si può ri-portare. E nemmeno in un pezzo normale.

Il rito, la consuetudine, era che a ogni uscita di untuo romanzo mi facevi avere le bozze prima (poi ilpdf quando ci siamo tecnologicamente aggiornati).Io leggevo subito. Tutta la notte. Poi ti telefonavo. Equando dicevi «pronto» sentivo la tua tensione. Tigiocavi tutto ogni volta, non ti risparmiavi.

E miglioravi sempre perché, come dicevi, avevi

cominciato a scrivere scrivendo i romanzi che avrestivoluto leggere e avevi continuato scrivendo i romanziche avresti voluto scrivere. Si diventa scrittori scri-vendo.

E uno dei romanzi che avresti voluto scrivere eraAppunti di un venditore di donne che comincia conuna frase che è un colpo di rasoio: «Mi chiamo Bravoe non ho il cazzo». Era il romanzo in cui ti ricordavidei tempi del Derby, della Milano di quando eri ra-gazzo.

E un altro dei romanzi che avresti voluto scrivereera Tre atti e due tempi. La storia di un padre e di unfiglio. Il padre ex pugile corrotto. Il figlio promettentecalciatore. Niente grattacieli, come nei tuoi romanziall'americana, ma una città piccola, silenziosa, comela tua Asti. Niente thriller ma una suspense diversa,non quella di chi uccide e di chi viene ucciso, maquella di chi semplicemente vive e vede un bruttofantasma che torna.

E stato da quel bellissimo libro che ho capito chegli anni erano passati, che il tempo lavorava di malin-conia, di sottrazione, che tu, Giorgio Faletti (il be-stsellerista), sentivi la mancanza di certe cose e nonc'era più tempo per averle.

Intanto, eri tornato a essere un attore di successocon il ruolo di un professore carogna che carogna allafine non era. Le scolaresche di tutta Italia ti adoraro-no. Incidevi dischi. Facevi pure il pittore. Eri, con latua discrezione, sempre alla ribalta. Ma c'erano cosesegrete che facevi, spettacoli clandestini. Un Natale (oun capodanno, scusa, faccio confusione) che tua ma-dre era in ospedale avevi messo su una recita per lei ele altre ricoverate.

Finché un giorno sono venuto ad Asti per una en-nesima intervista in quella casa affacciata su quellastrana piazza sbilenca. Stavolta era un'intervista tele-visiva e tu hai dato il meglio perché davanti alle tele-camere ti sentivi a tuo agio, come se ci fossi nato. Unabellissima intervista e, poi, verso la fine hai fatto undiscorso sulle cose ultime, con un filo di voce, par-tendo da tuo padre e da tua madre, dalle persone cheavevi perduto.

Hai trattato il tuo successo con levità, senza darglitanta confidenza. Come un impostore, avrebbe dettoKipling. Ti dava la libertà e solo per questo era impor-tante. E ci facevi battute sopra: «Quando diventi fa-moso cominciano a dire dite che sei gay o che hai uncancro». Ma, vi prego, doveva rimanere solo una bat-tutaccia.

Mi pare di ricordare che ti devo una cena. Mi salu-tavi dicendo ogni volta: «Ciao, bell'uomo». Per favo-re, dimmelo una volta ancora che mi ha sempre fattopiacere. Giorgio, spero che la magia di Sherazadefunzioni, che raccontandoti si rimandi la morte. In-crocio le dita. No, non le incrocio, hai ragione, se nonon posso continuare a scrivere...

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*Giorgio Faletti, natoad Asti il 25 novembre1950, è stato attore,scrittore, conduttoretelevisivo, pittore,cantante, paroliere. Dacomico diventa notograzie al Drive Indi Antonio Ricci,con personaggicome il metronotteVito Catozzo

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♦ Nel 1988 pubblica ilmini-album Collettibianchi, colonna sonoradel telefilm omonimoche lo vede fra iprotagonisti (comeattore reciterà anche neifilm Notte prima degliesami di Fausto Brizzi eBaaria di GiuseppeTornatore). Nel'90pubblica Disperato manon serio. Nel'94 Signortenente arriva seconda aSanremo e vince ilpremio della critica♦ Nel 2002 esceper Baldini & Castoldiil thriller lo uccido, chediventa un bestsellerda oltre quattro milionidi copie. Nel 2004Niente di vero tranne gliocchi, nel 2006 Fuori daun evidente destino, nel2008 la raccolta diracconti Pochi inutilinascondigli, nel 2009 ilquarto romanzo, lo sonoDio, nel 2010 Appunti diun venditore di donne

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Da sinistra: Falettinei panni di Vita Ca-tozzo, celebre per-sonaggio di Drive in;l'artista alla pianola(foto Grazia Neri);l'attore con NicolasVaporidis in unascena di Notte primadegli escimi. Sotto:Fa letti con il giallistaamericano JefferyDeaver, autore de 11collezionista di ossa

II ric r per il Corriere

«Un bicchiere in allegriaEra 11 mio 'co i lia o»

diJEFFERYDEAVER

E con profonda tristezza che ho appresodella scomparsa del nostro amico Giorgio Faletti.Ho decine di bei ricordi del tempo passato insieme -un pasto o un bicchiere di vino in allegria...e incontrare con lui il suo amato pubblico. Il ricordocheforse mi rimarrà più a lungo nel cuore è il modoin cui ha accolto me e i miei libri, facendomi sentireparte del suo universo meraviglioso, dal qualeha commosso, ispirato e divertito milioni di personein Italia e in tutto il mondo.

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_-1 ---ITalento pirotecnico eppure venato di un'amarezza che i Mancherà molto alla cultura del Paese, a cui lasciainterpretava grandezza e tic degli italiani Matteo Reni

Giorgio Faletti(foto Contrasto)

_-1 -1 una straordinaria eredità artistica e umana Gino Paoli